Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Note: il seguente scritto conterrà
riferimenti slash più avanti.
E’ un secolo che non posto una long-fic, ormai mi sento più a mio agio tra raccolte e one-shot, ma anche questa – come molte altre mie long – è
nata quest’estate sull’onda dell’entusiasmo post-visione della prima serie.
Essa non contiene perciò alcuno spoiler e non tiene conto dei fatti narrati
nella seconda stagione del telefilm.
Non ho ancora stabilito di quanti capitoli sarà composta, ma non saranno molti,
credo sotto la decina: in mano ho tutta la bozza della trama, vedremo dove mi
condurrà l’ispirazione (e il vostro prezioso sostegno morale ^^).
Vorrei dedicarla a quelle
persone che hanno recensito il mio ultimo aggiornamento su Merlin:
Shurei, _ichigo_85,
Orchidea Rosa, Little Fanny, YukiEiriSensei, angela90, GiulyB,
Tao, chibimayu, Egle e suicidal_love.
E a quanti commenteranno. Ai
vecchi e ai nuovi lettori.
Grazie.
TheHe in theShe
(l’Essenza dentro l’Apparenza)
Capitolo I
Al canto del gallo, Merlin si rigirò nel suo umile letto,
sbadigliando pigramente. Rabbrividì per il freddo e cercò a tentoni
il lenzuolo liso.
Non aveva dormito per niente bene, era ancora distrutto
dalla lotta che aveva ingaggiato – chiaramente senza che Arthur ne fosse stato
cosciente – con lo stregone Ardof il giorno
precedente, ed era quasi certo di avere avuto la febbre quella notte, aveva un ricordo vago di un gran caldo. Per questo aveva
cacciato a terra tutte le coperte e si era tolto le vesti con cui di solito
dormiva. Probabilmente lo aveva fatto nel sonno, perché non se lo rammentava
neppure.
Ora invece gli spifferi gelidi lo facevano tremare, perciò
si risolse ad alzarsi. Ma anche solo aprire una palpebra gli costava un’immensa
fatica… e allora semplicemente attese.
Fu in quel mentre che Gaius bussò
alla porta, per destarlo come ogni dì.
Il medico di corte fece capolino da oltre
lo stipite, intonando il consueto “Sveglia, Mer-!
Uh!”
Il cervello di Merlin registrò d’istinto che qualcosa non
andava. Per questo si levò di scatto a sedere, osservando il suo mentore
basito.
“Perdonate,” pronunciò il cerusico,
compiendo un piccolo inchino col capo e distogliendo lo sguardo dal corpo nudo
di fronte a lui, “Perdonate l’intrusione… io… io non sapevo che-” farfugliò,
accingendosi a tornare da dove era venuto.
“Gaius!
Aspettate! Cosa…?” esclamò il mago, squadrandolo come se
fosse impazzito.
L’uomo ricambiò lo sguardo. “Perdonate l’ardire, ma… potrei
sapere chi siete?”
“Sono io!”
sbottò allora, allargando le braccia “Gaius!
Che scherzo è mai questo?!” domandò retorico,
battendosi il petto. “Non miricono-”
Merlin boccheggiò incredulo, accorgendosi di colpo del florido seno che stava
toccando, e lanciò un gridolino terrorizzato. Fu per istinto che raccattò il
lenzuolo e si coprì alla bell’e meglio.
Gaius se ne stava sull’uscio,
sbigottito anche lui.
“Merlin?” bisbigliò alla fine, come se dirlo ad alta voce
fosse davvero troppo.
“Sì, sono io!” pigolò l’altro. “O almeno credo!”
“Che diamine ti ha fatto Ardof?!” l’interrogò l’archiatra.
“Non ne ho idea, non credevo mi avesse colpito con un
sortilegio…” scosse la testa, sconfortato. “Vi prego, aiutatemi!”
“Non so ancora come, ma troveremo una soluzione, vedrai!”
Lo stregone annuì, angosciato, grattandosi la testa con un
gesto nervoso, e rimase impigliato nella folta chioma. Solo allora fece caso ai
lunghi capelli che gli accarezzavano la schiena.
Si tirò una ciocca nera verso il naso, osservandola
sconvolto.
“Non mi ero accorto nemmeno di questo!”
“Probabilmente perché si sono semplicemente allungati; sono
parte del tuo corpo: il tuo cervello non li considera cose estranee.” Ipotizzò
saggiamente il medico. “E non sono neppure il male peggiore.”
Merlin si coprì gli occhi con le mani, mugolando. “Come
spiegherò questo ad Arthur?”
“Ci inventeremo qualcosa…” propose il vecchio. “Ora io
uscirò da qui, tu alzati e vestiti.”
“Non ho neppure un vestito adeguato!” piagnucolò il mago,
chinando il capo sulle ginocchia piegate.
“Merlin, non fare scene isteriche da donnette!” lo sgridò Gaius, con cipiglio pratico.
“Ma io-!”
Un educato bussare all’ingresso li interruppe.
“Avanti!” rispose il medico, andandosene dalla camera
dell’apprendista.
Il viso gentile di Gwen comparve
nel laboratorio.
“Gaius, per favore, Lady Morgana
non ha riposato stanotte – i soliti incubi, sapete – e vorrebbe un rimedio per
il mal di capo.”
“Certo, glielo preparo subito.” Replicò solerte, trafficando
negli armadietti dei medicinali.
“Merlin si è già alzato?” s’interessò l’ancella, aspettando
che il dottore preparasse l’infuso.
“Oh, beh… lui, vedi…”
“E’ partito!” s’intromise una voce estranea, sbucando nello
studio. “E’ andato da sua madre…”
Gwen rivolse l’attenzione alla
giovane ragazza che vestiva abiti maschili.
“E voi sareste…?” l’incalzò.
I due uomini si scambiarono un’occhiata d’intesa.
“…Sua cugina.” S’immischiò il vecchio. “Mer…
err-”
“Lin!” concluse il mago. “Il mio
nome è Linette, ma gli amici mi chiamano Lin. Piacere.”
“Onorata di fare la tua conoscenza.” Rispose Guinevere, stupita. “Non sapevo che Merlin avesse altri
parenti oltre a sua madre.”
“E’ perché… perché io abito lontano, io non…”
“Il preparato di Lady Morgana è pronto, ecco.” Tagliò corto
il medico, sbattendole la boccetta in mano. “Puoi andare.”
Gwen ringraziò, tuttavia prima di
uscire fu richiamata indietro dal cerusico.
“Ah, Gwen! Non avresti, per caso,
un abito da prestarle? Lin non è abituata alla vita
di corte…”
Merlin arrossì di vergogna. “Sì, per favore.”
E l’altra sorrise di rimando, anche
se l’espressione del suo viso la diceva lunga su parecchie obiezioni.
“Hai intenzione di fermarti a palazzo?”
“Solo fino a che mio cugino non tornerà, gli ho promesso
che… che avrei preso il suo posto al…al servizio del principe, se egli
acconsentirà.”
“Oh!”
“Merlin era molto preoccupato per questa sua assenza improvvisa,
e non voleva che Arthur si adirasse con lui…”
“Comprendo.” Soffiò la popolana. “Però, che io sappia, il
principe non ha mai avuto vallette.”
“Casomai, intercederò io in suo favore.” Chiarì l’anziano
cerusico. “Ora è bene che tu vada dalla tua signora e appena puoi portaci una
veste.”
“Sarà fatto.” Promise e con un inchinò
si licenziò da loro.
Quando Guinevere se ne fu andata,
Merlin e Gaius tirarono un sospiro di sollievo.
“Sei stato bravo a inventarti questa storia su due piedi!” si
complimentò il medico, afferrando due ciotole per la colazione.
La ragazza fece un sorriso colpevole, che sapeva tanto, tanto del vecchio Merlin.
“Sto imparando a mentire come si deve.”
“Ora però mangia qualcosa, la giornata è lunga.”
“A dire il vero, non ho fame; sono ancora tutto
scombussolato.”
“Allora raccontami qualsiasi cosa abbia attinenza con ciò
che ti è successo, anche quello che non ritieni importante…”
E così Merlin ripercorse con lui gli eventi del giorno
prima, fino alla febbre notturna – o qualunque diavoleria fosse – che l’aveva
portato a ridursi così.
“Senti cosa faremo” esordì Gaius,
meditabondo, alla fine del racconto. “Ora tu andrai dal principe e cerca di
essere molto convincente nel farti
mettere al suo servizio – è possibile che la minaccia rappresentata da Ardof non sia ancora debellata – perciò Arthur non è al
sicuro se non è con te.”
“Ma…”
“Niente obiezioni.” Lo rimproverò l’altro. “Non dimenticare
che era l’erede al trono il bersaglio di quello stregone, e potrebbe ritentare.”
Attese che il ragazzo annuisse, poi continuò. “Nel frattempo io inizierò le
ricerche sugli incantesimi di trasformazione, appena si sarà conclusa la
riunione col re a cui – per inciso – dovrei già esser presente.”
Lanciandogli un’occhiataccia di monito, e soffocando in tal
modo ulteriori proteste, l’anziano mentore s’avviò alla porta.
Merlin si accasciò nuovamente contro il tavolo, sbattendo la
fronte sul legno, gemendo. Era un incubo.
Doveva essere un incubo! Perché non poteva semplicemente svegliarsi?
Ma, nel frattempo, una ciocca gli era finita nella ciotola
intonsa, dritta dritta nella
sbobba d’avena.
Continua...
Disclaimer:I
personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma
di lucro, da parte mia.
Note: Il titolo
della fic è un esplicito omaggio al telefilm Bones (che io adoro) omonimo alla
puntata 4x07 “The He in the She”.
Ed è un purissimo caso che tale puntata venga trasmessa giusto stasera! ^O^ perché il titolo di questa fic
era prestabilito da mesi ^^.
Note: il seguente scritto conterrà riferimenti slash più
avanti
Note: il seguente scritto conterrà
riferimenti slash più avanti.
Riassunto: Merlin
è abituato a salvare la vita all’Asino Reale senza che questi se
ne accorga, ma stavolta non tutto va per il verso giusto. Colpito
dall’incantesimo del malvagio Ardof, il nostro
mago farà i conti con una sconvolgente novità: egli si risveglia
trasformato in una donna.
Solo Gaius conosce il suo segreto e, finché
non troverà il modo di tornare normale, dovrà inventarsi delle
scuse plausibili e prendere il posto di se stesso al servizio del principe. Come
riuscirà a conciliare questa ‘nuova situazione’? Come si
evolverà il suo rapporto con Arthur?
Confesso che non mi aspettavo tanto entusiasmo ^///^, spero che la
storia rimanga all’altezza delle vostre aspettative, anche se siamo solo
agli inizi, e il meglio (il peggio?) deve ancora arrivare! XD
Vorrei dedicarla a quelle
persone che hanno recensito il precedente capitolo:
E a quanti commenteranno. Ai
vecchi e ai nuovi lettori.
Grazie.
The He in the She
(l’Essenza dentro l’Apparenza)
Capitolo II
Poco dopo che Gaius se ne fu
andato, Gwen ricomparve come promesso, con una cesta
sottobraccio.
Merlin aveva appena fatto in tempo a ripulirsi i capelli
sporchi dall’avena e a rassegnarsi ad affrontare quell’incubo ad
occhi aperti, prima del suo arrivo.
Se fosse dipeso da lui, aveva ponderato, asciugandosi una ciocca ancora umida
con la magia, avrebbe preferito combattere contro qualche mortale bestia incantata,
piuttosto che sopportare tutto quello;
tuttavia il Destino aveva scelto diversamente e sembrava avercela con lui, ma questo lo sospettava già da tempo.
L’ancella di Morgana, ignara dei suoi turbamenti
interiori, frantumò la bolla dei suoi pensieri, chiudendo dietro di
sé la porta d’entrata.
“Ti aiuto a prepararti!” si offrì,
gentile, appoggiando il paniere di vimini su uno degli sgabelli.
E lui cercò invano di rifiutare, arrossendo
miseramente per pudore, ma alla fine – osservando infidi laccetti e
diaboliche stringhe – non gli rimase che accettare.
“Dov’è la sottoveste?” chiese
Guinevere, qualche istante dopo, guardandosi attorno. “E i tuoi
mutandoni? La calzamaglia?”
“Eh?!” ansimò
egli, stralunato.
“La tua biancheria intima, cara,
dov’è?” ritentò, paziente,
l’altra.
“So-sono partita in fretta e
furia…” si giustificò.
Gwen la squadrò scettica.
“Occorrerà rimediare.”
Lin annuì suo malgrado,
mentre – come una bambolina – si faceva sfilare la tunica e
rivestire con altro.
“Hai una pelle bianchissima, proprio come quella di
tuo cugino!” si lasciò sfuggire la
cameriera. “Oh, non che io… che io abbia ma-mai
guardato Merlin, s’intende.” Balbettò poi, impacciata.
“Era solo… solo una considerazione improvvisata!” si
giustificò.
Il mago le sorrise amichevolmente. “Non ti preoccupare,
l’avevo intuito.”
E l’altra sospirò di sollievo. “E’
solo che… di solito chi vive all’aria aperta ha un colorito diverso…”
Il ragazzo si girò a guardarla stupito.
“No!, non ti offendere, non
intendevo mancarti di rispetto o dire che sei malata! Oh, cielo! è meglio se sto zitta.”
“Non mi sono offesa.” La rassicurò.
“Oltretutto sei così
minuta!” le prese la vita stretta con le mani. “Sembri un
uccellino!”
Il mago sussultò a disagio per quel contatto
inatteso.
D’accordo, lui e Gwen erano
amici, e le voleva sinceramente bene, ma tutta quella confidenzatra ragazze
non faceva per lui.
“Ti ho fatto male?” si stupì
l’ancella. “Perdonami, non era mia intenzione.”
“N-no…
ma manca parecchio? Se ogni mattino ci devo
metter tanto, dovrò alzarmi prima del sorger del sole!”
scherzò per alleggerire l’atmosfera.
“Non ci vorrà molto ad imparare, le prime volte
ti aiuterò io.” Si mise a disposizione l’altra, affabilmente.
E mentre gli sistemava il corsetto con agili e sapienti
gesti, Merlin si ritrovò a ringraziare che Arthur fosse un maschio e che
il suo compito di paggio fosse assai meno complicato, persino quando doveva
bardare il suo signore con l’armatura.
“Ti acconcio anche i capelli?”
“Ah! No, non serve, grazie.”
“Ma non puoi girare con la chioma sciolta per il castello!”
spiegò la fanciulla, sconcertata, facendogli
realizzare che la consuetudine delle signore era per lui un’enorme
incognita e che avrebbe fatto bene ad affidarsi all’amica, se non voleva
fare qualche colossale figuraccia.
Gwen prese a tradimento i suoi
orecchi con le dita e sorrise. “E’ proprio una caratteristica di
famiglia!” esclamò, piacevolmente stupita.
Ma Merlin si rabbuiò al pensiero che
quell’ingombro sarebbe stato un problema con tutti, con Arthur, soprattutto.
“Non potresti fare qualcosa per nasconderli?” si
ritrovò a chiedere.
“Nasconderli? Certo!” e in men che non si dica
pettinò e divise la lunga frangia ai due lati della testa, di modo che
coprissero il problema fasciando
stretto il capo.
Davanti al piccolo specchio che aveva trovato nello studio,
egli rimase imbambolato a guardare quelle dita sapienti che lavoravano alle
proprie spalle. Il risultato fu semplicemente sorprendente.
“Forse mi sono lasciata un po’ prendere la
mano!” si scusò la dama di Morgana con finto rammarico. “Ma
sono abituata ad acconciare la mia signora che ha capelli splendidi come i tuoi
e non ho resistito.”
“Grazie.” Arrossì ancora, sotto il peso
del nuovo complimento.
“Come fai ad averli così
incantevoli? Che segreto usi?” le chiese, con
fare cospiratore.
“Ma niente! Figurati! Non sto mica a perder
tempo… magari uso la cenere per lavarli dopo la gogna.”
“Tu sei finita alla gogna?!”
ripeté Gwen, scandalizzata.
“Un... un paio di volte… nel…
nel mio paese.”
“Oh, cielo! Ma le ragazze non
dovrebbero mai finire alla gogna!” sfogò,
turbata.
“Ma non capita spesso, stai tranquilla.” La
consolò. “Adesso devo proprio andare dal principe, è ora
che si alzi!”
“Buona fortuna!” le augurò Guinevere.
“Ne avrai bisogno!”
***
Merlin raccolse la veste, per non inciampare nei gradini che
lo avrebbero portato negli appartamenti reali, e maledì le usanze
femminili fin dalle origini del mondo.
Portare il vassoio della colazione in equilibrio, indossando
le scarpe strette che Gwen gli aveva prestato –
che, seppur basse, a lui sembravano trampoli da saltimbanco – e non
calpestare l’orlo della gonna e finire lungo disteso, gli richiedeva la
massima concentrazione. Stava avanzando a passo di lumaca, traballando come un
ubriaco, ma le guardie che incontrò ebbero il buon cuore di non
infierire e, anzi, una di loro le chiese persino se si sentisse male o se
avesse bisogno d’aiuto.
Egli rifiutò garbatamente, dispensando ingenui
sorrisi e salutandole chinando lievemente la testa come faceva ogni dì.
Quando finalmente giunse davanti alla soglia della camera
del principe, tirò un sospiro di sollievo, ma durò poco
perché realizzò che – conciato
com’era – non aveva a disposizione una mano aggiuntiva con cui
bussare anche se avesse voluto davvero farlo
e quella fosse stata l’unica volta
in cui se n’era ricordato in tempo.
“Torspringe!”
sussurrò e la porta si aprì magicamente, cigolando sui pesanti
cardini. Egli avanzò d’istinto nel buio, posando il portavivande
sul tavolo che trovò a memoria.
Poi si avviò ad aprire gli spessi tendaggi alle
finestre e la gioiosa luce del mattino inondò la stanza.
Ma adesso veniva il
peggio, si disse, andando verso il letto a baldacchino chiuso
anch’esso dai preziosi broccati Rosso Pendragon.
“Buongiorno, Sire!” cinguettò
scostandoli, con il suo miglior tono di falsa allegria.
Da sotto le lenzuola uscì solo un rantolo
infastidito. Ma lui non si fece intimidire e iniziò a tirare via le
coperte coi dragoni.
“Ti manderò alla gogna fino alla vecchiaia,
Merlin!” minacciò Arthur di riflesso, nascondendo la testa sotto
al guanciale.
Il mago non ci fece neppure caso, tanto era abituato alle
sue mattutine, vane intimidazioni.
“Vostro padre vi attende!” gli ricordò,
rubandogli anche il cuscino.
Fu allora che l’imprecazione che Arthur stava ruggendo
gli morì in gola, nell’esatto istante in cui realizzò
che non stava litigando con Merlin – il suo fedele servo idiota –
ma con una donzella perfettamente sconosciuta.
“E tu chi saresti?”
Continua...
Disclaimer:I
personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna
forma di lucro, da parte mia.
Ringraziamenti:
un abbraccio a Tao, che sopporta i miei scleri. X3
Note: so che
magari qualcuna/o di voi si aspettava già di leggere l’incontro tra Merlin e Arthur, ma il prossimo capitolo
sarà dedicato ampiamente a quello. ^________________^
Prima mi sembrava giusto dedicare un po’ di spazio ai
disagi improvvisi cui il nostro eroe si trova a far fronte.
Gli incantesimi usati sono presi dal telefilm, per la
trascrizione mi sono affidata ai sottotitoli inglesi quindi io li ho stilati
nel modo in cui si scrivono, non come si pronunciano.
Il ‘Rosso Pendragon’
dei tendaggi va scritto in maiuscolo, perché è una cosa vivente
con volontà propria. Diventerà l’incubo di Merlin XD
Precisazioni al
capitolo precedente: Mi sono piaciute le vostre ipotesi sull’evolversi
della storia, ma non darò spoiler, per non rovinare la lettura a
nessuno.
Gwen. E’ stato interessante
leggere le vostre impressioni su di lei! XD
Ma sostanzialmente non sarà un personaggio cattivo,
anzi. E’ che la novità l’ha lasciata perplessa… XD
Ad ogni modo, in questo capitolo si capisce che è un
po’ esuberante e impicciona, ma non in malafede^^ non sarà ostile
nei confronti di Lin.
Altra cosa: è stata chiesta una descrizione fisica
più completa di Lin, ma essa è
già in programma nel capitolo quattro, per ragioni narrative. Abbiate
pazienza^^
x Alessandra: ho una
domanda: nel commento hai detto di aver già letto una fic simile alla mia. Potresti gentilmente dirmi il titolo e
l’autore? Perché credo di aver letto quasi tutte le fic italiane su Merlin e la mia è la prima in cui
Merlin diventa una donna, nelle altre si travestiva solamente, pur restando
maschio, e sarei curiosa di leggerla!
Un’ultima cosa:
Ringrazio quanti hanno commentato la mia precedente ficWhoismydaddy?
Ho apprezzato ogni
commento, anche le due perplessità che mi sono state fatte notare sulla
caratterizzazione di Merlin.
Come ho spiegato via mail a quelle persone, per me, Merlino
non è OOC.
La frase finale, in cui esplode, non la sta dicendo a sua madre, lui è
davanti al drago, in quel momento.
E’ uno sbottare improvviso e comprensibile, dato dal conoscere quella
realtà improvvisa che l’ha sconvolto. Credo ce lo saremmo chiesto
tutti, se fossimo stati al suo posto.
E’ una domanda retorica ed è fine a sé stessa.
Un conto diverso sarebbe stato se lui si fosse rivolto a lei in quel modo,
allora sì, avrei detto che era sicuramente OOC.
Chiaramente non sto persuadendo nessuno a pensarla come me, sto solo spiegando
il mio punto di vista, l’ottica con cui ho pensato e scritto la fic.
PS: Ho raggiunto le 230 preferenze come autrice tra gli
utenti di EFP, e molti vengono da questo fandom.
Grazie della fiducia. *inchin*
Campagna di Promozione
Sociale - Messaggio No Profit:
Dona l’8‰ del tuo tempo
alla causa pro recensioni.
Farai felice
milioni di scrittori.
(Chiunque voglia
aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove
meglio crede) Come sempre, sono graditi commenti,
consigli e critiche.
Note: il seguente scritto conterrà riferimenti slash più avanti
Note: il seguente scritto conterrà
riferimenti slash più avanti.
Riassunto: Merlin
è abituato a salvare la vita all’Asino Reale senza che questi se ne accorga, ma
stavolta non tutto va per il verso giusto. Colpito dall’incantesimo del
malvagio Ardof, il nostro mago farà i conti con una
sconvolgente novità: egli si risveglia trasformato in una donna.
Solo Gaius conosce il suo segreto e, finché non
troverà il modo di tornare normale, dovrà inventarsi delle scuse plausibili e
prendere il posto di se stesso al servizio del principe. Come riuscirà a
conciliare questa ‘nuova situazione’? Come si evolverà il suo rapporto con
Arthur?
Grazie del tanto entusiasmo *O*, spero che la storia rimanga all’altezza
delle vostre aspettative!
Vorrei dedicarla a quelle persone
che hanno recensito il precedente capitolo:
E a quanti commenteranno. Ai
vecchi e ai nuovi lettori.
Grazie.
The He in the She
(l’Essenza dentro l’Apparenza)
Capitolo III
“E tu chi saresti?”
La domanda si librò nell’aria della stanza, prima di colpire
con assoluta, pungente precisione il petto di Merlin.
Il ragazzo strinse di riflesso più forte a sé il cuscino, per
farsene scudo. Ma era una protezione inutile. L’odore e il calore del suo
signore, ancora impressi nella federa, acuirono ulteriormente il suo malessere,
mentre gli occhi cerulei del principe perdevano il velo del sonno che li
ottenebrava e si facevano indagatori.
“So-sono…” il mago deglutì a
vuoto, tutti i bei discorsi che si era preparato si erano improvvisamente
cancellati dalla sua mente, tabula rasa. “Lin-Linette,
Maestà.” Balbettò, e compì un servile
inchino. “La cugina di Merlin.”
Arthur dilatò lo sguardo per la sorpresa.
“E dov’è quell’idiota? Sparisce
sempre senza dirmi niente, è un servo inaffidabile.” Si lamentò, seccato.
“Ve-veramente è partito.”
“Partito?” ripeté l’altro, con tono maggiormente irritato.
“Per andare dove, di grazia?”
Merlin inspirò a fondo, cercando il coraggio di mandare
avanti quella farsa. Aveva già dato una spiegazione a Gwen,
e oramai era costretto a mantenerla con tutti.
“A casa, Sire. Su-sua
madre si è…” tentennò “…ammalata e sono venuta ad avvertirlo.” Spiegò, con fare
contrito, per la grossa, deliberata menzogna che aveva architettato.
L’erede al trono perse all’istante l’aria inquisitoria.
“Comprendo.” Rispose, strofinandosi la
fronte pensieroso. “Ma avrebbe comunque potuto avvisarmi, non lo avrei
di certo trattenuto.”
Lo stregone torturò con le dita il bordo del guanciale, a
disagio.
Sapeva di aver giocato sporco, tirando in ballo sua madre e
dicendo ad Arthur che lei era ammalata.
Era al corrente di quanto, per il principe, l’argomento
‘madri’ fosse delicato. E poi, da quando l’aveva conosciuta la prima volta a Ealdor, aveva sempre avuto grande considerazione per Hunith.
Merlin soffocò i sensi di colpa; anche se a malincuore, non
aveva altre alternative per temporeggiare.
“E’ partito appena possibile, Maestà, in piena notte. E non
voleva disturbare il vostro sonno, per questo non si è congedato da voi.”
Il nobile fece una smorfia contrariata, ma non obiettò. Poi
però ricominciò, con una domanda. “E perché tu non sei andata con lui? Gaius avrebbe potuto tranquillamente esporre ciò che mi hai
riferito tu.”
“Perché io-” s’interruppe e si corresse “no, Merlin!,Merlin.” Ripeté,
per consolidare il concetto. “Egli mi ha chiesto di
sostituirlo al vostro servizio fino al suo ritorno, che spero sia al più presto. Questo soprattutto per sdebitarsi in
parte del disagio dovuto al suo improvviso allontanamento.” Motivò, annuendo,
dimostrando le migliori intenzioni.
“Non se ne parla neppure.” La freddò l’altro.
“Co-come?”
“Non ti prenderò al mio servizio al posto suo.” Ribadì il
principe. “Niente di personale, beninteso.”
“Ma… ma…” tartagliò il mago, facendosi prendere dal panico.
“Voi non potete!”
“Oh, sì che posso!” lo contraddisse, con quel cipiglio
arrogante che tanto mandava in bestia il servo. “E ora, se non ti dispiace, devo
prepararmi per una riunione con mio padre, il
re.” E calcò bene sulla fine della frase. “Generalmente non ama attendere i
ritardatari.”
Considerando il discorso chiuso, Arthur scese dal letto e si
diresse verso il tavolo dove c’era la colazione.
“Vi supplico, Sire!” riprese però la ragazza, affrettandosi a
scostare la sedia affinché l’altro potesse sedersi. “Cosa dirò altrimenti a mio
cugino?!”
“Questo, gentile fanciulla, non mi riguarda.”
“Ma è già in pena per sua madre, non dategli quest’ulteriore
dispiacere!”
“Ascoltami bene,” – incominciò,
cercando di essere paziente, se non altro perché era stato educato a rispettare
le donne –“Linlinette.”
“Ma veramente…”
“Non mi interrompere!” la sgridò.
“Io però michia-”
“Silenzio!” tuonò, dimentico dei propositi di poco prima e pronto ad usare anche metodi poco ortodossi per
dissuaderla in modo definitivo.
“Certo, Sire.”
“Dunque, Linlinette.” Riprese, con
l’intento di imbarazzarla a tal punto da indurla ad andarsene di sua spontanea volontà.
“Io non voglio serve qui dentro, non ne ho mai assunte; perché le uniche
dame, a cui concedo accesso ai miei appartamenti privati, servono ad appagarmi
e ad intrattenermi affabilmente. Comprenderai cosa intendo
dire.”
Purtroppo per lui, la fanciulla parve tutt’altro che
scandalizzata, – Merlin sapeva bene che quell’aria depravata e dissoluta, di
cui si vantava, era solo una frottola improvvisata – quindi replicò
prontamente. “La cosa non mi riguarda, Mio Signore. Ciò che fate, e con chi
indugiate, non è affar mio. Non avrò occhi e non avrò
orecchi.”
“Ma la lingua non ti manca!” le appuntò, contrariato dalla
propria tattica miseramente fallita.
“Ho solo cercato di dirvi che…”
“Basta! Basta!” con sua grande
irritazione, Arthur realizzò che la cosa gli stava
sfuggendo di mano. Era meglio sospendere quella discussione, per il momento. Solo un piccolo armistizio, si
ripromise, per non intaccare il suo amor proprio.
Del resto, odiava sbrigare grattacapi di primo mattino,
soprattutto se non aveva neppure fatto colazione, e fu a questa mancanza che
rivolse l’attenzione.
“Lo hai portato tu?” le chiese di colpo, indicando il portavivande,
come se non avessero discusso di tutt’altro fino a un istante prima.
Merlin osservò il vassoio che aveva arricchito con ogni bendiddio nella speranza che addolcisse l’umore del principe.
“Sì. Pensavo poteste gradire.” Aveva usato la magia per mantenere
la temperatura perfetta del cibo, scegliendo prelibatezze salate e dolci, per
ogni evenienza, a seconda dell’umore volubile dell’Asino Reale.
L’erede al trono ne parve piacevolmente sorpreso, mentre
iniziava a mangiare, e lui estraeva dal canterano gli abiti che il suo signore
avrebbe indossato di lì a poco.
La colazione sostanziosa ebbe l’effetto desiderato, perché
l’espressione di Arthur si fece meno truce dopo l’ultimo boccone.
Un po’ aiutò anche il fatto che davanti al paravento fossero
già stati disposti, con assoluta cura, gli abiti e gli accessori che avrebbe
indossato di lì a poco. E il tutto contribuì a mitigarlo.
