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Autore: Severa Crouch    29/05/2012    5 recensioni
Questo è un altro spin-off de l'Orizzonte degli Eventi e parte da una frase dell'epilogo: “Alice ricordava, come fosse ieri, l'estate dopo la fine della guerra magica, fu la prima estate di vacanze dopo tanti anni. Alice e Severus viaggiarono molto e trascorsero alcuni giorni nel Wiltshire, lì decisero di sposarsi.”.
Mi son detta perché non mettiamo i nostri due in giro per il mondo (o almeno per la Vecchia Europa) alle prese con qualche avventura -disavventura magica che possa cementare il loro rapporto? (come se 24 anni passati insieme non fossero stati sufficienti..). Dedicata ai lettori che hanno amato la mia Alice. :-)
Ho fatto qualche casino aggiungendo il prologo e spostando i capitoli.. spero che lo recuperiate dal menu!
Genere: Avventura, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Severus Piton
Note: OOC, Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'L'orizzonte degli eventi'
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Settima tappa: il freddo del Nord

 

I mantelli di lana inglese erano insufficienti per il freddo che regnava nelle terre di Durmstrang. L'estate sembrava una stagione sconosciuta da quelle parti, dove il vento pungeva e feriva la pelle di chi si era abituato troppo presto al caldo del Mediterraneo.

Igor Karkaroff era sopravvissuto anche all'ultima guerra. Il coraggio non era mai stato una sua dote, specie dopo aver sperimentato i Dissennatori di Azkaban. Continuava a dominare la sua scuola con la fermezza di uno czar, circondato dal rispetto dei suoi studenti e della fama dei tempi passati. Ammesso che loro conoscessero le lacrime versate al Wizengamot o la sua poco onorevole fuga dopo il Torneo Tremaghi.

Alice non era coraggiosa, ma non riusciva a comprendere il comportamento di Kararoff. Lui si era lasciato affascinare dalle parole di Lord Voldemort, lo aveva servito, rinnegato e dopo lo aveva temuto, non prendendo altra posizione che quella che potesse tornargli utile.

Il preside accolse i suoi ospiti inglesi sull'uscio del grande portone di abete norvegese. “Madmoiselle Leroux, tanto fascino è giunto per scaldarci dal gelo del nord?”, esclamò Karkaroff non appena rivide Alice.

Durante il Ballo del Ceppo l'aveva costretta ad una serie di valzer che finirono per stancarla terribilmente: voleva dimostrare la forza, la costanza e l'eleganza degli uomini del Nord, mentre Alice si trovò annoiata dal ballare con quello che sembrava un tronco d'albero viscido e sgradevole. Anche in quest'occasione Karkaroff non riuscì a mostrarsi sotto una luce migliore. Forse era la sua passione per le Arti Oscure, il fatto che fosse un vigliacco o quella strana luce di avidità che lei vedeva nei suoi occhi, ma Alice non riusciva a fare a meno di sentirsi a disagio in sua presenza. Alice guardò Severus, sperando che le desse un po' di conforto e notò lo sguardo disgustato con cui osservava Karkaroff.

“Mio caro amico!”, disse il preside, abbracciando Severus, che era fin troppo rigido.

“È una fortuna che siate arrivati. Il nostro insegnante di Pozioni è brillante, però ha bisogno di alcuni riscontri. Tu sei l'uomo giusto, e la tua assistente Mademoiselle Leroux... Beh, è sempre un piacere averla tra noi”, disse con il suo tono mellifluo. Alice finse di osservare dei quadri pur di allontanarsi da quei due: era disgustata. Sentì chiaramente Severus dire: “Mademoiselle Leroux è una brillante Pozionista. Non è la mia assistente, ma una valida collega”.

Karkaroff alzò un sopracciglio, ridacchiò e disse a Severus: “Voi Inglesi avete la fissa del politically correct. Sono certo che la nostra graziosa ospite non si sarà sentita offesa o sminuita dalla mia galanteria”.

Alice sorrise imbarazzata. “In Francia abbiamo usi diversi”, disse seccata. Lei aveva lavorato per anni all'antidoto contro il morso di Nagini - al pari di Severus - ed ora doveva essere considerata solo un elemento di arredo?

Karkaroff bussò alla porta del professor Nesbyen. “Professore, sono arrivati i suoi colleghi”, disse, congedandosi dai due Inglesi, non senza aver fatto l'ennesimo baciamano ad Alice.

Vennero accolti da un uomo della loro età, biondo, dai lineamenti duri, gli zigomi sporgenti e gli occhi color ghiaccio. Senza dubbio, era un uomo affascinante.

