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Autore: Piu_Volto_Che_Maschera    28/01/2020    0 recensioni
Angoscia. E’ questa la prima sensazione che sento quando apro gli occhi, quella mattina. Perchè? Perché è il giorno della mietitura. Mi ricordo che non devo essere sorteggiata, qui nel Distretto Due. Per mia sorella. La mia dolce sorellona, lei era la mia metà. Piango, fa male ricordarla. L’anno scorso mia sorella maggiore è stata sorteggiata. Ricordo quello che ho sentito, dopo che quella maledetta voce ha urlato “Clove Smith”. Ho pensato, scappa. Sei in tempo. Ma non poteva, purtroppo. Era ormai circondata dagli strateghi.
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Clove
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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***
Dopo essermi cambiata, uscii dalla stanza diretta alla sala da pranzo.
Arrivai che non c’era ancora nessuno.
Tanto meglio.
Mi sedetti ad aspettare.
Quasi subito mi raggiunse Kevin. “Ehy, siamo stati fantastici sul carro!"
“Sì, è vero” sorrsi di rimando. Poi, ricordandomi all’improvviso di una cosa, sbuffai e mi starvaccai sul tavolo.
Il ragazzo corrugò la fronte “Che hai adesso?” mi constrinsi a rialzarmi e a rispondergli.
“Oggi ho le lezioni individuali con Cato, tutto il pomeriggio. Ho paura.”
Lui si fece una grossa risata ed io mi offesi. Gli diedi un colpo sul braccio “Piantala, stupido!”
"Dai, non offenderti... solo mi fa ridere che tu abbia paura. E’ solo Cato, mica ti ucciderà.”
Io lo guardai preoccupata. “Non si sa mai. Ti ricordi cosa ha fatto l’anno scorso ai tributi? Rideva quando vedeva scorrere il sangue. Quel ragazzo è malato..."
"In effetti... ma non può farti niente fuori dall’Arena. Non ti devi preoccupare.”
Poi mi fece segno di tacere e indicò la porta che si stava aprendo.
Infatti, un secondo dopo, Cato varcò la porta e si sedette al tavolo.
Ci fissò sospettoso.
"Stavate parlando di me? Vi siete zittiti all'improvviso."
“NO!” urlammo io e Kevin in coro.
“Meglio per voi. Comunque, ti ricordi che oggi devi essere qui alle 2, vero?” disse poi rivolto a me.
“Certo che mi ricordo” confermai.
“Bene."
Detto questo iniziammo a mangiare, senza fiatare.
Una volta finito, Cato, senza nemmeno salutare, se ne andò nella sua stanza.
Una volta che ebbe varcato la porta, gli feci dietro una smorfia.
Kevin mi diede una gomitata. “Che c’è?!” - in tutta risposta lui roteò gli occhi al cielo.

“Beh, io vado” - dissi dopo un po’ - “devo prepararmi alla lezione.”
“Anche io, Ronalda mi ha chiesto di raggiungerla di sotto. Dopo la lezione ci sono gli allenamenti con tutti gli altri tributi.”
“CHE COSA? MA...”
"Fammi indovinare” - mi interruppe il ragazzo - “te ne eri dimenticata.”
“Ehm..si” - sorrisi.
“Ci vediamo dopo...” - mi salutò fintamente esasperato.
Ero rimasta sola. Anche io abbandonai il tavolo, e mi diressi verso la mia stanza, buttandomi sul letto.

Era ormai l'1.30.
Bello, tra poco sarei stata tra le fauci del diavolo.
Poi avrei finalmente conosciuto tutti gli altri tributi. Dovevo solo sperare che non fossero grossi e allenati.

Mi sciaquai il viso, togliendomi il trucco della sfilata. Ora ero più Giada e meno bambolina. Mi legai i capelli in una coda alta ed ero pronta.
Decisi che avrei aspettato Cato direttamente sul posto. Percorsi per la millesima volta il corridoio e andai a sedermi sulla sedia.
Speravo che sarebbe finita presto, non avevo voglia di sorbirmi troppo a lungo le critiche di Cato su di me e su mia sorella.
Chissà se Clove sarebbe stata fiera di me se mi avesse vista sul carro. No, sarebbe solo stata disperata.

Capitol City l’aveva fatta apparire come cattiva e spietata. Ma non era vero. Era stata obbligata perché faceva parte del Due e i favoriti dovevano sempre apparire cattivi, per esaltare il pubblico, assetato di sangue. Chissà se avrei dovuto fare così anche io... speravo di no.

