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Autore: TheOnlyRealBoss92    25/01/2010    9 recensioni
Personaggi fantasy inseriti in un contesto moderno e reale.
Demenzialità e comicità sono le padrone.
Dal secondo capitolo:
"Hai capito la principessa" fa una guardia all'altra con sorriso ebete. "Ha solo quindici anni e già corre la cavallina"
"Oh, scemo, quello è suo cugino!" gli risponde l'altra.
La prima sembra pensarci un po' quindi esclama: "Incesto!"
Genere: Generale, Avventura, Comico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Chapter Ten
N. A. Sono tornatooooo!! Scusate la lunga assenza, per cui un paio di aggiornamenti: Buon Nataleeeee!!! e anche Buon Annooooo!! Anche se in mostruoso ritardo xDxD.
Per prima cosa ringrazio as usual coloro che hanno recensito lo scorso capitolo (cari perchè state diminuendo??? Sob): Polz90, MrxBecKx (grazie per tutte e nove le recensioni xD), Sif (deaaaaaaar rieccomi dopo anni luce xD), Kikisummer (sii sempre così ispirata cara, mi riempi il cuore di gioia!!), Leonard91, Rosa Princess.
Ed ora il primo SPAZIO PUBBLICITA' vero e proprio!!!! (Le storie sono ordinate in ordine alfabetico):

Spazio Pubblicità
  1. Happy New Year! di Sif (http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=404627&i=1)
  2. Her Hidden Dark Side di EllyChan91 (http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=409914&i=1)
  3. Hunter's Life di Leonard 91 (http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=451359&i=1)
  4. The Prophecy di Kikisummer (http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=449176&i=1)

Chapter Ten
Hated, Lost, Found, Rejoined
 
“Sì, ok”
La ragazza guarda l’orologio. Alza gli occhi al cielo, spazientita.
“Va bene, ok, certo”
Lancia uno sguardo esasperato all’amica, che sorride per la sua faccia buffa.
“No, no”
La voce dall’altra parte del cellulare non la smette di blaterare. La ragazza cambia orecchio, e con la mano destra adesso libera apre lo zaino. Agguanta la sua fotocamera digitale nella borsa e comincia ad immortalare all’impazzata il paesaggio fuori dal finestrino.
“Certo, anch’io ti voglio bene mamma, ciao, un bacione”
Preme il pulsante che pone fine alla chiamata.
“Mamma mia, sarà la ventesima volta che mi chiama da quando siamo partiti!”
“Magari avessi una madre così protettiva nei miei confronti” fa l’altra ragazza. Afferra una ciocca dei suoi capelli neri scalati e la annusa. “L’ho dovuta chiamare io una volta scesi dall’aeroporto.
La prima, boccoli biondi ed occhi verdi, le sorride comprensiva.
“Su, avanti Maddalena, facciamoci una bella foto insieme! Dì paella
“Che fine ha fatto il vecchio cheese?”
“Nah, En espaniol es mucho mejor!“
Le due ragazze ridacchiano.
Qualcosa tira un ricciolo biondo. La ragazza alza gli occhi. Un sorriso beffardo troneggia su di lei.
“Elias, piantala! Già ho dei capelli abbastanza osceni senza che tu peggiori la situazione!”
“Oh, andiamo Michelle, rilassati. Non essere acida. Siamo in gita!”
E detto questo il ragazzo sparisce dalla visuale, andando in fondo al pulmino per scherzare con i suoi amici.
“È cotto di te” sussurra Maddalena con aria di chi la sa lunga.
“Macchè!” Michelle scuote la testa sorridendo.
In quella, il professore di inglese si alza in piedi e richiama l’attenzione.
Senores e senoritas, siamo in arrivo alla nostra meta: Pinksea! Next stop: Pinksea!” conclude imitando gli speaker delle ferrovie.
Tutti ridono, al ricordo del viaggio in treno verso Caracas.
 
“Madda, vieni a vedere il terrazzo! È stupendo!”
La ragazza dai capelli corvini raggiunge la sua amica ed entrambe si soffermano ad ammirare l’orizzonte. Il sole, già per metà dentro il mare, si accinge a sprofondare sempre più. I suoi raggi caldi arrossiscono le piccole onde del placido oceano. Il cielo è di una bella tonalità di arancione. Le due ragazze sospirano, estasiate da quella vista.
Sotto di loro, parallele alla lunga fila di alberghi, le immense spiagge rosa, celeberrime in tutto il mondo.
“Come avrei voglia di fare un bagno” mormora Michelle.
“Concordo. Sebbene sia solo Aprile, quel blu cristallino è così invitante…” prosegue l’amica con aria sognante.
La suoneria di un cellulare rompe tutta la magia.
“Possibile che mia madre debba sempre rovinare questi momenti?” commenta Michelle stizzita.

Sala da ballo dell’albergo.

