Ma no sciocca, perché dovrei ucciderti ? Certo con tutta me stessa odio la coppia, ma è uno dei migliori capitoli che io abbia letto ! Poi dalla mia parte ho il fatto che * si lecca i canini già ricolmi di veleno * tu ti ricrederai, perché non puoi farmi provare i piaceri della vita, farmi innamorare cosi completamente e poi togliermi la felicità finalmente dopo tanto ritrovata, non puoi togliermi la mia unica ragione di vita ! Non amo Emmett e lo sai, come sai che Edward si distruggerebbe al solo sapere di aver perso quella sciacquetta di Isabella. Ho appena ritrovato mio fratello, già mi neghi l'amore facendomelo vedere felice fra le braccia di un altra, ti prego non portare via la felicità anche a mio fratello. ( Ti prego” lo implorai, guardandolo in quel mare di ambra. “Promettimi che non mi lascerai più sola, che avrò sempre mio fratello. Giuramelo!”.
“Te lo prometto, sorellina”.)
*Apre l' armadio e ne recupera fuori il suo cagnolino di peluches, poi va a ranicchiarsi al centro del letto sotto le coperte perdendosi in dolci, quanto dolorosi ricordi *
( QUA INIZIA UNA SFILZA DI MOMENTI RICOPIATI DALLA FAN FICTION CHE PIù MI HANNO COLPITO... TI AVVISO IN GIGANTE QUANDO FINISCE . )
- “Ti va di andare al luna park?” mi disse indicandomi un cartello, che segnalava la presenza di un piccolo parco di divertimenti a 500 metri da dove eravamo.
“Un luna park?! Mah…” mi lamentai. La proposta mi fece cadere le braccia; però ero anche conscia del fatto che non sapevamo dove andare e mi adeguai rassegnata. -
- Successe tutto in pochi secondi. Si voltò verso di me e, senza che avessi tempo di fare nulla, mi sollevò di peso. Cominciai a scalciare e ad agitarmi. Tenendomi per le gambe, si diresse verso le montagne russe. Lo colpii più volte nella schiena ma non servì assolutamente a nulla. Avrei potuto liberarmi utilizzando le mie doti di vampiro ma non davanti a una cinquantina di spettatori umani. Arrivati sui binari, mi rovesciò brutalmente dentro uno dei vagoncini.
“Sei impazzito?! Ti ho detto di no!” urlai.
Come se nulla fosse, entrò anche lui, spostandomi per farsi spazio. Tentai di scavalcarlo per uscire, ma mi trattenne. Passò anche il ragazzo che, trattenendo una risata, ritirò i biglietti. Erano due. Jacob aveva dunque pensato tutto fin dall’inizio!
Guardai la salita. No, era troppo per me. Non ce l’avrei mai fatta ad affrontare questo. Non sarei sicuramente morta, ma avevo troppa paura. Gli rivolsi uno sguardo spaventato.
“Ti prego Jacob, fammi scendere. E va bene, lo ammetto. Ho paura. Ti prego…” lo implorai. Ormai mancavano pochi secondi e poi sarebbe stato troppo tardi.
Si limitò a sbuffare e a farmi capire che la mia preghiera non stava sortendo alcun effetto.
“Non ce la faccio. Fammi scendere. Farò tutto quello che vuoi, ma non farmi questo!” continuai impaurita.
Appoggiò le sue dita sulla mia bocca. “Vinci la paura, Rose. Non è difficile, vedrai” mi sussurrò affettuosamente.
In quel momento calarono le protezioni.
Il trenino partì. -
- “Questo è il cagnolino di cui parlavi. Potrai amarlo senza desiderare di mangiarlo” ammiccò ridendo.
Sorrisi anch’io e diedi un bacio al peluche. Sarebbe stato un bel ricordo di questa giornata. -
- Era notte ma io vedevo tutto benissimo, come se fosse giorno. Chiusi gli occhi per perdere definitivamente quella sensazione che solo un vampiro poteva possedere. Il suo odore mi solleticò il naso: era diventato simile a un profumo. Indossava solo una maglietta. Non era freddo, e Jacob lo sentiva ancora meno di qualsiasi altro essere vivente. Lo abbracciai forte e sentii i suoi addominali perfetti disegnarsi sotto le mie mani. Le sue spalle mi proteggevano completamente dalle folate di vento. La sua schiena era larga e possente.
Sorrisi dentro di me -
- Mi sporsi verso di lui e lo baciai. Non per attrazione fisica, compassione o gratitudine, ma solo per conoscere la verità, per avere la conferma di ciò che sentivo. E la ottenni. Nell’accarezzargli le labbra gli ultimi dubbi si dissolsero. Provai un’emozione che andava ben oltre la solidarietà e la condivisione di angosce e paure. La sentii insinuarsi in ogni residua parte del mio corpo: aveva trovato un modo per entrare ed era tardi per opporsi al suo ingresso. Era una sensazione troppo intensa per sottrarvisi. Mi stava divorando e ne gioivo. Tutto quello che volevo era di fronte a me; tutto quello che volevo era poter restare sotto la sua luce, anche solo per un attimo.
Sarei rimasta per l’eternità in quella posizione: così avida delle sue labbra che non mi sarei staccata mai più. Ma non valeva lo stesso per lui. -
- " Anch’io nutro dei sentimenti, esattamente come tutte le altre persone. E provo qualcosa per te…” ammisi dolorosamente.
