🌟Iniziativa: Questa storia partecipa al contest “Halloween Party – La Grande Zucca” a cura di Fanwriter.it
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Per Erza, il rosso era un colore di vitale importanza.
Era il colore dei suoi capelli, quegli stessi capelli che le avevano dato un nome.
Per Erza, il rosso era il colore più bello di tutti.
Era il rosso che Erza incontrava ogni volta che lo guardava negli occhi, era rosso il simbolo della sua casa… erano rosse le lenzuola che adornavano il suo letto.

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La cosa che la stupì maggiormente fu che, poche settimane dopo, quando andarono tutti a casa sua per festeggiare Halloween, quelle stesse lenzuola color pece avevano assunto un tono più chiaro, per non parlare delle pareti del bagno dipinte di azzurro. Lì non riuscì a trattenersi dal chiedergli come mai stesse riarredando casa. La risposta che ricevette la lasciò senza parole.

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Un respiro soffocato, il vestito quasi strappato, un gemito.
Le scarpe vennero calciate sul pavimento senza ritegno, presto raggiunte dalla vaporosa coda da coniglio che fino a quel momento Ryo aveva esibito con grande dignità. Furono le candide lenzuola fresche di bucato ad accoglierli quando si gettarono sul letto, uniti in un bacio da mozzare il fiato.

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Dei mormorii indistinti la fecero sobbalzare e stringere di più alla figura accanto a sé, che ricambiò l'abbraccio con un lieve tremore; nessuna delle due osava staccare gli occhi dalla televisione.
I respiri irregolari alle loro spalle avvertivano della presenza degli inquilini dormienti, ma ciò non le rassicurava affatto.

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Dopotutto, perché mai nascondere il suo disappunto per la reazione del compagno?
L'altro doveva aver notato l'espressione sul suo viso poiché finse di tossire, per dissimulare quella che senza dubbio voleva essere una risata.

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I passi riecheggiavano leggeri nel silenzio delle mura mentre i tacchi degli stivaletti rossi passavano in rassegna ogni stanza, ognuna accuratamente decorata con zucche intagliate, pipistrelli di caramello, festoni e dolci ragnatele di zucchero.
Perona solo sapeva quanto ci aveva messo a preparare tutto, a decorare ogni singolo angolo di quell'immenso maniero in cui viveva da lì a qualche mese.

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Occuparsi di ripulire, trasportare e dare una degna sepoltura a quei cadaveri lo faceva tornare indietro nel tempo di almeno mezzo secolo. I cadaveri, dopotutto, erano una parte essenziale del suo essere.
Eppure, il concetto di casa non lo aveva mai assillato più del previsto; l’unica cosa che più si avvicinava a quel concetto erano le bare.

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Quando sua sorella si era offerta di fargli il trucco per la festa di Halloween aveva accettato solo per la profonda fiducia che aveva nei suoi confronti… ma ora iniziava seriamente a dubitare di aver fatto la scelta giusta. Come se non bastasse c’era pure lei.
“Oh, tesoro, credo che dovresti metterne un po’ anche qui” disse con voce calda e suadente, indicando un punto imprecisato sul viso del ragazzo.

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Alice non si era mai chiesta chi fosse, da dove venisse o come ci era finita lì dentro… era successo e basta; dopotutto, per quanto si fosse interrogata, non era mai riuscita a ricavarne nulla.
Però, da quando aveva incontrato Oz, il desiderio di ritrovare le sue memorie si era fatto più forte di prima.

[http://kurogane.wikia.com/wiki/Hiroto_Kurogane]
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Uno scontro uno a uno contro Shidou non se l’era aspettato quando Tsubame gli aveva parlato di uno “spettacolo” per intrattenere gli ospiti. Come se non bastasse, il ragazzo non sembrava intenzionato ad andarci leggerlo e Sayuri, quella volta, non lo avrebbe aiutato.
Si sentiva il corpo rigido e con quell’armatura sembrava di essere in una fornace, non sapeva come avrebbe retto a quello scontro.

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Però, quando Finnian passò sotto la finestra con in braccio una statua appena lucidata, non si era potuto trattenere oltre.
“Sebastian” chiamò, ostentando una certa calma, dopo aver poggiato la tazza di fine porcellana nel piattino “Mi sarebbe consentito sapere cosa sono… quelle?” domandò, una lieve nota irritata nella voce. Il maggiordomo aveva gettato un occhio in alto, verso l’attaccatura dei suoi capelli corvini, dove spuntavano un paio di lunghe corna rosse perfettamente intonate ai suoi occhi.

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La festa si stava consumando chiassosamente al piano di sotto ma nessuno dei due sembrò farci caso, nascosti nello sgabuzzino del secondo piano, quello in cui nessuno (a meno che non fosse un mago di Classe S) poteva accedere.
Ciò, stranamente, aumentava il loro desiderio di restarci.

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Okuda alle feste di Halloween non aveva mai partecipato, per lei che se ne stava sempre in disparte e non parlava quasi con nessuno, andare ad una festa era la peggio cosa che le poteva capitare.
L’unica cosa che si chiedeva in quel momento, difatti, era come se avesse fatto a farsi da Kayano ad andare a quella organizzata dalla scuola.
La cosa era che fossero tutti mascherati.

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Grell non era un semplice collega incontrato per caso durante un turno particolarmente intendo di lavoro, era stato con lui che aveva affrontato la sua prima raccolta* che lo aveva portato a diventare uno Shinigami a tutti gli effetti; era sempre con lui che si trovava immischiato, in un modo o nell’altro, ovunque e in qualsiasi momento. Sembrava che il destino non volesse tenerli separai troppo a lungo, una dimostrazione era quel viaggio inaspettato fino alla Germania di cui erano stati incaricati entrambi.

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Eppure Hiyori si era dimenticata come fosse avere una vita normale.
Oramai si era abituata a perdere il corpo un giorno sì e l’altro pure ed era più che sicura che la sua vita sarebbe stata vuota se non avesse parlato con un Dio almeno due volte al giorno.
Uno qualsiasi, non aveva preferenze: che fosse Ebisu, Kofuku, Bishamon o semplicemente Yato… beh, non che fosse così complicato parlare con Yato: lo aveva sempre tra i piedi.