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Autore: Emma Speranza    28/03/2024    0 recensioni
Il Ministero è caduto, le lettere di convocazione al Censimento per i Nati Babbani sono state inviate e quando Lydia Merlin riceve la sua, sa che è arrivato il momento di nascondersi. Ma una lezione che ha imparato durante i sette anni ad Hogwarts è che i suoi piani non vanno mai come dovrebbero.
Un incontro fortuito con un ex compagno di scuola ed un bambino troppo chiacchierone le ricorderanno che la fuga non è un’opzione, e che in un mondo magico che ha dimenticato cosa sia l’umanità e la pietà, c’è ancora qualcosa per cui vale la pena combattere.
Una storia di sopravvivenza, ingiustizia e dei mostri che si annidano nei luoghi più oscuri.
Dal capitolo 39:
Perché il nome segnato accanto alla porta lo conosceva bene. Fin troppo bene. Senza sapere come, Lydia sollevò una mano e prima che potesse rendersi conto di ciò che stava realmente facendo, aprì la porta con un colpo secco.
Blake sobbalzò nel letto, ma il suo spavento si trasformò in vero e proprio stupore nel momento in cui si accorse chi era appena entrato nella sua camera d’ospedale.
Genere: Avventura, Guerra, Hurt/Comfort | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mangiamorte, Nuovo personaggio, Ordine della Fenice, Vari personaggi
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7, Dopo la II guerra magica/Pace
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Capitolo 35
La battaglia di Hogwarts
 
 
«Harry Potter è tornato ad Hogwarts! Sta per iniziare una battaglia!»
Lance O’Brien rimase sulla soglia di casa a fissare i suoi cugini, Silas e Cyril, per diversi secondi. Era una scena talmente surreale che si convinse di stare ancora dormendo. Aveva solo sognato di sentire qualcuno bussare e urlare il suo nome dalla porta di casa, di essersi alzato dal letto per aprire e di essersi trovato davanti i suoi due cugini. Non poteva esserci altra spiegazione.
Silas schioccò le dita davanti al volto di Lance «Mi hai sentito? È arrivato il momento di lottare! Corri a cambiarti se non vuoi combattere in pigiama. Aspetta, ma sono dei coniglietti quelli sui tuoi pantaloni?»
Punto primo: sì, erano coniglietti, ma era anche l’unico pigiama che gli era rimasto considerando che i suoi erano tutti stati rimpiccioliti e donati ai bambini.
Punto secondo: Silas era l’ultima persona che poteva giudicarlo su un eventuale abbigliamento da battaglia considerando che indossava un mantello maculato ed un cappello a cilindro grande il doppio della sua testa.
Punto terzo: «Aspetta, cosa?»
Silas sbuffò drammaticamente. «Sei così lento a volte, Lance, e te lo dico con tutto l’affetto possibile. Possiamo parlare con qualcuno che sia più sveglio di te? Katherine, magari?» E con una spinta bonaria lo spostò dalla porta ed entrò in casa, seguito da Cyril, che si limitò ad un grugnito e un cenno di saluto. «Dobbiamo sbrigarci o rischiamo che chiudano il passaggio e di rimanere fuori.»
Lance continuò a fissarlo.
Silas alzò gli occhi al cielo nel vedere il cugino fissarlo imbambolato «E va bene. Se tu non vuoi aiutarmi farò da solo. KATHERINE! DUNCAN! ZII!» Silas si mise a strillare come un’aquila nella tromba delle scale.
Lance spalancò la bocca inorridito. Perché tutti sapevano che mettersi ad urlare in piena notte in una casa abitata da una marea di bambini sotto i dieci anni non era mai una buona idea. Neanche per una battaglia imminente o qualsiasi cosa avesse blaterato entrando.
Almeno il suo urlo ebbe l’effetto desiderato. Katherine fu la prima ad arrivare, la vestaglia infilata al contrario e i capelli arruffati. «Shh! Vuoi svegliare i bambini?»
Silas ebbe il buon senso di mostrarsi imbarazzato.
«Per tutti i troll con la barba di Merlino!» Duncan ruzzolò giù dalle scale, il segno del cuscino che gli arrossava una guancia. «Ma che ti salta in mente?»
Alle sue spalle comparvero infine anche i signori O’Brien. «Volevate svegliare tutta la casa?» borbottò la madre di Lance, stringendosi nella camicia da notte «Per fortuna i genitori di Lydia sono corsi di sopra a far riaddormentare i bambini.»
Solo Dorian era ancora vestito, le mani macchiate di colori rivelarono che si trovava nel suo studio al momento del trambusto. «Che succede? Avete avuto sue notizie?»
Un’improvvisa speranza si impossessò del cuore di Lance, risvegliandolo definitivamente dal suo torpore. Ma bastò lo sguardo cupo di Cyril e il suo cenno di diniego per smorzarla.
Silas si tolse il cilindro ed iniziò a tormentarlo tra le mani. «Non è ancora tornato.»
Le ombre si infittirono nella sala.
Era da una settimana che lo zio Anthony era scomparso.
Nella sua ultima lettera, lo zio li aveva avvisati che al Ministero la vita stava diventando complicata, in particolare erano sempre di più i racconti di dipendenti che sparivano da un giorno all’altro, o che venivano scortati fuori dai loro uffici dagli Auror, per non fare più ritorno. La gente mormorava, ma nessuno sapeva con esattezza dove venissero portati. Solo alcune voci si ripetevano per ognuno di essi: ‘Se l’è meritato. È un traditore.’. Lo zio Anthony non aveva voluto correre alcun rischio, per questo motivo aveva deciso di interrompere per un breve periodo ogni rapporto con gli abitanti di casa O’Brien, per timore che le lettere criptate potessero essere intercettate e la sua famiglia e i bambini messi in pericolo, ed evitare così ogni sospetto da parte dei suoi colleghi. Il padre di Lance aveva tentato di convincere Anthony a prendere i suoi figli e nascondersi lì con loro. La casa era grande, aveva detto, c’era spazio per tutti. Ma lo zio era testardo, e Silas e Cyril ancora di più. Avevano rifiutato gentilmente l’offerta ed erano tornati alla loro vita, sostenendo che una volta superati i controlli del Ministero, avrebbero potuto riprendere i contatti ed aiutarli maggiormente rimanendo liberi di circolare per il mondo magico, senza essere bollati come ricercati. Erano stati attenti, avevano detto, non vi era alcuna prova di un loro coinvolgimento nella sparizione dei bambini. Una settimana prima era successo il peggio. Anthony si era recato al lavoro come ogni mattina. Non era più tornato. Silas e Cyril lo avevano atteso per ore, invano. Nessuna notizia, nessuna comunicazione. Sembrava semplicemente svanito nel nulla. Il giorno successivo Silas si era recato al Ministero a chiedere notizie di suo padre ignorando ogni buon senso e andando contro il volere di Cyril (e di tutta la famiglia O’Brien). Aveva raggiunto l’ufficio del padre e quando aveva preteso delle spiegazioni, un collega non aveva avuto bisogno di altri incoraggiamenti per dirgli la verità. Lo zio Anthony era stato arrestato.
Silas non aveva impiegato molto a scoprire il resto della storia. L’impiegato aveva provato piacere a raccontargliela. Era stato il nonno di Lizzie a fare il suo nome. Lizzie era la prima bambina che aveva trovato rifugio in casa O’Brien, il giorno successivo ai funerali di Albus Silente. Figlia di un Nato Babbano amico di Anthony e ucciso dai Mangiamorte, lo zio l’aveva presa in custodia e portata da loro. Era stata la prima rifugiata, quando ancora non progettavano di fare della salvezza dei bambini la loro missione, per questo era stato incauto e non aveva modificato i ricordi dei nonni di Lizzie. Loro sapevano chi aveva salvato la loro nipotina. Al Ministero era bastato catturare il nonno, torturarlo ed improvvisamente conoscevano il nome del traditore.
Da quel giorno non avevano avuto altre notizie da Anthony.
E anche i contatti con Silas e Cyril erano stati rari dopo la breve lettera con cui li avevano informati della sparizione dello zio, per timore di essere anche loro intercettati. Almeno fino a quel momento.
«Vi hanno preso di mira?» chiese concitata Rose «Ve l’avevamo detto di venire qui già settimana scorsa, quante altre volte dobbiamo dirvi che non siete al sicuro là fuori?»
«Stiamo bene, ma…»
«Nessun ma! State rischiando troppo! Già siete nella lista nera del Ministero per i vostri spettacolini di magia tra i babbani…»
«Spettacolini?! Non erano spettacoli ma vere e proprie esibizioni artistiche!»
«Ora che hanno preso Anthony è solo questione di giorni prima che riescano a costruire delle accuse contro di voi, o inventarne altre! Dovete restare, ve lo ordino.»
