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Autore: Koori_chan    20/11/2014    5 recensioni
[L’Ottobre del 1703 era uno dei più caldi che la gente di Londra ricordasse.
Per strada i bambini correvano scalzi schiamazzando senza ritegno, e sul mercato si vendeva ancora la frutta dell’estate; il sole, che già aveva incominciato la sua discesa verso l’orizzonte, illuminava i dock di un’atmosfera tranquilla, pacifica, quasi si fosse trattato di un sogno intrappolato sulla tela di un quadro.]
Quando un'amicizia sincera e più profonda dell'oceano porta due bambine a condividere un sogno, nulla può più fermare il destino che viene a plasmarsi per loro.
Eppure riuscirà Cristal Cooper, la figlia del fabbro, a tenere fede alla promessa fatta a Elizabeth Swann senza dover rinunciare all'amore?
Fino a dove è disposta a spingersi, a cosa è disposta a rinunciare?
Fino a che punto il giovane Tenente James Norrington obbedirà a quella legge che lui stesso rappresenta?
E in tutto ciò, che ruolo hanno Hector Barbossa e Jack Sparrow?
Beh, non vi resta che leggere per scoprirlo!
Genere: Avventura, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Elizabeth Swann, Hector Barbossa, James Norrington, Nuovo Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo Diciassettesimo~











I primi giorni di Giugno avevano salutato la Baia di Port Royal con i raggi caldi e invitanti del sole, mentre un gentile vento da Sud accarezzava la costa senza fretta.
La sabbia, silenziosa e fine, aveva ripreso ad ammucchiarsi agli angoli delle strade, mentre i colori vivaci dei panni stesi ad asciugare rallegravano la cittadina in pieno fermento.
La notizia non era ancora ufficiale, ma chissà come si trovava già sulla bocca di tutti: da lì a un mese al Forte si sarebbe tenuta una cerimonia solenne, sfarzosa ed elegante come l’evento richiedeva.
Era da davvero moltissimo tempo che a Port Royal non vi erano simili occasioni, e persino i bambini, generalmente disinteressati a questo tipo di avvenimento, sembravano elettrizzati dalla novità.
Elizabeth Swann era stata una delle prime a saperlo, e la notizia l’aveva riempita di gioia, nonostante il suo sorriso non fosse stato dei più spontanei.
Sebbene fosse sinceramente felice per l’imminente cerimonia, non poteva evitare di tornare indietro con il pensiero all’ultima volta in cui aveva avuto l’occasione di recarsi al Forte agghindata a festa.
- Dunque, dunque… Dovrei averlo messo qui dietro… - la voce appena incurvata dagli anni del vecchio Abraham la riscosse, strappandola con dolcezza a quel mondo di ricordi al quale lei stessa cercava quotidianamente di sfuggire.
- Aspettate, vi aiuto! – si offrì, superando il bancone stracolmo di carte mentre la sua guardia del corpo rimaneva tranquillamente seduta su uno sgabello nell’ingresso.
Forse un tempo Howard Smith si sarebbe preoccupato per l’incolumità di Elizabeth Swann, ma ormai, dopo dodici anni di stretta convivenza, aveva imparato che nulla avrebbe potuto impedire alla ragazza di fare di testa sua.
Così, mentre il bottegaio e la figlia del Governatore cercavano il libro giusto fra le pile traballanti di vecchi volumi impolverati, Howard si guardava pigramente in giro, alla ricerca di qualcosa che potesse intrattenerlo per un po’.
Per caso lo sguardo gli cadde su un foglio spiegazzato stampato in inchiostro nero.
Lo raccolse dal bancone cercando di non far cadere le altre carte e se lo lisciò sulle gambe, strizzando gli occhi per vedere meglio.
Si trattava di un comunicato della Marina emesso una manciata di mesi prima.
- E questo? – domandò quando gli occhialetti del libraio riemersero assieme al sorriso delicato di Elizabeth.
Abraham si avvicinò e lanciò uno sguardo al documento.
- Ah, è un vecchio manifesto segnaletico… Si tratta di una nave pirata, la Liberty Breeze. Il Capitano ha una taglia spaventosa sulla sua testa… -
La giovane Swann si irrigidì impercettibilmente, mentre Howard andava avanti nella lettura.
- Non mi sembra una cifra esagerata. Ci sono pirati con taglie ben più cospicue… - osservò mentre la sua protetta si portava alle sue spalle per dare un’occhiata.
- “Capitan Tempesta”? Non ce l’ha un nome quest’uomo? – osservò, scettica.
Abraham ridacchiò e si pulì le lenti nel grembiule.
- E’ per questo che sostengo che la sua taglia sia molto alta. Stando alle voci, Capitan Tempesta è apparso sulla scena all’incirca due anni fa. Non si sa niente di lui, se non che è molto giovane. Pare che sia letteralmente spuntato dalle acque… - raccontò.
- Un personaggio misterioso, in effetti… - borbottò la guardia del corpo, in attesa del parere di Elizabeth.
