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Autore: orual    20/03/2012    12 recensioni
Dopo le Cronache della Seconda Guerra... arrivano quelle della vita normale: tra progetti, studi, quotidianità, amori che sbocciano e bambini che nascono, carriere intraprese e ripensate, accompagneremo i nostri eroi nell'era post-Voldemort per scoprire che la routine non richiede meno impegno del pericolo. A voi la lettura!
...Rimasero un po’ in silenzio, poi Charlie si alzò. La notte intorno a loro era fresca e limpidissima.
La tomba di Tonks brillava lieve, illuminata dalle luci fatate dei fiori.
"Magari potrei davvero cercare qualcosa da queste parti. Giù in Galles, negli allevamenti statali...
Per qualche annetto e basta, o i Gallesi Comuni diventano un po’ noiosi.
Potrei veder crescere Teddy, per un po’...
Sì, potrei."
Charlie si incamminò, le mani in tasca, giù verso i cancelli.
"Il tuo... il vostro bambino è davvero uno splendore, Tonks."
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Famiglia Weasley, Un po' tutti | Coppie: Harry/Ginny, Ron/Hermione
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Eccomi ancora. Non sono stata velocissima, è vero, ma è andata un po’ meglio dell’ultimo aggiornamento. Senza aggiungere altro vi lascio al capitolo, riservandomi un paio di commenti alla fine.
Grazie come sempre per tutti i vostri complimenti, i vostri consigli e le vostre recensioni!
Buona lettura!

 
Ammissioni
 
Harry non aveva avuto modo di vedere nessuno degli uffici dei Ministri della Magia che avevano preceduto l’attuale, ma non poteva negare che Kingsley avesse arredato il suo con un gusto molto personale e non propenso a farsi influenzare dalla fama di rigidità pomposa che l’incarico che adesso rivestiva si portava dietro. Le pareti erano ricoperte di stoffe dai colori caldi, ed i mobili erano tutti di vimini e tek. In un angolo occhieggiava una bacheca piena dei vecchi ritagli di giornale che riguardavano Sirius, motocicletta volante inclusa. Harry sorrise nostalgico: Kingsley non aveva voluto dimenticare uno dei suoi precedenti incarichi come Auror. Su un tavolo che affiancava la parete erano ammucchiati tutte le edizioni del giorno dei principali quotidiani babbani. In un angolo c’era un bollitore attorniato da basse tazze larghe, di ceramica grezza.
Si avvicinò alla grande scrivania piena di scartoffie e di strane piante rigogliose le cui foglie arrivavano, pendule, fino a terra. Ne sfiorò una, oziosamente, e l’intera pianta mutò colore, da un verde intenso e lucido al viola prugna. Tra due vasi particolarmente grandi, l’occhio gli cadde su una fotografia incorniciata di legno dipinto, e la prese in mano per guardarla mentre sedeva sulla poltroncina di vimini là accanto, incuriosito. Le persone ritratte erano chiaramente una famiglia. Un uomo giovane, la pelle scura ed un sorriso candido, stava al centro della scena, seduto su un divano davanti ad una finestra. Oltre il vetro, si scorgeva uno scorcio innevato. La somiglianza con Kingsley era evidente, e rendeva chiaro il motivo per cui la foto si trovasse su quel tavolo, ma Harry non sapeva nulla della famiglia di Kingsley, e non aveva idea di chi fosse l’uomo. Una bambina piuttosto piccola, di forse quattro anni, arrivava correndo e si arrampicava sullo schienale del divano, per sedersi a cavalcioni in precario equilibrio. Accanto a loro stava una ragazza dai lunghi capelli castano chiaro, una mano sulla spalla dell’uomo. Rideva, rovesciando la testa indietro, di qualcosa che succedeva dietro l’obiettivo, evidentemente. Harry notò che era incinta, poi la ragazza spostò lo sguardo su di lui e lo salutò, subito imitata dagli altri due. La bambina gli fece un gran sorriso.
-Eccomi qui, Harry!
La voce di Kingsley lo fece sussultare, e si affrettò a deporre la cornice dove stava, girandosi poi a guardarlo, sentendosi un po’ in colpa. Kingsley, però, si sedette tranquillamente alla scrivania, e lo guardò con i suoi profondi occhi scuri, lo sguardo tranquillo come sempre.
-Ciao, Kingsley.
-Sei stato gentile a venire fino a qui, ma volevo parlarti un momento dell’Accademia Auror.
Harry lo guardò, vagamente imbarazzato, e si chiese se per caso Kingsley non volesse dirgli che alla fine  avevano deciso che no, non poteva accedere ai test senza il certificato dei MAGO.
-So che ti stai preparando per i test.
Harry abbozzò un sorriso.
-Ho studiato per tutta l’estate. Hermione pensa che esageri. Hermione.
-So che Hermione è una nostra nuova dipendente, a proposito. Ha vinto il Concorso, vero?
-Sì.
Hermione, naturalmente, dopo i suoi brillantissimi MAGO e l’addio ad Hogwarts, aveva senza difficoltà affrontato il Concorso Ministeriale, ed era tra i cinque che lo avevano superato: prima in graduatoria, naturalmente.
-Bene, Harry. Volevo solo... ho pensato che fosse meglio avvertirti di alcune cose. Se tu dovessi passare i test, ed essere ammesso all’Accademia... e non dubito che ci riuscirai...
Harry deglutì, perchè lui, invece, qualche dubbio ce l’aveva. Strinse le mani attorno al bordo della sedia.
-Io vorrei chiarirti che la carriera di Auror... insomma, è dura e severa, e questo lo sai già. Ma oltre a questo... ti espone a vedere molte cose che si preferirebbe non dover vedere.
