Storie originali > Introspettivo
Segui la storia  |       
Autore: Milly_Sunshine    19/03/2024    1 recensioni
"Quando Sir Duncan lo adottò, ricordo i commenti sdegnati. In molti pensavano che, se Sir Duncan avesse desiderato un figlio, avrebbe potuto adottare me, che avevo nelle vene il sangue della sua famiglia. Anch'io fui indispettito da quella scelta, ma per ragioni ben diverse." /// Dopo essere stati scagionati dall'accusa di avere assassinato Sir Duncan, il nipote Nicholas e il figlio adottivo Duncan Jr ritornano alle loro vecchie vite. Il viaggio in treno che li porta, insieme, lontani dal luogo del delitto, dopo che ciascuno ha lanciato accuse rivolte verso l'altro, si prospetta difficile. I due riflettono sulla situazione che hanno appena lasciato e come l'accaduto abbia stravolto le loro esistenze per sempre. /// Il viaggio sul treno è ispirato a una vecchia poesia in inglese scritta diversi anni fa, il delitto e i personaggi no.
Genere: Drammatico, Mistero, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

[Nicholas] 

Non saprei dire come mi venne in mente di cercare di scaricare tutte le responsabilità su Duncan Jr, ma del resto mio cugino non si comportò diversamente. Lord Arthur, Madame Brigitte e Lady Amanda erano convintissimi che avessi assassinato mio zio. Se i primi due non mi facevano né caldo né freddo, non sopportavo il gelo con cui la voce tagliente di Lady Amanda mi tacciava di essere un omicida. Quella donna stravedeva per me. Addirittura aveva cercato più di una volta di convincermi a sposare sua figlia, nonostante lontano da tutto e da tutti avessi già segretamente una donna che amavo e con la quale mi ero unito in matrimonio all'insaputa di tutti. Iniziavo a sospettare che la situazione si stesse mettendo male. Allora avevo colto la palla al balzo: Lady Virginia, Lord Stanley e la signorina Hildegard erano in prima linea nell'accusare Duncan Jr e avevo affermato più di una volta ad alta voce che avevano ragione, che doveva essere stato lui.
Era un'azione della quale, a posteriori, non andavo affatto orgoglioso, ma ricordai a me stesso, ancora una volta, che non c'era nulla di sconveniente, dato che non ero stato il solo. Erano state due settimane molto insolite, in fondo, circondati da persone che urlavano come tifosi allo stadio. E proprio come i tifosi allo stadio, che si insultano tra sostenitori di squarre diverse, una volta lontani dai campi di calcio abbandonano le urla e le offese, noi ci ritrovavamo, di tanto in tanto, in soggiorno a bere, a fumare e a giocare a carte, come se niente fosse successo. Lady Virginia era un fenomeno, nel bridge, mentre Lord Stanley era il migliore nel poker. La signorina Hildegard, invece, non faceva altro che lamentarsi, sostenendo che sarebbe stato meglio giocare a rubamazzo.
Ogni tanto mi allontanano e, come spesso accadeva quando mi trovavo nella dimora di Sir Duncan, mi lasciavo andare alle vecchie abitudini. Quando ero ragazzino andavo a origliare i discorsi dei personale di servizio e, di colpo, mi ritrovavo, quasi senza farci caso, dietro la porta delle cucine. Le cameriere borbottavano, con un brusio continuo, nel quale svettava, di tanto in tanto, la voce di turno che cercava di farsi sentire tra le tante. Le aiuto-cuoche dicevano la loro, venendo messe a tacere da qualche cameriera che osservava: «Voi state sempre qui in cucina, non potete sapere. Noi, invece, che ascoltiamo ogni discorso fingendo di concentrarci sui mobili che stiamo spolverando, sappiamo tutto.»
Era la cuoca a mettere fine a quella caciara, che a sua volta somigliava al tifo calcistico, sostenendo che erano tutte ragazze ignoranti come capre e che perfino la governante non aveva un intelletto superiore al loro, se nessuna riusciva a mettere insieme gli indizi.