Quella però non parlò, le sopracciglia aggrottate e gli occhi che scorrevano rapidi l’annuncio.
- Capitan Tempesta… - sillabò sottovoce dopo un po’.
- Deve di certo essere abile per meritarsi tutta questa attenzione da parte della Marina… -  aggiunse a tono più alto.
Il libraio annuì e lasciò che i suoi occhi stanchi si posassero sul cielo azzurro al di fuori della bottega.
- Temo tuttavia che il nostro pirata misterioso abbia i giorni contati: l’altro ieri è venuto in negozio il Capitano Norrington e abbiamo avuto modo di parlare di questo argomento… - spiegò.
Howard si passò una mano fra i capelli e sospirò.
- Immagino che vorrà sbarazzarsene personalmente, dopotutto da quel giorno non si è più fatto sfuggire un singolo Jolly Roger… - osservò, pentendosi immediatamente della sua sortita nel vedere Elizabeth serrare le labbra. Anche lei, da quel giorno, aveva bruscamente cambiato opinione riguardo alla pirateria.
Quella, senza un suono, raccolse il suo libro dal bancone e si strinse nelle spalle, rivolgendo lo sguardo alla strada polverosa.
Sotto sotto, nelle più recondite profondità del suo cuore, sperava che un giorno, prima o poi, un Jolly Roger potesse riportarle indietro quella promessa non mantenuta.
- Se non altro la promozione gli permetterà una maggiore autonomia in merito! Commodoro Norrington… ne ha fatta di strada quel ragazzino! – commentò il vecchio con un sorriso incoraggiante.
In quello stesso momento, non troppo distante dalla bottega di Abraham il libraio, pensieri simili spiraleggiavano lenti verso il cielo per essere dissolti dal vento in alta quota.
Commodoro…
Più ci pensava, meno James Norrington si sentiva meritevole di quella posizione.
Davvero era così capace da ricoprire un simile incarico? Davvero gli abitanti di Port Royal avevano una tale stima di lui?
Ma poi ricordava tutta la fatica e i sacrifici che aveva fatto per arrivare fin lì, e un piccolo sorriso compiaciuto gli increspava le labbra.
Era sempre stato un ragazzo ambizioso, dopotutto, e finalmente stava per stringere in pugno ciò per cui aveva sempre lottato.
No, non doveva sentirsi inferiore alle sue capacità. Quella promozione era giusta, e lui se l’era guadagnata con fatica e sudore.
Autoconvintosi, inspirò pofondamente l’aria salmastra e si alzò in piedi, allontanandosi dal parapetto in direzione del suo ufficio. Quando però si accorse che, all’ombra del colonnato, Weatherby Swann lo stava osservado da chissà quanto, non poté impedirsi di sussultare lievemente.
- Buongiorno, James! – lo salutò allegro.
L’uomo ricambiò il saluto con un sorriso imbarazzato e le sopracciglia leggermente incurvate verso l’alto.
- Posso esservi utile, Governatore? – fece, educato e composto come sempre, nonostante l’allegria di Swann lo avesse messo in stato di allerta.
Quello rise e gli fece cenno di seguirlo in una breve passeggiata lungo le mura.
- Rilassatevi, ragazzo, questa è solamente una visita informale! Volevo complimentarmi con voi per la vostra promozione senza tutti quei convenevoli che impone l’etichetta! Dopotutto eravate solamente un bambino quando vi abbiamo accolto sotto la nostra ala protettiva… - ricordò con un velo di malinconia: gli anni erano passati anche per lui, e i capelli sotto la sua parrucca erano ormai diventati grigi.
James arrossì appena e abbassò lo sguardo, il suo lato umile ad affiorare lentamente.
- E di questo vi sono infinitamente grato, Governatore. Senza di voi non sarei mai arrivato dove sono ora… -
- Vero! – Swann si concesse un’altra risata, prima di battere un’amichevole pacca sulla spalla di Norrington.
- Sciocchezze James! E’ stato il talento a condurvi fin qui! E si può dire che ormai la vostra vita sia completa! – si complimentò.
L’ufficiale stava per replicare, quando un’innocua aggiunta del Governatore lo ridusse al silenzio.
- Beh, quasi completa. Mi stupisco di come un ragazzo come voi non abbia ancora preso moglie. In effetti trent’anni mi sembra proprio l’età giusta per sposarsi… -
- In realtà non credo di… - ma si bloccò immediatamente, improvvisamente consapevole che quella non era affatto una visita informale.
Una strana sensazione di freddo viscido prese a strisciargli su per la schiena, mentre le iridi verdi si stringevano attorno alla pupilla, in attesa del verdetto.
Swann parve non notare il turbamento nel suo interlocutore e proseguì come se niente fosse.
- Certo, capisco benissimo che un individuo del vostro calibro necessiti di una compagna all’altezza, e proprio per questo mi sento più che tranquillo ad affidarvi le speranze della mia Elizabeth… - ma prima che potesse andare avanti, Norrington lo interruppe.
- Governatore! In tutta onestà ritengo che Elizabeth provi per me nient’altro che affetto, Signore… - si affrettò a chiarire, nervoso.
