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Autore: flors99    07/02/2012    30 recensioni
- Sono incinta. – specificò a quel punto Hermione, dissipando ogni suo dubbio e facendola strozzare con la sua stessa saliva.
Ginny spalancò gli occhi, incapace di credere che quello non fosse uno scherzo.
- Cos… eh?! C-come? Quando? Ma… ma… tu... – borbottò, pronunciando frasi sconnesse per quasi un minuto intero. – Non… non è divertente, Hermione. – disse alla fine, con la gola che bruciava per lo sforzo di parlare.
- Già. – mormorò Hermione, in un ansito di tristezza. – A chi lo dici. […]
- Ma… – la giovane Weasley cercò di mettere ordine nella sua testa, ancora sconcertata dalle parole della strega più grande. – Io… cioè tu… con chi…cioè… è Ron? – domandò, allucinata. – Io non sapevo neanche che vi frequentaste! Perché non mi hai detto niente? […]
- Ronnonèilpadre. – chiarì Hermione, pronunciando quelle parole nel modo più veloce possibile, scacciando dalla sua testa i cattivi pensieri.
- Che?
- Ronnonèilpadre! – ribadì, più in fretta di prima.
- Hermione, non capisco… cosa stai dicendo… - mormorò la giovane Weasley, non consapevole di quali parole usare.
Via il dente, via il dolore.
- Ho detto che Ron non è il padre! – esclamò tutto d’un fiato.
Via il dente, via il dolore. Sì, un cavolo!
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Draco/Hermione
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VII libro alternativo
Capitoli:
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Nel chiacchiericcio generale era impossibile captare un qualsiasi discorso. Tutti gli studenti parlavano l’uno sopra l’altro o chi era eccessivamente affamato preferiva non dar aria alla bocca, ma concentrarsi sul cibo. Fu in quel chiacchiericcio che Hermione entrò nella Sala Grande, senza guardare una singola persona.
Pregò che nessuno facesse caso a lei e non notasse la sua espressione al limite della disperazione, ma che tutti si concentrassero solo su quello che avevano nel piatto.
Mentre si dirigeva verso il suo tavolo, un timido raggio di sole illuminò la figura della ragazza, carezzandole il viso dolcemente.
Era cresciuta, Hermione, in quegli anni.
I capelli, sebbene ancora crespi, non erano come il suo vecchio cespuglio, che lei stessa si divertiva a definire “pagliaio”: li aveva lasciati crescere e la lunghezza li aveva appesantiti quanto bastava per dar loro una forma quantomeno decente, anche se ogni mattina doveva intraprendere una dura lotta per tenere a bada le sue ciocche scarmigliate. Il suo viso candido era sempre accompagnato da un sorriso carico di dolcezza e serenità che rivolgeva solo a poche persone. Non era una bellezza eterea, come quella di Daphne Greengrass, e neppure una bellezza provocante, come quella di Pansy Parkinson.

Era una bellezza semplice.

Quel giorno però nessun sorriso era presente sul suo volto.
Non facendo caso agli sguardi di nessuno, Hermione si diresse verso il tavolo dei Grifondoro, con uno scatto degno di un felino.
- Ciao, Herm. – il sorriso luminoso della sua migliore amica le riscaldò il cuore congelato.
 
Un cuore sanguinante, che batteva per la persona sbagliata.
 
