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– VASCHE E LECCA LECCA
“Ehi
Blaise.”
Un
ragazzo moro, alto e decisamente affascinante si voltò verso
Terry e gli
rivolse un ampio sorriso. Draco Malfoy, alla sua destra, rivolse al
Corvonero
una smorfia ben poco amichevole: tollerava malamente che il suo
migliore amico
avesse rapporti di amicizia con studenti di altre Case, soprattutto con
Mezzosangue. Blaise Zabini, tuttavia, non ci fece molto caso, e si
avviò verso
il Corvonero con le braccia spalancate.
“Terry!
Cosa ci fai qui? Credevo che avessi Incantesimi con i
Grifondoro…”
Il
Corvonero abbassò lo sguardo con un mezzo sorriso.
“Infatti. Sono qui per
chiederti un favore.”
“Chiedi
pure, amico.” Il sorriso invitante di Blaise
incoraggiò Terry: ancora oggi si
chiedeva perché quel ragazzo così amichevole e
cordiale fosse potuto finire a
Serpeverde.
“Sì,
ecco…” Terry era visibilmente imbarazzato. Maledetta
Dama Grigia e le sue stupide scommesse. “Posso
venire a Hogsmeade con voi,
Sabato?”
Il
sorriso sul viso di Blaise, così com’era venuto,
sparì. “Noi chi, Terry?”
chiese, insicuro di aver capito bene.
“Voi…
Serpeverde.” Terry sperò che il suolo lo
inghiottisse all’istante. Chiuse gli
occhi per un millesimo di secondo, ma quando li riaprì,
invece di trovare
terriccio, come aveva immaginato, vide Blaise che, perplesso, valutava
la sua
bizzarra richiesta.
Contro
ogni pronostico, Blaise tirò fuori nuovamente il suo
ineguagliabile sorriso.
“D’accordo. Ci vediamo Sabato.”
Fece
per andarsene, ma poi si girò nuovamente verso Terry, che
fissava la sua
schiena sorpreso e sollevato assieme.
“Posso
sapere perché vuoi venire con noi?” chiese il
moro, con sguardo indagatore.
Terry,
nella sua testa, aveva formulato una quantità tale di scuse
bizzarre e
assolutamente insensate che, in quel momento, si accavallarono tutte, e
dalla
sua bocca non ne uscì neanche una. Quasi consapevole che
nessuna possibile
spiegazione avrebbe potuto farlo apparire meno ridicolo, scosse il capo
e
sorrise debolmente verso l’amico.
“No.”
Blaise,
inaspettatamente, sorrise, ma questa volta l’espressione sul
suo volto non
esprimeva più allegria, bensì arguzia e un
po’ di malizia. Terry rabbrividì, e
comprese immediatamente perché l’amico si trovasse
in quella Casa.
“Spero
proprio di vederti, Sabato.”
Solitamente,
i fantasmi di Hogwarts non uscivano dalle mura del Castello. Era fin
troppo
comune che la gente non li notasse e passasse attraverso, con
spiacevoli
conseguenze. Inoltre, la maggior parte di loro era per definizione
assillata da
paure incontrastabili o da pigrizia cronica, dunque il problema
dell’uscire o
meno, la maggior parte delle volte, non si poneva neanche.
Quel
Sabato mattina, tuttavia, la Dama pose per la prima volta dopo
quattrocento
anni il naso fuori dalle spesse mura. Era il giorno del piano, della
sua ultima
possibilità di strappare la vittoria della scommessa al
Barone. Mentre si
dirigeva frettolosamente verso la strada principale del paesino, stando
attenta
a non incrociare nessuno, ripassò accuratamente il piano.