Lo sguardo di Swann si fece duro, la sua voce intransigente.
- Siete troppo modesto, James. –
- Signore, vi assicuro che la mia non è modestia, e so bene che Elizabeth… - ma ancora una volta fu costretto a tacere, gli occhi del Governatore freddi e taglienti come non li aveva mai visti.
- Perdonate la franchezza, ma è giunto il momento di accettare il fatto che Miss Cooper è morta. Sono passati cinque anni, non potete trascorrere il resto della vostra vita ad attendere il ritorno di un fantasma, e lo stesso vale per Elizabeth! Entrambi avete sofferto per questa disgrazia, ma adesso dovete andare avanti, e l’unico modo in cui potete farlo è insieme! Inoltre mia figlia deve rendersi conto che i giorni dell’infanzia sono finiti e non può più permettersi di mescolarsi a certa gente, se capite ciò che intendo. Sono sicuro che una tale unione porterà giovamento ad entrambi. –
James aprì la bocca per ribattere, ma quell’invettiva lo aveva lasciato annicchilito.
- Potrebbe non ricapitarvi un partito simile, James. Rifletteteci con attenzione. – e con quelle parole ritenne conclusa la conversazione.
Norrington lo vide allontanarsi a passo tranquillo, le mani intrecciate dietro la schiena come se avesse appena terminato una qualsiasi conversazione di circostanza sulle condizioni atmosferiche prima che la carrozza lo riconducesse verso casa.
Il giovane ufficiale voltò nuovamente la schiena alla terrazza e salì le scale fino al suo ufficio, lasciandosi sprofondare sulla poltrona.
Le parole di Swann lo avevano scosso al punto che non era più in grado di pensare coerentemente.
Come aveva potuto fargli una proposta simile? Non si rendeva conto che sarebbe stata nei confronti di Elizabeth una doppia offesa?
Eppure, anche nei giorni a seguire, quel discorso continuò ad impregnare il suo cuore di un senso di densa gravità, rendendolo se possibile più taciturno di quanto già non fosse.
Gillette e Groves, che negli anni erano diventati i suoi uomini più fidati, nonché i suoi unici amici, avevano più volte cercato di comprendere il motivo del suo malessere, seriamente preoccupati per il loro superiore. Gillette, curioso come una faina, continuava a fare speculazioni su speculazioni, mentre Groves, un po’ meno ficcanaso, si era limitato a invitarlo a bere per alleggerirgli un po’ il cuore.
Inutile dire che ogni tentativo da parte dei due ufficiali di scalfire la scorza di apprensione di James era stato inutile, specialmente considerando che Norrington reggeva l’alcol molto meglio di loro.
No, nemmeno i suoi due più cari amici erano stati in grado di fargli dimenticare la conversazione con Swann, e alla fine il Capitano aveva iniziato a cedere.
Lentamente, dopo giorni e giorni passati a rimuginare, una luce si era fatta strada nel buio dei suoi pensieri.
Weatherby Swann non era un uomo malvagio né completamente insensibile, ma era chiaro come il sole che ogni azione della sua vita fosse volta alla protezione della figlia.
Era sempre stato così, da che ne ricordava: anche quando erano a Londra Elizabeth era sempre in cima alla lista delle sue preoccupazioni, e finalmente, una sera di ritorno da una passeggiata in riva al mare, aveva capito.
Quando Cristal era morta aveva giurato a sé stesso che non si sarebbe mai più legato a qualcuno come si era azzardato a fare con lei, e lui, un uomo, se lo sarebbe anche potuto permettere.
Stessa sicurezza, però, non poteva attribuirsi Elizabeth.
No, la figlia del Governatore non lo amava, e di questo era consapevole, ma era altrettanto consapevole che se alla morte del padre la ragazza non si fosse precedentemente sposata con un buon partito sarebbe di certo finita in disgrazia, e questo non poteva permetterlo.
Nonostante William Turner non avesse mai avanzato pretesa alcuna -lui era abbastanza avveduto da rinunciare al suo sogno di fanciullezza-, James sapeva quali sentimenti albergassero nel cuore della giovane.
In quel mondo crudele in cui la strada di ognuno veniva già tracciata davanti ai suoi piedi il giorno stesso della nascita, né lui né Elizabeth sarebbero mai potuti essere felici di quella felicità pura e incondizionata che a vent’anni si è convinti di meritare di diritto.
Sono sicuro che una tale unione porterà giovamento ad entrambi, aveva detto Weatherby, e forse anche lui, pronunciando quella frase, si era reso conto che sua figlia si sarebbe dovuta accontentare del male minore.
Ancora una volta, il genitore cercava di proteggerla, confidando che in futuro i ricordi avrebbero smesso di fare male al suo cuore indomito.
Le notti seguenti erano state lunghe e agitate, i sogni confusi e dolorosi. In ogni fulmine che si scaricava sulla superficie silenziosa dell’oceano, James Norrington leggeva un’accusa sottile e bruciante come una staffilata.
Eppure, ormai, la decisione era presa.