Harry si limitò a fissarlo, incerto su dove Kingsley volesse arrivare. Il Ministro ricambiò lo sguardo fermamente, chinandosi in avanti verso di lui:
-Voldemort non esiste più, ma il male o la delinquenza sono affare di tutti i giorni. Mi chiedo se, dopo l’infanzia e l’adolescenza che hai passato, sei sicuro di voler continuare ad occuparti quotidianamente di questo aspetto... sgradevole della natura umana. Sono un Auror anche io, e non voglio certo affermare che non si tratti di una professione nobile ed essenziale. Ma questo non significa che sia la scelta migliore per tutti.
Harry cercò di riordinare le idee, prima di rispondere, e Kingsley dovette interpretare il suo silenzio come un certo sgomento, perchè aggiunse pacato:
-So che a scuola si pensa sempre “da grande farò l’Auror”, non fraintendermi.
-Io... ehm, ho capito quello che vuoi dire. Però... in realtà, non è che volessi fare l’Auror perchè mi immagino che sia una professione particolarmente fica. Il fatto è che... ehm, queste.. questa roba è sempre stata quello che mi è riuscito meglio.
Alzò un po’ le spalle. Essere Harry Potter comportava, tra le altre cose, il fatto che tutti finivano per sospettare che ci fosse sempre una motivazione nobile in quello che faceva. Neanche una persona intelligente come Kingsley aveva considerato che lui si fosse orientato a quella scelta di carriera perchè a scuola era sempre riuscito in Difesa meglio che in tutte le altre materie, se si faceva eccezione per il Quidditch, e diventare un eroe sportivo non era il massimo per chi, come lui, di notorietà ne aveva avuta abbastanza per il resto della sua vita.
Kingsley annuì lentamente, guardandolo con interesse. Unì i polpastrelli delle dita e li fece flettere. Poi scosse la testa:
-Devi essere stanco che la gente cerchi di psicanalizzarti, Harry. Scusami.
-Non fa niente- si affrettò a ribattere Harry. Non sapeva come dire che l’interesse discreto di Kingsley non lo disturbava affatto. A parte i genitori di Ron e Ginny, in fondo, era la persona adulta più vicina che gli fosse rimasta, in un certo senso.
-Sappi che non era un tentativo di impicciarmi delle tue scelte, ma solo un avvertimento che mi sentivo in dovere di darti come Auror, e non come Ministro.
-Lo so.
Harry fece un sorrisetto: Kingsley era un tipo davvero in gamba, e gli piaceva. E non era detto che il suo avvertimento si rivelasse poi così campato in aria. Si ripromise di pensarci su.
E comunque, adesso, la cosa più importante, quella che lo faceva girare inquieto nel letto la notte, erano i test per l’ammissione che si avvicinavano.
-Bene, ho qualcosa per te, allora.
Gli porse un plico di carta pergamena, segnato da un grande sigillo in ceralacca rossa.
-E’ la tua autorizzazione speciale per l’ammissione ai Test dell’Accademia. Sostituisce i certificati MAGO. Spiega che nonostante tu non abbia sostenuto gli esami, si può ragionevolmente ritenere, in base ad eventi extrascolastici che ti riguardano, che tu sia in grado di essere ammesso ai test d’accesso.
Harry allungò la mano a prendere il plico. Recava scritto: “Alla cortese attenzione del Capo del Dipartimento Auror, Mr. Proudfoot”.
-Non che il vecchio Proudfoot ne abbia bisogno, eh? Fosse per lui, saresti già nel dipartimento da mesi.
-Preferisco affrontare i test- replicò Harry, ficcandosi la preziosa pergamena in tasca –Grazie, Kingsley.
-Ti auguro buona fortuna, Harry. Ah, e spero di vederti abbastanza presto, sono invitato a cena da Molly ed Arthur, sabato. Tu sarai dei nostri?
-Oh, ehm, il primo test è lunedì, e forse...-
Forse starò cercando freneticamente di ripassare, pensò, un po’ preoccupato. Kingsley annuì con aria comprensiva, poi si alzò, allungandosi oltre la scrivania per stringergli ancora amichevolmente la mano.
-Non voglio portarti via altro tempo, Harry. Ci vediamo.
-A presto, Kingsley.
Mentre si alzava, lo sguardo gli cadde nuovamente sulla foto poggiata sulla scrivania, e la curiosità ebbe il sopravvento.
-Chi sono?- non poté trattenersi dal chiedere, accennando alla famiglia ritratta. Un momento dopo, si stava già mordendo le labbra, chiedendosi perchè proprio lui, che era sempre tanto seccato delle’eccessivo interesse altrui per la sua vita privata, si fosse lasciato scappare una domanda tanto personale proprio a chi lui stesso aveva appena apprezzato per discrezione.
 Lo sguardo di Kingsley però, non espresse alcun fastidio. Lo guardò negli occhi prima di rispondere, con appena un’ombra di rigidezza nella voce:
-La famiglia di mio fratello Hector.
-Non... non sapevo che tu avessi un fratello!- disse Harry.
-Sono morti, purtroppo- il tono era appena velato di malinconia, e Kingsley, come sempre, lo guardava negli occhi, senza ombra di reticenza.
-Mi... mi dispiace.
-Grazie. E’ successo tanti anni fa. Sai, messe insieme le due ultime guerre, non credo che ci sia nessuno, nel mondo magico, senza un lutto familiare. Per questo sei l’eroe di così tante persone.
Harry si guardò le nocche.
-Immagino di sì.
-Arrivederci, Harry.
