19
Il tempo era scorso tranquillo, tra uscite di coppia
(Kevin era un buon indicatore di ciò: “Georgia
e Stebbins sono ancora a fare i piccioncini al lago?”, “Megan ha fatto scappare
una ragazzina che si è avvicinata a Wayne, troppo divertente quella ragazza!”,
“Ma lo sai che Dean Thomas e Ginny Weasley si sono lasciati? Michael ci stava
quasi facendo un pensiero di nuovo, sicuro che non vuoi dichiararti a lui?” quest’ultima ovviamente detta a Terry, e: “Credo
di aver visto Harry Potter sbavare dietro Ginny Weasley” che era stato accolto da un coro di risa sbeffeggianti da parte dei
compagni di dormitorio e degli Hufflepuff), esami di smaterializzazione (Megan
non era passata e c’era stata una semi-rissa con Buggin che l’aveva presa in
giro per questo. Anche
Stephen in ogni caso non c’era riuscito, ma solo perché era terrorizzato
all’idea di spezzarsi come Susan. Apparentemente il problema di Megan era
invece di non riuscire a concentrarsi per più di due secondi), e la
preparazione per gli esami finali che coinvolgeva
soprattutto Michael (Ernie e Justin giuravano di averlo trovato a studiare la
mattina prestissimo prima delle lezioni, cosa che lui negava sentitamente salvo
poi cascare dal sonno in una delle sue innumerevoli classi. Tutti si erano resi
conto di non sapere che lavoro avesse intenzione di fare perché a tutti ne
rispondeva uno diverso e addirittura mentiva su quali classi stesse seguendo.
Quando l’avevano affrontato sull’argomento lui aveva
soltanto detto che aveva già un posto sicuro grazie a una sua conoscenza e
quando allora gli avevano chiesto quale posto lui aveva risposto “come no” e se
n’era andato via ridendo, lasciandoli a chiedersi se fosse il caso di indagare
o se rischiassero Azkaban
come complici di qualcosa).
Kevin li informò anche che Potter era riuscito a farsi mettere in punizione
per l’ultima partita di Quidditch e se Gryffindor avesse perso per più di cento
punti Hufflepuff sarebbe stata al secondo posto,
quindi Megan non faceva che augurarsi che qualcuno della squadra di Gryffindor
seguisse la sorte del capitano o si spezzasse entrambe le braccia; Georgia non
tentava neanche più di zittirla, sapendo quanto fosse inutile.
Ovviamente non tutto andava bene.
Terry era il più consapevole di questo, perché pur non avendone fatto parola con nessuno, ogni giorno sceglieva strade
diverse pur di non incontrare Buggin. Non voleva rovinarsi l’anno con un duello
nei corridoi, né rovinarsi la faccia con un pugno di Buggin, né dare occasione
all’altro di mettere in giro altre voci sul suo conto, per cui preferiva una
poco gloriosa fuga. Era sicuro che i suoi amici in ogni caso se ne fossero
accorti, a giudicare dal modo in cui si offrivano volontari per accompagnarlo
ovunque. Sapeva anche che non avrebbe potuto evitarlo per sempre: Buggin non gli
aveva perdonato la figuraccia con Kevin.
Era il giorno prima della partita Gryffindor-Ravenclaw
- e tra le altre cose nessuno sapeva più per chi tifare, tra i nuovi amici a
Ravenclaw e Charlotte che era Gryffindor - quando Megan trovò una ragazzina del
terzo che piangeva da sola vicino al camino e corse a chiamare Georgia,
consapevole di non sapere come aiutare la gente. Georgia, dato
che aveva convinto Michael a studiare a un orario decente, aveva del
tempo libero ed era in camera a studiare Erbologia, così
fu lei ad avvicinarsi alla ragazzina; saltò fuori che il padre era stato
attaccato da Dissennatori vaganti qualche giorno prima e che era per pura
fortuna se non aveva ricevuto il bacio. Questo rese Georgia distratta e
irritabile tutto il giorno perché, dopo aver consolato la ragazzina come
poteva, cominciò a preoccuparsi per il fratello che era tutto solo nel mondo
esterno e dalla parte “sbagliata”, e soltanto l’arrivo di Michael riuscì a
farla sorridere un po’.
«Sai cosa
dovremmo fare? Chiamare i Ravenclaw e uscire tutti assieme a prendere un po’
d’aria al lago.» le propose.
Georgia appoggiò la testa contro la sua spalla, seduta accanto a lui, e
borbottò: «Non voglio usare il tuo poco tempo libero
condividendolo con gli altri. »
Michael ridacchiò, «Alla fine dell’anno non morirò,
Georgie. Abbiamo l’estate tutta per noi, e poi dopo un altro anno ci sarà tutta
la vita davanti a noi. »
Lei pensò che non poteva saperlo con certezza, ma
per fortuna non disse nulla. «Va bene, li vado a
chiamare io. »
«Sai la
parola d’ordine? »
«No, ma
domani c’è la partita, quindi ci sarà di sicuro qualcuno in giro. Altrimenti
tenterò di indovinarla. Tu vai e chiama gli altri. »
«Non vuoi che ti accompagni?» aggrottò la fronte lui.
«Penso che
riuscirò a farcela, il viaggio non è così lungo. »
sorrise lei, dandogli un colpetto sulla fronte. Lui la afferrò di scatto per la
vita e la tirò a sé.
«Ma io non so
se io riuscirò a reggere così a
lungo. » scherzò, e qualcuno fece finta di vomitare
accanto a loro. Senza neanche voltarsi lui aggiunse, «Ciao, Meg.
»
«Siete
nauseanti. »
«Lo sappiamo.
» rise Georgia, «Chiami i nostri, Meg? Mike, tu vai da Charlotte. »
«Perché non
il contrario? È tua sorella, posso andare io alla torre.»
domandò lui, perplesso.
«Perché tu
non riusciresti a indovinare la parola d’ordine dei Ravenclaw. » rispose lei innocentemente, e Michael trasalì portandosi
una mano al petto.
«Il mio amor
proprio! »
Lei gli diede un altro colpetto, si alzò e insieme si avviarono al
passaggio, dividendosi alle prime scale.
Terry in quel momento era diretto all’allenamento
di Quidditch, Burt l’aveva obbligato, ed era già arrivato al primo piano quando
era finito contro il muro. Buggin era lì, con un pacco di patatine in mano e
l’aria lievemente seccata, la borsa abbandonata su un davanzale.
«Sei impazzito?» sbottò Terry, altrettanto irritato.
«Mi hai disturbato mentre mangiavo.» si difese Buggin, poggiando il
pacchetto di patatine accanto alla borsa. «Mi fai venire la nausea.»
«Beh, sai una
cosa? Tu non mi fai un effetto migliore. Si può sapere
perché non mi lasci in pace?» esclamò lui, prendendo
la bacchetta e sperando di non doverla usare.
«Perché mi annoio, perché sei contro-natura, perché i tuoi amici mi danno
sui nervi…»
«Ah, ecco
cos’è, hai paura di prendertela con Kevin e con Megan e quindi ti sfoghi con
me! » commentò Terry, «E cosa vorrebbe dire “contro-natura”?»
Le sopracciglia rossicce di Buggin si sollevarono più in alto che mai, «Lo
sai.»
«Ti ho già
detto che non mi piacciono i maschi! » si infuriò lui,
arrossendo, «E a te l’ha mai detto nessuno che di solito chi ha tutti questi
problemi con questo genere di cose è perché sotto sotto
è parte del problema?»
L’Hufflepuff lo guardò perplesso e Terry sospirò tetramente.
«Chi ha tanti problemi con la gente gay è un gay
represso, di solito.»
Adesso Buggin aveva capito, e fece un passo avanti, minaccioso. Terry ne
fece uno indietro, maledicendosi e cercando di ricordarsi che anche lui era
stato nel D.A. e che sapeva
come difendersi.
«No-io-so. » commentò una
voce squillante. Entrambi si voltarono e videro Georgia, da sola in mezzo al
corridoio, ferma e con le braccia incrociate. Quando lei parlò di nuovo lo fece col solito tono basso, «Quanti mesi sono che
l’hai preso di mira? Non ti sei ancora stancato? Tanto ogni volta arriva
qualcuno che ti ferma.»
«Fuori scuola non mi fermerà nessuno.» ribatté Buggin, poco impressionato.
Lei lo guardò scettica, e Terry spiegò: «Abitiamo
nello stesso paese. Perché pensi che non molli l’osso, oltre che per il fatto che è un pazzo?»
Buggin gli diede un semplice spintone con un braccio grosso come una
quercia, mandandolo a sbattere contro un’armatura. Georgia non si mosse, non
sfiorò neppure la bacchetta.
«Ti spiacerebbe SCAPPARE?» sbottò Terry, massaggiandosi una spalla e
chiedendosi quando grave per i professori fosse considerato uno schiantesimo a quel punto.
«Io potrei…» cominciò Georgia, facendo finalmente
qualche passo. Solo che era nella direzione sbagliata, verso di loro, e Terry
sbarrò gli occhi, cominciando a temere che l’influenza di Megan si fosse fatta
sentire di nuovo anche in lei. «Lanciarti fuori dalla finestra.» concluse,
sfiorando vistosamente la bacchetta.
