Recensioni per
Notti agitate
di Chevalier1

Questa storia ha ottenuto 107 recensioni.
Positive : 107
Neutre o critiche: 0


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Recensore Junior
13/05/23, ore 09:46
Cap. 10:

Tra le notti agitate questa è forse la più solare, e di notturno resta solo quel sogno, anzi quell'incubo che è un tratto di realismo non indifferente, perché penso che proprio tutti siamo stati perseguitati dall'incubo di un esame che torna a creare turbamenti che assumono talora perfino la connotazione del sovrannaturale, per nostro maggiore tormento, che sia l'esame di maturità o quello di laurea poco conta. Per mesi ho sognato di essere in tremendo ritardo con le materie e ritrovarmene ancora 4 da sostenere alla vigilia della laurea per poi svegliarmi e metterci dieci minuti abbondanti prima di ricordare che il problema non esisteva perché in verità mi ero laureato.
Solida figura questo generale modernissimo talmente anacronistico che batte addirittura i moderni ufficiali che ancora oggi, con le donne soldato ed ufficiale che sono ormai una realtà di fatto, mostrano ancora alcune mal celate resistenze. Oscar è estremamente lucida, abbastanza da sapere che non saranno gli attestati di stima a risolvere la situazione e le sue difficoltà di adattamento, ma si intravede la strada da seguire, quella dell'autorevolezza e di una vicinanza che non si tradurrà in una amicalità facile e da quattro soldi.
L'esito del duello è straordinariamente simile a quello avuto a suo tempo con un tronfio Gorodelle che viene ammansito a dovere, fino a diventare un fedele ed efficace luogotenente.

Infine grazie per la citazione. Sentire nominare Normandia come racconto "autorevole" mi riempie di soddisfazione e di gioia (si è rivelato un duro lavoro, anche più del previsto) e mi obbliga ancora di più a dare il massimo. Ma forse autorevole è e resterà un complimento eccessivo. Comunque sia, grazie. Aspetto la prossima notte confidente che vedrò ancora un'ulteriore crescita.

Recensore Master
12/05/23, ore 22:48
Cap. 10:

Sembra che questo generale, così aperto ed intelligente, possa essere un sincero amico per Oscar.. Perché non si è confidata un po' di più con lui..?

Recensore Master
04/05/23, ore 12:07
Cap. 9:

Ciao Chevalier,
un altro capitolo intenso, che ci porta direttamente nel cuore della questione vissuta da Oscar, la quale sta cercando di capire come possa essere accaduto. In quegli attimi si è sentita nuda, e il titolo che hai dato a questo passaggio è perfetto, poiché, dopo lo sconvolgimento provato, la sua anima si è percepita nuda, senza più difese, soprattutto mai più pensando di doversi difendere dall’unica persona con la quale si era sempre sentita a suo agio, della quale si fidava come di se stessa, che non la voleva diversa, che l’aveva sempre supportata e che ora si era trasformata in qualcuno che le sembrava di non conoscere per niente. Ora si sente proprio come il mollusco privato del suo guscio, per cui avverte tutta la vulnerabilità di cui è divenuta preda. Coerenti i pensieri che ha avuto, ancora in balia delle sconvolgenti emozioni provate, nel cercare di esaminare l’accaduto, riflettendo anche su alcuni “se” che le sono sorti in mente. Se lei non avesse trattato con palese freddezza André, come se per lei non contasse più nulla; se lui, dopo quelle parole, che lo hanno sicuramente ferito corroborate da quello schiaffo, le avesse restituito il medesimo schiaffo, forse, avrebbero potuto trovare un punto di incontro, ragionandoci sopra, e non distruggendo quel qualcosa che si era creato fra loro nel tempo e che aveva superato numerose intemperie, mentre ora stava naufragando miseramente. Lui, l’amico, colui che la poneva davanti ai problemi e con la sua razionalità la induceva a riflettere prima di agire. Quello che la spiazza, che la disorienta, che la spaventa è di non poter più avere qualcuno con cui poter essere serenamente, veramente e liberamente, se stessa, ma debba, invece, adattarsi, calandosi addosso una maschera per continuare a dare l’impressione di essere tutta d’un pezzo, come si richiede ad un uomo, ancorché ad un ufficiale, come se nulla potesse scalfirla. Ma dentro di lei si sente, giustamente, morire, perché alcuni dei suoi riferimenti di vita sono venuti meno e non sa come potrà portare avanti, da ora in poi, la sua vita dovendo trovare dentro di sé una forza e un coraggio che, in questo preciso momento della sua esistenza di persona e di donna, non sente di possedere.
Ma la vita incombe e deve proseguire il suo corso, e lei, ancora una volta, con lucidità e freddezza prova a riprendere il controllo di se stessa con quei gesti di studiata lentezza nel rivestirsi e indossare nuovamente l’uniforme, tentando di non guardare lo specchio che le avrebbe rimandato una immagine che forse non corrispondeva al vero.
Passaggio quanto mai profondo reso molto bene dalla tua narrazione. Un caro saluto.