Il pavimento dello studio era riscaldato da un grande tappeto di pelle di orso, mentre le pareti erano piene di scaffali di legno, su cui erano riposti disordinatamente libri, pergamene, fiale ed ingredienti. Alice sorrise nel guardarsi attorno: tutti i Pozionisti avevano un certo disordine in comune, dovuto al troppo lavoro che si accumulava. In un angolo della stanza, un caminetto riscaldava l'aria, mentre fuori dalla finestra si vedeva un'immensa distesa di neve. E pensare che era giugno.

Il professor Kaspar Nesbyen era una persona meno sgradevole di Karkaroff. Le foto di un'allegra famigliola esposte sopra il camino, in mezzo agli strumenti per la lavorazione delle pozioni, rincuorava Alice: il suo collega non sarebbe stato un viscido come Karkaroff.

“Benvenuti, miei colleghi”, disse in un inglese da cui emergevano tutte le difficoltà della pronuncia. “Mi dispiace avervi fatto precipitare in questo posto isolato, ma la situazione è grave”, disse serio il professore.

Severus sembrava altrettanto grave: “Il Ministro non ci ha dato molti dettagli, vuol dirci esattamente di cosa si tratta?”

“Diamoci pure del tu: siamo colleghi, lavoreremo insieme”, osservò Kaspar, e poi aggiunse: “Si tratta dei Doxy. Gli esperti del Ministero hanno iniziato a notare dei cambiamenti all'interno di alcune colonie: si cibano di alimenti diversi dal solito, si comportano in modo strano. Sono diventati estremamente aggressivi e il solito Doxycida sembra non funzionare più”.

Alice analizzava attentamente tutte le informazioni, disse: “Ci hanno parlato di vittime”. Il professor Kaspar si rattristò in volto ed aggiunse: “Sì, anche il loro veleno è cambiato. Ci sono stati dei morsi, nessun antidoto sembra funzionare. Temiamo che si possano diffondere ad altri paesi”.

Severus annuiva gravemente, i Doxy erano creature molto diffuse, vivevano nelle tende, nei mobili ed infestavano le case abbandonate. Sicuramente ne avrebbe trovati un po', una volta tornato a Spinner's End. Un aumento dell'aggressività era già una seccatura, se poi il loro veleno diveniva mortale, i problemi aumentavano di gran lunga. Il problema non erano tanto i maghi, quanto i Babbani, tenuti all'oscuro dell'esistenza dei Doxy.

Iniziarono a mettersi a lavoro. Si divisero il laboratorio, estrassero i calderoni ed iniziarono ad aprire i libri sui veleni. Severus pensò di consultare anche i libri che avevano acquistato durante il viaggio.

“Quali sono i sintomi?”, chiese Alice, mentre sfogliava uno dei suoi libri preferiti, quello sulle erbe curative che le aveva regalato sua madre: lo conosceva a memoria, ma era da sempre la sua fonte di ispirazione.

“Sono orribili: il corpo si riempie di piaghe e pustole dolorosissime, compare una febbre altissima che porta allucinazioni, deliri e forti spasmi muscolari. In pochi giorni il malato cede e muore”, rispose Kaspar.

“Avete provato con la polvere di unicorno?”, chiese Severus.

“Non ancora, abbiamo avuto la guarigione di un mago grazie alle lacrime della sua Fenice. Il Ministero ci sta pregando di trovare un rimedio che possa essere commercializzato tra i Maghi”, rispose Kaspar, che comprendeva perfettamente lo sdegno che compariva sul volto dei suoi colleghi, come se quando si trattasse di vita e di morte delle persone si potesse pensare a cose come l'industria delle pozioni.

“È comprensibile, se il veleno dovesse diffondersi vorranno avere antidoti a sufficienza. Gli ingredienti rari rendono il costo a la reperibilità più difficile”, osservò Alice, che in parte condivideva le intenzioni del Ministero, anche se pensava che prima di tutto occorresse trovare un rimedio, e subito dopo partire con la ricerca per trovarne di meno costosi.

La testa ricominciò a lavorare, a ripassare ingredienti, proprietà, procedimenti e riprendere tutte le nozioni che in quelle settimane aveva accantonato.

Osservò Severus ed anche lui stava riflettendo. “Le pozioni lenitive contro i sintomi della febbre e gli spasmi hanno qualche effetto?”, chiese Severus.

“Purtroppo molto lieve e di durata infinitamente breve”, rispose Kaspar.

“Avremo bisogno di qualche campione del veleno dei Doxy da esaminare”, disse Alice, che non vedeva l'ora di mettersi al lavoro.