«Mi dispiace interromperti, zia.» la interruppe Silas, senza nessun dispiacere «Ma il tempo stringe e la battaglia incombe. Riassunto per chi si fosse perso le puntate precedenti: Harry Potter è stato beccato mentre era in incognito alla Gringott - mio parere personale, aveva finito i fondi e si doveva rifornire - è riuscito a scappare usando un drago – UN DRAGO! – ed ora è stato avvistato ad Hogwarts. Gli studenti di Hogwarts hanno informato l’Ordine della Fenice e l’Ordine della Fenice, o meglio, Bill Weasley, ha contattato noi avvertendoci che la battaglia sta per cominciare ed avranno bisogno di tutto l’aiuto possibile. Domande? No, bene. Allora andiamo.»
Lance aveva un milione di domande e forse più.
«Cosa?» riassunse Katherine.
Silas fece un verso esasperato. «Ci aspettano ad Hogwarts per la battaglia decisiva. Questo è tutto quello che dovete sapere. Io e Cyril andiamo. Siete dei nostri sì o no?»
«Non è possibile.» Era l’unico pensiero coerente che Lance riusciva a formulare. Gringott, un drago, Hogwarts. Era un racconto che non aveva senso, anche in un mondo di magia. E la guerra… durava da talmente tanto tempo che Lance non riusciva a comprendere come una singola battaglia potesse determinarne l’esito. «Potrebbe essere un trucco. Il ragionamento della mamma è sensato, quelli del Ministero staranno cercando di incastrarvi in qualche modo, siete proprio sicuri che fosse Bill Weasley?»
«Penso di saper riconoscere un Weasley quando lo incontro.» sbottò infastidito Silas.
«Lance ha ragione. Non possiamo gettarci a capofitto ad Hogwarts senza la certezza che non si tratti di una trappola.» annuì Duncan «Specialmente non dopo che hanno preso lo zio. Dobbiamo essere realisti. Non può rivelare l’indirizzo di questa casa grazie al giuramento, ma potrebbe aver svelato altre informazioni, informazioni che i Mangiamorte potrebbero star usando per condurci in trappola.»
«Perché devi decidere proprio ora di essere d’accordo con Lance dopo aver passato decenni a non sopportarvi a vicenda?»
«Materializzarci ad Hogwarts potrebbe non essere una scelta razionale.» concordò Katherine, interrompendo la lamentela di Silas «E perché Harry Potter sceglierebbe di tornare a scuola quando lo sanno tutti che è nelle mani di Voi-Sapete-Chi? Dobbiamo ricordarci che Piton è un Mangiamorte ed è anche l’attuale Preside.»
«Adesso basta.» Il colpo secco di un bastone contro il corrimano delle scale li fece voltare tutti di scatto. La nonna di Lydia li osservava dall’alto, uno scialle drappeggiato sulle spalle, il bastone ben stretto tra le mani, e gli occhi infuocati.
«Signora Merlin!» esclamò la mamma di Lance «Deve riposare, mi permetta di riaccompagnarla nella sua camera.»
«Non azzardarti a fare un passo verso di me!» La nonna di Lydia sollevò il suo bastone, minacciosa. «Sarò pure vecchia ma sono più sveglia di tutti voi messi insieme. Il ragazzino là ha ragione.» Indicò con il bastone Silas, il quale bisbigliò un: «Questa signora la adoro.» prima che la sua voce fosse sovrastata nuovamente da quella della nonna «Vi ha detto che è arrivato il momento di combattere e voi state perdendo tempo a trovare ogni scusa per potervi tirare indietro.»
«Stiamo solo valutando ogni possibilità.»
Il tentativo di difesa di Katherine fu immediatamente bloccato dalla nonna di Lydia. «No! Non raccontatevi scuse. Il ragazzino qui dice che la battaglia finale è arrivata e non c’è più tempo per valutare. Dovete decidere. O uscite a combattere, o restate qui e passate il resto della vostra vita a chiedervi cosa sarebbe potuto succedere se aveste avuto il coraggio di andare. La scelta è vostra. Ma voglio solo ricordarvi che c’è il vostro parente là fuori, che attende di essere salvato. Così come mia nipote.»
Una stilettata di dolore attraversò il cuore di Lance.
E poi suo padre si raddrizzò, il suo volto celato dietro ad un’espressione risoluta. «La signora Merlin sta dicendo la verità. È arrivato il momento decisivo. Siete la mia famiglia e vorrei potervi evitare gli orrori che accadranno questa notte. Ma so anche che siete adulti ormai e non posso impedirvi di combattere se vorrete farlo. Io andrò in battaglia. Mi sono nascosto troppo a lungo ormai.»
«Ma…» balbettò la madre di Lance, ancora sbalordita.
Duncan strinse gli occhi per un istante, quando li riaprì ogni traccia di dubbio era scomparsa, soppiantata da una fredda decisione. «E allora io combatterò al tuo fianco.»
«Anche io.» Katherine affiancò il marito.
Duncan si voltò verso di lei con uno scatto talmente veloce che Lance si chiese come avesse fatto a non spezzarsi il collo. «Assolutamente no!»
Katherine lo fulminò. «Combatterò, che tu lo voglia o meno.»
«Neanche per sogno!»
«Non puoi darmi ordini. E io ho deciso di andare, fine della storia.»
Dorian si arrischiò ad intervenire «Katherine ha ragione, Duncan. Siete sposati, ma lei ha tutto il diritto di partecipare alla battaglia, se lo desidera.»
«No che non può!»
«Duncan! Non è questo il modo in cui ti abbiamo cresciuto.»
«È incinta!»
Un silenzio sbalordito calò sulla piccola folla. Gli occhi di tutti si spostarono su Kate, la quale sembrava indecisa se essere imbarazzata o furiosa.
«Congratulazioni.» Dorian fu l’unico a riuscire a reagire alla notizia.
«Grazie. Ma questo non cambia nulla. Non ho intenzione di starmene chiusa qua dentro mentre voi e l’Ordine rischiate la vostra vita. Io verrò con voi e non ne discuteremo oltre.»
Duncan provò a ribattere, ma Katherine lo fermò subito, il suo sguardo lievemente addolcito. «So che sei preoccupato per me, e non pensare che io sia un’incosciente che vuole mettere in pericolo la vita di nostro figlio. Me ne starò nelle retrovie, se necessario. Ma sono già scappata, quel giorno alla redazione, e non ho intenzione di commettere due volte lo stesso errore.» Bastò per tranquillizzare almeno in minima parte Duncan.
«Sì, sì, congratulazioni a tutti ma possiamo sbrigarci?» chiese Silas, esasperato.
«Bene…» borbottò Duncan «Allora è deciso. Noi andiamo e Lance rimane qui a difendere la casa.»
Lance si risvegliò finalmente dal suo stupore. «Cosa? No, assolutamente no, vengo anche io!»
Duncan aggrottò le sopracciglia. «Lance, qualcuno deve restare qui a difendere la casa, in caso…» Non pronunciò le parole successive ma tutti ne sentirono il peso.
E infine la madre di Lance sospirò. «Se dovesse succedere il peggio, se il Signore Oscuro dovesse vincere… beh, allora non esisterà più un luogo sicuro in tutta la Gran Bretagna e, senza più nessuno ad ostacolarlo, non impiegherà molto tempo a scoprire le dimore nascoste, questa casa compresa.» Alzò lo sguardo e i suoi occhi incrociarono quelli del figlio, una nuova risolutezza sul volto «Se lo desideri puoi andare anche tu, Lance. Per quanto vorrei implorare tutti voi di rimanere, so anche che non posso farlo.»
«Ma se andiamo via tutti, voi rimarrete indifesi!» esclamò Duncan.
Gli occhi della madre brillarono. «Ricordati che sono stata una strega anche io, Duncan. Non cadremo così facilmente.»
«E ci sarò anche io ad aiutare la mamma.» Caitlin era seduta in cima alle scale, accanto alla signora Merlin. Nessuno di loro si era accorto del suo arrivo. Ma era da settimane ormai che Caitlin si aggirava come un fantasma nella sua stessa casa. Da quando… Lance faticò a formulare il pensiero, il cuore improvvisamente stretto in una morsa di ferro al ricordo.
Eccolo lì, il vero motivo per cui Lance voleva combattere. Perché se questa battaglia sarebbe stata decisiva come si prospettava, allora avrebbe potuto ritrovare Lydia.
Cercò di impedire alla speranza di impossessarsi di lui. Lydia era scomparsa da settimane. E Lance l’avrebbe cercata in tutto il mondo se solo la sua famiglia non glielo avesse impedito. Lo avevano bloccato in casa.  Lui li aveva implorati, minacciati, supplicati di lasciarlo andare, ma loro si erano limitati ad intensificare gli incantesimi che gli impedivano di lasciare la proprietà non visto. E ci aveva provato innumerevoli volte.
«Allora è deciso.» disse infine la madre di Lance.
La consapevolezza cadde su ognuno di loro.
In un modo o nell’altro quella storia si sarebbe presto conclusa.
Anthony e Lydia erano già stati catturati.
Lance si chiese se tutti loro sarebbero riusciti a vedere l’alba successiva.
