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Autore: channy_the_loner    18/01/2024    0 recensioni
La Wammy's House non è mai stata un orfanotrofio come tutti gli altri, e mai lo sarà. Al suo interno, piccoli soldatini vengono addestrati per sviluppare uno sconfinato genio, per ottenere riconoscimenti di fama internazionale, per diventare Qualcuno.
Ma la mente umana è contorta e spesso, durante la fase di crescita, subisce traumi irreparabili se essa si trova in circostanze eccessivamente violente o disagiate.
Qui seguiremo il percorso psicologico di un eterno secondo, di un irremovibile apatico, di un fanatico videoludico.
Qui conosceremo un'imbranata lettrice, una logorroica paurosa e una leale sognatrice.
Piccole menti e grandi cuori. Insieme sulle tracce di L.
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[Fanfiction presente anche sul mio profilo Wattpad]
Genere: Generale, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: L, Matt, Mello, Near, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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«Finirà male.»
«Ti dico di no, andrà tutto come pianificato.»
«Sappi che se succede qualcosa, io do la colpa a te.»
«E smettila! Ti fidi di me?»
«Neanche un po'.»
«Ah, davvero? Peccato, è troppo tardi per tornare indietro.»
La bambina gonfiò le guance, ma non smise di correre; se in un quarto d'ora non avessero raggiunto la pianura, avrebbero sicuramente perso la corsa dell'autobus e avrebbero dato l'addio al progetto di Mello. Quest'ultimo, allegro come non mai, era deciso a portare a termine l'intero piano che aveva accuratamente programmato la sera precedente e limato durante tutta la notte; ad Amy aveva solamente detto che avrebbe dovuto leggere, nel giro di nove ore, tre romanzi che sarebbero potuti tornare utili durante la loro missione. Avrebbe fatto bene, poi, ad armarsi di vestiti comodi e fare un'abbondante colazione, dato che al resto avrebbe pensato lui – fiero di condurre un'operazione come quella.
Non era permesso a nessuno degli orfani di allontanarsi dalla Wammy's House, a meno che non autorizzati, accompagnati o maggiorenni, ma Mello ed Amy non rientravano in nessuna delle tre categorie; la castana aveva affermato che, agendo in quella maniera, si stavano velocemente trasformando in criminali e lui, troppo euforico per darle ascolto, a quelle parole aveva risposto con una grassa risata, ripetendole per l'ennesima volta che sarebbe filato tutto liscio e che per cena sarebbero stati di ritorno, in modo da non destare troppi sospetti. Del resto si era munito di un complice insospettabile, e altri non era che Souffrance; inizialmente il ragazzo era chiaramente contrario alla bravata che aveva in mente Mello, ma al biondo era bastato tirare in ballo Amy per ottenere il silenzio del bibliotecario – mossa meschina: sapeva che il ragazzetto era capace di fare qualsiasi pazzia pertanto, se aveva detto che avrebbe distrutto l'intera sezione di lettura preferita dalla bambina, certamente l'avrebbe fatto.
Dal canto suo, Souffrance avrebbe potuto ignorare la richiesta e riferire a Roger del ricatto – perché di una vera e propria prepotenza si trattava –, ma il suo spirito da codardo l'aveva spinto ad obbedire a un bambino di quasi undici anni che, con una bella faccia tosta, aveva terrorizzato Amy tanto da spingerla a pregare in ginocchio l'uomo di accettare la proposta di Mello; cos'avrebbe ricevuto in cambio? Un bel niente, piuttosto rischiava di ricevere un rimprovero coi fiocchi dai suoi superiori se i due fossero stati scoperti – quindi già si era preparato a riconoscere le proprie colpe e ad accettare l'idea di non essersi comportato in maniera corretta. Ma cosa ci poteva fare se considerava Amy un'apprendista? Cosa ci poteva fare se si rispecchiava in lei? Non voleva che la bambina facesse la sua stessa fine, ovvero restare per sempre rinchiusa in una casa a perdere la cognizione del tempo a causa di troppi libri; leggere era senza dubbio fonte di cultura, un'attività importante, ma la vita reale lo era di più e per questo motivo le consigliava letture in grado di esaltare la meraviglia dell'avventura, il piacere di seguire i propri sogni, qualsiasi cosa che la invogliasse a voler ripetere le stesse azioni, a vivere.
