Capitolo 4 – Come back
- Kurt?
- Mmh?
- Devo andare fuori città per qualche giorno.
Alzò lo sguardo dal suo piatto per puntarlo su di me. Eravamo al Breadstix per pranzare insieme. Fin ora avevamo parlato
senza problemi, l’unico attimo di silenzio che si era creato era stato quello,
che io avevo interrotto con quella notizia. Prima che parlassi, avevo notato
quanto quel silenzio non fosse pesante in nessun modo ed era una cosa per me
stranissima. Di solito il silenzio non mi piaceva per niente. Secondo Kurt, era
così perché ero logorroico. Ah ah.
- Cosa? No, proprio oggi che dovevamo cominciare a convivere! – disse,
distraendomi dai miei pensieri.
- Lo so, mi dispiace.
Ci guardammo e potei notare sul suo viso un velo quasi impercettibile di
tristezza. Sporse il labbro inferiore, facendo un adorabile broncetto.
- Starò via solo pochi giorni. Una settimana al massimo. – aggiunsi.
Marcò maggiormente il suo broncio, fissandomi da solo le ciglia che sbattevano
più veloce del normale.
- Dai, smettila di guardarmi così. Mi fai sentire in colpa. – sussurrai,
sporgendomi verso di lui.
- Era quello il mio intento. – mormorò con un sorriso furbetto sulle labbra e
adottando la mia stessa posizione.
Lo fissai alzando un sopraciglio, ma quando ripropose il suo adorabile broncio
non potei che abbassarlo.
- Kurt, sei troppo tenero quando fai così. Sei cattivo con me.
- Io? Parla quello che mi lascia da solo nel nostro appartamento la prima
notte! – disse, abbandonando l’espressione da cucciolo e tornando con la
schiena appoggiata alla sedia.
- Così diventi ambiguo, sai?
- Oh, per favore. Sono più attratto da una ragazza che da te.
-Ok, adesso mi reputo offeso.
- Anche io! Mi lasci ancora prima che cominci!
Continuammo a discutere fra le risate fino alla fine del pranzo.
Posteggiai la macchina in un posto appartato e andai nel bosco dove ero sbucato
quando ero arrivato. Non sapevo come avrei fatto a ritrovare il punto preciso
ed era necessario che lo trovassi, perciò cominciai a girare alla cieca fra gli
alberi tentando di ricordare quali avessi già visto. I miei occhi non erano
abituati a vedere delle piante, perciò mi sembravano tutte uguali. Mi prese il
panico e grazie al respiro affannoso dovuto ad esso e allo sforzo fisico riuscii
a sentire la puzza di vomito.
Oh. Trovato!
Quando sarei tornato avrei dovuto mettere un segnale migliore.
"Pronto" digitai sul cellulare, per poi schiacciare il pulsante per
l'invio.
Piegai le ginocchia e abbassai leggermente le spalle, pronto a saltare e
rannicchiarmi. Pochi attimi dopo, il passaggio per il viaggio nel tempo si
aprì.
Prima che potessi chiudere gli occhi mi ritrovai risucchiato nel buco. Strizzai
le palpebre, sentendo i bulbi oculari in fiamme.
Rimasi rannicchiato su me stesso finché non sentii lo stomaco sciogliersi.
Ovviamente sapevo che non era così, era solo un impressione. Più precisamente
il segnale che stavo per uscire dal portale.
Appena sentii il pavimento freddo del laboratorio della L.B.S. contro la
guancia e tutta la parte destra del corpo, vomitai.
Mi sollevai sulle braccia attento a non toccare il rigurgito, gemendo per il
disgusto e contraendo il viso in una smorfia di dolore e fastidio.
Uscii dalla stanza non appena fui abbastanza calmo da farlo. Ad accogliermi
c'era Simone, insieme a una squadra di scienziati. Il gruppo entrò nella
stanza, lasciandomi solo con la donna. Li intravidi mentre prendevano un
campione del mio vomito, prima di pulire il resto dal pavimento.
- Perché lo fanno? - chiesi, disgustato, rigirandomi verso Simone.
- Magari riescono a capire come mai vomiti ogni volta.
- Secondo me riescono solo a capire cosa ho mangiato negli ultimi tre giorni.
Sorrise divertita.
- Stai bene? - domandò poi in tono affettuoso porgendomi una pillola rosa
shocking e un bicchiere d'acqua.
- Sono stato meglio. - risposi prima di ingoiare la pastiglia.
Non appena la pasticca superò la mia gola, sentii la bocca, sporca e puzzolente
di vomito, rinfrescarsi e riempirsi del sapore di menta e lampone. Nello stesso
istante, la nausea cessò.
