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Autore: Lady Moonlight    21/11/2011    3 recensioni
La giovane Freya Gadamath non conosce quasi nulla di faccende che riguardano Vampiri, Fate, Unicorni ed altri esseri sovrannaturali. Trascorre la sua vita praticando la professione di Guaritrice, cercando di aiutare la gente bisognosa.
Tutto cambia quando il vescovo di Shang la dichiara una strega, condannandola al rogo. Prima che la cerimonia della sua morte abbia inizio, però, un avvenimento improvviso cambia le sorti del suo destino.
Freya avrà salva la vita solo se adempirà al compito che il vescovo le ha assegnato.
Ma lei non ha idea di quanto quell'incarico sia complesso, soprattutto se la questione riguarda un Angelo precipitato dall'Eden.
[Le tenebre dei suoi occhi si fecero più confuse e più minacciose. Respirò, sapendo che ogni boccata d'aria poteva rivelarsi l'ultima, per lei.
Poi la voce assunse sfumature più incerte, quasi avesse intuito la paura che, ora, animava la sua vittima. Sembrava che si stesse gustando il momento, meditando su quale fosse l'istante più ideale per sopprimere definitivamente la preda.
Quando, infine, le tenebre giunsero fino a lei e per lei, la ragazza comprese che il suo destino era sempre stato quello... fin da quando quel gioco aveva avuto inizio.]

Seguito di: Contratto di Sangue-L'ombra del principio
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Contratto di Sangue'
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02

The Gates of Eden

 

 


Mentre veniva gettata malamente in una delle tante celle dei sotterranei della fortezza, Freya si sentì debole ed impotente. Aveva sempre saputo che la forza non doveva cercarla nei muscoli e nelle armi, ma venire tratta allo stesso modo di un comune delinquente le fece provare una rabbia mai sperimentata in precedenza.
Aveva dedicato la vita a proteggere e a salvare le persone, attraverso le possibilità che il suo lavoro di Guaritrice permetteva.
Aveva aiutato a nascere decine di bambini ed aveva visto morire alla stessa velocità centinaia di individui.
Aggrappandosi ad una sporgenza nel muro, per impedirsi di cadere a terra, rivolse un'occhiata piena di disprezzo alle guardie che l'avevano condotta in quel luogo buoi ed umido.
Ufrhin. Era lui la causa di tutto quello che stava accadendo in quelle regioni. Un vescovo privo di morale che nell'ultimo periodo sembrava aver perso completamente la ragione. E, poi, naturalmente c'era la stella comparsa in quella notte ghiacciata.
Con passo insicuro si spostò nell'angolo più buio della prigione e si rannicchiò su se stessa. La testa le pulsava furiosamente e Freya non aveva altro desiderio che lasciarsi scivolare nel sonno. Il silenzio della sua mente avrebbe avuto un effetto rassicurante.
Infreddolita storse il naso, avvertendo lo sgradevole odore che proveniva nelle vicinanze delle altre celle. Alcune torce, poste lungo il corridoio esterno, illuminavano i volti di alcuni prigionieri che le mostravano la loro dentatura sorridente. Freya provò un moto di ribrezzo e di compassione per quelle povere anime che non sembravano consapevoli del fato che le aspettava.
Perché esisteva solo un destino che Ufrhin concedeva ai traditori e agli affamati: morte. Poco importava delle accuse o dei crimini che avevano o non avevano commesso.
Un anziano che poteva essere anche suo nonno, la guardava con due occhi giallognoli e gli angoli della bocca rivolti all'insù, in un espressione quasi curiosa.
Seduto su una coperta lercia di sudore ed altri fluidi corporei, si avvicinò strisciando alle sbarre che li separavano. Quando le sue dita si posarono sul metallo, tremarono e lo lasciarono poco dopo.
"I cancelli..." blaterò in preda ad una sorta di agitazione interiore.
"Come dite?" domandò la ragazza con tutta l'educazione possibile. Provava un moto di tenerezza, quanto di repulsione per quel vecchio che sembrava prossimo alla morte.
"I cancelli sono stati aperti." riprese a parlare l'anziano, che si era alzato sulle gambe ed osservava la Guaritrice dall'alto verso il basso.
"Mi dispiace. Non comprendo ciò che volete dirmi." rispose dispiaciuta, sollevandosi anche lei in piedi, ma tenendosi comunque a distanza.
"I cancelli dell'Eden." ansimò. "I cancelli sono stati aperti. L'ira dell'angelo ci colpirà tutti!" esclamò.
Freya sospirò, mentre comprensiva si disse che l'uomo soffriva di un qualche tipo d'allucinazione. Era abbastanza normale che un uomo tenuto in vita a quelle condizioni, finisse prima o poi, con il perdere il senno. O forse era semplicemente l'età troppo avanzata ed il dolore che lo facevano delirare.
"L'angelo spalancherà le sue ali e noi potremo osservare il manifestarsi della sua ira. Salverà questo mondo dal suo più antico nemico." proseguì l'uomo. "I cancelli sono stati aperti. Le porte hanno rivelato la via. I cancelli sono stati aperti..." L'anziano tornò nel suo giaciglio, continuando a mormorare quelle parole e Freya si rilassò un poco quando lo vide chiudersi a palla su se stesso.
Sentirlo parlare mentre la fissava con quelle gelatinose iridi malaticce le aveva messo una strana ansia addosso, di cui non riusciva a liberarsi.
Solo in un secondo momento, quando fu certa che nessun carcerato le prestava più attenzione si permise di sospirare.
All'improvviso si rese conto che aveva già sentito nominare da qualche parte la parola Eden, ma poiché non era una seguace dell'Antica Religione, non aveva la più pallida idea di come collegare quel nome all'espressione "angelo", sempre menzionata dal prigioniero.
Alla fine esausta e angosciata per il trattamento che le avrebbe riservato il vescovo si lasciò scivolare in un sonno senza sogni.