Sapeva che all’inizio Elizabeth non avrebbe capito, e sapeva che molto probabilmente l’avrebbe odiato per quell’offerta, ma entrambi ormai si conoscevano troppo bene per non intuire che, alla fine, anche lei avrebbe chinato il capo accettando il fatto che la vita aveva in serbo per lei progetti diversi dai suoi.
Giugno giunse così a termine, e Luglio si insinuò con allegria fra le colonne del porticato su al Forte, mentre la brezza leggera in arrivo dal mare sfiorava il suo viso accaldato e i violini suonavano dolcemente poco lontano.
Non l’aveva progettato, non era stata sua intenzione, semplicemente era successo.
Era successo e basta.
Aveva invitato Elizabeth a fare due passi e le parole erano filtrate dalle sua labbra come il sangue che filtra da una ferita mal rimarginata.
- Questa promozione ha messo in chiara evidenza ciò che non ho ancora ottenuto dalla vita: un matrimonio con una bella donna. E voi siete diventata una bella donna. – le parole di Swann avevano preso nuova forma, mentre Elizabeth spalancava gli occhi, sul suo volto la più profonda indignazione.
Si era voltato per non doverla guardare in faccia, ma riusciva comunque a immaginare le sopracciglia aggrottate e il labbro superiore impercettibilmente arricciato.
Lo aveva giudicato, di questo ne era più che certo, ma sfortunatamente non aveva avuto il tempo di chiarirle le sue motivazioni.
Era quello ciò che avrebbe voluto dire a Swann quando si incontrarono, quella sera.
Avrebbe voluto dirgli che Elizabeth non avrebbe mai sposato un uomo come lui, e che quel giorno, dichiarandosi alla fanciulla, era come se avesse ucciso Cristal Cooper una seconda volta, precipitando nell’abisso della vergogna anche lui ed Elizabeth.
Avrebbe voluto guardarlo negli occhi affinchè comprendesse quanta altra sofferenza avrebbe portato ai suoi cari quell’idea folle e malata a cui aveva ceduto come un debole, ma ancora una volta, in quel maledetto giorno di Luglio, qualcosa gli impedì di parlare.
Un fischio lontano catturò la sua attenzione, mentre il Governatore camminava al suo fianco ignaro della tempesta in atto nel suo cuore.
Fu questione di un secondo, James si gettò in avanti trascinando l’uomo con sé, dietro di loro solo fumo e detriti.
Quando alzò lo sguardo sulla baia fu come se un’onda gelida lo avesse schiantato contro gli scogli.
Davanti a loro, immersa nella nebbia innaturale e appena rischiarata dai deboli raggi della luna, una nave pirata attaccava la città.
- Governatore! Barricatevi nel mio ufficio! – esclamò, serio e deciso.
- Questo è un ordine! –
Estraendo la sua spada nuova dal fodero, sentì qualcosa spezzarsi all’altezza del cuore.
Era esattamente come quella notte di sei anni prima, come quando aveva perso l’unica che avesse mai amato.
L’immagine dello sguardo freddo e disgustato di Elizabeth Swann tornò alla sua mente come uno schiaffo sul viso assieme alla paura di poter perdere anche lei.
E, mentre cercava di mantenere salda la voce nel dirigere i suoi uomini, sentì impellente il desiderio di piangere, la maledizione di quella luna beffarda a trafiggergli il cuore senza pietà.
 















Se la prima volta che aveva messo piede a Tortuga la città non le aveva fatto un’ottima impressione, adesso, a distanza di anni, la folle sregolatezza dell’isola la faceva sentire a casa.
Abbandonata definitivamente la Liberty Breeze, giunta al termine del suo fedele servizio, Cristal Cooper aveva prolungato fino a data da destinarsi l’affitto di una stanzetta piccola e umida alla Faithful Bride, la locanda dove aveva incontrato Joshamee Gibbs.
- Sapevo che non eravate morto! L’ho sempre saputo! – aveva esclamato abbracciandolo di slancio, mentre quello accoglieva il gesto affettuoso con un po’ di imbarazzo.
- Fatevi vedere bene! Per diamine, siete davvero cresciuta! – era stato il suo commento nel ritrovarsi di fronte una donna fatta e finita e non più la bimba lentigginosa di un tempo.
- E che cosa ci fate su questo sputo di terra? – aveva domandato in seguito, gli occhi azzurri illuminati dalla curiosità.
Cristal aveva bevuto un sorso di birra e aveva offerto un giro al vecchio Nostromo, giocherellando con la sua collana.
- Mettetevi comodo, Signor Gibbs: questa volta tocca a me raccontare una bella storia di pirati! – e così, fra una pinta e l’altra, gli aveva spiegato di come e perché si fosse imbarcata sei anni prima e delle avventure che aveva vissuto nel frattempo, premurandosi di abbassare un poco la voce nel citare Jack Sparrow.
A sentire quel nome, tuttavia, Gibbs aveva sgranato gli occhi.
