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Autore: nozomi08    27/08/2013    2 recensioni
Anno x791, regno di Fiore, città di Magnolia. Terminato il recente Dai Matou Enbu, e conclusa felicemente la vicenda di Eclypse, lo scalmanato gruppo di Fairy Tail rincasa nella nuova gilda, ritornando ai felici ritmi di sette anni fa. Tutto sembrava tornato alla normalità, se non fosse stato per l’arrivo di una figura misteriosa, proveniente da un mondo distorto chiamato Astral. Il suo passato misterioso, è pieno di sfaccettature.
Cosa c’entrerà mai con la gilda oscura di Gacrux, colei che detiene il primato degli affari sull’importo d’armi, principale alleata dell’alleanza Balam, che recentemente aveva aumentato i suoi traffici? Quale è il vero rapporto tra questo sconosciuto ed Loki, il master di Gacrux? Qual è il suo scopo, il motivo per cui è qui? E soprattutto, quale sarà il ruolo dei maghi degli Spiriti Stellari e delle 12 Chiavi d'Oro nel loro losco piano?
Starà al giovane e turbolento gruppo di Fairy Tail scoprirlo.
ATTENZIONE! CAPITOLI REVISIONATI!
Genere: Avventura, Comico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Lucy Heartphilia, Natsu, Nuovo personaggio
Note: Lime | Avvertimenti: Spoiler!, Triangolo, Violenza
Capitoli:
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Astral, anno x791, città sacra di Al Nair, due giorni prima

Gomeisa e Pleione splendevano fulgide, sospese in quell'oscuro manto blu cobalto, brillante dell'intensa luminosità delle sacre stelle. La luce divina dei due candidi astri si immergeva nella prosperosa radura sempreverde, tra gli irridescenti fiumi che si inoltravano nelle fitta foresta di possenti Ianum, gli alberi dalle nere foglie palmate che proliferavano ad Astral. I crisantemi beavano la natura dei loro colori spenti, mentre il delicato profumo delle rose bianche si intrecciava a quello spinoso delle rose nere, giocando nei capricci del fresco vento, nel silenzio dell'oscurità. L'infinita cascata di nivei raggi travolgeva le mura della città di Al Nair, facendo risplendere gli innumerevoli edifici in marmo bianco, illuminando le serpentuose strade in pietra d'ossidiana, traboccanti della comune gente che si tuffava nella miriade di odori e strepidanti suoni. Le grida dei mercanti, rintanati dietro gli spaziosi e sgargianti banchi in legno, si mescolavano alle chiacchiere dei passanti, mentre le risate dei bambini che si rincorrevano spensierati sapevano della stessa dolcezza e sobrietà dello zucchero filato delle botteghe dei dolciumi, come l'aroma del pane e dei tocchi di cioccolata, come la succosa frutta e la verdura fresca dei campi.
E pochi metri più in là, verso l'ala ovest della città, troneggiava solenne l'enorme palazzo in cristallo della casata reale, casa della nobiltà, così fulgido e luccicante da parer esso stesso fonte di luce. Guardava tacito verso la parte opposta, nell'ala est, dove si poteva rimirare in tutta la sua arcana imponenza il tempio di Altair, il più importante luogo di culto dedicato alle stelle e ai loro Spiriti, anch'esso costruito nel prezioso cristallo. Il cristallo di Astral era un materiale assai pregiato: una pietra speciale, di grande resistenza, in grado di incanalare qualsiasi luce e trattenerla al suo interno.
Materiale di certo indispensabile per la vita della popolazione, data la notte eterna della quale questo mondo astrale è vittima.
Anche se, in un certo senso, la gente aveva imparato a... vedere con i propri occhi.
Occhi che, tra le mura di un certo castello, assaporavano assorte le tenebre dell'infinito, in attesa di qualcosa. O qualcuno.
-Notte magnifica oggi, non pensa anche lei, generale?-
La persona in questione si girò pigramente verso l'intruso, mantenendo uno sguardo svogliato, per poi rigirarsi.
-Come sempre- commentò piatto, nel frattempo che l'altro si avvicinava
-Mai una volta che la veda interessato a qualcosa, eh?- sorrise sconsolato l'uomo nell'argentea armatura, sotto il fascio di luce. Il generale abbassò la testa e sospirò, prima di voltarsi per guardarlo.
-È che, semplicemente, ho altri "interessi" a cui badare, piuttosto che pensare a cose superflue come l'aspetto delle nostre due lune-
-Oh, la prego, non bestemmi, non se la prenda così- brontolò l'altro –so perfettamente che deve vegliare su cose ben più importanti. Le sto solo dicendo di... pensare un po' più a sé stesso, tutto qua. Ha appena 19 anni, non dovrebbe avere solo i doveri per la testa. Non so se mi spiego...- spiegò paterno, rivolgendogli un'occhiata maliziosa
Il generale ritornò a guardare le stelle, accennando un sorriso beffardo
-Apprezzo la sua preoccupazione nei miei riguardi tenente colonnello Klaus, ma salvaguardare un intero paese e proteggere la famiglia reale non sono "semplici doveri". Ed in virtù di questi, ci terrei che lei mi spiegasse le ragioni della sua presenza qui. Non mi aveva forse chiesto un giorno di riposo per stare con la sua famiglia?- chiese sbrigativo, desideroso di andare al sodo
-Non le può sfuggire niente, a quanto vedo- commentò arreso Klaus, facendosi serio –Bene, quelle che le porto non sono buone notizie. Riguardano Gacrux-
Il generale si fece improvvisamente attento, guardando con intensità gli acquosi occhi dorati del capitano, che provò un leggero timore. Succedeva sempre, quando lo guardava in quel modo. Vi era qualcosa di così profondo ed inquietante, che poco derivava dal colore unico e particolare delle sue iridi.
