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Autore: Silice    30/10/2010    6 recensioni
In una buia e silenziosa serata invernale, il Barone Sanguinario e la Dama Grigia fanno una scommessa: un Corvonero dovrà riuscire a invitare Daphne Greengrass al Ballo del Ceppo. Riusciranno i tre malcapitati a convincere l'algida regina delle Serpi a uscire con loro? Storia partecipante al "Contest a squadre" indetto da B.S.
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Corvonero, Daphne Greengrass, Serpeverde
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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3 – VASCHE E LECCA LECCA

 

“Ehi Blaise.”

Un ragazzo moro, alto e decisamente affascinante si voltò verso Terry e gli rivolse un ampio sorriso. Draco Malfoy, alla sua destra, rivolse al Corvonero una smorfia ben poco amichevole: tollerava malamente che il suo migliore amico avesse rapporti di amicizia con studenti di altre Case, soprattutto con Mezzosangue. Blaise Zabini, tuttavia, non ci fece molto caso, e si avviò verso il Corvonero con le braccia spalancate.

“Terry! Cosa ci fai qui? Credevo che avessi Incantesimi con i Grifondoro…”

Il Corvonero abbassò lo sguardo con un mezzo sorriso. “Infatti. Sono qui per chiederti un favore.”

“Chiedi pure, amico.” Il sorriso invitante di Blaise incoraggiò Terry: ancora oggi si chiedeva perché quel ragazzo così amichevole e cordiale fosse potuto finire a Serpeverde.

“Sì, ecco…” Terry era visibilmente imbarazzato. Maledetta Dama Grigia e le sue stupide scommesse. “Posso venire a Hogsmeade con voi, Sabato?”

Il sorriso sul viso di Blaise, così com’era venuto, sparì. “Noi chi, Terry?” chiese, insicuro di aver capito bene.

“Voi… Serpeverde.” Terry sperò che il suolo lo inghiottisse all’istante. Chiuse gli occhi per un millesimo di secondo, ma quando li riaprì, invece di trovare terriccio, come aveva immaginato, vide Blaise che, perplesso, valutava la sua bizzarra richiesta.

Contro ogni pronostico, Blaise tirò fuori nuovamente il suo ineguagliabile sorriso. “D’accordo. Ci vediamo Sabato.”

Fece per andarsene, ma poi si girò nuovamente verso Terry, che fissava la sua schiena sorpreso e sollevato assieme.

“Posso sapere perché vuoi venire con noi?” chiese il moro, con sguardo indagatore.

Terry, nella sua testa, aveva formulato una quantità tale di scuse bizzarre e assolutamente insensate che, in quel momento, si accavallarono tutte, e dalla sua bocca non ne uscì neanche una. Quasi consapevole che nessuna possibile spiegazione avrebbe potuto farlo apparire meno ridicolo, scosse il capo e sorrise debolmente verso l’amico.

“No.”

Blaise, inaspettatamente, sorrise, ma questa volta l’espressione sul suo volto non esprimeva più allegria, bensì arguzia e un po’ di malizia. Terry rabbrividì, e comprese immediatamente perché l’amico si trovasse in quella Casa.

“Spero proprio di vederti, Sabato.”

 

Solitamente, i fantasmi di Hogwarts non uscivano dalle mura del Castello. Era fin troppo comune che la gente non li notasse e passasse attraverso, con spiacevoli conseguenze. Inoltre, la maggior parte di loro era per definizione assillata da paure incontrastabili o da pigrizia cronica, dunque il problema dell’uscire o meno, la maggior parte delle volte, non si poneva neanche.