Recensore Junior
03/05/23, ore 19:22
Cap. 9:

Le corazze cadono, a volte e quando cadono lo fanno con gran fragore… Mi chiedo se sarebbe mai caduta quella corazza se non ci fosse stata la notte dello strappo. E mi rendo conto che è un tema molto controverso, ostico, scivoloso al massimo, una materia oscura, come si direbbe oggi con un linguaggio in voga mutuato dalla fisica, con la quale si rischia di sporcasi le mani, tra accuse di semplificazione eccessiva da un lato e controaccuse di aver voluto troppo complicare la visione di quella notte, sottintendendo una condanna senza appello e basta da un lato, ed una fin troppo facile assoluzione dall’altro, senza ulteriori considerazioni.
La mia visione penso di averla espressa e non vuole essere né una condanna senza appello, né una assoluzione alla luce di una colossale arrampica sugli specchi. Il problema non è quello di condannare o di assolvere, ma di capire, immedesimarsi, empatizzare, compenetrarsi, nell’una e nell’altra parte, senza cercare di trascurare nulla. Capire o, almeno, cercare di capire che cosa era passato per la mente di Oscar e per la mente di André in quel suo andare così fuori misura. ma pure Oscar era andata ampiamente fuori misura in quel parlare di guerre, di assalti alla baionetta, di fucili imbracciati e di lotta corpo a corpo contro un nemico al fronte, ma fin troppo astratto, fino a far supporre che qualsiasi cosa poteva andar bene purché si distraesse dai moti di quel suo cuore che aveva iniziato a vedere come una presenza molesta che poteva portare solo alla lenta e triste agonia che Fersen aveva visto come unica possibilità di vita. Oscar era stata possibilista… aveva accennato ad una possibile felicità completa… Fersen un po’ meno e chissà se quelle parole si erano talmente incise nella sua mente che ormai la possibilità della desiderata felicità completa era stata ormai scartata per sempre. Così parrebbe, infine. E’ questo retroterra che rende la notte dello strappo ancora più amara e complessa. Da una infelicità da cui si viene, si finisce, per giunta, per riscoprirsi interamente soli.
Non a caso il passaggio chiave è il seguente:

“Con te, André, invece sono stata sempre e solo Oscar, nel modo più naturale, non ho mai avuto barriere con te, mai ho pensato di poter temere nulla da te, se non il tuo giudizio ponderato: sei stato per me un confronto alla pari, tante volte uno specchio o un contraltare, una solida certezza accanto, mi fidavo e basta, sicura di te come di me. Ora so che era una fiducia mal riposta in entrambi: tradita dai miei sentimenti e tradita da te. La cosa che mi fa più male è l’idea di dover imparare a vedere anche te come una minaccia, come un potenziale pericolo, tu che sei da sempre l’elemento di serenità e di equilibrio in questa vita tutta sul filo del rasoio, un elemento e questa è una mia colpa che ho dato per scontato.”

E poi ancora:

“Ora so con certezza che a Oscar François de Jarjayes non è permesso togliere la maschera dell’ufficiale senza macchia e senza paura. Reprimere i sentimenti, è l’unico modo che ho per sopravvivere, per restare quella che sono.”