-Parla, ti ascolto- ordinò con voce ferma
-Come lei ben sa, negli ultimi anni non abbiamo riscontrato alcuna traccia dell'organizzazione, nonostante i numerosi controlli lungo le frontiere e le pattuglie sparse per la regione, sia nelle città, che nelle periferie. In più, abbiamo catalogato un calo evidente dei traffici illeciti, per la maggior parte in mano loro. Sembravano come smaterializzati: un giorno all'altro e... puff! Spariti nel nulla. Ma qui viene la parte interessante: pochi giorni fa, ci è giunta una segnalazione da parte del villaggio di Logur, a sud-est del fiume Disoh. I paesani raccontavano di aver avvistato dei movimenti sospetti nei pressi della radura di Alvarion, che è nelle vicinanze. Gli uomini sono andati a controllare, ed indovini un po' cos'hanno trovato? Un portale-
-Un portale?- ripetè il generale, leggermente stupito. Klaus annuì.
-Già, anche io sono rimasto un po' interdetto quando me l'hanno riferito, e forse non ci avrei neanche creduto, se solo non fossi andato a controllare di persona. Ora ne abbiamo la conferma. Esistono. Gli antichi portali che i nostri antenati usavano per dominare lo spazio ed il tempo, quegli stessi portali che si dice comunichino con altri mondi, addirittura con il Regno delle Stelle. Gli Archi del Tempo esistono, e sono anche sicuro che quei maledetti bastardi se la sono svignata grazie a quello rinvenuto ad Alvarion-
-Che sia andata così è molto probabile, ma avete scoperto come sono riusciti a farlo funzionare?-
Klaus scosse la testa , aggrottando la fronte in un'espressione frustrata
-Purtroppo no. Ci abbiamo provato, anche con l'aiuto dei maghi, ma niente. Non c'è ragione di farlo attivare-
Il generale si chiuse per un attimo in un silenzio riflessivo, volgendo ancora lo sguardo al cielo notturno. Klaus, osservandone distrattamente il giovane profilo ed il suo vibrante sguardo perso tra le stelle, non poté fare a meno di chiedersi se colui con il quale stava parlando fosse veramente un semplice ragazzo o un uomo imprigionato nelle sembianze di un tale. Quel giovane sembrava portarsi dietro cicatrici che un uomo non sarebbe riuscito a procurarsi in una vita intera. Aveva sentito dire che in passato era stato uno spietato assassino, oltre che un'abile ladro. Voci che reputò veritiere, dopo che lo vide per la prima volta solcare l'arida terra dei campi di battaglia.
Ma poteva un assassino provare un simile cruccio per causa di sé stesso?
Poteva, poteva.
-Hai notato qualche dettaglio particolare?- chiese d'un tratto il generale. Klaus si riscosse
-Cosa? Dove?-
Il ragazzo sospirò, massaggiandosi le tempie
-L'arco. Presentava qualcosa di strano?-
Il tenente ci pensò su.
-Mi pare che presentava delle scritture strambe sulla ghiera. Non sono riuscito a leggerle, ma guardandole meglio mi sembravano delle rune...-
-Rune mistiche, eh- mormorò tra sé il generale –molto bene, capitano Klaus. Dia l'ordine agli uomini di incrementare i controlli nei pressi di Logur, dopodiché, mandi una squadra di ricerca per verificare la presenza di altri portali identici a quello nei dintorni e chieda aiuto ai Sacerdoti Celesti per decifrare quelle rune. Hanno a disposizione centinaia di Tomi nel Tempio, certamente avranno qualcosa che vi si avvicini. Se necessario, controllerò io stesso nella biblioteca reale-
-Sarà fatto-
-Continui a tenermi aggiornato se ci saranno ulteriori cambiamenti. Ci tengo a rimanere al corrente della situazione. Ora può andare- disse congedandolo con un gesto frettoloso della mano.
Klaus fece un piccolo inchino e si incamminò a passo spedito verso l'uscio, quando ad un tratto si fermò
-Ah, non sarebbe opportuno avvisare Sua Maestà a riguardo?- chiese
Il generale gli scoccò un sorriso borioso
-Coraggio tenente, per chi mi ha preso?- lo canzonò –Sono o non sono l'uomo fidato di Sua Maestà?-
Klaus proruppe in una generosa risata di gola. Scosse la testa. Quel ragazzo... era proprio come dicevano: intenso e pungente come la menta selvatica; imprevedibile ed inafferrabile come il vento.
Lo conosceva da pochi anni, e non si era mai smentito. Sorrise.
-Ha ragione- disse avviandosi –Beh, allora le auguro una buona serata, generale Atlas-

§ § § § §

-Su Atlas, muoviti!-
-Altezza, non sarebbe il caso di rallentare un po'? Sapete bene cosa direbbe (e penserebbe) vostra madre se vi vedesse in abiti consunti...-
La principessa si girò imbronciata verso il ragazzo, in uno scatto che fece ondeggiare i suoi lunghi e setosi capelli blu notte, contornati dalle numerose ciocche argentee. I suoi eleganti occhi grigio perla lo guardarono indispettiti, perdendo ogni traccia di grazia sul suo volto dalle fattezze fanciullesche, mentre le delicate e candide mani reggevano decise il lungo abito di seta.