Afferrando i vestiti per il cambio, da dietro il pannello
divisorio lo si sentì borbottare un: “Se non altro, sai come si lavora…”
“Merlin mi ha spiegato i miei compiti, Sire.” Rispose ella,
alzando la voce per farsi sentire. E lui sbucò con la testa da dietro il
rivestimento.
“Non sono i tuoi
compiti!” la redarguì, nuovamente spazientito, comparendo poi col resto del
corpo, mentre si allacciava da sé le stringhe della casacca. “E non lo saranno!”
“Ne riparleremo dopo. Non vorrete far
tardi!” lo incitò, passandogli il cinturone con la spada.
L’occhiataccia del principe la freddò.
Merlin si morse la lingua troppo tardi. Aveva nuovamente
dimenticato che Arthur odiava quando la gente gli ricordava i suoi doveri,
soprattutto se sembrava che stesse difettando in qualcosa.
Generalmente accoglieva queste sue puntigliosità con sbuffi seccati, maLin non era Merlin e
non erano certamente tollerate, da parte sua, ingerenze da una sconosciuta.
“L’insolenza è una dote di famiglia, a quanto vedo.” Sbottò,
infilando il secondo stivale.
“Non volevo mancarvi di rispetto, Milord.” Si scusò,
chinando il capo.
“Ora devo andare. Ne riparleremo.” Ripeté anch’egli le
stesse parole di poc’anzi.
“Certo, Mio Signore.” Concordò, mite, guadagnandosi il primo
cenno d’approvazione del principe.
Poi corse verso il cassetto del mobile accanto al letto,
sfilando il mazzo di chiavi che apriva ogni porta di Camelot.
“Non potete dimenticare queste.”
Arthur le afferrò, impressionato e stupito al contempo. “Tu…
come?”
“Merlin.” Motivò
ella, “Merlin mi ha spiegato tutti i miei compiti, come vi ho detto prima.”
Il principe sollevò le sopracciglia
scettico. “Ma non era partito in fretta?”
“Mmm… sì, però l’ho accompagnato
per un pezzo di strada e nel frattempo lui mi ha sciorinato tutto.”
“Ne deduco che, se ti ha rivelato dove sono nascoste le mie
chiavi private, egli sia un enorme idiota oppure che abbia cieca fiducia in
te.”
“Sì, Sire. Assolutamente.”
“Assolutamente cosa? Che è un idiota?” la provocò, prendendola in giro.
Merlin arrossì suo malgrado. “No, Maestà. La seconda.
Intendo dire che è la seconda ipotesi quella giusta. Se acconsentirete ad
accettarmi al vostro servizio, lavorerò con la stessa devozione di mio cugino.”
“Oh, allora che Dio ce ne scampi!” rise lui, per la prima
volta di buonumore da che si era alzato.
Ma pochi istanti più tardi una guardia bussò alla porta,
ricordando che la presenza dell’erede al trono era richiesta con urgenza.
Arthur digrignò i denti e se ne uscì senza salutarla, tuttavia
un secondo dopo riapparve dall’uscio.
“Se proprio non sai che fare, puoi dilettarti a riordinare
un po’.” Le disse, secco.
“Sarà fatto, Sire.” Promise, dispiegando le gonne in una
profonda riverenza. Però, quando la porta fu richiusa e rimase solo, sospirò.
Il peggio non era
ancora passato.
Continua...
Disclaimer:I
personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma
di lucro, da parte mia.
Ringraziamenti:
un abbraccio a Tao, che sopporta i miei scleri. X3
Note: con la mia
solita pignoleria, ho fatto ricerche sulle usanze di vestiario medievale, in
particolare per quanto riguarda la biancheria intima, praticamente inesistente
tra i contadini poveri, riccamente elaborata tra i nobili.
I servi di un certo grado, comunque, dovevano avere un
determinato abbigliamento.
Lo dico adesso, perché quest’appunto varrà anche per il
prossimo capitolo.^^
Precisazioni al
capitolo precedente: - Sì, ho cercato di ‘usare’ la
Gwen della prima serie, quella
simpatica, prima che diventasse una banderuola
facendosi odiare da tutte noi. U_U
- Come avevo chiarito nel primo capitolo, la fic non tiene conto degli eventi della seconda stagione, ma
chiaramente potrei raccogliere qualche espediente o fatto, come quello del
cassetto delle chiavi del castello (Rif. 2x01) e usarlo con altri scopi.
- Come suggerito, ho raccolto i vostri consigli e le idee
che mi avete offerto nelle riflessioni. Grazie! Se riuscirò ad incastrarle
nella mia trama, ovviamente citerò i credits. ^__=
- x _Saruwatari_: la descrizione di Lin
l’avevi chiesta tu nel commento, è vero; ma lo hanno fatto anche altri lettori che
mi hanno recensito via mail in privato. Scusami se ti è sembrato che ignorassi
la tua richiesta, avevo messo un avviso generale, mi sembrava più corretto. Nel
prossimo capitolo, comunque, ci sarà.^^
- x Alessandra: ho una domanda: nel
commento hai detto di aver già letto una fic simile
alla mia. Potresti gentilmente dirmi il titolo e l’autore? Perché credo
di aver letto quasi tutte le fic italiane su Merlin e
la mia è la prima in cui Merlin diventa una donna, nelle altre si travestiva
solamente, pur restando maschio, e sarei curiosa di leggerla!
Note: il seguente scritto conterrà riferimenti slash più avanti
Note: il seguente scritto conterrà
riferimenti slash più avanti.
Riassunto: Merlin
è abituato a salvare la vita all’Asino Reale senza che questi se ne accorga, ma
stavolta non tutto va per il verso giusto. Colpito dall’incantesimo del
malvagio Ardof, il nostro mago farà i conti con una
sconvolgente novità: egli si risveglia trasformato in una donna.
Solo Gaius conosce il suo segreto e, finché non
troverà il modo di tornare normale, dovrà inventarsi delle scuse plausibili e
prendere il posto di se stesso al servizio del principe. Come riuscirà a
conciliare questa ‘nuova situazione’? Come si evolverà il suo rapporto con
Arthur?
Grazie del tanto entusiasmo *O*, spero che la storia rimanga all’altezza
delle vostre aspettative!
Vorrei dedicarla a quelle persone
che hanno recensito il precedente capitolo:
E a quanti commenteranno. Ai
vecchi e ai nuovi lettori.
Grazie.
The He in the She
(l’Essenza dentro l’Apparenza)
Capitolo IV
Due ore dopo che se n’era andato, la porta degli
appartamenti dell’erede al trono si spalancò come se fosse arrivato un
tifone.
“Ehi! TU!” la apostrofò appena entrato,
con aria arrabbiata, puntandole contro un indice intimidatorio. “Ho
incrociato Gaius dopo la riunione e, incidentalmente, ho scoperto che il tuo
nome non è Linlinette!”
la accusò.
“Ma, Sire! Ho cercato di dirv-”
“Mi hai fatto fare la figura
dell’idiota!”
“Però io non-” ritentò, inutilmente, perché l’altro riprese
la sua sfuriata.
“Oltretutto, il nostro medico di corte era molto felice di
sapere che ti avevo dato un lavoro! Peccato che io non l’abbia fatto!”
Merlin strinse i pugni per la rabbia fino a farsi sbiancare
le nocche. Ora sì, che aveva superato il
limite!
“Dannato Asino Cocciuto! Voglio solo una possibilità!”
gli urlò contro, sollevando il mento in segno di sfida. “Dov’è finito il
principe generoso e di buon cuore che conoscev-” s’interruppe
un istante prima di compiere un errore madornale “Che Merlin mi ha descritto?! Siete impossibile,
ecco cosa siete! Oppure tutto quello che mio cugino mi ha detto su di voi sono
solo falsità! Come si fa ad essere orgogliosi
di essere al servizio di uno come voi?! Merlin è solo un povero illuso!” ansimò, ormai a corto di fiato per
la lunga scenata. “E ora, se volete mandarmi alla
gogna per la mia insolenza, siete libero di farlo. Non mi pento di ciò
che ho detto.” Rinforzò, incrociando le braccia al petto.
Il principe la osservò in silenzio per un istante lunghissimo,
il più lungo della vita di Merlin.
Evidentemente stava assorbendo tutti gli insulti che lui gli
aveva lanciato – neanche tanto sottilmente – per poi valutare se l’onta all’onore
del futuro re di Camelot dovesse essere lavata col
sangue. Il suo.
“Seriamente.” Incominciò poi – e il mago deglutì a vuoto di
riflesso – “Ti rendi conto di quello che hai detto?”
“Sì, Vostra Maestà.” Annuì. “Me ne rendo conto. Dovreste apprezzare la mia franchezza.”
“E dopo il tuo discorso,
pensi ancora che io ti accetterei come valletta?”
“Io sono una persona di parola e ho promesso a Merlin di aiutarlo. Se avete a cuore la
sua condizione, dovreste fare altrettanto, permettendomi di restare.”
“I suoi doveri sono molto vari: alcuni duri, altri
sgradevoli; non sono adatti ad una donna.” Le obiettò.
“Non c’è niente che mio cugino faccia che io non possa fare.”
“Permettimi di dubitarne.”
“Allora mettetemi alla prova!”
“E se ti chiedessi di scaldarmi il letto?” pretese, con uno
sguardo così vizioso che avrebbe fatto svenire ogni signorina di buona famiglia
di tutta la futura Albion.
“Se Merlin vi
scalda il letto, Sire, posso farlo anche io.” Replicò lei, pronta. “E’
sufficiente che io esca dalle lenzuola prima che voi entriate.” Chiarì, col
pragmatismo di un’esperta governante.
Arthur la guardò in cagnesco.
“Considerati sotto esame.”
Prima che inclinasse il capo in una profonda riverenza, il
viso di Lin si distese in un ampio sorriso di
gratitudine. “Vi giuro che non ve ne pentirete!”
Il principe rimase stupito di quanto, quello di lei,
assomigliasse così tanto al sorriso sincero che talvolta Merlin gli regalava.
“Me ne sono già pentito, ahimè. Ma riverserò le mie
rimostranze sul diretto interessato, quando tornerà.” Le spiegò, ghignando, e
non si domandò perché lei fosse impallidita di colpo.
Guardandosi distrattamente attorno, si accorse solo in quel
momento dell’inusuale ordine presente nella stanza: il letto rifatto, i pavimenti
lustri per la prima volta da chissà quanto tempo – non avrebbe saputo dirlo, ma
di sicuro l’ultima era stata prima che gli fosse assegnato Merlin –, i suoi
stivali appaiati e lucidati a dovere, in bella fila in un angolo, le soglie
delle finestre senza un filo di polvere…
“Hai fatto tutto questo in meno di una veglia?” si stupì,
mentre avvertiva il sospetto che forse,
nei lavori domestici, le femmine sapessero effettivamente essere più
organizzate del viril sesso; anche se – ad onor del
vero – per essere più organizzati del suo servo incapace ci voleva assai poco.
“Sì, Vostra Altezza.” Rispose ella, chinando la testa. “Ma non
ho ancora finito.”
“Come ci sei riuscita?”
“Con…” molto impegno e
altrettanta magia. “Segreto!” civettò. “Ogni donna ha i suoi inconfessati espedienti
per sbrigare le faccende…”
“D’accordo, Li- uhm… com’è
che ti dovrei chiamare?” l’interrogò, accigliandosi, non ancora dimentico della
figuraccia di poco prima.
“Linette, Sire. Oppure Lin, se preferite.
Mi chiamano tutti così.” Spiegò.
“D’accordo, Linette.” Ripeté, per ricordarle che lui non avrebbe scordato
tanto presto; ma il servitore era abituato al fatto che Arthur voleva sempre
l’ultima parola, eppure raramente ce l’aveva. “Ci sarebbe ancora…”
“La vostra biancheria da lavare, l’armatura da lucidare, la
spada da affilare…” enumerò. “Lo so, Sire, e
provvederò quanto prima.”
“E tu pensi di sapere già fare tutto a dovere?”
“Certo, Maestà.” Ribadì, dimostrando sicurezza.
Tutta quella sfrontatezza gli urtava i nervi, ma aveva promesso
di darle una possibilità.
E lui era un uomo
d’onore, si disse Arthur, lanciandole un’occhiata più approfondita, quella
che non aveva avuto il tempo di fare inizialmente, al loro primo incontro.
La sondò con calma ed evidente indugiare, ignorando
volutamente il disagio dell’altra che aveva abbassato lo sguardo con pudico
rossore, sotto a quell’esame indisponente.
Alta. Minuta. Aveva un fisico fin troppo magro. Forse era
come Merlin, per costituzione, o forse aveva patito gli stenti della fame, ma
non gli sembrava corretto chiederglielo.
Certo, la somiglianza era enorme, i tratti del volto glielo
ricordavano in modo assurdo, senza contare il medesimo colore degli occhi, e
l’espressione del viso… quella sfumatura un po’ strana che Arthur non aveva mai carpito del tutto, quella che
sembrava celargli qualcosa, ma non
sapeva cosa.
Se la ragazza non si fosse presentata come la cugina di
Merlin, avrebbe finito col credere che ne fosse la sorella. Il legame di
parentela era innegabile.
Così come i modi irriverenti e la lingua mordace, a quanto
aveva potuto constatare.
E il dubbio gusto nel vestire, registrò mentalmente,
ricordando le bandane del servo. Quell’abito, ad esempio, le era troppo stretto
all’altezza del petto ed enorme nei fianchi, dove la stoffa in eccesso era
stata malamente arricciata dalla cintura. Chiaramente era di seconda, forse
terza mano… ma quel vestito… quel vestito
gli sembrava di conoscerlo...
“Linette?”
“Mio Signore?”
“Quell’abito… non è di Gwen?”
“Sì, Milord. Io non
avevo niente di adatto alla vita del castello…” si scusò. “E lei è stata
così gentile da prestarmene uno.” Spiegò.
E, benché fosse rimasto sinceramente colpito dal fatto che
Arthur aveva riconosciuto l’abito di Guinevere,
Merlin non seppe catalogare né capire se ne fosse infastidito o meno.
“Giusto. Gwen. Quel giallo è
orribile, le sta malissimo. Per questo me ne sono ricordato.”
Linette sgranò gli occhi, senza
sapere cosa dire, vergognandosi un po’ dei suoi pensieri.
“Oh, a te invece dona.”
“Grazie.” Piegò lieve il capo, arrossendo nuovamente.
“Non per la forma, ma per il colore, intendo.” Si sentì in
dovere di precisare. “Di sicuro ti sta meno peggio che
a lei.”
Lo stregone sorrise. “Lo prenderò comunque come un
complimento.” E fece la riverenza.
“Guarda, fammi un favore personale: brucialo.” Le suggerì, o forse era un ordine – ma non era ben
chiaro se lo fosse.
“Non potrei neppure se volessi, Milord.
Al momento è l’indumento migliore che ho, escludendo gli abiti di mio cugino.”
“Ahaahaaha!” rise il nobile, grondando ironia. “Sei una
pessima comica! I cenci di Merlin sono infimi,
pizzicano le pelle ovunque! Una
volta me ne ha prestato uno…”
Ma siccome la fanciulla sembrava davvero seria, Arthur si
accigliò. “Non… non stavi scherzando?”
“No, Sire.” Sibilò il mago, con l’ultimo rigurgito
l’orgoglio.
“Bene!” si risolvette l’altro, sbattendo le mani l’una
contro l’altra. “Senti cosa faremo: finirai più tardi di rassettare; mentre io
andrò ad allenare i cavalieri, tu, ora,
andrai al mercato-”
“A fare cosa?” l’interruppe Lin,
cercando di capire dove il principe volesse andare a parare.
“A fare quello che piace a voi ragazze!”
“Ovvero?”
“Mi prendi in giro?!” l’accusò
Arthur, assottigliando lo sguardo. “Compere! Spese! Acquisti! Dalle bancarelle,
vi si sente ciarlare con i vostri gridolini estasiati fin dentro l’arena dei
combattimenti!”
“E scommetto che questo chiasso disturba sovente i vostri
allenamenti…” insinuò, malevola.
“Certo che sì!” sbottò il principe, infastidito, perdendo il
filo del discorso e non ricordando più cosa stava per dire. “Ma non è questo il
punto… dov’eravamo rimasti?”
“Al mercato, Sire.”
“Ecco, giusto!” Arthur armeggiò col sacchetto di pelle che
teneva legato alla cintura ed estrasse una grossa manciata di monete. “Vai al
mercato e comprati quello che ti serve, quello straccio offende il mio senso
estetico.”
“E da quando voi avreste un senso estetico?!”
rise lei, senza pudore. E all’ennesima occhiataccia risentita, si ricompose,
tossicchiando. “E comunque non posso accettare, Mio
Signore, mi sentirei in debito con voi.”
“Nah!,
non ti preoccupare!” sorrise lui, sbattendole in mano i soldi. “Prendilo come
un anticipo. Visto che Merlin ti ha messo in questo guaio, li detrarrò dal suo
stipendio per i prossimi mesi. Quando tornerà, lavorerà gratis per un bel po’.”
“Ma-ma… ma non è giusto!” si lamentò
la ragazza.
“Oh, sì che lo è.” La contraddisse lui, mettendo fine alla
questione. “Vai e divertiti!” le consigliò, prendendola per le spalle e spingendola
verso la porta dei suoi appartamenti, malgrado le sue
proteste. “E poi stracciaquel dannato vestito e scusati con Gwen.
Di’ che è stato un incidente.”
Esattamente in quel momento, Merlin inciampò sull’orlo della
sottana, e un cupo ‘strap!’ risuonò fra loro.
“Ecco, brava!” le labbra di Arthur si arricciarono soddisfatte,
mentre invece il mago imprecava sottovoce, controllando il danno. “Vedo che hai
capito!” e, per consolidare il concetto, al passo successivo della ragazza, fermò
casualmente lo stivale sopra un altro
lembo della gonna allargando lo strappo.
Lo sguardo affranto di Lin,
diventato in fretta arrabbiato, non lo intimidì neanche un po’.
“Se ti scoccia, dai la colpa a me. Gwen
mi adora, non protesterà.” Disse, borioso.
Ma Merlin aveva già architettato una piccola vendetta.
“Oh, non temete: provvederò senz’altro!”
Continua...
Disclaimer:I
personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma
di lucro, da parte mia.
Ringraziamenti: un
abbraccio a Tao, che sopporta i miei scleri. X3
Note: Siete contenti/e
che io abbia aumentato la lunghezza del capitolo? ^______^
Mi avevate fatto notare che essi finivano troppo in fretta e
ho cercato di rimediare.
Però, per questo motivo, la parte sulla biancheria medievale che avevo promesso
nello scorso capitolo salta al prossimo, scusate. ^^’’
Un’altra cosa che vorrei chiarire è la sfuriata di Merlin
come l’ho concepita io.
Tutto nasce dalla convinzione che con l’Asino Reale ci vogliano
le maniere forti, e Merlin lo sa, per questo spinge i tasti sensibili del suo
orgoglio.
La risposta di Arthur non è accesa; le sue battute hanno un
registro completamente diverso dall’inizio del capitolo, ed è voluto; nel senso
che il principe capisce che ha sbagliato e ora devia il tono per riprendere le
redini della situazione.
Precisazioni al
capitolo precedente: (a random) - Le reazioni di Uther e Morgana alla presenza di
Linette non tarderanno. Le ho già scritte.^^
- Ma perché mai
Arthur dovrebbe sospettare qualcosa sull’identità reale di Linette? Noi sappiamo che lei è Merlin, ma lui no e prende
per buone le spiegazioni che lei gli offre.^^
Dovreste leggere la fic immaginando di essere nella
testa del principe… o forse no, potreste rimanerne scossi! XD
- Arthur non può rimanere “folgorato” da Linette
perché lei non è bella.^^ E’ la mia idea di Merlin in versione femminile,
perciò non c’è bellezza nel senso classico del termine né secondo i parametri
medievali dell’epoca! XD No, decisamente lei non sarà mai una Mary Sue ^.^ E
poi Merlin, siamo sinceri, ha un musetto birichino e adorabile quando sorride, ma
è tutt’altro che affascinante, no? ^__=
- Sì, Arthur adora già la sua futura suocera.
^___________________^
(E se Hunith scopre cosa le ha
gufato quel suo figlio snaturato, lo prende a mazzate! XD)
Note: il seguente scritto conterrà riferimenti slash più avanti
Note: il seguente scritto conterrà
riferimenti slash più avanti.
Riassunto: Merlin
è abituato a salvare la vita all’Asino Reale senza che questi se ne accorga, ma
stavolta non tutto va per il verso giusto. Colpito dall’incantesimo del
malvagio Ardof, il nostro mago farà i conti con una
sconvolgente novità: egli si risveglia trasformato in una donna.
Solo Gaius conosce il suo segreto e, finché non
troverà il modo di tornare normale, dovrà inventarsi delle scuse plausibili e
prendere il posto di se stesso al servizio del principe. Come riuscirà a
conciliare questa ‘nuova situazione’? Come si evolverà il suo rapporto con
Arthur?
Grazie del tanto entusiasmo *O*, spero che la storia rimanga all’altezza
delle vostre aspettative!
Vorrei dedicarla a quelle persone
che hanno recensito il precedente capitolo:
E a quanti commenteranno. Ai
vecchi e ai nuovi lettori.
Grazie.
The He in the She
(l’Essenza dentro l’Apparenza)
Capitolo V
Merlin camminava per le vie della cittadella bassa come se
le vedesse per la prima volta.
Non aveva mai fatto caso a quante bancarelle vendessero
stoffe e suppellettili destinati alle dame che vivevano a Camelot
e a tutte le popolane che potevano permetterselo.
Quando Arthur l’aveva congedato nell’anticamera,
ripetendogli cosa si attendeva da lui, aveva capito che il principe era
dannatamente serio, e che si aspettava che il suo ordine fosse eseguito.
A malincuore ricordò anche lo strappo fatto sulla gonna, e
si dispiacque per Gwen, che era stata così gentile
con lui.
Fu forse quel pensiero ad evocarla, perché un istante dopo
la serva di Lady Morgana gli era affianco, col suo
solito sorriso affabile e l’aria gentile.
“Linette!” la salutò,
accostandosi. “Che piacevole sorpresa! Com’è andata
con Sua Maestà? Ti ha preso al suo servizio?” la interrogò, con
curiosa partecipazione. “Oh, ma non vorrei apparire impicciona…” si giustificò.
Merlin sorrise suo malgrado. La cara, amica Gwen.
“Sì, sono in prova.” Le rispose, realizzando il sollievo che
sentiva.
“Ne sono felice!” si complimentò l’altra. “Ma come mai sei
qui?”
“Perché, vedi…” indugiò, ragionando su dove fosse meglio
partire. E poi c’era una cosa che gli premeva di fare. “Perdonami, ti prego!,” riesordì, stupendola. “Purtroppo
il principe ha rovinato il tuo
vestito, Guinevere, mi dispiace!” Si rammaricò.
“Oh!, non… non importa…” minimizzò,
ma il mago si accorse del dispiacere che aveva provato. “Era vecchio e
malandato, me l’aveva regalato mio padre anni fa…”
“Arthur mi ha detto di riferirti che si scusa, e vorrebbe
che tu acquistassi un abito nuovo a tuo piacere, sarà felice di rifonderti il
danno.”
“Ma… ma non serve!” rifiutò la serva, arrossendo. “Il
principe è stato molto gentile, però non posso accettare!”
“Non vorrai disubbidirgli!” insistette Merlin, “Così mi
metteresti nei guai!”
“Mmm… d’accordo.” Acconsentì.
“E… poi dovrei abusare della tua gentilezza…” riprese lo
stregone, tentennando.
“Ma sicuro! Dimmi pure…”
“Sono venuta qui per acquistare
quello che mi serve, ricordi che stamattina ti ho spiegato che sono partita in
fretta?”
“Oh, certo! La tua biancheria!”
“Infatti.” Confermò l’altro. “Potresti aiutarmi? Non conosco
il mercato di Camelot e temo di perdermi.”
“Con piacere!” sorrise, prendendola sottobraccio e
trascinandola verso il vivace chiacchiericcio delle bancarelle. “Stavo giusto
recandomi là per una commissione affidatami dalla mia signora, Lady Morgana, e dopo
sarò a tua completa disposizione.” Le spiegò. “Quanti soldi hai da spendere?”
Il mago sfilò dalla tasca della gonna diverse monete.
Gwen sgranò gli occhi. “Ma è una
piccola fortuna! Il principe è stato molto generoso!”
“No, no, è la paga di Merlin dei prossimi mesi.” Spiegò, a
malincuore.
“Ah!, allora cerchiamo di non
sperperarlo…” consigliò più saggiamente.
“Sì, decisamente.” Ne convenne. “E poi ho fede che mi
servano poche cose, resterò qui solo
il tempo necessario.”
***
Merlin e Gwen avevano in testa un
concetto molto diverso di poche cose.
Peccato lui l’avesse scoperto solo in quel momento, a sue spese – in senso letterale e anche
figurato.
La cesta che Guinevere teneva sottobraccio traboccava di
tessuti da cucire – si era gentilmente offerta di sistemarle l’orlo di tre
gonne –, sottovesti, mutandoni, calzamaglie, bustini, camicie da notte – che se
ne sarebbe fatto?, ma a lei non poteva dirlo – e
scarpe su cui era stato irremovibile: assolutamente senza tacco.
Veniva poi il paio di stivali che lui stesso teneva in mano
– nel paniere non c’era più posto – fazzoletti ripiegati, uno scialle in lana,
color rosa antico – all’ultima moda, gli era stato garantito! – e due camiciole
– oh!, ma che adorabili! – e poi dei fermagli per
tenergli i capelli, e altri accessori vari per la toeletta femminile di cui
ignorava l’esistenza, l’uso e lo scopo (ma anche questo non poteva dirlo a Gwen).
“E questi sono per quando avrai le tue cose, cara.” Le bisbigliò discreta, passandole un morbido involto
di forma rettangolare.
Merlin la squadrò esterrefatto. Erano tutte cose sue anche le altre che aveva
comprato! Che Guinevere fosse ammattita a
causa degli sfrenati acquisti?
Tuttavia non ebbe cuore di rifiutare, visto com’era stata
gentile e paziente con lui. Mise pure quel pacchetto con gli altri e, osservando
sconsolato tutto quel denaro sprecato per niente, inveì mentalmente contro Ardof e qualsiasi dannato incantesimo gli avesse lanciato
contro. E successivamente anche su Arthur – visto che Ardof
ce l’aveva con il principe e non con lui, vittima incolpevole – e pure col
destino, che si divertiva a perseguitarlo con un senso dell’ironia alquanto
discutibile.
Fu però borbottando contro il suo Asino Reale che ricordò anche
il torto subìto da Gwen, e la trascinò di filato
verso il laboratorio della miglior sarta di Camelot.
“Linette, ma non serve!” protestò
ella, “Costerà molto meno prendere la stoffa, e me lo cucirò da sola…”
“No, mia cara.” Lin fu
irremovibile, e Guinevere si chiese perché stesse ghignando, se fino a poco
prima sembrava tutta angustiata.
Dopo l’ennesimo: “Ordini del principe!” la serva si arrese.
I modelli multicolore e le stoffe
variopinte in esposizione erano una miriade; stordivano, quasi, con la loro
vivacità.
Il mago le suggerì di guardarsi attorno e di scegliere a
piacere. Ma l’amica buttò lo sguardo su un abito già confezionato, che pendeva
da una gruccia, un po’ discosto dagli altri.
“Linette, guarda che meraviglia!”
il sorriso la illuminò, rendendola estasiata. “E’ un’insperata fortuna!”
“Sono contenta che ti piaccia.” Si congratulò.
“Basterebbe solo fare qualche modifica sui fianchi…”
s’intromise la sarta, desiderosa di concludere l’affare. “Prego, prego…
indossalo, così prenderò le misure!”
Gwen si vestì, svolazzando per
tutto il negozio. “Mi sta bene?”
“Oh, sì.” Merlin accarezzò distrattamente un altro tessuto, posato
sul tavolo da lavoro, meditando sull’azione di Arthur. “Non la passerà liscia!”
borbottò tra sé.
“Come, prego?” domandò Guinevere, che non aveva capito.
“Dicevo… ‘Senti com’è liscia’!” le
spiegò, nascondendo un sorriso ambiguo. “Toccala!” e le porse lo scampolo di
stoffa che stava valutando.
“Sarebbe meravigliosa,” ne
convenne. “Ma davvero troppo, per me.”
***
Pagato un anticipo sul prezzo, concordarono il saldo al ritiro
dell’abito, per il giorno seguente, con le modifiche finite.
Merlin stesso si offrì di compiere la commissione e
insistette così tanto che Gwen dovette cedere.
In un secondo tempo, stabilirono che fosse ormai ora di fare
ritorno al castello e, scansando i monelli che si rincorrevano tra le viuzze,
arrancarono lente verso il palazzo, cariche dei tanti acquisti.
Il ragazzo ringraziò gli dei che quella tortura stesse per
finire; gli dolevano anche i piedi, sentiva le vesciche pulsare ad ogni passo,
e si chiedeva come facesse Guinevere ad essere così di buonumore: salutava di
continuo nuove persone – metà di loro, lo stregone non le riconosceva – e aveva
sempre una parola gentile o un sorriso per tutti. Alcuni garzoni si erano persino
offerti di aiutarle nel trasporto della spesa, ma lei aveva garbatamente
rifiutato, lodando la loro cortesia.
Un’altra cosa che Merlin ignorava, almeno fino a quel
momento, era la facilità con cui una ragazza poteva ricevere attenzioni e
favori, anche se non richiesti.
Arrivate davanti al banchetto del fruttivendolo, Gwen gli presentò quel ragazzotto come ‘quello che vende le
migliori mele di Camelot’.
La cosa lo aveva fatto un po’ sorridere, ma la sua amica era
serissima, a tal punto da spiegarle che Lady Morgana mangiava solo e soltanto quelle
comperate da lui.
A quelle parole, il mercante aveva gonfiato il petto tutto
orgoglioso e, benché non fossero lì per acquistarne, aveva regalato loro due
succosissimi frutti dalla polpa scrocchiante.
