Lo Specchio delle Anime.
Vieni, vieni, mortifera creatura:
sciogli di colpo, coi tuoi denti
aguzzi, l’aggrovigliato nodo di mia vita.
Povero velenoso stupidello,
accanisciti, sbrigati a spacciarmi!
[Cleopatra, Atto
V, Scena II – W. Shakespeare,
Antonio e Cleopatra]
Atto IX – Parte I
Il morso
dell’aspide.
Draco Malfoy era
sempre stato una persona sicura di sé.
Anche quando il suo
mondo era stato capovolto e la sua vita era stata gettata in pasto ai lupi, lui
non aveva mai smesso di mostrarsi sicuro della propria strada e sicuro delle
proprie capacità.
Esisteva solamente una
persona capace di togliergli quel controllo che tanto faticosamente tentava di
imporre a se stesso. Ed era la stessa persona che lui era stato sul punto di baciare non più di quindici minuti
prima.
Baciare Hermione Granger, che cosa assurda.
Com’era potuto passargli per la mente? Il dottor Crave si sarebbe messo a
ridere ed avrebbe citato le teorie di un qualche filosofo morto fissato con il
voler avere relazioni sessuali con sua madre*. Avrebbe trovato da solo una qualche ragione
difficilmente comprensibile per spiegare quell’improvvisa attrazione.
No, non era davvero inspiegabile.
Se non fossero stati da
sempre su fronti opposti, Hermione Granger l’avrebbe affascinato fin dai tempi
della scuola. In un certo senso l’aveva fatto, durante il primo viaggio verso
Hogwarts. L’aveva affascinato, per poi spingerlo ad allontanarsi con poche e
semplici parole.
I tuoi genitori sono maghi, vero?
No, sono dentisti.
All’epoca la sola idea
di avere rapporti con una bambina Mezzosangue gli faceva ribrezzo. All’epoca,
era abituato a difendere in qualunque modo ed a qualunque costo gli stessi
ideali assurdi che gli erano stati impartiti nella prima infanzia.
Non era inspiegabile,
soltanto impossibile.
Impossibile è il mio secondo nome.
Draco si trattenne a
stento dal mettersi ad imprecare. Colpito ed affondato dalle sue stesse
vanterie.
Per quanto gli
dispiacesse ammetterlo, l’impossibilità non era tale con Hermione Granger. Non
se avesse saputo giocare a dovere le sue carte.
Non se avesse deciso a rinunciare completamente al proprio
passato.
«Ha davvero
un’espressione desolata, signor Morgerstern».
La voce di Augusto Caetani lo fece balzare, vagamente spaventato. Gli occhi
scuri dell’uomo sembrarono attraversarlo, come fosse fatto di semplice carta
trasparente.
Per un istante, Draco
si sentì davvero insignificante, una sensazione del tutto nuova per lui. Gli
sembrò d’esser improvvisamente diventato leggerissimo, le ossa ridotte a
semplice cenere intrappolata fra i suoi muscoli, il battito cardiaco veloce
nelle vene, il fiato intrappolato nella sua gola.
Era ansia.
E la fonte erano gli occhi verdi dell’uomo che aveva di
fronte.
«Mi dispiace» si
scusò, quando si rese conto che l’altro avesse parlato e che fosse giunto il
momento di rientrare in possesso delle proprie facoltà mentali. «Ero
soprappensiero, non mi sono accorto della sua presenza, altrimenti mi sarei
fermato».
Il sorriso comprensivo
ma stranamente divertito dell’uomo l’avrebbero fatto accigliare, se non si
fosse reso conto del rischio che avrebbe corso, inimicandoselo. Doveva
mantenere la sua copertura, per non attirare troppo l’attenzione e mandare
all’aria il lavoro di quelle settimane.
«Non si preoccupi, non
si preoccupi» con un gesto elegante della
mano, l’uomo gli fece cenno di seguirlo in quello che, Draco se ne accorse in
quel momento, doveva essere il suo studio. Senza sapere bene come, era giunto
davanti alla sua porta e lì si era fermato, come una mosca attirata dal miele.
