Edit: Sono una persona stupida, per sbaglio ho
completamente mandato a quel paese l’html di questo capitolo (pubblicato
sabato) e, non pensando di poter semplicemente ricopiare quello del file
originale, ho cancellato tutto. Perché io sono stupida. Perdonatemi,
soprattutto se avete lasciato una recensione cui io non avevo ancora risposto o
simili. Faccio schifo.
Lo Specchio delle Anime.
“E un uomo, fosse sangue mio, ma pieno d'odio per lo Stato, non lo
vorrei con me.
Sono convinto!
Stato significa sicuro porto; se
naviga diritto noi, gente imbarcata, sentiamo d'appartenerci tra di noi,
solidali.
Con queste regole farò grande Tebe,
io”1
[Sofocle, Antigone –
Creonte]
“V'abbaglia, potenti di Tebe, la scena di me sola sopravvissuta dei re che soffro, da che gente, e che cose:
io che a sacro gesto consacrai me stessa”. 1
[Sofocle, Antigone –
Antigone]
Atto
XVI – Parte III
Più
mirabile dell’uomo2.
Quando Narcissa Malfoy entrò nella camera di suo
marito, quel giorno, vi trovò una persona che non credeva avrebbe mai avuto il coraggio
di fronteggiare, nonostante l’avesse affrontata moltissime volte, in tutti i
suoi incubi peggiori.
Con i lunghi capelli rossi raccolti in una coda
disordinata ed il viso stanco di qualcuno che avesse dimenticato cosa fosse una
buona notte di sonno, Ginevra Weasley osservava il corpo inanimato di Lucius
senza trasmettere alcun tipo di emozione. Quando si voltò verso di lei, quasi
sembrò non notarla, tanto impassibile fu il suo sguardo.
«Signorina Weasley» fu tutto ciò che la donna
riuscì a dire, girando intorno al letto per avvicinarsi di più al marito.
Quando gli posò la mano sul braccio e sentì ancora il calore della sua pelle,
tirò un sospiro di sollievo. Non che avesse creduto possibile che la giovane –
una Weasley – potesse davvero
uccidere qualcuno di indifeso, per quanto questo qualcuno fosse Lucius Malfoy,
ma la sicurezza non era mai troppa.
Dopotutto, si
disse, erano giorni molto strani.
«Lei sa che la mia migliore amica e suo figlio
sono colleghi da mesi, ormai» le disse invece la rossa, apatica, poggiando le
spalle allo schienale della poltrona su cui era seduta, gli occhi scuri ancora
puntati sul corpo dell’uomo. «Recentemente sono diventati qualcosa di più» aggiunse, quando la vide
annuire, accennando un sorrisino quando notò lo sconcerto sul suo viso.
Qualcosa
in più, aveva detto. Narcissa non era particolarmente sorpresa, in
tutta sincerità, soprattutto perché Draco era stato molto chiaro riguardo ai
suoi propositi, quando si era deciso a far ritorno a casa, quasi un paio di
settimane prima3. Così chiaro che, per un attimo, sua madre aveva pensato che avesse già ottenuto
qualcosa.
Evidentemente il suo istinto non si era sbagliato.
«Non mi sembra molto sconvolta, signora Malfoy»
disse la Weasley, vagamente accigliata e, forse, con un leggero disappunto
stampato in viso. Sembrava essersi aspettata una qualche reazione esagerata, da
parte sua. «L’idea che suo figlio si porti a letto una sanguesporco non la disgusta? Dopotutto, era contro questi abomini che avete lottato per tutta la vita».
Quel suo tono velenoso, per un attimo, fece
irrigidire Narcissa, ma non avrebbe mai mostrato nulla, non a quella ragazza,
non quando era piuttosto evidente che lei stesse aspettando solo un suo segnale
di stizza, per esplodere.
Era sempre stata la più diplomatica fra le sue
sorelle, lei. Sempre la prima a farsi avanti come paciere ed a fare da
rappresentante per i parenti un po’ meno dotati nel parlare ma decisamente più
forti quando si trattava di venire alle armi. Difficilmente quella ragazzina tanto
impertinente le avrebbe fatto perdere la calma.
«Se davvero l’idea mi disgustasse ancora, Miss
Weasley,» iniziò quindi, accomodandosi a sua volta nell’ultima poltrona libera
della stanza, quella che aveva fatto portare una volta che le visite di Draco a
suo padre erano diventate regolari, dopo la morte della figlia del dottor
Crave, «probabilmente non accoglierei in casa mia Andromeda, mia sorella, ed il
suo adorabile nipotino. Credo che lei conosca bene il giovane Teddy, non è
forse il figlioccio del suo fidanzato?» le fece notare, secca, accennando un
piccolo sorriso di cortesia. «La reputo molto più intelligente di così, Miss.
Non può credere davvero che io potrei avere problemi con chiunque mio figlio
decidesse di sposare. Perché immagino lei sappia
che la sua storia con Miss Granger non possa che essere seria».
Quella sua risposta pacata dovette non piacere
alla rossa, perché strinse i pugni.
«Io non credo che lei avrebbe problemi con
Hermione, no» ammise infine, sollevando gli occhi nei suoi per un solo istante.
«Probabilmente sarà fin troppo gentile con lei, abbastanza da farla sentire
molto a disagio, per i primi tempi» accennò un sorriso amaro, scuotendo il
capo. «Credo proprio che, alla fine, potrebbe addirittura piacerle molto più di
quanto non le sia mai piaciuta mia madre. Lei non mi sembra un tipo molto
invadente».
Era un
complimento? Narcissa non lo sapeva. Dopotutto, qualcosa aveva
spinto la più giovane Weasley ad allontanarsi dal nido familiare, insieme al
fidanzato ed alla signorina Granger.
«Se non crede che io avrei problemi con lei,
perché è qui?» domandò allora la donna, accigliata, sfiorando amorevolmente le
dita immobili del marito. Lucius aveva sempre adorato quei lievi contatti, lo
aiutavano a sopportare le angherie che quella vita che gli avevano imposto e
che aveva portato, alla fine, alla quasi totale distruzione della loro
famiglia.
