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Autore: LazyLuchi    15/11/2011    6 recensioni
“[…] Per il suo ultimo progetto, la L.B.S. ha scelto di puntare su una mente giovane. Gli scienziati più famosi al mondo under 30 hanno protestato quando hanno scoperto che la suddetta mente è Blaine Anderson, 22 anni, due lauree alla Central University e un futuro promettente nella scienza. […]”
Siamo nell'anno 2437.
Blaine crede che la sua vita sia perfetta. Un misterioso esperimento gli dimostrerà che non è così.
Perchè ciò che cerca vive in un altro secolo...
Genere: Introspettivo, Romantico, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 4 – Come back

- Kurt?
- Mmh?
- Devo andare fuori città per qualche giorno.
Alzò lo sguardo dal suo piatto per puntarlo su di me. Eravamo al Breadstix per pranzare insieme. Fin ora avevamo parlato senza problemi, l’unico attimo di silenzio che si era creato era stato quello, che io avevo interrotto con quella notizia. Prima che parlassi, avevo notato quanto quel silenzio non fosse pesante in nessun modo ed era una cosa per me stranissima. Di solito il silenzio non mi piaceva per niente. Secondo Kurt, era così perché ero logorroico. Ah ah.
- Cosa? No, proprio oggi che dovevamo cominciare a convivere! – disse, distraendomi dai miei pensieri.
- Lo so, mi dispiace.
Ci guardammo e potei notare sul suo viso un velo quasi impercettibile di tristezza. Sporse il labbro inferiore, facendo un adorabile broncetto.
- Starò via solo pochi giorni. Una settimana al massimo. – aggiunsi.
Marcò maggiormente il suo broncio, fissandomi da solo le ciglia che sbattevano più veloce del normale.
- Dai, smettila di guardarmi così. Mi fai sentire in colpa. – sussurrai, sporgendomi verso di lui.
- Era quello il mio intento. – mormorò con un sorriso furbetto sulle labbra e adottando la mia stessa posizione.
Lo fissai alzando un sopraciglio, ma quando ripropose il suo adorabile broncio non potei che abbassarlo.
- Kurt, sei troppo tenero quando fai così. Sei cattivo con me.
- Io? Parla quello che mi lascia da solo nel nostro appartamento la prima notte! – disse, abbandonando l’espressione da cucciolo e tornando con la schiena appoggiata alla sedia.
- Così diventi ambiguo, sai?
- Oh, per favore. Sono più attratto da una ragazza che da te.
-Ok, adesso mi reputo offeso.
- Anche io! Mi lasci ancora prima che cominci!
Continuammo a discutere fra le risate fino alla fine del pranzo.

