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Autore: barbarak    23/09/2011    5 recensioni
Dal secondo capitolo: "Che cosa è ridicolo? Il fatto che io non sia come hai sempre pensato che fossi? Il fatto che abbia avuto il coraggio di fare la spia, che abbia rischiato anch’io la vita tanto quanto voi o il fatto che noi due fossimo diventati amici? Dimmi Hermione che cosa è che trovi tanto ridicolo?"
Le verità più difficili da accettare sono quelle che vanno contro le cose in cui si è sempre creduto. Ma non tutto è bianco o nero e forse Piton non era il solo a portare una maschera.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Draco/Hermione
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VII libro alternativo
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“Io non sono un Mangiamorte e tu lo sai”.

Hermione ci mise cinque secondi a registrare la frase, due per alzarsi e uno per arrivare alla porta.
 
“Aspetta”. Il prigioniero aveva rovesciato la sedia nella foga di raggiungerla e prenderle un braccio per fermarla. Istintivamente la ragazza si divincolò facendo esplodere la rabbia che aveva dentro.
 
“Mi hai fatto fare tutta questa strada solo per prendermi in giro? Credi che io sia stupida forse? Tu sei un Mangiamorte e meriti Azkaban e la condanna inflitta. Io… che idiota sono stata a cedere alle tue richieste. Che cosa volevi fare? Umiliarmi un’ultima volta? Dimostrare che riuscivi a ingannarmi? Cosa diavolo avevi in mente? Che cosa pensavi? Che dopo questa straordinaria rivelazione io convincessi il Ministro a lasciarti andare? Magari con tante scuse?”
 
Gli occhi che la guardavano erano colmi di disperazione e…dolore tanto che, ancora una volta, ebbero il potere di isolarla dal mondo e farla tacere.
 
Poi fu il turno della voce del ragazzo a ipnotizzarla. Lenta e modulata iniziò a raccontarle una storia. Una storia diversa, una storia che nessuno aveva mai sentito o immaginato.
 
“Io non sono un Mangiamorte perché non ho mai voluto esserlo e sin dal quinto anno sono sempre stato un uomo di Silente. Non interrompermi, ti prego; non ho molto tempo, fra poco verranno a prendermi e tu devi sapere la verità”.
 
Lei aveva sgranato gli occhi e aperto la bocca per replicare e interromperlo, forse anche per insultarlo, ma la richiuse subito dopo il suo ammonimento facendogli cenno di proseguire. Lui sembrava stanco e provato ma sospirando continuò a raccontare.
 
“Forse è meglio che cominci dall’inizio. Il matrimonio dei miei genitori è stato combinato, come lo sono quasi tutti quelli tra famiglie Purosangue; mia madre tuttavia amava mio padre e l’ha amato sino alla fine. Nonostante questo non ne ha mai condiviso pienamente le idee o le… scelte diciamo.  Ha sempre finto di assecondarlo, anche quando si trattava della mia rigida educazione, per non irritarlo o più semplicemente per mantenere la pace in famiglia; in realtà, di nascosto, mi cresceva con idee più liberali e meno razziste, parlandomi di Silente e Piton come uomini giusti e leali, dei quali avrei potuto sempre fidarmi. Mi ha insegnato a simulare come faceva lei, spiegandomi quale comportamento tenere a scuola e anche a casa affinché non sorgessero sospetti circa le mie vere inclinazioni. Lei sapeva che Voldemort sarebbe tornato ed era consapevole che mio padre era vincolato a lui per la vita: non voleva che io subissi la stessa sorte e l’unico modo che ha trovato per salvarmi è stato quello di crescermi con una doppia faccia. Gli unici con cui potevo essere me stesso e parlare liberamente, a parte lei, erano il Preside e Severus.”
 
Sorrise al ricordo di quelle chiacchierate.
 
“Dopo il Torneo Tre Maghi e l’effettiva risurrezione di Voldemort, mia madre capì che le cose si stavano mettendo al peggio, che mio padre non rientrava più nelle grazie del Signore Oscuro, e che io sarei stato, per forza di cose, messo nel mezzo; per questo mi affidò a Piton affinché mi proteggesse e mi aiutasse ad affrontare quello che lei sapeva sarebbe stato inevitabile.”
 
Hermione lo vide chiudere gli occhi e deglutire come se l’immagine dell’antico insegnante di Pozioni e di quello che aveva rappresentato per lui, gli facesse provare un dolore ancora fresco.
 
