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Autore: Signorina Granger    01/04/2018    10 recensioni
INTERATTIVA || Conclusa
[Prequel di “Magisterium”]
Hogwarts, 1933: prima di Harry Potter, dei Malandrini, di Tom Riddle, quando Albus Silente non era ancora Preside e il nome di Grindelwad spopolava in Europa, disseminando terrore.
Quando Charlotte Selwyn, Regan Carsen e William Cavendish invece che insegnanti erano solo tre studenti come tanti altri, alle prese con studio, amicizie e non, obblighi e soprattutto demoni da affrontare.
[Per leggere e/o partecipare non è necessario aver letto “Magisterium”]
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Maghi fanfiction interattive
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Magisterium '
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Sono riuscita a ritagliarmi qualche minuto dall’oppressione dei parenti Per pubblicare , quindi ecco il capitolo… Buona Pasqua!



Capitolo 21: Grifondoro – Tassorosso 

 
Domenica 20 Aprile


Iphigenia stava sistemando il baule in uno scompartimento vuoto quando sentì dei passi affrettati alle sue spalle. Voltandosi istintivamente, quasi senza pensarci, per vedere di chi si trattasse la bionda si ritrovò stretta in un abbraccio dalla sua migliore amica quasi senza avere il tempo di riconoscerla.

“Ciao Jade, mi sei mancata anche tu…”
“Non immagini quanto sono felice! Ma allora avete due cervelli nascosti da qualche parte! Sapevo che non potevi essere così stupida!”

“Ti ringrazio…”

Iphigenia inarcò un sopracciglio mentre Jade, ignorando deliberatamente il suo tono, continuava bellamente a sorridere e scioglieva l’abbraccio, guardandola con soddisfazione:

“Adesso ovviamente mi devi raccontare tutto per bene.”
“Mia sorella non ti ha scritto per raccontarti i dettagli?”
“Certo, ma voglio sentire anche la versione a voce alta!”

Jade appellò il suo baule con un sorriso per sistemarlo accanto a quello dell’amica, che sgranò gli occhi: in realtà la sua era stata una domanda retorica, ma a quanto sembrava Electra l’aveva fatto davvero.
Si chiese da quanto tempo fossero in combutta quelle due, ma decise che infondo preferiva non saperlo.


*



“Cosa stai leggendo, questa volta?”
Katherine alzò lo sguardo su Gabriel e sorrise mentre, seduta in uno scompartimento in compagnia del ragazzo e di una Beatrix mezza addormentata, leggeva tenendo un Darcy acciambellato sulle ginocchia:

“È nuovo, è uscito da poco… s’intitola “Omicidio sull’Orient Express”!”
“Parla di un treno?”
“Sì! Il protagonista è un detective belga che si trova su questo lussuoso treno, ma durante il tragitto si scopre che uno dei passeggeri è stato ucciso brutalmente con dodici coltellate.”
“Brutta fine, direi.”

“Una pessima fine, ma da quel che ho capito finora non era certo uno stinco di santo! Ti immagini, sei su un treno che ti godi il viaggio ed ecco che viene trovato un cadavere martoriato con tanta brutalità! Fantastico!”

Katherine sorrise prima di tornare a leggere mentre Gabriel invece, aggrottò la fronte, parlando con tono dubbioso mentre scrutava l’amica:

“Sì, Kat, potremmo parlarne una volta scesi dal treno?”
“Cosa c’è Gabri, paura che dodici persone possano accoltellarti stanotte, mentre dormi? Tranquillo, ti difenderò io.”
“Perché dovrebbero volermi morto in 12?!”

“Non so, magari tutte le ragazze che hai snobbato per Elena…”
“È assurdo che dodici persone si coalizzino per uccidere qualcuno!”
“Secondo me invece è andata così… vedremo, vedremo.”

“Shhh! Voglio dormire, parlate di omicidi in un altro scompartimento!”


