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Autore: eleanor89    15/01/2011    8 recensioni
Seguito di Cedric's Friends e il Calice di Fuoco.
Cedric è morto: Megan ha perso una futura paterna e fraterna, Michael ha perso la sua famiglia, Georgia e Wayne hanno perso il loro migliore amico e con loro tutti gli altri hanno perso un punto di riferimento. L'unico motivo per andare avanti ora è che gli amici non reggerebbero altre perdite, che c'è ancora da vendicare Cedric, che gli Hufflepuff sono troppo leali per abbandonare Hogwarts in un momento simile. Gli amici di Cedric devono imparare a vivere senza di lui, o perlomeno a sopravvivere.
Ultimo capitolo: "«Credo che tu sia normale allora. Almeno relativamente, visto che non sei mai stata normale.»
«Neanche tu lo sei.» ribatté scocciata, guardandolo da sotto le folte ciglia scure, con gli occhi grigi asciutti nonostante parlasse di Cedric, «E neanche tuo fratello. Stamattina ha sbattuto la faccia contro il tavolo un paio di volte e poi ha maledetto Pozioni, Snape, e credo stesse per piangere.»
«Sinceramente fatico a trovare una persona normale tra noi, a parte Georgia. Rent e Jack si completano frasi e pensieri a vicenda, Sally-Anne è quella che è, per Michael non ci sono parole, Walter è l'unico fratello maggiore che senza motivo adora il minore, Stephen è ossessivo, Quill sviene per qualsiasi idiozia e quelli che sembravano normali facevano parte di un gruppo di ribelli che si esercitava in Difesa.» elencò con voce piatta, «Anche se a te e Michael non vi batte nessuno.»"
Genere: Generale, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Tassorosso
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cedric's friends.'
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Giorni sfortunati, problemi tra fratelli, abbracci inaspettati e il Disastro.





Wayne inciampò sull'ultimo gradino e imprecò mentalmente, raccogliendo i libri che gli erano caduti a terra. Non era sicuramente un caso che gli si fosse rotta la borsa proprio al passaggio di un gruppo di Slytherin che ora sghignazzava, ma giudicò più sicuro far finta di nulla. La sua carriera scolastica era già sufficientemente compromessa senza lanciare fatture in giro.
Corse alla lezione di Difesa, in ritardo, e prese posto dopo aver salutato la professoressa e ricevuto un sorrisetto sgradevole.
«Non ci sarà bisogno di parlare.» furono come al solito le ultime parole della donna prima che si immergessero nell'inutile lettura del libro. Wayne, che l'aveva già letto in un momento di particolare noia, cominciò a scarabocchiare disegnini finché non gli arrivò un biglietto.
C'è un motivo particolare per cui Stebbins mi ha quasi aggredita in Sala Grande quando gli ho chiesto come stava?
Si guardò attorno e vide che la Chang lo fissava.
Michael è poco in sé, come spero tu abbia notato dai suoi vari attacchi da prima donna a pranzo e a cena. Non è nulla di personale.
Poco dopo arrivò la risposta.
Eppure ho avuto l'impressione che ce l'avesse con me perché mi vedo con Harry.
Quindi l'aveva capito anche lei.
Può darsi... Tu non badare a lui, non ti dovrebbe dar fastidio per primo se tu non gli rivolgi la parola. È diventata la prassi al nostro tavolo: non guardare o parlare con Michael. Spiacente. Se per caso ti desse fastidio lui senza che tu gli rivolga la parola per prima vedrò di farlo stare zitto in qualche modo.
La Chang stavolta scrisse quasi con furia: Non è l'unico che sta ancora male, nel caso non l'avesse capito. Vedete di occuparvene, non è possibile che se la prenda con tutti come se soffrisse soltanto lui.
Quel “vedete di occuparvene” irritò maggiormente il ragazzo, che tentava, inutilmente, di mantenere la calma che solitamente lo contraddistingueva.