«Venga con me, credo le farebbe bene un bel bicchiere di prosecco. Viene
direttamente dalle mie vigne, una
delizia» aggiunse, esprimendo l’ultimo commento in italiano.
Augusto Caetani, nato Malatesta, era un
uomo sgradevole, all’apparenza troppo alto e troppo muscoloso rispetto alla
testa piccola, tonda e quasi completamente pelata. Aveva sposato Beatrice quasi
dieci anni prima, assumendo il controllo delle proprietà di famiglia ed i vari
titoli nobiliari a quelle annessi, diventando, grazie anche al tesoro che la sua famiglia portava con sé, uno degli
uomini più ricchi ed influenti d’Europa. Tutti erano rimasti molto sorpresi che
avesse scelto di prendere il cognome della moglie, ma la sorpresa era svanita
quando lo scandalo sui suoi fratelli era venuto allo scoperto.
Fratello e sorella, un amore proibito ed una famiglia
distrutta.
Lo studio in cui lo
guidò aveva le pareti quasi interamente coperte da dipinti.
Dipinti erotici.
Draco non aveva mai
avuto problemi con la sua sessualità o con le varie sfumature che questa aveva
nelle altre persone. Non avrebbe potuto, vivendo a stretto contatto con degli
adolescenti per sei anni della sua vita e trascorrendo i successivi con critici
d’arte più o meno espansivi al riguardo. Aveva ammirato opere d’arte di ogni
risma, aveva studiato nudi appartenenti ad ogni epoca. Aveva addirittura
sperimentato buona parte delle posizioni illustrate in quel libricino indiano
che tanto faceva parlare i babbani!
Ma quei dipinti
riuscirono a fargli sentire una stretta allo stomaco a causa del disagio.
«Ah, sta ammirando la
nostra collezione» commentò Augusto, con un sorriso, accomodandosi alla sua
scrivania ed indicando a Draco la poltroncina libera, davanti a lui. «Mia
moglie preteso di esporla qui, sa. Io ritenevo che fosse un po’ troppo spinta
per uno studio, considerando il via vai di uomini d’affari ed ecclesiastici che
passano fra queste quattro mura, ma lei ha insistito».
Per una qualche
ragione, Draco non riuscì a credere che stesse mentendo. Beatrice Caetani aveva proprio l’aria di qualcuno appassionato a
quel genere d’arte. Nonostante le parvenze d’angelo, la sua reputazione nella
buona società la precedeva ovunque si recasse.
Bella come un angelo, ma incline al peccato come Satana in
persona.
«Sono dell’idea che
ognuno abbia il sacrosanto diritto di esporre ciò che desidera, in casa sua»
gli disse quindi il giovane, accomodandosi ed accennando un sorriso gentile. I
muscoli delle sue spalle erano stranamente tesi, come se parte di lui stesse
percependo un pericolo che il resto, invece, non riusciva a comprendere.
Qualcosa gli stava urlando di scappare, mentre altro lo supplicava di restare.
Quella tensione stava diventando sempre più insopportabile.
«Sono lieto che
condividiamo lo stesso pensiero» si complimentò Caetani,
annuendo leggermente mentre preparava due flute e si allungava per tirar fuori
da un mobiletto – probabilmente nascosto sotto la scrivania – una bottiglia di
vino bianco. «Questa è una delle migliori annate. Sono certo che la farà impazzire».
La tensione alle
spalle stava uccidendo Draco, lentamente e con parecchio dolore.
«Non sono un grande
amante del vino, purtroppo» si scusò in anticipo, allungando comunque la mano
per afferrare il bicchiere che gli era stato porto. Mai rifiutare, diceva l’etichetta, nonostante non provasse il
minimo desiderio di avvicinare le labbra al cristallo immacolato. Annusò
leggermente il profumo del liquido, sentendo le narici pizzicare. Era
insolitamente dolce, ma, dopotutto, lui davvero
non ne sapeva molto, soprattutto non di vino bianco.
«Lo assaggi, Morgerstern» insistette l’uomo, senza tuttavia accennare a
prendere il suo bicchiere. «Le prometto che non è avvelenato!» aggiunse, con
una risata divertita ed estremamente genuina, come se avvelenare qualcuno fosse
stato uno scherzo. Come se la sola idea fosse stata assurda.