-Atlas, ti prego, risparmiami almeno tu questa tortura. Ho già le mie balie che mi seccano abbastanza, non diventare anche tu un pignolo come loro- sbuffò, girandosi per riprendere la frettolosa camminata attraverso l'oscura foresta, trafitta dagli intensi raggi delle lune sospese là in alto, a salvaguardare la notte e il suo eterno scorrere. Proseguiva determinata nella sua piccola corsa, aggraziata come il dolce strimpellio delle corde di un liuto, incurante del carente stato del vistoso vestito, ormai oltraggiato da evidenti tracce di fango, e del portamento regale al quale era stata votata fin da piccola.
Portamento che, se fosse stata in altri panni, avrebbe gentilmente mandato a quel paese. Esattamente come avrebbe voluto fare qualcun altro, in quel momento...
-Ah, sì? Beh, Altezza, non sono di certo io quello che ha scombussolato l'intero palazzo a suon di grida inveendo il mio nome, ordinarmi di seguirla nella sua scappatella qui, ai confini della città, per poi trascinarmi via senza che abbia detto neanche una parola a riguardo- ribattè dietro di lei Atlas, con una lieve punta di irritazione nel suo scuro tono di voce
-Ma io posso permettermelo, e non me ne curo- affermò lei altezzosa –Sono la futura erede al trono della potente Al Nair, ho il potere di fare quello che desidero-
-Sempre che vostra madre non decida di darvi in sposa a qualcun altro. Per esempio... un certo principe di Logomor. Se non erro, è stato lui a chiedere più volte la sua mano...- la punzecchiò malizioso il giovane, provando un dolce sapore, di natura maligna, non appena la principessa reagì, girandosi verso di lui con un'espressione a dir poco indignata.
-Io non andrò mai in sposa a quel lurido porco chiaro? Mi dovranno decapitare prima di un tale oltraggio nei miei riguardi!- esclamò con rabbia
-Pfff –
–Non c'è niente da ridere! E poi...- bofonchiò arrossendo –io ho già in mente chi voglio sposare, una volta compiuti i sedici anni...- concluse divenendo stranamente silenziosa
Atlas, inconsciamente deliziato da quella lieve sfumatura porpora che impreziosì le gote perlacee della focosa principessa, la guardò stupito
-Potrei sapere chi sia costui, Altezza?- chiese divertito
La nobile gli rivolse un'occhiata sfuggente, dal sapore mesto. Sopirò esasperata. Il cielo solo sapeva quanto avrebbe voluto dirgli che era lui, l'idiota che l'aveva fatta sua.
Lei, che si considerava uno spirito libero, in tutta la sua essenza.
Decise che era meglio arginare la domanda.
-Oh, ti prego Atlas, quante volte te lo devo ripetere che quando siamo soli non c'è bisogno che ti rivolga a me con tutte quelle onoreficenze?-
-Credo altre infinite volte, Altezza- rispose il ragazzo con noncuranza, desideroso di ritornare all'argomento di prima -Ma vedete...-
La principessa gli rivolse un gesto di stizza –Sì, sì, lo so, io sono la principessa e tu il Supremo Generale dell'Ordine Celestiale dei Cavalieri della Corona- disse enfatizzando la nomina con voce scura –nonché il mio fedele supervisore, il mio maestro, al quale devo rivolgermi con il dovuto rispetto e bla, bla, bla- continuò seccata –odio tutti questi preamboli! Ti dico io cosa sei: sei il mio più caro amico, il solo e l'unico. L'amico che, nonostante il suo pessimo carattere, mi è stato accanto con una premura quasi nauseante, dolce e appiccicosa come lo zucchero filato sulle dita- sospirò, socchiudendo le palpebre -Non voglio privarmi di un tesoro così prezioso per un semplice e sconsiderevole fatto di etichetta. Tra di noi, non voglio barriere d'alcun genere- concluse, addolcendo il tono austero che la predominava.
Atlas, alle sue spalle, mostrò un lieve sorriso, non uno di quelli beffardi che era solito far vedere, ma un sorriso sincero, così raro ad apparire sul suo viso impassibile.
Non poté fare a meno di osservare con ammirazione la sua principessa: chi lo avrebbe mai detto che quella graziosa bambina, così timida e gracile, sarebbe diventata così audace, energica ed avventuriera?
Una principessa dal cuore così grande da poter amare e sacrificarsi per un intero popolo.
Una fanciulla dal portamento di una regina.
Forse era questo, che tanto l'affascinava?
Sorrise rassegnato –Come desideri, Alhena-
La principessa si sorprese nel provare un piccolo brivido, a sentire pronunciare il suo nome (così poco enunciato da suonare strano alle sue stesse orecchie) da quelle labbra tanto segretamente agognate da chissà quanto tempo.
In preda ad un tenue calore alle guance, Alhena si morse il labbro inferiore, posando una mano appena sotto il suo seno, come se cercasse di tenere a bada il suo stomaco in tumulto.
Per quanto oltre sarebbe riuscita a nascondere la verità?
