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Autore: Kei_Saiyu    02/01/2010    3 recensioni
[Seconda classificata al Contest Mental indetto da Globulo rosso e Bimba_Chic_Aiko]
Un forte dolore inaspettato, simile ad un Chidori che trapassava il corpo, partendo dalle tempie fino a giungere sulla spina dorsale, lo fece cadere violentemente a terra in preda agli spasmi.
Spalancò la bocca per gridare, ma qualcosa gli bloccava la voce, come se qualcuno gli avesse messo un bavaglio invisibile in previsione del suo gesto.
Il suo corpo si contorse, ripiegandosi su se stesso fino al limite possibile, per poi allontanarsi di colpo, portando le ossa della braccia e del bacino in punto di rottura, acuendo il dolore che già provava.
Genere: Triste, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Iruka Umino, Naruto Uzumaki, Orochimaru
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti
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Capitolo II

A mountain of violent sins

 

Continuava a correre all’impazzata nel bosco, sperando di aver preso la direzione giusta. Voleva vederlo, pestarlo, urlargli contro e ancora colpirlo. Colpirlo così forte da farlo svenire, così da portarlo in tutta tranquillità a casa sua, la sua vera casa, non quella del covo della serpe malefica.

Strinse i pugni e digrignò i denti come un animale.

Si guardava attorno alla ricerca di un indizio, uno qualsiasi, ma il luogo era deserto, c’erano solo alberi alti e maestosi, ma privi di chioma.

Mettevano i brividi.

Ignorando il senso di inquietudine che si faceva sempre più vicino, continuava a muoversi a velocità elevata, saltando di ramo in ramo per raggiungere la sua meta.

In qualche strana ed assurda maniera, sapeva che quella non era la direzione giusta, che gli avrebbe portato solo altro dolore, come ogni volta che si era incamminato alla sua ricerca, ma non poteva fare altro che quello.

Gli era rimasto solo quello.

Tremò leggermente per il freddo, nonostante la corsa lo avrebbe dovuto scaldare.

Alle volte, gli pareva di non capire più cosa stesse facendo. Perché si stava muovendo? Perché era in quel luogo irreale? Chi o cosa stava cercando? Poi, come se nulla fosse, tutto gli tornava alla mente ed i contorni che a quelle domande parevano sbiadire, tornavano nitidi più che mai.

Riusciva a rivedere se stesso da bambino, mentre giocava con il suo miglior amico, quello stesso amico che pochi anni dopo lo avrebbe abbandonato.

Poteva riviveva il loro fatidico scontro, quello più duro e doloroso della sua vita. Quello in cui aveva fallito. Quello in cui Sasuke aveva davvero provato ad ucciderlo.

Eppure era tutto così strano.

Nel bosco non si muoveva una foglia, non vi erano rumori e di animali neanche la traccia. Perché?

Eppure continuava a correre, dimenticandosi presto delle domande, dei ricordi che si confondevano tra loro, portandolo a vedere scene che gli risultavano sia estranee che familiari.

Sasuke che giocava assieme a lui con un trenino giocattolo sulla sabbia del parco giochi comunale; Sasuke che aveva in mano uno shuriken e lo sfidava tacitamente a batterlo nel lancio degli stessi.

Sasuke che gli raccontava di come la sua mamma fosse brava in cucina e di suo fratello che era un genio; Sasuke che non aveva più i genitori, uccisi dal loro stesso figlio e che lui tanto ammirava.

Sasuke che…

Sasuke che scappava in piena notte, costringendo l’intera Konoha a mobilitarsi per recuperarlo, prima che fosse troppo tardi. Lui che prometteva a Sakura  che lo avrebbe riportato indietro, a costo di spezzargli tutte le ossa del corpo. Il loro combattimento all’ultimo sangue; la fuoriuscita di Kyuubi dal suo corpo; il dolore al petto, quando Sasuke lo aveva trapassato con il suo Chidori, puntando dritto al cuore.

Strinse i pugni, lasciando che i ricordi che lo confondevano tornassero ad annebbiarsi.

Una luce si stagliava alla fine del bosco, pronta a catturarlo in qualunque istante.

Si fermò meditabondo. Non gli piaceva. Gli incuteva timore, anche se non ne capiva la ragione.

