Niente di tutto quello era da lei. Non era da lei piangere per un uomo, non era da lei non riuscire a prendere sonno, non era da lei non riuscire a trovare la gioia nemmeno lisciandosi i, sebben corti, capelli. Non era da lei essere in quello stato pietoso, in mezzo alla stanza, illuminata dalla fioca luce di una sola candela, perché tutte le altre si erano spente, e lei era troppo distrutta per alzarsi e spegnerle. Cos’era quella sensazione che le stringeva il cuore, che le faceva venir voglia di urlare, solo per sfogarsi? Era il suo cuore che si stava spezzando, Rapunzel lo sapeva bene, anche se non lo aveva mai provato prima…

Ormai Risa e Otani stavano per festeggiare il loro secondo anno insieme.... però c'è qualcosa di diverso... Non sarebbe stata la stessa giornata come le altre, e Risa lo aveva capito da come il suo ragazzo si comportava nell'ultimo periodo. In fondo la prima volta in questa età era una cosa normale... ma ce la farà la nostra protagonista ad abbandonarsi al suo Otani e a vivere questa esperienza in modo unico e indimenticabile?

Storia ambientata dopo la battaglia contro il Mandarino, e se non fosse andato tutto come sperato...
Post-IM3 e OOC

Due estratti:
* Con sguardo provocatorio si chinò su di lui, solleticandogli il petto con i lunghi capelli fiammeggianti, gustandosi i fremiti d’impazienza che lo scuotevano. Lo sguardo dell’eroe divenne un misto di supplica e sorpresa. Con un risolino compiaciuto si chinò a premere le labbra sull'addome del sempre più impaziente Wonder-Boy per poi poggiarle man mano un po’ più giù, incitata anche del tentativo dell’eroe di trattenere a denti stretti i leggeri sbuffi
** Un sospiro le sfuggì dalle labbra semichiuse, e per tutta risposta un sorrisetto soddisfatto increspò le labbra del famigerato supereroe.
-E’ un gioco- iniziò a spiegare lui languendole un bacio –composto da tre parti-
La rossa inarcò il collo indietro.
Una risata gutturale, compiaciuta, sfuggì al giovane eroe.
-Oh!- ansimò di nuovo.

Ma solo quando aveva sfiorato le sue labbra, inumidendosi la bocca col sapore agrodolce della sua lingua, sorridendo come una stupida nel sentire la sua barbetta incolta solleticarle le guance e il mento, sentendosi persino un po’ ridicola a tremare come una foglia sotto la stretta possente delle sue dita, aveva capito di essersi sbagliata: Thor era davvero una stella. La stessa che aveva sognato da bambina, quella a cinque punte che tanto aveva desiderato vedere e tracciarne i contorni.
E si era sentita come le principesse dei racconti di sua nonna.
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