Era un inequivocabile segnale che la conversazione era finita, ed Harry, rammaricato, uscì dall’ufficio del Ministro in breve tempo. Controllò il vecchio orologio di Fabian Prewett e si avviò verso l’Atrium, al centro del quale la Fontana dei Magici Fratelli e l’orrida scultura che l’aveva sostituita durante il regime erano ora rimpiazzate da un’ampia vasca di marmo incassata nel pavimento al centro della grandissima sala e circondata da panchine, anch’esse di marmo. Dentro si rincorrevano increspature dorate, e sul bordo, fitti, tutto intorno erano incinsi nomi dei vari caduti delle due guerre.
Hermione stava mangiando un sandwich, seduta ad aspettarlo su una delle panchine, ed Harry si affrettò ad avvicinarsi, agitando il braccio per farsi vedere.
Si scambiarono un abbraccio, poi Hermione gli porse un sacchetto di carta:
-Non ero certa che avessi avuto il tempo di procurarti il pranzo- fece, premurosa.
-Scherzi? Devo tornare a mangiare a casa, o Kreacher si offenderà. Grazie, comunque, farò un piccolo aperitivo- fece, prendendo uno Zuccotto dal sacchetto frusciante e ficcandoselo in bocca.
-Perchè non fai un salto a Grimmauld a mangiare anche tu? Così mi racconti come è andata.
Hermione annuì, inghiottendo l’ultimo pezzo del sandwich, ed insieme si alzarono, dirigendosi verso uno dei camini addossati alle pareti dell’Atrium ed usandolo per ritrovarsi nella cucina di Grimmauld Place, pulitissima e più accogliente che mai.
-Padron Harry, signorina, voi mette le pattine, per favore, Kreacher ha appena finito di dare la cera- ingiunse Kreacher arrivando di corsa, cortese ma perentorio, inchinandosi e porgendo loro le pattine, che entrambi infilarono con cautela per poi spostarsi faticosamente fino al lungo tavolo. Kreacher, senza farli attendere un attimo, servì loro immediatamente arrosto di montone con pisellini novelli e purè di patate.
-Allora?
-Allora...
Era lunedì dell’ultima settimana di agosto, ed i neoassunti del concorso annuale entravano a lavorare al Ministero a partire dalla prima settimana di settembre. Quel giorno erano stati esposte le destinazioni dei novellini. Il primo incarico al Ministero non veniva infatti scelto: i vari Dipartimenti richiedevano ed ottenevano i tirocinanti esaminando i loro curriculum. Era una specie di nuovo Smistamento, e quella era stata una mattinata importante per Hermione, la più emozionante dopo il16 luglio, giorno del Concorso.
-Allora... ebbene, Ufficio per la Regolazione e il Controllo delle Creature Magiche- buttò fuori Hermione tutto d’un fiato, scostandosi nervosamente i capelli dagli occhi.
-E’... ehm... una notizia buona o una cattiva?- chiese Harry, che non aveva idea di quello che Hermione avrebbe preferito, a parte la convinzione abbastanza fondata che non sarebbe stata entusiasta del Dipartimento di Giochi e Sport Magici.
-Abbastanza buona. E’ un campo che mi interessa, c’è una marea di cose su cui è necessario lavorare in direzione di un comportamento etico, e... comunque, ho incontrato il direttore, Thesibertus Traggle. E’ un tipo simpatico. Mi ha detto che si è battuto per avere me... pensa, era venuto persino a sapere del CREPA.
-E come diavolo ha fatto?
-Il censimento dei gruppi e delle attività scolastiche della Umbridge tre anni fa, ricordi? Naturalmente ho fatto registrare anche il CREPA. Il signor Traggle mi ha detto che era un’iniziativa meritoria.
Harry aveva l’impressione che Hermione avesse finito per trovarsi nel posto giusto, tuttavia chiese, curioso:
-Gli altri dove sono andati a finire?
Hermione ridacchiò, versandosi un po’ del denso sugo dell’arrosto sul purè:
-Ernie alle Catastrofi e Incidenti Magici. Sembrava un po’ scosso, l’ho incontrato in ascensore mentre tornavo nell’Atrium ad aspettarti, e aveva tutte le sopracciglia bruciate. Michael Corner... al Trasporto Magico. Non so se è stato contento, non ho potuto parlarci. Morag McDougal, ti ricordi, la Cacciatrice di Corvonero che ci ha dato del filo da torcere alla finale... agli Sport Magici, era semplicemente radiosa... e poi c’è Octavius Gaiman, probabilmente non te lo ricordi, è un Serpeverde che ha due anni più di noi... non so perchè si è deciso a tentare il test solo quest’anno, quasi non me lo ricordavo, mi è sembrato di capire che negli ultimi due anni è stato all’estero. Lui è finito alla Cooperazione Magica Internazionale, l’ho visto che parlava con Percy in corridoio... non sembra male. Per essere un Serpeverde, è ovvio.
Finirono di pranzare tranquillamente, e dovettero rifiutare la seconda porzione di torta con la glassa alla nocciola che Kreacher cercava di spingere loro nel piatto.
-Beh, ti ringrazio per l’ospitalità, Harry... devo andare, però, mamma e papà vorranno sapere... e anche Ron, è ovvio, anche se gli ho mandato Bathilda dal Ministero per non farlo stare sulle spine. Tu cosa farai, oggi pomeriggio?
-Studierò, credo.
-Ancora?
C’era qualcosa di vagamente disturbante in Hermione che disapprovava una frase che conteneva la parola studiare, ed Harry fissò l’amica con occhi eloquenti. Hermione fece un risolino:
-Non mi guardare così. Promettimi almeno che non farai le ore piccole, mi sembri un po’ dimagrito, Harry... come se ne avessi bisogno, tra l’altro. E poi, non vedi Ginny, il lunedì?