“Passavamo insieme più tempo possibile facendo credere a mio padre che mi stesse insegnando le Arti Oscure; in realtà mi esercitavo sull’Occlumanzia e nel padroneggiare incantesimi di disarmo e protezione. Durante uno dei nostri incontri notturni, nei primi mesi del quinto anno, si presentò il Preside dicendomi che, se volevo, potevo fare qualcosa per il Mondo Magico oltre che per me stesso. Mi raccontò dell’Ordine della Fenice e dei suoi vecchi e nuovi membri. Mi disse del doppio gioco del mio insegnante e del pericoloso ruolo che ricopriva. Alla fine mi propose di fiancheggiarlo nella lotta all’Oscurità. L’unica condizione che pose, fu quella di fidarmi ciecamente di lui e di non dire niente a nessuno”.
 
La Grifondoro non riusciva a capacitarsi di quello che sentiva: una parte di lei voleva andarsene e porre fine a quella commedia, eppure un’altra parte, la più forte, continuava a ripeterle di restare e di ascoltare quello che quello strano e, a quanto pareva, misterioso ragazzo aveva da dire. Qualcosa che non sapeva definire le impediva di lasciarlo solo in quella buia cella.
 
“Continua”.
 
“Io accettai e da allora, ogni mio gesto, ogni mia parola, ogni azione compiuta, fu fatta su suo ordine. Lui volle che prendessi parte alle squadre di Inquisizione, lui volle che fosse chiaro a tutti il mio odio per i Grifondoro e per te, Potter e Weasley in particolare; lui volle che sembrassi contento del ritorno di Voldemort ed esternassi apertamente la mia ammirazione per mio padre e per i Mangiamorte in generale. E sempre lui volle che m’isolassi da tutti i miei compagni e soprattutto volle che il mio animo nero e pusillanime fosse evidente per chiunque mi conoscesse”.
 
Si fermò un attimo per spostarsi i capelli dagli occhi e per guardare le reazioni della ragazza davanti a quelle rivelazioni, ma sembrava che lei fosse assorta nei suoi pensieri e che non provasse niente nel sentire quelle frasi uscire dalla sua bocca.
 
“Che cosa è successo poi?”
 
“Dopo la cattura di mio padre, Silente, mi convocò nel suo ufficio. Era l’ultimo giorno del quinto anno. Ricordo che era il mio compleanno e come regalo ricevetti la comunicazione che sarei dovuto diventare un Mangiamorte. Mi spiegò le motivazioni e il ruolo che avrei dovuto assumere: io sarei dovuto rimanere nell’ombra e recitare sino alla fine; dovevo sembrare codardo per non attirare i sospetti e, nel caso di vittoria finale di Voldemort, avrei dovuto essere il primo baluardo della nuova resistenza. Avrei fatto quello che il più fidato alleato del Preside aveva portato avanti per diciassette anni: fingere fedeltà alle arti oscure ma in realtà agire per il bene ”.
 
“Io…non posso crederci. Mi dispiace.” Si era girata un’altra volta, pronta ad andarsene ma la voce del ragazzo la fermò.
 
“Non vuoi sapere quello che è capitato dopo? Non sei curiosa di sapere il tuo ruolo in questa storia? Non sei…”
 
Fu interrotto da una bacchetta puntata alla gola.
 
“Io non ho avuto nessun ruolo”.
 
Lui spostò semplicemente il bastoncino e si avvicinò di un altro passo.
 
“Piton sapeva già quello che l’Oscuro aveva in serbo per me, così insieme, pianificammo tutto. Mi marchiarono il mese dopo il nostro incontro, lui e mia madre strinsero il Patto Infrangibile davanti a Bella per farle credere che lui fosse vincolato a me, io feci in modo che tu, Potter e Weasley mi seguiste a Nocturne Alley per farvi venire dei sospetti su di me e, per mettere ancora più astio tra noi, assalii Potter sul treno. Il Preside era certo che Voldemort avesse contatti con la mente del Prescelto per cui voleva che il Signore Oscuro non nutrisse alcun dubbio sulla mia lealtà e sul mio odio per voi”.
 
Allungò una mano come se volesse sfiorarla, ma lei si allontanò. Lui sospirando sconsolato proseguì il suo racconto con un tono molto più dolce.
 
