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Autore: Greynax    14/02/2020    6 recensioni
Una guerra diversa, più cupa, più difficile. Uno scenario in cui l'Ordine della Fenice possiede un'arma in meno e qualche alleato in più, benché questo non riesca ad eliminare i nuovi svantaggi.
Ma, come sempre, la loro unica speranza risiede in quel sentimento che Voldemort non riesce a capire.
Genere: Generale, Guerra, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Esercito di Silente, Famiglia Malfoy, Il trio protagonista, Ordine della Fenice, Severus Piton
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Harry riuscì a stare seduto con Hermione per un'oretta buona, con i gomiti sul tavolo e le mani intrecciate dietro la nuca, gli occhi fissi sulle pagine ingiallite di un poderoso tomo che non sembrava neanche scritto in inglese. Ma a quel punto la ragazza gli suggerì gentilmente di andare a farsi un giro, se proprio non riusciva a smettere di battere il tallone contro il pavimento con la stessa velocità di una mitraglietta.
«No. È una cosa importante, voglio aiutarti» borbottò lui, nascondendosi dietro il libro con una nuova ventata di determinazione. Neanche trenta secondi dopo aveva iniziato a schioccare la lingua e a fare brevi pernacchie con la bocca. E fu così che venne temporaneamente espulso dal gruppo di studio per preparare l'appello di Sirius.

Non aveva scopo o direzione. In compenso si sentiva pieno di noia ed insofferenza, e questo faceva abbastanza schifo. Non era ancora stata stabilita la data della prossima riunione dell'Ordine, le lezioni di Occlumanzia erano state interrotte per "difficoltà organizzative" - più nello specifico, Sirius voleva essere assolutamente presente e Piton, be', era assolutamente Piton, quindi la possibilità di un accordo sembrava ancora lontana. Hermione era impegnata con le sue ricerche, e Harry... per essere il Prescelto, c'era da dire che aveva davvero poco da fare. Gli adulti non facevano altro che sabotarlo, ed iniziava ad avere il sospetto che la sua partecipazione alle riunioni fosse in realtà un contentino lanciato di malavoglia nel tentativo di tenerlo buono.
Come al terzo anno, quando vagava per Hogwarts mentre gli altri si godevano Hogsmeade, a venirgli in aiuto furono i gemelli Weasley. Indirettamente, questa volta. Ma c'era una discussione in corso dietro la porta del poco compianto Regulus, e non riusciva a distinguere le parole. Le Orecchie Oblunghe, guarda caso, erano state inventate proprio per queste evenienze.

«Severus, ti rendi conto che tutto questo è assurdo?»
«Quindi drogare Mocciosus va bene, drogare Black è un'eresia. Interessante.»
«Non lo definerei "drogare". Era una terapia medica necessaria - e sì, lo so, non abbiamo potuto chiamare un Medimago qualificato, ma tutti erano d'accordo sul fatto che la Bevanda della Pace—»
«Molto comodo, Lupin. Vi siete divertiti, immagino.»
«Severus...»
«Di certo non avevo i miei vestiti addosso, quando mi sono svegliato. Vi siete fatti quattro risate o...»
«Severus - no. No! Ti prego - capisco quello che stai facendo, e... no. Lo sai che non è vero. Ci stai usando come pretesto per sfogarti e lo capisco, ma... no. Non c'è bisogno di cadere così in basso.»
E con grande sorpresa di Harry, all'altro capo di un lungo filo color carne, Piton ebbe ben poco da ridire.
«È disgustoso», fu tutto quello che sbottò, e Harry ebbe un non raro momento di completa sintonia con Sirius. Non aveva afferrato del tutto il problema, ma il tono di Piton era più che abbastanza per fargli prudere le mani.
«Obiezione accolta, Severus, ma comunque non ho intenzione di far... scivolare qualche goccia di Distillato della Morte Vivente nel bicchiere di Sirius. Non per permetterti di condurre le lezioni di Occlumanzia come vuoi tu.»
«Tipico. Prendi le difese dello psicopatico con quattordici anni di Azkaban alle spalle - e sarebbero dovuti essere almeno diciannove, dopo l'esilarante scherzo che mi avete fatto—»
«Ancora? Eravamo ragazzini! Questo non ci giustifica, ma almeno...»
«Almeno cosa, Lupin? Almeno cosa?!»
Per le ultime parole Harry avrebbe anche potuto accartocciare le Orecchie Oblunghe ed infilarsele in tasca, il tono era pericolosamente alto. Ma il lungo silenzio che seguì lo sfogo di Piton gli fece tendere ancora di più l'orecchio.
«Cercherò di aiutarti, Severus. Di lasciarti lavorare. Lo sai che la protezione dei ragazzi è anche la mia priorità.»
«Già. Per questo hai rischiato di sbranarli, appena due anni fa.»
«Ma lo farò a modo mio» continuò Lupin, fingendo di non averlo neanche sentito. «E non a modo tuo.»
«Bene.»
«...bene.»
«Vattene, Lupin.»
Harry fece appena in tempo a ripescare le Orecchie Oblunghe prima che Remus aprisse la porta. Dopo di quello aspettò ancora un po', contò a lungo, con gli occhi chiusi. Gli sembrava giusto così. Arrivato a milleduecentonove, però, sbucò dal suo nascondiglio e seguì il lupo mannaro.