 
Hannah tirò su dal calderone una mestolata di zuppa, e la sorbì lentamente, con gli occhi socchiusi. Poi si allungò in direzione dello scaffale più vicino, afferrando un barattolo di ceramica e spolverando nella pentola un qualche aroma o ingrediente e riprendendo a mescolare. Ginny, che entrava in quel momento nella cucina dei tre Manici dalla porta sul retro, dove aveva fatto Evanescere un’intera cassetta di cocci di vetro che si erano rotti durante una rissa tra gente un po’ alticcia la sera precedente la guardò interessata, pulendosi le mani sul grembiule, mentre volute di vapore uscivano dalla porta del cortile, perdendosi sotto il sole del mattino.
-Cosa stai provando, Hannah?
-Una zuppa nuova. Ho aggiunto nepitella, ma ancora non ci siamo- rispose la ragazza senza voltarsi, molto concentrata.
Muovendo velocemente la bacchetta compì in successione sul suo calderone tre o quattro incantesimi non verbali del tutto sconosciuti a Ginny. Hannah era veramente brava con gli Incantesimi di Cucina, un campo nel quale lei non sapeva nulla, se si eccettuavano gli esercizi da primo anno come far diventare sodo un uovo o affettare un pomodoro.
Si avvicinò per guardare, ma fu richiamata da Madama Rosmerta, che si affacciò nella cucina dalla porta che dava sul bancone.
-Ginny, cara, ho bisogno di aiuto per favore.
Si affrettò a rientrare nella sua routine estiva, anche se l’estate volgeva ormai agli sgoccioli, prendendo le ordinazioni e spedendo boccali, bicchieri e piatti ricolmi da un capo all’altro del vasto locale degli avventori dei Tre Manici. Era stato un lavoretto estivo utile, le aveva permesso di mettere da parte i primi soldi che avesse mai guadagnato in vita sua, ed aveva potuto conoscere meglio Hannah, del che era grata: avevano stretto una solida amicizia, occupandosi dei clienti e prendendo un po’ in giro Madama Rosmerta,  la zia di Hannah dai modi civettuoli nonostante non fosse più fresca come una rosa, gentile ma a tratti un po’ dispotica. Rosmerta era la sorella del padre di Hannah, ed aveva un passato da femme fatale i cui fasti si estendevano ancora al presente, visto che molti degli avventori più fedeli ed affezionati, ed anche molti ragazzi imberbi, non riuscivano a celare una solida, sana ammirazione per le sue stupefacenti dotazioni femminili ed i tacchetti scintillanti delle sue scarpe.
In complesso, il consiglio di Neville si era rivelato ottimo, e poteva tirare un bilancio positivo, per quell’estate almeno. Ma naturalmente, la cosa migliore di tutte era Harry. Harry che riemergeva come da un lungo incubo accanto a lei, e si godeva l’estate, il sole, il calore della compagnia. La giornata che avevano passato al mare con Hermione, Ron, George e Luna era stata veramente bella. Si vedevano regolarmente, ma non troppo spesso: era inutile negare che ciascuno dei due fosse rimasto scottato dall’altro, in modi diversi, e volevano ricostruire dalle macerie. C’erano ferite un po’ troppo dolorose: e le piaceva il loro amarsi prudente, ancora timoroso. In qualche modo, la rassicurava. Pensò a lui, e si chiese come se la stava cavando. A Londra, lontanissimo da Hogsmeade, in quel momento era in corso il primo test d’ammissione all’Accademia.
Prese le ordinazioni ad un tavolo e le spedì in volo verso il bancone, poi si avvicinò alla bacheca nell’angolo vicino al camino, sempre strapiena di annunci: ogni due o tre giorni era incaricata di rimuovere quelli troppo palesemente illegali, visto che qualcuno non si faceva scrupoli di appenderli anche là e non solo alla Testa di Porco, da Aberforth, e Rosmerta ci teneva che I Manici mantenessero il loro “tono”. Strappò via i soliti manifestini che pubblicizzavano cacca di Doxy sofisticata, e lottò con un “Cerco uova di drago, pagamento in oro zecchino” che sembrava essere stato fissato alla bacheca con un Incanto di Adesione Permanente, tanto dovette faticare per staccarlo. Lasciò, anche se sapeva che erano inutili, gli strazianti avvisi con fotografie di persone scomparse che, a più di un anno dalla fine della guerra, qualcuno che non si rassegnava alla perdita di persone care continuava ad affiggere un po’ ovunque. Da sotto ad uno di questi, che come notò con una stretta al cuore, raffigurava due bambini molto piccoli, scivolò e cadde a terra un depliant viola e nero che non aveva mai visto prima, ma prima che potesse darvi un’occhiata, un urlo dalla cucina la fece voltare di scatto. Era Hannah, e dalla porta divisoria uscivano volute di fumo verdi e arancioni. Ginny si precipitò a darle una mano, chiedendosi cosa diavolo fosse successo, mentre Rosmerta cercava di tranquillizzare gli avventori, che erano ammutoliti, molti di loro con le bacchette sguainate (era difficile perdere certe abitudini). Il calderone di Hannah si stava contorcendo su se stesso, fuso dal calore della preparazione, e la cucina era invasa da una fitta nebbia di colori improbabili. Ginny annaspò tossendo alla cieca fino alla finestra, che spalancò per lasciare uscire il fumo.
-Hannah? Hannah, stai bene?
-Sono qui...- tossì Hannah, emergendo dal fumo, i capelli biondi appiccicati ai lati del viso dal vapore.
-Cos’è successo? Cos’è successo?- Rosmerta sembrava piuttosto arrabbiata quando piombò in cucina. I tacchi scintillavano anche attraverso il fumo, ma di lei le due ragazze non riuscivano a vedere nient’altro.
-Un incidente, zia. Credo... ehm, di averti fuso il paiolo più grande.
-Povera me, sei un disastro, Hannah! Voi ragazzine fate più danni che altro, qui dentro.
