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Autore: SunriseNina    11/11/2011    4 recensioni
-Luna?-
-Sì?-
-Ma quindi io e te adesso stiamo… stiamo insieme, penso, no?- si dondolò avanti e indietro con le guance di un rosso vivo e quel maledetto nodo alla gola.
-Certo che adesso stiamo insieme, non vedi? Qui ci siamo solo tu ed io!- rispose lei.
-Non intendevo in quel senso!- Neville si tormentò i capelli con aria disperata –Volevo dire insieme inteso come fidanzati! Insieme, stare insieme, capisci? Essere fidanzati, ecco!- si torturava come suo solito le dita tremanti e sudate, spiccicando faticosamente parola.
Gli sorrise. Un sorriso dolce e felice, un sorriso che Neville amava più di qualsiasi altra cosa al mondo:-Sì, penso di sì. Tu che dici?-
-Secondo me sì- rispose, senza capire il senso di quel discorso.
-Allora dev’essere per forza così- affermò lei –Sì, siamo fidanzati. O come dici tu, stiamo insieme-.
-Adoro le tue fossette- disse a un certo punto Luna.
-Me lo avevi già detto- osservò lui, non per questo meno compiaciuto.
-No, quella volta ti ho detto che mi piacciono le fossette, in generale- puntualizzò lei con naturalezza –Ma era una piccola bugia. A me piacciono le tue, e basta-.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Neville Paciock | Coppie: Luna/Neville
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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-Ci troveranno?- chiese la sussurrata voce di Luna.
-No, non preoccuparti – la rassicurò Neville  -Sono passati già una decina di minuti, sarebbero già arrivati, ma per sicurezza propongo di rimanere qui ancora un po’- in realtà non aveva nessuna sicurezza, era molto irrequieto, ma non voleva che anche la ragazza fosse agitata.
-Uhm, sì- asserì Luna dallo sgabello su cui era seduta. Fissava con aria riflessiva e sconsolata i complicati disegni dei tappeti, gli occhi celesti che parevano frammenti di ghiaccio, freddi e lontani.
L’aula di Divinazione, inutilizzata da qualche giorno, era in uno stato caotico e disordinato, come una casa abbandonata nel bel mezzo di un trasloco frettoloso: tra i tavoli d’ebano erano abbandonate scatole in cui erano ammonticchiate sfere di cristallo coperte da un leggero velo di polvere. Neville congiunse le mani, senza capire come colmare quel silenzio tangibile e imbarazzante. Tutto in quell’aula gli ricordava i salotti delle amiche della nonna: bassi tavolini dalle grassocce gambe di legno coperte di intarsi, sgabelli foderati in velluto porpora, librerie e credenze dall’aria antica e sfarzosa stipate di libri e bricchi da tè, il camino le cui ceneri lasciavano ancora trasparire qualche vago ricordo del profumo degli incensi, i tappeti dai colori caldi e dai disegni complicati e dettagliati. Dalla esorbitante altezza a cui si trovavano, vedevano la pianura con i boschi di latifoglie mescolarsi a delle basse colline fino all’orizzonte; il sole primaverile era coperto da nuvole di un bianco spento.
Neville si avvicinò a Luna titubante e si sedette su uno sgabello accanto a lei:-C’è qualcosa che non va, Luna?-
-Neville… tu…- la ragazza deglutì con fatica –Tu ti vergogni de tuoi genitori?-
Lui rimase spiazzato e senza fiato. Guardava il viso triste della ragazza senza sapere cosa dire o cosa pensare:-Ecco… io…-
Si vergognava? Era davvero questo?
Non voleva vergognarsi dei suoi genitori, lui voleva solo che fossero normali.