Si concessero di riprendere fiato poiché arrivati alla fermata dell'autobus. Si trovavano alle porte del paese ai piedi della collina sulla quale sorgeva la loro casa, dolce casa, al capolinea del mezzo di trasporto – una volta arrivato lì, il bus sarebbe tornato indietro e per giungere in città sarebbe bastato prestare attenzione ad ogni fermata. Amy strinse le fasce del proprio zaino color lavanda, gettando un occhio al compagno d'avventura; gli disse, sinceramente preoccupata: «Siamo ancora in tempo per tornare indietro.»
Il biondo la guardò torvo. «Non dire sciocchezze. Noi non torneremo indietro.»
«So che vuoi fare colpo su L, davvero, lo capisco», gli rispose, «ma così finiremo seriamente nei guai.»
Lui fece spallucce. «Non si ottiene nulla senza il rischio.»
«Ma questo rischio è davvero troppo grande per noi. Io ho nove anni e tu dieci. Mi spieghi come faremo a cavarcela in città?»
«Andiamo, frignona, è questione di un giorno, mica dobbiamo trasferirci per sempre», fece lui per poi scorgere il mezzo pubblico da lontano. «Guarda, Amy, la nostra attesa è finita.»
La bambina aguzzò la vista, ma tutto ciò che riuscì a vedere fu un punto appena sfocato procedere verso di loro; nel giro di due minuti l'autobus si fermò davanti ai due orfani e aprì le porte per far circolare i passeggeri. Mello le sussurrò: «Da adesso sei mia sorella. Niente domande e seguimi.» La prese per mano e la trascinò sul mezzo; comprò due biglietti, uno per sé e uno per la compagna, per poi condurre quest'ultima verso due dei tanti posti liberi.
Amy si lasciò scappare una risata di scherno. «Matt ne sarebbe geloso.»
Il biondo le rivolse un'occhiata confusa, poi notò che le loro mani erano ancora unite; come scottato, sciolse immediatamente la presa. «Non ne ha motivo, stiamo solo facendo finta.»
«E perché dobbiamo fingere di essere fratelli?»
«Perché così non desteremo sospetti. Se qualcuno in giro dovesse notarci, ci basterà dire che nostra madre ci ha mandati a fare una commissione e ci stiamo tenendo compagnia a vicenda. Non è normale vedere due bambini in giro per il centro senza un adulto.»
«Stai ammettendo di essere un bambino.»
«Zitta, Amy. Prima o poi crescerò. E vedrai, oltre a diventare bellissimo e ricchissimo, sarò il degno erede di L.»
La bambina gli sorrise, intenerita da quelle parole e da quel volto; era raro vederlo in quello stato, Mello, così pieno di grandi ambizioni caratterizzate dall'innocenza della fanciullezza. Il suo viso aveva abbandonato l'espressione burbera e scontrosa che indossava sempre, illuminando i suoi occhi azzurri come il cielo sereno; in essi brillava la luce del sole, tanto calda quanto rassicurante, così sincera da far arrossire l'orfana. Si sentiva fortunata nel vedere il biondo in quello stato; le piaceva pensare che nessuno mai aveva avuto il privilegio di vederlo sorridere per davvero, senza un briciolo di cattiveria o un doppio fine, e solo lei sapeva a quante cose avrebbe potuto rinunciare per poterlo vedere più spesso nei panni di un semplice bambino.
Aprì lo zaino che aveva con sé e ne estrasse un libro. «Che fai?», si sentì chiedere. Rispose: «Devo finire di leggere gli ultimi sei capitoli di questo volume. Stanotte sono riuscita a completare solo i primi due, mi manca questo.» Sfogliò le pagine fino a raggiungere il segnalibro che aveva piazzato poche ore prima e diede inizio alla lettura. Ben presto, tuttavia, percepì la propria testa girare vorticosamente, nonostante si trovasse immobile su quel seggiolino sporco e rovinato dal tempo, dalle innumerevoli persone che vi si erano accomodate in precedenza – pessimo segnale lanciato dal proprio corpo.
Mello, seduto dal lato del corridoio e attento ad osservare ogni individuo che saliva sul mezzo col passare delle fermate, si sentì silenziosamente chiamare dalla – quasi – coetanea; si voltò verso di lei e si allarmò non appena scorse il colorito che aveva assunto il suo volto. «Tutto bene? Hai una pessima cera.»
La bambina annuì, seppur con una quasi assente convinzione. «Sì, sì. È solo un po' di voltastomaco.»
Fu a quel punto che il biondo le strappò via il romanzo dalle mani. «È mal d'auto, cretina. Se leggi finirai per vomitare le brioches che hai divorato a colazione.»