Ginny si accigliò, visto che gli esperimenti estivi di Hannah avevano costituito la fonte di buona parte degli incassi dei Tre Manici, nei due mesi passati, ma sapeva che Rosmerta era acida, ma non cattiva.
-Sparite, adesso... sarà meglio che... oh, insomma, Aereo!
Il forte getto d’aria che scaturì dalla bacchetta della donna sospinse fori dalla finestra il nuvolone di fumo pesante, rendendo l’aria nuovamente respirabile e rivelando le loro tre figure, tutte piegate in due per il fumo. Hannah era molto rossa.
-Andate via, ci vediamo domani, avete fatto abbastanza, per oggi. Ah, naturalmente vi decurterò mezza giornata di paga.
-Naturalmente- dissero in coro Hannah e Ginny, rassegnate. Hannah, troppo onesta per non fare almeno un tentativo, aggiunse, timidamente:
-Ginny non c’entra niente, zia, non...
-Oh, non ha importanza, non vi voglio tra i piedi mentre rassetto la mia cucina. Sparite, ragazze!
Ginny, non particolarmente turbata, si tolse il grembiule e lo appese al gancio, per poi uscire dalla porta del retrobottega tirandosi dietro Hannah per mano.
-Non preoccuparti, Hannah, staccare prima mi va benissimo. Avrei anche bisogno di una doccia a tutti i costi...- spiegò, mentre insieme uscivano dal corto vicolo che collegava il cortile interno ad una via laterale di Hogsmeade. Il sole splendeva caldissimo nel cielo, disegnando ai loro piedi ombre nette e corte.
-Credo che smetterò di provarci. E’ stato un fallimento totale!- sbuffò Hannah, strappandosi di dosso il grembiule che ancora portava al collo.
-Era solo il primo tentativo, hai fuso un calderone anche la prima volta che hai provato la Menta Frippante, ed è stato il drink più venduto da Rosmerta quest’estate.
Ginny sorrise mentre rassicurava l’altra. Hannah era un tipo strano, non esattamente il genere di persona con cui lei era portata ad andare d’accordo, non tanto per la sua insicurezza, quanto per l’alto tasso di lamentosità. Ma non era stato male dividere l’estate con lei. Hannah aveva lutti recenti che cercava di superare, un padre rimasto solo di cui sentiva la responsabilità, e Ginny si era spesso trovata a pensare che, negli aspetti meno gradevoli delle loro vite, si capivano perfettamente.
E poi, Hannah aveva un vero talento per la cucina, ed era così mite e modesta da non accorgersene affatto. Era difficile non provare simpatia almeno per questa sua caratteristica.
-Riprova domani e verrà meglio.
-Lo spero- fece l’altra, passando sulle mani sporche il grembiule appallottolato –Non mi dispiacerebbe riuscire a lavorare in questo campo, anche se la zia a volte è proprio... beh, insomma, è un po’... acida.
-Non è detto che tu debba lavorare con lei. Secondo me puoi benissimo metterti in proprio e farle concorrenza.
Hannah ridacchiò, confusa:
-Oh, non sarebbe... voglio dire, non sarebbe molto carino, no? Comunque...- un sospiro –Ci vogliono Galeoni per mettere su un’attività. Ci vogliono Galeoni per fare tutto!
-A chi lo dici...- fece Ginny pensierosa.
Al contrario di Hannah, non aveva intenzione di continuare ai Tre Manici dopo la fine dell’estate, ed era ora che cominciasse a guardarsi in giro per qualcos’altro. Magari poteva chiedere a Ron e George se avevano bisogno di una mano a Tiri Vispi. In attesa di qualcos’altro. L’eterno qualcos’altro.
-Vedo se riesco a capire come è andata ad Harry, Hannah. Oggi aveva il primo test per l’ammissione all’Accademia Auror, non te l’avevo detto, vero?
Hannah la fissava con occhi tondi di meraviglia:
-E come vuoi che sia andata? E’ Harry Potter.
Ginny sorrise di rimando, alzando le spalle:
-Già. A domani, Hannah- disse, prima di girare su se stessa per Smaterializzarsi.
 
Anche se il quartier generale degli Auror si trovava al Ministero, l’Accademia aveva sede presso un capannone dall’apparenza alquanto squallida ed abbandonata all’Isle of Dogs, nel distretto londinese di Blackwall. Una gran profusione di strisce catarifrangenti bianche e rosse, palizzate di lamiera e cartelli dissuasori contribuivano a tenere lontani i Babbani forse più che la variegata gamma di incantesimi usati per proteggere la zona. Una volta entrati, si restava colpiti dall’ambiente interno, anche se la differenza con l’esterno non era così sconcertante come al San Mungo o al Ministero. Gli ambienti erano piuttosto malandati: vecchi rivestimenti di legno coprivano fino a metà le pareti, intonacate poi fino al soffitto di bianco. La pianta dell’edificio, come quella della maggior parte dei luoghi magici che Harry aveva visto, era complessa più di quanto non si potesse sospettare dalla forma esterna della costruzione, del tutto banalmente rettangolare. Scale dalle ringhiere molto rovinate si diramavano dal corridoio principale, assieme a corridoi secondari e parecchie porte. Nella bacheca più vicina all’ingresso, piena di avvisi vecchi e di Gomme Bolle Bollenti appiccicate, una pergamena affissa aveva indirizzato Harry ad una sorta di bugigattolo, dove un mago dall’aria alquanto inquietante (non gli restavano che tre dita alla mano destra e due alla sinistra) gli aveva requisito la dichiarazione di Kingsley sostitutiva dei suoi certificati MAGO e lo aveva mandato, munito di una spilla recante un 5 da attaccare sul petto, in un’aula del tutto spoglia se non per i banchi ed una cattedra vuota. Piume e pergamene erano già pronte su ogni banco. Qualcuno degli altri candidati, che era già arrivato, sedeva fissando nervosamente la pergamena bianca davanti a sé, ognuno col suo bravo numero sul petto. In breve, tutti i banchi furono occupati: erano in dieci a sostenere l’esame, e si guardavano, scambiandosi cenni di saluto senza osare parlare.