Pesa tantissimo su Oscar quel trovarsi improvvisamente senza difese che cozza veramente tanto contro quelle sue intenzioni inizialmente tanto bellicose, talmente tanto da ritenere intollerabile che “il pacato André” cui continua, malgrado tutto, a riconoscere una certa ampiezza di giudizio, potesse mettere in dubbio quella sua forma di mascolinità assolutamente di pacca, come se poi si potesse dare per scontato che, al grido di “boys don’t cry”, gli uomini nemmeno si innamorino e restino impermeabili alla sofferenza. André invece quella sofferenza gliela sbatte addirittura in faccia, tanto che al di la del gesto di André, esiste una carica fortemente simbolica del pensiero di dover sopravvivere alla vergogna provata (un concetto, se si vuole, kafkiano), pensiero che certamente riguarda anche André per la parte sua, ma che in genere si tende ad eclissare. Dezaki raccoglie tutto in uno sguardo, in risposte monosillabiche ed in un ritrovarsi improvvisamente ingobbiti e con la testa incassata sulle spalle come se si dovesse sostenere, da quel momento, tutto il penso del mondo.
Nel mondo della scrittura, i silenzi e gli sguardi non hanno diritto di cittadinanza perché non si vedono. Almeno il narratore deve parlare e parlare per bocca dei protagonisti con un linguaggio muto in cui i gesti devono corrispondere ai pensieri e non avevo dubbi che nella tua narrazione questa corrispondenza sarebbe stata perfetta.

Nuovo recensore
01/05/23, ore 19:39
Cap. 9:

Ho apprezzato il modo profondo e delicato con il quale hai "esplorato" una notte che, senza dubbio, deve essere stata oltremodo difficile per la povera Oscar che, già con punti di riferimento vacillanti, si è trovata a dover fare i conti con lo sgretolarsi anche di quella che era, probabilmente, la certezza più solida della sua vita fino a quel momento. Il male che ci fanno le persone a cui vogliamo bene è sempre quello più doloroso, ahimè!

Ti ringrazio, inoltre, per non aver ammantato di vomitevole (e uso consapevolmente questo aggettivo) romanticismo l'episodio dello strappo, che troppo spesso è minimizzato o letto in una chiave "rosa" che trovo assolutamente disdicevole. Una violenza è una violenza, punto e basta. Poi, che a fronte del non essere andato fino in fondo e di un sincero pentimento non abbia senso condannare senza appello chi l'ha perpetrata, questo è un altro paio di maniche (e comunque il perdono non è obbligatorio in questi casi, secondo me: se la vittima non se la sente, ha tutte le ragioni di rifiutarlo e nessuno può giudicarla), ma l'atto in sé è e rimane esecrabile senza se e senza ma.

Buona settimana :)

Recensore Master
01/05/23, ore 18:29
Cap. 9:

Un esame molto sincero e completo delle terribili conseguenze portate dall'imperdonabile gesto di André.

