L’ultima risata langue dietro la tenda, un canneto d’argento sembra inchinarsi al loro passaggio; la schiava geme al suono del ka che scivola via, e se il Faraone s’infuriasse con tutti loro, se decidesse di farli uccidere?
Dormono i dignitari stremati, finalmente, dorme il limo e riposa anche la principessa Meryetamon. La bella Tebe non si scorge ancora: è troppo buio.
Viaggio di ritorno.

Ankhesepaaton, figlia e moglie di faraoni, è una vedova bambina in un mondo di sabbia e cospiratori.
... Non ha fatto che aspettare, per tutta la vita.
Aspettare una madre troppo lontana, la bella che finalmente era giunta; aspettare d’essere regina dopo le sue sorelle, le incantevoli lepri della corte; e aspettare principi.
Credeva di averne trovato uno, in realtà: conosceva Tutankhaton dal primo giorno che aveva aperto gli occhi, conosceva il suo sorriso chiaro e il timido passo ferito attraverso le sale e i corridoi; l’ha visto – solo lei – lanciare via il bastone e inghiottire lacrime di rabbia, mentre il grandioso Atum calava rosso sul mondo e la battaglia degli dei tornava a infuriare, eterna, oltre l’orizzonte.

Quando, a seguito di una congiura, il faraone viene ucciso, sua sorella Nitocris assurge al potere e prende la terribile decisione di vendicarsi di tutti i nobili implicati nel delitto: li fa dunque rinchiudere nella sala di un banchetto, senza scampo, lasciando poi che le acque del Nilo la riempiano.
"La regina Nitocris non ha mai perdonato: la bellezza delle sue guance rosate è il sangue, adesso, il miele della vendetta. Alza le braccia al nuovo sole, come i ka della tomba di suo fratello, in una preghiera ridente: alle sue schiave impaurite ha chiesto una stanza di ceneri e lenzuola di fuoco, per riposare.
Ci rivedremo, fratello".