«Ciao» gli disse, in mancanza di incipit migliori. Remus, impegnato a raggruppare i frammenti della porta della biblioteca, gli rivolse un'occhiata abbastanza sorpresa e un sorriso appena accennato.
«Ciao, Harry. Tutto bene?»
«Sì» rispose lui, velocemente. Un giorno avrebbe capito perché tutti avessero sempre quella domanda sulle labbra, appena lo vedevano, ma oggi non era quel giorno. «Hai bisogno di una mano?» chiese, invece.
«Se ti piacciono i puzzle» replicò Lupin, con aria divertita. «È più facile aggiustare qualcosa se tutti i pezzi sono più o meno nella posizione di partenza» spiegò, mentre iniziava a litigare con i frammenti di porta ancora ancorati ai cardini.
Lavorarono in silenzio per tre secondi circa, poi Harry si sentì scivolare le parole di bocca, quasi involontariamente.
«Ehm... riguardo a Piton... siamo davvero sicuri che - be', che ci si possa fidare?» riuscì a dire, trattenendo una parola ogni tre, per amore della diplomazia. O per rispetto verso Remus, più che altro.
Lui annuì, senza cambiare espressione. «So che non ha tenuto un comportamento... rassicurante, negli ultimi giorni, ma sì. Possiamo fidarci.»
Harry aspettò ancora un attimo, perché di sicuro doveva esserci dell'altro. Una spiegazione, un... qualcosa. Ma sembrava proprio che il lupo mannaro avesse chiuso il discorso, così il ragazzo aprì bocca di getto, prima ancora di capire cosa ne sarebbe venuto fuori.
«Ma è un - cioè, non è rassicurante, come hai detto tu. Lo sai, vero, che le lezioni di Occlumanzia sembravano peggiorare il problema invece di migliorarlo? Non mi ha aiutato. In nessuna maniera, mai. E poi nessuno sa com'è andata, quando l'hanno scoperto. Non sappiamo cosa gli sia successo davvero, non sappiamo—»
Lupin sembrò preso in contropiede, lo stava fissando in maniera un po' peculiare. Fu quello, più che la voce del licantropo, ad interrompere il ragazzo.
«Lo sappiamo, Harry.»
«Lo - cosa?»
Remus sospirò, storse appena le labbra e fece scivolare lo sguardo da tutt'altra parte. «Lo sappiamo» si limitò a ripetere, asciutto.
«Ma durante la riunione...»
«Non ha voluto parlare, lo so. Però l'aveva già spiegato a Silente, e Silente l'ha detto a me.»
«Ma perché...»
«Perché a me? Non lo so. Suppongo sia stata la sua maniera di ripagarmi... e di dirmi che è rimasto un mio problema. Te ne sei occupato fin'ora e adesso sai tutto, sai perché l'hai dovuto fare. Quindi, già che ci siamo, per il momento continua ad occupartene tu. Una cosa del genere.»
«Quindi sai anche cos'ha detto a Voldemort?»
«Non a chiare lettere, ma temo di averlo intuito.»
«Intui—va bene. Okay. Non me lo vuoi dire, vero? E non sei neanche un po' preoccupato?»
«No, nient'affatto» replicò lui, totalmente placido, finendo di estrarre i frammenti dai cardini.
«Okay, okay. Ma allora cosa sai, scusa? Cosa sai con certezza, senza intuizioni o altra roba.»
«Più di quanto avrei voluto, onestamente» ammise l'altro, pulendosi le mani contro i calzoni prima di estrarre la bacchetta.
«Sì, ma cosa!»
«Harry...»
«Avete iniziato a farmi partecipare alle riunioni, credevo che la musica fosse finalmente cambiata! E invece no, è sempre la solita solfa, non mi dite mai...»
«Non è la mia storia. Non sono io, a doverla raccontare. Reparo.»
Harry non si distrasse affatto, mentre la porta si ricomponeva più o meno perfettamente ai piedi di Remus, ma prima che potesse tornare a parlare la voce del lupo mannaro si fece sentire di nuovo. Con una stanchezza profonda, così simile e così diversa dalla solita calma.
«Capisco che sia difficile, Harry. Non dovresti essere costretto ad affrontare niente di ciò che ti è capitato ultimamente, e non dovresti essere costretto a studiare l'Occlumanzia. Non alla tua età, e di certo non con Severus. Se potessi evitartelo lo farei, ma non posso. Silente vuole che tu riesca a padroneggiarla, ed io non ho voce in capitolo. Sirius non ha voce in capitolo, Molly non ha voce in capitolo - nessuno ce l'ha. Siamo in guerra, e possiamo solo chinare la testa davanti a ciò che va fatto.»
«Sì, ma Piton...»
«...ha i suoi problemi, Harry. Sta reagendo meglio di quanto sperassi ma peggio di quanto fosse auspicabile, e non ne sono stupito. Sto facendo il possibile per cercare di far superare questo momento a tutti nella migliore maniera possibile, te lo giuro, ma non - nessuno può fare miracoli, Harry.»
«Vorrei solo capire, sapere qualcosa! È tutto un "fidati Harry, fidati Harry", ma come faccio?!»
«Non lo so» mormorò Lupin, e davanti alla sua voce sconfitta Harry non riuscì a trovare altre parole. Si limitò ad aiutarlo a rimettere la porta sui cardini, sentendosi un po' stupido e molto insoddisfatto.