Buggin stavolta si girò del tutto verso di lei, con una smorfia malevola, e
aprì la bocca. Lei lo anticipò.
«Certo, tu
potresti lanciare me fuori dalla
finestra, non sono Megan, non sono brava quanto lei. Ma
sai quale sarebbe la differenza? Che tu finiresti col dover ripetere l’anno, un
altro anno con questa gente che odi e che ti odia.
Oppure, se per caso io morissi, finiresti espulso e non troveresti uno straccio
di lavoro tra i maghi. Se io ti spingessi, d’altro canto, potrei semplicemente
dire che era per legittima difesa.» spiegò con calma, prima di portarsi le mani
al viso e scoppiare in falsi, credibilissimi singhiozzi: «Bu-Buggin
voleva fare… del male a me e-e Terry…
la magia è parti… ta da sé…»
Buggin e Terry la guardarono sconvolti, lei smise con la sceneggiata e
tornò calmissima. Georgia non aveva mai avuto un viso considerato “simpatico” a
vista, come quello di Hannah, perciò al momento era più altezzosamente gelida
di quanto Sally-Anne fosse mai stata, non facendo
nulla per ammorbidire le sue parole. Terry ebbe una rapida visione di
Charlotte, che al contrario di Georgia non sorrideva spesso e che lui aveva
sempre reputato la più inquietante delle due se arrabbiata. Ora non ne era più
sicuro.
«Io sono
buona. Sono innocente, sono incapace di mentire, sono una perfetta studentessa
e non sono un prefetto solo perché non ho mai dato l’impressione di voler
controllare gli altri perché seguano le regole, e questo perché non mi sono mai
esposta né in bene né in male. Ciò significa che potrei anche ficcarti la
bacchetta in un occhio davanti ai professori e loro crederebbero a me. E non solo loro. Quindi parliamo un
momento di ciò che hai detto, il tuo desiderio di torturare Terry ora e fuori
da Hogwarts.»
Georgia si fermò davanti alla finestra, dove stava poggiata la sua borsa, e
gli prese il pacchetto di patatine. «Ora, tu ti sarai
reso conto di chi i miei migliori amici e fidanzato siano, vero? C’è Megan, che potrebbe ucciderti solo al mio ordine, c’è Michael Stebbins, che ha più potere di tutta la
tua famiglia messa assieme, c’è Sally-Anne Perks, che ha abbastanza denaro da
chiedere che tu e la tua famiglia veniate sbattuti fuori dall’Inghilterra,
Susan Bones, i cui genitori hanno grande importanza
per il Ministero, e inoltre ci sono gli Hopkins, Cornfoot,
Goldstein e altri dal sangue preziosamente puro che nessuno, in un’era in cui Tu-Sai-Chi è tornato a uccidere, vorrebbe scontentare.
Non ho mai avuto problemi neppure con Draco Malfoy, e
scommetto che lo conosci, né con Harry Potter, inoltre ho uno Slytherin che mi
deve più di un favore e sarebbe Travers, del tuo
anno. E ci sono io, che sono Georgia Runcorn. Hai mai sentito parlare di un
certo Runcorn al Ministero? Ce n’è uno soltanto, perciò ti chiedo un favore:
quando questa conversazione sarà finita, chiedi ai tuoi genitori di parlarti di
lui. Scoprirai che persino se non avessi amici ad
Hogwarts non sarei una persona che vorresti nemica.»
Terry si sentì sbiancare, realizzando la rete di amicizie di Georgia, che
piaceva letteralmente a tutti, e al potere che ne deriva. Lei si premurò di
lanciare la borsa a Buggin, che l’afferrò senza una
parola.
«Certo, ti ho
sempre lasciato importunarmi per evitare noie, sei sempre stato troppo in basso
perché mi preoccupassi della tua esistenza. Ma ora mi irriti,
perciò lascia che ti dica cosa succederà. » proseguì lei in tono affabile, «Tu
ti dimenticherai non solo di Terry, ma dell’esistenza di qualunque altro
studente di Hogwarts. Passerai i tuoi M.A.G.O. e sparirai dalle nostre
vite com’è giusto che sia. Oppure… continuerai a
darmi sui nervi. A quel punto io farò in modo che tu venga
bocciato e, viste le persone che conosco e le loro famiglie, potrò farlo e ti
lascerò in questa scuola finché non sarai tu a decidere di mollarla senza M.A.G.O. Fuori da Hogwarts non troverai neppure un lavoro,
i soldi dei Perks e l’influenza degli Stebbins e degli altri non te lo
permetteranno e finirai col dover lasciare l’Inghilterra. Ma il mio amico Sheldon, un altro purosangue, ha contatti anche
all’esterno, e così mio zio, perciò finirai in rovina ovunque
andrai, tu, tua sorella e la tua famiglia intera. E io
mi impegnerò per il resto della mia splendida vita a rendere la tua un inferno,
semplicemente perché posso. E se
pensi che il suicidio potrebbe salvarti, Megan saprà sicuramente trovare una
maledizione che ti renderà un fantasma e che ti bloccherà qui in questo schifo
di mondo per l’eternità. E per sempre, per
sempre¸
dovrai soffrire in compagnia di qualche spirito veramente terribile che
legheremo a te, tanto perché tu conosca l’inferno non soltanto da vivo. Il Barone Sanguinario fa paura a Peeves,
vero?»
Georgia fece una pausa, e poi sorrise nel solito modo tranquillo e
affettuoso, piegando leggermente la testa di lato: «E noi non vogliamo che
questo accada, vero?»
Buggin infilò la borsa in spalla, passò accanto a Terry, spolverandogli
leggermente la spalla con una mano, e poi proseguì per il corridoio, sparendo
senza dire una parola. Terry lo guardò andare, a malapena consapevole di avere
la bocca spalancata, e poi si voltò lentamente verso Georgia che stava
mangiando le patatine.
«Dove devi andare?» gli chiese lei e Terry sobbalzò, «Perché
io volevo chiamare voi Ravenclaw per andare insieme al lago. »
«I-io… al campo da Quidditch da Burt.
Anthony è in biblioteca a studiare, comunque, e Kevin è con Michael. »
«Ah. Fa
niente. » disse lei, facendo spallucce, «Facciamo la
strada assieme. »
Terry annuì debolmente, prendendo a camminarle accanto in silenzio. Pensò a
diverse domande da farle, e poi si schiarì la gola; Georgia lo guardò con la
solita aria serena, come se niente fosse successo.
«Lo sa
qualcuno? Che… a volte sei…
così?»
Lei batté le ciglia, come chiedendosi a cosa si riferisse, poi sollevò gli
occhi al cielo e ci pensò. «Mike. E credo che Megan,
pur non sapendolo, lo percepisca. Intendo dire che non mi ha mai apertamente sfidata o minacciata in modo serio come fa con Sally, quindi
forse a livello animale sa di avere una avversaria che rispetta. »
«A livello animale…» ripeté Terry a bassa voce,
pensando che fosse una spiegazione valida.
«Ma che sia chiaro, io non mi scelgo gli amici in base al loro potere, se
fosse così non sarei amica di Kevin, ti pare? E non mi
comporto bene solo per avere gli adulti dalla mia parte quando invece mi
comporto male. Quelle sono conseguenze, non cause
delle mie azioni. Sei comunque pregato di non raccontare a nessuno ciò che è
successo, rovinerebbe la mia immagine. Dopotutto sei in debito con me, eh?» gli disse, terminando in tono allegro e facendogli
l’occhiolino.
Terry si ritrovò a metà tra l’ammirazione e il terrore.
«L’avevo detto io!» urlò due giorni dopo Kevin, irrompendo in mezzo al
gruppo di amici seduti sull’erba accanto al lago, finalmente riusciti a trovare
un po’ di tempo libero. Tutti si voltarono a guardarlo interrogativamente.
«Fonti sicure mi dicono che Potter e la Weasley ora stanno assieme!»
«Beh, ce l’ha fatta allora…»
mugugnò Michael Corner con un mezzo sorriso. Terry lo guardò interrogativamente
e lui scosse la testa.
«E Ron?» domandò Ernie, sorpreso, «Mi ha sempre dato l’impressione di
essere un po’ iperprotettivo con la sorella.»
«Voleva uccidere sia me che Dean Thomas.» convenne
Michael Corner.
«Pare che Ron sia contento, o così mi ha detto Charlotte.»
«Charlotte mia sorella?» domandò Georgia, stupita, «Perché lo sai prima di
me, allora?»
«Le ho
parlato oggi a colazione e tu non c’eri. Mi sono avvicinato al tavolo
Gryffindor per salutare un paio di amici lì.»
«Spettegolare.» tradusse Anthony.
«E così lei
mi ha raccontato la cosa. Dov’è Stebbins?» domandò
Kevin. Ormai per abitudine tutti i Ravenclaw chiamavano Michael “Stebbins” in presenza di Michael Corner, e spesso anche in sua
assenza, così come gli Hufflepuff dovevano chiamare per cognome il Ravenclaw in
modo da essere più chiari nei loro discorsi.