Non aveva Georgia con cui parlare perchè l'amica era praticamente impazzita come era successo a Megan quell'estate, senza però dare uno straccio di spiegazione, Stephen tendeva a farsi i fatti suoi e comunque era sempre con Quill a fare da guardia del corpo a Susan per proteggerla dai pettegolezzi, Megan aveva ripreso l'abitudine di sparire, Walter ce l'aveva con lui perchè era da Natale che si parlavano pochissimo e non erano i tipi da risolvere le cose esplicitamente, dato che il più piccolo se ne fregava e il più grande parlava soltanto quando era arrabbiato, Michael era tornato ingestibile e scontroso, Rent e Jack erano nel loro mondo, e con gli altri lui non parlava; in più tutto il resto del mondo, forse compresi i suoi stessi amici, si aspettava che lui avesse le redini della situazione in mano e sistemasse le cose con un colpo di bacchetta. Senza contare che i suoi voti cadevano in picchiata, suo padre gli aveva mandato una lettera e sua madre era dispiaciuta per quella sua mancanza di impegno, anche se comprensiva in modo quasi fastidioso, come del resto lo erano stati entrambi i suoi genitori per tutta l'estate, litigando poi tra loro perchè non sopportavano neppure di vedersi e usando il fatto che secondo sua madre suo padre era troppo duro con lui, che aveva appena perso un amico, e secondo suo padre era sua madre quella troppo docile.
Ma per chi l'avevano preso?
«Wayne, è finita l'ora.» gli fece notare uno dei suoi compagni di stanza, Dorian.
«Stupendo.» borbottò, chiudendo il libro e ficcandolo in borsa con forza. Fece qualche respiro profondo per calmarsi e si diresse alla propria sala comune. Aveva il pomeriggio libero e magari una partita a scacchi con Stephen lo avrebbe rilassato.
«Ehi, Wayne!» lo chiamò invece Walter, che era seduto su una poltrona con aria seccata, «Scrivi a nostro padre.»
«Come scusa?» domandò lui, sbuffando e avvicinandosi.
«Mi ha scritto chiedendomi perchè non gli hai risposto e non mi va sinceramente di giustificarti, non sono la tua balia. Sbrigatela con lui.»
«Appunto. Me la devo sbrigare io, no? E non ho intenzione di scrivergli.» replicò infastidito, marciando verso i dormitori da cui stava arrivando Michael, «Dove vai?» gli domandò per evitare di continuare a discutere col fratello.
«Hai visto Georgie? Provo a convincerla a uscire.» gli domandò il ragazzo.
«Credo sia al settimo piano, nelle aule che non vengono usate. Susan mi ha detto che va lì a imparare un po' di Difesa da sola, non so perchè.» rispose abbassando la voce.
«Wayne, maledizione!» sbottò Walter alle sue spalle.
Wayne si voltò scocciato e ringhiò: «Walter, fatti i cazzi tuoi.»
Tutti gli Hufflepuff, annoiati forse dall'assenza di pettegolezzi nuovi, si misero ad ascoltare senza neanche premurarsi di fingere il contrario, tanto era insolito sentirlo rispondere a quel modo.
«Sono cazzi miei, è la nostra famiglia!»
«No, è tuo padre! Non il mio! Non mettermi in mezzo!» ribattè, perdendo le staffe definitivamente.
«Oh, beh, Georgie può aspettare.» sogghignò Michael, che stava cercando di seguire il suggerimento della McGonagall almeno sugli attacchi fisici ma che non intendeva perdersi le disgrazie altrui.
«Ma come puoi dire una cosa simile? Con tutte le persone che neanche ce l'hanno un padre!» s'indignò Walter.
«Io sono una di quelle, non intrometterti ti ho detto.»
«Ma cosa ti ha fatto? Sarà libero di divorziare se non ama più la mamma?»
«Non è per questo!» alzò la voce Wayne, «Non è per questo e lo sai, fatti i cazzi tuoi!»
«No! Ora voglio sapere qual'è il problema! Sono stanco di tutte queste mezze frasi!»
«Fattelo spiegare da lui! Se davvero dopo tutti questi anni credi che io possa arrabbiarmi con qualcuno senza un valido motivo, un motivo razionale, allora sei messo peggio di quanto pensassi! Se pensi invece che magari c'è qualcosa sotto obbligalo a parlare o meglio ancora lascia perdere, prima di cominciare a odiarlo anche tu!»