Posteggiai la macchina in un posto appartato e andai nel bosco dove ero sbucato quando ero arrivato. Non sapevo come avrei fatto a ritrovare il punto preciso ed era necessario che lo trovassi, perciò cominciai a girare alla cieca fra gli alberi tentando di ricordare quali avessi già visto. I miei occhi non erano abituati a vedere delle piante, perciò mi sembravano tutte uguali. Mi prese il panico e grazie al respiro affannoso dovuto ad esso e allo sforzo fisico riuscii a sentire la puzza di vomito.
Oh. Trovato!
Quando sarei tornato avrei dovuto mettere un segnale migliore.
"Pronto" digitai sul cellulare, per poi schiacciare il pulsante per l'invio.
Piegai le ginocchia e abbassai leggermente le spalle, pronto a saltare e rannicchiarmi. Pochi attimi dopo, il passaggio per il viaggio nel tempo si aprì.
Prima che potessi chiudere gli occhi mi ritrovai risucchiato nel buco. Strizzai le palpebre, sentendo i bulbi oculari in fiamme.
Rimasi rannicchiato su me stesso finché non sentii lo stomaco sciogliersi. Ovviamente sapevo che non era così, era solo un impressione. Più precisamente il segnale che stavo per uscire dal portale.
Appena sentii il pavimento freddo del laboratorio della L.B.S. contro la guancia e tutta la parte destra del corpo, vomitai.
Mi sollevai sulle braccia attento a non toccare il rigurgito, gemendo per il disgusto e contraendo il viso in una smorfia di dolore e fastidio.
Uscii dalla stanza non appena fui abbastanza calmo da farlo. Ad accogliermi c'era Simone, insieme a una squadra di scienziati. Il gruppo entrò nella stanza, lasciandomi solo con la donna. Li intravidi mentre prendevano un campione del mio vomito, prima di pulire il resto dal pavimento.
- Perché lo fanno? - chiesi, disgustato, rigirandomi verso Simone.
- Magari riescono a capire come mai vomiti ogni volta.
- Secondo me riescono solo a capire cosa ho mangiato negli ultimi tre giorni.
Sorrise divertita.
- Stai bene? - domandò poi in tono affettuoso porgendomi una pillola rosa shocking e un bicchiere d'acqua.
- Sono stato meglio. - risposi prima di ingoiare la pastiglia.
Non appena la pasticca superò la mia gola, sentii la bocca, sporca e puzzolente di vomito, rinfrescarsi e riempirsi del sapore di menta e lampone. Nello stesso istante, la nausea cessò.
- E ora? - disse Simone con un sorriso vedendo la mia espressione stupita e il viso più rilassato.
In risposta le sorrisi, come a ringraziarla per avermi fatto stare meglio per mezzo di quella pillola.
- Forza, vai a casa. Devi farti una doccia e riposarti.

