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Autore: Ellie_x3    14/01/2010    1 recensioni
Sogni. Quando l'infinito si desta e dice al finito cosa deve essere.
Incubi. Quando paura, dolore e amore diventano un'unica cosa e anche il dettaglio più assurdo sembra importante. Quando tutto inizia a girare troppo velocemente.
Esseri umani, mezzo-demoni e demoni. Saranno poi così diverse le loro speranze nascoste? Nel momento di massima sincerità si manterranno anche le loro distanze?
Una serie di Shot totalmente sperimentali sui Sogni, una per ogni personaggio di Inuyasha.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: OOC, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Gelida Luce
Capitolo finale- Miroku
Sweet Night my love

Miroku non aveva mai lasciato che i suoi timori prendessero il sopravvento- Nemmeno nei sogni.
Miroku voleva solo lasciare il suono del vento fuori dalla sua mente -difficilmente ci riusciva.
Miroku non era tipo da lasciarsi irretire da un'illusione- a meno che non fosse una bella donna.
Quella notte, però, la paura fu troppa.
Anche per lui.

Miroku vedeva un bambino, tra le braccia di una madre meravigliosa: un bimbo appena nato che piangeva e si dibatteva nel kimono troppo grande in cui era avvolto.
Lo guardava e si diceva tutto fiero che era uguale a lui: stessi occhi, che aveva visto solo per un istante prima che il piccolo cominciasse a piangere forte, stesso ciuffo di capelli neri che -stando ai racconti di Mushin- aveva avuto anche lui.
La pelle chiara e delicata e i lineamenti dolci, però, erano della donna che lo teneva in braccio.
Sembrava non stancarsi mai di baciarlo, accarezzarlo, riempirlo di vezzeggiativi e giocattoli.
Sango- non più ragazza ma donna, non più guerriera ma madre- non gli era mai sembrata così fragile.
Forse era un bene, aveva detto Kaede tutta contenta di vederla così serena.
E lui non si era mai sentito così stupido: in una vita che sapeva di dover lasciare troppo presto si era permesso di avere dei rimpianti.
Qualcosa da perdere.
Qualcuno per il quale la sua morte sarebbe stata sinonimo di disperazione, che avrebbe pianto per lui per anni.
Forse per sempre.
Per questo non riusciva a essere pienamente felice; e come poteva, poi, vedendo un puntino nero sul palmo del neonato?
Un minuscolo foro del vento che, presto o tardi, l'avrebbe costretto a vagare in cerca di Naraku per ucciderlo.
Che pena si disse il monaco sapere già che tuo figlio sarà un assassino.
Lo era anche lui, in fin dei conti: demoni, certo, ma erano pur sempre creature.
Imperniare la propria vita sulla vendetta, anche se era sinonimo di sopravvivenza, gli procurava una sensazione sgradevole.
Mentre lo pensava non si accorgeva che gli anni passavano, il suo bambino era diventato un ragazzo ma lui non se ne era reso conto.
In un soffio tutto era cambiato: luoghi, persone e cose. Lui e Sango, però, non sembravano invecchiati.
Altre cose che passavano davanti ai suoi occhi, pur senza essere viste davvero.
E il tempo ticchettava.
L'unica cosa che sentiva il monaco era l'incessante tic tac che lo sperava dalla morte.
Ma sembrava sentirlo solo lui: ogni volta che lo guardava Sango sorrideva, a volte un po' sovrappensiero.
-Miroku.- la sentì dirgli, una sera, mentre uscivano dalla loro casa. Non aveva ricordo di altre notti passate con lei, se non una vaga accozzaglia di sensazioni che avrebbe dovuto provare. -C'è qualcosa che non va?-
Non se la sentì di rispondere, anche perché gli sembrava di non poter parlare: le labbra erano cucite: neanche il dolce e un po' preoccupato bacio della compagna le sciolsero; e il cervello non ne voleva sapere di formulare frasi sensate.
-Miroku, mi vuoi rispondere?- Insistette lei, tirandogli la manica del kimono.
Silenzio.
Avrebbe voluto dire qualcosa, stavolta: un semplice mi spiace, magari.