«Odiarlo?»
«Sì, io lo odio. E ora lasciami in pace!» sbottò esasperato, superando Michael e tornandosene in camera, coi nervi a fior di pelle, non capendo come il maggiore potesse fingere che fosse un normale divorzio, che tutto andasse bene. Forse non sapeva che era stato proprio lui a scoprire la situazione per primo, d'accordo, ma sapeva comunque com'erano andate le cose tra suo padre e sua madre e non aveva senso che gli imponesse di perdonarlo.
Dorian tagliò la corda quando lo vide lanciare un libro contro il muro di fronte, e lui si lasciò cadere sul materasso.

«È impazzito.»
«Sapevo che prima o poi sarebbe successo.»
Il chiacchiericcio era già scoppiato alle spalle di Michael, che se ne andava quasi gongolante. Perlomeno non parlavano di lui questa volta.
Walter invece era rimasto sconvolto in mezzo alla sala comune e infine se n'era andato in camera senza dire una parola, perciò era lui libero di raggiungere Georgia senza sensi di colpa per non aver provato ad aiutarlo.
Sentì la voce dell'amica nel momento in cui arrivò nel corridoio del settimo piano.
«Reducto! Reducto!»
Si affacciò alla porta dell'aula e vide che Georgia mirava a dei bersagli volanti che non riuscì a identificare a una prima occhiata, ma che poi riconobbe come delle pietre fatte lievitare.
«Georgie?» chiamò e lei sobbalzò, facendo cadere tutte le pietre a terra.
«Accidenti, Mike!» protestò lei, portandosi una mano al petto. Aveva i capelli legati in due crocchie alte, che Michael aveva sempre trovato adorabili, e solo due ciuffi ai lati del viso.
E aveva ancora gli occhi arrossati dal pianto.
«Che è successo?» domandò subito, accigliandosi.
«Niente.» rispose lei, incendiando una pergamena che doveva essere una lettera.
«Vedo.» replicò lui amaramente.
«Non ti sei fatto vedere mentre venivi qui, vero? È proibito allenarsi.»
«No, tranquilla... Ma perché lo fai? Per i G.U.F.O.? Ci vuole ancora un bel po'...»
«Anche. Ma credo che tutti abbiamo bisogno di saperci difendere coi tempi che corrono. Senza contare che mi sfoga.» spiegò lei, innervosendosi poi man mano che proseguiva, «Chissà, potrei anche trovarmi a dover difendere mia sorella o qualcosa di simile. I Runcorn erano Auror se ricordi. Quelli morti almeno, visto che mio zio sembra della fazione opposta. Vingardium Leviosa! Reducto! Vedi? Sfoga.»
«Mi stai spaventando.» le disse Michael. Non c'era l'ombra di un sorriso nel suo viso, neppure quello arrogante che sfoggiava sempre ormai.
«Scusami.» borbottò lei, slacciando il mantello e gettandolo a terra. Era accaldata dopo tanta agitazione, come segnalavano le guance arrossate. Michael gliene baciò una, sorprendendola, e le sfilò la bacchetta di mano.
«Vieni qui.» le sussurrò, sedendosi su un banco e chiudendo la porta con un colpo di bacchetta. Georgia lo seguì docilmente, appoggiandosi a lui e guardandolo in viso. Il ragazzo le mise un braccio intorno alle spalle, sfiorandole il suo con una mano e cercando di non esagerare per il bene della loro amicizia, «Adesso parliamo. Per favore.»
«No, non voglio.» si lamentò lei, voltando il viso per premerlo contro il suo mantello, ed entrambi notarono quanto suonasse poco convinta.
«Perchè non ne vuoi parlare con me? Onestamente.»
Georgia sbuffò, troppo incerta per trovare una risposta adeguata.
«Perchè tu... io...» cominciò, «Perché tu hai già abbastanza problemi a cui pensare.»
Michael si irrigidì ma poi le posò un bacio tra i capelli, sfiorandole un ciuffo libero con la mano.