«Ha detto che andava a studiare.» rispose pigramente Rowan, che stava
prendendo il sole accanto a Georgia e Dorian. I due ragazzi si erano fatti
amici a forza di passare tempo con la stessa compagna e Kevin ne era molto
felice, perché sapeva benissimo che Dorian risentiva della tensione tra lui e
Jeremy e che aveva comunque bisogno di qualche altro amico di sesso maschile.
«M.A.G.O.» gli ricordò Stephen alla sua occhiata,
«Ora che ci penso…»
«No, sei in pausa oggi.» tagliò corto Susan, «È domenica mattina.»
«Anche Stebbins dovrebbe prendersi una pausa.» sospirò Terry, facendo
spazio tra sé e Michael per far sedere Kevin. Michael gli rivolse un’occhiata
penetrante e Kevin guardò prima l’uno e poi l’altro per poi andare a buttarsi a
terra accanto a Cindy, urtando Jeremy. «Scusa, amico.»
«Niente, compare.»
Cindy sorrise ad entrambi, «È vero, dovrebbero
tutti prendersi una pausa oggi. L’anno prossimo non ci saremo più né io, né
Dorian, Jeremy e Stebbins. Sarebbe carino aver speso un po’ di tempo tutti
assieme.»
«Mi viene da vomitare.» annunciò Rowan.
«Bello.» commentò subito Sally-Anne in risposta.
«È il pensiero che Mike non sarà qui l’anno prossimo?» domandò Georgia,
guardando il cielo.
«Già... Vado a chiamarlo.»
«Ci ho già pensato, ma non è in biblioteca.» lo avvisò
Wayne.
«Né nell’aula di musica.» aggiunse Georgia.
«Allora è alla torre.» borbottò Rowan, incamminandosi verso la torre di Astronomia, che era deserta. Salì le scale
lentamente, era domenica mattina e non aveva voglia di fare tutti quei gradini,
e una volta arrivato cercò di non fare troppo rumore per non distrarre Michael,
nel caso si stesse esercitando in qualcosa di pericoloso. Ma Michael era seduto
sui mattoni che separavano il pavimento dal vuoto, con le gambe curvate in modo
da appoggiarci i gomiti e le mani sul viso, i capelli di nuovo corti un po’
troppo sparpagliati perché fossero voluti così.
Rowan spalancò la bocca per un momento e poi si chiese come avvertirlo
della sua presenza senza rischiare di farlo cadere dall’altra parte, o se magari
fosse il caso di scendere di nuovo di sotto. Ma non era mai stato un gran pensatore né uno capace di far
finta di nulla in una situazione simile, così fece un passo avanti e quello fu
abbastanza.
La testa di Michael scattò verso l’alto, una maschera di sorpresa con
ancora un’ombra dell’evidente dolore di poco prima, e poi il ragazzo saltò giù
dal muretto e gli diede subito le spalle, strofinandosi le mani sul viso. «Ehi,
Rowey, che ci fai qui?» domandò in tono assurdamente
allegro.
«Sono venuto a chiamarti, tutti ti vogliono al lago.» rispose lui
tetramente.
«Okay, un secondo per raccogliere il libro e arrivo.» disse Michael,
aggiustandosi i capelli con un paio di colpetti che li resero di nuovo perfetti
e che Rowan gli avrebbe invidiato se non fosse stato
così terrorizzato.
«Pensi davvero di cavartela così?»
«Eddai, non puoi far finta di niente?» sbuffò
Michael, guardandolo supplice e arreso al tempo stesso, «Non è niente.»
Rowan abbozzò un sorriso: «Maestro.»
«Sono stanco di parlarne sempre a tutti, è sempre lo stesso problema.»
borbottò Michael, tornando a sedere. Rowan si avvicinò di qualche passo,
scuotendo la testa e facendogli intendere di non aver capito, «Cedric.»
specificò lui.
Rowan sentì la gola farsi arida e si limitò a fare
un piccolissimo cenno.
Michael alzò gli occhi al cielo e poi fece in modo di girarsi un po’ verso
l’esterno per tenere il viso rivolto in un'altra direzione: «È
solo che anche se Megan dice che lui sapeva che io sarei finito con Georgia… io continuo a girarmi da lui, sai? Anche dopo che
ne ho parlato con voi.»
«A girarti?» ripeté Rowan a bassa voce.
Lui si strinse nelle spalle, a metà tra la risata disperata e il pianto a
giudicare dalla voce: «Tutte le volte che mi succede
qualcosa di emozionante, tutte le volte che mi sento meravigliosamente con
Georgia, e capita spesso, mi viene spontaneo cercarlo con lo sguardo per
dirglielo. Mi dispiace, lo so che non dovrei parlarne proprio con te, tu sei un
amico fantastico.» aggiunse, voltandosi a guardarlo, «Non voglio che tu ti
senta come se non fossi abbastanza…»
«Lo so che non c’entra niente.» lo rassicurò subito Rowan, temendo che
Michael si chiudesse di nuovo, «Mi sembra anche normale, il vostro rapporto era
speciale e poi io ci sono sempre, lui no.»
Temette di aver detto troppo, ma Michael annuì con gratitudine. «Ecco. Sai perché ho pianto l’ultima volta?»
Rowan fece lentamente segno di no con la testa, perché sapeva che le
lacrime di Michael erano rare. Lui impallidiva, quello era sempre stato il suo
modo di esprimere paura, dolore e rabbia quando gli altri piangevano.
«A parte oggi, ma una settimana fa ho tolto la collana per controllare che
la chiusura non si stesse danneggiando dato che la
tengo sempre…» e sfiorò la cordicella che tratteneva
l’anello datogli da Georgia, «E ho pensato di mettere l’anello per un momento,
tanto per vedere se mi stava. E ho pensato che lui non metterà mai l’anello di
nessuno né vedrà me con l’anello. E mi capita per ogni singola cosa a cui mi avvicino per la prima volta da quando è morto. La
prima pizza, quest’estate, che mangiava dopo la sua morte, e ho pensato che lui
non ne avrebbe più mangiata. È come una fissazione, sai? Ogni volta che tocco
qualcosa che non ho toccato da quando è morto so che è
la prima volta che lo ri-faccio o che lo faccio in assoluto e so che lui non lo
farà mai. E non è neanche la parte peggiore. La parte peggiore è quella che
riguarda Monica.»
Rowan si irrigidì; Michael ne parlava sempre come
se fosse una persona normale e non sembrava aver nessun problema dato dalla
storia della pozione, ma era impossibile che fosse così, era stato usato e
praticamente abusato, non poteva
essere normale.
«Tralasciando lo schifo di quella situazione…
Quando ero con lei non mi faceva male pensare a
Cedric. Credo fosse perché in qualche modo il mio cuore sapeva che non era vero
nulla di quel sentimento, non nei confronti di Monica almeno, e perciò non
stavo male all’idea che lui non ci fosse… O forse era
l’euforia innaturale data dalla pozione, che aumentava anche i sentimenti in
modo anormale, e allora non avevo proprio modo di stare male…
E non hai idea di quanto io mi senta in colpa ma ero sollevato.»
Rowan lo guardò cautamente: Michael aveva stretto la mascella ed era bianco come il latte.
«Ero
sollevato perché finalmente non ci pensavo più, l’avevo lasciato andare e mi
stava bene così. L’ho lasciato andare. E non so se odio di più che io
l’abbia fatto o che fossi felice di farlo o se odio di più che non mi stia bene
che ora che è tutto reale non riesca a godermelo completamente, perché dovrebbe
andarmi bene così, dovrei voler stare almeno un po’ male per non dimenticare
Cedric, ma al tempo stesso vorrei essere come ero con Monica. Con Georgie,
ovviamente, a cui non posso dire nulla di tutto questo perché se lo spiegassi
male crederebbe che voglio ancora stare con Monica. E lo so che tutto questo è
stupido, Cedric non avrebbe voluto che stessi male e anche piangerne non lo
riporterà in vita, so anche che l’unico motivo per cui non odio Monica è quella
poca pace che avevo e che non era reale, ma non posso fare a meno di sentire
che manca qualcosa. Che manca lui. Una volta ho chiesto a Megan se secondo lei
saremmo mai stati meglio di come ora.»
«E lei che ha detto?» domandò Rowan.
«Ha detto di no.» rispose Michael, stavolta con una punta di debolissimo
divertimento, «Ha detto che non saremmo mai stati interi.»
Rowan cercò di ricordare come l’aveva vista poco prima, era in piena
salute, sorridente e baciata dal sole, e si sentì abbastanza furioso contro di
lei per quello che aveva risposto a Michael, che voleva solo sentirsi dire che
sarebbe andato tutto bene. Poi si ricordò che Megan non riusciva a capire molto
bene come ci si comportava in certe situazioni, lei agiva per istinto ed era
molto sincera anche forse per via di quello che era accaduto a sua madre, chi
lo sapeva cosa si agitava in profondità dentro quella testolina deviata, e
Georgia gli aveva confidato che a volte l’amica si svegliava ancora urlando la
notte, ma non parlava mai con nessuno di tutto questo come se ormai fosse
qualcosa di normale, proprio come Michael.