 
 
Quando Lydia si materializzò ad Hogsmaede, la via che l’avrebbe condotta dentro alla scuola le apparve chiara, nella forma di una fiumana di studenti che si riversava fuori dal pub Testa di Porco. Capiscuola e Prefetti stavano cercando di mantenere l’ordine nelle file, ma i ragazzi sembravano in preda al panico. Alcuni piangevano, altri correvano per allontanarsi, altri ancora cercavano di tornare indietro, sostenendo di voler combattere insieme ai loro compagni. Gli abitanti di Hogsmaede avevano spalancato le porte delle loro case e negozi per accogliere i fuggiaschi. Lydia non perse altro tempo a guardare, nel timore che il passaggio si chiudesse lasciandola fuori dalle mura di Hogwarts. Dovette spintonare alcuni ragazzini, ma riuscì infine ad entrare nel piccolo pub, ancora più lercio di come lo ricordava dalla disavventura all’inizio delle vacanze di Natale del terzo anno. Sempre facendosi largo tra gli studenti, e prendendosi qualche gomitata nel farlo, riuscì a raggiungere il passaggio ed imboccare un corridoio angusto. Ad ogni metro che guadagnava, gli studenti che provenivano dalla direzione opposta diventavano sempre meno. Lydia accelerò il passo, nel timore di rimanere fuori dal castello, lontana dalla sua vendetta. Il passaggio cominciò ad allargarsi, una luce proveniente dalla sua fine. Lydia vi si diresse quasi correndo, trovandosi infine in una stanza che non aveva mai visto in vita sua.
Comprese subito di essere entrata ad Hogwarts.
C’era qualcosa nell’aria della scuola che le faceva pizzicare la pelle ogni volta che vi si trovava al suo interno, molto probabilmente era tutta la magia che generazioni di giovani maghi e streghe in formazione avevano impresso in quelle stesse mura. La faceva sentire viva. E le sarebbe stato utile nella battaglia che l’attendeva. Si trovava in un dormitorio, o almeno così le sembrava. Amache e lettini erano disseminati per tutta la stanza, le pareti decorate dagli emblemi di Grifondoro, Tassorosso e Corvonero. Nessuna traccia di Serpeverde. Lydia superò un gruppetto di persone, tra le quali riconobbe Ginny Weasley, e corse verso la porta d’ingresso. Quando la spalancò si trovò in un corridoio del terzo piano.
Impiegò diverso tempo per comprendere dove si trovasse esattamente, il senso di orientamento annebbiato dopo tanti anni passati lontani dalla scuola e dal fatto che la porta che aveva appena attraversato per arrivare lì era completamente scomparsa dopo il suo passaggio. Ma quando la sua mente si schiarì, non le sembrò di essersi mai allontanata da Hogwarts. La crepa sul vetro della finestra, l’arazzo storto e la mattonella staccata. Ricordava ogni minimo particolare. E ad ognuno di essi era legato un ricordo degli anni trascorsi in quegli spazi. E tutte le persone con cui aveva condiviso il cammino.
Alice. Lance. Paul.
Blake.
Il suo tradimento bruciava nel suo sangue.
Tutte le menzogne che le aveva raccontato.
E la stupidità con cui Lydia le aveva scambiate per verità.
Si sarebbe pentito del male che le aveva fatto.
Lui e gli altri assassini.
Questa volta era il turno di Lydia di andare a caccia.
Doveva trovarli, e per farlo avrebbe dovuto cercarli tra le file nemiche. Si avvicinò alla finestra. Il cielo era nero, ammantando il castello nelle sue tenebre. Solo dei piccoli bagliori guizzavano nella volta celeste. Lydia distinse le stesse protezioni che aveva imparato a conoscere a Casa O’Brien. Strizzò gli occhi nel tentativo di scoprire dove si stessero nascondendo i Mangiamorte.
Fu a quel punto che il castello cominciò a tremare.
Un’esplosione improvvisa risuonò in lontananza, seguita da un’altra e un’altra ancora. E poi il cielo davanti a lei si illuminò a giorno. Le protezioni erano state colpite e Lydia vide infine ciò che stava cercando. I Mangiamorte stavano entrando nei confini di Hogwarts, invadendo a frotte il prato che circondava la scuola. Era lì che lei doveva andare.
Con uno scatto, corse verso le scale che l’avrebbero portata al piano terra. Attraversò un altro corridoio ed incrociò alcuni studenti che correvano nella direzione opposta. Uno di loro tentò di fermarla. «Ci vogliono al piano di sopra per colpirli dall’alto.» Ma Lydia non voleva andare ai piani superiori. Lei doveva andare nel parco. Doveva trovare gli assassini di suo zio e di Paul. Lo studente imprecò vedendo che non si fermava, ma la lasciò andare e tornò a correre dietro al suo gruppo. Lydia scavalcò uno dei gradini che scompariva ogni volta che veniva calpestato, ed atterrò sul pianerottolo del secondo piano. Doveva attraversare tutto il corridoio per raggiungere le scale che l’avrebbero portata al piano terra. Si avviò in quella direzione.
Le grandi vetrate le mostravano sprazzi della battaglia che era scoppiata nel parco. Alcuni combattenti di Hogwarts erano usciti a difendere la scuola e i duelli erano frenetici. Lampi rossi e verdi si alternavano, avvolgendo gli sfidanti nelle loro gelide luci.
La terra tremò e d’improvviso la finestra non c’era più.
D’istinto Lydia si gettò a terra, un incantesimo protettivo rivolto verso l’alto che la difese dalla pioggia di vetro e detriti che riempì il corridoio. Quando risollevò la testa, l’intera parete esterna era scomparsa. Il freddo vento della notte la faceva rabbrividire, i suoni della battaglia risuonavano nelle sue orecchie.
Fu lì, osservando un muro che non esisteva più, che Lydia si accorse realmente di cosa stesse accadendo.
Hogwarts sotto attacco. Studenti che combattevano. Maghi che cadevano sotto i colpi di altri.
Un brivido che non aveva nulla a che fare con il freddo della notte la attraversò.
Nonostante la strenua difesa dei difensori di Hogwarts, i Mangiamorte continuavano a guadagnare terreno. Alcuni di loro tuttavia si tenevano nelle retrovie, le bacchette puntate contro la scuola, intenti a colpire le sue mura. Uno sollevò il volto, la intravide, senza più alcun muro a proteggerla, e le scagliò una fattura.
Lydia riuscì a togliersi dalla traiettoria appena in tempo.
La maledizione le passò a pochi centimetri dal volto ed andò a colpire un quadro alle sue spalle, mandandolo in mille pezzi. Fu abbastanza per risvegliarla dalla sua paralisi e costringerla a ricominciare a correre.
La polvere ammantava ormai ogni superficie.
Il castello tremava sotto i suoi stessi piedi.
Esplosioni e urla riempivano l’aria.
Lydia superò anche l’ultimo corridoio che la separava dalle scale e fu lì che incontrò i ragni. Centinaia di Acromantule zampettavano sulle pareti, intessendo le loro ragnatele per fabbricare una trappola mortale. Alcune erano minuscole, altre grandi quando il suo pugno, altre ancora occupavano metà corridoio, in attesa delle loro vittime. Appena Lydia mise piede sul pianerottolo, migliaia di occhietti acquosi si voltarono verso di lei, le zanne che vibravano per l’eccitazione o per la fame, Lydia non sapeva. Riuscì a sterzare all’ultimo secondo e nascondersi dietro ad un arazzo, mentre una serie di stridii si levò alle sue spalle, e la stoffa iniziò a strapparsi sotto la presa dei ragni più grandi. Con un nuovo scatto intraprese il passaggio segreto che era lì nascosto. Quante volte lo aveva percorso nei suoi giorni da studentessa per tornare nella Sala Comune? Il problema era proprio questo. Lydia si ritrovò al sesto piano, ancora più lontana dai suoi nemici. Usò il poco fiato che le era rimasto per lanciare un’imprecazione. Doveva trovare un modo per scendere. Un lampadario esplose sopra di lei e Lydia schizzò di nuovo via. Ancora verso le scale. Ancora verso il giardino.
Blake era lì. Mills era lì. O’Neill e tutti coloro che dovevano soffrire per il dolore che le avevano causato.
Fitte alla milza le tranciavano il respiro. Non le importava. Doveva trovare i Mangiamorte. Superò altri studenti, nei volti dei quali distinse la paura che avrebbe dovuto provare anche lei, e alcuni professori, che non la riconobbero neppure. Superò quadri e ritratti, i cui abitanti correvano da una parte all’altra per riferire le condizioni del resto del castello.
«È crollato il settore ovest!»
«Hanno colpito la torre dell’orologio!»
Furono alcune delle voci che riuscì a sentire nella sua corsa sfrenata.
«La difesa al quarto piano ha funzionato!»
«Sono entrati! Sono entrati nella scuola!»
Lydia svoltò l’angolo e si trovò in un corridoio pieno di duellanti.
I Mangiamorte erano entrati.
La sua prima sensazione fu di delusione.
Aveva perso la sua occasione d’oro.
Ora che erano entrati, Blake, Mills e O’Neill potevano essere ovunque.