Non poteva vederli chiusi tutta la loro vita in quell’ospedale, attorniati di  medici; voleva avere una famiglia a cui aggrapparsi, una madre e un padre che sarebbero stati fieri di lui, che gli avrebbero voluto bene sempre e comunque.  Nessuno capiva il tremendo peso che gli creava incontrare gli occhi strabici del padre e non leggere in quelle pupille un segno di affetto o come minimo di riconoscimento del proprio figlio; i due erano chiusi nel loro mondo, oscurati e nascosti come una deformità del corpo, come una ferita o una cicatrice da non rivelare. Li nascondeva così perché se ne vergognava?
-I tuoi genitori erano dei grandi maghi. Non ti devi vergognare di loro- disse Luna aggrottando le sopracciglia. Neville sentì una rabbia insolita scoppiargli nelle viscere:-Facile parlare! È facile per tutti, quello!- il viso gli si arrossava e il tono di voce aumentava rapidamente –Ma non sei tu ad averli come genitori! Non sei tu a non avere il loro appoggio, il loro sostegno e il loro amore! Perché a me, non sono già abbastanza … insicuro e goffo senza che i miei genitori siano un peso e non un aiuto per crescere ?! Perché per me la faccia di mia mamma deve essere un incubo che mi perseguita di notte invece che una visione che da sollievo?! –
-Non dire questa cosa di tua madre- sibilò Luna.
Neville tacque, il collo teso e le mani tremanti: la ragazza lo guardava in un misto di supplica ed ira, sull’orlo di una crisi di lacrime:-Non dire queste cose su tua madre- disse con voce rotta dal pianto –Perché almeno lei… lei… lei c’è!- senza trattenersi ormai più, le lacrime le sgorgarono dagli occhi con l’impeto e la violenza di un fiume in piena –Tua madre è viva! Tua madre non è… non è…- iniziò a tossire come se stesse soffocando, intervallando gli accessi di tosse a dei singulti incontrollati.
-Luna, Luna! Calma!- Neville la abbracciò spaventato, senza sapere cosa fare per farla tranquillizzare; la ragazza affondò le unghie nelle sue braccia e il viso nel suo petto, smettendo poco a poco di tossire ma senza interrompere il suo pianto:-Io e mio padre… è difficile, sai, Neville? Senza di lei papà sembra aver perso un pezzo della sua anima… non mi capisce come faceva lei! E io volevo tanto che mia madre vedesse al mio matrimonio, me lo aveva promesso, diceva che avrei avuto un vestito bellissimo e i suoi orecchini a rapanello, che tutti avrebbero detto che ero bellissima e lei sarebbe stata così felice… E mi aveva promesso che un giorno avrebbe trovato con me un Ricciocorno e lo avremmo mostrato al mondo, io e lei, capisci? Lei ci credeva così tanto, e ora non potrà... Niente, non c’è più!-
 Le parole della ragazza fluivano rancorose e corrompevano il cuore di Neville fino a farlo dolorare e piangere a sua volta: non voleva vederla triste, non doveva essere triste, non era quella la Luna che conosceva, che amava:-Non devi piangere, non vorrebbe che tu piangessi, non vorrebbe…-
Luna tremava, senza riuscire a fermarsi:-I tuoi genitori ci sono… neanche loro vorrebbero che tu ti vergogni!-  il ragazzo si sentì affogare in un oceano di ricordi, di parole, di Natali in ospedale, fugaci immagini che gli apparivano in mente e lo trafiggevano come coltelli: le mani ossute della madre, le carte di caramelle, gli sguardi comprensivi e commiseranti delle infermiere, le sgridate di sua nonna, le lacrime di rabbia, le preghiere inutili.
Improvvisamente Luna alzò il viso verso di lui, ansante:-Neville!- esclamò –Tu non ti vergogni di me, vero?-
Il ragazzo fissò il viso della ragazza a pochi centimetri dal suo: le ciglia intrise di lacrime, gli occhi di cristallo gonfi e arrossati, le labbra tremule, ciuffi sottili e scombinati di capelli biondi che le ricadevano sulla fronte.
-No, Luna!- disse lui scuotendo il capo con foga –No, mai! Io non mi vergogno di te!- che domande, come avrebbe potuto, lui, vergognarsi di quella ragazza che ad ogni sorriso gli faceva letteralmente piroettare il cuore nel petto?