Come se qualcuno non avesse già tentato di avvelenare
Draco. Più di una volta.
Il sapore, esattamente
come il profumo, era incredibilmente dolce. Così dolce da far dolere i denti di
Draco e fargli stringere la gola in una morsa, quasi come se il suo stesso
corpo si stesse rifiutando di assorbire quella sostanza. Era forse veleno? No,
Blaise gli aveva insegnato a riconoscere i sintomi immediatamente seguenti
all’ingestione di sostanze tossiche e lui non sentiva formicolio alla lingua o
dita fredde. E comunque sapeva bene che molti vini erano caratterizzati da una
dolcezza fuori dal comune.
Forse era solo troppo ansioso e prevenuto nei confronti di
quell’uomo.
«Ha un buon sapore,
glielo concedo» disse infine, con un vago sorriso, raddrizzandosi contro lo
schienale della poltrona. «Ma continuo a preferire il whisky».
Augusto scoppiò a
ridere, rilassandosi a sua volta. «Voi inglesi avete una predilezione per quel
particolare liquore, dico bene? Noi italiani, invece, siamo legati al nostro
vino» gli spiegò, prendendo il bicchiere ma solo per far oscillare il contenuto
al suo interno. Alla luce del grande lampadario, sembrava aver assunto un
colorito rosato, decisamente più scuro di quanto Draco avesse visto poco prima.
Per sicurezza, sollevò
anche il suo calice, notando quella strana colorazione.
Forse non aveva guardato bene, la prima volta, troppo
spaventato all’idea di esser avvelenato per l’ennesima volta.
Prese un ulteriore
sorso, chiedendosi se sarebbe stato ancora tanto sgradevolmente dolce.
La risposta fu
positiva, naturalmente. La dolcezza,
forse, era addirittura aumentata.
«Immagino sia una
questione di culture diverse» gli disse, forse per impedire a se stesso di fare
smorfie proprio davanti al proprietario della vigna. «Il vino fa parte della
vostra tradizione, mentre per noi è comunque qualcosa di estraneo, di
importato. Siamo famosi per una bevanda molto meno…» si accigliò, cercando la
parola adatta. «Diciamo meno eleganti».
Augusto sorrise,
annuendo leggermente. «Ah, sì, non posso darle torto» concordò, posando
nuovamente il bicchiere e rilassandosi contro lo schienale della sua poltrona.
«Il vino è bevanda degli dei, dopotutto, e Roma è stata la casa delle più grandi
divinità. Bacco ne è stato l’inventore».
«A detta del mito» precisò
subito Draco, con un ghigno. «Probabilmente Bacco
era solo un contadino annoiato ed amante degli esperimenti. Ma immagino che,
oggi, sia giusto ricordare la sua memoria in modo più divino» scherzò, alzando gli occhi al cielo.
Vide, comunque, lo
sguardo irritato del padrone di casa, un attimo prima che si rilassasse
nuovamente e tornasse a puntare gli occhi scuri su di lui.
Guai.
«Il mito, naturalmente» concordò, nonostante non
sembrasse poi così convinto. «Bacco è stato accolto fra le divinità, grazie al
suo talento. Ma quel mondo ultraterreno non gli è mai appartenuto
particolarmente. Preferiva passare il suo tempo sulla terra, con i suoi
seguaci, godendo di quei piaceri che nel Regno Celeste gli erano preclusi».
Puntò i suoi occhi su Draco, improvvisamente divertito. «Immagino lei ne abbia
sentito parlare».
«Naturalmente»
confermò, vagamente preoccupato. «Le baccanti ed i loro rituali, sono in pochi
a non conoscerli. Attraversavano le campagne organizzando rituali depravati che
mettevano al centro il piacere dei sensi, sessuale e non solo». Restò in
silenzio per quale istante, improvvisamente indeciso su come comportarsi.
«Hanno rappresentato un bel grattacapo, in Grecia».