Solo sentendo pronunciare quel vomitare, Amy ebbe un conato che trattenne a fatica. «Ma devo finire il libro, altrimenti che ci sto a fare qui?»
Lui sospirò, riponendo quelle duecentoventotto pagine nello zaino dell'altra. «Lo finirai dopo, tanto sei veloce a leggere. Però che diamine, Amy, solo una cosa ti avevo chiesto!»
La castana chiuse gli occhi e abbandonò il capo sul poggiatesta, ma non prima gli avergli mostrato un'espressione afflitta. «Mi dispiace. Credo che sia la stanchezza, non ho dormito molto stanotte.»
Ma Mello era consapevole che, quella, fosse una menzogna; lo poteva vedere semplicemente osservando quegli occhi, circondati da solchi di ore di riposo mancate. Aveva passato tutta la notte in bianco per poter accontentare quell'egoistica richiesta che le aveva fatto la sera precedente – proposta che lei aveva immediatamente accettato di buon grado. «Riposati. Controllo io le fermate», le sussurrò, senza essere udito; Amy si era addormentata in poche frazioni di secondo.










Nonostante la giornata non fosse affatto iniziata bene, i due orfani erano riusciti ad arrivare indenni alla loro destinazione: a pochi isolati dalla città, nel vico di Itchen Abbas, si ergeva la grande villa Philips circondata da voltanti della Polizia inglese, i quali agenti ordinavano ai curiosi e ai giornalisti di tenersi alla larga.
«Come facciamo a entrare?», sussurrò Amy al suo compare.
Mello le fece l'occhiolino. «Lascia fare a me.» Si avvicinò di soppiatto a un ispettore e gli bisbigliò qualcosa, attento a non farsi sentire dalle persone attorno; il detective sgranò gli occhi quando il biondo gli passò un foglio, per poi spostarsi quel tanto da consentire al ragazzino di oltrepassare la porta d'ingresso. La bambina s'affrettò a seguirlo, riuscendo a superare indenne i controlli – non si fece domande, troppo impegnata a studiare la scena del crimine che le si presentava davanti.
Il proprietario dell'abitazione era immobile su una delle poltrone del salone al piano terra, affianco a un tavolino elegante con sopra una scacchiera; era morto a causa di due proiettili impiantati nella fronte e al petto, dai quali fori si erano seccati dei rivoli di sangue. Dietro di lui, una libreria s'estendeva per tutta la parete ed era colma di romanzi e manuali di diverse dimensioni e diversi colori; nessuno di essi spiccava in particolare, fatta eccezione per un'enciclopedia a più volumi dalla copertina blu.
In un angolo della stanza, degli agenti della polizia mortuaria, già avvisati del ruolo dei due, fissavano i bambini senza parlare, attendendo un cenno da parte di Mello per poter portare via il cadavere. Il biondo indossò un paio di guanti per non inquinare la scena del crimine, poi si avvicinò al corpo, osservando le ferite mortali provocate da un'arma da fuoco. La vista di quell'uomo privato della vita non fece alcun effetto in lui; inizialmente si era sentito destabilizzato poiché memore della raccapricciante morte di Arthur, però era riuscito a riprendersi in fretta, tracciando una linea di confine tra il proprio trauma e il proprio lavoro – mai si sarebbero dovuti mischiare, quei due elementi, altrimenti come avrebbe fatto a dimostrare la sua bravura?
«Mello?»
Si voltò, guardando Amy con sufficienza. «Che vuoi?»
Lei tentò di non posare gli occhi sul cadavere. «C'è una donna.»
«Chi è?»
«Annie Cooper.»
Bastò quel nome a convincere Mello a dare la giusta attenzione alla persona che era appena entrata nella casa; era stata nominata sul reportage che L aveva fornito per lo studio del caso di omicidio: ventinove anni, addetta alle pulizie domestiche, era stata lei a trovare il cadavere e ad allertare le Forze dell'Ordine.
Autoritario come un uomo di Scotland Yard, il ragazzino fece accomodare la donna in un'altra stanza e le chiese di ripercorrere gli avvenimenti a partire dal suo ultimo incontro con la vittima. «Lavoravo per Aaron tutti i giorni», iniziò Annie, «dalle otto di mattina fino alle dieci di sera. Rimanevo così tanto tempo perché era solo. Ero io a prendermi cura di lui.» Si asciugò una lacrima solitaria con un fazzoletto di stoffa. «L'ultima volta che ho visto Aaron è stata due sere fa, alla fine del turno. Lui era in cucina a prendersi la pillola che era solito assumere prima di andare a letto. Sono tornata a casa mia, e ieri mattina sono tornata come di consueto. È stato in quel momento che ho trovato Aaron senza vita», balbettò, per poi scoppiare a piangere.