Era piuttosto
semplice: arrivati a Mielandia, Terry avrebbe dovuto recarsi in una
delle varie
stanze con Daphne Greengrass, regalarle un enorme lecca lecca a forma
di cuore
e chiederle di venire al ballo con lui. Alla Dama spettava il compito
di
chiudere con un incantesimo la stanza in cui i due ragazzi si sarebbero
trovati, e magari di consigliare a Terry il lecca lecca giusto. Il
Corvonero si
era opposto strenuamente all’intera faccenda del dolciume,
sostenendo che era
una cosa totalmente ridicola, ma lei era stata ferrea: niente come un
lecca
lecca a forma di cuore faceva capitolare il cuore di una ragazza. Ah,
se
qualcuno le avesse regalato un lecca lecca per San Valentino…
Queste
sue sdolcinate riflessioni furono interrotte dalla vista del gruppetto
di
Serpeverde che si avvicinava al negozio di dolci, e lei, pur sapendo di
essere
semi trasparente, e che probabilmente nessuno l’avrebbe
distinta dallo sfondo
innevato, si nascose dietro l’angolo della strada e li
osservò. Blaise Zabini,
Draco Malfoy, Pansy Parkinson e Daphne Greengrass erano accompagnati da
Terry
Steeval, e gli ultimi tre erano particolarmente assorti
dall’affascinante gara
a chi lo fissava con più disprezzo. Il premio per il
vincitore sarebbe
sicuramente andato a Malfoy, che guardava il Corvonero come si guarda
un
particolare tipo di lumaca bavosa.
“Perché
non entriamo?” propose il moro. Tre volti decisamente poco
cordiali li
rivolsero un’occhiata di biasimo. I Serpeverde non entravano,
generalmente, a
Mielandia: troppo zucchero.
“Perché
no?” rispose Blaise con un sorriso, apparentemente ignaro di
essersi messo così
in conflitto con i suoi compagni di Casa, che nonostante ciò
non fiatarono per
opporsi.
Terry
entrò insieme agli altri. Le sue mani erano sudate, e
continuava a lanciare
occhiate verso Daphne, che non gli aveva rivolto più di sei
parole, cinque
delle quali erano state “e tu chi diavolo sei?”
quando lo aveva visto arrivare,
prima che Blaise spiegasse a lei e agli altri che aveva invitato un
amico, quel
giorno, a uscire con loro.
Tutto
stava andando secondo quel ridicolo piano di quella pazza della Dama
Grigia.
Terry scosse la testa: ma come diavolo aveva fatto a mettersi in un
tale
pasticcio? Gemette silenziosamente, ma poi si fece coraggio: in una
mezzoretta
avrebbe perso la sua dignità e ci avrebbe guadagnato qualche
schiaffo, era
vero, ma almeno poi sarebbe stato libero di tornare alla sua vita, ben
lontano
da quell’assurda missione.
“Tieni.”
Qualcuno
gli sussurrò all’orecchio, mentre gli metteva
qualcosa fra le mani. Terry
sobbalzò, e digrignò i denti quando vide un
enorme lecca lecca a forma di cuore
fra le sue mani.
“Dama
Grigia! Mi ha spaventato.”
La
Dama ridacchiò, facendo scuotere il suo doppio mento.
“In fondo, sono o non
sono un fantasma? Ora vai. La Greengrass sta entrando in quella stanza.
Da
sola.”
Terry
mandò giù un po’ di saliva. Daphne
stava entrando in una piccola stanzetta,
dove si trovavano le più svariate caramelle e gli animali di
zucchero, senza
essere accompagnata da nessuno. Non appena il ragazzo vide i fluenti
capelli
della bionda scomparire dietro la porta si fece coraggio e la
seguì.
Davanti
a lui, Daphne stava osservando rapita una piccolo leone di glassa che
si stava
avventando contro un’antilope dello stesso materiale.
Entrambi i minuscoli
animali erano rinchiusi in una teca, e lei teneva una mano sul vetro,
fissandoli estasiata.
“Ora.”
Il
sussurro della Dama alle sue spalle lo fece sobbalzare. Quello era il
momento
giusto, in cui Daphne non sembrava per nulla aggressiva, e in cui forse
non
avrebbe rischiato di essere sbranato come la povera antilope di
zucchero.
“Ehi
Daphne! Cosa c’è qui dentro?” Pansy
Parkinson fece capolino dalla porta alle
spalle di Terry, mentre la Dama si nascose in tutta fretta e Terry si
girò,
facendo finta di essere interessato a una teca contenente farfalle di
cioccolato più che alla bella bionda.
La
Dama, vicino al ragazzo, che stava tentando di recuperare il suo
normale
battito cardiaco, scosse la testa, in un misto di rabbia e delusione.