«Non soltanto in
Grecia» Augusto indicò la scena erotica dipinta alle sue spalle. C’erano tante
donne con maschere ed in posizioni promiscue, al centro un uomo con un mantello
di leopardo. «Anche a Roma si diffuse il culto, naturalmente, ma gli adepti si
mostrarono molto più intelligenti»
disse quella parola come se fosse stato tutto merito suo. «Dopo il Senatus consultum de Bacchanalibus** il culto venne abolito ufficialmente,
ma gli adepti non si dimenticarono della loro religione. Evitarono di dare troppo nell’occhio e fecero in modo che la
conoscenza si tramandasse di genitori in figli e così per anni ed anni».
Le dita di Draco
sembrarono improvvisamente troppo fredde. «Interessante. Immagino abbia le
prove di quest’affermazione… sono certo che molti studiosi pagherebbero
dell’oro sonante per poter scrivere qualcosa al riguardo».
«Diciamo che ho i miei
agganci» lo rassicurò l’uomo, sfiorando con la punta del dito il bordo del suo
calice rimasto intonso. «Mi piacciono le sfide, signor Morgerstern»
disse, poggiando i gomiti al tavolo e congiungendo le punte delle dita poco
sotto al mento. La sua espressione era feroce, quasi come quella di un lupo a
caccia, ma, stranamente, Draco non riuscì a preoccuparsene. «E sono certo che
lei sarà un’aggiunta incredibile alla nostra collezione».
Quelle parole
avrebbero dovuto turbarlo, ma non ci riuscirono. La consapevolezza di quella
sua anormale rilassatezza lo fece irrigidire leggermente, ma nulla di più.
«Signor Caetani?».
«Dopo cena, venga
nell’ala vecchia» gli disse, alzandosi in piedi, in un chiaro invito a lasciare
il suo studio. «Naturalmente, la sua fidanzata potrà aspettarla in camera, non
credo sarà un grande dispiacere, per lei. Non con la reputazione che si porta
dietro, Signor Morgerstern».
Il lord inglese capace di affascinare ogni donna nell’arco
di un chilometro, incapace di essere fedele alla sua innocente fidanzata.
«Naturalmente» fu
tutto ciò che disse, mentre una parte di lui – molto debole, ma anche
estremamente testarda – combatteva per ribellarsi a quel torpore forzato. C’era
un pericolo in agguato, ma lui non riusciva ad inquadrarlo. E non gli piaceva
affatto. «Immagino che ci vedremo a cena» disse poi, rialzandosi e sforzandosi
di apparire meno rilassato di quanto fosse in realtà. Era un mondo di rigidità,
quello, non c’era spazio per i sorrisi.
«Non credo, signor Morgerstern» gli rispose il padrone di casa, con un sorriso
malandrino. «Io ho degli impegni improrogabili, ma sono certo che ci vedremo
dopo» il sorriso si allargò, inquietante. «Nell’ala vecchia, dopo cena. Si
assicuri di mettere a cuccia la sua fidanzata, non vogliamo certo che rovini la
nostra serata, con tutte le sue domande inopportune».
«No, certo che non lo
vogliamo».
Mantenendo la postura
il più rigida possibile, Draco diede le spalle al padrone di casa ed uscì dalla
stanza, chiudendosi la porta alle spalle.
Fu in quel momento che
la lingua iniziò a pizzicare.
***
Che ci fosse qualcosa
di orribilmente sbagliato, in lui, Hermione l’aveva capito nel momento stesso
in cui si era accomodato al suo fianco, poco prima che venisse servita la cena.
Era più bianco del solito, fatta eccezione per le guance accese di un rosa tutt’altro che naturale, ed aveva le mani sudaticce. Quando
si chinò verso di lei per dirle qualcosa, si irrigidì e si allontanò, restando
poi in un silenzio di tomba.
«Per Merlino, vuoi
dirmi cosa ti succede?» gli chiese, nella pausa fra il primo e l’insalata. Si
riavvicinò a lui, stando bene attenta a non farsi sentire dagli altri ospiti
seduti al loro stesso tavolo. Il gran numero di persone presenti lasciava
intendere che la festa si fosse estesa a molti degli invitati del mattino,
seppur non a tutti. «Se continuerai a stringere quella forchetta fra le mani
rischierai di rovinarla e dovremo ripagare l’intero servizio ai Caetani».
