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Autore: Claire66    08/04/2018    5 recensioni
*Storia Continuerà entro le prossime settimane*
Cosa sarebbe successo se Draco si fosse ribellato al suo destino e avesse deciso di unirsi al magico trio, il giorno in cui furono portati a Villa Malfoy?
E se Harry avesse una sorella gemella, la quale farà breccia nel cuore del Serpeverde, facendogli compiere un cambiamento repentino ?
Preparatevi ad abbandonare il mangiamorte vile e codardo a cui siete abituati, e cominciate a dire "Coloro che sono sopravvissuti", non "Il bambino che é sopravvissuto"
(3)
“Ma quindi significa che se uno di noi muore, muore anche l’altro?”
Chiese Marie con voce tremante e carica di tensione a Silente.
(10)
“Ma allora…” “Vuoi dire che…” Fecero Harry e Marie, all’unisono.
“Il tempo si fermerà.”
(11)
“In fondo, non sarò la prima della nostra famiglia a fuggire da Azkaban. Si tratta solo di seguire le orme di Felpato.”
Harry non riuscì a trovare la forza di restituirle il sorriso.
(12)
Grandi, bui e tormentati voragini luccicanti lo osservavano.
“Come l’hai chiamata?” Domandò Marie.
“Niké.
(16)
“Marie!” Lei si voltò, e fu l’unica ad udirlo.
“…” A qualche passo da Draco, Marie non si mosse, Harry aspettava, paziente.
"Tu sei il mio angelo.
Genere: Azione, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Potter, Hermione Granger, Nuovo personaggio, Ron Weasley | Coppie: Harry/Ginny, Remus/Ninfadora, Ron/Hermione
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Da VII libro alternativo
Capitoli:
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Greyfriars Kirkyard



Il vecchio accidioso Borgin si era chiuso nel negozio e borbottava imprecazioni a raffica, facendosi scrocchiare nervosamente le nocche dalle lunghe unghie sporche.
Il putiferio di poco più di un’ora prima sembrava essersi calmato, ma il negoziante non aveva intenzione di mettere il naso fuori dal negozio per quel pomeriggio, non dopo il profondo ruggito che aveva squarciato l’aria. Al momento il baccano che aveva raggiunto anche il suo discosto vicolo di Nocturn Alley era cessato, per lasciare il posto ad un dissonante silenzio.
Si mise a lucidare, svogliato, il teschio in vetrina, rimuginando tetro su quanto gli rimaneva da vivere. Il teschio sembrò guardarlo beffardo, e la mascella giallastra e scheggiata si spalancò in uno sbadiglio eterno.
D’un tratto un secco crack risuonò nell’aria polverosa e scura.
La mascella si richiuse sul dito di Burgin, che tentò invano di sbattere lontano il teschio e cominciò a mandare in frantumi la vetrina.
Al piano di sopra, Narcissa corrugò le sopracciglia a quel fracasso, ma portò un dito alle labbra facendo segno a Gonril di tacere. Piano, con molta cautela e come un gatto che ha messo gli occhi sul topo, si accinse a scendere le scale, scivolando con gran parte del suo peso sul corrimano di osso. Al pianerottolo si fermò, e le si presentò davanti agli occhi quella scena grottesca.
“Ma-le-det-to! Staccati!” Il vetro di una credenza andò in frantumi, ma il teschio non accennò a mollare la presa.
Narcissa puntò la bacchetta verso la propria gola e sussurrò: “Sonorus”
“Esci da questo negozio, Burgin, o entrerò con te nella tomba!”
Burgin cacciò un gridolino stridulo e si afflosciò sulle ginocchia.
“Ho detto fuori Burgin!”
Il negoziante si aggrappò alla maniglia come se fosse la sua ultima possibilità di redenzione.
La campanella squillò nel vicolo, e Burgin andò a sbattere contro un mago coperto di cenci che se la stava dando a gambe dalle Guardie Magiche, che si prese il teschio in testa
Dall’interno, Narcissa sigillò la porta. Gonril planò dal corrimano direttamente sul bancone di Burgin. “Bella trovata Signora. Peccato che se ne sia andato così in fretta.” Pigolò l’elfa, calpestando con interesse le carte sul bancone.
“Anche Gonril deve andare ora. Ad Hogwarts. Gonril deve trovare Dobby.” Stava per far schioccare le dita, quando Narcissa si voltò verso di lei.
“Grazie Gonril.”
L’elfa non le rispose, ma piegò un orecchio nella sua direzione, prima di svanire con uno schiocco.
Narcissa non perse altro tempo, oscurò le finestre, rapida, prima che alle Guardie Magiche venisse in mente di controllare da dove fosse uscito il mentecatto che stavano portando nelle celle del Ministero. Dopodiché risalì le scale, si avvicinò all’armadio svanitore che l’aveva tanto tormentata tempo prima, e si sedette contro la parete umida e scricchiolante. Trasse un gran respiro, rinchiuso da settimane nel suo petto. Ora non le restava altro che aspettare.

***

Il timoniere di Enea, Palinuro, conobbe a sue spese quale bestia strisciante potesse essere il Sonno, e ben presto se ne accorse anche Marie. Per ben due volte, all’imbrunire, si risvegliò di soprassalto con l’orribile sensazione di scivolare nel vuoto, nel mare d’aria sempre più scura sotto di loro, e se non fosse stato per la sua abitudine a rimettersi in sella sulla scopa dopo le mosse più azzardate per afferrare la pluffa o schivare un bolide, sarebbero piombati entrambi nel fiume Ericht.
Draco, con sua preoccupazione, non dava cenno di rinvenire, e fu solo quando sorvolavano le luci della capitale scozzese che intravide la chioma chiara di fronte a lei muoversi con intenzione.

“Shhh. Siamo quasi arrivati, riposati.” Marie sperò che quelle poche parole bastassero a calmarlo. Se avesse realizzato che si trovavano a quelli che sembravano almeno cento metri d’altezza, in sella ad una creatura sconosciuta, avrebbe rischiato di disarcionarli entrambi.
Il cavallo cominciò a perdere quota. Poteva distinguere sempre più chiaramente le arterie illuminate e fluorescenti delle strade principali, e perfino intuire il reticolo labirintico delle viuzze più antiche. Alla loro sinistra sembrava esserci una stazione, a giudicare dalle insegne luminose, e Marie pensò con nostalgia a King’s Cross. Con suo sgomento, quella che sembrava una torre aculeata si stagliava sempre più vicina a loro con la sua punta aguzza, e la strappò con forza dalla sua rêverie. Cercò di mantenere la calma, non poteva agitare Malfoy.
La creatura l’avrebbe vista, l’avrebbe evitata, cercò di convincersi. I pinnacoli si distinguevano sempre più chiaramente, e Marie trattenne il respiro e si aggrappò con tutta la forza che aveva ai fianchi della bestia, le nocche bianche attorno al lembo del mantello. Non successe nulla. Lo Scott Monument era alle loro spalle, e loro ancora in sella.
Maledetto ronzino, pensò Marie, gli piace il rischio. Aveva intenzione di dirigersi verso il castello, arroccato con la sua figura massiccia sulla collina proprio di fronte a loro, e stava per sussurrarlo all’orecchio della creatura quando questa virò bruscamente a sinistra.
“No, maledizione! Al castello, va al castello!”
I Babbani li avrebbero scoperti, dov’altro potevano atterrare? L’animale scendeva sempre più, e Marie si sorprese che nessuno si accorgesse di loro, giù in strada.
All’improvviso si tuffarono in picchiata, e la terra una ventina di metri sotto di loro si fiondò loro incontro. Avvertì Draco irrigidirsi davanti a lei. Nonostante l’allarmante velocità con cui toccarono il suolo, gli zoccoli non fecero alcun rumore e non dovettero attutire nessun colpo.