“Immagino… Come no?! Che cosa potrai mai provare, a parte odio, rancore, disprezzo? Il massimo che ti posso concedere è la gratitudine… Non arrivi più in là di questo”.
Il suo tono villano e strafottente mi fece imbestialire. E così gridai, con tutta la forza che avevo in corpo, ciò che la ragione mi stava supplicando di tenere per me:“Amore!!”... “Sa, altezza, che lei riesce sempre a stupirmi?!” esclamò, tra un profondo respiro e l’altro, cercando di riprendere il controllo.
“Ne sono felice” ribattei fiera.
“Io se fossi in te, neanche un po’… Non hai proprio idea di cosa sia l’equilibrio”.
“E tu nemmeno!”.
“Peccato che io non vado a sbandierare sentimenti che non provo per darmi importanza! Cosa dovrei pensare da quello che hai appena detto? Che sei invaghita di me? Quando fino a una settimana fa dicevi che volevi ammazzarmi? Ma fammi il piacere…”.
Questo era davvero troppo. Arretrai di qualche passo e feci per andarmene.
“Dove stai andando? Non ho finito”.
“Per quanto mi riguarda sì! Me ne torno da dove sono venuta e non mi vedrai mai più, contento? Addio” -
- “Ok, non importa. Tanto passerà presto. E’ solo una cotta. Due-tre settimane e sarà tutto come prima…” minimizzai forzatamente.
“Hai già fatto la diagnosi, dunque?” mi sorrise. Un sorriso morbido, affascinante e mi sentii morire.
Balbettai qualcosa che doveva essere un “sì” ma effettivamente non seppi mai cosa uscì dalla mia bocca. L’occhiata che mi aveva lanciato mi aveva mandato completamente in tilt e impiegai parecchi istanti a mettere a fuoco i suoi passi verso di me.
“Quindi anche a me passerà fra due settimane, dottore?” domandò, quando mi fu vicino.
“C-cosa?”.
“La cotta che ho per te” rispose semplicemente.
Pensai che mi stesse prendendo in giro, che volesse stritolare per bene ciò che restava del mio piccolo cuore. Rimasi imbambolata. Mi mise le mani sulle spalle e mi tirò a sé.
Ero talmente sconvolta che non riuscii a porre nemmeno un’obiezione, né a chiedere spiegazioni. Ma tutto fu chiaro quando il mio corpo iniziò a sentire il suo calore. Solo allora mi resi conto che mi stava abbracciando. Notai quanto delicata fosse la sua presa: dolce ma forte. Meravigliosa.
Mi sentii in paradiso tuttavia non contrassi un muscolo, come una bambola di pezza. Non volevo illudermi che non stesse giocando con me, non volevo fargli capire quanto avessi desiderato quel momento, e, vista la mia inerzia, mi lasciò andare.
“Non ti sto prendendo in giro, Rose” disse, come se avesse intuito le mie paure.
“Prima hai riso di me…” replicai confusa.
“Non ridevo di te, ma della situazione e del fatto che quel discorso avrei dovuto farlo io a te e non il contrario”.
“Ma tu hai detto che ti faccio schifo, che sono insopportabile, superficiale e…”.
“Stavo parlando di Rosalie Hale, non della mia Rose” si giustificò.
Lo fissai scettica, ripensando alle sue parole.
“La mia Rose è bellissima, dolce, sensibile e altruista. E’ una bambina fragile e insicura che si nasconde dietro a Rosalie Hale per difendersi dagli altri. E’ un po’ vanitosa, d’accordo, ma non si può avere la perfezione!” ridacchiò. Mi accarezzò i capelli teneramente. “E’ quella che vorrei mi abbracciasse adesso e non c’entra niente con Rosalie Hale” concluse.
Eseguii velocemente come se si fosse trattato di un ordine dato da un generale alle truppe, ma sicuramente i soldati non avrebbero ubbidito con il medesimo entusiasmo. Lo strinsi tanto forte, che protestò:”Mi vuoi soffocare, Rose?”.
“Scusami” risposi, allontanandomi prontamente.
“Ehi, dove vai? Ti ho detto solo di non stringere così forte. Ho ancora bisogno di respirare, al contrario di te…” -
-“Tutto ok?” mi domandò.
Seguirono lunghi attimi di silenzio e poi risposi con un debole flebito:“Ti amo”.
Mi sorrise e riprese a baciarmi.-
- “Che ti prende?”.
“Non so” balbettai. “Il fatto è che…”.
“Sì?”.
“Posso tenerti per mano?” domandai tutto d’un fiato.
“Uhm… Il noleggio della mano viene un dollaro al minuto” ridacchiò.
“Posso permettermelo!” conclusi. Jacob mi strinse la mano nella sua e continuammo a camminare. Non l’avevo mai preso per mano durante le nostre passeggiate: non perché non lo volessi ma perché pensavo che a lui avrebbe dato fastidio. Senza una motivazione, in realtà. Invece sembrava gradirlo. Quel piccolo gesto mi faceva sentire parte di lui e lui parte di me.
Il nostro ritorno alla moto divenne infinito e quasi senza rendercene colpo allungammo la strada di parecchio. Tutto merito di una mano… Stringerla era così bello. Sentirne il tepore e assaporarne l’energia.
Nonostante questo, troppo presto ci ritrovammo nel bosco tra Forks e La Push, dove finalmente ebbi il sospirato premio della mia vittoria a biliardo.
