Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: Jamie_Sand    27/03/2024    1 recensioni
Nel pieno della seconda guerra magica, lontano dalla famiglia, senza più una fidanzata e con ben pochi amici rimasti al suo fianco, il giovane Percy Weasley cerca di fare del suo meglio per limitare i danni.
Poi, una notte di fine ottobre, l'incontro con una babbana di nome Audrey Manning.
Genere: Guerra, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Audrey, Famiglia Weasley, Percy Weasley | Coppie: Audrey/Percy
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7, Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Ammetto che non so bene da dove cominciare: ho avuto una vera e propria mancanza di ispirazione in questi ultimi tempi, probabilmente dovuta al fatto che sono stati mesi parecchio impegnativi dal punto di vista psicologico (in realtà tutti i cambiamenti che ho avuto sono stati positivi, ma sono pur sempre cambiamenti, no?) Comunque non voglio star qui ad ammorbarvi con la mia vita, quindi veniamo a noi! 

Ho deciso di dare una svolta diversa alla trama quindi dimenticate gli ultimi due capitoli. 

Ricapitoliamo: la guerra è finita come è finita; Lucy è morta, Fred è morto, Audrey e Percy si sono dati quello che sembrava un addio. 

Cosa succederà adesso? 

Ecco. 

Vi tocca leggere 😏

Fatemi sapere cosa ne pensate, se preferite questa linea narrativa o la precedente, sono sempre aperta a pareri e consigli! 

Un abbraccio, 

J.




 

Capitolo 18

 

28 aprile 2001

 

Appena fuori l’uscita principale dell’aereoporto, una ragazza se ne stava seduta su una grande valigia blu elettrico, la faccia stanca di chi era appena sopravvissuto a un lungo viaggio e con addosso abiti totalmente inadatti al clima dell’Inghilterra in primavera. Il cielo sopra la sua testa piena di piccole treccine scure era infatti coperto da uno strato di nuvole grigie che non promettevano nulla di buono. Imbarcarsi su un aereo per Londra con quel vestito in kente* arancione e blu addosso non era stata un’ottima idea, dopotutto. A vederla così era più che palese che quella ragazza fosse appena arrivata in da chissà quale paese africano. 

Con un sospiro annoiato, la giovane si voltò verso l’entrata dell’aereoporto da cui andavano e venivano persone di continuo, tutti con un tipo di fretta diversa. Se c’era una cosa che non le era mancata dell’Europa era proprio quella continua precipitazione con cui tutti si muovevano. Lei non aveva fretta, sebbene star lì ad aspettare l’annoiasse, appariva piuttosto rilassata. Ma quando il telefono squillò nella sua tasca, la giovane lo afferrò prontamente e, dopo aver visto il nome sul display, se lo portò all’orecchio per rispondere. 

– Pronto? –

– Per Salazar, Audrey… hai un’aria così africana adesso. – Disse una voce maschile e allegra dall’altra parte. 

Lei sorrise e si guardò attorno. Solo in quel momento notò, dall’altra parte della strada, suo zio Elijah che la aspettava all’interno di una macchina rossa dall’aria costosa che non gli si addiceva affatto. 

Sebbene avesse sei o sette anni in più della nipote, Elijah sembrava molto più vecchio: era come se quei mesi che aveva passato ad Azkaban durante la guerra fossero stati anni per lui. Adesso, al posto delle treccine nere e viola che era stato solito sfoggiare anni prima, aveva lasciato crescere i suoi capelli senza curarsene troppo, cosa che, insieme a quella folta barba scura, gli dava un aspetto piuttosto difficile da dimenticare. Portava ancora gli occhiali e lì sul collo, si poteva intravedere il tatuaggio con il suo numero da prigioniero. 

Era stato meraviglioso per Audrey quando se lo era ritrovato davanti alla porta della vecchia casa di nonna Harriette, magro, sporco e distrutto, qualche giorno dopo la battaglia di Hogwarts. Ma era stato devastante scoprire che Elijah aveva perso gran parte della sua luce. 

Audrey si alzò dalla valigia, ripose il telefono in tasca e attraversò la strada per raggiungerlo. Lui intanto era sceso dall’auto e, dopo aver caricato la valigia di lei nel portabagagli, la strinse in un fortissimo abbraccio. 

– Stai così… bene! – Esclamò il mago quando fece un passo indietro, con un tono che arrivò alle orecchie di lei come un po’ incredulo. 

Non erano stati anni facili, questo Audrey non poteva fare altro che ammetterlo, e forse suo zio era contento di vederla meglio di come era partita tempo prima. 