*


Venerdì 25 Aprile


Quando Aurora Temple raggiunse la Sala Comune di Corvonero in compagnia di Evie il suo sorriso aumentò vistosamente, affrettandosi a raggiungere il ragazzo che fino a quel momento era rimasto seduto su una poltrona e che si alzò appena in tempo per ricambiare il suo abbraccio, sorridendo:

“Buongiorno Aury… Buon compleanno.”
“Devi proprio continuare a chiamarmi così?”
“Sì.”

Sean annuì mentre la Corvonero, continuando a tenere le braccia strette intorno al suo collo, si allontanava di qualche centimetro per poterlo guardare in faccia. Un sorriso allegro tornò irrimediabilmente a fare capolino sul viso pallido della ragazza di fronte a quello del Serpeverde, incapace di non ricambiarlo mentre Sean si chinava leggermente per baciarla, stringendola per la vita.

Evangeline, invece, roteò gli occhi e decise di risparmiare l’amica da qualche commento acido – dopotutto era il suo compleanno e voleva essere buona – mentre un’altra figura li raggiungeva, fermandosi accanto alla bionda con un gran sorriso sulle labbra carnose:

“Non sono carini?!”
“Ciao Charlie. Sì, sono felice per loro anche io… di te però non l’avrei mai detto, sei molto gelosa di tuo fratello.”
“Certo, ma voglio bene ad Aurora e sarei felice di averla in famiglia… e poi lei si che è alla sua altezza, non come quel branco di oche bavose…”

Charlotte storse il naso con stizza, liquidando il discorso con un rapido gesto della mano mentre Evangeline sorrideva, divertita, e Aurora si voltava verso le due sbuffando debolmente:

“Potreste fare commenti a voce più bassa?”
“Scusa cara, abbiamo disturbato il tuo momento romantico con Seannie… buon compleanno, comunque.”

Charlotte sorrise un’ultima volta, strizzando l’occhio al fratello prima di uscire dalla Sala Comune con aria allegra, seguita da Evangeline e subito dopo anche da Sean e Aurora, che lasciarono la stanza mano nella mano.


*


Domenica 27 Aprile 


Iphigenia, dopo essersi alzata prima del solito come sempre quando doveva giocare una partita, sorrise quando trovò Andrew ad aspettarla appena fuori dalla porta che conduceva al Dormitorio femminile, rilassandosi leggermente nel scorgere il sorriso rassicurante del ragazzo:

“Buongiorno. Sei pronta a fare buon uso della tua temibile mazza?”
“Credo di sì. Non mi perdonerei mai se dovessi farmi sfuggire la Coppa da sotto al naso proprio al nostro ultimo anno… Come sapevi che sarei scesa a quest’ora?”

Iphigenia aggrottò la fronte, guardando il rosso con una punta di perplessità mentre questi, quando lei fece per passargli davanti, la prese delicatamente per la vita per attirarla gentilmente a sè e baciarla dolcemente. 
Di norma alla Tassorosso non andava particolarmente giù l’essere zittita, ma in quel momento non ci badò e gli prese il viso tra le mani, alzandosi in punta di piedi per diminuire in piccola parte la differenza d’altezza che c’era tra loro. In fin dei conti, si disse, quello era un modo decisamente piacevole di essere zittita. 

Andrew le sorrise quando si staccò, guardandola con una nota quasi divertita negli occhi color cioccolato:

“Scendi sempre a quest’ora quando giochiamo, Iphe. Mi accorgo di un sacco di cose, sai?”
“Ah, davvero? Però non mi hai osservata abbastanza bene da accorgerti di piacermi, pare.”
“Avevo paura di prendere un granchio e rovinare tutto! Ma hai ragione, sono stato stupido… come si può pensare di resistermi, dopotutto?”

“Adesso non esagerare… andiamo, Marcantonio, abbiamo una Coppa da portare a casa.”


Iphigenia sorrise a sua volta mentre, dopo aver sciolto l’abbraccio e ignorato la debole protesta di Andrew, prendeva il ragazzo per mano per condurlo verso la porta della Sala Comune, sentendosi molto meno nervosa rispetto al solito quando aveva una partita da giocare. 