Indolenzita e con i muscoli rigidi per il lungo volo, si affrettò comunque a scendere, con molta meno grazia della creatura, ed aiutò Draco a seguirla.
“Cosa diavolo succede?” Riuscì a biascicare il giovane. Gli doleva ogni singolo arto, tranne la spalla destra, che non avvertiva, ed ogni respiro gli causava una fitta alle costole.
“Te lo spiego appena riusciamo a capire dove ci troviamo.” Sussurrò Marie.
Un’ondata di vertigini lo assalì, ed avvertì il battito affannoso del suo cuore rimbombargli nelle orecchie. Si aggrappò alla prima cosa che trovò, per poi rendersi conto con orrore di essersi puntellato su una lapide. Marie si sentì svenire.
No, non un altro cimitero, ti prego, implorò silenziosamente l’animale, ma questi cominciò a brucare leggiadro l’erba. Detestava i cimiteri, le ricordavano tutti il luogo della morte di Cedric.
Questo, tuttavia, notò subito che era privo dell’aria macabra e mortifera che permeava quello di Little Angleton. Sembrava più un luogo di pace, libero dall’atmosfera di pericolo incombente che aveva oppresso il cimitero di Godric’s Hollow. Doveva essere regolarmente frequentato dai vivi, a giudicare dalla presenza rassicurante della chiesa dietro di loro.
Di riflesso, si affrettò a gettare incantesimi repello-babbani e di protezione attorno al luogo in cui si trovavano, proprio al cominciare della leggera discesa erbosa punteggiata da tombe più o meno solitarie, lungo la quale riusciva appena a scorgere un viottolo.
Draco, nel frattempo, si era appoggiato alla tomba, dalla forma spigolosa, e osservava meravigliato la creatura brucare tranquilla. Marie si sorprese di non vederlo spaventato. Sembrava a proprio agio nelle vicinanze della creatura, e questa addirittura cercava la sua vicinanza, si rese conto con stupore Marie.
Si avvicinò sempre più a lui, brucando qua e là, fino ad annusare i suoi vestiti, e cominciò a puntellarlo sempre più insistentemente con il muso. Marie non osava avvicinarsi, avvertiva che la creatura, sebbene avesse confidenza con lei, preferiva Draco. Lui, nel frattempo, tentava di capire, non senza timore incipiente, cosa volesse da lui la creatura eterea.

“oh, va bene, me lo tolgo” Bofonchiò debole. “Calma, fa piano!”
Con fatica, si tolse il giaccone. La maglietta di Harry lasciava scoperto gran parte del braccio sinistro, che si era ormai abituato ad ignorare. La creatura cominciò, con suo disappunto, a leccare il suo avambraccio, e dovette mordersi il labbro per non gridare.
La lingua ruvida sembrava scorticargli la pelle gonfia ed infiammata, e si appiattì contro la lapide, tentando di resistere all’impulso di sottrarsi alle sue cure. Premette il viso contro la pietra fredda e muschiosa, pregando che il supplizio finisse presto. Lo stava scorticando, ne era certo, non poteva farcela a resistere.
Eppure lei non voleva fargli del male, lo sentiva. Non riuscì a trattenere un gemito, possibile che non finisse più? La stoffa della maglietta si strappò, e credette di essere premuto contro una fresa. Questa cominciò a mordergli anche le costole, ed urlò dal terrore, era finita, l’avrebbe ammazzato. Pregò che Marie lo sottraesse a quella tortura. Poi, così com’era cominciato, il dolore svanì. Aprì gli occhi, ed incrociò quelli della creatura. Grandi, bui e tormentati voragini luccicanti lo osservavano, curiose.
A Draco parve di vedere ombre scure agitarsi in quegli specchi, e gli sembrò di guardare dentro di sé, nell’abisso, e l’abisso guardava dentro di lui. Allungò una mano a carezzare il muso ossuto ma serico della creatura, e questa non si sottrasse, bensì, a tradimento, gli appioppò una leccata ruvida come carta vetrata.
Marie intanto camminava in tondo attorno ai due, come un gatto nervoso, e trasse un sospiro di sollievo nel vedere Draco accarezzare la creatura. Questa si piegò sulle ginocchia sottili e si sdraiò accanto a lui, le ali reticolate ripiegate sulla schiena. A questo punto Marie si avvicinò, con passo felpato, e si accoccolò appoggiandosi al dorso della creatura, caldo e fresco, sul lato opposto a quello contro cui si era disteso Draco.

Il suolo era umidissimo, ed entrambi gettarono degli incantesimi isolanti attorno a loro, Draco con un po’ di fatica, poiché dovette estrarre la bacchetta dal giaccone con le membra doloranti.
Mentre si muoveva, tuttavia, si accorse che i movimenti gli riuscivano leggermente più facili.
Soprattutto, la fitta al petto era svanita. Con riluttanza, si azzardò a gettare un’occhiata al braccio. Quello che vide lo lasciò incredulo.

Quella che sembrava rugiada argentea aveva ricoperto il nero tumefatto della maledizione, ancora visibile sotto la pellicola translucida. Il serpente si dibatteva furioso, con spasimi sempre più violenti, e Draco lo sentì muoversi nella sua carne, con quel dolore da volta stomaco che gli era divenuto famigliare.
Ciò nonostante, osservando meglio notò che quello che sembrava argento vivo stava dissolvendo l’inchiostro velenoso del Marchio, millimetro per millimetro, e per quanto il serpente affondasse le zanne nella propria coda e si dibattesse, la linfa non indietreggiava.
Si puntellò sui gomiti e si girò per mostrare meravigliato la scoperta a Marie, ma vide che si era addormentata, cullata dal movimento regolare del dorso della creatura contro cui si era adagiata.
Doveva essere esausta per il viaggio da Inverness a Edinburgh, e sebbene fremesse dall’impazienza di sapere che fine avesse fatto Bellatrix, il pensiero di svegliarla non lo sfiorò.
L’espressione insolitamente serena esaltava la dolcezza del suo viso, ed avere l’occasione di vederla così indifesa, senza schermi, risvegliò in lui un sentimento di tenerezza che non l’aveva carezzato da tempo.

Lui, al contrario, era riposato, sebbene debole, e decise di montare la guardia. Lasciò vagare lo sguardo nel vasto cielo sopra di loro, e di tanto in tanto spostava lo sguardo dalle stelle al suo viso, soffermandosi ogni volta su un dettaglio diverso.
Le labbra morbide e rotondeggianti erano percorse dal taglio rigonfio che lui stesso le aveva causato, ed il senso di colpa lo attanagliò. Azkaban e la sua disperazione avevano tirato fuori il peggio di lui.