Perché era vero, gli dispiaceva molto di essere ancora lì a causare problemi e dolori a tutti.
Si riteneva un peso: tanto sarebbe morto lasciando in eredità a suo figlio nient'altro che una maledizione, che senso aveva vivere? E amare, poi.
Era stato tremendamente egoistico, da parte sua, impuntarsi e volerlo a tutti i costi:e anche se aveva l'amore di una donna stupenda e dolcissima non era stato abbastanza.
No, aveva voluto anche un figlio: doveva dirle di no. Dirle che sarebbe stato stupido dare alla luce una creatura destinata a morire prematuramente.
Come lui.
Ma la sua bocca era sigillata e Sango aveva le lacrime agli occhi.
Non riuscì a reagire nemmeno quando gli venne urlata contro tutta la sua inettitudine -come padre, come marito, come uomo. Forse, sì, anche come monaco: donnaiolo, arrogante, disonesto e poco serio-.
Non disse nulla alla donna che, guardandolo carica di rancore, lo rimproverava su tutta la sua vita.
Iniziava a pensare che avesse ragione: era stato un padre assente -anche se non ricordava particolari episodi di un passato che sembrava volato, sapeva che era così-, un marito infedele e un amico incostante per tutti quelli che avevano creduto in lui.
Li aveva delusi.
Sango era già sparita dalla sua vista, come trasportata dal vento per magia, e non c'era nulla per chilometri e chilometri davanti a lui: dietro le sue spalle la casa sembrava più vecchia che mai, mentre davanti gli alberi si erano spogliati delle loro chiome verdi in un istante.
Miroku sentiva che stava perdendo il controllo -del tempo, della sua vita e della sua mente.  Di tutto, semplicemente.
Una voce conosciuta -simile alla sua- lo fece voltare di scatto.
-Papà, ti voglio parlare. Ti devo parlare-
Suo figlio era un ragazzo dai lineamenti delicati della madre e in cui rivedeva i suoi stessi occhi azzurri e i medesimi capelli neri raccolti in un codino. Guardandolo si chiedeva come poteva essere nato qualcosa di tanto bello da qualcuno come lui -disilluso, abbattuto, sconfitto e che viveva in funzione della propria morte.
Annuì, incapace di pronunciare parola.
Forse era la sua punizione, pensò, per aver parlato troppo a sproposito.
Comunque fosse al monaco faceva paura non poter parlare e spiegare. Significava tenersi tutto dentro e stare in silenzio di fronte al mondo che girava e girava e girava; senza la possibilità di fermarlo.
Minimamente.
Il ragazzo gli stava davanti, a qualche metro, con espressione corrucciata.
-Hai lasciato la mamma sola. Lei è morta per colpa tua, sai?- Lo accusò, greve.
Ancora una volta Miroku non poteva né sapeva rispondere. Ma come, Sango era lì un istante prima proprio accanto a lui. Non poteva essere morta.
E poi...lui che abbandonava lei? Non scherziamo.
- E zia Kagome è rimasta uccisa perché non hai voluto aprire il tuo vortice. Per cosa, per paura?- di nuovo, lo accusava e non capiva a cosa si riferisse.   
Era proprio possibile che, per paura o per buonsenso, non avesse voluto salvare Kagome? E da cosa , poi?
Era assurdo.
Tutto quel discorso si stava rivelando privo di senso.
E le parole ancora gli sfuggivano, si nascondevano e non volevano saperne di venir fuori. Avrebbe voluto chiedere una spiegazione, ma con che voce?
Voleva scusarsi, ma con che parole?
E con che scuse?
Troppo, troppo. Era semplicemente tutto troppo veloce perché riuscisse a seguirlo con chiarezza.
Senza un buon motivo, senza una ragione né una logica a quello che era sicuro fosse suo figlio si sovrappose la figura di Kohaku, ancora ragazzino.
Forse perché non sapeva immaginarlo in altri modi.
- Miroku-sama, non avete protetto mia sorella.- e sorrideva con un sorriso nostalgico mentre lo diceva, un po' deluso ma con quell'espressione da "io lo sapevo".