Lui non la guardò e
non accennò neppure a rilassarsi, tutt’altro. I suoi
occhi guizzarono verso Beatrice, attorniata da ragazzi anche più giovani di
loro, tutti presi nel decantare le sue lodi, e poi scattarono verso la porta
d’ingresso alla Sala, quasi avesse voluto cercare una via di fuga. Lei, allora,
gli posò la mano sul braccio, con l’intenzione di tenerlo fermo fin quando non
si fosse deciso a parlare.
«Mia cara» la voce
preoccupata di una vecchietta seduta con loro la fece voltare nella sua
direzione, tirando fuori il sorriso falso più convincente di cui fosse in
possesso. «Il suo fidanzato si sente bene? Sembra accaldato».
In effetti, nel
momento stesso in cui l’aveva toccato, Hermione aveva sentito un fiotto di
calore superare anche i due strati di pesante stoffa con cui il suo braccio era
coperto, come se qualcuno gli avesse acceso un fuocherello
sotto al sedere e lui avesse iniziato a cuocersi come un tacchino al forno.
Non era il più gentile dei paragoni, in effetti.
«Ho assaggiato del
peperoncino» disse Malfoy, impedendo ad Hermione di far sentire quella orribile
bugia che il suo povero cervello aveva iniziato a mettere insieme. «Non sono
abituato, perdonatemi» aggiunse, cercando di suonare il più rassicurante
possibile. La presa di Hermione si strinse sul suo braccio, ma lui si irrigidì
di più. «Credo che tornerò in camera nostra, mi sento particolarmente
indisposto» aggiunse, deglutendo con l’aria più preoccupata e ansiosa che
Hermione aveva mai visto sul suo viso. «Tu resta pure a finire la cena, tesoro,
non preoccuparti per me».
Non muoverti da qui, Granger.
Controbattere, davanti
a tutte quelle persone, era certamente fuori discussione, lei lo sapeva bene.
Se lasciò andare la presa sul braccio del suo accompagnatore e si limitò a
fulminarlo con un’occhiata, fu solo per non mandare al diavolo la copertura che
aveva funzionato tanto bene fino a quel momento. Osservò Malfoy rialzarsi in
piedi e sistemarsi la giacca con aria particolarmente impacciata, voltandosi
velocemente per dirigersi fuori dalla sala, ignorato da tutti.
Quasi tutti. Beatrice Caetani
seguì la sua figura come se lui fosse stato un uccellino e lei un gatto
affamato. Hermione sentì qualcosa di gelido nello stomaco, ma non osò pensarci
più di tanto. Non era il momento e non era certo il luogo per cominciare a
sputar cattiverie sulla padrona di casa.
Non quando c’era il quasi fondato sospetto che lei ed il
marito trafficassero con magia arcana ben al di sopra della loro comprensione.
Restare seduta per il
resto della cena fu straziante, per i nervi della strega. Passò dal non
riuscire ad ingerire neppure una foglia di insalata o un pezzetto di carne allo
spazzolare via una decina di dolcetti alla crema e vari assaggi di almeno sette
torte diverse. La vecchietta seduta al suo stesso tavolo le fece addirittura i
complimenti per il modo in cui riusciva a mantenere la sua linea, mangiando in
quel modo.
Lei non aveva idea delle pozioni per bruciare i grassi in
eccesso che non uscivano mai dalla borsetta di Hermione.
Quando molti degli
ospiti si alzarono dai propri posti, chi per tornare a casa e chi per
raggiungere la camera da letto che i padroni di casa avevano generosamente
offerto, anche lei si sentì finalmente libera di scappare via e torturare
Malfoy finché non le avesse detto la verità.
I suoi tacchi
ticchettavano contro il pavimento di immacolato marmo, ma nessuno le prestò
attenzione, mentre si dirigeva di corsa al piano di sopra. Molti degli ospiti,
però, le lanciarono occhiatine divertite, quasi di pietà. Che fosse buffa, con
quel vestito elegante e truccata come se fosse stata invitata a cena dalla
Regina d’Inghilterra? Che fosse evidentemente come un pesce fuor d’acqua, in
quel mondo di belletto e lustrini?