Eppure Luna sembrò totalmente stupita di quella risposta; una vita piena di diffidenza e insicurezza sembravano finalmente trovare un’ancora di salvezza, e quell’ancora era lui, Neville:-Prometti!-
-Io… cosa?- lui non capiva. Erano tremendamente vicini.
-Prometti!- la sua voce sembrava risalire da un pozzo, echeggiante, profonda e bramosa.
-Cosa devo promettere?!- chiese perplesso.
-Non lo so- disse lei con la sua disarmante sincerità –Promettimi quello che vuoi, perché so che manterrai la promessa, e questo… questo mi renderà la persona più felice del mondo, perché quando mantieni una promessa vuol dire che ci tieni, alla persona a cui hai giurato-.
-Oh, allora io… giuro solennemente di non mangiare mai e poi mai burro d’arachidi. Va bene?- rise debolmente Neville.
Le guance ancora umide di Luna vennero solcate da un sorriso radioso:-Sei fantastico! Spero solo che resisterai alla tentazione, il burro di arachidi è delizioso…-
I loro visi ormai si sfioravano; Luna, senza che il ragazzo se ne accorgesse, aveva avanzato con le ginocchia sulle sue cosce e infine si era seduta su di esse. Lei socchiuse gli occhi e infranse quei pochi centimetri che  separavano le loro bocche; Neville le cingeva i fianchi con le mani e, in un impeto incontrollabile, aveva fatto sgusciare le dita sotto il mantello della divisa della Corvonero, fino a sentire la pelle della schiena della ragazza sotto i polpastrelli. Luna rabbrividì a quel contatto con le mani gelide del ragazzo e, come per vendicarsi di quel gesto avventato, infilò le sottili e altrettanto fredde dita sotto la maglietta di Neville fino a raggiungergli con le unghie il petto. Tracciava le linee della gabbia toracica come se il corpo del ragazzo fosse stata una mappa da imparare a menadito, come se avesse dovuto convincersi che quell’ancora di salvezza esisteva, non era un miraggio, ed era proprio il ragazzo che in quel momento la baciava con foga.
Neville sentiva un’emozione irrefrenabile invadergli il corpo: Luna era un universo che aveva sconvolto la sua vita con la potenza di un uragano, ed era come se stesse cercando di impossessarsi di quel cosmo misterioso che era la ragazza. I graffi leggeri che lasciavano le unghie di Luna sul suo petto lo facevano rabbrividire convulsamente, e mai, dico mai si era sentito meno cosciente e responsabile delle proprie azioni quando afferrò la larga maglia di lino della ragazza e gliela sfilò dalle braccia e dalla testa con irruenza; la divisa e la stessa maglia color della paglia vennero abbandonate in terra, rivoltate. Luna in un primo momento rimase a guardarlo con gli occhi sbarrati e dei ciuffi scomposti di capelli che le ricadevano disordinatamente davanti al viso, la bocca aperta in un’espressione incredula. Neville sembrò riprendere coscienza e, pieno d’imbarazzo, era quasi sul punto di scusarsi con la ragazza, che era vestita solo da un reggiseno verde mela, ma lei abbandonò presto quell’espressione stupita e gli si avventò addosso, obbligandolo a fare lo stesso: gli sfilò cardigan e divisa, poi iniziò a sbottonargli la camicia così violentemente che lui disse, preoccupato:-Attenta, si rompono i bottoni!-
Luna non lo ascoltò, slacciò l’ultimo bottone e lo ridusse a torso nudo, guardandolo con la bocca storta in un ghigno vendicativo. Sembrava pensare:”Come si sta nudi come un verme, caro signor Paciock?”
Neville sentì il fresco dell’ambiente attaccarglisi alla pelle e intirizzirlo da capo a piedi; scosso dai brividi, si aggrappò a Luna, ma insieme persero il loro precario equilibrio che li reggeva su quel piccolo sgabello. Neville cadde di schiena, schiacciato sotto la ragazza:-Ouch!- mugolò.