La sentii chiaramente, mentre si lasciava andare a un ardito rimprovero: «Non siete capace di fare due più due! Per esempio, ricordate quando l'estate scorsa la cameriera Phoebe si licenziò e, in attesa che arrivasse una ragazza nuova, per qualche giorno accettai di uscire dalle cucine e di occuparmi di riordinare lo studio di Sir Duncan? Era un'occasione imperdibile: ogni volta in cui me ne veniva data la possibilità, cercavo sempre di approfittare di queste situazioni e di andare a occuparmi dei fatti altrui. Così, mentre ordinavo pennini, calamai e carte varie sulla scrivania del Sir, ne approfittai per aprire i cassetti, che non erano chiusi a chiave. E allora trovai quelle fotografie, che erano sempre sfuggite agli occhi attenti della cameriera Phoebe: del resto ce n'erano solo una quarantina, di cui una buona metà che ritraevano una donna di colore in abiti esotici, da sola, e un'altra buona metà in cui la stessa donna si trovava in compagnia di Sir Duncan. In alcuni ritratti, i due si tenevano per mano, in altri accennavano un lieve abbraccio. Chiaramente, qualora la cameriera Phoebe abbia visto le fotografie, deve avere pensato che i due, per puro caso, si siano ritrovati nello stesso posto, per altrettanto caso si siano ritrovati a posare insieme e che, ugualmente per caso, le fotografie siano poi finite nei cassetti della scrivania di Sir Duncan. Ancora più per caso, dietro a una delle foto che li ritraevano insieme, c'era addirittura scritto "amore eterno". Ovvio che una mentre sopraffina come quella di Phoebe non abbia mai pensato minimamente che quella donna fosse l'amante di Sir Arthur!»
A quelle parole calò il silenzio. Io stesso mi domandai se la mia mente fosse stata sopraffina tanto quanto quella della cameriera Phoebe, dato che non avevo mai avuto il benché minimo sospetto. Realizzai subito - mi bastò tornare alla realtà grazie alle parole pungenti della cuoca - che la donna delle fotografie doveva essere stata l'amante di Sir Duncan. Ciò spiegava tante cose, compreso il fatto che si era sempre rifiutato di prendere moglie: da qualche parte, forse in una delle Colonie che visitava con frequenza, aveva già avuto una relazione proibita.
Del resto, fintanto che c'era il malefico zio successivamente morto di polmonite da ultranovantenne, sarebbe stato diseredato se la sua amata non fosse stata approvata dal bisbetico e irritante parente. Figurarsi se avrebbe potuto accettare che Sir Duncan sposasse una donna che non solo non era nobile, ma non era neanche britannica, né tantomeno bianca.
Mio zio doveva avere agito nell'ombra per chissà quanti anni e da quell'unione doveva essere stato generato un frutto indelebile. Di colpo compresi tutto: Sir Duncan non mi aveva mai voluto come figlio perché non era l'uomo senza discendenti diretti che tutti credevano, ma perché aveva già un vero figlio, nascosto in uno degli angoli di mondo nei quali si recava ogni volta in cui ne aveva la possibilità. Non appena il vecchio bisbetico era morto, aveva portato Duncan Jr con sé in Inghilterra e, dal momento che ufficialmente non era figlio suo, l'aveva adottato.
Glielo chiesi, mentre il treno rallentava per entrare in una stazione.
«Tu lo sapevi, vero?»
Duncan Jr distolse lo sguardo dal giornale, lanciandomi un'occhiata innocente degna di chi non sa di essere stato adottato dal suo padre naturale.
«Sapevo cosa?»
«Che eri davvero figlio suo.»
Mio cugino tornò ad abbassare gli occhi sul quotidiano. Non rispose. Forse avrei dovuto lasciare perdere, tornare di nuovo ad affogare nel silenzio, come avevamo fatto per molto tempo. Tuttavia non potevo lasciare correre, avevo bisogno di certezze.
«Sto parlando con te.»
Duncan alzò nuovamente gli occhi e ribatté: «Tu, invece, lo sapevi? Come l'hai scoperto?»