 

 

La luce del sole non arrivava in quei luoghi sotterranei della fortezza, dunque quando Freya si svegliò non seppe dire se fosse già giorno o ancora notte fonda. Avendo tuttavia l'abitudine di svegliarsi all'alba, si chiese se anche in quell'occasione il suo corpo avesse rispettato quella consuetudine. Più stanca di quanto fosse prima di addormentarsi, si mise in piedi e fece qualche passo nello spazio angusto che le permetteva la prigione.
Si sentiva i muscoli indolenzite e l'umidità di quel luogo le era entrata fin nelle ossa. Una macchia di muffe e licheni sembrava osservarla dal soffitto e Freya fu pronta a giurare che la sera precedente non v'era.
Dando una scrollata alle spalle, ispezionò con poco entusiasmo quella parte di sotterranei della fortezza. Le sbarre erano arrugginite a causa del tempo e dell'umidità e Freya si assicurò bene di non sfiorarle neanche con un dito. Non voleva rischiare di prendere alcun tipo di malattia in quel posto.
Resasi conto dei suoi stessi pensieri si lasciò andare ad una risata isterica. Cercare di non ammalarsi? Se anche ci fosse riuscita, la sua vita sarebbe stata comunque distrutta in breve tempo dal fuoco purificatore del vescovo.
Malgrado la consapevolezza che sarebbe morta i suoi occhi non accennarono a voler versare delle lacrime.
"Silenzio!" tuonò una guardia nella sua direzione. Aveva il volto coperto ed in mano reggeva una lancia che culminava con una punta scarlatta.
Freya si zittì immediatamente e tornò a guardare con poco interesse i licheni posizionati sopra la sua testa. Le sembrò che la macchia si fosse espansa rispetto a qualche attimo prima.
Si diede mentalmente della stupida e tornò a sedersi sul pavimento. All'improvviso le si ripresentò con violenza il ricordo del giorno precedente, quando il figlio del vescovo l'aveva afferrata e nei suoi deliri l'aveva chiamata angelo.
"Ridicolo." borbottò scuotendo la testa. Eppure, non le sembrava più una coincidenza il fatto che anche il vecchio della cella accanto alla sua aveva nominato quella strana storia sull'angelo e i cancelli dell'Eden.
Un rumore proveniente da dietro le sbarre la fece sobbalzare e la curiosità la spinse ad osservare ciò che stava accadendo. Una delle guardie le aveva fatto scivolare nella prigione un ciotola di metallo contenente una bluastra zuppa maleodorante.
Freya si avvicinò sospettosa alla pietanza e non appena avvertì il nauseante odore che emanava decise che l'avrebbe rispedita al mittente. Morire tra i tormenti provocati da cibo avariato non era nei suoi piani futuri.
I prigionieri di fronte a lei, invece, non si fecero alcuno scrupolo ed inghiottirono la
zuppa, quasi fosse stata la cosa migliore che avessero mai assaggiato nella loro esistenza.

