II
HOME IS SUCH A LONELY PLACE
Don’t wait for
me, home is such a lonely place without
you.
Le luci dei lampioni
attorno al castello di Caerphilly si incrociavano a
mezz’aria prima di toccare la superficie del lago, creando particolari giochi
d’ombre sull’acqua. Qua e là, qualche papera nuotava silenziosa, tenendosi a
distanza dal ponte di ingresso al castello.
La folla veniva fuori
dal grande portone principale, ma non era abbastanza fitta perché Blaise, Daphne e Astoria riuscissero a entrare, andando
controcorrente, senza attirare l’attenzione dell’addetta alla sorveglianza.
Blaise
si tolse la giacca e la porse a Daphne, che la infilò nella borsetta magicamente
ampliata. Fecero per entrare e quando fu fatto loro notare che il castello
stava per chiudere al pubblico, Blaise si avvicinò
alla ragazza esibendo il migliore dei suoi sorrisi.
«Buonasera…», lanciò
un’occhiata al cartellino con il nome che portava al collo, «Sarah. Lo capisco,
ma vedi, devo rientrare a prendere la mia giacca, che ho dimenticato prima
durante la visita guidata.»
Lei sbatté le palpebre,
un po’ confusa dai suoi modi gentili e ammalianti al tempo stesso. «Certo»,
disse alla fine, lasciandoli passare, «ma uscite al più presto, siamo
all’orario di chiusura.»
«Senz’altro. Grazie»,
aggiunse con un occhiolino.
Lei gli rivolse un
sorriso imbarazzato, poi si fece da parte.
«Non dovevi disturbarti
a flirtare con lei», sbottò Daphne mentre gli restituiva la giacca, quando
furono entrati.
«Nessun disturbo»,
replicò lui divertito.
Astoria alzò gli occhi
al cielo.
Si addentrarono nel
castello cercando di evitare i membri del personale che li avrebbero
indirizzati verso l'uscita. Trovarono una rampa di scale che portava al piano
superiore e salirono, allontanandosi dalla folla.
Rimasero soli tra i
corridoi antichi e iniziarono ad esplorare l’ambiente. Sulle pareti erano
sistemate numerose torce spente, mentre l’illuminazione proveniva da lampade Babbane installate sul soffitto. A parte ciò, l’atmosfera
rimandava alla scuola di Hogwarts. Di tanto in tanto
si imbattevano in porte di legno sigillate e armature decorative. Arrivati
all’incrocio con un altro corridoio, videro un custode notturno e dovettero
nascondersi dietro un angolo.
Si scambiarono
un’occhiata eloquente.
«Io ho addosso la
Traccia», ricordò Astoria.
Blaise
estrasse la bacchetta e la puntò contro l’uomo, pronto a lanciare un
incantesimo Confundus.
Daphne lo trattenne.
«Non è prudente usare la magia su un Babbano», disse
estraendo a sua volta la bacchetta. Rivolse un cenno del capo a un’armatura. «Wingardium Leviosa.»
L’ascia decorativa che
teneva bloccata tra le mani si staccò dal supporto, producendo un rumore
metallico.
Attirata la sua
attenzione, il custode tornò indietro e, non appena fu abbastanza vicino
all’armatura, Daphne interruppe l’incantesimo. L’ascia fendette l’aria a meno
di un metro dal viso dell’uomo, che sobbalzò e lanciò un urlo. Poi si mise a
correre, lasciando il corridoio deserto.
Astoria rise e anche Blaise assunse un’espressione divertita.
«Non avresti dovuto
spaventarlo a morte», finse di rimproverarla.
Daphne scrollò le
spalle. «È stato efficace. E divertente.»
Proseguirono
indisturbati per i corridoi deserti. Di tanto in tanto Daphne apriva con la
magia una porta sigillata e Astoria restava minuti interi a guardare i reperti
storici esposti.
Arrivarono in una
stanza che doveva essere stato un piccolo salotto. Le pareti decorate e i
divanetti disposti in semicerchio di fronte al camino le davano un'aria di
familiare eleganza, che a Blaise ricordò, non senza
una nota di nostalgia, la Sala Comune di Serpeverde.
«Cosa pensate che stia
succedendo a Hogwarts in questo momento?», chiese
Daphne, che doveva aver avuto più o meno i suoi stessi pensieri.
«Niente di troppo
diverso da quello che succedeva gli anni scorsi, secondo me», intervenne
Astoria, mentre sfogliava distrattamente le pagine di un libro antico tirato
fuori da una teca di vetro. «Almeno per quanto riguarda i Purosangue», aggiunse
voltandosi a guardare la sorella.
Daphne scrollò le
spalle. «Le ingiustizie ai danni dei Mezzosangue non lasceranno indifferenti
gli studenti, soprattutto i Grifondoro. Hogwarts si è sempre fondata sull'equilibrio tra le Case e
se questo equilibrio venisse a mancare ci sarà una ribellione.»
«La soffocheranno»,
tagliò corto Astoria, rimettendo a posto il libro. «Se il Signore Oscuro non ha
ancora apertamente preso il Ministero è perché vuole che prima sia tutto sotto
controllo. Non fornirà alla Comunità Magica un motivo evidente per riunirsi e
combattere, figuriamoci se lo consentirà ad Hogwarts.
Piton farà tutto ciò che potrà per impedirlo,
compreso espellere chiunque mini la sua autorità.»
Daphne annuì e si lasciò
cadere su una poltrona. Puntò la bacchetta contro il camino e accese il fuoco.
«Chissà se Draco sta bene», aggiunse tra sé.
«Nella sua ultima
lettera, mia madre mi ha detto che sia lui che Lady Narcissa
sono abbastanza al sicuro, per quanto lo si possa essere con il Signore Oscuro
tra le mura di casa», rispose Blaise, appoggiandosi
allo schienale della sua poltrona.