Amy storse la bocca in una smorfia di dispiacere, non smettendo di appuntare la dichiarazione della donna su un taccuino. Mello non batté ciglio e le ordinò: «Mi parli della famiglia della vittima.»
La donna annuì piano, prendendo qualche secondo per tornare calma. «Aaron era divorziato da tanti anni. Ha perso quasi completamente i rapporti con la sua ex moglie, Lucy Bassnett.»
«Quasi?»
«Una volta l'ho sentito parlare al telefono con lei», spiegò. «Non ho ben capito di cosa stessero parlando, ma mi è sembrata una conversazione tranquilla. È successo mesi fa, ormai.»
«E oltre a quella volta?»
Scosse la testa. «Aaron non parla mai con lei, né tantomeno la incontra. Per lui, la signora Bassnett è solo la madre dei suoi figli, niente di più.»
Mello estrasse dallo zaino di Amy una barretta di cioccolato fondente e, dopo averla scartata dal proprio involucro, la addentò. «Cosa mi sa dire su Francis e Isaac Philips?»
«Sono due bravi ragazzi», rispose la cameriera. «Il signor Isaac veniva spesso qui a trovare il padre. A volte litigavano, ma riuscivano a risolvere le loro questioni in fretta.»
«E che genere di litigi avevano?»
«Oh, nulla di preoccupante. Erano dei semplici battibecchi in famiglia. A volte discutevano per le loro idee discordanti sulla politica, altre volte per una multa presa per parcheggio in divieto di sosta.»
«E l'altro figlio? Francis Philips?»
«Di lui non so molto. Vive a una cinquantina di chilometri da qui e non si fa vedere spesso.»
Amy s'intromise nel discorso: «Non andavano d'accordo?»
La donna parve rifletterci su. «Immagino che il signor Francis sia rimasto molto legato alla madre. L'ho potuto incontrare solo alle cene di famiglia, quelle organizzate a Natale.»
«Questa casa era frequentata anche da qualcun altro?»
«Ogni tanto, mia sorella Mary veniva a farmi visita.» Notò lo sguardo freddo del ragazzino e si affrettò a specificare: «Ma non può essere stata lei. Mary non commetterebbe mai un simile gesto. E poi, ora è in luna di miele alle Hawaii.»
«Che lei sappia», fece Mello, «la vittima aveva dei nemici?»
«Nossignore! Aaron era benvoluto da tutti! È sempre stato un uomo leale e di buon cuore.»
Si ritenne soddisfatto dell'interrogatorio, ma proprio quando stava per invitare la domestica ad uscire, un agente della polizia chiese loro di dirigersi all'esterno dell'abitazione – i mortuari dovevano portare il cadavere, rimasto in quel luogo fin troppo a lungo, presso lo studio d'analisi. Per tale motivo, i due orfani si spostarono sul retro della villa e si sedettero all'ombra, in attesa di poter rientrare.
«Perché le hai fatto tutte quelle domande?», domandò Amy alludendo alla documentazione di cui entrambi erano forniti; su quel piccolo plico di moduli, erano stati spiegati alla lettera non solo la testimonianza di Annie Cooper, ma anche e soprattutto l'orario del decesso e un'analisi più approfondita della psicologia di Aaron Philips.
«Ah, Amy», fece Mello pizzicandole le guance con falsa tenerezza. «Piccola, dolce e innocente Amy, ti hanno mai detto che le persone possono dire le bugie?»
Lei si scostò malamente dalla sua presa. «Sospetti di lei?»
Il biondo incrociò le braccia al petto. «Tutti i conoscenti della vittima sono dei potenziali killer, per quanto mi riguarda. Compresa lei, sì. La scientifica ha anche trovato un suo capello sulla seconda poltrona del salotto.»
«Ma è normale, sta qui tutti i giorni. Poi, l'hai vista?», gli chiese retoricamente. «Era distrutta, poverina! Non può essere stata lei.»
«Tenera e innocua Amy, lo sai che esistono dei corsi di recitazione?» Lasciò che gli tirasse uno schiaffo sul braccio, poi cambiò discorso. «Tu piuttosto, hai scritto tutto?»
La bambina annuì e gli porse il taccuino. «Ogni singola parola.»
«Allora qualcosa la sai fare.»
«Finiscila di prendermi in giro!»
