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Autore: Erik Winterking    30/05/2010    2 recensioni
Ed eccoci con una nuova storia!!! Sì, sempre un originale. Ma allora che ci stai a fare su un sito di fan fiction se scrivi solo storie originali?? XD potete chiedervelo, e la risposta è che comunque mi piace scrivere. Ho anche idee per diverse fic comunque, e (tempo permettendo) conto di buttare giù qualcosa. Devo però parlare del racconto, non dei miei progetti (inutile, riesco a divagare anche scrivendo). Beh... non molto da dire (non sono bravo nelle presentazioni XD) tranne il fatto che è una storia in cinque capitoli... già completa, quindi potrò postarli regolarmente (salvo problemi tecnici) il cui protagonista è un ragazzo... beh... particolare. Lunatico, solitario, e con scarsa vita sociale... che storia ha un personaggio simile? Buona lettura ^^
Genere: Romantico, Dark, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nemo

I


    Nemo, cioè nessuno. Il ragazzo continua a pensare al significato di quella parola mentre cammina tra la folla, utilizzandone il movimento passivo per andare dove vuole. Le persone intorno quasi non lo vedono, e lui non si fa notare mentre continua a pensare alle implicazioni di quella parola. Nessuno. Le persone attorno a lui si rendono conto di essere nessuno? Lui sa di esserlo. Sa che il suo ricordo non vivrà molto più della durata della sua vita, ma la cosa non lo preoccupa. Eppure, qualcosa non gli torna. Tutte le persone attorno a lui, con lo sguardo basso, che pensano alle loro piccole preoccupazioni, hanno coscienza di essere nessuno? La ragione, per quanto fallibile, lo spinge a creare dei paradossi inestricabili. Si è nessuno quando non si ha la cognizione di esserlo, ma se lui sa di essere nessuno, nel momento stesso in cui lo sa diventava qualcuno. E se anche la sua memoria non vivrà a lungo, gli rimane comunque la consolazione di aver avuto coscienza di sé. Sembra poco agli altri, ma per il ragazzo è un sollievo per l'anima.

    A casa i soliti discorsi. Non li ascolta più ormai, non gli interessano le parole vuote pronunciate da nessuno. Fugge dal chiasso degli altri, si mette le cuffie e si isola dal mondo esterno con la musica, una delle poche consolazioni rimastegli. Ormai è tardi e deve andare a dormire, ma la cosa gli dà un certo fastidio. Il sonno non gli ha mai portato riposo; se va bene sogna, se va male ha incubi. O forse dovrebbe chiamarli visioni della realtà? Si interroga guardando il soffitto prima di addormentarsi, sperando che gli siano risparmiati i sogni.

    Il nulla. Fluttua in un immenso spazio nero, senza sopra né sotto... anzi, senza collocazioni spaziali. Ha ancora la concezione del suo corpo, ma non vede nulla nel buio. In effetti, non può neanche essere sicuro che sia buio. Semplicemente, non ha percezioni sensoriali, eccetto quella del suo corpo. Nel buio si accende all'improvviso un punto di luce, che si avvicina a lui come se stesse uscendo da un tunnel. Arriva in una stanza dove una donna sta partorendo. Nessuno lo nota, così si avvicina mentre il bambino viene alla luce. Guardando distrattamente le altre persone, nota che hanno tutte un marchio in testa. Un inserviente prende un ferro arroventato, e allora il ragazzo capisce cosa vogliono fare; cerca di fermarli, ma non può toccarli perché è come se fosse evanescente. Il ferro tocca la fronte del bambino e un dolore bruciante gli attraversa la testa, mentre tutto intorno a lui si fa confuso.

    Si trova in una stanza spoglia, dove un ragazzo sta scrivendo sul suo diario. Istintivamente, sa che sta guardando il bambino che ha visto nascere. Intorno a lui vorticano immagini sfocate, ma guardandole meglio si accorge che si tratta di scene vissute. Vede gente per strada, tutti marchiati, e persone con marchi diversi insultarsi e picchiarsi, senza logica apparente dato che i marchi non dipendono dalla razza. Poi vede scene di battaglia; gli eserciti, più o meno grandi, si susseguono davanti a lui, e le due fazioni hanno entrambe due marchi diversi, e il sangue scorre e macchia la terra e il pavimento della stanza, per poi essere assorbito all'istante. Non ha molto senso, pensa. E, come se lo avesse sentito, il ragazzo alla scrivania risponde.
   «
Lo so, non ha senso, ma devi rinunciare a capire gli uomini. Stupidi, avidi e crudeli, ecco cosa sono. Si azzuffano per un marchio come galline che si contendono un verme. Soffrirai, se credi di potergli far cambiare idea. Per il tuo bene, non cercare di cambiare gli esseri umani, perché loro non vogliono cambiare.»
    Il ragazzo si gira e Nemo può vederne la fronte segnata dal marchio.
    «
Amavo viaggiare- prosegue lui -ma ovunque andassi, mi hanno sempre trattato con sufficienza per via del mio marchio e dei pregiudizi che avevano sulle persone che lo portavano. Ho provato a convincerli che un marchio non vuol dire niente, e mi hanno isolato. Pochi mi hanno capito, e quasi tutti quelli che condividono il mio pensiero sono già morti oppure per la loro via. Odio questo marchio... più di qualsiasi altra cosa... forse con la sola eccezione dell'umanità...»
   Ciò detto, si afferra la pelle della fronte e la strappa con rabbia. Il sangue scorre a fiotti, coprendogli il viso. Apre la bocca e lo beve quasi avidamente, assaporandone il gusto.
    «
E' dolce- dice a Nemo -vuoi provarne un po' anche tu?»
    Non riceve risposta, così continua a parlare.
   «
Questo gesto ha un senso. Ormai sono morto, ma non voglio che possano dire di avermi sconfitto fino a questo punto. Sarò il primo a morire senza marchio.»
    La vista di Nemo si appanna e la stanza comincia a girare, mentre la fronte gli brucia come se fosse sua la pelle strappata.
   
 
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