- Ginny, devo parlarti. – sussurrò,  senza troppi giri di parole. Diretta. Secca. Decisa. – Da sola. – aggiunse poi, scoccando un’occhiata dispiaciuta a Luna.
- Non c’è problema! Tanto io dovevo andare a cercare un Nargillo che mi ha rubato le pantofole stamattina. Stavo appunto chiedendo a Ginny se lo aveva visto. Tu lo hai visto, Hermione?
- No, Luna, mi dispiace. – rispose sorridendo alla sua stramba amica.
Soltanto Luna era capace di parlare di qualcosa di cui Hermione non fosse a conoscenza.
- Non fa niente, tanto prima o poi lo troverò. Hei, Dean! Hai visto un Nargillo? – la chioma bionda si allontanò saltellando dietro al ragazzo, che assunse un’espressione piuttosto perplessa.
- Cosa vuoi dirmi? – la richiamò Ginny, cercando di trovare nei suoi occhi la domanda che Hermione non stava ponendo a parole.
- Non qui. – senza attendere una risposta la più grande delle due ragazze si voltò dirigendosi verso i dormitori.
Alzò il mento e prese un bel respiro, avanzando verso il portone della Sala Grande col naso dritto, gli occhi fissi davanti a sé e uno sguardo quasi di arroganza.
Ginny, seguendola, osservò le sue spalle dritte, il suo portamento rigido come uno stoccafisso, al limite dell’immobilità. E Ginny lo sapeva. Sapeva che quando Hermione si comportava così, poteva significare soltanto una cosa: stava male.
 
Dolore e sofferenza nascosti dietro la maschera dell’orgoglio.
 
Come una fiera regina che osserva tutti dall’alto rinchiusa nella regalità e nella sua solitudine.
  
 


 
 
Ginny credeva di conoscere la sua migliore amica alla perfezione. Nei sei anni in cui le era stata accanto aveva imparato a capirla, meglio di chiunque altro; riusciva a intuire ogni suo pensiero prima che Hermione lo formulasse ad alta voce. Era in grado di decodificare qualunque emozione attraversasse lo sguardo di Hermione, qualunque gamma di sensazione la avvolgesse. Ma in quel momento guardando la sua migliore amica, non vide niente. Lo sguardo di Hermione, sempre pieno di vita, di emozioni, era, semplicemente, irrimediabilmente, vuoto. Non c’era niente dietro le sue iridi marroni, niente se non un blocco di freddo marmo contro il quale Ginny si scontrò, quando cercò di leggere i suoi occhi.
 
Non la riconobbe. 
Non riconobbe la sua amica nel notare quel tremolio insolito delle mani, che l’aveva colta quando erano entrati nella Sala Comune dei Grifondoro. Non riconobbe la freddezza dei suoi gesti, la rigidità del suo corpo, i suoi occhi che le sfuggivano in continuazione.
Fu la prima volta in cui le fu difficile capire cosa passasse per la testa a Hermione; e probabilmente non lo avrebbe capito da sola, non senza l’aiuto di un oggetto bianco che le fu dato dall’amica in quell’esatto momento. Abbassò gli occhi, smettendo di guardare la Caposcuola, per concentrare la sua attenzione verso una scritta blu.
 
Positivo.
 
Leggere quella scritta fu come fare un salto nel vuoto. Inizialmente, Ginny si chiese cosa fosse quell’oggetto, prima di affiorasse nella sua mente una lezione di Babbanologia nel quale era stato trattato l’argomento della gravidan…Oh.
Rimase paralizzata, con la bocca aperta e l’espressione persa e si rifiutò di accettarlo, cercando una qualsiasi altra spiegazione, tranne quello che le si palesava davanti agli occhi. Perché doveva esserci per forza un'altra spiegazione.
- Sono incinta. – specificò a quel punto Hermione, dissipando ogni suo dubbio e facendola strozzare con la sua stessa saliva.
Ginny spalancò gli occhi, incapace di credere che quello non fosse uno scherzo.
- Cos…? Come? Quando? Ma… tu… – borbottò,  pronunciando frasi sconnesse per quasi un minuto intero. – Non… non è divertente, Hermione. – disse alla fine, con la gola che bruciava per lo sforzo di parlare.
- Già. – mormorò Hermione, in un ansito di tristezza. – A chi lo dici.
- Stai… sei seria? – non poté fare a meno di chiederle, perché di nuovo quella verità a Ginny parve troppo assurda per poterla ritenere vera. Anche se era altrettanto assurdo che Hermione potesse scherzare su un argomento simile.
Al cenno impercettibile dell’amica Ginny per poco non svenne.
- Q-questo è il test? – incespicò, cercando di assimilare la notizia.
- Sì. Avevo un ritardo di due settimane e mi sono… insospettita. – rispose, come se stesse pronunciando una sentenza di morte.
- Ma… – la giovane Weasley cercò di mettere ordine nella sua testa, ancora sconcertata dalle sue parole. – Io… cioè tu… con chi…cioè… è Ron? – domandò, allucinata. – Io non sapevo neanche che vi frequentaste! Perché non mi hai detto niente?
 
