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Autore: Milly_Sunshine    23/03/2024    0 recensioni
Questo non è assolutamente un ennesimo racconto di Milly Sunshine ambientato nel mondo dell'automobilismo. Anzi, sì. :-)))) Ci ha provato a non scriverlo, ma l'ha fatto lo stesso! /// In un generico scenario early-80s, su un generico circuito cittadino degli Stati Uniti, sta per concludersi il campionato di Formula 1. Due compagni di squadra, molto diversi l'uno dall'altro, uno visto come un campione innato, l'altro come colui che si è messo in mezzo tra lui e i suoi sogni di gloria, sono entrambi di fronte all'occasione della loro vita: uno dei due diventerà campione del mondo. Entrambi sono focalizzati sullo stesso obiettivo, ma un grave incidente che capita nel primo giro di gara e provoca una lunga sospensione della corsa cambia almeno in parte le prospettive di entrambi in attesa dello scontro finale. In sintesi: molta introspezione a cui l'automobilismo fa da contorno.
Genere: Angst, Introspettivo, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non vi erano dubbi che Xavier Delacroix fosse un trascinatore di folle. Non faceva nulla per essere tale, era una reazione spontanea alla sua stessa spontaneità. La sua aria da ragazzino, che paradossalmente strideva con il suo stato civile e familiare, lo faceva apparire fin troppo appetibile a chi voleva affezionarsi a un personaggio. Valerio lo conosceva da anni, ma in maniera piuttosto superficiale. Aveva l'aria del ragazzo ingenuo, dall'aria talora malinconica, e sembrava non avere niente in comune con lui.
Era considerato da molti un pilota straordinario, la rivelazione che avrebbe verosimilmente dominato le corse automobilistiche nella seconda metà degli anni '80 e, con un po' di fortuna, se la sua carriera si fosse prolungata nel tempo, magari avrebbe avuto ancora qualcosa da dire all'inizio degli anni '90. Valerio era ben consapevole di quelle chiacchiere, ma era altrettanto consapevole di quanto il mondo dell'automobilismo fosse mutevole. In più non vi era alcuna garanzia di essere ancora in vita nella seconda metà degli anni '80, o addirittura di arrivare fino agli anni '90. Non che Valerio fosse una persona per natura pessimista, ma sapeva che, a chi stava ai piani alti, non importava molto del fatto che il progresso tecnologico spesso non fosse accompagnato da riflessioni sulla sicurezza. Le monoposto erano sempre più veloci e instabili e spesso i circuiti non erano più adeguati ai nuovi standard. O, in alternativa, invece di andare avanti si andava indietro, con un numero sempre maggiore di tracciati cittadini americani.
Era paradossale come le competizioni automobilistiche statunitensi avessero trovato ormai da molto tempo un loro equilibrio, con campionati organizzati in ottima maniera, mentre quando si trattava di mescolarsi e amalgamarsi con la cultura motoristica europea, allora tutto iniziava ad andare a rotoli. Non vi erano dubbi che prima o poi la tendenza espansionistica nel Nuovo Mondo sarebbe rientrata, e allora chissà cosa avrebbero pensato gli appassionati del futuro di quei brutti esperimenti che spesso erano sede dello scontro per il titolo. A onore del vero, se Valerio avesse avuto un giorno la possibilità di lottare per il campionato mondiale, non gli sarebbe importato granché di conquistare l'ambito titolo su un tracciato quasi improvvisato tra le strade di una città americana, piuttosto che in uno dei templi dell'automobilismo, ma anche l'occhio voleva la sua parte e si rendeva conto di quanto, dal punto di vista televisivo, i tifosi europei fossero sottoposti a uno spettacolo ben lontano dall'essere affascinante.