Francamente, non le
importava. Tutto ciò che voleva era aprire la porta della camera – come fece –
e trovare Malfoy, per tirargli fuori ogni minima cosa che avesse pensato di
nasconderle.
Quando entrò, si rese
conto che Malfoy non stesse nascondendo poi molto.
Draco Malfoy, l’uomo
di ghiaccio che per anni aveva meritato un posto d’onore nella classifica delle
dieci persone che le stavano più antipatiche, era in piedi, nell’angolo della
stanza più lontano dalla porta, con gli occhi sgranati e lucidi e le guance
rosse.
Ed era quasi
completamente nudo.
Solo un asciugamano a separarla da una visuale da
giornaletto pornografico.
Mostrando una calma che,
davvero, Hermione aveva sempre creduto di non possedere, chiuse la porta e vi
poggiò contro le spalle, restando per qualche istante a fissare il suo collega
in quelle condizioni a dir poco sconvenienti. Diversamente da quanto avrebbe
pensato lei stessa, non lo fissava per desiderio o lussuria.
Era soltanto sotto shock.
«Granger… va’ via» la
ammonì lui, cercando di farsi ancora più piccolo nell’angolo della stanza, le
guance sempre più rosse e gli occhi sempre più sgranati.
Aveva l’aria di
qualcuno che si era divertito parecchio, fino a quel momento. E fu proprio
quell’aria a far insorgere in Hermione la peggiore delle emozioni.
La gelosia.
«Chi diavolo c’era qui
con te, Malfoy?» gli chiese, furiosa, incrociando le braccia al petto. «Credevo
di essere stata chiara! Non ho intenzione di passare per la cornuta contenta,
neppure per finta! Cosa accidenti ti è saltato in mente, eh?» gli sibilò
contro, avanzando di un paio di passi. Sentiva una vena pulsare in modo
sinistro nella sua tempia, ma non vi prestò molta attenzione. Erano ben altri i
pensieri che la torturavano, in quel momento. L’idea che Malfoy se la fosse
spassata mentre lei, al piano di sotto, si preoccupava per la sua condizione…
«Non c’è nessuno,
Granger, e faresti bene ad andartene subito»
le ripeté lui, con un tono preoccupato, ma anche oscurato da qualcosa che lei
non riusciva a comprendere. «Nasconditi e, quando nei corridoi non ci sarà
nessuno, raggiungi l’ala vecchia. Renditi invisibile, se necessario. Se non
credi di poter prendere lo specchio, smaterializzati
via. Questa gente è pericolosa».
L’urgenza nel suo tono
la preoccupò non poco.
«Cosa ti hanno fatto?»
chiese, in un sussurro preoccupato, iniziando seriamente a credere che qualcosa
di molto importante le stesse sfuggendo da sotto al naso. «Malfoy?» chiamò,
quando lui chiuse gli occhi, come se qualcuno gli avesse appena dato un pugno
nello stomaco. Non ottenne risposta e la sua preoccupazione schizzò alle
stelle. «Draco?».
Si rese conto di aver
detto la cosa sbagliata quando lui rialzò la testa di scatto, puntandole
addosso gli occhi d’argento puro, molto più scuri di quanto non fossero
solitamente.
Hermione sentì un
brivido lungo la spina dorsale e, non c’erano dubbi al riguardo, non era un
brivido causato dalla paura.
«Augusto mi ha dato un
potentissimo afrodisiaco, Granger» le
disse, con la voce resa roca da qualcosa che Hermione ancora non riusciva –
oppure non voleva? – comprendere. «Credo che lui e sua moglie siano adepti al
culto… al culto di Dioniso» spiegò, a fatica, senza staccarle gli occhi di
dosso. Sembrava facesse fatica anche a respirare.
Un afrodisiaco.