Ron.
 
Le si spezzò il cuore nell’udire quel nome: Ron era stata la persona a cui Hermione aveva davvero pensato di affidare il suo cuore in un primo momento; ma poi la sua cotta adolescenziale era stata sostituita da un altro amore, più profondo e più doloroso, capace di spazzare via i vecchi sentimenti. Un amore di cui non aveva mai fatto parola con nessuno, per questo comprese la reazione di Ginny, che aveva subito ipotizzato che il suo migliore amico fosse il padre.
 
Sarebbe stato meglio, probabilmente.
 
- Ronnonèilpadre. – chiarì Hermione, pronunciando quelle parole nel modo più veloce possibile, scacciando dalla sua testa i cattivi pensieri.
- Che?
- Ronnonèilpadre! – ribadì, più in fretta di prima.
- Hermione, non capisco… cosa stai dicendo… - mormorò la giovane Weasley, non consapevole di quali parole usare, per non turbarla ulteriormente.
 
Via il dente, via il dolore.
 
- Ho detto che Ron non è il padre! – esclamò tutto d’un fiato.
 
Via il dente, via il dolore. Sì, un cavolo!
 
Non aveva idea di come avrebbe potuto reagire Ginny a quella notizia: Hermione era consapevole di quanto la sua migliore amica sperasse di vederla un giorno al fianco del fratello e sapeva quanto l'avesse delusa in quel preciso momento. E, infatti, un lampo di delusione passò attraverso gli occhi della giovane Weasley, ma fu talmente veloce che Hermione ipotizzò di esserselo solo immaginato. Aspettò la sua reazione, che non arrivava. Qualunque cosa si sarebbe aspettata, ma quello… quello non lo aveva premeditato.
 
Niente.
 
Ginny non reagì. Rimase semplicemente a fissare Hermione con uno sguardo vacuo e insondabile, che le stava lentamente scandagliando l’anima. Aprì e richiuse la bocca più volte, sempre cercando qualcosa da dire, qualcosa di giusto magari; ma non trovò niente.
 
Qualunque cosa Ginny avesse detto, sarebbe stata sbagliata.
 
Per questo la giovane Weasley preferì il silenzio alla parola, e proprio quando Hermione si sentì sull’orlo di una crisi, scatenata da quell’inquietante gioco di sguardi, Ginny si sporse avanti, stringendola con le piccole braccia.
 
Un abbraccio carico di una dolcezza infinita e di un affetto radicato nel cuore di entrambe.
 
Ginny non era poi così calma come sembrava. Aveva un milione di domande che le affollavano la mente, un milione di quesiti che desideravano trovare sbocco, pronti a interrogare il sospettato, ma sapeva che non era questo ciò di cui Hermione aveva bisogno.
Non aveva bisogno di domande.
 
Ma di certezze.

Non aveva bisogno di dubbi.
 
Ma di sicurezze.

E lei poteva infonderle quella forza di cui aveva disperatamente bisogno, mettendo a tacere la ragione e ascoltando il cuore.
- Io ci sono, Hermione. – disse semplicemente, continuando ad abbracciarla. – Non so cosa è successo, ma sono qui. – la rassicurò, la consolò, non lasciandola mai andare, finché non la sentì tirare su col naso.
- Grazie. – borbottò la riccia, piena di gratitudine.
 Ginny sorrise leggermente, mettendo a tacere i suoi pensieri pieni di domande, che non avrebbe mai posto a Hermione: sapeva che qualunque cosa avesse chiesto, la Caposcuola, nello stato di vulnerabilità nel quale si trovava, le avrebbe raccontato tutto, ma non voleva approfittare di quella debolezza. Voleva semplicemente che fosse lei a confidarsi.
- Vieni con me. – disse Ginny, sciogliendo delicatamente l’abbraccio. – In Sala Grande. – chiarì poi. – Devi mangiare, sei troppo magra.
Hermione ridacchiò, tristemente.
- Tra poco non lo sarò più.
Quell’affermazione detta ad alta voce colse entrambe impreparate e fece scendere un secondo silenzio tra loro due.
- Un bambino è la cosa più bella che ci sia, Hermione. – sussurrò la giovane Weasley, accarezzandola una guancia con affetto. – Non devi vergognartene.
 