«Lei non
avrebbe problemi e, infondo, potrebbe anche meritare una nuora come Hermione.
Harry mi ha raccontato cosa ha fatto per lui ed io so che ha sempre cercato di difendere suo figlio, Andromeda è stata
sempre molto chiara al riguardo» ammise Ginevra, per poi fare una smorfia. «Ma lui non merita Hermione. Non merita
nulla».
La cattiveria con cui parlò di suo marito le fece
gelare il sangue nelle vene. Erano anni che qualcuno non parlava così
brutalmente di lui, provando pietà, probabilmente, per un povero disgraziato
bloccato in soli trenta minuti di coscienza ogni giorno.
Ma Ginny Weasley non provava pietà.
«Cosa vuole da mio marito, signorina?» chiese
quindi, sentendo una certa inquietudine nascerle nel petto. Forse il suo primo
pensiero non era stato poi così lontano dalla verità. Quella ragazza si era
ritrovata completamente sola, con l’amore della sua vita in bilico fra vita e
morte e per cause completamente sconosciute. Il desiderio di vendetta si
sarebbe potuto manifestare in qualunque modo, in lei, portandola a scegliere
una vittima ideale, secondo un macabro senso di giustizia divina che i
disperati soltanto potevano avere.
«Sa, a causa di suo marito io sono stata il
burattino di Voldemort, durante il mio primo anno» le disse, con una
tranquillità che, per un istante, suonò inquietante. «Un anno trascorso senza
sapere cosa mi stesse succedendo, persa nell’incoscienza, con le mani sporche
di sangue di cui non conoscevo la provenienza» continuò, apatica. Il suo viso
pallido sembrò simile a quello di una banshee, agli occhi di Narcissa,
facendole stringere il petto in una morsa. «Lo volevo morto, signora Malfoy. La
morte è ciò che merita per tutti i mali che ha causato».
«La nostra legge vieta l’omicidio come punizione,
signorina Weasley» le fece notare allora, con un filo di voce, raggiungendo la
bacchetta con la mano libera e cercando di ricordare tutti gli incantesimi di
difesa imparati durante gli anni scolastici. L’attacco era da escludere, ma,
forse, avrebbe potuto guadagnare un po’ di tempo.
«La legge, spesso, è diversa dalla giustizia, signora» le fece notare la
rossa, tornando ad osservarla con pacata tranquillità. «E suo marito merita di morire».
***
Camminarono per quelle che sembrarono delle ore,
cominciando a percepire la stanchezza come un dolore sordo alle ossa. Non erano
davvero stanchi, era come se la necessità del sonno fosse stata completamente
estirpata dai loro corpi. Eppure, al tempo stesso, faticavano a muovere più di
una decina di passi al minuto, come se il loro istinto si stesse scagliando
contro la loro decisione di continuare il viaggio.
Hermione era stata la prima a risentire dello
stress, Draco l’aveva notato immediatamente. Il suo viso era stato presto
percorso da piccole gocce di sudore, i suoi occhi avevano iniziato a faticare
nel restare aperti e vigili.
Ovviamente, aveva
pensato lui, lei è la più razionale.
Si erano riposati, quando le loro ginocchia
avevano iniziato a cedere. Si erano accoccolati in un angolo del corridoio ed
avevano iniziato a parlare per tenere la mente impegnata. Lei gli aveva
raccontato della sua infanzia, del lavoro dei suoi genitori e del giorno in cui
aveva ricevuto la lettera per Hogwarts. Lui, invece, le aveva raccontato dei
pomeriggi trascorsi in riva al fiume, mentre sua madre prendeva il tè e lui
giocava con le sue scope per bambini, poi di alcune delle sue missioni lontano
dall’Inghilterra, dove nessuno sapeva del suo passato e della cicatrice che gli
deturpava il braccio.
Parlare con lei era stato bello, Draco lo aveva ammesso immediatamente con se stesso. Forse,
una vola che avesse deciso di aprirsi riguardo gli anni della guerra, avrebbe
avuto modo di rivelarle cose che neppure il Dottore era riuscito ad
estorcergli.
Naturalmente, la loro pace non fu duratura. Il
tempo incalzava ed il primo giorno era ormai terminato, avevano ancora altre
quattro prove da superare e dubitava fortemente che sarebbero state veloci come
quelle di Ulisse e Pandora.
Il pensiero della scatoletta che Hermione teneva
in tasca gli fece provare un brivido. Lui non si fidava di quell’aiuto tanto
importante e non si fidava della sua curiosità. Cosa sarebbe successo se
l’avessero aperta prima del dovuto?
«Ho come la sensazione che siamo arrivati» gli
disse, improvvisamente, la Granger, posandogli la mano sul braccio ed indicando
qualcosa che si stagliava davanti a loro. «Sembra un portone di marmo, Draco,
non c’è bisogno di sforzarti così» aggiunse, quando notò quanto difficoltoso
fosse per lui comprendere di cosa stesse parlando. Avendo lasciato gli occhiali
a casa e complice quello strano buio che li circondava, per lui era molto
complicato distinguere le forme lontane4.
Avrebbe fatto bene a seguire il consiglio di
Laurie, una volta tornato a casa, e comprare quelle strane lenti a contratto.
«Non prendermi in giro, Mezzosangue, vorrei vedere
te al mio posto» si lagnò allora lui, iniziando ad avanzare nella direzione
indicata, finché i dettagli del portone non furono chiari anche ai suoi poveri
occhi.
Si trattava, in effetti, di un grande portone di
marmo, ma il particolare più importante si stagliava in cima ad esso, in una
iscrizione che a Draco fece venire i brividi.
Lex
vincit omnia5.
«Questa è la porta di un tribunale, Granger» le
disse, cupo, quando lei si girò a guardarlo con la sua solita espressione di
preoccupata curiosità. L’impossibilità di mentire, in quel luogo, gli impediva
di controllare le proprie emozioni. «Se proprio vogliamo esser pignoli, la
porta del tribunale speciale che il Ministero ha istituito sotto Londra per
processare i Mangiamorte, dopo la guerra6».