D’un tratto quel dettaglio, il cielo stellato sopra di lui e la figura che gli riposava accanto lo riportarono indietro nel tempo, in quella sera in cui si era rifugiato sulla torre di Astronomia, sconvolto e roso dal dubbio, e tormentato da quello che aveva visto nel sotterraneo.
Si domandava ancora ora cosa fosse successo realmente. La figura di Marie riposava tranquilla accanto a lui ora, qualsiasi cosa fosse successa, e questo lo rassicurò, ma decise che se mai se ne fosse presentata l’occasione, avrebbe dovuto porle quella domanda.
C’era anche un’altra questione che dovevano affrontare, ed era meglio che lo facessero presto, rimuginò ansioso Draco, di nuovo rivolto verso le stelle. Il Pathos Cogitatio era, inequivocabilmente, sfuggito al loro controllo ed interveniva quando meno se lo aspettavano.
Certo, ad Azkaban era stato utile, ma il fatto che i sogni dell’altro non fossero più interamente suoi, così come l’evidenza che potevano anche scambiarsi ricordi lontani dal presente, era inquietante.
Dovevano assolutamente affrontare la questione, per quanto Draco non gioisse all’idea di comunicarle che aveva condiviso il suo sogno, a Villa Conchiglia.

La rabbia per gli insulti precedenti e il desiderio di vendicarsi erano evaporati da tempo.
All’insaputa di Draco, il Pathos Cogitatio era attivo anche in quel preciso istante, e i suoi pensieri interferirono con i sogni di Marie, indirizzandoli verso quella sera.

(Avvertimento: tematiche delicate)

Marie alzò il braccio, cercando di scacciare all’ultimo momento il nodo allo stomaco che la assaliva ogni giovedì, e fece per bussare alla porta dell’ufficio sotterraneo.
Questa si aprì di scatto prima che potesse anche solo sfiorarla.
“Sei in ritardo di nuovo Potter!” L’aggredì il sibilo di Piton, che cercò di incenerirla con lo sguardo.
“Proprio come quella carogna del tuo padrino. Si diceva che non sarebbe arrivato in orario nemmeno al suo funerale, ed infatti.” Continuò l’odioso, ed untuoso, aggiunse Marie, professore, ingoiando gli epiteti che avrebbe voluto lanciargli contro.
“Compenserò arrivando in anticipo al suo, professore.” Rispose lei fra i denti.
“Vedremo se sarai ancora così insolente quando avremo cominciato.”
Replicò Piton, minaccioso.
“Ti ricordo, Potter, che ti sto concedendo un privilegio. Come al solito, voi due siete troppo inebriati dalla vostra fama per accorgervene.”
Marie, catturata suo malgrado dalla curiosità per quello che l’aspettava, non ribatté.
Piton se ne accorse e la serpe che albergava in lui gongolò, pregustando la preda che si stava offrendo più o meno spontaneamente a lui.
“Ovviamente la prodigiosa incapacità del tuo gemello potrebbe compromettere irrimediabilmente le capacità che stai acquisendo, ma se riuscirai a superare questa prova, sarai capace di esercitare un’Occlumanzia pressoché inespugnabile.”
Fece una pausa, e un sorriso sottile e beffardo si allargò sul suo volto giallognolo.
“Eccetto, è plausibile, per il Signore Oscuro…”
Bene, allora è una bella perdita di tempo, pensò la voce più ragionevole di Marie.
Prendi, alza i tacchi e vattene finché sei in tempo!

Le raccomandò la stessa voce, che veniva direttamente dalla sua pancia.
Non hai visto il ghigno compiaciuto spalmato sulla sua brutta faccia? Non promette nulla di buono!

Ma la parte più irrazionale ed ambiziosa di lei era stata rapita da tempo da quella promessa di gloria, e la Grifondoro non aveva il gemello a farla ragionare, questa volta.
Piton si arrotolò le maniche con quel gesto ostentato che detestava, e continuò a spiegare, la voce sempre più bassa e suadente, incantatrice.
“Ora attaccherò le tue difese sul serio, esattamente come farebbe un autentico nemico.”
Lo sguardo era rivolto alla sua bacchetta, che si rigirava tra le mani con ostentata indifferenza.
Tese la mano, e Marie vi depose la sua bacchetta. Le viscere le si attorcigliarono.
“Il mio, ed il suo obiettivo, sarà penetrare nei meandri più gelosamente custoditi dei tuoi pensieri, per farli miei e contorcerli a mio piacimento.”
Cominciò a misurare la stanza a grandi passi.
“È necessario che le tue barriere, ancora fragili, vengano infrante nel punto in cui sono più sensibili, altrimenti non sarai mai in grado di fortificarle e rimarranno inutili, ridicole resistenze.”
Smise di giocherellare oziosamente con la bacchetta, per impugnarla saldamente. Marie cominciò a sudare freddo e si pentì amaramente di aver stretto quello che sembrava in tutto e per tutto un patto con il diavolo.
Se almeno ci fosse stato Harry con lei, le avrebbe dato la forza di andarsene.
Invece c’erano solamente lei, disarmata, e Piton, in quel viscido sotterraneo lontano dalla luce e dal calore della vita. 
Cercò di prepararsi come le riusciva spontaneo solitamente, ma il panico si stava insinuando strisciante. Quali erano i ricordi che non avrebbe mai rivelato a nessuno? Non se lo dovette domandare due volte. Lo sapeva benissimo: erano quelli che aveva tenuto nascosti ad Harry.
L’idea che Piton potesse venirne a conoscenza non l’aveva mai sfiorata. Durante le lezioni precedenti Piton aveva lasciato che lei sviluppasse un senso di confidenza tale da farle credere che i suoi segreti fossero al sicuro.
Ma ora, era giunto il momento di far crollare il muro di cartone, pensò il professore, per posare le fondamenta di uno più solido. Almeno, quello era il pretesto.
Marie fece per appoggiarsi ad uno scaffale, aggrappandosi agli ultimi istanti di intimità che le rimanevano.
“Spostati dagli scaffali.” Fu la secca reazione.
Fece appena in tempo ad eseguire l’ordine, che la realtà svanì come fumo davanti ai suoi occhi.
Sulle prime, non c’era nulla di diverso dalle altre occasioni.
I ricordi la assalirono da ogni dove, ma riuscì a tenere a bada la corrente che voleva sbatterla qua e là come un cencio.

Lei ed Harry stavano giocando a Spara-Schiocco contro Sirius e Remus, l’uno sghignazzava raggiante, sventolando loro sotto il naso la vincita in api frizzole, mentre l’altro li guardava con un velo di nostalgia e tristezza negli occhi. Con grande divertimento del padrino lei si infuriava come anni prima avrebbe fatto Lily Evans: “Vergognati Sirius, hai barato! Lo so che hai barato! Non si vince così!”
Fred le stringeva calorosamente la mano sull’espresso, per poi farle fare un balzo di spavento quando la sua mano divenne all’improvviso verde e gelatinosa.
“Oh scusami, mi sono dimenticato di togliere il guanto strettafrolla del mio amico Lee” “Piacere di conoscerti!” Proruppe il gemello, tendendole la mano con espressione furbesca. “Ah no, questa volta non ci casco.”
“Impara in fretta eh Freddie?” Disse George, non senza ironia.

L’ufficio di Piton le tornò improvvisamente di fronte agli occhi, ma non le lasciò il tempo di riprendere fiato.