Quando le mie labbra si staccarono dalle sue, lo strinsi forte. Quello era il momento più crudele di ogni pomeriggio. Ogni volta mi dicevo che sarebbero passate meno di ventiquattro ore e poi lo avrei rivisto, ma era sempre e comunque una tortura.
“Mi manchi già…” esclamai mesta.
“Anche tu, Rose, ma vedrai che domani arriverà in fretta”.
“Lo so” convenni. “Però… C’è anche un’altra cosa”.
“Cosa?” mi domandò portandomi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
“E’ da una settimana che… Vorrei tanto che tu…”.
“Anche a me piacerebbe tanto ma i boschi sono troppo battuti in questo periodo… Se potessi uscire di notte, di sicuro non ci imbatteremmo in cacciatori, né tanto meno in escursionisti. Potremmo fare con più tranquillità” rispose, intuendo la mia richiesta.
“Lo sai che non posso. Riesco a malapena a uscire di giorno. Non riuscirei a trovare una scusa anche per la notte” mi lamentai, indietreggiando di qualche metro e appoggiandomi sconfitta ad un albero.
“Mi inventerò qualcosa…”.
“Ti voglio Jake, come quella notte a La Push. Ho bisogno di sentirti…” mi sfogai amareggiata.
“Ti ho già detto che ci penserò io. Non ti preoccupare” tentò di consolarmi. Lo baciai nuovamente e poi tornai verso casa. -
-“Vuoi accarezzarlo?” mi domandò Jake.
“No, non importa” tagliai corto e mi diressi verso casa sua. Mi prese per mano, trattenendomi.
“Aspetta, ha solo paura. Ci avviciniamo piano piano e vedrai che si farà toccare” mi rassicurò.
Avanzammo mano nella mano di qualche passo, ma Jerry continuava a ringhiare.
“Lasciamo perdere. Non vuole, è evidente…” cercai di convincerlo.
Jacob si inginocchiò e allungò una mano al cane. “Vieni Jerry, vieni da me. Non ti voglio fare del male, e neanche Rose. Vieni qua. Falle vedere quanto sei intelligente…”.
Il cane smise di ringhiare ma rimase immobile mentre Jacob seguitava a chiamarlo. Non capivo perché si fosse intestardito in questo modo. Per me non era importante accarezzarlo. O forse sì. Gli animali sentivano il mio odore, lo distinguevano, sapevano che eravamo cacciatori e per giunta molto più temibili di qualsiasi altro. Era quasi impossibile che la preda ci sfuggisse e ogni volta che passavamo nel bosco, si zittivano e tentavano inutilmente di nascondersi ai nostri sensi fin troppo sviluppati. Era naturale che Jerry mi volesse sfuggire.
Jacob mi tirò giù, vicino a sé e mi costrinse ad allungare la mano, suggerendomi tuttavia di tacere. E, contro tutte le leggi di natura, Jerry si incamminò guardingo verso di noi. Avanzò lentamente fino a che il suo muso non sfiorò la mano di Jake, che riuscì ad accarezzarlo. Il cane abbassò le orecchie e scodinzolò lievemente. Allungai le dita, con un movimento lento, e le affondai nel suo pelo folto. Mi rivolse la sua attenzione e mi fissò a lungo, poi si sedette vicino a noi. Presi a grattargli la zona sotto l’orecchio e notai essere un massaggio a lui gradito. Inclinò leggermente il muso e socchiuse gli occhi, abbandonandosi completamente al piacere di quel lieve sfrigolio. Ero stupefatta.
“Hai visto?” mi domandò Jacob.
Annuii e continuai ad accarezzarlo. Mi avvicinai di più e lui non scappò. Non aveva paura, anche se dovevo tutto alla presenza di Jake. Lo conosceva, sapeva che era un essere umano e per giunta suo “parente”, se così potevo definirlo. Se fossi stata da sola non sarebbe rimasto, né si sarebbe avvicinato, ma in fondo andava bene così. Da quando era avvenuta la trasformazione non ero mai riuscita a sfiorare un cane. Quella era la prima volta in ottant’anni.
Volsi il viso per ringraziare Jacob con un sorriso, ma solo allora mi accorsi che non era più inginocchiato vicino a me. Lo scoprii seduto su una panchina, dall’altra parte della strada, a una ventina di metri. Perché stava lì? Riportai la mia attenzione su Jerry che continuava a pascersi delle mie coccole.
Jake era lontano eppure Jerry restava. In quel momento toccai l’apice della gioia. Allora aveva capito che non gli avrei fatto del male, che ero diversa da ciò che sembravo! E io non desideravo mangiarlo, ma soltanto volergli bene come al cane che non avevo mai potuto avere. Com’ero lontana dalla mia condizione di vampiro. In poche settimane l’avevo sentita morire lentamente e ora sapevo che il conflitto era finito. Potevo avere ciò che desideravo, bastava soltanto che mi facessi capire e che mi scrollassi da dosso quell’insopportabile sensazione di autocommiserazione che mi aveva tormentato per anni. Potevo, no anzi, ero umana.
“Scusa, se ti disturbo, ma hai intenzione di passare il pomeriggio con Jerry? Guarda che è capace di stare qui a farsi accarezzare per un’ora buona…” mi disse Jake, improvvisamente alle mie spalle.
“Vedremo…” ridacchiai.
“Devo arguire che preferisci lui a me…” commentò sarcastico.