Un brivido gli percorse la schiena, richiamandogli alla mente il dolore provato in precedenza.

Si morse le labbra a sangue, costringendosi a non dare retta all’istinto, che gli suggeriva di non andare in quella direzione.

Una goccia d’acqua fredda gli sfiorò la tempia sinistra, acuendo il malessere interiore.

«Devo trovarlo!»

Si ripeteva, come se quel gesto potesse far tacere quella vocina interiore che gli intimava di lasciar perdere.

«Devo farlo assolutamente!»

Sottolineava, come se il ritrovamento dell’amico perduto fosse indispensabile quanto l’aria, ma Sasuke non era quell’elemento prezioso per ogni essere umano.

Sasuke era fuoco distruttore, che con le sue fiamme poteva solo spandere il caos, eppure non riusciva a vederlo come tale, paragonandolo piuttosto al fuoco creatore, che dopo la distruzione era in grado di generare un fiore.

Accelerò l’andatura, respingendo con tutte le sue forze ogni sentimento contrastante; tentando disperatamente di non sentire l’acqua che gli scendeva sul collo, mentre un brivido gli trapassava la spina dorsale.

Che la fonte di tanto malessere fosse proprio quella luce?

Non lo sapeva per certo, nonostante le avvisaglie dell’animo, ma se entrarvi sarebbe servito a trovare Sasuke, allora lo avrebbe fatto.

Chiuse forte gli occhi inabissandosi in quel mare di luce che già una volta lo aveva quasi ucciso.

«Un tempo, – ricordò nel sentire la prima avvisaglia di dolore – avevo detto che il destino non era immutabile e che lo si poteva cambiare.»

Sgranò gli occhi, preda al dolore che gli invadeva il corpo ed intravide un uomo su di sé.

Gli occhi rossi come il sangue ed un ghigno crudele in volto.

«Un tempo, – continuò mentre il corpo si irrigidiva contorcendosi – lo credevo veramente.»

Chiuse gli occhi, cedendo al dolore che stava distruggendo, ancora una volta, il suo mondo.

«Sasuke… esisti veramente?»

 

Un vociare lontano avrebbe potuto risvegliarlo, ma nulla pareva scalfirlo, nemmeno l’ago che si infilava nel suo braccio, lasciando che un liquido chiaro si mescolasse al suo sangue.

«Sasuke Sasuke Sasuke Sasuke Sasuke Sasuke…»

Le sue labbra si muovevano lentamente, sussurrando solo quel nome come una litania.

Iruka guardò le iridi chiare di Naruto fissare un punto imprecisato della sala in cui si trovavano. Parevano prive di vita, mentre la pupilla si faceva più piccola ad ogni secondo che passava.

Una piccola scia di saliva colò dalle sue labbra al mento; il respiro si fece più accelerato, portando la cassa toracica ad alzarsi ed abbassarsi convulsamente.

Iruka vide gli occhi di Naruto sgranarsi di colpo, mentre questi prendeva a boccheggiare in cerca d’aria.

Strinse forte la cartellina medica che teneva fra le mani, irrigidendosi come non credeva di poter mai fare.

Sentiva i muscoli rifiutarsi di rilassarsi, ma anzi, continuavano a contrarsi come in preda all’epilessia.

Poteva tranquillamente percepire i propri battiti cardiaci farsi prima lenti, poi più veloci, rasentando l’avvisaglia di un infarto.

«…Lo state facendo di nuovo.»

Sussurrò.

Si sentiva impotente, mentre era costretto ad osservare il suo superiore che staccava due piccoli elettrodi dalle tempie del ragazzo.

Voleva vomitare dal disgusto di tale pratica, ma non ne aveva neanche la forza. Riusciva a malapena a parlare, troppo preoccupato – e shockato – per lo stato in cui verteva Naruto.

Il medico si voltò con grazia, lasciando che il suo sottoposto osservasse il giovane legato alla sedia.

Si portò due dita al mento, con fare meditabondo, mentre gli occhi di Iruka si fissavano in quelli vuoti del loro paziente.

Sorrise mellifluo. Se non avesse effettuato lui la cura, avrebbe stentato a capire su chi dei due era stata praticata.

