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Autore: cranium    17/12/2012    3 recensioni
[Finnick/Annie] riguardante il periodo prima, durante e forse dopo gli Hunger Games della ragazza.
Annie e la sua famiglia si occupano di coralli, la loro situazione economica è stabile, ma non tra le migliori, è una ragazza non particolarmente bella e affasciante.
Finnick è un Vincitore e lui di bellezza e fascino ne ha da vendere, ha dovuto barattare il suo corpo con la sicurezza per lui e per la sua famiglia, vorrebbe scappare, farsi una vita chissà dove, ma è tenuto stretto da sottili catene d'oro forgiate appositamente da Capitol City.
L'incontro con questa ragazza gli cambierà la vita, ma cosa succederà quando il suo nome verrà estratto per i 70esimi Hunger Games?
Riuscirà lui a superare la cosa?
Riuscirà lei a rimanere viva e vegeta in quel delirio?
Se vi ho incuriosito leggete e possa la fortuna essere sempre a vostro favore.
Possibile, ma non certo, spoiler "La Ragazza di Fuoco" e "Il Canto della Rivolta".
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Finnick Odair
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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WE ARE ONLY TWO LOST SOULS SWIMMING IN A FISH BOWL.

ATTENZIONE: come l’autrice del libro ci ha fatto notare (credo nel terzo libro) Annie ha perso il senno in seguito alla decapitazione del suo compagno di Distretto.

Marcus è un personaggio di mia invenzione come il taglialegna Wood, però spero di aver fatto trasparire nei capitoli precedenti se non l’affetto, almeno il legame che un po’ univa lei a lui e quindi non aspettatevi una Annie completamente in sé.

Tanto vale che finisco di dire quello che volevo dirvi qua invece di ricorrere alle ndA: questo sarà l’ultimo capitolo e voglio ringraziare tutti voi.

Sono davvero contenta di questa storia, ci ho messo molto di me dentro ed è stata un’avventura piena di alti e bassi, di ritardi e scempi, però sono davvero felice di quello che è venuto fuori.

Ho intenzione di scrivere un’altra Finnick/Annie (forse One-Shot) perché è un pairing che amo.

Grazie mille ancora.

 

 

Un colpo di cannone.

Due colpi di cannone.

Come le campane sulle barche al Distretto, che suonavano per i pescatori che erano morti.

Suonavano a festa, metalliche, perché lo spirito degli uomini si congiungeva al mare come lo faceva la cenere.

Anche per suo nonno avevano suonato, probabilmente lo avrebbero fatto anche con Marcus, perché, laggiù al Distretto, chiunque lo conoscesse gli voleva bene.

Forse in quel momento stavano suonando per lei o, il martellare ritmico , era solo la pressione dell’acqua che le premeva sulla testa e che la trascinava giù, sempre più affondo.

Doveva essere un bello spettacolo visto da u maxi schermo posto in una piazza, con i bei capelli lunghi che fluttuavano intorno a lei come i serpenti di una Medusa mitologica, l’ultimo segno di vita di un corpo disposto e pronto a cedere alle lusinghe di un oblio voluto.

Aveva promesso che avrebbe cercato di rimanere in vita, ma non aveva le forze per combattere o resistere.

Eppure le gambe sembravano lottare contro lo stallo della testa.

E si mossero, guidate da un qualche istinto di sopravvivenza che non riusciva a capire da dove venisse.

Nuotò contro il peso dell’acqua, nuotò fino a riemergere in superficie e annaspare riempiendo i polmoni.

Intorno a lei non c’era nulla: della piana che prima aveva ospitato l’Arena rimaneva solo una distesa immensa di acqua, nulla a cui aggrappare il corpo stanco che cercava un sostegno.

Cercò di galleggiare sul pelo dell’acqua come le aveva insegnato sua madre da piccola, di distese a stella cercando di tenere le braccia e le gambe il più fuori possibile dall’acqua.