Gli unici suoi coetanei erano Terry Boot e Padma Patil, che lo salutarono sussurrando. Harry ricordava che Terry era stato piuttosto bravo ai tempi dell’ES, mentre non riusciva a riportare alla mente quasi nulla di Padma, se non che una volta aveva Schiantato una libreria, mancando Dennis Canon, nella Stanza delle Necessità. Sapeva che Calì studiava Medimagia, o lavorava al San Mungo, non era sicuro. Lavanda Brown era letteralmente sparita, almeno per quanto ne sapeva lui, fin dalla Battaglia di Hogwarts. Gli altri candidati erano tutti più grandi di loro: Harry fu sorpreso di vedere Katie Bell, che lo salutò tranquilla. Sembrava di gran lunga la più serena del gruppo, come se l’esito della prova non le importasse poi molto. L’unico altro Grifondoro era un coetaneo di Katie, Edward Whistler, che Harry conosceva bene ma con il quale aveva parlato molto raramente. Poi c’erano due Corvonero, anche loro un anno più vecchi di lui, se non sbagliava, una Tassorosso sempre della stessa età, dai lunghi capelli biondi, ed un ragazzo ancora più grande, che Harry non ricordava affatto a quale casa appartenesse ma che era sicuro di aver visto a scuola. L’ultimo, un altro maschio, gli pareva di non averlo proprio mai visto. Ma forse la guerra aveva sommerso e mescolato i suoi ricordi precedenti.
Harry notò con scarso piacere che gli altri nove, per compensare il nervosismo che derivava loro dalla totale assenza di un professore, o qualsiasi altro referente di qualunque tipo, avevano trovato una buona idea mettersi a fissarlo, come chiedendosi che accidenti ci facesse là, insieme a comuni mortali che non avevano ucciso il più potente mago oscuro degli ultimi secoli. Non che non fosse abituato a cose del genere, ma non era piacevole lo stesso.
Dopo qualche minuto, tuttavia, la tensione dovette inevitabilmente sciogliersi, e visto che non succedeva nulla, e nessuno compariva per dare istruzioni di qualche tipo, i vicini di banco cominciarono a conversare sottovoce fra loro. Harry, che aveva occupato un banco all’estremità della classe, vicino alla finestra che affacciava in modo un po’ straniante su un prato fiorito (chiaramente una finestra magica, visto che fuori dal capannone si estendevano i Docks di Londra), continuò a fissare la lavagna, e sobbalzò quando dal nulla apparve la scritta:

Test d’Ammissione dell’Accademia Auror
(con il patrocinio dell’Ufficio Applicazione della Legge sulla Magia)
Prova Scritta Preliminare
Inizio prova ore 9:25
Tempo massimo 2h 27’

Accanto alla scritta, apparve un orologio disegnato col gesso, le cui lancette però cominciarono a muoversi come in un orologio vero e proprio.
-Ahem... succede qualcosa- mormorò Harry, per richiamare l’attenzione degli altri. Tutti sobbalzarono, voltandosi a guardare la lavagna.
-Ma.. che dobbiamo...- cominciò Katie perplessa.
-Ci lasciano soli? Credevo che qualcuno sarebbe...
-Le pergamene!- Juno Jarndyce, la Corvonero coetanea di Katie, indicò con un gridolino il suo banco, e subito tutti si chinarono sulla propria pergamena, che si andava riempiendo di domande vergate in inchiostro violetto.
Come un sol uomo, afferrarono la penna posta di lato sul banco con foga, leggendo freneticamente quello che appariva. Harry, lo stomaco spiacevolmente pesante, scorse il foglio, che si andava allungando mano a mano che le domande e lo spazio per rispondere prendevano centimetri. Non sembrava qualcosa di simile ad un test di Difesa Contro le Arti Oscure, come lui (e certamente anche gli altri) si erano aspettati di trovare. Le domande spaziavano in vari campi, ed alcune non sembravano avere alcuna utilità al fine della loro valutazione: una richiedeva di segnare il nome di battesimo di tutti i trisnonni, un’altra di elencare il maggior numero possibile di nomi di stazioni della metropolitana di Londra. C’erano anche domande più classiche: Trasfigurazione Umana Avanzata, proprio come aveva predetto la professoressa McGranitt, Difesa, naturalmente (ben sei quesiti riguardavano l’argomento dei Patronus), e quella che ad Harry parve un’infinità di domande sulle Pozioni più complicate che avesse mai studiato.
In tutto, c’erano una sessantina di quesiti, e presto si trovò a scrivere freneticamente, come tutti nella stanza, cercando di lottare contro il tempo che l’orologio disegnato sulla lavagna scandiva inesorabilmente. A poco più di un’ora dall’inizio del test, Gillian Sherton, la Tassorosso, lasciò cadere la penna sul tavolo e, quietamente, raccolse la borsa, abbandonando il campo. Il suo test non finito sparì dal banco appena lei varcò la soglia dell’aula. Anche il ragazzo di cui Harry non riusciva a ricordare la Casa rinunciò prima della fine del tempo a disposizione. Gli altri otto scrissero freneticamente nella stanza sempre più calda (il finto prato fuori dalla finestra era illuminato da un sole incandescente che penetrava oltre i vetri), in un gran stridere di piume, tra imprecazioni a mezza voce e odore di inchiostro. In fondo alla pergamena c’erano istruzioni per chiuderla e sigillarla con un Incantesimo di Firma che avrebbe identificato infallibilmente bacchetta e il relativo candidato. Tutti gli otto ragazzi rimasti in aula eseguirono obbedienti, con mano tremante, nell’arco degli ultimi minuti a disposizione, restando poi seduti, incerti sul da farsi. Quando le due ore e ventisette minuti scaddero, le pergamene sigillate (Padma, l’ultima a finire, aveva appena appoggiato la bacchetta) volarono via dai banchi in mano ad un mago che apparve solo allora, seduto alla cattedra, deserta fino a quel momento, ed intento a scartare una Cioccorana.
