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Autore: Black Nana    02/07/2011    9 recensioni
Crossover basato su un incontro fra Nana Osaki e Reira Serizawa di "Nana" e Maka Albarn e Crona di "Soul Eater".
Godetevi la storia sperando che vi piaccia!
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Black Star, Crona, Death the Kid, Maka Albarn, Soul Eater Evans
Note: AU, Cross-over, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Il filo rosso del destino: le lacrime di Reira e il vuoto di Crona.


Dal diario di Crona, 14 aprile ore 03:00


Ormai è un po' che sono sola, non saprei quantificare il tempo trascorso da quando lui mi ha abbandonata con una stupida lettera. Era da un anno, che Kid e io ci frequentavamo: da quando si era accorto della mia esistenza come donna, mi sentivo viva, soprattutto perché finalmente quel dolore che mi opprimeva il petto e che Ragnarock provvedeva ad aumentare con le sue cattiverie era scomparso. Lui mi amava, ero felice come non lo ero mai stata in 18 anni di vita.

Ma adesso dopo quelle parole, che sembravano coltelli affilati che mi bucavano l'anima, la mia esistenza si era rivelata piatta e inutile. Mi è rimasta solo una cosa: la magia.

Agli altri non mostravo il mio dolore, solamente a Maka che conosceva il dolore lancinante che pian piano consumava la mia povera anima. Sono stufa di allontanare le persone, vorrei solo sparire.

Era una fredda notte di inizio primavera, ero tornata da poco da una missione a Francoforte. Una strega aveva chiesto alla Shibusen di poter lavorare per loro: sapeva qualcosa a proposito di una strega che voleva creare un esercito di kishin per assoggettare il mondo al suo dominio. Quella strega era Fedora, la terza delle sorelle Gorgoni, un'altra zia malvagia. Non bastavano mia madre Medusa e mia zia Arachne. In quel periodo stavo da Kid, la mia stanza era stata riservata alla professoressa Marie, che si era beccata la varicella ed era in quarantena. Arrivata in camera mi accorsi che lui non c'era, il mio peggior incubo si era avverato: Ragnarock aveva ragione: ero rimasta sola, abbandonata dall'unico che io abbia mai amato. Medusa aveva ragione: ero io ad allontanare le persone e non il contrario, eppure non volevo credere a quello che diceva mia madre, ma dovevo arrendermi all'evidenza dei fatti; quegli strani sogni erano visioni della solitudine che avrei provato, poiché sospettavo che presto mi avrebbe lasciata sola. Era impensabile che potessi piacere a qualcuno, io che non sapevo nemmeno cos'ero. Ragnarock lo sospettava già da tempo e ora anch'io ero di questo avviso. Ebbi conferma dei nostri sospetti, una lettera scritta da poco, che ancora conservava il profumo di chi l'aveva composta. Un addio senza molte spiegazioni: doveva andare, non sapeva se sarebbe mai tornato. Per lui io sarei stata solo un bel ricordo da portare in viaggio con sé, invece per me si sarebbe rivelato la fine di tutto.

Dopo aver ricevuto quel colpo fatale andai subito da Maka: sapevo che era ancora sveglia. Inconsciamente aspettava che Soul tornasse a casa, ma ormai sapeva che ora per lui c'erano solo le sue uscite serali con gli allievi del primo anno che lo veneravano in quanto lo ritenevano molto “cool”, ma soprattutto per la sua posizione, in fondo anche se si comportava come uno studente normale era pur sempre un Death Scythe.

Quando arrivai Maka era intenta a fare i bagagli: aveva deciso di lasciare tutto e tutti, a nessuno era venuto in mente di aiutarla, eppure tutti sapevano cosa provava per il suo partner, ma non avevano fatto nulla per lei. Nessuno capiva come si sentisse Maka, tutti non facevano altro che ignorarla e ferirla, compreso Soul che diceva di tenere alla sua adorata Meister. Mi aveva confessato i suoi sentimenti per lei, eppure non sembrava provare quelle cose di cui tanto parlava. Agli altri non passava nemmeno lontanamente per l'anticamera del cervello che Maka si impegnasse così tanto negli studi perché desiderava superare sua madre e renderla orgogliosa. Ai nostri cari amici nemmeno una volta era venuta in mente l'idea di chiedersi del perché degli atteggiamenti di Maka. Io sola sapevo, perché ero l'unica che si era posta le domande giuste, ma soprattutto sapevo di essere l'unica a capire realmente come si sentisse, perché avevo provato anch'io delle sensazioni simili. Ormai era un mese che ci preparavamo: Blair, Spirit e io eravamo suoi complici, soltanto noi sapevamo cosa sarebbe accaduto quella notte di quattro anni fa!


