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Autore: Good Old Charlie Brown    07/03/2012    4 recensioni
Una storia dedicata ad un gruppo di personaggi originali. Spero vi piaccia.
Charles, Hac e Gwen sono tre amici che hanno frequentato Hogwarts insieme. La nuova Guerra Magica li porterà ad affrontare i loro limiti e le loro paure.
Corretti i primi capitoli.
Genere: Avventura, Dark | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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Capitolo 4
Capitolo 4.
Ricercato!


    La stanza degli ospiti era abbastanza ampia, silenziosa e tranquilla. Un piccolo globo di luce azzurrina galleggiava pigramente a mezz’aria illuminando una parte dell’ambiente, ma lasciando tutto il resto in penombra. Seduto alla scrivania alla pigra luce della stanza, Charles fissava un grande quadro sulla parete di fronte a lui. Rappresentava una nave, in balia di una grande tempesta che la agitava e la scuoteva: si trattava di un dipinto magico e quindi le immagini si muovevano rendendo ancora più realistica e terribile l’immagine della piccola nave che, sempre di nuovo, veniva investita da onde e cavalloni e che sempre di nuovo continuava a galleggiare mentre intorno ad essa infuriava la pioggia. In quel momento Charles si sentiva come quella nave: sballottata qui e là da qualcosa di immensamente più grande di lei e che non poteva in alcun modo controllare. Poteva solo resistere, ondata dopo ondata e colpo su colpo sperando di passare, se non indenne (sarebbe stato impossibile) almeno sufficientemente sano da poter ritrovare la rotta per un porto sicuro.
    Si sentiva soprattutto solo. Hac aveva iniziato il suo corso di addestramento per spezza-incantesimi: presto, probabilmente, sarebbe stato assunto alla Gringott, ma già così era impegnato per buona parte della giornata; Gwen a sua volta si faceva vedere sempre più di rado, occupata com’era dal lungo e difficile tirocinio di Guaritrice. Ma Charles non poteva fare nulla, condannato a rimanere isolato, ospite benvoluto, ma pur sempre ospite, della famiglia di Hac. Certo, con la sua “nuova politica” il  Ministero della Magia non avrebbe mai assunto un “Nato Babbano” (ancora non osavano dire pubblicamente “Sanguesporco”): si parlava persino di provvedimenti contro di essi necessari per “proteggere la razza magica” non si sapeva bene da quale strano pericolo. L’Ufficio Misteri era destinato a rimanere un sogno. Ma c’era dell’altro. Qualcosa per la quale lui si sentiva colpevole. Qualcosa per la quale chiunque fosse vicino a lui poteva essere in pericolo. Era passata poco più di una settimana ma sembrava appartenesse ad un’altra vita: dopo quel fatto era come se il suo primo Io fosse morto e un nuovo Charles avesse preso il posto di quello vecchio. Non fosse stato per i suoi amici, giunti lì come gli eroi delle grandi storie proprio nel momento giusto, e tuttora vicini, malgrado la lontananza fisica, chissà cosa sarebbe stato di lui.

