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Autore: ElseW    21/09/2011    4 recensioni
Ci sono certe giornate che sin dall’inizio ti fanno capire le loro intenzioni.[...]
Poi ci sono quelle giornate che non ti fanno prevedere nulla. Sono subdole, sadiche. [...]Ecco. Oggi è stata proprio una di quelle giornate; e posso assicurarvi che il mio sistema nervoso è ormai un nostalgico ‘C’era una volta...’

Non aspettatevi triangoli amorosi, eh. C'è poco di amoroso e triangoloso in questa storia.
Solo tanti babbei e qualche coda.
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Albus Severus Potter, Altro personaggio, Lily Evans, Rose Weasley, Scorpius Malfoy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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Storie di code.
Gatta ci cova
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 È sabato mattina. Gli uccellini cinguettano, gli studenti dormono sereni e l'aria fresca è ancora satura dell'umidità notturna; il sole non è ancora abbastanza alto nel cielo e trapassa le vetrate come una morbida coperta di seta, avvolgendo gli occupanti del castello in una magica coltre di luce dorata.
Un vero paradiso per tutti.
“Albus Severus Potter!”
Tranne che per me.
Il ragazzo che stava per uscire dalla sua Sala Comune con aria sospettosamente casuale, si ferma a metà del passo successivo, inchiodato dal mio tono di voce. Si volta, indossando il suo solito sorriso accomodante. “Rosie! Come mai nei sotterra... ”
“ Dimmi dov’è James.”
L’espressione facciale non muta neanche di una virgola. Maledetto Serpeverde bugiardo. “James-fratello cavernicolo-Potter? Non saprei, sai benissimo che facciamo in modo di incrociarci di tanto in tanto, solo per non dimenticarci della nostra reciproca esistenza.”
“Piantala Al, so perfettamente che lo stai coprendo, lo fai sempre. Questa volta però l’ha combinata grossa, non sono in grado di riparare al suo danno e anche se lo fossi non lo farei: che si assuma le sue responsabilità per una volta!”
Intravedo il primo lampo di incertezza negli occhi di Al. L’idea di essere complice in qualcosa di potenzialmente pericoloso ha inserito il tarlo del dubbio nella sua fedeltà fraterna. Nonostante i geni Potter è comunque un Serpeverde: autoconservazione prima di tutto.
“Quanto grossa?”
Stringo gli occhi e mi volto, dandogli le spalle. Lo sento trattenere il fiato.
“Grossissima.”
“Oh, Merlino... ”

“Giuro, Rose! Non avevo idea che avesse intenzione di mettere una pozione del genere nel succo di zucca mattutino! Cioè, sapevo che la colazione avrebbe avuto un qualche ruolo, ma non credevo che si sarebbe spinto fino a questo... ”
“Al. Io – ho - una coda. Ho una coda, te ne rendi conto? Ho una coda di un dannatissimo gatto che esce dalla mia gonna! Quanto pensi sia terribile il mio umore da uno a dieci?”
“... dieci?”
“CENTO! Anzi, il mio umore al momento travalica ogni numerazione possibile! È sabato mattina, mi sveglio con l'intenzione di godermi una sana colazione in Sala grande - per una volta priva della presenza molesta della maggior parte degli studenti – mi godo il bagno libero visto che le mie compagne di stanza stanno ancora dormendo, passeggio serena nei corridoi senza essere urtata da nessuno e senza dovermi trascinare dietro una borsa stracolma di libri, mi accomodo sulla panca con la speranza di un delizioso piatto di uova strapazzate… e mi ritrovo con una coda! Sai Al, ho sempre saputo che James avesse un potenziale di deficienza piuttosto alto, ma mi rendo conto di non averne mai compreso la reale portata!”
“Sono certo che l'effetto svanirà in poche ore!”
“Al, tu credi che io voglia passare buona parte del mio sabato con una coda? Ho la faccia di una che vuole passare il suo sabato con una dannatissima coda?!”
“Ok, vado a chiamarlo.”
“Ottima idea; e digli che se spera di assistere ad una sorta di isteria di massa a causa di un'inspiegabile comparsa di code moleste, la sua speranza è più che vana. Sono andata nelle cucine e ho ordinato agli elfi domestici di buttare il succo di zucca destinato alla colazione.”
Al annuisce, quindi lancia un'occhiata alla mia coda e si volta in direzione del nascondiglio di James. Aspetto, rassegnata. Qualche secondo dopo sento provenire dalla fine del corridoio una sana e grossa risata liberatoria. Oh be'. Quantomeno ha avuto la decenza di trattenersi in mia presenza.
Mi volto e mi dirigo a passo di marcia verso le scale.