- Blainieeeeeeeeeeeeee!
Non appena uscii dalla sede della L.B.S. fui schiacciato al muro affianco alla porta dal peso non indifferente di due migliori amici. Wes incassò la mia testa tra il braccio e il fianco e con l’altra mano mi sfregava le nocche sulla testa. David era attaccato alla mia schiena in perfetto stile koala.
- Amico! Quanto ci sei mancato!
- Puoi scommetterci! Ehi, ma non ti hanno ingrandito il cervello!
- E quindi nemmeno la testa!
- E quindi non ti sono aumentati i ricci!
- E quindi non possiamo venderli!
- E sto per morire soffocato, quindi di mio non venderete mai nulla! – protestai.
Mollarono entrambi la presa.
- Perché mai dovreste vendere i miei capelli? – chiesi dubbioso, risistemandomi i vestiti e riprendendo fiato.
- Amico, perché sei una celebrità! Mentre eri via la tua faccia ha fatto il giro del mondo! Ormai tutti conoscono Blaine Anderson!
Oh. Questa non me l’aspettavo.
- Davvero? – domandai incredulo, cominciando a sentire un entusiasmo quasi infantile scorrermi nelle vene.
Il momento in cui Wes e David annuirono all’unisono fu il medesimo in cui quello stesso entusiasmo raggiunse il mio cervello, mandandolo su di giri. Sorrisi raggiante ed emisi un urletto elettrizzato, poi cominciai a saltellare battendo le mani insieme ai miei due migliori amici.
- Sembrate tre bambini. Non so dire se siete più adorabili o più ridicoli.
Una voce femminile sopraggiunse dalle mie spalle. Mi smorzò parte dell’entusiasmo, o perlomeno mi calmò abbastanza da smettere di saltare come un idiota e girarmi verso Valerie.
Mi sorrise, invitandomi con le mani ad abbracciarla. Risposi al suo sorriso e feci ciò che mi stava richiedendo.
- Ciao amore.
- Ciao Valerie.
- Ti sono mancata?
Esitai un attimo prima di annuire sorridendo, mostrandomi più convinto di quanto non fossi in realtà. Cercò di baciarmi, ma la fermai subito con un dito sulle labbra.
- Non ti conviene. Ho vomitato poco fa.
- Bleah.
- Già.
Wes, David e io tornammo a casa, con la promessa che dopo una doccia sarei uscito con Valerie. Le mie intenzioni erano veramente quelle, davvero, solo che non mi aspettavo di essere così stanco. Appena uscito dalla doccia, feci appena in tempo a infilarmi un paio di boxer che crollai addormentato sul letto.
Quando mi svegliai, la prima cosa che notai fu che qualcuno - presumibilmente Wes o David - mi aveva messo addosso una coperta. La seconda cosa fu il mio cellulare che continuava a vibrare, segno che avevo ricevuto più di cinque messaggi.
- Merda. – sussurrai, alzandomi e afferrandolo dal comodino.
- Ha chiamato solo duecento volte chiedendo di te. Era incazzata, Anderson. - m'informò Wes non appena, vestito e asciugato, uscii dalla mia camera. Avevo il telefono in mano e stavo scorrendo i numerosi messaggi.
- Se io non avessi furbamente pensato di dirle che stavi dormendo, probabilmente sarebbe andata avanti ancora per ore. - aggiunse David, lanciando uno sguardo acido a Wes e uno trionfante a me.
L'asiatico alzò il dito medio, facendoci scoppiare a ridere.
Passai il resto della giornata - beh, della notte - a parlare coi miei migliori amici. Era una cosa che facevamo sin dal liceo: una birra da dividerci, le sigarette di Wes, lunghe ore di chiacchiere. Parlavamo di cose serie e di cose quotidiane, dei nostri progetti, del lavoro, dello studio, della famiglia. Parlavamo di tutto.
Parlavamo così tanto che spesso non ci accorgevamo del tempo trascorso. Ricordavo ancora quella volta che tirammo le 6 del mattino e il purtroppo relativo sonno durante le ore di lezione di quella giornata. Cavolo, era stato stupendo.
Cercarono di scoprire quale fosse il mio lavoro, ma quando, per confonderli, cominciai a usare termini specifici, rinunciarono.
Persa la curiosità, perdemmo anche noi stessi nei ricordi. Ricordammo l'inizio della nostra amicizia, le nottate in bianco alla Dalton, le prove dei Warblers, il diploma, la convivenza, l'università. Avremmo voluto rivivere tutti e tre quei periodi per ricordarli ancora meglio e portarli con noi per molto più tempo.
- Sto pensando di lasciare Valerie. - sussurrai a un certo punto, abbassando la bottiglia dalle mie labbra.
Avevamo appena finito di ridere dopo un racconto avvincente di David su una delle cene di riunione degli ormai ex Warblers, durante la quale Jeff e Nick si erano ubriacati e poi travestiti da donne.
Calò il silenzio, mentre entrambi i ragazzi mi guardavano stupiti.
- Non sembravi stare male con lei. - considerò Wes a bassa voce.
- Beh, è vero, ma non mi interessa più come prima.
Dopo un ulteriore di momento di silenzio, David intervenne.
- E come ti interessava prima?
Mi si mozzò il respiro in gola.

Non lo sapevo. Non sapevo cosa avessi trovato in Valerie di interessante. Non l’avevo mai saputo.

Sapevo solo che, appena avevo rivisto il suo bel viso, la mia mente era corsa senza nessun mio comando a Kurt. Forse era per questo che la volevo lasciare: l’avrei in un qualche modo tradita se fossi rimasto con lei… Giusto?

No, per niente. Sbagliato, Blaine. Se tu non provi niente per Kurt, come puoi tradirla? E poi tu sei etero. Etero. E-te-ro.
Finii l’ultimo sorso di birra e appoggiai la bottiglia sul tavolino davanti al divano, prima di andare nella mia camera sotto lo sguardo paziente e attento dei miei due migliori amici.
Non ne sarei uscito tanto facilmente, lo sapevo.