    Il cono di luce che veniva dalla bacchetta era appena sufficiente ad illuminare più chiaramente il marciapiede davanti a lui. I lampioni più vicini in quel momento non funzionavano: lo stesso Charles li aveva spenti non appena aveva sentito qualcuno avvicinarsi. Tutto era silenzio; Charles sentiva il proprio cuore battere sempre più forte e veloce man mano che i tre estranei si avvicinavano. Non ci volle molto perché giungessero appena fuori dal cono illuminato: riflessi che uscivano dall’ombra, appena distinguibili.
    «Fermi! Chi siete? Fatevi vedere, lentamente. O sarò costretto ad attaccare!»
    Una voce nota gli rispose. «Ehi Jack! Siamo noi! Siamo i tuoi amici! Cos’è questa storia? Che è successo?». Hac Riddle avanzò lentamente, mettendosi in luce, presto seguito da suo padre, Uther, e dalla sua ragazza, nonché amica di Charles, Gwen O’Sullivan. In un’altra situazione Charles avrebbe anche potuto sospettare o almeno essere più prudente: anche se fossero stati davvero dei Mangiamorte travestiti non sarebbe stato in grado di reagire in alcun modo.
    «HAC! GWEN! – gridò, lasciando quasi cadere la bacchetta magica per la sorpresa – Siete voi! Santo Merlino! Non sono mai stato così felice di vedervi!». Abbracciò con forza prima Hac e poi Gwen lasciandosi brevemente cullare dal calore di quelle strette, cercando di far scivolare via il dolore e l’orrore che si erano impadroniti di lui. Non passò molto, però, prima che la realtà con la sua crudele indifferenza lo riportasse indietro attraverso la voce di Uther.
    «Cosa è successo qui?. Charles...c’è una ragazza svenuta qui...».
Serena! La gioia di vedere i suoi amici in un momento così teso e terribile gli aveva quasi fatto dimenticare di lei. Staccandosi lentamente dall’abbraccio di Gwen si chinò su di lei, fissandola triste. Era colpa sua se era stata torturata, se aveva sofferto: se solo l’avesse lasciata prima. Se solo non fosse stato tanto egoista!
    «Un Mangiamorte ci ha attaccati. – si costrinse a spiegare, benché ogni parola fosse come una pugnalata – è arrivato all’improvviso. Non capisco perché le difese non abbiano funzionato. Ha torturato me... poi...Serena si è messa in mezzo e lui... l’ha torturata...la stava per uccidere». Non riuscì a continuare. Un nodo alla gola gli bloccò la parola.
    «E il Mangiamorte? Cosa gli è successo? Dove è andato».
    Charles si limitò ad indicare stancamente nella direzione in cui il corpo dell’uomo era stato sbalzato dall’incantesimo. In attesa. Presto lo avrebbero visto per ciò che era. Un assassino.
    «Ma è morto!» nella voce di Gwen sentì l’orrore, simile a quello che anch’egli provava verso se stesso. La guardò e annuì.
    «Quest’uomo è stato ucciso – intervenne Uther con la sua voce profonda e calma, anch’egli chino sul cadavere. E sembrerebbe opera di un Anatema-che-Uccide. Cosa...?»
    «Sono stato io. – disse Charles con voce neutra –  L’ho ucciso io». Incrociò rapidamente lo sguardo di Gwen, ma distolse subito gli occhi di fronte allo stupito orrore che vi aveva letto: Hac, invece lo fissava con uno strano sguardo stupito e in qualche modo ammirato.
    «Beh credo che ci convenga lasciarlo qui, per ora. Tanto non gli può accadere nulla. Meglio occuparsi della ragazza».

    Il sommesso rumore di qualcuno che bussava alla porta lo distolse dai ricordi, riportandolo alla realtà del presente. «Avanti!».
Endora Riddle si fece avanti, il volto come sempre sorridente, portando un vassoio con una tazza una teiera e dei biscotti. «Non è necessario fare questo, sai?  - disse, indicando il globo di luce – abbiamo la luce elettrica che è molto più efficace».
    «Grazie, signora Riddle, ma preferisco così. L’altra luce è troppo intensa. Questa... lascia la giusta quantità di buio. Mi piace che ci sia del buio...ora. Mi fa sentire più tranquillo...».
    «Ti ho portato un po’ di the con qualche biscotto fatto in casa. Stamattina non hai preso nulla di colazione. Non va bene».
    «La colazione è il pasto più importante della giornata... già – rispose Charles con un sorriso stentato – bene ne prenderò un po’. Grazie ancora, signora Riddle».
    «Questa sera Hac tornerà e penso che anche Gwen passerà per un saluto. Mi dispiace che tu non possa uscire... non deve essere piacevole».
    «Non lo è. Ma ciò che mi succederebbe se uscissi sarebbe ancora meno piacevole».
    Mentre Endora usciva dalla stanza, rivolgendogli un ultimo sorriso caldo e quasi materno, Charles versò un poco di the nella tazza intingendovi un biscotto. Aveva un vago aroma di cannella – ad Hac piacevano i the aromatizzati e li aveva imposti all’intera famiglia e, di conseguenza anche a lui. Ripensando ai Riddle e alla loro incredibile, sorprendente gentilezza nei suoi confronti, Charles si sentì improvvisamente in colpa. Li stava mettendo in pericolo, tutti quanti. Hac, Uther ed Endora erano quelli più esposti, visto che lo ospitavano nella loro casa. Ma anche Gwen e  la sua famiglia erano in visto che sapevano dove si trovava e contribuivano a nasconderlo.
    Almeno Serena era in salvo e al sicuro: lo shock provocato dal dolore della Cruciatus l’aveva fatta svenire ed anche quando si era ripresa tremava, ancora spaventata dalla terribile esperienza. Allontanarsi da lei era stato doloroso per entrambi. Aveva modificato la sua memoria perché non ricordasse nulla di quella serata – sperava che non ritornasse a tormentarla nei suoi sogni, non poteva esserne sicuro. E aveva fatto anche in modo che dimenticasse quasi tutto di lui. Ai suoi occhi era ritornato solo il vicino di casa un po’ strano che spariva per mesi nessuno sapeva dove. Un’ottima decisione visto quanto aveva scoperto poco dopo.