Poi vide uno studente cadere a terra e non rialzarsi.
E l’orrore si impossessò infine di lei.
«Stupeficium!» urlò. Il Mangiamorte che aveva colpito lo studente venne sbalzato contro il muro e ricadde a terra, svenuto.
Lydia si guardò attorno. E vide i volti degli studenti che combattevano, ragazzini appena maggiorenni che volevano salvare la loro scuola e un mondo magico che non aveva fatto altro che cercare di distruggerli. Riconobbe alcuni membri dell’Ordine della Fenice, persone che si erano trovate due volte a combattere contro il Male e non si erano mai tirate indietro. Scorse alcuni degli amici di Harry Potter, i volti tumefatti da vecchi lividi, segno che avevano continuato a resistere anche quando il mondo aveva perso le speranze nel Ragazzo che era Sopravvissuto.
Mentre Lydia si trovava lì solo per la sua vendetta.
Come aveva potuto essere così egoista, quando ogni singolo difensore di Hogwarts che combatteva in quel corridoio era stato costretto a vivere lo stesso dolore che aveva provato lei?
Lydia strinse la bacchetta.
Settimane prima si era fatta una promessa. Che non sarebbe mai più stata egoista, e quello era il momento di tenere fede alla sua promessa. E per la prima volta, pensò a se stessa come una parte di qualcosa più grande. Non era più Lydia Merlin. Era un componente dell’esercito di Hogwarts e gli altri combattenti erano suoi alleati. Era suo dovere difenderli.
«Stupeficium
«Flipendo
«Engorgio
Tre Mangiamorte caddero sotto i suoi incantesimi prima che potessero accorgersi di lei. Un quarto si sbarazzò del suo avversario ferendolo ad una gamba e le lanciò una Maledizione senza Perdono. Lydia riuscì a pararla, ma la forza dell’incantesimo sul suo scudo la fece arretrare fino al muro.
«Abbassati!» L’avvertimento di Leonardo da Vinci le salvò la vita. Uno studente lanciò una fattura contro il Mangiamorte che aveva cercato di ucciderla, intrappolando la sua testa in un vaso di ceramica. Fu quasi comico vedere il Mangiamorte sollevare le mani per cercare di liberarsi ed iniziare a correre in cerchio urlando quando il vaso rimaneva saldamente agganciato al suo posto. Quasi. Perché i corpi sul pavimento le impedivano di provare altro se non orrore. «I combattenti del secondo piano sono in grave periglio! Necessitano del vostro supporto.» Leonardo da Vinci gesticolava agitato nel quadro «E una truppa vuol sbaragliare i ragni al quarto piano!»
Lydia scambiò uno sguardo con lo studente che l’aveva appena salvata.
«Io vado dai ragni e tu al secondo piano?» le chiese. Lydia invidiò la sicurezza con cui lo disse. Annuì e lo studente, dopo un breve cenno di saluto, corse via, saettando tra i duelli ancora in corso. Lydia avrebbe voluto ringraziarlo. Chiedergli il suo nome. Ma si accorse di non voler sapere il nome di nessuno degli altri combattenti. Perché era sicura che molti di essi sarebbero presto stati scolpiti su gelide lapidi di marmo.
Doveva andare. Raggiungere il secondo piano. Ma aveva un ultimo dovere da compiere.
Si chinò sul corpo dello studente che era stato colpito, e gli chiuse gli occhi vitrei.
 
Per raggiungere il secondo piano, Lydia dovette farsi largo tra detriti e combattenti. Riuscì a parare una Maledizione e la rimandò al proprietario senza fermarsi a guardare se fosse andata a segno. Quando guadagnò l’uscita, una nuova scossa la costrinse a fermarsi per riprendere l’equilibrio. Tossì nella nube di polvere che si sollevò, ricoprendo ogni angolo del corridoio con la sua patina. Lydia intravide una grossa figura muoversi nella nuvola che riempiva l’aria. Strizzò gli occhi per cercare di comprendere di cosa si trattasse. Si muoveva in modo strano, al rallentatore. Aveva delle protuberanze, quattro, per essere precisi. No, non quattro.
Cinque.
Il cuore di Lydia prese a correre all’impazzata, mentre la mano gigante si avvicinava inesorabilmente a lei.
Si voltò di scatto verso le vetrate in frantumi e ciò che si nascondeva nell’ombra. E Lydia si accorse che non si nascondeva, era esso stesso l’ombra.
Un gigante.
Un gigante alto sette metri e intento a controllare se ci fosse qualcuno in quel corridoio. Lydia si buttò a terra mentre le dita le passavano sopra alla testa, provocando uno spostamento d’aria che le rese impossibile inspirare per alcuni secondi. Raggomitolata sul pavimento, con pezzi di vetro e schegge di legno a scavarle la pelle, cercò di non emettere un singolo rumore. Il gigante frantumò il resto delle finestre e ruggì il suo malcontento nel non aver trovato nessuno da catturare. La mano aveva raggiunto ormai la fine del corridoio. Una volta confermato che nessuno si trovava lì, se ne sarebbe andato.
Se non fosse stato per un uomo, che comparve alla fine del corridoio, la bacchetta sollevata. Era un abitante di Hogsmaede, Lydia ricordava di averlo visto diverse volte durante le sue visite scolastiche al villaggio. Tentò di urlare un avvertimento, ma era troppo tardi. L’uomo svoltò l’angolo e si trovò dritto nella mano del gigante. Lydia vide lo stupore e l’orrore che si dipinsero sul suo viso mentre il gigante ululava di gioia e stringeva la presa attorno al suo corpo. Lo sollevò da terra e lo portò fuori dalla finestra. Lydia urlò di nuovo, riuscì ad alzarsi e tentò di fermarlo.
«Reducio!» La maledizione di Lydia colpì in pieno la mano del gigante, il quale ululò di dolore e aprì le dita, per portarsi la mano ferita al petto. L’uomo si ritrovò improvvisamente sospeso a sette metri da terra, ed iniziò la sua inesorabile caduta.
«Arresto Momentum!» Era troppo lontana. L’incantesimo non ebbe effetto. Serrò gli occhi per non essere costretta a vedere.
Fu un errore.
Si accorse dell’attacco del gigante solo per l’improvviso spostamento d’aria. Un grido le si bloccò in gola alla vista del volto gigantesco che spiava dalle finestre rotte per scoprire chi aveva osato ferirlo. Lydia si trovò a pochi centimetri dalla bocca spalancata, i denti scheggiati erano più grandi delle sue braccia, un odore di marcio si diffuse nel corridoio, facendole venire i conati. Corse indietro, verso il muro. E poi, incapace di ogni pensiero logico e rispondendo solamente all’istinto primordiale che le urlava di correre, scappò nella direzione da cui era arrivata. Il gigante urlò di rabbia e cercò di agguantarla, distruggendo colonne di pietra e arazzi che ostacolavano la sua vendetta. Il pavimento tremava, il soffitto pareva sul punto di crollare da un momento all’altro, ma Lydia non si fermò fino a quando riuscì a svoltare verso un corridoio interno. Lontana dalle finestre.
Corse e corse ancora, superò alleati e nemici. Cambiò direzione quando le si parò di fronte un muro di fuoco, e un’altra volta, quando trovò la scala che voleva percorrere completamente crollata.
Scappava dal gigante e dall’orrore.
Solo che quest’ultimo continuava ad inseguirla ovunque andasse.
Due ragazzi trasportavano un altro che aveva un lato del corpo completamente dissanguato, bisbigliandogli che sarebbe andato tutto bene. Solo dopo averli superati, Lydia si rese conto che al ragazzo mancava completamente un braccio.
Un Mangiamorte incombeva su un membro dell’Ordine della Fenice. Lydia lo Schiantò ma corse via prima che l’altro potesse ringraziarla.
Non sapeva neanche più dove stava andando. Al secondo piano? No, se significava dover ritrovarsi davanti al gigante. Al quarto a combattere le Acromantule?
I dipinti continuavano ad urlare a tutti quelli di passaggio che c’era bisogno di aiuto nell’aula di Trasfigurazione, alla Torre dell’Orologio, nella Sala Grande, persino nei sotterranei. I Mangiamorte erano ovunque.
«Lydia?»
Lydia si fermò di colpo. O meglio, inciampò nei suoi stessi piedi nello stupore di sentirsi chiamare. Si voltò di scatto verso le due figure che aveva appena superato.
«Lydia!» esclamò di nuovo Silas, correndole incontro e travolgendola in un abbraccio «Non posso credere che sei davvero tu! Hai visto, Cyril? C’è Lydia.» Cyril si limitò ad un grugnito e ad un cenno di saluto, con un’intonazione particolarmente felice. «Aspetta!» Silas afferrò Lydia per le spalle e la osservò attentamente «Sei davvero tu? O sei un Mangiamorte travestito?»
Lydia era completamente senza parole. La gioia di rivedere i cugini O’Brien era immensa. Una piccola luce dopo aver visto così tanta oscurità. «Sono io.» riuscì a dire infine, la voce rotta dalla commozione, e dalla stanchezza, e dal desiderio di poter chiudere gli occhi e trovarsi di nuovo al sicuro a casa O’Brien.
