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Autore: Nina Ninetta    19/10/2023    2 recensioni
La vita è fatta di scelte. Noi scegliamo, ogni giorno, cosa mangiare, cosa indossare... ma, ci sono decisioni che ci cambieranno l'esistenza e ci condurranno per una strada o per un'altra. Eppure, ci sono cose destinate ad accadere, qualsiasi sia la via che sceglieremo di percorrere. Elisa, giovane adolescente, sta per scoprirlo a sue spese: accettare o meno l'invito del suo beniamino? Ne vale davvero la pena abbandonare la sua migliore amica?
Questa storia partecipa alla challenge "Tra bivi e porte scorrevoli" indetta da Ashla sul forum "Ferisce la penna"
Genere: Drammatico, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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RISOLUZIONE 2 – Elisa non accetta l’invito di Max


 
«Oh mio Dio, ce l’ho fatta! Sono dentro!» Elisa rilesse per la terza volta il risultato del test d’ingresso per essere certa di aver capito bene.
«Ce l’hai fatta?! L’hai superato?» Giorgia la guardò felice, le brillavano gli occhi.
«Sì, leggi! È scritto qui!» Elisa le passò il foglio e attese che l’amica leggesse, poi si presero per mano e cominciarono a saltare sul posto, urlando e piangendo dalla gioia.
Non erano stati mesi facili quelli appena trascorsi. Elisa aveva passato l’estate a seguire un corso mattutino per superare l’esame scritto di medicina e i pomeriggi a ripetere fino alla nausea. Giorgia le aveva dato manforte, così anche lei aveva perso l’opportunità di divertirsi dopo il diploma.
“Questi sono gli anni migliori” dicevano. “Godeteveli”.
Peccato che non fossero riuscite a fare nulla di tutto quello che si erano prefissate, ma non importava, poiché la fatica aveva dato i suoi frutti: Elisa era stata ammessa alla Facoltà di Medicina e, perciò, a ottobre sarebbero partite insieme per frequentare l’università. Corsi diversi – Lettere e Filosofia per Giorgia – ma stessa città e quindi stesso appartamento condiviso. Sarebbe stata una figata, perché “Insieme, XSempre” non era solo un modo di dire.
Una sera, durante una cena fuori con un paio di amici, uno dei due si meravigliò di apprendere che fossero amiche da così tanti anni.
«È una cosa rara, vero?» Fece Elisa, bevendo un sorso di birra.
«Pensa che per me ha anche rifiutato di incontrare il suo idolo!» Cielo e quanto andava fiera Giorgia di quella storia. Ogni volta che la raccontava a qualcuno l’abbelliva con particolari sempre più fiabeschi, ma il senso restava immutato.
Quando quell’uomo vestito di tutto punto aveva chiesto a Elisa di seguirlo, giacché Max aveva piacere di conoscerla personalmente, la ragazza aveva guardato Giorgia, la quale l’aveva supplicata di non lasciarla sola.
«Può venire anche la mia amica?» Era stata la richiesta di Elisa e dinnanzi a una risposta negativa dello sconosciuto si era irrigidita, affermando che le dispiaceva, ma non avrebbe mai lasciato da sola Giò-Giò. In cuor suo, aveva ovviamente sperato che l’uomo concedesse a entrambe di incontrare Max, ma ciò non era accaduto e i restanti anni dell’adolescenza li aveva trascorsi a fantasticare su come sarebbe stato stringergli la mano. Nonostante ciò, non si pentiva della decisione presa: lasciare Giò-Giò da sola in mezzo a tutta quella gente? Ma neanche per sogno!
La loro esistenza era proseguita negli anni abbastanza linearmente, qualche intoppo qua e là, amori finiti male e lavori sottopagati, ma nulla che insieme non erano state in grado di risolvere e di risollevarsi a vicenda.
“Le siamesi” le aveva ribattezzate il marito di Giorgia, ormai rassegnato di dover condividere la moglie con la sua migliore amica.
«Lei c’è sempre stata» era solita dire Giorgia.
«E io no?» continuava il marito, quasi offeso.
«Tu sei arrivato dopo, quindi no» concludeva lei, sorridendogli e lasciandogli un bacio a fior di labbra.
Poi un giorno accadde qualcosa di impensabile. Elisa le telefonò mentre era in macchina, di ritorno dalla clinica di igiene mentale per cui lavorava da un po’ di tempo in qualità di neurologa.
«Giò-Giò, non ci crederai mai!»
«Qualche altro paziente che si è denudato durante la visita?» Giorgia ridacchiò. Spesso capitava che l’amica assistesse a scene davvero assurde e gliele raccontasse.
«No, peggio!»
«Si è masturbato?»
«Oddio no, che orrore!» Esclamò Elisa, facendo una smorfia di disgusto. «Sai chi hanno ricoverato oggi? Max…»
«Max… Max…» Giorgia tentò di ricordare chi fosse, quel nome le suonava famigliare, poi ricordò! «Quel Max? Il cantante dei Beat Busters?»
«Proprio lui!»
I Beat Busters aveva raggiunto l’apice della carriera intorno ai trent’anni, quando le loro canzoni erano riuscite ad abbracciare un pubblico più vasto che non si limitasse alle adolescenti. Ma, come spesso accade, raggiunta la cima non resta che la discesa verso il baratro. Le case discografiche cercavano qualcosa di innovativo e fresco, il loro genere cupo e mesto non “spaccava” più; la loro immagine non era richiesta come un tempo. Inoltre, negli anni Max era stato al centro di numerosi scandali riguardanti la droga e aborti clandestini che il suo manager era stato abile a sgonfiare, facendoli passare per flirt superflui. Aveva anche provato la carriera da solista, ma senza alcun risultato. Così, intorno ai quarant’anni, era praticamente scomparso dalla scena. Fino a quel momento, quando era stato portato in struttura direttamente dall’ospedale, con un TSO grosso quanto una casa incollato alla schiena.
«È grave?» Chiese Giorgia, lasciando un attimo da parte i compiti consegnati dai suoi alunni quella mattina.
«Abbastanza, sì» sospirò Elisa. «Se lo vedessi come si è ridotto. Del bellissimo ragazzo che era non è rimasto più nulla: è grasso, pelato, scorbutico…»
 «Che spreco.»
«Già, una vita buttata al vento» confermò Elisa, mentre parcheggiava nel garage sotto casa. «Menomale che non andai a conoscerlo quella volta al concerto o chissà che fine avrei fatto.»
«Non c’è di che, amica!»
Elisa rise. Negli anni Giorgia aveva rivisitato quella storia tante di quelle volte che adesso, nell’ultima versione, sembrava fosse stata lei a non abbandonarla in mezzo alla calca e non viceversa.
 