“Temo di sì. E’ adorabile. E poi è un tuo simile, non devi essere geloso!” sorrisi, non distogliendo lo sguardo dal cane.
“Ok. Messaggio ricevuto” commentò.
Lo accarezzai per un altro minuto circa poi Jake mi prese in braccio contro la mia volontà. Protestai vivacemente tanto che Jerry abbaiò. “Mi dispiace fratello” gli rispose Jacob con un ghigno. “Ma ora è il mio turno. Continuerete un’altra volta!”.
Risi mentre vidi Jerry andarsene infastidito. -
- “Non pensavo che fossi un fan di Jessica Alba!” lo sbeffeggiai.
“Che male c’è?! A quasi tutti i ragazzi piace. E’ bella!” commentò increspando le labbra.
Sbuffai. Era davvero bella, non potevo negarlo, e sapevo che la fauna maschile la apprezzava molto. Perfino a casa mia.
Jacob mise le mani sui miei fianchi e sussurrò:“Ho messo la sua foto perché non ne ho una tua. Me la ricordi tantissimo, anche se tu sei molto più bella…”. In un’altra situazione avrei pensato che mi stesse prendendo in giro, ma anche Alice mi aveva detto più volte che somigliavo a quell’attrice e per questo spesso mi truccava e mi pettinava come nei suoi film.
“Ti va di andare di là?” propose, affondando il viso nei miei capelli.
“Perché? Questa è camera tua…” protestai.
“Sì, ma il letto è minuscolo. Per dormirci devo stare rannicchiato e tu non sei certo piccola. Di là staremo più comodi. Ho anche cambiato le lenzuola…”.
Mi lasciai convincere anche se avrei preferito restare lì. Mi accompagnò fino alla fine del corridoio ed entrammo in quella che intuii essere stata la camera dei suoi genitori. Jacob si sedette subito sul letto matrimoniale, come se volesse farmi ammirare la morbidezza del materasso, mentre io rimasi in piedi. Mi sentivo a disagio, pensando che se Billy l’avesse saputo avrebbe torto il collo a suo figlio.
“Qualcosa non va?” domandò.
Mi affrettai a smentire, ma l’imbarazzo rimase. Mi prese per mano e mi tirò dolcemente a sé. Mi baciò affettuosamente e, come sempre quando ero in sua compagnia, dimenticai dov’ero. -
- “Cosa stai pensando? Si può sapere o è strettamente riservato?” mi domandò.
“Pensavo a quanto sono felice con te accanto. Vorrei che non finisse mai…”.
“Anch’io Rose. Ma se lo vuoi davvero, c’è un modo per non farlo finire mai” mormorò. Le parole che seguirono al suo silenzio non furono una sorpresa:“Non tornare a casa. Resta qui, con me…”. -
-“Davvero potresti aspettare fino ad allora?”.
“Sì, anche se, devo essere onesto, questa situazione mi è odiosa. Non mi piace fare l’amante…” ammise con una smorfia di disgusto.
“Non sei l’amante!” ribattei accigliata.
“E cosa sono allora, visto che il compagno ufficiale già ce l’hai?”.
Quella domanda mi spiazzò e non risposi.
“Non voglio dividerti con nessuno e invece sono costretto a farlo…” disse con una punta di acredine.
“Non mi dividi con nessuno” mi affrettai a chiarire.
“Mi prendi in giro?!”.
Mi sedetti vicino a lui, coprendomi il seno col lenzuolo. “Jake” sussurrai. “L’ultima volta che ho fatto l’amore con Emmett è stato la sera in cui tu ed io ci siamo incontrati in discoteca a Port Angeles. Dopo non abbiamo più fatto niente. Ci siamo baciati qualche volta, ma ormai sono svariate settimane che non mi faccio più nemmeno abbracciare. Non ce la faccio. Non riesco a concepire che qualcun altro, a parte te, mi tocchi. Adesso ti chiederai perché non lo lascio subito e ti rispondo che non lo so: forse per paura di una strada nuova, per abitudine, non ne ho idea. Però temo di essere innamorata di te…”.
“Davvero?” mi domandò serio.
“Credo di sì” ridacchiai.
“Allora sei messa male!!!” esclamò, sbeffeggiandomi.
Lo guardai imbronciata e lo picchiai per vendicarmi. Cominciò una piccola e infantile lotta sotto le lenzuola fino a che non mi ritrovai abbracciata a lui.
“Vorrei la verità…” mi disse grave. “Davvero non ti tocca?”.
“No” risposi laconica e con una decisione che non lasciava spazio a fraintendimenti. -
- “Ti avevo detto solo un pezzettino, non tutta la stecca!” mi sgridò amorevolmente.
Lo abbracciai forte forte. “Sono così felice…”.
Ricambiò il mio abbraccio, poi appoggiai la testa sulla sua spalla e mi immersi nei miei sogni ad occhi aperti, mentre scorrevano le immagini del film. -
- “Come va?” domandò.
Mi passai la lingua sulle labbra, desiderosa di averne ancora. Qualunque cosa fosse era squisita e mi faceva sentire meglio. A piccoli sorsi me ne diede ancora fino a che tutti i miei cinque sensi non ritornarono a pieno regime. Mi strinse la tazza fra le mani. “Ce la fai a bere da sola?”. Gli feci cenno di sì e buttai un’occhiata fugace sulla pozione miracolosa. Il liquido era rosso, rosso sangue. “Dove l’hai preso?” domandai, sconvolta.
