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Autore: piccolo_uragano_    07/06/2015    3 recensioni
“Perché ogni volta che c’è in giro Lord Voldemort facciamo figli io e te, Martha?”
Martha accennò un sorriso. “Perché ogni volta che io e te facciamo figli c’è in giro Lord Voldemort, Sirius?”
Remus trattenne una risata. “Ed è per questo che sono vent’anni che ti ripeto che è quella giusta.”
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Non è una di quelle storie tutte miele e amore in cui Sirius trova la sua perfetta metà e vissero tutti felici e contenti. Martha darà a Padfoot del filo da torcere, insegnandogli ad amare e a restare.
(Si parte dal 1976 fino a poco dopo la battaglia di Hogwarts; in teoria è finita, dopo anni, ma in pratica.....)
Genere: Avventura, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Potter, I Malandrini, Lily Evans, Nuovo personaggio | Coppie: James/Lily, Remus/Ninfadora
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica, Più contesti
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Ti amo più di ieri e meno di domani.'
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“SIRIUS BLACK!” urlò Martha, lasciando che l’urlo la precedesse entrando in Infermeria. Era deserta, a parte lui, che stava dormendo con un panno umido in fronte e la bacchetta sempre in mano. La bocca aperta e la lingua fuori, mentre la saliva macchiava il cuscino (era proprio un cane in certi momenti). Si svegliò di colpo, puntando la bacchetta.
“Ci attaccano?” chiese, terrorizzato, in un primo momento. La abbassò quando si accorse che si trattava di Martha, ma rimanendo terrorizzato dal suo sguardo freddo ma furioso.
“No! Sono io che attacco te alla Torre di Astronomia!”ringhiò lei. Non le importava di che ora fosse, della varicella, del fatto che due ore prima le avesse parlato da moribondo dicendo che gli dispiaceva, ora era solo uno stronzo incoerente che l’aveva gettata sotto un treno dopo averle sorriso dolcemente, facendola innamorare. Era furiosa e in attesa di risposte.
“Che è successo?”
“Sono stata trovare tuo fratello!” Guardandola bene, sembrava che del fumo le uscisse dal naso e dalle orecchie. Era in piedi accanto al letto, con le braccia incrociate ed i pugni chiusi. Negli occhi aveva una luce che non e appartenva.
Lui in un primo momento guardò James, poi dal suo sguardo capì che non parlava di lui, ma dell’altro fratello, di Regulus, e la cosa era ben più grave. Regulus era sempre stato un attore nato, bravissimo a farti credere ciò che voleva, e poteva averle detto qualsiasi cosa. Una particolare dote dei Malandrini era la loro ostinazione a negare, negare e negare l’evidenza, e anche quando stavano nel torto, rigirare la frittata in modo che avessero comunque ragione.
“Che cosa ti ha detto Regulus?” chiese, temendo la risposta.
“Sei stato davvero così idiota da non intuire che la tua famiglia volesse farmi fuori, il giorno di Natale?”
Che cosa ti ha detto Regulus?”ripeté lui.
“Rispondimi!” ringhiò lei.
“Ti ho chiesto prima io cosa …”
“Si ma tu hai lasciato me, e io ora pretendo delle risposte!” quella verità amara colse entrambi come uno schiaffo in pieno viso. Parlare di ciò che era successo era ammettere che fosse successo.
Sirius si alzò, in modo da essere più alto di lei quel tanto che bastava per decifrare la sua espressione, o perlomeno provarci. Lei rimase furiosa e fredda quel tanto che bastava per ferirlo. Era con le spalle al muro, ma, di nuovo, ammettere di avere sbagliato semplicemente non era tra le possibilità.
“No, pensavo che Bellatrix avesse agito per vendetta o per … divertirsi, in quel momento, non l’avevo collegata agli altri.” Ammise con un filo di voce.
“Mi hai davvero lasciata perché Regulus ti ha ricordato che hanno intenzione di uccidermi?”
Si coprì il volto con la mano, sorridendo in modo nervoso. “Beh, ti sembra poco?”
Lei reagì con un urlo isterico. “Se tu mi conoscessi davvero, Sirius Black, se mi conoscessi davvero avresti capito che non me ne fregava niente, non me ne fregava niente di quel che ci succedeva attorno se ci fossi stato tu accanto a me! Niente!” si passò la mano nei capelli, senza nascondere gli occhi lucidi e una tremenda voglia di piangere, come aveva fatto solo due volte dell’ultimo mese. “Tu … il mondo attorno perde di significato se tu sei accanto a me, lo capisci? Ed era per questo che non m’importava! Perché non m’importa di niente, niente che non sia tu! E per scaricarmi mi hai fatto persino credere che ci fosse un’altra! Renditi conto, dannazione!  Io … io ho rischiato di impazzire in queste cinque settimane, Sirius! E ho dovuto guardare quel dannatissimo specchio per capire che in realtà sei stato solo un piccolo codardo bastardo, per capire che sei l’idiota che fai credere di essere! Ho avuto bisogno di quel dannato specchio per capire che sono condannata, si, sono condannata ad amarti in eterno, a prendere a pugni tuo fratello e a stare male perché ti sei portato via la parte migliore di me!”
Lui la guardò, spiazzato da quelle parole, dalla sua bontà d’animo e dal fatto che lei lo amasse comunque, anche dopo quel che le aveva fatto, anche dopo che l’aveva sentita frantumarsi davanti a lui, anche dopo che l’aveva uccisa dentro, che era quasi peggio che uccidere davvero. Fece per rispondere ma fu bloccato da un sonoro schiaffo in pieno viso che lo costrinse a piegarsi sul letto. Prima che potesse rispondere o chiedere semplicemente scusa, Martha ricominciò a strillare.
Questo è per avermi condannata all’Inferno dopo aver visto il Paradiso accanto a te, Black, per avermi condannata per un mese intero ad essere l’ombra di me stessa, e anche per aver trasformato il mio bellissimo Patrono, quella bellissima rana, in un dannatissimo Felpato.”
Prese la confezione di Lumache che aveva aperto quel pomeriggio, insieme a una tavoletta di cioccolato, e fece per uscire, quando si ricordò che doveva ancora dare a James il suo Specchio Gemello. Lo tirò fuori dalla borsa e glielo lanciò, e lui, da perfetto Cercatore, lo afferrò al volo.
“Questo è il tuo Specchio Gemello, fatti spiegare dal tuo stupido cane pulcioso come funziona.”
Si girò di nuovo e se ne andò, mentre Sirius si rimetteva a sedere. “Io … io la amo troppo, James.” Disse al suo amico, il quale era rimasto a guardare Martha cercare di rimettere a posto i pezzi della sua anima.
James sorrise. “E se ti dicessi che meno di un quarto d’ora fa ha tirato un pugno a tuo fratello Regulus?”
E anche Sirius, per la prima volta dopo un mese, scoppiò a ridere di cuore.

                                                                                      
James tornò alla Torre di Grifondoro alle tre passate, dopo aver mangiato tutti i dolci di Sirius e averlo convinto a cercare di riavvicinarsi a Martha, tenendo due ore di discorso su quanto lei fosse importante per lui, per la sua felicità, e soprattutto per la sua incolumità mentale. Alla fine, l’aveva convinto, anche se non gli era sembrato troppo sicuro. Ora, si trattava solo di parlare con Martha – e di trovare il modo per avere un distributore di caffeina sempre a portata di mano, visto che non dormivano da giorni.
Attraversato il buco del ritratto della Signora Grassa, si era sfilato delicatamente il Mantello dell’ Invisibilità, e seduta davanti al fuoco trovò Rose Redfort, che si voltò di scatto a guardarlo.
“Si, Rose, con Martha parlerò domani mattina …” iniziò a dire, credendo di anticiparla, ma lei lo interruppe.
“James, io non la vedo da oggi a pranzo.” Gli disse, on sguardo spaventato. “Che cosa è successo?”
Lui si lasciò cadere sul divano con aria distrutta, osservando Rose e le due trecce perfette in cui aveva raccolto i capelli scuri. “Ha … ha avuto una discussione con Sirius.”
Lei si irrigidì sentendo il suo nome. Lo odiava, lo odiava perché aveva reso Martha la ragazza più felice sulla faccia della terra e poi l’aveva abbandonata, lasciandola cadere nel nulla. “Ma lui sta in Infermeria.” Replicò fredda.
“Non … non credo di poterti dire che lo va a trovare ogni giorno, ne di poterti dire che gli ha tirato uno schiaffo, e che ha tirato anche un pugno a Regulus.”