Piton iniziò a frequentare con una certa assiduità le zone comuni, con notevole scorno di Sirius. La tensione era tale che quasi non si riusciva a mangiare, tutto perdeva sapore nell'aria densa di caldo e umidità della cucina. Remus aveva sconsigliato di tenere aperte le finestre troppo a lungo, qualcosa a che fare con gli incantesimi di protezione della casa. Quindi, niente finestre aperte. E niente corrispondenza troppo fitta, per paura che intercettassero i gufi. Niente gita a Diagon Alley per comprare il materiale per l'anno scolastico, ci avrebbe pensato qualcuno dell'Ordine. Neanche l'arrivo dei risultati dei GUFO e della nomina a Capitano della squadra di Quidditch riuscirono a portare un raggio di luce, e non solo perché il suo voto in Pozioni metteva del tutto la parola "fine" all'ambizione di diventare un Auror. Quello sarebbe stato al massimo un dettaglio vagamente amaro. No, ciò che affossò l'umore nella stanza fu Piton. Che pretese di vedere le lettere con i risultati e fece una smorfia, commentando entrambi i fogli con un "ridicolo" a denti stretti. Seguì una lunga interrogazione sugli esami. Chi, cosa aveva chiesto, come avevano risposto. Alla fine Hermione era quasi in lacrime, e Harry si sentiva vagamente omicida.