Dieci bancarelle dopo, un fioraio alquanto sfrontato le
aveva offerto un bocciolo di rosa in cambio di un bacio e, quando Linette s’era rifiutata, scandalizzata da tale, imprevista
sfacciataggine, lui gliel’aveva donato lo stesso, per farsi perdonare la
scortesia.
Merlin finì col pungersi con le spine, e la cedette
all’amica, che l’aveva apprezzata molto più di lui.
Del resto, non gli era mai capitato che un uomo gli
regalasse fiori e non sapeva se sentirsi lusingato della cosa oppure offeso
nella sua intrinseca mascolinità.
No, decisamente non si
capacitava di cosa fosse peggio.
“Stai lontana da Ludwel, mi
raccomando.” Le bisbigliò Gwen, d’un tratto, mentre
s’appressavano ad un tizio che sembrava non attendere altro che l’arrivo di loro
due. “Fa sempre il cascamorto, ed ha la pessima abitudine di allungare le mani,
quando può.”
“Guinevere!” la salutò, infatti, con un sorriso untuoso,
allargando le braccia. “Sei bellissima anche oggi! Ma codesta meravigliosa
creatura che è con te… chi ho l’onore di conoscere? Una
regina, forse?”
Il giovane servo sapeva che quel tizio stava volutamente esagerando.
Era consapevole di non essere bello. Malgrado
l’acconciatura elaborata fatta quel mattino, aveva dei tratti anonimi ed era
decisamente troppo striminzito per
piacere ad un uomo; tuttavia, arrossì fino alle punte delle orecchie nascoste.
Quel bellimbusto stava raggiungendo livelli di sfrontatezza inauditi!
“Giù le mani, Ludwel!” Gwen lo ammonì a priori, perdendo il tono gioviale con cui
di solito trattava tutti, la cosa stupì non poco il mago. “La mia amica è al
servizio diretto dell’erede al trono. Se vuoi che la tua testa sia ancora sul
collo domani, non provare ad infastidirla!”
“Del principe?!” ripeté lui,
mangiandosi Merlin con gli occhi. “Oh, per carità, ci tengo a vivere, io!”
ciarlò, con un tono melodrammatico da giullare. Si fece perciò da parte,
inchinandosi vistosamente quando le due donne passarono davanti a lui. Eppure,
e lo stregone non riusciva a capacitarsi di come, l’uomo era riuscito a
sfiorargli il vestito, all’altezza del fondoschiena, con una sfuggente
palpatina. Il sorriso furbo che gli stiracchiava le labbra ne fu la riprova.
E allora Linette fece finta di
scivolare all’indietro, cadendo casualmente col tacco appuntito sul piede di
quel farabutto, che si chinò a terra per il dolore. Lei ne approfittò per
dargli un ulteriore colpo, ben più piazzato, dove difficilmente avrebbe
dimenticato.
Chiosando un “Oh, scusatemi tanto, messere!” se n’era poi andata,
riprendendo Gwen sottobraccio.
Principe o no, era certo che Ludwel non le avrebbe
mai più infastidite.
***
“Ho cercato di mettere una buona parola per te.” Lo avvisò Gaius, quando si rividero per pranzo.
Lo stregone nascose una smorfia dietro ad un pezzo di pane.
“Grazie della premura.”
“In realtà, temo di aver peggiorato le cose.” Ammise il
vecchio medico, rimestando la zuppa nel piatto. “Quando ti ho nominato, il principe ha fatto una faccia!”
“Immagino!” ghignò il mago, “Eppure mi avete aiutato
davvero. Diciamo che ad Arthur serviva una spintarella… e le vostre parole mi
hanno offerto il pretesto buono.”
“Beh, l’importante è che poi le cose si siano sistemate.” Filosofò,
versandosi dell’acqua. “Oggi pomeriggio, ad ogni modo, cercherò tra i libri, successivamente
tu mi aiuterai. Ora è bene che tu vada a portare il cibo a Sua Maestà,
l’allenamento dev’essere finito.”
Il ragazzo annuì, raccolse le proprie ciotole e le posate, e
si avviò all’uscita.
“Ah, Merlin?” lo richiamò Gaius.
“Sì?”
“Hai saccheggiato l’intero mercato?” s’informò, indicando il
mucchio informe di merce posato in un angolo della stanza.
“Sono stato costretto!”
Si difese. “Abbiate pazienza, dopo sgombrerò tutto.”
“Hai intenzione di restare per molto così?” scherzò il
vecchio. “Non avrei mai pensato di avere una figlia alla mia età!” rise.
“Vi prego, non burlatevi di me!” si lagnò il giovane.
“Hai ragione.” Il cerusico perse la sua aria allegra. “Temo
non sarà così semplice riportarti alle tue fattezze originarie. In vita mia,
non ho mai letto di un incantesimo così potente. Ma non
disperare!”
Merlin sospirò, nient’affatto rincuorato.
E la campana batté la sesta ora. Il che voleva dire che,
come sempre, lui era in ritardo e che avrebbe subìto l’ira del principe.
Continua...
Disclaimer:I
personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma
di lucro, da parte mia.
Ringraziamenti:
un abbraccio a Tao, che sopporta i miei scleri. X3
Note: Ok, so che
qualcuno/a di voi sta storcendo il naso perché in
questo capitolo non compare Arthur bensì la Banderuola (nel forum
di Merlin la chiamo sempre così, un tenero eufemismo per identificare il suo frequente
cambio di interessi maschili). Però io mi sono divertita tanto a scrivere dello
shopping sfrenato di Merlin con lei XD, giusto per far capire che non importa
in quale secolo tu possa vivere: la febbre degli acquisti ti colpirà! @_@
Per farmi perdonare, sto pensando di aggiornare già la settimana
prossima, anche se di solito attendo 15 giorni, per permettere almeno ai miei
lettori abituali di aver tempo di leggere e di darmi un parere.
Non so, vedremo come vanno i commenti…
Comunque, vi anticipo già che nel prossimo ci sarà l’ora del
bagnetto! *ç*
“Desiderate che vi
strofini la schiena?”
(Nell’attesa, non vi resta che immaginare la faccia di
Arthur XD)
Una cosa che vorrei chiarire è il colpo “che il tizio non
avrebbe dimenticato mai”.
Ci ho pensato su. Merlin è un maschio. Da maschio a maschio...
mi sorge il dubbio che si tenda a non colpire lì, per tacita fratellanza. Quando
mai vedi un maschio colpire nelle balls un altro maschio?
Invece è una specie di cliché da donne. Non è lì che ti insegnano a colpire se
vuoi difenderti? XD
Ma forse Merlin si sente più donna di quel che crede, in quel momento X°D (per questo l’ho lasciata così).
Se ci fosse qualche maschietto in diretta (e lo so che ci
siete, solo che siete timidi!) mi farebbe piacere avere il suo parere al
riguardo.
Precisazioni al capitolo
precedente: (a random) - Visto l’entusiasmo generale per l’allungamento del capitolo scorso, oggi
sono arrivata quasi a 2000 parole. (Non sia mai che poi diciate che non ascolto
i vostri desideri! XD)
- Sì, senza dubbio Merlin non avrà vita semplice. So essere ‘starda dentro,
quando voglio! ^.^
E ovviamente ci sarà chi malignerà su di loro, le pettegole comari
al castello sono come le vecchiacce zitelle che ti abitano accanto ovunque tu
viva. Sono come la sfiga. Dappertutto.
- Comunque Arthur non ha bisogno del suo aiuto per essere
asino, ci riesce benissimo da sé! U_U
- Arthur non ha rinfacciato a Linette
di averlo chiamato “Asino”, anzi, “Dannato Asino Cocciuto!” semplicemente
perché era così sconvolto dall’inaspettata sfuriata (non è abituato a serve
così sfrontate) che, poveretto, il suo cervello dev’essere
andato in black out (lo sapete che un giorno sarà un
grandissimo e tontissimo re, no? XD)
Oh, suvvia. Dategli fiducia, in questa fic
mi piacerebbe caratterizzarlo meno idiota del telefilm. (Ma non da subito…
facciamolo maturare!)
- Direi che fondamentalmente lui è buono d’animo, anche se
ancora immaturo sotto vari aspetti. Come ha detto qualcuno di voi, però, c’è da
dire che Merlin ha addomesticato il carattere viziato che aveva il principe
all’inizio e ha anche aumentato i suoi livelli di sopportazione!
- Oh, avete colto la gelosia inconscia di Merlin? Bene. Il
mio animo slash ne è felice.
- A chi chiede se i due Asini stavano già assieme, rispondo
che no, prima della trasformazione non c’era niente tra Arthur e Merlin. Non a
livello conscio, perlomeno.
Un’ultima cosa:
Per chi se la fosse persa, la mia ultima fic
su Merlin è questa: “Kitchen, sweetkitchen.”
Ringrazio quanti l’hanno commentata (sono contenta che il
fluff non vi abbia cariato i denti!) e chi commenterà.
Infine, auguro una Buona Pasqua con
lieve anticipo.
Che sia un momento di pace con chi
amate, e non ingozzatevi di cioccolata! ^__=
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(Chiunque voglia
aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio crede) Come sempre, sono graditi commenti,
consigli e critiche.
Note: il seguente scritto conterrà riferimenti slash più avanti
Note: il seguente scritto conterrà
riferimenti slash più avanti.
Riassunto: Merlin
è abituato a salvare la vita all’Asino Reale senza che questi se ne accorga, ma
stavolta non tutto va per il verso giusto. Colpito dall’incantesimo del
malvagio Ardof, il nostro mago farà i conti con una
sconvolgente novità: egli si risveglia trasformato in una donna.
Solo Gaius conosce il suo segreto e, finché non
troverà il modo di tornare normale, dovrà inventarsi delle scuse plausibili e
prendere il posto di se stesso al servizio del principe. Come riuscirà a
conciliare questa ‘nuova situazione’? Come si evolverà il suo rapporto con
Arthur?
Grazie del tanto entusiasmo *O*, spero che la storia rimanga all’altezza
delle vostre aspettative!
Vorrei dedicarla a quelle persone
che hanno recensito il precedente capitolo:
E a quanti commenteranno. Ai
vecchi e ai nuovi lettori.
Grazie.
The He in the She
(l’Essenza dentro l’Apparenza)
Capitolo VI
Per sua enorme fortuna, invece, l’Asino Reale non era ancora
rientrato nei propri appartamenti.
Anzi, dal clangore che si udiva fin lì dall’arena, si
sarebbe detto che ne aveva ancora per un bel po’.
Del resto, entro qualche settimana si sarebbe tenuta
l’annuale Festa d’Investitura e i giovani rampolli delle nobili casate volevano
fare bella figura davanti al principe. Egli, dal canto suo, si divertiva a testare la loro abilità e
resistenza con una puntigliosità quasi morbosa. Sadismo, si chiamava.
In questo caso, però, l’ostinazione dell’erede al trono giocava
a suo favore e Merlin lo sapeva.
Posò sul tavolo il pranzo, sussurrando lo stesso incantesimo
del mattino perché non si freddasse. Poi si risolvette a terminare i compiti
che aveva lasciato in sospeso prima.
Aprendo l’anta dell’armadio per riporre dei vestiti
inutilizzati e ancora puliti, passò davanti allo specchio a figura intera che
di solito Arthur usava per pavoneggiarsi.
Benché lui fosse molto più umile e assennato del suo
signore, cedette un istante alla voglia di rimirarsi.
Il vestito nuovo che Gwen gli
aveva fatto mettere, al posto del suo malandato, gli stava effettivamente meglio. Se non altro, non doveva nascondere metri di
stoffa in esubero. E poi i suoi piedi avevano implorato pietà, e finalmente aveva delle scarpe decenti.
Merlin sorrise alla ragazza riflessa davanti a lui ed ella
ricambiò, impacciata.
Sarebbe stata dura abituarsi, ma probabilmente un giorno ne
avrebbe riso, ricordandolo come uno dei tanti incidenti di percorso, nel suo
cammino verso Albion e il futuro di gloria che quel
dannato drago gli aveva profetizzato.
“Il drago!”, gridò, sussultando. “Lui potrà di certo sapere
come risolvere questa cosa!” realizzò.
E, se da una parte quest’improvvisa epifania lo rese momentaneamente
felice, dall’altra non poté dimenticare il loro ultimo incontro.
Aveva litigato con l’essere magico in modo assai pesante e Merlin
aveva giurato che non sarebbe mai più andato da lui a chiedere aiuto.
Ad onor del vero, egli era una persona che teneva fede ai propositi, però… a mali estremi, estremi rimedi!
Se dai libri di Gaius non avessero
cavato un ragno dal buco, sarebbe ricorso alla sua saggezza millenaria, anche a
costo di umiliarsi nuovamente, perché – di certo – quel bestione non
gliel’avrebbe fatta passare liscia.
Ma tutto gli sembrava poca cosa, se paragonato alla
possibilità di tornare in sé.
“Mi aiuterà, sì. Dovrà
aiutarmi…” borbottò, soprappensiero, ripiegando la medesima casacca per
l’ennesima volta e non si curò del fatto che, parlare ad alta voce da solo, non
fosse normale.
Per sua fortuna nessuno entrò e nessuno lo udì. Tuttavia, dovette
accantonare la propria euforia speranzosa e rimettersi a lavorare, di buona
lena, per il resto del giorno.
Quando il principe fece ritorno, gli servì il pranzo in modo
impeccabile, giusto perché non avesse niente da ridire sui suoi servigi.
L’erede al trono parve anche compiaciuto del cambio d’abito.
Il servo sghignazzò tra sé, ripensando a quando Arthur aveva
detto che la veste di Gwenoffendeva il suo senso estetico.
Ma non ebbero modo di scambiarsi molte parole, mentre il suo
signore pranzava.
Il mago si rendeva conto che la sua presenza metteva un po’
a disagio il Nobile Somaro. Per questo cercava di dimostrarsi efficiente e, per
quanto possibile, discreto.
A suo modo, il principe lo apprezzò e si dimostrò
stranamente gentile nel ringraziare Linette per ciò
che faceva. Di solito, quando Merlin gli versava il vino nella coppa, si
limitava ad un cenno della testa come approvazione e simbolica gratitudine, e
invece con lei si sforzava di essere cortese, anche se distaccato.
Se fosse dipeso da lui, il servo avrebbe preferito dei modi
più spicci e schietti, quell’armonia che caratterizzava i loro momenti insieme,
fatta di battute irriverenti e bisticci e amicizia.
Però sapeva di non poter pretendere tutto e subito, avrebbe
fatto costruire anche a Linetteunqualcosa. Se non altro
perché la vita del futuro re di Camelot era nelle sue
mani ed egli doveva fidarsi di lei e
tenersela accanto il più possibile fino al suo rientro
ufficiale.
Il pomeriggio scivolò via, e fu quasi all’ora del vespro che
Arthur tornò da lui, stanco e impolverato dagli allenamenti, mentre Lin stava lucidando lo scudo.
“Ho quasi finito, Sire. Poi andrò a
pulire le stalle.” Precisò, prevenendo eventuali proteste.
“Non serve. Ho dato ordine agli stallieri di farlo. E’
sufficiente che tu ti prenda cura del mio cavallo.”
“Ma Merlin…” obiettò lei.
Arthur distolse lo sguardo. “Diciamo che spalare letame
nelle scuderie reali non è propriamente
un compito del valletto personale del principe” le sorrise
colpevole. “Era una punizione che gli avevo assegnato all’inizio e che
poi ho… come dire… dimenticato di
esentargli.”
“Dovreste vergognarvi!” Lo sguardo di Lin
esprimeva tutta la sua riprovazione. “Appena mio cugino ritor-”
“Oh, suvvia!” minimizzò, occhieggiandole sfacciatamente. “Tu
non glielo dirai, vero?”
Ma la ragazza non abboccò. “E’ un ordine?” chiarì lei,
incrociando le braccia.
“Dovrebbe esserlo?” domandò l’erede al trono, a sua volta.
“Preferisco che sia una richiesta.”
“Come volete.” Recitò, e reclinò il capo in un compìto inchino.
Il nobile sbuffò, versandosi da bere da solo.
“L’acqua del vostro bagno è quasi pronta, Sire.” Lo avvisò, interrompendo
il lavoro sullo scudo e tastando la temperatura dal paiolo sospeso sopra il
focolare. Poi versò il contenuto nella tinozza oltre il paravento.
In realtà no,
l’acqua era tutt’altro che pronta, tuttavia bastò un piccolo incantesimo per
renderla perfetta al punto giusto sia per quantità che per calore.
“Ecco!” annunciò, incoraggiante. “La vasca è a vostra più
completa disposizione.”
Uscendo dalla zona spogliatoio coperto solo con un telo, Arthur
le scoccò un’occhiata diffidente.
In ricordo di un recente bagno bollente preparato da Merlin,
preferì sincerarsi: “Hai verificato che non mi possa ustionare?”
“Certo, Maestà.” Sorrise ella, “Ma se tardate un altro po’,
si raffredderà.”
A quel punto lui non poté più rimandare, benché beh… la cosa fosse alquanto seccante.
Quando sentì Linetteindaffararsi al di là del divisorio si rilassò, o forse fu
merito dell’acqua che sì, era davvero perfetta.
Sospirando finalmente, iniziò a detergersi la polvere e il
sudore.
“Desiderate che vi strofini la schiena?” gli fu chiesto d’un
tratto, e tanto bastò per rompere l’idillio di armonia.
“No, grazie.” Rifiutò secco.
“Oh, suvvia!” lo canzonò la ragazza, “Non mi scandalizzerò! E neppure voi dovreste vergognarvi…” gli spiegò, in tono leggero.
“Sia chiaro, donna.”
Ringhiò egli, tutt’altro che bendisposto. “Io non mi vergogno mai!” precisò. “E non sono un poppante,
so perfettamente lavarmi da me!” chiarì,
credendo di aver messo fine alla questione.
Il servitore, al di là del paravento, sorrise per
compatirlo.
No, non era vero
affatto.
Che lui sapesse, Arthur Pendragon
non aveva mai fatto il bagno da solo in vita sua.
Prima c’erano state le balie e più avanti i suoi valletti.
Arthur odiava lavarsi i capelli da solo, gli s’intricavano
sempre in mille nodi.
E poi toccava a lui scioglierglieli, tra mille proteste
asinine.
Oltretutto, in giornate come quelle, il principe rientrava
sfinito dall’allenamento e lui gli massaggiava i muscoli stanchi e tesi delle
spalle e del collo, mentre se ne stava quieto in ammollo.
Prendendo Lin al suo servizio,
egli rinunciava volontariamente a tutto questo e un po’ Merlin si sentì in
colpa. Ma in seguito si ricordò di cos’era diventato e decise che la sua altra metà della moneta poteva anche
patire almeno un po’, qualche privazione, con lui.
Alla fine, però, il suo buon cuore prevalse e andò a
raccattare una vecchia spazzola che usava per pulire l’elmo e la cotta di
maglia.
Sussurrò un incantesimo che faceva al caso suo e la setola e
il manico si allungarono.
“Ci sarebbe questo, se
volete. Può servirvi?” gli chiese, sventolando l’oggetto
oltre la parete divisoria nella sua direzione.
“Lin!” abbaiò lui, di nuovo.
“Ma non stavo sbirciando, Sire!” si
difese il mago. “Allora? Vi può servire?”
“Lancia!” gli ordinò l’erede al trono, pentendosene un istante troppo tardi.
Un’imprecazione e un colpo secco rimbombarono contro lo
spesso muro del castello, poi ci fu un rimbalzo sul pavimento di legno.
“Linette!” sbraitò ancora il
principe, infervorandosi. “Volevi forse uccidermi?!”
“Con tutto il rispetto, Vostra Altezza, vorrei farvi notare
che la mia mira ad occhi chiusi è tutt’altro che volontaria e precisa.” Gli
appuntò. “Tuttavia, sperimenterò un tiro appena mi sarà concesso farlo.”
“No, Linette!” Tagliò corto lui, arrossendo,
infastidito dal fatto che lei avesse ragione. “La mia testa non è un bersaglio
contemplato!”
Ed ella rise di cuore, mentre gli preparava gli abiti che
avrebbe indossato di lì a poco a cena.
Mentre il principe usciva dalla tinozza, coprendosi con un
nuovo telo, e si dirigeva furtivo dietro al paravento per asciugarsi, lo
stregone finse di guardare altrove per non imbarazzarlo ancor di più.
Qualcuno avrebbe
dovuto dire all’erede al trono che il tessuto di lino, a contatto con un corpo bagnato,
diventava trasparente.
Ma non gliel’avrebbe di certo detto lui. E soprattutto non quella sera.
Arthur aveva già un
delizioso, imbarazzato rossore sulle gote accaldate dal bagno.
“Cosa gradireste per cena?” gli chiese il mago, quando egli
fu nuovamente presentabile. “Andrò nelle cucine a prelevare i piatti.”
L’altro parve ricordarsi di una cosa solo in quell’istante. “Ho
scordato di dirti che dovrai servire la tavolata del re, festeggeremo il
compleanno di Geoffrey, il nostro scrivano di corte. Una cosa informale, come
da tradizione.”
“Il… il re?” balbettò lei, e la voce le tremò. “Ma-ma io non posso
presentarmi a lui a cena!”
“Sì, Linette, il re.” Le fece il verso il Nobile Somaro, “La tua soggezione è
ammirevole, per quanto eccessiva.” Il suo ghigno si allargò. “Non è sua
consuetudine sbranare i suoi sudditi, se è questo che temi!” scherzò. “A meno che tu non sia pratica di magia, nel qual caso… Uh! Allora sì, dovresti avere paura!” e rise della sua espressione
sconcertata. Però Merlin era così preoccupato dalla novità che non colse
la battuta.
Lui non aveva previsto di avere a che fare con il monarca. Sperava
che la faccenda si risolvesse senza
che il sovrano sapesse dell’esistenza di Lin. E invece, ora, questo complicava tutto.
Uther si sarebbe opposto alla sua presenza al
fianco di Arthur?
Continua...
Disclaimer:I
personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma
di lucro, da parte mia.
Ringraziamenti:
un abbraccio a Tao, che sopporta i miei scleri. X3
Note: D’accordo,
ve l’avevo promesso ed eccomi qui, con soli 8 giorni di stacco.
L’entusiasmo dei vostri commenti mi ha commossa e non ho resistito
ad accontentarvi, ma davvero non posso tenere questo ritmo.
Qualcuna di voi l’ha già anche detto nella sua recensione. Mi
dispiace, ma io riesco ad aggiornare solo una volta a settimana, di solito il
sabato. Ho troppi impegni di lavoro e una famiglia da mandare avanti (lavare,
stirare, cucinare…) per farcela più spesso. Oltretutto, la qualità pignola che
caratterizza le mie fic richiede tempo e impegno non
indifferenti. Per scrivere ogni capitolo ci impiego più di sei ore, e un paio
d’ore per revisionarlo, quando tutto va liscio. Ma a
volte perdo ore e ore anche solo per documentarmi e
non scrivere sciocchezze (adesso non capirete di cosa parlo, ma tra qualche
capitolo sì).
Al momento ho scritto fino all’11° capitolo e poi ne ho
pronti altri 8, ma non sono in ordine cronologico, devo prima riempire i buchi
temporali ancora in fase-bozza.
Se postassi ogni sabato un capitolo nuovo, non aggiungerei
mai leone-shot o le altre
idee mezze pronte che ho già nel pc. E poi c’è anche
chi non segue questa long, ma attende la raccolta su Ygraine
che è ferma da tempo.
Immagino la vostra ansia (dico immagino perché io non leggo fic inconcluse, com’è universalmente noto; l’attesa tra i postaggi mi ucciderebbe!) e la vostra sollecitudine è la
più bella ricompensa per le mie fatiche, ma nelle ultime settimane ho speso
ogni momento libero su questa fic, mi spiace non
poter fare di più. Scusatemi. Ç_ç
Vado oltre…
- Come avevo chiarito nel primo capitolo, la fic non tiene conto degli eventi della seconda stagione, ma
chiaramente potrei raccogliere qualche espediente o fatto, come quello del
cassetto delle chiavi del castello (Rif. 2x01) e usarlo con altri scopi. Qui,
per esempio, Arthur cita il bagno bollente preparato da Merlin nella puntata 2x09
“La signora del Lago”, ma chissà quante altre volte gli era capitato! XD
Cucciolo lui… a momenti poteva scottarsi
i gioielli di famiglia! X°D
Comunque, vi anticipo già che nel prossimo si intravedranno
le reazioni di Uther e Morgana alla presenza di Linette.
E altre piccole cosette carine ^__^
Precisazioni al
capitolo precedente: (a random)
- Vi ringrazio per aver condiviso i vari aneddoti
sull’argomento “avere le sue cose”, peccato che Merlin non le possa leggere! Siete
tutte preoccupate per lui, povero cucciolo traumatizzabile… XD
Ma lui è un ragazz- uhm… una donzella forte, saprà sopravvivere… ^___________^
- Sono contenta che il rapporto che sto costruendo tra Gaius e Linette vi piaccia, ci sarà da divertirsi!
- Gwen non è innamorata del
principe. E’ arrossita perché prova soggezione per il suo status e, il fatto
che Arthur abbia pensato al suo vestito, la lusinga e la imbarazza al contempo.
- Ad altri commenti interessanti non posso rispondere senza spoilerare, perciò abbiate pazienza^^
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aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio crede) Come sempre, sono graditi commenti,
consigli e critiche.
Note: il seguente scritto conterrà riferimenti slash più avanti
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riferimenti slash più avanti.
Riassunto: Merlin
è abituato a salvare la vita all’Asino Reale senza che questi se ne accorga, ma
stavolta non tutto va per il verso giusto. Colpito dall’incantesimo del
malvagio Ardof, il nostro mago farà i conti con una
sconvolgente novità: egli si risveglia trasformato in una donna.
Solo Gaius conosce il suo segreto e, finché non
troverà il modo di tornare normale, dovrà inventarsi delle scuse plausibili e
prendere il posto di se stesso al servizio del principe. Come riuscirà a
conciliare questa ‘nuova situazione’? Come si evolverà il suo rapporto con
Arthur?
Grazie del tanto entusiasmo *O*, (Arthur ignudo vi è proprio piaciuto, eh? X°D) spero che la
storia rimanga all’altezza delle vostre aspettative!
Vorrei dedicarla a quelle
persone che hanno recensito il precedente capitolo:
Chelsea, _ichigo_85, _Saruwatari_, YukiEiriSensei, mindyxx,
damis, GiulyB, chibimayu, lynch (grazie mille,
sono contenta che sei uscita dai lettori-ombra!), Orchidea
Rosa, Tao, angela90, miticabenny, Egle,
celine_underworld, Scricciola,
Little Fanny, Lyla_sly (ti assicuro che la tua
riflessione ‘sulle fanfic riuscite’ mi ha riempita di
gioia!) e Ryta Holmes (che non ama le Merthur ed è qui ‘sulla fiducia’ ^^) .
E a quanti commenteranno. Ai
vecchi e ai nuovi lettori.
Grazie.
The He in the She
(l’Essenza dentro l’Apparenza)
Capitolo VII
Uther si sarebbe opposto alla sua presenza al
fianco di Arthur?
Merlin continuava a chiederselo, mentre l’ansia saliva dentro
di lui.
Col cuore in gola aiutò il principe a prepararsi, poi gli
chiese se per caso dovesse anche lei cambiarsi d’abito o rendersi più presentabile
per l’occasione.
Con un’alzata di spalle, le fu detto di no.
Raccolse allora la concentrazione, pregando tutti gli dei
dell’Antica Religione affinché lo proteggessero dal compiere qualche immane
castroneria e seguì l’erede al trono fuori dalle stanze.
Ad un certo punto, Arthur si voltò a guardare Lin.
“Come mai così silenziosa?” si ritrovò a chiederle, aspettando
che lei lo affiancasse.
“N-non sono abituata a servire un
re, ho timore di sbagliare.” Confessò, torturandosi le mani nervosamente.
“E’ bene che tu debba imparare in fretta, la Cerimonia
dell’Investitura s’appressa e il banchetto d’onore con essa: tutti i valletti
reali dovranno prestare servizio.” Questo non migliorò l’espressione di lei.
“Prendilo come un esercizio. Se fallirai stasera, verrà dimenticato. Durante la
cerimonia ufficiale non sarà altrettanto semplice.”
“Sire, vi prego, smettetela! Mi state
angosciando!”
Arthur sollevò un sopracciglio stupito. I suoi tentativi di
rassicurazione erano andati a vuoto.
“Mettiamola così: se non
verserai il vino in testa al sovrano, sarai considerata idonea.”
Al mago sfuggì un piccolo sorriso,
ma tanto bastò perché la tensione scemasse.
Egli bisbigliò un grazie al suo signore, nell’esatto istante
in cui varcavano la soglia della sala da pranzo.
Merlin non avrebbe mai dimenticato l’occhiata divertita che
Lady Morgana gli aveva lanciato.
Era evidente che Gwen si era
prodigata nell’informarla della sua esistenza, condendola di particolari. Tuttavia
fu con un sorriso amichevole, civettuolo
ma amichevole,
che la salutò quando le fu accanto e Lin ebbe fatto
una riverenza ai commensali, prima di versare a tutti loro del vino.
Lo sguardo di re Uther era assai
meno disponibile e benevolo, ma il ragazzo non si era illuso al riguardo.
Facendo il giro attorno alla grande tavola per riempire le
coppe di tutti, si era perso parte dei discorsi che Arthur e suo padre stavano
facendo su di Linette.
Sbirciando di sottecchi, vide il sovrano annuire pensieroso
alla volta del figlio e per poco non versò del vino sulla tunica del nobile Geoffrey
di Monmouth.
Si rammaricò di cuore per il fatto che Gaius
non fosse lì con loro, sarebbe stato le sue fidate orecchie e un amico disposto
a perorare la sua causa.
Quando dalle cucine arrivò la prima portata, Lin corse alla porta per riceverla e consegnarla sul
tavolo.
Uther la sondò a fondo, mentre
ella gli era affianco, col vassoio in mano – e le dita
tremanti – affinché egli ne prendesse a piacere.
Aveva già servito decine di volte a momenti come quello. Ed
era sempre agitato. Ora anche di più.
Cercò di respirare a fondo, ma la magia insita dentro di lui
ruggiva rispondendo all’eco della sua irrequietezza.