Tutti trattennero rumorosamente il fiato a quell’apparizione improvvisa, comprendendo che, a quanto pareva, era sempre stato là ad osservarli, usando un’avanzata tecnica di Dissimulazione, perchè per oltre due ore nessuno di loro si era accorto di nulla. Era un’idea oltremodo sgradevole, ed Harry si chiese con una certa inquietudine se avesse fatto nulla che potesse compromettere il test, a parte fissare con desiderio la nuca di Juno Jarndyce, che scriveva con instancabile lena anche quando lui si era trovato in preda a qualche momento di incertezza.
Il mago, un uomo dalla circonferenza ragguardevole, che vestiva un completo di tweed verde bottiglia, dalla tasca della cui giacca spuntava il bocchino di una pipa lunghissima, si schiarì la gola prima di esordire, con aria ilare:
-Molto bene, molto bene. Sono Gilbert H. Rumblescott, il vostro test è finito, e nel caso, non particolarmente probabile, che qualcuno di voi l’abbia superato...- si soffermò a guardarli uno per uno, indugiando su Harry –riceverete un gufo entro la serata, con la convocazione per i colloqui psicoattitudinali di domani, ai quali, nel caso ancora più improbabile che li superiate con successo, seguiranno  le prove pratiche. Oh, se ve lo steste chiedendo, questo giochetto si chiama Dissimulazione Avanzata Speciale. Ed è uno spasso, o non la insegnerei...- ghignò –...i novellini in angustie sono uno spettacolo che vale la pena di sbirciare. A proposito, signor Fellan, non si scomodi ad aspettare il gufo. La copiatura non è ammessa, neanche se il modello prescelto è una signorina affascinante come miss Patil.
Il ragazzo sconosciuto ad Harry fissò l’uomo con aria profondamente indignata, e se ne andò, strappandosi la spilla con il numero 9 dalla maglietta e sbattendo la porta. Tutti loro lo seguirono camminando lentamente, cercando di digerire lo shock ed il brusco calo di adrenalina che la fine del test aveva comportato.
Katie Evocò un ventaglio con la bacchetta, lo agitò davanti al viso e dichiarò con calma:
-E’ stato un disastro. Pazienza. Beh, ci vediamo, Harry.
Li precedette lungo i vecchi corridoi a lunghi passi, e sparì. Gli altri parlavano con brusii sommessi tra loro, confrontando risposte e dibattendo. L’Accademia era vuota, e silenziosa: sembrava deserta. Harry si chiese se non fosse stato architettato una specie di enorme scherzo surreale, mentre uscivano nella vampa accecante del calore esterno.
 
Ginny aspettava seduta su una massiccia panchina di cemento, nel caldo soffocante del mezzogiorno londinese di inizio settembre, guardandosi intorno come poco sicura di trovarsi nel posto giusto. Fu una sorpresa più che gradita, e ad Harry parve così bella da ingentilire persino il panorama del circostante quartiere popolare.
Quando li vide uscire dalla palizzata provvisoria che delimitava l’area attorno al capannone, fece un sorriso incerto nella sua direzione. Harry si affrettò ad avvicinarsi, ed il suo bacio fu come un tonico dopo lo stress della mattinata.
-Allora?
-Non lo so- borbottò lui, un po’ per scaramanzia. Nel complesso, gli era parso di essersela cavata piuttosto bene –Arriva un gufo oggi pomeriggio, se è andata bene.
Gli altri si erano dispersi, ognuno per la propria strada, ma Terry e Padma si avvicinarono, salutando entusiasticamente Ginny. Harry dovette ricordare a se stesso che lei aveva un rapporto molto più stretto di lui con loro: avevano passato insieme l’anno in cui lui era stato a caccia di Horcrux, e anche l’anno scolastico appena passato.
-Terry! Non sapevo che anche tu ci provassi. Luna mi aveva detto di Padma, ma...
-Ho deciso all’ultimo momento... ma non credo proprio che ne verrà fuori qualcosa- fece Terry, accennando cupamente all’edificio che si erano lasciati alle spalle.
-Sciocchezze, almeno sei arrivato alla fine- intervenne Padma -Due hanno lasciato durante la prova, e uno è stato segato dal professore perchè aveva cercato di copiare...
-...da lei- concluse Terry. Harry si rese conto in quel momento che teneva un braccio attorno alla vita di Padma, e che con tutta probabilità stavano insieme. Quando era successo? L’aveva mai saputo? Si chiese se la sua alienazione al mondo esterno sarebbe durata per sempre o avrebbe ricominciato ad accorgersi delle cose che succedevano oltre la stretta cerchia dei Weasley, di Hermione e di Teddy e Andromeda. Eppure Padma e Terry erano suoi amici, membri dell’ES che erano rimasti fedeli a lui fino all’ultimo.
-Come sta Calì?- chiese a Padma, sulla scia di questi pensieri.
-Domani comincia il corso per infermiera al San Mungo. Mi è sembrata contenta.
-E Lavanda, hai notizie di lei?
Padma si irrigidì subito:
-Calì non è contenta che se ne parli.
-Oh- fece Harry, imbarazzato. Ginny ritenne opportuno concludere la conversazione.
-Forse è meglio andare, Harry.