Lei ed Harry correvano a perdifiato per il quartiere di Little Whinging, con la banda di Dudley alle calcagna. Harry rovesciò un bidone della spazzatura pronto per la raccolta e non appena girarono l’angolo si appiattirono nello stretto passaggio fra lo steccato di due villette, dove Dudley sarebbe di sicuro rimasto incastrato. “Per un pelo” Sussurrò Harry al suo orecchio.
L’acqua gelida del Lago Nero si infranse sopra le loro teste, e Cedric le nuotava accanto, guidandola verso la riva. Il panico l’assalì, Harry era ancora sotto, lo sentiva. Si aggrappò al collo di Cedric, che sputacchiò ma la sostenne, sorridente in principio, e poi preoccupato al suo pallore incipiente.
Nell’aula sotterranea densa di fumi densi e scuri, la voce tagliente di Malfoy si fece strada fra il sibilo ed il sobbollire dei calderoni.
“Ehi Potter, scommetto che ti manca l’abbraccio di Diggory. Perché non hai spiattellato anche quello alla Skeeter? Avreste ancora più lettori. O forse ti penti di essere andata troppo in là? Certo bambolo Diggory si è preso quello che voleva prima di essere morto.” Il fragore di un calderone che esplodeva coprì tutto il resto, ma Piton aveva trovato la chiave che stava cercando.
Cedric correva davanti a lei, la sciarpa gialla e nera ben visibile fra i fiocchi di neve.
“Aspetta Ced! Ma dove stai andando!” Lo chiamò Marie con il fiato corto e la voce ilare. Annaspò, affondando sempre più nella neve, finché un abbraccio che aveva imparato a conoscere, eppure le sembrava sempre nuovo le cinse i fianchi e l’inebriò con una risata profonda e leggermente roca. Lui le coprì gli occhi con le mani, per poi sussurrarle all’orecchio: “Guarda verso l’alto.”
“Ma Ced,” Rise lei, appoggiando la testa al suo petto, “Non vedo nulla.” Ma fece come le aveva chiesto e rivolse il viso verso il cielo da cui cadevano, morbidi e algidi, grossi fiocchi di neve. Cedric, un largo sorriso carico di aspettative sulle labbra, scostò le mani per puntare la bacchetta verso il cielo, puntandola verso un fiocco che cadeva ondeggiando languido e sereno dal cielo, proprio sopra di loro.
Mentre cadeva, questo cominciò a mutare forma, ramificandosi ed espandendosi nell’aria, sempre più diverso dai fiocchi che si adagiavano sulle ciglia di Marie, il naso all’insù.
Dal centro si spandeva pulsante una calda tinta dorata, portatrice di vita. I bracci del fiocco, divenuti ben visibili, si unirono a formare due piccole ali, e la morbidezza della neve divenne candore del piumaggio.
La palla di piume fece due buffe capriole a mezz’aria, mentre dal centro pulsante d’oro fuso spuntava timidamente una testolina, che si capovolse in un’altra capriola, divenne una coda e poi l’uccellino cominciò a cinguettare estasiato attorno alle loro teste, fino a posarsi nella mano aperta di Marie, guidata da quella di Cedric.
Il cardellino le becchettò amichevolmente il dito, per poi cercare di insinuarsi sotto il suo mantello.

“Ehi piccolino, dove vuoi andare, hai freddo?” Cinguettò Marie in risposta al suo canto, trasportata dalla meraviglia.
“Prova per te lo stesso amore e desiderio di colui che l’ha creato.”
Mentre diceva queste parole Cedric le percorse con delicatezza il contorno del viso e tornò a stringerla a sé, più vicina di quanto avesse mai osato prima. Il cardellino arruffò le piume soddisfatto, girando la testolina quel tanto che poteva da sotto il mantello da cui spuntava appena fuori, proprio sotto il collo di Marie, che cominciò a ridere e contorcersi giocosamente fra le braccia di Cedric. “Mi fa il solletico, il malandrino!”
Lui si chinò a baciarle il collo, con il tocco leggero e fresco delle sue labbra, per poi cercare quelle di lei. Le piume dell’uccellino sfiorarono la pelle di Cedric, ed a quel contatto il nuovo nato fremette come la padrona del suo cuoricino che batteva da così poco eppure tanto in fretta. Cullato fra il calore dei due corpi a cui era indissolubilmente legato, si accoccolò tranquillo e lasciò che ci pensasse Cedric a solleticare i sensi della sua amata, sempre più accogliente ai suoi baci prima delicati e poi intraprendenti.
Ogni volta i due diventavano più desiderosi della pelle fragrante che li infuocava, e gli istanti che li appagavano erano gli stessi che esasperavano il loro desiderio. I due giovani sentivano un istinto atavico sussurrare concitato che il tempo era alle loro calcagna, che ogni istante doveva essere consumato come la cera dalla fiamma, se non volevano bruciar d’amore invano.


Marie non poteva più controllare la direzione o il flusso dei suoi pensieri, era in balia della presa ferrea fra cui si dibatteva impotente, come un cucciolo preso per la collottola dalla madre.
Sperò solo che Piton non riuscisse a sostenere le emozioni, le sue emozioni, che permeavano ogni istante, ma evidentemente il viscido era senza scrupoli e non credeva di essersi spinto abbastanza lontano.

Davanti alla porta del bagno dei prefetti, Cedric, con i capelli bronzei bagnati fradici dalla neve e tremante dal freddo, si guardò intorno, sull’attenti, per poi sussurrare lesto la parola d’ordine, “Asticello”, e la piccola porta girò sui cardini ben oliati. Marie aveva la testa poggiata contro la sua spalla e le braccia attorcigliate attorno al suo collo; sapeva bene di non dover mettere piede per terra vicino alla porta, altrimenti non li avrebbe lasciati entrare. Con lei tra le braccia come una sposa romana, Cedric varcò la soglia raggiante, ed appena lasciò che Marie posasse i piedi a terra, agitò la bacchetta verso alcuni degli innumerevoli rubinetti ed immediatamente una fragranza di pino e resina si diffuse nell’aria, assieme a grosse bolle dorate. Il cardellino svolazzò come una freccia al di fuori del suo nascondiglio, rincorrendo le bolle in volo al fruscio dei loro vestiti che cadevano a terra.

Marie stava lottando con tutte le sue forze per cristallizzare la scena in quel singolo istante, rallentare il ricordo, farlo insabbiare ed impedire a Piton di invadere un angolo che era solamente suo, e tale avrebbe dovuto rimanere. Ma non ci riuscì. Per quanto cercasse di concentrare tutta la sua forza di volontà verso la bolla dorata, questa riflesse la chioma di Cedric, e quella presa tirannica ed asfissiante che le toglieva lucidità ne approfittò per forzare e balzare in avanti.

Il respiro di Cedric era veloce ed affannoso contro il suo orecchio, e Marie si era abbandonata completamente fra di lui, con l’acqua che accarezzava i loro fianchi – No!