Piton sembrava però aver trovato una specie di accordo con Lupin. Le lezioni di Occlumanzia funzionavano così: Remus sbucava praticamente dal nulla, radunava tutti senza preavviso e si metteva di guardia, fuori dalla porta. Non furono mai disturbati, e Harry sperava che il colpevole fosse uno dei numerosi "mal di testa" di Sirius - una maniera gentile di riferirsi ai postumi di una sbornia, supponeva - e non qualche goccia di pozione in uno dei suoi numerosi bicchieri quotidiani. C'era qualcosa (più di qualcosa) che lo faceva sentire sporco e colpevole, in tutta la faccenda, ma se ci fossero state delle pozioni di mezzo... supponeva che si sarebbe sentito peggio.
Il comportamento di Piton non lo aiutava a tenere a bada i sensi di colpa: si era ammorbidito, probabilmente faceva parte del patto con Remus, era l'unica spiegazione logica. Oh, era odioso come sempre, poco ma sicuro - però non scavava a fondo. I ricordi che gli strappava dalla mente, quand'era il suo turno, erano... neutrali. Niente Squarta che lo rincorreva, niente zia Petunia, niente zio Vernon, niente Dudley. Niente cimitero, o Ufficio Misteri. Nessuna traccia di Cho, nessuna traccia di Ron. Solo un mucchio di ricordi generici, nè troppo belli nè troppo brutti. La volta che era andato a trovare Hagrid e aveva messo un piede in una pozzanghera - o almeno, sperava che quello fosse solo fango. La frazione soporifera di una lezione di Storia della Magia. Un allenamento di Quidditch sotto la pioggia, un pranzo in Sala Grande durante il quale non era successo niente di particolare.
Neanche Hermione sembrava troppo turbata, dopo che Piton aveva abbassato la bacchetta e interrotto il contatto con lei. Pareva tranquilla, faceva un sacco di domande un po' troppo specifiche e complicate sul come e perché Occlumanzia e Legilimanzia funzionassero in una certa maniera. Piton rispondeva a monosillabi, a volte la ignorava e basta. Ogni tanto si lasciava andare a una nuova tirata su come dovessero mantenere il livello delle lezioni il più basso possibile, sia mai che il prezioso Potter rischiasse di sforzare minimamente il suo cervello.
Finiva tutto con la stessa minaccia dell'anno precedente: dovevano svuotare la mente prima di andare a dormire, se non l'avessero fatto se ne sarebbe accorto. Ma faceva molto meno paura, adesso che Harry riusciva ad allontarsi su un paio di gambe belle ferme e senza un mal di testa così forte da rischiare di accecarlo.

Si esercitavano insieme, prima di andare a dormire. Hermione cercò anche di aiutarlo con qualcosa che si chiamava "meditazione guidata", ma ad Harry sembrava più stupido che utile. Quando non gli veniva da ridere finiva con il distrarsi, non c'era verso. Dopo qualche tentativo la ragazza se ne tornava nella sua camera, più spazientita che incoraggiante, con gli occhi gonfi di sonno e i piedi che non si staccavano mai un granché dal pavimento.
Dopo la prima settimana passata insieme ammisero che non aveva senso starsene in due camere separate. Nessuno dei due riusciva a dormire molto, meditazione o meno, ed Hermione sosteneva che ci fosse un insieme molto variegato di cause. Una tra tutte, il fatto di essere barricati in casa senza niente di preciso da fare, senza orari e senza routine, senza la possibilità di muoversi. Alle due di notte, in tono un po' impastato, gli elencò con molta convinzione (e con grande perplessità di Harry) tutti gli sport che avrebbe iniziato a fare non appena uscita da Grimmauld Place. Tra questi, ovviamente, non c'era il Quidditch. Quello ce lo metteva il ragazzo: le spiegò che una volta arrivato a Hogwarts avrebbe saltato il banchetto della Sala Grande, e tanti saluti a tutti. Avrebbe preso la sua scopa - finalmente! - e sarebbe letteralmente volato verso il campo di Quidditch. Aveva una mezza idea, tra l'altro, di non scendere mai più di lì.
Alle tre di notte Hermione gli chiese scusa: in effetti aveva ragione, i libri sul disturbo da stress post-traumatico che gli aveva regalato erano un po' troppo tecnici. Harry ammise che non aveva neanche capito per cosa stesse "PTSD". Dopo un quarto d'ora di sbuffi e risate sottovoce, capitolò del tutto e le disse che, in effetti, forse non l'aveva capito perché non li aveva neanche letti.
Hermione gli tirò un cuscino, e il sonno era ancora molto lontano dall'arrivare.
Quando lo fece, per Harry tornò il cigolio dell'altalena. Un paio di gambe nude, dei pantaloncini di jeans così striminziti che Molly li avrebbe trasfigurati in una gonna alla caviglia ben prima che Ginny potesse raggiungere la porta di casa... ma il rosso dei capelli della ragazza continuava a non essere della sfumatura giusta. Lei non si girò a guardarlo, camminava quasi saltellando, la strada era sconosciuta e la risata della ragazza gli suonava strana - strana almeno quanto la sensazione di minaccia che lo fece sudare più dell'aria umida nella stanza. Ma forse tutto andava bene, perché la luce aveva assunto una sfumatura più fioca e fredda e lui non temeva gli imprevisti. La lingua di un serpente assaggiava l'aria e tutto andava bene, era rassicurante sentire le scaglie della creatura sotto le dita.