*


“Buona fortuna.”
Dopo averla accompagnata fino alla soglia degli spogliatoi Regan sorrise a Stephanie mentre la cingeva delicatamente con le braccia, dandole un lieve bacio a fior di labbra e facendo sorridere la Grifondoro di riflesso:

“Grazie, ne avrò bisogno… è la mia ultima partita, è così strano!”
“Un motivo in più per impegnarsi e fare del proprio meglio… stai attenta, però.”

“Tranquillo, farò il possibile per evitare i Bolidi di Iphigenia. Di norma è carina, ma sul campo diventa una specie di macchina da guerra…”
“Beh, in tal caso stalle alla larga. Ci vediamo dopo biondina, stendili.”

Regan le sorrise un’ultima volta prima di sciogliere l’abbraccio e allontanarsi, mentre Stephanie, dopo aver brevemente indugiato con lo sguardo sulla sua mano che scivolava dalla presa del ragazzo, respirò profondamente prima di entrare nel suo spogliatoio, rischiando di essere investita da una Katherine impegnata a misurare la stanza a grandi passi. 

“Ehm… ciao a tutti.”
“Steph, eccoti! Temevo ci volessi dare buca.”
“Scusa, ero qui fuori con…”
“Sì, sì, con bei capelli, lo sappiamo.”

Stephanie aggrottò la fronte e fece per chiedere alla Capitana se per caso non li avessero spiati fino a due minuti prima, ma la voce di Markus la precedette: 

“Kat, rilassati e ti prego smettila di camminare! Mi stai facendo venire il mal di mare.”
“Cammino quanto mi pare Mark, smettila di fare così!”
“Non sto facendo niente!”
“… è proprio questo il punto, fai qualcosa e renditi utile in qualche modo invece di parlare!”


Markus sospirò, alzando gli occhi al cielo e decidendo di lasciar perdere mentre la bionda, sorridendo leggermente, si avvicinava a Katherine per metterle una mano sulla spalla:

“Kat, Mark ha ragione… rilassati.”
“Non mi posso rilassare, è la finale!”
“Beh, sei al sesto anno, se anche perdessimo ti rifarai l’anno prossimo, ok? E poi, sempre meglio perdere contro i Tassorosso che contro i Serpeverde, no?”
Stephanie sorrise, parlando con il tono più gentile ed incoraggiante che le riuscì ma voltandosi di nuovo verso il compagno di squadra quando Markus parlò, questa volta rivolgendosi direttamente a lei:
“Scusa Steph, ma tecnicamente il tuo ragazzo non è in quella Casa?”

“Kat ha ragione Mark, fai qualcosa di utile e non parlare!”
“E poi le femministe hanno tanto da parlare, se vedessero come vengo trattato da voi cambierebbero subito bandiera!”


*


“Perché ho la sensazione che oggi sarai molto più gentile del solito visto che giocano Grifondoro e Tassorosso?”
“Chi sono io per giudicare le tue sensazioni, Gabri?”

Elena sorrise a Gabriel con aria divertita alla domanda del ragazzo, che le rivolse un’occhiata arrendevole mentre erano fermi davanti alle scale che portavano alla Tribuna d’Onore:

“Beh, sento che oggi non mi sbaglierò. Spero che vinca Grifondoro, comunque, quindi sono con te.”
“Katherine ti ucciderebbe se non tifassi per lei?”
“Sta leggendo dei libri pieni di omicidi, ho paura che possa prendere ispirazione e farsi venire strane idee!”

Elena rise ma il ragazzo non la imitò, guardandola con gli occhi chiari spalancati mentre le teneva distrattamente una mano:

“Non sto scherzando, nell’ultimo un poveretto veniva ucciso con docili coltellate! Ti immagini?!”
“Non penso che Kat ti ucciderebbe mai in quel modo tesoro, dev’essere molto faticoso!”

“Magari si troverebbe un complice.”
“Tipo chi, Giselle?!”
“Esattamente.”

Gabriel annuì, serio in volto, ma Elena sbuffò e roteò gli occhi, guardandolo con un sopracciglio inarcato:

“Non essere ridicolo, non le hai fatto niente di male. Vi siete lasciati e basta, ma non l’hai certo tradita o simili! Anzi, secondo me potresti piacerle ancora.”
“Era ben felice quando abbiamo rotto Elly, ne dubito fortemente.”