- E ora? - disse Simone con un sorriso vedendo la mia espressione stupita e il
viso più rilassato.
In risposta le sorrisi, come a ringraziarla per avermi fatto stare meglio per
mezzo di quella pillola.
- Forza, vai a casa. Devi farti una doccia e riposarti.
- Blainieeeeeeeeeeeeee!
Non appena uscii dalla sede della L.B.S. fui schiacciato al muro affianco alla
porta dal peso non indifferente di due migliori amici. Wes incassò la mia testa
tra il braccio e il fianco e con l’altra mano mi sfregava le nocche sulla
testa. David era attaccato alla mia schiena in perfetto stile koala.
- Amico! Quanto ci sei mancato!
- Puoi scommetterci! Ehi, ma non ti hanno ingrandito il cervello!
- E quindi nemmeno la testa!
- E quindi non ti sono aumentati i ricci!
- E quindi non possiamo venderli!
- E sto per morire soffocato, quindi di mio non venderete mai nulla! –
protestai.
Mollarono entrambi la presa.
- Perché mai dovreste vendere i miei capelli? – chiesi dubbioso, risistemandomi
i vestiti e riprendendo fiato.
- Amico, perché sei una celebrità! Mentre eri via la tua faccia ha fatto il
giro del mondo! Ormai tutti conoscono
Blaine Anderson!
Oh. Questa non me l’aspettavo.
- Davvero? – domandai incredulo, cominciando a sentire un entusiasmo quasi
infantile scorrermi nelle vene.
Il momento in cui Wes e David annuirono all’unisono fu il medesimo in cui
quello stesso entusiasmo raggiunse il mio cervello, mandandolo su di giri.
Sorrisi raggiante ed emisi un urletto elettrizzato, poi cominciai a saltellare
battendo le mani insieme ai miei due migliori amici.
- Sembrate tre bambini. Non so dire se siete più adorabili o più ridicoli.
Una voce femminile sopraggiunse dalle mie spalle. Mi smorzò parte
dell’entusiasmo, o perlomeno mi calmò abbastanza da smettere di saltare come un
idiota e girarmi verso Valerie.
Mi sorrise, invitandomi con le mani ad abbracciarla. Risposi al suo sorriso e
feci ciò che mi stava richiedendo.
- Ciao amore.
- Ciao Valerie.
- Ti sono mancata?
Esitai un attimo prima di annuire sorridendo, mostrandomi più convinto di
quanto non fossi in realtà. Cercò di baciarmi, ma la fermai subito con un dito
sulle labbra.
- Non ti conviene. Ho vomitato poco fa.
- Bleah.
- Già.
Wes, David e io tornammo a casa, con la promessa che dopo una doccia sarei
uscito con Valerie. Le mie intenzioni erano veramente quelle, davvero, solo che
non mi aspettavo di essere così stanco. Appena uscito dalla doccia, feci appena
in tempo a infilarmi un paio di boxer che crollai addormentato sul letto.
Quando mi svegliai, la prima cosa che notai fu che qualcuno - presumibilmente
Wes o David - mi aveva messo addosso una coperta. La seconda cosa fu il mio
cellulare che continuava a vibrare, segno che avevo ricevuto più di cinque
messaggi.
- Merda. – sussurrai, alzandomi e afferrandolo dal comodino.
- Ha chiamato solo duecento volte chiedendo di te. Era incazzata, Anderson. -
m'informò Wes non appena, vestito e asciugato, uscii dalla mia camera. Avevo il
telefono in mano e stavo scorrendo i numerosi messaggi.
- Se io non avessi furbamente pensato di dirle che stavi dormendo,
probabilmente sarebbe andata avanti ancora per ore. - aggiunse David, lanciando
uno sguardo acido a Wes e uno trionfante a me.
L'asiatico alzò il dito medio, facendoci scoppiare a ridere.
Passai il resto della giornata - beh, della notte - a parlare coi miei migliori
amici. Era una cosa che facevamo sin dal liceo: una birra da dividerci, le
sigarette di Wes, lunghe ore di chiacchiere. Parlavamo di cose serie e di cose
quotidiane, dei nostri progetti, del lavoro, dello studio, della famiglia. Parlavamo
di tutto.
Parlavamo così tanto che spesso non ci accorgevamo del tempo trascorso.
Ricordavo ancora quella volta che tirammo le 6 del mattino e il purtroppo
relativo sonno durante le ore di lezione di quella giornata. Cavolo, era stato
stupendo.
Cercarono di scoprire quale fosse il mio lavoro, ma quando, per confonderli,
cominciai a usare termini specifici, rinunciarono.