Mello si mise a ridere, per poi mettersi a confrontare le due dichiarazioni della donna delle pulizie. Sentenziò: «Sono un po' diverse.»
«Che?»
«Non ti agitare, va bene così.» Le mostrò i due testi e iniziò a spiegare: «Ha detto tutto quello che già sapevamo, ma usando parole differenti. Inoltre, ha dimenticato di dirci un particolare fondamentale, cioè la professione della vittima. Aaron Philips era un campione pluripremiato di scacchi, e la sua notorietà è stata la causa del divorzio con la moglie.»
«Che bisogno c'era di specificarlo? Non gliel'hai mai chiesto.»
Le mostrò un sorriso furbo. «Come dunque poss'io ritornare in buona salute, privo come sono del benefizio del riposo?»
Amy sorrise a sua volta. «Se l'oppressione del dì non è alleviata dalla notte, ma il dì m'è reso opprimente dalla notte, e la notte dal dì.»
«Bravissima», le rispose. «Vedi, hai imparato a memoria una poesia. La reciti sempre allo stesso modo, non importa quale sia il contesto. I menzogneri fanno la stessa cosa. Il fatto che Annie Cooper non solo abbia raccontato le cose in modo diverso, ma che si sia addirittura dimenticata di fornirci alcuni dettagli, la scagiona automaticamente.»
La bambina sollevò la testa verso l'alto, osservando il cielo. «Non sapevo leggessi Shakespeare.»
«Ci sono tante cose che non sai di me.»
Lo guardò mentre continuava a leggere il rapporto di L. «Me le dirai mai?»
Mello si voltò e fece incontrare i loro sguardi. «Mah, chi lo sa? Un giorno, forse.» Tornò a far scorrere gli occhi azzurri sui documenti. «Piuttosto, di cosa parlavano quei tre libri?»
Amy s'illuminò ed estrasse i romanzi dallo zainetto. «Sono l'uno indipendente dall'altro e sono diversi anche nel genere. Immagino che il signor Philips volesse sperimentare molteplici stili per trovare quello che meglio si adattasse con le sue idee e con il suo gusto personal--»
«Sì, sì, vai avanti.»
La bambina gonfiò le guance, infastidita. «Il Cavallo del Re è ambientato nell'Alto Medioevo e prende ispirazione dalle vicende di Re Artù e i Cavalieri della Tavola Rotonda», spiegò. «Narra di una lotta all'ultimo sangue con un popolo invasore e della prontezza di un fante con il suo destriero che ha scoperto i malvagi piani dei nemici. Si è sacrificato per il bene della Patria.»
Mello guardò la compagna, i cui occhi luccicavano dall'emozione: quello era il suo genere letterario prediletto, perciò non si stupì affatto della passione che la piccola aveva nella voce. Non la interruppe neanche.
«Poi, L'Importanza di un Pedone è un poliziesco ambientato nei giorni nostri. Una donna è stata assassinata brutalmente e un detective riesce a risalire al colpevole grazie alla dichiarazione di un testimone oculare. E per ultimo, La Regina Matta è un fantasy. Ricorda molto Alice nel Paese delle Meraviglie, ma stavolta i fatti sono narrati dal punto di vista dell'antagonista. Ci sono riferimenti agli scacchi ovunque, e in più mentre si legge si ha l'impressione di star assistendo a una partita. Questo in tutti e tre i libri. Ma dopotutto, era la ragione di vita del signor Philips.»
Il ragazzino annuì. «Hai trovato qualcosa che possa collegarsi all'omicidio?»
«Proprio no. Tutti e tre sono stati scritti da Philips stesso, e non credo proprio che potesse prevedere il futuro.»
«Fai poco la sarcastica», la ammonì. «Devono per forza c'entrare qualcosa con il caso. L li ha inseriti nel rapporto, non può averlo fatto senza un motivo.»
Amy assunse un'aria pensierosa. Fino a quel momento, non aveva fatto un granché per aiutare Mello a trovare la soluzione al delitto e, fattore di maggiore importanza, non aveva la minima idea di cosa andare a pensare; le sembrava di star perdendo tempo, senza contare che in cuor suo desiderasse dimostrare a se stessa e al compagno di essere all'altezza del compito assegnato dal paladino della giustizia degli orfani della Wammy's House e dell'intero globo. Quella era la prima volta in assoluto in cui si ritrovava a ragionare seriamente, senza nessuno a suggerirle quale fosse la risposta corretta o quale strada dovesse imboccare per andare nella giusta direzione. C'era lei, un uomo privo di vita e l'orgoglio del suo compagno di indagini – niente di più e niente di meno. Sapeva di dover osservare le cose da un'altra prospettiva.