- Blaine, non guardare.
- Voglio farlo.
- Non so quanto ti convenga, ma se proprio lo desideri…
Fissai attentamente lo strumento che aveva in mano Simone avvicinarsi all’interno del mio avambraccio sinistro, a metà altezza fra il gomito e il polso, e appoggiarsi dolcemente alla pelle chiara.
- Farà un po’ male. Ok, più di un po’. – mi avvertì.
Ci guardammo e annuii per incitarla a continuare.
Premette un pulsante e sentii una piccola porzione di pelle fortemente risucchiata dal beccuccio dello strumento.
- Ah!
Strinsi il pugno della mano destra attorno alla mia maglietta, mordendomi il labbro cercando di evitare di urlare, mentre un microchip violava la mia pelle, trapassandola e penetrando nella carne. Sentii le lacrime annidarsi agli angoli dei miei occhi, ancora intenti ad esaminare con estrema precisione quell’operazione nonostante il dolore lancinante – era così dannatamente interessante!
Simone rimosse lo strumento, causandomi un’altra fitta di bruciante sofferenza e scoprendo un taglio di profondità preoccupante.
- Simone, ma non è un po’-
- Evidente? Pericoloso per la tua salute? Sì, molto. Ma i capi hanno parlato e se loro dicono così non posso che obbedire. – disse.
Afferrò le bende e il disinfettante che aveva preparato poco prima e cominciò a medicarmi la ferita.
- Non metterebbero mai in pericolo la tua vita, non con tutto quello che gli sta costando questo progetto. Ecco perché non mi oppongo, anche se trovo l’idea di farti del male estremamente cattiva e inutile. Insomma, perché? – aggiunse.
La preoccupazione di quella donna nei miei confronti mi faceva sempre sorridere. Chi la costringeva a essere gentile con me? Nessuno. Avrebbe potuto trattarmi freddamente, senza interessarsi ai miei sentimenti. Invece, si preoccupava sempre di come mi sentissi. Manifestava per me un affetto simile a quello di una mamma.
- Hai figli, Simone?
Le sue mani si bloccarono per un attimo, poi proseguirono, accompagnate da un lungo sospiro.
- Stavo per averne uno.
Attesi in silenzio che continuasse. Dopotutto, eravamo amici, ci conoscevamo da mesi e avremmo dovuto collaborare a stretto contatto ancora per molto tempo. Tanto valeva approfondire le conoscenze.
- Ho dovuto abortire. – mormorò.
- Allora, spiegami di nuovo. A cosa serve questo dannato microchip? - chiesi allegramente.
Sorrise, grata che non l'avessi forzata a continuare.
Ormai quasi non me ne accorgevo più. Capivo che una persona non voleva parlare di una cosa e cambiavo argomento, senza pensarci e senza saperne il motivo preciso.
- Per localizzarti all'interno del ventunesimo secolo. Brennan ha scoperto che capire la tua esatta posizione attraverso gli sms è difficile e impreciso: passa troppo tempo dall'invio alla ricevuta del messaggio e nel frattempo tu ti sposti. – spiegò.
Annuii. Me lo avevano già spiegato Brennan, Falchuck e lei. E per una mente come la mia, bastava la prima volta.
- Ok, finito. - dichiarò Simone una volta completata la medicazione.
- Grazie. A che ora passo a prenderti stasera? – domandai sorridente una volta riabbassata la manica della maglietta.
- Alle sette andrà bene.
- Ok. Ci vediamo alle sette allora.
La salutai con un bacio sulla guancia, raccolsi la mia roba e me ne andai.
Non c’è bisogno di inveire contro di me. Non stava succedendo nulla tra noi. Era solo una cena di lavoro.