Ai suoi occhi, Delacroix appariva come uno di quei piloti che non pensavano minimamente a questioni del genere. A uno come Xavier, dopotutto, bastava guidare e, se possibile, andare più veloce degli altri, o quantomeno provarci. Pur non avendolo mai frequentato, Valerio era convinto di averlo inquadrato piuttosto bene e, in effetti, quando lo conobbe meglio, si rese conto di averci azzeccato. Diventarono compagni di squadra alla Vertigo e, qualche settimana prima dell'inizio della stagione, Valerio fu invitato, esattamente come si aspettava, alla festa di fine anno della squadra. O forse era una festa di Natale; non gli importava molto di quale nome si desse agli eventi, l'importante erano i presenti o, per meglio dire, le presenti. Valerio non aveva alcuna difficoltà, quando si trattava di conquiste femminili. Durante gli eventi mondani era spesso circondato da esponenti del gentilsesso, ma c'era da dire che la cena della Vertigo aveva un concetto di mondanità tutto suo. E poi c'era Xavier Delacroix, che lo fissava con una strana aria di disapprovazione. Chissà, magari era uno di quei bigotti convinti che prima del matrimonio le donne dovessero essere guardate soltanto da lontano, come se fossero totalmente prive di desiderio... anche se, a giudicare dall'età in cui si era sposato ed era diventato padre, era molto probabile che il matrimonio fosse stato innescato da una gravidanza non programmata, il che stroncava sul nascere quell’ipotesi.
In altre circostanze, Villa non si sarebbe preoccupato del giudizio altrui, ma si sorprese a pensare che, dopotutto, costruire un rapporto di reciproca stima con Xavier sarebbe stato molto più utile che fare l'opposto. Non aveva mai avuto grossi problemi con i precedenti compagni di squadra, ma nessuno dei suoi precedenti compagni di squadra era come Delacroix. Si ritrovò quindi a mettere da parte la bella presenza femminile di turno e iniziò una conversazione con Xavier.
Il pilota della Vertigo era franco-belga, ma parlava un buon italiano, imparato nei primi anni della sua carriera, quando aveva gareggiato a lungo nei campionati minori italiani. Si ritrovarono a raccontarsi a vicenda qualche curiosità sul loro passato che, puntualmente, si rivelò ben differente. Se Valerio era cresciuto in una famiglia ricchissima che aveva contrastato a lungo la sua passione per i motori, Xavier si era ritrovato nella situazione opposta: figlio di due patiti di corse automobilistiche, il suo principale problema era stata la mancanza di mezzi economici. Alla fine, comunque, ce l'aveva fatta. Si poteva dire lo stesso anche di Valerio, che del denaro di famiglia aveva rischiato di non vedere neanche un centesimo, ma non avrebbe mai osato affermarlo ad alta voce: la convinzione generale era che, chi era nato abbiente, non si fosse conquistato nulla, nemmeno quando aveva rischiato di essere rinnegato dai propri genitori per inseguire la propria passione.
Quella cena fu un inizio, o forse una fine. Valerio non aveva mai immaginato che Xavier potesse avere qualcosa in comune con lui e, ancora meno, la possibilità che tra loro potesse nascere un'amicizia. Invece accadde, molto probabilmente perché entrambi sentivano la mancanza di qualcosa che vedevano invece nell'altro. Non che fosse molto positivo: in fondo c'era una palese invidia reciproca. Xavier avrebbe tanto voluto lo stile di vita di Valerio, il non avere alcuna responsabilità nei confronti di altri, il vivere soltanto per se stesso. Proprio come Valerio aveva ipotizzato, Xavier e la signora Delacroix si erano conosciuti quando erano ancora molto giovani e non avevano mai parlato seriamente di sposarsi e avere dei figli. Era semplicemente accaduto, erano stati travolti dagli eventi e l'avevano accettato. Erano stati felici e forse la signora Gabrielle era convinta di esserlo ancora. Anche Xavier lo era stato, almeno finché era stato un ragazzo qualsiasi, anziché finire per diventare l'oggetto del desiderio di molte altre donne. Le amiche delle ragazze che Valerio frequentava occasionalmente lo guardavano con occhi carichi di desiderio e a volte a contemplarlo a quella maniera erano anche le frequentazioni di Valerio che, da parte sua, evitava i legami duraturi. Aveva avuto molte donne, ma era sempre stato chiaro con tutte loro: niente relazioni stabili e nessuna possibilità di avere avventure con chi da lui avrebbe voluto altro. Un giorno, quando avesse abbandonato le competizioni, sarebbe stato diverso, ma finché fosse stato un pilota non avrebbe voluto né una compagna stabile né tantomeno una famiglia ad aspettarlo, magari dall'altra parte del mondo, quando non aveva garanzie di tornare a casa vivo. Se c'era qualcosa in cui si sentiva di invidiare Valerio, era proprio l'essere riuscito a conciliare il proprio mestiere con la vita privata. Gli sarebbe piaciuto, poterla pensare come lui, non avrebbe corso il rischio di focalizzarsi soltanto ai piaceri, quando era lontano dai circuiti, senza mai costruire nulla.