Recensore Master
25/04/23, ore 14:22

Ciao Chevalier, un altro nuovo passaggio di un’intensità rara, nella quale ho potuto avvertire tutto il tormento di André che ha cercato inutilmente di annegare nell’alcol. Mi ha sempre stretto il cuore quel suo tentare di trovare un po’ di ristoro, per l’ animo dilaniato da quanto aveva fatto, abbruttendosi con il vino. Nella storia canonica ha trovato il suonatore di fisarmonica che un po’ lo ha fatto pensare, ma quello che gli serviva era un colloquio aperto e franco con qualcuno che non lo avrebbe giudicato, forse solo ascoltato e aiutato a comprendere come atteggiarsi nella vita da quel momento drammatico in poi. La scelta di far trovare sulla strada di André, mentre contempla le scure acque della Senna nelle quali vorrebbe buttarsi per scomparire dalla faccia della terra, un frate, con il suo bagaglio di esperienze, mi sembra molto appropriata nonché verosimile. Solo un uomo di chiesa, avvezzo alla sofferenza umana e alla disponibilità verso gli altri, scevro da qualsiasi costrutto mentale che non fosse il bene dell’anima delle persone a cui andava incontro, avrebbe potuto cercare di entrare nei meandri della sua mente, e poi del suo cuore, per trovare una possibilità di soccorrere quell’animo in subbuglio.
Il comportamento del frate prima, conducendolo in un luogo dove avrebbe potuto avere la facoltà di riprendersi e tornare presente a se stesso, nel silenzio e nella frugalità di una cella di un convento, e poi tutto il discorso che nella mattina successiva gli ha fatto, ha in un certo qual modo aperto gli occhi di André, reo di non aver compreso fino in fondo il bisogno di Oscar di voler voltare, con un atto secco, il corso della sua vita, per non soffrire più. Il frate che, per puro caso, aveva conosciuto Oscar tempo addietro, e con la quale aveva avuto una ulteriore opportunità di dialogo, sembrava aver compreso molto più, e prima di lui, tutto ciò che Oscar era e rappresentava, capendo i grandi sacrifici fatti per ottenere la posizione consolidata raggiunta, ma che le avevano donato anche la possibilità, in un mondo non precipuamente declinato al femminile, di emergere mettendo in evidenza la sua vera personalità.
Il frate ha ascoltato il racconto di quel giovane, che sulle prime aveva supposto si fosse macchiato di qualche colpa innominabile, e senza giudicarlo gli ha consigliato di cercare di riparare al torto fatto nei confronti di colei che tanto ama, e che ora probabilmente si sentirà ancora più sola di quanto non sia mai stata, poiché soltanto con lui poteva essere veramente se stessa senza falsità: occorreranno tempo, pazienza e una buona dose di umiltà, senza peraltro essere certo che tutto questo compito porterà ad una svolta positiva per entrambi, ma è suo dovere metterlo in atto, soprattutto per se stesso per non doversi nascondere e vergognare per il resto della vita, facendola diventare un Inferno in terra.
Chissà se, nella storia originaria, André si fosse veramente rapportato con un simile personaggio, l’evoluzione della storia sarebbe stata differente o, per lo meno, le azioni dettate dal nuovo discernimento ottenuto avrebbero modificato i rapporti facendoli addivenire ad un confronto franco e leale come solo un’amicizia e un sentimento profondi come i loro avrebbero reso possibile.
Complimenti per la profondità con cui esplori l’animo dei personaggi.
Un saluto e l’augurio per una serena Festa della Liberazione.

Recensore Master
24/04/23, ore 08:50

Gentile Autrice,
potevo non apprezzare la citazione manzoniana, visto che venero don Lisander?
L'incontro di André con il frate, sai, e la frugale colazione che gli offre e che il giovane consuma prima di congedarsi, però, mi hanno anche ricordato il pasto consumato da Jean Valjean e dal buon vescovo Myriel...
E che caso sapere che anche il frate ha avuto a che fare con Oscar. Apprezzo davvero il modo in cui le hai fatto esprimere, con piena consapevolezza, la sua condizione, unica, di libertà e insieme di solitudine estrema: "Io sono a mio modo una donna fortunata: qualcosa posso fare, ho spazi di libertà, che valgono molto, anche se costano molto: il prezzo per me è non poter essere me stessa quasi davanti a nessuno”. Quanto al fatto che anche il convento sia una struttura gerarchica, come le caserme, hai perfettamente ragione: Pacomio, l'inventore della vita cenobitica, non era forse un ex soldato? Un saluto caro e a presto, da una insonne cronica che apprezza le tue "notti agitate",
d

Nuovo recensore
23/04/23, ore 17:31

Prima di tutto, ti faccio i miei complimenti per tutta la serie.
Ammetto che mi era sfuggita e l'ho letta oggi tutta d'un fiato a partire da quest'ultimo aggiornamento, il quale ha attirato fortemente la mia attenzione, senza che sapessi dire bene il perché. Una volta letta questa one shot una spiegazione l'ho trovata: hai immaginato un André in crisi che trova conforto nel colloquio con un religioso, cosa sulla quale ultimamente sto ragionando anch'io per il mio primo esperimento di ff in più parti (ma che riguarda un capitolo che è ancora in lavorazione). Trovo che sia una curiosa coincidenza e mi sono permessa di scrivertene perché, casomai dovesse capitarti di leggere ciò che pubblicherò io, tu non debba avertene a male, in quanto non è mai stata mia intenzione appropriarmi delle idee altrui. In verità, la situazione su cui sto lavorando si colloca in un tempo e in un contesto differenti, tuttavia (se non hai nulla in contrario), quando sarà il momento di pubblicare il capitolo "incriminato", mi farebbe piacere fare riferimento a questa tua one shot (nella nota finale, ad esempio) segnalando anche agli altri lettori questa evenienza fortuita.

