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Autore: Silyia_Shio    29/05/2011    2 recensioni
L'unica luce che ti fa vivere si è spenta, ormai vai avanti per inerzia riposando in una soffice illusione di nulla finchè l'acqua non ti cattura portandoti dove il dolore è bianco e si presenta nelle vesti di una bambina.
Al tuo fianco avrai i riflessi di una te ancora nascosta e per vincere il dolore dovrai smettere di lasciarti trascinare dalla corrente.
Questa è la tua battaglia, Lidia!
Genere: Dark, Guerra, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Acqua sul Cuore

La campanella dell’ultima ora suonò anche quel giorno strappando Lidia dalle braccia di Morfeo. Quella notte, come le precedenti, non aveva chiuso occhio, ormai sembrava fosse diventata la regola o una condanna: il tuo sonno notturno sarà tormentato dagl’ incubi e di giorno il tuo umore sarà del colore che i tuoi occhi hanno catturato per tutta la notte.
Lo sognava, ogni volta che poggiava la testa sul cuscino e la sua mente sembrava abbandonarsi alla forza della stanchezza, sognava il suo volto sorridente inghiottito da delle tenebre fredde e pungenti che dilaniavano il cuore e poi quando tutto sembrava esser calato in un soffice nulla, lo sentiva urlare; ed a quel punto si svegliava.
Apriva gli occhi di scatto in un buio che non poteva tranquillizzarla, che la faceva sentire solo più sola.
E questa mancanza di sonno di certo non giovava alle sue flebili amicizie ed alla sua fragile situazione scolastica. In classe si isolava, non parlava quasi con nessuno e questo in fondo non le risultava insopportabile: fin da piccola non le piaceva esser circondata dalla gente e con la crescita finì di richiudersi sempre di più dentro i suoi pensieri nel suo piccolo mondo sicuro.
In fondo di cosa avrebbe potuto parlare? Le ragazze della sua classe erano tutte frivole, pensavano solo alle tendenze, ai ragazzi ed a cosa fare il sabato sera. Non che lei fosse completamente estranea a quei pensieri, anzi, i vestiti le piacevano molto e ogni volta che andava a fare compere cercava degli abiti particolari, così da distinguersi, da farsi notare, forse.
Ed i ragazzi. Beh, alle medie aveva provato qualcosa per un ragazzo per molto tempo. Lei credeva fosse amore, quello con la A maiuscola e che fossero destinati a vivere per sempre felici e contenti; ma quando si dichiarò, il che fu un’impresa straordinaria dato la sua incredibile mancanza di coraggio, lui non le rispose, non disse né sì né no, semplicemente la ignorò. Poi, poco tempo dopo lui si rifece sentire e per un po’ di tempo giocarono. Lei voleva fargli vedere che era cambiata che non era più fragile come un tempo, che poteva tranquillamente accogliere le sue frasi stracolme di doppi sensi ed addirittura ricambiarle. Però così facendo ottenne il risultato di approfondire la ferita che stava appena iniziando a cicatrizzarsi.
Così arrivò alla conclusione che non voleva più avere niente a che fare con i ragazzi. O meglio, li guardava e qualche volta le capitava di costruirsi dei castelli in aria ma alla fine li distruggeva.
E poi cos’era rimasto? Ah sì, il sabato sera. Beh, non avendo amici non si creava neanche il problema.
E di questo, della mancanza di amici, i professori si preoccupavano. Ad ogni colloquio con i genitori, il suo adorabile tutor consigliava di mandare la ragazza da uno psicologo. Ma per sua fortuna i suoi genitori non gli davano retta, perché loro erano abituati ai silenzi della figlia e sapevano qual’era il motivo della sua nuova indifferenza.

Lidia buttò con un gesto rassegnato l’astuccio nella cartella ed ora che anche l’ultimo pezzo mancante era entrato nel suo zaino rosso, poté uscire da quella scuola che aveva fatto tante promesse e ne aveva mantenuta nessuna.