- E così il famoso Capitan Tempesta ha navigato con Jack? – aveva replicato, stupito e ammirato.
Alla fanciulla non era passata inosservata la familiarità con cui aveva parlato del pirata.
- Oh, sì, anche io ho avuto a che fare con lui, e più di una volta… - aveva confessato lui con un mezzo sorriso divertito e malinconico allo stesso tempo.
Da quell’espressione a suo modo affettuosa, Cristal aveva capito che i due avevano avuto modo di collaborare molto più intensamente di quanto Gibbs volesse far credere, ma non aveva voluto indagare oltre, consapevole che avrebbe avuto altre occasioni per farsi raccontare dal vecchio amico una delle sue avventure.
Nei dieci giorni successivi, infatti, il pirata brontolone era diventato il suo principale appoggio a Tortuga: aveva promesso di aiutarla a cercare una nuova nave e di metterle insieme una ciurma decente, e nonostante trascorressero le giornate ciascuno per conto proprio, la sera non mancavano mai di vedersi per una bella bevuta.
Fu proprio una di quelle sere che, per colpa della sua nuova e appassionante lettura, Cristal non si accorse dello scorrere del tempo e scese nel salone della Faithful Bride con la bellezza di due ore di ritardo, quando ormai il sole era calato da un pezzo e l’isola era avvolta nel buio leggero della notte estiva.
Le era sembrato decisamente strano che Gibbs, abitudinario com’era, non l’avesse mandata a chiamare quando aveva visto che non si presentava, ma ancora più strano le parve vederlo seduto al loro tavolo con uno sconosciuto.
Si avvicinò lentamente, curiosa e tuttavia incerta se interrompere o meno la conversazione.
Lo straniero le dava le spalle, e non riusciva a capire nulla di quello che diceva, ma Gibbs sembrava estremamente interessato alle sue parole.
La ragazza sorpassò un altro tavolo, avvicinandosi ancora di più mentre i due uomini brindavano facendo cozzare i boccali l’uno contro l’altro.
- Dritto alla meta… - sentì dire, mentre il cuore le saltava nel petto.
- E conquista la preda! – replicò Gibbs concludendo il brindisi con una bella sorsata dal suo boccale.
Fu a quel punto che la giovane decise di uscire allo scoperto.
- Chi non muore si rivede! – esclamò, cercando di trattenere la gioia traboccante.
Jack Sparrow si voltò lentamente, un sopracciglio inarcato dalla sorpresa.
- Giustappunto! Ecco la giovane Cooper riapparsa nel regno dei vivi! Davy Jones non ti ha voluta? – ma la frazione di secondo di ritardo con cui giunse la risposta le fece capire che, nonostante il tentativo di mostrarsi tendenzialmente indifferente, Jack era contento di saperla ancora tutta intera.
Cristal rise e gli fece la linguaccia.
-Sono troppo antipatica anche per l’Inferno! – replicò, mentre Gibbs continuava a sbevazzare indisturbato e si godeva il dialogo.
- E sentiamo, quante altri navi hai allietato con la tua pestifera presenza, in questi anni? – si informò ancora Jack, pungolandola come suo solito.
- Non molte in realtà! E comunque ti conviene portare rispetto, è con un Capitano che stai parlando, dopotutto! – replicò la ragazza, che nonostante il titolo acquisito ormai da due anni, avrebbe sempre visto Jack come su un gradino superiore a lei.
L’idillio del ricongiungimento, tuttavia, fu bruscamente interrotto da una nuova voce.
- Jack, Gibbs, ne avete ancora per molto? –
Cristal aggrottò le sopracciglia. Non riconosceva quella voce, eppure vi era in essa una fumatura familiare, come il ricordo di un sogno.
Incuriosita, si voltò fino a incontrare lo sguardo del disturbatore, le tinte nocciola a perdersi in un viso giovane e dai tratti definiti.
Ci fu un momento di silenzio, poi lo indicò senza ritegno.
- Oddio, sei davvero tu?! – esclamò, stupita.
Il ragazzo, alto e moro, sembrò analizzare velocemente i suoi lineamenti, per poi avere la sua stessa reazione.
- Cristal?! –
Quella volta non vi furono abbracci o slanci d’affetto.
I due rimasero a guardarsi senza muovere un muscolo, poi entrambi presero a parlare contemporaneamente.
- Tu sei viva?! Credevamo che fossi morta! Hai idea di quanto Elizabeth sia stata male in questi anni? Perché non ti sei più fatta vedere?! Ti sembra un comportamento normale? – gridò il ragazzo, mentre l’amica d’infanzia agitava le mani in cerca di scuse.
- Io… Dio mio, ma che morta?! Avevo scritto a Liz che ero in buone mani! Mi dispiace, ma ormai ero un pirata, non avrei mai potuto semplicemente ripresentarmi a Port Royal! Santo cielo, mi dispiace! Se avessi saputo avrei cercato di avvisarvi! – ma le sue motivazioni vennero sepolte dalle nuove invettive di Will Turner.
- Un pirata? Tu sei un pirata?! –
A quel punto Jack Sparrow intervenne nella conversazione.