Persa la curiosità, perdemmo anche noi stessi nei ricordi. Ricordammo l'inizio
della nostra amicizia, le nottate in bianco alla Dalton, le prove dei Warblers, il diploma, la convivenza, l'università. Avremmo
voluto rivivere tutti e tre quei periodi per ricordarli ancora meglio e
portarli con noi per molto più tempo.
- Sto pensando di lasciare Valerie. - sussurrai a un certo punto, abbassando la
bottiglia dalle mie labbra.
Avevamo appena finito di ridere dopo un racconto avvincente di David su una
delle cene di riunione degli ormai ex Warblers,
durante la quale Jeff e Nick si erano ubriacati e poi travestiti da donne.
Calò il silenzio, mentre entrambi i ragazzi mi guardavano stupiti.
- Non sembravi stare male con lei. - considerò Wes a bassa voce.
- Beh, è vero, ma non mi interessa più come prima.
Dopo un ulteriore di momento di silenzio, David intervenne.
- E come ti interessava prima?
Mi si mozzò il respiro in gola.
Non lo sapevo. Non
sapevo cosa avessi trovato in Valerie di interessante. Non l’avevo mai saputo.
Sapevo solo che,
appena avevo rivisto il suo bel viso, la mia mente era corsa senza nessun mio
comando a Kurt. Forse era per questo che la volevo lasciare: l’avrei in un
qualche modo tradita se fossi rimasto con lei… Giusto?
No, per niente.
Sbagliato, Blaine. Se tu non provi niente per Kurt, come puoi tradirla? E poi
tu sei etero. Etero. E-te-ro.
Finii l’ultimo sorso di birra e appoggiai la bottiglia sul tavolino davanti al
divano, prima di andare nella mia camera sotto lo sguardo paziente e attento
dei miei due migliori amici.
Non ne sarei uscito tanto facilmente, lo sapevo.
- Blaine, non guardare.
- Voglio farlo.
- Non so quanto ti convenga, ma se proprio lo desideri…
Fissai attentamente lo strumento che aveva in mano Simone avvicinarsi
all’interno del mio avambraccio sinistro, a metà altezza fra il gomito e il
polso, e appoggiarsi dolcemente alla pelle chiara.
- Farà un po’ male. Ok, più di un po’. – mi avvertì.
Ci guardammo e annuii per incitarla a continuare.
Premette un pulsante e sentii una piccola porzione di pelle fortemente
risucchiata dal beccuccio dello strumento.
- Ah!
Strinsi il pugno della mano destra attorno alla mia maglietta, mordendomi il
labbro cercando di evitare di urlare, mentre un microchip violava la mia pelle,
trapassandola e penetrando nella carne. Sentii le lacrime annidarsi agli angoli
dei miei occhi, ancora intenti ad esaminare con estrema precisione quell’operazione
nonostante il dolore lancinante – era così dannatamente
interessante!
Simone rimosse lo strumento, causandomi un’altra fitta di bruciante sofferenza
e scoprendo un taglio di profondità preoccupante.
- Simone, ma non è un po’-
- Evidente? Pericoloso per la tua salute? Sì, molto. Ma i capi hanno parlato e
se loro dicono così non posso che obbedire. – disse.
Afferrò le bende e il disinfettante che aveva preparato poco prima e cominciò a
medicarmi la ferita.
- Non metterebbero mai in pericolo la tua vita, non con tutto quello che gli
sta costando questo progetto. Ecco perché non mi oppongo, anche se trovo l’idea
di farti del male estremamente cattiva e inutile. Insomma, perché? – aggiunse.
La preoccupazione di quella donna nei miei confronti mi faceva sempre
sorridere. Chi la costringeva a essere gentile con me? Nessuno. Avrebbe potuto
trattarmi freddamente, senza interessarsi ai miei sentimenti. Invece, si
preoccupava sempre di come mi sentissi. Manifestava per me un affetto simile a
quello di una mamma.
- Hai figli, Simone?
Le sue mani si bloccarono per un attimo, poi proseguirono, accompagnate da un
lungo sospiro.
- Stavo per averne uno.
Attesi in silenzio che continuasse. Dopotutto, eravamo amici, ci conoscevamo da
mesi e avremmo dovuto collaborare a stretto contatto ancora per molto tempo.
Tanto valeva approfondire le conoscenze.
- Ho dovuto abortire. – mormorò.
- Allora, spiegami di nuovo. A cosa serve questo dannato microchip? - chiesi
allegramente.
Sorrise, grata che non l'avessi forzata a continuare.