“Infatti non me lo hai detto.” Rispose prontamente lei.
“Bene. Ora vado a cercarla, se permetti.”

Non fu difficile, trovarla, sapeva dove si sarebbe nascosta ancora prima di tirare fuori la Mappa dalla tasca. Ormai la conosceva troppo bene. Quando entrò in quell’aula vuota e  la vide, seduta davanti allo Specchio delle Brame, gli sembrò di vedere milioni di pensieri aleggiare sui suoi capelli spettinati come una nuvoletta. Si rese conto di non sapere come consolarla: cosa poteva dire? Sirius era stato il solito idiota impulsivo, questo era fuori discussione, e non aveva nessun argomento a suo favore. Semplicemente, non l’aveva capita, non aveva capito la sua ragazza, la ragazza che amava.
Martha si voltò, rivelando due occhi gonfi e stanchi. Gli fece segno di sedersi accanto a lei, e lui, senza dire una parola, eseguì.
“Martha, non …” provò a dire, ma fu interrotto subito.
“Non dire nulla, James. Non c’è nulla da dire.” Gli disse, con voce tremante.
“Infatti non saprei cosa dirti.”
“Non c’è nulla da dire.” Ripeté. “Restami accanto, fai in modo che io rimanga intera e che riesca a rimettermi in piedi. Che riesca a rimettermi in piedi senza di lui.”
James annuì, pensieroso.“Come …. Come ti senti?”
Lei non ci dovette nemmeno pensare. “Mi sento vuota.”
Lui annuì, passandole un braccio dietro le spalle e stampandole un bacio sulla fronte, come a dire che l’avrebbe protetta. Lei lo strinse forte a sé e si permise di ricominciare a piangere. Piangere di rabbia e d’amore, ma disposta ad annegare nelle sue lacrime pur di schiarirsi le idee.


 
                                                                                           ***
Era passata una settimana, il giorno dopo sarebbe stato San Valentino, e nessuno, tranne Alice Prewett (che si stava rivelando simpatica) sembrava aver voglia di festeggiare. Esattamente una settimana dopo, sarebbe stato il compleanno di Martha, il famoso diciassettesimo compleanno, la maggiore età. Ma lei se n’era dimenticata, nonostante ultimamente stesse dimostrando segni di ripresa.
“Martha, tra una settimana esatta sarà il tuo compleanno!” aveva esclamato Rose, a colazione.
“Non è vero, Rose. Il mio compleanno è il venti febbraio, oggi è il …”
“Tredici.” Aveva detto Alice, mentre Martha e Lily continuavano ad ignorarsi cordialmente.
“Oh.”Sospirò. Era davvero passato così tanto tempo? Da quando Sirius l’aveva lasciata, sembrava che i giorni si fossero fermate, che quello fosse solo un brutto sogno in cui era costretta a vivere fino a quando non avesse trovato il modo per svegliarsi - svegliarsi tra le braccia di Sirius nella taverna dei Potter.
Alla cosa non era stata data la degna importanza, perché in quel momento, Sirius Black era entrato in Sala Grande, anche se con sguardo spento e il viso smagrito, rivedendo i suoi Malandrini aveva accennato un sorriso, e a Martha si era fermato il cuore.
“Non mi avevi detto che sarebbe tornato.” Sibilò, a James.
“Non lo sapevo.” Rispose lui, un attimo prima che lui fosse così vicino da poter sentire.
Si alzò ed abbracciò suo fratello, mentre ridevano. Gli occhi di Sirius e Martha si incrociarono per un secondo, ma tanto bastò per far venire i brividi ad entrambi, e a dare sfogo ad un mare di pensieri.
Era tornato, e tutto sarebbe stato peggio di prima.  Ma poteva davvero essere peggio? Sirius ormai l’aveva lasciata, l’aveva lasciata cadere a terra per guardarla rompersi in mille pezzi senza fare niente. Non trovava come fosse possibile che le cose potessero andare peggio. Se lo stesso Lord Voldemort, in quel momento, fosse entrato in Sala Grande, lei non avrebbe fatto una piega. Non le importava di vivere o di morire, senza Sirius. Eppure, una vocina dentro di lei le ripeteva, che se se ne fosse presentata l’occasione, non si sarebbe tirata indietro, e, senza esitare, avrebbe combattuto. Per vivere, e per non dare a Sirius la soddisfazione di vederla morire così.
“Ci vediamo a lezione.” Sussurrò Martha staccando gli occhi da Sirius, prima di alzarsi e andarsene con passo svelto.
Corse verso l’aula di Pozioni, desiderando di sparire dentro al calderone, e che quella fosse una lezione teorica e noiosa, in modo che non fosse costretta a prestare attenzione, a fingere di essere su quel mondo con il pensiero. Quando spinse la pesante porta di legno per entrare, sentì un silenzio ovattato e un odore familiare.
C’era odore di Burrobirra, shampoo e bagnoschiuma, erba della sponda del Lago Nero, e … cane bagnato. Si guardò attorno con aria spaventata. Non era possibile.
Sirius.
In quella stanza c’era odore di Sirius Black. Com’era possibile? Sirius doveva essere ancora in Sala Grande, perché lei aveva corso e lui sembrava indebolito, non poteva essere arrivato prima di lei. Dal calderone, vide uscire un fumo rosato che si formava in piccole spirali, nel momento in cui il professor Lumacorno si accorse di lei, mentre si sedeva al solito posto.
“Oh, signorina Redfort! Buongiorno!”
Lei staccò gli occhi da quel calderone. Come poteva emanare l’odore di Sirius Black?  A meno che non fosse …
“Buongiorno, professore. Mi perdoni, ma quella è … Amortentia?”
Lui sorrise. “Esattamente, mia cara, esattamente! Sono contento che tu lo abbia capito. A questo proposito, direi che sei pronta ad entrare nel LumaClub! … ”
Lei accennò un sorriso, e in quel momento iniziarono ad entrare studenti, ognuno sconvolto dall’odore che sentiva provenire dall’Amortentia. I Malandrini entrarono saltellando e prendendo in giro James.
“Perché sento odore di … di Martha?” sussurrò Sirius, dimenticandosi che la piccola Redfort aveva un udito davvero sviluppato.
“Cosa dici, Felpato? C’è odore di campo da Quidditch! E … shampoo alle rose, pergamena nuova e vestiti puliti!” rispose James.
Lily, pensò istintivamente Martha, James sente l’odore di Lily.
“… La prossima festa sarà domani sera! Puoi sempre portare con te il signor Black, visto che sarebbe la sera di San Valentino …”
“Ci penserò.” Tagliò corto Martha, mentre Sirius si slegò la cravatta, come se stesse per soffocare.
“Seriamente, Ramoso. Chiedi alla tua amica se ha spruzzato il suo profumo qui dentro!” esclamò Felpato.
“Chiediglielo tu.” Replicò l’altro.
Merlino, pensò Martha, sembrano due vecchi sposi. Si sedette al solito posto, accanto a Lily, appoggiando i libri sul marmo come se pesassero moltissimo. La verità era che era stanca, stanca di vedere Sirius ovunque andasse.
Io e lei non parliamo molto, nel caso tu non te ne fossi accorto.”
Io non le chiederò nulla.”
“Oh, fottiti, James! Redfort?” gridò.
“È Amortentia, idiota.” Rispose lei, ringhiando a denti stretti.
“Bene!” esclamò Lumacorno. “Come avrete sentito dalla vostra compagna Martha, oggi, in onore della festa degli innamorati, lavoreremo sull’Amortentia! Chi sa dirmi che cosa è?”
Martha e Lily alzarono la mano. La prima con aria annoiata, la seconda con aria entusiasta.
“Signorina Redfort?”
“L’Amortentia è il filtro d’amore più potente del mondo. Crea un'ossessione romantica o una travolgente infatuazione, ma non il vero amore, che è impossibile da ricreare artificialmente, e che, aggiungerei, non è che una gran fregatura.” 
Lumacorno ignorò quell’ultimo commento. “E che odore ha?”
“Assume un odore differente a seconda di ciò che amiamo o ciò che ci attrae maggiormente.”
“Meraviglioso! Dieci punti a Grifondoro! E, signorina Evans, sa dirmi gli ingredienti?”
“Acqua di Luna, petali di Rosa …”
Ma Martha prestò più attenzione ai discorsi dei Malandrini, mentre finse di prendere appunti.  “Ecco perché sentivi Martha.” Stava scherzando James. “Perché senti l’odore della persona che ami.” Non ebbe bisogno di guardarlo per sapere che stava fingendo un sorriso sbilenco e che teneva un sopracciglio alzato.