“Non ti preoccupare. Bevi e basta”.
“Jerry…” intuii con voce lamentosa.
“Credi che lo ucciderei per te? Non ci penso proprio! Jerry sta benissimo. Bevi…”.
Non volevo dare spettacolo di me stessa, in questo modo, davanti a lui e a sua sorella ma quel sangue era davvero troppo invitante per rifiutare e purtroppo mi faceva stare meglio. Lo trangugiai avidamente tutto in un sorso e fu allora che capii: troppo gustoso, troppo dolce, per essere animale.
Era umano.
La tazza mi scivolò dalla mano e andò in frantumi. Subito dopo, presa dalla frenesia, afferrai Jacob per le braccia, controllandole febbrilmente, alla ricerca della verità. Aveva una cicatrice sull’avambraccio sinistro. Una lacrima mi rigò la guancia. “Non ce n’era bisogno…” balbettai con voce rotta dal pianto.
“Ce la fai ad alzarti?” mi chiese serio.
Confermai e mi rialzai. “Ti riaccompagno all’incontro con tua sorella. Sono quasi le sette” disse.
Uscimmo dal bagno e incrociai l’espressione spaventata di Rachel. Scendemmo al piano inferiore ed ebbi modo di constatare quanto il sangue mi avesse fatto recuperare le forze in poco tempo. Riuscivo perfino a stare in moto senza alcun pericolo che perdessi l’equilibrio.
Quando fummo alla piazzola di sosta per le macchine, ci fermammo, in attesa dell’arrivo di Alice. In silenzio.
“Mi dispiace. So di averti delusa…” bisbigliai.
“Effettivamente speravo che morissi e mi è andata male!” mi sbeffeggiò. Non mi arrabbiai. Sapevo che la sua era stata solo una battuta per rompere quell’atmosfera opprimente. Successivamente continuò, grave:“Non mi hai deluso… Anzi, è stato utile perché finalmente ci è entrato in testa che tu non sei umana e non lo sarai mai”.
Sussultai e non risposi.
“Sono io che ti devo chiedere scusa perché ho tentato di cambiarti… Come se fosse possibile… E ho sbagliato” concluse teso.
“Non è stata colpa tua. Sono io che ho mangiato la cioccolata” ribattei cercando di assumermi le mie responsabilità.
“Dimentichi che non volevi farlo e che sono stato io a convincerti…”.
“Non è successo niente, comunque. Semplicemente non l’ho digerita…”.
“Tuo fratello non era dello stesso avviso…”.
“Mio fratello?!” domandai trasecolata.
“Sei svenuta e mi sono spaventato a morte. Ti chiamavo e non rispondevi. Non sapevo cosa fare Non volevi che avvertissi Carlisle e mi sono ricordato che lui sa tutto. Ho chiamato Bella perché ovviamente doveva essere con lei. E’ stato lui a dirmi che non bastava che avessi rigettato la cioccolata e di darti sangue…”.
“Non mi ero accorta di essere svenuta” ammisi pensierosa. “In ogni caso non dovevi chiamare Edward! E soprattutto non dovevi darmi il tuo sangue!” sbottai.
“Stavi morendo: cosa potevo fare?! Non avevo certo il tempo di andare in giro per la foresta a cercarti un animale da dissanguare”.
“Non stavo morendo! Ho avuto solo un’intossicazione! Mi sarebbe passata, se mi avessi dato tempo!”.
Jacob sospirò, demoralizzato. “La verità è che tu sei un vampiro e non possiamo farci niente. E’ inutile continuare a sbatterci la testa contro…”.
“Forse la cioccolata è troppo pesante. Potrei provare a mangiare qualcos’altro” ipotizzai, decisa a non rinunciare al mio sogno.
“Non dire idiozie. Non puoi mangiare e basta, esattamente come il resto della tua famiglia” rispose sprezzante.
Perché mi parlava con quel tono? Non era abbastanza terribile rendermi conto che Alice aveva ragione e che stavo vivendo un’illusione? Doveva mettercisi anche lui?
Entrambi udimmo avvicinarsi il rombo della Porsche di mia sorella. Jacob salì sulla moto e infilò il casco. “Ci vediamo domani?” domandai, speranzosa.
“No. Ho un esame di francese lunedì e devo assolutamente prendere la sufficienza…” rispose.
“Io so bene il francese. Posso aiutarti…”.
“No, grazie. Devo studiare seriamente, non posso giocare ancora… Ora vado a casa” e partì. -
- Dove andiamo?” sbuffai.
“A nord. Fai la panoramica. Ti dico io quando fermarti. In ogni caso dovrebbe essere fra una cinquantina di chilometri…” disse, indossando la cintura di sicurezza.
Partii con una sgommata e per qualche minuto non mi parlò, apparentemente interessato solo al paesaggio. Quella strada era tutta una curva e non potevo nemmeno sfogarmi andando a tavoletta, però almeno la visuale era affascinante, attorniati da una distesa sconfinata di foreste.
“Oggi non è una giornata da scampagnate, non per me almeno. Era meglio se rimandavamo” rimuginai a voce alta.
“No, l’ho scelta apposta” si oppose.
“Cosa vuoi dire?”.
“Ieri ho sentito le previsioni meteo e avevano messo, stranamente, sole in questa zona. Ho pregato che per una volta ci prendessero e mi è andata bene. Se non ci fosse stato, ti avrei dato buca!”.
“Non posso andare in giro col sole!”.