Ad ogni modo, il convivio proseguì tra numerosi piatti, accompagnati
da generosi calici e altrettanti discorsi futili.
“Bell’acconciatura,” le disse
Morgana, quand’ella si chinò a versarle l’ennesima coppa di vino. “Mi sembra di
riconoscerla.”
“Grazie, Milady.” Si ritrovò a dire. “Me l’ha fatta Gwen,” confessò.
“Ah, ecco perché non mi era nuova!” le appuntò,
sorridendole. “Spero ti troverai bene al servizio del mio fratellastro.”
“Me lo auguro anch’io, Mia Signora.” Ed era vero.Oh, sì. Quant’era
vero!
Tuttavia, prima che la protetta del re potesse intavolare
una vera discussione, Merlin si scusò, defilandosi, motivando la necessità di
servire gli altri ospiti. Poi rimase nascosto nella penombra della sala il più
a lungo possibile e, chissà come, sembrò riuscirci perfettamente.
***
La cena si era svolta meno peggio
di quel che credeva.
Nessuno era morto.
Nessuno era finito alla gogna. Nessuno spirito o mostro o stregone malvagio era
venuto a disturbarli.
Di mortale c’era stata solo la noia, per i commensali.
Lui invece non aveva avuto il tempo di tediarsi. Aveva
ancora i nervi tesi come una corda di liuto.
Ma quando, dopo averlo messo a letto, Arthur lo congedò, si
rese finalmente conto che quell’interminabile primo giorno stava per finire e
che, malgrado tutto, era sopravvissuto.
“Chiama la guardia all’entrata,” le
disse il principe, mentre Linette poneva l’unica
candela ancora accesa sul comodino di fianco al baldacchino.
“Come, prego?” si ritrovò a chiedere.
Il futuro re di Camelot sbadigliò
senza particolare nobiltà, e poi ripeté: “Avvisa Lucius,
la sentinella di guardia nell’anticamera, di’ che venga qui.”
Lo sguardo confuso di Lin lo
convinse a continuare la frase. “Intendo affidargli l’incarico di scortarti
sino a casa di Gaius. E’ tardi, il
castello è buio e…” Potresti fare
spiacevoli incontri. “Potresti perderti per strada.”
“Ma io conosco il maniero a-” menadito? “Abbastanza da non smarrirmi!”
Arthur le scoccò un’occhiataccia che significava esattamente
il contrario.
“Davvero, Sire,” ritentò il mago “Apprezzo
la gentilezza, ma non mi ser-”
“Lucius!” urlò l’Asino Reale, così
forte che la guardia piombò dentro come un uragano, manco fosse in atto un
tentativo criminoso ai danni dell’erede al trono.
“Accompagna la mia valletta dal medico di corte e assicurati
che entri in casa prima di separarti da lei.” Comandò autoritario.
“Agli ordini!” rispose questi, scattando sull’attenti,
aprendo cavallerescamente la porta alla fanciulla, ma facendole capire che
aveva premura di compiere il proprio dovere.
“Un attimo!” temporeggiò ella, e rivolgendosi poi ad Arthur
gli chiese: “E domani? A che ora volete che vi svegli?”
“Al medesimo orario di oggi. Il Consiglio
di Stato non si riunirà prima dell’ora terza. Ora vai. Buonanotte.” E,
considerata chiusa la faccenda, soffiò sulla fiamma del candelabro.
Linette fu consegnata a Gaius viva e vegeta, come ordinato dall’erede al trono. Lucius la salutò e scomparve, per tornare al suo turno di
guardia.
Ma la sera di Merlin era ancora lunga e, a lume di candela,
lui e il mentore si misero di buona lena a leggere tutti i libri a loro
disposizione.
***
Quel mattino, Linette aveva due
profonde occhiaie, segno che aveva dormito poco e male.
In realtà, Merlin non aveva quasi chiuso occhio.
Prima, perché aveva letto e riletto ogni volume di
incantesimi che potesse fare al caso suo – anche quando Gaius
aveva desistito, annunciando che sarebbe andato a coricarsi – e, successivamente,
perché non voleva arrivare in ritardo al suo secondo giorno di lavoro.
Contrariare quel volubile Asino Reale non rientrava nei suoi
piani, perciò aprì la porta della propria cameretta, in attesa di accogliere Gwen che avrebbe dovuto vestirlo e pettinarlo.
Ma Guinevere non era ancora arrivata; nella stanza c’era
solo il medico di corte, intento a preparare la loro colazione.
“Buongiorno, Merlin!” lo salutò, senza alzare il viso dalla
sbobba che stava mescolando nel calderone.
“’giorno,” biascicò lui,
nascondendo uno sbadiglio, allungando una mano per passargli le ciotole da
riempire.
Gaius lo fissò, sollevando un
sopracciglio stupito. “Da dove viene quella… camicia da notte?”
Il ragazzo arrossì miseramente. “Ehm… Gwen
si è lasciata un po’ prendere la mano...” spiegò, a
disagio. Poi sbuffò, rassegnato. “E finché verrà qui
ad aiutarmi nel vestire, devo farmi trovare così.”
Il commento che il vecchio cerusico aveva sulle labbra
scomparve nell’esatto istante in cui si udì bussare all’entrata.
Ricevendo l’invito ad entrare, la serva di Morgana augurò il
buondì ad entrambi, ma l’avanzata a passo di carica di Linette
la sconcertò non poco.
“Dimmi cosa pensa il re di me!” l’assalì, senza un buongiorno od un salve.
“Ma… ma io non ero al banchetto…” temporeggiò ella.
“Avanti, Gwen.
Sono certa che ieri sera tu e Lady Morgana non avete parlato
d’altro!” l’incalzò.
La fanciulla arrossì. “Beh, un po’.” Ammise. “Ti trova molto
simpatica.”
“Chi?
Il re?!” chiese Merlin, semisconvolto.
“Oh, no! Cielo, no!” farfugliò la serva.
“La mia signora!”
“Il re, Gwen. Dimmi cosa pensa il re di
me.” Insistette, perdendo un po’ della sua calma.
Gaius cercò di mediare la
situazione frapponendosi tra loro, poi si fece attento.
“Vedi… quello che Lin ti sta chiedendo,
è che tu ci dica l’impressione avuta dal sovrano riguardo la
presenza di Linette accanto al principe – sempre che
tu lo sappia.”
La riccia massa scura si mosse in segno di diniego.
“Sono desolata, ma Lady Morgana non
mi ha confidato ciò.”
Le facce sconsolate degli altri due la fecero dispiacere
ancor di più.
“Però posso provare a chiederglielo.” Si offrì. “Oggi
pomeriggio vi riferirò qualcosa.”
“Di sicuro Uther ne parlerà anche
con me.” Affermò Gaius, sovrappensiero. E subito dopo
rammentò loro che si stava facendo tardi, e le due donne si dedicarono alla
vestizione di Linette.
***
“Ti manderò alla gogna, Merlin!” Ululò il principe, quando
gli fu rubato il cuscino con cui si mascherava dai fastidiosi raggi del sole
mattutino. Ma invece del suo servo, il sorriso amichevole di Lin lo accolse.
“Credevo… credevo di aver fatto un
sogno assurdo, invece è tutto vero.” Ammise, grattandosi distrattamente la
testa.
“Oh, non ditelo a me!” rispose ella, ma Arthur non la capì.
Forse dipendeva dal
fatto che fosse ancora mezzo addormentato, si disse.
“La colazione vi attende e i vestiti sono pronti.” Gli
annunciò, posando sul letto il guanciale che gli aveva rubato e fingendo altre
mansioni da compiere, che lo obbligavano ad allontanarsi da lui.
Merlin ebbe la delicatezza di lasciargli il lenzuolo attorno
ai fianchi.
Almeno fino a che la sua giovanile
esuberanza non si fosse ridimensionata.
Se Arthur se n’era accorto, non lo diede a vedere. Ma dal
mattino dopo, chissà come, era già sveglio quando Linette
entrava in camera sua.
Lo stregone accolse piacevolmente la novità.
E, se anche ciò non l’avrebbe esentato dal malumore del Babbeo
Reale, almeno egli avrebbe smesso di minacciargli punizioni più o meno violente
ogni volta che doveva destarlo, né avrebbe più fatto i capricci. Ma questo
l’avrebbe capito solo con l’andare dei giorni.
Nel frattempo, quella seconda mattinata scivolò via tra i
soliti doveri senza particolari intoppi.
Sino a quando, poco prima di pranzo, Gaius
non andò a cercarlo, esordendo con un: “Il re mi ha parlato di te…”
Continua...
Disclaimer:I
personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma
di lucro, da parte mia.
Ringraziamenti: Un
abbraccio a Tao, che sopporta i miei scleri. X3
Note: Anzitutto, so
che questo è solo un capitolo ‘di
passaggio’. (Abbiate pazienza U_U)
Ame piace, perché
ogni sfumatura nuova ci permette di conoscerli un po’ di più. (Intendo dire…
non è tutto da buttare, vi assicuro che serve a preparare la strada ad altro!
XD)
Comunque sto meditando di postare il seguito già sabato
prossimo. Non fosse che sono così incasinata che questa settimana non ho
scritto manco una riga ç_ò e temo di arrivare troppo
presto in pari con i capitoli già scritti.
Mah. Vediamo come va l’andamento dei commenti… e poi
deciderò.
Uh!… avevo anche detto che le reazioni di Uther e Morgana si intravvedevano,
non che le avrei consumate subito. XD (Sono cattiva, lo so U_U)
ma è giusto che soffriate con Merlin, così l’attesa snervante sarà più
realistica! XD
Comunque, vi anticipo già che nel prossimo capitolo avremo
un bel momento Arthur+Linette, con confidenze e
ricordi.
“...Forse
è perché un po’ mi ricordi lui.” Soffiò, confessandoglielo.
E altre piccole cosette carine, tipo un mezzo discorsetto padre-figlia tra Gaius e Lin ^__^
Precisazioni al
capitolo precedente: (a random)
- Linette fa le pulizie meglio di
Merlin perché sta usando la magia per ingraziarsi velocemente il principe
(vuole apparire efficiente e veloce). Gaius aveva invece
proibito, a suo tempo, a Merlin di usarla nei lavori comuni, per questo il
nostro mago è un po’ impedito nei
lavori domestici XD. Ma è bene che anche Lin smetta
presto con le magiche pulizie, oppure combinerà qualche guaio o si farà
scoprire…
- Mannaggia, anche io avrei sbirciato Arthur mezzo nudo, vi
capisco benissimo, ragazze. *ç*
E’ che Merlin è un po’ tordo, e poi lui ha avuto mille occasione per rifarsi gli occhi, ormai è abituato e
non ne approfitta più! XD
- Ad altri commenti interessanti non posso rispondere senza spoilerare, perciò abbiate pazienza^^
Note: il seguente scritto conterrà riferimenti slash più avanti
Note: il seguente scritto conterrà
riferimenti slash più avanti.
Riassunto: Merlin
è abituato a salvare la vita all’Asino Reale senza che questi se ne accorga, ma
stavolta non tutto va per il verso giusto. Colpito dall’incantesimo del
malvagio Ardof, il nostro mago farà i conti con una
sconvolgente novità: egli si risveglia trasformato in una donna.
Solo Gaius conosce il suo segreto e, finché non
troverà il modo di tornare normale, dovrà inventarsi delle scuse plausibili e
prendere il posto di se stesso al servizio del principe. Come riuscirà a
conciliare questa ‘nuova situazione’? Come si evolverà il suo rapporto con
Arthur?
Ok. Doverosa premessa.
Essendo lo scorso
capitolo una parte 'di passaggio' della storia, non credevo di trovare tanti
commenti e soprattutto che potesse ugualmente piacere così tanto... e io sono
una che si commuove facilmente, ecco. >///<
L’unico modo che
conosco per sdebitarmi con voi della gentilezza è accontentarvi, postando
prima.
Grazie di tutte le
recensioni ricevute. *inchin*
Grazie del tanto entusiasmo *O*, spero che la storia rimanga all’altezza
delle vostre aspettative!
Vorrei dedicarla a quelle
persone che hanno recensito il precedente capitolo:
E a quanti commenteranno (SE vi
va di recensire anche dei capitoli più indietro di questo, il vostro parere non
andrà perduto!).
Ai vecchi e ai nuovi lettori.
Grazie.
The He in the She
(l’Essenza dentro l’Apparenza)
Capitolo VIII
“Il re mi ha parlato
di te...”
La voce del vecchio mentore rimbombò tra le pareti pietrose del
corridoio vuoto e per poco Linette non fece cadere la
cesta che teneva in mano, avvicinandosi di corsa a lui. “Vieni, torniamo a
casa, non è saggio discuterne qui fuori…”
Così i due si diressero verso la loro dimora; Merlin, nella
fretta di arrivare, strappò l’orlo della gonna nuova in ben due punti, ma non
se ne curò.
Prima di giungere a destinazione, tuttavia, incrociarono Gwen che desiderava proprio loro.
“Vi stavo cercando!” esordì l’ancella, come sempre
sorridente. “Ho parlato con la mia signora.”
Pertanto invitarono anche lei ad entrare, poiché dentro al
castello anche i muri avevano le orecchie.
“Orsù, Guinevere, cos’ha detto Lady Morgana?” la incitò Gaius, accasciandosi, stanco, per la celere scarpinata
fuori programma.
“Ella mi ha riferito che, da quanto ha potuto udire, il
principe ha spiegato al re chi fosse Linette e perché
fosse lì a servire; ha aggiunto che è una cosa temporanea, soltanto finché
Merlin non tornerà e, da quello che so – o meglio, da quello che sa la mia padrona – il sovrano non ha espresso particolari rimostranze.”
“Gwen… ma sei sicura di aver capito bene?” le richiese lo stregone, stupito che
la cosa gli fosse andata tanto di lusso.
“Certo!” ribadì la serva, per nulla offesa dal suo
scetticismo. “Se la sostituzione andava bene al principe, per lui non c’erano
obiezioni. Questo, ha detto.”
“Bene! Grazie infinite dell’aiuto, Guinevere.” Le disse il
medico, asciugandosi la fronte. “Ti preghiamo di informarci ancora, tuttavia, nel
caso venissi a conoscenza di nuovi particolari.”
“Lo farò con piacere, siatene certi.” Replicò la ragazza, chinando
il capo in segno di assenso e successivamente fece per andarsene da lì, ma
sembrò ricordare un’altra cosa e tornò sui propri passi. “Ah!,
Linette?”
“Sì?” rispose, facendosi attenta.
“Lady Morgana gradirebbe conoscerti come si conviene. Ieri sera non ne ha avuto modo.”
Il mago cercò di dissimulare la delusione, perché sperava
che l’amica avesse rammentato qualcos’altro di più utile. “Come lei desidera: dopo
aver assolto ai miei doveri verso il mio padrone, sono
sua a disposizione. Riferisciglielo pure.”
Gwen disse che l’avrebbe fatto e
si congedò da loro.
Rimasti soli, i due si scambiarono un’occhiata.
“Direi che Uther l’ha presa meglio
di quel che credessi!” s’azzardò a dire lo stregone, indirizzandosi al mentore.
Gaius stiracchiò le labbra in una
smorfia contrariata.
“Temo che la versione che Morgana ha raccontato a Gwen sia un po’ troppo edulcorata, a meno che il re non
abbia atteso stamane, per fare due chiacchiere in privato col figlio…”
“Perché avrebbe dovuto?”
“Perché Arthur ha vent’anni e tu sei una ragazza, ora.” Le spiegò spazientito,
aspettandosi che il giovane ci arrivasse da solo. “Se Uther
non gli ha fatto il discorsetto, o ha
riposto eccessiva fiducia nell’onorabilità del suo caro figliolo, oppure si è
rammollito troppo e ha dimenticato com’è essere giovani e gagliardi.”
Merlin perse tutta la sua ingenua contentezza.
“E ditemi… avevate, forse, intenzione anche voi di scambiare
due chiacchiere con me, da uomo a uomo,
un giorno di questi?”
Il vecchio non negò, tuttavia preferì alleggerire la
discussione. “Temo che, per come stanno adesso le cose, dovrei
cambiare l’angolazione degli intenti, ragazza mia!” e le sorrise.
“Ma… a voi, Uther, cosa ha chiesto?”
“Naturalmente si è sincerato del fatto che tu fossi una fanciulla
affidabile, non intenzionata ad inguaiare il suo erede al trono.”
Lo stregone fece una faccia comicamente sconcertata. E pensare che era stato
lui stesso a costringerlo al servizio di quell’Asino!
Mentre l’anziano guaritore continuava: “L’ho
rassicurato su questo, garantendo in prima persona. Quindi…
non ti sognare di compromettere Arthur!” scherzò e Merlin rise con lui.
***
Metà del pomeriggio sgusciò via fin troppo in fretta. Dopo
aver dato il pranzo al principe e aver fatto il regale bucato, stirato le regali lenzuola, controllato che il regale destriero
dell’Asino Reale stesse meglio di lui, il povero valletto ricordò che aveva una
commissione da compiere e si recò giù al mercato, in sartoria, a prelevare il
vestito di Gwen.
Entrato nel negozio, saldò il conto pattuito e, prima di
andarsene, disse alla donna: “Avrei una nuova commissione per voi…”
La sarta si fece attenta ed egli le spiegò cosa desiderava
fosse fatto e come.
Quand’ebbe finito di prendere accordi, risuonò nella città
bassa il primo rintocco del vespro e Merlin si scapicollò per tornare al
castello, per ultimare le mille cose ancora in sospeso e, nella foga, strappò
nuovamente il bordo della gonna rattoppato giusto qualche ora prima.
Sospirando affranto, realizzò che
la sua condizione di ritardatario perenne si sarebbe aggravata ancor più, adesso
che non poteva muoversi con la stessa agilità di prima.
***
La prima volta che Arthur la trovò nell’armeria, Linette stava lucidando il suo arco preferito – che lui
aveva usato fino a qualche ora addietro –, imprecando perché le ultime macchie
di fango si erano incrostate sul legno e non volevano saperne di andarsene via.
“Che linguaggio fine!” l’apostrofò, ridendo dell’espressione
spaventata dell’altra che non lo aveva sentito arrivare.
Merlin si scusò. “Corro a prepararvi il bagno!” lo informò,
accingendosi ad alzarsi.
Ma il principe gli fece cenno di restare lì dov’era.
“Non c’è fretta.” E, sedutolesi a
terra accanto, si mise ad osservare, curioso, quello che lei faceva.
“Stavo finendo di pulirlo, poi lo incorderò.” Gli disse il
mago, per renderlo partecipe.
Arthur fece una faccia impressionata. “Tu sai farlo?”
“Mi-mio cugino mi ha spiegato come
fare…”
“Ma quanto avete
parlato?”
La ragazza diventò rosso fuoco. “Beh… abbastanza. Doveva istruirmi su parecchie cose…”
“Oh, non ne dubito!” rise lui, giocherellando con una delle
frecce che spuntavano dalla faretra. “Tuttavia non si impara ad incordare con
le sole parole. Servono esempi e ripetizioni.”
Lo stregone gli lanciò un’occhiataccia, senza smettere di
strofinare.
“Lascia perdere quel punto,” le
suggerì l’erede al trono, indicandoglielo. “Il manicotto di
pelle è troppo liso, andrebbe sostituito. Concentrati piuttosto sui
flettenti.” E Linette eseguì. “Ecco, brava, così.” La
lodò.
“Perché non adoperate mai quest’attrezzo per andare a caccia?”
si ritrovò a chiedere, incuriosita. “So che tenete molto ad esso.”
Il principe non si diede pena di sembrare stupito.
“Sì, Merlin mi ha raccomandato di trattarlo con parecchia
cura.” Gli spiegò la serva. “Ma cos’ha di speciale?” osò chiedere.
Il nobile scosse il capo. “E’ troppo
malandato per la caccia. Preferisco usarlo allenando i futuri arcieri
dei Pendragon.” Allungò una
mano per farselo consegnare e accarezzò gli intarsi d’osso delle nocche con
un’espressione quasi nostalgica.
“Lo sapevi, tu, che un arco non
teme il freddo, bensì il caldo? Per questo andrebbe sempre protetto con una
guaina.” Le insegnò, cercando il fodero in cui
riporlo.
“No, lo ignoravo.” Ammise il mago, passandogli l’astuccio di
protezione, anche quello rovinato oltre ogni dire.
“Avrei dovuto disfarmene tempo fa, ma è un ricordo che mi è
caro.” Le confidò l’erede al trono. “E’ stato l’unico regalo che ho ricevuto
dal mio maestro d’arme.”
Merlin cercò di ricordare, ma era certo di non aver mai
avuto a che fare con l’addestratore reale.
“Egli vive ancora qui a palazzo?”
Il principe scosse la testa nuovamente.
“Ha avuto la sventura di innamorarsi di una donna che
praticava la magia ed è perito con essa.”
“Io… mi dispiace…”
“E’ stato molto tempo fa.” Rispose, come a dire che il tempo
del dolore era finito da un pezzo. Ma i suoi occhi affermavano esattamente il
contrario.
L’erede al trono afferrò nuovamente l’arma che aveva posato
a terra e, ripescando antichi ricordi, le confidò pensieroso: “Non avevo ancora
sei primavere quando me lo diede.”
“Ma dev’essere stato enorme per un
bambino!”
“Infatti lo era.” Arthur sorrise,
quasi per schernirsi. “Mi disse: ‘Finché non sarai
capace di tenderlo completamente, non sarai degno di usarlo’.”
“E… voi?”
“Mi sono allenato. E allenato. E allenato.” Ripeté. “Fin
dalla mia nascita, sono stato addestrato per diventare il migliore soldato del
regno. Mio padre non si aspetta niente di meno da me, è ormai ovvio che nessuno
dei miei uomini – cavalieri, arcieri o lancieri – potrà mai raggiungere il mio
livello. Se vuoi comandare qualcuno, devi dimostrare di essere più esperto di
lui. Solo così avrai il vero rispetto.”
E a parlare non era il borioso Asino Reale che Merlin aveva
conosciuto arrivando a Camelot.
Era il Capitano delle Guardie, il Cavaliere che proteggeva i
suoi uomini e la sua gente.
“Mi domando perché io sia qui a raccontarti tutto questo.
Sei una perfetta estranea.” Ammise alla fine, guardandola di sottecchi.
Sentendosi stringere le viscere, il mago incassò il colpo.
“Probabilmente, se ci fosse qui Merlin, lo raccontereste a
lui…”
“Già, ma lui mi avrebbe sicuramente interrotto mille volte,
con le sue inutili chiose.”
La ragazza sorrise colpevole.
Probabilmente
l’avrebbe interrotto davvero. Ma almeno gli avrebbe risollevato l’umore con
qualche battutaccia.
“…Forse è perché un po’ mi ricordi lui.” Soffiò,
confessandoglielo.
“Allora avrete il vostro bel daffare a sopportarmi!” esclamò
il servo, per alleggerire l’atmosfera.
Sulle labbra del principe si stiracchiò un ghigno pigro.
“Che Dio mi assista!” enfatizzò, roteando gli occhi.
Il mago fu sul punto di rispondergli con i soliti toni
irriverenti, ma Arthur aveva già perso la sua ironia e si accingeva a
richiedere la sua attenzione risollevandosi dal pavimento.
“Ti spiego come incordarlo. Esercitati, diverrà presto un
tuo compito.”Attese che la sua
valletta annuisse e dopo riprese: “Anzitutto, prima di tendere un arco, bisogna
massaggiarlo, con un panno o anche solo con la mano, soprattutto sui flettenti.
E’ uno strumento delicato, va preparato. Poi ferma a terra la punta inferiore
col piede, spingi verso il basso l’impugnatura con una mano e tira con l’altra
mano verso l’alto la punta superiore, usa il pollice per far scorrere l’asola
della corda fino a farla agganciare nella tacca.”
Mentre glielo spiegava, eseguiva. “Ecco fatto.” Tuttavia smontò,
l’istante successivo, tutto il lavoro. “Tieni, prova.”
Lo stregone afferrò l’arma e ponderò in fretta quanto dovesse
fingere di sembrare incapace.
Lui, quell’arco, lo sapeva preparare alla perfezione. All’inizio
del suo lavoro come scudiero, quel Nobile Babbeo l’aveva stressato per una
veglia intera con un corso intensivo e sfibrante e – com’era universalmente
noto – l’Asino Reale non voleva nientemeno che la perfezione per le sue armi.
In realtà, non dovette impegnarsi poi molto per risultare
incompetente: la gonna gli impediva i movimenti e quelle scarpe da donna – pur
senza tacco – non erano comode come i suoi stivali per tenere a terra la punta
dell’attrezzo.
A metà del lavoro, Arthur sembrava pentito di avergli
affidato quel suo prezioso oggetto-ricordo.
Ma alla fine Linette aveva
dimostrato più che egregiamente la sua bravura e Sua Maestà non aveva lesinato di raccontarle quanto inetto fosse
stato, invece, suo cugino le prime volte e di come lo avesse fatto disperare
per la sua imbranataggine.
Merlin sopportò stoicamente tutte le battutacce a suo danno,
in parte perché erano vere e in parte perché sembrava
che il clima amichevole che si era instaurato fra loro fosse piacevole e temeva
di romperlo. Aveva un disperato bisogno che il principe accogliesse
benevolmente la sua controparte femminile e, se questo voleva dire umiliarsi,
l’avrebbe accettato con eroica rassegnazione.
Continua...
Disclaimer:I
personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma
di lucro, da parte mia.
Ringraziamenti:
Un abbraccio a Tao, che sopporta i miei scleri. X3
Note: Ok, niente
confronto diretto Uther-Linette. Mi dispiace se ve lo
aspettavate, ma il povero Merlin ha già sufficienti casini impiantati da
risolvere e ho avuto pietà di lui.
Per ora, tenetevi il dubbio che il re abbia fatto due paroline col suo bambino, ok? XD
Uther avrà ugualmente un suo
momento importante nella fic in rapporto a Linette, solo che sarà più avanti. (E’ uno dei pezzi di cui
vado più orgogliosa ^.^)
Riguardo alle informazioni sull’arco: mi sono documentata,
da brava pignola, con alcuni libri e con vari siti amatoriali nel web.
Addirittura ho trovato il metodo di incordatura medievale! (Che
è in breve quello che Arthur spiega a Merlin) ma, benché la cosa mi abbia
affascinato parecchio (c’erano un sacco di cosette curiose da leggere) ho
pensato che dilungarmi troppo vi avrebbe annoiato. XD
Comunque, vi anticipo già che nel prossimo capitolo avremo Arthur
e la sua agognata decisione di andare a caccia! *o*
Adesso immaginatevi la faccia di Merlin, pensate a come la
prenderà e… forse vi sbaglierete! XD
“La foresta è piena di
possibili pericoli, tieni gli occhi aperti!” le intimò.
Ma è ora che anche il principe metta in moto le emozioni…
E altre piccole cosette carine. ^__^
Precisazioni al
capitolo precedente: (a random)
- Mi ero scordata una cosa importante! Geoffrey di Monmouth, lo scrivano di corte nel telefilm, è una sorta di
autocitazione. Forse non tutti sanno che egli è un personaggio storico
realmente esistito, il primo che scrisse il nome Merlino,
latinizzando il corrispettivo Myrddin. Egli scrisse
una raccolta di miti e leggende su re Artù, che fu presa a modello per molti
scrittori successivi a lui.
- Come mai molte di voi pensano che Uther
potrebbe tenersi Linette? XD
Ma povero Merlin! XD
-Morgana… qualcuna crede che aiuterà Lin,
altri che lei parteggerà per Merlin. La domanda è: Morgana, con i suoi poteri, saprà chi è Linette?
Ovviamente non posso dirvelo, ma arriverà presto il suo (tentativo di)
confronto con Lin.
- Sì, senza dubbio Arthur è stato molto cavalleresco nel
voler scortare Merlin. (Peccato però che questo
complichi ulteriormente la vita del nostro servo disgraziato! XD). Ho già scritto una riflessione al riguardo. Arriverà,
abbiate fede…
- Ad altri commenti interessanti non posso rispondere senza spoilerare, perciò abbiate pazienza^^
Un’ultima cosa:
Ho raggiunto le 250 preferenze come autrice tra gli utenti
di EFP, e molti vengono da questo fandom.
Grazie della fiducia. *inchin*
Ringrazio anche tutti i preferiti, da ricordare e seguiti di
questa fic, sono un bel numero e la cosa mi fa
piacere.
Spero che magari qualcuno, tra quelli che non recensiscono
mai, possa magari iniziare a farlo! XD
Campagna di Promozione
Sociale - Messaggio No Profit:
Dona l’8‰ del tuo tempo alla causa
pro recensioni.
Farai felice
milioni di scrittori.
(Chiunque voglia
aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio crede) Come sempre, sono graditi commenti,
consigli e critiche.
Note: il seguente scritto conterrà riferimenti slash più avanti
Note: il seguente scritto conterrà
riferimenti slash più avanti.
Riassunto: Merlin
è abituato a salvare la vita all’Asino Reale senza che questi se ne accorga, ma
stavolta non tutto va per il verso giusto. Colpito dall’incantesimo del
malvagio Ardof, il nostro mago farà i conti con una
sconvolgente novità: egli si risveglia trasformato in una donna.
Solo Gaius conosce il suo segreto e, finché non
troverà il modo di tornare normale, dovrà inventarsi delle scuse plausibili e
prendere il posto di se stesso al servizio del principe. Come riuscirà a
conciliare questa ‘nuova situazione’? Come si evolverà il suo rapporto con
Arthur?
Ok. Doverosa (nuova) premessa.
La vostra risposta
all’aggiornamento infrasettimanale è stata commovente.
Avrei
voluto riuscirci anche questa
settimana, ma ho un mare di casini lavorativi e non sono mai a casa, non riesco
a stare dietro alle cose come vorrei. Scusatemi. Ç_ç
Grazie
di tutte le recensioni ricevute. *inchin*
Grazie del tanto entusiasmo *O*, spero che la storia rimanga all’altezza
delle vostre aspettative!
Vorrei dedicarla a quelle
persone che hanno recensito il precedente capitolo:
E a quanti commenteranno (SE vi
va di recensire anche dei capitoli più indietro di questo, il vostro parere non
andrà perduto!).