«Stupida, io non ho proprio niente a cui pensare, a parte te. Stai letteralmente terrorizzando tutti e se ti tieni tutto dentro... esploderai. Magari comincerai a fare la stronza come me e sarà la fine del mondo.» ipotizzò sarcastico.
«Ti arrabbierai con me.» ribatté lei sconsolata.
«Non mi arrabbierei mai con te.» la contraddisse, «Non ti ho tenuto il muso nemmeno quando te la sei presa con me a caso
«Non è mai stato a caso.» precisò sostenuta, «E comunque... Mio fratello ha intenzione di chiedere un cambio di ruolo al Ministero, non ne può più di stare dietro la scrivania, come temevo. Ora che Charlotte è qui a scuola è come se avesse il via libera per la vita avventurosa che ha sempre sognato e che ha abbandonato quando mamma e papà sono morti. Ma io non ce la faccio, non ce la faccio a pensare che anche lui potrebbe lasciarci! Non posso andare avanti con tutta quell'ansia di nuovo, mi sento male già solo ora al pensiero! E lui non lo capisce! Ho provato a parlargli ma dice che non può sacrificare tutti i suoi sogni solo per farmi stare tranquilla, che mi vuole bene ma che devo capirlo, devo lasciarlo libero! E io so che ha ragione a non voler abbandonare tutto, mi rendo conto che soffre ma non posso perdere anche lui... Cedric è morto e non sappiamo bene neanche com'è successo, tutti dicevano che una volta Harry Potter ha detto di aver duellato con Tu-Sai-Chi in persona, Dumbledore dice che è stato Tu-Sai-Chi, e se fosse vero, e lo sai che lo, significherebbe che siamo di nuovo tutti in pericolo e io ho bisogno di lui!» terminò, quasi in un grido addolorato, «Come può farmi questo? L'ho convinto ad aspettare ancora un po', credo abbia paura che io ci perda la testa, ma so che non durerà a lungo... E se gli succedesse qualcosa poi io e Charlotte dovremmo stare da nostro zio, che è una persona orribile, è viscido, è malvagio! Se non lo fa per me dovrebbe farlo per lei, è così piccola... Non merita di perdere l'unica parvenza di genitore che abbia mai conosciuto e di finire nelle grinfie di quello schifoso bastardo!»
Georgia sentiva il groppo in gola che premeva sempre più fastidiosamente ma non riuscì a lasciarsi andare di nuovo alle lacrime, non prima di aver finito. Sollevò il viso per guardare Michael e scoprì che la osservava sconvolto.
«Sai cos'è che ricordo con più orrore? Non è la morte di mamma e papà... È che non c'erano neppure i corpi.»
La testa di lui scattò leggermente indietro, mettendo in mostra i muscoli della mascella contratti, forse per impedirsi di parlare, e lui assottigliò lo sguardo.
«Non ho capito.» le disse piano.
«Non li hanno mai trovati! Abbiamo passato mesi, anni, a pensare che forse erano ancora vivi da qualche parte, magari feriti o torturati, oppure che avevano perso la memoria o che ne fosse sopravvissuto uno soltanto, qualsiasi cosa, abbiamo pensato a tutto, e non sappiamo tutt'ora che fine abbiano fatto. Questo non l'ho mai detto a nessuno, ma penso che sarebbe stato meglio sapere che erano morti fin dall'inizio, piuttosto che aspettare ogni sera che bussassero alla porta di casa o credere che fossero loro a ogni visita da parte di qualcuno, sperando di vederli ricomparire da un momento all'altro e venendo delusi di volta in volta...»
«Oh, Georgie...» mormorò lui, «Perché non me l'hai mai detto questo?»
«Suonava orribile, come se li volessi morti...» pigolò la ragazza, aggrappandosi alla sua camicia. Scoppiò a piangere e Michael l'abbracciò velocemente, come se temesse che fuggisse via.
«Non dire sciocchezze... Ora capisco perché... No, aspetta, perchè mi sarei dovuto arrabbiare?»