«La Legge vince su tutto» tradusse quindi lei,
annuendo leggermente. «Ho sempre pensato che fosse una frase piuttosto
rassicurante, tu no? Chi ha sbagliato e non è giustificato, deve pagare, così
che la legge possa essere davvero uguale per tutti».
Draco non riuscì a trattenere la stizza nella sua
voce. «La Legge non può essere sempre
uguale per tutti, Mezzosangue. Dov’è la giustizia, in una legge sempre e
comunque fedele a se stessa?».
«Questo è
esattamente il mio pensiero» una voce di donna, dalle profondità del buio
dietro di loro, li fece sobbalzare. Una giovane, con lunghi capelli color
dell’ebano e profondi occhi scuri, avanzò fra le ombre, recando in mano quella
che sembrava essere una bilancia d’oro. «La legge è umana, la giustizia viene
dagli dei. Chi siamo, noi, per decidere di andare contro la loro volontà?».
«La legge è ciò che consente ad una civiltà di prosperare.
Senza delle regole, il mondo sarebbe stato perduto millenni fa» ribatté
immediatamente Hermione, non riuscendo a resistere alla tentazione di far
valere la propria posizione. «La Legge deve
essere giusta, ma la giustizia senza legge sarebbe solo anarchia».
«Quindi, mia cara, stai dicendo che la giustizia
deve essere asservita alla legge e non il contrario» ribatté la donna,
avanzando ancora verso di loro e mostrando un meraviglioso abito del colore del
cielo al tramonto. «La giustizia, quindi, dipenderà solo dalla volontà umana,
perché è la regola a dettare la struttura del mondo».
Hermione si accigliò, guardando Draco come in
cerca di un sostegno che, purtroppo, non avrebbe ricevuto da lui. Non quella
volta. «Non è quello che ho detto, non è vero? Io… perché mi guardi così,
Malfoy?» gli domandò alla fine, come esasperata.
«Ragioni come un avvocato, Granger» fu tutto ciò
che le disse, voltandosi verso la donna. «Immagino di star parlando con
Antigone, non ho ragione? La principessa di Tebe, figlia di Re Edipo» aggiunse
quindi, chinando il capo in un gesto rispettoso. «Sono un grande ammiratore del
modo in cui hai mandato al diavolo tuo zio per fare ciò che ritenevi giusto».
«Ammiri
qualcuno pronto a sfidare il mondo per puro egoismo, ragazzo».
Una nuova voce, questa volta maschile, li
raggiunse nuovamente dal folto delle ombre alla loro sinistra. Dalla stessa
direzione, un attimo dopo, giunse un uomo con indosso una meravigliosa toga
purpurea ed in mano delle pergamene, probabilmente delle leggi.
«Il suo non è stato egoismo, Re Creonte» gli
rispose allora Draco, avendo immediatamente compreso chi li stesse
fronteggiando. «Ha dato sepoltura a suo fratello, lo stesso cui tu volevi negare quel minimo segno di
rispetto».
«Non sono stato io a deciderlo, ma la legge» ribatté Creonte, voltandosi verso
Hermione. «Tu cosa avresti fatto, mia cara? La legge imponeva di punire il
colpevole e lui lo era, aveva scatenato una guerra civile e l’aveva persa, io
ho solo fatto il mio dovere, a malincuore. Si trattava di mio nipote,
dopotutto».
«Dare una degna sepoltura è un diritto che non può
essere negato a nessuno» insistette
Draco, a denti stretti, rammentando tuttavia l’orrore con cui in molti si erano
opposti al ricovero di suo padre, quando la malattia l’aveva ridotto ad un
vegetale.
«Non è della sepoltura
che stiamo parlando, Draco» intervenne Hermione, stranamente seria e pallida.
«Praticamente è ciò che è successo a Barty Crouch e suo figlio, ricordi? L’ha
condannato, pur essendo suo figlio. Se avesse rispettato la legge, se non
avesse cercato di fare la cosa giusta,
per lui, allora lui non sarebbe scappato e forse Voldemort non sarebbe mai
risorto. Tutto è successo perché lui non si è saputo attenere alla legge».
«Se si fossero sempre attenuti alla legge, il
professor Lupin non avrebbe ricevuto l’Ordine di Merlino e mia cugina Ninfadora
non avrebbe potuto sposarlo. I licantropi non erano considerati esseri umani,
quindi tutte le leggi che riguardano il matrimonio non potrebbero essere
applicate… Teddy sarebbe poco più di un bastardo, grazie alla tua legge» ribatté quindi lui, cupo,
resistendo a stento all’istinto di allontanarsi da lei.
Dietro di loro, Antigone e Creonte li osservavano
in silenzio, finché non si fecero avanti ed indicarono le grandi porte.
«Tu verrai con me, Draco» disse l’uomo, indicando
la parte sinistra della grande apertura nel muro. «Mentre tu, Hermione, andrai
con mia nipote Antigone» aggiunse, mentre la donna indicava la parte destra.
«Datevi un bacio» aggiunse proprio lei, dolcemente.
«Potreste non rivedervi più come siete adesso… potreste addirittura non
rivedervi proprio».
***
Quando si ritrovò in un’aula di Tribunale,
Hermione si sentì improvvisamente spaesata. Antigone era sparita e le persone
che la circondavano erano stranamente familiari.
Comprese di trovarsi in una versione distorta del
suo mondo quando vide il suo capo, Adalbert Hicklebottom7,
raggiungerla con il peggiore fra i suoi sguardi seri e si rese poi conto di
indossare, a sua volta, la toga da Inquisitore.
Si trovava ad un processo in cui era lei a dover condurre l’accusa.
«Hermione, mia cara, spero tu abbia portato gli
appunti» le disse il suo superiore, «io ho perso i miei e non ho avuto modo di
riscriverli».
Lei si trattenne dall’alzare gli occhi al cielo.