- Non per infrangere i tuoi sogni di rettitudine, ragazzo, ma fino a prova contraria sei un pirata anche tu… Insomma, hai pur sempre rubato una nave della Marina Britannica… - ghignò, interiormente soddisfatto dall’averlo messo in difficoltà.
Non che il giovane Turner gli stesse poi così antipatico, ma era comunque divertente vederlo annaspare in cerca di una risposta pronta.
Gibbs, mosso da estrema carità, decise che si erano sollevate già troppe questioni irrisolte e che andare ad alimentare le incomprensioni fra i due giovani sarebbe stato più che deleterio.
- Pare che entrambi abbiate molte cose da raccontarvi! Perché non vi sedete davanti a due bei boccali di birra e non ne parlate con tranquillità mentre io e Jack finiamo di discutere dei nostri affari? – propose, ridacchiando nervoso.
Cristal e Will si scambiarono un’occhiata in tralice, ma si videro costretti a seguire il consiglio del vecchio Nostromo, ordinando con un grugnito un boccale ciascuno.
Quando una giovane e florida cameriera ebbe lasciato le bevande sul tavolo, però, nessuno dei due si azzardò a prenderne nemmeno un sorso, lanciando occhiate severe dal di sopra del proprio boccale.
Era come se in quegli anni trascorsi lontani, tutta la loro intesa fosse svanita nel nulla.
- Hai rubato una nave. – fece improvvisamente Cristal.
- Tu conosci Jack Sparrow. – replicò Turner.
- Perché conosci Sparrow? – domandò poi.
La bionda si passò una mano fra i capelli e sospirò profondamente.
- Quando ci fu l’attacco a Port Royal, sei anni fa, fu Jack ad aiutarmi a cercare i miei genitori. Salpammo insieme, e navigammo sotto la stessa bandiera per un anno intero. – spiegò.
L’apprendista fabbro strabuzzò gli occhi.
- Cosa? Vuoi dire che non sei stata rapita? Sei… sei partita di tua spontanea volontà? –
La fanciulla annuì, gli occhi bassi al ricordo di quei giorni d’avventura.
- Furono i miei genitori ad essere rapiti, io mi limitai a cercare di salvarli. Mio padre è morto, ma Mamma ce l’ha fatta. Ora vive a Londra… - raccontò al cenno di curiosità di Will.
Il ragazzo chinò leggermente il capo, sinceramente rattristato.
- Mi dispiace per Jim. La sua bottega è passata in proprietà a Brown, ma sono io che me ne occupo in realtà. Lavoro ancora come mi aveva insegnato lui… - sussurrò, sperando che quella notizia senza peso potesse in qualche modo esserle di conforto.
Cristal annuì, un debole sorriso sulle sue labbra.
- Sono felice che la bottega non sia andata perduta, Papà ci teneva molto… -
Lentamente, quel muro di diffidenza che li aveva separati alle prime battute aveva preso a indebolirsi, svanendo completamente al ricordo dei vecchi tempi.
- E Lizzie? Lei come sta? – si informò poi la Figlia della Tempesta.
Lo suardo di Turner si indurì, mentre i muscoli delle braccia si contraevano e le mani si chiudevano a pugno.
- E’ per lei che sono qui. Tre giorni fa Port Royal è stata attaccata da una nave pirata, e il Capitano ha rapito Elizabeth. Jack ha promesso di aiutarmi a inseguire Barbossa e a salvarla. –
A quel nome Cristal non riuscì a trattenersi.
- Barbossa?! E’ lui che ha rapito Elizabeth?! – sbottò.
Will si sporse in avanti, nelle iridi un barlume di speranza.
- Perché, lo conosci? –
- No, ne ho solamente sentito parlare… - si affrettò a rispondere.
L’erede del Faucon du Nord si rese conto solo a frase terminata di che cosa avesse appena fatto.
Perché? Per quale motivo la sua reazione più spontanea a quella domanda era stata mentire? Non aveva nemmeno tentennato, quel “no” era scivolato dalle sue labbra come schiuma di mare, sinuoso e naturale, per nulla forzato.
Bastò un momento perché la ragazza capisse con chiarezza di quale assurda macchinazione era testimone.
Non aveva idea di come Jack fosse finito a Port Royal, ma doveva in qualche modo essere entrato in contatto con Wil proprio quando Elizabeth era stata fatta prigioniera.
Che tempismo perfetto.
A lui non importava niente del savataggio, l’unica cosa che contava era recuperare la Perla.
E uccidere Barbossa.
Un’angoscia ululante le montò nel petto nel rendersi conto del vero obbiettivo di Jack.
Che la vendetta non le fosse mai andata a genio era un dato di fatto, ma forse, ai tempi del Nausicaa, se Jack avesse fucilato Barbossa davanti ai suoi occhi non se ne sarebbe poi rammaricata troppo.
Adesso, la sola immagine mentale di una simile evenienza le chiudeva la gola in un nodo fastidioso.
Sapeva che era assurdo, ma si era affezionata troppo a Barbossa per permettere che venisse ucciso, specialmente se proprio da Jack, che riteneva suo amico.