Marie avvertì il sapore ferroso del sangue e la fredda, granulosa botta del pavimento di pietra con qualche secondo di ritardo. Senza alcun sostegno, era crollata a terra dallo sforzo, stordita. Mani gelide e invadenti la strattonarono in piedi per poi abbandonarla appena possibile, ed andò a schiantarsi rovinosamente contro uno scaffale, i cui numerosi barattoli dai contenuti dissezionati ondeggiarono pericolosamente. Finì per sedersi per terra, nell’angolo vicino alla porta, vagamente consapevole della figura di Piton che la guardava con disgusto dall’alto in basso.
Un’ondata d’odio puro e scottante le ribollì nelle vene, ed il velo appiccicaticcio e sporco dell’umiliazione la calò addosso come un volturo, mentre cercava di riprendere le forze.
Piton decise di non infierire. Aveva ottenuto quello che voleva.
La Potter avrebbe abbassato la cresta e si meritava un’umiliazione del genere, pensò la parte più perfida del professore, quella che si innalzava sopra la ragionevolezza ogni qualvolta gli occhi beffardi di quello strafottente di James Potter lo guardavano dal viso così somigliante a quello di Lily. Era una tortura. Almeno ora che evitava il suo sguardo, avrebbe potuto ingannarsi che quel ricordo fosse suo, che la figura rannicchiata fosse Lily, che lei fosse lì con lui, e non morta e sepolta nel cimitero di Godric’s Hollow. Tuttavia, vedere Lily in quella posa sofferente gli pungolò il cuore con una stilettata che non provava da anni.  Eppure, era lui la causa della sua sofferenza, lo sapeva bene.
Fu una fortuna per Piton che lei non osasse guardarlo negli occhi; altrimenti avrebbe intravisto la pietà e la tristezza che si celavano sotto lo strato di disgusto e lascivia.
Non aveva calcolato che stesse seviziando la sua vittima con un’arma a doppio taglio. Per un istante, fu felice che la Potter fosse riuscita a fermarlo, impedendogli di raggiungere il suo obiettivo più meschino e che aveva celato perfino a sé stesso, parte di un segreto che non avrebbe mai interamente rivelato a nessuno. Aveva quasi messo le mani su ciò che desiderava da anni e non aveva mai potuto avere.
Non in prima persona, ma forse in un altro modo, si era illuso, avrebbe potuto raggiungerla. Eppure, quella che considerava solo un veicolo del suo desiderio represso, invece di saziarlo l’aveva respinto.

La vista di Marie rannicchiata spalle al muro scatenò, per un singolo istante, il ricordo di Lily riversa senza vita sul pavimento straziato della stanza, e per quello stesso istante Severus Piton ebbe ribrezzo di sé stesso. Lily era morta per salvare la sua bambina, ed ora lui se ne stava approfittando calpestando il suo cadavere.
Avrebbe dovuto porre rimedio a quell’errore, o si meritava di essere dannato.
Se quella ragazza era riuscita, con il suo talento di Occlumante, ad impedire al lato più sudicio e perverso di sé di esplicarsi fino in fondo, era in debito con lei.
“Lezione conclusa, Potter. Non te ne occorreranno altre. Hai superato la prova. Vattene in infermeria a curare quella tua testa dura, se non ne sei capace tu.”
E che cavolo dico a Madama Chips, pensò Marie, furiosa per come la stava liquidando e tremante dall’umiliazione, la rabbia e il dolore che la scuotevano ad ondate febbricitanti.
Senza replicare, tuttavia, si diresse verso la porta, a cui Piton aveva tolto l’incantesimo che la sigillava. L’unica cosa che disiderava era mettere più distanza possibile fra sé e Piton.
Proprio mentre stava per afferrare la maniglia, delle nocche bussarono dall’altro lato, e la aprirono prima che il professore potesse rispondere.
Malfoy si trovò faccia a faccia con Marie, stravolta, con i capelli arruffati, le vesti spiegazzate ed un livido ed un brutto taglio sul viso.
Spalancò la bocca, immobile come un gargoyle, ed il suo sguardo scorse da Marie a Piton, e si soffermò di nuovo sul suo stato, proprio mentre il capo casa sbraitava,
“Non ti hanno insegnato a bussare, Malfoy?”
Draco, senza parole, riuscì appena a balbettare,
“È un’emergenza. Qualcuno ha …. ha stregato il muro attraverso cui dovremmo passare per accedere alla sala comune, ed ora insulta chiunque ci parli.”
“Sciocchezze Malfoy, è impossibile che uno studente possa incantare una delle entrate alle quattro case! Sarà uno scherzo di bassa lega, una barriera ingiuriosa o qualche altra trovata dei Grifondoro!” Detto questo, si precipitò fuori dall’ufficio, diretto più in giù verso il cuore dei sotterranei.
Marie cercò di evitare lo sguardo indagatore di Malfoy e riprese la sua bacchetta, abbandonata sulla scrivania. Era pronta ad aspettarsi un insulto, una battuta canzonatoria o il solito ghigno beffardo da parte di Malfoy, e al momento non avrebbe avuto la forza di ribattere.
Per una volta, era rassegnata a subire.
Tuttavia, non intravide nulla di tutto ciò sul viso di Malfoy. La sua aria afflitta e sottomessa spaventò Draco ancor di più, che sbiancò e continuò a fissarla. Incapace di sopportare oltre quello sguardo insolito e disperata per un briciolo di solitudine, si fiondò a sua volta oltre Malfoy e fuori dall’ufficio, ma ancora disorientata fece male i calcoli e finì contro lo stipite con un gran colpo.
Draco, allarmato e confuso più che mai, la afferrò prima che potesse barcollare altrove, cercando allo stesso tempo di starle distante, come se avesse paura di sporcarsi. Constatò che non puzzava di burrobirra o alcol come alcuni suoi compagni quando si comportavano in modo simile, e gli si strinse lo stomaco. Aveva una gran voglia di andarsene da lì prima che tornasse Piton.

“Per Merlino Potter, che ti succede?”
“Che succede a te Malfoy, stare lì così impalato!”
Gracchiò Marie con la voce debole suo malincuore, fallendo nell’intento di suonare sprezzante.
“Almeno io sto in piedi da solo.” Ribatté Malfoy in tono piatto.
“La Umbridge ti darà una spilla anche per questo, Malfoy?”
Marie si ricordò improvvisamente di cosa le aveva detto durante pozioni, poche settimane prima, e di come avesse portato Piton a capire quale fosse il suo punto debole.
“Toglimi le mani di dosso, Serpeverde!”
“Ma prego Potter!” E lasciò andare la presa.
Ingrata, pensò Malfoy irritato, cosa stava a preoccuparsi per chi lo disprezzava? Eppure la scena che si era trovato davanti agli occhi continuava ad apparirgli orrendamente dissonante e profondamente sbagliata. Lasciò che Marie lo superasse, incerta sulle gambe, e poi, dopo essersi guardato le spalle, la seguì, con tutta l’abilità di una serpe. Sapeva che la sala comune di Grifondoro si trovava in una delle torri, ma come pensava, lei non si diresse verso le scalinate più alte, ma balzò, e rischiò di cadere indietro, su una scala che conduceva al quarto piano.
Draco stette a due rampe di distanza, pronto ad appiattirsi nell’ombra se necessario, ma lei non si voltò nemmeno una volta. La intravide sgusciare furtivamente in un’aula semiaperta, e si accostò alla porta, incapace di entrare senza essere scoperto.
Dall’interno, gli sembrò di udire il cinguettare fioco di un uccellino, ma si convinse che fosse un’illusione, perché non lo sentì più. Al contrario, il suono di singhiozzi soffocati giungeva sufficientemente chiaro alle sue orecchie, e sarebbe rimasto lì, aspettando non sapeva cosa, se dopo alcuni minuti dei passi affrettati non lo avessero messo in guardia e non si fosse nascosto dietro una colonna.
Fu un bene, perché se Harry lo avesse trovato ad origliare, avrebbero di certo scatenato un putiferio duellando. Appena il gemello era sparito nell’aula, Draco si diresse di corsa verso la torre di astronomia, incurante del coprifuoco imminente.