Fuori dal portone in legno scuro un meraviglioso panorama bianco l’accolse e quella meraviglia le rasserenò almeno un po’ il cuore. Aveva sempre amato la neve.
Aveva perso il pullman, o forse non l’aveva preso di proposito?
Non le andava di tornare a casa a rinchiudersi in quelle quattro mura buie e silenziose; così, anche se era senza ombrello e la sua giacca fosse troppo leggera per l’inverno, aveva ripreso a camminare lungo la Dora. Era bello vedere la neve adagiarsi leggera sulle acque del fiume che scorrevano tranquille seguendo il solito percorso, giungendo alla solita fine. Il fiume non aveva bisogno di decidere che strada prendere, dove andare, a lui bastava seguire il percorso tracciato dalle acque che lo avevano preceduto. Invece lei doveva sempre riflettere bene sulle sue azioni, decidere la migliore e per questo non rischiava, ma infondo non le importava non poter essere libera.
Raggiunse il “suo angolo” così chiamava quel piccolo fazzoletto di terra raggiungibile seguendo una scalinata un po’ vecchia in pietre che partiva da dietro un cancelletto rosso sbiadito al bordo della strada principale. In teoria lei non doveva trovarsi lì, anzi, nessuno doveva andarci, per questo c’era quel cancello. Le pietre della scala erano in un costante equilibrio precario ed a volte si rompevano anche, inoltre erano scivolose per la vicinanza del fiume; in conclusione un luogo non molto sicuro. Però a Lidia piaceva quel luogo. Lo avevano scoperto lei e Lui. Già, lui che amava l’acqua, lui che era il suo sole, lui che profumava di erba fresca ricoperta di rugiada e lui che non le chiedeva mai perché fosse sempre così triste.
Lidia osservò il suo riflesso oscillare sull’acqua, i suoi capelli lunghi e neri a contatto con la neve si erano arricciati e le bianche danzatrici brillavano come perle sparse su fili neri, i suoi occhi come sempre erano lucidi, come se dovesse piangere. Risucchiata dalle sue iridi si ricordò di un giorno di un anno prima: anche quella volta aveva perso il pullman, anche quel giorno non aveva l’ombrello, però quella volta pioveva e quella volta Lui c’era e l’aveva accolta sotto il suo ombrello blu mare, come i suoi occhi, due specchi d’ oceano.
Invece quel giorno Lui non era al suo fianco, non l’avrebbe riparata sotto il suo ombrello.

Una leggera, solitaria lacrima scese all’improvviso sulla sua guancia, bruciando la pelle che solcava, creando un rumoroso caos nella sua mente che la distolse dai ricordi.
Se la asciugò con il dorso della mano. Non voleva piangere, aveva già versato molte lacrime e Lui di sicuro avrebbe voluto vederla forte e combattiva.
Com’era sua abitudine iniziò a giocherellare con l’acqua tracciando sulla superficie del fiume linee immaginarie che per lei assumevano le sembianze di tanti rami di rose rampicanti.
E fu forse per questo o perché infondo ancora stava pensando a Lui che non si accorse dei lacci d’acqua che si stavano arrampicando lungo il suo braccio, dell’acqua che stava rotando assumendo le sembianze di uno specchio increspato e della mano liquida che le si poggiò sulla spalla.
Ma quando finalmente tornò in sé e si accorse che qualcosa era cambiato, che qualcosa non stava seguendo il giusto ordine, era ormai troppo tardi.
Aveva cercato di liberarsi, si era dimenata, ma i lacci erano aumentati ed avevano aumentato la presa, e la mano sulla sua spalla si era allungata in un braccio ed un viso era sbucato dallo specchio liquido; e quegli occhi le avevano tolto ogni energia permettendo ai lacci di trascinarla nel fiume.

Non voleva piangere ma l’acqua che spingeva sul suo cuore era tanta e forte.
L’Acqua dei suoi occhi.
L’Acqua del fiume.
L’Acqua della pioggia.
L’Acqua di quei lacci e di quell’essere.
L’Acqua delle sue lacrime.




*****

eccomi con un' original fanfic!
l'inizio è decisamente triste, lo so e di questo mi scuso ma in futuro spero di riuscire a mantenere la tristezza solo come un leggero velo!^^
spero sia di vostro gradimento questo primo capitolo e che scegliate di seguire la vita al di là dello specchio della nostra Lidia!

uh, vi devo avvertire però che io sono un bradipo nell'aggiornare ma spero di riuscire a far lavorare il mio cervellino e di postare presto il secondo!

grazie a chi leggerà ed a chi magari recensirà!
un saluto

Silyia
   
 
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