Infilò la mano destra nel taschino del camice, estraendo due piccole pasticche, simili a confetti di colori diverso.

Tornando a guardare Naruto, gli inserì lentamente il pollice sinistro tra le labbra, socchiudendole con cura, approfittandosene per andare ad accarezzargli la lingua voluttuosamente.

Si leccò lascivamente le labbra, inserendo con calma i due confetti nella sua cavità orale.

Con la mano destra, prese un bicchiere d’acqua da un comodino vicino, mentre afferrava con la sinistra i capelli dietro la nuca del giovane, costringendolo a riversare il volto all’insù, pronto a ricevere il liquido trasparente.

Iruka fissava la scena attonito.

Cosa stava facendo? Perché il suo modo d’agire riusciva a pietrificarlo, riducendo il suo cervello ad una poltiglia di materia mal funzionante?

Tremò, senza che ve ne fosse un motivo reale.

«Tremi? Eppure lo stiamo curando. Il Gabapentin è per l’epilessia, mentre l’atomoxetina cloridrato è per il disturbo di iperattività e per il deficit di attenzione, altrimenti noto con il nome “ADHD”.»

Sussurrò il medico con tranquillità, come se quella fosse la risposta ad ogni quesito di Iruka che, tuttavia, non rispose, riuscendo solo a biascicare il suo nome.

«…Orochimaru…sama.»

Orochimaru sorrise sinistro.

Si spostò lentamente dietro la sedia su cui era seduto – e ben legato – Naruto.

Gli occhi vitrei del ragazzo, si muovevano in varie direzioni, mentre le pupille lentamente si dilatavano, come a tornare allo stadio originario.

Con la mano libera, l’uomo prese ad accarezzargli il collo, scendendo piano sulla maglietta bianca, più simile ad un camice data la larghezza. Spostò con malagrazia il vestiario, facendolo scendere oltre la spalla, fino a metà braccio, così da poter mostrare, sulla parte sinistra dell’incavo, un tatuaggio.

Iruka osservò inorridito quel segno, che non aveva mai visto sul corpo del ragazzo. Studiò con meticolosa attenzione i tre tomoe, che andavano a formare un cerchio perfetto, se si seguivano i tratti.

Non sapeva perché Naruto aveva quel tatuaggio, ma sapeva che non era nulla di positivo. Gli pareva di aver letto su qualche libro, che alcune persone usano quel tipo di disegno per identificare i propri seguaci, o cose simili.

Orochimaru parlò, spostando nel frattempo la mano, lasciandola vagare sul petto magro del ragazzo, stuzzicando il piccolo capezzolo bruno, semiscoperto dalla stoffa.

«Immagino tu non sappia cos’è, ma non ha importanza, in fondo glielo ho fatto quando è arrivato qui. – Una lieve risatina si diffuse nell’aria – Ricordo ancora la prima volta che lo vidi da vicino: era un tenero bambino di otto anni. Gli assistenti sociali mi dissero che era un caso disperato, che soffriva di epilessia e di ADHD, oltre a comportarsi come uno psicotico, visto che parlava con persone inesistenti e diceva cose senza senso. Lo avevano portato da una psichiatra, probabilmente troppo giovane ed inesperta, dichiarando che il bambino soffriva di schizofrenia bipolare dissociata e che questa causava delle allucinazioni. Che dottoressa incompetente. Era ovvio che fossero i farmaci a procurargliele, ma non importa. In fondo, il bambino era portato ad avere le allucinazioni già prima dei farmaci. Loro lo hanno solo aiutato ad alimentare le sue visioni, rendendole più durature e nitide.»

Iruka cadde a terra. Non era riuscito a resistere ai tremori che gli scuotevano il corpo, concentrandosi in particolar modo sulle gambe.

Le sentiva fredde e immobili, come se fossero fatte di pietra. Era una sensazione orribile ed avrebbe voluto reagire, prendere a pugni quel folle e farlo sbattere in carcere, ma non ci riusciva e arrabbiava con se stesso per quella sua debolezza. Non era un vigliacco, non lo era mai stato, perché allora non riusciva a muoversi? Perché l’unica reazione che poteva avere era quella di tremare?

Guardò Orochimaru leccare lascivo una guancia di Naruto e capì il motivo.