Aveva bisogno di aria fresca che lavasse via l’atmosfera asfissiante e opprimente del sotterraneo, e le stelle lo avevano sempre aiutato a pensare. In fondo, portava il nome di una costellazione. Scala dopo scala, il pensiero lo arrovellava e corrodeva. Stava ricamando un dramma, la sua immaginazione cavalcava troppo in fretta, oppure avrebbe dovuto riportare quello che aveva appena visto?
“A chi, al capo casa?” Domandò una voce caustica.
“Fatti gli affari tuoi Draco, come hai sempre fatto finora. A loro non importa nulla di te, perché dovresti preoccuparti per la Potter? Si sa difendere da sola.”
Continuò, ma Draco non riusciva a darle ascolto. Svoltò un altro angolo e cominciò a scalare la rampa di scale a chiocciola.
È proprio questo il punto, era indifesa! Probabilmente si stava approfittando di lei ed era indifesa!” “Ma se non sai nemmeno quello che hai visto! Forse si è fatta male ed è passata per l’ufficio di Piton per una pozione.” L’ipotesi suonava talmente ridicola da essere già insopportabile sotto forma di pensiero.
Non era così. Non gli era sfuggito il sangue sul pavimento di pietra dell’ufficio.
Possibile che Piton avesse un lato tanto oscuro e minaccioso, possibile che potesse essere tanto vile verso una Grifondoro? Come poteva Silente non saperlo? Avrebbe dovuto dire qualcosa?
Il dubbio lo arrovellava.
Finalmente l’aria gelida lo aggredì, e l’agitazione che gli ribolliva nelle vene si calmò un poco. Raggirò la barriera e si avvicinò alla balaustra, lo sguardo puntato verso le stelle.

Guardando le stelle, una tranquillità fredda ma cristallina lo invase, e tentò di riconoscere le costellazioni come era solito fare da bambino, senza successo.
Il dubbio rimaneva.

Ora non era più sola, se ne era accertato lui stesso. Non poteva bastare quello? Il gemello tronfio l’avrebbe aiutata, come sempre, quei due non erano mai davvero soli.
“Se davvero è successo quello che credi, ci penserà Potter a correre da Silente. Non occorre che lo faccia tu.” Draco dovette ammettere che sembrava un’ipotesi ragionevole, e, cosa più importante, lo assolveva da qualsiasi responsabilità.
Le stelle gli sembrarono brillare più fulgide, ora. Com’era solito fare, abbracciò immediatamente quella che gli appariva come la via più sicura, e la sua coscienza smise di disturbarlo, per quella sera.

Tuttavia, non avrebbe più taciuto a lungo, ormai era stata risvegliata.



Marie biascicò qualcosa nel sonno e si agitò inquieta, ma tutto ciò che Draco riuscì ad afferrare fu il nome di Harry. Tornò a seguire il filo dei suoi pensieri.
Chissà se sua madre aveva colto l’indizio lasciato a suo padre. Doveva essere così, cercò di convincersi Draco, il messaggio era chiaro. Sperò che ripartissero presto, avevano ancora molta strada da fare per Londra. Al pensiero del negozio di Burgin & Burke e di come avessero intenzione di arrivare ad Hogwarts, si ricordò di come l’anno precedente avesse rifiutato con disprezzo e risolutezza ogni aiuto di Piton.
Da quella sera irrisolta nutriva per quell’uomo una diffidenza e un ribrezzo radicato nelle sue viscere, e le attenzioni che gli dedicava non solo lo mandavano su tutte le furie, ma lo facevano sentire complice dei suoi intenti, e sapeva quanto perversi potessero essere.

All’improvviso un grido lo fece sobbalzare da terra, e la creatura alzò il muso da terra e drizzò le orecchie, allarmata.
Portò istintivamente la mano alla bacchetta, sebbene realizzò subito che era solamente Marie, risvegliatasi di soprassalto. Si alzò e girò attorno alla creatura, che si era risistemata, per sedersi accanto a Marie.

“Stai bene?” Le domandò, sentendosi un po’ a disagio per il filo dei suoi pensieri precedenti.
Lei lo guardò con gli occhi persi nel vuoto, pieni di orrore e allarme.
“Dobbiamo muoverci. Tu-Sai-Chi ha scoperto che stiamo cercando gli Ho…insomma, degli oggetti vitali per lui. Dobbiamo assolutamente arrivare ad Hogwarts e riunirci ad Harry, e trovare gli altri oggetti prima che sia troppo tardi. Uno è sicuramente ad Hogwarts, ed ha a che fare con Corvonero.” Parlava come spiritata, più a sé stessa che a lui, ma d’un tratto tornò i sé.
“Ma tu, stai bene? O mio Dio, mi sono addormentata!” Balzò in piedi e si contorse le mani, un vizio che aveva preso dalla sua amica.
“Come va la ferita?” Esclamò, chinandosi di nuovo verso di lui.
Draco credette che si rivolgesse al Marchio; il dolore causato dal pugnale era stato tanto forte che se lo ricordava solo in modo confuso, e la preoccupazione per la maledizione del Marchio, unita al fatto che la saliva della creatura aveva narcotizzato la ferita, gliel’aveva fatto dimenticare.
“Non ci crederai, ma la saliva della creatura sembra aver fermato il Marchio. Lo sta dissolvendo.” Disse piano, togliendosi il giaccone e mostrandole il braccio.
Marie corrucciò il viso in un’espressione incredula, per poi spalancare la bocca, non senza una smorfia di dolore, meravigliata.
“Non è possibile, è un miracolo…” Sussurrò, tracciando con il dito la lunghezza del suo avambraccio, facendolo rabbrividire. La pelle era ancora irritata e Draco l’avvertiva, al suo tocco, come se fosse effettivamente scorticata.
“Ahi” Disse ostentatamente, per farla smettere.
“Oh scusami! È così straordinario che non ho resistito.” Si scusò lei imbarazzata.
Tacque, pensierosa, per alcuni istanti.
“Dici che abbia fermato la maledizione, quindi?” Domandò, ancora stentava a crederlo.
Possibile che la soluzione che sembrava impossibile si fosse offerta a loro così spontaneamente?  Lesse la stessa domanda negli occhi di Draco.
“Non la sento più farsi strada nella mia carne, e la fitta al petto che mi tormentava da alcuni giorni è svanita. Ma il braccio è ancora indolenzito e la pelle la avverto come scorticata, fa un male tremendo. Ma il serpente sta svanendo, guarda bene anche tu.”
Le protese l’avambraccio, e stavolta Marie fece attenzione a non toccarlo. Notò anche lei un fluido argenteo avviluppare la coda del serpente, anche se sarebbe stato difficile affermare con sicurezza che stesse avanzando.
“Dobbiamo proprio andare ad Hogwarts. Là troveremo qualcuno in grado di farti una fasciatura come si deve. Io non sono molto dotata, come avrai notato.”
“Cosa?” Domandò Draco, confuso.
“Come cosa? Guarda la tua spalla! – Quella destra!” Aggiunse spazientita, vedendo che Draco controllava quella avviluppata dal Marchio. La fasciatura alla bell’e meglio con un brandello del suo mantello si era allentata, e per Draco non fu difficile toglierla. Era così molle che nemmeno se n’era accorto.
Osservò con orrore e sgomento lo squarcio che si apriva fra l’attaccatura dell’omero alla clavicola, e la sottile pellicola trasparente che la ricopriva. Un alone bluastro e violaceo la circondava, e quando tentò di ruotare il braccio, un dolore lancinante lo trapassò. L’effetto narcotizzante della saliva stava svanendo.