Quel Sabato mattina, tuttavia, la Dama pose per la prima volta dopo quattrocento anni il naso fuori dalle spesse mura. Era il giorno del piano, della sua ultima possibilità di strappare la vittoria della scommessa al Barone. Mentre si dirigeva frettolosamente verso la strada principale del paesino, stando attenta a non incrociare nessuno, ripassò accuratamente il piano. Era piuttosto semplice: arrivati a Mielandia, Terry avrebbe dovuto recarsi in una delle varie stanze con Daphne Greengrass, regalarle un enorme lecca lecca a forma di cuore e chiederle di venire al ballo con lui. Alla Dama spettava il compito di chiudere con un incantesimo la stanza in cui i due ragazzi si sarebbero trovati, e magari di consigliare a Terry il lecca lecca giusto. Il Corvonero si era opposto strenuamente all’intera faccenda del dolciume, sostenendo che era una cosa totalmente ridicola, ma lei era stata ferrea: niente come un lecca lecca a forma di cuore faceva capitolare il cuore di una ragazza. Ah, se qualcuno le avesse regalato un lecca lecca per San Valentino…

Queste sue sdolcinate riflessioni furono interrotte dalla vista del gruppetto di Serpeverde che si avvicinava al negozio di dolci, e lei, pur sapendo di essere semi trasparente, e che probabilmente nessuno l’avrebbe distinta dallo sfondo innevato, si nascose dietro l’angolo della strada e li osservò. Blaise Zabini, Draco Malfoy, Pansy Parkinson e Daphne Greengrass erano accompagnati da Terry Steeval, e gli ultimi tre erano particolarmente assorti dall’affascinante gara a chi lo fissava con più disprezzo. Il premio per il vincitore sarebbe sicuramente andato a Malfoy, che guardava il Corvonero come si guarda un particolare tipo di lumaca bavosa.

“Perché non entriamo?” propose il moro. Tre volti decisamente poco cordiali li rivolsero un’occhiata di biasimo. I Serpeverde non entravano, generalmente, a Mielandia: troppo zucchero.

“Perché no?” rispose Blaise con un sorriso, apparentemente ignaro di essersi messo così in conflitto con i suoi compagni di Casa, che nonostante ciò non fiatarono per opporsi.

Terry entrò insieme agli altri. Le sue mani erano sudate, e continuava a lanciare occhiate verso Daphne, che non gli aveva rivolto più di sei parole, cinque delle quali erano state “e tu chi diavolo sei?” quando lo aveva visto arrivare, prima che Blaise spiegasse a lei e agli altri che aveva invitato un amico, quel giorno, a uscire con loro.

Tutto stava andando secondo quel ridicolo piano di quella pazza della Dama Grigia. Terry scosse la testa: ma come diavolo aveva fatto a mettersi in un tale pasticcio? Gemette silenziosamente, ma poi si fece coraggio: in una mezzoretta avrebbe perso la sua dignità e ci avrebbe guadagnato qualche schiaffo, era vero, ma almeno poi sarebbe stato libero di tornare alla sua vita, ben lontano da quell’assurda missione.

“Tieni.”

Qualcuno gli sussurrò all’orecchio, mentre gli metteva qualcosa fra le mani. Terry sobbalzò, e digrignò i denti quando vide un enorme lecca lecca a forma di cuore fra le sue mani.

“Dama Grigia! Mi ha spaventato.”

La Dama ridacchiò, facendo scuotere il suo doppio mento. “In fondo, sono o non sono un fantasma? Ora vai. La Greengrass sta entrando in quella stanza. Da sola.”

Terry mandò giù un po’ di saliva. Daphne stava entrando in una piccola stanzetta, dove si trovavano le più svariate caramelle e gli animali di zucchero, senza essere accompagnata da nessuno. Non appena il ragazzo vide i fluenti capelli della bionda scomparire dietro la porta si fece coraggio e la seguì.

Davanti a lui, Daphne stava osservando rapita una piccolo leone di glassa che si stava avventando contro un’antilope dello stesso materiale. Entrambi i minuscoli animali erano rinchiusi in una teca, e lei teneva una mano sul vetro, fissandoli estasiata.

“Ora.”

Il sussurro della Dama alle sue spalle lo fece sobbalzare. Quello era il momento giusto, in cui Daphne non sembrava per nulla aggressiva, e in cui forse non avrebbe rischiato di essere sbranato come la povera antilope di zucchero.

“Ehi Daphne! Cosa c’è qui dentro?” Pansy Parkinson fece capolino dalla porta alle spalle di Terry, mentre la Dama si nascose in tutta fretta e Terry si girò, facendo finta di essere interessato a una teca contenente farfalle di cioccolato più che alla bella bionda.