“Luegones! Luegones! Luegones!” gli studenti incoraggiano il professore a gran voce e battendo le mani.
“Ok, ok, se proprio insistete, canterò una canzone!” esclama l’uomo, fiero.
“Sììììììì!” un boato esplode dai ragazzi.
I want to break free, I want to break free from your lies, youre so self satisfied I dont need you, God knows, God knows I want to break free…
 
***
 
Caldo.
Il sole è alto nel cielo.
Una sottile brezza scompiglia i capelli degli sfidanti.
Quattro ragazzi da un lato, tre fanciulle ed un suino cornuto dall’altro.
Si guardano in cagnesco.
Qualche goccia di sudore imperla le loro fronti.
Sono tutti concentrati sul loro obiettivo: un fazzoletto di seta azzurro.
“Numero…” urla la voce di Ezius, sorreggendo il pezzo di stoffa e lanciando occhiate divertite alle due opposte fazioni.
“Due!”
Hellen ed Edward scattano. Il mago è il primo a raggiungere il fazzoletto, ma la principessa è subito dietro. Entrambi si fissano, con un sorriso di sfida. Lanciano occhiate al loro obiettivo, aspettando il momento propizio per conquistarlo e scappare via senza farsi toccare.
“Oh, no, l’Uniporco sta male!”
Hellen gira lo sguardo preoccupata. Elle grugnisce contento.
Edward, rapido, afferra il fazzoletto e fugge via, trionfante.
I ragazzi festeggiano.
“Ma no, Hellen, era una trappola!” le fa Emerald.
Orazius passa con un cartello in mano con su scritto: Round Uno. Boys 1 – Girls 0.
“Ai vostri posti” richiama Ezius.
Si fa ridare il pezzo di stoffa da Edward e lo stende di nuovo a metà strada tra i contendenti.
“Numero…”
Tutti si guardano tesi.
“Tre!”
Leonard e Casey partono in quarta. Agile e scattante, l’elfa raggiunge per prima il fazzoletto e fugge via rapida.
“Vai, Leo, prendila!”
Il cavaliere di draghi comincia ad inseguirla per impedirle di fuggire. Compie un balzo quasi felino e allunga una mano verso l’elfa, con lo scopo di sfiorarle la schiena.
Puff! Cade sulla sabbia con un rumore sordo.
“Ahia” mormora, deluso.
“Sììì!” Casey saltella allegra e le ragazze festeggiano con lei.
Orazius mostra il suo cartello. La situazione è di assoluta parità.
“Numero…” scandisce Ezius, una volta che i contendenti hanno ripreso le loro postazioni.
“Uno!”
Paul ed Emerald partono in quarta. La vampira giunge per prima, ma aspetta il suo compagno. Le due paia di iridi di diverse tonalità di verde si studiano beffarde.
“Amore” esordisce la vampira zuccherosa. “Hai una scarpa slacciata!”
“Ho i sandali, Emerald” sorride Paul.
Si muovono a scatti per ingannare l’avversario.
Paul assume una faccia indignata.
“Perché non hai intonato le tue infradito con gli orecchini?”
Emerald si guarda confusa i piedi. Paul, rapido, afferra il fazzoletto e scappa via.
“Sììì!” i ragazzi danno pacche gioiose sulla schiena del vincitore.
“No, stiamo perdendo!” esclama Casey.
Infatti Orazius mostra il risultato: Boys 2 – Girls 1.
“Visto che questa è l’ultima sfida, darà due punti alla squadra che agguanterà per prima il fazzoletto. Tutto chiaro?” spiega Ezius con tono pratico.
I ragazzi e le ragazze annuiscono. Il messaggio, non poi così implicito, è semplice: chi vince questa manche vince la competizione.
“Numero…” Ezius lascia alla suspense il tempo di rendere l’aria più tesa.
“Quattro!”
Xander e Elle l’Uniporco scattano.
Le due fazioni fanno un tifo sfegatato, una parte per il ragazzo, l’altra per la tenera bestiola.
“Ti farò mangiare la polvere!” esclama Xander sicuro di sé.
“Oink!” è la risposta furente del suino.
I due giungono davanti all’ambito premio.
“Guarda! Una confezione di prosciutti volante! Non saluti i tuoi parenti?”
E mentre addita un punto indefinito nel cielo, l’Uniporco, scaltro, fa un balzo e con la boccuccia adiposa afferra la stoffa azzurra e fugge via a perdifiato.
“Doh!” esclama Xander, fregato.
“Evvai!” le ragazze saltellano allegre attorno alla creatura che le ha fatte vincere.
Paul, Leonard e Edward si massaggiano i polsi, furenti, e si avvicinano arrabbiati a Xander.
“Ci hai fatto perdere contro delle ragazze. Che umiliazione!”
Benché tutti siano a conoscenza del risultato finale, Orazius alza nel cielo il suo cartellone, che adesso reca la scritta: Boys 2 – Girls 3. Girls winners, boys losers!
 