Perché se si mostrava tanto forte contro il Marchio, sembrava proteggere debolmente la ferita della lama?
“Ti ricordi cosa è successo?” Domandò Marie, con voce morbida.
“Mi ricordo che mi sono fiondato fra te e Bellatrix, che aveva l’aspetto di mia madre, per impedire che ti pugnalasse e non perdere la Passaporta.”
Non gli occorreva una spiegazione di ciò che era accaduto dopo, se lo poteva facilmente immaginare.
“Come ti sei disfatta di Bellatrix?”
“La creatura è piombata dal cielo e l’ha assalita, per poi leccare la tua ferita, che sanguinava in modo…strano.” Marie rabbrividì al ricordo.
“Era tramortita, così l’ho legata ad un albero e l’ho mollata lì. Spero sia ancora lì impalata, ma ne dubito.”
Draco annuì, scuro in volto. Conosceva i passatempi della detestata zia.
“La lama è maledetta. È imbevuta in un’antica pozione di famiglia che impedisce a qualsiasi ferita di rimarginarsi. È un miracolo che l’emorragia si sia fermata.”
“La creatura deve avere poteri straordinari, e ancora sconosciuti. Non compare nel libro di Newt Scamander, e lui ha girato il mondo intero!”
Hermione ci aveva visto giusto, pensò Marie, solo un rimedio ignoto aveva potuto fermare il Marchio.
Entrambi pensarono nostalgici a Luna ed alle sue mani abili.
“Te la senti di Smaterializzarti?” Gli domando Marie, cambiando tono e diventando pragmatica.
“Sì.” Non era vero, ma voleva assolutamente arrivare a Londra il più in fretta possibile, e lo stesso valeva per Marie. La furia di Voldemort e la distruzione che aveva disseminato intorno a lui, così come la determinazione assassina con cui si era prefisso di controllare i luoghi degli Horcrux, la riempivano di terrore per Harry, dovevano assolutamente riunirsi per essere più forti e poterlo affrontare.
Lei glissò sulla sua bugia, e osservò l’orizzonte. Il castello era visibile dal cimitero, e la sua sagoma maestosa si stagliava sempre più chiara all’orizzonte. Stava albeggiando, e presto avrebbero dovuto trovarsi nelle vicinanze di un altro castello.
Draco, tuttavia, voleva assolutamente approfittare della rara intimità che rimaneva loro per affrontare la questione che riguardava unicamente loro due.
“Aspetta ancora un momento.” La fermò.
Marie alzò un sopracciglio, interrogativa. Pensò che stesse per riferirsi alla creatura, lei difatti si stava domandando come avrebbero fatto a portarla ad Hogwarts. Le parole seguenti tuttavia furono una doccia fredda.

“Non possiamo più ingannarci, dobbiamo smettere di ignorare l’evidenza. Il Pathos Cogitatio ci è sfuggito di mano fin dall’inizio.”
Marie si sedette di nuovo accanto a lui, con un gran sospiro. La creatura cominciò a muovere la coda di qua e di là, con un rumore lento ma costante.
“Sì, è innegabile. Ad Azkaban è avvenuto senza che potessimo controllarlo, fin da prima che entrassimo, anche se si è rivelato di nuovo molto utile.”
“Non dico che non sia utile, ma non è questo il punto.” Continuò Draco, senza capire se lei stesse facendo la finta tonta o se fosse ancora all’oscuro di ciò che avevano condiviso.
“Dici il fatto che ho visto il tuo ricordo, quello nel campo di fiori?” Domandò lei, esitante.
Questo non sorprese più di tanto Draco, se l’era già immaginato, riflettendo sugli episodi in cui era avvenuto.
Ecco, ora devo dirglielo. Merda. Se mi affattura mi riduco ad un bidone, pensò Draco.
“Sì, diciamo di sì, ma non solo.” Esitò, non sapeva come continuare. La prese larga.
“Mi riferisco ai sogni, in particolare.” Tacque, e Marie non disse nulla.
Le lanciò un’occhiata, timoroso, ma vide solamente sorpresa nel suo sguardo. Draco si maledisse, perché non capiva? Avrebbe preferito che ci arrivasse lei, invece così ogni passo era penoso.
“Aspetta, allora quel sogno orrendo che ho appena fatto è stato a causa tua?”
Come? Di cosa lo stava accusando?
“Il sogno del sotterraneo, quando Piton…” Si interruppe e deglutì con forza.
“Bé, quando tu sei entrato di sorpresa, io non…non stavo bene e fin lì sarebbe anche stato normale, ma poi io era te e ho visto cose che non avrei mai potuto immaginare, tu mi hai seguito!” Il tono, si sorprese Draco, non era accusatorio, ma sofferente.
“E sei andato sulla torre si Astronomia. Era il tuo sogno, quello?”
Dopo quella scena, la rabbia di Voldemort e la visione che sicuramente aveva avuto anche Harry aveva soffocato temporaneamente quel ricordo, al suo risveglio, ma ora era dolorosamente vivido.
“No, dovevano essere i miei pensieri, devono aver interferito con il tuo sogno…” Disse Draco, preso in contropiede. Ora anche quello, si disse, esasperato, non bastava il resto!
“Quello che dico io è che a Villa Conchiglia, ho fatto un sogno che era indubbiamente tuo!"
“Come fai ad esserne certo?” Domandò Marie, a voce bassa.
Draco sentì il sangue salirgli alla testa, e fu felice che il sole non fosse ancora sorto e non distinguessero chiaramente i propri visi.
“Perché io ero te, e insomma, solo tu eri così… vicina a Cedric.”
Sperò non dovesse rivelarle che aveva spiato un frammento di quella scena anche dal vero.
La bacchetta di Marie fece scintille, ma il suo viso era rigato dalle lacrime, Draco le scorse copiose nonostante la luce fioca. Lei soffocò un ringhio di rabbia e gli voltò furiosa la schiena, ma una tristezza immensa l’invadeva, e Draco questo lo avvertiva, perciò non si scostò.
Perché, perché quei momenti impagabili e meravigliosi che aveva vissuto con Cedric non potevano essere suoi, solamente suoi, come avrebbe dovuto essere normale?
Non bastava Piton e la sua intrusiva, intollerabile lascivia, non bastava che la morte le avesse strappato Cedric quando appena avevano cominciato ad amarsi, che mani estranee avessero tentato di strapparle via perfino il suo corpo, non bastava. Ora anche Malfoy aveva rubato un frammento del loro piacere, e quel dolce momento non era più suo. La rabbia cozzava con la tristezza incommensurabile, e un pensiero dettato dall’ira l’invase. Era uguale a Piton, un Serpeverde viscido e schifoso anche lui, invadente e strisciante.

Ma no, lui, Draco non lo aveva voluto, era imbarazzato e da come glielo aveva detto, avvertiva che avrebbe voluto fermare quel fenomeno, le disse la voce più ragionevole.
Erano ugualmente impotenti di fronte al legame che si era instaurato fra di loro e li avvicinava sempre più.
“Non avevo mai immaginato che ti fossi preoccupato per me.” Proruppe, ricordando l’ultima parte del sogno, quella estranea. Draco sollevò lo sguardo da terra e la guardò esitante.
“È stato nobile da parte tua. Quasi da Grifondoro”
E abbozzò un sorriso timido, fra le lacrime che scorrevano inarrestabili.