“Se
stavi aspettando il momento giusto, era quello.”
Terry
sbuffò. Quella stupida messinscena era durata più
che abbastanza. Se la Dama
non era contenta, nonostante tutti gli sforzi che aveva fatto e stava
facendo,
non le avrebbe dato
ulteriori motivi di
delusione. Fece per uscire dalla porta, ma proprio in quel momento
Blaise
chiamò Pansy in un’altra stanza, con la scusa di
farle vedere dei folletti di
caramello che saltellavano vicino a un ruscello di cioccolato. In
quello stesso
istante, con una velocità di reazione che avrebbe fatto
invidia a un centometrista,
la Dama uscì, chiuse la porta e la sigillò con un
incantesimo, lasciando così
Terry in compagnia della terribile Serpe che avrebbe dovuto conquistare.
Oh,
diamine.
Terry
cercò di darsi un contegno. Era pur sempre un Corvonero, e
se era finito in quella
Casa significava che aveva un cervello, e che in qualche modo sapeva
farlo
funzionare.
Si
avvicinò alla teca che la Serpeverde stava ancora ammirando,
e si schiarì la
gola.
“Ehm
ehm.”
La
bionda alzò i scintillanti occhi verdi, guardandolo con
fastidio.
“Che
c’è?”
Era
lui che aveva caldo, o la temperatura si era effettivamente alzata?
Controllò
che il lecca lecca nelle sue mani non si fosse sciolto.
“Sai…
Io mi stavo chiedendo se… Vorresti per
caso…”
Terry
stava balbettando. Lui, il Corvonero più spigliato e arguto
della sua Casa,
stava balbettando di fronte a una ragazza che neanche gli piaceva, con
un
imbarazzante lecca lecca in mano.
“Oh,
ma chi voglio prendere in giro.” Scosse la testa e
posò il lecca lecca vicino
alla teca. “Non ti offendere, ma tu proprio non mi piaci. E
non ho alcuna
intenzione di portarti al ballo solo per compiacere una svalvolata
fantasma che
passa la sua eternità a fare stupide scommesse.”
Daphne
lo guardò come se fosse completamente fuori di testa, senza
capire una parola
di ciò che stava dicendo.
“Ma
sei impazzito?”
Terry
fece fatica a non scoppiare a ridere. “Scusami. È
che è tutto così strano…”
“Ma
si può sapere di che stai parlando?” La ragazza si
mise le mani sui fianchi,
sentendosi presa in giro.
“Hai
presente Anthony Goldstein e Michael Corner? I due Corvonero che ti
hanno
invitato al ballo le scorse settimane? Ecco, vedi, l’hanno
fatto per una
scommessa. La Dama Grigia ci ha costretti, per vincere contro il Barone
Sanguinario. Ora, come vedi, eccomi qui, l’ultimo candidato
che annuncia la sua
disfatta. Io mi ritiro.”
Appena
ebbe finito di pronunciare il suo discorso, Terry si rese conto che non
aveva
alcun senso per chi non fosse a conoscenza dell’intera
storia. Arrossì per
l’imbarazzo, e si rinchiuse nel più totale
silenzio.
Il
suono che seguì, tuttavia, lo stupì non poco. Una
risata argentina e squillante
riempì la stanza, talmente alta che il leone di zucchero
distolse per un attimo
l’attenzione dalla sua preda per spostarla sulla ragazza
bionda davanti alla
sua teca, che era piegata in due dalle risate.
“Una..
Una scommessa?” balbettò, fra una risata e
l’altra.
Terry,
incredulo, biascicò un sì, incerto su quale fosse
la risposta migliore. Si
sarebbe aspettato rabbia, indignazione e stupore, ma non sicuramente
una reazione
del genere.
“Voi
siete fuori.” Sussurrò Daphne, sollevando il busto
e respirando a pieni polmoni
per recuperare la calma.
Certo
che è strana,
pensò Terry. Tuttavia, se quella reazione l’aveva
sopreso, non era certamente
preparato a ciò che sarebbe seguito.
“Qual
è la ricompensa?” Daphne era tornata abbastanza
seria, anche se un sorriso si stagliava
sul suo perfetto volto.
Terry
esitò. Qual era il premio? Decise di essere sincero.