***
 
“E questa è la statua del più grande condottiero peruviano che ha colonizzato quest’area. Spero siate tutti a conoscenza del fatto che gli spagnoli furono i primi ad insediarsi in questa zona, vero?” chiede la guida esperta, additando un’imponente statua di un uomo baffuto e dai tratti sudamericani.
Michelle fotografa all’impazzata tutti gli edifici della piazza, quindi si concentra sugli adolescenti della città.
“Mica male, eh?”
“Ma cosa? La statua?” chiede Maddalena scettica.
“Macchè! La fauna di quest’isola!”
La mora dà un’occhiata attorno.
“Mah, preferisco i venezuelani”
“Bene, la prossima tappa sarà la Chiesa di San Venceslao di Pinksea, da questa parte ragazzi, seguitemi e non disperdetevi”
“Che noia!” sussurra una voce nell’orecchio di Michelle, mentre la scolaresca avanza alle spalle della guida indigena.
La ragazza si volta. Elias le sorride radioso.
“Oh, sei solo tu!”
“Ehi, chi ti aspettavi, il principe azzurro?”
“Magari! Mi porterebbe via da questo noiosissimo tour della città. Mi porterebbe a vedere le spiagge rosa, altroché. Quelle sì che sono degne di essere immortalate!”
“Bè, ti ci posso portare io” mormora Elias sul vago, con sguardo sicuro di sé.
Michelle lo guarda incerta.
“Come si fa con Luegones e Mr. Aburrido?”
“Ma figurati se si accorgono della nostra assenza! Hanno lo stesso spirito di osservazione di una talpa”
Michelle sembra pensarci un attimo.
“Mi hai convinto! Andiamo! Maddalena?”
“Lasciala lì dov’è, voglio stare da solo con te”
 
“Oh, questo posto è bellissimo”
Michelle, le scarpe in una mano, cammina a piedi nudi sulla sabbia chiara. Si diverte a lasciare delle orme.
“Quando la gente verrà a mare quest’estate potrà ammirare le orme dei miei bellissimi piedini”
“Mentre io a Maracaibo potrò ammirare la bellissima proprietaria di queste impronte”
Elias stringe la ragazza a sé.
Met you by surprise, I didnt realize that my life would change forever…
Michelle si lascia trasportare dal ragazzo, assuefatta dal tepore del sole mattutino.
“Guarda l’acqua, è bellissima!”
Si avvicinano alle piccole onde del mare. La ragazza immerge i suoi piedi nell’acqua limpida.
“Brr, è anche gelida!”
Elias abbraccia la ragazza.
“Cosa vuoi fare adesso, piccola?”
Attende speranzoso la risposta.
“Mmh, una bella foto per immortalare questo momento?”
“Agli ordini, signorina!”
Michelle ride. Con lo sguardo cerca altre presenze umane lungo l’infinita spiaggia.
A poca distanza da loro, un gruppo di ragazzi è sdraiato su degli asciugamani. Sono tutti intenti a godersi il bel sole.
I due venezuelani si avvicinano alla comitiva.
“Salve ragazzi, ci potreste fare una foto? Magari con questo bel mare come sfondo”
“Avete parlato di foto?” Hellen salta su entusiasta. “Se volete vi faccio un set completo!”
Tutti ridacchiano.
La principessa si impossessa della macchina digitale della ragazza e mette a fuoco la coppia. Elias si sporge per poggiare le labbra sulla guancia di Michelle.
Dopo due o tre scatti Hellen mette lo zoom, e si blocca improvvisamente. Quella tonalità di verde le sembra così familiare. E anche i tratti somatici, ma non riesce a collegarli a nessuno delle persone che conosce.
Si scrolla di dosso quei pensieri con un sorriso e continua con i suoi scatti.
“Grazie mille” la proprietaria della digitale riprende il suo oggetto dalle mani di Hellen e si presenta.
“Sono Michelle e lui è Elias”
Dal canto suo la principessa comincia a presentare tutti i suoi amici.
Un grugnito annuncia che qualcuno nell’elenco è stato dimenticato.
Michelle si gira verso la fonte del rumore.
“Ma che carino! Che cos’è?”
Si avvicina alla creatura e ne accarezza la rosea testolina.
“È un Uniporco. Non è adorabile?”
“Oh, sì, voglio una foto con lui!”
“Subito!”
 
Concluso anche il secondo set fotografico, Michelle si accascia su uno degli asciugamani.
“Fai pure!” esclama Paul ironico, inarcando un sopracciglio.
Xander ed Hellen incollano lo sguardo sui due, quindi si scambiano un’occhiata. Stanno pensando la stessa cosa. E non sono i soli.
“State un attimo fermi” intima Emerald ai due.
Paul e Michelle la guardano. Stessi occhi, stessi zigomi, stesso taglio di labbra.
“Avete mai sentito parlare dei sosia?”
I due “sosia” si scrutano l’un l’altro, quindi scuotono la testa, non molto convinti.
Tutti li guardano, stupiti dall’evidente somiglianza. Le uniche due differenze consistono nell’età e nella carnagione: bruna ed abbronzata nel caso di Michelle, pallida e cadaverica quella del guerriero.
I due rimangono a fissarsi, di nuovo.
“Nah!” esclamano infine.
Tutti ridacchiano.
“Di dove siete? “ chiede Casey.
“Maracaibo”
Maracaibo, mare forza nove, fuggire sì ma dove, zà, zà!” canticchiano Xander ed Edward, uno più stonato dell’altro, provocando le risa degli amici.
Elias inarca un sopracciglio, lanciando ripetute occhiate all’orologio.
 