Ci aveva provato, dopo la guerra, a tornare alla sua vita di sempre. Aveva ripreso con il conservatorio e aveva lasciato che suo padre Jude si prendesse cura di lei, aveva rivisto la sua migliore amica Anne e per un po’ era tornata a lavorare con lei al Bistrot Viva Verdi, ma era difficile se non impossibile tenere tutto ciò che le era capitato in un angolo remoto della sua mente. Dopotutto non poteva parlarne con nessuno all’infuori dei membri della famiglia che le erano rimasti. Così aveva preso le sue cose e aveva viaggiato a lungo, aiutata dai soldi che suo padre le mandava ogni mese, ovunque lei si trovasse, alla ricerca di qualcosa che tutt’ora le mancava. Aveva visto di tutto, era entrata in contatto con ogni tipo di popolo e di cultura, eppure lì, davanti a suo zio e al numero da prigioniero che lui aveva tatuato sul collo, si rese conto che tutto ciò che non aveva affrontato due anni prima era ancora lì, immutato. 

– Mi piacciono i tuoi nuovi capelli. – Fece Elijah, afferrando una delle treccine. – Sono lunghissimi. –

– Sono finti. – Rispose Audrey, facendo un sorrisetto, mentre entrambi entravano in macchina. – La donna che me li ha fatti ci ha messo sei ore. –

Elijah sbuffò dal naso e poi mise in moto l’auto. – Io, con la magia, ci avrei messo dieci secondi. – 

Audrey mugugnò in risposta. Negli anni aveva sviluppato una certa avversione alla magia. 

– Dov’è papà? Pensavo venisse lui a prendermi oggi. – 

– Jude sta sistemando la tua stanza, l’abbiamo usata come magazzino negli ultimi tempi. – Spiegò Elijah. – Ma dimmi, dove vuoi andare prima di arrivare a casa? – Le domandò poi. 

– Da Lucy. –

Il viaggio dall’aereoporto al Brompton Cemetery fu uno dei viaggi più stressanti che Audrey avesse mai affrontato. Il caos e la fretta così tipica dell’Occidente la colpirono in pieno viso come uno schiaffo e solo una volta lì, nella calma di un cimitero, riuscì a tirare un sospiro di sollievo. 

La tomba di Lucy era come tante altre lì attorno: la lapide in ardesia scura aveva il nome della giovane, la data della sua nascita e quella della morte incise sopra, c’era anche una bella fotografia in cui Lucy sorrideva e dove appariva di qualche anno più giovane rispetto a quando era morta, i capelli chiarissimi che le incorniciavano il volto magro, gli occhi luminosi che sembravano vedere davvero. 

Lucy Siobhan Manning. 

20 febbraio 1982.  

2 maggio 1998. 

Non c’erano fiori né tantomeno oggetti lasciati da chi la amava, niente di niente, e questo intristì un po’ Audrey, che si ritrovò all’improvviso a pensare al funerale di sua sorella, cosa che non le capitava da tempo. Era stato quel giorno l’ultima volta in cui aveva visto sua madre, e pochissimi erano stati quelli che avevano partecipato alla cerimonia, cosa che l’aveva trafitta con l’ennesima triste consapevolezza: erano sole, loro due, era sola soprattutto Lucy, che aveva avuto una madre che era quel che era e un padre che non aveva mai conosciuto. 

– Di tanto in tanto io e tuo padre veniamo qui per portarle dei fiori e per togliere le erbacce. – Elijah alle sue spalle parlò. – Capita che incontriamo un ragazzino… forse andava a scuola con lei… un ragazzino con i capelli color topo, con la faccia triste. – 

Audrey annuì, senza distogliere lo sguardo da quella fredda pietra mortale. – Sarà il fratello del ragazzo che le piaceva, Danny Cannon. Suo fratello Colin è morto a Hogwarts come lei. – 

Elijah sospirò. Non capiva come fosse possibile che Audrey fosse capace di parlare di ciò che era capitato quel due maggio con così tanto gelo. Da una parte la invidiava, invidiava il distacco che lei era riuscita a mantenere con quell’orribile periodo, ma dall’altra era preoccupato che lei non l’avesse affatto elaborato. - Audrey… - La chiamò, nel tentativo di capire cosa provasse. 

– Come sta Percy? – 

Quella domanda colse Elijah totalmente alla sprovvista. Negli ultimi anni non c’era stata nemmeno una volta in cui Audrey avesse chiesto notizie di Percy Weasley. 

– Anche lui mi chiede spesso di te, lo sai? – Asserì, facendo un sorrisetto.

– Quindi ora siete amici? – Ribatté Audrey, voltandosi verso lo zio mantenendo un tono e un’espressione disinteressata. 

– Non siamo amici, no. - Chiarì Elijah. – Ma lo incontro negli ascensori del Ministero ogni tanto, e lì mi chiede di te, di come stai e dove sei. –

– E tu cosa gli dici? – 

Il ragazzo scrollò le spalle. – Che te la cavi. – 

Audrey tornò a guardare per un attimo la lapide di Lucy, poi sospirò e si voltò di nuovo verso lo zio. – Be’, quindi come sta? – Rimarcò. 