Tornando al tuo testo, apprezzo molto l'idea che André abbia trovato un altro conforto più saggio del vino oltre al fisarmonicista. Ha indubbiamente attraversato un momento difficile e poter giovare di un punto di vista esterno e spassionato quando si attraversa una tempesta emotiva è certamente un aiuto prezioso. Il tuo frère Jacques, poi, è uno di quei religiosi di genuina umanità capaci di allargare il cuore di credenti e non credenti indistintamente.

Ti rinnovo i complimenti e spero di rileggerti presto.

Recensore Veterano
23/04/23, ore 14:04

Ciao questo punto e' quello dove le certezze di Oscar, vacillano si spezzano l inizio di ciò che porterà alla conseguenza dello strappo....complimenti

Recensore Master
23/04/23, ore 13:20

Bellissima e verosimile! André maturo e consapevole, che si rende conto della reale condizione di Oscar e del proprio errore commesso, soprattutto grazie all'intervento del sant'uomo mandato dalla Divina Provvidenza in una notte disperata.

Recensore Junior
23/04/23, ore 13:14

Questa volta, cara Chevalier, ci hai regalato oltre alla notte con le sue ombre, anche il chiarore del giorno in cui le ombre si dileguamo.
André é in preda a foschi pensieri, chiaramente, e non potrebbe essere altrimenti. La sbronza ha, come sempre, il potere di mischiare le cose, come se gli eventi venissero tutti precipitati in un mondo metafisico, un inferno alternativo in cui la condanna sta proprio nella confusione e la profonda angoscia nel vedersi aggrediti da tutti i propri fantasmi e demoni in un colpo solo. E non sarà un caso se nel racconto biblico si ha addirittura notizia di un demone il cui nome è "legione" a maggiore sottolineatura della molteplicità dei tormenti cui si trova sottoposta un'anima al colmo della sua pena. Le colpe, sono talmente tanto amplificarte che frate Jacques arriva a supporre addirittura una colpa più grave, addirittura l'ignominia di un assalto ad una sorella, parola che sarà sfuggita dalla bocca di André che come minimo avrà detto, ad un conto "ho fatto del male a mia sorella"... O qualcosa del genere. Perché, in fondo, anche una sorella è stata Oscar, in alcune circostanze, ma non lo era ed anche questa fratellanza che non era fatta di sangue, ma di comunione profonda, non ha impedito al sentimento di emergere.
Tu, non ci fai sentire le parole di André, ma noi le possiamo intuire, come se fossimo testimoni della scena. Per fortuna arriva il mattino e con esso André scopre che frate Jaques gli è molto più vicino di quanto non immagini perché Oscar la conosceva addirittura, dai tempi in cui era un giovanissimo capitano. È una fortuna perché questa vicinanza gli fa sentire una profonda empatia che però rifugge dalla facile indulgenza. Frate Jacques mette bene le cose in chiaro. Il gesto è stato grave e la riparazione sarà necessaria, ma non indolore. André, che quanto a rigore e dirittura non è inferiore ad Oscar, ma gli è degno deuteragonista e si apre alla speranza assai di più che se avesse avuto una formale assoluzione sacramentale. Forse quella gli avrebbe lasciato un senso di colpa ancora intatto e di distacco ben rappresentato da quel Cristo azzimato e ben leziosamente rappresentato, ma forse più idoneo alla devozione di un facile bigottismo contadino, che alla sincera forza della misericordia per il cuore afflitto degli uomini. E dico tutto questo in una prospettiva interamente laica, tanto che apprezzo molto che André non si sia voluto avvalere della confessione sacramentale, ma abbia cercato una maggiore vicinanza con un fratello più che di fede, un papabile fratello maggiore come hai sottolineato con delicatezza e chiarezza.
Una grandissima prova di letteratura.
Veramente brava!