Sarebbe ancora così comprensiva se sapesse chi è il padre del bambino?
 
 
 


 
 
- Attenta!
- Cosa….? – mormorò Hermione, disorientata.
- Attenta alle scale! Non scendere così in fretta, potresti cadere!
Hermione scosse la testa, sospirando.
- Ginny, non sono fatta di vetro!
- Questo lo so, ma adesso sei responsabile di due vite! Devi essere più diligente!
A quella affermazione scoppiarono a ridere. Tutti a Hogwarts ritenevano Hermione la persona più diligente della scuola, forse anche dell’intero mondo magico.
- Io, eh? Allora è bene che tu segua il mio esempio, Ginny! – la rossa alzò gli angoli della bocca, vedendo il sorriso che aleggiava sul viso di Hermione, felice di essere riuscita a farlo rispuntare.
Un sorriso che si spense quando udì quella voce.
- Guarda, guarda… la Piattola e la Mezzosangue.
Così come un vetro va in mille pezzi, allo stesso modo il cuore di Hermione cominciò lentamente a cadere a pezzi, frantumandosi granello dopo granello.
- Vattene, Malfoy! – la giovane Weasley scattò immediatamente, fulminandolo con due occhi che inviavano lampi.
Il Serpeverde ridacchiò, ignorando bellamente le sue parole e avvicinandosi finché non si trovò davanti a Hermione. Il ragazzo alzò una delle sue mani, sul punto di fare qualcosa, a cui poi evidentemente ripensò, riabbassandola.
 
Quelle mani che avevano sfiorato la sua pelle centimetro per centimetro.
 
Un ciuffo di crini biondi gli copriva una piccola parte del viso.
 
Hermione ricordava la loro morbidezza: soffici in modo quasi disumano.
 
La Caposcuola conficcò a forza le unghie nei palmi, per reprimere il desiderio di abbracciarlo e confessargli della sua gravidanza. Si morsicò violentemente le labbra, proibendosi anche solo di poter pensare una cosa simile.
- Che c’è, Granger? Il gatto ti ha morso la lingua? – bastò la sua voce.
 
Il cuore traditore accelerò la sua avanzata nel petto.
 
- Vattene, Malfoy. – rispose, ripetendo le parole di Ginny.
 
L’orgoglio che infuriava combattendo contro il cuore.
 
Le labbra di Draco si piegarono in una smorfia sprezzante.
- Quanto siete ripetitive. Tu e la Piattola non sapete proprio dire altro? Ma, d'altronde, cosa posso aspettarmi da esseri inferiori come voi?
- Tu non devi essere tanto più intelligente di noi, se dopo ben due volte non hai ancora compreso il significato della parola "vattene". – sibilò Ginny, riducendo gli occhi a due fessure.
Il Serpeverde le lanciò un'occhiata seccata.
- Ma io ho compreso benissimo, Weasley. – rispose, modulando la voce senza che il tono di disprezzo lo abbandonasse. – Evidentemente ti sfugge il fatto che io non prendo ordini da nessuno, né da te, né tanto meno da una Mezzosangue. – concluse la frase, rivolgendo un ultima occhiata a Hermione, rigida come una statua di sale.
- Malfoy, seriamente, lasciaci in pace. – sussurrò a quel punto la più grande delle due ragazze, sbattendo le palpebre nel patetico tentativo di nascondere i suoi occhi velati.
Draco non accennò ad andarsene, prese piuttosto a fissarla insistentemente, così a lungo da metterla in imbarazzo. E in quel momento Hermione sentì un fortissimo impulso che le veniva da dentro, da una profondità che non pensava nemmeno di possedere. Un impulso che era come la sete improvvisa nel deserto, che la fece tremare, diventare debole. Un pensiero più grosso della sua stessa mente, la sua voce limpida che chiedeva, che supplicava:
 
Stringimi.
 