Sono ancora seduta in Sala Grande quando gli studenti cominciano a scendere per la colazione. Ovviamente indosso il mantello; non ho alcuna intenzione di essere il bersaglio di qualsivoglia commento derisorio. Tra l'altro se mostrassi la coda i professori vorrebbero delle spiegazioni e a causa della mia - inspiegabile - lealtà verso James, non sarei in grado di fornirgliene una quantomeno decente. Mangio le mie uova strapazzate con un'espressione parecchio mogia.
Quando Dominique, la mia dolce cugina dalla varietà emozionale di un iceberg, e la mia migliore amica Elene, nonché compagna di Dormitorio, si siedono accanto a me, io non do neanche segno di averlo notato. Questo fino a quando la seconda non mi strilla nelle orecchie un “Buongiorno!” entusiasta. Riesco a non strozzarmi con le uova e a cavare fuori un 'giorno poco convincente. Dominique si serve della sua solita colazione composta da una tazza di latte macchiato e un croissant alla crema, suscitando dei ringhi di pura invidia da quelle ragazze che, per paura di ingrassare e per ottenere un fisico quantomeno simile a quello della mia dolce(?) cuginetta in parte Veela, stanno sorseggiando il loro tè al limone. Io aggredisco con più voracità le mie uova, pensando che mi metterei a dieta solo se ne andasse della mia salute; anche se devo ammettere di essere stata fortunata visto che, oltre ad aver ereditato da mio padre l'incredibile goffaggine e la generale mancanza di tatto ed empatia, sono riuscita ad acchiappare anche il suo metabolismo: mangio quantità industriali di cibo e il mio corpo è ricoperto solo dalle essenziali masse muscolari. Purtroppo non sono riuscita ad aggiudicarmi anche l'altezza; quella l'ho presa da Nonna Molly. Esatto: sono bassa. Molto bassa. Per chi volesse saperlo poi, nei giorni di gloria delle mie tette - e cioè quelli che precedono il ciclo - porto una seconda scarsissima.
La giornata assume un senso quando gli elfi fanno apparire i biscotti con le gocce di cioccolato. Mi avvento sul vassoio, avvolgendone una decina in un tovagliolo e infilandoli nella borsa.
Elene mi scocca un'occhiata guardinga. “Rose? Tutto ok?” Grugnisco qualcosa in risposta, troppo occupata ad uccidere il mio bacon.
Dominique distoglie lo sguardo dal suo croissont e dopo un delicato saluto alle sue compagne di stanza, si sporge leggermente verso di me dicendo, “Rose, stai spaventando i primini.” Alzo gli occhi e mi guardo intorno. Un gruppetto di undicenni mi scruta con aria sconvolta. Il loro sguardo va dal mio piatto alla mia spilla di Prefetto; probabilmente stanno pregando di non incontrarmi mai nei corridoi.
Poso con cautela la forchetta e prendo un bel respiro. “Scusatemi ma, a dispetto del bel risveglio, la giornata non sta procedendo nel verso giusto.”
Elene aggrotta le sopracciglia, sbattendo le palpebre sui suoi grandi e caldi occhi color nocciola. “Ma il tuo motto non era il buongiorno si vede dal mattino?”
Le lancio un'occhiataccia. “Ricordamelo quando questa giornata sarà finita.”