Dal diario di Maka, 15 aprile ore 06:45


Ero stufa di tutto: di quel demente di Soul che mi aveva ferita affermando prima di amarmi e poi dimostrandomi l'esatto opposto. Non mi importava nulla di quelli che credevo amici e che non volevano capire: ormai ero pronta. Lui e gli altri non avevano bisogno di me, ognuno aveva realizzato il proprio sogno, potevo andarmene, ma mentre mi preparavo a cambiare vita mi ricordai dell'unica a cui ancora importava di me e che non volevo lasciare, ma purtroppo era strettamente necessario. Lei in quel momento era in lacrime fuori dalla porta di casa mia, con Ragnarock e Blair che urlavano di correre sull'uscio a recuperarla, visto che era in preda ad un'altra crisi ,una molto forte, paragonabile a quella che ebbe quando trovò la lettera. Lei che prima era vitalità e gioia pure ,ormai voleva solo scomparire. La stessa scena di sei mesi fa si era nuovamente ripetuta, aveva rivissuto quel momento ancora una volta. Corsi da lei e la portai dentro, le chiesi di dirmi tutto ciò che era accaduto e che farfugliava disperatamente,accompagnata dalle fastidiose lamentele e imprecazioni di quell'imbecille di Ragnarock. Fu quest'ultimo che con un colpo di testa fece svenire la mia amica e mi raccontò l'accaduto con precisione. Ancora una volta aveva rivisto il momento in cui lui l'aveva abbandonata senza spiegazioni con una lettera di appena quattro righi simmetrici, con la quale aveva distrutto il fragile equilibrio che Crona si era costruita. Quando rinvenne le proposi un patto, molto vantaggioso per entrambe. Io volevo andare via, avevo già una meta e Spirit era d'accordo, avrebbe coperto entrambe se Crona fosse fuggita con me. Mi sembrava un piccolo cucciolo spaventato e infreddolito, ma era ancora lucida e disse che non potevamo fuggire entrambe, perciò decise di rimanere per spiare i miei ex compagni e coprire la mia fuga, sviando ogni possibile sospetto, facendo fallire ogni tentativo di ritrovarmi aiutandomi a depistarli ed acconsentendo così alla mia disperata richiesta d'aiuto. Mentre Crona mi prometteva di venirmi a fare visita ogni volta che le sarebbe stato possibile, io ero in camera mia davanti allo specchio con in mano un paio di forbici, ma non solo per tagliare le etichette dei nuovi abiti che avevo acquistato per diventare un'altra persona, per la mia nuova vita. Sciolsi i miei adorati codini a cui diedi addio per sempre tagliandoli in un solo colpo,li spazzolai lisciandoli, poi li legai con l'aiuto di pazienza e tante forcine e indossai una parrucca; era simile per lunghezza al taglio dei miei capelli, ma era di un rosso scarlatto intenso ed era composta di piccoli boccoli.Da quel momento stabilii che i giorni di Maka Albarn finivano lì e che da lì in poi sarei stata Scarlet Duprè : il peggior incubo della Shibusen. Dopo i capelli passai al resto: nessuno avrebbe dovuto accorgersi che quella ragazza dai capelli scarlatti era la figlia dell'arma di Shinigami: lenti a contatto color ghiaccio, trucco nero sugli occhi e rossetto rosso sulle labbra. Ormai non ero più Maka, quindi anche il mio abbigliamento sarebbe cambiato: avevo comprato un vestitino nero ricoperto di borchie, dei leggins neri di pelle lucidi sempre ricoperti di borchie, un panciotto molto attillato così come l'abito nero con borchie argentate, un golf nero con dei teschi rossi disegnati ed un mantello proprio come quello di cappuccetto rosso. Inoltre indossai due bracciali con le borchie ai polsi, un collare con le spine e un ciondolo a forma di teschio abbinato agli orecchini. In più avevo un piercing finto sul naso e mi ero disegnata sulla spalla destra una rosa rossa con dietro un sole ed una luna uniti. Inoltre indossai una maschera di pizzo nera ricoperta di brillantini affinché nessuno potesse vedere il mio viso. Crona stentava a riconoscermi.

La mia nuova vita era in una borsa nera di pelle, in una custodia contenente una splendida chitarra rossa ed in un pacchetto di sigarette.

Finalmente non ero più quella ridicola bambinetta chiamata Maka Albarn, ma Scarlet Harrison. Alle porte di Death City mi aspettava quel vecchio porco di Spirit, ma prima dovevo fare una cosa: scrivere una lettera alla persona che più di tutte mi aveva ferita e dirgli non che l'amavo, ma semplicemente che lo ringraziavo di tutto, ma che doveva dimenticarsi di Maka Albarn, perché da quel momento non l'avrebbe mai più rivista, sarebbe andata in giro per il mondo con la sua adorata madre e sarebbe andata a Yale a studiare legge, e poi chissà, forse un giorno sarebbe tornata lì.

Da quel momento la mia vita iniziava, la mia meta il deserto del Texas, dove avrei incontrato la strega Rouhana e le sue due figlie per metà vampire e per metà streghe Alice e Violet. Mi sarei addestrata cosicché finalmente mi sarei presa quella tanto agognata rivincita sulla Shibusen, sui miei ex amici ed in particolare su Soul Eater Evans, il mio ex partner a cui avevo lasciato non solo due righe su un pezzo di carta, ma anche una simpatica sorpresina sullo specchio del suo armadio. Pregustavo già, conoscendolo, l'espressione del suo viso dopo che avrebbe letto ciò che gli avevo scritto.

   
 
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