Era terrorizzato, non da lui come persona, da come un essere umano potesse fare certe cose ad un suo simile.

Come si poteva giocare con la vita delle persone a quel modo?

Come si poteva dormire in pace la notte?

Aveva paura ed era deluso di se stesso, perché chissà a quante altre persone aveva fatto quelle stesse identiche cose.

Quante persone aveva lasciato marcire nella loro “pazzia”, solo perché non si accorgeva che l’unico responsabile del loro stato era proprio chi doveva curarli?

Quante persone erano morte sotto i suoi occhi, perché si suicidavano? Credeva che fosse perché erano malati, con chi soffriva di schizofrenia, chi di allucinazioni e chi di depressione avanzata, invece…

Una lacrima scivolò sulla sua guancia. La frustrazione, il dolore, il risentimento verso se stessi, era talmente forte da rischiare di farlo impazzire e non riusciva a reagire.

Ci provava, ma i sentimenti e la paura, erano talmente forti da annullare qualsiasi comando che inviasse la cervello.

Orochimaru continuò a far vagare la mano sul corpo magro sotto di sé, tastando con audacia il ventre piatto, scendendo poi all’inguine sopito.

Dalle labbra di Naruto, che nel frattempo aveva ripreso a respirare quasi normalmente, uscì un sussurro, come una preghiera.

«Sasuke…»

Ghignò, guardando alternativamente la bambola umana ed il patetico uomo a terra.

«Iruka, sai chi è Sasuke?»

L’uomo in questione non rispose, ma Orochimaru sapeva che lo stava ascoltando.

«Sasuke-kun era il mio allievo, diciamo che gli facevo da insegnante privato. - Si leccò le labbra in un gesto ormai abituale. - Certamente, ne abbiamo fatte di lezioni private. Ricordo che quando era piccolo e ancora poteva giocare ai giardini pubblici, prestò uno suo tanti giocattoli al nostro caro Naruto, che lo prese come suo – e presumo anche unico – amico, a giudicare da quanto si avvinghiava a lui ogni giorno. Hanno passato un anno a giocare e anche Sasuke-kun gli si era infine affezionato, pur non lasciandolo intender chiaramente, ma questo non giovava i miei piani e così, sfruttando una sua influenza, ho iniziato a somministrargli degli psicofarmaci.»

Iruka rimase immobile, avvertendo un forte conato di vomito che premeva per uscire.

«Era… solo… un bambino…»

Riuscì a biascicare, mentre lo stomaco si contraeva sempre più forte, portandolo a piegarsi in avanti per rigettare la colazione.

Orochimaru rise cupo, continuando il suo racconto.

«Da allora, il nostro piccolo Naruto non l’ha più visto e, per chissà quale strano meccanismo dell’animo umano, lo cerca costantemente.» gli occhi brillarono di malizia e sadismo. «Non sapeva che Sasuke-kun era proprio vicino a lui, solo qualche stanza più in là.»

La mano del medico si ritrasse dalle parti intime inattive, avviandosi nuovamente verso il petto, prendendo tra le dita il capezzolo sinistro.

I suoi occhi si assottigliarono, mentre il ghigno perdeva forma, lasciando sul suo volto una piega dura ed amareggiata.

«Ti chiederai come sia stato possibile portarlo qui. Al padre non serviva, gli bastava il primogenito e quando gli dissi che il bambino era affetto da autismo, me lo consegnò in un piatto d’argento. Ovviamente, per insabbiare il fatto che si trovasse qui e non in una struttura specializzata, ho dovuto versare un’ingente somma di denaro a qualche politico di mia conoscenza, cose comuni. Con Naruto e con la maggior parte dei miei piccoli pazienti, non è neanche servita. Gli orfani contano meno di niente in questo mondo.»

Pensò appagato ai giorni passati con Sasuke, eppure, notò Iruka, ad un certo punto, dopo qualche attimo in cui regnava solo il silenzio, vide i suoi occhi assottigliarsi, mentre il ghigno perdeva forma, lasciando sul suo volto una piega dura ed amareggiata.

«Cos’è successo… poi? Dov’è Sasuke?»

Chiese in un moto di impressionante forza di volontà.