Kaspar le sorrise: “Ne abbiamo in grandi quantità: siamo riusciti ad estrarlo senza molti problemi dai Doxy che abbiamo catturato. Queste fiale sono sufficienti?”

“Abbondantemente”, rispose Alice. Prese una fiala e l'annusò. L'odore era rivoltante, iniziò a sentirsi nauseata e le sembrò che la testa le girasse. Allontanò velocemente la fiala e tutto tornò a posto: quel veleno era fin troppo potente, ricordava il veleno di Drago.

Si domandò se l'antidoto contro il veleno di Drago riusciva a fare qualche effetto. Rovistò nella sua borsa, alla ricerca della fialetta esatta e quando la trovò provò a versare una goccia di antidoto sul veleno di Doxy. Il risultato non fu incoraggiante: era lo stesso effetto della pozione contro la febbre.

Kaspar si illuminò: “Una goccia di questa pozione ha un effetto lenitivo più lungo ed intenso di quella contro la febbre. Non è molto, ma possiamo aiutare i malati”, esclamò soddisfatto.

Si misero subito al lavoro. C'erano alcune decine di malati negli ospedali magici scandinavi ed occorreva dar loro conforto, tenerli in vita finché non si provvedesse a trovare la cura definitiva. Alice non sperava di avere tanta fortuna al primo colpo, anche se era difficile considerare una vittoria quella che sembrava solo una piccola tregua, ma era meglio di niente.

Lavorarono per tutto il giorno, alla sera furono accompagnati nelle loro stanze. Era strano per lei e Severus tornare a dormire separati, sembrava quasi di trovarsi di nuovo ad Hogwarts, anche se l'ambiente era decisamente più spartano e meno accogliente.

Alice si rannicchiò sotto le coperte, cercando un po' di calore in quella stanza gelida, mentre continuava a leggere un libro, con la speranza di trovare la soluzione ad un problema che rischiava di divenire catastrofico. La giornata si era rivelata pesante dal punto di vista del lavoro svolto e delle emozioni. L'idea che un male così oscuro e misterioso potesse diffondersi nel mondo magico, senza che i maghi potessero fare nulla per evitarlo, l'angosciava parecchio. Avrebbe voluto avere Silente vicino a sé; il vecchio Preside aveva sempre uno sguardo od un sorriso che infondevano speranza nei suoi interlocutori. La saggezza delle parole e gli occhi limpidi di Albus erano sempre stati fonte di conforto per Alice, soprattutto nei momenti più disperati delle loro ricerche, quando entrambi si chiedevano se Harry sarebbe stato in grado di affrontare il compito che lo attendeva. Ripensando a Silente, alle passeggiate con lui, le chiacchierate ed i dolcetti mangiati insieme, Alice si addormentò con il libro stretto tra le braccia, quasi che potesse infonderle la saggezza che cercava nel ricordo del vecchio preside di Hogwarts.

I giorni successivi, Alice, Severus e Kaspar lavorarono moltissimo e riuscirono ad ottenere una forma di rimedio, che tuttavia era molto lungo nel produrre i suoi effetti ed estremamente doloroso per le vittime. La cura necessitava almeno un mese di ricovero in ospedale, il veleno del Doxy veniva reso innocuo poco alla volta, lasciando il malato debole e con forti sintomi di febbre e delirio. Le complicazioni della malattia potevano risultare fatali nei bambini e negli anziani, tuttavia, sembravano non esserci altri rimedi e questo per il momento era un risultato più che soddisfacente. Alice ne fece una questione di principio, e si decise a continuare la ricerca una volta rientrata a casa, perché non era giusto che delle persone morissero in un modo così doloroso. Ci sarebbe voluto del tempo per trovare la cura adatta, forse anni, però Alice non aveva altri programmi per il futuro e questa prospettiva le dava la spinta per andare avanti e continuare ad impegnarsi nello studio e nella ricerca.

Dopo un paio di settimane, Severus ed Alice salutarono Kaspar: avrebbero continuato le ricerche separatamente. Nel frattempo, erano riusciti a far rientrare l'emergenza ed i primi maghi guariti dalla malattia sembravano non portare ulteriori strascichi. Si sarebbe dovuto lavorare anche ad un nuovo veleno contro i Doxy, visto che il precedente non produceva più alcun effetto.

“Troverete la Passaporta che ha predisposto il Ministero non appena avrete superato il confine di Durmstrang”, disse il professor Nesbyen, aggiungendo: “Il preside Kararoff mi prega di porgervi le sue scuse. Purtroppo non riuscirà ad accompagnarvi e salutarvi, perché è molto impegnato in alcuni compiti istituzionali”.