“Sai come si dice, ci si accorge dell’importanza di qualcosa solo quando la si perde… Pazienza, se anche si fosse accorta solo ora di quanto tu sia speciale ormai qualcuna ti ha già accalappiato. Adesso vado, ci vediamo dopo.”

Elena si alzò in punta di piedi per dare un fugace bacio a stampo sulle labbra del ragazzo prima di affrettarsi a salire le scale, sparendo dalla sua visuale prima di dargli il tempo di dire qualcosa, magari per chiederle di ripetere la parte dove lo aveva definito “speciale”. 


*


Quella mattina Jade si era svegliata con una gran voglia di dormire e molta meno voglia di vedere la partita, ma non aveva potuto sottrarsi considerando che giocava non solo la sua stessa Casa, ma più nello specifico i suoi migliori amici. 

“Ho sentito che Andrew ed Iphigenia stanno insieme… hai usato il Veritaserum, alla fine?”
“Chi te lo ha detto? Comunque no, ho lasciato che le cose seguissero il loro corso e miracolosamente sono andate per il verso giusto, alla fine.”

Jade sorrise mentre si voltava verso Axel, che era appena comparso accanto a lei e ora teneva gli occhi chiari fissi su Stephanie, che stringeva la Pluffa sottobraccio mentre sfrecciava verso gli anelli dei Tassorosso, davanti ai quali Andrew galleggiava a mezz’aria.

“Steph ed Elly. Quelle due sanno sempre tutto, non chiedermi come.”
“Beh, io stessa devo ammettere che facendo le ronde e andando sempre in giro per la scuola si scoprono un sacco di cose. E sappiamo tutti quanti Elena sia curiosa… come sta? Meglio? Dalla sua cronaca mi sembra di sì.”

Axel abbozzò un sorriso e si voltò verso la Tribuna d’Onore, dove la figura di Elena era possibile da scorgere anche a distanza grazie alla chioma caratteristica che scintillava sotto il sola. 

“Sì, abbastanza. Anche se in realtà penso che non voglia semplicemente darlo a vedere… ma ora non vedrà i suoi genitori per un bel po’, le farà bene. E anche se non mi piace particolarmente ammetterlo, Greengrass le è stato molto d’aiuto. Credo che lei gli piaccia davvero.”
“Se te ne sei reso conto solo ora Axel, sei cieco come una talpa anche tu! E meno male che sono io quella che porta gli occhiali qui!”


*


“Finalmente una partita senza il gelo ad attanagliarmi le viscere! Aprile è praticamente finito, non è fantastico?”

Adela sorrise allegramente mentre seguiva la partita con interesse, seduta accanto ad Hector e ben lieta di non essersi presentata allo stadio imbacuccata come “un inuit con il raffreddore”, come l’aveva definita Charlotte in passato. 

“Già, tra meno di due mesi la scuola sarà finita… e quest’anno non abbiamo nemmeno gli esami. Non quelli importanti, almeno.”

Hector sorrise, a sua volta di buonumore grazie al bel tempo che aveva finalmente deciso di far loro visita mentre qualcuno, a poca distanza, si teneva il viso tra le mani e sbuffava come una ciminiera, pentita di essere andata alla partita:

“Charlotte, cos’hai?”
“Mi annoio! Ecco cosa succede a prodigarsi per far finire tutti felici e contenti, all’improvviso le tue  migliori amiche sono tutte impegnate a fare gli occhi dolci a tuo fratello o al tuo migliore amico! A parte Kat, ma lei sta giocando, quindi….”

“Povera Charlie… se ti senti sola puoi sempre andare a fare gli occhi dolci a Cavendish!”

Adela e Hector ridacchiarono ma l’amica non li imitò, piegando le labbra in una smorfia disgustata e lanciando un’occhiata più che torva nella loro direzione:

“Piuttosto vado a farli allo stupido gatto di Aurora. E poi il Piccolo Lord ha già chi gli fa gli occhi dolci, anche se non capisco perché… cosa ci trovano in lui tutte quelle galline?!”