La Dama, vicino al ragazzo, che stava tentando di recuperare il suo normale battito cardiaco, scosse la testa, in un misto di rabbia e delusione.

“Se stavi aspettando il momento giusto, era quello.”

Terry sbuffò. Quella stupida messinscena era durata più che abbastanza. Se la Dama non era contenta, nonostante tutti gli sforzi che aveva fatto e stava facendo, non  le avrebbe dato ulteriori motivi di delusione. Fece per uscire dalla porta, ma proprio in quel momento Blaise chiamò Pansy in un’altra stanza, con la scusa di farle vedere dei folletti di caramello che saltellavano vicino a un ruscello di cioccolato. In quello stesso istante, con una velocità di reazione che avrebbe fatto invidia a un centometrista, la Dama uscì, chiuse la porta e la sigillò con un incantesimo, lasciando così Terry in compagnia della terribile Serpe che avrebbe dovuto conquistare.

Oh, diamine.

Terry cercò di darsi un contegno. Era pur sempre un Corvonero, e se era finito in quella Casa significava che aveva un cervello, e che in qualche modo sapeva farlo funzionare.

Si avvicinò alla teca che la Serpeverde stava ancora ammirando, e si schiarì la gola.

“Ehm ehm.”

La bionda alzò i scintillanti occhi verdi, guardandolo con fastidio.

“Che c’è?”

Era lui che aveva caldo, o la temperatura si era effettivamente alzata? Controllò che il lecca lecca nelle sue mani non si fosse sciolto.

“Sai… Io mi stavo chiedendo se… Vorresti per caso…”

Terry stava balbettando. Lui, il Corvonero più spigliato e arguto della sua Casa, stava balbettando di fronte a una ragazza che neanche gli piaceva, con un imbarazzante lecca lecca in mano.

“Oh, ma chi voglio prendere in giro.” Scosse la testa e posò il lecca lecca vicino alla teca. “Non ti offendere, ma tu proprio non mi piaci. E non ho alcuna intenzione di portarti al ballo solo per compiacere una svalvolata fantasma che passa la sua eternità a fare stupide scommesse.”

Daphne lo guardò come se fosse completamente fuori di testa, senza capire una parola di ciò che stava dicendo.

“Ma sei impazzito?”

Terry fece fatica a non scoppiare a ridere. “Scusami. È che è tutto così strano…”

“Ma si può sapere di che stai parlando?” La ragazza si mise le mani sui fianchi, sentendosi presa in giro.

“Hai presente Anthony Goldstein e Michael Corner? I due Corvonero che ti hanno invitato al ballo le scorse settimane? Ecco, vedi, l’hanno fatto per una scommessa. La Dama Grigia ci ha costretti, per vincere contro il Barone Sanguinario. Ora, come vedi, eccomi qui, l’ultimo candidato che annuncia la sua disfatta. Io mi ritiro.”

Appena ebbe finito di pronunciare il suo discorso, Terry si rese conto che non aveva alcun senso per chi non fosse a conoscenza dell’intera storia. Arrossì per l’imbarazzo, e si rinchiuse nel più totale silenzio.

Il suono che seguì, tuttavia, lo stupì non poco. Una risata argentina e squillante riempì la stanza, talmente alta che il leone di zucchero distolse per un attimo l’attenzione dalla sua preda per spostarla sulla ragazza bionda davanti alla sua teca, che era piegata in due dalle risate.

“Una.. Una scommessa?” balbettò, fra una risata e l’altra.

Terry, incredulo, biascicò un sì, incerto su quale fosse la risposta migliore. Si sarebbe aspettato rabbia, indignazione e stupore, ma non sicuramente una reazione del genere.

“Voi siete fuori.” Sussurrò Daphne, sollevando il busto e respirando a pieni polmoni per recuperare la calma.

Certo che è strana, pensò Terry. Tuttavia, se quella reazione l’aveva sopreso, non era certamente preparato a ciò che sarebbe seguito.