«Se la caverà», decretò
Astoria. «Lui se la cava sempre, è secondo soltanto a quel babbeo di Pot...»
Un clangore metallico
la interruppe e indusse i ragazzi a voltarsi verso la fonte del rumore. In un
angolo della stanza, dove una serie di lance erano appoggiate a una
rastrelliera, il fantasma di una donna fluttuava su uno scudo che roteava
ancora sul pavimento dopo essersi staccato dal proprio supporto.
La donna, vestita di
verde e dai lineamenti delicati, puntò il proprio sguardo semitrasparente sui
ragazzi.
«Voi siete maghi»,
osservò con una punta di sorpresa nella voce. «Dite, siete qui per caso per
portarmi notizie del mio amato Gruffudd?»
I tre si scambiarono
occhiate perplesse.
«No, signora», rispose Blaise, in tono educato. «Non conosciamo nessuno con quel
nome.»
«Oh, ma certo», fece
lei, scuotendo il capo traslucido. «Dovete scusarmi, aspetto da così tanto
tempo da essere diventata impaziente.»
I ragazzi non
replicarono.
«E maleducata!»,
aggiunse la donna avvicinandosi di pochi passi. «Non mi sono neanche
presentata. Il mio nome è Alice de Lusignan of
Angoulême, ma i più si rivolgono a me chiamandomi Dama Verde», concluse con un
sorriso.
«Piacere di conoscerla,
Milady», rispose lui. «Il mio nome è Blaise e loro
sono Astoria e Daphne», disse indicando le ragazze, curandosi di non rivelare i
loro cognomi.
«Il piacere è mio. Ma
ditemi, cosa ci fate qui a quest’ora? Il castello è chiuso al pubblico.»
«Volevamo visitarlo
senza la solita folla», rispose Daphne, intervenendo nella discussione.
«Speriamo che non le
dispiaccia», aggiunse Blaise. «Non avevamo idea che
il castello fosse già… occupato. Né tantomeno che lei aspettasse qualcuno.»
«Oh, non
preoccupatevi», rispose lei, liquidando il discorso con un gesto della mano. «Gruffudd arriverà, che voi siate presenti o meno. Se avessi
tenuto fuori chiunque per tutto il tempo in cui l’ho aspettato, questo castello
sarebbe rimasto deserto per oltre settecento anni.»
«Settecento?», le fece eco Astoria, senza nascondere la sorpresa.
«Sì, anno più, anno
meno», confermò il fantasma. «Ma il nostro amore va oltre i limiti del tempo,
di questo sono certa.»
«Lui è…», iniziò
Daphne, ma poi si interruppe, incapace di trovare le parole giuste.
«Morto?», concluse la
donna per lei, con un risolino. «Lo è. Se anche fosse riuscito a sfuggire alla
vendetta di mio marito, sarebbe comunque troppo vecchio per essere ancora in
vita.»
«Suo marito?», chiese
Astoria, perplessa.
«Sì, mio marito Gilbert
de Clare, conte di Hertford e di Gloucester e Lord
del Gamorgan, nonché padre delle mie figlie,
assassino dell’amore della mia vita e, indirettamente, della sua stessa
moglie.»
Blaise
si accigliò e le ragazze parvero così stupite che la Dama Verde sorrise
divertita. «Vi piacerebbe conoscere l’intera storia?»
Pochi minuti dopo, i
ragazzi erano seduti davanti al fuoco acceso e, a separarli dal camino, Alice de
Lusignan of Angoulême fluttuava nell’aria e i suoi
occhi traslucidi erano persi nei ricordi.
«Avevo diciassette anni
quando lasciai la Francia per andare a vivere in Inghilterra. Sposai Gilbert
quando lui aveva soltanto dieci anni e neanche un briciolo della crudeltà che
avrebbe mostrato in seguito», iniziò a raccontare.
Blaise
lanciò un’occhiata a Daphne e si compiacque di trovarla completamente assorbita
dalle parole del fantasma, felice che finalmente mostrasse interesse per
qualcosa.
«Negli anni seguenti,
mio marito ereditò le ricchezze e i titoli del padre. Vinse innumerevoli
battaglie ed estese i propri possedimenti a danno di chiunque osasse
intralciarlo. Partecipò perfino al massacro degli ebrei di Canterbury,
guadagnandosi la scomunica da parte del papa, ma naturalmente non gli importava
affatto del dissenso di un Babbano, sebbene
rappresentasse una delle massime autorità di quei tempi. Insomma, non era
affatto una bella persona», tagliò corto la Dama Verde, accompagnando quelle
parole con un gesto della mano. «Ma a me non importava. Non lo amavo, né avevo
alcun desiderio che fosse altrimenti. Mio marito non era mai al castello con
me, tuttavia io ero una persona serena, godevo di tutti gli agi di cui poteva
disporre una signora dell’epoca e avevo due splendide figlie. Non avevo però
messo in conto che dalla vita avrei potuto avere di più», disse con un sorriso triste.
«Conobbi Gruffudd in occasione di una sua visita al castello. Ci
innamorammo con la rapidità di due persone destinate a stare insieme che il fato
ha fatto incrociare. Lui mi mostrò cosa fosse la felicità e io compresi che non
avrei più potuto farne a meno.»
La donna riportò lo
sguardo sui ragazzi, prestando particolare attenzione a Daphne e Astoria.
«Vedete, l’amore può essere una delle più grandi maledizioni della vita, perché
ci mostra che, per tutto il tempo in cui abbiamo creduto di non averne bisogno,
abbiamo vissuto a metà. Ma è anche una grande benedizione, perché nella
sofferenza dovuta alla mancanza di ciò che abbiamo conosciuto e perso, resta
sempre la speranza di poter riavere quella felicità, anche solo per un
istante.»
Blaise
guardò Daphne di sottecchi e la vide pensierosa. Aveva idea, quella
meravigliosa, testarda ragazza, che era esattamente quello il modo in cui lui
si sentiva a causa sua?