"Non mangi?" le domandò il vecchio delirante della sera precedente.
Disgustata, Freya scosse energicamente la testa e fece scivolare la ciotola all'anziano. Si chiese quanto avrebbe potuto resistere in quelle condizioni, prima della sua condanna a morte.
Esitante si guardò le mani, ma immediatamente rialzò lo sguardo sull'uomo che aveva cominciato a rotolarsi a terra e ad emettere strani suoni strozzati.
"Veleno" sussurrò automaticamente, mentre una schiuma biancastra scivolava fuori dalla bocca del prigioniero.
Non aveva dubbi che il vecchio sarebbe morto da lì in pochi minuti. Grazie al suo potere non sbagliava mai una diagnosi.
Vi aveva fatto ricorso senza neanche rendersene conto ed era certa che se qualcuno l'avesse guardata in quel momento, al posto delle sue iridi verdi, avrebbe scorto delle pallide ametiste.
"Guardie!" gridò qualcuno tra i reclusi.
Un paio di soldati arrivarono di corsa, ma fecero appena in tempo a girare le chiavi nella serratura arrugginita che l'anziano crollò a terra senza più fiato.
Freya osservò l'ombra della sua anima che la scrutava con attenzione, poi così com'era apparsa, svani nelle tenebre di quel luogo.
La Guaritrice rimase per un lungo istante immobile in quella posizione. Vedere le anime dei morti le provocava sempre un piccolo trauma ed ogni volta le occorreva qualche minuto per riprendersi da quel macabro spettacolo che solo lei riusciva a scrutare.
La guardia, dall'altro lato della cella scosse il capo, segno che l'uomo era morto. Con estrema naturalezza, bisbigliò gli ultimi saluti all'orecchio del defunto, augurandogli un buon viaggio fino alle Case dei Morti, poi, mentre si alzava si fece il segno della croce.
In quell'istante Freya avrebbe voluto gridare che era stato utilizzato del veleno e che la vittima designata in verità appariva essere lei, tuttavia preferì rimanere in silenzio. Aveva imparato che non era mai saggio discutere con i soldati del vescovo Ufrhin.
"Portatelo via." ordinò qualcuno. Il cadavere fu sollevato di peso e trascinato all'esterno
della prigione.