«Potrebbe dirlo anche un Mangiamorte.» sentenziò Silas, continuando a fissarla con fare inquisitorio «Dì qualcosa che solo la vera Lydia Merlin potrebbe dire.»
«Il mantello che indossi è più osceno di quello rosa.» sentenziò Lydia «No, seriamente. Qualcuno doveva dirtelo.»
Doveva aver dato la risposta esatta, perché Silas la strinse in un abbraccio ancora più caloroso di quello precedente. «Oh, sei davvero tu allora! E comunque non è osceno. È una dichiarazione di stile. Perché anche in una battaglia in cui rischiamo di farci uccidere da Mangiamorte, Acromantule, giganti e creature provenienti dai nostri peggiori incubi, non possiamo ignorare il nostro aspetto.»
Lydia decise di non commentare. «Cosa ci fate qui?» chiese invece.
«Cosa ci facciamo qui noi? Che ci fai qui tu! Pensavamo che fossi morta! O meglio, qualcuno di noi lo pensava, io ne ero assolutamente certo.»
«Non sono morta.» replicò Lydia, con un mezzo sorriso. Un’esplosione riecheggiò nell’aria. «Almeno finora.»
Silas si raddrizzò il cilindro, a cui mancava completamente la cima, i lembi del tessuto che fumavano ancora. «Allora ti hanno davvero catturata!»
Delle urla provenienti da qualche parte non lontano da loro le ricordarono che non era il momento giusto per raccontare tutto quello che era successo nelle settimane trascorse dall’ultima volta che si erano visti. Non che avesse voglia di farlo. Silas prese il suo silenzio come una conferma, mentre Cyril la fissava in un modo a tratti inquietante, e Lydia si accorse che doveva aver capito che stava nascondendo qualcosa. Ci pensò Silas a distrarlo. «Come hai fatto a scappare?»
Lo sguardo di Lydia si abbassò verso la bacchetta di ebano stretta saldamente nella sua mano. «Ho trovato una bacchetta e sono corsa qui.» Almeno su questo poteva essere sincera. «E voi invece? Perché siete venuti? È pericoloso, e qualcuno dei Mangiamorte vi avrà sicuramente visto. Se la battaglia finisce male dovrete nascondervi.»
«Oh, non essere pessimista, Lydia cara. Potremmo anche morire direttamente stanotte e così ci risolveremmo il problema di doverci nascondere per il resto delle nostre esistenze. Comunque stiamo cercando Johan Yorgenben, lo abbiamo incontrato ad inizio battaglia - a proposito, sai che si è portato il suo yo-yo persino qui? Ma ricordati di non prenderlo in giro perché ho visto quello stesso yo-yo sfracellare il cranio ad un Mangiamorte - ma ci siamo dovuti dividere all’incirca venti minuti fa quando un muro ci ha bloccato la strada. Ha detto che avrebbe fatto il giro lungo e poi ci avrebbe raggiunti ma non l’abbiamo ancora incrociato. Tu l’hai visto?»
Lydia provò a ripensare a tutte le persone che aveva incontrato da quando era entrata ad Hogwarts. «No.» rispose, anche se in realtà in molti momenti era stata talmente confusa che avrebbe potuto aver incontrato Harry Potter in persona e non averlo riconosciuto. «Ma posso aiutarvi a cercarlo.»
«Grazie! Non si riesce a fare cinque passi senza che qualche mostro ti salti addosso… in tre dovremmo fare più veloce.» sospirò Silas, avviandosi verso ovest, la direzione dalla quale in teoria sarebbe dovuto arrivare Yorgenben. «Oh, hai visto almeno gli altri?»
«Chi? Gli altri Yorgenben?» chiese Lydia.
«No, intendo gli altri. Lance, Duncan, Katherine e lo zio.»
Lydia incespicò. «Sono qui anche loro?»
Silas continuò a camminare. «Siamo arrivati tutti insieme.  Ma quando i Mangiamorte sono entrati, la professoressa McGranitt ci ha spediti in diversi punti del castello che erano sotto attacco. L’ultima volta che li abbiamo visti, Lance e Duncan erano diretti verso la torre dell’orologio mentre lo zio e Kate a sconfiggere le Acromantule al quarto piano.»
Lance era lì. Nel castello. Il cuore di Lydia batté più forte per una ragione che non aveva niente a che fare con la battaglia che continuava ad infuriare dentro e fuori Hogwarts. Lance era vicino. Più vicino di quanto Lydia pensasse. Doveva trovarlo.
Lydia accelerò il passo per affiancare Silas. «Ma stanno bene?»
Silas inarcò un sopracciglio. «Per quanto si possa stare bene in un castello in cui si combatte la battaglia per la libertà del mondo magico.»
«Sai cosa intendo.» sbottò Lydia «Come stanno? E i bimbi? Sono ancora al sicuro? E i miei genitori e la nonna? Sono a casa O’Brien, giusto?»
«Troppe domande, Lydia! Mi stai assillando.» Silas si tolse il cilindro distrutto per farsi aria «Comunque per rispondere ai tuoi quesiti… Bene. Scalmanati. Sì. Bene anche loro. Sì.»
Un peso si sollevò dal cuore di Lydia.
Solo per un istante.
Perché quello successivo Lydia, Silas e Cyril si trovarono circondati da Mangiamorte.
«Oh, oh.» disse Silas, come se fossero semplicemente entrati nella stanza sbagliata e non in una trappola mortale.
«Oh, oh?» Lydia sollevò la bacchetta.
«Cosa vuoi che dica?» chiese Silas, coprendole il fianco «‘Perdirindina siamo stati circondati’? O ‘ma perbacco, che bel pasticcio’?»
Lydia avrebbe voluto rispondere, ma i Mangiamorte furono talmente maleducati da lanciare contro di loro tre maledizioni contemporaneamente e non lasciarli concludere la loro conversazione. Il sortilegio Scudo non verbale di Cyril fece rimbalzare due delle maledizioni contro altrettanti Mangiamorte, mentre la terza si schiantò e mandò in frantumi una delle ultime finestre rimaste intatte nell’aula. Rimanevano altri cinque Mangiamorte da sconfiggere.
L’aver ritrovato Silas e Cyril, fece sentire Lydia di nuovo in forze, tutta la stanchezza di prima evaporò, lasciandola con una rinnovata sicurezza. Lance era nel castello. E non avrebbe lasciato che cinque stupidi Mangiamorte le impedissero di andare da lui.
«Alàrte Ascendàre!» scagliò uno dei banchi contro il Mangiamorte alla sua sinistra. Dalle urla alle sue spalle capì che anche Silas e Cyril avevano individuato le loro vittime. Il Mangiamorte riuscì a bloccare il banco, ma fu costretto a distogliere l’attenzione da lei.
«Impedimenta!» urlò di nuovo Lydia. L’avversario sollevò la bacchetta per difendersi e così facendo non notò l’incantesimo sussurrato dalla ragazza, che trasformò il tappeto sotto ai piedi del Mangiamorte in topolini di tessuto fino a quando questi incominciarono ad infilarsi nelle gambe dei suoi pantaloni ed arrampicarsi sul suo corpo. Il Mangiamorte lanciò un urlo stridulo e si mise a scalciare per tentare di liberarsene, la bacchetta completamente dimenticata nelle mani. Lydia sollevò la propria per finirlo.
«Avada Ked-» Lydia si voltò di scatto. Il Mangiamorte che aveva tentato di ucciderla si trovava vicino alla finestra rotta, agonizzante, una tenda avvolta intorno al collo come cappio che gli impediva di respirare. Il volto si fece paonazzo, blu e poi bianco cadaverico. La bocca spalancata in cerca di ossigeno, le labbra bluastre, le mani strette attorno al tessuto nel vano tentativo di liberarsi. E a pochi metri da lui, Cyril lo fissava con odio, la bacchetta che si muoveva sinuosa, ordinando alle tende di stringersi ancora.
«Cyril!» gridò Silas «Un aiutino?»
Sia Cyril che Lydia si volarono verso Silas, che stava combattendo contro altri due Mangiamorte, gli ultimi rimasti.
«Stupeficium!» urlò Lydia. Lo sprazzo di luce rossa attraversò la stanza, ma il Mangiamorte a cui aveva puntato si spostò e l’incantesimo annerì il muro a pochi centimetri dall’orecchio di Silas. «Ehi! Ho chiesto un aiuto, non una lobotomia!» esclamò offeso.
«Scusa!»
Uno dei due Mangiamorte si immobilizzò talmente all’improvviso che Lydia credette si fosse fermato il tempo. Finché si accorse che qualcuno aveva davvero arrestato il tempo attorno al Mangiamorte. Non si muoveva, non respirava. La polvere che circolava in ogni ambiente dall’inizio dell’attacco, si era cristallizzata nell’aria attorno a lui. E Cyril lo guardava con un cipiglio soddisfatto.