Gli spagnoli salutano il resto della comitiva, la principessa riceve in dono anche due baci sulla guancia per la sua disponibilità.
Una volta allontanati, Elias torna ad abbracciare la ragazza dai boccoli d’oro.
“Come facciamo a tornare indietro?”
“Tranquilla, abbiamo ancora tempo”
“E se ci scoprono?”
“Ritorneremo in albergo prima di loro e diremo che, dato che ci eravamo persi, siamo tornati molto diligentemente in hotel da soli ad aspettarli”
“Sei un genio, Eli!”
“Lo so!”
“E ora dove stiamo andando?”
“Ti farò provare un’esperienza indimenticabile prima di andare via. Avrai un bellissimo ricordo di questa gita, te lo assicuro”
Michelle sorride, a suo agio, e si lascia condurre fiduciosa dal ragazzo.
Dreams are my reality, a different kind of real fantasy, illusions are a common thing, I try to live in dreams, although its only fantasy…
 
***
 
“È una delle cose più belle che abbia mai visto!”
Becco chiaro, sguardo altero, candido piumaggio e possenti ali brune, congiunte da un torso leonino a vigorose zampe equine e ad una coda argentea. L’Ippogrifo, possente e statuario, passeggia con sguardo regale e con magnificenza. Come lui, altre creature simili brucano all’interno dell’ampio recinto.
“Ti va di cavalcarne uno?” chiede Elias, la voce piena di dolcezza.
“Ma non sarà pericoloso?”
“Saliremo su dei piccoli Ippogrifi, non sono più alti di un metro. Fingi di essere su un pony volante”
Il ragazzo si rivolge all’uomo che possiede le splendide e fiere creature.
“Quanto costa il noleggio dei cuccioli?”
L’uomo sbatte le palpebre ripetutamente.
“75 kine all’ora a testa, ma bisogna essere maggiorenni, fanciullo”
“Ho già sedici anni!” Elias gonfia il petto. Michelle ridacchia per la bugia dell’amico.
“Risposta sbagliata!” il possidente degli Ippogrifi mostra un sorriso sdentato. “In quest’isola bisogna avere ventuno anni per essere maturi, e ti posso assicurare che tu sei lontano anni luce da questo aggettivo”
Il ragazzo mostra una banconota, così leggera e così potente.
“500 kine per me e la mia dama bastano? Staremo in volo giusto tre quarti d’ora, poi dobbiamo letteralmente volare in albergo”
L’uomo strabuzza gli occhi.
“M-mi raccomando, che rimanga tra noi… avanti, svelti, i più piccoli sono in quella stalla laggiù, seguitemi”
Elias sorride sfacciato a Michelle.
Questo è uno degli infiniti vantaggi di essere il figlio del dirigente della più proficua catena di supermercati venezuelana.
 
***
 
“Dove diavolo si sono cacciati?” ansima Maddalena.
Sta correndo lungo la spiaggia, inquieta. Il professore e tutta la scolaresca stanno tornando in albergo anticipatamente, perché un ragazzo si è sentito male. Ovviamente nessuno si è accorto dell’assenza di due – ora tre – membri della classe, ma deve avvertirli, prima che sia troppo tardi.
“Sara il caso di chiedere indicazioni!”
E rallenta, stanca. Cammina tenendosi le mani sui fianchi.
“Michelle mi deve un favore, un enorme favore!”
 
Paul cammina lungo la spiaggia, da solo.
Uno strano sentimento, rassomigliante alla speranza, gli invade il cuore. Ma non osa crederci.
Non può certo ignorare la stupefacente somiglianza con Michelle, ma c’è anche un altro dettaglio che complica le cose. Maracaibo. Afron è nata lì. O meglio, era. Lei è morta nell’incendio di Andselv. È anche solo lontanamente possibile che sia sopravvissuta e sia tornata, con una creatura in grembo, nel suo paese d’origine?
Paul scuote la testa. Tutto ciò è assurdo.
Eppure, anche l’età non è improbabile. Paul cerca la discrasia tra i dati che ha. La ragazza va in terza media. Ciò implica che è nata nel 1994. L’incendio di Andselv risale al Natale 93.
Il cuore di Paul si fa pesante. Ma sì, anche la fissa di Afron per la Francia e tutto ciò che riguardava questa nazione, nomi propri di persona con accento sull’ultima sillaba compresi.
E se fosse davvero così? Se Afron fosse davvero sopravvissuta?
Deve assolutamente parlarne con quella ragazza. Ha una lista infinita di domande da porle.
Ma dove si sarà cacciata?
“Scusa, hai per caso visto una ragazza alta più o meno così con voluminosi boccoli biondi e occhi verdi?”
Paul dirige lo sguardo verso la ragazza che ha parlato. I suoi occhi sono inespressivi.
“Ehi, ci sei? Perché mi guardi così?” la moretta gli sventola una mano sotto il naso.
“Eh, sì, scusa. Sto cercando anch’io Michelle”
Maddalena è sorpresa.
“Davvero? E tu chi saresti per lei? Un amico?”
“Non ne ho assolutamente idea!”
“Perfetto! Sei la persona adatta ad accompagnarmi nelle mie ricerche!”
 