Tuttavia non sapeva perché l’uomo avesse sequestrato Elizabeth, e il fatto che fosse stato benevolo nei suoi confronti non implicava che lo fosse anche con la sua migliore amica.
Non poteva lasciare che Jack uccidesse Barbossa, ma non poteva nemmeno lasciare che Barbossa uccidesse Elizabeth!
Doveva fare qualcosa, e prima di tutto aveva bisogno di un piano.
- Come intendete procedere, tu e Jack? – domandò, bagnandosi le labbra con un sorso di birra nella speranza che Will non notasse il tremore delle sue mani.
Troppo concentrato sul da farsi, il ragazzo non sembrò farvi caso.
- Innanzitutto dobbiamo reclutare una ciurma, poi faremo rotta verso Isla de Muerta, è lì che Barbossa sta portando Elizabeth. –
Isla de Muerta? Che Lizzie avesse in qualche modo a che fare con la Maledizione?
No, non aveva senso…
Perché Barbossa aveva preso proprio lei? Forse si era sbagliato… Insomma, quali legami poteva avere la figlia del Governatore con la pirateria?
- E quando vorreste partire? – continuò a chiedere, un’idea che si stava pian piano facendo strada nella sua mente.
L’apprendista fabbro si strinse nelle spalle e si guardò intorno spaesato.
- Il prima possibile. Secondo Jack, se Gibbs ci da una mano, per domattina dovremmo essere pronti a salpare… -
Era chiaro come il sole quanto il rimanere fermo sull’isola lo facesse sentire come se stesse camminando sui carboni ardenti: nonostante tutto, anche dopo tutti quegli anni, certe cose non erano cambiate affatto.
Cristal sorrise, le preoccupazioni appena ammorbidite alla vista di quel sentimento che aveva visto nascere e germogliare quando ancora erano poco più che ragazzini.
Ricordava bene di come Will, consapevole di non avere speranze con la figlia di Swann, avesse deciso di allontanarsi lentamente dal gruppo, rinunciando pian piano alla compagnia della fanciulla.
Elizabeth non era stata capace di cogliere le reali motivazioni di quel comportamento, e le sue lamentele nei confronti dell’assenza di William durante i loro incontri si erano protratte per mesi.
Cristal aveva più volte tentato di far desistere l’amico dai suoi propositi di rinuncia, ma aveva dovuto ammettere che Turner aveva la testa più dura della sua, e alla fine lo aveva lasciato proseguire per la sua strada, pregando in cuor suo che il destino avesse in serbo per gli amici una qualche sorpresa.
Adesso, a distanza di tutto quel tempo, sembrava che la sorpresa fosse balzata fuori direttamente dalle pagine di un libro: nulla meglio di un salvataggio alla vecchia moda cavalleresca avrebbe potuto mettere in chiaro cosa entrambi provavano l’uno per l’altra!
Sorpresasi a indugiare su simili pensieri, lei che ormai aveva rinunciato a qualsiasi sogno d’amore, si ritrovò a ridacchiare sommessamente, sotto lo sguardo scocciato di Will.
- Scusa, stavo pensando a una cosa stupida… -
Si guardò intorno, come se rannicchiate sotto ai tavoli e abbrancate alle gambe delle seggiole avesse potuto trovare le parole giuste con cui esporre la sua idea.
- Non ho assolutamente idea del perché un pirata come Barbossa abbia voluto rapire Elizabeth, ma se le voci su di lui sono vere è meglio non rimanere a trastullarsi sulla terraferma. Tre giorni sono tanti, potrebbe già essere successa qualsiasi cosa. – commentò, lo sguardo fattosi improvvisamente serio mentre l’amico tendeva le labbra in un’espressione preoccupata e annuiva deciso.
- Mettere insieme una ciurma in una notte è difficile, ma non impossibile… Se volete posso darvi una mano, conosco un paio di persone che sono in cerca di un ingaggio…  - propose, stringendo un po’ più forte il boccale fra le mani.
Anche se era cambiata molto, Will la conosceva abbastanza bene da capire che dietro a quei gesti c’era una macchinazione che la rendeva elettrica, ma grazie al cielo, ancora una volta, il pensiero di Elizabeth lo distolse da quella deduzione più che elementare.
Invece del dubbio, sul suo volto brillò luminosa la gratitudine.
- Davvero lo faresti? –
Questa volta la giovane si lasciò andare ad una risata spontanea e argentina.
- Ogni volta che ti faccio un’offerta reagisci sempre allo stesso modo, fin da quando ti ho proposto di lavorare con Papà! Dovresti saperlo che la sottoscritta non parla mai a sproposito! –
Solo un paio d’ore più tardi, quando finalmente Gibbs andò a cercare qualcuno di abbastanza pazzo da mettersi contro Barbossa e la sua ciurma e Will, provato da quella bufera di avvenimenti, si decise ad andare a letto, la figlia del fabbro riuscì ad agguantare Jack per un braccio, trascinandolo senza ritegno fuori dalla locanda.