Respirò piano piano cercando di calmare il battito accelerato.

Doveva uscire di lì, ma non sapeva come, non vi erano vie d’uscite.

Ad un tratto l’acqua si increspò, prima leggermente, poi sempre più intensamente fino a creare piccole onde che non la facevano rimanere a galla.

Un hovercraft spuntò tra le nuvole del cielo e calò una corda nella sua direzione.

Doveva fidarsi oppure no?

Non le venne data la possibilità di replicare.

La corda sembrava sollevarla contro la sua volontà: era in trappola.

Cercò di staccare le gambe dalla fune, ma non ci riuscì.

Forse non era ancora il momento giusto per reagire.

 

Aveva tante mani sopra di se.

I camici bianchi a le mascherine sulla bocca e il naso rendevano i medici tutti uguali mentre cercavano di tenerla ferma e buona sul lettino dell’infermeria dell’hovercraft.

Stavano cercando di farle male sicuramente, qualcuno tentava di legarle i piedi per non farla muovere, ma non ci sarebbero riusciti.

Sentiva Finnick urlare fuori dalla porta.

Quanto sarebbe durata quell’agonia?

Cercava di raggiungerlo, ma invano.

Era legata, era immobile, aveva vinto, forse?

Il rumore della porta che veniva spalancata velocemente, i dottori che tenevano qualcuno lontano da lei.

Era tutto un sogno?

La testa mozzata di Marcus, il viso di Finnick confuso dalla morfina, la mano di lei che cercava di accarezzarlo mentre piangeva.

Il calmante fece il suo effetto e la trasportò fuori di lì: dall’Arena, dall’hovercraft, dalle braccia di Finnick.

Il buio la avvolse come una coperta.

Aveva vinto o forse perso tutto.

 

La lucidità aumentò in quei giorni.

Cercarono di portarla al Distretto il prima possibile senza sottoporla a troppe pressioni da parte degli abitanti della capitale.

“Non sta molto bene, ha riscontrato un trauma cranico che i nostri medici non sono in grado di curarlo a dovere e un po’ di aria di casa le darà sicuramente giovamento.” una scusa più che accettabile, d’altronde dai Giochi è difficile uscire illesi.

E poi non era altro che una mezza verità: di certo non si poteva dire che fosse tutto apposto per Annie.

Le immagini si susseguivano nella sua testa come in un film vecchio e rovinato, piene di scene mancanti, e graffi.

Sentiva le urla del ragazzo del tre ancora nella testa, il ronzio dell’elettricità che lo uccide, l’odore del sangue dell’acqua vicino alla ragazza del Distretto cinque e il tonfo sordo della testa di Marcus che cadeva a terra.

Piangeva la notte e urlava durante il giorno.

I dottori continuavano a dire che le crisi sarebbero finite, ma probabilmente non ci credevano neppure loro.

Passarono i mesi e Annie migliorò visibilmente.

Non riusciva a mantenere l’attenzione per più di qualche minuto sullo stesso discorso, e la notte ancora non dormiva bene a causa degli incubi.

Ogni tanto portava le mani alle orecchie come a cercare di non sentire un rumore che le rimbombava dentro la testa, ma a Finnick non importava più di tanto.

Gli bastava averla lì accanto, poterla baciare di nascosto e sussurrarle all’orecchio tutto quello che sentiva dentro.

La vita al Distretto procedeva tranquilla: i pescatori  lasciavano il molo con le barche la notte e tornavano in tempo per il mercato delle 10 e trenta, la spiaggia al pomeriggio si riempiva di reti lasciate ad asciugare al sole mentre i ragazzi cercavano conchiglie per fare collane da regalare alle ragazze, le case la sera profumavano di pesce, fuoco e famiglia, la gente continuava a mangiare pane verde e salato, e intanto Finnick e Annie si amavano.

Tutto qua.

The end.

  
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