Alice sorrise, l'ennesimo saluto mellifluo di Karkaroff se lo sarebbe risparmiata volentieri: era bello pensare di tornare a casa, con un nuovo obiettivo ed una nuova prospettiva, dopo questo viaggio.

Alice e Severus si strinsero nei loro mantelli e si prepararono ad attraversare la tenuta di neve e ghiaccio che circondava la scuola Scandinava.

Il vento gelido continuava a ferire la pelle, nonostante oramai fossero i primi di luglio, mentre i piedi iniziavano a bagnarsi al contatto con la neve. Durante il tragitto non parlarono, cercando di disperdere meno calore possibile, mentre si chiedevano se fosse normale un clima del genere.

Videro un vecchio cappello da strega; doveva essere la Passaporta predisposta dal Ministero della Magia. Si avvicinarono e non appena varcarono una linea di confine tracciata sul terreno, che circondava il cappello, vennero accerchiati da esseri incappucciati.

“Piton, siamo alla resa dei conti”, tuonò una voce maschile, rauca e minacciosa.

Severus ed Alice sfoderarono le bacchette e si misero schiena contro schiena, cercando di capire chi fossero quegli individui.

“Lo abbiamo sempre saputo che eri un codardo”, disse una seconda voce, più squillante.

Severus cercava di riconoscere qualcuno, loro evidentemente lo conoscevano. Ad un certo punto disse: “Ti pensavo ad Azkaban, Rabastan”.

L'uomo incappucciato rise, con una risata che fece gelare il sangue ad Alice.

Mangiamorte. C'erano dei Mangiamorte in Scandinavia: avevano trovato rifugio dagli arresti e dalla caccia dei Dissennatori in questi posti desolati.

“È stato Karkaroff, suppongo”, disse Alice, che non si meravigliava di nulla ed era certa che quel verme li avesse subito offerti su un piatto d'argento a coloro che cercavano vendetta.

“Mademoiselle Leroux, lei è sempre così... acuta”, disse un'altra voce. Alice la riconobbe subito: era lui. Karkaroff non li aveva venduti. Karkaroff faceva parte – ancora – di quel manipolo di Maghi Oscuri.

Un Mago, finora rimasto in disparte, disse qualcosa in una lingua sconosciuta. Doveva suonare come un ordine, come un invito a non perdere tempo ulteriore. I maghi estrassero le bacchette, Alice e Severus furono velocissimi nel difendersi.

Riuscirono ad evitare di essere colpiti da qualche Incantesimo e Maledizione, ma i loro avversari erano troppo numerosi, e dopo poco ebbero la meglio.

Alice fu colpita da una Maledizione Cruciatus. Sentiva il corpo contorcersi sotto il fitto dolore della tortura. Era come se un'infinità di aghi, e spade, e lame, continuassero a colpirla in ogni parte del corpo. Sentiva i muscoli induriti dagli spasmi e pensava che non sarebbe sopravvissuta molto a lungo.

Guardò Severus, immobilizzato e torturato, come lei. Le lacrime iniziarono a scendere, sentiva il freddo pungente ferirle il viso, insieme all'effetto della Cruciatus. Ogni movimento, anche il solo respirare, causava dolori atroci.

L'aria fredda feriva la gola secca per le urla di dolore. Venne legata al tronco di un grosso abete da una catena. Nel forte impatto contro l'albero, la corteccia le ferì la mano e la bacchetta cadde a terra, sprofondando nella neve.

Alice iniziò ad avvertire la morsa del terrore. Era impotente, disarmata, nelle mani di assassini, che la costringevano a guardare le torture inflitte a Severus.

“Ti saresti risparmiata tutto questo se fossi stata meno testarda, Mademoiselle Leroux”, disse la voce melliflua di Karkaroff.

Alice lo guardò provata dal dolore inflitto dalla tortura: “Cosa vuoi da me, Karkaroff? Perché non mi lasci in pace?”

“Non sei poi così acuta se non l'hai ancora capito”, disse Karkaroff, che sembrava divertirsi in questa situazione, quasi che riuscisse a vendicarsi di tutte le umiliazioni ed i rifiuti che aveva dovuto subire.

“Tu non mi piaci”, disse Alice. Le lacrime, gelate dal vento del Nord, continuavano a rigarle il viso. Karkaroff rise, di gusto, trovava divertente quella donna patetica, quell'ingenua che addirittura pensava che lui, Igor Karkaroff, potesse essere interessato a lei.