Charlotte sbuffò, immaginando chiaramente William in quel momento, seduto da qualche parte con una mandria di sanguisughe attorno mentre Adela si stringeva nelle spalle, parlando con tono neutro:

“Vuoi dire a parte la bellezza, il denaro, l’intelligenza… che c’è? Non guardami così Thor, facevo solo una lista di cose che gli si devono riconoscere per forza!”

Mentre Adela sgranava gli occhi e si difendeva dall’occhiata piuttosto torva che Hector le aveva rivolto Charlotte tirò fuori un libro dalla borsa, ringraziando mentalmente di essersi ricordata di portarlo con sè al campo. 

“Omicidio sull’Orient Express, questo sì che sembra interessante, altro che quella melensaggine infinita di Via col Vento!”

“Un libro su omicidi in mano a Charlie? Non sarà pericoloso?”
“Tranquillo Thor, a noi vuole bene e ne usciremo immuni, quello che dovrebbe preoccuparsi e un certo Serpeverde… ieri le ha fatto cadere il succo sui capelli, non l’ha presa bene.”


*


“Ma è mai possibile che tu sia ovunque?! Smettila di darmi il tormento e dedicati a qualche gallina che ti cade ai piedi solo perché respiri!”
“Io non ti do il tormento, è pura casualità, o in alternativa TU mi segui.”

“IO? Sprecare il mio tempo per seguire TE? Stai vaneggiando Black, forse guardandoti così tanto allo specchio ti stai ammattendo. E ora spostati dal mio tavolo!”
“Non c’è il tuo nome sopra, mi risulta!”

“Sì, ma io sono arrivata per prima e ci ho lasciato sopra le mie cose prima di andare a prendere un libro, torno e ti trovo qui con questa gallina! Ci sono decine di tavoli Black, sloggia.”

“Non ci penso nemmeno, finché continuerai a parlarmi con questo tono.”


William sospirò, massaggiandosi le tempie con esasperazione: tecnicamente la Biblioteca era un luogo tranquillo, perfetto per concentrarsi, ma quei due glielo stavano deliberatamente impedendo. E a William non era mai piaciuto quando i suoi piani non andavano come da programma. 

Certo, si era preso un periodo di “pausa” per recarsi ad Hogwarts ma doveva comunque lavorare… e non era affatto facile con quei due che battibeccavano a pochi metri di distanza. William alzò lo sguardo per vedere la scena con i propri occhi, quasi ridendo quando scorse Elizabeth Abbott con le mani sui fianchi che ordinava ad Altair Black di spostarsi, mentre il Serpeverde sembrava intenzionato a non muoversi e la poveretta seduta accanto a lui non poteva far altro che tacere e assistere alla scena completamente inerme. 
O almeno, provò a dire qualcosa, forse in difesa del ragazzo, ma venne prontamente fulminata dallo sguardo glaciale della Tassorosso, che sibilò qualcosa ancor prima che la bionda aprisse bocca:

“Non osare dire nulla, tu.”

“Lizzy, non essere così acida, se sei frustrata perché vorresti trovarti al suo posto basta dirlo apertamente… suvvia, rilassati, o ti verranno le rughe e sarebbe un vero peccato per il tuo bel visino.”
Altair sfoggiò un sorrisetto e fece per allungare una mano per sistemarle una ciocca di capelli neri dietro l’orecchio, ma la ragazza gli afferrò prontamente il polso con una smorfia, informandolo che se avesse provato a toccarla gli avrebbe staccato la mano, oltre che rotto il naso una seconda volta. 

“E non chiamarmi Lizzy!”
“Scusa cara, come posso chiamarti, allora?”
“Come ti pare, ma non così, altrimenti non vorrai farmi ripetere il modo in cui ti chiamerò io se lo rifarai. E ora prendi le tue cose più la gatta morta e sloggia, Black! Ti sei piazzato qui solo perché il tavolo è semi nascosto dallo scaffale di Erbologia e avresti potuto fare i tuoi comodi con questa qui liberamente.”

“O magari ho riconosciuto le tue cose e volevo vederti.”