Mi svelai.
«Dalla cuoca.»
«Infallibile, quella donna.» Duncan annuì con aria soddisfatta. «Te lo dicevo, che ha sempre la soluzione per tutto. Mi sorprende solo che, quando l'ispettore di Scotland Yard è entrato in cucina attirato dal buon profumo di torta alle mele, la cuoca non abbia abbandonato i fornelli per dedicarsi all'indagine come dilettante. Avrebbe senz'altro scoperto che la signorina Hildegard si trovava in compagnia di Lord Stanley, ma nessuno dei due voleva ammetterlo, quindi hanno preferito non riferire di avere un alibi.»
«Sono rimasto stupito in negativo anch'io della sua decisione» ammisi. «Avrebbe dovuto comprendere le proprie potenzialità e intervenire quando Scotland Yard non cavava un ragno dal buco. Invece si è sottovalutata e la situazione è scivolata in una lunga fase di stallo.»
«In cui, mio caro Nicholas, hai sbandierato ai quattro venti che per te ero colpevole. Hai perfino inseguito l'assurda teoria del complotto secondo cui mio padre avrebbe voluto diseredarmi, nonostante sono certo che tu non vi abbia mai creduto.»
«Ti ricordo che tu, da parte tua, non ti sei comportato molto diversamente da me, né tantomeno hai fatto alcunché per difenderti. Perché non hai raccontato la verità su tuo padre? Perché non hai detto che ti aveva adottato perché eri già figlio suo?»
«La sua volontà. Non ha mai parlato. O meglio, l'ha fatto, a un certo punto, e non si è trattato di una decisione che abbia dato ottimi frutti. Tu, piuttosto, perché hai parlato, dopo avere origliato i discorsi della cuoca?»
Fui io ad abbassare lo sguardo. La verità era che non lo sapevo. Avevo agito d'impulso, come se fossi con le spalle al muro e non avessi idea di cosa fare per sistemare quella terribile faccenda una volta per tutte.
Non saprei dire se Duncan Jr comprendesse il mio stato d'animo, ma di certo non insisté. Ricominciò a leggere il giornale, mentre il treno si rimetteva in marcia. Fuori dai finestrini, c'era ancora il grigiore della nebbia, reso ancora più tetro dall'avvicinarsi dell'ora del tramonto.
Per la prima volta da quando ero salito a bordo, il muro di silenzio iniziava a starmi stretto, quindi, pur senza rispondere alla domanda di mio cugino, affermai: «Non importa che quei malpensanti che Sir Duncan aveva invitato siano rimasti spiazzati, non importa se avrebbero approvato o meno quello che provava per tua madre. Tutto quello che conta è vivere la vita che si desidera, essere quello che si è.»
«Complimenti per il pensiero profondo» mi prese in giro Duncan. «Credi davvero che siamo liberi di fare quello che vogliamo? Quando riflette ciò che gli altri si aspettano da noi, allora magari lo siamo davvero. Ma in tutti gli altri momenti? Quante volte rinunciamo a vivere solo perché non possiamo affrontare il giudizio altrui? E no, non ti permettere di dire che dovremmo fregarcene dei giudizi. Non è nostro dovere. Dovrebbero essere le persone che abbiamo intorno a non giudicare. Un po' come fa la cuoca: raccoglie i fatti, sistema gli indizi e le prove, dopodiché ricostruisce le vicende, solo attirata dalla sete di conoscenza e non dal desiderio di esprimere in proposito opinioni non richieste. Quella donna non ha detto alcunché nemmeno quando c'è stata una seconda vittima.»
«Seconda vittima» ripetei. Non ero sicuro che fosse la definizione corretta. «Parli forse di Lady Virginia?»
«E di chi altro?» obiettò mio cugino. «Per fortuna soltanto una persona ha bevuto un tè corretto con il cianuro, quindi abbiamo avuto un unico altro decesso, oltre a quello di mio padre. Era più che sufficiente, non credi?»

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Introspettivo / Vai alla pagina dell'autore: Milly_Sunshine