Max era appena un cinquantenne, ma ne dimostrava molti di più. Era un uomo distrutto da una vita dissoluta, fatta di droga e alcool. E antidepressivi. Durante il primo colloquio con la neurologa della clinica, ebbe per tutto il tempo la sensazione che si fossero già incontrati.
«Ci conosciamo, dottoressa?»
«No, non credo» rispose Elisa con garbo. Negli anni di pratica, aveva compreso che spesso a quelle persone serviva solo un po’ di umanità, un amico con cui confidarsi, prima ancora di una terapia efficace.
Max si rivelò il paziente perfetto, contro ogni aspettativa. Seguiva una dieta alimentare ferrea, prendeva le medicine senza discutere e non saltava mai un incontro con i vari medici, oppure i corsi di riabilitazione organizzati dai volontari. Dopo una decina di mesi sembrava aver riacquistato il pieno controllo di se stesso. Era dimagrito visibilmente e aveva smesso di assumere metà delle pillole che invece gli servivano prima (sotto prescrizione medica, si intende).
«Ti trovo molto bene, sai?!» Elisa gli sorrise.
«Grazie, dottoressa. Ecco, questo è per lei» Max le lasciò un origami a forma di cigno sulla scrivania. Era diventato un maestro in quell’arte e ogni volta che aveva un controllo con la neurologa gliene regalava uno.
Tra i due si era instaurato un rapporto di fiducia reciproca che andava oltre quello meramente professionale, nel bene e nel male. Elisa aveva scoperto di covare ancora una certa infatuazione adolescenziale per il cantante dei Beat Busters. Quell’incontro l’aveva interpretato come una seconda chance che le aveva offerto il Destino, dopo che lei aveva gettato via quella di trent’anni prima, come minimo.
«È bellissimo, grazie!» La donna si rigirò il cigno di carta fra le mani, cercando con attenzione le prossime parole da pronunciare. «Ascolta Max, tra due mesi uscirai di qui. Sei praticamente guarito e lì fuori c’è un mondo che ti aspetta. Da ora in poi non avrai più bisogno di me. Non ho nessuna terapia da prescriverti, né nervi da controllare» risero entrambi a quella battuta.
«Mi sta dicendo che questo è un addio, dottoressa?»
Elisa lo guardò dritto negli occhi, gli stessi occhi che avevano incrociato i suoi una vita fa, da un palco montato per l’occasione. Non erano cambiati di una virgola, stesso luccichio misterioso. Avvolgente.
«Io, veramente…» cominciò, ma lui la interruppe, sporgendosi in avanti.
«Ho capito chi sei. Tu sei la ragazza dai capelli rossi che invitai nel mio backstage dopo un concerto.»
A Elisa il cuore fece un salto nella gola prima di precipitare nello stomaco.
«Ti-ti ricordi ancora?»
Il cambiamento repentino di tono e il passaggio dal darle del “lei” a del “tu” avrebbero dovuto metterla in allarme, invece quello sguardo magnetico l’avevano ipnotizzata e questa volta non c’era Giò-Giò a risvegliarla dal sogno.
«Certo che mi ricordo della splendida fanciulla con i capelli ramati e la pelle di porcellana. Come potrei dimenticarmene?»
Elisa guardò l’ora. Il tempo a disposizione era terminato da un pezzo, perciò gli allungò un bigliettino da visita e, rossa in viso per l’emozione, gli disse di chiamarla una volta dimesso.
«Sempre se ti va, ovvio» balbettò imbarazzata, tornando per un attimo l’adolescente imbranata di fronte al suo idolo.
«Ovvio…» ripeté Max sorridendole.
 