«Beh, prima o poi avrai toccato tutto quello che devi toccare su questa
terra e non potrai più pensare che lui non lo farà più.» tentò pateticamente.
Se non altro questo strappò una risatina all’altro. «E hai già praticamente
detto tutto tu, quanto è stupido non voler lasciare andare il dolore perché
puoi non dimenticare Cedric anche senza impedirti di goderti la vita, e che
Monica era schizzata e quella poca pace è l’unica cosa per cui non la odi, ma
io la odio per te, e credo che tu prima o poi raggiungerai quella pace anche
con Georgia. Magari ogni tanto penserai ancora a Cedric, ma non credo che sarà
così doloroso.»
«E come fai a dirlo?» domandò Michael, suonando soltanto curioso.
«Perché sono passati solo due anni, è normale che tu stia da schifo, ma
starai sempre meglio e questo non vuol dire dimenticarlo. È come dire che tu
non hai mai amato Sandy solo perché ora non l’ami più. Quello che hai fatto e
sentito resta anche se ora non c’è più, non hai bisogno di sentire ancora le
stesse cose per renderle vere, credo.»
Lui lo guardò un po’ sperduto e per un momento Rowan si sentì più vecchio
di lui. Poi improvvisamente troppo giovane davanti a quella montagna di dolore
che non poteva capire davvero ma solo immaginare.
«Tu ci sei sempre stato per me, anche quando stavi male. Quindi lasciami
ricambiare il favore, come stavi cercando di fare prima di chiuderti di nuovo e
finendo col non dirmi tutte queste cavolo di cose che avresti dovuto raccontarmi
subito. Non serve a niente tenertele dentro se poi scoppi, quindi tanto vale
venire da me. Io non mi stanco.»
«Potrei anche confidarmi con Dorian.» ribatté Michael, guardando altrove
con aria di falsa innocenza.
«Ti butto di sotto.» minacciò Rowan e lui sorrise, balzando in piedi.
«In realtà mi sento meglio ora, grazie. L’averlo detto a qualcuno mi fa
sentire un po’ meglio.»
«Parlare fa bene.» approvò lui.
«Quello e anche stare a letto con Georgie, che distrae per bene.» ghignò
Michael, sapendo l’effetto che avrebbe causato.
Rowan arrossì, non per timidezza ma perché Georgia era a metà tra una
sorella e una bella, bella ragazza che gli si era offerta in modo molto
suggestivo a Natale, e si sbatté le mani contro le orecchie: «Lalalalalala!»
Michael rise e mise le mani in tasca, aspettando che Rowan la smettesse.
Quando lo fece, il più giovane commentò: «Non posso credere che l’anno
prossimo non ci sarai più.»
«Pensiamo a finire quest’anno prima, ho la sensazione che non abbia ancora
smesso di essere interessante.»
Di tutto quello che Michael poteva dire, niente si sarebbe rivelato più
tragicamente vero.
Era il ventitré giugno quando Stephen si svegliò di soprassalto, tutti i
sensi che gli dicevano che era in pericolo, e un secondo dopo giunse
un’esplosione dall’esterno e il pavimento tremò.
Slytherin e Hufflepuff furono quindi i primi a svegliarsi, per via della
loro posizione al piano terra e sotto terra, ma soltanto questi ultimi si
ritrovarono tutti in sala comune, tra il panico e la curiosità.
«Silenzio! SILENZIO!» urlarono i Prefetti, travolti dalla folla spaventata.
«Ho visto combattere dalla finestra!» esclamò Greta Buggin.
«Chiaro che bisogna chiedere a te
per avere notizie.» borbottò Megan.
«Combattere?» ripeterono diverse voci.
Poi si udì un’altra esplosione che fece tremare il pavimento e molti
strillarono.
«State fermi qui, io mi affaccio a vedere.» disse Michael, leggermente
pallido.
«No!» strillò subito Georgia, che sarebbe andata volentieri, ma da sola in
modo che gli altri potessero restare al sicuro.
«Apro soltanto per controllare se dalle finestre del corridoio si vede
qualcosa!»
«Apriamo e basta.» disse Ernie, prendendo in mano la situazione.
«Gli altri studenti del settimo possono restare indietro e dare una mano ai
più piccoli?» domandò Wayne a voce alta. «Noi diamo un’occhiata fuori.»
«E noi del quinto?» domandò Helen, cercando di rendersi utile.
«Restate tutti indietro.» rispose
Susan. Ovviamente Rowan neanche l’ascoltò, già dietro Georgia che nonostante le
proteste aveva superato Michael, consapevole di non poter fermare nessuno e
volendo capire cosa stesse succedendo.
I più coraggiosi uscirono quindi in corridoio, avvicinandosi alle finestre.
«Io non vedo niente…» mugugnò Megan, cercando di
sollevarsi sulle punte. Rowan e Michael, essendo molto più alti, si scambiarono
un’occhiata e fecero qualche passo avanti.
«Cindy dice che dalla loro camera le è sembrato di vedere il Marchio Nero.»
li avvisò Dorian con voce tremante.
Megan si fece frettolosamente indietro e più di una persona si sentì
gelare. Anche dentro la sala comune era calato il silenzio.
Non durò molto, perché sentirono urla farsi più alte e poi un rumore di
armature o qualcosa di simile cadere in lontananza. Megan fece un altro passo
indietro e Wayne si mise davanti a lei.
Giunse un rumore di passi in corsa e, prima che chiunque potesse fare
qualcosa, Harry Potter si fiondò per il loro corridoio con aria incredibilmente
stravolta. Dal primo all’ultimo pensarono che stesse salvando la pelle a tutti
come faceva di solito, e quando Ernie tentò di chiedergli informazioni lui
continuò a correre ruggendogli di togliersi di mezzo.
Anche i Ravenclaw si erano svegliati ed erano usciti, come avevano fatto
alcuni Gryffindor. Tutti erano automaticamente andati verso la Sala Grande,
perché dalle loro torri avevano avuto una visuale perfetta del Marchio Nero e
speravano nell’aiuto dei professori.
Ad arrivare di corsa però furono prima Snape, in compagnia di Malfoy, che
non fu di alcun aiuto e ignorò tutti, e poi degli sconosciuti che fecero
saltare il portone, alcuni quadri e, nel caso della donna tra loro, far
esplodere la clessidra Gryffindor.
Nessuno osò fare nulla, neanche i Gryffindor, e Anthony sentì che molti
cercavano Harry Potter e i suoi amici. Seamus, Dean e
diverse ragazzine invece stavano cercando Neville e Ginny Weasley.
Poco dopo arrivò Harry Potter di corsa, anche lui senza neppure rallentare
alla loro vista, e ci fu uno scambio di sguardi incerti.
«Usciamo anche noi?» tentò Cho Chang, scossa.
In quel momento videro arrivare gli Hufflepuff in blocco e anche diversi
Slytherin giungevano dai sotterranei con aria scioccata. Evidentemente nessuno
di loro era stato avvisato dell’arrivo dei Mangiamorte e tutti si chiedevano
cosa fare.
«Hanno smesso di urlare.» fece presente un Hufflepuff.
«Abbiamo visto Harry Potter!» li avvisò un Ravenclaw.
«Anche noi.» annuì Ernie.
Ormai stavano arrivando tutti gli studenti, e i fratelli e sorelle che si
trovavano in case diverse si stavano abbracciando come se fossero appena
tornati da una battaglia. Sembrava uno scenario apocalittico, come se, per
assurdo, ci fosse una vera battaglia a Hogwarts, e molti tremarono quando
Stephen diede voce all’idea.
«Che facciamo?» domandò un ragazzino Ravenclaw, alzando la voce.
«Di solito lo chiederemmo a una qualunque delle persone che mancano.» disse
Parvati Patil tristemente.
«Chi è che manca?» domandò subito Megan.
«Harry, Hermione, Ron, Neville e Ginny.»
«Andiamo.» disse Lavender Brown all’amica, e in
generale alla folla, «Andiamo a vedere. E ad aiutare, se possibile.»
Era la cosa più Gryffindor che quelli del suo anno le avessero mai sentito
dire, e ci furono alcuni assensi e anche qualche spintone tra le sue fila e
quelle Slytherin. Le accuse contro questi ultimi restarono inespresse a parole
ma ben chiare negli sguardi degli altri studenti mentre uscivano dal portone
d’ingresso e gli Slytherin, compresi coloro che erano completamente innocenti e
dopo essere arrivati a Hogwarts avevano smesso di badare alla purezza del
sangue, si strinsero tra loro e ricambiarono con occhiate malevole.
«La Torre di Astronomia…» mormorò Stephen,
notando che il Marchio Nero era proprio sopra di essa e che c’era del
movimento; non sembrava una battaglia, in ogni caso. Altre voci ripeterono le
sue parole a volume più alto e tutti si diressero verso di essa stringendo bene
le bacchette tra i pugni.