Per quanto oltre avrebbe continuato a girare e girare attorno a quell'interminabile cerchio di dubbi e paure?
Continuare a ferirsi o dare sfogo ai suoi sentimenti a lungo celati, arrecando disonore alla famiglia, alla sua cara e amata madre, per via di insulsi pettegolezzi cortesani?
"Sono stanca di tutto questo" pensò, abbassando lo sguardo sull'erba fresca
E mentre cercava di trovare una risposta, indugiò nei ricordi del passato, nel giorno in cui un ragazzino dallo sguardo spento, coperto di sangue e stracci, si presentò al cospetto dei suoi innocenti occhi da bambina, incatenandoli a sé per tutti gli anni a venire.
E fu grazie a lui, che poté uscire dalla favola della corte e vedere la vera, cruda realtà della vita.
Una vita a volte bella, a volte oltraggiosa.
Un capriccio.
Proprio come il suo.
Sentii qualcosa sfiorarle la mano, si riscosse dal vortice. Voltò la testa, e si trovò accanto quel ragazzo, oggetto dei suoi sogni e delle sue passioni, che stringeva con sorprendente delicatezza le sue piccole mani in quelle sue rudi, forgiate da un passato di combattimenti e disgrazie.
Proprio come facevano da bambini.
Le rivolse un'occhiata penetrante, di quelle che ti scavano nel profondo, come se stesse cercando le tracce del suo turbamento. Lei gli sorrise rassicurante, apprestandosi a proseguire la camminata nel folto della foresta, ma lui la trattenne, guardandola con più intensità.
-Sto bene. Non preoccuparti- gli disse –Coraggio, andiamo- lo esortò, trascinandoselo dietro, ancora dubbioso del suo stato
La conosceva, la conosceva troppo bene, il suo Atlas. Doveva stare attenta.
Lei era una principessa, non doveva amarlo. Quale oltraggio, per la casata reale! Ma lo amava. Che poteva farci?
Come migliore amica, conosceva ogni suo lato.
Come donna, li amava tutti.
Come principessa, era obbligata a sopprimerli.
"Ingoia il boccone amaro, nascondi tutto, per te è l'unica possibilità".
Soffocare sé stessa. Era l'unica strada.
Avrebbe pianto per questo? Certo che no, sebbene sia difficile non farlo.
Non si sarebbe fatta violare anche l'orgoglio.
Tenendosi ancora stretti per mano, durante il tragitto Alhena mostrò le tracce di un languido sorriso. Una volta che furono cresciuti, poche volte l'aveva tenuta in quel modo, e così a lungo. Non era il tipo da atti dolci, il suo Atlas: lo mettevano tremendamente a disagio. Anche senza guardarlo, sapeva benissimo quale fosse la sua espressione in quel momento: i suoi vibranti ed intensi occhi cremisi puntati fieri davanti a sé, intralciati ogni tanto da qualche ciocca ribelle; il volto rilassato, imperturbabile, tradito dalla mascella contratta, come accadeva quando era nervoso.
Come avrebbe potuto fare a meno della sua compagnia?
Come avrebbero potuto privarla di lui?
Sarebbe riuscita ad andare avanti?
Cosa le avrebbe riservato il futuro?
Per un attimo, i suoi pensieri corsero al suo castello, fulcro della corte, e non si sorprese nel provare un profondo rancore nei suoi confronti. Come si poteva non odiare una prigione piena di pesanti catene? Perché, quello scintillante e meraviglioso castello era proprio questo per lei. Un posto lurido, maleodorante di pregiudizi, buio, come la foresta nella quale si erano inoltrati. E la sua unica speranza, era quella grande mano calda, che la stringeva dolcemente.

§ § § § §
 
Lo sguardo dell'ombroso cielo stellato si faceva grave, sopra le folti e lucenti chiome dei grandi Ianum.
Il vento fresco si era acquietato, lasciando serpeggiare il quieto silenzio che, impertinente, si divertiva ad avvolgersi intorno alle cose, agli animali, alle persone. Le sue malefatte, furono però presto interrotte da lievi fruscii, passi che causavano l'ondeggiare sinuoso dei fini fili d'erba, baciati dai candidi fasci di luce. Passi provocati dal frettoloso camminare dei due giovani, accolti nell'abbraccio del buio, i fiori fluorescenti ad indicar loro la via...
-Allora vuoi dirmi chi è lui?-
-No-
-Oh, andiamo!-
-No-
-Sei una noia-
-E tu un'impiccione!-
Tenendosi ancora per mano, Atlas assunse un'espressione irritata
-Allora puoi dirmi almeno perché mi hai portato qui?- chiese
-Aspetta e vedrai- rispose composta Alhena
-Ah, bene! Sto rantolando nel buio con un'altezzosa rompiscatole e non so nemmeno il motivo! Proprio bene!- brontolò acido –Sei almeno consapevole che stiamo entrando in un territorio sacro, dove i sacerdoti potrebbero benissimo farci fuori?- chiese con aria di sfida
Lei si voltò un attimo verso di lui, rivolgendogli un'occhiata di sufficienza
-Certo che ne sono consapevole. E tu sei consapevole di chi sia io?-
Atlas alzò gli occhi al cielo –Ecco che ricomincia...- disse esasperato
-Non lo trovi comico? Tu, il trasgressore delle leggi, che si preoccupa di rispettarne una...-
-No, comico è come mi sia venuto in mente di accettare la richiesta di salvaguardarti...- ribatté sarcastico il giovane, mentre le sue iridi scintillavano minacciosamente. Ma la principessa non se ne curò.