“Una notte, mentre mi stavo esercitando per schermare la mente, sentimmo un rumore di vetri rotti provenire dal fondo dell’aula e Severus con un Revelio scoprì un intruso.”
 
Hermione si morse il labbro quando si accorse che non solo il tono si era addolcito ma anche gli occhi ora avevano un’espressività e un’intensità tale da togliere il fiato.
 
“Eri tu.”
 
“Io? Stai dicendo un mucchio di menzogne. Se credi che io rimanga qui ad ascoltare…”. Mentre parlava, indietreggiava per allontanarsi da lui e da quelle parole scomode. Lui al contempo sembrava starsi liberando di un peso troppo grosso da sopportare.
 
“Sì, tu. Eri nascosta sotto il mantello dell’invisibilità di Potter perché volevi provare a fare una Pozione avanzata e avevi assistito a quasi tutto l’allenamento e anche ai nostri discorsi. Avevi sentito quando Severus m’insegnava a schermare la mente a Voldemort e a mio padre e anche quando mi spiegava quello che Silente voleva da me. Avevi capito cosa ero e sembravi talmente incredula che non riuscivi a spicciare parola, esattamente come adesso”. Gli scappò un sorriso tirato davanti a quel ricordo, ma strinse i denti proseguendo il suo monologo.
 
“Venne immediatamente chiamato il Capo dell’Ordine della Fenice, il quale t’informò del mio ruolo e t’impose di mantenere il segreto con chiunque anche con i tuoi migliori amici. Ti chiese anche di passare del tempo con me per permettermi finalmente di essere me stesso con qualcuno mio coetaneo. Sai, una sua grande dote era di saper leggere le persone e lui aveva capito che a me la situazione pesava; per sedici anni non avevo potuto esternare quello che avevo dentro, fingendo con chiunque e ora la mia vita era diventata ancora più complicata: Voldemort e mio padre sondavano la mia mente ogni volta che li incontravo, mia madre era perennemente sotto minaccia di morte ed io avevo bisogno almeno di credere di essere un ragazzo normale. Darmi la possibilità di frequentarti fu un atto di grande sensibilità e un bellissimo regalo per me. Conoscerti e farmi conoscere da te è stata la cosa più bella che mi sia mai successa”.
Finì di parlare con un’espressione di pura felicità disegnata in faccia e questo destabilizzò Hermione definitivamente.
 
“Tutto questo è ridicolo. Io me ne vado.” Si avvicinò ancora una volta alla porta e riuscì ad aprirla prima che lui la strattonasse via e, stringendola per le spalle, la avvicinasse a sé.
 
“Che cosa è ridicolo? Il fatto che io non sia come hai sempre pensato che fossi? Il fatto che abbia avuto il coraggio di fare la spia, che abbia rischiato anch’io la vita tanto quanto voi o il fatto che noi due fossimo diventati amici? Dimmi Hermione che cosa è che trovi tanto ridicolo?” Prima che lei potesse in qualche modo rispondere, il ragazzo fu schiantato lontano da lei dagli Auror che erano entrati nella cella.
 
Lo guardò mentre faticava ad alzarsi, ancora stordito dall’incantesimo e desiderò ardentemente non essere mai andata ad Azkaban.
 
“Si sente bene? Le ha fatto del male?”.
 
Scosse la testa incapace di rispondere, mentre tutte le parole di Malfoy scorrevano ancora nella sua mente.
 
“Forse è meglio che lei vada ora.”
 
Guardò l’Auror che le aveva appoggiato una mano sulla spalla, probabilmente credendola sconvolta per la presunta aggressione, e, senza dire una parola, girò le spalle al prigioniero, pronta ad andarsene anche perché, per la prima volta nella sua vita, non sapeva propria cosa dovesse fare.
 
“No!” Il ragazzo tentò di avvicinarsi ancora a lei mentre due guardie tentavano di trattenerlo.  Lui tuttavia sembrava animato da una foga e da una forza straordinaria perché riuscì ad arrivarle davanti.
 