 «Ricordami di non farti mai arrabbiare.» bisbigliò Lydia, sbalordita. Cyril le rivolse un breve sorriso, leggermente minaccioso.
«Petrificus Totalus!» Il Mangiamorte rimasto crollò a terra sotto l’incantesimo di Silas, il quale si sfregò le mani e sbatté il mantello per darsi una sistemata. «Bene. Possiamo proseguire.» disse come se nulla fosse. Uscì dalla stanza, il mento sollevato e senza guardarsi indietro. Lydia corse sulla sua scia, con l’intenzione di non lasciare mai più il fianco dei cugini O’Brien. Forse così avrebbe avuto davvero una possibilità di sopravvivere a quella battaglia. Soprattutto se l’avessero portata da Lance. Il pensiero le fece venire voglia di correre. Dovevano trovare lui e gli altri il prima possibile. E poi sarebbe andato tutto bene, Lydia ne era sicura.
Raggiunsero l’area ovest del castello, parzialmente in fiamme. Il professor Vitius ed alcuni studenti indirizzavano degli Aguamenti verso la base delle fiamme. Stavano facendo ottimi progressi quindi Lydia, Silas e Cyril passarono oltre, finché si trovarono di fronte ad una barricata di banchi. «Chi siete?» chiese una vocetta stridula.
Silas si tolse il cilindro e fece un inchino formale. «Silas O’Brien, Cyril O’Brien e Lydia Merlin al vostro servizio.»
Dovette bastare come presentazione perché il guardiano della barricata li lasciò passare. Dopo essersi arrampicata sui banchi (e strappata i jeans e la felpa in due punti diversi nel farlo) Lydia individuò il guardiano. Era un ragazzino. Anzi, sembrava quasi un bambino. Doveva avere all’incirca tredici anni, indossava un pigiama con boccini d’oro che sfrecciavano frenetici sul tessuto, una sciarpa di Serpeverde e degli scarponcini infangati. Aveva i capelli neri completamente in disordine ed un’espressione decisa sul volto. Con una stretta al cuore, Lydia si accorse che assomigliava ad una versione solo leggermente più grande di Henry.
«Tu non dovresti essere qui.» disse infatti Silas «La McGranitt ha ordinato a tutti i minorenni di lasciare il castello.»
Il ragazzino incrociò le braccia. «Nessuno può costringermi ad andarmene. Stanno attaccando la mia scuola e io la difendo. E infatti vorrei far notare che questo è l’unico posto che i Mangiamorte non sono ancora riusciti a conquistare.»
«Bene, apprezzo il tuo impegno, ma comunque non dovresti essere qui.» continuò Silas «Una battaglia contro i seguaci del più grande mago oscuro di tutti i tempi è una faccenda da adulti, e tu, perdonami tanto, sei solo un ragazzino, e pure minuscolo, se posso aggiungere.»
«È la stessa cosa che gli sto ripetendo da quando l’ho incontrato all’incirca un’ora fa. Ma ho scoperto che Selwyn è un tipetto veramente testardo.» Un ragazzo uscì dall’aula che si affacciava su quel corridoio. Aveva la mani piene di vecchie piume per scrivere ma con le punte ancora ben aguzze. Se spedite contro i punti giusti avrebbero potuto fare parecchio male, per questo Lydia non comprese come mai il ragazzo le lasciò cadere a terra, distruggendone la metà. E poi si accorse dell’espressione dipinta sul suo volto. Sembrava che avesse visto un fantasma.
«Nik.» Lydia sobbalzò e si voltò con la bacchetta alzata verso la voce sconosciuta proveniente dalle sue spalle. Ma c’era solo Cyril dietro di lei. Cyril, con lo stesso volto stravolto del ragazzo sconosciuto. Cyril, che la scansò malamente e corse verso il ragazzo sconosciuto. Cyril, che prese tra le braccia il ragazzo sconosciuto e lo baciò appassionatamente.
Per un istante Lydia credette di aver battuto la testa ed essere in preda alle allucinazioni, o di essere morta in una delle innumerevoli volte in cui aveva rischiato la vita nell’ultima ora. «Cyril… parla?» chiese esterrefatta.
«Voto del silenzio.» Fu Silas a rispondere, visto che Cyril e il ragazzo non più così sconosciuto erano ancora intenti a baciarsi. Silas batté una mano contro la schiena di Nik, distruggendo così l’atmosfera «È un piacere rivederti, Nikolas. Pensavamo fossi morto, si vede che questa è la serata dei morti viventi.» fece l’occhiolino a Lydia, la quale scosse la testa «Lydia non apprezza la mia ironia, oltre al mio stile. Ma sono davvero contento che tu sia vivo. Soprattutto perché almeno mio fratello ha terminato il suo voto del silenzio. Sai, lo aveva fatto quando sei scomparso, mesi fa. Hai presente cosa significa vivere così tanto tempo con un fratello che non spiccica una parola e si limita a rispondere a versi? A tratti mi sembrava di vivere con un uomo delle caverne. Ho dovuto parlare io per tutti e due, e ti assicuro che è es-te-nuan-te!»
«Silas, sta zitto.» disse Cyril. Aveva una voce profonda, gutturale, mentre continuava ad accarezzare il volto di Nikolas.
«Oh bene!» Silas si strinse nel suo mantello, offeso «Sono le prime parole che mi rivolgi dopo mesi e le usi per zittirmi. Non un ‘grazie Silas per aver sopportato i miei grugniti per tutto questo tempo’, ‘grazie Silas per avermi fatto da interprete’. Sai quanto era difficile per me capire i tuoi grugniti? Sempre lo stesso verso con la stessa identica espressione, e se sbagliavo ad interpretarlo non mi rivolgevi più neanche quelli per una settimana! Vieni, Lydia. Andiamo dove hanno davvero bisogno di noi.» e si allontanò a grandi passi. Lydia gettò uno sguardo di scuse verso Cyril e il suo ragazzo, e lo seguì. Più per lasciare un po’ di intimità ai due amanti appena ritrovatosi che per rincorrere Silas.
Quando passò accanto a Cyril e il suo compagno, non poté impedirsi di sentire degli stralci della loro conversazione.
«… Sono riuscito a scappare per un soffio. Mio fratello mi ha denunciato al Ministero.»
«Avresti dovuto venire da me. Saremmo scappati insieme!»
«Non avrei mai potuto metterti in pericolo, Cy.»
Silas accelerò il passo e Lydia fu costretta a fare altrettanto per non perderlo di vista.
«Aspettatemi!» urlò Selwyn correndo per raggiungerli «Non potete proseguire senza il mio permesso! Questa è una zona sicura!»
E poi Lydia non comprese cosa successe.
Il momento prima stava inseguendo Silas nel corridoio, tentando nel frattempo di scappare da Selwyn.
Quello dopo era sdraiata a terra, sola, le orecchie che ronzavano dolorosamente e polvere e detriti ad oscurarle la vista. Le faceva male tutto il corpo. Non riusciva a muoversi. Con terrore cercò di stringere la mano attorno alla bacchetta, ma i suoi muscoli si rifiutavano di obbedire. L’aria era densa di fumo. I suoi polmoni sembravano incapaci di allargarsi. Tentò di sollevare di qualche centimetro la testa. Ci riuscì solo con uno sforzo immane. Vedeva solamente grigio. Nel torpore della sua mente si accorse che era il fumo e la polvere ad impedirle la vista. L’unica cosa che riuscì ad intravedere furono delle ombre.
Ma non erano ombre.
Erano Mangiamorte.
«Merlin, Merlin, Merlin…» cantilenò una voce sopra di lei «Non ti stanchi mai di trovarti così? Completamente inerme ai miei piedi?»
Lydia emise un suono gutturale, l’unico che i suoi polmoni furono in grado di espellere.
La voce rise. «Mi lusinghi.»
Il mago che incombeva su di lei portava una maschera d’argento. Nascondeva il suo volto ma non la sua identità.
Alla fine era stato Isaac Mills a trovarla.
Lydia sbatté le palpebre, con la consapevolezza che la sua unica possibilità di sopravvivenza dipendeva da quanto avrebbe impiegato a riprendere il comando del proprio corpo. Tutti i suoi nervi e muscoli urlavano, Lydia cercò di ignorarli, si mise con un gemito sul fianco e tentò di fare leva con un braccio per riuscire a mettersi almeno a sedere. Un lamento sfuggì di nuovo al suo controllo, il braccio che pulsava dolorosamente.
E Mills intanto rideva. Si stava godendo lo spettacolo.
Lydia riuscì a fatica a mettersi seduta. Lo sforzo l’aveva lasciata senza fiato. Si trascinò verso il muro che riusciva ad intravedere nella nube di polvere, ed appoggiò la testa su di esso, completamente senza forze. Chiuse gli occhi.
«Venite ragazzi! Ho trovato una sorpresa per voi!» Altri passi sul pavimento indicarono che si stavano avvicinando almeno altre tre persone. Doveva andarsene da lì. Il prima possibile. Doveva ritrovare Silas, Cyril e Nikolas. Non dovevano essere lontani. Doveva ritrovare il ragazzino con il pigiama con i boccini d’oro. Doveva ritrovare Lance.
