Alzò lo sguardo al soffitto, osservando il lampadario molto simile ad una lampada giapponese, c’erano molte cose in quella casa che rimandavano a quella terra che cercava con tutto sé stesso di dimenticare, ma non riuscendo a fare a meno di acquistare quelle cose, che invece non facevano altro che ricordargliela.

Ci sono così tante cose nascoste dentro di me
Che mi hanno fatto cambiare così tanto
Che mi hanno messo a dormire, legandomi mani e piedi
Che mi hanno intrappolato in una stanza buia

Sono io quello che stai costringendo a danzare, vivere senza controllo è doloroso, mi sembra di non poter respirare, soffoco, si ripete più volte fino a che resta solo la “culla di un gatto”.
Continua a fuoriuscire dalle tue labbra socchiuse, sempre più, riconosco quel sospiro...
Stasera la morte si prende gioco di qualcuno del quale non conosce nemmeno il nome, questa ferita aperta gocciola con un affetto fuori luogo.

Nei vicoli oscuri sentirai riecheggiare i nostri passi, richiamati dall'odore del tuo sangue ti assaliremo. Urlerai, ma nessuno sarà lì ad aiutarti.
Il tuo peggiore incubo prenderà le sembianze di un mostro infernale; la morte arriverà su ali nere, ma dolce come un sogno.
Avrai letto di noi in qualche libro, ma la paura ti avrà spinto a non credere alla nostra esistenza. Invece eccoci qui. Siamo reali. Siamo vampiri.
E il prossimo potresti essere tu.

E i giudici ordinarono, piombo fuso sulla carne viva…

Chi avrebbe mai detto che quel giorno, già di per sé abominevole, sarebbe stato l'inizio della mia Apocalisse personale; quel giorno, a poche ore di distanza l'uno dall'altro, avrei incontrato i due ragazzi in grado di stravolgere completamente l'esistenza di un uomo.
Io, Ryo Akira Suzuki, da sempre amante sfegatato oltre che divoratore di donne, quell'esatto giorno conobbi gli uomini della mia vita; non solo mi ritrovai ad apprezzare il corpo maschile in ogni sua più piccola sfumatura scoprendomi così irrimediabilmente gay, ma addirittura non mi accontentai di un uomo ma ne scelsi ben due e con entrambi intrecciai la più passionale, carnale ed intensa storia d'amore, così sfavillante da far impallidire tutte quelle del mio passato. Ma uno come me non poteva certo sperare di vivere felice conducendo una vita simile, la mia avventatezza sarebbe stata la causa principale del mio anno di fuoco, perché come c'era da aspettarsi prima o poi i miei uomini, così diversi, agli antipodi direi, ma entrambi assolutamente perfetti, erano destinati ad incontrarsi e quando ciò avvenne il mio anno si concluse...in realtà fu la mia intera vita ad avere fine.

«Queste sono sfere di Ben Wa, anche chiamate palline delle Geishe. Vengono usate per massaggi terapeutici e meditazione! Sono state originariamente create in Giappone secoli fa, dobbiamo esserne fieri.»
«Ma non mi dire! E perché mai mi avresti regalato delle sfere per fare dei massaggi?»
«Beh, perché naturalmente servono anche a massaggiare un certo tipo di muscolo.»
[ReitaxUruha]

Traduzione di una fanfic di Alex Korbin dall'inglese a cura di guren Suzuki.
[KyoRuki]
"Quindi... quand'è che hai intenzione di chiedermi di sposarti?
"..."
"Non è una domanda a trabocchetto, sai."
"Lo so. Stavo solo aspettando che le tue facoltà mentali si rianimassero prima di dire qualsiasi cosa."
"Ha ha. Ora rispondi."
"Uh. Mai?"
"Perché no? Non ti darò sesso gratis per sempre sai?"
"Oh, allora la tua licenza di prostituzione è stata convalidata, vero? Auguri."

Cinquanta diverse flash-fic. Cinquanta diversi luoghi. Cinquanta diverse indicazioni. Cinquanta diverse emozioni. Cinquanta diversi Ruki.
[Scelte] “Sei un fallito.”
[Mesi] "Ma aspettando si muore. Perché il tempo è carnefice e silenzioso affila le sue lame."
[Morte] "Mi hai trattato come una puttana, ma io ho goduto come una vergine."
[Nero] "Il nero era una tela aliena da ogni forma artistica, sopra cui quindi si poteva meglio esprimere tutta la gamma di pensieri che un sedicenne rabbioso e inquieto tramutava in creazione attiva."
[Morte (II)] "La mancanza di Isshi si era palesata irriverente, pungendo di un gelo acuto e ribelle, come di brina che si posi su un’epidermide sottile –pelle di bambino."
[Famiglia (II) + Avviso] "C'era quella città profumata, fatta di mercati e strade assolate e ponti sospesi sul nulla delle onde in risacca, come un vecchio orologio claudicante, ogni tanto mancava un ticchettio."
[Passi] "Allora, abbandonando tutte le sciocche paure e le futili scuse, aveva afferrato il lenzuolo e l'aveva tirato fino a nascondercisi sotto, assieme a Ryo."

Se penso che proprio grazie a lui ho scoperto l’amore per la musica, quando ero un ragazzino passavo ore e ore a guardarlo alla tv, a sentirlo alla radio e sapevo ogni sua canzone a memoria; le cantavo tutte sotto lo sguardo di disapprovazione dei miei genitori. Loro volevano qualcos’altro per me, qualcosa che però non sono riuscito a dargli comunque anche non inseguendo più il sogno di diventare musicista; non sono mai diventato dottore e ormai si sono messi il cuore in pace.

Aveva scritto quelle poche parole già da una decina di minuti, ma come ogni volta che stava per scoccare l’ora di una data importante (vedasi i compleanni dei proprio amici), se ne stava lì imbambolato, ad attendere che la mezzanotte arrivasse.

« sì, lo so » sussurro, senza in realtà crederci fino in fondo.
« lo sai che devi essere forte per lui ora » non ci guardiamo mentre parliamo, ognuno osserva un punto fisso di fronte a se.
È un argomento difficile da affrontare questo, ma dobbiamo farlo.
« certo, ma ho paura che mi lasci »

Scuoiata viva, lacerata cosparse le sue ceneri, seppellito il suo cuore.
Sorgo sopra, alto sopra e vedo..
Prega il tuo dio, apri il tuo cuore. Qualunque cosa tu faccia, non aver paura dell'oscurità... copri i tuoi occhi, il diavolo dentro.

Con uno scatto si toglie la giacca piena di brillanti e la scaglia contro di me, essa mi cade sul volto coprendo la splendida visione che avevo di lui. Subito la tolgo per godere ancora della sua dolce presenza....

Non ho mai amato essere guardato.
Non ho mai sopportato quegli sguardi insistenti, che non fanno altro se non, mangiarmi con gli occhi.
Sono una bambola forse?
Una di quelle bellissime bambine di porcellana, vestite con quegli abiti pieni di pizzi e merletti; la pelle bianchissima e le lunghe ciglia ad incorniciare gli occhi vitrei?
No, non lo sono; io so di non esserlo.
Ma penso che tutto il resto del mondo, questo non lo sappia.