Un istante dopo già erano gli occhi di Inu Yasha che lo guardavano carichi di rancore, traslucidi come quelli di uno spettro e vacui come quelli di una statua.
- Io mi ero fidato di te.-
e con quel suo solito tono rasposo, arrogante, era riuscito a fargli salire un nodo in gola.
Come se un batuffolo di cotone gli si fosse incastrato nella trachea e, raschiando, gli bloccasse la respirazione.
Ma InuYasha era già diventato Shippo che, con i lucciconi, gli rinfacciava un “noi ti volevamo bene”.
Anche lui ne voleva a loro, tanto.
Ne era convinto.
Perché allora non poteva rispondere? Con un singhiozzo al trattenuto, che gli scosse le spalle e produsse un brivido gelido, seguì silenzioso la parata di amici e nemici che gli si presentavano davanti possedendo e infestando il corpo del suo bambino.
I primi lo accusavano di averli traditi ricordando le sue mille promesse infrante, i secondi ridevano di lui e della stupidità di un monaco troppo egocentrico per guardare agli altri con obiettività.
Sì, forse lo era.
Con tutte quelle frasi infamanti se ne convinse persino lui.
E per ultima vide Sango, con i lunghi capelli castani fluttuanti in un vento inesistente e gli occhi spenti, che gli sorrise amaramente.
-Sai, Miroku...- cominciò. La sua voce era triste, delicata come una carezza, ma al monaco ogni parola sembrava uno schiaffo in piena faccia
- Io ti amavo. Davvero, non sto scherzando. Per questo ho sopportato le tue scappatelle, le tue battutine, tutti i tuoi comportamenti inopportuni. Ma ho sempre apprezzato il tuo coraggio...o almeno, quello apparente. Negli anni passati ho notato, sai, che usavi spesso il vortice per salvare tutti noi ed ero felice vedendoti così coraggioso. Mi dicevo: ecco, guardalo com'è fiero e bello mentre cerca di salvarci a costo della sua vita.- pausa, piccola e tragica pausa.
Come a teatro, Miroku si trovò costretto a sospirare con Sango e a prendere fiato insieme a lei, come un'immagine allo specchio.
Poi la ragazza continuò, gli occhi fieramente puntati sull'uomo -Ma poi ho capito: tu lo facevi perché, una volta arrivata la volta in cui saresti davvero morto per me -o forse per noi- eri convinto che saresti stato fermato. Che qualche altro sarebbe morto per te in memoria delle tante volte che avevi rischiato. Così è stato....qualcuno è morto e quello non eri tu. Perché avevi paura e nessuno ti biasimava. E tu lo sapevi, oh, lo sapevi di sicuro Miroku. Poi abbiamo avuto un figlio, di cui tu conoscevi il destino. Ma ancora non hai fiatato e, accondiscendente,  hai fatto tutto in modo che nessuno ti potesse far altro che compatire. Complimenti caro, davvero.”
Era stato un discorso...Miroku non l'avrebbe definito impietoso.
No, era stato crudele. Spietato. Stronzo.
Ma assolutamente vero: un ricalco perfetto di quell'evidenza che aveva sotterrato in notti insonni e giorni tormentati.
Dentro di sé però lo sapeva, e sapeva che Sango sapeva ma non parlava.
E il non poter parlare, se non altro per un ultima scusa o un lamento o un'imprecazione verso sé stesso, lo dilaniava: da dentro, come un coltello che gli bruciava conficcato nello stomaco.
Guardò in basso, incapace di sostenere lo sguardo vitreo e apatico della compagna -se ancora poteva chiamarla così.
Il fruscio ormai familiare del vento che proveniva dalla sua mano si fece più forte.
Prima che se ne accorgesse divenne un tuono, e poi un boato e in un lampo di luce non sentì più niente.
Non vide più niente. Nulla, a parte luce ovunque potesse guardare.
Rimase galleggiante, immobile, nel niente più totale per un istante, con l'ultima parola che Sango non aveva avuto il coraggio di pronunciare:
bugiardo.
E ipocrita.
E stupido.
E avrebbe potuto andare avanti così per altri secoli se, nel bianco della luce, non ne avesse intravista una dorata più calda.
Ospitale.
Il sole di un nuovo giorno -dove le tenebre non sarebbero arrivate.