Era sempre così, con quell’uomo: sarebbe stato capace di perdere la testa, se
non fosse stata attaccata al resto del corpo, ma non dimenticava neppure una
virgola della storia dei suoi indagati.
«Credo di essere fornita, signore, non si
preoccupi» gli rispose lei, prendendo posto al tavolo dell’interrogatorio.
L’indagato aveva il viso coperto, stranamente, ma lei non si preoccupò. Il
fatto che fosse un uomo o una donna sarebbe stato superfluo da verificare.
Importanti erano solamente i delitti commessi, nulla di più.
«Allora possiamo iniziare» si rallegrò il Capo
dell’Ufficio Inquisitori, accomodandosi al suo fianco e congiungendo
pacificamente le mani davanti a sé. Aveva l’espressione improvvisamente stanca,
triste, come ogni volta che sapeva di
dover accusare qualcuno.
L’unico
uomo che avrebbe preferito poter perdonare tutti era lo stesso che aveva il
potere ed il dovere di condannarli.
«L’imputato è un Mangiamorte riconosciuto, il
possesso del Tatuaggio certifica la sua appartenenza alla cerchia più ristretta
di Lord Voldemort» lesse Hermione, direttamente dal suo fascicolo. «A quanto
pare, l’imputato ha approfittato della propria posizione per introdurre
illegalmente dei Mangiamorte in luogo protetto, ha attentato alla vita di tre
diversi maghi residenti in suddetto luogo, di cui uno, oltretutto il più
importante, effettivamente deceduto, ed ha attivamente preso parte alla
Battaglia di Hogwarts». La lista di precedenti era ammirevole, nonostante non
ci fossero tantissimi omicidi sulla sua fedina penale era comunque un
curriculum di tutto rispetto. Gli avrebbe fatto guadagnare un bel po’ di anni
ad Azkaban.
«Oltretutto è stato trovato in possesso di cimeli
oscuri dal potere incommensurabile. Le ricordo che si trova sotto Veritaserum,
ogni tentativo di mentire risulterà in una verità possibilmente più dolorosa,
per lei» si intromise il suo capo, con sguardo grave. «Nega queste accuse?».
Lentamente, come se quel gesto gli costasse
tantissimo, l’imputato scosse il capo.
«In base alla legge vigente nel territorio delle
Isole Britanniche, sottoposte alla guida del provvisorio governo Shacklebolt,
lei verrà condannato alla pena massima» continuò quindi Hicklebottom,
accennando poi ad Hermione. «Proceda, Inquisitore».
Improvvisamente ansiosa, Hermione puntò la
bacchetta contro l’imputato, immaginando che da un istante all’altro sarebbero
arrivati degli Auror per poterlo via. L’aver sentito parlare di governo provvisorio le aveva fatto
comprendere di doversi trovare davanti ad uno degli imputati del Tribunale di
Hogwarts6, creato per giudicare i responsabili della Seconda Guerra
Magica. Era stato un tribunale molto criticato, poiché vi avevano preso parte
tantissimi giudici stranieri, essendo tantissimi quelli inglesi chiamati in
giudizio.
E lei era diventata uno di loro.
Quando, dalla grande porta alle spalle del
soggetto incappucciato, uscì un Dissennatore, Hermione si sentì gelare il
sangue nelle vene.
«Ma Signore, i Dissennatori non sono più
utilizzati per l’esecuzione delle pene!» insorse immediatamente, tentando di
balzare in piedi ma ritrovandosi disgraziatamente bloccata sulla sua sedia.
Cercò lo sguardo del suo capo, immaginando che anche lui sarebbe stato
sconvolto, ma ottenne soltanto un’occhiata confusa. «Signor Hicklebottom, non
possiamo permetterlo! Il Ministro Shacklebolt l’ha vietato subito dopo esser
stato nominato!».
«La legge non è cambiata, Hermione cara» le fece
notare l’uomo, infinitamente triste e carico di compassione. «E noi dobbiamo
applicare la legge. Neanche a me piace, ma dura
lex, sed lex8» ammise, cupo, voltandosi nuovamente verso
l’indiziato. «Il nostro compito è, semplicemente, quello di collegare la pena
al reato, nulla più».
Hermione si irrigidì. «Lei mi ha sempre detto che
il nostro compito è quello di misurare la colpevolezza e giudicare in base a
quella ed al senso di giustizia, oltre che in base alla legge» mormorò,
sentendo la pelle d’oca aumentare man mano che la creatura oscura si
avvicinava. L’imputato era sempre più rigido, ma sembrava aver accettato la sua
condanna.
Non c’era speranza, se la legge non poteva esser
piegata.
Un dubbio improvviso la colse, giusto un attimo
prima che le mani scheletriche del mostro raggiungessero il cappuccio
dell’imputato. Un dubbio che l’avrebbe uccisa, se il suo cuore non le avesse
urlato di dover reagire ad ogni costo, per impedire che quell’incubo divenisse
realtà.
Quando gli occhi grigi di Draco si posarono su di
lei, percepì il proprio petto accartocciarsi in un singolo punto, come se tutto
il suo essere fosse stato risucchiato in un solo buco nero. Avrebbe pianto, se
avesse potuto. Avrebbe urlato, se ne avesse avuto la forza.
Ma il Dissennatore si avvicinava e Draco era
bloccato dalle sue mani scheletriche, senza alcuna via di fuga, gli occhi
argentei puntati su di lei senza alcun tipo di accusa, senza rimpianto.
Solo amore. Amore per lei, che l’aveva condannato.
«No! Signore, non possiamo… ci sono prove, lui…
lui non è colpevole!» provò ad
urlare, cercando in ogni modo di afferrare per il braccio l’inquisitore che
l’affiancava. «Lui è stato costretto, non…».
Il Dissennatore sembrava muoversi al rallentatore,
per nulla intenzionato a fermarsi. Il cuore di Hermione batteva così forte da
sembrare sul punto di sfuggirle dal petto per poterlo raggiungere.