“Oh, sta zitto!” replicò Sirius.
“Ti manca, so che ti manca.”
“Per la prima volta, credo sia più interessante la lezione.”
“No, non ne avresti bisogno!”
“Tu straparli!”
“Non avresti bisogno di una pozione per riconquistarla, Sirius!”
Stupidi, stupidi Malandrini. Ne parlavano come se fosse un oggetto, come se non avesse sentimenti, come se non fosse stata male (come se non fosse seduta accanto a loro). Come se non avesse passato le notti a scacciare gli incubi impedendosi di urlare, come se ogni giorno senza di lui non le avesse aggiunto un peso allo stomaco, come se non avesse desiderato di morire senza fare rumore, senza recare disturbo. Come se Sirius non le avesse strappato via il cuore a mani nude, quel giorno, fuori dall’aula di Trasfigurazione. Cercò di non arrabbiarsi,  o di non darlo a vedere, perché sentiva chiaramente lo sguardo di Sirius tra i capelli. Li sciolse, perché formassero una specie di sipario e lei potesse guardarlo, ma lui non potesse vedere lei.
“ … e l’ho persa, James. Non tornerà.” Stava dicendo.
“Devi essere tu a tornare da lei, dannazione. Sei stato tu a lasciarla e, logicamente, devi essere tu a tornare da lei!”
“Non mi vorrà!”
“Non puoi saperlo, se non provi!”
“Signorina Redfort?” si sentì chiamare.
“Come?” chiese, tornando a guardare il tricheco gigante, sforzandosi di ignorare l’odore che sentiva aleggiare nella stanza.
“Ti ho chiesto perché è illegale.” Rispose lui.
“Oh, perché è il Filtro d’Amore più potente del mondo.”
“Tu senti Sirius, vero?” si sentì chiedere.
Lily Evans, che sembrò essersi ricordata in quell’istante di essere seduta accanto a lei, la osservava con aria dispiaciuta.
Non le aveva più rivolto la parola, quindi le fu difficile credere che stesse parlando con lei. Dovette osservarla due o tre volte, prima di capire che si, si stava rivolgendo proprio a lei, che le stava parlando, che non avrebbe mai chiesto apertamente scusa per ciò che aveva detto in Infermeria in una notte che sembrava appartenete ad un'altra vita. Era questo il suo modo per farsi perdonare, cercare di starle vicina.
“Sì.” Rispose, semplicemente.
“Mi dispiace, sai. Per tutto.” Sussurrò flebilmente. Lily non era mai stata brava a chiedere scusa, perché scusarsi voleva dire ammettere di avere sbagliato, e la maggior parte delle volte il suo orgoglio non le permetteva di ammettelo.
“Non fa niente.” Replicò Martha. Non le importava nulla, nulla che non fosse poter uscire da quella stanza il prima possibile, perché l’odore di Sirius era talmente forte da darle la nausea.
Lily sorrise. “Sirius … è per quello che è successo a Londra, vero? Per i Black?”
“Per i Black.” Ripeté Martha. “Per Regulus.” Ringhiò, con odio, mentre Lumacorno diceva loro come cercare di preparare un sorso di quella pozione.
“Senti, Martha, non … non era mia intenzione, cioè …”
“Avevi ragione.” Tagliò corto Martha. “Avevi ragione, Lily, Sirius è solo un cane idiota. Sono stata stupida io ad innamorarmene.”
“Beh, non penso che tu lo abbia decis … no, prima antiorario!” esclamò, fermando Alice Prewett ed impedendo che la sua pozione facesse una brutta fine. Lei la ringraziò e Lily tornò a guardare Martha. “Dicevo, non mi sembrava fosse nei tuoi programmi innamorarti di Black, ne starci così male, insomma, guarda come ti ha ridotta!”
“Sto bene, Lily.” Rispose Martha, gettando un’occhiata a Sirius, e incrociandone gli occhi grigi. Mescolava la pozione senza farci troppo caso.
“Lo hai ripetuto talmente tante volte nell’ultimo mese, che credo che nemmeno a te sembri una frase di senso compiuto!”
Martha la guardò. Se ne fosse stata capace, sarebbe stata felice del suo ritorno. Ma non ricordava cosa volesse dire essere felici. “Ah, buon compleanno in ritardo.” Sussurrò, estraendo dalla tasca della borsa una scatoletta verde come i suoi occhi.
“Da quanto te la portavi dietro?”
“Da un po’.” La verità era che lo aveva preso alla prima gita a Hogsmeade dell’anno nuovo, e si era completamente dimenticata di averlo nella borsa fino a quel momento.
Lily la aprì, trovando dentro due piccoli orecchini di perla. Semplici ed eleganti.
“Co …”
“Credevo che ti sarebbero stati bene.”
Lily, in una frazione di secondo, la abbracciò, cogliendola alla sprovvista. Lei rimase di sasso in un primo momento, poi ricambiò l’abbraccio, stringendola forte a sé, mentre James e Remus si misero a battere le mani in modo ironico, e Lily si sorprese, sentendo sotto le sue mani la colonna vertebrale di Martha. Non erano mai state di quelle amiche che si abbracciano ogni due minuti, ma quell’abbraccio le lasciò una bella sensazione.
“Quasi sei settimane, sei settimane!” esclamò James.
“Dovranno aggiornarsi su molte cose.” Continuò Remus, con aria annoiata ma felice.
“Remus tu pensa alla pozione!” lo riprese Lily.
“Ci sto pensando. Sto anche pensando a come annegare Sirius in un Distillato della Morte Vivente e farlo sembrare un incidente, se ci tieni a saperlo.” Rispose Remus.
Martha e Sirius, inevitabilmente, si guardarono.
Martha era davvero l’ombra di sé stessa. A parte le occhiaie, il suo volto sembrava quello di un vampiro, da quanto era pallida e magra. Le maniche della camicia, arrotolate fin sopra il gomito, mostravano due braccia esili sotto al braccialetto della fortuna, ed il braccio sinistro sfoggiava delle piccole cicatrici, più bianche della pelle, di chiodi e schegge. Le mani erano piccole e scheletriche, la cravatta allentata e i primi bottoni della camicia slacciati, mostravano il ciondolo della famiglia Black, che lei sfoggiava con indifferenza, ma spesso tendeva a giocarci con le dita, come a controllare che ci fosse ancora.
Sirius portava sul viso i residui di una dimissione prima del tempo e della febbre, dimagrito e leggermente impallidito, ma, in qualche modo sempre bellissimo, come un principe delle tenebre. Così diverso ma uguale a Regulus, così diverso ma uguale a quel Sirius che l’aveva amata , a suo modo. Il suo sorriso era forzato e spento, e sembrava una smorfia. Era sempre Sirius, un po’ meno Sirius.
Martha distolse lo sguardo, tornando a guardare Lily. “Non voglio parlare di Sirius.” Tagliò corto, anticipando le domande che –lo sapeva- Lily stava per farle, e le chiese invece come avesse trovato l’ultima verifica di Storia della Magia.
I Malandrini, qualche tavolo più in là, erano stranamente in silenzio. Sirius non aveva smesso nemmeno per un momento di guardare Martha, e non aveva intenzione di farlo.
“Sembri un maniaco.” Gli sussurrò James.
“Non ho nulla da nascondere.”rispose lui. “Sa che la amo.”
“No. È più di un mese che non glielo dici.” Puntualizzò l’altro. “E credo che se ne stia dimenticando, in qualche modo.”
Sirius guardò il suo amico. Come si poteva dimenticare un amore così grande? Non era possibile, no, assolutamente no, non lo aveva dimenticato, non poteva averlo fatto. Lui glielo aveva detto talmente tante volte. Glielo aveva urlato in Sala Comune, la prima volta, alla festa per la partita, glielo aveva ricordato ovunque e appena se ne presentasse l’occasione, ridendone anche, glielo aveva ricordato anche la prima volta che avevano litigato, guardandola senza rimpianti, glielo aveva sussurrato mentre facevano l’amore nella taverna di James, glielo aveva strillato a Capodanno quando aveva cantato, glielo aveva rinfacciato ogni volta che avevano avuto una discussione, e glielo aveva detto anche mezz’ora prima di parlare con Regulus.
Com’era possibile che se ne fosse dimenticata?