Se dovevo morire, volevo rimanere me stessa.
Io non mi reputavo cattiva e non volevo uccidere.
Ma non ero nemmeno buona.

Perché se avessi dovuto uccidere per soppravvivere l’avrei fatto, su questo non avevo dubbi.
Perché ero una persona cattiva.
Perché mi avevano obbligato a essere cattiva.

Cato arrivò mentre ero persa in questi pensieri.
Mi salutò, trascinò una sedia di fronte a me e si sedette.
La sua faccia era impassibile, come se ci fosse abituato.

“Allora...” cominciò, masticando una gomma alla menta “...sei pronta?”
Io lo guardai cercando di assumere un’espressione di coraggio. “Ovvio."
“Perfetto. Per prima cosa, ricorda che nell’Arena non dovrai mai cominciare tu ad attaccare. Purtroppo saranno gli altri tributi ad attaccare te per primi. Quando li vedi, anche solo in lontananza, non farti assolutamente sentire. Il trucco è mimetizzarsi bene con l’ambiente in cui ci si trova. L’anno scorso eravamo in una foresta, ma non per questo era più facile. Per esempio, la ragazza dell’Undici si nascondeva sugli alberi... e poi è morta per via di un piano andato male. Ma se lei e Everdeen non l’avessero attuato, probabilmente sarebbe arrivata fino alla fine, prima che io la trovassi. Quindi... nasconditi più che puoi. Io se riuscirò ti manderò alcuni sponsor, ma non contare su quelli, mi raccomando. Secondariamente...” - e qui esitò un attimo, come se non fosse convinto di proseguire - “...sei sicura di poterti fidare di Kevin?”
Questa domanda mi lasciò spiazzata completamente.
Non avrei dovuto fidarmi? Cosa voleva dirmi Cato?
Avevo sempre dato per scontato che non mi avrebbe ucciso, ma era effettivamente possibile, anzi probabile, che l’avrebbe fatto senza alcuno scrupolo.
L’Arena faceva venire fuori gli aspetti più istintivi dell’uomo.
Aveva ragione il mentore, non avrei dovuto fidarmi finché non avessi avuto la certezza che sarebbe stato un mio alleato.
Anche se, mi ricordai, aveva detto che aveva promesso... che avrei dovuto fare?
Alla fine parlai.
“Io... credo di sì ma... non dovrei?”
Lui mi guardò sospirando. "Senti, non è che qua sono tutti tuoi amici pronti a proteggerti. Qua le persone ti vogliono far fuori. Sono tutti dei potenziali assassini, capito? Non fidarti di nessuno prima di un’alleanza, ricorrdatelo. So che mi odi, ma neanche io che sono un mostro avrei voglia di vederti morire subito quindi... cerca di soppravvivere per un po’.”
Annuii stupita da quelle parole.
“Ah, oggi ci sono gli allenamenti quindi, nel tuo caso, devi dimostrare subito a tributi e strateghi quello che sai fare. In cosa sei brava?” - mi chiese, senza lasciarmi il tempo di metabolizzare.
Cavolo, non sapevo in cosa ero brava.
Clove qualche volta mi aveva insegnato tirare i coltellini e far centro in un bersaglio, ma riuscivo raramente.
“Un po' con i coltelli…”
"Perfetto. E’ questo che dovrai dimostrare ai favoriti. Non sbagliare."
Non mi aveva lasciato finire! Ero scarsa con tutto il resto!
“Un ultima cosa. Quando vedrai morire un favorito, che sia uno dell’Uno o che sia anche Kevin... e non guardarmi con quella faccia!"
L’avevo guardato male perchè non doveva nemmeno metterlo in conto! Come si permetteva?
“Non devi farti prendere dal panico, dalla pietà, dalla tristezza, da qualunqe cosa. Una cosa dovrai fare: scappare più lontano che puoi, capito? Perchè non gli sevirai più e ti ammazzeranno. Devi farlo, Giada. E' fondamentale.”
Ma a me era venuto in mente un particolare a cui non avevo ancora pensato...
“Come tu hai fatto con Clove, non è cosi?!” - urlai, senza riuscira a contenere la rabbia.
“Smettila. Non paragonarti a me. Qua si sta parlando di te.”
Chiusi la bocca contrariata. Poteva anche ammetterlo che l’aveva lasciata a morire.
"Scappa. Scappa più lontano che puoi. O non soppravvivrai."
“Ho capito." - risposi.
“Per il resto, le tattiche che dovrai utilizzare le vedrai tu adesso nell’allenamento con gli altri. Buona fortuna.”
E si alzò. Era finita.
Dopo che se ne fu andato, corsi nella mia stanza.