Giorgia rispose al terzo squillo, trafelata perché era appena rientrata dal fare la spesa e aveva dovuto salire tutte le buste da sola. Suo marito era fuori per lavoro e i loro due figli adolescenti rinchiusi nelle rispettive camere con le cuffie a tutto volume ficcate nelle orecchie.
«Sì, pronto!»
«Giorgia, sono mamma» la voce rotta dal pianto.
«Mamma, è successo qualcosa?» Giorgia pensò alla nonna, ormai quasi centenaria, o a una vecchia zia che si era operata al femore dopo una brutta caduta in bagno.
«Devo darti una notizia terribile, Giò» sospiro profondo. «Elisa non c’è più…»
«Che cazzo dici, mamma?»
«Mi ha telefonato sua madre, era disperata, poverina. Dice che la figlia è stata ritrovata nel proprio appartamento con una siringa nel petto. L’autopsia decreterà la causa del decesso e di quale sostanza si trattasse…».
Giorgia si era accasciata sul pavimento, piangendo convulsamente, le mancava l’aria. La cornetta del telefono oscillava penzoloni lungo il mobile. Era stato Max, ne era sicura. Elisa aveva fatto l’ingenuo errore di lasciargli il suo biglietto da visita e da quando era stato dimesso la tormentava di continuo, con appostamenti sotto casa e telefonate minatorie nel cuore della notte. Le aveva consigliato di denunciarlo alla polizia, ma la sua amica l’aveva rassicurata di avere tutto sotto controllo.
Max era ossessionato da Elisa, le rinfacciava di aver mandato in malora la sua vita decidendo di non andare a conoscerlo quella volta, dopo il concerto, poiché – era certo – avrebbero vissuto una vita favolosa insieme, innamorati persi, così lui non si sarebbe ammalato e fatto quella fine. E adesso Elisa era morta, non c’era più, con una siringa ficcata nel cuore, piena di chissà quale sostanza che l’aveva ammazzata.
Giorgia si sentiva tremendamente in colpa, non era stata in grado di proteggerla, di tenerla al sicuro come aveva già fatto una volta. Il loro “Insieme, XSempre”, alla fine, si era rivelata una menzogna bella e buona.
 


 
Fine

  Risoluzione 2
  
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