Quel pensiero le fece scorrere nelle vene una scarica di adrenalina. Lydia strinse la mani a pugno e si accorse che in tutto quel tempo, l’istinto l’aveva portata a tenere stretta la bacchetta di Eileen. Con una forza che fino a qualche secondo prima non avrebbe pensato di possedere, Lydia riuscì ad alzarsi e fronteggiare i suoi incubi.
Gli altri tre maghi avevano affiancato Mills. Portavano tutti un mantello che in origine doveva essere nero ma ora era grigio di polvere, e la stessa maschera d’argento.
Presente e Passato si mischiarono nella mente confusa di Lydia.
Ma non era in un parco giochi.
Era nella sua scuola.
In quella stessa scuola in cui era cresciuta.
La scuola dove aveva imparato a combattere.
Sollevò la bacchetta.
«Allora sei proprio una stupida, Merlin. Pensavo che ormai ti avessimo insegnato che non puoi batterci.» La voce di Mills era glaciale «Gerald, vai pure a dare una mano agli altri, qui non ci impiegheremo molto.» Uno dei suoi compagni annuì e sparì nella nebbia. «Sai, a volte mi è capitato di ripensare al giorno in cui ti abbiamo donato la tua cicatrice. A quanto io sia stato maleducato a non esaudire il tuo vero desiderio.» Mills alzò la bacchetta «È giunto finalmente il momento che io paghi il mio debito.»
Era come al parco giochi.
Il corpo ferito di Lydia che le impediva di muoversi o pensare con fluidità. I suoi nemici che la accerchiavano, impazienti di poter assaporare la sua paura, come squali in attesa che il sangue cominciasse a scorrere.
C’era solo una differenza.
Quella sera era accorsa al castello con un nuovo desiderio. Di vendicarsi di coloro che le avevano fatto del male, coloro che avevano ucciso Paul e così tanti altri. Di tornare da Lance.
Quella sera, Lydia era pronta a combattere.
«Confringo
«Exùlcero
Lydia parò a fatica il colpo, roteò il polso e riuscì a rispedire la maledizione verso Mills, colpendolo di striscio ad un braccio e facendolo sibilare mentre la parte colpita si riempiva di vesciche ed ustioni. I due compagni rimasti tentarono di intervenire ma Mills li fermò con un cenno. «Lasciatela a me.» ringhiò. Si esaminò la ferita al braccio. «Perché non ti puoi fare uccidere velocemente come ha fatto il tuo amichetto Kenston?»
Lydia sentì la rabbia crescerle nel petto.
«Con lui è stato facile. E per quanto mi piacerebbe trascorrere altro tempo con te, ho cose più importanti da fare questa notte. Il Signore Oscuro ci ricompenserà abbondantemente per ogni nemico che uccideremo. Quindi Merlin, fammi un piacere, sii come Kenston.»
Lydia urlò, mosse la bacchetta come una frusta e il suo incantesimo non verbale colpì Mills in pieno petto. Le sue vesti e il suo corpo si riempirono di tagli e lacerazioni. Non mortali, ma sufficienti per fermarlo. Sì chinò su se stesso, boccheggiante. La sua maschera d’argento cadde a terra e roteò fino ai piedi di Lydia.
Mills meritava di peggio.
Una Maledizione Senza Perdono.
Lydia era ancora in tempo. Ripensò a Paul e allo zio Ryan, alle loro vite spezzate. E insieme alle loro, quelle di tutti coloro che li amavano. I genitori di Paul, i suoi fratelli, sua sorella, Lance. Zia Maisie. Jack.
Lydia abbassò lo sguardo verso la maschera d’argento. La stessa maschera che aveva popolato i suoi incubi per anni. E che adesso le faceva solo ribrezzo e si dimostrava per quello che era realmente: solo una pacchiana imitazione delle maschere dei Mangiamorte, i bordi non definiti, l’argento dipinto sul rame. Sollevò il piede e la calpestò con tutta la sua forza, riducendola in frantumi.
«Avada Kedavra
Lydia alzò uno scudo protettivo. Non serviva. Un altro scudo si era già materializzato davanti a lei.
Uno dei due compari di Mills aveva cercato di ucciderla.
L’altro le aveva salvato la vita.
Il suo salvatore si strappò la maschera dal volto e la scagliò a terra. Le sue schegge si mischiarono a quelle della maschera di Mills. Ma a Lydia non serviva vederlo in volto per riconoscerlo.
«Scappa.» disse Blake.
E per una volta, Lydia lo ascoltò. Afferrò il mantello di Blake e lo costrinse a seguirla, prima che avesse la malsana idea di fermarsi a combattere contro l’altro sgherro (probabilmente O’Neill), Mills, che si stava lentamente riprendendo, o le altre due maschere che si iniziavano ad intravedere in lontananza nella nebbia di detriti.
«Moore!» L’urlo di Mills risuonò nel corridoio.
«Penso di averlo fatto arrabbiare.»
«Tu dici?!» Lydia sterzò verso la nicchia con l’armatura del troll canterino. Solo che l’armatura era scomparsa e la scorciatoia era completamente visibile (fortunatamente, considerando che l’ultima cosa che avrebbe voluto fare Lydia in quel momento era mettersi a cantare per farla spostare). La priorità era allontanarsi il più possibile e cercare di raggiungere i soccorsi. Soprattutto perché Lydia si sentiva ancora a pezzi e non era sicura di riuscire ad andare molto lontana. E infatti, appena imboccato il passaggio, fu Blake a guidare la fuga e sostenerla. Ad ogni passo che facevano, la loro corsa si trasformava sempre più in una camminata veloce, o meglio in un saltellare incerto.
«Forza, forza!» tentò di incitarla Blake «Ci raggiungeranno.»
Ma man mano che si allontanavano, la scarica di energia che le aveva permesso di combattere abbandonava le sue vene e il suo corpo si risvegliava dal torpore, rendendola dolorosamente consapevole di tutte le ferite. Il taglio dietro alla nuca, quello che le era stato causato dal trafficante sulla spiaggia, aveva ricominciato a sanguinare copiosamente. Le sembrava di avere qualche costola incrinata e una gamba le mandava fitte di dolore ogni volta che vi appoggiava il peso.
«Comunque non ti ho perdonato.» decise di sottolineare Lydia, prima che Blake si facesse strane idee «Non so cosa mi sia preso. Avrei dovuto lasciarti lì con i tuoi amichetti.» Il fiato corto le stroncava le parole.
«Mi hai portato con te perché sapevi che senza di me ti avrebbero subito raggiunta.» rispose Blake, trascinandola in avanti.
Sbucarono dalla scorciatoia e Lydia riconobbe il corridoio del terzo piano in cui si era ritrovata uscendo dalla strana stanza, all’inizio della battaglia. Le finestre erano crollate, permettendo alla brezza notturna di soffiare nel castello. Lydia rabbrividì. I muri del corridoio erano completamente ricoperti di crepe. Hogwarts sembrava sul punto di cadere. Lydia si chiese quanti altri colpi quella scuola secolare avrebbe potuto reggere.
Blake si guardava attorno frenetico. «Okay, ho capito dove siamo. Possiamo raggiungere il piano terra se andiamo verso sinistra, da lì dovremo solo stare attenti nell’attraversare il giardino. Un incantesimo di Disillusione ci aiuterà, e dovremo evitare a tutti i costi la Foresta, non che abbia tanta importanza considerando che tutti i suoi mostri sembrano essersi trasferiti qui. Dovremmo raggiungere i confini della scuola entro pochi minuti e da lì Materializzarci a casa dei miei.»
Lydia si staccò dal sostegno di Blake. Ondeggiò vistosamente ma riuscì infine a stare in piedi da sola. «Stai scherzando, vero?»
«Cosa? Perché dovrei scherzare in un momento del genere?»
«Perché non puoi seriamente pensare che io voglia scappare con te.»
Blake la guardò perplesso. «Sì. Ce ne andiamo da qui e raggiungiamo casa dei miei. Prendiamo mia madre e andiamo alla spiaggia. Ho da parte ancora qualche risparmio, sono sicuro che il trafficante accetterà di anticipare la nostra Passaporta. Ce ne andiamo in Francia, così in qualsiasi modo questa battaglia andrà a finire, noi saremo al sicuro.»
Il ragionamento di Blake era perfetto ai propri occhi.
Ignobile a quelli di Lydia.
«No!» esclamò inorridita «Io non vado da nessuna parte con te! Adesso mi aiuti a ritrovare Lance e la sua famiglia, e poi tu puoi andare dove ti pare, ma senza di me. Oppure puoi andartene subito, posso farcela anche da sola.»
«Vedi, Moore? Neanche la tua fidanzatina ti vuole.»
Lydia e Blake impallidirono e si voltarono verso la scorciatoia dalla quale erano appena arrivati. Era deserta.
«Pensavate di essere gli unici a conoscere certi trucchetti?» chiese Mills scostando un arazzo scolorito. «Dimenticate che questa era anche la mia scuola.» Un ghigno gli storpiava le labbra. Si muoveva a scatti, ancora dolorante per le ferite inferte da Lydia. Dietro di lui comparvero i suoi amici.