«Non lo so! Ormai ti fa arrabbiare tutto! Ho paura di aprire bocca quando sono con te perché non voglio litigare, non voglio perdere anche te... Non avevo neanche mai litigato con mio fratello e ho passato il Natale a piangere e urlare! Non ce la faccio...» sussurrò, e alzò nuovamente il viso quando lui si spostò per poterle stare di fronte e le asciugò le lacrime con le mani.
«Ce la farai.»
«No, non ce la faccio più...»
«Ascoltami.» le disse, e lei si morse le labbra, annuendo. «Non posso dirti che sarò più tranquillo o che non attaccherò gli altri, è parte di me. Di come sono ora. Ma non... Giuro che cercherò di non farti mai stare male. Comunque te l'ho già detto che non mi arrabbierei mai con te. Troverò il modo di aiutarti anche con tuo fratello, vedrai. Non devi mai avere paura delle mie reazioni.» la rassicurò, sfiorandole la guancia con un pollice mentre le teneva il viso tra le mani e cercava di sorriderle incoraggiante, «Tu dimmi cosa vuoi che faccia e io lo farò.»
«Davvero?» mormorò lei.
«Lo sai che farei qualsiasi cosa per te.»
«Se adesso io ti costringo a restare qui e coccolarmi allora lo fai?» sorrise finalmente lei, «Anche se è poco virile?»
Anche Michael sorrise, dandole un bacio sulla punta del naso.
«Come vado così? Coccolo bene?» e ridacchiarono assieme, mentre lei ancora piangeva, anche se ora sentiva un'emozione diversa a portarla alle lacrime.
Scosse la testa, per poi scendere dal banco per poterlo abbracciare gettandogli le braccia al collo e stringendo gli occhi nel tentativo di fermare il pianto.
«Sono con te.» le sussurrò, baciandole una spalla. Lei si spostò indietro e lo guardò negli occhi.
«Vorrei solo trovare il modo di sentirti più vicino. So che ci sei ma non riesco a sentire...» cercò di dire, con la voce ridotta al minimo.
E Michael la baciò, all'improvviso, senza dare a nessuno dei due il tempo di accorgersi davvero di quello che stava accadendo. Poi per Georgia fu la cosa più naturale del mondo aggrapparsi a lui, infilando una mano tra i suoi capelli e l'altra sotto la sua camicia per sfiorargli la schiena e tenerlo più vicino a sé, dopo aver azzerato la distanze in ogni senso. Anche per Michael fu del tutto spontaneo continuare a baciarla con più foga di quanto avesse mai fatto con qualsiasi altra - perchè del resto non aveva passato mesi interi a sognare quasi ogni notte la stessa ragazza - scendere dal banco con un salto e spingerla indietro, mentre la stringeva per la vita. Cozzarono contro un altro banco e si separarono.
«Non me lo potrai rinfacciare... Hai detto “qualunque cosa”.» gli ricordò lei velocemente, senza riuscire a credere di averlo detto, con gli occhi castani persi nei suoi, e senza riuscire a credere di stare continuando ad accarezzarlo e ad attirarlo a sé.
«Non te lo avrei comunque rinfacciato... Vieni qui.» le ordinò, chinandosi sulla sua bocca proprio mentre lei lo sfiorava con un movimento del bacino per riportarsi su di lui.
Le sue mani si spostarono alla camicia della ragazza, sbottonando i primi bottoni.

«Hopkins, c'è Stephen che ti sta cercando.» lo avvisò Zacharias affacciandosi alla porta, appena rientrato dagli allenamenti di Quidditch.
«Grazie.» mugugnò, inciampando successivamente sul mantello che aveva abbandonato a terra, «Ma 'fanculo!»
I compagni di stanza lo guardarono sconvolti.
Si schiarì la gola.
«Scusate.» borbottò, mentre Dorian di passaggio gli raccoglieva il mantello e glielo gettava sul letto con un'occhiata allarmatissima. A tutti era venuto in mente il famoso “non far arrabbiare una persona calma, non sai mai cosa aspettarti” e nessuno si sognò di aprir bocca.
Lui scese di sotto, ignorandoli, e raggiunse l'amico con sollievo.