“Qual è la ricompensa?” Daphne era tornata abbastanza seria, anche se un sorriso si stagliava sul suo perfetto volto.

Terry esitò. Qual era il premio? Decise di essere sincero. “Non lo so. La Dama ha detto che sarebbe stato un gran premio, incredibile come la punizione che ci avrebbe dato se non ce l’avessimo fatta.”

Daphne riflettè un momento, appoggiando le sue lunghe e curate dita sul mento.

“Ci sto. A patto di ricevere la metà del premio.”

Terry rimase senza parole. Boccheggiando, squadrò la bionda, incerto sulla verità delle sue intenzioni. Di fianco al ragazzo, il leone di zucchero aveva finalmente finito di mangiare la povera antilope, e adesso fissava i due giganteschi umani come se sapesse ciò che stava succedendo.

“Terry Steeval, giusto?” Daphne gli si avvicinò un poco, come per controllare che avesse recuperato tutte le sue facoltà mentali. “Facciamo così. Tu mi vieni a prendere verso le sette. Metti una cravatta chiara, magari grigia o argento, perché il mio vestito è verde, e ho come il sospetto che tu non abbia una cravatta di quel colore.”

Terry, che ancora non si era ripreso dalla sorpresa, la fissava come in trance, senza dire una parola.

Daphne, accorgendosene, ghignò.

“Sarà un piacere fare affari con te, Terry.”

 

La Dama era letteralmente fuori di sé dalla gioia. Il meglio, tuttavia, non era ancora arrivato: quella sera, davanti a tutti, il Barone avrebbe dovuto ammettere la propria disfatta, e allora la sua vittoria sarebbe stata completa. La Dama si rassettò il vestito e si aggiustò il colletto di pizzo. Quando finalmente fu pronta, uscì dalla Sala Comune di Corvonero e si recò nella Sala Grande.

Tutto ciò che vide superò ampiamente le sue aspettative: le decorazioni e i tavoli erano perfetti, magia e eleganza trasudavano da ogni angolo, e i primi invitati, rigorosamente in abito da sera, stavano già arrivando. Il palco era stato lasciato libero per i partecipanti al Torneo Tremaghi, che avrebbero aperto le danze.

Decisamente, l’aria di attesa e eccitazione che permeava il luogo contribuiva a rendere la Dama ancor più emozionata. Svolazzò in lungo e in largo per l’ampia Sala, alla ricerca degli altri fantasmi. Si unì al Frate Grasso e a Nick Quasi-Senza-Testa, e insieme si appartarono in un angolo del soffitto, in modo da godersi meglio la visuale dell’apertura delle danze.

“Buonasera, Signori.”

Il Barone Sanguinario, con tutto il seguito di catene e boccoli, li raggiunse. La Dama fece del suo meglio per nascondere una ghigno soddisfatto: non aveva alcuna intenzione di svelare la sua vittoria, voleva che il Barone la potesse ammirare da sé.

“Quanto manca all’apertura delle danze?” chiese il fantasma di Serpeverde, guardandosi attorno.

“Una decina di minuti, direi.” Rispose pacato il Frate Grasso, con voce annoiata.

“Perfetto.” Mormorò il Barone, sfregandosi le mani. Sicuro di avere la vittoria in pugno, già pregustava il senso di superiorità che ne sarebbe derivato.

I quattro fantasmi aspettarono l’arrivo delle prime coppie, che scendevano dalla scala principale. Ron Weasley fece la sua comparsa con Padma Patil, seguito da sua sorella e Neville Paciock. Quando il Barone vide finalmente la coppia reale di Serpeverde, Draco Malfoy e Pansy Parkinson, fare la sua maestosa entrata, proruppe in un’esclamazione orgogliosa e soddisfatta.

Infine, venne il tanto bramato momento, annunciato dalla vista di un drappo verde che faceva capolino dalle scale. La Dama trattenne il respiro, e così fece il Barone, che la guardò di sottecchi.