Blake si interpose tra i suoi vecchi compagni e Lydia. «State lontani!» Lydia si rifiutò di rimanere nascosta dietro di lui e lo affiancò, la bacchetta già in posizione di attacco e la mente intrisa di incantesimi e maledizioni.
Mills e i suoi compari ebbero almeno la decenza di non ridere del loro patetico tentativo di difendersi. «Vi abbiamo rincorso a sufficienza. È ora di finire questa storia.» disse infatti Mills, la sua faccia contratta in una smorfia. «Blake. In nome della nostra amicizia ti concedo una seconda possibilità. Torna dalla nostra parte e faremo finta che non sia successo niente.» Blake esitò. «Uccidi Merlin e anche tu riceverai la benedizione del Signore Oscuro.»
Lydia si allontanò di un passo da Blake, pronta a difendersi anche da lui. Blake lo notò e il suo volto divenne di granito, rendendole impossibile riuscire a leggere i suoi pensieri. Lydia si allontanò di un altro passo e spostò la bacchetta su di lui. Sapeva cosa sarebbe successo. Era sempre stato così. Durante gli anni a scuola, all’inizio della guerra, quel maledetto giorno al parco giochi, quella sera stessa quando l’aveva rinchiusa in camera. Lui aveva sempre scelto i suoi amici.
«No.» La risposta di Blake fece calare il gelo nella stanza.
«No?»
«No.» ripeté Blake. Spostò di nuovo la sua attenzione su Mills e si erse in tutta la sua statura. «È finita, Isaac, ho chiuso con voi. Mi fate schifo. Era da tempo che volevo dirvelo. Mi fate schifo voi e tutto quello che fate. Pensate di essere i nuovi signori del male, i re del crimine, ma non siete nulla, non siete altro che delle macchiette, delle patetiche imitazioni dei veri Mangiamorte. Continuate a blaterare su quando il Signore Oscuro vi ricompenserà senza nemmeno rendervi conto che vi sta solamente usando, che non gliene frega niente se voi sopravvivrete questa notte.» Lydia non aveva mai visto Blake così. La sicurezza che emanava gli conferiva un aspetto nuovo, tanto che a Lydia sembrò di avere di fronte una persona sconosciuta. «Perché mai dovrebbe ricompensarvi se non l’ha mai fatto fino ad ora? È da mesi che combattete in suo nome, che uccidete, ferite e compite ogni malvagità. E non vi siete accorti della pura e semplice verità. Il Signore Oscuro non sa neanche che esistete.»
«Sta attento a quello che dici, Moore.» lo minacciò Mills, sibilando.
Ma Blake aveva solo iniziato. «Per lui voi siete insignificanti, pedine da poter sacrificare mentre aspetta il momento giusto per colpire Harry Potter. Non sarete mai portati al suo cospetto, e non riceverete mai il Marchio Nero. Resterete quello che siete sempre stati… vermi insignificanti.»
«Sectumsempra!» la rabbia di Mills esplose contro di loro. Lo scudo di Lydia protesse entrambi, venendo poi distrutto quando anche gli altri amici di Mills scagliarono contro di loro maledizioni e fatture.
«Suspendus.» I vetri sparsi su tutto il pavimento si raggrupparono davanti a Lydia, roteando a mezz’aria. Blake scagliò contro i loro aggressori incantesimi a raffica, così da distrarli. I frammenti di vetro intanto continuarono a girare su loro stessi fino a quando tutte le parti appuntite furono rivolte verso Mills. «Oppugno!» Al comando di Lydia i frammenti sfrecciarono a tutta velocità. Mills alzò uno scudo all’ultimo secondo. Alcuni frammenti si scontrarono contro il muro, frantumando l’intonaco e rimanendo lì incastrati, altri ancora rimbalzarono sullo scudo. Ma due scaglie particolarmente sottili e veloci, bucarono la protezione magica di Mills e riuscirono a raggiungere l’obiettivo, andando a colpire il ragazzo su un braccio e al collo. La ferita al braccio era superficiale, il collo, al contrario, aveva già iniziato a sanguinare copiosamente. Lydia sentì un moto di sollievo. Dovevano riuscire a resistere ancora qualche minuto e la perdita di sangue di Mills avrebbe fatto il resto. Ma il suo sollievo durò poco.
«Strangulus!»
«Divellum!» L’arazzo dal quale erano comparsi i loro nemici si strappò dai suoi ganci all’ordine di Blake e si frappose tra le due fazioni, bloccandone la vista.
«Immobilus.» L’incantesimo di Lydia cristallizzò l’arazzo a mezz’aria. Era arrivato il momento di andarsene. Blake intuì il piano e le aprì la strada verso la fuga, per questa volta Lydia non si oppose, decisa ad andarsene il più lontana possibile da Mills prima di separarsi da Blake ed intraprendere la ricerca di Lance. Riuscirono a fare solo qualche passo, perché alla fine del corridoio che avrebbe dovuto portarli in salvo comparvero degli spettri.
Neve.
Ghiaccio.
Dissennatori.
Lydia arretrò talmente in fretta da finire contro l’arazzo ancora sospeso. E si rese conto del vero motivo per cui sembrava essere calato il gelo durante la battaglia.
«Forza! Useremo i Patronus!» Blake tentò di spingerla nuovamente in direzione del corridoio.
Lydia però rimase ben piantata al suo posto. Preferiva combattere una battaglia impossibile piuttosto che ritrovarsi di nuovo nelle grinfie dei Dissennatori. Il suo desiderio fu ben presto avverato. Un rumore di stoffa strappata la fece voltare. Artigli invisibili lacerarono l’arazzo in mille pezzi. Lembi di tessuto galleggiarono per alcuni istanti a mezz’aria, prima di cadere a terra. Il volto di Mills era ormai esangue, una mano che tentava di arginare l’emorragia al collo, ma la determinazione e la rabbia nei suoi occhi non vacillava.
Era pronto a finire quella storia. E anche Lydia lo era. Parò il primo Anatema, e poi quello successivo. Il suo corpo continuava a urlare di dolore, percepiva il gelo dei Dissennatori alle sue spalle, il loro rantolo che si faceva sempre più vicino. Blake cercava di intrappolare O’Neill e un altro dei loro aggressori, un ragazzino che Lydia era sicura di aver visto alla battaglia sulla spiaggia.
«Expelliarmus!» Il ragazzo perse la sua bacchetta e Lydia riuscì a deviare una maledizione di Mills contro di lui, centrandolo. Cadde a terra con un sospiro e lì rimase.
O’Neill cercò di rallentare la sua caduta, Blake approfittò del suo momento di disattenzione. «Oppugno!» Un pezzo di intonaco si staccò dalla parete e si fiondò sulla sua testa, colpendolo in pieno e facendolo crollare al fianco dell’altro ragazzo.
«Retinecor
La scena si svolse agli occhi di Lydia come al rallentatore. Vide l’incantesimo sgorgare dalla bacchetta di Mills, illuminando l’odio sul suo viso, e il lampo di luce attraversare il breve spazio che li divideva. Erano stati sciocchi. Nella foga di sconfiggere almeno due avversari, avevano dimenticato quale tra loro rappresentava la vera minaccia. Lydia tentò di fermare l’incantesimo. Ma la Maledizione volteggiò verso il suo obiettivo, e colpì Blake.
Blake sgranò gli occhi, portandosi una mano al petto.
Lydia non fece in tempo ad urlare il suo nome. Blake era già a terra.
«E adesso tocca a te, sudicia Sangue Sporco.»
Ma Lydia fu più veloce.
«Stupeficium!» Il lampo di luce dell’incantesimo di Lydia fu talmente potente da accecarla. Quando riuscì a rimettere a fuoco il corridoio, Mills era a terra.
Lydia si guardò attorno. Il silenzio era innaturale dopo tutte le battaglie. Abbassò la bacchetta, con la consapevolezza che era arrivato il momento della fine. La brina ricoprì i corpi sul pavimento. Quando Lydia distolse lo sguardo dal corpo inerme di Blake, vide i Dissennatori avanzare verso di lei, impazienti di saziarsi della sua anima. Espirò e il suo respiro si trasformò in ghiaccio.
E così sarebbe finita in quel modo.
La bacchetta di Eileen scivolò dalla mano di Lydia ed atterrò con un tonfo sul pavimento, l’unico rumore che infranse il silenzio innaturale.
No, non l’unico.
Una serie di gemiti e scricchiolii si levarono dalle pareti stesse. Le crepe che erano già presenti sui muri della scuola iniziarono ad allargarsi. Lydia le inseguì con lo sguardo mentre divoravano l’intero corridoio, aprendo voragini e spaccature su ogni superfice. Finché il soffitto cedette.
Lydia chiuse gli occhi e il suo ultimo pensiero fu quanto le sarebbe piaciuto poter vedere l’alba un’ultima volta.
Poi l’oscurità la reclamò.
 
 


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