- Hermione? Stai male? – neanche la voce preoccupata dell’amica riuscì a reprimere quel dolore violento che avvertiva crescere a dismisura nel cuore.
La ragazza sbatté le ciglia, rendendosi conto di avere gli occhi così lucidi che a malapena riusciva a mettere a fuoco Draco in piedi davanti a lei.
 
Stringimi, Draco. Disprezzami, insultami, litiga con me… ma poi baciami, lasciami senza fiato. E stringimi forte, fortissimo …
 
 - No. – borbottò, con la gola secca, rispondendo con un flebile sussurro.
La Caposcuola aveva gli occhi enormi e tratteneva il fiato, tanto che il Serpeverde rimase per un secondo sorpreso da quel repentino cambiamento d'umore.
- Le mie parole ti hanno ferita, mezzosangue? – le chiese, con una luce cinicamente trionfante a balenare negli occhi.
 
Mezzosangue: per lui non sarebbe mai stata nient’altro.
 
- Non chiamarmi così. – ringhiò, mentre la vista le si appannava ancora di più; non riconobbe la sua voce quando parlò.
Sembrava disperata. Hermione dovette stringersi i gomiti con le mani: le sembrava che le sarebbero cadute le braccia per terra, tanto si sentiva a pezzi.
 
Aspetto che tu mi stringa, per favore, non lasciarmi andare via...
 
- Te l'ho già detto, Granger. Non puoi dirmi cosa fare. – le rispose, quasi con tono canzonatorio. Hermione, non certo dell'umore per mettersi a litigare, non rispose aspettando che se andasse; dopo pochi secondi, infatti, Draco, rendendosi conto di aver perso anche fin troppo tempo, si allontanò silenzioso come un gatto.
Hermione non riuscì a smettere di tremare nemmeno quando scomparve completamente dalla sua visuale.
Nemmeno quando Ginny le posò una mano sulla spalla. Tra l'altro, solo in quell'istante si rese conto che per tutto il dialogo tra lei e Draco, la giovane Weasley era rimasta in silenzio. Quando Hermione la guardò vide gli occhi di Ginny ingrandirsi, pieni di sconcerto e, un istante dopo, accendersi.
 
Consapevolezza.
 
- Porco cazzo. – sussurrò la piccola Ginny alternando lo sguardo tra lei e il punto in cui era sparito Draco.
Hermione seppe che la sua migliore amica aveva capito.
 
 
 
 
 









 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 
 
 
Angolo Autrice

 
Ciao a tutti!!! Sto saltellando dalla gioia, la mia storia sta piacendo e non credevo che le mie parole potessero suscitare un tale interesse in voi lettori! Ringrazio tutti coloro che hanno messo la mia storia tra le seguite/le ricordate/ le preferite o anche a chi ha solo dato una sbirciata! Ma un grazie veramente speciale a Harry Potterish, EmWeasly, Bellatrix3, Red and Jude, Stella94, NikOttina, Ginevra James, Black_Yumi, hermione59, elisadi80, alicecat97, tonks17, LadyCrystal, Ginny_ e blair_87 per aver recensito lo scorso capitolo!! Davvero, le vostre recensioni mi hanno fatto venire le lacrime di gioia, sono così felice che la storia vi piaccia e che abbiate speso un po’ del vostro tempo per me ^_^
Spero che questo capitolo vi piaccia, è più lungo dei precedenti, così mi faccio perdonare per il ritardo! Grazie a tutti coloro che lo leggeranno!!! Al prossimo capitolo fantastici lettori :D
  
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