Altair sorrise, visibilmente divertito mentre si rigirava una penna tra le mani e la Tassorosso continuava ad inveirgli contro.
Mentre William seguiva la scena con discreto interesse, certo.

“Andiamo Lizzy, so che infondo ti piaccio, non fare la preziosa.”
“Continui a vaneggiare Black, trovo molto più attraente l’armatura arrugginita del corridoio qui fuori!”


William sorrise appena alle parole della ragazza, prima di schiarirsi la voce e chiedere cortesemente ai due di fare silenzio, se non volevano perdere una considerevole quantità di punti per le rispettive Case. Lizzy, a quell’avvertimento, rivolse un’ultima occhiata in cagnesco al Serpeverde prima di raccogliere le sue cose e allontanarsi mentre un’altra figura, dopo aver raggiunto la scena, si fermava accanto al tavolo occupato da William:

“Mi sembrava di sentire delle voci… stavano discutendo?”
“Come al solito.”
“Per una stupidaggine?”
“Come al solito.”

“Come sei loquace, Cavendish… comunque, mi ricordano qualcuno.”
“Sì, vagamente.”

William annuì distrattamente, continuando a scarabocchiare sul suo rotolo di pergamena mentre Charlotte, dopo aver osservato Elizabeth allontanarsi con la fronte aggrottata, abbassava lo sguardo su di lui:

“Eri così irritante e supponente.”
“E tu così snervante… ma se parli al passato vuol dire che ho fatto progressi.”
“Magari un po’, sì. Beh, comunque ora devo andare.”
“Bene, ho da fare.”
“Anche io.”
“Bene.”
“Benissimo.”
“Non stavi andando?”
“Un momento, ora me ne vado! Sei ancora irritante, Cavendish.”

Charlotte sbuffò debolmente prima di allontanarsi a grandi passi, non potendo accorgersi dell’occhiata che William le rivolse prima di abbassare di nuovo lo sguardo, scuotendo il capo ma sorridendo comunque debolmente.


*


“Noone tira…! Ma non segna, Maguire prende la Pluffa, mannaggia. Professor Silente, non pensa che i Portieri così alti siano contro le regole, coprono gli anelli restando fermi?! Come dice? … Ops, il Sonorus era ancora attivato… dicevo, la Pluffa è in mano ai Tassorosso, ma viene intercettata da Burke – Bravo Mark! –… Iphigenia Ashworth gli lancia contro un Bolide che avrebbe potuto lasciarci con un Grifondoro in meno, ma per fortuna Wright lo rimanda indietro. Burke supera la metà campo, ma viene tallonato – levati Jackson! –, tira e… segna! 50 a 50, alla faccia di Maguire! Scusa Andrew! Mi raccomando, non danneggiate il Portiere di Tassorosso,  non vogliamo privare Iphigenia della sua nuova metà!”

Le tribune vennero attraversate da una scia di risatine, commenti e fischi alle parole della sorridente e visibilmente divertita Elena, mentre al contrario Iphigenia sbuffò e rivolse un’occhiata torva nella sua direzione, leggermente rossa in volto:

“Se lancio un Bolide contro la Tribuna d’Onore dici che mi espellono?!”
“Non ascoltare Iphe, pensa solo a buttare qualcuno giù dalla scopa!”

“D’accordo…”

La bionda sbuffò ma di fronte al sorriso di Andrew decise di ascoltarlo, sfrecciando in direzione di Katherine.

“Burke ha la Pluffa. Intendo Katherine. Ci sono troppi Burke da queste parti, come si fa poi a non far confusione?!”


*


Iphigenia gli aveva chiesto di farle vedere la cittadina e Andrew era tornato in cucina per chiedere alla madre di potersi prendere il pomeriggio libero. Con sua scarsa sorpresa, la donna aveva sorriso e lo aveva quasi spedito fuori dalla cucina esultando, ma non prima di avergli ordinato di “andare a darsi una sistemata perché lei non aveva cresciuto un barbone, quella barba non le piaceva affatto e doveva cambiarsi la camicia per fare bella figura con quella cara ragazza”. 
Andrew era così uscito dalla cucina sospirando e borbottando un mesto “sì, mamma” prima di intercettare Iphigenia per chiederle di aspettarlo brevemente e rimproverarla quando disse che nel frattempo sarebbe andata a pagare, assicurandole che avrebbe “offerto la casa” e ignorando le sue lamentele.