– Immagino stia bene, non lo so. – Buttò lì Elijah. – Lavora nel dipartimento dei trasporti magici adesso; una vera regressione di carriera visto il suo precedente impiego, ma l’ha preso molto sul serio: sembra sempre molto indaffarato, quando lo vedo. – 

Audrey tirò su i lati della bocca in un timido sorriso. – Sì, molto tipico di lui. – Disse.

Elijah aggrottò le sopracciglia e piegò il capo verso sinistra, fissandolo come farebbe un cane curioso. – Sei ancora innamorata di lui. – Disse tagliente.

Lei scosse la testa, alzò gli occhi al cielo e poi prese a camminare verso l’uscita dal cimitero. – Non sono mai stata innamorata di lui. – Si affrettò a chiarire. – Mi piaceva, ecco forse questo sì. Ma sai perché? Sai perché forse un po’ mi piaceva? – Proseguì, tutta piccata. – Perché ero sola e triste, e lui… be’, lui c’era per me in quel momento. Percy è un bravo ragazzo, ma in condizioni normali, ovviamente, non mi sarei mai potuta sentire affine a uno come lui, no, no… era un brutto periodo, tu lo sai, e poi... – 

– Percy sarà alla cerimonia per l’anniversario della battaglia, tra qualche giorno, a Hogwarts. – La interruppe bruscamente Elijah, andandole dietro. 

Lei non sembrò fare una piega, ma continuò a camminare tra le lapidi disseminate, dritta dritta verso l’uscita. – E tu che ne sai? – 

– Lo scorso anno era lì. Insieme alla famiglia e alla sua ragazza. – Svelò Elijah. 

Solo a quel punto il passo di Audrey si arrestò. – Quindi lui e Penny stanno ancora insieme. – Disse, pensierosa. 

– Se Penny è una ragazza bionda e riccia allora direi proprio di sì. – 

Audrey annuì in fretta e poi si rimise in moto. – Posso venire anch'io a quella cerimonia a Hogwarts o sono troppo babbana per mettere piede in quella scuola? – Domandò, una volta lasciato il cimitero. 

– Accompagnata da un mago puoi andare ovunque. –

Lei annuì. – Sai, non sono mai stata in Scozia prima d’ora. – 

– Devi assolutamente rimediare. –

– Direi proprio di sì. – Annuì Audrey. 

Poi alzò gli occhi sopra la sua testa. 

Il grigiore così tipico di Londra era nettamente peggiorato e il freddo si era fatto ancora più intenso. 

– Andiamo a casa, prima che si metta a piovere. –

 

.

 

La fine della guerra aveva rappresentato, per il lato paterno della famiglia di Audrey, una vera e propria svolta. Innanzitutto Jude aveva deciso di lasciare il New Jersey per tornare a vivere lì in Inghilterra solo per star vicino alla figlia, la casa di nonna Harriette e nonna Constance era stata venduta a una famiglia babbana inconsapevole degli errori accaduti tra quelle mura, e loro tre (Audrey, Jude ed Elijah) si erano ritrovati in un altro bel quartiere residenziale di Londra, pronti a instaurare una nuova routine. 

Vista da fuori, la casa sembrava piuttosto normale: nessuno, davanti a quella porta di legno marrone, avrebbe potuto pensare che lì, in quella villetta da perfetti e noiosi borghesi bianchi, ci vivesse una famiglia di neri tra cui un mago, un pianista classico e, di tanto in tanto, una ragazzina sui vent’anni che si sentiva totalmente persa.  Almeno da fuori, tutto appariva come doveva essere: estremamente normale. Si trattava di una grande abitazione quadrata, a due piani, con il tetto di tegole scosceso e un bel giardino che la circondava, posta accanto ad altre abitazioni quadrate e più o meno identiche, che si estendevano, una vicina all’altra, ai due lati della strada alle spalle di Audrey. 

Elijah varcò per primo il cancelletto che divideva il marciapiede dal giardino, tirandosi dietro la grossa valigia di Audrey. Lei lo seguì con in viso l’espressione di chi si stava chiedendo cosa ci facesse lì. Quella finta normalità le era stata stretta dal primo giorno dato che, da quando Harriette e Constance erano morte e da quando c'era stata la battaglia, nulla poteva più considerarsi normale. Tuttavia suo padre non la pensava così e sembrava aver iniziato a vivere in funzione di un rapido ritorno allo status quo. 

Quando varcarono la soglia, ritrovandosi in un ordinatissimo ingresso in stile minimalista, Audrey sentì dei rumori al piano di sopra e poi lungo le scale alla sua destra. Poi Jude apparve dinnanzi a loro all’improvviso, con la solita aria austera di sempre, così simile a quella di nonna Harriette. 