“Sei nata il quindici settembre, i tuoi genitori sono dentisti, anche se non so cosa significhi, adori il mare ma odi la salsedine nei capelli; ti piace studiare e la tua materia preferita è Trasfigurazione; detesti ballare e volare anche se con la persona giusta ti lasci andare; non ti guardi mai allo specchio perché dici che non c’è niente di bello da guardare, berresti sempre e solo Succo di Zucca e faresti sparire le Mele Verdi dalla faccia della terra; al primo anno hai bevuto una pozione per permettere a Potter di recuperare la pietra filosofale, il secondo, per sbaglio, ti sei trasformata in un gatto, al terzo hai usato una Giratempo per riuscire a frequentare tutte le lezioni, hai baciato Krum sulle sponde del Lago Nero al quarto, più per ripicca che per vero piacere, al quinto anno hai volato su un Thestral per andare all’ufficio Misteri e al sesto… al sesto sei diventata mia amica”.
 
Quando finì di parlare, Malfoy aveva il fiatone e Hermione era sconvolta.
 
“Come fai a sapere queste cose. Hai letto la mia mente. E’…orribile. E’… sbagliato. E’…”
 
Lui continuava a muoversi scomposto mentre tentavano di bloccarlo.
 
“E’ la verità. Io ti conosco. Come tu conosci me. Piton ti ha tolto il mio ricordo con una pozione ma tu sai che non sto mentendo. Ti prego cerca nel tuo cuore, lui non può avermi dimenticato”.
 
Queste parole Hermione le sentì a malapena perché gli Auror lo avevano trascinato via lasciandola sola con i suoi mille pensieri.
 
Era assurdo, impossibile e assolutamente fuori da ogni logica eppure qualcosa dentro di lei si era mosso e un pensiero dapprima sussurrato e poi urlato, aveva preso piede nella sua mente.
 
E se fosse tutto vero?
 
***
L’avevano sbattuto in cella senza troppi riguardi e ora lui sentiva una tale rabbia in corpo, che ringraziava il tribunale, l’essere solo tra quelle quattro mura.
 
L’aveva rivista e le aveva parlato; gli sembrava un miracolo che lei fosse venuta sin lì, però questo forse era un segnale che non tutto era perduto. Forse qualcosa era rimasto dentro di lei a dispetto di quanto detto dal più grande Pozionista mai esistito.
 
“Non ricorderà nulla?”
“No nulla. Una volta bevuta la pozione contenente i tuoi capelli, sarà come se non fosse mai entrata in quell’aula”.
 
L’aveva vista tornare fredda e scostante nel giro di poche ore e per un momento i suoi propositi erano vacillati. Non sarebbe mai riuscito a sopportare un distacco così doloroso. Oltretutto sapere che non esisteva nessun rimedio contro quell’amnesia lo annientava. Più volte si era chiesto se ne valesse la pena ma quando la vedeva viva e sorridente, allora il suo animo trovava una parvenza di pace.
 
“Non voglio metterti in pericolo. Se fossi catturata, non voglio che Voldemort possa leggere nella mia mente quello che so di te. Quando tutto questo sarà finito, mi ridarai i ricordi e tutto tornerà come prima”.
 
Queste erano state le parole di Hermione quando aveva accettato spontaneamente di bere quell’intruglio denso e scuro. Se l’era portato alle labbra continuando a guardarlo negli occhi e subito dopo si era accasciata al suolo. Draco l’aveva presa in braccio e adagiata dolcemente vicino a una quercia, con un libro in mano: in questo modo avrebbe creduto di essersi addormentata mentre leggeva senza accorgersi dell’arrivo del buio. L’aveva guardata per un lungo istante, le aveva baciato i capelli e poi se ne era andato.
 
In quel momento, solo nella sua cella, quello era il ricordo che gli faceva più male perché era l’ultimo istante che avevano passato insieme e lui le aveva mentito.
 
“Draco non esiste nessuna pozione che possa annullare gli effetti di questo mio nuovo ritrovato. Una volta che la signorina Granger l’avrà bevuta, non si potrà più tornare indietro: i ricordi saranno rimossi per sempre”.
 
“Hermione non deve saperlo”.
 
E così era stato. Lei aveva dimenticato e lui aveva continuato la sua missione, incurante del vuoto enorme che sentiva dentro. Era andato sulla torre, aveva assistito all’omicidio di Silente recitando perfettamente la parte scritta per lui e poi aveva seguito l’assassino del Preside sino al Manor.
 
Sapeva che lei sarebbe andata con Potter nella ricerca degli Horcrux, così come sapeva che lui non avrebbe potuto aiutarla in nessun modo.
 
“Stai calmo. Vedrai che troveremo una soluzione”.
 