Ai vecchi e ai nuovi lettori.
Grazie.
The He in the She
(l’Essenza dentro l’Apparenza)
Capitolo IX
Il terzo giorno dopo l’increscioso incidente, che gli aveva stravolto la vita, era iniziato
stranamente in modo tranquillo.
Merlin si era destato alla solita ora, Gaius
l’aveva bonariamente preso in giro per la camicia da notte merlettata e Gwen si era presentata puntuale a vestirlo e ad
acconciarlo.
Il servo si era fatto stritolare dentro un angusto bustino e
poi era sceso nelle cucine a procacciare la colazione per il suo Asino Reale.
Trovarlo però già sveglio, invece, aveva un che di surreale.
Generalmente il principe poltriva per un altro buon quarto
d’ora complessivo – dal momento in cui lui entrava e lo svegliava scostando i
tendaggi del baldacchino, passando per il momento in cui l’altro mugugnava e si
nascondeva sotto le coltri, per finire al momento in cui lo minacciava di
fantasiose e truculente punizioni (delle quali la gogna era la migliore, la
preferibile e la più auspicabile) – prima che si decidesse ad alzare il suo aristocratico
fondoschiena dal blasonato letto e deliziare il mondo della sua solare presenza.
Invece, quel terzo dì, gli azzurri occhietti assonnati dell’erede
al trono erano meno assonnati del solito.
Quando Linette gli diede il
buongiorno, egli ricambiò, saltando agilmente giù dal materasso per andare verso
il vassoio con le vivande.
Lo stregone ringraziò la sua buona stella e non indagò sul
perché.
“Ho deciso di andare a caccia.” Gli rese noto Arthur, spazzolando
il cibo sul piatto. “Sono diversi giorni che non ci vado.”
Il mago masticò e inghiottì l’amaro boccone. Quel giorno gli piaceva già un po’ di meno.
Tuttavia, sapeva di dover fare buon viso a cattivo gioco.
“D’accordo.” Replicò la valletta. “Vado a cambiarmi.”
Il principe la guardò accigliandosi. “Perché?”
“Vengo con voi, no? Mio cugino vi seguiva sempre durante le
battute.”
“Pfiù!” la schernì il Nobile
Babbeo. “L’arte venatoria non è cosa da
donne!”
“Neanche da Merlin!”
obiettò la ragazza, “Tuttavia egli vi accompagnava e, Milord, avevamo
concordato che io lo avrei sostituito in tutti i suoi doveri.”
Lo sguardo scettico di Arthur le fece trattenere il respiro,
tuttavia ella rimase inflessibile sotto all’occhiata indagatrice dell’altro.
“Siete proprio strani, voi due!” sbottò critico, con l’aria
di chi non capisce le ragioni di un idiota. “Lui brontolava, lamentoso, perché lo costringevo ad accompagnarmi e
non voleva; e tu, tu che non dovresti
venire, scalpiti per seguirmi!”
“Merlin protestava. Io non
protesto. Sta a vostro guadagno.” Chiarì, pratica,Lin.
Finalmente, egli si arrese. “Così sia. Non voglio rovinarmi
il buonumore litigando.” Sbuffò, allontanando da sé il
piatto vuoto. Poi s’informò: “Sei mai stata a caccia prima d’ora?”
“Oh, un sacco di volte!”
Ma il suo finto sorriso entusiasta non convinse del tutto
l’erede al trono, il cui scetticismo andava aumentando.
“Staremo a vedere.”
Perciò, prima di cacciarsi in nuovi guai, il mago esclamò: “Vado
subito a cambiarmi!” E, incamminandosi quasi di corsa, strappò l’orlo della
sottana. “Merd-!” inveì e di colpo si bloccò,
voltando indietro la testa per vedere se Arthur l’aveva sentito.
Il principe ricambiò lo sguardo con un sorrisetto ironico.
“Intendi distruggere anche quello?” scherzò.
La cosa peggiore era che non poteva neppure rattopparlo con
la magia.
Avendo, ahilui!,
confessato a Gwen di essere una pessima
rammendatrice; l’altra se ne sarebbe accorta, se il lavoro fosse stato fatto
con un tocco magico.
Emettendo sospiri rassegnati, valutò il danno e si congedò
dal suo signore – che ancora sghignazzava – con l’accordo di ritrovarsi poco
dopo nelle stalle.
***
Quando Arthur la vide in lontananza, sbatté le palpebre un
paio di volte, perché avrebbe giurato
che fosse Merlin quello che si stava avvicinando a lui.
E questo non dipendeva solamente dal fatto che Linette avesse indossato gli abiti maschili di suo cugino –
infima bandana compresa – ma anche per l’andatura ciondolante con cui
s’appressava (ciò, tuttavia, poteva derivare dal peso delle armi che aveva in
braccio).
Vestita come lui, gli
sembrava davvero il suo fidato servo ebete.
Man mano che lo raggiungeva, però, i differenti particolari
acquisivano spessore e il nobile si diede dell’idiota per quello sciocco
pensiero.
“Eccomi!” esordì la valletta, sorridendogli di buonumore.
“Come mai così contenta?” l’interrogò lui, meravigliato.
“Lo sono, perché mi avete consentito di accompagnarvi,
Sire!” rispose la serva, francamente entusiasta.
Anche se quella era
solo una piccola parte della verità.
Merlin non l’avrebbe mai detto, ma tante cose erano cambiate,
e con una velocità sconvolgente!
Per esempio, non si sarebbe mai sognato di esser felice
sapendo che sarebbero andati a caccia.
La sua goffaggine endemica e i comandi incomprensibili del
principe, uniti all’arrancare dietro all’erede al trono per ore, per percorsi
noti solo a lui, non lo avevano mai entusiasmato.
Ma da quel momento, ogniqualvolta Arthur gli avesse
annunciato che sarebbero andati a caccia, Merlin avrebbe potuto sorridere,
pregustando il tempo in cui avrebbe rindossato i propri comodi, semplici, amati
vestiti maschili, anche se solo per qualche ora.
Persino la sua pietà, per le povere bestioline che sarebbe
morte, impallidiva al confronto a quegli attimi di sincera, virile gioia.
“Allora dovresti infondere un po’ del tuo fervore a tuo
cugino, quando tornerà.” Ironizzò Sua Maestà, strappandolo alle proprie
riflessioni. “Andiamo a prendere le nostre cavalcature. Ti
farò assegnare una quieta giumenta e…” Arthur si voltò verso di lei, ricordando
una cosa solo in quel momento. “Ma tu sai cavalcare?”
All’annuire della ragazza – “Riesco a
rimanere in sella. Vi basta?” –, egli liquidò la questione con un:
“Verificheremo anche questo.”
Non attese una replica, semplicemente spalancò il portone in
legno, aspettandosi che lei lo seguisse, dopo aver posato l’attrezzatura
all’entrata.
L’odore della paglia e del fieno li colpì alle narici, così
come i nitriti provenienti dai vari box.
Le scuderie reali erano sempre in perfetto ordine, tirate a
lucido. Era una cosa su cui il futuro re non transigeva mai.
Marcus, uno degli stallieri più giovani e volenterosi, smise
immediatamente di scopare il pavimento, dove alcune stoppie erano fuoriuscite
dai covoni, e si inchinò per salutarlo. Arthur ricambiò con un cenno del capo, proseguendo,
mentre Linette si era fermata un istante ad augurare
il buongiorno all’altro servo, scambiando due parole insieme, e rincorrendolo
poi.
Quando incrociarono Tobias, l’uomo
fermò la carriola carica di letame e salutò anch’egli, deferente, l’erede al
trono. Lo sguardo che aveva lanciato alle curve di Lin
era invece un po’ meno deferente, ma
di questo se ne accorse solo il principe, poiché ella gli diede il buongiorno
con gioviale cortesia.
La cosa lo infastidì lievemente, ma l’avrebbe relegata ai
margini dei suoi pensieri se non si fosse ripetuta anche con il palafreniere
successivo, Vincent, che gli aveva dato il benvenuto in modo rispettoso ma
sbrigativo, e si era perso in chiacchiere con la sua valletta. Chiacchiere che lui avrebbe definito fin
troppo amichevoli.
Passò oltre, voltandosi indietro solo quando sentì lo
scambio di battute tra Linette e Oliver, uno dei
maniscalchi del castello. Oliver era un bel ragazzo e, nella città bassa, aveva
la fama di donnaiolo.
Quegli atteggiamenti
confidenziali non avrebbero portato a niente di buono, si disse. Il punto
era che lei non sembrava accorgersene.
Pareva conoscesse quegli uomini da sempre, non da soli tre
giorni. E li trattava con eccessiva familiarità. Del resto, aveva notato, la cosa era reciproca. Di solito gli stallieri non
tolleravano incursioni femminili lì dentro, invece con lei non avevano fatto
obiezioni. Non che fosse stato concesso loro farne, beninteso – i suoi ordini
non si discutevano – ma non sapeva se essere felice che lei fosse stata accolta
così benevolmente tra loro o se dovesse preoccuparsene.
Quella realtà, comunque, lo innervosì impalpabilmente. E
neppure l’immutato buonumore di Linette, nuovamente al
suo fianco, servì ad annullarlo.
Il mago aveva notato l’improvviso rabbuiarsi del suo signore,
ma non ne comprendeva la causa.
Fino a pochi istanti prima era perfettamente allegro, alla
prospettiva della caccia.
Cos’era cambiato in
così poco tempo?,
si chiese. Tuttavia non ebbe modo di rifletterci, perché un nuovo problema era
sopraggiunto per lui.
Una delle cose a cui Merlin non aveva pensato, raccontando
il suo castello di bugie, era il fatto che il suo cavallo fosse ancora nelle
scuderie e non a Ealdor, dove avrebbe dovuto trovarsi.
Quando Arthur se ne accorse, chiamò uno dei garzoni e chiese
se effettivamente quello fosse il ronzino del suo servo. E l’uomo lo confermò,
aggiungendo che la povera bestia aveva una brutta tendinite e necessitava di
riposo ancora per qualche giorno.
Merlin, che non ne sapeva nulla, andò ad accarezzarlo,
sinceramente dispiaciuto per il suo animale; ciò nondimeno, le parole del servitore
avevano evitato, a lui, un grosso guaio. Difatti il principe non pose ulteriori
domande, ipotizzando semplicemente che, al suo scudiero, fosse stato consegnato
un altro destriero.
Arrivati al box del suo stallone, l’erede al trono diede
istruzioni per sé e per la nuova cavalcatura della sua valletta – una bella
cavalla baia che lui stesso aveva scelto, su consiglio di Blaise,
il capostalliere – e attese fuori, nella piazza
antistante.
Respirando l’aria fresca del mattino, i suoi regali nervi si
distesero e il malcontento sfumò.
Linette lo raggiunse, tenendo le
briglie di entrambi i cavalli, e sistemò cibo e armi nelle bisacce.
Poi, al momento di montare in groppa, fece qualcosa che lo
lasciò basito: senza neppure riflettere, mise le mani a coppa, intrecciando le
dita come appoggio, per issargli il ginocchio. E lo fece con una tale spontaneità,
da farlo sembrare quasi un gesto naturale e consueto.
Quando però incrociò lo sguardo sconcertato del suo signore,
abbassò in fretta le mani dietro la schiena, arrossendo.
“Apprezzo l’intenzione. Ma farò da me.” Le spiegò,
conducendo il purosangue verso un rialzo per servirsene. “Mi sentirei alquanto
disonorato, se mi facessi aiutare da una donna per salire.”
Però usare la schiena
di Merlin come gradino non era altrettanto disonorevole, eh?, considerò lo stregone tra sé, borbottando
mentalmente al suo indirizzo.
“Come desiderate.” Rispose tuttavia, imitandolo
nell’inforcare le staffe della giumenta.
Trotterellando piano, se ne andarono dalla piazza
principale, indirizzati alla cittadella, poi uscirono dalla porta ad Est.
Arrivati ad una biforcazione della strada maestra, Arthur
rallentò l’andatura sino a fermarsi, attendendo che Lin,
che gli era appresso, si accostasse a lui.
“La foresta è piena di possibili pericoli, tieni gli occhi
aperti!” le intimò.
Più di quanti crediate.
Avrebbe voluto rispondergli il mago.
Tuttavia si limitò ad un: “Sì, Sire.”
E ripresero la marcia.
Continua...
Disclaimer:I
personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma
di lucro, da parte mia.
Ringraziamenti:
Un abbraccio a Tao, che sopporta i miei scleri. X3
Note: Arthur ha usato
Merlin come scalino nella puntata 2x01. La cosa mi sconvolse parecchio, quando
la vidi. Anche perché è un espediente parecchio umiliante e abbastanza inutile.
Insomma: per issare una persona basta mettere le mani a
coppa e sollevare un ginocchio.
E’ una cosa che si impara fin dalla prima lezione di
equitazione… ma il mio povero cavallo non la apprezzava tanto. XD
Come ho già detto in precedenza, benché questa fic non tenga conto e non segua gli eventi della seconda
serie, attingerò ad alcuni fatti e li userò a seconda delle necessità.
E’ verosimile che il principe abbia adoperato spesso il suo
scudiero come gradino, anche se noi l’abbiamo visto fare solo una volta.
Comunque, vi anticipo già che nel prossimo capitolo entreremo
nel vivo della caccia!
(E che per entrambi sarà indimenticabile… XD)
“Vado a... uhm... a
raccogliere fiori dietro a quel cespuglio.”
E altre piccole cosette carine. ^__^
Precisazioni al
capitolo precedente: (a random)
- Anche io credo che Arthur sia stato molto tenero a
rinvangare il passato confidandosi con Linette.
E che poi l’abbia fatto perché lei un po’ gli ricorda
Merlin è anche un segnale: Merlin non c’è, eppure è sempre tra loro
(spiritualmente).
- Sono contentissima che abbiate apprezzato la mia
pignoleria XD si vede che è tempo speso bene^^
- Gaius è la vera star di questa fic! ^_= Adoro quel vecchietto e il suo mix di ironia e
affetto per il suo pupillo, e sono contenta che lo amiate anche voi. ^^
- Sì, ci sarà un accenno (giusto un accenno)
del discorsetto di Uther al regal
figliolo.
- Non è sempre semplice caratterizzare Arthur, perché
generalmente è un idiota dal cuore d’oro, che ogni tanto ha delle illuminazioni
intelligenti: peccato siano rare! Spero di riuscire a renderlo come piace a me,
pur restando IC (e qui: Dio ci salvi, nel telefilm sembra abbia i prosciutti
interi sugli occhi e che dorma in piedi! ¬_¬)
- Volete sapere se Merlin comprometterà Arthur?! Ah! ah! Ma non ve
lo posso dire! XD
- Ad altri commenti interessanti non posso rispondere senza spoilerare, perciò abbiate pazienza^^
Nota di servizio:
ho attivato un mini-forum nella mia personal page
di EFP; vi invito quindi, ogni tanto, a dare un’occhiata nel mio account,
perché lì potrei segnalare eventuali ritardi negli aggiornamenti, avvisi di
anticipi o altre info ancora.
Eterna riconoscenza a quanti l’hanno commentata e a chi lo
farà.
Un’ultima cosa:
Ho raggiunto le 250 preferenze come autrice tra gli utenti
di EFP, e molti vengono da questo fandom.(Lo dico nuovamente,
perché sono utenti diversi dalla scorsa settimana^^)
Grazie della fiducia. *inchin*
Ringrazio anche tutti i preferiti, da ricordare e seguiti di
questa fic, sono un bel numero e la cosa mi fa
piacere.
Spero che magari qualcuno, tra quelli che non recensiscono
mai, possa magari iniziare a farlo! XD
(Colgo l’occasione per ringraziare chi l’ha fatto, un nuovo
recensore è sempre un piacere! *O*)
Campagna di Promozione
Sociale - Messaggio No Profit:
Dona l’8‰ del tuo tempo alla causa
pro recensioni.
Farai felice
milioni di scrittori.
(Chiunque voglia
aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio crede) Come sempre, sono graditi commenti,
consigli e critiche.
Note: il seguente scritto conterrà riferimenti slash più avanti
Note: il seguente scritto conterrà
riferimenti slash più avanti.
Riassunto: Merlin
è abituato a salvare la vita all’Asino Reale senza che questi se ne accorga, ma
stavolta non tutto va per il verso giusto. Colpito dall’incantesimo del
malvagio Ardof, il nostro mago farà i conti con una
sconvolgente novità: egli si risveglia trasformato in una donna.
Solo Gaius conosce il suo segreto e, finché non
troverà il modo di tornare normale, dovrà inventarsi delle scuse plausibili e
prendere il posto di se stesso al servizio del principe. Come riuscirà a
conciliare questa ‘nuova situazione’? Come si evolverà il suo rapporto con
Arthur?
Grazie
di tutte le recensioni ricevute. *inchin*
E del tanto entusiasmo
*O*, spero
che la storia rimanga all’altezza delle vostre aspettative!
Vorrei dedicarla a quelle
persone che hanno recensito il precedente capitolo:
Tao, mindyxx,
Orchidea Rosa, bollicina, _Saruwatari_, YukiEiriSensei,
ChelseaH, Rozalia, damis, Ryta Holmes, GiulyB, lynch (Tesoro, sei stata
adorabile a commentare anche tutti gli arretrati! Sappi che mi hai reso
felice!), miticabenny, Dasey91(Ciao!
Benvenuta!^^), Egle e Lyla_sly
(Grazie del commento di stamattina, trovarlo mi ha messo incredibilmente di
buonumore!).
E a quanti commenteranno (SE vi
va di recensire anche dei capitoli più indietro di questo, il vostro parere non
andrà perduto!).
Una dedica speciale alla mia Kohai, che oggi compie gli anni (come la mia adorata
nonna): Tanti Auguri, Giuls!!
Ai vecchi e ai nuovi lettori.
Grazie.
The He in the She
(l’Essenza dentro l’Apparenza)
Capitolo X
Man mano che procedevano verso il bosco, il sentiero si
restringeva ed era difficoltoso cavalcare appaiati.
Merlin, che viaggiava incolonnato dietro al principe, cercò
di godersi quella scampagnata finché poteva: gustò il canto degli uccelli, e i
suoi pantaloni; la frescura del sottobosco, e i suoi pantaloni; la quiete
tutt’attorno. E i suoi pantaloni.
Sorridendo a cuor leggero, ringraziò Madre Natura per tutto
quello spettacolo e per la mancanza del bustino – se l’era
infatti tolto con un incantesimo e l’aveva sostituito con una fasciatura
stretta al seno, molto meno comprimente, così da avere più libertà di
movimento.
Arrivati ad una piccola radura, l’erede al trono diede l’alt
e si chiese, smontando dalla sua cavalcatura, se dovesse aiutare la sua
valletta nella discesa dalla sella, ma il problema non si pose, poiché ella
balzò giù con un discreto salto in autonomia.
Legarono i cavalli e li lasciarono pascolare, per inoltrarsi
a piedi nella fitta boscaglia.
Mentre Arthur decideva il percorso che più lo ispirava sul
momento, la serva gli passò parte dell’attrezzatura e afferrò il resto del necessario
e se lo caricò addosso. Vedendo Linette pronta, il
nobile s’incamminò ma, fatti appena pochi passi, si volse indietro.
“Sei sicura di aver preso tutto?” la interrogò, convinto che
qualcosa mancasse, anche se non sapeva cosa. Era più che altro una sensazione.
“Certo!” replicò ella, indicandosi la schiena. “Ho lo zaino,
la bisaccia, le provviste, la balestra, l’arco, il
pugnale di scorta, la corda, la lancia e…”
La faretra, con tutte
le frecce, faceva bella mostra di sé ancora legata all’arcione.
Merlin caracollò indietro, prima che l’altro potesse
sgridarlo.
“E questo!” esclamò. “Ho anche questo!” e sorrise esageratamente
festoso.
Il principe si limitò ad un’occhiataccia.
“Anche Merlin dimentica sempre qualcosa…” bofonchiò,
ripartendo. “Ricordi cosa ti ho detto prima?” le domandò, di punto in bianco,
torcendo il collo senza fermarsi.
“Avete detto tante cose, prima.”
Appuntò lei, ironica. “Sire.” Aggiunse poi, giusto per non contrariarlo
eccessivamente.
“Tieni. Gli occhi. Aperti.” Scandì lui, sorvolando sul resto.
***
Quella prima caccia per Linette si
era rivelata memorabile fin da subito.
Benché Arthur avesse avuto riguardo per lei e cercasse di
non seminarla con le sue lunghe gambe, il mago faticava a stargli dietro, incespicando
continuamente e scivolando altrettanto spesso, un po’ per la sua imbranataggine
endemica e un po’ per il peso e l’ingombro delle armi che aveva appresso.
Le prime volte il principe aveva taciuto, forse mosso a
pietà.
Le aveva anche solo riservato uno sguardo di rimprovero,
quando – con uno scivolone e un gridolino di spavento – era ruzzolata per una
breve discesa, facendogli perdere una bellissima preda: un grosso fagiano
maschio.
Quando però lei era inciampata sulla lancia che usava come
bastone da viandante, lui aveva raggiunto il culmine, si era sbattuto una mano
in faccia, esasperato, borbottando qualcosa che sembrava vagamente un: “Ma è un
vizio di famiglia!”
Ed ella aveva sfoderato l’espressione più contrita del suo
repertorio (Merlin non sapeva se avrebbe funzionato, con lui di solito non funzionava
mai) ed Arthur si era limitato ad allungarle una mano per tirarla in piedi. (Merlin
pensò che non era giusto che l’Asino Reale facesse
preferenze, ma era un suo guadagno e perciò se lo tenne per sé).
La prima vittima
uccisa rallegrò l’umore dell’erede al trono; il mago non ne fu altrettanto
felice, mentre la sentiva sbatacchiare contro la sua schiena.
Anche la seconda vittima
servì a rendere più euforico il Nobile Babbeo e un po’ più cinereo lui.
Andarono in pari quando Linette
gli fece scappare una giovane lepre.
Sua Maestà le aveva fatto cenno di nascondersi dietro uno
dei cespugli, perché quelle bestiacce avevano un udito finissimo e non voleva farsi
scoprire.
Ma nel momento esatto in cui lei si chinava come ordinatole
e lui prendeva la mira con la balestra, si accorse che la freccia incoccata era
difettata e gesticolò affinché la valletta gliene fornisse un’altra.
Lei eseguì prontamente, riacquattandosi
poi.
Arthur puntò lo sguardo nel rudimentale mirino, pronto a
tirare, quando…
“Ahi!-ahi!-ahi!” si lamentò ella di
colpo, facendogli perdere la concentrazione.
La lepre s’era volatilizzata a quell’urlo e il principe girò
le spalle, imprecando nella sua direzione: la lunga treccia di Lin era rimasta impigliata in un rovo, e più lei cercava di
liberarsi e più restava imprigionata.
“Sei un disastro. Come
tuo cugino.” La rimproverò, compiendo qualche passo d’allontanamento.
“Ehi!” squittì lo stregone. “Non avrete intenzione di
lasciarmi qui!” guaì, strappandosi alcune ciocche e ferendosi le mani con le
spine.
“Potrei farlo.”
L’avvertì, fingendosi serio. Poi però tornò sui propri passi e andò a
liberarla.
Sbollita la rabbia, Arthur rise della scena buffa, vista da
vicino. “Vedi? Questo sì che si dice
‘catturare una facile preda’!” La canzonò, districandola da quella trappola.
Merlin rimase zitto, mentre cercava di riacquisire un minimo
di dignità.
Il principe, con quel suo sorrisetto strafottente, riprese
la marcia.
***
Sua Maestà rallentò nuovamente, per l’ennesima volta, fermandosi
quindi ad aspettarla.
Il mago gli ansimava dietro e, raggiuntolo, si lasciò
crollare seduto su di un tronco caduto.
Ma quanto – dannazione
– avevano camminato?,
si disse, asciugandosi con la bandana il sudore che gli correva lungo la gola e
poi sulla fronte.
Quello che più lo infastidiva era il fatto che il Nobile
Babbeo non sembrasse minimamente provato da quella scarpinata. Non sembrava
accaldato, non sembrava affannato, non sembrava
neppure minimamente stanco.
D’accordo, Merlin sapeva che lui era abituato ad estenuanti
allenamenti con gli altri cavalieri e questo gli aveva forgiato un corpo
resistente e pronto a sopportare gli sforzi a lungo, ma neppure lui era una mammoletta, per la
miseria!
Era sempre riuscito a stargli dietro, in un modo o
nell’altro, e a contenere la fatica.
Un pensiero sfuggevole e malevolo gli sussurrò che forse egli
stava mettendo alla prova la resistenza di Linette e
che stesse calcando più del solito, facendola scontrare con i propri limiti, per
dissuaderla dal partecipare nuovamente a future cacce con lui.
Ma non era da Arthur utilizzare una tattica tanto meschina,
Merlin ne era consapevole.
Se proprio non l’avesse più voluta come accompagnatrice, si
sarebbe limitato a dirglielo. E ad ordinarle di restarsene al castello.
Lo stregone sospirò, infastidito da se stesso. Era più
semplice dare la colpa a quell’Asino Reale, ma la verità era che quel nuovo
fisico era meno resistente dell’altro, per sua stessa natura. E che, per quanto
sano e forte egli fosse, non poteva pretendere le medesime cose da quel corpo
di donna.
Quando il respiro gli si rifece regolare, stappò la propria
borraccia dando fondo a quasi tutta la scorta rimasta. Quasi all’ultimo sorso
rinunciò, conservandone almeno un po’ per dopo.
Il principe scosse la testa a quel gesto, poi la rimproverò.
“Stai bevendo troppo.” Le appuntò severo, ma senza particolare
cattiveria. “E sarà peggio.”
Lin abbassò lo sguardo sulle punte
delle dita che stringevano il contenitore. “Lo so.” Biascicò.
Arthur finse di non udirla, oppure non la sentì davvero.
“Suderai ancor di più.”
“Lo so.” Bisbigliò nuovamente.
“E aumenterà il desiderio di altra acqua.”
“D’accordo!” sbottò, con tono stizzito, un po’ più
infastidito di quanto volesse realmente. “Non berrò più.”
L’erede al trono sollevò un sopracciglio, stupito dalla sua reazione.
“Anche perché la tua fiaschetta è praticamente prosciugata.”
Infierì, colpendo con la punta dello stivale il recipiente che risuonò
desolatamente vuoto.
Il servo non gli rispose. Si limitò ad inspirare ed espirare
l’aria umida del bosco.
“La sai una cosa?” riprese il principe, con tono svagato, sedendogli
accanto.
“Cosa?” domandò il mago, per pura educazione e non perché
gliene importasse davvero.
“Non so se è peggio sentire le continue ciance di Merlin o
il tuo ansimare dietro le mie spalle mentre cammino.”
“Se avessi il fiato, vaneggerei anch’io. Credetemi.”
“Allora è il caso che io non rallenti.” Esclamò, risoluto.
Le sue labbra però si distesero in un sorriso, mentre egli si divertiva a
cincischiare un rametto spezzato raccolto per terra.
Merlin non sapeva esattamente cosa ribattere. Perciò tacque,
chiudendo gli occhi e rilassandosi finalmente, apprezzando appieno quel momento
di pausa agognata.
Si era alzata una fresca brezza da Est, e quella carezza
leggera gli asciugava la fronte imperlata con piacevolezza.
Persino Sua Altezza parve gradirla. Per quanto l’inattività
lo rendesse nervoso e irrequieto.
Probabilmente quel
tronco era troppo scomodo per il suo regale didietro, ghignò lo stregone,
intenzionato ad ignorare l’impazienza dell’altro.
Quando però lo sentì risollevarsi, seppe che non poteva più
procrastinare l’inevitabile.
La pausa era finita.
Il valletto sospirò e lo imitò, rialzandosi, un po’ meno
impaziente di ripartire. Ma quando vide che Arthur stava per caricarsi sulle
spalle anche il suo zaino, anticipò le sue mosse, sottraendolo alla sua presa.
Sapeva di aver appena perso una buona occasione per
viaggiare più leggero, ma a volte l’orgoglio era una brutta bestia. E il suo non faceva eccezione.
***
Forse aveva bevuto davvero
un po’ troppa acqua, si disse, qualche tappa più
avanti.
Il principe aveva dato l’ennesimo alt per pietà nei suoi
confronti, ma il servo aveva perso per strada il suo senso di inferiorità o
quello di rivalsa. Aveva raggiunto il punto in cui accettava quelle soste e
basta. Soprattutto adesso, che quel nuovo bisogno impellente si faceva largo in
lui.
Probabilmente l’erede al trono si aspettava di vederla
collassare su quel masso invitante alla sua destra – come con i cinque macigni invitanti precedenti –, perciò si meravigliò
quando la vide guardarsi attorno, con impazienza, alla ricerca di qualcosa che
lui non intuiva, e poi partire in quella direzione.
“Ehi!” la richiamò.
Lin si volse a guardarlo,
imbarazzata.
“Vado a… uhm… a raccogliere fiori dietro a quel cespuglio.”
Lo avvisò, indicandoglielo, col pollice rivolto ad una siepe, una dozzina di
iarde più avanti, che garantiva un minimo di riservatezza.
Arthur capì, finalmente, e rise dell’eufemismo. “Controlla
che i fiori non mordano!” scherzò.
Merlin sorrise di rimando, eppure pensò tra sé che, se il
principe avesse saputo – di quella volta, in cui il mago l’aveva salvato dalle
Edere Carnivore senza che lui se ne accorgesse, prima che ne divenisse
l’inconsapevole pasto – non avrebbe scherzato poi tanto, a cuor leggero, su
fiori che mordono.
***
Mezzogiorno doveva essere passato da un pezzo, stando a
sentire il suo stomaco.
Ma orientarsi sulla posizione del sole dentro al bosco era
quasi impossibile e sembrava che il suo signore non avesse ancora fame né
voglia di fermarsi.
Merlin non osò chiedere. Ingoiò saliva e tacque, seguendolo,
fino a quando non udirono il gorgogliare lontano dell’acqua.
L’erede al trono deviò allora verso quel rumore.
Trovarono un piccolo torrente, che fuoriusciva dal
sottosuolo dopo aver scavato le viscere della montagna.