-Se è così, allora sei libero di andartene. Peccato però. Ti volevo fare una sorpresa...- disse la principessa con una punta di malizia.
Atlas scoppiò in una profonda risata di scherno.
-Una sorpresa per me? Questa è bella-
-Perché? Ti scoccia forse?- sbottò la Alhena, un po' offesa.
Atlas le rivolse una lunga occhiata, prima di scostare il pesante mantello per frugare sotto il collo della sua camicia. Tirò fuori un grazioso ciondolo, un cristallo di forma sferica, dalle sfumature verdi-azzurrine, intrappolato in una modesta spirale d'argento. Un lungo e sottile filo di cuoio lo legava al suo collo, rendendolo una collana.
Alhena lo guardò con tanto d'occhi, percependo la gioia propagarsi per tutto il corpo.
"Porta al collo il tuo ciondolo!" le cantava una vocina, nella sua testa
-Niente di quello che mi hai dato tu mi ha mai scocciato, ricordatelo- disse con serietà, guardandola dritto negli occhi, per gustarsi lo scintillio commosso di quel grigio perla a cui si era (incredibilmente) tanto affezionato.
Alhena arrossì di colpo alla frase del giovane, accelerando poi il passo per superarlo, tenendo la testa china per non farsi vedere. Troppo imbarazzata per farlo.
-S-si ho capito, il concetto è chiaro, ora andiamo!- balbettò, cercando di ricomporsi
Atlas, sorridendo divertito, la seguì senza fare storie, pensando che, per certi lati, non sarebbe mai cambiata, la principessa.

§ § § § §
 
-Finalmente! Eccoci qua!- esclamò sollevata Alhena, affiancata poco dopo da Atlas, che rimase senza fiato
Davanti a lui la foresta si apriva, rilevando una distesa verde di chissà quanti ettari, cosparsa da centinaia di crisantemi fluorescenti dai soffici petali bianchi, che splendevano fulgidi come diamanti.
Ed al centro della piana, sovrastata dal terso cielo stellato, si ergeva un'enorme complesso di megaliti, che circondavano un possente arco in pietra, posto nel mezzo del cerchio.
Un arco. Come quello che gli aveva descritto Klaus.
-Allora? Come ti sembra? Non è fantastico?- chiese elettrizzata, voltandosi verso l'amico per scorgere qualche segno di sorpresa, ma il giovane non le rispose. Continuò a guardare l'arco, senza proferire parola, finché, all'improvviso, non si incamminò verso di esso. Alhena lo guardò un po' interdetta, un po' preoccupata.
-Cosa c'è che non va, Atlas?- chiese sopraggiungendolo
-Da quanto l'hai scoperto?- le domandò lui invece, secco, mentre toccava assorto la ruvida superficie dal colore grigio-azzurro
-Da circa un ciclo*, credo- rispose confusa –Ma cosa c'entra?-
Atlas si voltò a guardarla con espressione seria.
-Stamane ho ricevuto un rapporto da Klaus. Mi ha riportato la scoperta di un arco che presentava sulla ghisa delle incisioni, probabilmente delle rune. Un arco esattamente come questo- spiegò, picchiettando l'indice su una delle colonne
-E allora? Io non vi trovo nulla di strano... probabilmente sarà un manufatto appartenente al tempo del Popolo delle Stelle- disse la principessa
-Lo so, ed infatti è così. Quest'arco appartiene al Popolo delle Stelle, ma quello che sospettiamo è che non sia un semplice elemento architettonico, ma un portale- continuò Atlas. Alhena sgranò gli occhi.
-Un portale?! Non vorrai dirmi che questo sia uno di quei portali?!- esclamò stupita
Atlas annuì –Sì, pensiamo proprio che sia uno di quelli, e, a quanto pare, non siamo gli unici a farlo-
-Che vuoi dire?-
Il giovane alzò la testa verso l'arco che si stagliava di fronte a sé, guardandolo torvo. Le sue iridi bruciavano di rabbia e odio.
-Gacrux- pronunciò solo
-Pensi che sia per questo che non si vedano in giro ultimamente?- chiese grave Alhena, voltandosi anche lei verso la struttura.
-Già-
La principessa si mosse lentamente intorno all'arco, dedicando attenzione alle rune. Atlas la scrutò con curiosità.
-Sai, mia madre mi insegnò un po' di rune. Diceva che era importante sapere la lingua dei propri antenati, per commemorarli- disse, abbassando poi la testa verso l'amico –Credo di poterne decifrare alcune- continuò, affiancandosi ad Atlas
-Ne sei sicura?- chiese
-Sì- confermò lei, guardandolo intensamente negli occhi –Voglio poterti dare una mano. Concedimi almeno questo-
Atlas rimase a guardarla per un po', incerto se accettare la proposta dell'amica, ma presto si arrese, sospirando. Sapeva bene come si sentiva la principessa.
-E va bene. Procedi- disse
Alhena si concentrò sui segni, scovando nella memoria significato e suono. Le sembrò addirittura di sentire la voce della madre, quando le pronunciava a lei.