«Ci amammo in segreto
per mesi», proseguì la Dama Verde, «ma lui aveva un cuore troppo puro per non
soffrire per la nostra situazione. Il suo senso di colpa per avermi trascinato
nell’adulterio lo spinse a confessarsi. Sapete, è una cosa che oggi fanno solo
i Babbani, confidano a un rappresentante di una
religione le proprie colpe nel tentativo di alleggerirsi il cuore. All’epoca il
Mondo Magico non era così separato da quello Babbano
da non esserne influenzato in termini di tradizioni e usanze. Fu in questo modo
che mio marito venne a sapere di noi. Rientrò al castello, furioso per essere
stato ingannato, e mi ripudiò. Tornai in Francia umiliata e distrutta dal
dolore, pensando che non avrei più avuto notizie del mio amato. Invece
ricevetti un gufo poco tempo dopo», disse con un sorriso triste, «con il quale
mio marito mi informava della morte di Gruffudd per
impiccagione, su suo ordine.»
Astoria si incupì,
Daphne spalancò gli occhi.
«Morii così», proseguì
lei, tranquilla. «Un attimo prima ero viva e quello dopo il mio corpo giaceva
inerte sul pavimento, con il cuore spezzato. Sono tornata qui al castello,
perché ero convinta che avrei ritrovato qui il mio Gruffudd.
Però lui non c'era.»
«Perché non è andata a
cercarlo altrove?», chiese Daphne, sinceramente curiosa.
«Perché sono sicura che
lo sta già facendo lui. E se cominciassimo a cercarci entrambi finiremmo per
non trovarci mai.»
Daphne tacque.
«Ma perché aspettarlo
qui?», insisté Astoria. «Non è doloroso rivivere i ricordi che queste mura
riportano alla mente?»
La Dama Verde scosse la
testa. «Questo è il luogo in cui mi sono innamorata. È qui che ho imparato cosa
significasse vivere appieno. Questo posto mi ha dato tanto quanto mi ha preso e
continua ad essere così anche adesso.»
Blaise
sorrise e Daphne si voltò a guardarlo proprio in quel momento, rivolgendogli
un'occhiata perplessa.
«Arriverà», disse il
giovane mago, che non aveva aperto bocca fino a quel momento.
La donna gli rivolse un
sorriso dolce. «Arriverà», ripeté.
Nella stanza calò il
silenzio. La Dama Verde tolse i ragazzi dall’imbarazzo proponendosi come guida
per il castello. Al solo sentirle nominare la biblioteca, Astoria si illuminò e
scattò in piedi.
La minore delle Greengrass chiacchierò con il fantasma come se fossero
amiche di vecchia data mentre camminavano per i labirintici corridoi. Pochi
passi dietro di loro, Blaise e Daphne le seguivano
tenendosi in disparte.
«Perché le hai detto
che arriverà?», domandò la strega di punto in bianco.
Blaise
le lanciò un’occhiata interrogativa.
«Gruffudd.
Se non è arrivato negli ultimi settecento anni, quante possibilità ci sono che
arrivi in futuro?», precisò.
«Quasi nessuna»,
confermò lui serenamente.
«E allora perché…»
«Per il quasi», la anticipò.
Daphne rifletté per
qualche istante. «Non avresti dovuto illuderla.»
«Pensi forse che lei
non ne sia consapevole?», replicò, inarcando un sopracciglio. «Sa benissimo che
le probabilità sono a suo sfavore. Ma un barlume di speranza è tutto ciò che le
resta, assieme ai ricordi ambientati tra queste mura.»
«Non credi che
dovrebbe, che ne so… andare avanti?»
Blaise
la guardò come se fosse impazzita. «Daphne, forse non lo hai notato, ma lei è morta. Non c’è niente ad aspettarla in
futuro.»
Lei tacque un momento.
«È molto triste.»
«Sì, infatti.»
Lasciarono cadere
l’argomento e proseguirono in silenzio.
La biblioteca era
un’enorme sala piena di scaffali addossati alle pareti, al centro della quale
un grande tavolo rotondo dominava l’ambiente. Quasi ovunque, dei paletti
dissuasori impedivano ai visitatori di avvicinarsi alle parti interessanti
della stanza, ma Astoria li ignorò completamente e li scavalcò per sfiorare con
la punta delle dita il dorso di alcuni libri esposti.
Daphne si avvicinò a
una grande vetrata. La decorazione in colori sgargianti impediva una chiara
visuale dell’esterno, ma la strega dedusse che affacciava su un terrazzo.
«Da qui non si può
uscire?», domandò alla Dama Verde.
Lei ridacchiò. «Io
posso, ma voi no.»
«Non senza rompere il
vetro», borbottò Daphne, come se stesse valutando l’idea.
Si spostò verso un
balcone e provò ad aprirne la porta, senza successo.
Astoria lanciò
un’occhiata a Blaise. «Dille qualcosa prima che
decida di far saltare in aria questo posto.»
«E se usassi un Reductor?», propose infatti Daphne. «Con un incantesimo di
riparazione potrei rimetterla a posto dopo.»
Il fantasma inorridì,
Astoria guardò Blaise con espressione compiaciuta.
Appunto.
«E se invece facessimo
il giro e uscissimo da un’altra parte?», suggerì Blaise,
serafico.
La Dama Verde annuì
convinta. «Le scale in fondo al corridoio portano alla cima della torre nord.
Il panorama è bellissimo.»
«Ottimo», fece lui,
afferrandole la mano e trascinandola verso la porta della biblioteca.
Si avviarono per i
corridoi e quando fu sicuro che Daphne non avrebbe fatto saltare in aria
niente, la lasciò andare. Lei lo precedette su per una scala a chiocciola.