«Ti senti male? Posso…
posso fare qualcosa per aiutarti? Io…» in difficoltà, Hermione si guadò
intorno. Tutto, pur di non fissare lui. Tutto, pur di non cedere alla
tentazione. Tutto. Non si rese
neppure conto di aver chiesto ad un uomo sotto l’effetto di quel genere di pozione se si sentisse
male. «Se vuoi andiamo via. Sono certa che al San Mungo sapranno come
aiutarti».
Malfoy strinse gli
occhi, ormai ridotti a due fessure di argento liquido e denso. «Sto troppo bene, Granger, ma grazie per
l’interessamento» la disse, sarcastico. «Non hai sentito cosa ti ho detto? Quei
due sono come due fottute baccanti, Granger. Hai capito?».
L’improvviso ricordo
di alcuni racconti piccanti letti durante un’estate parecchio calda le
tornarono alla mente. A lei erano sempre piaciuti i racconti dell’antica
Grecia, quindi leggere di riti orgiastici non era poi così difficile.
«Ma sono discendenti
di un Papa».
Malfoy riaprì gli
occhi, vagamente sconvolto. Il calore sulle sue guance non sembrava voler
diminuire, tutt’altro. «Granger, buona parte dei
nobili italiani discende da qualche Papa, questo non credo possa fermarli» le
disse, con voce roca, attraente. «Smettila di sconcertarti per cose così
ridicole, fai quello che devi. Devi trovare lo Specchio e ricordare dov’è
collocato, domani mattina torneremo per rubarlo. Quei due saranno troppo
sconvolti dalle emozioni della serata».
«Tu non sarai troppo
sconvolto?» gli chiese lei, dandosi mentalmente dell’idiota. Porgendo
quell’involontaria domanda, aveva condannato se stessa ad immaginare cosa avrebbe fatto Malfoy, per
sopportare quella smania che, com’era evidente, lo stava torturando al punto da
farlo spogliare e da non riuscire a trattenere i sospiri davanti a lei.
Idiota, Hermione, ricordati perché hai giurato di non
avere mai più un uomo nella tua vita!
Ricordarsi del passato
l’aiutò a ritornare in se stessa per qualche momento, un brivido di orrore ad
offuscare l’immagine di devastato tormento sessuale che Malfoy stava
trasmettendo. Un brivido per ricordarle chi era lei, chi era lui e ciò che, in
fazioni opposte, avevano vissuto.
«Io starò bene, ma
devi assicurarti di essere al sicuro a tua volta» le disse, trattenendo a
stento un sorriso. «Ricorda, sii invisibile e scappa via una volta vista la
Traccia. Probabilmente loro non saranno lontani. Cerca…» dovette fermarsi, come
se qualcosa lo avesse colpito nuovamente allo stomaco. Con la coscienza chiara,
Hermione si rese conto che non fosse proprio allo stomaco, il fastidio. «Cerca di non scandalizzarti e scappa
via, velocemente. Io ti raggiungerò a Londra domani mattina, non sono in
condizione di… di viaggiare, adesso».
Il suo tono sembrava
non ammettere repliche, ma lei era Hermione
Granger e non avrebbe mai preso ordini da lui.
«Troverò la Traccia e
la prenderò, poi ti raggiungerò e ti smaterializzerò via di qui. Cerca solo di
resistere fino al mio ritorno, poi potrò anche sedarti» ribatté infatti, fiera.
«Non preoccuparti, non sono così stupida da mettere in pericolo la mia vita. Se
mi renderò conto di non potercela fare, tornerò qui e ce ne andremo via».
«Granger…» Malfoy fece
per protestare, poi chiuse gli occhi e sospirò, un’emozione indecifrabile negli
occhi. «Cerca solo di non farti scoprire, non mi piacerebbe saperti violentata
quando avremmo dovuto lavorare insieme» si raccomandò, passandosi una mano fra
i capelli sconvolti. «Ma non tornare a prendermi, davvero… io sto esaurendo il
mio controllo» ammise poi, deglutendo rumorosamente. «Va’ via di qui, adesso, e
resta intera».
Sentendo la pelle
d’oca, Hermione si limitò ad annuire e dargli le spalle, pronta ad uscire.
Fece in tempo a
mettere la mano sulla maniglia della porta, prima di sentire un’imprecazione ed
il rumore dei passi veloci alle sue spalle.