“Non lo so. La Dama ha
detto che sarebbe stato un gran premio, incredibile come la punizione
che ci
avrebbe dato se non ce l’avessimo fatta.”
Daphne
riflettè un momento, appoggiando le sue lunghe e curate dita
sul mento.
“Ci
sto. A patto di ricevere la metà del premio.”
Terry
rimase senza parole. Boccheggiando, squadrò la bionda,
incerto sulla verità
delle sue intenzioni. Di fianco al ragazzo, il leone di zucchero aveva
finalmente finito di mangiare la povera antilope, e adesso fissava i
due
giganteschi umani come se sapesse ciò che stava succedendo.
“Terry
Steeval, giusto?” Daphne gli si avvicinò un poco,
come per controllare che
avesse recuperato tutte le sue facoltà mentali.
“Facciamo così. Tu mi vieni a
prendere verso le sette. Metti una cravatta chiara, magari grigia o
argento,
perché il mio vestito è verde, e ho come il
sospetto che tu non abbia una
cravatta di quel colore.”
Terry,
che ancora non si era ripreso dalla sorpresa, la fissava come in
trance, senza
dire una parola.
Daphne,
accorgendosene, ghignò.
“Sarà
un piacere fare affari con te, Terry.”
La
Dama era letteralmente fuori di sé dalla gioia. Il meglio,
tuttavia, non era
ancora arrivato: quella sera, davanti a tutti, il Barone avrebbe dovuto
ammettere la propria disfatta, e allora la sua vittoria sarebbe stata
completa.
La Dama si rassettò il vestito e si aggiustò il
colletto di pizzo. Quando
finalmente fu pronta, uscì dalla Sala Comune di Corvonero e
si recò nella Sala
Grande.
Tutto
ciò che vide superò ampiamente le sue
aspettative: le decorazioni e i tavoli
erano perfetti, magia e eleganza trasudavano da ogni angolo, e i primi
invitati, rigorosamente in abito da sera, stavano già
arrivando. Il palco era
stato lasciato libero per i partecipanti al Torneo Tremaghi, che
avrebbero
aperto le danze.
Decisamente,
l’aria di attesa e eccitazione che permeava il luogo
contribuiva a rendere la
Dama ancor più emozionata. Svolazzò in lungo e in
largo per l’ampia Sala, alla
ricerca degli altri fantasmi. Si unì al Frate Grasso e a
Nick
Quasi-Senza-Testa, e insieme si appartarono in un angolo del soffitto,
in modo
da godersi meglio la visuale dell’apertura delle danze.
“Buonasera,
Signori.”
Il
Barone Sanguinario, con tutto il seguito di catene e boccoli, li
raggiunse. La
Dama fece del suo meglio per nascondere una ghigno soddisfatto: non
aveva
alcuna intenzione di svelare la sua vittoria, voleva che il Barone la
potesse
ammirare da sé.
“Quanto
manca all’apertura delle danze?” chiese il fantasma
di Serpeverde, guardandosi
attorno.
“Una
decina di minuti, direi.” Rispose pacato il Frate Grasso, con
voce annoiata.
“Perfetto.”
Mormorò il Barone, sfregandosi le mani. Sicuro di avere la
vittoria in pugno,
già pregustava il senso di superiorità che ne
sarebbe derivato.
I
quattro fantasmi aspettarono l’arrivo delle prime coppie, che
scendevano dalla
scala principale. Ron Weasley fece la sua comparsa con Padma Patil,
seguito da
sua sorella e Neville Paciock. Quando il Barone vide finalmente la
coppia reale
di Serpeverde, Draco Malfoy e Pansy Parkinson, fare la sua maestosa
entrata,
proruppe in un’esclamazione orgogliosa e soddisfatta.
Infine,
venne il tanto bramato momento, annunciato dalla vista di un drappo
verde che
faceva capolino dalle scale. La Dama trattenne il respiro, e
così fece il
Barone, che la guardò di sottecchi.