Tutto andò bene, tra di loro, almeno finché non si ritrovarono l'uno contro l'altro, alla rincorsa di un titolo mondiale che sembrava ormai precluso ai piloti delle altre scuderie. La stagione era iniziata un po' in sordina, per Valerio, ma d'altronde nessuno si aspettava altro da lui. Era chiaro che per tutti fosse Xavier il favorito e, se all'inizio non provava alcun disturbo, iniziò a sentire inappropriato l'essere sempre messo in secondo piano quando Delacroix iniziò ad avere delle difficoltà e a perdere terreno. Erano in due, a contendersi quel dannato campionato, ma nessuno sembrava essersene reso conto, al di fuori della Vertigo. La squadra teneva un piede in due scarpe, ma del resto non c'era da aspettarsi altro: in un mondo in cui tutto cambiava molto in fretta e, da un giorno all'altro, Delacroix avrebbe potuto addirittura annunciare di volere lasciare la Vertigo alla fine della stagione, non vi era un interesse del tutto definito nel cercare di sostenere un pilota svantaggiando l'altro. Inoltre non era sempre fattibile: affinché uno dei due piloti si facesse da parte per l'altro, occorreva che si presentasse la giusta situazione. Ogni volta che uno dei due non era immediatamente dietro al compagno di squadra, oppure che una delle due monoposto aveva un'avaria che non le consentiva di arrivare al traguardo, ogni discorso diveniva superfluo; e accadeva non di rado di trovarsi nell’una circostanza o nell’altra.
Approfittando delle circostanze favorevoli che gli si presentarono, Valerio riuscì a salire in testa alla classifica, e non di poco. Qualcuno iniziò a farvi caso, occasionalmente gli addetti ai lavori arrivavano a chiedersi se Delacroix si sarebbe fatto da parte, da un certo momento in poi. Ovviamente non si fece da parte, né Valerio si aspettava altro. Erano avversari, prima ancora che compagni di squadra, e non vi erano rivali pronti a mettersi tra di loro. Comunque fosse andata, uno dei due sarebbe divenuto campione del mondo, alla fine della stagione. Per Valerio era chiaro, e immaginava lo fosse anche per Xavier. Allo stesso modo gli era chiaro che, se il più veloce dei due era dietro, chi era davanti non aveva alcun dovere di stendere il tappeto rosso al passaggio dell'altro. Quando avvenne il fatto che fece discutere, Valerio aveva poche realistiche possibilità di mantenere la propria posizione, ma non vi erano ragioni per cui avrebbe dovuto rendere le cose facili al suo diretto avversario.
Per Xavier, a quanto pareva, nulla di tutto ciò era chiaro, così come non gli era affatto chiaro che ciò che accadeva in pista iniziava e terminava in pista. Al loro incidente seguirono polemiche e discussioni, come Valerio si poteva tranquillamente aspettare; del resto non era la prima volta che si ritrovava coinvolto in una collisione con un altro pilota. La prassi era essere sempre convinti che la responsabilità fosse dell'altro e, se non era così, almeno far credere di esserne convinti. Fu la posizione che tennero entrambi. La differenza abissale, tra i due, era che per Valerio si trattava soltanto di un incidente, sul quale ciascuno dei due aveva un'opinione diversa. Lo accettava senza alcun problema e, per quanto lo riguardava, era pronto ad accantonarlo e a metterlo da parte come un episodio generico del recente passato. Per Xavier, a quanto pareva, era tutto quello che contava, come se quel contatto e il conseguente ritiro fosse stato un attacco personale nei suoi confronti che andava assolutamente vendicato.
Valerio cercò, in due o tre occasioni, di farlo ragionare. Xavier continuava a polemizzare alla minima occasione e a mettere in chiaro che non si sarebbe arreso, che avrebbe fatto di tutto per vincere un mondiale che riteneva gli spettasse. Quando lo affermava, sembrava che quest'ultima parte del discorso dovesse essere qualcosa di eccezionale, e non quello che avrebbe fatto sempre e comunque. Valerio smise di preoccuparsi del punto di vista di Xavier. Anzi, gli capitò più di una volta di rispondere a tono, quando si rese conto che bastava poco a destabilizzare Delacroix. Non esagerò mai, in ogni caso: non gli piacevano le polemiche sterili e inutili e soprattutto non intendeva trasformare la conquista di un titolo in una questione di vita e di morte. Fu quella la ragione per cui cercò di avere una conversazione civile con il compagno di squadra, nelle ore che precedettero quella che sarebbe stata la gara decisiva. Fu tutto inutile: Xavier non era in grado di comprendere che, se si rivolgeva a lui in tono pacato, non lo faceva con un secondo fine.