Un momento dopo, si
rese conto che Draco Malfoy la stesse baciando.
Un bacio appassionato,
un contrasto di labbra, denti e lingua cui lei non era assolutamente preparata
ed a cui sapeva di non aver dato alcun consenso. Sentì le mani di lui fra i
capelli, sciolti mentre tornava in camera, e la pressione del suo desiderio
contro il ventre.
E, così com’era
iniziato, tutto finì. Lui si allontanò da lei, continuando tuttavia a guardarla
negli occhi, sconvolti quanto probabilmente erano anche i suoi.
Come il morso
dell’aspide, il veleno di quel bacio si irradiò in tutto il suo corpo.
Si fissarono sotto
shock, per qualche secondo, ognuno immaginando ciò che probabilmente stava
attraversando la mente dell’altro.
Mi hai baciata.
Tu hai risposto.
«Vai, Granger» la voce
di Malfoy era più roca di prima, quando fece un passo indietro. «Sto per
perdere tutto il mio autocontrollo e
questo non è il modo in cui avrei
voluto baciarti per la prima volta» le disse, dandole le spalle e mettendo in
bella mostra il fondoschiena che madre natura ed una frequente attività fisica
intensa gli avevano donato.
Hermione, sotto shock,
si rese conto solamente di due cose.
Il modo in cui avrei voluto baciarti.
Malfoy era nudo.
Lasciò la stanza il
più velocemente possibile, sbattendo la porta alle proprie spalle e poggiandosi
contro il legno per riprendere fiato. Sentiva la testa in fiamme ed il cuore
non aveva mai battuto così velocemente.
Neppure durante la sua prima volta, con Ron.
Neppure durante la proposta di matrimonio.
Quando si diresse
nell’ala vecchia, era ancora così sconvolta da non aver realizzato la cosa più
importante di tutte.
Malfoy aveva il braccio destro bendato.
»Marnie’s Corner
Bentrovati e bentornati, cari amici di EFP!
Prima di tutto, ho una pagina facebook!
Seguitemi per futuri aggiornamenti! [NB: è ancora in fase di allestimento, non
è proprio perfetta!]
BOOOOOOOOM! E NON DICO ALTRO! Ho dovuto
tagliare il capitolo qui, non potevo certo perdere l’occasione di tenervi tutti
col fiato sospeso!
Punti importanti:
» *Draco
sta facendo un riferimento a Freud. Il Dottor Crave è
anche esperto in psicologia babbana, come credo di aver precisato.
» **La delibera del Senato Romano in questione esiste davvero,
risale al 186 a.C. (Scusate, ma sono una giurista, non potevo permettermi di
ignorare il Senato).
» I Caetani sono persone strane, io ve l’avevo detto.
» I fratelli di Augusto sono
stati scoperti in flagranza d’incesto. Diciamo, però, che i due erano adepti
allo stesso culto del fratello e che non hanno saputo mascherare le prove. Oppure
Augusto li ha fatti scoprire per tenere tutta l’eredità per sé, quando i due si
sono suicidati per la vergogna? Impossibile saperlo!
» Il povero Draco viene ancora una
volta avvelenato.
» Hermione, Hermione, ti piace proprio mettere
il dito nella piaga, vero? Quel poverette sta già male di suo, tu che lo chiami per nome e fai la preoccupata di
certo non aiuti!
» Sia il titolo che la citazione fanno
riferimento al momento del bacio, ovviamente.
» Per evitare dubbi, i Caetani
non sono magici.
Il prossimo capitolo sarà molto HermioneCentrico, ci saranno nuovi dettagli riguardo ciò
che è successo fra lei e Ron. Per varie informazioni, immagini e altro rimando
alla pagina Facebook! (Ancora non c’è nulla, è un po’ sciocco visto che non
l’ha ancora vista nessuno!).
Grazie infinite a tutti
coloro che hanno commentato, i vostri pareri sono il cibo della mia
ispirazione, senza di voi non so neppure se avrei avuto il coraggio di
pubblicare ancora. Grazie, davvero.
Grazie ancora a chiunque leggerà,
-Marnie