Volevo arrivare in anticipo, non mi andava di avere gli occhi di tutti puntati addosso.
Dopo aver indossato la tuta che ci avevano ordinato di mettere per gli allenamenti, con ricamato sopra il numero 2, mi catapultai letteralmente giù per le scale diretta alla sala degli allenamenti. Per la stada incrociai Kevin.
“Già pronta?” mi chiese alzando un soppracciglio.
“Si, voglio arrivare prima” e continuai la corsa.
Finalmente ero arrivata alla porta della stanza.
La varcai e mi ritorvai nell’enorme sala degli allenamenti.

La sala era vuota, proprio come avevo sperato.
Rincuorata, mi diressi decisa verso la postazione delle armi.
Avrei provato subito con i coltelli, come mi aveva consigliato Cato.
Ma una voce mi bloccò all’improvviso.
Evidentemente non ero sola come avevo immaginato.


“Ferma! Non devi fare così con i coltelli, li stai impugnando nella maniera sbagliata.”
Voltai la testa di scatto, sorpresa. Seduto con la schiena contro la parete si trovava un ragazzo di circa la mia età, con un’espressione impassibile sul volto. Poi si alzò e si avvicinò. Di riflesso, arretrai. Lui, a vedere tale gesto sorrise e mise le mani davanti a sè.
“Non ti voglio fare del male” - sentii che avrei potuto fidarmi di quel ragazzino, che non sembrava volermi uccidere.
Aprii bocca, con coraggio. “Chi sei?”
“Mi chiamo Mettwe e vengo dal distretto Quattro, quello della pesca."
"Io mi chiamo Giada e vengo dal Due."
Lui sorrise. “Lo so... senti, hai già conosciuto gli altri tributi?”
Lo guardai corrugando la fronte. "No, tu si?”
“Alla sfilata dei carri... se vuoi ti posso parlare di loro prima che arrivino.”
Io ero imbarazzata. “Ehm... va bene.”
A queste parole lui sorrise vittorioso.
"Allora, immagino che ti alleerai con quelli dell’Uno. La ragazza ha diciotto anni, è forte e decisa a vincere a qualunque costo. Insomma, meglio averla alleata piuttosto che averla nemica. Riguardo invece al ragazzo, mi sembra che abbia sedici anni ma anche lui è determinato a uccidere, infatti si è offerto volontario.”
“Cosa?!”
“Già. La mia compagna di Distretto, invece, ha quindici anni come me, però, tranquilla, non vuole ucciderti, e nemmeno io. A proposito vorremmo essere tuoi alleati anche noi, se per te va bene."
Sembrò aspettare una mia risposta, che non mancò ad arrivare. Più alleati avevo meglio era.
"Certo, per me va bene. Come si chiama la tua compagna?”
“Katrine."
Annuii. Mi voltai e scoprii che mentre parlavamo la stanza si era man mano riempita, forse non mancava più nessuno nella sala.
Ad un tratto, mi venne in mente lo sguardo di odio che mi aveva lanciato il ragazzo del Sei ai carri. Veloce lo cercai con lo sguardo nella sala. Lo individuai impegnato a trafiggere con la lancia una serie di manichini. Sembrava cattivissimo, ci metteva una forza incredibile.
Ad un tratto, come evocato dai miei pensieri, alzò gli occhi e li puntò dritti nei miei. Sorrise cattivo, poi buttò in terra il manichino e con un coltello cominciò a sfregiarli il volto. Prese una lancia e gliela puntò nello stomaco Per finire gli diede un calcio sulla faccia. Finita l’opera si alzò, mi guardò e mi indicò il manichino: il messaggio era chiaro.
Quel manichino sarei stata io nell’Arena se mi avesse trovato.
Avrei fatto la stessa fine.
Mi vennero i conati ma mi trattenni, per non apparire debole.
Con un coraggio che non mi apparteneva lo guardai fisso negli occhi, finché non fu costretto ad abbassare lo sguardo.
Soddisfatta, mi voltai di nuovo vero Mettwe, che nel frattempo aveva guardato la scena confuso.
“Che mi dici del Sei?”
Sembrò svegliarsi, e mi rispose. "Si chiama Brian, diciassette anni. E ti odia. E’ bravo con qualsiasi arma,”
“Aspetta... mi odia?"
“Purtroppo sì"
Stavo quasi per piangere. “Ma ti ha detto perché?”
“No, ma lo posso immaginare... lui è il fratello della tributa dell'anno scorso. Quella che è stata uccisa da Clove, tua sorella."
“Ma... ma... cazzo, non l’ho voluto io!”
“Lo so, ma vuole vendicare sua sorella."
Mi sedetti vicino a lui rassegnata e senza quasi rendermene conto mi imprigionai il volto tra le mani
Una lacrima, fugace e silenziosa, scese lungo la mia guancia.
Mi ricordai che non dovevo mostrarmi debole, quindi mi asciugai in un lampo il viso e mi alzai.
Seguita dal mio nuovo alleato mi diressi a passo veloce verso i coltelli. Impugnai l’unico rimasto e lo scagliai quasi con rabbia verso il bersaglio... fece centro.
Come era possibile, al primo colpo?!
Adesso capivo il ragionamento di Cato: dovevo farmi invadere dalla rabbia, in questo modo avrei ottenuto maggiori successi.
Ne presi subito un altro e lo scagliai convinta del successo.
Ma questa volta la fortuna non era a mio favore.
Lo mancò completamente. Mi voltai... sembrava che nessuno in particolare se ne fosse accorto... a
nche se pochi erano concentrati sull’allenamento.
La maggior parte dei tributi osservava gli altri, come stavo facendo io ora.
Notai un ragazzo muscoloso, dell’Undici. Ad un tratto incrociò il mio sguardo: non sembrò calcolarmi, come se fossi invisibile o come se fossi già spacciata.
Questo mi fece salire una rabbia incalcolabile.
Mi avvicinai a lui con passo spedito, impugnai un coltello abbandonato lì vicino e, dopo essermi assicurata di aver attirato la sua attenzione, lo scagliai verso un manichino.
Lo centrai in fronte. Sorrisi soddisfatta e me ne andai.
Il ragazzo dell’Undici era rimasto impalato come uno stoccafisso, ma lo ignorai.
Peccato che l’Undici non fosse l’unico ad avermi notata. Anche un altro ragazzo mi osservava, da lontano, da dietro un angolo. Sul viso portava un’espressione indagatoria, come se non avesse ancora capito cosa avessi fatto.