Cena di lavoro. Vorrei proprio conoscere il cretino che gli ha dato quel nome.
Di lavoro parlammo solo i primi venti, venticinque minuti al massimo – non più di trenta.
- Forza, sto morendo dalla curiosità. Com'è il ventunesimo secolo? - chiese dopo l'ultima considerazione tecnica.
- Diverso. Non saprei dire in che modo... Ha qualcosa che mi affascina incredibilmente. - dissi, assorto nel ricordo di quell'epoca.
Non sapevo dire più di così. C'erano troppe e troppe poche parole per descrivere quel secolo, ciò che rappresentava per me, quello che sentivo quando vi ero dentro.
Simone sorrise amorevolmente, intuendo che le mie poche parole fossero dovute alla meraviglia.
- Sembra che tu stia parlando si una persona.
Kurt.
Arrossii lievemente. Perché ero arrossito? Non stavo parlando di Kurt. Anche se... No. E-t-e-r-o.
- Beh, vedila così. Questo è quello che si prova quando si è innamorati, no? Ecco, io mi sono innamorato del ventunesimo secolo. - risposi, non seppi se perché lo pensavo veramente o perché il discorso per me si stava facendo imbarazzante. Perché imbarazzante, poi?

Etero, etero, etero.

- Sei mai stato innamorato? - chiese Simone, passandosi il bicchiere da una mano all'altra.
- No, ma mi hanno detto che è più o meno così, quindi. - risposi convinto.
- E la ragazza che ti si attacca addosso ogni volta che ti vede?
- Valerie? Oh, lei è la mia ragazza. Ma non sono innamorato di lei. Semplicemente, mi piaceva, quando ci siamo messi insieme.
- Perché, ora non ti piace più?
- Non come una volta. Infatti sto pensando di lasciarla.
Annuì, pensierosa.
Non sapevo perché mi ero aperto tanto con lei, ma mi ispirava fiducia e si preoccupava sempre per me, perché non avrei dovuto?
- Tu, invece? Sei mai stata innamorata? - chiesi.
- Ho creduto di esserlo molte volte. Solo una lo ero davvero.
Mi guardò dritto negli occhi. Lessi la sua disperata voglia di parlarne con qualcuno, di togliersi un peso, ipotizzai.
- E com'è andata? - sussurrai perciò.
Osservai i suoi occhi umidi chiudersi e poi riaprirsi, ascoltai il suo sospiro carico di ricordi dolorosi.
- Stava andando tutto bene. Hai presente il figlio a cui ti accennavo oggi? Lui era suo padre. Poi sono entrata a far parte della L.B.S. I ritmi di lavoro non mi consentivano di vedere il mio fidanzato se non poche ore a settimana - stavo involontariamente compromettendo la vita del bambino. Quando l'ho perso, lui mi ha lasciata.
Le afferrai la mano, carezzandola dolcemente. Sperai che il mio sorriso la tirasse un po' su di morale, nonostante quelle memorie facessero ancora male. Rispose al sorriso, stringendomi la mano.
- Grazie. - mormorò con un filo di voce.
- E di cosa? Ringrazia che gli Yankees hanno vinto, piuttosto.
Sbuffò divertita.

Avevo di nuovo cambiato argomento. Che strano istinto.
- Yankees? Mi prendi in giro spero, sono la peggiore squadra del campionato!
- Potrei ritenermi offeso ora.
Era tornata la solita, ridente Simone. Eppure sentivo che qualcosa tra noi era cambiato: ci eravamo aperti l'uno all'altra, avevamo approfondito il nostro rapporto, ci eravamo guadagnati la reciproca fiducia. Già da mesi la consideravo più di una mentore, ma non mi ero mai sentito tanto legato a lei.

- Tutto pronto. - sentii annunciare Simone ai tecnici. Riavvicinò la bocca al microfono e aggiunse:
- Buona fortuna, tesoro.
Guardai l'altoparlante sorridendo.
- Grazie. - sussurrai.
Pochi secondi dopo il portale venne aperto e vi saltai dentro con rapidità.

Ero tornato nel ventunesimo secolo. Da Kurt.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L’angolo di Sue Lu.