***
 
Vola con quanto fiato in gola la luce ti innamora e l’Ippogrifo vola nel cielo vola.
“Yuuuhuuu! È bellissimo!” Michelle allarga le mani, incurante del serio pericolo in cui si trova.
Lascia che il vento le sferzi il volto.
Elias, saldamente ancorato al piumaggio del suo baby Ippogrifo la guarda terrorizzato.
“Non essere idiota e tieniti stretta al tuo destriero, Miky!”
“Oh, andiamo, cosa vuoi che succeda? Non stiamo volando mica tanto alto!”
Elias guarda in basso. La stalla dell’uomo sdentato è solo un puntino lontano, le spiagge una linea rosa con delle imperfezioni. Deglutisce.
 
“Ma guarda quell’incosciente!” Paul addita un punto nel cielo. Due Ippogrifi si librano nell’aria, uno in particolare in modo scomposto e con movimenti troppo fulminei e vacillanti.
“Come fai a sapere che sono loro?” chiede Maddalena al suo fianco, sorpresa.
“Lo so e basta. Andiamo!”
E i due iniziano a correre verso la stalla.
 
La voce lamentosa del professore non fa altro che parlare e parlare.
Michelle disegna stancamente sul diario, prestando attenzione solo a tratti alla spiegazione.
“A Creta il re Minosse aveva chiesto a Dedalo di costruire un labirinto per il Minotauro. Concluso il lavoro, conoscendone l’intricata struttura, a Dedalo e il figlio Icaro fu preclusa ogni via di fuga dall’isola da parte di Minosse, che temeva che ne fossero svelati i segreti. Per scappare, Dedalo costruì delle ali con delle penne e le attaccò ai loro corpi con della cera. Il padre mantenne una traiettoria di volo a metà tra il sole, che col suo calore avrebbe sciolto la cera, e le onde impetuose del mare. Al contrario, Icaro, avvinto dall’ebbrezza del volo, saliva su e giù nel cielo incurante del pericolo. Ma la tragedia tanto temuta da Dedalo avvenne: Icaro si avvicinò troppo al sole, la cera che lo teneva legato alle sue ali si sciolse e lui precipitò, con un urlo infinito, nel mare blu, e non uscì più vivo dal regno di Poseidone”
 
***
 
“Guardami! Con una mano sola!” esclama Michelle, al settimo cielo.
“Sul serio, sarei molto più a mio agio se tu ti tenessi con entrambe le mani” le fa eco Elias, con buonsenso e una nota di terrore nella voce.
“Ed ora, senza mani!” la ragazza solleva anche l’altra. “Vuoi che mi alzi in piedi?”
“Assolutamente no! Stai ferma dove sei!”
Michelle, incurante dei consigli del ragazzo, induce l’animale a ruotare su se stesso. L’Ippogrifo vortica in modo pauroso e perde parecchi metri.
Elias ha un tuffo al cuore, cerca disperatamente con lo sguardo Michelle.
Ma ella ricompare all’improvviso, più allegra che mai.
“È stato favoloso! Su, non fare il vecchio e divertiti un po’!”
“Michelle, stai attenta!”
La voce imperiosa non è quella di Elias. La ragazza si volta verso il suo reale proprietario.
Paul, a cavallo di un piccolo Ippogrifo, li ha raggiunti, seguito a ruota da Maddalena, palesemente affaticata. Il primo rivolge uno sguardo severo all’incosciente bionda.
“Oh, non ti ci mettere anche tu!”
“Michelle, ora ritorniamo indietro”
“Questo è fuori discussione, mi sto divertendo come una matta!”
“Miky” la voce di Maddalena è supplicante. “Ti prego, Luegones e gli altri stanno ritornando in albergo…”
“Ma perché tutti volete impedirmi di essere me stessa? Tornerò indietro quando non vorrò più stare qua a dondolarmi nel cielo!”
“Non fare la bambina e vieni con me, prima che ti tiri un ceffone!” il tono di Paul è duro.
“Ma chi diavolo sei tu per darmi ordini?” chiede Michelle sconvolta.
“Tuo fratello, Marianne!”
“Come mi hai chiamato?”
Succede tutto in un attimo.
Michelle stringe le piume dell’Ippogrifo per la sorpresa, la creatura si issa compiendo un’ampia parabolica e la ragazza viene sbalzata via dalla sella piumosa.
“AAAAHHHH!”
Con un urlo lacerante precipita sempre più giù, diretta verso l’oceano.
“Michelle!” urla Paul, e sprona il suo Ippogrifo a planare verso la figura in caduta libera.
Ma è troppo tardi.
Michelle cade in acqua.
 