-O Tetrabiblos, cux ur tokir anma llave den tomre, uta watteru conq anima luz den octopun constaluz, pax takeru aqyru afka. Credo che voglia dire "Oh Tetrabiblos, con il potere della chiave del tempo, io ti ordino di concedermi la fulgida luce delle 88 costellazioni, per portarmi nel luogo al quale appartengo"- si girò verso Atlas –Cosa pensi volessero intendere?- chiese
Scosse la testa –Non lo so. "...per portarmi nel luogo al quale appartengo"... non c'è dubbio che sottintenda la possibilità di spostarsi, ma mi chiedo quale sia questo "luogo" del quale parla l'incisione. Che sia il vero luogo d'appartenenza dei nostri antenati? Che siano vere le dicerie che le nostre origini non siano ad Astral?- rifletté
-A-Atlas?- mormorò spaventata Alhena
-Cosa c'è?-
-Il ciondolo... guarda il ciondolo!- esclamò, guardandolo preoccupata
Atlas abbassò lo sguardo verso ciondolo, stupendosi nel vederlo brillare d'una luce potente
-Ma cosa...?- esclamò interdetto, prima di essere travolti da un intenso fascio di luce che quasi li accecò
Passò il tempo di un istante, prima che i due giovani riuscirono, dopo una corposa serie di battiti di palpebre, a guardare l'arco, con le iridi piene di stupore. Nello spazio vuoto, si era creato un velo di luce azzurra che ondeggiava sinuoso, luminoso, come lo erano diventate le scritte sulla ghiera.
A stento credevano ai propri occhi.
-Ma come è possibile?- chiese la principessa, avvicinandosi alla luce, come ipnotizzata dal suo muoversi
-Non ne ho idea Alhena, ma è meglio se non ti avvicini a quell'arco- si raccomandò Atlas, impadronito da un pessimo presentimento, ma fu troppo tardi: la principessa toccò la superficie del velo, che incominciò a muoversi in circolo, creando un vortice. L'aria attorno sembrò vibrare pericolosamente, sospirando una lunga attesa.
E poi, la potenza d'un ciclone.
L'arco incominciò a risucchiare l'etra attorno a sé, scuotendo violentemente gli alberi intorno.
Era terribilmente potente.
Atlas, per resistere alla potenza del vortice, chiamò a sé il suo spadone, conficcandolo saldamente a terra per aggrapparvisi. Mentre Alhena, in preda alla paura, provò a fuggire, ancor prima che si formasse il vortice, ma venne trascinata indietro, verso l'arco.
"Proteggi mia figlia: questo è il tuo compito, nonché il tuo unico scopo"
Vedendo la principessa rischiare di essere risucchiata nel vortice, Atlas si buttò senza esitazione, afferrando con rapidità Alhena e spingendola con forza verso la sua spada.
Senza la presenza di alcun appiglio, il giovane si sentì inesorabilmente trascinato verso il vortice. E, stranamente, non riusciva a fare appello alla magia.
Che il vortice risucchiasse anche le fonti magiche?
-Dannazione!- imprecò, aggrappandosi al terreno con tutte le sue forze. Dopo poco tempo, incominciò a percepire un leggero pizzicore alle mani.
-Atlas!- urlò disperata Alhena, salva accanto alla spada.
Il ragazzo sentì la presa farsi sempre più debole. Incominciò a dimostrare segni di cedimento, scivolando di poco verso l'arco. Fu conscio di non resistere ancora a lungo. Dovette escogitare qualcosa.
-Alhena, non credo di poter resistere a lungo, perciò ascoltami attentamente: contatta Klaus e fatti aiutare da lui, dopodiché dovrete trovare un modo per riattivare l'arco tenendo presente le rune qui sopra incise. Io intanto troverò un modo per tornare, è chiaro?!- urlò a squarciagola
-Non avrai intenzione di lasciarti andare?!- urlò lei incredula
-Non c'è altra scelta, non riesco a fare appello alla magia!- ribatté lui
-Allora verrò con te! – strillò lei, con tutta la disperazione che aveva al pensiero di lasciarlo solo.
-No Alhena! – tuonò Atlas, allo stremo delle forze -Tu devi restare qui e fare quello che ti ho detto, hai capito?! Ricordati chi sei, ricorda le tue responsabilità! –
Aveva ragione. Alhena lo sapeva benissimo.
Però…però!”
-E va bene! – urlò, colma di dolore e frustrazione - Ma sappi che se non ti azzarderai a tornare ti strozzerò con le mie stesse mani, è chiaro, Noctis Atlas?! Devi tornare da me!-
Le mani gli dolevano, la terra gli scivolava da sotto le mani. Doveva lasciarsi andare, non c'era scelta.
-Tornerò, stanne certa!- le urlò, sorridendo borioso, un attimo prima di mollare la presa.
L'ultima cosa che vide, fu il volto crucciato di Alhena che inveiva ancora una volta il suo nome.
E poi, il vuoto totale.

§ § § § §

Il sole splendeva alto, nel cielo di Magnolia, immergendo i suoi intensi raggi nelle profonde acque dell'oceano, fendendo le nuvole.
Per la città, scorreva tranquilla l'ennesima giornata d'estate, impreziosita dalle risate della gente, e dei bambini che giocavano per le strade, liberi da quella trappola che chiamavano scuola.