Il principe sorrise compiaciuto, informandolo che avrebbero
pranzato lì e, soddisfatto, si sfilò i guanti, lasciandoli cadere a terra e si
inginocchiò sull’erba, chinandosi verso una piccola ansa per dissetarsi.
“Arthur!” aveva gridato Lin,
mentre egli toccava con le dita l’acqua gelida.
Non ebbe modo di reagire e, l’istante dopo, aveva solo
percepito il sibilo della lancia che fendeva l’aria poco distante dal suo
orecchio destro.
Continua...
Disclaimer:I
personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma
di lucro, da parte mia.
Ringraziamenti:
Un abbraccio a Tao, che sopporta i miei scleri. X3
Note: Sì, lo so.
Sono cattiva. *O*
Vi beccherete l’ansia dell’attesa, fino al prossimo
aggiornamento. XD
Non ho particolari appunti da dare su questo capitolo,
tranne che la cosa della sete e dell’arrancare è di stampo autobiografico.
>////<
E anche il conseguente effetto collaterale, ovvio. Ma alzi
la mano fra di voi chi, trovandosi in un’escursione,
non ha invidiato i maschi per la facilità con cui possono fare pipì ovunque. Ç_ç
Va beh… lasciamo perdere. U_U
Comunque, vi anticipo già che nel prossimo capitolo la
caccia raggiungerà l’apice e finirà. Così passeremo oltre:
“A questo punto, c’è
una sola creatura che possa darti le risposte che cerchi.” Gli aveva detto il
suo mentore, chiudendo con un tonfo sordo l’ultimo libro a loro
disposizione.
E altre piccole cosette carine. ^__^
Precisazioni al
capitolo precedente: (a random)
- Volevo precisare che il fatto che Merlin rompa di continuo
i vestiti… beh, serve… per il futuro.
Non è messo lì per riempire righe vuote. XD
E no, non rimarrà senza, Gwen gli ha fatto svaligiare
mezzo mercato di Camelot, ricordate?
Carina l’idea che sia un messaggio subliminale che invita il
principe a strapparglieli di dosso, ma purtroppo anche Merlin è innocente e
ingenuo come l’Asino Reale… U_U
- Uh! La gelosia di Arthur vi è piaciuta, eh? XD Ma
ricordate che lui non l’ha capìta, e che soprattutto vive incarnando lo spirito cavalleresco,
quindi vuole davvero proteggerla dai
possibili malintenzionati. (Tenetelo a mente, vi servirà tra qualche capitolo.)
- Lancelot apparirà brevemente
entro la fine della storia. Anzi, nell’epilogo (che ho già scritto).
- Egle, tesoro. Ogni volta che tu
commenti mi metti in crisi, perché le tue
interessanti domandine/supposizioni mi costringerebbero a spoilerare metà storia! XD Abbi pazienza, devi tenerti la
curiosità. ^^
Nota di servizio:
ho attivato un mini-forum nella mia personal page
di EFP; vi invito quindi, ogni tanto, a dare un’occhiata nel mio account,
perché lì potrei segnalare eventuali ritardi negli aggiornamenti, avvisi di
anticipi o altre info ancora.
Un’ultima cosa:
Ringrazio tutti i preferiti, da ricordare e seguiti di
questa fic, sono un bel numero e la cosa mi fa
piacere.
Spero che magari qualcuno, tra quelli che non recensiscono
mai, possa magari iniziare a farlo! XD
(Colgo l’occasione per ringraziare chi l’ha fatto, un nuovo
recensore è sempre un piacere! *O*)
Campagna di Promozione
Sociale - Messaggio No Profit:
Dona l’8‰ del tuo tempo alla causa
pro recensioni.
Farai felice
milioni di scrittori.
(Chiunque voglia
aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio crede) Come sempre, sono graditi commenti,
consigli e critiche.
Note: il seguente scritto conterrà riferimenti slash più avanti
Note: il seguente scritto conterrà
riferimenti slash più avanti.
Riassunto: Merlin
è abituato a salvare la vita all’Asino Reale senza che questi se ne accorga, ma
stavolta non tutto va per il verso giusto. Colpito dall’incantesimo del
malvagio Ardof, il nostro mago farà i conti con una
sconvolgente novità: egli si risveglia trasformato in una donna.
Solo Gaius conosce il suo segreto e, finché non
troverà il modo di tornare normale, dovrà inventarsi delle scuse plausibili e
prendere il posto di se stesso al servizio del principe. Come riuscirà a
conciliare questa ‘nuova situazione’? Come si evolverà il suo rapporto con
Arthur?
Grazie
di tutte le recensioni ricevute. *inchin*
E del tanto entusiasmo
*O*, spero
che la storia rimanga all’altezza delle vostre aspettative!
Vorrei dedicarla a quelle
persone che hanno recensito il precedente capitolo:
Damis, GiulyB, angela90, mindyxx, chibimayu, miticabenny, Lyla_sly, lynch, YukiEiriSensei,
_ichigo_85, celine_underworld, bollicina, Tao, _Saruwatari_, Rozalia, Orchidea
Rosa, Egle, Ryta Holmes, SharkAttack (Ciao! Benvenuta!^^)
e Little Fanny (Bentornata, cara! E grazie degli arretrati!).
E a quanti commenteranno (SE vi
va di recensire anche dei capitoli più indietro di questo, il vostro parere non
andrà perduto!).
Ai vecchi e ai nuovi lettori.
Grazie.
The He in the She
(l’Essenza dentro l’Apparenza)
Capitolo XI
Arthur sollevò lo sguardo, incredulo, prima
sulla ragazza e poi – sul margine accanto a lui – dove una vipera velenosa si
contorceva in piccoli spasmi e successivamente, esangue, si lasciava
galleggiare a pelo d’acqua.
Estrasse la punta di ferro dalla testa triangolare
conficcata nel terreno, con una freddezza sconcertante la ripulì sul prato dal
sangue, mentre la bestia veniva portata via dalla corrente.
“Un Marasso…” mormorò, pensieroso.
Merlin annuì. Dal morso
doloroso e letale.
Il principe scrutò la giovane serva come se la vedesse per
la prima volta.
“Come… come ci sei riuscita?”
“Mi avete detto di tenere gli occhi aperti e io l’ho fatto,
Sire.”
“No, intendevo…” egli deglutì. “Il lancio…”
Il mago si strinse nelle spalle.
Oh!,
era bastato un ‘Flayo Fago’.
Arthur scosse la testa, più sconcertato che meravigliato.
“Mi hai salvato la vita!”
“Sì.” Confermò, annuendo nuovamente.
E qualcosa di imprevisto scattò nel nobile.
“Mi hai salvato la vita!!” ripeté,
alterandosi, camminando in circolo, furibondo.
“Maestà?” s’azzardò il servitore, che non ci capiva più
nulla.
L’erede al trono interruppe il movimento, puntandole contro
un indice intimidatorio.
“Salvato da una dama!”
sputò quasi. “Le dame non salvano le
vite, si fanno salvare dai cavalieri!; e i cavalieri si salvano tra di loro e tu non sei
neppure un cavaliere!”
“Non sono neanche una dama, se vogliamo essere pignoli.”
Obiettò Lin. “Sono solo una serva.”
“Che disonore! Che disonore!!Non lo raccontare a nessuno!”
“Raccontare cosa?”
“Ecco. Brava.” Sospirò, come se si fosse tolto di dosso una doppia
armatura.
“Sire?” ritentò lo stregone, cauto. Non avrebbe mai capito l’assurdo codice d’onore dei cavalieri.
“Nh?”
“Ma Lady Morgana sa tirare di spada! E ha battuto diversi
uomini! Quello non è un disonore?”
“Morgana non fa testo.” Rispose egli, brusco, come se fosse
la cosa più normale del mondo. “E’ cresciuta sopravvivendo alle mie angherie.”
E Merlin colse una punta d’orgoglio nella fine del discorso.
Il principe si accasciò contro un albero, rinunciando a bere
dal ruscello – improvvisamente l’acqua fresca e gorgogliante non era più così accattivante, per lui – e si fece
passare la borraccia di pelle.
Lo scudiero gli si sedette accanto, offrendogli pane e carne
salata e gallette dolci.
Rimasero in silenzio, consumando il pasto, ognuno perso nei
propri pensieri.
Per Merlin tutto quello non aveva senso. Era assurdo.
Assurdo.
Arthur viveva con la consapevolezza di poter perire ogni
volta che combatteva, ma andava in panico se realizzava
che poteva morire per il morso di un serpentello
durante una caccia.
E il suo onore gli impediva di farsi salvare da una femmina.
Fantastico.
Era un asino. Faceva bene a chiamarlo così. E aveva sempre
avuto ragione su questo.
Mentre masticava la pagnotta, lo stregone guardò di
sottecchi il suo signore.
Poteva sentire il suo cervello rimuginare sul fatto sin da
lì.
Era un idiota, e
lui lo sapeva. Perché lo conosceva bene.
Poi però intuì anche un’altra cosa, e cioè che… Arthur non conosceva lei.
Se fosse stata come la maggior parte delle servitrici del
castello, entro mezza veglia tutta Camelot avrebbe
saputo che il principe aveva portato la sua nuova valletta a caccia e lei gli
aveva salvato la vita.
Orgoglioso com’era quel babbeo, c’era da prevederla, una
sfuriata così.
Se poi esagerava, supponendo che le chiacchiere sarebbero
potute giungere sino al re, allora sarebbe stato anche peggio.
L’onta dell’infamia avrebbe marchiato Arthur per sempre, a suo dire.
Merlin aveva una sola fortuna: a quel somaro serviva tempo
per digerire le cose, dopo però ci metteva una pietra sopra e andava avanti.
“Mi hai salvato la vita.” Ammise il principe, d’un tratto,
dopo un tempo infinito, ma come se avessero chiacchierato sino ad un istante
prima su quell’argomento.
Lin temporeggiò, temendo una nuova
crisi di nervi.
“Ho fatto solo il mio dovere.” Si schernì, pregando che
fosse la risposta giusta da dare.
“Ottima mira.” Considerò il nobile, con tono esperto,
stupendola nuovamente.
“Tutta fortuna.” Replicò, modestamente. E un piccolo incantesimo per direzionare la lama, completò tra sé.
“Sono in debito con te.” Realizzò, serio, voltandosi a
guardarla.
Merlin avrebbe voluto scoppiargli a
ridere in faccia.
E tutte le altre
volte?
“Me ne ricorderò.” Le promise, chiudendo il discorso e
risollevandosi da terra. Si spazzolò distrattamente il retro dei pantaloni con
due manate. “Torniamocene a casa.”
“Potreste offrirmi da bere e saremmo pari...”
propose, con leggerezza.
Ma Arthur si fece serio, rammentando.
“Anche Merlin, una volta, mi ha detto la stessa cosa.”
Il mago se lo ricordò solo in quel momento, e finse di non
saperlo.
“Ah, sì?” esitò. “E com’è finita?”
“Io non offro da bere alle donne.” Tagliò corto l’altro,
avviandosi.
***
Quando Gaius lo vide rientrare
dalla porta, aggrottò entrambe le sopracciglia.
“Hai dovuto mimetizzarti con i cespugli?”
Ma Merlin non era dell’umore adatto.
Andò a darsi una ripulita – aveva ancora foglie, rametti e
spine aggrovigliati fra la treccia – e si costrinse a rivestirsi da donna. Il
suo umore diventò irrimediabilmente uggioso, eppure si impose di concentrarsi e
usò tutto il tempo utile per finire la ricerca sul controincantesimo.
***
“A questo punto, c’è una sola creatura che possa darti le
risposte che cerchi.” Gli aveva detto il suo mentore, chiudendo con un tonfo
sordo l’ultimo libro a loro disposizione.
Al giovane non restò altro che rassegnarsi. Del resto, aveva
lui stesso ammesso che, se fosse stato necessario, sarebbe tornato dal
lucertolone con la mania degli indovinelli, a supplicarlo per un aiuto.
E non vedeva differenti vie d’uscita per rimettere le cose a
posto.
Erano trascorsi solo
tre giorni dall’infausto avvenimento, ma a lui sembravano tre interi secoli.
A dirla tutta… cominciava
anche a preoccuparsi seriamente della faccenda.
Sospirò, mentre il guaritore di corte lo informava che
doveva uscire per far visita a Sir Nicholas.
Perciò lui avrebbe atteso che fosse scesa la notte su Camelot, poi sarebbe sgusciato come sempre nei sotterranei
del castello.
Nel frattempo, però, aveva ancora un mucchio di compiti da
finire e Arthur non avrebbe di certo aspettato i suoi comodi.
***
La cena al suo signore fu servita in religioso silenzio, con
gesti meccanici dettati dall’abitudine.
L’erede al trono le aveva lanciato un paio di occhiate
stupite, ma vedendola pensierosa non aveva osato chiederle il motivo. In fondo, non erano propriamente in
confidenza.
Merlin non se ne accorse neppure. La mente era corsa ad
anticipare, a fantasticare sulle parole del drago. Era completamente assorto,
assorbito nelle possibili varianti che gli sarebbero state offerte: avrebbe dovuto procurarsi qualche
ingrediente raro per una pozione? Sarebbe bastato un incantesimo di
scioglimento? Oppure sarebbe dovuto andare in cerca di Ardof,
ovunque egli fosse, e costringerlo a togliergli quel sortilegio?
In cuor suo, sperava solo di comprendere bene cosa gli
sarebbe stato detto e di poterlo mettere in pratica quanto prima.
Aveva già rischiato la pellaccia in un’infinità di
occasioni, quella non sarebbe stata né la prima né l’ultima.
Tuttavia, sicuramente
le altre volte non era mai stato così felice e ansioso di farlo.
Fu con quello spirito, che lo stregone predispose il
necessario per la notte del principe e lo salutò.
Arthur lo obbligò nuovamente, come le notti precedenti, a
farsi scortare a casa dalla guardia di turno in corridoio.
Merlin non tentò di opporsi, non fiatò neppure. Non voleva perdere altro tempo inutile in
rimostranze, come la sera avanti e quella prima ancora.
Se avesse avuto la mente sgombra da altri pensieri, si
sarebbe reso conto che quella del principe era una volontaria gentilezza nei
suoi confronti e non un’imposizione, e che avrebbe dovuto essergliene grato o sentirsi
addirittura lusingato. Peccato non fosse nella disposizione d’animo di
apprezzare il generoso gesto.
Si lasciò quindi accompagnare fino al suo alloggio, salutò
la sentinella e attese che questa fosse sparita, prima di sgattaiolare
nuovamente verso il castello, stando bene attento a non farsi scoprire.
Non aveva percorso neppure un terzo del tragitto, quando uno
spaventoso boato rimbombò nei corridoi deserti.
Di colpo il palazzo si era destato, in fermento, come un
enorme formicaio calpestato. Merlin ebbe appena la prontezza di riflessi di
spingersi da parte, prima di venire investito da un drappello di guardie
accorse, richiamate dal rumore.
Egli si accodò a loro, raccogliendo le gonne e correndo per
quanto poteva. Che fosse un attacco
magico?
Con suo enorme stupore, realizzò
che tutti si stavano dirigendo verso la sua stessa meta, la zona dei
sotterranei dove il drago era stato rinchiuso più di vent’anni prima.
Maledizione! Che quel
disgraziato avesse trovato il modo di liberarsi proprio quella sera?!
Per fortuna, i suoi timori non trovarono fondamento; i
cavalieri e le guardie reali si erano ammassati parecchio prima della scalinata
che portava nelle viscere del castello.
Man mano che si avvicinava, un odore polveroso colpì le sue
narici, mentre uno strano pulviscolo danzava nell’aria, illuminato dalle torce.
Il principe raggiunse il luogo poco dopo Merlin. Egli lanciò
a Lin solo un’occhiata distratta, ma di ammonimento,
come a dire che non avrebbe dovuto trovarsi lì e che poi avrebbero fatto i
conti.
Il mago si fece piccolo piccolo, tenendosi in disparte, e tuttavia cercando
di cogliere tutti i discorsi e il ragguaglio che, sapeva, avrebbero fatto
all’erede al trono.
Quando udì il motivo di tanto scompiglio – un vecchio
architrave in legno marcito aveva ceduto, e crollando aveva ostruito
parzialmente un corridoio laterale di quella zona –, lo stregone tirò un
sospiro di sollievo: niente assalti di
creature magiche nemiche. Il suo conforto, però, durò poco.
Giusto il tempo di capire che quell’incidente aveva mandato
a monte i suoi piani e gli avrebbe impedito di andare dal lucertolone quella
sera – era impossibile oltrepassare il punto del crollo, finché non fossero
stati rimossi tutti i blocchi di pietra franati – ed egli sospirò affranto.
Ascoltò appena la voce di Arthur, che interrogava le sentinelle
di guardia in quella zona sincerandosi che nessuno fosse rimasto ferito o
intrappolato al di là della frana.
Lo vide andare di persona a controllare lo stato dei fatti e
lo sentì ordinare ai suoi uomini che la zona fosse interdetta a tutti, fino a
quando non fosse stata ripristinata la sicurezza del passaggio e che
l’indomani, per prima cosa, si dovesse sgomberare tutto il materiale e
procedere alla riparazione.
Infine, il principe si rivolse alla sua valletta, mentre
questa abbassava colpevolmente gli occhi sulle sue scarpe femminili.
“Non dovresti essere a casa di Gaius?”
le domandò, contrariato dalla sua presenza.
“Lo ero, Sire. Ma…” Merlin pensò svelto a
qualcosa per giustificarsi, e l’unica soluzione fu mentire. “Ma ho
pensato che avreste potuto avere bisogno di me.”
“Certo, come no?!” Il nobile scosse
il capo, seccato. “Le donne dovrebbero stare fuori dai guai. La prossima volta
che succede qualcosa di strano, resta al sicuro. Intesi?”
Linette gli lanciò un lungo
sguardo senza rispondere. Magari avrebbe
dovuto ricordargli una certa caccia avvenuta quel mattino...
“Intesi?!” ripeté egli,
spazientito.
“Sì, Maestà.” Borbottò di malavoglia, in risposta, la
ragazza.
“E ora muoviti, ti riaccompagno a casa.”
“Ma non desiderate che vi prepari il necessario per darvi
una ripulita?”
Arthur quasi non si accorse delle mani sporche e di tutti i
calcinacci polverosi che aveva addosso.
“No, mi arrangerò con l’acqua del catino.”
Il mago, dal canto suo, sperò che l’altro avrebbe
usato davvero l’acqua della bacinella, senza scambiarla col contenuto
del vaso da notte.
Del resto, a riprova della sua scarsa autonomia, l’erede al
trono aveva infilato le braghe al contrario, nell’urgenza di rendersi
presentabile. Che altro avrebbe potuto
combinare?
“I vostri pantaloni,
Sire.” Gli appuntò, al momento di congedarsi, quando furono davanti alla porta
di Gaius.
Forse il principe era arrossito. Peccato ci fosse poca luce.
“Avevo fretta.” Replicò egli, scontroso, messo in
difficoltà. “E non fare la balia!”
Lo stregone sorrise del suo imbarazzo e richiuse l’uscio,
prima che l’altro potesse brontolare minacce al suo indirizzo.
Continua...
Disclaimer:I
personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma
di lucro, da parte mia.
Ringraziamenti:
Un abbraccio a Tao, che sopporta i miei scleri. X3
Note:
(prima quelle tecniche):
- La vipera berus o marasso è un
serpente velenoso del genere delle vipere. La vipera berus
o marasso vive nella maggior parte dell’Europa Occidentale e dell’Estremo Oriente,
e dell’Asia, è molto comune nell’Italia Settentrionale. La vipera berus o marasso non è considerata altamente pericolosa, i
suoi morsi possono essere molto dolorosi, ma sono raramente fatali. Il nome
specifico, Berus, è nuovo ed è stato un tempo
utilizzato nel latino per fare riferimento a un serpente, forse la biscia, Natrixnatrix. (Info prese da Wikipedia, l’enciclopedia libera).
Ho verificato la presenza del marasso anche in Inghilterra,
perciò verosimile che esistesse lì anche al tempo dei nostri eroi.
Un mio appunto personale: oggi, il suo morso è raramente mortale,
ma un tempo sì. Niente Centro Antiveleni! XD
- Gli incantesimi usati sono presi dal telefilm; per la
trascrizione mi sono affidata ai sottotitoli inglesi, quindi io li ho stilati
nel modo in cui si scrivono, non come si pronunciano.
Nello specifico, il Flayo Fago è estrapolato
dalla puntata 2x01 “La maledizione di CorneliusSigan”, nel bosco, durante l’attacco contro il cinghiale.
- “Potreste offrirmi da bere e
saremmo pari...” sono le stesse parole che Merlin usa
nella puntata 1x02 “Valiant”, la seconda volta in cui
salva la vita ad Arthur e il principe cerca malamente di ringraziarlo. Mi
piaceva costruirci un parallelo^^
- Il riferimento al vaso da notte
e al fatto che la regale pipì potrebbe entrare in contatto col regale principe
è un riferimento ad una delle scene tagliate sempre della puntata 2x01 “La
maledizione di CorneliusSigan”,
in cui Cedric fa inciampare Merlin e lui versa
l’intero contenuto in faccia ad Arthur^^
Peccato che la scena sia stata tagliata in fase di montaggio,
è alquanto schifida, ma assolutamente esilarante!
^___^
Comunque suddetta scena gira nel web e se riesco a ritrovare
il link che ho perso ve lo aggiungerò.
- Sulla reazione isterica di Arthur al suo salvataggio, ho
già spiegato le mie ragioni tramite il ragionamento di Linette,
e lo credo coerente col personaggio. Tuttavia, se la
pensate diversamente, mi farebbe piacere saperlo.^^
- L’incontro col drago è rimandato per ovvie ragioni… *buawawawahahahaha* al povero Merlin non va mai dritto
niente. X°D
Comunque, vi anticipo già che nel prossimo capitolo ci saranno
un bel po’ di discussioni!
“Poiché tuo cugino ti
ha affidata a me,” ritentò il principe con modi più
pacati “io mi sento responsabile della tua sicurezza, almeno fino a che
resterai a Camelot o fintanto che lui non tornerà.”[...] “Poi, quando
non sarai più affar mio, potrai fare
tutte le scelte che vorrai, con chi desidererai e come più ti aggraderà.”
E altre piccole cosette carine. ^__^
Precisazioni al
capitolo precedente: (a random)
- Adoro le vostre supposizioni *O*
E bollicina ha vinto!, indovinando
il seguito del capitolo, ed è già stata premiata con un pezzetto di storia in
anteprima.
- Sì, Linette usa bene la magia
come Merlin, perché la sua mente la sa padroneggiare come prima.
Riguardo al suo corpo, però… sorpresa! ^.^
- Decisamente Arthur è un asino, ma un galant-asino!
XD
- Sono contenta che abbiate colto il fatto che (lo spirito
di) Merlin è sempre fra loro. E’ importante.
Del resto, è l’unico punto di contatto comune che hanno ed è
‘normale’ che lo tirino spesso in ballo; il principe, soprattutto, che li
paragona sia come parenti sia come servitori entrambi incapaci.
- Se avete dubbi o curiosità, voi provate a chiedere, se mi
sarà possibile rispondere senza anticipare spoiler, lo farò volentieri!
- Questo capitolo ha 2000 parole,
forse sazierà un po’ più la vostra fame… ma se i caps
scivolano via veloci, vuol dire che piacciono *_*
Rispondo a SharkAttack: il numero preferenze come autrice si vede entrando
nel proprio account in alto a destra, quello che usi per caricare una fic.
Dal pannello “Opzioni Account”, in basso a sinistra della
griglia c’è la voce “Sono tra gli autori preferiti di...”
e se ci clicchi su si pare l’elenco in ordine alfabetico. (Spero di esser stata
chiara^^).
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pro recensioni.
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milioni di scrittori.
(Chiunque voglia
aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio crede) Come sempre, sono graditi commenti,
consigli e critiche.
Note: il seguente scritto conterrà riferimenti slash più avanti
Note: il seguente scritto conterrà
riferimenti slash più avanti.
Riassunto: Merlin
è abituato a salvare la vita all’Asino Reale senza che questi se ne accorga, ma
stavolta non tutto va per il verso giusto. Colpito dall’incantesimo del
malvagio Ardof, il nostro mago farà i conti con una
sconvolgente novità: egli si risveglia trasformato in una donna.
Solo Gaius conosce il suo segreto e, finché non
troverà il modo di tornare normale, dovrà inventarsi delle scuse plausibili e
prendere il posto di se stesso al servizio del principe. Come riuscirà a
conciliare questa ‘nuova situazione’? Come si evolverà il suo rapporto con
Arthur?
Grazie
di tutte le recensioni ricevute. *inchin*
Spero che la storia
rimanga all’altezza delle vostre aspettative!
Vorrei dedicarla a quelle
persone che hanno recensito il precedente capitolo:
SharkAttack, Damis, chibimayu, YukiEiriSensei, Egle,
angela90, bollicina, Orchidea Rosa, miticabenny, Tao,
Ryta Holmes, lynch, mindyxx, ChelseaH, GiulyB, saisai_girl (Ciao!
Benvenuta!^^) e _Saruwatari_ (Non ti devi scusare, e
grazie del commento!).
E a quanti commenteranno (SE vi
va di recensire anche dei capitoli più indietro di questo, il vostro parere non
andrà perduto!).
Ai vecchi e ai nuovi lettori.
Grazie.
The He in the She
(l’Essenza dentro l’Apparenza)
Capitolo XII
Quando Merlin si era destato, quel quarto giorno, aveva
udito dei rumori inconsueti, di gente già affaccendata.
Gaius gli aveva spiegato che, come
ordinato dal principe, alcuni uomini si erano messi al lavoro qualche tempo prima
dell’alba, per riparare il crollo della notte precedente.
La notizia fu confortante per lui, perché – con tutta
probabilità – sarebbe potuto andare dal drago quella sera stessa o al massimo
all’indomani.
A dire il vero, a lui sarebbe bastato molto meno: un breve
incantesimo e il passaggio sarebbe stato ripristinato all’istante,
ma – ahilui! – non si poteva fare. Dannata magia bandita!
Se solo fosse arrivato
in quel punto qualche secondo prima!
Avrebbe impedito il franamento e nessun rumore avrebbe
attratto le guardie.
Oppure... con la sua
solita fortuna, magari sarebbe finito schiacciato sotto i blocchi di pietra...
Oramai, però, era tardi per recriminare; per questa ragione
aveva imbrigliato la propria impazienza e, dopo l’inestimabile aiuto della cara
Gwen che lo aveva preparato a dovere, si era apprestato
a svolgere le proprie mansioni: prima fra tutte, destare il suo Asino Reale e
verificare se egli fosse riuscito nell’intento di darsi una ripulita da solo.
***
Quel mattino, sul tardi, Guinevere incrociò il principe in
uno dei corridoi dell’ala Ovest, mentre ella si recava dalla sua signora, con il
pranzo in mano, e lui faceva ritorno da un colloquio privato col re.
L’erede al trono si sarebbe limitato ad un cenno del capo
come risposta al suo inchino, se la serva non si fosse fermata con un sorriso
gaudioso stampato in faccia e l’intenzione di parlargli – un’intenzione
abbastanza goffa, a dire il vero.
“Volevo…” Gwen arrossì
imbarazzata, “Volevo ringraziarvi, Sire, per il
gentile regalo, ma non dovevate disturbarvi!”
Arthur ebbe il fugace acume di tacere, perché nelle parole
della ragazza c’era qualcosa che non gli tornava. Ma ella fraintese il suo
silenzio, credendo che fosse un incitamento a continuare.
“Quello che avevo scelto con Linette
andava benissimo, per sostituire quanto rovinato, Maestà!” gli spiegò. “Ciò
nondimeno, il vostro dono è meraviglioso, il vestito che la figlia della sarta
mi ha consegnato è bellissimo, molto
più costoso del mio… vi assicuro che lo indosserò ad ogni occasione possibile
per onorare la vostra generosità!” gli promise, compiendo una perfetta
riverenza, malgrado il vassoio colmo tra le braccia.
Il nobile finse di esserne compiaciuto, separandosi da lei.
Eppure, mentre si recava nelle proprie stanze per desinare,
i pezzetti di un mosaico astruso s’incastrarono al proprio posto: anzitutto,
ora comprendeva quella sconosciuta richiesta di pagamento che gli era
pervenuta, mentre lui era in riunione, e che Geoffrey aveva saldato a nome suo.
Secondariamente non ricordava di aver promesso a Gwen
un abito nuovo, dopo che Lin… Arthur si bloccò a metà
della scalinata, pensieroso, convincendosi che la sua valletta avrebbe avuto le
risposte che cercava. E, chissà perché,
si sentiva come se fosse stato raggirato da lei.
La sua curiosità fu saziata poco dopo, quando entrò nei
propri appartamenti, dove la serva stava predisponendo il suo pasto pomeridiano.
“Ho incontrato Gwen.” Esordì lui,
senza salutarla.
“Sì?” cinguettò la giovane, con artificiosa innocenza.
“Mi ha ringraziato
per un abito che io le avrei
offerto.” Precisò, diffidente.
Merlin nascose un ghigno vittorioso. Lui aveva già
incrociato l’amica un’ora addietro, e le aveva spiegato che la prima veste era
un suo dono, più modesto ma ugualmente sincero, in ragione di tutto l’aiuto che
le stava dando da che Lin era giunta a corte; mentre
l’altro vestito era invece un dono del principe – non prezioso come quello di
una nobildonna, beninteso, ma sicuramente più pregiato di quelli che potevano
permettersi i normali servitori.
Gwen l’aveva ringraziata
all’infinito, e alla prima occasione, aveva detto, avrebbe espresso la sua riconoscenza
anche all’Asino Reale.
“Tu ne sai niente?”
la interrogò il cavaliere, sondandola attentamente, visto che la ragazza non sembrava
intenzionata a parlare.