Sbucarono sulla cima
della torre e l’aria fredda della notte li travolse. Daphne rabbrividì e Blaise soffocò l’impulso di abbracciarla. La strega infilò
le mani in tasca e si avviò verso il parapetto merlato.
Sotto di loro, la città
era illuminata quasi a giorno. Le acque torbide del lago attorno al castello
riflettevano lo scintillio delle strade affollate e l’eco di canti natalizi li
raggiunse squarciando il silenzio. A Blaise parve
quasi di riuscire a scorgere i musicisti di strada su Mill
Road intenti a suonare, circondati da un gruppo di passanti che rallentavano
per ascoltarli. I canti lasciarono spazio ai violini e la musica divenne più
dolce.
Daphne sembrava
stregata. Guardava in lontananza come se si aspettasse di veder venire fuori la
sorgente di quella melodia. Quando si voltò verso Blaise,
lui le tese una mano con un mezzo sorriso.
Lei la afferrò e si
ritrovò a girare su se stessa, il che era probabilmente la cosa più vicina a un
ballo che Blaise le avrebbe concesso quella sera.
Daphne scoppiò a ridere
e lui la strinse a sé, un istante prima che perdesse l’equilibrio.
Al
diavolo l’autocontrollo.
Le baciò i capelli
mentre lei ancora rideva e si lasciò inebriare dalla sua presenza. Daphne si
scostò da lui quel tanto che bastava a guardarlo negli occhi, l’ombra di un
sorriso ancora impressa sulle labbra.
Blaise
distolse lo sguardo e la lasciò andare.
In quel preciso
istante, tre scope da corsa comparvero davanti a loro, superando in volo la
torre a velocità impressionante.
«Ho vinto ancora!»,
gridò uno dei tre maghi, dopo essersi fermato a mezz’aria.
«Razza di imbroglione,
sono arrivato io per primo!», protestò un altro.
«Andiamo, Kevin», si
intromise il terzo, un ragazzino biondo che sembrava molto più giovane degli
altri due, «per quanto mi costi ammetterlo, ha ragione, ha vinto lui di nuovo.»
«E tu come fai a
saperlo se stavi gareggiando? Ehi, ragazzi», fece il secondo, rivolgendosi a
Daphne e Blaise, «sapreste dirci chi è arrivato prima
alla torre?»
Daphne stava per
rispondere di non averne la minima idea, quando Blaise
la anticipò: «Dai Llewellyn!»,
esclamò con gli occhi illuminati di gioia.
«Visto?», disse quello
che sosteneva di essere arrivato per primo, avvicinandosi a loro.
L’altro sbuffò. «Dice
così perché ti ha riconosciuto, non perché hai vinto.»
«Chi è?», fece Daphne, perplessa.
«Dai Llewellyn, il cercatore dei Caerphilly
Catapults!», rispose eccitato. «È nipote di Dinamite
Dai, nonché vincitore del premio in sua memoria degli ultimi tre anni.»
«Vedo che mi conosci»,
fece l’interessato, atterrando accanto a loro, subito imitato dagli altri due.
«Puoi dirlo forte»,
confermò Blaise, stringendogli la mano. «E conosco
anche voi», aggiunse rivolto agli altri. «Rhys
Lloyd», disse, salutando il ragazzino biondo, «e Kevin Brand», strinse la mano
a colui che l’aveva chiamato in causa. «Io sono Blaise.
Ha davvero vinto Dai, anche se di pochissimo.»
Kevin scrollò le
spalle. «Peccato. Piacere di conoscerti, Blaise. E
questa bella signorina chi è?», domandò, rivolgendo un sorriso alla strega al
suo fianco.
«Sono Daphne», si
presentò lei, tendendo la mano.
Invece di
stringergliela, Kevin la afferrò e le baciò galantemente il dorso. «Uno
splendido nome per una splendida fanciulla», commentò sfrontato.
Blaise
represse a fatica il fastidio.
«Cosa ci fate qui a
quest’ora?», domandò Dai, interrompendo lo scambio di convenevoli.
«Siamo venuti a
visitare il castello adesso che non ci sono più Babbani
in giro», rispose Blaise.
Rhys
annuì. «Avrete incontrato la Dama Verde, immagino.»
«Oh,
sì», intervenne Daphne. «Ci ha tenuto compagnia per un po’.»
«Siete nuovi di qui?»,
fece Dai. «La popolazione magica a Caerphilly è
piuttosto ridotta, è difficile incontrare maghi o streghe se non sai dove
andare.»
«Lo abbiamo notato»,
borbottò Daphne.
Lui sorrise. «Avete
presente la stazione centrale di Caerphilly?»
Annuirono. «C’è un pub proprio di fianco all’ingresso, il Binario Morto. Oltre
la sala principale, frequentata da Babbani, ce n’è
una nascosta per i maghi. Più tardi andremo lì, se vi fa piacere potete
raggiungerci.»
«Sicuramente!», rispose
Blaise di getto, guadagnandosi un’occhiataccia da
parte di Daphne.
«A dopo, allora», li
salutò Rhys, rimontando in sella alla scopa. Dai fece
altrettanto.
«Vi aspettiamo», ribadì
Kevin, rivolgendo a Daphne un mezzo sorriso, che lei ricambiò prontamente.
Non appena furono
volati via, Daphne incrociò le braccia al petto e si girò a guardare Blaise con espressione accigliata. «Grazie per avermi
interpellata, prima di decidere di incontrare degli sconosciuti in un bar più
tardi.»
«Oh, andiamo», ribatté
lui, ancora entusiasta. «Sono settimane che non fai altro che dire che sei
stanca di essere circondata da Babbani! E poi è Dai Llewellyn!»
«Resta uno
sconosciuto», replicò testarda.
«Forse per te», fece Blaise divertito. «Io lo conosco da quando ero un bambino e
lui esordiva nei Caerphilly Catapults.