    Camminavano lentamente, in direzione della casa dei van Pelt, entrando e uscendo dai coni di luce dei lampioni che si susseguivano lungo Oak Street, le ombre che si allungavano e accorciavano davanti e dietro di loro.
    «Grazie per il vostro aiuto, amici – disse dopo aver lanciato un ultimo sguardo alla casa di Serena – ma, scusate, cosa vi ha portato qui? Avete ricevuto la mia lettera da Gwahir?»
    «No..., Cioè si.... voglio dire. Quando Gwahir è arrivato stavamo già partendo per venirti a prendere».
    «Venirmi a prendere? Senti, Hac, capisco che voi possiate essere preoccupati per me. Ma non era il caso. E soprattutto non è il momento. Deciderò io quando venire da te... per ora dovrò tornare a casa... aspettando il processo...».
    «No, Charles! Tu non capisci! Sei in pericolo! Non puoi assolutamente restare qui!».
Gwen era chiaramente molto preoccupata: non era mai stata una ragazza incline a cedere alla disperazione o a dimostrarsi sconvolta.
    «Cosa è successo? Insomma! Non mi piace quello che ho fatto ma... il Wizengamot dovrà capire che non avevo scelta! Che l’ho fatto per autodifesa... per difendere Serena».
    Gwen, Hac e Uther lo fissarono tristemente: «No, Charles. Non credo nemmeno che potrai avere un processo. Il Ministero della Magia è caduto. I Mangiamorte hanno ucciso il Ministro e...hanno preso il potere».
    Charles impiegò qualche secondo ad assorbire l’impatto di quella notizia: aveva temuto che potesse accadere, ci aveva pensato più volte, aveva persino preparato anche dei piani di azione per essere pronto. Eppure tutto rimaneva nel vago ambito del possibile. Essere colpito dalla realtà, con tutta la sua terribile forza era tutt’altra cosa. Si riprese in fretta, tuttavia, riuscendo a ritrovare la sua solita calma. «Molto bene. Anzi – si corresse con una smorfia – molto male. Non posso dire che me lo aspettassi. Quindi il nuovo ministro è Vol...»
    «NO!! – lo interruppe gridando Hac, cercando di coprirgli la bocca con la mano, ma finendo per colpirgli il naso con una forte manata – Scusa! Non devi più pronunciare il suo nome! È un tabù. Chi lo fa si rende subito reperibile!»
    «Va bene va bene ho capito! – rispose Charles toccandosi il naso dolorante – C'era proprio bisogno di colpirmi in questo modo? Non lo pronuncerò più...adesso ho capito cosa...». Si interruppe come sconvolto da un pensiero improvviso.
    «Che succede Charles? Cosa hai capito?».
    «NO! È colpa mia! Quello che è successo... è colpa mia».
    «Colpa tua? Cosa intendi?».
    «Ho pronunciato il suo nome, Gwen! Mentre parlavo con lei. Non ci ho nemmeno pensato. È questo che deve aver portato qui il Mangiamorte. È per questo che sono saltate le mie protezioni... per colpa mia...».
    «Non dire sciocchezze, Charlie! Non è per niente colpa tua! La colpa è solo di quel Mangiamorte e di quell’altro pazzo che li comanda! Se ti sento fare un’altra volta discorsi del genere, giuro che ti schianto!».
    «Dovevo aspettare di commettere un omicidio per sentirti usare il mio nome, Hackluit» rispose il ragazzo con una risata nervosa.
I suoi due amici sorrisero brevemente di rimando, ma senza divertimento: era evidente che il giovane non fosse affatto allegro: aveva la stessa espressione seria e concentrata di quando era morto Dumbledore o di quando il preside aveva dato la notizia del ritorno di Voldemort. Era evidente che si sentisse ancora in colpa per quello che era sueccesso oltre che preoccupato da tutto ciò che era appena accaduto.
    «Tornerai da lei Charlie?»
    «Non credo, Gwen. Sarebbe... troppo complicato tornare indietro. In questo momento Serena si ricorda a malapena della mia esistenza. Anche se tutto tornasse come prima che V..lui prendesse il potere ormai sarebbe troppo tardi».
    «Mi dispiace, Jack!»
    «Grazie, Hac, sei un amico prezioso. E lo saresti di più se evitassi di chiamarmi Jack». Rispose Charles abbandonandosi ad una risata, sincera e genuina.