Un
centinaio di teste si voltarono verso la fulgida figura che stava
scendendo con
eleganza verso la Sala. Daphne Greengrass, fasciata in un costosissimo
abito
verde, camminava come una vera diva, in modo da mettere in risalto il
suo corpo
perfetto. I capelli biondi erano raccolti sulla nuca, il sorriso
perfido sembrava
emanare luce propria. Il Barone sorrise soddisfatto
all’apparire della Regina
delle Serpi, ma quella stessa espressione felice scomparve appena il
cavaliere
di tale oggetto di ammirazione le porse la mano al fondo delle scale:
Terry
Steeval, Corvonero.
Digrignò
i denti in direzione del moro, che, invece, sorrideva a tutti, in
qualche modo
fiero di essere riuscito a invitare una dama tanto bella, anche se
insopportabilmente acida. Il Barone dovette fare un vero sforzo di
volontà per
non scagliarsi verso il ragazzo, che, ignaro, camminò con la
bionda Serpe verso
di loro, mentre tutti gli invitati commentavano l’apparizione
dell’inattesa
coppia.
Terry,
tenendo per mano Daphne, sorrise in direzione dei due fantasmi e,
mentre la
Serpeverde scambiava due parole con il Barone, il suo cavaliere si
rivolse
sussurrando alla Dama: “Dunque? Qual è il
premio?”
La
Dama esitò. Aveva rimuginato tutta la settimana su come
premiare Terry, ma alla
fine si era arresa, e si era ripromessa di pensarci più
tardi. Ora che se lo trovava
davanti, tuttavia, doveva inventarsi qualcosa dal nulla.
Cercando
di assumere un’espressione stupita e estasiata insieme,
proruppe in
esclamazioni.
“Ma
giovanotto! Non è un premio abbastanza grande, questo?
L’amore, è il premio,
l’amore che ci sarà!”
Terry
stupito, non disse una parola, ma mollò istintivamente la
mano di Daphne. La
bionda, che era stata per tutto il tempo ben attenta alla
conversazione,
digrignò i denti in un’espressione agguerrita.
“Mi
scusi, sta scherzando, vero?”
“Ma
no, caro figliolo, no! Pensa al valore dell’amicizia, della
solidarietà delle
Case! Non è un premio abbastanza grande, questo?”
La Dama sperò con tutto il
cuore che il suo sorriso non sembrasse troppo tirato.
Terry
non aveva parole per esprimere tutto il suo disappunto, e sicuramente
non
voleva mettersi a urlare lì davanti a tutti.
Guardò Daphne, che non diceva una
parola, ma esprimeva tutta la sua rabbia attraverso il silenzio.
“Vuoi
ballare?” Le propose Terry pensando che, in fondo, non aveva
nulla da perdere.
A parte la dignità e il naturale colorito della sua guancia,
pensò un attimo
dopo, rimpiangendo amaramente di averle proposto una cosa a cui una
Serpeverde
non si sarebbe mai abbassata.
Inaspettatamente,
Daphne alzò le spalle, e sussurrò “va
bene” con un mezzo sorriso.
I
due si allontanarono, raggiungendo il resto degli studenti sulla pista
da
ballo, increduli per il loro stesso gesto.
La
Dama, si sporse e sussurrò all’orecchio del
Barone: “Ho vinto io.”
Il
fantasma di Serpeverde tentò di controllare la rabbia,
stringendo i pugni e
mordendosi il labbro. Dopo un paio di minuti, riuscì a
riprendere il controllo
del suo respiro, e si voltò con la testa bassa verso la
Corvonero al suo
fianco.
“Complimenti.
Cosa vuoi adesso?”
La
Dama, sorpresa da tanta arrendevolezza, fece finta di pensarci su. Nei
giorni
precedenti, pregustando la vittoria, aveva escogitato ogni possibile
punizione,
ma niente le era sembrato adatto.
“Non
lo so. Decidi pure tu la tua penitenza.” Disse, calma. In
fondo, il Barone le
faceva un po’ pena.
Il
Barone rifletté per qualche secondo, poi sorrise malefico.
“Direi che la
peggiore punizione sarebbe ballare con te.” La sconfitta non
aveva messo a
tacere il suo sarcasmo.
La
Dama sbarrò gli occhi, indignata. “Mi sembra di
aver vinto, non perso. Ballare
con te, sarebbe la peggior punizione per me.”
Il
Barone scoppiò in una risata grottesca. “Invece ne
saresti onorata, ammettilo.”