La Sala Grande era piena, ma lei non c’era. Aveva cercato il suo nome almeno dieci volte, anche tra gli altri tavoli, ma non c’era. Se ne stava seduto sul letto con la Mappa e i capelli ancora bagnati dalla doccia. Non aveva voglia di incrociarla mentre mangiava, non aveva voglia di sentire Rose che le chiedeva di mangiare un po’ di più. Non aveva voglia di vederla, ma ne aveva bisogno. Che cosa strana.
Quando trovò il cartiglio con il suo nome, si accorse che, in realtà, era in Sala Comune. Senza pensarci nemmeno per un secondo, scese dal letto e si precipitò giù per le scale.
Quando la vide, era comunque bellissima, a suo avviso. Se ne stava raggomitolata su quel vecchio divano, guardando il pavimento, senza vederlo. Aveva tolto la cravatta e sopra la camicia portava una vecchia felpa che aveva preso a lui, una sera in cui aveva freddo. Se la ricordava bene, quella sera. Così come ricordava perfettamente ogni giorno, ogni minuto e ogni secondo che aveva passato con lei.
“… Ciao.” Si ritrovò a dire in un sospiro, senza rendersene conto.
Lei sembrò scendere dalle nuvole, e lo guardò con aria perplessa. “Dovresti scendere a pranzo.”gli disse, ignorando il saluto.
“Tu perché non sei con Lily? Dovrete raccontarvi un sacco di cose.” Rispose.
Lei scosse la testa, come aveva fatto un milione di volte quando lui aveva detto qualcosa di assolutamente sbagliato. “Mi hai trovata ancora qui, quindi … Non ho molto da raccontare.”
Lui si guardò attorno. Era lì, era lì che si erano parlati per la prima volta. E lui era esattamente in piedi lì, quando l’aveva vista di profilo, illuminata dal fuoco, e aveva pensato che fosse bellissima. E lei era esattamente dov’era in quel momento.
“Si.” Disse lei. “Eri proprio lì.” Gli disse, interpretando i suoi pensieri con naturalezza.
“Come …?”
Lei accennò un sorriso. “Ti conosco come le mie tasche, Sirius Black. Di solito, so cosa penserai e come reagirai alle cose prima ancora che lo sappia tu.”
Lui annuì. “C’è comunque una cosa che non hai capito, però.”
“Sì.  C’è comunque una cosa che non ho capito.”
Lui si avvicinò al divano con piccoli passi incerti. “Posso sedermi?”
Lei allargò quel sorriso accennato. Ci erano già passati, di lì, una sera di una vita prima. “Sirius Black chiede il permesso?”
“Alla ragazza che amo sì.” Rispose lui, fissandola intensamente, lasciando che arrossisse e che lo guardasse senza capire. Poi, stupendolo come solo lei sapeva fare, sorrise.
“No, no! Devi dire ‘alle belle ragazze sì’, anche se non sono la stessa persona di cinque mesi fa. Non puoi cambiare le battute, Sirius Black, non puoi cambiare il passato. Non puoi cambiare il male che hai fatto, lo capisci?”
Lui deglutì.  Come avrebbe fatto a spiegarle tutto? Eppure, in qualche modo, sentiva che quella era la sua occasione di parlare.
“Non puoi cancellare il segno che hai lasciato nella mia vita, piccola Redfort, lo capisci? Non posso vivere senza di te, non dopo che mi sono innamorato. E, credimi, non l’ho scelto, anzi, ne avrei anche fatto a meno. Ma sono qui e ti amo, Martha. Ti amo, e non posso credere che tu te ne sia dimenticata. Non posso credere che tu abbia pensato che io avessi un’altra, non posso credere che tu abbia pensato che davvero io pensassi che la nostra storia dovesse finire. Non posso credere nemmeno che io sia ancora innamorato perso di te, dopo che ho fatto di tutto per lasciarti andare e dimenticarti. Eppure, guarda come siamo ridotti. Guardaci, e dimmi se ti saresti immaginata che saremmo finiti così.”
Si lasciò sprofondare su quel divano, senza aver paura di farlo spostare, sobbalzare o anche di romperlo. Non gli importava, in nessun caso. Voleva lei, e lei soltanto. Ma lei lo guarda con gli occhi di chi si è perso e, anche volendo, non sa riprendere la strada di casa.
“Tocca a te.” le disse, visto che dopo un minuto non aveva ancora detto niente.
Lei ci mise un po’ per assimilare ciò che lui aveva appena detto. “Sto rimettendo insieme i pezzi, Sirius. Ci sto provando, almeno. Quando … quando mi è venuto in mente di parlare con Regulus ero … ero con James allo Specchio delle Brame. Non voleva che mi avvicinassi, ma io volevo leggere la scritta. Non mi andava di vedermi riflessa, di vedere questa … questa cosa che sono diventata. Ma dopo aver letto la scritta ho visto che non c’ero solo io, o quel che rimane di me nello Specchio. C’eri anche tu.”
“Mi … mi hai visto nello Specchio?” chiese lui, stupito. Lo Specchio rifletteva il cuore. E come era possibile che nel suo cuore ci fosse ancora lui?
“Si. E ti ho sentito nell’Amortentia, prima. Non importa quanto io cerchi di negarlo a me stessa, Sirius, potrei andare avanti a raccontare bugie al mondo intero e andrebbe bene, ma comunque io voglio te.  Perché, dannatissimo Salazar, ti amo, perché sei Sirius ma anche perché sei Black. Quindi amo anche la parte di te e della tua famiglia che mi vuole uccidere, ed è per questo che nello Specchio c’erano anche i tuoi, e Regulus che giocava con una bambina che aveva tutta l’aria di essere nostra figlia. Perché ti amo, e loro sono parte di te, e io amo incondizionatamente ogni parte di te. Però tu mi hai lasciata: hai detto di non volermi, e, dannazione, ora sto cercando di rimettere insieme ciò che tu hai deciso di distruggere, perché voglio stare bene, e voglio capire che posso stare bene anche da sola, anche se so che senza di te non ci so stare.”
Non era facile per lei ammetterlo, e non era facile spiegarsi, spiegare tutte quelle emozioni che aveva improvvisamente scoperto di provare, ma aprirsi a lui le era venuto naturale. Lui le accarezzò il viso, con amore e con rabbia verso chi li aveva separati, verso sé stesso e verso tutta quella guerra idiota, rabbia verso il momento in cui aveva deciso di lasciarla per ridurla così.
“Torna da me.” Le sussurrò.
 Martha era insicura. Era insicura perché aveva toccato il fondo, perché aveva visto l’abisso, e non era ancora riuscita  a tornare a galla. Era insicura perché aveva visto la sua vita frantumarsi in mille pezzi, perché si era vista morire lentamente, mattina dopo mattina, riflessa in uno specchio. Era insicura perché era stata male, ma male come non credeva che si potesse stare. Aveva visto la sua vita svuotarsi di tutti quei colori che Sirius aveva posizionato giorno dopo giorno, e poi glieli aveva portati via. Aveva visto l’oblio, il nulla, forse anche la morte. E ora era impaurita dall’idea che lui potesse ferirla di nuovo –che potesse ucciderla di nuovo.
“Mi hai fatto del male, lo sai questo?” sussurrò in risposta.
“Non capivo … non capivo che l’unico modo per proteggerti è restarti accanto. Ma ora ti prego, torna. Non vivo senza di te. E non ti deluderò di nuovo.”
“Resterai con me?” chiese lei, con un filo di voce.
“Fino alla fine.”
“E quando ti stancherai di me?”
Lui sorrise, come se la risposta fosse ovvia. “Io di te non mi stanco.”
Era un po’ un giuramento: dopo aver visto la luce nei suoi occhi spegnersi insieme al suo sorriso, non avrebbe mai più permesso che accadesse. A costo della sua stessa vita, questa volta. Perché per lui sarebbe stato meglio morire, piuttosto che lasciarla andare di nuovo.
“Ho paura, Sirius.” Gli disse. “Ciò che hai fatto mi fa paura.”
“Dammi una seconda possibilità.”
Lei ignorò quelle sue ultime parole e si alzò. “Scusami, ho … no, non mi devo scusare. Ho solo bisogno di stare un po’ da sola.”
“Okay.” Rispose lui, ma lei se n’era già andata, con passo pesante.
Appena fuori dal buco del ritratto, incrociò James, che rincorreva Lily chiedendole di uscire, mentre lei parlava con Rose e Remus e Peter seguiva James, quasi come se l’invito (l’ennesimo invito) a Lily riguardasse anche lui. Guardandoli, si rese conto di quanti pezzi di loro si fosse persa nelle settimane in cui non era stata in sé. Loro si bloccarono nel vederla: era pallida (più del solito) e i suoi occhi erano lucidi e gonfi. A James bastarono due secondi per capire.