Miroku era uscito da quel sogno -finalmente.
Ne era rimasto sconvolto, però- quelle non erano né più ne meno che tutte le sue paure.
Non aveva la pretesa di nasconderle al proprio animo- anche se avrebbe voluto.
Ma, come accade a tutti, una volta alzato e riaccolto nel calore del suo mondo, accolto e circondato dall'immutato amore di Sango e dall'affetto dei suoi amici, si dimenticò presto del suo non poter parlare e di tutto quello che poteva aspettarlo dietro l'angolo.
Abbassò la guardia.
Forse fu questo il primo, vero, unico errore del Monaco Miroku.


Note:

Ebbene Ragazzi e con questa si chiude il ciclo!
Mi spiace finirlo così però l'idea base era di basarlo sul gruppo di Inu Yasha e, visto che Shippo non ha paura di niente a parte Inu Yasha (xD), e che mi troverei in difficoltà a fare un sogno su Kirara ho deciso di chiudere qui.
Magari un giorno farò Gelida Luce 2 la vendetta con i cattivoni xDxD Che ne dite, vi andrebbe? *parla a nessuno*
Comunque l'ho fatto anche perchè ho una mezza idea per una nuova long, quindi vorrei concentrarmi su quella e su Vanilla.
Per quanto riguarda il sogno di Miroku mi sembra un pò il tipico clichè da sogno: tutti mi odiano e io mi detesto da solo. Lineare, no?
Però ho pensato che uno come il nostro Miroku -sempre così spavaldo- possa avere un animo fragile e poco stabile...magari con una bassissima autostima, come me *_*
Quindi ditemi cosa ne pensate *___* Visto che è l'ultima potete essere buoni, vero? ^(^_^)^
I ringraziamenti di dovere...
Dance of death: Carissima, io  amo le tue recensioni. Mi piace un sacco sapere quello che provi leggendo questi capitoli e ti sei fatta capire perfettamente, tranquilla. Anzi il capitolo su Sango l'ho scritto proprio mentre ero tristissima, non sto neanche a tediarti sul perchè che è meglio. Comunque non sei assolutamente pazza, anzi, trovo meraviglioso che tu abbia percepito quella tristezza che era mia intenzione mettere "di sfondo".
Chocola92: Grazie Grazie Grazie *___* Eh sono un pò in ritardo, ma tu mi perdoni, vero? xD
Kiriri93: O.O dei boni, cara, spero di non averti rovinato il sonno di bellezza! E ora scodellati quest'ultimo capitolo e dimmi com'è xD ma dormi, mi raccomando, che domani abbiamo latino O___O
Chandrajak: Telekei! *_* Beh, che dire...sei stata illuminante xD Alcuni passaggi erano un pò artificiosi, sì, però come hai notato volevo distanziarla un pò dalle Odi che ho scritto (e che non potrò mai pubblicare -.- maledetto blocco sulle opere della Rice!).
Ora tu mi dirai che questo cappy è assolutamente scontato e poggia su clichè orrendi. Vero, non posso che darti ragione. Però...boh, a me piace ù.ù *ora griderai al miracolo*
E con questo -ringraziando tutte le anime pie che hanno messo Gelida Luce tra le preferite e le seguite- mi ritiro nel mio angolino a fare gli origami.
Alla prossima xD
Elle


   
 
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