Recensore Master
02/04/23, ore 13:07

Carissimo Chevalier,
questa "notte agitata" mette il dito nella piaga di uno dei momenti più sensibili e drammatici dell'anime: Oscar, dopo l'ultimo colloquio con Fersen, avverte la sua immagine come spezzata: un aggettivo che rende bene il netto contrasto con quella figura tutta d'un pezzo, di assoluta integrità e ferrea austerità che ella è sempre stata e quale si è sempre presentata. Tu fai ricordare a Oscar anche la domanda che Fersen le aveva posto nell'ep. 11, quando le aveva chiesto se si fosse mai sentita sola o a disagio; e questa tua Oscar, nella veglia notturna, si risponde che "sola" non si è sentita, ma lo è sempre stata, dato che è sempre stata costretta, per acquisire credibilità in un ruolo altrimenti deputato solo agli uomini, a essere sola, fulgidamente isolata in una perfezione fredda e distante da tutto e da tutti, pur sapendo bene quali squallidi pettegolezzi ella eccitasse in chi non la conosceva. E così ella, a corte, veniva immaginata ora come una sorta di "femme fatale" che si beava della compagnia di giovani reclute aitanti, ora come il sollazzo di dame ricche e annoiate; mentre, nelle bettole della Parigi preclusa ai nobili, ella veniva fatta oggetto di profferte da parte di cameriere smaniose o semplicemente venali, e di osti che, brilli e volgari, volevano forse togliersi il capriccio di mettere le mani addosso a quel bellissimo ufficiale dai tratti armoniosi e dall'aria efebica: tutti sottintesi, questi, che, da bambini, magari, alla prima visione dell'anime (e forse anche nelle successive) forse non intuivamo, ma che poi, da spettatori adulti, ci diventano dolorosamente evidenti e che tu evidenzi molto bene, conferendo la giusta amarezza a queste riflessioni di Oscar. Io, alla domanda di Fersen nell'ep. 11, ingenuamente, avrei pensato che Oscar avrebbe potuto rispondere che no, non si era mai sentita né sola né a disagio perché accanto a lei c'era sempre André: ma questa consapevolezza, per quanto oscuramente presente, me ne sono resa conto solo in un momento successivo, non era ancora emersa alla pienezza della coscienza e sarebbe stata troppo precoce, in quel momento della storia. Ti resta ora da affrontare il nodo dello strappo (scusa il gioco di parole), e sono curiosa e ansiosa di leggere come il tuo notevole senso analitico potrà trattare le notti agitate, spero, sia di Oscar che André. Un saluto caro e grazie per questo tuo capitolo,
d