“Sei un'ingenua, Leroux. Pensi sul serio che un uomo del mio livello possa volere una come te? Come sposa, magari? Piccola, patetica, presuntuosa! Ti voglio solo nella mia collezione. Dovrai strisciare ai miei piedi”, disse lui, con la tracotanza di chi ha dinnanzi a sé una vittima inerme.

“Perché tutto questo?”, chiese Alice, che trovava assurda questa situazione, la tortura per finire preda di uno sfizio perverso di Karkaroff, per finire ad essere un numero in più nell'elenco delle sue conquiste. Capiva il senso delle sue parole, quando molti anni fa, Karkaroff le aveva detto che erano poche le donne che lo avevano respinto. Alice non ci aveva fatto caso e pensava che fosse una delle sue solite frasi arroganti, ma aveva ragione Silente: Karkaroff era come un bambino capriccioso, che cerca di prendersi con la forza ciò che si vede rifiutato.

Karkaroff prese il volto di Alice tra le sue mani. Alice chiuse gli occhi perché era terrorizzata, e non voleva vedere niente, e sperava che sarebbe morta presto. Il corpo era rigido per il freddo e la paura. La paura di essere violata, come se ogni cellula cercasse di creare una difesa contro il tocco indesiderato di quell'uomo.

Alice tremava, sentiva il fiato di Karkaroff sul viso e le sue mani fredde che le impedivano i movimenti. Poi, sentì le labbra ruvide di lui appoggiarsi con forza contro le sue. Serrò le labbra, non voleva rispondere alla prepotenza di quello che non aveva nulla della dolcezza di un bacio, finché lui non le premette le guance così forte da farle aprire le mascelle.

Pensò che sarebbe stato capace di romperle il viso, di sgretolare ogni parte del suo corpo, di ridurla in brandelli, finché non avrebbe trovato il frammento di lei che non era più in grado di opporsi al suo volere.

Una lingua umida e viscida entrò nella bocca, immobilizzata dalla presa di Karkaroff. Un senso di nausea la pervase.

“Scommetto che lui non ti bacia così”, disse Karkaroff alludendo a Severus. Le lacrime riempirono nuovamente gli occhi di Alice, il pensiero di Severus torturato, costretto ad osservare quella scena terribile le diede le vertigini, e per la prima volta sperò che finisse tutto al più presto.

All'improvviso la sua mente si svuotò. Il corpo tornò a rilassarsi, le sembrava di galleggiare nell'aria. Non c'erano pensieri, né preoccupazioni.

Si accorse di non essere morta quando sentì le sue labbra rispondere al bacio di Karkaroff: non aveva esitato a ricorrere alla Maledizione Imperius, pur di ottenere quello che voleva. Alice non riusciva ad impedire il movimento della sua bocca, che sembrava cercare le labbra di Karkaroff contro la sua volontà. Una sola briciola di coscienza le era rimasta, e quando – con la coda dell'occhio - vide Severus accasciato sulla neve, l'ennesima lacrima uscì a rivendicare la sua effettiva volontà: c'era un solo angolo all'interno della sua persona che era stato risparmiato dall'effetto della maledizione. Così il corpo non tremava più e non era più rigido, nonostante il tocco rude di Karkaroff le desse la nausea.

Si sentiva impotente. Dopo la bacchetta aveva perso anche il controllo del suo corpo e la lucidità della mente la devastava: avrebbe voluto non essere cosciente, questa situazione era peggio dell'effetto di un filtro d'amore.

Dal canto suo, l'aguzzino godeva di quella nuova situazione e si prendeva i baci che non meritava ed indulgeva in carezze che non gli erano concesse, mentre Alice sentiva la disperazione divorarle l'anima.

Ci fu un lampo rosso, che colpì Karkaroff alle spalle. Alice vide gli occhi di lui spalancarsi e poi contorcersi a terra per il dolore. Ne approfittò per riprendere la bacchetta e liberarsi di quelle catene. La perdita del contatto visivo aveva interrotto l'effetto della Maledizione ed Alice si sentiva nuovamente libera e padrona del proprio corpo.

“Stupeficium!”, gridò verso Karkaroff, provvedendo a far schiantare il corpo del direttore di Durmstrang contro un albero distante dalla sua posizione.

Alice si precipitò sopra Severus, andando incontro alle maledizioni lanciate dagli altri maghi. Riuscì a schivarne qualcuna, altre la colpirono quando ormai era giunta vicino il corpo di Severus, ferito e stremato dalle torture subite.