«Ehi, Step. Partita a scacchi?» domandò alquanto svogliatamente.
«Direi di sì, stanotte il letto me lo sogno. Mh. Strana frase.» osservò Stephen.
«Oh.» disse soltanto, e poi notò che erano appena entrati quelli del quarto anno, Helen e Lance: «Ehi, Lance! Helen! Grazie per il regalo!»
Justin, che era nella poltrona vicina, sembrò sul punto di spezzarsi il collo per quanto velocemente si era voltato.
La ragazza sorrise, scuotendo la testa in segno di diniego, «Figurati, era solo un pensiero.»
«Oh, tu, donna celestiale!» cominciò all'improvviso Stephen.
Wayne esitò, mentre anche Helen e Lance si fermavano sbalorditi.
«Sei ubriaco?» domandò infine l'amico.
«Sai per caso spiegarmi dove si compra quello strano gel che mi hai regalato?» continuò l'altro imperterrito.
«Quale gel? Oh, dici il disinfettante? L'hai già finito?» domandò Helen sbalordita. Poi si ricompose, dopo essersi evidentemente ricordata con chi stava parlando grazie all'occhiata sarcastica di Wayne perchè per uno come Stephen era strano che fosse durato più di due giorni: «Giusto. Certo, lo trovi in qualsiasi supermercato babbano. Ti posso scrivere qualche marca se vuoi.» propose gentilmente.
Stephen sembrò sul punto di scoppiare a piangere.
«Io... Io...» cercò di dire, alzandosi in piedi di scatto e raggiungendola. Allargò le braccia come se la volesse abbracciare, però prima la squadrò come per decidere come fare – o capire da che parte si abbracciava una ragazza dato che le rare volte in cui l'aveva fatto con Susan era stata lei ad andargli addosso – poi la circondò con le braccia come avrebbe fatto con un pupazzo, scatenando una fioca protesta da parte di Justin che però finì subito quando lui le diede due rapidi colpetti sulla spalla e se la scostò di dosso come se fosse infetta, «Ora scusami ma credo che avrò bisogno del gel.» annunciò, partendo sparato verso la sua camera.
Justin si schiarì la gola, inespressivo, mentre Lance scoppiava giustamente a ridere e Helen lo guardava a bocca aperta.
«Mi ha abbracciata davvero! E poi è scappato!»
«Sì, c'eravamo anche noi.» sghignazzò Lance.
Wayne si prese la testa tra le mani, sconfortato. «Devo assolutamente cambiare amici.»
«Sai, sono d'accordo con te.» approvò Justin.
Trascorsero qualche minuto in silenzio, l'uno studiando e l'altro giocherellando coi pezzi degli scacchi, che non protestavano solo perché lui era diventato ormai un campione con tutte le partite fatte, e poi arrivò Megan, direttamente dalle cucine a giudicare dal piatto con torta al cioccolato che portava in mano e i bicchieri nell'altro.
«Eccoti del succo di zucca.» disse lei, poggiandoglielo accanto.
«Come mai questa gentilezza?»
«Hai l'aria sbattuta. Ti ho visto in corridoio che praticamente barcollavi.»
«Io non barcollo.»
«No, però facevi pena.»
Wayne la guardò sorpreso. Era un commento da tipica Megan, anche se lei sembrava particolarmente stanca.
«Grazie allora. C'era Helen prima, nel caso volessi ringraziarla per il regalo.»
«Beh, ormai è andata.» disse lei facendo spallucce e passandosi una mano tra i capelli, «Come mai sei solo?»
«Stephen è a disinfettarsi.»
«Avrei dovuto immaginarlo, domanda stupida.» commentò Megan, «Ciao Justin.» salutò poi, dato che l'altro si stava allontanando per studiare in qualche luogo più silenzioso.
Wayne non poteva crederci, ma quello sembrava uno dei loro vecchi discorsi, mancava soltanto che lei lo rimproverasse e non ci sarebbe stata differenza col passato.
«Oggi ho scambiato qualche parola con Harry Potter a lezione.» annunciò Megan, «Dopo lui aveva Cura delle Creature Magiche e ho sentito che la Umbridge sta dando il tormento ad Hagrid... Quella maledetta rospa... Dov'è Michael quando serve?»