Alcune figure stavano arrivando velocemente, facendo fluttuare quella che
sembrava una barella. Molti studenti illuminarono la strada e Michael, che era
tra i primi insieme a Dean Thomas, Anthony e alcuni insegnanti che li avevano
finalmente raggiunti per guidare le loro case, trasalì: «Professor Lup-»
«Presto!» esclamò una donna e lui ci mise qualche secondo a riconoscere una
sciupata Tonks, realizzando che fosse lei solo quando era già passata oltre. I
due stavano accompagnando un uomo in barella che nessuno ebbe il tempo di
riconoscere, ma qualcuno urlò notando il viso coperto di sangue.
«RON!» esclamò Dean guardando avanti, sollevato. Il sentimento non durò a
lungo, vista l’espressione dell’amico che tirò dritto senza neanche salutarlo,
seguito da Ginny che gli lanciò un’occhiata così spaventata da farlo star male.
Hermione li seguiva subito dopo; infine passò anche la McGonagall, che
stava guidando un’altra barella su cui era steso Neville.
Altre voci si sovrapposero alle loro e ci furono altre urla; Michael si
guardò indietro e vide che altri ragazzi stavano uscendo dal castello, i più
piccoli che si erano trattenuti nel caso ci fossero ancora Mangiamorte e che
ora si avvicinavano ancora in pigiama, centinaia di studenti erano ormai fuori,
tutti che sapevano che il Marchio Nero significava che era morto qualcuno e che
avevano paura di scoprire ci fosse. Il fatto che Neville e l’altro uomo fossero
trasportati via con le barelle significava che erano vivi, e Michael procedette
verso la torre e sperò, egoisticamente, che non fosse caduto nessuno che
conosceva, per quanto il pensiero di un morto fosse comunque orribile.
«Credo stia tornando Harry Potter…» bisbigliò
Charlotte, tirando una mano a Georgia che cercò di vedere attraverso il buio
della notte.
«Cadavere!» esclamò un Gryffindor con voce stridula e molti si portarono le
mani alle labbra o al petto o sussultarono, «Credo sia un Mangiamorte!»
«Bene.» decretò Megan, che stava tremando come una foglia. Wayne le prese
una mano, limitandosi a seguire Michael che sembrava l’unico a sapere dove
stesse andando.
Stephen guardò la Torre di Astronomia con un crescente senso di nausea e
cercò tra l’erba, non sicuro di cosa esattamente si aspettasse di vedere. Poi
scorse un altro corpo che per un momento gli parve quasi brillare di luce
propria e cacciò un urlo strozzato.
Lentamente tutti si accorsero di Albus Dumbledore, con le braccia aperte e
l’espressione serena di chi dormiva, steso sull’erba sotto la Torre di
Astronomia. Anche gli Slytherin non sembravano avere nulla da commentare su
questo, sui volti di tutti c’era lo shock, l’orrore, la realizzazione che la guerra
era vera e che la stavano perdendo, perlomeno quelli dalla parte dei nati-babbani o contro Voldemort.
Gli amici di Cedric si sentirono catapultati alla fine del Torneo Tremaghi, con Cedric sull’erba nella medesima posizione, e
Megan dovette sedersi a terra per non rischiare di svenire, singhiozzando forte
come quella notte. Sapeva che sarebbe morta presto, toccava a lei, a Justin e
forse anche a Rent, loro erano i sanguesporco, non avevano scampo se persino
Dumbledore era caduto.
Georgia pensava anche a suo fratello mentre si stringeva a Michael, che non
piangeva né diceva nulla, limitandosi a tenere un braccio intorno alle sue
spalle e uno intorno a quelle di Rowan, che era rimasto immobile accanto a lui.
Charlotte era ancora aggrappata alla sorella e cercava di non guardare, anche
lei in lacrime come tutti.
«Non è possibile… siamo condannati…»
mormorò Dean Thomas, scatenando un pianto isterico da parte delle sue amiche e
di Justin, che era rimasto stoicamente in silenzio ma ora annuiva con
disperazione.
«Jus…» mormorò Susan con voce soffocata,
abbracciandolo.
Harry Potter si fece strada tra di loro, con Hagrid accanto che sembrava
non credere ai propri occhi, e Sally-Anne si avvicinò automaticamente al
guardiacaccia senza osare aprire bocca, fissando il loro preside, la persona
che doveva tenerli al sicuro, che in teoria doveva essere più forte di
qualunque cattivo. Hagrid non la notò, seguendo il Ragazzo Sopravvissuto e
poggiandogli una mano sulla spalla.
E Harry Potter si chinò accanto al preside, sfiorandogli la mano, e prese
qualcosa. Dopo aver guardato l’oggetto chinò la testa e Thor cominciò ad
ululare.
Molti piansero con lui quella notte.
Non era finita, chiaramente, non lo
era mai, e due giorni dopo Charlotte andò a trovare la sorella e gli amici
Hufflepuff per dare loro qualche altra notizia.
«Che cos’hai detto?» mormorò Megan dopo le parole della ragazzina.
Calò di nuovo il silenzio e lei guardò Wayne con orrore.
«Che professor Snape era con lui nella Torre. Che l’ha ucciso lui.
Ovviamente il Ministero vorrà interrogare Snape e per questo lo sta cercando.
Harry Potter comunque dice che è stato lui.» le ripeté lui.
Megan lo fissò e poi gli altri, che invece cercarono di non incontrarne gli
occhi, poi corse a chiudersi in camera, sbattendo la porta che dava ai
dormitori femminili.
«Io l’ho sempre detto che era un mostro. Non pensavo anche assassino, ma…» borbottò Michael, scuotendo lentamente la testa.
«Robert mi porta via subito dopo il funerale.» disse Charlotte e Georgia
annuì.
«Io vorrei fare il viaggio in treno invece…»
«Lo immaginavo.»
Non furono in molti ad accorgersi dell’ulteriore disastro avvenuto pochi
minuti dopo il funerale di Dumbledore, quando la scuola era ancora quasi del
tutto vuota.
Dorian stava terminando di stipare tutto ciò che aveva nel suo baule prima
di raggiungere gli altri in giardino e, per sua sfortuna, restò completamente
solo nel dormitorio. Fu controllando di aver messo via tutto che vide la
collana che Monica gli aveva lasciato, e pensò di aver bisogno di un po’ di
fortuna in quel momento.
Se la infilò al collo e un attimo dopo era a terra in preda alle
convulsioni, senza neppure avere il tempo di urlare, e la sensazione che un Dissennatore lo stesse baciando.
Tutti gli altri stavano prendendo posto in giardino, e alcuni erano già in
lacrime.
Wayne diede un colpetto alle spalle di Megan e le indicò suo padre in
arrivo. Non era l’unico, molti altri ex studenti stavano arrivando da ogni
luogo.
«Gah probabilmente non sa ancora che è successo,
ovunque lui sia…» sospirò Sally-Anne, e fu Terry
stavolta a stringerle la mano.
«Gah no, ma i tuoi genitori ci sono.» la avvisò
Susan.
«Dove? Dove?»
«Vieni.»
«Mamma!» salutò Wayne, abbracciandola. Anche il signor Stebbins era con
lei, ancora dall’aria un po’ malata ma decisamente migliorato.
Michael si avvicinò a lui e poi decise di stringergli la mano. Megan sembrò
indecisa se fare lo stesso o meno e fu suo padre a toglierla dall’impiccio,
abbracciandola sbrigativamente e poi appoggiando una mano sulla sua spalla.
«Come stai? Andiamo via assieme dopo il funerale?»
«Preferirei prendere il treno con gli altri. Sai, amici del settimo che
vanno via…» mugugnò lei.
«Va benissimo. I tuoi nonni ti mandano un bacio.»
«Ehi!» esclamò Michael, notando i Diggory, «Datemi un minuto!» disse agli
altri, e corse ad abbracciare i due.
«Walter! Jack! Rent!» salutò Georgia, raggiungendoli con Charlotte.
«Ciao! Finalmente!» li accolse Charlotte, e Rent la sollevò in un abbraccio
da orso.
«Sei diventata un po’ più alta!»
«Vero?»
«Sai, pensavo che quando ci saremmo rivisti avrei potuto prendere in giro
te e Mike…» commentò Jack, baciando una guancia di
Georgia, «Pensavo a un momento molto più felice.»
«Già, è un vero peccato…» sospirò lei.
«Come va in Romania?» domandò Wayne al fratello.
«Lì a meraviglia. Qui piuttosto…»
«Ci stiamo chiedendo tutti cosa ne sarà di Hogwarts l’anno prossimo…» commentò Megan, guardandosi indietro.
«Se non chiude immagino che la McGonagall diventerà preside.» suggerì Rent.
«Questo non sarebbe male.» disse Charlotte.
«Hai qualcosa di strano.» annunciò Michael, che era tornato da loro.
«Chi?»
«Tu, Rent.»
Tutti guardarono il ragazzo, che si strinse nelle spalle.
«È l’aria di chi studia. Ci credereste che si sta dando da fare?» domandò Jack
a voce bassa, mettendogli un braccio intorno al collo, «E lavora, anche.»