Queste erano state le parole del suo insegnante quando si era ritrovato davanti Hermione, trascinata dai ghermitori. Avrebbe voluto schiantare tutti e portarla via da lì, avrebbe voluto togliere la paura dai suoi occhi e abbracciarla dicendole che sarebbe andato tutto bene, invece l’unica cosa che aveva potuto fare per aiutarla, era stato fingere di non riconoscere lei e i suoi amici.
 
Quando la tortura di Bellatrix era iniziata, si era conficcato le unghie nelle mani, mentre Severus si metteva davanti a lui un po’ per impedirgli di vedere e un po’ per rammentargli che non sarebbe dovuto intervenire.
 
“Dovrai mettere i sentimenti in secondo piano e vivere con il solo scopo di sconfiggere Voldermort. Tu non dovrai mai essere in prima linea, qualsiasi cosa accada; se il Signore Oscuro vince la guerra, tu dovrai essere al suo fianco. Se tutto sarà perduto, tu sarai la nostra unica speranza. Sarà una vita di solitudine e di sacrificio ma tu sei l’unico ad avere i requisiti giusti per ricoprire questo ruolo”.
 
Nel momento in cui Silente aveva pronunciato quelle parole, Draco non aveva colto in pieno il loro significato, ma poi lo aveva compreso appieno. Si era sentito impotente e inutile, pur consapevole dell’importanza di mantenere la sua facciata di Mangiamorte fallito.
 
Aveva cercato ancora di aiutarli nella Stanza delle Necessità dando una leggera spallata a Tiger e facendogli perdere il controllo dell’Ardemonio ma per il resto aveva contribuito poco o niente alla battaglia. Si era tenuto in disparte come gli era stato chiesto e non aveva potuto soccorrere né Hermione, né il suo Mentore.
 
Alla fine, mentre i suoi genitori tentavano di trascinarlo via, lui cercava solo il viso della Grifondoro tra i sopravvissuti e quando riuscì a incatenare i suoi occhi ai propri, capì che forse non era tutto perduto perché lei aveva ricambiato il suo sguardo intenso e per un momento gli era sembrato che all’interno della sala grande non ci fosse nessun altro se non loro due.
 
Le aveva scritto tutte le volte che aveva potuto, sperando che lei accettasse di ascoltarlo, non sapendo ancora come fare per convincerla e quando prima se l’era ritrovata davanti, gli era sembrato di toccare il cielo con un dito.
 
Raccontare la storia non era stato facile anche perché non poteva portare nessuna prova se non la propria parola ed era certo che questa, per Hermione, non sarebbe stata sufficiente.
 
Eppure i suoi occhi, per un attimo, un istante che a lui era parso eterno, l’avevano guardato come quando erano soli in biblioteca, in piena notte, a studiare o a parlare del più e del meno, quando lei lo ammirava, quando lei lo abbracciava e gli baciava la guancia infondendogli coraggio, quando lei era sua in qualche modo.
 
Sì, doveva credere che non tutto fosse perduto perché in caso contrario sarebbe impazzito. Sapere che per lei lui sarebbe stato solo un Mangiamorte da strapazzo lo annientava più che l’idea di una vita ad Azkaban.
 
“C’è sempre una speranza. Credi nel futuro Draco. Credi in noi”.
 
E con le parole che Hermione gli aveva rivolto la notte prima di prendere la pozione, Draco si addormentò sperando con tutto il cuore che le proprie parole fossero riuscite a scuotere almeno un poco quella meravigliosa ragazza che aveva avuto la fortuna di incontrare ma che aveva perso a causa di qualcosa di ben più importante della propria felicità.
 
 
 
ANGOLO DELLA POSTA
 
Eccomi con il secondo capitolo dove è spiegato tutto il comportamento di Draco.
Prima che vi mettiate a tirare i pomodori volevo avvisarvi che so che Piton non era presente al momento della tortura di Hermione, così come non ha dato nessuna spallata a Tiger, però mi serviva per lo sviluppo del racconto.
Questa storia nasce dalla mia convinzione che alcuni comportamenti di Malfoy, nel corso della Saga, sarebbero potuti essere interpretati in maniera differente: ho pensato a qualcosa che potesse in qualche modo giustificarlo per tutti i sei anni ed è uscita questo racconto.
Spero che la mia scelta vi piaccia. Io ho adorato scrivere questo scenario alternativo.
Ci sentiamo tra quindici giorni.
La passione di Hermione per il Succo di Zucca è un omaggio a Mirya e al suo genio. 

 

   
 
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