Quella risata mancava ormai da diversi giorni dal volto di Charles: da quella fatidica sera viveva nascosto nella casa di Hac che aveva rifiutato anche solo di prendere in considerazione l’idea che lui fuggisse da solo e vivesse come un reietto. Avevano preparato accurati piani per proteggerlo e per farlo eventualmente fuggire: quasi tutta la sua roba era stata abilmente nascosta in vari luoghi della casa in modo da non essere troppo visibile e nel caso (non probabile, ma pur sempre possibile) di un’ispezione del Ministero avrebbe potuto trasformarsi in falco per non farsi trovare in casa.
Essere costretto ad una vita da recluso, a mille cautele e precauzioni, a nascondersi ogni volta che un estraneo veniva a visitare i Riddle cominciava a pesargli. Ancora più gli pesava la forzata, pressocchè totale, inattività. Uther gli aveva messo a disposizione una discreta biblioteca, grazie alla quale aveva approfondito le sue conoscenze in vari campi della Magia, ma si sentiva un inutile peso per la famiglia dei Riddle, visto che non poteva lavorare né fare alcunché. D’altronde lui era un ricercato.

    Il gufo che come ogni mattina recava la copia quotidiana della Gazzetta del Profeta atterrò placidamente sul tavolo della colazione, rischiando di far cadere la tazza di caffèlatte di Charles. Uther prese il giornale lasciando cadere un paio di Falci nel sacchetto legato alla zampa del gufo che subito riprese il volo. Charles e Hac, troppo impegnati con la loro colazione per prestare attenzione, diedero solo una rapida occhiata all’uccello (quanto bastava per evitare un disastro con il Caffèlatte). All’improvviso la voce del sig. Riddle, stranamente agitato, attirò la loro attenzione.
     «Oh Santo Cielo! No!». Dietro alla coltre del giornale si poteva indovinare la sua espressione preoccupata, il viso piegato da rughe, i neri occhi aperti e spaventati.
    «C osa succede papà?».
    Il signor Riddle si limitò a porgere il giornale ai due ragazzi, perché lo leggessero di persona. In prima pagina campeggiava il volto di Harry Potter sotto un titolo a tutta pagina: RICERCATO COME PERSONA INFORMATA SUI FATTI RELATIVI ALLA MORTE DI ALBUS SILENTE.
    «Potter – osservò Charles – beh c’era da aspettarselo. Con il nuovo regime del “Signore Oscuro” era ovvio che finisse per diventare una sorta di nemico pubblico. Spero che se la cavi...».
    «Non mi riferisco a lui. Guarda in terza pagina!».
    Hac girò pagina e a Charles quasi prese un colpo vedendo la sua foto campeggiare in alto a destra accanto ad un articolo dal titolo tutt’altro che rassicurante per lui.