«Mi dispiace, Hermione, ma ti sbagli» le disse
Hicklebottom, accigliato. «Lui ha ammesso i suoi crimini, quindi è colpevole,
lo dice la nostra legge. Non esistono scusanti».
Il Dissennatore si chinò su Draco, Hermione provò
ancora a ribellarsi ma si ritrovò sempre più bloccata contro la poltrona.
«Dobbiamo fare qualcosa, non è giusto!» urlò allora, tentando
inutilmente di divincolarsi. «Non è giusto!
Non possiamo farlo morire così, no!
Non è umano, lei me l’ha sempre detto! Noi possiamo cambiare la sentenza!»
continuò, con le lacrime agli occhi, imponendo a se stessa di sbarrarli e
voltare il capo, pur di non vedere. Non era un comportamento da Grifondoro, ma
non poteva far altrimenti. La vista del bacio
sarebbe stata troppo, per lei.
Sarebbe
impazzita.
Improvvisamente, il suo capo fu alle sue spalle,
le mani ai lati del viso per costringerla a guardare davanti a sé. «Apri gli
occhi, ragazza. Non puoi permetterti debolezza, la legge non lo consente. Noi
dobbiamo applicarla, senza pensare a chi abbiamo davanti. Guarda, Hermione».
«No!».
«Guarda».
Quando alzò lo sguardo su Draco, riuscì a cogliere
l’ultimo sguardo innamorato che le avrebbe mai lanciato, un attimo prima che la
sua anima, così bianca e luminosa da non
poter essere colpevole, venisse risucchiata via dal Dissennatore, lasciando
che lui si accasciasse, vuoto e spento.
Le mani di Hicklebottom, allora, si trasformarono,
divenendo delicate mani di donna. La sua stretta ferrea divenne un abbraccio
dolce, carico di un affetto e di una comprensione commoventi.
«La legge
senza la Giustizia non esiste, mia cara. Adesso anche tu sai di dover essere
grata per l’umanità mostrata da altri».
***
«Tu meriti di morire».
La certezza che quella non fosse la vera Rosemary non
lo aiutò ad elaborare con maggiore facilità il significato di quelle terribili
parole.
Incatenato ad una sedia all’angolo della grande
Sala, Draco sentì le ginocchia tremare e ringraziò di non poter più perdere
l’equilibrio. La giovane era esattamente come l’aveva vista nel suo sogno
indotto dal Djinn, bellissima e felice, realizzata in quel futuro che in realtà
non avrebbe mai potuto ottenere. Stava camminando intorno ad un uomo, lui non
poteva scorgerne il viso, e sembrava intenzionata a realizzare quella promessa
di morte fatta poco prima con le sue stesse mani.
«Lo sai benissimo, non è vero? Meriti di morire,
perché, infondo, è solo colpa tua se io sono morta» continuò la ragazza,
ignorando completamente Draco. Girava intorno alla sua vittima come un leone
intorno alla sua preda. In quel momento, il giovane ebbe davvero paura. Doveva
esser successo qualcosa di orribile, se proprio
lei era arrivata a dimostrare tutto quell’odio. «Sarei potuta diventare
grande. Sarei diventata la migliore,
lo sai» aggiunse, dando un calcio ad una gamba dell’uomo, che non emise alcun
suono. «Ma io non ero abbastanza, per te, non è vero?».
Abbastanza.
Una campanella d’allarme si attivò sul fondo della
coscienza di Draco, un sospetto terribile ad assillarlo.
Che fosse
il Dottor Crave? Dopotutto, lui stesso non aveva fatto altro che
professare la sua colpevolezza per la morte della figlia, nonostante non
potesse – non dovesse – averne alcuna responsabilità. Quell’uomo amava
profondamente la figlia e da lei era sempre stato ricambiato, possibile che, in
fondo al suo cuore, Rose serbasse tanto rancore?
Qualunque fosse la ragione di ciò cui stava
assistendo, Draco non aveva intenzione di restarsene con le mani in mano.
«Rosemary» chiamò, fermo, cercando di divincolarsi
con tutte le sue forze. «Rose,
fermati! Lascialo stare, sai bene che non è davvero colpa sua» continuò,
guardandosi intorno alla ricerca di una qualunque cosa che potesse aiutarlo a
liberarsi.
Lei, come se si fosse resa conto della sua
presenza solo in quel momento, si voltò nella sua direzione e sorrise in modo
macabro, facendogli venire la pelle d’oca.
«Non è stata colpa sua? Tutto è stato colpa sua» gli rispose, con un verso sprezzante,
avvicinandosi a Draco velocemente – troppo
velocemente – e portando il viso a pochi centimetri dal suo, quasi avesse
voluto baciarlo. Abbastanza vicino da consentirgli di notare quanto innaturale
fosse il pallore del suo viso e l’assenza della pupilla nei suoi occhi. Non
c’era niente di umano, in lei, e la cosa lo terrorizzò.
Spettro9, pensò
la parte più razionale della sua mente, mentre il resto di lui tentava di
scovare una via d’uscita, osservando freneticamente i dintorni. Non ricordava
molto delle lezioni di Difesa, nonostante Piton avesse tentato di insistere,
conscio che con la guerra imminente sarebbero stati tantissimi gli spiriti
vendicativi pronti ad aggirarsi per la terra dei viventi. Erano un po’ come i
fantasmi, ma animati da un incontrollabile desiderio di morte e distruzione,
capaci di portare i responsabili della loro morte alla follia nel modo più
atroce e doloroso possibile.
Che quella sua visione non fosse semplicemente
frutto della magia dei Dàimones? Che lo spettro di Rosemary stesse realmente
perseguitando il Dottore, impedendogli di accettare il lutto e spingendolo a
chiudersi in se stesso?
Quella possibilità gli fece gelare il sangue.
«Rose, lui non avrebbe mai voluto questo per te. Ha fatto di tutto per
aiutarti» provò a farla ragionare, allora, nonostante fosse ben cosciente di
non poter far nulla. Gli spettri erano
fatti solo di rabbia, non c’era spazio per la ragione in loro. «Ti prego,
io so che non puoi essere davvero
così decisa a fargli del male. Ricorda la promessa che mi hai fatto fare.