«Sfortunatamente, - asserì con voce delusa ed irritata. - Sasuke-kun non ha retto ai miei trattamenti ed in uno dei rari momenti di lucidità, proprio mentre avevo cominciato i primi esperimenti su Naruto, si tolse la vita. Riuscì a prendere, senza che me ne accorgessi sul momento, il bisturi che portavo sempre nel taschino del camice e così, si tagliò la gola.»

Strinse con rabbia il capezzolo, schiacciandolo tra l’indice ed il pollice, riuscendo a far emettere al giovane un urlo di dolore.

Orochimaru ghignò, vedendo gli occhi azzurri riempirsi di lacrime calde. Le leccò mentre scendevano sulle guance, assaporandone il sapore salato eppure così dolce per il suo palato.

Gustò fino in fondo le grida di Naruto, riscoprendo un’eccitazione che non provava da circa due anni, quando Sasuke si era suicidato, proprio il giorno del suo quindicesimo compleanno.

Sospirò soddisfatto, smettendo momentaneamente le sue attenzioni verso il ragazzo.

«Esatto Naruto, Sasuke-kun era proprio qui, vicino a te e non lo sapevi. Se fosse vivo, avrebbe la tua età. Che peccato… ma capiscimi Naruto, io amavo Sasuke-kun e non volevo assolutamente che morisse ma, se ti può consolare, anche lui sussurrava il tuo nome nel sonno.»

Si spostò da dietro Naruto, lasciandolo gridare ancora il suo dolore.

Elegantemente, prese da un comodino vicino una siringa. La stappò con cura, mentre con l’altra mano cercava una piccola boccetta nella credenza.

Trovandola, inserì il fine ago nel tappo di gomma, aspirandone velocemente il contenuto.

Verificato che la siringa funzionava alla perfezione, si diresse con un ghigno verso Iruka, che tentava in tutti i modi di muoversi, senza riuscirvi.

Si inginocchiò vicino a lui, prendendogli poi il braccio destro.

«Non riesci a muoverti. Colpa dell’incenso paralizzante, suppongo. Io e Naruto ne siamo immuni ormai, ma tu… Non agitarti, è solo un sedativo. Non è mia abitudine avere pazienti al di sopra dei vent’anni, ma per te farò un’eccezione.»

Sorrise lascivo, per riprendere il discorso come se si fosse appena ricordato una cosa fondamentale.

«Tanto perché tu lo sappia: le sue allucinazioni non sono del tutto irreali e la maggior parte delle persone che nomina esistono realmente, solo che non le conosce. Sono stato io ad accompagnarlo passo passo nella sua visione, costruendogli un mondo su misura per lui. Ho potuto così verificare che Naruto, in effetti, soffre di allucinazioni di suo, ma che lo avrebbero anche potuto portare all’epilessia, o in coma, in caso si fosse gravemente ferito mentalmente durante una sua allucinazione, come poi si è verificato cinque anni fa. I farmaci effettivamente gli sono utili, evitandogli gravi attacchi epilettici, ma questi contribuiscono alle allucinazioni, motivo per cui ho sperimentato l’elettroshock che, devo ammettere, non mi ha ancora soddisfatto completamente. Magari il voltaggio era troppo basso.»

Gli scostò dolcemente la manica del camice, portandola fin sopra l’avambraccio. Tastò con cura le piccole vene che si trovavano sotto la pelle, fortunatamente erano abbastanza in rilievo da poterle vedere senza problemi.

Puntò l’ago sulla pelle, rassicurando Iruka, che piangeva dandogli del pazzo sadico e dell’assassino, con voce melliflua e suadente.

«Sentirai solo un lieve bruciore.»

Iniettò velocemente il liquido, che si mischiò facilmente al sangue, iniziando ad andare in circolo per il corpo.

Tolse la siringa, buttandola celermente nel cestino, così da non essere più utilizzata.

Naruto urlava ancora, muovendosi sulla sedia come meglio poteva, cercando in ogni modo di liberarsi da quella costrizione. Se per uccidere Orochimaru o suicidarsi, non lo sapeva, ma il suo nome, urlato con quel dolore misto a rabbia, era il suono più bello che si potesse ascoltare.

«Eccezion fatta per altri tipi di gemiti di dolore.»