“Sì, ma al mare non ci si va se piove!”.
“Jake…”
“Sta zitta e pensa a guidare. Vedrai che ti divertirai. Fidati”. -
- Jake mi abbracciò da dietro. Il contatto col calore del suo corpo mi diede l’illusione di essere in estate. Mi ci abbandonai e lasciai che mi dondolasse. Non c’era mai stato niente nella mia vita che potesse essere così perfetto. Respirai a fondo per imprigionare l’aroma dell’aria salmastra. Sentii me stessa per la prima volta da quando ero stata trasformata. Ogni cellula del mio corpo mi parlava: mi diceva che esistevo, che ero parte di un tutto e quel tutto parte di me, che non ero uno scherzo della natura. Ero lì e le sensazioni erano le stesse di quando, da piccola, i miei genitori mi portavano in vacanza. Non era cambiato niente. Non mangiavo e non respiravo, d’accordo, ma ero reale. Ero cresciuta, in un modo particolare, che nessun umano avrebbe potuto notare, ma avevo subito un’evoluzione. Le rughe non mi avrebbero mai segnato il viso ma la mia anima era mutata ugualmente. Dovevo smettere di guardare lo specchio bugiardo. Non ero come apparivo né a lui, né agli altri. Nella mia immutabilità, ero speciale, non diversa, e me ne compiacevo.
Per la prima volta da ottant’anni fui felice di essere un vampiro. -
- Mi abbracciò, affettuoso. Mi sentivo a casa mia, racchiusa e protetta. Appoggiai la guancia sulla sua spalla e mi raggomitolai su di lui.
Passarono i minuti senza che nessuno dei due sentisse la necessità di muoversi o parlare, appagati l’uno dall’altra. Niente avrebbe potuto rovinare quel momento e forse la mia decisione era più vicina di quanto pensassi. In fondo aspettare la fine della guerra con i Volturi poteva diventare un traguardo infinito. Erano passati quasi due mesi e non si era saputo più niente di loro e le mie idee stavano trovando una direzione ben precisa.
“Rinunceresti a invecchiare per me?” gli domandai.
“Certo” rispose senza esitazioni.
“Jake, io credo di avere deciso” sussurrai. Mi mise un dito sulle labbra.
“Non voglio sentire niente” rispose. “Adesso non saresti lucida e voglio che la tua sia una scelta sicura. Non voglio che tu mi dica che vuoi stare con me per poi cambiare idea dopo due giorni solo per colpa di una decisione presa dall’emozione del momento. Abbiamo detto che aspetteremo la fine della guerra con i Volturi e rispetteremo il termine”.
“E se i Volturi non tornassero mai più? Aspetteremmo per l’eternità” mi lamentai.
“Purtroppo verranno, Rose, anche se da un certo punto di vista spero che lo facciano il più tardi possibile”. -
- Amore, ti prego, svegliati…
Non riuscii a trattenere una minuscola lacrima che mi scese, dispettosa, sul viso.
Non mi avrebbe più parlato, non avrei più sentito l’odore della sua pelle. -
- “Rose, ascoltami” mi sussurrò Edward all’orecchio. La sua voce ebbe il potere di ridestarmi di colpo. “Non pensare a quello che stai facendo. Non è niente. Pensa a qualcos’altro…”.
“A cosa?” balbettai poco convinta.
“Pensa che non puoi lasciare che Lehausle si porti via pure lui, pensa che gli devi molto di più della vita che ti ha salvato in quel combattimento, pensa che la morte di Esme non deve essere stata inutile. E se tutto questo non dovesse bastare, allora” sospirò e abbassò il tono della voce fino a trasformarlo in un alito di vento “pensa all’amore che provi per lui. Può vivere grazie a te, puoi fargli vedere l’alba dei suoi diciotto anni, puoi fargli il regalo più grande che una persona possa ricevere. Concentrati sul calore del suo corpo e fai in modo che non diventi freddo, regala a lui e a te stessa altri momenti per stare insieme” e mi appoggiò la mano sul suo braccio. Mi sorrise e mi sentii meglio: più coraggiosa, più fiduciosa. -
- Resta con me… Non abbandonarmi… Voglio andare ancora al mare insieme, in quella fantastica caletta… E poi devo vendicarmi per quella sera, al confine, ricordi? Voglio un combattimento serio… Tu devi restare qui. C’è una vita per te, Jake. Un’esistenza fatta di tante esperienze e le devi vivere. Non permetterò che tu vada via da me e sai che quando mi metto in testa una cosa riesco sempre ad ottenerla. Sono una capricciosa, viziata. Bene, il mio capriccio sei tu e non sarò contenta finché non ti avrò tutto per me. Non voglio vivere cercando i tuoi occhi in quelli di qualcun altro. Ti scongiuro, salvati e salva me ancora una volta. -
- “Ho visto come lo guardavi mentre eravamo nel bosco, quando è svenuto, quando Carlisle ha detto che sarebbe morto. Piangevi, ti tremavano le mani, avevi lo sguardo perso. Bella era disperata, certo, ma la vera disperata eri tu” sibilò.
“Ti stai sbagliando. Io ero disperata per Esme non certo per lui”.
“E’ assurdo che tu stia cercando di infinocchiarmi dopo una vita trascorsa insieme…”.
“E’ assurdo che tu voglia farmi ammettere cose false!” replicai, alzando la voce.