“Marianne, vuoi stare attenta?”
Helga, intenta a prestare attenzione alla guida, richiama la sua bambina, che cammina sul bordo tra il cemento e la laguna.
Sono a Venezia e il sole risplende sulle cupole di San Marco. L’ultima gita che Hubert e Helga hanno passato assieme a tutta la famiglia.
Marianne, come se non avesse sentito, continua a camminare imperterrita, troppo vicina all’acqua della laguna.
Un passo falso e… oops!
“Marianne!” urla Helga, stridula.
Ma Paul era lì, a pochi centimetri dalla sorellina, ad assolvere al compito di stretta sorveglianza che spettava ai suoi genitori.
L’undicenne afferra rapido la bimba di due anni con presa salda, prima che essa possa toccare l’acqua.
 
Ma questa volta non è stato così.
Sua sorella l’acqua l’ha toccata, eccome.
Sarà difficile dimenticare l’espressione di sorpresa mista a terrore sul volto della sua ritrovata sorella.
Paul si lancia dall’Ippogrifo e con un tuffo vigoroso si immerge sott’acqua.
Volge la testa a destra e a sinistra e dilata gli occhi per avere una visuale più ampia possibile.
Eccola, è indistinguibile. La figura sta affondando lentamente, priva di sensi, inghiottita dal blu sempre più scuro dell’oceano.
Paul nuota, veloce e aggraziato. Gli anni passati a convivere e comunicare con la natura non sono stati inutili. I suoi polmoni soffrono poco l’assenza di ossigeno, al contrario di Michelle.
La raggiunge rapidamente e la agguanta per il bacino.
Cerca di riemergere in superficie, ma la zavorra lo rallenta molto.
Il naso e i polmoni cominciano a bruciare. Le orecchie sembrano chiudersi. Il non sentire Michelle respirare non lo aiuta. Si sente affaticato.
Ma alla fine… luce. I raggi di sole lo colpiscono in volto. Nuota senza fermarsi, sfruttando le onde, con una mano. L’altra stringe saldamente la sorella.
Guarda verso la costa, la distesa di sabbia rosa non è lontana. Ce la può fare.
Ce la deve fare.
 
***
 
“Si riprenderà?” chiede Casey triste.
Una piccola folla ha lo sguardo posato su una figura dormiente su di un letto bianco. È avvolta da lenzuola dello stesso colore e numerosi tubi la collegano a strani macchinari.
Paul, seduto accanto a lei, annuisce.
“Deve. Ho già perso abbastanza fratelli, non posso lasciare andar via anche l’ultima che mi è rimasta”
“Ma sei sicuro che sia tua sorella?” chiede Leonard.
“Non ne ho la certezza, ma me lo sento”
Paul non distoglie lo sguardo dalla ragazza.
“Se solo fossi intervenuto prima…” mormora, duro.
“Non dire sciocchezze, amore, è merito tuo se ora tua sorella è ancora viva” la vampira stringe le spalle del guerriero.
Dalla parte opposta, Elias e Maddalena piangono, mentre il professor Luegones osserva il dottore visitare la paziente. Nessuno sembra aver ascoltato una sola parola del dialogo.
 
I primi raggi di sole illuminano la stanza d’ospedale.
Paul non ha chiuso occhio neanche per un minuto.
Si sente indolenzito ma non gli importa.
La porta della stanza si apre.
“Oh, pensavo non ci fosse nessuno”
Paul inarca un sopracciglio. Elias prende posto accanto al letto sul quale è stesa Michelle.
“Nulla di nuovo?”
Paul scuote la testa.
“Non capisco cosa le sia saltato in mente…” mormora Paul tra sé e sé. “Perché fare una cosa così pericolosa? Possibile che sia così incosciente?”
Elias tossicchia, a disagio. Il guerriero alza gli occhi verso di lui.
“Ecco, non è stata proprio un’idea di Michelle, quella degli Ippogrifi…”
Paul dilata gli occhi, poi assume un’aria pensierosa. Sospira rassegnato, non è più in grado di arrabbiarsi. Non è più in grado di provare alcuna emozione.
“Da quanto tempo è che conosci Michelle?”
“Oh, una vita, abbiamo fatto asilo, elementari e medie insieme. Frequenteremo anche lo stesso liceo”
Paul sorride.
“Parlami di lei”
“Come hai detto?”
“Raccontami qualcosa sul suo conto, sui suoi genitori, su qualche evento degno di nota della vostra infanzia”
Questa volta è Elias a sorridere.
“Mia zia è molto simpatica, anche se è un po’ oppressiva a volte. Ma ogni volta che vado a mangiare da lei fa dei dolci squisiti”
“È la mamma di Michelle?”
“Sì, la chiamo zia perché la conosco da quando sono nato, ma non c’è nessun legame di parentela”
“E qual è il suo nome?”
“Afron Dominguez”
Paul sorride. Ne era certo.
“E che mi dici del padre?”
“Michelle non lo ha mai conosciuto. So soltanto che è morto prima ancora che nascesse, ma non so neanche il suo nome”
Una volta sciolto, Elias si lancia in un ripasso di tutti i ricordi più belli passati in compagnia di Michelle, un excursus che va dal loro primo “ciao” all’asilo, al primo dente da latte caduto, a tutte le volte che si sono sporcati il grembiule alla mensa della scuola alle elementari, alle prime esplosioni di pubertà e ai primi fidanzati delle medie.
Paul si lascia trasportare dal suo racconto, cerca di rivivere tutte le esperienze che non ha potuto osservare in prima persona, e i suoi occhi si fanno sempre più lucidi.
Elias aggiunge sempre dettagli, entra in una sorta di intimità con quel suo confidente tanto interessato alla sua migliore amica, fino ad esplicitargli candidamente la sua cotta segreta per lei.
Il venezuelano abbandona l’ospedale solo all’ora di pranzo, lasciando Paul solo con Michelle.
 