“Andiamo! Stanno arrivando”, disse uno degli uomini incappucciati ed una serie di rumori sordi annunciò che si erano Smaterializzati, lasciando loro due soli in mezzo alla neve.

Al Ministero dovevano essersi accorti che qualcosa era andato storto, perché avevano perso la Passaporta: erano salvi, i soccorsi stavano arrivando.

Alice vide Severus gravemente ferito, perdeva molto sangue. Iniziò a praticargli degli incantesimi curativi e vide che era sempre più stanco. Gli disse di non addormentarsi, di rimanere sveglio, che presto sarebbero arrivati i soccorsi. Non poteva lasciarla sola, non adesso, non dopo tutto quello che stavano vivendo, non ora che stava finendo tutto.

In preda alla disperazione, prese la boccetta con le lacrime di Fenice e versò tutto il contenuto nella bocca di Severus: non poteva morire. Continuò a praticargli Incantesimi curativi e lo abbracciò, cercando di impedire che il suo corpo perdesse quel poco di calore che gli era rimasto.

Alice piangeva, le sembrava di essere tornata al giorno della Battaglia di Hogwarts, quando il mondo le stava crollando addosso. Sentiva le forze abbandonarla, questa volta non era certa che avrebbe resistito, questa volta era stanca, ferita, e stava perdendo sangue.

Se i soccorsi non fossero arrivati nel giro di qualche minuto, li avrebbero certamente trovati morti entrambi, assiderati o dissanguati.

Si dice che quando muori tutta la vita ti passi davanti gli occhi. Alice con le ultime forze prima del buio strinse Severus, pensò che non gli aveva ancora detto di amarlo, glielo aveva dimostrato, in mille modi, ma dirlo faceva sempre un altro effetto, e lei stava morendo, amata, senza sapere cosa si provasse nel sentirsi dire “Ti amo”.

L'ultima lacrima scese sul viso e dopo fu il buio.

Passarono pochi istanti e Severus riprese conoscenza. Gli incantesimi curativi e le lacrime di Fenice gli avevano dato forza sufficiente, ed il corpo di Alice lo aveva protetto dal vento gelido circostante.

Strinse tra le braccia il corpo privo di sensi di Alice, sentiva che era viva, seppure non poteva durare molto in quelle condizioni. Gli cadde lo sguardo per terra e vide la fiala di lacrime di Fenice vuota. Ancora una volta, lei aveva fatto di tutto per salvargli la vita.

Non ci fu bisogno di pensare a lungo, fece l'unica cosa sensata da quando tutta quella serie di presagi avevano iniziato ad avvisarli di interrompere il viaggio.

 

- CRACK -

 

L'ingresso del San Mungo apparve davanti i suoi occhi. Entrò con Alice in braccio e l'affidò alle cure di un Medimago. In Inghilterra c'era apprensione per la loro sorte, perché non si avevano notizie da parte loro ed il Ministero aveva allertato il San Mungo ed Hogwarts: i posti dove sarebbero potuti andare a cercare aiuto.

Un guaritore controllò le ferite di Severus, a quanto pare Alice aveva fatto un buon lavoro, così che occorsero solo un paio di bende ed una pozione, per lo più contro il freddo patito tra le nevi.

Severus rifiutò di essere ricoverato. Sedette su una poltrona, nella Sala d'aspetto del reparto d'urgenza dove avevano ricoverato Alice, aspettando che qualche Medimago uscisse dalla stanza per informarlo delle sue condizioni.

Kingsley si Materializzò esclamando: “Severus! Sono profondamente addolorato”.

Severus scattò in piedi ed esclamò: “No! Non provare a dirmi come ti senti! Come hai potuto mandarci là? Siamo stati attaccati da ex Mangiamorte, c'erano seguaci di Grindenwald. Ci avete dato in pasto a loro senza avvisarci!”

“Severus, non avevamo prove, c'erano solo delle voci”, disse Kingsley, cercando di giustificarsi, aggiunse: “Il Ministero Scandinavo ci aveva garantito”

“Il Ministero Scandinavo è corrotto. Sai chi guidava il gruppo? Rabastan Lestrange ti dice qualcosa?”, ribatté Severus. In piedi, di fronte Kingsley, lo guardava dritto negli occhi.

Kingsley disse: “Mi dispiace, Severus, sul serio. Dopo la guerra abbiamo tutti bisogno di normalità. Come sta Alice? Potter mi ha detto del suo ruolo nella guerra”.

“È là dentro. Sto aspettando notizie dai Medimaghi. Sono in quattro ad occuparsi di lei. Sembra grave”, disse, accasciandosi sulla poltrona. Il suo sguardo tornò cupo. Nella mente gli scorrevano tutti i momenti trascorsi con Alice.