Ginny, si disse di nuovo Harry, dopo essersi svegliato all'improvviso. Era Ginny. Il serpente? L'incontro con il Basilisco, probabilmente. Ginny in pericolo, Ginny e il Basilisco, tutto tornava. Ginny e Voldemort, volendo essere più simbolici. I jeans molto molto corti - be', supponeva che a sedici anni fosse abbastanza normale, e se proprio doveva essere onesto con se stesso (alle cinque del mattino era molto facile, essere onesti con se stessi) Cho si era ritrovata ben più svestita in più di un sogno. Contando anche quelli ad occhi aperti, anche se di ciò non era molto fiero. Ma insomma, alla fine... tutto regolare. Si sentiva disturbato solo per una questione di stress e sensi di colpa, non c'era bisogno di diffidare di un sogno ricorrente, confuso e banale com'era.
Harry si congratulò con se stesso: ormai era praticamente uno psichiatra. D'altra parte era una qualità abbastanza necessaria, se si voleva sopravvivere a Grimmauld Place.

Si riaddormentò male e all'orario sbagliato, fu Remus a svegliarlo. Bussando, come al solito, ma il preavviso non fu molto utile: non c'era maniera di mimetizzare la presenza di Hermione, e anche se i letti erano separati e i pigiami perfettamente al loro posto c'era comunque poco spazio di manovra: erano un po' troppo grandi per dormire nella stessa stanza, per motivi abbastanza ovvi, che solo un adulto con poca lungimiranza poteva pensare.
Sfortunatamente, Remus apparteneva appunto a questa categoria. «Ragazzi, non vorrei sembrarvi... be'. Però, Hermione - non me lo aspettavo da te. Ti hanno affidata a noi, abbiamo noi la responsabilità, e non vorrei che...»
Harry era troppo imbarazzato per aprire bocca - Hermione si riprese un po' prima, ma le giuste proteste e spiegazioni non sembrarono convincere del tutto il lupo mannaro. Avrebbe voluto essere maggiormente di aiuto, entrare in "modalità avvocato" con la stessa facilità di Hermione. Ma era davvero ancora troppo poco sveglio per riuscire a fare qualcosa di più che sentirsi sprofondare.

Quando scese, con la vergogna ancora addosso, Piton era in cucina. Con la sua mano sbagliata e quella giusta strette attorno alla Gazzetta del Profeta, sbirciò solo un attimo oltre le pagine. Riusciva a sembrare teso e indifferente nello stesso momento.
«Buongiorno, Potter» disse, con tutto il disprezzo di questo mondo. La prima pagina della Gazzetta invitava a non frequentare luoghi Babbani particolarmente affollati, per non rimanere coinvolti in eventuali attacchi. Sirius, con una pipa spenta in mano e gli occhi gonfi, seguiva i movimenti delle pagine come un cane seguirebbe i movimenti del panino del padrone. Voleva i cruciverba, ma Piton non aveva ancora finito di leggere, grazie tante. Le voci fecero in fretta ad alzarsi, e non era ancora mezzogiorno.

Bisognava essere quasi uno psichiatra, per sopravvivere a Grimmauld Place.

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NdA:
Buon San Valentino? Come regalo, ecco qua l'ultimo (per ora) capitolo ambientato a Grimmauld Place.
  
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