Recensore Junior
02/04/23, ore 12:14

Cara Chevalier,
Questo missing moment che ci presenti è fondamentale per l'evoluzione di Oscar e spazza via quella facile mitologia per la quale ella, una sera dopo il ballo o forse dopo il definitivo addio, era già pronta per evitare il conte di Fersen e tornare ad una nuova vita.
Una visione, a mio avviso, un po' troppo semplicistica per poter reggere anche alla sola analisi logica. Fosse stata una semplice infatuazione, come dicono tutti quelli che sostengono la tesi "solo ed unicamente André", probabilmente Oscar non se ne sarebbe nemmeno andata da Versailles. Certo quel mondo era difficile da sostenere per una persona virtuosa come lei, abbondavano esempi di corruzione ed ipocrisia, ma la spallata finale è venuta da Fersen che le ha posto non tsnto la domanda chi sei, ma chi sei e cosa vuoi essere nel mondo.
Che non fosse stata una semplice infatuazione, lo mostra una attesa di ben sette anni che non ha minimamente inficiato un sentimento. E oltre al tempo, nemmeno l'assenza ci è riuscita. Esiste una bella fan fiction di cui non ricordo il titolo che ci mostra una Oscar che nel tempo dell'assenza di Fersen, occasionalmente si chiude nella biblioteca paterna, divorando libri che parlano del nuovo mondo, della sua conformazione geografica, del suo impianto naturalistico, come se in quelle letture ella cercasse ancora una condivisione con il mondo che Fersen aveva invece sotto gli occhi. Sono quelle assurde operazioni di ricerca ad oltranza della condivisione che gli innamorati mettono in atto nel tentativo surrettizio di accorciare una distanza, sapendo bene che il sollievo alla distanza ed all'assenza sarà solo temporaneo, ma non potendo farne a meno. Oscar deve fare i conti con sé stessa e si trova semplicemente impreparata. Non sa che cosa fare, come uscirne ed allora decide di cambiare registro. Se ritengo plausibile quella figura che ha cercato una vicinanza con quegli artifici che ti ho detto, ora tenterà la strada inversa, quella della distanza che deve essere corroborata da una serie di rinunce, poiché il solo silenzio, come ella sa ormai bene, non funziona. È stato, del resto, il silenzio quel brodo di coltura nel quale il suo sentimento per Fersen si è nutrito resistendo al tempo ed alla constatazione di un cuore che si trovava comunque altrove.
Hai quindi messo benissimo in evidenza il peso di quelle parole che invece per molti sembrano essere di passaggio e che invece sono fondamentali e che ripeti ad ogni capoverso, quasi come un'ossessione.
"se solo avessi saputo che donna siete quando vi ho conosciuto, allora forse..."
Dio, quanto devono essere pesare ad Oscar queste semplici poche parole. Che macigno sul cuore. Soprattutto perché Oscar ha già capito come stanno le cose e le magre consolazioni non le possono bastare anzi, la esacerbano. Allora niente... Poi quel forse, come a mettere comunque le mani avanti... Oscar sa bene che ella non è il tipo di donna che suscita sentimenti in Fersen in modo immediato, forse la potrebbe amare, ma dopo averla assimilata lentamente, ma per quello occorrerebbe un cuore libero ed una vita non distratta. Quando qualcuno che amiamo si innamora a sua volta di qualcuno che è abissalmente diverso da noi, subito le nostre speranze inziano a morire di morte violenta e si stabilisce quel conflitto tra la mente che ci dice, come Quasimodo in Notre Dame se Paris "tu non mi amerai mai" ed il cuore che ostinato si continua a chiedere perché deve essere così.
Poteva mai fare eccezione oscar? Ovvio che no. Un animo sensibile come il suo è di quelli in cui amor ratto s'apprende. Magari, per mancanza di esperienza della vita, non sai come gestire la, cosa, magari fai delle scelte sbagliate, però questo non inficia la profondità dei sentimenti. Un amore acerbo non è meno amore perché ha la caratteristica di un amore adolescenziale. Ed Oscar che non aveva mai amato prima di Fersen è rimasta adolescente molto a lungo. Solo fuori da versailles ha inziato i cammino verso la sua autentica persona adulta, laddove i confini tra il bene ed il male si fanno meno netti.
I grandi a volte tendono a svalutare questi amori adolescenziali, che non hanno visto la luce e che non si sono tradotti in vita vera, ma di certo essi non sono meno intensi, meno significativi e non mancano mai di lasciare un segno indelebile, contribuendo a far di noi ciò che siamo oggi, a distanza di tanti anni.
Ed è questa consapevolezza che ci conferma che la storia di Oscar ha una profondità inusitata, il che ce la fa amare a distanza di decenni. Semplicemente è un classico della letteratura di formazione.
Oscar dal canto suo è consapevole di essere una donna anomala, fuori dagli schemi di ciò che si ritiene socialmente accettabile ed opportuno, sa che con quel suo cuore ella continuerà ad indossare panni maschili nei quali si sentirà a suo agio perché è quello l'imprinting che le è stato dato e tuttavia, la stessa Ikeda ipotizza in una delle sue storie gotiche che spesso sarà ugualmente portata a chiedersi se tutto sommato non abbia perso qualcosa. È un sentimento universale. Ciò che rende difficili le scelte di quando siamo ad un bivio è proprio la consapevolezza del fatto che per quanto sia necessaria ed opportuna una scelta, per quanto essa ci convinca, esiste sempre il senso profondo di qualcosa che inevitabilmente perderemo e che resterà con noi nella forma del rimpianto, anche se la testa ci dice che è distante dalla nostra natura, perché la frattura tra cui che siamo e ciò che vorremmo essere, anche non avendone il talento necessario, è una di quelle più grandi che ci accompagnano per tutta la vita.
Grazie per questo bel capitolo così pieno di senso e per tutte le riflessioni che induce.

Recensore Master
02/04/23, ore 12:13

L'inizio della fine di Oscar, che peggiorerà con lo strappo e la porterà alla fine.. sarei stata curiosa di vedere Fersen che assisteva alla veglia funebre di Oscar e André dopo la Bastiglia, disperato e consapevole che era stato lui ad aprire quella porta verso il precipizio.. magari un'idea per una futura fic? Scrivi tanto bene che la leggerei con piacere! Per ora, posso solo dire che sia Oscar che Fersen sono vittime di una società sbagliata.