È un cercatore incredibile, sono anni che Draco cerca
di imparare le sue manovre di volo.»
«Va bene, va bene»,
tagliò corto Daphne. «Quando si tratta di Quidditch perdi
la testa come tutti gli altri. Lasciando da parte questo Dai, che a quanto pare
è il tuo idolo, chi sono gli altri due?»
Si avviarono in
direzione delle scale, per tornare alla biblioteca dove avevano lasciato
Astoria.
«Rhys
Lloyd, il ragazzo biondo, è il portiere dei Catapults.
È il migliore amico di Dai e si diceva che fosse entrato in squadra solo per
sua intercessione, poi invece, durante la sua prima partita, quando la sua
squadra perdeva di centosessanta punti e Dai non poteva prendere il boccino
senza che perdessero, lui entrò in campo al posto del Portiere che allora era
titolare e fece delle parate incredibili, dando ai Cacciatori il tempo di
recuperare lo svantaggio e a Dai di prendere il boccino. Da allora nessuno ha
mai più dubitato che meritasse il posto in squadra.»
«A giudicare
dall’aspetto non avrei mai detto che fosse un Portiere», osservò Daphne.
Blaise
annuì. «Ha il fisico del Cercatore», convenne, «ma questo gli permette di
essere veloce e la sua capacità di leggere in anticipo la traiettoria della Pluffa lo rende un Portiere incredibilmente capace.»
«E l’altro?», domandò
Daphne, svoltando nel corridoio che conduceva alla biblioteca.
«Kevin Brand era un
Cacciatore degli Harriers, gioca a Caerphilly da quest’anno. Conosci la storia di Rudolf Brand
e Gwendolyn Morgan?»
Lei fece segno di no
con la testa.
«Nel 1953, gli
Heidelberg Harriers persero una partita che durò una
settimana contro le Holyhead Harpies.
Alla fine della gara, il Capitano degli Harriers,
Rudolf Brand, fece una proposta di matrimonio al Capitano delle Harpies, Gwendolyn Morgan, che
rifiutò colpendolo in testa con la sua Scopalinda.»
Daphne scoppiò a
ridere. «Un bel modo di convincerlo a desistere.»
«Nient’affatto»,
replicò Blaise divertito. «Alla fine lui l’ha
conquistata. Kevin è il loro secondo figlio.»
«Allora è vero che la
perseveranza paga», commentò lei distrattamente.
«Così dicono», fece lui
scuotendo la testa con il sorriso sulle labbra.
Quando entrarono nella
biblioteca, trovarono Astoria in piedi al centro della stanza con un libro
stretto tra le braccia e lo sguardo implorante rivolto alla Dama Verde.
«La prego!», stava dicendo, «è soltanto un prestito! Giuro di
riportarlo qui al più presto, lo tratterò con la massima cura!»
Il fantasma rivolse lo
sguardo ai nuovi arrivati, invocando il loro aiuto. «Signorina Daphne, ti
dispiacerebbe spiegare a tua sorella che non può portare via un libro di questa
biblioteca?»
Lei sbuffò. «Astoria…»
«Daphne! Non puoi
capire! Ci sono le genealogie di tutte le più importanti famiglie
aristocratiche del Duecento!»
«Ma non puoi…»
«Potrei trovare
informazioni su Gruffudd», fece lei, tornando a
rivolgersi alla Dama Verde, che vacillò. «Se ho ragione», aggiunse piano, «e Gruffudd è uno pseudonimo, potrei scoprire qualcosa di più
sulla sua morte.»
Nella stanza calò il
silenzio.
«E va bene», concesse
il fantasma dopo alcuni interminabili istanti. «Adesso andate via, prima che
cambi idea.»
Astoria sorrise e la
ringraziò, poi si avviò verso la porta della biblioteca, trascinandosi dietro
la sorella, rimasta interdetta, e un Blaise
decisamente sorpreso.
Quest’ultimo attese che
fossero abbastanza lontani, prima di arrischiarsi a parlare. «Astoria, quello
che hai detto alla Dama Verde…»
«Era una bugia solo in
parte», concluse lei per lui. «È vero che ci sono informazioni su Gruffudd in questo libro, ma io le ho già lette.»
«E che hai scoperto?»,
chiese Daphne, curiosa.
«Gruffudd
è lo pseudonimo di Edoardo I d’Inghilterra.»
«Il re?», domandò
sorpresa.
Astoria annuì. «Era il
cugino di Alice. Quando Gilbert de Clare scoprì il loro tradimento ripudiò la
moglie e la mandò in Francia, ma non poteva davvero far giustiziare qualcuno
che da vivo avrebbe potuto rendergli più favori che da morto. Tenne nascosto
l’adulterio e Edoardo gli divenne debitore per avergli evitato lo scandalo.
Mandò in Francia un gufo che informasse la moglie della morte di Gruffudd, così che lei non continuasse a cercarlo.
L’effetto che ebbe su di lei lo conosciamo. Per quanto riguarda Edoardo,
divenne re, sposò un’altra donna e diede una sua figlia in sposa a Gilbert de
Clare, per saldare il suo debito.»
«E lei ha continuato ad
aspettarlo per tutto questo tempo, ignara di tutto», sussurrò Daphne,
intristita dal racconto della sorella.
«Già», rispose lei.
«Sai di non poterglielo
dire, non è vero?», intervenne Blaise, che fino a
quel momento non aveva aperto bocca.
Daphne lo guardò
indignata, invece Astoria annuì. «Lo so.»
«E volete lasciarla
nell’inganno?», protestò lei.
Blaise
e sua sorella la guardarono perplessi.
«Cosa ci guadagnerebbe
a sapere come stanno realmente le cose?», domandò lui.
«La verità.»
«E poi?», la incalzò
Astoria. «Passerà l’eternità a vagare nell’infelicità, consapevole che non le è
rimasto più nulla.»
«Anche adesso non ha
nulla», obiettò Daphne.