***
 
È stato un sogno bellissimo.
Un uomo dai suoi stessi occhi verdi e la pelle chiara le diceva che era troppo presto per lei. Aveva ancora tante cose da vedere, sentire e provare in vita. Non era ancora tempo per lei di raggiungerlo e fargli compagnia in quello strano posto bianco, sfocato, atemporale.
Sì, è stato un sogno indimenticabile.
Socchiude gli occhi lentamente, e la luce comincia a colpire le sue iridi. Li richiude subito. Non è facile abituarsi a ciò a cui non si è avvezzi da tempo.
Ha un lieve mal di testa. Sembra che abbia dormito per anni.
Apre gli occhi nuovamente, questa volta con un po’ più di coraggio. Di fronte a lei, una parete bianca.
Prova a compiere un qualsiasi momento invano. Si accorge con orrore dei tubicini che la legano ai macchinari.
Un leggero russare alla sua sinistra. Gira lievemente la testa, incurante del dolore alla nuca.
È il ragazzo che ha conosciuto in spiaggia, ma non si ricorda il suo nome. A dire il vero, non riesce a ricordare nulla, neanche il perché lei sia stesa su quel letto d’ospedale.
La porta si apre di scatto e una figura irrompe nella sala. Non fa il tempo a girare il viso che si ritrova nella morsa di un abbraccio stritolatore. Delle gocce calde le colpiscono le gote.
“Oh, Michelle… non sai che ansia… ho preso il primo aereo… ho subito pensato al peggio… i dottori mi avevano detto che eri in coma… e invece sei sveglia, piccola mia!”
“Mamma, mi stai facendo male!”
Afron si discosta dalla figlia, senza abbandonare le sue guance.
“Scusa, tesoro!”
“Mi sono appena svegliata. Ma perché sono qui? Che è successo?”
“Non importa, non importa, l’importante è che tu sia viva, è tutto finito, tutto finito…” continua a borbottare la donna, piangendo lacrime di gioia. Si volta per una frazione di secondo verso la finestra per poi ritornare ad osservare la figlia.
Un momento… Afron si gira di nuovo, incredula.
Paul è sveglio – la brusca entrata in scena della madre ansiosa non era stata silenziosa – e ha la bocca lievemente schiusa per la sorpresa.
Stessi occhi scuri, stessa carnagione così familiare trasmessa alla figlia, capelli meno lucenti, labbra meno attraenti, i segni del tempo più incisivi nel suo volto di quarantenne.
Ma è lei, la sua matrigna.
Non si accorge delle lacrime che segnano solchi profondi sulle sue guance, non si accorge che il suo cuore ha iniziato a martellargli nel petto, non si rende conto di essersi alzato ed essersi avvicinato ad Afron, realizza solo di stringere tra le sue braccia la donna che aveva odiato quattordici anni addietro, che aveva creduto morta e che era resuscitata, non si sa come, non si sa perché. E mentre lui perdeva tutti i suoi fratelli, lei ha lenito il dolore con il miracolo più bello, quello della nascita, il miracolo della vita. Ha trovato la ragione di vivere che lui non è riuscito a trovare, distrutto dal dolore. Si è ritrovata tra le mani un motivo per cui combattere, credendo perduto suo marito e tutti i figli non suoi. Tutto l’odio, tutta la tristezza, tutto il dolore, svaniscono così, in un unico, lunghissimo, intenso abbraccio. Certo, il ricordo rimarrà per sempre, ma è più facile reggere quel fardello in tre, uniti, che divisi e lontani.
Parallelamente, Michelle riacquista la memoria, e si osserva, da un’altra prospettiva, nella sua stoltezza, nella sua fanciullaggine. Ricorda la rivelazione del fratello, la somiglianza che aveva sottovalutato, il racconto malinconico della mamma su suo padre e sui suoi fratelli, creduti tutti svaniti in quel rogo natalizio.
Un minuto, dieci, mezz’ora, chi può dirlo?
Nessuno dice una parola, ma i tre personaggi comprendono tutto. Non ci sono segreti in quel momento di intimità così forte, in quella silenziosa comunicazione a tre voci, in quelle lacrime che sembrano non finire più, celate dietro anni e anni di rassegnata sofferenza mai placata.
E poi, molto banalmente, così come era iniziato, tutto si interrompe.
Il dottore entra nella stanza e chiede di parlare con la madre. La donna non guarda ne la figlia ne il figliastro ed esce dalla stanza, ancora singhiozzando e tirando su col naso.
Paul e Michelle si guardano e restaurano subito la comunicazione persa con quell’interruzione.
Abbiamo un identico paio di iridi, lo stesso di papà, sembra dire Paul.
Grazie fratellone, sono contenta di averti ritrovato, è ciò che gli occhi lucidi di Michelle esprimono.
E poi, una taciturna richiesta, così lampante in quegli occhi tanto curiosi e nostalgici.
E Paul la accontenta, le parla di papà, questa volta con la voce.
Hubert Nikolai Iglar, un granduomo. Non a caso è lui l’artefice di quei due gioiellini insieme nella stessa stanza d’ospedale.
Senz’altro sta sorridendo lassù, adesso. Lui ha sempre saputo tutto, della gita, dell’Ippogrifo, tutto. E senz’altro attendeva con ansia questo giorno.
Parla solo Paul, Michelle non riesce a proferir parola. Ma continua a comunicare con gli occhi, come solo lei, sua madre e suo fratello sanno fare.
E tutto il vuoto creato dal tempo in tutti questi anni sembra riempirsi pian piano, ad ogni notizia, ad ogni evento degno di nota.
Afron rientra, adesso sorride. È serena, è uno dei più bei giorni della sua vita.
E vale lo stesso per i suoi figli, ne è certa.
Nulla, adesso, può andare storto. Nothing can go wrong.
 