-Ti sei fatto male?!-
-No, niente…- disse lui, massaggiandosi la testa. Sotto la schiena nuda sentiva le folte setole dei tappeto graffiarlo e sfregare contro di essa fastidiosamente; la ragazza era letteralmente sdraiata sopra di lui, e si reggeva da terra con i gomiti appoggiati al pavimento. Il viso di Luna sovrastava il suo, e le punte dei suoi capelli gli sfioravano le spalle: sentiva il corpo della ragazza pressato al suo, e una sensazione elettrizzante lo invase facendolo fremere e arrossire. Lentamente, evitando le braccia della ragazza saldamente ferme a terra, fece scivolare le mani lungo la sua schiena, seguendo il bordo ricamato del reggiseno con le dita fino a quando non si congiunsero.
“Non farlo, Neville” si disse “E’ come quella notte nel bagno, anzi, peggio! Non fare gesti avventati!”
Ma non poteva resistere, non poteva opporsi: si sentiva trascinato da sensazioni travolgenti mai provate, e non poteva interrompere quel flusso prorompente di emozioni. Pochi secondi, un veloce movimento (“Lo hai già fatto, concentrati: ora è solo al contrario” si ripeté concentrato) e l’indumento si staccò dalla pelle candida di Luna, lasciandola a torso nudo.
Il tempo sembrò rallentare, scandito dai lenti sospiri di Luna che le alzavano e abbassavano il petto.
La ragazza si abbandonò sul ragazzo, senza più cercare di frapporre una distanza fra i loro corpi: Neville sentiva i minuti seni premuti contro le costole, le pance sfiorarsi ad ogni respiro.  Luna aveva il mento sulla spalla e la fronte appoggiata sul tappeto, i capelli che si diramavano sopra i ricami, sul viso e sul collo di Neville; il ragazzo la sentiva deglutire con fatica e ansia.
-Luna?-
-Sì?- disse lei, la voce tentennante colma di una nota stonata.
Neville si sentì improvvisamente e terribilmente in colpa: quelle che stava saggiando con le mani non erano le morbide e curve di una donna matura, ma l’esile corpo di una ragazzina dalla pelle pallida e vellutata come quella di un neonato. Lo investì la vergogna, la paura, l’inquietudine:-Scusami- disse, cercando di alzarsi –Scusami Luna. Se non sei… se non ti senti…-
Lei lo guardava mordendosi il labbro; sul viso si leggevano i contrastanti impulsi di sciogliere quell’abbraccio o di approfondirlo.
Tutto quello che era accaduto in quell’anno passò davanti agli occhi di Neville: mesi a guardarla, a desiderarla, a stupirsi di una sua carezza, a tormentarsi per quella mano che, durante una fredda giornata invernale, aveva oscillato a pochi centimetri dalla sua… Quella stessa mano con cui Luna si stava sistemando i le fluenti ciocche bionde dietro le orecchie.
Non poteva più lasciarla scappare.
La baciò, come per portarle via ogni incertezza; intrecciavano le lingue e si muovevano convulsamente: affogavano entrambi nella più sconosciuta e impetuosa passione.
Lasciò le labbra e la baciò sul collo, sulle spalle, sui seni cerei e turgidi, assaggiando il gusto inebriante della sua pelle con voracità.
Sentì le unghie di Luna scorrergli lungo la vita e giocargli con il bordo dei pantaloni, fredde e provocanti: il cuore gli batteva fino a fargli male. Luna sbottonò i jeans e ne aprì la cerniera con un colpo secco, poi lasciò scivolare la mano sotto il tessuto elastico dei boxer color cenere del ragazzo. Neville sentì il respiro mancare, i polmoni disintegrarsi e i pensieri caotici defluire dalla mente per dar spazio solo ad un immenso piacere, che accompagnava i movimenti delle sottili dita della ragazza, inesperte ma determinate: sembrava voler dimostrare a lui e a sé stessa che ne era capace, che poteva farlo diventar suo, che poteva fargli scorrere per la schiena dei brividi eccitati. Con quel poco di ragione e autocontrollo che rimanevano al ragazzo, allungò le mani sotto la larga gonna verde, sulle morbide natiche di Luna e sulle cosce; ne scopriva con gusto la tenerezza, cedevole alle sensuali provocazioni della ragazza.