Freya scosse la testa, sempre più confusa. Per quale assurdo motivo il vescovo aveva tentato di ucciderla? Ma era davvero stato lui, o qualcuno che voleva farle credere fosse così?
Tutta quella situazione non aveva senso. Stava accadendo qualcosa di insolito all'infuori di quella cella e se voleva sapere la verità doveva riuscire a trovare un modo per fuggire.
Qualcuno alle sue spalle sogghignò e la ragazza si voltò per vedere chi fosse. Era uno dei tanti prigionieri, il volto scavato dalla magrezza e gli occhi due cavità vuote. Chiunque fosse stato a strapparglieli sembrava essere stato consapevole di come doveva andare fatto quel lavoro. I bracci tremarono mentre si portava una mano alla bocca nel vano tentativo di tacere.
"State zitto." lo ammonì Freya. "È appena morto un uomo." proseguì stizzita.
"Qui ogni giorno muore un uomo." replicò l'altro divertito. "Le donne, invece, sono mercanzia rara." disse sputando.
Freya distolse lo sguardo. "Non dovreste trovare la cosa divertente." bisbigliò. "Anche voi potreste morire da un momento all'altro. Il vescovo potrebbe soddisfare uno dei suoi tanti capricci su di voi e non potrete farci nulla."
Lo sconosciuto smise improvvisamente di ridere e la fissò con le sue orbite vuote. La sua bocca si piegò in una smorfia infastidita e l'uomo mostrò i residui di un tatuaggio a forma di croce posto sul suo palmo.
"Lui non mi trova più divertente come un tempo." spiegò con una scrollata di spalle. "Preferisce dilettarsi con individui più giovani, e donne, a quanto pare."
"Da quanto siete qui?" trovò il coraggio di domandargli.
"Non saprei dirvelo con certezza. Non sono più in grado di distinguere il susseguirsi naturale delle stagioni, come avrete notato." aggiunse indicandosi il volto sfigurato. "Ma ditemi..." proseguì. "Com'è il mondo di questo periodo? È già venuta la primavera? Gli alberi sono in fiore e gli uccelli preparano i loro nidi?" domandò emozionato.
"L'inverno sta arrivando. I passeri hanno abbandonato queste terre e si dirigono al sud. I raccolti marciscono nei prati ed Ufrhin rimane rinchiuso al sicuro tra le mura del suo palazzo." osservò la Guaritrice. "Siete un uomo di Chiesa?" domandò esitante.
"Lo ero, almeno finché Ufrhin non ha rubato la mia identità." Freya lo osservò titubante. Alcuni prigionieri si erano avvicinati alle sbarre e anche loro stavano ascoltando la loro conversazione. "Naturalmente questa è una storia che il vescovo ha proibito di raccontare."
"Non capisco."
"Il vero nome dell'uomo che conosci come Ufrhin è Shaber. Più di vent'anni fa arrivò in questa città con un gruppo di mercenari e nel giro di un mese riuscì ad ottenere il rispetto e il timore degli abitanti. Conquistò la fortezza e dopo avermi chiuso in queste prigioni, rubò il mio nome, Ufrhin, e lasciò che gli altri lo conoscessero come tale. Proibì alle persone di raccontare la verità, pena la morte, e si insediò come nuovo vescovo di Shang. I ribelli che si opposero al suo potere vennero giustiziati nella piazza cittadina."
Dei mormori di assenso si sparsero nei sotterranei della fortezza.
"In seguito garantì ricchezza agli uomini che lo avevano appoggiato e povertà a tutti gli altri. Grazie al titolo che aveva ottenuto, Shaber riuscì ad entrare facilmente nelle grazie del Cancelliere e dell'Imperatore. Loro gli concessero piena libertà decisionale su Shang ed ora, dopo anni di soprusi, i cittadini stanno cominciando a ribellarsi alla sua autorità."
"Devo credere a questa storia?" obiettò Freya poco convinta.
"Dovresti" intervenne un altro uomo. "Perché è in parte merito tuo se ora nella città esiste un movimento che va contro il potere di Shaber."
Freya spalancò la bocca stupita e scosse energicamente la testa. "Io avrei fatto cosa?"
Si appoggiò con la schiena al muro e cercò di riflettere su quanto appena scoperto. Era dura credere che l'uomo che per anni aveva fatto cadere in un baratro la città di Shang fosse in realtà un mero impostore.
"Tutta questa vicenda è ridicola." esordì alla fine inclinando la testa di lato. "E se anche fosse vera non cambia nulla. Siamo rinchiusi nelle prigioni di Ufrhin..." disse sottolineando l'ultima parola. "Che questo sia il suo vero nome o no, attualmente non ha alcuna importanza." continuò amareggiata. "Se siete stato davvero un uomo di Chiesa allora spiegatemi che cosa sono i cancelli dell'Eden e come si possono collegare agli angeli."
Sul volto dell'uomo comparve un sorriso estasiato e si portò una mano alla testa come a voler richiamare degli antichi ricordi. Poi i piedi si mossero di qualche passo e si fermarono a pochi centimetri dalle sbarre.
"L'Eden, mia cara, è la patria degli angeli." spiegò incantato. "Ed è anche il luogo in cui tutto ha avuto inizio." fece una pausa. "Il luogo dove il mondo ha avuto origine."

 

 

 

Cartina aggiornata:

         

 

 

Mi spiace vedere che la storia non sta riscuotendo grande successo, ma credo che se continuerete a seguirla riuscirò a stupirvi!
Vorrei in oltre farvi sapere che al momento sono giù di morale a causa di un lutto che mi ha colpita, quindi mi scuso in anticipo se forse il capitolo non è ben riuscito.
Malgrado ciò continuerò a scrivere, per lui, che amava ascoltarmi mentre gli leggevo i capitoli. Io e lui abbiamo fatto una promessa che intendo mantenere, quindi temo che dovrete sopportare ancora a lungo la mia presenza sul sito! xD
Arrivederci!
By Cleo


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