“Bene, allora non ti disturba se vado ad ammazzarlo subito… Tanto tu lo odi come sempre, no?” mi stuzzicò con un ghigno irritante.
“Certo. Fai pure”.
Mi sorrise e si diresse verso la porta. Credevo che scherzasse, che non lo avrebbe fatto sul serio. E invece sembrava intenzionato a portare a termine il suo obbiettivo. Lo rincorsi e lo raggiunsi sul pianerottolo. “Aspetta, Emmett, dove vai?” chiesi trafelata.
“Te l’ho appena detto. Vado a chiudere i conti…” replicò aspro.
“No!” urlai, incurante del fatto che così mi sarei scoperta. Emmett si fermò e mi fissò a lungo, in attesa.
“Torna in camera, per favore” dissi seria e lui ubbidì, riluttante.-
- “Lo ami?” domandò tutto d’un fiato. La mia codardia mi impedì di guardarlo negli occhi quando risposi:“Sì” e stavolta fu lui a doversi sedere per sostenere il brutale fardello.“Da quanto tempo…?” balbettò.
“Da qualche settimana” risposi.
“Da quel giorno a La Push” mi precedette, sicuro.
“Come fai a dirlo?”.
“Perché hai cominciato a cambiare da quel giorno e da poco dopo non hai più fatto l’amore con me…”.
“E’ stato un caso” minimizzai, anche se in realtà sapevo bene che avevo iniziato a covare quel sentimento da quando eravamo andati a Seattle, pur non definendolo amore. Perlomeno, non ancora.
“Perché, Rose? Che cos’ha fatto di così speciale da farsi amare da te? Lo odiavi…” esclamò esasperato.
“Non lo so” risposi, con un’alzata di spalle. “Non riesco a spiegarmelo nemmeno io. So soltanto che lui è importante per me. Lo è diventato senza che me ne accorgessi. Ho sempre creduto di odiarlo e poi improvvisamente, puff, l’odio è sparito ed ha lasciato al suo posto ben altro. Lo so che avrei dovuto dirtelo prima ma non l’ho fatto per paura e per vigliaccheria e probabilmente se non mi avessi messo alle strette, non te l’avrei mai detto. Avrei continuato nella mia recita imperfetta. E’ vero che sono disperata per lui: non voglio che muoia, non voglio perderlo. E’ strano da spiegare ma lui è riuscito a farmi sentire umana e contemporaneamente orgogliosa di essere un vampiro. E’ una sensazione di completezza che non ho mai sentito in tutta la vita…”.
“Quindi tutti quei pomeriggi in cui sparivi eri con lui…” mugugnò profondamente deluso.
“Sì…”.
“E lui cosa prova per te?”.
Stavo per rispondergli quando disse frettolosamente:“No, non dirmelo. Non mi interessa cosa prova quel cane…”.-
- “Ci sei andata a letto?” mi domandò infine.
“Perché lo vuoi sapere?” temporeggiai.
“Voglio sapere quant’è grave la situazione”.
Se gli avessi detto la verità, avrebbe sofferto ancora di più e avrei messo Jacob in una spiacevole situazione. Emmett era molto possessivo nei miei confronti e se avesse saputo fino a dove mi ero spinta, avrei potuto causare una vera e propria catastrofe. Non volevo che facesse del male a Jake. “No” risposi ferma.
“Perché? Immagino che tu non vedessi l’ora e a lui non sarà parso vero di avere una come te per le mani!”.
“Non mi ha voluto” mentii spudoratamente. “Ha detto che dovevo lasciarti, che non voleva fare l’amante. Ne aveva già avuto abbastanza di Bella e prima di lasciarsi coinvolgere di più da me, voleva sapere di essere l’unico”. -
- “Rosalie, che ti prende?” insistette.
“Ho avuto tanta paura, oggi. Credevo che ti avrei perso, che saresti morto. Se fosse successo, non so come avrei potuto andare avanti…”.
“Invece sono ancora qui. Grazie a te” sorrise divertito.
“Non capisci niente!” replicai, battendo i pugni sul letto. “Potevo ucciderti io. Non so come ho fatto a fermarmi dal dissanguarti! Il tuo sangue è così dolce e io…”.
“Non sei un vampiro come gli altri. Lo sai tu e lo so anch’io. La mia vita non poteva essere in mani migliori…”.
“Domani è il tuo compleanno e io ti avevo detto che ne avresti festeggiati tanti. Ho rispettato la mia promessa…” bisbigliai, mentre alcune lacrime mi sgorgavano dagli occhi.
“Non credevo che avrei mai visto un vampiro piangere per me…” disse, accennando un sorriso mentre le sue dita si muovevano sulle mie guance.
“E io non credevo che avrei mai pianto per un licantropo…” ammisi infastidita.
Quello che seguì fu un silenzio pesante, nel quale mi persi. Non volevo pensare a tutto quello che era stato detto e fatto nelle ultime ore. Sapevo che non avevo le forze per affrontare quei discorsi. Avrei dovuto parlarne con lui, ma le sue condizioni erano anche peggiori delle mie. Non potevo subissarlo di domande sui suoi sentimenti per me e per Bella. Decisi che avrei aspettato almeno l’indomani. -
- “Emmett sa tutto” confessai.
“Glielo hai detto tu?”.
“No. L’ha capito da solo. Non sono riuscita a nascondere abbastanza bene la disperazione quando Carlisle ci ha detto che saresti morto. Mi sono limitata a confermare quando me lo ho chiesto…”.