“Hai parlato con Sirius.” Sospirò. Non lo aveva chiesto. Non era una domanda. Stava semplicemente informando tutti che lui sapeva cosa potesse essere successo.
“Lui mi ama.” Disse Martha, in un soffio.
“Si.” Rispose James.
“Ti ha sempre amata.” Aggiunse Remus, che in tutta quella storia sembrava giocare sempre la parte del romanticone incompreso.
Martha deglutì, deglutì anche la sua voglia di piangere e di mandare tutti a quel paese. Perché lei non ci credeva più, non credeva più che qualcuno potesse amarla, perché si guardava e  si faceva schifo da sola. Lei non si riconosceva più, quindi lui come poteva amarla?
Liquidò gli altri velocemente, dicendo che andava a prendere una boccata d’aria, ma tutti la videro salire le scale, probabilmente verso la Stanza delle Necessità, che era diventata il suo posto preferito. La guardarono tutti scomparire verso l’ultima rampa di scale, nel momento in cui Sirius uscì dal buco del ritratto, e prima che Rose potesse strozzarlo, James indicò la rampa di scale appena percorsa da Martha. Felpato, in tutta risposta, percorse di corsa le scale indicate da Ramoso, mentre Lily, Rose e gli altri si ritrovarono ad osservare Sirius percorrere lo stesso percorso di Martha.
“C-che cosa succederà ora?” chiese Peter.
“Ora … o si salvano, o si ammazzano.” Sospirò Rose.
Lily annuì, e James fece per dire qualcosa, ma la rossa lo interruppe. “No, Potter.”
“Ma non sai nemmeno cosa stavo per dire!” protestò lui.
“Oh, non stavi per chiedermi di uscire?”

Martha passò tre volte davanti al muro, e Sirius fece appena in tempo a nascondersi dietro l’angolo quando la vide girarsi per tornare sui suoi passi. Poi, con passo felpato, prima che la porta si chiudesse, riuscì ad intrufolarsi nella Stanza delle Necessità, trovandosi in una stanza strana, che ci mise un attimo per mettere a fuoco. C’erano delle docce, ai lati, era tutto sorprendentemente luminoso, le pareti bianche erano vittime del riflesso azzurro della piscina gigantesca che occupava gran parte della stanza, mentre si poteva chiaramente sentire una musica Babbana in sottofondo.
Martha era in piedi davanti a lui e gli dava le spalle, mentre si spogliava con aria nervosa, mostrando che teneva già un costume intero di colore rosso e bianco sotto alla divisa.
Senza curarsi di nulla, si buttò in acqua, e con la grazia di un delfino, iniziò a nuotare nervosamente. Quando era a metà vasca, partì una delle canzoni meno famose del suo gruppo babbano preferito, mentre i capelli color caramello, resi  più scuri dall’acqua giocavano a fare capolino ad intervalli regolari. Intanto, Sirius non capiva. Perché il primo posto in cui Martha aveva pensato di andare, era una piscina pubblica babbana?
Poi ebbe un flash. Erano seduti sul dondolo nel giardino di casa Potter, poco prima di ripartire per Hogwarts, quando andava ancora tutto bene.
Quando io e Rose eravamo bambine, nostro padre ci portava spesso a nuotare. Mi piaceva nuotare, mi sentivo isolata dal mondo.
Sirius si sedette sull’unico bordo rialzato della piscina, accanto ad un trampolino, e la osservò fare una buona ventina di vasche senza mai fermarsi, rendendosi conto ogni minuto di più che l’amava – l’amava, l’amava, l’amava- poi decise che era ora anche per lui di buttarsi. Trovare un costume non fu difficile: bastò immaginarlo. Il contatto con l’acqua fu un po’ più complicato: era ghiacciata, e Martha si stava avvicinando. Estrasse il piede, rimanendo seduto a bordo piscina, aspettando che si allontanasse di nuovo. Se la conosceva bene, era in uno di quei momenti in cui esisteva solo lei, lei e il suo grillo parlante, lei e troppi pensieri.
Era così, infatti. Faceva avanti e indietro da almeno un’ora, eppure non era riuscita ad arrivare a nessuna conclusione, eccetto la più logica. La soluzione più logica era che lei amava Sirius. Glielo aveva detto poco prima, e glielo aveva detto talmente tante volte nei mesi precedenti che non riusciva nemmeno più a contarle. Glielo avrebbe ricordato ogni giorno della sua vita, se glielo  avesse chiesto. Gli avrebbe ricordato a colazione, e lo avrebbe urlato al mondo intero. Sarebbe andata dai Black, se fosse stato necessario, e lo avrebbe detto anche a loro. Lei lo amava, lo amava lo amava e lo amava, e non importava nulla che non fosse questo.
La seconda conclusione logica, era quindi che lei aveva un disperato bisogno di averlo accanto. Ne aveva bisogno così come aveva bisogno, in quel momento, di tornare a galla e riprendere aria. Quando l’aveva lasciata, era come se avesse messo la testa sott’acqua. E ora era arrivato il momento di tornare a respirare. Respirare o morire soffocata. E lei voleva vivere. Oh, se voleva vivere. E per vivere aveva bisogno di lui, di tutto ciò che lui comportava: anche i Black, anche il rischio. Era di gran lunga meglio rischiare che continuare a vivere sott’acqua.
Pensò a lui, ma pensò a tutti.
A James, che le aveva permesso di non soffocare, di non lasciare andare, per quanto gli fosse possibile. James che le portava la cena e che la implorava di rimanere intera. James che era diventato un fratello, James che era diventato la sua ancora.
Pensò a Remus, così gentile, riservato e leale da sembrare un ragazzo d’altri tempi, così legato a Lily, per cui era un po’ ciò che James era per Martha, e così legato a Rose, ma con un legame diverso, quasi come quello di Sirius e Martha all’inizio. Remus e il suo piccolo problema peloso, Remus e un segreto che gli rovinerà la vita. Remus e una risata contagiosa, Remus e i suoi occhioni sinceri e pieni di pensieri troppo grandi.
Pensò anche a Peter, ma di Peter sapeva poco. Sapeva che sua madre cucinava crostate eccezionali, che era un ragazzino timido ed impaurito un po’ da tutti, ecco perché viveva nell’ombra di James e Sirius. Ma alla fine era intelligente, goloso e simpatico, quando si apriva.
Pensò a Lily. Lily che aveva compito  diciassette anni in un giorno che lei nemmeno ricordava, visto che era stato talmente uguale agli altri da confondersi e perdere importanza. Lily e il legame con James che tendeva a nascondere e negare. Ma lei lo sapeva, oh se lo sapeva che era cotta di Ramoso. Lily e il suo orgoglio, Lily e la sua forza, Lily e la sua mania di sacrificarsi per il prossimo. Lily, capelli rossi e occhi verdi, Nata Babbana, dei genitori che l’amavano e l’odiavano allo stesso tempo, una sorella che tendeva a rinnegarla. Lily, nata per diventare Pozionista che studiava per diventare Auror. Lily, che con la guerra sarebbe stata spacciata.  Lily, un’amicizia che va oltre ogni immaginazione.
E poi pensò a Rose. Rose era sua sorella, ma non lo era sempre stata. Rose era sempre stata perfetta in ogni cosa, e lei l’aveva sempre e solo invidiata per questo, anche se era sempre stata bravissima nel nasconderlo.
Ma poi era arrivato Sirius, e questo aveva perso importanza.
 Tutto aveva perso importanza.
E poi c’erano i suoi. Gentili, apprensivi, spaventati. Ultimamente parevano essersi stabiliti a casa Potter: Dorea era diventata per Marie una sorella, come quella sorella che l’aveva rinnegata quando aveva sposato ‘il figlio pazzo del signor Redfort’. Marie e Dorea sembravano due amiche di vecchissima data, eppure, nessuno poteva dire quanto sarebbe durata quella tranquillità apparente. Anche Charlus e Robert trovarono nell’altro un vero amico, e questo rese felice sia le Redfort che James, nello scoprire i rispettivi genitori meno soli.
C’erano anche molte figure di contorno. Regulus, Alice Prewett, Frank Paciok, il Quidditch, la scuola. Tutte figure che avevano continuato a fare parte della sua vita, ma senza Sirius, avevano perso ogni valore.
Aveva bisogno di lui per stare bene, ecco la verità.