L’OMICIDIO SELWYN. RICERCATO IL NATO BABBANO CHARLES VAN PELT

    L’articolo non diceva nulla che Charles non sapesse in fondo anzi, come era ovvio glissava su punti essenziali come la ragione per cui il “dipendente del Ministero” (come era definito il Mangiamorte) si trovava lì e come la tortura inflitta a lui e ad una Babbana, o la minaccia di morte. Ma costituiva chiaramente un punto di non ritorno: era chiaro ormai che mai il Wizengamot o il Ministero avrebbero preso in considerazione le sue ragioni o gli avrebbero garantito un processo equo. Come a dimostrare definitivamente tutto ciò Hac lesse  «il signor Augustus Rookwood, dipendente del Ministero, ha dichiarato: “Questo dimostra chiaramente quanto la presenza di Nati Babbani sia pericolosa per il nostro buon mondo dei Maghi la presenza di questi usurpatori. Il Ministero deve fare qualcosa per proteggere la razza dei puri maghi”». Hac lasciò il giornale, schifato, e lo restituì al padre «Non posso crederci! È uno scandalo quello che è successo».
    «Fantastico! – osservò Charles con amarezza – ora non solo sono un assassino ricercato dal Ministero e dai Mangiamorte, ma sono anche il pretesto per una campagna contro i Nati Babbani. Ci voleva proprio»
    «Non è colpa tua, Jack. Non pensarlo nemmeno per un momento»
    Il ragazzo sorrise debolmente, in parte seriamente rincuorato dalla sincera vicinanza dell’amico, in parte come ancora dubbioso. «Sentite – mormorò gettando uno sguardo alla sua foto sul Profeta – forse non è il caso che io continui a rimanere qui. Sono in pericolo e sono un pericolo per voi. Non siete tenuti a nascondermi... posso cavarmela».
    «Non dire sciocchezze, ragazzo. Quando abbiamo deciso di tenerti qui sapevamo bene quali rischi avremmo corso. E li abbiamo accettati. Hac, io ed Endora siamo fieri di poter fare qualcosa – ti assicuro che è poco – per contrastare questo regime. E poi, dove vorresti andare? Cosa vorresti fare da solo? Saresti catturato subito. Resterai qui. Per tutto il tempo necessario a che le cose si calmino poi... vedremo».


********************

Molto ma molto benissimo. Sono soddisfatto di aver finalmente completato anche questo capitolo. Non so però quanto essere soddisfatto del capitolo in sè. Fatemi sapere cosa ne pensate.
Un'annotazione che volevo scrivere nel capitolo precedente. ma che sta bene anche in questo:

Charles usa abbastanza abitualmente il vero nome di Voldemort. Lo fa perchè è un Nato Babbano e non è mai stato "educato" alla paura di quel nome. Inoltre quando si è trovato di fronte alle reazioni dei suoi amici ha deciso di continuare a pronunciarlo perchè ritiene le locuzuoni "Tu-sai-chi" o "Colui-che-non-deve-essere-nominato" stupide e ridicole.
Hac ogni tanto finisce per utilizzare a sua volta questo nome, proprio perchè influenzato e "abituato" dall'amico e lo stesso vale (in misura minore) per Gwen.

Ringrazio tutti quelli che seguono e ricordano questa storia e tutti quelli che l'hanno recensita e anche quelli che l'hanno solo letta. Se mi lasciate una traccia del vostro passaggio vi ringrazierò ancora più sentitamente.
Al prossimo capitolo (che probabilmente non sarà l'ultimo come avevo creduto).
Ciao
Good Old Charlie Brown.
   
 
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