  
“Sono davvero felice di vederti. Non me l’aspettavo, non sei mai venuta a trovarmi e ora due volte in pochi mesi, ti mancavo così tanto?”
“No, in realtà volevo mangiare qualcosa di buono preparato da tua madre…”

Iphigenia sorrise e Andrew la imitò, camminando sul lungomare accanto a lei con le mani sprofondate nelle tasche. Restò in silenzio per un attimo, prima che Iphigenia parlasse nuovamente, alzando gli occhi al cielo:


“Anche se riuscire a venire qui è stato un vero parto, mio padre non voleva darmi il permesso.”
“Come mai? Sai badare a te stessa.”
“Inizialmente infatti mi ha detto di sì, ma poi mia madre ha avuto la cattiva idea di fare il tuo nome… è un po’ geloso, credo. E mia sorella come sempre invece di aiutare è saltata fuori chiamandoti il mio fidanzato, quindi…”

Iphigenia alzò gli occhi al cielo mentre Andrew, accanto a lei, annuiva leggermente e abbassava lo sguardo per cercare di nascondere il rossore. 

Dopo un attimo di esitazione la ragazza smise di camminare, prendendo delicatamente Andrew per un gomito per invitarlo a fare altrettanto prima di parlare nuovamente, schiarendosi la voce. 
Sapeva che il ragazzo la stava guardando con leggera confusione e si decise ad alzare lo sguardo per guardarlo negli occhi, parlando con il tono più pacato del suo repertorio:

“Andrew… io ti piaccio?”

Andrew non rispose, limitandosi a guardarla mentre si sentiva quasi confuso, cercando di convincersi di aver capito bene: disgraziatamente, Iphigenia era sempre stata fin troppo diretta.

“C-come?”
“Ti ho chiesto se ti piaccio.”

Iphigenia, che si stava tormentando le mani, si morse nervosamente il labbro, maledicendo mentalmente la sua migliore amica per averle messo in testa quell’idea. 
Merlino, che figuraccia 

Andrew invece, dal canto suo, di fronte a quel gesto si trattenne dall’avvicinarsi e baciarla fino a farla implorare di smettere e non disse nulla, guardandola sospirare e sollevare entrambe le mani:

“Ok, scusa, dimentica quello che ho detto. È tutta colpa di Jade e di mia sorel-“

Iphigenia, che aveva fatto per superare il ragazzo mentre parlava, si sentì afferrare per un braccio e un attimo dopo si ritrovò stretta tra le braccia del ragazzo, con le labbra premute sulle sue e le sue mani sui fianchi.


“Mi hai zittita. Io detesto essere zittita, Maguire.”
“Forse dovrai farci l’abitudine.”


      

Andrew planò verso il suolo così rapidamente da rischiare di schiantarsi, ma saltò giù dalla scopa ad un metro da terra e, sorridendo, raggiunse Iphigenia con un paio di lunghe falcate prima di abbracciarla, sollevandola da terra. 

“Sapevo che avremmo vinto! Tutto merito della mia nanetta letale.”
“Come scusa?! La mia altezza è quasi nella norma, tanto perché tu lo sappia, infatti sono alta 1,60 e mi mancano solo cinque cm per…”

Andrew roteò gli occhi e interruppe la sua filippica baciandola, sorridendo sulle sue labbra quando Iphigenia non lo sgridò o non lo colpì in testa con la sua mazza per averla zittita, ma anzi la sentì sospirare mentre affondava le dita nei suoi ricci color rame. 

“E pensare che lo volevo fare già quando abbiamo vinto l’altra volta…”
“E perché non l’hai fatto?”
“Temevo mi colpissi con la mazza.”
“Non sono così violenta! Cosa pensi, che vada in giro a colpire la gente che non mi va a genio, per caso?”