La
Dama, se avesse potuto arrossire, l’avrebbe fatto.
“Fammi il piacere. Non
ballerei mai con te.”
“E
perché mai?” Il fantasma di Serpeverde, ora,
sembrava curioso e leggermente
indignato.
“Perché
puzzi.” Rispose lei, semplicemente.
Il
Barone rimase qualche momento a bocca spalancata e occhi sbarrati. Gli aveva appena detto che lui, inimitabile
e insuperabile fantasma di Serpeverde, puzzava?
“Cosa?”
chiese, indispettito.
“Beh,
sì. Insomma, forse non era il migliore modo di dirtelo,
ma… tu puzzi. E
parecchio direi. Ti porti sempre dietro ‘sta parrucca piena
di forfora e ‘ste catene
ossidate e sporche, che, per la carità, rendono bene
l’idea di fantasma, ma non
contribuiscono granché a mantenere l’igiene. E poi
scommetto che sono secoli
che non ti fai un bel bagno.”
Il
Barone si prese qualche secondo per assimilare le parole della Dama,
poi
rispose, guardandola come se fosse effettivamente uscita di testa.
“I
fantasmi non possono farsi il bagno. L’acqua ci passa
attraverso!”
La
Dama scosse la testa. “No, che dici. Esistono altri tipi di
acqua, che possiamo
usare anche noi. Non lo sapevi?”
“Ma
fammi il piacere.” Bofonchiò il Serpeverde.
La
Dama si avvicinò e con voce ammaliante sussurrò
in modo che solo lui potesse
sentire.
“Scommettiamo?”
Il
Barone si avvicinò con aria sospettosa alla porta. Le
indicazioni della Dama
erano state piuttosto chiare: seconda porta a destra del quarto piano,
e nella
vasca la terza manopola da sinistra. Guardandosi attorno per
controllare che
nessuno lo vedesse, spinse la porta con una delicatezza che non gli si
addiceva. Una volta entrato sigillò la porta alle sue
spalle, e si addentrò per
il luogo buio.
Con
un incantesimo illuminò l’ambiente: il bagno era
perfetto, candele si
innalzavano a mezz’aria e un intenso profumo, personalizzato
a seconda di chi
ne usufruiva, permeava l’ambiente. Una musica dolce
costituiva il sottofondo, e
il tutto contribuiva a creare un’atmosfera rilassante che,
malgrado il
carattere burbero e malevolo, il Serpeverde apprezzava. Il fantasma si
riscosse: non era venuto lì per perdersi in tali
sciocchezze, ma aveva uno
scopo preciso, ovvero dimostrare alla Dama che aveva torto, e che un
fantasma
non poteva fare il bagno.
Si
avvicinò deciso alla vasca vuota e, completamente vestito,
vi entrò. Svolazzò
verso le varie manopole, stupendosi immediatamente per il loro numero
spropositato.
“Terza
manopola da sinistra…” sussurrò a se
stesso, ricordando le istruzioni della
Dama. Con un incantesimo, dal momento che non poteva usare le mani, la
fece
ruotare. Dai numerosi rubinetti fuoriuscì una sostanza
grigiastra: non era
acqua, ma era in tutto e per tutto simile alla stessa sostanza semi
trasparente
che costituiva il corpo dei fantasmi. Incredulo, allungò una
mano verso un
rubinetto e, incredibilmente, se la bagnò. Rimase a bocca
aperta per qualche
minuto, senza parole. Quando realizzò che la Dama aveva
ragione, un’espressione
rabbiosa e delusa gli si dipinse il viso, lasciandolo da solo a inveire
contro
i rubinetti. I fantasmi potevano farsi il bagno.
Maledizione.
Ho perso di nuovo.
Dama Grigia dei miei stivali.
Et
voilà ;)
È
una storiella, diciamo. Nulla di vagamente profondo o
importante. Tuttavia ringrazio profondamente tutti coloro che hanno
lasciato
una recensione, quelli che hanno aggiunto la storia ai preferiti, alle
seguite
o alle storie da ricordare, ma più di tutti ringrazio mio
fratello, che ha
sghignazzato non meno del Barone Sanguinario mentre gli leggevo la
storia nei
miei momenti di confusione.
Insomma,
grazie.