– Audrey! – Esclamò, facendo un sorriso che non gli si addiceva granché. – Finalmente! Pensavo che vi fosse persi per strada! Stai bene? Come è andato il volo? - 

Non si vedevano da anni e, quando lui la abbracciò, Audrey rimase sorpresa come tutte le volte in cui ciò accadeva: dopo una vita di assenza era ancora un po’ strano per lei il fatto che suo padre le volesse bene e che glielo dimostrasse. 

Quando Jude fece un passo indietro, Audrey lo osservò per un attimo: era sempre uguale, i capelli cortissimi, ricci e neri, gli occhi scuri un po’ infossati e l’aspetto di uno che si prendeva molta cura di sé stesso. 

– Ciao, papà. – Lo salutò alzando i lati della bocca per sorridere. – Sto… bene. Il volo è andato bene, e io sto bene. – 

– Sei tornata per restare, spero. – Asserì Jude, squadrandola da capo a piedi.

Audrey esitò.

Di certo non era quello il suo intento: il suo piano fino in quel momento era quello di rimanere a Londra per qualche giorno, andare spesso sulla tomba di sua sorella, per poi partire alla volta di qualche altro paese lontano per dimenticarsi di sé stessa. Tutto questo, naturalmente, a spese di suo padre che, bisognoso di dimostrarle l’affetto che non le aveva mai dato, la riempiva di soldi e di cose materiali. 

A ventiquattro anni suonati, dunque, Audrey si ritrovava senza un lavoro e con un’istruzione lasciata a metà, dato che non aveva mai terminato i suoi studi in conservatorio. 

L’unica cosa su cui avesse mai puntato, l’unica cosa in cui fosse mai stata brava, la musica, sembrava averla abbandonata il giorno in cui la battaglia di Hogwarts era terminata: non aveva più cantato né toccato un pianoforte da allora e davanti a sé Audrey non vedeva più nessun futuro brillante in quel mondo. 

Era finita, quel treno ormai era passato per lei e questo la faceva sentire un totale fallimento. Restare a Londra non faceva altro che ricordarglielo. 

– Io… hem… vedremo. – Bofonchiò. – Ecco… sono un po’ stanca. – Aggiunse, così da tirarsi fuori da una eventuale conversazione scomoda. – Sai, il volo… – 

– Oh sì, ho dovuto sistemare tutta la tua stanza. – Disse Jude. – Elijah l’aveva riempito con tutte le sue stramberie da mago. – Bisbigliò, come se il fratello lì presente non potesse sentirlo. 

– Tutta invidia, la tua, tutta invidia… - Fece infatti, bonariamente, Elijah.

– Allora vado di sopra, se non ti dispiace. – 

– Va pure, Peony. - 

Le labbra di lei si piegarono in un sorriso timido. Nessuno la chiamava mai così. 

Un tempo era Percy che lo faceva. 

 

La sua camera da letto era al piano di sopra e affacciava direttamente sulla strada. Non era particolarmente grande né tantomeno vistosa, anzi somigliava un po’ alla sua vecchia stanza nella casa in cui aveva vissuto con Lucy e sua madre molti anni prima. Il letto a una piazza e mezza era sistemato contro una delle pareti dipinte di colore malva, un poster con la faccia di Nina Simone le ricordava il tempo in cui per le sue orecchie c’era un solo tipo di musica degna di essere ascoltata, mentre dalla parte opposta una scrivania sgombra, una libreria piena di romanzi che Audrey aveva già letto, mentre in un angolo era abbandonata la sua vecchia tastiera, tutta impolverata, che forse non funzionava nemmeno più. 

Dopo un attimo di esitazione che Audrey trascorse ferma sulla soglia, decise di muovere qualche passo verso l’armadio dall’altra parte della stanza. Aprì le ante rivelando un bel po’ di vecchi vestiti, di lei e di Lucy, riposati su stampelle o piegati e sistemati su dei ripiani in legno. Tra quelli c'era anche il vecchio abito di Katie Bell con cui era tornata a casa subito dopo la fine della guerra. Non l’aveva mai più indossato da quando se lo era tolto di dosso quella mattina. 

Audrey accarezzò quel ruvido tessuto con la punta delle dita, lasciandosi invadere dai ricordi di un periodo che quasi aveva l’impressione di non aver vissuto davvero. Erano passati anni, la vita era andata avanti. Percy era tornato con la sua Penny, Elijah aveva ricominciato la sua vita dopo Azkaban, suo padre si era trasferito a Londra per lei e lì componeva e insegnava pianoforte, persino la sua amica Anne, che non vedeva da tempo, si era sposata e da poco aveva avuto un bambino. 

Tutti avevano un ruolo, tutti erano andati avanti, tutti tranne lei che, come quel vestito, sembrava essersi congelata nel tempo. 


 
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Jamie_Sand