«Mel?», lo chiamò dopo un po'.
«Sì?»
«Ma non è che è stato un suicidio?»
Il biondo la guardò, indeciso su che espressione assumere. «Sei seria?»
«Potrebbe essere, no?»
Sospirò pesantemente. «Innanzitutto, i colpi sono due. E poi l'arma del delitto non c'è.»
«E se qualcuno l'ha nascosta?» Mello le scoccò un'occhiata infuocata e lei arrossì, distogliendo lo sguardo. «Suonava meglio nella mia testa.»










Mello non era mai stato sicuro di nulla in tutta la sua vita, nonostante esistesse da appena un decennio: non sapeva com'erano fatti i suoi genitori, non sapeva se aveva ancora dei parenti, non sapeva da dove fosse nata la sua golosità per il cioccolato né da dove fosse spuntato quel suo carattere scorbutico – la sua unica certezza, era che la soluzione al caso d'omicidio si trovasse proprio sotto ai suoi occhi. Doveva solo capire di cosa si trattasse. Del resto, quello doveva essere un caso da analizzare e risolvere entro le mura della Wammy's House, ma come avrebbero fatto gli altri bambini a sciogliere quel grosso nodo stando a chilometri di distanza?
Riguardò l'istantanea che aveva tra le mani; era stata allegata ai documenti che L aveva consegnato agli orfani e raffigurava il cadavere di Aaron Philips. La fotografia era stata scattata dall'alto, in maniera tale che fossero visibili la maggior parte dei particolari di quella stanza: i quadri, i libri, il tappeto, il divano e le due poltrone accostate al tavolino della scacchiera. Fissò con attenzione quest'ultima, notando nuovamente – perché era impossibile non accorgersene dall'inizio – la disposizione dei pezzi: non erano in ordine, bensì distribuiti su tutto il campo di battaglia. Pensò che fosse strano poiché, stando all'identikit della vittima, Aaron Philips era una persona precisa; teneva moltissimo all'ordine ed era in grado di accorgersi di uno spillo fuori posto semplicemente appellandosi alla propria straordinaria memoria fotografica: ecco spiegato il motivo per il quale la domestica, Annie Cooper, doveva stare a turni lavorativi molto lunghi – non poteva appellarsi all'unico fattore dell'affetto che provava nei confronti del giocatore di scacchi.
Il ragazzino guardò il cadavere ritratto nell'istantanea che aveva tra le mani, tracciando con gli occhi le pieghe della vestaglia costosa e i fori dei proiettili. Che fosse impegnato in una partita con il suo assassino? Oppure si stava semplicemente allenando, nonostante fosse un campione degno di nota?
Si grattò la testa come se stesse cercando la soluzione con le dita. Come fare, come fare? C'era qualcosa che gli stava sfuggendo, ne era più che certo. Ma di cosa si trattava? Anche la Polizia, che ancora non aveva abbandonato quel luogo, pareva star brancolando nel buio più totale. E se fosse stato un ladro o un fanatico? Strinse le mascelle, ricordandosi che non vi erano videocamere di sorveglianza a osservare l'abitazione, né alcun tipo di sensore o sistema di sicurezza.
Prese un respiro profondo, accantonando l'agitazione in un angolo irraggiungibile della propria testa. Il killer doveva aver sparato dalla soglia della porta e non da distanza ravvicinata – a suggerirlo era la forma dei fori dei proiettili sul cadavere – ed era stato un mago a non lasciare né impronte né indizi in giro. Proprio per tale accuratezza, doveva trattarsi obbligatoriamente di un omicidio premeditato, e ad aver ucciso doveva essere qualcuno che si sapesse muovere lì.
«Mel?»
Il biondo si voltò lentamente, rimanendo in silenzio. Amy stava fissando la scacchiera con gli occhi spalancati, con un'aria incredula che raramente colpiva il suo viso.
«Non trovi anche tu che sia strano?»







Angoletto dell'Autrice!!
Questo omicidio è gentilmente offerto dal mio fratm perché la mia testa è un sacchetto sottovuoto e non è in grado di creare casi del genere.
Secondo voi, chi è l'assassino facendo finta che tutto questo non sia già stato pubblicato sul sito arancione da me medesima? :)
Vi do appuntamento al prossimo capitolo!

-Channy
  
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