«Non è vero», la
corresse Blaise dolcemente. «Ha ancora la speranza.»
«Prima o poi le
passerà», precisò Astoria. «Ma non saremo noi ad anticipare quel momento.»
Lei evitò di insistere,
ma era chiaramente in disaccordo.
Più per cambiare
argomento che per altro, Blaise raccontò ad Astoria
dell’incontro con Dai Llewellyn e gli altri e del
Binario Morto. La piccola Greengrass si rifiutò
categoricamente di andarci, impaziente com’era di esaminare il libro che aveva
preso, così lui e Daphne decisero di accompagnarla a casa e per poi incontrare
da soli i Catapults.
Uscirono dal castello
evitando i guardiani notturni e presero a camminare lungo Mill
Road tra le luci natalizie. Quando passarono davanti ai musicisti che avevano
sentito suonare dalla cima della torre, Daphne si riscosse dai propri pensieri
e si voltò verso Blaise. Lui se ne accorse, ma evitò
accuratamente di incrociare il suo sguardo.
Rimasero in silenzio
anche quando furono troppo lontani perché la musica li raggiungesse.
Rientrarono con Astoria
solo per avvertire i genitori di Daphne che lei e Blaise
sarebbero usciti di nuovo. Accennarono all’incontro con i Catapults
e il signor Greengrass mostrò quasi lo stesso
entusiasmo di Blaise, mentre sua moglie si limitò a
raccomandarsi di fare attenzione.
Salirono al piano di
sopra, indossarono i mantelli e montarono in sella alla Nimbus
di Blaise. Daphne lanciò un incantesimo di
disillusione e uscirono direttamente dal balcone.
Sorvolarono una Caerphilly notturna che accennava ad addormentarsi solo in
parte. Le luci degli appartamenti iniziavano a spegnersi, quelle dei bar e dei
locali, dove la vita si stava spostando, ad accendersi.
Daphne si strinse forte
a Blaise per non cadere e gli premette il viso contro
la schiena per proteggersi dal vento. Lui si maledisse per la sua incapacità di
essere indifferente a quel contatto. Quando atterrarono, i capelli di Daphne
erano completamente in disordine e le nocche di Blaise
erano bianche per la forza con cui aveva stretto il manico di scopa nel
tentativo di concentrarsi sul volo. Le sistemò una ciocca ribelle dietro un
orecchio e gli parve di sentire il sangue tornare a scorrergli nelle dita.
Miniaturizzò la scopa
con un incantesimo ed entrarono nel pub.
Blaise,
che si era aspettato qualcosa di simile al Paiolo Magico, rimase sorpreso nel
constatare che invece sembrava un comunissimo locale Babbano
piuttosto affollato. Solo in quel momento ricordò che Llewellyn
aveva parlato di una sala nascosta per soli maghi e gli venne in mente che non
avevano idea di come raggiungerla.
«Domandiamo a lui»,
fece Daphne, intuendo i suoi pensieri e accennando con il capo al vecchio
barman che li stava osservando da dietro al bancone, mentre puliva
distrattamente un bicchiere di vetro.
In un primo momento, a Blaise ricordò Tom, l’anziano proprietario del Paiolo
Magico, ma la somiglianza scomparve non appena si furono avvicinati.
«Un Whiskey
Incendiario, per favore», gli disse Blaise,
guardandolo dritto negli occhi.
Lui annuì e indicò un
punto alla sua sinistra.
«Uno dei bagni nella
toilette delle signore è guasto», disse loro con voce roca. «Qualche colpo di
bacchetta sul mattone sporgente della parete sinistra del cubicolo e arriverete
a destinazione.»
Blaise
ringraziò e poi si avvicinò con Daphne ai bagni, guadagnandosi delle occhiatacce
da alcune clienti impiccione.
Seguirono le istruzioni
del barman e si infilarono di soppiatto nel bagno su cui era stato appeso un
cartello che indicava che era fuori servizio.
Daphne estrasse la bacchetta
e picchiettò sulla parete.
Come nel retrobottega
del Paiolo Magico che celava l’ingresso a Diagon
Alley, i mattoni iniziarono a vibrare e poi a spostarsi fino a creare un varco
nel muro.
Davanti a loro comparve
un locale del tutto diverso da quello in cui si trovavano poco prima, molto più
chiassoso e decisamente magico.
Due cameriere si
spostavano agilmente tra i tavoli mentre sopra le loro teste, tenuti sospesi da
un incantesimo, i vassoi con le ordinazioni le seguivano obbedienti. Dietro al
bancone, un uomo con un cilindro sulla testa lanciava incantesimi alle
bottiglie di alcolici perché versassero da sole il proprio contenuto ai
clienti.
«Blaise!»,
lo chiamò una voce.
Lui si voltò e
individuò Dai, seduto a un tavolo con gli amici, che si sbracciava da lontano
per farsi vedere.
Lo raggiunsero
facendosi largo tra la gente e quando Dai si spostò sulla panca e fece loro
cenno di sedersi, Blaise prese posto accanto a lui.
Daphne gli si sedette di fronte, con sommo piacere di Kevin, che le stava accanto.
«Ce l’avete fatta»,
commentò Rhys. «Iniziavamo a credere che non sareste
più venuti.»
«Io sapevo che non
avresti resistito al mio fascino», commentò Kevin, rivolgendosi direttamente a
Daphne.
Lei rise e gli diede
dell’egocentrico. Nel frattempo, Dai aveva già fatto cenno a una cameriera di
portare qualcosa per loro.
«Volavamo controvento»,
replicò Blaise, sfilandosi il mantello.
«Ah, ma allora sei
venuto con la tua scopa?», chiese Rhys.
Dai si inserì nella
conversazione. «Tu giochi a Quidditch, Blaise?»
«Sì», rispose lui a
entrambi. «Giocavo nella squadra della mia Casa, a Hogwarts.»