Senza notarlo, passai avanti e andai a parlare con Mettwe, che nel frattempo si era recato alla postazione delle sciabole.
“Ehy” lo chiamai. Lui voltò lo sguardo stupito nella mia direzione.
“Che c’è?!” decisi di andare direttamente al sodo, senza troppi giri di parole. “Dobbiamo formare un’alleanza di circa sette persone, secondo me. Non riusciremo ad arruolarne di più. Per primo dobbiamo andare da Kevin, e...”
"Frena” - mi bloccò lui deciso - “Intendi il tuo compagno di distretto?”
“Si, lui”
Lui sembrò imbarazzato, poi improvvisamente mi indicò di seguirlo verso un angolo della stanza, dove mi sedetti e lui fece lo stesso.
"Non ti dovresti fidare di lui al primo colpo, lo sai vero?”
Mi adirai. "Come vedi ho fatto lo stesso con te e forse non avrei dovuto farlo” risposi tagliente.
“Senti, ti sto solo chiedendo il tuo parere... è una persona affidabile?” - mi chiese sempre più imbarazzato - "Io lo dico per te...”
“Si, è una persona molo affidabile, ne sono convinta!”
"Okay, okay... comunque, dopo di lui, dovremmo andare da quelli dell’Uno.”
“Esatto, poi dalla tua compagna di Distretto... se riusciamo a convincerli tutti e quattro siamo già in sei... manca una persona, ma chi?”
Mettwe sembrò pensarci su, dopo un po' disse: "Il ragazzo dell’Undici?”
"No” - risposi decisa - “Non mi ha nemmeno calcolata. E’ evidente che pensa che sia già spacciata.”
“Lo so, ma tutti lo pensano, Giada”
“Grazie di avermelo ricordato... ma puntaimo l’attenzione sugli altri tributi... tu hai notato qualcuno di particolare?”
"Per la verità no, ma so che la ragazza del Dodici è particolarmente brava con il tiro con l’arco. Potremmo chiedere a lei.”
“Okey, ma come si chiama?”
“Se non ricordo male si dovrebbe chiamare Primrose Everdeen."

 
   
 
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