Ricorda quanto lo amavi» continuò, disperato, dimenandosi senza sosta nella
speranza di potersi liberare dalla presa delle catene.
Come fulminato, lo spettro di Rosemary si
allontanò di qualche centimetro, osservandolo confusa. «Tu credi che io stia
perseguitando mio padre?» gli chiese,
sembrando improvvisamente più umana, gli occhi senza pupilla inondati da
lacrime di sangue. «Il mio povero papà, che sta perdendo se stesso per il
rimorso di aver perso me?» continuò,
portandosi una mano al petto. L’espressione triste cambiò velocemente,
trasformandosi in una smorfia furiosa. «Non
osare nominare mio padre! Lui ha già sofferto troppo!» urlò,
riavvicinandosi con violenza e piantandogli le mani gelide sul collo, come a
volerlo soffocare. Con un gesto brusco, poi, indicò l’uomo nascosto fra le
ombre, rimasto in silenzio fino a quel momento.
Con orrore, Draco riconobbe improvvisamente il
profilo elegante ed i capelli biondi, ormai tendenti al bianchi, della vera
vittima di quella persecuzione.
Lucius Malfoy sembrava aver accettato il suo
destino, placidamente abbandonato su una sedia da torture medievali che suo
figlio aveva più volte notato nei sotterranei di Malfoy Manor10.
Decisamente più sano e più giovane rispetto l’ultima volta in cui si erano
visti, l’uomo non sembrava aver subito tutte le angherie che gli ultimi anni
avevano lasciato sul suo corpo.
Quando vide Draco, accennò un sorriso.
«Sono felice che toccherà a te, farlo» gli disse,
tranquillo. «Dopotutto, io devo pagare per aver tolto la figlia ad un altro
padre, quindi è giusto che mio figlio uccida me. I babbani lo chiamano Karma,
credo».
Mio
figlio uccida me. Quelle parole sembrarono tuonare nel petto di
Draco che, improvvisamente, si ritrovò davanti a lui, bacchetta in mano e
puntata contro il cuore di suo padre.
Non ricordava neppure di essersi mosso.
Rosemary, alle sue spalle, rideva sguaiatamente.
«Adesso Lucius Malfoy pagherà! Pagherà per quello che mi ha fatto!» cantilenò,
somigliando orribilmente a Bellatrix nei suoi momenti di peggiore follia. «E
sarà il suo stesso rampollo ad ucciderlo! Ah-ah!».
Raggelato, Draco tentò di voltarsi verso di lei,
senza tuttavia poter distogliere gli occhi dell’uomo davanti a lui. «Rose, no!
Sei stata tu stessa a dirmi che mio padre ha tentato di aiutarti… come può
essere colpa sua?» le domandò, disperato. «Lui ha mandato gli Auror, me l’hai
raccontato prima di morire…».
Lo spettro rise più forte, con cattiveria. «Ma è
stato per colpa sua se mi hanno torturata fino a ridurmi al nulla… lui ha
provato ad intercedere e Voldemort ha
deciso che io non servivo più, perché lui
lo aveva convinto della mia inutilità…» sbottò, in un sibilo crudele, girando
intorno ad entrambi i Malfoy come se avesse dovuto decidere chi dei due sarebbe
stato il primo a morire per mano sua. «E poi, gli altri colpevoli sono tutti
morti, io non ho nessun altro da perseguitare, se non lui…».
«Ma non puoi! Non ha senso! Mio padre ha pagato
per i suoi errori, devi trovare qualcun altro che-».
«Pagato?»
lo interruppe lo spettro, posizionandosi alle spalle dell’uomo. «Lui non ha
pagato nulla, non per me. Quella che tu chiami pena, io la chiamo ingiustizia. Ha ucciso, ha torturato,
eppure è ancora vivo, con una famiglia che lo ama e quasi tutte le sue
ricchezze» continuò, sibilando, mentre le sue mani ad artiglio graffiavano il
collo pallido della sua vittima. «Io pretendo
la mia giustizia, Malfoy, e tu me la darai» ordinò quindi, mostrando i denti
innaturalmente appuntiti. «E poi toccherà a lei!»
con un cenno, indicò un altro angolo buio, in cui Draco riuscì improvvisamente
a distinguere il corpo senza sensi di Hermione.
L’orrore che lo colse gli fece venire la nausea.
«Perché anche lei? Cosa ti ha fatto?» urlò,
cercando in tutti i modi di aprire le dita della mano e far cadere la bacchetta
che ancora, testardamente, teneva in pugno. Non voleva uccidere suo padre, ma
non aveva la minima intenzione di
avvicinarsi alla sua Granger con un’arma in mano. Sicuramente non quando
quell’arma avrebbe potuto ferirla, piuttosto che proteggerla.
«Non lo sai, Draco?» lo scimmiottò allora Rosemary,
crudele. «Non lo sai che è stata lei
a garantire l’amnistia a tuo padre, quando si è ammalato ad Azkaban? È per
colpa sua se lui non è già morto».
Abbiamo
avuto un aiuto inaspettato, gli aveva detto Theodore Nott, l’avvocato
di famiglia, quando era uscito dall’udienza per la scarcerazione umanitaria di
suo padre. Non aveva aggiunto altro, nonostante le insistenze di Narcissa.
In quel momento, Draco comprese perché.
Non
avrebbe accettato mai l’aiuto di Hermione, prima.
«Hermione ha solo fatto il suo dovere, non puoi
prendertela con lei!» sbottò quindi, spaventato, cercando con lo sguardo
Rosemary, senza tuttavia riuscire a scovarla. «Lei ha solo fatto ciò che la
legge le chiedeva!».