«E tu, Daphne?»,
aggiunse rivolgendosi a lei, che però scosse la testa.
«Io mi limito a fare il
tifo per lui», rispose, indicando Blaise con un dito.
Rhys
sogghignò. «Che bello, hai anche la tifoseria personale senza essere famoso»,
commentò.
«Mi ritengo fortunato,
in effetti», convenne lui.
«Molto fortunato»,
sottolineò Kevin.
Blaise
lo guardò di traverso, stanco delle sue continue allusioni, ma Dai intervenne
prontamente, scongiurando ogni possibile discussione in merito.
«Che scopa da corsa
hai, Blaise?»
«Una Nimbus 2005», rispose lui, lasciando cadere la questione.
«Si vede che siete
inglesi», commentò in tono leggero. «Sempre a preferire le Nimbus
alle Firebolt.»
«Pensa un po’ se avessi
accettato l’offerta dei Cannons e fossi andato a
giocare in Inghilterra», commentò Rhys, rivolgendosi
a Dai. «Prima o poi ti saresti convertito alle Nimbus
anche tu.»
«Mai», obiettò lui
deciso. «Con le Firebolt ho vinto la medaglia
Dinamite Dai per gli ultimi tre anni.»
«Mi sembra di sentire
un mio amico», commentò Blaise divertito. «Sostiene
la superiorità delle Firebolt proprio affermando che
ti hanno permesso di compiere le pericolose manovre che ti sono valse quella
medaglia.»
«Mi è già simpatico,
questo tuo amico», replicò Dai. «E comunque non avrei mai abbandonato Caerphilly, nemmeno per una squadra forte come i Cannons.»
«Ti offrivano un
mucchio di galeoni», gli ricordò Rhys.
Lui scrollò le spalle.
«Ci sono cose più importanti dei soldi.»
«Lo dici solo perché
sei già ricco.»
Dai rise.
«Treno in arrivo tra venti
minuti!», esclamò una voce, amplificata dalla magia, all’interno del locale.
Alcuni maghi si
alzarono dai tavoli a cui erano seduti e si avviarono verso una porta dal lato
opposto a quella da cui erano entrati Daphne e Blaise.
«Che succede?», domandò
quest’ultimo incuriosito.
Rhys
si alzò in piedi. «Hai la tua Nimbus, Blaise?» Sorrise. «Vediamo quanto va veloce.»
Pochi minuti dopo, una discreta
folla di maghi si era radunata nel cortile sul retro del Binario Morto. Dai e Rhys recuperarono le proprie scope adagiate in un angolo e
invitarono Blaise a tirare fuori la propria.
«È la notte giusta per
una bella corsa», osservò Rhys. «La visibilità è
ottima.»
«Io passo», commentò
Kevin. «Faccio compagnia alla signorina», aggiunse ammiccando a Daphne, che gli
regalò un sorriso.
A Blaise
non andava di lasciarli da soli, ma ancora meno gli piaceva l’idea di stare a
guardare mentre flirtavano. Tirò fuori la sua scopa e la fece tornare alle
dimensioni normali.
«Come funziona?»,
domandò, accettando di partecipare.
Dai indicò un ponte
poco lontano che passava sopra ai binari della ferrovia. «Si parte da lì
nell’istante in cui la coda del treno supera il ponte. Ci sono circa
cinquecento metri di tratto libero, poi il treno entrerà in una galleria. Noi
passeremo sopra, in mezzo alla vegetazione, che costituisce un vero e proprio
ostacolo. Una volta fuori, il treno percorre altri settecento metri prima di
imboccare la seconda galleria, quella scavata nella roccia. L’obiettivo è
superare la testa del treno prima di raggiungere la galleria ed essere
costretti a fermarsi.»
«Evitando di
spiaccicarti nella roccia, però», intervenne Rhys.
«Quasi nessuno riesce a superare il treno la prima volta, bisogna anche sapersi
fermare in tempo, per evitare di farsi male.»
«Ho capito», rispose Blaise, «e penso di potercela fare.» A vincere la sfida, non a fermarmi.
Dai annuì compiaciuto e
gli fece segno di montare in sella alla scopa.
Lui sfiorò la guancia
di Daphne in un gesto confidenziale che sperava avrebbe spinto Kevin a
lasciarla in pace.
«Stai attento», rispose
lei accigliata.
«Come sempre.»
Si alzò in volo e si
affiancò a Dai e Rhys, poi indicò con un cenno la
folla radunata sotto di loro. «Partecipa tutta questa gente?»
Dai ridacchiò, mentre Rhys scuoteva la testa. «Siamo noi tre e quei due ragazzi
laggiù», rispose spostando lo sguardo su due ragazzi in sella alle loro scope
da corsa. «Queste persone sono qui per scommettere.»
«Su cosa?»
«Su tutto. Tentano di
indovinare chi ce la farà, chi si arrenderà e chi, tra coloro che abitualmente
superano il treno, arriverà per primo.»
«Kevin sta scommettendo
su di me», intervenne Dai, lanciandosi in supposizioni sul suo compagno di
squadra.
Rhys
scosse la testa. «Sta guardando Blaise», replicò. «E
a giudicare dalla faccia di Daphne, lei ha molta più fiducia in te di quanta ne
abbia lui.»
Blaise
non fece in tempo a rispondere che il rumore del treno in arrivo attirò la loro
attenzione.
Tutti e tre volarono
verso il ponte, per allinearsi e prepararsi alla partenza.
«Blaise,
amico, vacci piano, mi raccomando», gridò Rhys per
sovrastare il rumore.
Ma lui non lo stava più
ascoltando.
Nell’esatto istante in
cui l’ultima carrozza del treno ebbe superato il ponte, Blaise
partì.