Pensò lussurioso, leccandosi le labbra come suo solito, ma prima di finire il suo esperimento con Naruto, guardò Iruka negli occhi, che iniziava ad avvertire gli effetti del medicinale.

«Penso tu l’abbia capito, ma Naruto ora è cosciente e probabilmente rimarrà tale. - ampliò il ghigno, slacciandosi lentamente la cintura dei pantaloni. - Almeno fino al prossimo esperimento

 

 

The End

Allora, grazie a tutti quelli che hanno letto e messo tra i preferiti/seguite, ma grazie principalmente a chi ha commentato, lasciando traccia del suo passaggio – che fa sempre piacere.

Un bacio,

Kei

Globulo Rosso: Ti ringrazio del commento e sono felice che la storia ti sia piaciuta. Penso che tratterò in altre storie la questione malattia mentale, mi è piaciuto °°.

Kagchan: Spero quindi di non averti delusa con questo ultimo capitolo ^^. Mi fa piacere sapere che segui le mie storie e grazie infinite del commento. Fammi sapere che ne pensi anche di questo ^^.

Karolalpha: Grazie! Spero vivamente che in questo capitolo ci siano i dovuti chiarimenti ^^. Il primo doveva essere in effetti confuso, in quanto è basato maggiormente dal punto di vista di Naruto e del suo problema e di conseguenza, scrivere di una mente confusa necessita di un capitolo confuso XD. Spero che ti sia piaciuta anche questa parte! ^^

Bravesoul: Grazie XD. Ne abbiamo già parlato in privata sede quindi non sto qui a riscrivere, spero solo che anche questo capitolo ti piaccia ù_ù. Grazie ancora del commento!

Note dell'autore: Umh, difficile dire qualcosa nelle note, praticamente dovrei riempire la pagina, ma vedrò di essere concisa. Allora, tutte le informazioni riguardanti la malattia di Naruto, sono inserite nella fan fiction; le ho prese da vari siti, quali: http://www.torrinomedica.it/farmaci/schedetecniche/Gabapentin_Teva_100mg.asp; http://it.wikipedia.org/wiki/Terapia_elettroconvulsivante; http://www.torrinomedica.it/studio/index; http://www.italiachiamaitalia.net/news/132/ARTICLE/13771/2009-08-21.html.
Questi sono la maggior parte dei siti che ho visitato, qualche licenza poetica è probabile che ci sia, ma non eccessivamente.

Prendo invece per un attimo le spiegazioni giapponesi, onde evitare problemi: “sama” è la particella onorifica che viene aggiunta dopo il nome/soprannome proprio; è più formale di “san” e letteralmente può essere tradotto con “venerabile”.
“Tomoe” il tomoe, per intenderci il segno maledetto del cielo di Orochimaru, è una raffigurazione astratta giapponese. Ho messo che somiglia a delle virgole ed in effetti è così anche in quest’arte, ma non so se in molti conoscono il termine, quindi l’ho messo.

Mi sembra non ci sia altro da dire, se non che viene praticato anche l’elettroshock, ma non viene mai detto, solo fatto intuire al lettore. Orochimaru è un po’ logorroico, ma il caso lo richiedeva così, poi non credo sia molto silenzioso, o meglio, se deve dare spiegazioni parla e molto anche (XD).
Ah, per finire, direi che ho scelto le allucinazioni come malattia, ma è un po’ contorta, spero solo di essere stata all’altezza della dovuta spiegazione. Purtroppo, in quindici pagine, non sono riuscita a fare come avrei voluto.
Un’ultima cosa: ho inserito gli “avvertimenti” anche se non erano segnati nello schema. Ho comunque preferito metterli. “AU” è tra virgolette per un motivo che si capirà nella storia, mentre “non per stomaci delicati” è perché, trattando di argomenti delicati e facilmente impressionabili per alcuni, è un avviso che andava inserito, a mio parere. Ci sono anche accenni alla pedofilia e molti sulla violenza fisica/psicologica, motivo che mi ha spinto molto ad alzare il rating. Non lo ritengo rosso, ma nemmeno sotto l’arancione. Il “Chidori” è maiuscolo perché è una tecnica e, in quanto tale, andrebbe messo così.
Spero di aver detto tutto.

 

   
 
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