In più, Valerio sapeva di non avere alcuna certezza. La posizione di partenza gli era favorevole, ma non vi era alcuna garanzia. Xavier era un avversario temibile e non vi erano dubbi che avrebbe fatto il possibile per batterlo. Lo sapeva e lo accettava. Avrebbe desiderato che per Delacroix funzionasse alla stessa maniera, ma non era così. Anzi, più Xavier lo screditava e più Valerio si rendeva conto di quanto lo temesse.
Mentre Delacroix era sempre più convinto che la vittoria finale gli spettasse e che fosse sul punto di essergli sottratta, non restava altro che raccogliere ciò che quell’ultima giornata aveva in serbo. Come facilmente prevedibile, l'ennesimo tracciato cittadino statunitense messo in calendario prima ancora di verificare che un gran premio su quelle strade fosse fattibile si era rivelato l'ennesima seccatura. Il tempo a disposizione di squadre e piloti era calato drasticamente a causa dei soliti problemi già visti più di una volta e, Valerio doveva ammetterlo, non era stato molto consolatorio vedere la situazione evolversi, al momento, a proprio vantaggio. Se fosse stato totalmente slegato dalla realtà, come lo era Xavier, forse il giorno precedente si sarebbe compiaciuto nello scoprire i problemi riscontrati dal compagno di squadra e avrebbe maturato la convinzione di essere a un passo dal campionato. La realtà dei fatti, tuttavia, era ben diversa: un guasto meccanico per Delacroix non prometteva bene, visti i problemi di affidabilità che avevano condizionato soprattutto la prima parte della stagione. L'unica possibilità che Valerio sapeva di avere era quella di battere Xavier, ma serviva che la vettura non lo abbandonasse. Se era accaduto al suo compagno di squadra soltanto il giorno precedente, poteva succedere anche a lui molto prima di quanto si aspettasse, e allora sarebbe stato un enorme problema.
Qualcosa infatti accadde, sulla griglia di partenza. Le altre monoposto partirono senza difficoltà, ma non la sua. Valerio rimase fermo, consapevole che il vantaggio fosse già perduto e lo svantaggio forse irrecuperabile. Per fortuna il motore riuscì a riavviarsi, anche se significava prendere il via dal fondo della griglia, tra vetture lente su un circuito che non favoriva i sorpassi. Era certo che, se ci fosse stato Xavier al posto suo, avrebbe creduto fosse una congiura del destino. La verità era che non vi era alcun destino e, se proprio doveva esserci, era probabile che determinasse eventi ben più importanti per il genere umano rispetto al risultato di una gara automobilistica; chi partiva dalle retrovie doveva semplicemente fare il possibile per uscire da quella scomoda situazione, invece di prendersela con le stelle. Forse vincere il mondiale era impossibile, ma dimostrare di non essere più quel pilota che nessuno prendeva sul serio era ugualmente importante.
Le prime curve non furono molto promettenti. Perfino Karl Graber oppose una grossa resistenza. A Valerio non passò nemmeno per la testa che il pilota svizzero avesse qualche ragione per volerlo ostacolare, nonostante fosse un amico di Delacroix. Altri, al posto suo, avrebbero utilizzato un argomento assurdo come quello per inventare complotti, ma era molto più probabile che quel disgraziato stesse cercando neanche di portare a casa un buon risultato, quanto piuttosto di farsi inquadrare il più a lungo possibile, certo che gli sponsor avrebbero gradito.
Valerio attese. Non era mai stato molto paziente, ma sapeva di non potersi concedere errori. Graber faceva parte di un disegno più ampio, non poteva correre rischi per infilarsi dove non c'era spazio. Era solo il primo giro, prima o poi Karl gli avrebbe fatto - non volontariamente - strada oppure si sarebbe eliminato da solo. Poteva concedersi di aspettare, anche se era certo che, nelle posizioni che contavano, Xavier si fosse già liberato almeno di alcune vetture che lo precedevano. Forse doveva sperare che il motore dell'auto del compagno di squadra iniziasse a dare problemi un'altra volta, ma la verità era che non poteva preoccuparsi di quello che succedeva a Delacroix, non in quel momento, almeno.