“Io, LazyLuchi, nel pieno possesso delle mie facoltà fisiche e mentali (quel poco che c’è), decido di lasciare tutti i miei averi (un iPod e… Nient’altro, visto che mia madre mi dice sempre che di mio non ho neanche le mutande) a mia sorella, alla mia migliore amica (come fanno a dividersi un iPod? O.o) e vari ed eventuali oggetti riguardanti l’ambito scolastico alle ragazze della mia classe.” +.+

 

Fatto. Mmh, breve come testamento. D’altronde, non ho molto tempo: mi vorrete uccidere subito, immagino.

Effettivamente sono un po’ in ritardo… E la cosa peggiore è che non ho scuse ^~^” Semplicemente faccio una fatica assurda a scrivere di Kurt e Blaine come amici dopo la 3x05. Cioè. Come si fa? Se poi vogliamo aggiungere che dopo la puntata sono morta, ecco che si aggiunge un’altra perdita di tempo. Ah, piccola postilla: sono morta, vero, ma siccome non avevo fatto testamento sono resuscitata ù.ù Adesso l’ho fatto e posso morire (probabilmente per mano vostra). Non saprete mai come va a finire, però… Ok, la smetto di farneticare a vuoto.

 

Meglio passare alle note:

Alpha – la pillola rosa shocking. Un piccolo ma pur sempre obbligatorio riferimento a Darren e i suoi occhiali, che a mio parere sono più famosi di lui (?.?)

Beta – Wes, David e Simone. Capitolo incentrato su di loro, in un certo senso. Sono più importanti di quanto possano sembrare, nonostante la storia si sviluppi maggiormente nel XXI secolo. Vedrete ;D

Gamma – etero. Eeeeeh, lo so. L’avrò ripetuto solo 67289162395620479 volte. Il motivo per cui l’ho fatto mi sembra abbastanza banale e scontato, non dubito della capacità delle vostre meravigliose teste di arrivarci. O comunque della vostra pazienza. Ne state già avendo tantissima T.T

Delta – “Buona fortuna, tesoro”. Si, ho citato il primo capitolo…

 

Volevo dire qualcos’altro, ma me ne sono scordata… Perciò, il momento catartico: i RINGRAZIAMENTI

*i Warblers cominciano ad intonare When I Get You Alone*

Ragazzi, shut up, please. Sapete che vi voglio bene, ma adesso proprio non è il momento.

Aaaaaaaaaaaaaaaaaaaallora:

27 SEGUITE (OH MY GOSH)

1 RICORDATA (*^*)

8 PREFERITE (JUKALNEWNRAUKWNEALRYWUEVANYAAAALUIAWANFW)

6 RECENSIONI ALLO SCORSO CAPITOLO (*sviene*)

330 VISUALIZZAZIONI CIRCA DEL PROLOGO (!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!)

 

Ma quand’è che mi sono ridestata dallo svenimento? Vabbè, comunque. Dicevo? Ah, sì.

 

GRAZIEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEE! GRAZIE GRAZIE GRAZIE GRAZIE GRAZIE GRAZIE GRAZIE GRAZIE GRAZIE GRAZIE GRAZIE GRAZIE GRAZIE GRAZIE GRAZIE GRAZIE  GRAZIE GRAZIE GRAZIE GRAZIE GRAZIE GRAZIE GRAZIE GRAZIE GRAZIE GRAZIE GRAZIE GRAZIE GRAZIE GRAZIE GRAZIE GRAZIE GRAZIE GRAZIE GRAZIE GRAZIE GRAZIE GRAZIE GRAZIE GRAZIE GRAZIE GRAZIE GRAZIE GRAZIE GRAZIE GRAZIE GRAZIE GRAZIE!!!!!!!!!!

 

L’ho già detto grazie? Si, bene.

 

Ok, siccome queste note sono oscenamente lunghe, io vado.

 

Ciao a tutti, e scusate di nuovo!

 

Un bacione

 

Luchi

  
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