Dalla prima volta in cui lei gli aveva sorriso, chiedendogli il libro per studiare il Distillato della Pace, quando lei era una bimba di appena undici anni. Ripensò alla sua gentilezza, al fatto che lei era sempre presente quando lui aveva bisogno di lei. Pensò alle Cioccorane sui libri, quando lei pensava di fargli una sorpresa, ma lui aveva capito subito che era lei, e non si era mai sentito di mettere fine ad un gesto così dolce. I regali di Natale e poi il loro litigio. La pace dopo la morte di Lily e la ripresa dei loro studi insieme. L'attacco dei Dissennatori e l'amicizia tra Alice e Remus. La morte di Silente e la disperazione. La guerra ed il nuovo inizio. No, lei non poteva lasciarlo in questo modo. Non così, non anche lei. Non adesso. Non le aveva neanche detto di amarla, dopo tutto. Perché lei lo sapeva e lui pensava che fossero sufficienti i fatti.

Arrivarono i genitori di Alice. Demetra era pallida in volto. Kingsley aveva provveduto ad informarli e loro si erano precipitati al San Mungo. Nella preoccupazione silenziosa di François Leroux, Severus riconobbe il contegno di Alice: senza dubbio, lei aveva il carattere del padre.

“Severus, come stai?”, chiese Demetra preoccupata.

“Io bene, Alice è stata così sconsiderata da salvare me invece di curarsi”, disse lui preoccupato.

Demetra sorrise, senza nascondere la preoccupazione che la divorava: “Lei è fatta così, è così presa dal mondo, che non si accorge di sé. L'importante è che almeno tu stia bene”.

“Kingsley ci ha informati di cosa vi è successo”, disse François, che voleva tranquillizzare Severus e dirgli che non c'era bisogno di cercare le parole per spiegare l'accaduto, perché ne erano già al corrente.

Severus apprezzò questa iniziativa di Kingsley e continuò a stare in silenzio, con il viso nascosto tra i capelli ad attendere una notizia, qualsiasi notizia. L'attesa lo stava uccidendo e quel silenzio era preoccupante. Passarono tre lunghissime ed interminabili ore prima che uno dei Medimaghi uscisse dalla stanza in cui si trovava Alice.

Una giovane Medimaga, probabilmente una tirocinante, si avvicinò alla sala d'aspetto, stringendo una cartelletta tra le mani, disse: “Ehm... Severus Piton?”

Severus si alzò e corse dalla Medimaga, il modo in cui stringeva la cartelletta non gli piaceva per niente, riuscì a dire solo: “Mi dica”. La giovane abbozzò un sorriso e gli fece cenno di seguirlo: “La situazione è sotto controllo adesso. Ci sono state delle complicazioni, la signorina Leroux è molto debole”

Dal fondo della sala Demetra e François tirarono un sospiro di sollievo e lasciarono andare Severus, loro lo avrebbero raggiunto dopo. Demetra si strinse al marito, che l'abbracciò, come avrebbe voluto abbracciare la sua Alice.

La stanza era bianca ed invasa da un forte odore di medicinali e disinfettante. Severus entrò cercando con gli occhi gli altri Medimaghi.

Un uomo sulla quarantina, si avvicinò a Severus e gli disse: “Aveva molte ferite interne. Siamo riusciti a risanarle tutte e a curare i segni della tortura. Purtroppo ha perso molto sangue, è molto debole”, disse il Medimago. Severus lo guardò e gli chiese: “Ce la farà?”

L'uomo annuì: “Sì, se non subentrano ulteriori complicazioni ce la farà. In ogni caso, la terremo sotto stretto controllo”.

Severus si sedette sulla sedia situata accanto al letto, prese la mano pallida di Alice e sentì il Medimago dire: “C'è un'ultima cosa. Adesso lei sta bene, purtroppo ha perso il bambino”. Severus sentì il suo respiro fermarsi, guardò l'uomo e disse: “Vuole dire...”

Il Medimago annuì, guardò la cartelletta e disse: “La gravidanza era allo stadio iniziale: stava finendo il primo mese. È probabile che neanche lei fosse a conoscenza del suo stato. I primi sintomi si verificano in genere intorno al terzo mese. Fortunatamente, lei sta bene e potrà avere ancora figli”. Il Medimago uscì dalla stanza, seguito dai suoi colleghi, lasciando Severus appoggiato contro lo schienale della sedia di legno.