Dominique sta per dire qualcosa, quando il suo sguardo si abbassa di qualche grado, attratto da qualcosa sotto la panca. Strabuzza gli occhi in un'espressione di esagerato stupore per i suoi canoni e annuncia, “Rosie, sai perfettamente che non sono il tipo che ama scherzare e nel complesso il mio senso dell'umorismo è più che altro mordace e lontano dai volgari doppi sensi ammantati di malizia ma… hai una cosa pelosa che ondeggia tra le tue gambe.”
Abbasso di scatto gli occhi e mi affretto a chiudermi il mantello addosso. Entrambe però hanno notato la coda rossiccia che, fuori dal mio controllo, stava dondolando serenamente sotto la panca.
“Rosie, che diamine è?!” prorompe Elene, in un bisbiglio frenetico.
“E-ecco, diciamo che… non è stata una buona idea fare colazione per prima, sì.”
Dominique sembra aver intuito chi potrebbe essere il responsabile di cotanta stupidità. Non per niente è l'unico che riesce a smontare il suo gelido autocontrollo. “James.”
Non è una domanda. Sospiro, rassegnata.
“Già. Albus lo sta cercando per avere l'antidoto, ma è sabato, ciò vuol dire che passerà il week-end a vagabondare per Hogwarts, nutrendosi direttamente dalle cucine... e in Dormitorio lui non ci sta quasi mai, se non per dormire.” Sento Elene emettere degli strani rumori, quindi mi volto a guardarla. Sta lacrimando. Butto fuori l'aria dai miei polmoni. “Puoi ridere, se vu...” non termino neanche la frase che la mia cosiddetta migliore amica si lascia andare ad una risata talmente forte da far girare mezza tavolata. Mi guardo intorno freneticamente, cercando di zittirla.
“Oh cielo, Elene! Controllati,” è il pacato rimprovero di Dominique, ma ovviamente non basta a placare l'ilarità della mia dolce compagna di camerata.
“Elene, ti prego, smettila! Ci stanno guardando tutti e io vorrei evitare di attirare l'attenzione, sai, ho la coda!” il mio tono supplicante sembra calmarla a sufficienza, difatti, dopo qualche altro singhiozzo condito da frasi spezzate e deliranti a proposito di 'felini' e 'pelo', riesce a riprendere un certo controllo.
"Oh, scusami Rosie, ma proprio non ce l'ho fatta a trattenermi!”
Dominique le scocca un'occhiata di vaga disapprovazione. “Ce ne siamo accorti.” replica, caustica.
Elene la ignora, limitandosi a spalmare un'abbondante dose di burro sul suo pane tostato. “Be', c'è da dire che tuo cugino ha un certo stile.”
Stavolta sono io a lanciarle un'occhiata velenosa. “Stile? Dovreste baciarmi i piedi entrambe! Vi ho salvate da questo supplizio.”
Dominique sembra leggermente più interessata. “Che intendi?”
“Intendo che se non avessi bevuto per prima il succo di zucca, a quest'ora saremmo tutti provvisti di una deliziosa coda felina.”
Elene scuote la testa, incredula. “Tuo cugino è un pazzo. Certo, gran bel ragazzo, ma è completamente fuori di zucca.”
“Sentite, io vado a rintanarmi in Biblioteca se non vi dispiace. Odio la Pince, ma per questa volta preferisco la sua tirannia al rischio di essere beccata con un'appendice non esattamente umana che mi esce dal... Be'. Nel caso doveste vedere Al, ditegli dove sono.” Sto per trottare verso la Biblioteca, quando sono presa da un'insolita vena violenta. “Oh, naturalmente se vedete James… portatelo da me. Pietrificato.” Quindi mi volto e esco dalla Sala grande, stringendo il mantello con tanta forza da farmi male alle mani.
Il buongiorno si vede dal mattino: non c'è che dire, devo assolutamente cambiare motto.