“Quasi” Ripeté Draco amaramente.
“Io, mi dispiace Marie. Non avrei mai voluto invadere i tuoi ricordi. E mi detesto per non aver avuto il coraggio di agire, quella sera.”
Queste parole sorpresero Marie.
“Ma cosa dici, non avresti potuto fare nulla. Mi aiutasti già come potevi.”
“Mi riferisco a Piton… quel viscido! Io non se ti ha fatto quel che ti ha fatto, ma il pensiero mi ha tormentato per settimane! Non doveva metterti le mani addosso.”
Marie cominciò a fare uno più uno, e un’ondata di vergogna la travolse nuovamente, acuta come quel giorno. Certo Draco aveva potuto pensare il peggio, e non ci era andato tanto lontano, pensò amaramente Marie. Se non fosse per il fatto che la violenza di Piton era stata interamente psicologica, e per fortuna non lo aveva lasciato andare fino in fondo, non aveva sbagliato di molto.
“Draco, non è così grave, non ti tormentare.”
Si girò interamente verso di lui, ed appoggiati alla creatura dalla pelle serica, non erano mai stati così vicini.

Lui la guardò, senza dirle nulla, con uno sguardo morbido e delicato a lei nuovo.
“Piton non mi ha messo le mani addosso, almeno non fisicamente. Con l’esca dell’Occlumanzia avanzata, è penetrato nei miei pensieri più intimi, cercando di prendere e rendere suoi gli attimi che appartenevano solamente a me e Cedric, quelli che non vorresti mai rivelare a nessun altro.”
“Ci è arrivato molto, molto vicino, ed ha certamente visto molto più di quello che tu ti rimproveri, ma sono riuscita a fermarlo. Nello sforzo sono caduta ed ho sbattuto contro il pavimento. Poi sei arrivato tu. Per questo un attimo fa ero arrabbiata con te, perché pochi attimi così intimi sono rimasti ancora miei.”
Draco avrebbe voluto essere sollevato da quelle parole, ed una parte di lui sicuramente lo era, ma al tempo stesso rabbia e disgusto l’invadevano di nuovo.
Afferrò la mano di Marie e la strinse forte fra le sue.
“Marie, guardami.” Lei lo fece, anche se con vergogna.
“Non sminuire quello che ti ha fatto. Sono uno stupido Serpeverde, ma proprio per questo la violenza la so riconoscere anche nelle sue forme più contorte, e se quello che avevo visto mi ha tormentato per settimane, ci sarà un motivo.
È una violenza fatta e finita, ma tu non ne hai colpa.”
“Si invece, sono stata una stupida. Sono felice che Cedric sia morto, non saprà mai che ho rovinato ciò che era stato.”
“Non lo hai rovinato. Quello schifoso si è approfittato di te quando eri più vulnerabile, ma quello che avete vissuto fra di voi rimarrà sempre puro e sincero.” Marie lo guardò, sconsolata.
“I ricordi sono solamente una traccia, che la magia manipola e a volte intacca. Quello che c’e stato fra di voi l’avete goduto solamente voi due, e sarà sempre vostro.”
Cercò il suo sguardo, e non la lasciò sfuggire finché non fu certo che la decisione presente nei suoi occhi si fosse riflessa in quelli di lei. Con sua sorpresa, lei fece per appoggiare il capo sulla sua spalla, poi si ricordò della ferita e si appoggio al suo petto, chiudendo gli occhi.
Draco non la disturbò, sperando che le sue parole stessero facendo effetto. Si godette la sua vicinanza, che lo risollevava sempre, quando era libera da rancori. Rimasero così per un po’, Marie ascoltando il battito nuovamente forte e regolare del suo cuore, e lui assaporando la sensazione del suo corpo caldo contro il suo.
Il sole sorse, e la giornata si prospettava fredda, ventosa e serena fra le viuzze di Edinburgh. Entrambi volsero lo sguardo verso il castello loro guardiano, che sembrò un monito ad affrettarsi.
Si staccarono e volsero verso la creatura, che aveva cominciato ad agitarsi e sbattere le ali.
Draco prese l’iniziativa e si avvicinò al suo orecchio.
“Vola più su, Niké, va ad Hogwarts, il castello magico più a Nord. Ci ritroveremo lì.”
E le accarezzò il dorso dalle vertebre sporgenti. Niké lo guardò negli occhi e sbatté le ali, in quello che per Draco era in tutto e per tutto un segno di assenso. Si librò in volo leggiadra e fluida, diventando un puntino sempre più piccolo contro il cielo chiaro.
“Come l’hai chiamata?” Domandò Marie, prima che si smaterializzassero.
“Niké. Ci porterà alla vittoria.”

Quel mattino, il curatore del Writers’ Museum di Edinburgh lo cominciò facendo una passeggiata per le vie della città che aveva abitato sin da bambino, e decise di passare per il Greyfriars. Passeggiava tranquillo fumando la pipa, quando delle bizzarre orme fra l’erba attirarono la sua attenzione. Sembravano gli zoccoli di un cavallo.  Strano, pensò, emettendo uno sbuffo di fumo. Cosa ancora più bizzarra, sembravano finire nel nulla, come se il cavallo che avrebbe dovuto gironzolare libero per Edinburgh in quel preciso istante, dato che le orme erano fresche, avesse preso il volo. Il vecchio, colto e saggio, si strinse nelle spalle e proseguì godendosi la vista del castello, che si stava lentamente risvegliando, accarezzato dal vento tagliente. La vista di altre orme, decisamente umane questa volta, che svanivano a loro volta spezzò un sorriso sul suo volto rugato dall’esperienza.
Uno dei motivi per cui amava la sua città erano i suoi tanti misteri.



Angolo dell’autrice

Miei cari lettori, eccoci con un nuovo capitolo.
Il caso vuole che la scorsa settimana un esame abbia mandato in frantumi la mia forza creativa per gran parte della settimana, ma ho ingranato la marcia nel tempo rimasto e cercato di limitare il ritardo al minimo.
In questo capitolo, come avrete notato, ho pensato necessario aggiungere un avvertimento. Vorrei sottolineare che gli eventi narrati hanno lo scopo di portare a riflettere, ma cosa più importante, hanno la loro ragione di essere all’interno dell’ecosistema del racconto.
Le due necessità si fondono. Sarei molto curiosa di sapere cosa ne pensiate, e di rispondere alle vostre recensioni.
La realtà, questa impietosa dispensatrice di gioie e dolori, ha funto da spunto per l’episodio fra Marie e Piton. Il caro De André era solito dire, “Dal letame nascono i fiori”, e spero che sia così anche per questo capitolo.
La narrazione si concentra su Draco e Marie, ma non preoccupatevi, Harry Ron ed Hermione non sono stati dimenticati, ma ai due occorreva proprio un momento di tranquillità per sciogliere alcuni nodi.
Avrei voluto aggiungere più dettagli sulla meravigliosa Edinbirgh, ma la storia non me lo vuole permettere. Mi limito a dire che il Writers’ Museum esiste davvero, così come il suo curatore, uomo oltremodo affabile, colto e saggio.
Mi immagino che avrebbe reagito esattamente così, di fronte al soprannaturale di cui è ricca la sua antica città. Ma se andaste a trovarlo, prego siate discreti ;-)
Ringrazio tutti voi che mi seguite, ed un abbraccio colmo di affetto va ai miei amici recensori, è sempre un onore rispondervi.
Un grazie particolare va a:

Francy
Em
Bea
Angyp

Siete la mia forza e motivazione!
Buona lettura a tutti voi,

A presto,
Claire

P.S Un premio va a chi individua per primo le citazioni/ i richiami a Shakespeare e Neitzsche nel capitolo, due in totale. Faccio Sul Serio.





  
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