“Sire, cosa dovrei sapere esattamente?” replicò il mago,
simulando ingenuità. “Voi avete irrimediabilmente rovinato un caro ricordo di
Guinevere, avevate affermato che vi sareste addossato la colpa di ciò, e io mi
sono limitata a riferirlo a lei.” Dichiarò, riprendendo subito, prima che lui potesse
obiettare o arrabbiarsi: “E la poverina, sapete, ci è rimasta così male, ma così male, che ha pianto un mare di lacrime!” gli confidò, con
quel tono accorato che ad Arthur ricordava terribilmente quello dei narratori
di novelle o dei cantastorie che facevano spasimare Morgana e le sue dame di
compagnia.
“E sicché…?” tagliò corto lui, sbuffando.
“E sicché, per consolarla della terribile
perdita – era un vestito che le aveva regato suo padre che è morto
giustiziato da vostro padre, lo
sapevate? – le ho promesso che vi sareste impegnato a sostituirlo, mi è
sembrato il minimo, Sire. Tuttavia, se ho sbagliato, chiedo umilmente perdono
per la mia iniziativa.” Si fece credere costernata.
“Quindi ne hai fatto confezionare un altro a mio nome?”
“Esatto.”
“Dalla miglior sarta di Camelot.”
“Esatto.”
“Ed è…?” Oh, lo
sapeva. Lo sapeva!
Si strofinò la tempia destra, dove una vena pulsava
fastidiosamente anticipatrice.
“Ovviamente giallo, come il precedente che, disgraziatamente, è andato sciupato.” E
si finse seria. “Come quello del padre.”
Rimarcò, per consolidare il concetto.
Arthur strinse i pugni, preparando una sfuriata. Lui odiava quel colore! E lei lo sapeva
bene!
Era consapevole di essere stato ingannato da Lin e la cosa lo infastidiva.
Ma aveva ancora ben chiara l’avventura della mattina precedente,
a caccia, e aveva cognizione di essere in debito, di aver contratto un grosso debito, con
lei.
Sbollì la sua ira brontolando mezzo minuto
buono e terminò la ramanzina con un: “Non saranno tollerate altre ingerenze da
parte tua, intesi? Ricorda che sei ancora in
prova.”
Merlin sussultò a quelle parole.
Forse aveva esagerato,
pensò, annuendo in risposta.
Lo sguardo preoccupato e contrito di Linette
rimise in sesto il suo orgoglio malandato.
Per questo, l’erede al trono accantonò il proprio malumore.
“Beh…” sbuffò, in un maldestro armistizio. “Se non altro, Gwen sembrava felice.”
Il mago stiracchiò le labbra. “Molto felice.”
“Era da un pezzo che non la vedevo così euforica.”
“Già.” Ne convenne la serva, assentendo.
Arthur le scoccò un’occhiata sorpresa, come a dire...
“Oh, lo immagino.”
Lo stregone corresse il tiro, prima di infognarsi ulteriormente. “Se lo dite
voi, sarà certamente vero.”
“In pratica… abbiamo compiuto una buona azione.”
“Direi di sì.” Concordò.
“Adesso, però, togliti quell’aria soddisfatta e servimi il
pranzo.” Le ordinò, burbero, per chiudere la questione.
***
Gli allenamenti pomeridiani si erano appena conclusi.
Il principe si godette l’applauso dei presenti per le sue
magistrali gesta, poi scese da cavallo con un agile balzo, malgrado
la stanchezza, e si sfilò l’elmo per asciugarsi il sudore. L’aria fresca, senza
quella fastidiosa costrizione, gli diede immediato ristoro. Così come uno dei
valletti che corse sino a lui con una delle borracce d’acqua fresca, affinché
egli si dissetasse. La vuotò in un solo sorso, con estremo piacere.
Successivamente aspettò che Sir Martin gli si avvicinasse,
per scambiare con lui due parole e congratularsi dell’ottimo duello.
Quel ragazzo stava migliorando parecchio nell’uso delle
lance e avrebbe reso onore a Camelot durante il
torneo ormai imminente.
Arthur stava per consegnare il proprio destriero ad uno dei
palafrenieri, quando si accorse di una piccola lacerazione sul pelo, all’altezza
del garrese. Forse una delle schegge di legno delle aste lo aveva ferito di
striscio.
Rifiutando l’aiuto dello staffiere, riportò egli stesso la
bestia nelle scuderie, per sincerarsi che il suo fedele stallone ricevesse le migliori
cure.
Quando entrò nelle stalle, fu accolto con l’abituale riverente
saluto da parte di tutti – e quella era la consuetudine, perciò la cosa non lo
stupì –, quello che invece lo sorprese fu che la maggioranza degli uomini lì
dentro sembrava deluso dall’assenza di qualcuno che avrebbe dovuto essere, per
qualche motivo, con lui. I loro occhi avevano indugiato dietro le sue spalle e successivamente
sulla porta, come se si aspettassero l’arrivo di un ritardatario. O di una ritardataria, ronzò la sua
mente, rammentando la scena del giorno prima. E di chissà quante altre volte, in cui lui era mancato o non se n’era
accorto.
Diede un paio di pacche amichevoli al suo cavallo e lo
lasciò nelle mani del fedele Blaise, il capostalliere, con chiare e precise disposizioni.
Poi rivolse l’attenzione al secondo problema.
Non erano passate neppure tre veglie, da che aveva ritenuto le
parole di suo padre un avvertimento inutile e fuori luogo. Ora invece si
ritrovava a rivalutare il discorsetto
del re e a condividerne le ragioni, se non l’intento.
D’accordo, si
disse. Non era abituato a queste
incombenze, ma era tempo di mettere in chiaro un paio di cosette.
E si mise alla ricerca di Linette.
***
La trovò nell’armeria, mentre lucidava l’armatura,
accoccolata per terra a gambe divaricate, con la gonna rimboccata e
spiegazzata.
Arthur le lanciò un’occhiata tra lo stupore e il
divertimento. “Non pensavo che le ancelle sedessero così.”
Merlin arrossì pietosamente, rassettandosi la veste. “Chiedo
perdono. Pensavo di esser sola.”
Il principe sbuffò a disagio. “Lin…
voglio darti un consiglio disinteressato.”
Il mago di fece attento. “Ditemi.”
“A me, tutto sommato, il tuo modo di fare piace. E’ un po’… stravagante… ma credo sia una vostra
pecca congenita… tenendo anche conto della precarietà mentale di quell’idiota
di tuo cugino...”
Merlin sollevò le sopracciglia in modo ironico. “…ma?”
l’imboccò.
“Ma non tutti potrebbero gradire. O peggio: potrebbero
gradirlo troppo.” Le spiegò. “Quello
che sto cercando di dire è che… che i tuoi comportamenti – tutta quella confidenza che dai ai garzoni, per
esempio – potrebbero istigare le
voglie deprecabili di qualche servitore o stalliere, o di una guardia… e non
vorrei che ti accadesse qualcosa di spiacevole.”
“La vostra premura mi commuove, Sire. Però
io so difendermi.”
Arthur scosse il capo testardamente. “Tu credi di saperti proteggere, tuttavia…”
“Grazie, Mio Signore.” L’interruppe lei, per chiudere la
questione. “Ho capito. Farò tesoro delle vostre parole.” Chiarì, laconica. “Comunque
ora dovreste andare, vostro padre vi aspetta per la riunione.”
“Lin…” Il principe sospirò
stancamente. “Non dovresti offenderti, lo dico per il tuo bene.”
“Oh, ma io non mi sono offesa!” sibilò pungente.
“Forse, nella tua ingenuità contadina, non hai ancora
inquadrato i pericoli del vivere al castello…”
“Non sono una stupida!” sbottò spazientita.
“Io non ho mai detto questo!”
“Però l’avete pensato!” l’incalzò,
arrabbiata.
Arthur fece schioccare la mascella digrignando i denti. Poi
cercò di calmarsi e tornare ragionevole.
Merlin capì il suo sforzo e fece altrettanto.
“Poiché tuo cugino ti ha affidata a me,”
ritentò il principe con modi più pacati “io mi sento responsabile della tua
sicurezza, almeno fino a che resterai a Camelot o
fintanto che lui non tornerà.”
“Tecnicamente, Sire, mio cugino mi ha chiesto di lavorare al
posto suo, non che voi foste il mio protettore.” Obiettò lei.
“Rimane il fatto che tu devi avere più accortezza e che io –
finché rimarrai qui – farò girare la voce che, chiunque oserà anche solo pensare di sfiorarti, avrà a che fare
con la mia ira.”
Lo stregone aprì la bocca ma non fiatò, perché l’altro aveva
già alzato una mano per interromperlo.
“Poi, quando non
sarai più affar mio, potrai fare
tutte le scelte che vorrai, con chi desidererai e come più ti aggraderà.”
“D’accordo.” Si ritrovò ad accettare, – gli sembrava di non aver fatto altro che litigare con lui tutto il
giorno – e non gli rimase che finire di pulire lo schiniere, mentre osservava,
torvo, la schiena del Nobile Somaro allontanarsi da lì.
Continua...
Disclaimer:I
personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma
di lucro, da parte mia.
Ringraziamenti:
Un abbraccio a Tao, che sopporta i miei scleri. X3
Note: Dunque,
avevo promesso che la cosa del ‘vestito di Gwen’ non sarebbe stata dimenticata e infatti il nodo è
arrivato al pettine.
C’è anche l’accenno al discorsetto
che Uthy dovrebbe aver fatto al caro figliuolo, come
avevate chiesto. Mi chiedo: quanti di voi sarebbero interessati a sapere esattamente cosa gli ha detto il re? In
tutta sincerità, io non avevo proprio calcolato di scrivere il momento in modo
minuzioso o di raccontarlo con i particolari in flash-back. Ma se in molti lo
voleste, potrei pensarci su e vedere se è possibile incastrarlo prima o poi
nella trama.
Lo schiniere o gambiera è quella parte dell’armatura
che protegge parte della gamba, dal malleolo al
ginocchio e anticamente lo oltrepassava, e che serviva per proteggere la parte
che rimaneva al di fuori dello scudo. (Info prese da Wikipedia,
l’enciclopedia libera).
Comunque, vi anticipo già che nel prossimo capitolo ci
saranno accenni di incontri interessanti:
Mentre Merlin serviva
il pranzo ad Arthur, Morgana bussò entrando nella stanza.
[...]
Un nuovo timore lo
colse, improvviso e inaspettato, giusto nel momento in cui metteva piede
nell’ormai familiare sporgenza. Perché non ci aveva pensato prima?!
Quel... quel
bestione... l’avrebbe divorato, prima ancora che avesse modo di dirgli chi era?
Ma ormai era troppo tardi perché, stranamente, la grossa lucertola era
già lì, davanti a lui, con fauci spalancate e vividi occhi gialli.
Merlin deglutì a
vuoto, maledicendo la propria ingenuità.
E altre piccole cosette carine. ^__^
Precisazioni al
capitolo precedente: (a random)
- Son contenta che la scenata di Arthur vi sia parsa
credibile e coerente col personaggio. Anche se io ho in testa una mia idea di
lui, ci tengo molto al vostro parere.
- Vorrei precisare che il pezzo in cui Arthur entra in
camera è volutamente simile all’inizio del cap 4,
l’Asino Reale è uno e unico, e le sue
reazioni si assomigliano, per una sorta di asinina coerenza X°D.
- Il riferimento al vaso da notte
e al fatto che la regale pipì potrebbe entrare in contatto col regale principe
è un riferimento ad una delle scene tagliate sempre della puntata 2x01 “La
maledizione di CorneliusSigan”,
in cui Cedric fa inciampare Merlin e lui versa l’intero
contenuto in faccia ad Arthur^^
L’ho trovata in inglese (e, persino, una versione doppiata
in russo! XD) potete vederla qui:
- Sono piacevolmente sorpresa che il posticipo
incontro Merlin-Drago vi piaccia. Mi sono sciolta
quando avete detto che così Linette non sparirà
troppo presto! *__* (Oh, la mia creaturina! ^O^)
- La battuta “Morgana non fa testo.[...] E’
cresciuta sopravvivendo alle mie angherie.” Arthur
la dice con orgoglio perché riconosce nella sorellastra un carattere coraggioso
e forte, un po’ maschiaccio, e si attribuisce il merito di averglielo forgiato.
Come a dire ‘Lei è migliore della dama media, perché è cresciuta con me e l’ho
influenzata positivamente come modello’. (Sì, Arthur
è palesemente modesto X°D).
- Per chi sperava in un po’ più di azione durante la prima
caccia… era solo la prima, bisogna aspettare. Ma l’avventura arriverà!, oh, se arriverà!!
Riflessione estemporanea: ringrazio tutte quelle persone che
mi hanno scritto per chiedermi come sto o mi hanno augurato pronta guarigione
nei commenti. Grazie ^///^
In questi giorni di riposo forzato mi sono riguardata le
puntate di Merlin su Italia 1 e ho ricordato le 30 bozze di fic
ferme da mesi ç__ç
In aggiunta a questo, ho letto gli spoiler della terza
stagione e visto le prime scene disponibili e la fantasia si è già messa in
moto! *ç*
Un’ultima cosa:
Per chi se la fosse persa, la mia ultima breve fic su Merlin è questa:
Tutti
sono fuori in giro, oggi che è festa. E io sono ancora a casa malata. Ç__ç Sono
un po’ depressa e allora mi son messa a leggere le vostre recensioni per
tirarmi su di morale e poi mi son detta: perché non aggiornare?
Note: il seguente scritto conterrà
riferimenti slash più avanti.
Riassunto: Merlin
è abituato a salvare la vita all’Asino Reale senza che questi se ne accorga, ma
stavolta non tutto va per il verso giusto. Colpito dall’incantesimo del
malvagio Ardof, il nostro mago farà i conti con una sconvolgente
novità: egli si risveglia trasformato in una donna.
Solo Gaius conosce il suo segreto e, finché non
troverà il modo di tornare normale, dovrà inventarsi delle scuse plausibili e
prendere il posto di se stesso al servizio del principe. Come riuscirà a
conciliare questa ‘nuova situazione’? Come si evolverà il suo rapporto con
Arthur?
Grazie
di tutte le recensioni ricevute. *inchin*
Spero che la storia
rimanga all’altezza delle vostre aspettative!
Vorrei dedicarla a quelle
persone che hanno recensito il precedente capitolo:
chibimayu, _Saruwatari_,
Tao, Ryta Holmes, angela90, saisai_girl,
miticabenny, lightblack
(Ciao! Benvenuta/o!^^), SharkAttack,
YukiEiriSensei, abcdefghilm (Ciao anche a
te! Benvenuta/o!^^), bollicina, Orchidea Rosa, damis,
mindyxx, _ichigo_85, Little Fanny, princessjiu 327 (Bentornata,
cara!) ChelseaH e GiulyB.
E a quanti commenteranno (SE vi
va di recensire anche dei capitoli più indietro di questo, il vostro parere non
andrà perduto!).
Ai vecchi e ai nuovi lettori.
Grazie.
The He in the She
(l’Essenza dentro l’Apparenza)
Capitolo XIII
Il mattino del quinto giorno, al suo risveglio, Merlin aveva
trovato la casa stranamente vuota.
Un breve messaggio di Gaius lo
informava che era uscito, perché la moglie di Sir Beltrame aveva avuto le
doglie.
In un certo senso, il giovane si sentì quasi sollevato; così
non avrebbe subìto, anche quel dì, le battutine ironiche del suo mentore – su
quanto gli stesse bene quella camicia a fiorellini o quel
particolare fermaglio.
Puntuale come sempre, Gwen fece la
sua comparsa con un discreto bussare.
Il mago, che non aveva finito di fare colazione, la invitò a
mangiare con lui e la ragazza accettò di buon grado. Chiacchierarono del più e
del meno, della gonna che Guinevere si stava cucendo e dell’abito che doveva
ancora accorciarle. Si scusò per la mancanza di tempo, promettendole che
l’avrebbe terminato entro pochi giorni.
Merlin la rassicurò che non aveva fretta, poi andò nella sua
stanzetta a prendere il necessario per prepararsi.
“Oh!… Lin cara, non puoi indossare
lo stesso vestito per il terzo giorno di fila!” esordì l’ancella, vedendola.
“Ma mi sono lavata!” replicò il servo, preso alla sprovvista
dal velato rimprovero.
“Sì, però non è questo il punto!” le spiegò l’altra, paziente.
“Sei la valletta personale del principe, ci si aspetta da te un certo…”
“D’accordo. D’accordo!” la interruppe lo
stregone. “Cambierò l’abito!”
Guinevere parve ricordare qualcosa che finora le era sfuggito.
“Avevo dimenticato di spiegarti anche un’altra cosa…” cominciò,
un po’ tentennante. “So che voi… nei villaggi… avete consuetudini diverse,
tuttavia… ecco, vedi…”
“Gwen, arriva al punto.” La
incalzò Merlin.
“Magari per te va benissimo così… tuttavia… la mia signora è
così gentile da permettermi di usufruire della sua vasca, anche se non dovrebbe;
così io posso fare il bagno in pace, senza aspettare i turni degli altri servitori
del castello.”
“E…?”
“E mi chiedevo, se vuoi… potrei domandare a Lady Morgana il
permesso di farla usare anche te! Lei è sempre così gentile, Linette, vedrai che non rifiuterà!”
Merlin rimase un istante basito dall’inattesa piega dei
discorsi.
Poi un terribile pensiero lo colse.
E se si fosse ritrasformato
in se stesso mentre era lì dentro?!, pensò
inorridendo. Oh, no. Decisamente no.
Per un secondo, riuscì ad immaginarsi nudo come un verme
nelle camere private della protetta del re e sorellastra del suo padrone.
Sarebbe morto di vergogna e dopo sulla forca, come minimo.
“Grazie infinite, maGaius ha fortunatamente
una sua tinozza. E’ vecchia e malandata, però regge ancora al suo scopo!”
“Oh, beh, tanto meglio!” si risolvette l’amica, chiudendo anche
gli ultimi passanti del suo abito. “Ora però devo scappare, la mia dama si
starà per svegliare!”
Il mago le augurò una buona giornata e accantonò quei
discorsi, tanto più che era riuscito ad evitare un confronto diretto con la
pupilla del sovrano fino a quel momento; e, dopo queste ultime riflessioni,
sperava di spuntarla altrettanto bene, fintanto che non avesse riacquisito il proprio
corpo.
Anche perché non ne aveva ancora parlato col suo maestro, ma
i sogni premonitori di Morgana potevano essere controproducenti per lui.
Avrebbe interrogato il drago anche su questo, benché gli
fosse noto che lo sputafuoco era nemico della donna;
l’aveva definita, in vari momenti, ‘strega’ con
un’accezione particolarmente negativa.
L’essere magico gli aveva intimato, più volte, di stare in
guardia da lei, quantunque Merlin non ne capisse le ragioni. La nobildonna era stata
sua amica, fin da quando era giunto lì. E sempre lo sarebbe stata, si augurava
lui, una volta che quel guaio si fosse sistemato.
Ora si trattava di starle alla larga, casomai le fosse
venuto in mente di sognarsi Linette e di mandare a monte
la sua copertura.
Il Destino, però (che ultimamente sembrava avercela un po’
con lui), aveva deciso diversamente.
***
Tutto si era svolto con sorprendente normalità, fino allo
scoccare della sesta ora.
Mentre Merlin serviva il pranzo ad Arthur, Morgana bussò
entrando nella stanza.
“Sono venuta a conoscere la nuova valletta.” Motivò, con un
grande sorriso. “L’altra sera, a cena, non abbiamo scambiato che poche parole.”
Lin ricambiò la sua spensieratezza
irrigidendosi per la sorpresa, tuttavia si riebbe prontamente, con un pacato inchino.
“Grazie, Milady.”
“Oh, la somiglianza è impressionante!” cinguettò la
nobildonna, avvicinandosi ad osservare i delicati lineamenti dell’altra. “Non me n’ero accorta, ma alla luce del sole si vede benissimo!”
Merlin arrossì, imbarazzato.
“Smettila, Morgana. Così la
metterai a disagio.” Intervenne il principe, parlando a bocca piena.
La dama lanciò loro un’occhiata civettuola e si scusò. “Non
era nelle mie intenzioni.”
“No-nonpreoccupatevi,
Mia Signora…”
“Tolgo il disturbo, ma prima vorrei invitarti, Linette cara, all’incontro di cucito che si tiene ogni
sabato pomeriggio nei miei appartamenti. Mentre servirai il the, potremo
conoscerti meglio. Gwen mi ha parlato tanto di te!”
Merlin spalancò la bocca, sconcertato.
“Vi ringrazio, ma non… non credo che i miei impegni-”
“Oh, suvvia!” minimizzò l’altra. “Sono sicura che Arthur
possa fare a meno dei tuoi servigi per qualche ora, nevvero?” e fissò
l’attenzione sul fratellastro che si stava pulendo le dita unte della
selvaggina che stava mangiando.
“Certo.” Concordò lui, “Se Linette
lo desidera, non mancherà alla vostra
vitale riunione di pizzi merlettati e pettegolezzi vani.”
Morgana applaudì entusiasta. “Bene, ci conto!”
Quando se ne fu andata, il servo rilasciò un sospiro
affranto.
“Siete proprio sicuro di
non avere qualche improrogabile
compito da assegnarmi sabato pomeriggio?” chiese, supplice.
Arthur sollevò ironicamente un sopracciglio “Non muori dalla
voglia di partecipare?”
“Io morirò e basta.”
Sbottò caustico.
“Ah, sì?” la prese in giro. “Credevo che le ragazze amassero
ricamare.”
“Beh, non io!”
precisò l’altro, rannuvolandosi. “Mi basta e avanza dover
rattoppare i vostri vestiti e i miei! No, grazie. Preferirei andare a
pulire le vostre stalle, piuttosto.” Confessò, con una
smorfia.
L’Asino Reale le sorrise a tuttotondo.
“Attenta! Potrei
prenderti in parola!” la intimidì, scherzoso.
“Non chiedo di meglio!” ripeté il mago, “Tutto, purché sia
esentata da quella… quella…”
Il nobile ebbe pietà di lei. “D’accordo.” Concesse. “Lascia
fare a me. All’ultimo momento, dirò alla mia amata sorellastra che hai un impegno urgente e quindi non potrai
presenziare, con tuo immenso rammarico.”
“Vi sono debitrice, Mio Signore.” Il servo si inchinò,
esprimendo riconoscenza. Ma era chiaro il duplice vantaggio ottenuto dal
principe.
Il sorrisetto soddisfatto, che increspava le labbra
dell’erede al trono, la diceva lunga sul piacere che provava Arthur a rompere
le uova nel paniere a Morgana.
***
Merlin rivide Gaius solo nel tardo
pomeriggio, il parto si era rivelato lungo e complicato, ma sia la madre che il
bimbo stavano bene, per la gioia di Sir Beltrame.
E il re, per festeggiare il lieto evento, aveva fatto
organizzare un piccolo banchetto in onore del primogenito del suo fedele
vassallo, per il giorno successivo.
Quando la cosa venne comunicata al Real
Somaro, Linette si godette tutta la scena.
Sapeva, infatti, quanto l’Asino odiasse quei momenti in cui
il vino scorreva a fiumi e si rinvangava un passato nostalgico, in cui tutto sembrava
sempre andare meglio che nel loro presente, e si finiva per rammentare
avvenimenti imbarazzanti di gioventù – nel suo caso, dell’infanzia trascorsa ad
usare armi grosse il doppio di lui, con rudi uomini addestrati a non avere pietà
delle sue gracili ossa di bambino – e si finiva a parlare del valore sui campi
di battaglia del re, quand’era ancora nel fiore degli anni, per arrivare al
compianto Sir Gorlois, il padre di Morgana. Allora
tutti sarebbero convenuti su quanto fosse stata bella la madre di lei (per
pudore atavico, la regina Ygraine non veniva mai
nominata) e quanto fosse stata graziosa Lady Morgana, fin da piccina. Qualcuno
si sarebbe azzardato a dire che ella aveva sempre saputo tener testa al giovane
Arthur, in quanto a dispetti e coraggio – se mai fosse nata uomo, sarebbe stato
un cavaliere prode e ardito, borbottavano in tanti, con quel rammarico
tipicamente maschilista di chi vedeva un’ottima occasione sprecata –; il
principe, nel frattempo, si sarebbe incarognito un po’ di più, facendosi
versare dal suo scudiero l’ennesima coppa che gli avrebbe tolto il gusto di
fiele dalla gola riarsa.
Ecco perché Arthur sperava di riuscire a svignarsela da quel
supplizio; ma era stata formalmente richiesta la sua presenza, perciò aveva
tenuto un umore uggioso fino all’ora di coricarsi. E Merlin dovette sorbirselo
tutto, quindi l’allegria iniziale – per la sventura del suo padrone – era
presto svanita, ancor più quando gli venne detto che anche lui avrebbe
presenziato, per servire alla tavolata.
L’unica nota positiva della serata, egli la ebbe al momento
di mettere a letto il Nobile Babbeo.
Prima che fosse licenziato per la notte e scortato nei
propri alloggi, una delle sentinelle giunse con un messaggio: il corridoio che
portava ai sotterranei era stato completamente sgombrato, pochi istanti prima.
Il mago raccolse la fresca notizia. Essere il valletto personale del principe, per una volta, si era
dimostrato un vantaggio.
***
Merlin fece un cenno d’intesa a Gaius
e poi, considerato sufficiente il tempo trascorso dal saluto della guardia,
uscì nuovamente dalla dimora del medico, con passo furtivo.
Il suo piano rischiò di compromettersi nell’istante esatto
in cui la tasca della veste rimase impigliata nella maniglia della porta di casa,
essa si chiuse con un tonfo, mentre la stoffa veniva strappata in un lungo
squarcio.
Linette imprecò a mezza voce, ma
per sua fortuna nessuno si accorse del rumore. O quantomeno nessuno venne a controllare. Temeva quasi che il suo
batticuore rimbombasse negli androni vuoti del maniero.
Prestando maggiore attenzione, riprese il piano da dove
l’aveva interrotto.
***
Odiava le gonne.
Le odiava con tutto se stesso.
Erano una trappola
mortale che ti portavano a inciampare e a ruzzolare di continuo, soprattutto
se avevi fretta o dovevi scendere e salire infidi scalini tutto il santo giorno.
Merlin ormai girava con ago e filo da rammendo perennemente
in tasca, perché doveva ricucirsi l’orlo strappato almeno una volta per veglia.
E, quando aveva proposto a Gwen di
accorciarle sino al ginocchio, la ragazza l’aveva squadrato come se fosse
impazzito, mentre la sua pelle mulatta si vivacizzava di un costumato rossore.
A Ealdor quei problemi non
c’erano. Le donne vestivano in modo semplice e decoroso, umile ma comodo, con
abiti che consentivano di chinarsi per raccogliere i prodotti dei campi o di
badare agli animali, senza rischiare di rompersi l’osso del collo ad ogni piè
sospinto.
Sua madre sarebbe inorridita nel vedere in quale stato si
era ridotto – piccola bambolina goffa –, oppure sarebbe inorridita e basta, al pensiero di cos’era diventato.
A volte, in passato, Hunith
l’aveva bonariamente preso in giro per il suo eccessivo buon cuore, per l’animo
sensibile e la lacrima facile con cui talvolta si commuoveva, come certe
ragazze sognatrici.
Ma sicuramente non
aveva mai immaginato a cosa la magia l’avrebbe portato.
Merlin pregò solo che sua madre fosse in salute, e troppo
occupata col lavoro dei campi, per progettare un’eventuale visita al suo amato
figliolo.
Senza dubbio, doveva risolvere quella faccenda prima di riabbracciarla. Perché non voleva rischiare di
restare orfano e, no, decisamente non voleva averla sulla coscienza.
Perso in quegli sgradevoli pensieri, cercò di non
incespicare nelle sottane e di non incendiarsi la treccia con la torcia, mentre
percorreva la scalinata che lo avrebbe portato nell’altro del drago.
Un nuovo timore lo colse, improvviso e inaspettato, giusto
nel momento in cui metteva piede nell’ormai familiare sporgenza. Perché non ci aveva pensato prima?!
Quel... quel
bestione... l’avrebbe divorato, prima ancora che avesse modo di dirgli chi era?
Ma ormai era troppo tardi perché, stranamente,
la grossa lucertola era già lì, davanti a lui, con fauci spalancate e vividi
occhi gialli.
Merlin deglutì a vuoto, maledicendo la propria ingenuità.
Continua...
Disclaimer:I
personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma
di lucro, da parte mia.
Ringraziamenti:
Un abbraccio a Tao, che sopporta i miei scleri. X3
Note: Ecco il
sospirato *quasi* confronto con Morgana, che in molte attendevano. E’ un
assaggio, lo so, ma nelle anticipazioni avevo detto esattamente questo. Che Morghy ci avrebbe provato, non che ci sarebbe riuscita! XD
Presto avrà anche lei il suo momento di gloria! ^O^
Prima che fraintendiate: Arthur s’intromette fra Morgana e Linette principalmente per contrariare la sorella (è uno scassaballe di suo XD, con lei ancor di più); quindi per il
semplice gusto di farlo, non perché ha
particolare voglia di “difendere” Lin da lei.
Precisazioni al
capitolo precedente: (a random)
- Ho scritto il
discorsetto di Uther. Giusto due righe. Due righe
fondamentali. Lo leggerete in un capitolo bomba!!
- Il rapporto Arthur/Linette in
itinere: riflessioni varie.
Ognuna di voi sta motivando i comportamenti dell’Asino a suo
modo: pura cavalleria, interessamento inconscio nei confronti di lei, oppure
perché le ricorda Merlin, o ancora perché si
sente in dovere di proteggerla perché Merlin gliel’ha affidata. (Bellissima
l’idea di Ryta, secondo cui lui vuole proteggerla
perché, se mai le succedesse qualcosa, farebbe soffrire Merlin *__*).
Direi che la mia idea originaria è un insieme di tutto
questo (Esclusa la parentesi, ma la adoro! ^O^).
Sicuramente sarebbe presto per parlare di attrazione (se
mai ci sarà), ma è indubbio che i modi di lei, così diversi dalle donne
comuni, lo stiano spiazzando e intrigando in qualche modo (e anche
complicandogli la vita, perché no?). Sovente rimane il confronto/congruenza tra
i due cugini, nella mente del Nobile Somaro.