- Che cosa fai?! – sbraitò quello, infastidito da quell’improvvisa invasione del suo spazio personale.
- Che cosa fai tu! Rispondimi: sono vere le voci su Capitan Barbossa?-
Jack rotetò gli occhi, ritenendolo sufficiente come risposta affermativa.
- Allora come diamine intendi recuperare la Perla finchè è in mano a un individuo che non può morire? –
Il pirata ghignò e uno dei suoi denti d’oro baluginò nella notte, mentre da un vicolo laterale si alzava una canzonaccia accompagnata dalle risa sguaiate di qualche caritatevole signorina in rosso.
- Ti ho mai dato modo di dubitare di me? – cinguettò Sparrow, tutto tronfio per via del grande mistero che nascondeva.
Cristal scosse la testa e sbuffò, infastidita.
- Jack, parlo sul serio. Questa è un’impresa impossibile! – e per di più la mia migliore amica ci rischia la pelle, avrebbe voluto aggiungere.
- Diciamo solo che la putrescente condizione di Barbossa e di quel suo branco di serpi non saranno un problema ancora per molto… -
- Cos’è che sai che io non so? – ribatté, snervata dall’evidenza che Jack non aveva alcuna intenzione di condividere il suo segreto, rendendole così ben più che ostica l’impresa in cui si stava lanciando.
- Per ora accontentati di questo, giovane Cooper, e vedi di ricordartelo bene: tutto è possibile, se si ha la leva giusta! –
La ragazza aggrottò le sopracciglia, chiedendosi quale mai potesse essere la leva giusta in quella situazione intricata e letale come la chioma di Medusa.
- D’accordo, come vuoi. Allora vengo con te. – sbottò, consapevole di non poter ottenere un granchè con la persuasione.
Come da pronostico, l’espressione sul volto di Sparrow mutò ad una velocità impressionante.
-Will mi ha detto che siete senza ciurma. Qualunque sia il tuo asso nella manica, se vuoi riprenderti la Perla avrai bisogno di qualcuno che ti copra le spalle. – aggiunse.
L’uomo le rivolse un altro sorriso, questa volta intriso di quella complicità fraterna che aveva colorato le loro avventure in cerca di Marion Hawke.
- Proprio due gocce d’acqua… - commentò criptico, per poi voltarle le spalle e incamminarsi verso la locanda.
- Non voglio perdite di tempo sulla mia nave, sia ben chiaro. E, Capitan Tempesta, vedi di portarmi rispetto! – ordinò con tono appena sfottente, mentre la ragazza lo seguiva, felice di essere riuscita nel suo intento.
Fece per replicare, ma Jack la anticipò, concludendo il suo ammonimento con una frase che la lasciò spiazzata e la fece scoppiare a ridere di gusto.
- Dopotutto, potrei essere tuo padre! –
No, nonostante gli anni, certe cose non erano proprio cambiate…















































 
Note:

Buonsalve a tutti, miei coraggiosi lupi di mare!
Come al solito aggiorno in ritardo sulla tabella di marcia....
Ahimé, ormai mi sa che mi devo rassegnare a postare quando le avversità me lo concedono: come se non bastasse lo studio matto e disperatissimo a tenermi lontana dal Mar dei Caraibi, anche l'alluvione ha pensato bene di mettermi i bastoni fra le ruote... -.-
Dunque, ora qualche commento su questo capitolo...
Beh, in realtà non succede un granchè, ci troviamo per le mani l'ennesimo capitolo di transizione.
Nella prima parte ho voluto fare un salto a Port Royal per vedere come si è evoluta la situazione che avevamo abbandonato nel lontano Capitolo 13. Ebbene, gli anni sono passati, e alla fine anche il caro James Norrington ha dovuto arrendersi all'evidenza che non si può vivere di rimpianti.
Più o meno.
Mi rendo conto che il discorso di Swann sul matrimonio e le reazioni del -quasi- Commodoro a riguardo possano sembrare un po' frettolosi, ma non preoccupatevi, avremo modo di tornare su questo argomento nei capitoli futuri...
Nel frattempo Elizabeth è stata rapita e, magia, Jack e Gibbs si sono incontrati a ordire trame proprio nella locanda dove alloggia la nostra protagonista.
Mi ha divertito molto rendere le reazioni ai vari incontri che avvengono in questo capitolo, specialmente quelle fra Cris e Will...
I due ragazzi sono cresciuti, e come c'era da aspettarsi i rapporti ora sono un po' più freddini...
Ma non basta certo una presunta morte a far dimenticare un'amicizia dalle radici così profonde, e presto vedremo dei begli sviluppi!
Non aggiungo altro e vi lascio nella speranza di avere un po' di tregua dall’Uni, dal lavoro e dagli agenti atmosferici per postare in fretta il nuovo capitolo...
In ogni caso, grazie mille per il supporto, non smetterò mai di dirlo! <3

Kisses,
Koori-chan

 
  
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