Se mio padre mi vedesse adesso probabilmente mi escluderebbe dal testamento: è sabato mattina e sono in Biblioteca. A studiare. Da solo.
Ho saltato a piè pari la colazione, perché altrimenti mi sarei lasciato convincere da Lucas ad andare ad Hogsmeade a bere qualcosa.
Ovviamente Malco i suoi compiti li ha già fatti. Non so quando li faccia, né come riesca a non farsi beccare mai con un libro di scuola tra le mani, sta di fatto che la sua media è una delle più alte di tutta la scuola. Questo spiega perché io invece sono qui, nascosto tra le scansie, con il libro di Trasfigurazione aperto sul tavolo e una voglia matta di uscire fuori.
Sospiro e rileggo per l'ennesima volta la stessa frase, non capendo nulla esattamente come le precedenti venti volte.
Sto per distrarmi nuovamente osservando una rondine che veleggia fuori dalla finestra, quando sento dei passetti furtivi nel corridoio al di là della scansia che mi separa dal resto della Biblioteca. Incuriosito, allungo il collo: intravedo qualcosa di rosso e basso avanzare con aria sospetta. Chiunque sia credo stia cercando, con scarso successo, di passare inosservato. Fino ad ora ha fatto parecchio baccano: ha sbattuto contro una scansia e inciampato su qualcosa (e non capisco su cosa, visto che raramente si incontrano ostacoli sul pavimento della Biblioteca).
Mi alzo, più per sfuggire alla tortura-studio che per vera e propria curiosità. Percorro silenziosamente il corridoio e sporgo leggermente la testa una volta raggiunta la fine. C'è qualcuno che scruta la sezione Incantesimi. Di sabato mattina.
Come avevo già intuito da quello che i libri mi avevano lasciato vedere, è un qualcuno dai capelli tendenti al rosso, ma a parte questo non riesco a vedere molto di più da questa distanza. Sono così annoiato che non mi passa neanche per la testa di farmi gli affari miei, infatti avanzo lentamente lungo il corridoio, fermandomi ad un paio di metri dalla - non tanto - furtiva figura.
Mi schiarisco la gola e finalmente la cosa-rossa avvolta in un lungo mantello nero si volta di scatto, colta di sorpresa.
È una ragazza. Piccola. Forse.
A dire il vero è la cosa più ambigua che abbia mai visto. Sui capelli avevo ragione, sono rossi e piuttosto... indomiti, se vogliamo usare un eufemismo, mentre gli occhi sono blu e grandi come boccini. Ha un viso piccolo e la bocca carnosa e rossa quasi quanto i capelli. È mingherlina e parecchio bassa, specialmente rispetto a me che sfioro il metro e ottanta. A tette è messa malissimo.
Devo ammettere di non avere idea di chi sia. La cosa mi lascia un po' perplesso dal momento che, in un modo o nell'altro, conosco un po' tutti in questa scuola, specialmente della casata Grifondoro con cui, volente o nolente a causa delle parentele di Albus, sono costretto a passare molto tempo; e lei è una Grifondoro.
“Ciao.”
Perché le sto parlando?
“Ciao!” risponde lei, con un tono di voce sorprendentemente schietto. Dall'aspetto mi aspettavo un pigolio.
“Che… ci fai qui?” Ok, mi interrogherò più avanti sulla natura di questa domanda.
La sconosciuta si acciglia lievemente, probabilmente perplessa. “Ahm. Libri. Cioè, studio.”
Annuisco. “Sì, dico, è mattina. Sabato mattina.”
Perché questa conversazione sembra essere destinata a diventare una delle più stupide che abbia mai imbastito?
“Lo so.” replica lei, voltandosi un secondo per prendere un volume e stringerselo al petto.
“È una bella giornata.” esordisce lei con un tono che sembra dire 'ti parlo perché mi sei di fronte' e io non capisco - sul serio, non capisco - per quale motivo io continui a dare l'impressione di essere un demente che non sa neanche conversare.
“Sì, bella. Che anno sei?” chiedo, incuriosito. Magari è una del secondo o del terzo e questo spiegherebbe perché il suo volto mi è solo vagamente familiare, come se l'avessi vista -notata?- giusto un paio di volte.
“Sesto.”
Riesco a non strabuzzare gli occhi solo grazie al mio rigido autocontrollo da piccolo Lord purosangue.
“Oh. Sei bassa.” L'ho detto?
“E tu sei alto.” L'ho detto.
“Come ti chiami?”
“Rose!”
La sconosciuta si volta di scatto verso la voce - familiare, a dire il vero - che la chiama dai meandri della Biblioteca, quindi si volta verso di me. “Scusami, ma devo scappare.”
Annuisco comprensivo, quando invece non ci sto capendo un cazzo.
“Certo. Certamente.”
Posa il libro al suo posto con un'espressione quasi addolorata, quindi accenna un sorriso nella mia direzione, si volta e scappa via, stringendosi il mantello intorno al corpo. Eppure non fa così freddo, penso nebulosamente.
Improvvisamente mi rendo conto che senza un cognome tra le mani, sarà difficile rintracciarla.
Quantomeno so il suo nome: Rose.
Rifletto rapidamente sul da farsi e, chiedendomi perché mi stia imbarcando in questa situazione per una sconosciuta, torno alla mia postazione, afferro i miei libri e mi dirigo svelto verso l'uscita.
Ho bisogno di quel pettegolo di Lucas Nott.


















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Spazio Autrice:
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Ed ecco il primo capitolo!
Nulla da dire, spero solo non sia una porcata.
Fate sapere!
Besos*

Moony

   
 
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