Iphigenia sbuffò e alzò gli occhi al cielo mentre Andrew, sorridendo, la rimetteva con i piedi per terra e le faceva cenno di raggiungere il resto della squadra dopo averla presa per mano:

“Beh, andiamo, abbiamo una Coppa da sollevare per far rosicare i Serpeverde.”
“Con piacere, aspetto questo momento da Settembre…” 


*


Quando Elena incrociò Gabriel sul campo gli rivolse un inequivocabile cenno in direzione di una Katherine piuttosto giù di corda, ferma s qualche metro di distanza in compagnia del cugino e di Beatrix, che la stava consolando:

“Tu vai da Kat, io da Steph.”
“D’accordo.”

Gabriel annuì e dopo averle rivolto un lieve sorriso si diresse verso l’amica, abbracciandola quando l’ebbe raggiunta:

“Ciao Kat… Mi dispiace, ma sono sicuro che ti rifarai l’anno prossimo.”
“Che vergogna Gabri, sono persino il Capitano! Con che coraggio mi presenterò dalla mia famiglia?! Sento già le prese in giro di Adrian e di mio fratello…”

“Sì, anche io.”  Markus annuì, sfoggiando una smorfia contrariata mentre Katherine si lasciava abbracciare dall’amico e Stephanie, a poca distanza, si faceva invece consolare da Elena ed Axel.

“Ehy.”  Regan sorrise alla bionda quando l’ebbe raggiunta, abbracciandola e assicurandole che era stata bravissima e che non era assolutamente colpa sua se avevano perso. 

“Non mi è mai piaciuto perdere.”
“Lo sappiamo, ma non si può vincere sempre. Come dice sempre mia madre, devi guardare il lato positivo!”

“E quale sarebbe?!”  Stephanie inarcò un sopracciglio e sollevo lo sguardo per incrociare gli occhi chiari del Serpeverde, che invece sfoggiò un largo sorriso e parlò con tono allegro:

“Hai me!”
“… hai ragione Reg, perché non ci ho pensato prima?”
“Non saprei, è una bella domanda.”
“Ed era anche retorica, razza di vanesio!”


*



Sean stava andando in Sala Grande per cenare quando scorse sua sorella camminare nella direzione opposta, come se avesse già cenato, tenendo un libro tra le mani e apparentemente molto presa dalla lettura.
Il Serpeverde sorrise, chiedendosi come facesse la sorella a non inciampare dal momento che teneva gli occhi incollati alle pagine, mentre le si avvicinava, chiamandola per attirare la sua attenzione:

“Ciao! Hai già cenato, così presto?”
Charlotte sollevò lo sguardo dal suo libro e incrocio quello del fratello, ma non gli sorrise e rimase pressoché impassibile mentre parlava con tono piatto:
“Oh, sei tu. No, non mangio, ho da fare, ho solo accompagnato Adela, ora torno di sopra.”

“Non penso proprio signorina, ceni eccome, stasera. Quest’abitudine non mi piace.”

Sean sbuffò e, presa la sorella per un braccio, la condusse verso la soglia della Sala Grande quasi di peso, facendola sbuffare di conseguenza:

“Quando fai così somigli a nostra madre.”
“Pazienza. Come mai questa faccia? Mangiamo insieme, non ti va?”
“Beh, sono felice che tu ti ricordi ancora di avere una sorella, da quando siamo tornati dalle vacanze non mi hai considerata per neanche cinque minuti!”

Sean fece per protestare e dire che si sbagliava, ma riflettendoci forse aveva ragione lei: non ricordava di aver mai mangiato insieme a lei o di essere andato a salutarla per scambiare due parole da quando erano tornati a scuola.

“Scusa. Non preoccuparti Charlie, non mi potrei mai dimenticare della mia cucciola!”
“Non mi chiamare così, e non… !e non mi abbracciare! Basta, lasciami!”


Charlotte non ricambiò la stretta, restando rigida come un tronco, e sbuffò, borbottando che doveva leggere e scoprire chi aveva ucciso la vittima e che non aveva tempo per cenare o per futili abbracci, ma Sean la ignorò e anzi sorrise mentre la stringeva, mormorando che le voleva bene.



   
 
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