Sarebbe diventato padre. Lui ed Alice avevano creato una vita e gli era stata portata via prima ancora che ne fossero consapevoli. Non riusciva a pensare ad altro. All'improvviso il passato gli sembrò qualcosa di lontano, rispetto a quello che aveva appena scoperto.

Il futuro si presenta alla porta quando meno te lo aspetti, e se non stai attento, finisce che te lo portano via a tua insaputa. Stava per avere la normalità che cercava da una vita: l'amore di una donna, un figlio, ed aveva appena rischiato di rimanere da solo, di nuovo.

Alice mosse le palpebre, Severus sorrise. Quando lei aprì gli occhi, la prima cosa che vide furono gli occhi scuri di Severus, chino su di lei, ad osservare ogni linea del suo volto, pensando a tutto quello che aveva perso e rischiato di perdere in quella giornata.

“S-Severus, dove siamo? Stai bene?”, disse con la voce impastata dal sonno e dai medicinali. Severus annuì e le disse: “Siamo al San Mungo. È tutto finito”.

Alice vide i volti dei suoi genitori spuntare dalla porta della stanza e sorrise loro. Demetra corse verso la figlia: “Oh, Salazar! Alice, cara, stai bene! Che gioia!”, François seguiva la moglie, sollevato nel vedere la figlia già sveglia e cosciente.

Alice disse: “Papà”, sorridendo in direzione del signor Leroux e Severus sentì un brivido corrergli lungo la schiena. François si sedette dall'altro lato del letto, prese la mano sinistra di Alice e le disse scherzosamente: “Che ti avevo detto, cara, quando saresti diventata grande, anche tu avresti avuto le tue avventure. Sono molto orgoglioso di te”. Alice sorrise, era decisamente stanca. Un'infermiera fece uscire tutti dalla stanza, lasciando solo Severus seduto accanto ad Alice.

“Severus, cosa hai? Cosa ho di preciso?”, chiese Alice, che conosceva fin troppo bene lo sguardo preoccupato di Severus e sapeva che c'era qualcosa dietro quel silenzio imbarazzato.

Severus si fece coraggio e le raccontò quello che gli avevano detto i Medimaghi. Alice scosse la testa, non aveva idea delle condizioni in cui si trovava, ed adesso comprendeva il suo stato d'animo. Gli occhi si inumidirono, di nuovo, per il futuro che le era stato portato via, dissolto come i ricordi di quella splendida serata sotto il cielo di Istanbul, prima che i presagi di morte iniziarono a funestarli.

Non poteva saperlo, eppure la Banshee che aveva visto in Irlanda l'aveva avvertita. Dicono che predicano la morte, specie quella dei bambini, in circostanze terribili. Alice ignorava di aspettare un bambino e tutti quei presagi non li collegava a nulla del genere. Aveva sempre pensato che, finché lei e Severus fossero stati insieme, tutto sarebbe andato bene, ma non era così.

Severus le si avvicinò e le disse: “Che ne dici se mettiamo fine a questi viaggi? Io ti amo, Alice. So che non è molto, ma ti posso offrire una vita noiosa, così noiosa che il peggiore imprevisto può essere una pozione mal fermentata, e con noi due come pozionisti, sai che non è possibile”.

Alice sorrise, era così bello sentirsi dire “Ti amo”, non le era mai successo prima d'ora. Annuì e disse: “Ti amo, Severus. Sì, voglio una vita noiosa, e quando le pozioni non fermenteranno bene capirò che è ora di andare in pensione”.

Severus le baciò la fronte, finalmente sentiva un po' del calore che aveva cercato per una vita intera.

 

 

Fine.

 

 

 

N.d.A.: Se non avessi deciso di scrivere un sequel sarei già distrutta dalle lacrime. I due hanno fatto un passo avanti, a quanto pare le disgrazie servono a qualcosa: per lo meno a mettere un punto e ricominciare, con una motivazione diversa.

L'idea del veleno del Doxy è di Charlotte McGonagall, le ho prestato Alice per una sua storia e lei mi ha prestato questa idea. Grazie mille, Charlotte! :-)

Il finale mi dà speranza però sono anche piuttosto triste, perché è stato difficile scriverlo e fare un male del genere ad Alice, però era necessario.

Forse, qualcuna, tipo Lulu_Herm, che è attentissima ai dettagli, avrà capito che le date dell'epilogo dell'Orizzonte degli eventi o la data di nascita di François non combaciava con il concepimento iniziale, però non so.

Sono un po' triste, perché mi dispiace maltrattare Alice: prometto un po' di Fluff nel sequel.

Alla prossima

Severa_Sha :-)

   
 
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