 A quel punto, Neville disse, con voce roca e intrisa di desiderio:-Luna. Ti amo-.
Improvvisamente la stanza intorno a loro scomparì, fino a quando la realtà non divennero solo loro due, persi uno nell’altro. Ansimanti, spaventati e al contempo straripanti d’amore, i contorni dei corpi che si offuscavano e si univano; gemiti soffocati, volti coperti di spiazzante piacere.
Si amavano, nascosti tra tavolini abbandonati e tra i polverosi sgabelli foderati di velluto porpora; si scoprivano per la prima volta, le mani di Neville sui fianchi nudi di Luna, le unghie di lei che gli graffiavano la schiena.
Si amavano, ingenui, denudati e disarmati; uno non poteva far a meno dall’altro, e viceversa, in un interminabile bisogno di sentimento e di sicurezza, come se quei baci, quelle carezze, quegli boccheggi significassero “Non lasciarmi, io non lo farò”.
Si abbandonarono in terra, tremanti e stanchi. Inspiravano profondamente, con gli occhi spalancati. Si guardavano, uno accanto all’altro, le mani intrecciate.
-Fa freddo- disse Luna, con semplicità; i suoi occhi erano umidi. Neville annuì, si alzò e si rimise in fretta e furia i vestiti abbandonati sul pavimento, scosso dal freddo; quando si girò, allacciandosi la camicia, vide che la ragazza si era raggomitolata in terra, rivestita solo della gonna e del reggiseno. Stringeva nel pugno chiuso la maglietta, il mento appoggiato sulle ginocchia congiunte, lo sguardo fisso sul pavimento.
-Luna- Neville le si avvicinò preoccupato –C’è qualcosa che non va?-
Lei deglutì, senza rispondere; il ragazzo si sedette accanto a lei, le passò il braccio intorno alle spalle e la strinse al petto:-Ti ho… ti ho fatto male?- era imbarazzato come non mai, si sentiva colpevole.
La ragazza mosse lievemente la testa, e il ragazzo la strinse ancor di più nel suo abbraccio: al che, la ragazza sussurrò:-Sei un ragazzo fantastico, Neville. Sono fortunata a stare con te. Sei così premuroso, e…- non trovando più le parole, si limitò ad accoccolarsi tra le braccia del ragazzo.
-Sai, Luna- disse lui –Ricorderemo questo giorno per sempre. Io mi ricorderò per sempre di te. Forse non saremo insieme, ma non lascerò mai che il tuo ricordo, il ricordo di questo posto, si perda-.
Luna singhiozzava, con un debole ma dolce sorriso in viso:-Grazie-.
Rimasero lì per attimi, ore o anni, in un silenzio che non aveva bisogno di essere colmato di parole, a rimirare il sole che avanzava per il cielo oltre la finestra o l’aspetto mistico dei materiali di Divinazione. Neville passava le dita tra i morbidi capelli di Luna, sentendosi la persona più fortunata del mondo. Lui, che si era sempre sentito un reietto, il misero sfondo delle glorie altrui, in quel momento aveva tutto quello che desiderava. Luna era la sua felicità.
-Neville, ora però ho davvero freddo- disse la ragazza, sfregandosi le braccia.