***
 
Aeroporto di Eufrasia.
“Michelle!”
Maddalena affonda il suo viso nei boccoli dell’amica.
“Non sai quanto mi sei mancata!”
“Anche tu, Madda”
Elias la guarda, sospettoso.
“Dove sono le tue valige?”
Maddalena verifica quella notizia. Dilata gli occhi sorpresa.
“Michelle, cosa sta succedendo?”
“Ragazzi, ho ritrovato mio fratello, io e mia madre non possiamo separarci da lui”
“Ma… Maracaibo?” chiede Elias, attonito.
“Andiamo, abbiamo sempre stentato ad arrivare a fine mese, mia madre non ha mai avuto un lavoro in regola. La vita qua è meno cara”
“E dove vivrete?” chiede Maddalena, rassegnata. È triste dover dire addio ad una delle persone più importanti della propria vita, ma comprende le sue ragioni. E la comprensione e la ragione aiutano sempre ad affrontare le perdite.
“Nel castello del re, Paul è amico della principessa. Il sovrano ha gentilmente ospitato me e mia madre”
Michelle e Maddalena si abbracciano.
“Ci sentiremo spesso, me lo prometti?” chiede la mora, incalzante.
“Ti invio una e-mail tutti i giorni!” le fa Michelle, cercando di cacciare indietro le lacrime.
Ma Elias non riesce a rassegnarsi.
“Non puoi!”
Michelle si volta verso di lui.
“Andiamo, Eli, cerca di capirmi”
“Io, capirti? Come ti permetti di farmi questo?”
“Ti prego, non complicare le cose, è già abbastanza difficile così”
Le gocce salate cominciano a scendere copiose.
Come allo specchio, Elias la imita.
“Come puoi, Miky, come puoi farmi del mare così? Non lo sai che ti amo? Non te ne sei accorta in tutti questi anni?”
“Non è vero, Elias, non raccontarti storie…”
“È la verità, io sono pazzo di te, come puoi chiedermi di vivere così distante da te?”
“Ma perché stai peggiorando la situazione? Lo dici solo per non farmi andare via… Ti prego, è meglio così, ci sentiremo te lo prometto…”
“Cosa me ne frega?” urla Elias, ferito. “Io ti voglio con me, sei solo un’egoista!”
 “Elias, per favore…”
La ragazza compie qualche passo incerto.
“No, stai ferma dove sei!” Elias, con gli occhi lucidi, la osserva per l’ultima volta, come cercasse di fissare per sempre quell’ultima immagine nella mente.
Quindi, scappa via.
“Elias!” urla Michelle. Si copre il viso con le mani.
Maddalena l’abbraccia, e quando è costretta ad andare a prendere l’aereo, è sostituita da Hellen. La principessa piange con lei, partecipa emotivamente a quella dolorosa separazione.
I ragazzi guardano l’aereo sollevarsi da terra e partire, allontanarsi sempre di più, diventare un puntino nero nel cielo azzurro e, infine, sparire.
Michelle non la smette di singhiozzare.
Le mancherà Maracaibo, ma sa che la scelta che ha preso è quella giusta. Il domani lenirà il dolore. Rimpiange solo quella brusca separazione da Elias.
Tomorrow it may change… Tomorrow it may… change…


N. A. Ed eccoci con un'altra scheda personaggio  ossia quella del maghetto Edward!


Nome: Edward Sergej
Cognome: Dumidov
Nickname: Ed
Data di nascita: 1 Marzo 1991
Occhi: verde
Capelli: nero
Altezza: 1,70 m
Genitori: Roman Leonyd & Regina Mylena
Fratelli: Valerya Beatrix (1987)
Status scolastico: non ha mai frequentato alcuna scuola
Città natale: Ratmanov, Russia
Lingue parlate: inglese, russo, giapponese
Condizione economica familiare: povera
Personaggio/creatura nella storia: fattucchiere

Mi raccomando continuate a votare! I prossimi candidati sono: Michelle, Theodorus, Andres, Aida o Georjane!!
  
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