«La legge, che concetto banale» la voce della
giovane, proveniente dalle sue spalle, lo avrebbe fatto trasalire, se avesse
avuto il controllo del suo corpo. «La vendetta, invece, fa parte dell’uomo,
così come la paura e la morte»
continuò, allegra, passandogli le unghie affilate sul collo e costringendolo a
riportare l’attenzione su Lucius, placidamente abbandonato su quella maledetta
sedia delle torture. «Adesso, Draco, uccidilo».
L’immagine degli occhi di suo padre che si
spegnevano lentamente non avrebbe mai abbandonato Draco, negli anni. Quel lampo
di comprensione, di gratitudine, lo
avrebbero perseguitato per sempre, nonostante la consapevolezza che, forse, una
volta superate le prove avrebbe avuto modo di incontrarlo di nuovo, di
recuperare quell’affetto che, per tutta la sua vita, credeva di non aver mai
ricevuto.
«Questo è
ciò che accade, se non esistono regole al mondo» la voce di Creonte,
improvvisa, sembrò giungere dallo stesso punto da cui aveva sentito provenire
quella di Rosemary. «L’uomo è una
creatura razionale, Draco, e necessita di regole. Non è con la sola vendetta
che si riporta l’equilibrio».
***
«Perché non l’hai ucciso, allora?» la voce di
Narcissa era pacata, nonostante fosse ancora colma di terrore. Ginny Weasley si
era alzata in piedi e si era diretta verso l’uscita, dopo averle comunicato quel
verdetto sulla sorte di Lucius. «Ne avresti avuto tutto il tempo, prima del mio
arrivo».
La giovane accennò un sorriso triste, osservando
l’uomo privo di conoscenza. «Credo che questa condizione sia ben peggiore della
morte, Signora. Suo marito sta pagando
per i suoi crimini verso di me e verso tutti gli altri» spiegò, tranquilla.
«Non sta a me giudicare, il giusto senza il corretto
è niente ed io non voglio innalzarmi a giudice e boia come ha fatto lui, prima
e durante la guerra».
Sentendosi improvvisamente debole, per quanto
sollevata, Narcissa annuì.
«Non lo perdonerà mai, non è vero?».
«Io no, ma si assicuri che suo marito, se mai
dovesse recuperare le sue facoltà, riesca a farsi perdonare da Hermione. Lei
non merita un suocero ingrato, non dopo quello che lei ha fatto per tutti voi»
spiegò, secca, puntando gli occhi scuri in quelli della donna.
Quel dubbio, quel vecchio dubbio che per
tantissimo tempo aveva torturato la signora Malfoy, tornò prepotentemente a
farsi sentire, scavando fra i suoi pensieri per conquistarsi il primato.
«Lei ha garantito affinché Lucius potesse essere
ricoverato, non è vero?».
«Si assicuri che lui le dimostri riconoscenza».
»Marnie’s Corner
Bentrovati e bentornati, cari amici di EFP!
Prima di tutto, ho una pagina facebook! Seguitemi per futuri aggiornamenti!
Ho dato sfogo ai miei studi di filosofia del diritto, dovete perdonarmi.
Antigone e Creonte hanno rappresentato uno dei
momenti migliori della preparazione dell’esame in questione, di sotto troverete
una piccola spiegazione della loro storia! Spero di non avervi annoiati!
E comunque, gli ultimi due Dàimones saranno
decisamente famosi ed io voglio lasciarvi due indizi, uno per ciascuno:
1)
“Non ce n’è per nessuno
ormai, di tutta la Grecia è il più esaltante degli eroi!”
2) Decisamente non è un grande fan dei sandali.
Per chi non l’avesse ancora saputo, ho pubblicato la one-shot rossa
relativa al capitolo 23 (Ragione e Sentimento): A thousand kisses – Lo Specchio delle Anime.
Punti importanti:
» 1 – Il riferimento è sempre alla tragedia di Sofocle, l’Antigone,
appunto. Breve riassunto: Antigone è figlia di Edipo (quello che credeva di
aver ucciso suo padre e sposato sua madre, per capirci, e che si è ammazzato
per il rimorso), quando i suoi fratelli si sono scontrati ed uccisi per il
controllo di Tebe, lei ha sfidato suo zio (ed attuale Re), Creonte, perché
aveva vietato che il fratello perdente fosse seppellito. Scoperta, pur essendo
la nipote del re e fidanzata del figlio di quest’ultimo, è stata comunque
condannata ad essere abbandonata in una caverna buia, con un minimo di cibo ed
acqua per sopravvivere (Creonte ha applicato ciecamente la legge, andando
contro l’umanità e la giustizia). Qual è il problema? Il figlio di Creonte si è
ammazzato, così anche sua moglie e quindi lui, preso dal rimorso, è andato a
ripescare sta nipote sventurata dalla grotta, trovandola però morta stecchita. Tragedia, appunto. Antigone e Creonte
sono diventati i rappresentati del grande scontro filosofico che caratterizza
lo studio della giurisprudenza: sono più importanti le regole o la giustizia? È
un po’ una cosa alla “chi è nato prima, l’uomo o la gallina?”, quindi non starò
qui ad approfondire.
» 2 – Sempre una citazione dall’Antigone: “Molte sono le cose
mirabili, ma nulla è più mirabile dell’uomo”.
» 3 – Riferimento temporale esterno:
mentre per Draco ed Hermione sono passati due/tre giorni da quando le cose si
sono “chiarite” e lui si è risvegliato dal sonno del Djinn, all’esterno sono
passate quasi due settimane. Questo vuol dire che sono più o meno al 14
dicembre e la scadenza del 21 si avvicina. Draco è andato da sua madre prima di
partire per la Grecia, le ha parlato delle sue intenzioni ma non ha detto
esplicitamente che lui e la signorina Granger hanno concluso qualcosa, per
evitare di traumatizzare quella poveretta. Hermione, ovviamente, è andata da
Ginny. Girl Power.