-Oh!- disse lui, sciogliendo l’abbraccio imbarazzato –Scusa, è vero, sei ancora senza maglietta…-
Lei annuì con un sorriso e finì di vestirsi:-Ma che ore saranno?-
-Oddio!- esclamò lui, riprendendo improvvisamente la concezione del tempo – Muoviamoci, andiamo nelle nostre sale comuni! Si chiederanno tutti dove siamo!-
-Tu, forse- disse lei con incredibile serenità –Di solito i Corvonero quando entro si spostano ovunque io vada. Però è comodo: trovo sempre un tavolo libero!-
Neville, agitato, raccolse la divisa nera da terra, prese per mano Luna e scese attraverso la botola; corsero per il corridoio fino alle scale dove si dovevano dividere.
-Ci vediamo domani, allora?- chiese Luna con un sorriso radioso.
-Certo! Ti … ti vengo ad aspettare davanti alla sala dei Corvonero- disse lui.
-No, tanto sarò pronta prima io, e mi troverai davanti al dipinto della signora grassa prima che tu sia pronto!-
-Non ci giurare…- disse lui con un sorriso furbo.
-È così simpatica la signora grassa, sai? Parlo volentieri con i quadri, e lei in particolare è… Oddio, fermo! Fermo fermo fermo!-
-Cosa?!- esclamò Neville guardandosi intorno allarmato: i Serpeverde? La Umbridge? Li avevano trovati?!
Luna agitò con decisione la mano vicino al suo orecchio:-Via, orrido Gorgosprizzo! Lontano dal mio ragazzo!-
Neville rimase perplesso alcuni secondi, poi scoppiò in una risata incontrollata:-Non bisogna scherzare sui Gorgosprizzi, signor Paciock!- lo rimproverò Luna.
-Ah, Luna- disse lui –Sei… sei fantastica-.
-Grazie- disse lei con un cenno del capo –Ora è meglio che vada! Ciao!- sgattaiolò per il corridoio alla loro destra, stringendo tra le mani il fagotto nerastro della divisa della scuola.
Neville continuò fino alla sua Sala Comune con un sorriso ebete sul viso; appena entrato, pochi nella massa di ragazzi chiacchieranti lo notarono: solo una figura correva verso di lui con la furia di un uragano. Una figura da una svolazzante e scomposta chioma rosso fuoco.
-Neville! Dove eri finito?! Avevamo paura che la Umbridge ti avesse preso!- esclamò Ginny –Eravamo preoccupati e non potevamo neanche venire a cercarti perché quegli avvoltoi dei Serpeverde continuavano a marciare per i corridoi, cavolo! È successo un casino, Neville! Silente è andato via, è tutto assurdo, e… Oddio che spavento!-
-No, no, sto bene- disse lui –Ero nascosto con Luna, abbiamo aspettato nel caso fossero ancora in giro, sai, tutti quei Serpeverde…-
Ginny lo guardò qualche secondo, spalancò gli occhi e poi scoppiò a ridere:-Fatto di niente di particolare?- disse con un largo sorriso.
-Eh? No, che dici?!- disse arrossendo violentemente.
Lei, senza smettere di ridere, gli disse:-Certo, Neville, ma se vuoi darla a bere anche agli altri forse sarebbe meglio non portarsi dietro quella divisa Corvonero… non solo è femminile, ma è anche minuscola per te!-
Neville non capì, poi osservò meglio il fagotto che aveva tra le mani: Il mantello recava il ricamo dello stemma dei Corvonero.
-Sì, ecco, hai ragione…- disse lui, assumendo il colorito di una mela matura.
Ginny rise ancora, gli ammiccò, poi si diresse verso qualche amica del quarto anno.
Il ragazzo sospirò e si abbandonò su una poltrona vuota. Le fiamme scoppiettavano danzanti e ipnotiche davanti agli occhi del giovane Grifondoro. Era stata una giornata incredibile.
“Se Dean e Seamus sapessero!” questo buffo pensiero gli fece sbocciare un sorriso sulle labbra che lo accompagnò in dormitorio e sotto le coperte, fino a quando non si addormentò.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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Spazio autrice: SI’, è da un casino che non aggiorno questa Fic ;__;
Spero vi piaccia questo capitolo >.< e la prossima volta cercherò di non ritardare quanto questa.
:3
 
Nina.
   
 
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