«Allora è davvero la fine del mondo…» borbottò
Michael, sorridendo poi all’amico imbarazzato.
«Sta per cominciare…» disse Walter, «Oh, che
schifo. Era Dumbledore. È ingiusto…»
«Questo riassume più o meno i sentimenti di tutti, tesoro.» convenne sua
madre, che si era voltata a guardare la bara bianca.
«Era una brava persona.» disse Rent, «Ricordo che una volta avevamo preso
il tè e i biscotti insieme, prima che ci desse una punizione per quel casino
con gli Slytherin.»
«Avevate preso il tè e biscotti con Dumbledore?» ripeté la madre di Wayne e
Walter, basita.
Michael guardò altrove con aria innocente.
«Perché non me ne stupisco?» domandò Robert.
«Rob!» esclamarono le due sorelle, lanciandosi su
di lui in un abbraccio.
«Vado a sedermi.» disse Rebecca, accarezzando i capelli dei figli che non
protestarono.
«A dopo, ma’.» salutò Walter, mettendo le mani in tasca.
«Ma è vero quello che si dice? È vero che è stato…»
cominciò Jack.
«Se lo dice Harry Potter dev’essere vero.» rispose
Michael brevemente, «Non ha mai mentito.»
Megan scosse leggermente la testa guardando a terra, e fu suo padre ad
abbracciarla di nuovo e dirle che gli dispiaceva. Ci mancò poco che lei
piangesse di nuovo.
Appena il funerale fu finito Kevin balzò in piedi, asciugando un paio di
lacrime: «Ma Dorian non è seduto neanche dietro?»
«Non è venuto.» disse Anthony, cercandolo, «Strano.»
«Forse all’ultimo non se l’è sentita.» suggerì Terry, sporgendosi verso di
loro.
«Dorian?» domandò Jeremy
scettico, «Non è da lui.»
«Ascolta, io e Anthony ci avviciniamo un attimo a vedere che fine ha fatto,
tu e Michael accompagnate quel pover’uomo di Burt a bere qualcosa.» suggerì
Kevin, dato che il ragazzo era parecchio sensibile e stava soffocando nelle
lacrime.
Terry capì benissimo che volevano anche lasciarlo solo con Michael e gli
rivolse un’occhiataccia, ma Kevin stava già chiamando Cindy e ignorandolo,
pensando che Dumbledore amava l’amore e che questo era un buon modo per farlo
sorridere ovunque fosse.
Sally-Anne decise di unirsi a loro, come anche Georgia, così
automaticamente anche Michael, Megan, Stephen e Rowan li seguirono,
quest’ultimo anche perché consapevole di aver scordato di mettere nel baule il
libro che teneva sotto il letto.
Kevin trattenne Sally-Anne indietro con Anthony, lasciando gli altri
Hufflepuff in testa, e poi sussurrò: «Grazie per Terry.»
«Non mi devi ringraziare di nulla.» disse subito lei.
«Mi ha detto il tuo metodo per capire se uno è gay. Senti, ho qualche dubbio…» cominciò lui e Anthony alzò gli occhi al cielo,
«Ahia!»
«Imbecille!»
«Non posso toccare neanche una volta? Ahia! Smettila di essere violenta!»
«E tu smettila di esistere!» ribatté lei, «Oh, sto di nuovo diventando una
Megan.»
I tre ridacchiarono, tornando però subito seri, e poi lei accelerò il
passo, «Voi aspettate fuori?»
«Sì.» rispose Anthony, bloccando Kevin, «Non c’è bisogno di andare in
massa.»
Jeremy fu il primo a entrare in camera, trovando l’amico a terra privo di
conoscenza. Spaventato si precipitò da lui, scuotendolo e chiamandolo, e aveva
deciso di correre a dire agli altri di raggiungerlo di corsa e chiamare anche
aiuto quando Dorian spalancò gli occhi.
«Dorian!» esclamò lui, sollevato.
L’amico allungò una mano per tastarsi il viso come se fosse qualcosa di
nuovo e Jeremy notò una collana che non aveva mai visto pendergli al collo,
nera come la pece.
Poi Dorian guardò lui come se non
lo conoscesse; anzi, Jeremy sentì il suo sguardo passargli attraverso, e
poi la mano di Dorian scattò verso il suo collo se strinse la presa con tanta
forza che lui lo sentì scricchiolare. Gli schizzarono quasi gli occhi fuori
dalle orbite e aprì la bocca inutilmente.
«Che diamine fai?» urlò Michael, che era l’unico altro compagno di stanza
rimasto a Hogwarts e grazie a Merlino lo aveva seguito.
Dorian lo lasciò andare e scattò indietro velocissimo, afferrando la
bacchetta. Fu solo grazie ai propri riflessi che Michael evitò di farsi
sventrare da un incantesimo tagliante come una lama che quasi aprì in due la
porta, e Dorian rise pazzamente mentre correva fuori.
I due rimasti ebbero solo un istante per scambiarsi un’occhiata e poi
andargli dietro.
«È uscito di testa!» gridò Jeremy, ancora scosso dalla tosse.
Cindy, che era stata la prima ad andargli incontro, si fermò perplessa.
Dorian frenò di scattò, sogghignando.
«Mi divertirò così tanto con te.» commentò con sentimento. Lei aprì la
bocca per parlare ma fu scagliata contro la parete opposta da un pugno di
Dorian, che non aveva chiaramente più bisogno della bacchetta per avere una
forza sovraumana.
Georgia e Sally-Anne strillarono mentre Megan si chinava dietro al proprio
baule per evitare di essere colpita da una fattura scagliata da Jeremy.
«FERMALO, MIKE!» urlò Stephen davanti al ritratto aperto.
Anthony e Kevin, che erano in attesa nel corridoio, si avvicinarono di
corsa.
«CI STO-GEORGIA!» urlò lui.
Lei parò il primo colpo con un braccio, cercando disperatamente di
raggiungere la bacchetta con l’altro: «Dorian, che fai? Sono io!»
Lui ringhiò in risposta e lei fu sicura di aver visto i suoi occhi cambiare
colore per un momento, poi Dorian abbassò di scatto il braccio, riuscendo ad
afferrare il suo e lo torcendolo, costringendola a cadere in ginocchio con un
urlo di dolore. «Grazie, Georgia, è grazie a te se sto così bene.» sibilò.
«NON COLPIRE!» Wayne gridò a Michael nello stesso momento in cui Jeremy
urlava di farlo e si accasciava accanto a Cindy per vedere come stava.
Tutti strillavano qualcosa; Michael esitò, sapendo di rischiare di fare del
male anche a Georgia visto come la stava trattenendo, e Dorian la colpì. Si udì
il rumore dell’osso che si spezzava e lei urlò a pieni polmoni e i Ravenclaw si
precipitarono dentro solo per fermarsi sconvolti.
«Dorian?» disse Kevin con un filo di voce e gli occhi spalancati, e poi
notò Cindy.
«STUPEFICIUM!» urlarono Michael, Sally-Anne, Wayne e Rowan nello
stesso momento, quest’ultimo in arrivo dalla sua stanza attirato dalle urla.
Dorian saltò di fianco evitandone due e parò il terzo con un incantesimo
scudo. Usò un diverso incantesimo per parare il quarto e spedirlo direttamente
contro Anthony, che lo fermò per un soffio.
«Siete troppo deboli.» osservò lui, e poi si chinò per evitare la poltrona
che Michael gli aveva scagliato contro e Megan si lanciò contro di lui,
premendo il fulmini belli che Wayne le aveva regalato contro la sua
schiena.
Tutti si immobilizzarono e lei vide qualche piccola scarica azzurrina
diffondersi sulla sua schiena, poi Dorian cadde in avanti con un tonfo.
Un attimo dopo rotolò di fianco, puntò la bacchetta e la colpì con uno schiantesimo, facendole perdere conoscenza.
Si alzò con un salto, lui che ha bisogno di aiuto per sollevarsi dalla
sedia, pensò Kevin, assente, e diresse un colpo contro Michael, che si
tramutò in una piccola ma accecante esplosione. Poi mirò a Kevin, che non si
mosse, e un getto di luce arancione attraversò il Ravenclaw poco sotto le
costole; Anthony si ritrovò schizzato del sangue dell’amico, che cadeva
all’indietro con espressione incredula, e non riuscì a muovere un passo per lo
shock per qualche secondo prima di lasciarsi cadere in ginocchio per dargli una
mano.
Dorian gli passò accanto senza che lui, l’ultimo rimasto in piedi e non
temporaneamente accecato, facesse nulla per fermarlo, troppo occupato ad
aiutare il ferito, e Stephen, che si era fermato a metà strada tra la porta e
Megan quando Kevin era stato colpito, non poté fare altro che guardare il pazzo
correre e sparire verso la Sala Grande e l’uscita dalla scuola.
«Georgia…» chiamò Michael, con le mani ancora
sugli occhi.
«Stephen, chiama aiuto!» supplicò lei, stesa a terra con una mano sul
braccio spezzato.
«Cosa diavolo… cosa…»
mormorò Jeremy, «Era Dorian, quello, vero?»