Proprio mentre arrivava alla terza conclusione, si accorse che in piscina era entrato qualcuno altro.
Sirius.
Si trovò faccia a faccia con lui, che sembrava battere i denti per il freddo ma fare di tutto per nasconderlo. Questo l’avrebbe fatta ridere, se non fosse stato che lui non sarebbe dovuto essere lì.
Le bastò battere la mano sull’acqua con rabbia per bagnargli la faccia. “Come sei entrato?!” chiese.
Lui strizzò gli occhi per l’acqua, ma si riprese subito. “Ti ho seguita.” Ammise.
Lei assunse l’espressione da bambina furiosa che avrebbe messo paura a chiunque e, in una frazione di secondo, gli afferrò i capelli e lo spinse sott’acqua. Lui, preso di sorpresa, iniziò a dimenarsi inutilmente, scoprendo Martha più forte di quanto sembrasse. La sua presa non gli permetteva di respirare, e lui  spalancò la bocca come per urlare, esaurendo così il poco ossigeno che gli rimaneva. Quando Martha capì che probabilmente sarebbe morto nel giro di pochi secondi, gli permise di risalire.
Lo vide annaspare in cerca di aria, strabuzzare gli occhi e non riuscire a parlare. “Ma sei impazzita?” chiese, alzando la voce.
“Come ti sei sentito?” chiese lei, rimanendo impassibile.
Morire.” Rispose lui, con tono d’accusa, prima di rendersi conto di cosa quel gesto volesse dire.
“Ecco come mi sento ogni giorno da quando tu te ne sei andato, Sirius Black. Fatti delle domande, e datti anche delle risposte, già che ci sei.” Sentenziò lei, uscendo dall’acqua, asciugandosi con un semplice incantesimo e rivestendosi più in fretta di quanto lui riuscisse ad uscire dall’acqua. Quando riuscì ad uscire dalla stanza, lei era già scomparsa.
 Era fin troppo veloce, a volte. Rassegnato, tornò alla torre Grifondoro, chiedendo alla Signora Grassa se avesse visto Martha.
“Certo, è appena entrata.” Rispose il quadro. Lui ringraziò, disse la parole d’ordine ed entrò. Attraversato il passaggio, trovò James ai piedi delle scale, intento ad urlare verso il dormitorio femminile.
“COSA NON CAPITE VOI MALANDRINI QUANDO DITE CHE VOGLIO ESSERE LASCIATA IN PACE?!” urlò la voce di Martha.
“IL FATTO CHE SAPPIAMO CHE NESSUNO SI SALVA DA SOLO! DANNAZIONE, MARTHA, LASCIAMI PARLARE!” rispose Ramoso.
“NON HO NULLA DA DIRTI!”
Si sentì una porta sbattere e James si sedette sulle scale, passandosi una mano tra i capelli con aria rassegnata. Poi notò Sirius alle sue spalle. “Dannazione, Sirius, ma che le hai fatto?”
Felpato gli fece segno che gliene avrebbe parlato dopo, poi, senza curarsi della privacy e delle regole, spalancò la porta del dormitorio femminile. “MARTHA MARIE REDFORT!” urlò, con aria decisa.
“VATTENE ANCHE TU!” urlò Martha, da un angolo del dormitorio che lui conosceva fin troppo bene.
A grandi passi, si avvicinò a lei, incurante delle altre ragazze presenti, alcune delle quali in reggiseno o accappatoio. Per lui esisteva solo lei, lei e nessun’altra, solo lei e i suoi occhioni verdi, solo lei e quello sguardo vuoto.
“NO, NON ME NE VADO!” urlò, quando le fu abbastanza vicino. “Non me ne vado finche non mi avrai ascoltato. Mi sono già dichiarato una volta davanti a tutti, pensi che non avrò il coraggio di farlo di nuovo?”
Martha soffiò di rabbia, quando le tornò in mente quella festa post partita che aveva in ogni modo cercato di dimenticare. Si passò le mani tra i capelli con uno sguardo folle, mostrando quelle braccia esili scoppiando in una risata isterica. “Cazzo, Black, ti ho già detto ciò che dovevo, non ti basta?”
“NO! Dannazione, Martha, no! No, e ancora no! Mi hai detto che mi ami, che stai cercando di costruire una vita senza di me ma che mi ami, e che cazzo, ti sembra poco? Mi hai tenuto sott’acqua in una piscina per farmi capire come ti sei sentita, e ti aspetti che io non dica nulla?! Vuol dire che di me non hai capito nulla!”
Stavano ringhiando, ringhiando esattamente come due cani rabbiosi, stavano ringhiando per la rabbia verso l’altro e verso sé stessi. Verso il mondo intero, e verso ciò che li aveva portati a non riconoscere più la loro immagine riflessa nello specchio.
“Ho capito, Sirius, ho capito ciò che vuoi dire, l’ho capito benissimo, ti sto dicendo che non me lo voglio sentire dire in questo momento! Non mi sembra una cosa così difficile da capire!”
“E io invece non lo capisco e te lo dico ora, perché non so per quanto tempo riuscirò ancora a soffocare il mio orgoglio, okay? Te lo dico ora che ti amo, anzi te lo ripeto visto che mi sembra di avertelo detto meno di un’ora fa, e te lo ripeto perché ti amo più di quanto tu non possa immaginare,  e te lo ripeto non perché domani non sarà così, ma perché non posso resistere un giorno di più senza di te!”
Rose, James (che aveva seguito Sirius) e Lily si guardarono, per un momento tentati di fermarlo. Poi, Rose mimò con le labbra le sue stesse parole di un’ora prima. O si salvano o si ammazzano.
“Pensi che per me sia facile? Eh? Pensi che sia facile vivere senza averti al mio fianco, pensi che sia facile pensare al futuro senza la certezza che tu sarai accanto a me? Tu pensi solo a te stesso, Sirius! Non pensi al male che mi hai fatto, non ci pensi, per te esisti solo tu, tu e soltanto tu! I tuoi capelli, le tue moto, e il tuo ego gigante! Non c’è posto per altro in quel cervello grande quanto una nocciolina!”
“Ma che cosa stai dicendo? Io sono qui che ti dico che ti amo ancora, e so il male che ti ho fatto, Martha, non sbattermelo in faccia ogni due secondi! Ti comporti come se io non ci sia stato male!”
“E tu ti comporti come se ti avessi lasciato io! Stupido infantile, io non ho scelto di dovermi adattare a vivere senza di te, sei stato tu a scegliere per me!”
Martha, che ormai aveva perso ogni controllo ed era nel bel mezzo di un crollo nervoso, si mise davanti a Sirius, ed entrambi si sentirono davanti ad un muro. Sirius fece un respiro profondo. Di nuovo, era il suo momento.
“Ti amo da una vita, Martha, e tu non te ne rendi conto. Ti ho amata anche nel momento in cui ti ho lasciata e ti ho sentita cadere a pezzi tra le mie braccia, ma nemmeno lì te ne sei resa conto. Ti ho detto che ti amo talmente tanto volte che non riesco a credere che tu ne abbia dubitato, e non riesco a credere come tu possa aver pensato che volessi davvero lasciarti. Pensavo che mi odiassi, che disprezzassi ogni parte di me, ma quando James è venuto a  dirti che stavo male, non hai esitato un secondo per venire da me. Trattandomi male, certo, ma sei venuta da me e mi hai portato in infermeria, hai implorato Madama Chips di chiudere gli occhi sulle visite, hai trovato un modo per far comunicare me e James, e mi sei venuta a trovare ogni giorno, dimostrandomi che non ero solo io ad essere ancora dentro la nostra storia con tutte le scarpe. E poi porti il ciondolo di mia madre … perché io ti appartengo, Martha Redfort. E tu appartieni a me, in qualche modo. E lo sai.”
Martha serrò i pugni, sentendosi nuda davanti all’evidenza. Con i capelli spettinati davanti agli occhi pieni di lacrime di rabbia. “Vattene.” Sussurrò.
James, Lily e Rose si guardarono di nuovo, stupiti da quelle parole. Ma lei sembrava più che sicura di quello che aveva appena detto.
“Martha?” chiese Sirius.  Ormai, erano talmente vicini che per baciarla gli sarebbe bastato muoversi di pochissimo. Invece, lentamente alzò una mano e la carezzò il viso. “Hai capito ciò che ti ho detto? Ho detto che ti rivoglio indietro, Martha.”
“E io ho detto che te ne devi andare, Sirius.” Rispose lei, togliendosi la maschera da dura, e mostrando senza alcun timore la voce tremante.