Anche Thiago, sceso di casa, inspirò a fondo l'aria impregnata di salsedine, gustandosi quell'odore che per lui significava libertà ed amici. Amici che, di lì a poco, avrebbe incontrato al loro solito posto. Solo che, non avrebbero mai immaginato cosa avrebbero trovato...
Era pomeriggio, e la banda passeggiava tranquilla per le strade della loro chiassosa cittadina. Avevano deciso di andare al porto, questa volta, a visitare la nave dello zio di Kyle. Erano un bel gruppetto, cinque fanciulli in tutto: c'era la piccola e gracile Grace, così timida e spensierata, la forte e ribelle Jenna, il pacato e serio Ethan, il socievole e solare Kyle, e poi c'era lui, il focoso ed avventuriero Thiago.
-Te lo dico io, Salamander è il numero uno!- discuteva entusiasta con Kyle, riferendosi al Dai Matou Enbu
-No, secondo me, il migliore è Gajeel!- ribatteva Kyle
-A me piace Sting, ma penso che anche Rogue non sia male...- si intromise Ethan
-Oh, quanto vorrei essere forte come Kagura!- sospirava eccitata Grace, accanto a Jenna
-Titania è la migliore! E un giorno sarò forte come lei!- sosteneva invece lei, con gli occhi infervorati
-Sapete, stavo pensando, se diventassimo maghi, una volta cresciuti, in che gilda vi piacerebbe entrare?-
-Fairy Tail!- esclamarono in coro gli altri. Ethan sorrise divertito.
-Lo immaginavo...- sospirò –Comunque, anche io penso di voler entrare a farne parte-
-Certo! Perché noi staremo sempre insieme, siamo un gruppo no?- affermò deciso Thiago. I quattro si guardarono tra di loro, per poi annuire al pensiero dell'amico.
-Giusto!- esclamarono
E così, incentrando le loro giovani menti sul loro ignoto futuro da maghi, ricco d'avventure e dolciumi al banco del bar, incapparono in una piccola e stretta stradina, una scorciatoia da loro stessi scoperta per raggiungere il mare. Nel tragitto però, notarono qualcosa di strano, una cosa che fuoriusciva da un buio vicolo...
-Una mano!- esclamò Grace, portandosi una mano davanti alla bocca
-Ne sei sicura?- le chiese Ethan, alzando un sopracciglio
-Si, si è proprio una mano!- insisté Grace
-Che ci sia qualcuno?- domandò Kyle
-Forse è un ubriaco- ipotizzò Jenna con una smorfia di disgusto
-Andiamo a vedere, magari ha bisogno d'aiuto!- propose Thiago, seguito da un acconsenziente Kyle. Jenna li scrutò pensierosa, per poi affiancarsi veloce ai due.
-Hai ragione!- disse
-Ma siete sicuri?- chiese esitante Grace, nascosta alle spalle di Ethan, che li fissava con il suo solito sguardo annoiato.
-Beh- disse –Siamo un gruppo, no? Uno per tutti e tutti per uno-
-Allora, ecco... se stiamo insieme, per me è ok, ma... fate avanti voi, vi prego!- piagnucolò Grace, raggiungendo i suoi amici
Con passo felpato, per quanto potevano, si avvicinarono al vicolo, per affacciarvisi. Dovettero posare in fretta le mani sulla bocca per trattenere il sospiro di stupore che susseguì.
Sdraiato a terra, in una posizione un po' scomposta, giaceva immobile il corpo d'un ragazzo, avvolto in un lungo e logoro mantello nero. Poco più in là, la luce d'un ciondolo splendeva speranzosa nel buio.
-Pensate che sia morto?- mormorò preoccupato Thiago
-Non lo so, ma a me fa paura- mormorò Grace
-A me no- disse Jenna
-Ha degli strani capelli!- constatò Kyle
-Saranno tinti...-
-Forse è uno straniero- pensò Ethan
Thiago restò a fissare il corpo inerme del giovane per un po', per poi incamminarsi lentamente verso di lui, cercando il più possibile di non fare rumore.
-Thiago! Ma che fai?!- mormorò Jenna
-Mi accerto che non sia morto, no?- disse lui con tono ovvio, girandosi verso di loro
-Sei sempre il solito imprudente!- gli soffiò dietro lei, ma il giovincello era ormai arrivato ad un palmo dal ragazzo. Si accucciò accanto a lui, scrutandone attentamente il volto rilassato. Sembrava dormisse. Posò delicatamente la manina sul suo torace, percependolo alzarsi ed abbassarsi, mentre il cuore batteva forte sotto le costole. Si girò sollevato verso i compagni.
-È vivo!- mormorò
-Ok, va bene, ora andiamocene però!- si lamentò Grace, desiderosa di andarsene
Thiago si rigirò verso il ragazzo, scuotendolo per le spalle
-Ehi signore, si svegli!- disse a voce alta
Niente. Scosse il corpo con più forza, urlando più forte.
-Ehi, svegliati!-
Jenna accorse, accucciandosi accanto all'amico.
-Lascia fare a me- disse esperta. Si avvicinò al suo volto, prese un profondo respiro e...
-Svegliaaaaaaaaaaaaaaaaa!- urlò a squarciagola, sotto lo sguardo sbigottito e senza parole dei quattro.
Il ragazzo-straniero mugugnò, corrugando la fronte. Aprì lentamente gli occhi, sbattendo più volte le palpebre.