Un centinaio di teste si voltarono verso la fulgida figura che stava scendendo con eleganza verso la Sala. Daphne Greengrass, fasciata in un costosissimo abito verde, camminava come una vera diva, in modo da mettere in risalto il suo corpo perfetto. I capelli biondi erano raccolti sulla nuca, il sorriso perfido sembrava emanare luce propria. Il Barone sorrise soddisfatto all’apparire della Regina delle Serpi, ma quella stessa espressione felice scomparve appena il cavaliere di tale oggetto di ammirazione le porse la mano al fondo delle scale: Terry Steeval, Corvonero.

Digrignò i denti in direzione del moro, che, invece, sorrideva a tutti, in qualche modo fiero di essere riuscito a invitare una dama tanto bella, anche se insopportabilmente acida. Il Barone dovette fare un vero sforzo di volontà per non scagliarsi verso il ragazzo, che, ignaro, camminò con la bionda Serpe verso di loro, mentre tutti gli invitati commentavano l’apparizione dell’inattesa coppia.

Terry, tenendo per mano Daphne, sorrise in direzione dei due fantasmi e, mentre la Serpeverde scambiava due parole con il Barone, il suo cavaliere si rivolse sussurrando alla Dama: “Dunque? Qual è il premio?”

La Dama esitò. Aveva rimuginato tutta la settimana su come premiare Terry, ma alla fine si era arresa, e si era ripromessa di pensarci più tardi. Ora che se lo trovava davanti, tuttavia, doveva inventarsi qualcosa dal nulla.

Cercando di assumere un’espressione stupita e estasiata insieme, proruppe in esclamazioni.

“Ma giovanotto! Non è un premio abbastanza grande, questo? L’amore, è il premio, l’amore che ci sarà!”

Terry stupito, non disse una parola, ma mollò istintivamente la mano di Daphne. La bionda, che era stata per tutto il tempo ben attenta alla conversazione, digrignò i denti in un’espressione agguerrita.

“Mi scusi, sta scherzando, vero?”

“Ma no, caro figliolo, no! Pensa al valore dell’amicizia, della solidarietà delle Case! Non è un premio abbastanza grande, questo?” La Dama sperò con tutto il cuore che il suo sorriso non sembrasse troppo tirato.

Terry non aveva parole per esprimere tutto il suo disappunto, e sicuramente non voleva mettersi a urlare lì davanti a tutti. Guardò Daphne, che non diceva una parola, ma esprimeva tutta la sua rabbia attraverso il silenzio.

“Vuoi ballare?” Le propose Terry pensando che, in fondo, non aveva nulla da perdere. A parte la dignità e il naturale colorito della sua guancia, pensò un attimo dopo, rimpiangendo amaramente di averle proposto una cosa a cui una Serpeverde non si sarebbe mai abbassata.

Inaspettatamente, Daphne alzò le spalle, e sussurrò “va bene” con un mezzo sorriso.

I due si allontanarono, raggiungendo il resto degli studenti sulla pista da ballo, increduli per il loro stesso gesto.

La Dama, si sporse e sussurrò all’orecchio del Barone: “Ho vinto io.”

Il fantasma di Serpeverde tentò di controllare la rabbia, stringendo i pugni e mordendosi il labbro. Dopo un paio di minuti, riuscì a riprendere il controllo del suo respiro, e si voltò con la testa bassa verso la Corvonero al suo fianco.

“Complimenti. Cosa vuoi adesso?”

La Dama, sorpresa da tanta arrendevolezza, fece finta di pensarci su. Nei giorni precedenti, pregustando la vittoria, aveva escogitato ogni possibile punizione, ma niente le era sembrato adatto.

“Non lo so. Decidi pure tu la tua penitenza.” Disse, calma. In fondo, il Barone le faceva un po’ pena.

Il Barone rifletté per qualche secondo, poi sorrise malefico. “Direi che la peggiore punizione sarebbe ballare con te.” La sconfitta non aveva messo a tacere il suo sarcasmo.

La Dama sbarrò gli occhi, indignata. “Mi sembra di aver vinto, non perso. Ballare con te, sarebbe la peggior punizione per me.”

Il Barone scoppiò in una risata grottesca. “Invece ne saresti onorata, ammettilo.”