-Sì. Ci vediamo... ehm... speriamo di vederci domani, eh?
-Su di me non contare, Harry- fece Terry, funereo.
-Ma certo che ci vediamo domani- lo contraddisse Padma decisa.
Si allontanarono in direzione di una zona più riparata, dove Smaterializzarsi con discrezione. Harry e Ginny rimasero soli.
-Grazie per essermi venuta a prendere!- Harry affondò il viso nei capelli di lei, godendone il profumo fiorito che conosceva così bene. Lei allungò la mano a stringere la sua.
-Hannah ha fuso un calderone e Rosmerta ci ha sbattuto fuori prima- spiegò, ridacchiando. Delicatamente, gli passò un braccio dietro la schiena, e lo guidò lentamente verso la zona d’ombra dove Terry e Padma erano scomparsi pochi istanti prima.
-Vuoi tornare a casa o passi alla Tana? Credo che mamma stamani fosse più agitata di quando Percy ebbe il Concorso per il Ministero...
-Passiamo pure dai tuoi, anche se non sono affatto certo che sia andata bene.
-Smettila, dai...
Ginny scosse la testa mentre si Smaterializzavano, e continuò il suo discorso nello scenario improvvisamente diverso del fianco della collina presso la Tana, ancora protetta dagli Incantesimi di Materializzazione nonostante fosse passato oltre un anno dalla fine della guerra.
-...in fondo sei tu. E questa è la cosa che ti riesce meglio in assoluto. Sicuramente è la tua strada.
L’erba alta e secca dell’estate che finiva strusciava lieve contro le loro gambe. Harry la strinse.
-E che mi dici di te?- chiese cautamente, sapendo quanto Ginny amasse poco quell’argomento, ma deciso a smettere per un po’ di pensare al test.
Ginny sospirò:
-Di sicuro non continuo da Rosmerta. E’ stato utile ma ne ho abbastanza. In realtà non so... non so cosa voglio fare veramente. Il Quidditch è la cosa che mi riesce meglio, ma... ok, non ci sentiamo tutti stupidi quando diciamo che il Quidditch è quello che ci riesce meglio?
Harry si fermò improvvisamente, per tirarla a sé e baciarla. Quando Ginny diceva cose che evidenziavano troppo quanto somigliasse ad Harry per certi aspetti, non riusciva a trattenersi. Non era incline al romanticismo, ma il miscuglio di somiglianza e differenza estrema da sé che c’era in Ginny aveva per lui un fascino irresistibile.
-Ehi...- rise Ginny sotto le sue labbra.
-E allora perchè non il Quidditch?- fece Harry, approfondendo il bacio.
-Ma Harry...- protestò lei, senza però dar segno di volersi staccare.
L’improvviso Materializzarsi di qualcuno a pochi centimetri da loro li interruppe bruscamente, facendoli cadere a terra. Era Percy, che cadde a sua volta e si tirò sui gomiti, osservandoli imbarazzato prima di alzarsi e scuotersi via i forasacchi rimasti impigliati nella giacca.
-Scusatemi, ragazzi. Ma è meglio non sostare qui, visto che tutti lo usiamo come posto per Materializzarci e...
Ascoltando solo a metà il suo cicaleccio, lo seguirono verso casa, le mani saldamente intrecciate.
 
Il gufo era arrivato, naturalmente, e la sua famiglia stava festeggiando Harry con entusiasmo, profondendo auguri per le prove successive. Ginny osservava in silenzio la scena intorno al tavolo nel giardino della Tana, appoggiata al vecchio melo. La mano scivolata in tasca le si chiuse intorno a qualcosa di duro, e ne trasse fuori il volantino che aveva raccolto senza attenzione quella mattina ai Tre Manici. Sbatté le palpebre un paio di volte quando vi posò su gli occhi per leggerlo.
Pubblicizzava le Selezioni Ufficiali per la squadra di Quidditch dei Ballycastle Bats.
-E allora perchè non il Quidditch?- aveva detto Harry. Harry Potter, che amava proprio lei.
Sollevò lo sguardo verso la sua famiglia che lo circondava di affatto, e vide che stava cercando con gli occhi il suo sguardo. Si scambiarono un sorriso al di sopra delle teste rosse degli altri.
Com’era difficile capire se stessi e il mondo dopo tutto quello che avevano passato. Com’era difficile trovare la propria strada e capire cosa si voleva veramente. Non era stata proprio lei a tenere Harry lontano un anno intero, lui che le sorrideva e verso il quale adesso provava il fortissimo impulso di correre, per abbracciarlo e stargli vicina?
Perchè non il Quidditch, aveva detto Harry.
Davvero, pensò, perchè no?
 
Alcune note veloci:
-Il fratello di Kingsley e la sua famiglia sono una mia creazione. Lui è uno dei protagonisti della mia serie incentrata sugli amici di Arthur e Molly ai tempi della scuola e degli anni prima della prima Guerra Magica. Per chi lo conosceva già, probabilmente è stato un po’ uno shock scoprire che Hector è morto (e non solo lui!)... ma ne parlerò più diffusamente in futuri aggiornamenti di questa storia e della serie.
-Sulle modalità di assunzione al Ministero ho inventato praticamente tutto. I dipartimenti del Ministero sono quelli indicati dalla Rowling. Ho immaginato che l’Ufficio Misteri non assumesse tirocinanti, visto la particolarità, e che per l’Ufficio Applicazione della Legge Magica ci volesse almeno un attestato di studi più alto di Hogwarts, come un diploma in Magisprudenza.
-Sull’Accademia Auror ho sbrigliato la fantasia, usando le poche informazioni canon che si hanno. Se vi venisse in mente qualcosa che va proprio in contrasto con quanto ho scritto fatemelo notare!
 
A presto e un bacio!
Oru

 
 
 
   
 
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