-Ecco, visto? Si è svegliato- sentenziò soddisfatta
Il giovane si mise piano seduto, passandosi una mano sulla faccia. Si guardò un attimo intorno confuso, per poi posare le sue iridi sui due fanciulli, che rabbrividirono.
-Come fa ad avere gli occhi rossi?- mormorò stupito Ethan
-Forse ha bevuto troppo?- ipotizzò Kyle
-No, no, voglio dire che il colore dei suoi occhi è rosso!- specificò Ethan
-Ma come può essere?!-
-Non ne ho idea, Kyle-
Intanto, lo straniero si tastò frenetico il torace, scrutando poi il terreno con ansia. Non appena vide il luccichio del ciondolo poco più in là, si precipitò a prenderlo, mettendoselo al collo con un sospiro di sollievo. Si volse a guardare di nuovo i ragazzi.
Jenna e Thiago lo guardarono imbambolati.
-Capite la mia lingua?- chiese, indicando la sua gola. I due annuirono, ancora imbambolati.
-Potete dirmi dove mi trovo?- chiese
-Ti trovi nel regno di Fiore, a Magnolia- rispose Jenna, senza staccargli gli occhi di dosso
-Vicino alla zona del porto- continuò Thiago, che faceva altrettanto
Dalle espressioni dei due bambini, il ragazzo intuì la stranezza del suo aspetto da quelle parti, così, decise di tirarsi su il cappuccio. Un po' zoppicante, si rimise in piedi.
-Va meglio adesso?- chiese loro con premura
Jenna e Thiago si guardarono tra di loro, per poi guardare di nuovo il giovane, che allungò le mani e scompigliò loro i capelli, in un gesto d'affetto.
-Grazie- disse solamente, prima di svanire nel buio del vicolo, fondendosi con le ombre.
-Ma chi è quello?-

§ § § § §

Atlas dondolava stanco i piedi, seduto sul tetto di una casa, scrutando assorto il mare, con gli occhi leggermente socchiusi. Sentiva leggermente caldo, lì sopra, e non riusciva ad abituarsi a quella luce tanto accecante.
Non sapeva da quanto tempo si trovava lì, in questa fantomatica "Magnolia", ma sapeva che aveva preso coscienza da poche ore. Due, forse tre. Si chiese se avrebbe continuato a stare lì steso, incosciente in quel vicolo, se non fosse stato per quei bambini. Sospirò, aggiustandosi il cappuccio. Si domandò se Alhena fosse al castello, sana e salva. Sicuramente ora si stava dando da fare, e lui doveva fare altrettanto.
Sapeva che non sarebbe riuscito ad abituarsi presto alla luce, il che implicava che si sarebbe dovuto tenere addosso il cappuccio, ma pensò che era meglio così. Meno vedevano il suo aspetto, che poteva apparire strano, meglio era. E poi, essendo quella una città portuale, dovevano passare molti pellegrini per quelle strade. Sarebbe passato abbastanza inosservato. Ora, non restava che fare delle indagini sul posto. Non aveva nessun soldo in tasca, e prima o poi avrebbe dovuto mangiare. Per non parlare poi di un giaciglio dove riposare. Prima si sarebbe sistemato, prima avrebbe trovato un modo per tornare a casa. Doveva trovare un modo per racimolarsi qualche spicciolo. Avrebbe anche potuto mettersi a rubare, ma la sua arte si era un po' arrugginita. Preferì non rischiare, al momento.
Si alzò, stiracchiandosi, e si gettò nel vuoto, atterrando agilmente sulla strada con un tonfo. Avrebbe chiesto indicazioni per raggiungere il centro della città, e si ritené fortunato di avere la lingua dalla sua.
Per non destare sospetti, si creò un'identità, giocando sul fattore semplicità: un ragazzo vagabondo, proveniente dalla campagna, si lasciò prendere dal desiderio di esplorare il mondo, ma poi prende la decisione di sistemarsi per un pò tempo, al fine di guadagnarsi qualche soldo. Sì, poteva andare.
Girovagò a lungo per le strade, sotto il sole cocente, chiedendo informazioni a decine di persone. Non aveva parlato così tanto in vita sua, per sua scocciatura.
Era ormai passata mezza giornata, e ciò che aveva raccolto era piuttosto scarso.
Fu vicino un modesto locale, che fece finalmente bingo.
Accadde per caso. Si trovava in una strada poco affollata, pensando alla prossima mossa, quando incappò in una conversazione tra due uomini.
-Che meraviglia Wakaba, mi sembra di esser tornato ai vecchi tempi! Romeo è tornato a sorridere e la gilda è diventata la solita bolgia!- esclamava l'uomo barbuto, sorseggiando con gusto il suo boccale di birra. L'altro, di fronte a lui, annuì nostalgico.
-Eh, già, non sembrano nemmeno che siano passati sette anni, vero?- disse dopo un lungo sorso
-Vero, vecchio mio! E vedrai quante richieste arriveranno, ora che abbiamo vinto il Dai Matou Enbu!-
-Sarà peggio di una tormenta! Soldi a catinelle!-
Il bruno rise di gusto, alzando in aria il boccale –A Fairy Tail, la perla di Magnolia!- gridò
-La gilda di maghi più potente di Fiore!- tuonò l'altro, imitando il gesto del compare
Atlas sorrise soddisfatto. Ora sapeva cosa doveva fare.
-Scacco matto- canticchiò





*10 giorni terrestri
  
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