“E come mai sono ancora vivo?”.
“Perché non gli ho raccontato tutto” risi sarcastica. “Gli ho detto quello che sapevo avrebbe retto, ma adesso è uscito. E finché tu resterai in questa casa, lui non tornerà”.
“Domani mattina all’alba me ne andrò, non ti preoccupare” mi tranquillizzò, ma il suo tono era duro, quasi sprezzante. Mi spazientii e mi allontanai dal letto per evitare di dargli uno schiaffo.
“Non capisci, non capisci niente!” balbettai tra le lacrime. “Io non voglio che tu vada via. Voglio che resti con me, ma non posso dimenticare i momenti trascorsi con Emmett. Oggi mi ha chiesto due mesi per ripartire, ma non so se glieli voglio concedere perché questo vorrebbe dire cancellarti o comunque provare a farlo. E io non voglio. Ma lui si merita molto di più di quello che gli dò, delle possibilità che gli sto negando. Io vorrei che tutto sparisse, che ci fossimo solo noi due e nessun marito o migliore amica da dimenticare, che non ci fossero vampiri, licantropi, ma solo due persone normali. Mi rendo conto che ho cercato una normalità che non riuscirò mai ad ottenere”.
Jacob, vedendomi così disperata, tentò di alzarsi per consolarmi, ma lo sforzo fu eccessivo e le sue gambe non lo ressero. Cadde pesantemente sul letto, mentre correvo per sostenerlo. Tentai di farlo stendere nuovamente ma si oppose con fermezza. “Rosalie, possiamo provare se te la senti. Non ho mai insistito fino ad ora, lo sai, ma se decidi, io ci sarò” mi rincuorò.
- “Perché hai paura, Rose?” mi domandò preoccupato. “Sono qui e resterò con te”.-
- “Rose, se vuoi farmi ammattire, mi arrendo subito!” ridacchiò, sventolando parte del lenzuolo bianco su cui era adagiato.
Mi fermai e gli sorrisi. Era la cosa più bella che si muovesse su questa terra. Non so se soltanto perché avevo avuto una paura tremenda di perderlo o se fosse effettivamente così. Se lui fosse stato solo mio, se Bella non fosse esistita, quanto tempo mi avrebbe concesso il destino prima di strapparmelo? Emmett era molto più facile. Mi apparteneva già, non mi avrebbe mai lasciata. Non lo aveva fatto stasera dopo quello che gli avevo rivelato, non lo avrebbe fatto nemmeno in futuro. E forse avrei dovuto scegliere Emmett. La cosa più naturale e più scontata.
“Bella mi ha detto che tuo fratello si era offerto di eliminare il veleno. Poi sei intervenuta tu. Sono contento che sia stata tu a salvarmi. Non avrei accettato nessun altro…” ammiccò, accarezzandomi le braccia.
“Soltanto io posso ucciderti, ricordi?”
“Però è vero anche il contrario”.
“Lo stai già facendo…” ammisi dolorosamente. Inarcò le sopracciglia non comprendendo a cosa alludessi.
Mi sdraiai su di lui. Lo feci delicatamente per paura di fargli male e se ne accorse. “Guarda che sono semplicemente stanco, non ferito…” mi rimproverò offeso.
Non ebbi voglia di replicare e appoggiai il viso sul petto per sentire il cuore. Il battito era lievemente accelerato, ma tutto sommato regolare. Rimanemmo in quella posizione fino a che non sentii cinguettare l’orologio a cuculo di Esme in cucina. Era mezzanotte. Con lo sguardo fisso nel vuoto, dissi:“Buon compleanno, amore!”.
“Grazie. Posso avere un regalino?” domandò apparentemente pensieroso.
“Tutto quello che vuoi”.
“Non mi hai ancora baciato…” si lamentò.
Mi sfuggì una risata compiaciuta e allo stesso tempo imbarazzata, come se mi fosse appena stato rimproverato un mancato adempimento a un mio preciso dovere. Lo accontentai molto più che felice. Quando mi baciava, appariva tutto più facile, più bello, incantato, come se vivessi in una favola. Le ultime settimane, nonostante alcuni avvenimenti, erano state tra le più felici e le più rassicuranti della mia vita e non ero ancora pronta a perderle. La mia coscienza diceva una cosa, ma finora non l’avevo mai ascoltata, e forse non lo avrei fatto nemmeno adesso. Che bisogno c’era? Il mio sogno era fra le mie braccia, dovevo solo stringerlo per evitare che scivolasse via.
Mi sedetti a cavalcioni su di lui, continuando a baciarlo. Gli passai le mani tra i capelli e, in risposta al mio gesto, mi accarezzò la schiena nuda, stringendomi a sè. -
( FINE MOMENTI CHE HO RILETTO PIANGENDO QUANDO HO LETTO LE COSE CHE JACK DICE A BELLA NELL' ULTIMO CAPITOLO )
* Chiude gli occhi con stanchezza, per non mostrare le lacrime* Non riesco ancora a crederci che uno dei capitoli più belli mi faccia così male, ho paura a leggere avanti lo sai ? ho paura di leggere di loro assieme e non reggere. Io ho bisogno di lui.
Un favore ti chiedo se mai lo faranno avvisami all' inizio del capitolo, vorrei evitare di leggerlo, quella sarebbe la goccia che farebbe traboccare il vaso...
Spero di riuscire a risponderti più velocemente la prossima volta, con affetto Rose. |