Ormai quasi non me ne accorgevo più. Capivo che una persona non voleva parlare
di una cosa e cambiavo argomento, senza pensarci e senza saperne il motivo
preciso.
- Per localizzarti all'interno del ventunesimo secolo. Brennan ha scoperto che
capire la tua esatta posizione attraverso gli sms è difficile e impreciso:
passa troppo tempo dall'invio alla ricevuta del messaggio e nel frattempo tu ti
sposti. – spiegò.
Annuii. Me lo avevano già spiegato Brennan, Falchuck e lei. E per una mente
come la mia, bastava la prima volta.
- Ok, finito. - dichiarò Simone una volta completata la medicazione.
- Grazie. A che ora passo a prenderti stasera? – domandai sorridente una volta
riabbassata la manica della maglietta.
- Alle sette andrà bene.
- Ok. Ci vediamo alle sette allora.
La salutai con un bacio sulla guancia, raccolsi la mia roba e me ne andai.
Non c’è bisogno di inveire contro di me. Non stava succedendo nulla tra noi.
Era solo una cena di lavoro.
Cena di lavoro. Vorrei proprio
conoscere il cretino che gli ha dato quel nome.
Di lavoro parlammo solo i primi venti, venticinque minuti al massimo – non più
di trenta.
- Forza, sto morendo dalla curiosità. Com'è il ventunesimo secolo? - chiese
dopo l'ultima considerazione tecnica.
- Diverso. Non saprei dire in che modo... Ha qualcosa che mi affascina
incredibilmente. - dissi, assorto nel ricordo di quell'epoca.
Non sapevo dire più di così. C'erano troppe e troppe poche parole per
descrivere quel secolo, ciò che rappresentava per me, quello che sentivo quando
vi ero dentro.
Simone sorrise amorevolmente, intuendo che le mie poche parole fossero dovute
alla meraviglia.
- Sembra che tu stia parlando si una persona.
Kurt.
Arrossii lievemente. Perché ero arrossito? Non stavo parlando di Kurt. Anche
se... No. E-t-e-r-o.
- Beh, vedila così. Questo è quello che si prova quando si è innamorati, no?
Ecco, io mi sono innamorato del ventunesimo secolo. - risposi, non seppi se
perché lo pensavo veramente o perché il discorso per me si stava facendo
imbarazzante. Perché imbarazzante, poi?
Etero, etero, etero.
- Sei mai stato innamorato? - chiese Simone, passandosi il bicchiere da una
mano all'altra.
- No, ma mi hanno detto che è più o meno così, quindi. - risposi convinto.
- E la ragazza che ti si attacca addosso ogni volta che ti vede?
- Valerie? Oh, lei è la mia ragazza. Ma non sono innamorato di lei.
Semplicemente, mi piaceva, quando ci siamo messi insieme.
- Perché, ora non ti piace più?
- Non come una volta. Infatti sto pensando di lasciarla.
Annuì, pensierosa.
Non sapevo perché mi ero aperto tanto con lei, ma mi ispirava fiducia e si
preoccupava sempre per me, perché non avrei dovuto?
- Tu, invece? Sei mai stata innamorata? - chiesi.
- Ho creduto di esserlo molte volte. Solo una lo ero davvero.
Mi guardò dritto negli occhi. Lessi la sua disperata voglia di parlarne con
qualcuno, di togliersi un peso, ipotizzai.
- E com'è andata? - sussurrai perciò.
Osservai i suoi occhi umidi chiudersi e poi riaprirsi, ascoltai il suo sospiro
carico di ricordi dolorosi.
- Stava andando tutto bene. Hai presente il figlio a cui ti accennavo oggi? Lui
era suo padre. Poi sono entrata a far parte della L.B.S. I ritmi di lavoro non
mi consentivano di vedere il mio fidanzato se non poche ore a settimana - stavo
involontariamente compromettendo la vita del bambino. Quando l'ho perso, lui mi
ha lasciata.
Le afferrai la mano, carezzandola dolcemente. Sperai che il mio sorriso la
tirasse un po' su di morale, nonostante quelle memorie facessero ancora male.
Rispose al sorriso, stringendomi la mano.
- Grazie. - mormorò con un filo di voce.
- E di cosa? Ringrazia che gli Yankees hanno vinto,
piuttosto.
Sbuffò divertita.
Avevo di nuovo
cambiato argomento. Che strano istinto.
- Yankees? Mi prendi in giro spero, sono la peggiore
squadra del campionato!
- Potrei ritenermi offeso ora.