Accadde tutto molto in fretta. Non ebbe il tempo di riflettere su quello che stava succedendo, ma solo di fare il possibile per evitare di ritrovarsi coinvolto. Non fece nemmeno caso a chi fosse l'altro, si limitò a notare che una delle vetture coinvolte era quella di Graber. Si buttò all'ultimo dal lato opposto, per non travolgere nessuno. In un tracciato normale si sarebbe ritrovato nella sabbia o sull'erba, ma quello non era un tracciato normale. Non c'erano vie di fuga, ma soltanto barriere che non lasciavano scampo. Valerio cozzò contro una di esse e, in un altro momento, avrebbe formulato un pensiero che suonava come "il mondiale è finito". Molto probabilmente lo era, ma la sua mente si rifiutava di andare in quella direzione. Non c'erano solo campionati dei mondo da vincere o da perdere, c’era anche la consapevolezza di essersi appena ritrovato coinvolto in un evento che avrebbe preferito non vedere dal vivo.
Gli parve quasi che l’atmosfera mutasse, come se qualcosa fosse stato stravolto all'improvviso, come se fosse arrivato a un punto di non ritorno. Quando tornò alla realtà, appena qualche frazione di secondo più tardi, realizzò finalmente che il motore della monoposto si era spento. Tutto ciò che poteva fare era slacciarsi le cinture e scendere, ma nemmeno allora riuscì a pensare al titolo ormai sfumato. Quello che restava della monoposto di Graber era uno spettacolo agghiacciante e non prometteva nulla di buono e distogliere lo sguardo non sarebbe servito a niente; Valerio sapeva che avrebbe continuato a vedere la stessa immagine pur rivolgendo gli occhi altrove.
Aveva ancora quella scena fissa in testa, mentre camminava verso la corsia dei box, così come non se n’era ancora andata quando si sedette a terra sperando che nessuno andasse a disturbarlo. Non fu così, purtroppo tra i tanti ad avvicinarsi a lui fu proprio Xavier - ovviamente era stata esposta bandiera rossa, anche se non Valerio non ci aveva pensato, fino a quel momento. Il suo compagno di squadra voleva sapere cosa fosse successo, ma non ebbe la forza di rispondergli. Fu un errore, perché Delacroix si abbassò di scatto e gli si sedette accanto, rinnovando la stessa domanda.
Doveva rispondergli, doveva trovare la forza di parlare. Scuotendo la testa, mormorò: «Un incidente di merda.»
Non era abbastanza per Delacroix, che gli chiese ulteriori spiegazioni. Valerio gli descrisse la dinamica, come meglio poteva, parlandogli del contatto tra due monoposto, di cui quella di Graber che veniva sbalzata in aria prima di capovolgersi su una barriera. Filtrò molto le parole, perché non se la sentiva di essere esplicito, e infatti Xavier parve dispiaciuto per Graber, ma senza avere ben chiaro come stessero le cose. Ancora una volta preferì non essere troppo diretto, ma lasciò intendere che il problema non fosse una gara terminata al primo giro.
«Ho visto la sua auto, in che condizioni è, purtroppo non è l'unica cosa che ho visto.»
Xavier abbassò lo sguardo e rimase in silenzio per quello che a Valerio parve un tempo piuttosto lungo. Si aspettava di vederlo alzarsi in piedi e andare via senza dire niente, ma non successe. Come colto da un dubbio improvviso, volle sapere: «E tu? Cosa c’entri tu? Come ci sei finito in mezzo?»
«Ho preso in pieno la barriera, mentre cercavo di evitarli» rispose Valerio. «Ci sono riuscito, a evitare tutti, ma non sarebbe cambiato niente. I soccorsi sono arrivati subito, il che è un mezzo miracolo visto la proverbiale disorganizzazione dei gran premi americani. Ho visto mentre estraevano Karl da quello che restava della sua macchina.»
«E...?»
«E niente» tagliò corto Valerio. «Avrei preferito non vedere, non ricordare quanto la vita umana sia fin troppo volubile.»
«Eppure l’hai sempre detto tu stesso» obiettò Xavier. «Non fai altro che ripetere che non vuoi legami, perché non puoi mai sapere quello che succederà domani.»
Valerio si girò a guardarlo.
«Dirlo è una cosa, vederlo con i propri occhi è un’altra.»

   
 
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