«Oh, no, non dargli idee, ti scongiuro. Si sta vagamente comportando bene, non aizzarlo contro di lei.»
«Ma dobbiamo fare qualcosa! Tutti insieme, dico! Per Hagrid!»
C'era un po' troppa ferocia nelle sue parole, così Wayne azzardò un: «Non lo starai dicendo solo per sfogarti?»
Megan lo guardò stupefatta: «E anche se fosse quale sarebbe il problema? Mi sento meglio se penso a far soffrire quella donnaccia! E se Hagrid e tutti noi staremo meglio facendo stare lei peggio, significa che è la cosa giusta!»
«Un po' troppo semplicistico...» commentò lui, pensando a quanto si sarebbe fatta male, piuttosto che bene, agendo in modo sconsiderato, «Vuoi ripetere l'anno anche tu, stile Michael?»
«Al diavolo l'anno! Da che parte stai?» sbottò, infastidita.
Ecco, ora era esattamente come l'anno prima.
«Sia ringraziata Helga Hufflepuff...» borbottò.
«Come?» incalzò lei.
«Ti va di venire a Hogsmeade con me questa domenica?»
«Ah. Sì. No. Non lo so. Perché?» farfugliò lei. Non si sentiva molto tranquilla all'idea di uscire dal castello.
«Per parlare un po'. È da un po' che praticamente non ci vediamo.» rispose lui, vago.
«D'accordo...» disse, riluttante, «Lo devo dire agli altri?»
«No, con loro ci incontreremo quando capita.»
«Ciao Megan.» salutò Stephen, che si stava massaggiando le mani probabilmente appena disinfettate, «Non ti ho vista a cena.»
«Mi sono addormentata in biblioteca e quando Madama Pince mi ha scacciata era troppo tardi. Adesso vado a tentare di dormire, stanotte magari ci riesco... quindi ci vediamo domani.»
«In bocca al lupo.» Stephen ci pensò un momento, «Come ti direbbe anche la Trelawney.»
«Ah, gli stramaledetti canidi che mi perseguitano... Buonanotte!»
«Notte.» la salutarono entrambi.
«Che lupo?» domandò poi Wayne quando si fu allontanata.
«Ma niente, qualunque cosa facciamo in divinazione nel suo futuro ci son sempre lupi. Fondi, sfere... Da Quill c'è spesso il Gramo.»
«Ecco perché torna sempre pallidissimo. A proposito, che fine ha fatto? Quest'anno si vede a malapena...»
«Che vuoi che ti dica, Michael lo terrorizza, penso.»
Quest'ultimo entrò in quel momento in compagnia di Georgia. Entrambi erano silenziosi e non diedero cenno di averli notati.
«Ciao.» li salutò Stephen ad alta voce, e loro trasalirono.
«Oh, ciao ragazzi!» li salutò Georgia con un rapido sorriso, «Stavo andando a letto, buonanotte a tutti!»
«Buonanotte anche a te.» le rispose lui, perplesso dalla sua fretta.
«Michael, ti unisci a noi?» domandò Wayne e lui lo squadrò per un momento, come indeciso, poi scosse il capo, «Allora buonanotte anche a te.»
«Magari...» lo sentì mugugnare mentre andava via.
«Strani.» commentò Stephen con poco interesse, «Io prendo i bianchi.»
«D'accordo.»




Prossimo: Sfoghi contro innocenti, pugni e reazioni inappropriate.

Alle recensioni risponderò prima o poi, promesso. E comunque grazie, come sempre grazie.


Per Mike e Georgie non è finita qui, ovviamente! E sono mezzo morta, appena tornata dall'esame, quindi se c'è qualche errorino chiedo scusa, ma usare questa tastiera è difficile anche quando sono perfettamente sveglia.

La frase “vorrei sentirti più vicino” sono sicura di averla sentita da qualche parte, non ricordo dove ora, comunque non poteva che scatenare questo XD

E Wayne è sempre più nervoso...




   
 
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