Era tornata la solita, ridente Simone. Eppure sentivo che qualcosa tra noi era
cambiato: ci eravamo aperti l'uno all'altra, avevamo approfondito il nostro
rapporto, ci eravamo guadagnati la reciproca fiducia. Già da mesi la
consideravo più di una mentore, ma non mi ero mai sentito tanto legato a lei.
- Tutto pronto. - sentii annunciare Simone ai tecnici. Riavvicinò la bocca al
microfono e aggiunse:
- Buona fortuna, tesoro.
Guardai l'altoparlante sorridendo.
- Grazie. - sussurrai.
Pochi secondi dopo il portale venne aperto e vi saltai dentro con rapidità.
Ero tornato nel ventunesimo secolo. Da Kurt.
L’angolo di Sue Lu.
“Io, LazyLuchi, nel pieno possesso delle mie facoltà fisiche e
mentali (quel poco che c’è), decido di lasciare tutti i miei averi (un iPod e… Nient’altro, visto che mia madre mi dice sempre che
di mio non ho neanche le mutande) a mia sorella, alla mia migliore amica (come
fanno a dividersi un iPod? O.o)
e vari ed eventuali oggetti riguardanti l’ambito scolastico alle ragazze della
mia classe.” +.+
Fatto. Mmh, breve come testamento. D’altronde, non ho molto tempo:
mi vorrete uccidere subito, immagino.
Effettivamente sono
un po’ in ritardo… E la cosa peggiore
è che non ho scuse ^~^” Semplicemente faccio una fatica assurda a scrivere di
Kurt e Blaine come amici dopo la
3x05. Cioè. Come si fa? Se poi vogliamo aggiungere che dopo la puntata sono
morta, ecco che si aggiunge un’altra perdita di tempo. Ah, piccola postilla:
sono morta, vero, ma siccome non avevo fatto testamento sono resuscitata ù.ù Adesso l’ho fatto e posso morire (probabilmente per
mano vostra). Non saprete mai come va a finire, però… Ok, la smetto di
farneticare a vuoto.
Meglio passare alle
note:
Alpha – la pillola rosa shocking. Un piccolo ma pur sempre
obbligatorio riferimento a Darren e i suoi occhiali,
che a mio parere sono più famosi di lui (?.?)
Beta – Wes, David e
Simone. Capitolo incentrato su di loro, in un certo senso. Sono più importanti
di quanto possano sembrare, nonostante la storia si sviluppi maggiormente nel
XXI secolo. Vedrete ;D
Gamma – etero. Eeeeeh, lo so. L’avrò ripetuto solo 67289162395620479
volte. Il motivo per cui l’ho fatto mi sembra abbastanza banale e scontato, non
dubito della capacità delle vostre meravigliose teste di arrivarci. O comunque della
vostra pazienza. Ne state già avendo tantissima T.T”
Delta – “Buona
fortuna, tesoro”. Si, ho citato il primo capitolo…
Volevo dire qualcos’altro,
ma me ne sono scordata… Perciò, il momento catartico: i RINGRAZIAMENTI
*i Warblers cominciano ad intonare When
I Get You Alone*
Ragazzi, shut up, please. Sapete che vi
voglio bene, ma adesso proprio non è il momento.
Aaaaaaaaaaaaaaaaaaaallora:
27 SEGUITE (OH MY
GOSH)
1 RICORDATA (*^*)
8 PREFERITE
(JUKALNEWNRAUKWNEALRYWUEVANYAAAALUIAWANFW)
6 RECENSIONI ALLO
SCORSO CAPITOLO (*sviene*)
330 VISUALIZZAZIONI
CIRCA DEL PROLOGO
(!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!)
Ma quand’è che mi
sono ridestata dallo svenimento? Vabbè, comunque. Dicevo?
Ah, sì.
GRAZIEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEE!
GRAZIE GRAZIE GRAZIE GRAZIE GRAZIE GRAZIE
GRAZIE GRAZIE GRAZIE GRAZIE GRAZIE
GRAZIE GRAZIE GRAZIE GRAZIE GRAZIE
GRAZIE GRAZIE GRAZIE GRAZIE
GRAZIE GRAZIE GRAZIE GRAZIE GRAZIE
GRAZIE GRAZIE GRAZIE GRAZIE GRAZIE
GRAZIE GRAZIE GRAZIE GRAZIE GRAZIE
GRAZIE GRAZIE GRAZIE GRAZIE GRAZIE
GRAZIE GRAZIE GRAZIE GRAZIE GRAZIE
GRAZIE GRAZIE GRAZIE!!!!!!!!!!
L’ho già detto
grazie? Si, bene.
Ok, siccome queste
note sono oscenamente lunghe, io vado.
Ciao a tutti, e
scusate di nuovo!
Un bacione
Luchi