Uno dei ragazzi in gara
perse un secondo alla partenza e si ritrovò ultimo prima ancora di cominciare. Rhys, invece, andava fortissimo e continuava a guadagnare
velocità, tanto che sarebbe stato primo se non fosse stato per Dai.
Blaise
l’aveva visto volare centinaia di volte, avendo seguito la sua carriera di
giocatore fin da bambino. Eppure, osservarlo trovandosi a pochi metri da lui
era evidentemente l’unico modo che rendesse giustizia all’abilità di Dai Llewellyn.
Non volava mai in linea
retta per più di qualche decina di metri, si adattava invece alle correnti che
sentiva attorno a sé. Inclinava il corpo da questa o da quell’altra parte a
seconda del vento e la scopa lo assecondava docilmente. E anziché fargli
perdere velocità, queste impercettibili, perfette acrobazie rendevano il suo
volo incredibilmente fluido e rapido.
Blaise
quasi rimase incantato a guardarlo mentre, nella sua scia, andava più veloce
che poteva.
Il treno entrò nella
galleria con un paio di secondi di vantaggio su di loro.
Si trovarono a volare
tra gli alberi, cambiando continuamente direzione per evitare tronchi e rami.
Fu in quel tratto che Dai guadagnò un ulteriore vantaggio su Rhys. Blaise, a pochi metri da
quest’ultimo, tentò di seguire il suo stesso percorso, approfittando della sua
conoscenza di quel posto.
Il ragazzo alle sue
spalle, che evidentemente non aveva avuto la stessa idea, tentò invece di
guadagnare terreno spostandosi a destra per superarlo, ma colpì in pieno un
ramo sporgente, autoescludendosi dalla gara.
Nonostante i suoi
tentativi di stare al passo, una volta superata la galleria, Rhys l’aveva già distanziato. In lontananza videro Dai
raggiungere e sorpassare il treno, per poi rallentare e farsi da parte, già
vittorioso.
«Forza, ragazzi!»,
gridò per incoraggiarli.
Rhys
accelerò e superò la testa, poi cambiò immediatamente direzione per non finire
sulla parete rocciosa in cui era ricavato l’ingresso della galleria.
Blaise
esitò solo un istante, poi stimò di potercela fare e accelerò. Guadagnò
velocemente terreno, sotto di lui le carrozze del treno scorrevano come se
quest’ultimo viaggiasse al contrario.
Quattro
vagoni.
Il vento gli sferzava crudelmente
le guance, ma lui non sentiva altro che il rimbombo del suo battito accelerato
dall’adrenalina e lo scorrere del sangue nelle vene.
Tre.
«Blaise!»,
gridò Dai, quando lui gli passò accanto correndo a velocità folle.
La sua mente registrò
il monito implicito nel suo tono urgente, ma non se ne curò.
Due.
Si rese conto che ce
l’avrebbe fatta. Aveva spazio sufficiente a raggiungere e superare il treno,
quindi realizzò di aver vinto la sfida con se stesso prima ancora di averlo
effettivamente fatto.
Uno.
Fu solo a quel punto
che, in un barlume di lucidità, iniziò a pensare che sì, aveva spazio per
raggiungere il treno, ma non ne aveva abbastanza per fermarsi.
Green Green
Grass of Home è una canzone del 1965
interpretata da numerosi artisti britannici. Il titolo si traduce con L’erba verde verde
di casa e rimanda ai luoghi familiari dell’infanzia dell’autore. Il
riferimento, nel mio caso, è alla situazione che vede i Greengrass
(di qui il trattino nel titolo, grazie al quale l’erba verde diventa il cognome
di Daphne) lontani da casa e alla ricerca di un luogo sicuro, più
metaforicamente che in senso letterale.
Home is
such a lonely place è una canzone dei Blink-182 del 2016. La
traduzione è Casa è un posto così solitario
e il sottotitolo (Home is such a lonely
place without you) significa: Casa
è un posto così solitario senza di te.
Note
Bentrovati!
Innanzitutto, alcune segnalazioni.
Il capitolo
inizia a un orario approssimativamente attorno alle cinque del pomeriggio. A
quell’ora infatti, nel mese di dicembre, nel Galles è già buio. Il castello di Caerphilly chiude davvero attorno alle cinque.
La
leggenda della Dama Verde di Caerphilly esiste nella
cultura locale, così come le supposizioni di Astoria sull’identità di Gruffudd. Le informazioni su Gilbert de Claire sono tutte
vere e storicamente ben contestualizzate.
“Questo è il luogo in
cui mi sono innamorata. È qui che ho imparato cosa significasse vivere appieno.
Questo posto mi ha dato tanto quanto mi ha preso e continua ad essere così
anche adesso.” è una citazione libera di Grey’s Anatomy, che ricalca le
parole che Meredith dice a Cristina per telefono, quando lei è andata via.
Dai Llewellyn, così come il premio in sua memoria, è citato in Il Quidditch
attraverso i secoli e il personaggio da me inventato risulta essere suo
nipote. Anche la storia di Rudolf Brand e Gwendolyn
Morgan che Blaise racconta a Daphne è narrata nello
stesso libro, mentre la svolta secondo cui alla fine i due si siano messi
insieme e abbiano avuto figli, tra cui Kevin, è di mia invenzione. Rhys Lloyd, invece, è un personaggio originale.
La Nimbus 2005 non è mai citata nei romanzi, ma è facile
immaginare che esista dopo i modelli 2000 e 2001 di alcuni anni prima.
Il
Binario Morto è un locale di mia invenzione, sul modello del Paiolo Magico
londinese, il cui nome deriva dal Binario
Calmo della stazione di Napoli Centrale, simpaticamente ribattezzato dalla
mia mamma “Binario Morto”.
Il
prossimo aggiornamento avverrà tra una decina di giorni.
Auguri a
tutti di buon anno e grazie per essere rimasti con me fin qui!
Un
abbraccio e un ringraziamento speciale alla mia beta, Legar. ♥