Felpato, in tutta risposta, senza togliere la mano dal suo viso, le stampò un dolce bacio sulla fronte. Poi, incrociando lentamente lo sguardo di Lily e di Rose, si girò e uscì dal dormitorio, senza accorgersi che James era rimasto a guardare Martha con la bocca spalancata.
Lei rispose allo sguardo stupito con un sussurro che aveva una punta di isterismo. “Ti prego, vattene anche tu.”
“Mi hai sempre detto che …”
“Non mi aspetto che tu capisca. Ora, vattene.”
Lui, senza rendersi conto che Sirius lo osservava dalla porta del dormitorio, fece due passi verso Martha, e senza chiedere il permesso, la strinse forte a sé, tenendole la testa e le spalle tra le braccia, sentendola tremendamente fragile sotto il suo tocco. Lei, in un primo momento rifiutò l’abbraccio, provando quasi a respingerlo, ma nel momento in cui non riuscì più a trattenere le lacrime fu quasi costretta a stringere quegli ottanta chili di muscoli e buon cuore con le sue braccia, sentendosi piccola ma al sicuro. Lui non disse nulla, le accarezzò i capelli, guardando sua sorella e la sua amica, che erano rimaste dietro di lei con sguardo perplesso. Quando sembrò che Martha si stesse calmando, dopo almeno dieci minuti, James prese un bel respiro. “Ti ho capita, piccola Martha. Ti ho capita più di quanto pensi: tu hai paura. Hai paura di soffrire di nuovo, perché era arrivato il momento in cui stavi rimettendo insieme i pezzi … e ora hai paura, hai paura di soffrire di nuovo. Lo capisco, davvero. Ma lui ti ama, e non si fermerà davanti al tuo muro di paura. Lo conosci, è più testardo di un mulo. Lui ti vuole, ti rivuole indietro, e ha imparato dal suo errore. Non ti farà più stare male, parola mia.”
A quel punto Martha, anziché calmarsi del tutto, ricominciò a piangere. “I-io … io voglio solo stare bene, James …” sussurrò.
James, senza smettere di tenersela stretta, come se da un momento all’altro si potesse rompere in mille pezzi, cercò con fare disperato lo sguardo di Lily e Rose. Fu Rose a intervenire, guardando prima Sirius, che non si era mosso dalla porta, e scoprendo, per la prima volta, quei due occhi grigi lucidi e smarriti.
“Ascoltami, Martha, ascoltami, ti prego.” La strappò dalle braccia di James, stringendo quelle sue spalle scheletriche nella sua presa da Cacciatrice, scuotendola come se si aspettasse che potesse vomitare il male che la opprimeva da un momento all’altro. “Martha, guardami, ti prego. Sai bene che odio Sirius, e che non capisco come faccia a guardarsi nello specchio sapendo che ti ha ridotta così … sapendo che ha fatto di te il fantasma di te stessa, davvero, non so come faccia. Ma tu devi tornare a stare bene, perché … perché io non ce la faccio. Non ce la faccio, Martha, capisci? Ti ho ritrovata, ho ritrovato mia sorella, eri felice, eri così te stessa da rendermi quasi invidiosa! Mi hai regalato quattro amici nuovi e importanti, mi hai ridato il nostro legame, ma ora non sei più tu, e io rivoglio indietro mia sorella. Le cose stanno così. Per tornare ad essere te stessa devi essere felice, e per essere felice hai bisogno di lui. Perché tu hai bisogno di lui, lo so io, lo sa Lily, lo sa James, lo sa lo stesso Sirius e lo sai anche tu, Martha Marie Redfort, so che lo sai, puoi negarlo fino alla morte se ti pare, ma lo sai anche tu, dannazione! E non ho intenzione di continuare a raccoglierti da terra, perché lui è venuto qui e ti ha detto che ti ama e che è pentito, ora sta tutto in mano a te. Sappi solo che non accetterò di vederti morire lentamente, non un’altra volta.” Con gli occhi colmi di lacrime e la voce tremante, la bella Rose osservò James, che aveva dipinto sul  viso un sorriso soddisfatto. “E con questo ho detto la mia.” Disse, poi, come a volersi scusare per il disturbo. Poi mollò la presa dalle spalle di Martha, prese il libro di Pozioni e si diresse a grandi passi verso la porta, fermandosi davanti a Sirius, che sibilò un ‘grazie’ sentito, ricevendo un ‘fanculo’ in risposta altrettanto sentito.

Il dormitorio maschile dei Grifondoro puzzava di sudore, calzini, Burrobirra e guai. Tuttavia, Martha era abituata a quel fetore, e non fu difficile ignorarlo mentre si dirigeva verso l’angolo occupato dai Malandrini, ignorando sguardi curiosi e sussurri come “ecco la principessa di Black”. In moltissime cose, quegli scimmioni non erano così diverse dalla pettegole come Brianna Clark. Senza esitazioni, si diresse verso quel baldacchino che conosceva fin troppo bene, trovandovi disteso un Sirius Black incantato e distante.
“Sirius.” Disse, con voce ferma. Ormai aveva deciso.
Voleva stare bene, voleva lui, voleva tornare ad essere se stessa.
Sirius la ignorò. “Sirius!” ripeté lei. Fu tentata di scuotergli il piede, ma gli sembrava talmente distante che ebbe l’impressione che quel piede non fosse suo ma di un cadavere. Lui la guardò, prima con stupore e poi con curiosità, lei, senza dire una parola in più, mosse la testa verso l’esterno, segno che la doveva seguire. Lui, mantenendo il silenzio, si alzò, e Martha cominciò a camminare a grandi passi, mantenendo la testa alta, ripetendosi che era la cosa giusta da fare.


Arrivata davanti a quel muro, vi passò davanti tre volte, come le aveva insegnato James, pensando solo ho bisogno di un posto dove poter parlare con Sirius. La porta comparve, e lei vi entrò, senza badare a Sirius, che se ne stava appoggiato alla parete con le mani in tasca e un sorriso forzato.
Quando si permise di guardarlo, stava chiudendo la porta alle sue spalle, appoggiandovisi con la schiena, facendole capire che l’avrebbe ascoltata.
Lei parlò con il cuore in mano e voce tremante.
Ti amo.” Disse, in un soffio, come a volersi liberare di quelle parole. Lui sorrise. “Okay, non dovevo dirlo così, scusa. Mi ero preparata un discorso ma non me lo ricordo, cazzo. Allora, adesso ricomincio. Si, ecco. Io … voglio stare bene. Si, voglio stare bene, Sirius, e voglio che anche tu stia bene. E …” In quel momento, lo guardò e lo vide per la prima volta. Patito, smagrito, pallido e spento. “Ma ho bisogno di te per stare bene. E tu … tu …”
“Si.” Disse lui, interpretando il suo gesticolare nervoso.
“Si?” chiese lei, con aria confusa.
“Si, anche io ho bisogno di te per stare bene.”
Lei sospirò. “Bene. Ora che abbiamo capito questa cosa, mi sembra il momento più adatto per dirti – per ripeterti - che ti amo. Ma mi hai fatto del male, e io non credevo che si potesse stare così male per una persona sola, lo capisci? Non ne avevo idea. Ero felice, e te ne sei andato, portandomi via i colori.”
“Ti amo anche io.” Disse lui in un sussurro.
Nonostante lui glielo avesse detto innumerevoli volte nell’arco di quella giornata, fu come la prima volta che se lo erano detti. Dette ad entrambi talmente tante emozioni nuove che parlare non fu più possibile: si amavano, e questo bastava. In un attimo, Sirius coprì la distanza tra loro e la baciò con passione, senza preoccuparsi di nulla che non fossero le sue labbra. Lei rispose al bacio, aggrappandosi ai suoi capelli senza badare al fatto che potesse fargli del male. Fu per un pensiero di entrambi che comparve un letto matrimoniale e spazioso accanto a loro, e Sirius non esitò un attimo prima di gettarvi sopra il corpo esile di Martha e buttarsi sopra di lei, mentre gli slacciava la camicia sussurrandogli che lo amava, lo amava e lo amava. Sussurravano i loro nomi nei momenti in cui si staccavano per respirare, e fare di nuovo l’amore, con foga e voglia di appartenersi di nuovo, fu la cosa più naturale del mondo.
Perché loro si appartenevano, e niente e nessuno al mondo avrebbe mai cambiato quel loro legame.
“Non andartene mai più.” Sussurrò Martha.