La Dama, se avesse potuto arrossire, l’avrebbe fatto. “Fammi il piacere. Non ballerei mai con te.”

“E perché mai?” Il fantasma di Serpeverde, ora, sembrava curioso e leggermente indignato.

“Perché puzzi.” Rispose lei, semplicemente.

Il Barone rimase qualche momento a bocca spalancata e occhi sbarrati. Gli aveva appena detto che lui, inimitabile e insuperabile fantasma di Serpeverde, puzzava?

“Cosa?” chiese, indispettito.

“Beh, sì. Insomma, forse non era il migliore modo di dirtelo, ma… tu puzzi. E parecchio direi. Ti porti sempre dietro ‘sta parrucca piena di forfora e ‘ste catene ossidate e sporche, che, per la carità, rendono bene l’idea di fantasma, ma non contribuiscono granché a mantenere l’igiene. E poi scommetto che sono secoli che non ti fai un bel bagno.”

Il Barone si prese qualche secondo per assimilare le parole della Dama, poi rispose, guardandola come se fosse effettivamente uscita di testa.

“I fantasmi non possono farsi il bagno. L’acqua ci passa attraverso!”

La Dama scosse la testa. “No, che dici. Esistono altri tipi di acqua, che possiamo usare anche noi. Non lo sapevi?”

“Ma fammi il piacere.” Bofonchiò il Serpeverde.

La Dama si avvicinò e con voce ammaliante sussurrò in modo che solo lui potesse sentire.

“Scommettiamo?”

 

Il Barone si avvicinò con aria sospettosa alla porta. Le indicazioni della Dama erano state piuttosto chiare: seconda porta a destra del quarto piano, e nella vasca la terza manopola da sinistra. Guardandosi attorno per controllare che nessuno lo vedesse, spinse la porta con una delicatezza che non gli si addiceva. Una volta entrato sigillò la porta alle sue spalle, e si addentrò per il luogo buio.

Con un incantesimo illuminò l’ambiente: il bagno era perfetto, candele si innalzavano a mezz’aria e un intenso profumo, personalizzato a seconda di chi ne usufruiva, permeava l’ambiente. Una musica dolce costituiva il sottofondo, e il tutto contribuiva a creare un’atmosfera rilassante che, malgrado il carattere burbero e malevolo, il Serpeverde apprezzava. Il fantasma si riscosse: non era venuto lì per perdersi in tali sciocchezze, ma aveva uno scopo preciso, ovvero dimostrare alla Dama che aveva torto, e che un fantasma non poteva fare il bagno.

Si avvicinò deciso alla vasca vuota e, completamente vestito, vi entrò. Svolazzò verso le varie manopole, stupendosi immediatamente per il loro numero spropositato.

“Terza manopola da sinistra…” sussurrò a se stesso, ricordando le istruzioni della Dama. Con un incantesimo, dal momento che non poteva usare le mani, la fece ruotare. Dai numerosi rubinetti fuoriuscì una sostanza grigiastra: non era acqua, ma era in tutto e per tutto simile alla stessa sostanza semi trasparente che costituiva il corpo dei fantasmi. Incredulo, allungò una mano verso un rubinetto e, incredibilmente, se la bagnò. Rimase a bocca aperta per qualche minuto, senza parole. Quando realizzò che la Dama aveva ragione, un’espressione rabbiosa e delusa gli si dipinse il viso, lasciandolo da solo a inveire contro i rubinetti. I fantasmi potevano farsi il bagno.

Maledizione. Ho perso di nuovo. Dama Grigia dei miei stivali.

 

 

Et voilà ;)

È una storiella, diciamo. Nulla di vagamente profondo o importante. Tuttavia ringrazio profondamente tutti coloro che hanno lasciato una recensione, quelli che hanno aggiunto la storia ai preferiti, alle seguite o alle storie da ricordare, ma più di tutti ringrazio mio fratello, che ha sghignazzato non meno del Barone Sanguinario mentre gli leggevo la storia nei miei momenti di confusione.

Insomma, grazie.

  
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