«I suoi occhi hanno cambiato colore…» li informò
Georgia con voce soffocata, tentando di alzarsi in piedi e sibilando per il
dolore. «Ha detto “grazie a me”…»
«Che cosa?» chiese Wayne, che camminava alla cieca, con le mani occupate a
stropicciare gli occhi, e cercava Megan.
«Gli occhi hanno cambiato colore!» ripeté lei.
«Forse era sotto imperio.» suggerì Anthony, senza darle retta, «O
forse era posseduto, non ha importanza ora! Datemi una mano!»
Kevin rise debolmente, con un rivolo di sangue che gli scivolava lentamente
dalle labbra mentre l’amico si stracciava la camicia con forza per legargli la
stoffa sulla ferita e fermare l’emorragia. «Relax, Anthony-bello…»
«Sta sragionando?» domandò Sally-Anne, chinandosi accanto a loro con aria
terrorizzata.
«Non più del solito.» rispose lui, tetro.
«E Cindy?» domandò Kevin in un soffio.
Lei si voltò a controllare: «Credo svenuta. EHI, come sta Cindy?» strillò rivolta agli altri.
«Svenuta, forse ha qualche costola rotta!» rispose Rowan, «Cos’erano quegli
incantesimi? Non li ho mai visti!»
«Innerva. Avrei giurato che alcuni fossero in stile magia
accidentale, non sembrava controllare la bacchetta per davvero…»
disse Wayne ad alta voce. Megan aprì lentamente gli occhi.
«Il fulminatore doveva come minimo abbatterlo.» fu la prima cosa che disse.
«Lo so.»
«Non era una resistenza umana.»
«Lo so.»
«Non ne posso più di essere interrogato…» si
lamentò Jeremy a bassa voce, seduto al capezzale di Cindy. «Tantopiù
che lui ha lasciato la scuola, non ha molto senso se non hanno intenzione di
fare niente per aiutarlo.»
«Non… Stai fermo!» squittì Terry, cercando di
tenere Kevin disteso.
«Devo andare a cercarlo!»
«Ma dove vuoi andare in quelle condizioni?» replicò Anthony duramente,
«Pensa a Cindy, se sparirai anche tu prima del suo risveglio le verrà un
colpo.»
«Vorrei esserci stata, per dare una mano…»
borbottò Susan, sentendosi inutile.
Tutti gli assenti annuirono; l’unico a non essere lì in quel momento era
Quill, che i genitori erano venuti a prendere il giorno dopo la tragedia.
«Non avreste potuto fare niente, era velocissimo, potentissimo e resistentissimo…» ribatté Georgia, «Jeremy…»
«Sembrava pazzo, ma questo l’avete visto tutti, e con me non ha neanche
parlato. Appena si era svegliato era come un animale, dopo ha ripreso a
comportarsi da persona… persona pazza e malvagia. E
non c’era nient’altro di strano.» disse lui meccanicamente, «Odio tutto questo.
Vorrei aiutarlo.»
«Il fatto è che se fosse soltanto pazzo non sarebbe così disumanamente forte…» commentò Stephen.
«L’unica cosa diversa dal solito era la collana che aveva al collo, ora che
ci penso.» disse Jeremy, «E Georgia gli ha visto gli occhi rossi.»
Tutti ci pensarono un momento.
«Di quale collana parli?» domandò Kevin lentamente, con la mente che
viaggiava a mille e ricordava ogni singola conversazione con Dorian.
«Quella che aveva al collo, magari?» rispose lui sarcasticamente, «Tutta
nera.»
«L’unica collana di cui mi ha parlato non era tutta nera ed era un regalo
di Monica, gliel’aveva data a Natale per ringraziarlo di essere sempre così
gentile con lui, prima di andare via coi parenti.» ricordò Kevin. Poi notò le
occhiate degli Hufflepuff. «Che c’è? Cosa sapete?»
«Hai detto Monica?» fece Michael, che stava impallidendo quanto era
impallidito la notte della morte di Dumbledore.
«Grazie a me…» ripeté Georgia in un sussurro.
«Perché avrebbe dovuto dargli una collana maledetta? Proprio a lui, dico?»
chiese Sally-Anne, «Maledetta come, poi?»
«Maledetta?» ripeté Anthony.
«Perché pensava che Dorian fosse più che un amico per me, e che in ogni
caso fosse il mio migliore amico.» rispose Georgia con voce assente, guardando
la parete bianca davanti a sé, «Credeva che lo fosse, credo avesse frainteso un
mio tono scherzoso. L’avrà fatto per farmi del male.»
«Ma chi, Monica?» domandò Terry, nel tono di chi era sicuro che fosse uno
scherzo.
Rowan lanciò un’occhiata ai suoi compagni di stanza, venuti a vedere come
stava Georgia – e come stava lui, dato che era stato Stephen a chiamarli e non
aveva specificato che lui era illeso – e notò che loro invece fissavano Michael
in attesa di chiarimenti, non aspettandosi che lui ne sapesse qualcosa.
E così Michael raccontò loro la verità tutto d’un fiato.
«E non sappiamo esattamente in quale clinica sia perché a quanto pare lei
voleva andare in qualche posto lontano. I Diggory hanno scritto ai genitori per
saperne di più ma loro non hanno mai risposto, potrebbero aver cambiato casa,
dato che lei aveva detto di voler lasciare l’Inghilterra, o chissà cosa, quindi
dubito che potremmo trovarla e chiederle spiegazioni se non è al San Mungo.»
«E potrebbe essere che non sia mai neanche entrata nell’ospedale?» suggerì Anthony
con voce atona.
«No, i genitori hanno detto che l’hanno accompagnata fino a dentro. Hanno
mandato una lettera soltanto per confermare che era tutto apposto, così mi ha
detto Dumbledore, e poi sono spariti.»
«Fatemi capire bene.» disse Terry, in tono teso, «Questa qui era matta,
matta da legare, ti ha tenuto sotto filtro d’amore per mesi pronta a sposarti,
vuole probabilmente fare la pelle a Georgia, è bravissima in pozioni di ogni
genere e potenzialmente in incantesimi e maledizioni, se n’è andata a chiudersi
in una casa per matti e a nessuno viene in mente di avvertirci? Di non
accettare i suoi stramaledetti regalini?»
«Dumbledore ci ha fatto promettere che non le avremmo distrutto la speranza
di un futuro sociale andando in giro a dire che non era completamente sana di
mente, perché è il genere di cosa per cui la gente ti guarda dall’alto in
basso, specie se non hai l’aspetto o neanche una buona qualità su cui contare.»
spiegò Sally-Anne in tono seccato, «Dato che l’adorabile Monica ha deciso di internarsi
da sola ha pensato di darle una possibilità. Sapete com’è. Cioè, com’era.»
«E noi abbiamo rispettato il volere di Dumbledore, che lo volessimo o
meno.» aggiunse Justin, frustrato.
L’espressione di Georgia fu eloquente, ed Ernie aggiunse: «E Georgia era
assolutamente contraria. Più di tutti. Non si è mai fidata.»
Ci fu qualche secondo di silenzio e poi Kevin parlò: «Dobbiamo scoprire
cosa gli ha fatto.»
«Lo sapevi?» domandò Lance a Rowan, che si limitò ad annuire.
«Ho promesso che non ne avrei parlato. Non sembrava davvero pericolosa.»
«Ditelo a Dorian!» sbottò Jeremy, «E a Georgia, perché se ha fatto questo
per ferirla…»
«L’ha fatto per ferirmi. Dorian mi ha detto che era grazie a me se stava
così bene, doveva essere un messaggio di Monica.» confermò lei.
«Ora si sta curando.» fece presente Cindy, aprendo gli occhi, «Quindi
quella Monica non esiste più e Georgia non è più in pericolo.»
«Cindy!» esclamarono tutti.
«Come ti senti?» domandò Anthony, avvicinandosi a lei.
«Un po’ dolorante. Scusate se non vi ho salutati subito ma volevo sentire
cosa stavate dicendo.» rispose lei, «Che si fa ora?»
«Io vado in biblioteca.» disse Megan di punto in bianco. Tutti la
guardarono e lei aggiunse: «Penso di sapere dove trovare la possibile
maledizione usata da Monica. Lei aveva preso in prestito un libro che io e
Stephen avevamo usato tempo fa.»
«Snape l’aveva preso, il libro.» le ricordò Stephen, tentennante. Aveva
subito capito dove lei voleva andare a parare.
Lei si irrigidì e poi disse: «Allora vado nell’ufficio di Snape.»
«E come entrerai? Penso che qualcuno sarà lì per fermarti.» le fece notare
Anthony ragionevolmente.
Wayne pensò che non la conoscesse ancora abbastanza bene o che fosse troppo
sconvolto, per affermare una cosa simile nella speranza che lei desistesse.
Le labbra di Megan si distesero in un lento sogghigno: «Spero che ci provino.»
«Quindi, ricapitolando…» cominciò Jeremy.