“Mai più.” Ripeté lui, stringendola a sé.
 

Tornarono alla Torre Grifondoro solo dopo le undici di sera, senza tenersi per mano, limitandosi ad osservarsi l’un l’altra come se non ci fosse nulla di più bello al mondo. Entrati nel buco del ritratto, attraversarono il passaggio e trovarono la Sala Comune semi buia, e Sirius se ne approfittò per afferrarla per la vita e attirarla a sé, per baciarla di nuovo. Lei rispose al bacio e poi si staccò, sorridendo. “Non ti è bastato?”
“Tu non mi basti mai.” Rispose lui con un altro sorriso, più malizioso, mordendole il labbro inferiore.
“Chi non muore si rivede, eh Black?” Voltandosi verso i divani, si resero conto che non erano soli. Cinque paia di occhi, infatti, li stavano osservando divertiti.
“E per tua fortuna non sono ancora morto, Evans.” Rispose Sirius, sorridendo per stupire tutti, rimanendo abbracciato a Martha.
“Bentornato tra i vivi, allora.” Rispose Lily, notando il sorriso della sua amica e non potendo fare a meno di ricambiare.
“Martha, lasciatelo dire.” Esclamò James. “Vestita così sei un mostro anti sesso.”
Martha sembrò accorgersi per la prima volta dopo mesi di come era vestita. Una vecchia felpa larghissima che un tempo era stata gialla le arrivava a metà coscia, dove iniziavano dei pantaloni scuri altrettanto laghi e rovinati, i capelli raccoli in qualche modo e le unghie mangiucchiate.
“E a te che importa? Non è con te che devo fare del buon sesso!” rispose Martha, e con quelle parole dette ridendo comunicò a tutti che era ufficialmente tornata in sé.
“E abbiamo ripreso alla grande!” ululò Felpato.
“Non lo voglio sapere!” rispose Rose, seduta accanto a Remus.
“Nemmeno io!” si aggregò Peter.
“Io !” contestò James.
“Volete del cioccolato?” chiese Remus. “Sarete affamati dopo la marato…”
Ma fu soffocato da Rose con un cuscino. “Ho detto che non lo voglio sapere!”
Remus provò a dire qualcosa ma il cuscino che lo stava soffocando non permetteva che gli altri capissero nulla.
“Non ti sento, Lunastorta.” Fece notare James. “Rose, allenteresti un pochino la presa?”
Rose eseguì mentre Remus urlò che aveva semplicemente chiesto se volessero del cioccolato.
Martha, intanto, li osserva sorridendo pensando che erano tornati ad essere loro, e quella non poteva che essere una cosa positiva.
“Oh, Black, verresti alla festa di Lumacorno con me, domani?” chiese, ricordandosene improvvisamente, dopo aver accettato il cioccolato di Remus ed essersi seduta in braccio a quello che era di nuovo il suo ragazzo, accanto a James che finse di guardarli schifato.
“Mi stai invitando ufficialmente, Redfort?”
“Può essere.” Rispose lei, facendo spallucce.
“Potrei accettare.”
“Beh.” Aggiunse Rose. “Domani è San Valentino.”
“La festa di ogni cretino!” rispose sua sorella, recuperando il suo solito sorriso.
“E voi siete due cretini patentati.” La schernì James, ridendo.
Martha rise. “Fiera di essere patentata, allora.”
“Idem.” Aggiunse Sirius, fissando un punto nel vuoto.
“Ora, rispondetemi. È questo il vostro nuovo inizio?” chiese Ramoso.
Sirius e Martha si guardarono, accennando un sorriso nuovo, pieno di speranze e sogni ridisegnati. Poi, guardarono James. “Sì.” Risposero all’unisono.
“Bene! Sono contento che ora potrò dormire di nuovo,  senza Sirius che gira per il dormitorio ad ogni ora della notte e senza dover portare la cena a Martha che si rifiuta di scendere, sono contento anche di poter tornare ad esser il solito idiota, senza dover fare da psicologo a nessuno.”
“E io sono contenta di non doverti più vedere quando ti improvvisi psicologo!” aggiunse Rose. “Ti preferisco nel ruolo di Capitano.”
“Domenica siamo contro i Tassorosso. Voi due avete intenzione di tornare a tifare ora che siete tornati tra i vivi?”
Martha e Sirius si guardarono. “Non andavo alle partite perché non volevo vedere te!” strillò lei.
“Anche io!”
“Cretini patentati, per l’appunto.” Commentò Lily.
“Ma ti sembra il caso di non andare a vedere il tuo migliore amico giocare per non vedere me tifare, Black?”
“Ehi, Redfort, è anche il tuo migliore amico ora, o no?”
“Si, ma era più importante per lui avere accanto te!”
“È bello sentirsi così importante.” Si intromise James, stiracchiandosi.
“Scherzi?! Tu sei suo fratello, alle partite dovevi andarci tu! Io andavo agli allenamenti!”
“Ohhh, a proposito!” esclamò James, scattando in piedi. “Sirius, la tua ragazza ha talento quasi quanto Rose, come Cacciatrice!” non lo diede a vedere, ma poter di nuovo parlare a Sirius di Martha come ‘la tua ragazza’ gli riempì il cuore.
“L’hai fatta allenare?” chiese Sirius, dimenticandosi della discussione con Martha.
“In realtà è stata colpa mia.” Si intromise Rose.
“Però è stato grandioso!” esclamò Remus.
“Le ho già detto che la vorrei in squadra il prossimo anno, Sirius, ma lei non vuole.”
Sirius guardò Martha. “Perché?”
“Non mi va e basta.” Tagliò corto lei.
“Non le va perché a quel punto io dovrei uscire con te, Potter.” Ringhiò Lily. “Quindi trovati un’altra Cacciatrice per il prossimo anno.”
E ripresero a ridere, ripresero a stare bene. Ripresero ad essere loro, e non c’era nulla di più bello nel mondo. Non c’era nulla di più bello di loro, di quelle risate e di quegli sguardi. Erano loro, e tanto bastava.

Martha e Sirius stavano abbracciati, quasi aggrappati l'uno all'altra, davanti al Lago Nero. Sopra di loro, l'alba sfoggiava i suoi mille colori. I due maghi, per la prima volta dopo mesi, sorridevano. 
Sirius distolse lo sguardo dal cielo per guardare Martha, senza smettere di sorridere. Anche lei si girò a guardarlo. "Che c'è?" chiese.
"Niente." rispose lui, sfregando il suo naso contro quello di Martha. "Mi prometti una cosa?"
"Che cosa?"
"Che non avremo mai una vera fine, ma solo nuovi inizi."
Lei gli baciò dolcemente le labbra. "Solo nuovi inizi." 
"Martha noi litigheremo ancora, ancora e ancora, arriverai al punto che di me non ne potrai davvero più, che la mia presenza nella tua vita ti avrà nauseata, ma anche quello sarà per noi un nuovo inizio."
"Solo nuovi inizi."
Fu lui a baciarle dolcemente le labbra. "Ti amo, Martha."
"Più di ieri e meno di domani." gli disse lei, con uno sguardo malandrino. Bastavano loro a rendere tutto meraviglioso, si rese conto Martha, guardando i colori dell'alba ed il grigio degli occhi di Sirius. Erano loro i colori che per più di un mese non erano riusciti a vedere.
"Solo nuovi inizi." ripetè.



Ciao a tutti! Questo è un capitolo scritto di getto, ma spero vi piaccia comunque >< pare che Sirius e Martha abbiano messo da parte l'orgoglio! Che ne pensate?
Ringrazio
gossip_girl e love_is_everything per aver recensito lo scorso capitolo, e ringrazio, in generale, le persone che trovano il tempo (e la voglia) per leggere questa long. Mi chiedono della James/Lily, ma vi ricordo che questo è il sesto anno, e in 'Harry Potter e l'Ordine della Fenice' è lo stesso Sirius a dire ad Harry che i suoi genitori iniziarono ad uscire solo al settimo anno ... ma non temete arriverà molto presto, intanto, siccome non ho idee, si accettano consigli! 
Ah, l'ultima scena del capitolo forse non c'entrava nulla, ma mi piaceva moltissimo l'immagine di loro sul Lago a guardare l'alba. Spero vi sia piaciuta ugualmente owo
Spero di trovarvi nelle recensioni ... Oh, buona estate a tutti! :D corro ad aggiornare la mia long su Oliver Baston, se vi va, dateci uno sguardo!
Fatto il misfatto!
C.

 

“Ps
   
 
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