» 4 – Povero, povero Draco. Anche
lui, come me, non soltanto fa schifo a legger da vicino (presbiopia), ma è anche miope. Per coloro che, benedetti
dalla natura, si staranno chiedendo se è possibile una cosa simile, posso
rispondere con assoluta certezza che sì,
è possibilissimo. E no, non lo dico perché mia sorella è un ottico, ma perché
io stessa non vedo da vicino e non vedo da lontano. Sono una talpa e Draco
condivide il mio dramma. Come ha fatto a vivere tante avventure pur essendo un
pochetto cieco (non ai miei livelli, per fortuna)? Si portava gli occhiali, di
solito. E comunque le sue condizioni sono recentemente peggiorate a causa di
vari problemi nell’ultima missione prima di Hermione. Magari lo spiegherà lui
stesso.
» 5- Ovviamente, la frase presente in ogni tribunale è “la legge è uguale
per tutti”. Ho pensato che i maghi la vedessero in modo un po’ diverso,
soprattutto perché spesso davanti ai tribunali in questione si potevano
presentare elfi o altre creature per le quali la legge non era uguale. Quindi, la legge vince su tutto, perché ci
sono leggi diverse per ogni categoria e per ognuna deve esser sovrana. Un concetto
terrificante, i possibili giuristi in ascolto (?) concorderanno con me. È
un’idea terribilmente legata ai regimi autoritari.
» 6 – Aaah, il Tribunale di Hogwarts. L’ispirazione è arrivata direttamente
dal Tribunale di Norimberga che, per chi non lo sapesse, è il tribunale creato
alla fine della Seconda Guerra Mondiale per giudicare i capi nazisti e fascisti
d’Europa. Questo tribunale è stato molto criticato, perché ha praticamente
permesso che uno stato intero (la
Germania) fosse giudicato da altri stati,
oltretutto gli stati vincitori della
guerra. È un concetto un po’ particolare, ma, da persona che studia legge,
vi assicuro che è terrificante e
sbagliato, per quanto, naturalmente, sia stato necessario. Il Tribunale di Hogwarts è stato molto simile: chi
giudica, quando molti giudici sono corrotti o indagati? Sono stati chiamati
giudici stranieri, da varie parti d’Europa, per aiutare i pochi ancora salvi. È
un tribunale speciale, creato appositamente per giudicare i Mangiamorte e i
loro affiliati. Anche i Malfoy sono stati chiamati in causa, ma l’intervento di
Harry e varie prove li hanno aiutati a passarla relativamente liscia. Lucius è
stato arrestato finché non si è ammalato, mentre Draco e Narcissa non sono
stati coinvolti.
» 7 – Hicklebottom è il Capo di Hermione (compare nel primo capitolo, ma
viene solo accennato) ed è, probabilmente, il più grande Inquisitore della
Storia. Disordinato ai limiti dell’assurdo, ha una memoria fotografica che gli
consente di non dimenticare alcun dettaglio. Un grande giudice si riconosce
dalla sua conoscenza della legge e anche dalla sua umanità: quest’uomo odia
dover condannare e cerca sempre il buono nelle persone, per questo le sue
sentenze sono sempre considerate come giuste e corrette. Lui è il mio mito e l’eroe
di Hermione.
» 8 – Letteralmente “legge dura, ma legge”. In pratica è ciò che Hermione ha
inizialmente affermato, cioè che la legge va applicata sempre, a prescindere da
quanto sembri dura o sbagliata (l’esempio di Barty Jr). Questo è un concetto che
ancora oggi va applicato, ma senza dimenticare la giustizia.
» 9 – Ancora una volta,
l’ispirazione è Supernatural, con gli Spettri Vendicatori. Draco spiega
piuttosto bene cosa sono, ma lo ripeto per amor di chiarezza: come i fantasmi,
anche gli spettri tornano indietro perché hanno faccende in sospeso. In questo
caso, però, le loro faccende riguardano la morte e la tortura di chi
considerano colpevole. Ovviamente quella non
è Rosemary, anche perché lei non avrebbe mai portato rancore a Lucius.
Semplicemente, il Dàimon sapeva bene che Draco avrebbe reagito di più avendo
davanti lei, piuttosto che qualcun altro, esattamente come Hermione ha dovuto
essere spinta dal suo capo, che per lei è simbolo di grandezza giuridica.
» 10 – Dai, secondo voi non c’è una sedia delle torture nei
sotterranei del Manor?
» Alla fine dei conti, è grazie ad Hermione se il vecchio Lucius non è
crepato ad Azkaban anni prima. Credete che, se si sveglierà mai, riuscirà a
digerire la nuora? (Probabilmente non si sveglierà, ma non è importante ora).
Lei non ha detto nulla a Draco perché, come Theodore Nott (mi piace riabilitare
i Serpeverde, soprattutto dopo quello che hanno fatto al povero Theo in Cursed
Child) aveva immaginato ai tempi, sapeva che lui non l’avrebbe presa bene.
Forse dopo ne discuteranno e lui la ringrazierà, forse no. Chi li capisce sti
due è bravo.
» Ginny, mia piccola e dolce
guerriera. Questa ragazza ha resistito alla tentazione di far fuori la causa di
tutti i suoi mali ed è pure riuscita a dire due paroline alla signora in favore
di Hermione. Vi rendete conto di quante ne sta passando? Senza la famiglia alle
spalle, con un lavoro da portare avanti e con Harry che ogni giorno diventa più
debole. Io dico solo wow. E le sue
perle di saggezza finali? Evidentemente lei ha raccolto tutto il cervello della
famiglia.
In questo capitolo ho tirato fuori tutta la mia spocchiosità da futuro
avvocato, lo so, spero di non aver scritto un papello troppo pesante da digerire!
Vi siete addormentati tutti? No, perché i prossimi non saranno migliori. Posso anticipare che, a breve,
potrebbe saltar fuori la verità su quello che Ronald ha fatto alla povera
Hermione.
Il prossimo capitolo dovrebbe arrivare in tempo! Buon Ferragosto a tutti,
anche a quelli che, come me, resteranno su di un divano a godersi la calma ed
il possibile fresco!
Per altre
comunicazioni/anticipazioni/esaurimenti nervosi, vi aspetto su facebook!
Grazie ancora a
chiunque leggerà,
-Marnie