«Ricapitolando funziona così.» disse Megan, «Diciamo che la tua personalità
è una torta, fatta di fette diverse. C’è la fetta simpatia, la fetta
generosità, la fetta dolcezza, la fetta insicurezza. Tu metti la collana e la
fetta simpatia diventa antipatia, generosità diventa egoismo e dolcezza diventa
amarezza. Tutto ciò che c’è di buono diventa cattivo, tutto ciò che c’è di cattivo
resta cattivo. All’inizio magari uno è un po’ scioccato dal cambiamento, come
hai visto, ma in pochissimo raffina tutte le sue caratteristiche peggiori e se
era intelligente o furbo prima lo resta anche dopo, diventando un maestro di
cattiveria. Ovviamente tutte le persone che più amava prima diventano i
principali target dopo, non si fermerà davanti a niente per farvi a pezzi. Nel
caso di Dorian poi, che era un bravo ragazzo nel vero senso della parola,
l’effetto è ancora più forte. Oltre a cambiare le fette si può dire che tolga
proprio la coscienza, non c’è modo di avere ancora sentimenti buoni. E aumenta
forza e resistenza fisica. Ci sono però due controindicazioni.»
«Solo due?» domandò Kevin, furibondo.
«La prima è che non ha molto senso di solito usare quella maledizione,
perché un nemico che diventa in grado di usare la magia e la forza fisica più
primordiale non fa comodo, e un amico diventa un nemico pericoloso, in più è
molto difficile da preparare, quindi non è molto comune. La seconda è la presunta
facilità con cui si può spezzare la maledizione.»
Tutti si sporsero verso Megan in attesa.
«Basta togliergli la collana.»
«Oh.» disse Jeremy, un po’ sollevato.
«E per togliergli la collana bisogna trovarlo e avvicinarglisi.»
gli ricordò Kevin e tutti si incupirono di nuovo.
«Bisogna avvertire i professori e i genitori in modo che tutti sappiano che
quello non è Dorian.» suggerì Anthony, «E loro stessi manderanno qualcuno a
cercarlo, magari persino gli Auror potrebbero occuparsene.»
«Potrebbero, ma lo faranno? Ora che Dumbledore è morto che succederà?» si
chiese Megan. «Se solo avessi capito prima che non aveva preso il libro per
poter fare il filtro d’amore ma per questo motivo…»
«Era impossibile.» la consolò Kevin, «Arrivare a questo era veramente impossibile.»
«Resta da capire se qualcuno cercherà di salvare Dorian o no.» ribatté
Jeremy, afflitto.
«Non mi interessa, io andrò a cercarlo anche per conto mio.» decretò Cindy.
In parecchi spalancarono la bocca, compresi i suoi amici più stretti e
Kevin, davvero colto di sorpresa questa volta.
«Cin?» sussurrò Terry.
«Io ho finito il mio anno a Hogwarts.» gli ricordò lei.
«Anche io, e verrò con te. Dorian è mio amico.» decise Jeremy, «Tra l’altro
non è che io abbia molto altro da fare, no?»
«Verrò anche io, ovviamente.» disse Kevin.
«No, invece.» ribatté Cindy, in un tono perentorio che non era da lei, «Tu
sei figlio di babbani, non credo che sarà sicuro per te la fuori, inoltre sei
solo al sesto anno, ti servirà seguire il settimo per poterti rendere utile,
non è detto che riusciremo a trovarlo in un anno soltanto dopotutto. Abbiamo un
mostro di intelligenza e probabilmente sadismo, considerato che Dorian era la
cosa più lontana da esso, da affrontare, non credo che lo troveremo prima che
lo voglia lui.»
«Noi andiamo fuori.» disse Wayne ad alta voce, facendo cenno agli altri di
seguirlo.
«Sì, dobbiamo avvisare i professori…» borbottò
Susan.
«E scrivere di nuovo ai genitori di Monica.» aggiunse Justin.
Terry sbuffò sonoramente, attirando le occhiate dei compagni di casa, e poi
Anthony si chiuse la porta alle spalle dopo aver trascinato via Jeremy.
«Io non ho bisogno di frequentare e lo sai bene.» le fece notare Kevin
cercando di restare calmo.
«Hai bisogno di essere al sicuro a Hogwarts, tu e la tua famiglia. Anzi,
ora che Dumbledore è morto, forse dovreste lasciare proprio il paese.» ribatté
lei.
Lui scosse la testa: «Questi discorsi non ti si addicono.»
«Perché sono stupida?»
Kevin la guardò sbalordito: «Sai che non lo penso.»
«So che lo pensano tutti. So che non sono la più sveglia del gruppo, so che
mi fido troppo della gente e che è facile prendermi in giro, so anche che
quando si tratta di te o di altre persone a cui sono troppo legata è ancora più
facile che io non capisca la metà di quello che intendete quando parlate. Non
sono eccezionale ma me la cavo con le varie materie, ho creduto al coniglio
pasquale fino ai tredici anni, sono ancora convinta che i miei pesci rossi
siano affogati e mi rendo conto che è assurdo che fossi così certa che Snape
fosse in realtà una pianta, quando ero al secondo anno e Hansel mi prendeva in
giro. Lo so che tu sei mille volte più intelligente e capace di me e che per me
è più difficile degli altri capire quando uno mente. Però non sono stupida.
Sarò poco furba a volte e troppo ingenua, ma non stupida, e so che il mio cuore
è sempre stato al posto giusto, che se c’è qualcosa che può contrastare tutto
questo odio è l’amore e io sono piena d’amore e voglio per una volta fare
qualcosa che valga, qualcosa di giusto, qualcosa per i miei amici che hanno
sempre fatto tutto per me, e voglio che questo qualcosa sia ritrovare Dorian.
So di essere in grado di farcela e Jeremy sarà con me ma ho bisogno di sapere
che tu che sei figlio di babbani sarai a finire di studiare, che tu e la tua
famiglia sarete al sicuro, perché altrimenti non smetterò di pensarci e finirò
col farmi uccidere in qualche modo stupido, anche solo investita da una
macchina babbana mentre vado a comprarmi la
colazione. Per favore, almeno tu, non trattarmi come se fossi un’incapace. Io
so che ce la farò e devi crederci anche tu.»
Kevin non poté fare altro che annuire lentamente, prima di decidere che
doveva assolutamente alzarsi e baciarla e al diavolo tutto.
Madama Pomfrey piovve su di loro come un avvoltoio.
«Domani dovete prendere il treno e non siete in condizioni accettabili, ora
prendete queste, dormirete fino ad allora.» ordinò, porgendo loro dei
bicchieri.
«Neanche solo d’estate?» domandò Kevin in fretta a Cindy.
«Devi sistemare i tuoi.» ribatté lei, e bevve tutto in un sorso.
«Lo sai che sei un esserino insopportabile,
vero?» replicò lui, facendo lo stesso e sentendosi subito assonnato.
Cindy rise della sua risatina leggera: «È per questo che mi vuoi bene.»
«E tu ne vuoi a me.»
«Io ti voglio più che bene. Ma ora dobbiamo pensare a Dorian.»
Questo quasi strappò Kevin dal sonno: «Cos…»
E poi si svegliò la mattina dopo, Cindy se n’era già andata e Madama
Pomfrey lo stava scrollando; lui si maledisse per la sua incapacità di alzarsi
in orario a prescindere. Fece giusto in tempo a raggiungere le carrozze che
Jeremy lo superò, andando all’ultimo posto libero in quella di Cindy.
Prima però si voltò e gli sorrise: «Ti prometto che ritroveremo Dorian.
Sai, nel caso non ci sia il tempo di vederci quest’estate, cosa probabile.»
«Grazie.» disse Kevin.
«E… non mi tirerò indietro in nessun senso.»
aggiunse Jeremy, indicando con un gesto la carrozza e la sua occupante bionda,
«Giusto perché tu lo sappia.»
Kevin restò impalato, e pensò che era lui il vero stupido tra i presenti, nonostante
la sua decantata intelligenza superiore alla media.
«Kev!» chiamò Burt, «Qui siamo liberi!»
Kevin lo raggiunse di malavoglia e Burt gli fece spazio. «Bene, anche tu di
cattivo umore? Terry sta praticamente fumando.»
Terry lo salutò con un cenno della testa.
«Bene, proprio una bella fine dell’anno.» commentò lui, e si voltò per un
momento a cercare Dorian con lo sguardo prima di darsi di nuovo dello stupido.
Incontrò gli occhi di Michael Stebbins che stava nella carrozza accanto e i due
si capirono alla perfezione.
Questo gli diede la nausea.
Penultimo capitolo in cui è successo il mondo, come si dice da queste
parti.
Vorrei avvisare tutti che quando
questa storia sarà finita mi prenderò una pausa per poter finire di scrivere
l’ultimo anno o almeno arrivare ben avanti con esso, e ci vorrà un po’ visto
tutto quello che già scrivo. Odio, ODIO far aspettare la gente e cercherò di
scrivere ogni volta che ne avrò occasione, esami permettendo.
Avevo un sacco di note da aggiungere e non me ne ricordo neppure una.
Ah, la pozione era menzionata per davvero nel libro da cui Megan e Stephen
avevano preso le loro, controllate per credere! Ed è quello di cui Travers e Monica avevano parlato a Natale.