- E incarico formalmente Ryta, di
tener conto di tutte le volte che Arthur nominerà Merlin! XD
- X SharkAttack:
no, a Merlin questa situazione non piace proprio, non è che lui voglia
prorogare la sua “vita da femmina”, sono però subentrate delle cause di forza
maggiore e lui si è dovuto adeguare… noi sappiamo che Merlin non è tipo da
piangersi addosso, nel telefilm ci hanno insegnato che lui è sempre pronto a
rimboccarsi le maniche, no?
- Sono contenta che
qualcuno abbia notato la cura di Arthur per il suo cavallo. E’ una cosa che mi
piace molto. E no, non perché il cavallo è la moto del medioevo (e noi sappiamo
com’è il binomio uomo-moto), ma semplicemente perché esprime la sensibilità e
il buon cuore del Nobile Somaro.
(Amo Arthur, abbiate
pazienza. U_U)
Un’ultima cosa:
Per chi se la fosse persa, la mia ultima breve fic su Merlin è questa:
Note: il seguente scritto conterrà riferimenti slash più avanti
Note: il seguente scritto conterrà
riferimenti slash più avanti.
Riassunto: Merlin
è abituato a salvare la vita all’Asino Reale senza che questi se ne accorga, ma
stavolta non tutto va per il verso giusto. Colpito dall’incantesimo del
malvagio Ardof, il nostro mago farà i conti con una
sconvolgente novità: egli si risveglia trasformato in una donna.
Solo Gaius conosce il suo segreto e, finché non
troverà il modo di tornare normale, dovrà inventarsi delle scuse plausibili e
prendere il posto di se stesso al servizio del principe. Come riuscirà a
conciliare questa ‘nuova situazione’? Come si evolverà il suo rapporto con
Arthur?
WOW! Abbiamo raggiunto
un nuovo record! (Le cose sono tre: forse ho scritto un capitolo straordinario,
di rara bellezza, e non me ne sono proprio resa conto X°D, oppure il caldo vi rende generosi e prolissi, o
magari chissà...?)
Ad ogni modo: grazie
di tutte le recensioni ricevute. *inchin*
Spero che la storia
rimanga all’altezza delle vostre aspettative!
Vorrei dedicarla a quelle persone
che hanno recensito il precedente capitolo:
elfinemrys, ChelseaH, Anthy, GiulyB, Shark Attack, damis, _ichigo_85, akkarin_a
(Ciao! Ti assicuro che le tue
considerazioni mi interessano molto!^^), angela90, Orchidea Rosa, Rozalia, miticabenny, _Saruwatari_, bollicina, slayer87 (Ciao!,
un parere nuovo fa sempre piacere; ma non temere, non verrei a cercarti sotto
casa! XD), chibimayu, saisai_girl,
mindyxx, bilancina92 (Ciao! Grazie del
commento-excursus!^^, ma ho l’impressione che le virgolette abbiamo mangiato
pezzi del commento), YukiEiriSensei, Soruccio (Ciao! Benvenuta!^^),
Ryta Holmes, celine_underworld,
PinkLadies (Ciao! Benvenuta!^^), Tao e Little Fanny.
E a quanti commenteranno (SE vi
va di recensire anche dei capitoli più indietro di questo, il vostro parere non
andrà perduto!).
Ne approfitto anche per ringraziare tutti quelli che hanno messo questa fic nelle preferite, seguite, da ricordare.E... perché no? Anche per le 300 aperture
che si raggiungono, ogni volta, in poche ore dal caricamento (mi fa pensare che
ci sia un mare di gente nascosta lì dietro, che mi segue, perciò grazie).
Ely
TheHe in theShe
(l’Essenza dentro l’Apparenza)
Capitolo XIV
Prima ancora di poter aprire bocca per presentarsi,
avvisarlo o anche solo per pensare ad una ritirata improvvisa per mettersi in
salvo, il bestione si avvicinò a lui, scrutandolo attento con il muso feroce,
sbuffando fumo e lapilli e poi… poi
scoppiò in una grassa, roboante risata.
Il pavimento della grotta traballava sotto quella spaventosa
sollecitazione, mentre Merlin boccheggiava, sconvolto e tremante, essendosi
ormai persuaso di dover diventare il suo spuntino di mezzanotte.
“Ma è già Beltane?!” gli domandò il mostro, alitandogli contro la sua voce
cavernosa.
L’ilarità del drago crebbe – per un istante, il ragazzo fu
quasi certo che si sarebbe rotolato pancia all’aria e che non si fosse
asciugato le lacrime di spasso solo perché non aveva delle falangi senza
artigli – e raggiunse il culmine; successivamente sfumò in nuove scintille, poi
l’animale millenario tossicchiò gli strascichi del suo divertimento,
ridiventando infine serio. O, quantomeno, fintamente
serio.
“Toh! Chi si rivede! Merlin!” l’apostrofò con tono leggero. “Mi sembrava che
avessi giurato di non ricorrere mai più al mio aiuto…”
“Tu… tu sai chi
sono?!” balbettò egli, ancora sottosopra, ignorando
l’accusa.
L’essere sbuffò fumo, eppure il mago aveva il dubbio che
stesse ridacchiando nuovamente.
“Sì, giovane stregone. Io vedo oltre le apparenze.”
Merlin non l’avrebbe mai detto, eppure il suo cuore si
riempì d’irragionevole speranza.
“Cosa… cosa devo fare?” gli chiese, accorato. “Cosa?!”
“A proposito di…?”
“Ma non vedi come sono
conciato?!” sbottò lui, alterandosi.
“Quel vestito ti dona.”
Considerò il lucertolone, arcuando le possenti mandibole.
Stava ghignando?
Quel bastardo stava
ghignando??
Lo stregone, sul punto di una crisi di nervi, gli mirò
contro un indice piccolo e ossuto – neppure uno stuzzichino, a ben vedere.
“Desideri aiutarmi oppure no?!”
urlò, e la sua voce femminile rimbombò in ogni anfratto. “Perché non starò a
farmi deridere da te!” lo minacciò, contro ogni logica, incrociando le braccia al
petto.
Il drago lo fissò per un istante lunghissimo, quindi
rispose.
“E sia.”
Così Merlin gli raccontò, per filo e per segno, lo scontro
che aveva avuto con il malvagio Ardof e poi del suo
risveglio, il mattino dopo, in quello stato.
Lo supplicò, allora, di dirgli cosa dovesse fare per riavere
le sue sembianze.
“Esistono incantesimi molto potenti, giovane stregone…”
incominciò la bestia.
“Me ne sono accorto.”
Replicò sarcastico l’altro, eppure contrariarlo non sarebbe servito, perciò
raddrizzò il tiro. “Nei libri di Gaius non c’è
traccia di risposte.”
“Perché non ve ne sono.” Confermò l’animale magico.
Merlin sentì il pavimento vacillare, ma stavolta non era per
le risate del drago.
Sentendosi mancare, si appoggiò con la schiena alla parete e
si lasciò scivolare fino a terra.
“Vuoi… vuoi dire che… che dovrò rimanere così per sempre?!”
strillò, isterico.
Il bestione non rispose.
“E se andassi da Ardof?
Se lo vincessi? Se lo obbligassi a togliermi di dosso la maledizione? Potrei… potrei… e se
morisse?” esclamò, preso dalla frenesia e dall’agitazione.
Il lucertolone fece uscire l’ennesima voluta di fumo dalle
narici.
“Incantesimi come questo sopravvivono persino al loro creatore.”
Merlin si coprì la faccia con le mani, affranto.
“Allora non c’è niente… niente che io possa fare?” sussurrò,
più a se stesso che alla creatura.
“Una cosa ci sarebbe…”
Il ragazzo si risollevò di scatto e, per raggiungerlo, per
poco non cadde nel baratro che li divideva.
“Qualsiasi cosa!”
“Non è detto che tu ci riesca.” Lo avvertì il drago.
“Non importa. Tenterò.” Replicò, fiducioso e caparbio.
“Non ti è concesso rivelare chi tu sia realmente, altrimenti
l’incanto non si romperà.” Premise la bestia. “E il tuo compito è cercare una
persona, l’unica che sappia
riconoscere la tua vera essenza e non si fermi alle apparenze.”
“Ma…” tentennò, invaso dai dubbi. “Sarà un maschio o una femmina?”
“Questo dipende da te, giovane stregone.”
“Allora potrei tornare a Ealdor da
mia madre! Prima o poi, lei mi riconoscerà sicuramente!”
Il drago scosse il pesante testone.
“No, non puoi. Il tuo destino è qui a Camelot,
giovane mago. Devi proteggere l’altra metà della tua medaglia, affinché il Fato
si compia come prestabilito.”
“Io avrei un paio di cosette non tanto carine da dire al
Fato, se mai lo incontrassi!” sbottò il salvatore
del regno, irritato.
Lo sputafuoco rise a quella
battuta, soffiando lapilli e cenere.
Il ragazzo invece sospirò afflitto e, nelle mille incognite
sul futuro, una curiosità ebbe il sopravvento.
“Però almeno… tu lo sai perché mi sono trasformato in una
donna?”
“Questo è facile da capire. Semplicemente… la tua parte femminile
è prevalsa. Ogni essere la possiede dentro di sé.”
Ma per Merlin no, non
era semplice da capire, né più facile da accettare.
“Mi raccomando, giovane mago: l’essenza dentro l’apparenza!”
gli ripeté il grosso rettile, quando egli lo ringraziò e se ne andò da lì, col
cuore gravido di preoccupazione e la testa completamente in confusione.
***
Dopo aver spiegato ogni cosa a Gaius,
Merlin si era rinchiuso nella sua stanzetta, bisognoso di solitudine. E, prima
che se ne rendesse conto, s’era fatta l’alba.
Egli si stropicciò gli occhi stanchi, sospirando.
Aveva avuto tutta la notte per digerire le parole del drago.
E non era nella sua natura piangersi addosso.
Per questo si impose di alzarsi e di vivere al meglio la
giornata, disperazione permettendo.
Una soluzione la si
sarebbe trovata, meditò tra sé, spaventato dalle occhiaie profonde che gli
solcavano il viso. Quante volte era
uscito da guai peggiori che sembravano vicoli ciechi?
In fondo, doveva solo pazientare e ingegnarsi. Non era un
sortilegio mortale o inguaribile, quello che lo aveva colpito. A quest’idea
doveva aggrapparsi, con le unghie e coi denti. E basta.
Ma il proposito, da applicare alla realtà, non era così
semplice.
Mentre egli sbocconcellava distrattamente il primo pasto, Gaius aveva rispettato il suo silenzio, conoscendo il suo
stato d’animo. E si era limitato ad una paterna pacca sulle spalle, per dargli
coraggio.
Anche Gwen l’aveva visto
particolarmente taciturno e, dopo un primo tentativo di risollevargli il
morale, non aveva intavolato le sue solite chiacchiere mattutine.
Quando venne il momento di portare la colazione all’Asino
Reale, persino Arthur notò il suo muso lungo e lui, in un momento di sconforto,
cercò di rimediare biascicando qualcosa riguardo al ritorno di Merlin.
Il principe fraintese il suo tono preoccupato e affranto,
consolando Linette con un: “Vedrai che ce lo
ritroveremo tra i piedi prima di quanto pensi!”
Lei non sorrise, ma annuì.
“Spero che abbiate ragione.” Sussurrò.
“Non è passata neppure una settimana,”
considerò Sua Altezza. “Ti pesa così tanto la vita qui? Mi sembrava che ti
fossi ambientata abbastanza bene…”
Ella dovette riconoscere che era vero. Sostituire suo cugino
non le dispiaceva.
Però...
“Sai che ti dico?” le dichiarò l’erede al trono, brandendo
una pagnotta, per continuare poi, in tono cospiratore: “Conosco un modo
infallibile per farti tornare il buonumore!”
Il mago gli si accostò, incuriosito. “E sarebbe?”
“Ma è ovvio, no?!” Arthur sorrise a
tuttotondo.
“Mi sta sfuggendo qualcosa, Sire…” obiettò il servo,
perplesso.
“Dai,Lin-Lin!”
la incitò. “Andremo a caccia!”
Merlin lo guardò, sconvolto. Sia dal nomignolo così poco arturiano, sia perché il principe si era
sprecato a pensare un modo per tirarle su di morale. Se poi il sacrificio
tornava utile pure a lui, tanto meglio.
“La caccia rende di buonumore voi, Maestà, non me.”
“Naaahh!” mugugnò il cavaliere.
“Non mi inganni! Ricordo il tuo entusiasmo genuino dell’altro giorno!”
Sì, anche Merlin ricordava la gioia dell’aver indossato i
propri pantaloni.
Ma rammentava anche la
scarpinata sfiancante e tutto il resto.
“Devo… devo compiere i miei doveri… fare il bucato, lucidare
gli stivali, rammendare i-”
“Ti esento momentaneamente dai tuoi obblighi!” Le accordò,
magnanimo, muovendo le sopracciglia in modo inquietante ma che, nelle sue
intenzioni, doveva essere accomodante.
“Nel senso che devo farli stasera?”
“Beh, ovviamente.”
Confermò l’Asino Reale.
“Oh, la vostra generosità mi commuove, Sire.” Ironizzò lo stregone.
“Orsù, non serve che mi ringrazi.” Replicò l’altro,
afferrando la valletta per le spalle. “Corri a cambiarti, so che spasimi dal
desiderio di indossare gli stracci di tuo cugino!”
***
D’accordo. Poteva
anche concederglielo.
Arthur si era dimostrato schifosamente generoso nel cercare
di risollevargli lo spirito.
E, benché Merlin sospettasse che c’entrava qualcosa anche il
mancare ad un’udienza barbosa, prevista per quel mattino, l’erede al trono aveva
scelto un buon espediente per consolarlo.
L’aveva condotto in una lunga cavalcata a briglia sciolta ed
era stato impossibile, per lui, non dimenticare – almeno per un po’ – il suo
terribile cruccio, mentre l’aria gli soffiava fresca in faccia e il sole
colorava i terreni intorno a Camelot.
Invece di scendere all’inizio della radura come da
consuetudine, avevano trotterellato su un sentiero che costeggiava il bosco a
Sud-Est e, a giudicare dall’altezza del sole, l’ora terza era già passata da un
po’, quando smontarono da cavallo.
“Non c’è niente di meglio di una galoppata per scacciare i
cattivi pensieri!” le aveva confermato l’Asino, con l’aria presuntuosa di chi
pretende di venir ringraziato per un’idea superlativa.
Merlin gli lanciò un mezzo sorriso obliquo, mentre si
stropicciava le gote arrossate e intirizzite dal vento.
“Ve lo concedo.” Ansimò. “E’ sicuramente più piacevole che
stare chini a lavare i vostri regali pavimenti, Sire.”
“Ma lavare i miei pavimenti
è un onore!” ciarlò il principe, fintamente indispettito.
“Oh, certo! Certo!” rise Linette,
stando al gioco. “Mi sento costantemente privilegiata
per questo!”
Arthur si perse un istante a guardarla.
Era sconcertante come
lei, quando sorrideva, richiamasse alla memoria il viso di Merlin.
Poi si riscosse, ammonendosi per l’assurdità di quei
pensieri.
“Non possiamo tornare a mani vuote.” Chiarì tornando serio,
armeggiando con le armi nella bisaccia.
Lo scudiero si rassegnò all’ennesima crudeltà.
Del resto, era consapevole che della selvaggina fresca e
succulenta, per cena, avrebbe ammorbidito l’ira del re per quella loro
sparizione fuori programma.
E così non protestò, quando s’incamminarono nel sottobosco
conducendo a mano le loro cavalcature.
***
Seduti per terra, accoccolati contro la base nodosa di un
grosso larice, padrone e serva si godevano la siesta che era seguita al pranzo
al sacco.
Ma, mentre il primo non la smetteva di elencare possibili
prede, nascoste in ogni anfratto più o meno lontano, e a rinvangare a Lin esperienze gloriose di battute di caccia in cui – per
inciso, Merlin c’era stato e sapeva com’erano andate veramente le cose – se ci
fosse stata anche lei, avrebbe visto all’opera la sua straordinaria mira e
avrebbe apprezzato sicuramente le sue doti di infallibile cacciatore, per
quanto le esperienze di lei nell’arte venatoria fossero ancora superficiali, a
suo dire: “Una lacuna che colmeremo!” la rassicurò gioioso; intanto che la
seconda se ne stava con gli occhi chiusi e il basso ronzio della voce
dell’Asino, come monotono sottofondo, indegno di esser udito nel suo tentativo
di relax.
“Linette, ma mi ascolti?” le
chiese d’un tratto, interrompendo l’entusiastico farneticare.
Il servo non si diede pena di aprire le palpebre. Erano in pausa o no?
“Mh. Mmmhh.” Mugghiò, come vago assenso.
La stanchezza della notte insonne si era fatta sentire, e
unita alla pancia piena dava un piacevole senso di torpore alle membra.
Arthur non si sarebbe
certo offeso, se lei avesse deciso di schiacciare un breve pisolino, si
disse, accomodandosi meglio contro la corteccia.
Al principe sembrò bastare quel borbottio, perché riprese il
cicaleccio come se niente fosse, nominando anche, un paio di volte, quell’imbranato
di Merlin e le sue disavventure sgradevoli e generalmente vergognose, senza
capire che – in fondo – a lei non ne poteva importare di meno.
Il mago aveva la netta sensazione che esibirsi troppo
entusiasta nell’andare a caccia si fosse dimostrato un’arma a doppio taglio.
Il Nobile Somaro sembrava aver trovato in Linette una specie di compagna
di giochi, bendisposta a seguirlo nelle sue spedizioni avventurose – cosa
che Merlin non aveva mai fatto.
Poco contava, si
convinse lo stregone, che fosse tutta una
falsità.
C’era il silenzio immerso nella natura (a parte la voce
fastidiosa dell’aristocratico Babbeo), c’era l’esonero dal lavoro (che però avrebbe
eseguito dopo), e c’era un momento di pace (dopo tanti giorni frenetici) in cui
finalmente venire a patti con se stessi.
Le parole del drago
rimanevano. Ma pesavano di meno, lì nel bosco.
Perso in quei pensieri, Merlin non s’accorse subito che
Arthur s’era zittito e, quando fece per dargli attenzione, si sentì
immobilizzare.
“Ferma!” le ordinò il principe, autoritario, in
quell’istante. “Non guardare!”
Continua...
Disclaimer:I
personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma
di lucro, da parte mia.
Ringraziamenti:
Un abbraccio a Tao, che sopporta i miei scleri. X3
Note: Ecco il
sospirato confronto con il drago!
Mi congratulo con quelle che, nei commenti, avevano già
intuito le grasse risate del lucertolone.
E pensate che questo pezzo drago-Merlin
è il terzo capitolo della fic che avevo scritto
(insieme all’inizio e alla fine), quindi è da febbraio che muoio dalla voglia
di farvelo leggere!
Come avrete capito, la soluzione
non è semplice né immediata per il nostro sfortunato maghetto.
(Perciò sì, purtroppo per lui, Merlin avrà a che fare con ‘le sue cose’ ^_=).
Facendo due conti, direi che siamo a metà storia. Anche se
l’azione e l’avventura cominceranno solo da ora.
Se tutto va bene, la concluderò col 30° capitolo; ma la
strada è ancora molto lunga, prima di
salutare questa storia, perché ho già pronti una ventina di capitoletti che
formeranno una raccolta di tutti i pezzi che non ho potuto inserire qui per
vari motivi: missing moment, spin
off, what if? e sequel: pre e post epilogo.
Sbaglio, o riesco a vedere i vostri sorrisi fin da qui?! XD
Ma torniamo al capitolo…
Beltane o Beltaine
(dal gaelico irlandese Bealtaine o dal gaelico
scozzese Bealtuinn; entrambi dall’antico irlandese Beletene,
“fuoco luminoso” o “fuoco di Bel” (dal dio Bel)) è un’antica festa gaelica che
si celebra attorno al 1º maggio.
“Bealtaine” è anche il nome del mese di maggio in
irlandese ed è anche tradizionalmente il primo giorno di primavera in Irlanda.
E’ il giorno situato a metà fra l’equinozio di primavera ed il solstizio
estivo, astronomicamente il giorno corretto è il 5 maggio.
Fonti gaeliche del X secolo affermano che i druidi accendevano dei falò sulla
cima dei colli e che vi conducevano attraverso il bestiame del villaggio per
purificarlo ed in segno di buon augurio. Anche le persone attraversavano i
fuochi, allo stesso scopo. Beltaine veniva celebrato con una rappresentazione
rituale del rapporto fra il Dio e la Dea. (Info prese da Wikipedia, l’enciclopedia libera).
Aggiungo io, che spesso questi riti degeneravano sotto vari aspetti: ‘riti magici’, cibo, vino (droghe?) e sesso promiscuo a
profusione. (Direi quasi una sorta di rave party ante
litteram! XD)
Per questo il drago chiede a Merlin se è già arrivato Beltane,
vedendolo conciato così, perché potrebbe aver combinato qualcosa, che non
ricorda, mente non era completamente in sé.
Sul diminutivo “Lin-Lin” che usa Arthur, Merlin ha
già espresso le sue perplessità. Ma sono convinta che il principe sappia essere
sufficientemente spudorato e lecchino, se vuole ammansire o ingraziarsi la
gente, soprattutto quando torna a suo vantaggio.
Se Merlin nella grotta vi è parso vagamente isterico, beh… lo è! XD
Povera stellina, è un filino troppo stressato e
rischia un mezzo esaurimento nervoso. Cercate di capirlo.^^L’umorismo del drago gli è andato di
traverso! XD
Precisazioni al
capitolo precedente: (a random)
- Confesso che anche io mi ero immaginata Merlin nella vasca
di Morgana, una cosa super-mega-imbarazzante.
(Sinceramente non so se ci penserebbe Uther o Arthur ad impiccarlo con le sue stesse mani). Ma
davvero non avrei potuto scriverla. E ho conservato l’idea per qualcos’altro.
^.^
- Riguardo la richiesta di celine: per ora Hunith non può
andare a Camelot da Merlin, gli farebbe saltare la
copertura! Ma, a suo tempo, ci sarà una particina anche per lei. (PS: ma la mia
mail con il problema dell’indirizzo e-mail ti è mai arrivata?)
- Vorrei appuntare che Arthur ha promesso a Linette che le farà saltare l’appuntamento di cucito per
sabato, ma non che lo farà ogni volta. Perciò il problema è solo rimandato, non
risolto!
- Anche a me piace molto il personaggio di Morgana (prima
che diventasse cattiva). Anche secondo me è l’unica donna del castello ad avere
le palle (beh, esclusa Linette, ma questa è una
battutaccia XD). Io immagino i pomeriggi di ricamo di Morghy
simili a dei pigiama-party del Medioevo XD (dove si sparla dei maschietti e non ci si comporta da brave signorine).
- Vorrei far notare che anche Morgana resta impressionata
dalla notevole somiglianza tra Linette e Merlin, non
è solo Arthur che si sogna le cose!
XD
- No, il povero Merlin non puzza! E’ Gwen
che vuol essere gentile e premurosa con Linette.
- Sì, i banchetti con pochi invitati sono come dei
bastardissimi pranzi di famiglia; a sentire voi, Arthur non è l’unico ad
odiarli!
Avviso di servizio: gradirei sapere se – durante il periodo estivo – preferireste trovare
gli aggiornamenti di mercoledì (primo pomeriggio) anziché al
sabato mattina, come finora.
Un’ultima cosa:
Per chi se la fosse persa, la mia ultima breve fic su Merlin è questa:
Note: il seguente scritto conterrà riferimenti slash più avanti
Note: il seguente scritto conterrà
riferimenti slash più avanti.
Riassunto: Merlin
è abituato a salvare la vita all’Asino Reale senza che questi se ne accorga, ma
stavolta non tutto va per il verso giusto. Colpito dall’incantesimo del
malvagio Ardof, il nostro mago farà i conti con una
sconvolgente novità: egli si risveglia trasformato in una donna.
Solo Gaius conosce il suo segreto e, finché non
troverà il modo di tornare normale, dovrà inventarsi delle scuse plausibili e
prendere il posto di se stesso al servizio del principe. Come riuscirà a
conciliare questa ‘nuova situazione’? Come si evolverà il suo rapporto con
Arthur?
Sperando di farvi cosa
gradita, e per ricompensarvi dell’entusiasmo, eccomi ad aggiornare con un giorno
di anticipo!
Grazie di tutte le
recensioni ricevute. *inchin*
Spero che la storia
rimanga all’altezza delle vostre aspettative!
Vorrei dedicarla a quelle
persone che hanno recensito il precedente capitolo:
Rozalia,
Little Fanny, _Saruwatari_, akkarin_a,
SharkAttack, bilancina92, saisai_girl, angela90, _ichigo_85, YukiEiriSensei, damis, miticabenny, elfinemrys, chibimayu,
Orchidea Rosa, bollicina, Tao, Ryta Holmes, GiulyB, Rinalamisteriosa, Mindyxx, Soruccio (Sorry, non uso Facebook XD), Lyla_sly (Tesoro, bentornata! Non
sapevo del trasloco, grazie infinite del recupero-commenti!), Fix89thebest (Ciao!
Benvenuta!^^ sono contenta che la mia pignoleria nel documentarmi sia
apprezzata!) e ChelseaH.
E a quanti commenteranno (SE vi
va di recensire anche dei capitoli più indietro di questo, il vostro parere non
andrà perduto!).
Ai vecchi e ai nuovi lettori.
Grazie.
The He in the She
(l’Essenza dentro l’Apparenza)
Capitolo XV
“Ferma!” le ordinò il principe, autoritario, in
quell’istante. “Non guardare!”
Ma Linette riaprì ugualmente le
palpebre, per istinto.
Abbarbicato sulla sua gamba destra, stava un grosso ragno
peloso, indubbiamente disgustoso ma altrettanto innocuo, per sua fortuna.
E il mago, prima che il nobile potesse intervenire, allungò
una mano con naturalezza e scostò la bestia da sé, lasciandola cadere su una
foglia poco distante, e tuttavia fuori dalla sua portata.
Arthur osservò il suo gesto con tanto d’occhi.
“Non…”
Merlin incrociò il suo sguardo, senza capire.
“Eh?”
“Mi aspettavo una specie di crisi isterica, d’accordo?”
ammise. “A voi ragazze, i ragni fanno schifo. Di
solito, le sguattere urlano a pieni polmoni, quando ne vedono in cucina di così
grandi… e quello era abbastanza ripugnante per
chiunque, perciò… com’è che non hai gridato?” s’incuriosì, colpito dalla
reazione anomala della sua valletta.
Il servitore si strinse nelle spalle.
“Nah! Non era mica piacevole,
certo. Ma credo ci sia ben di peggio, no?”
“Ah, sì?” s’interessò l’erede al trono. “Tipo?”
“Qualcosa che faccia abbastanza schifo? Uhm…”
meditò la fanciulla. “Schifo è
la bava di Wilddeoren sulla faccia, non quell’esserino inoffensivo.”
Arthur rimase meravigliato che lei sapesse dell’esistenza di
quei giganteschi ratti carnivori.
“Come mai conosci i Wilddeoren?”
le chiese, intrigato.
“Oh!” Merlin sorrise, nostalgico. “E’ una delle leggende che
ci raccontavano al villaggio per spaventarci da piccoli. Lo sanno tutti che i Wilddeoren non sono reali!”
Il principe però non sorrise. “Non sono una favola. Esistono
veramente. Vivono nelle gallerie di Andor, oltre le
colline di Nonmiricordocosa.”
“Oh, bene. Che restino là!” disse la ragazza, senza
scomporsi particolarmente. “Tanto noi non dovremo mai andarci, giusto?”
“Non di mia volontà.” La rassicurò il nobile, risollevandosi
da terra.
Raccolsero le loro armi e le cinque lepri catturate come
bottino e, considerato che Arthur non voleva saltare anche i sacri allenamenti
pomeridiani, con le sue giovani e massacrabili
reclute, stabilirono che fosse giunta ora di tornare a casa.
Ma siccome per Merlin quella caccia era andata di lusso –
non contando gli otto scivoloni e i cinque capitomboli – lui sapeva che il
Destino infingardo stava dietro l’angolo e l’avrebbe colpito, nel momento in
cui avrebbe abbassato la guardia.
Purtroppo per lui, il principe aveva deciso di tornare ai
loro cavalli per una via diversa rispetto a quella da dove erano giunti.
Questa sua idea geniale
– lo stregone aveva provato a dissuaderlo, ma non c’era riuscito perché non
aveva saputo addurre motivazioni sufficientemente convincenti – non si era
rivelata poi tanto intelligente, arrivati ad un ruscello che era necessario
oltrepassare.
“Me lo rammentavo più piccolo.” Le spiegò il Somaro Reale, con
quell’inflessione tipicamente asinina che lasciava intendere che fosse colpa
del fiume che era cambiato, non della sua memoria che aveva fatto cilecca. “Le
piogge devono averlo ingrossato.”
“Vi avevo detto che era più saggio tornare da dov’eravamo
giunti!” aveva precisato lei, pignola, guadagnandosi un’occhiataccia, mentre
l’altro valutava la situazione e le possibili soluzioni.
“Sono certo che verso la sorgente vi sia un restringimento
del letto, perciò lo affiancheremo per un po’.” Si risolvette, e Merlin fu
costretto ad adeguarsi, benché quella decisione significasse allungare di non poco
la strada.
***
Se non altro, il
Babbeo ricordava giusto. Si disse il mago, quando giunsero dove il fiumiciattolo
si riduceva a formare una sorta d’imbuto.
In quel punto era anche meno profondo – arrivava forse alla
vita o poco meno – e c’erano persino una decina di grossi massi, su cui saltare
per raggiungere l’altra riva senza doversi immergere.
“Sai cosa sto per dirti, vero?” la pungolò il principe,
squadrandola con un ghignetto strafottente.
“Se avessi il dono della preveggenza, Sire, credetemi che
non sarei qui con voi!” ribatté la serva, a tono.
Arthur sbuffò dal naso, incassando il colpo. Ma non rinunciò
ad avere l’ultima parola.
“I sassi sono ricoperti di soffice e verde muschio. Quindi…”
“Ho capito, ho capito!” lo
interruppe Merlin. “Sono viscidi e scivolosi. Starò vigile!”
“Oh, sia chiaro: io non vengo a tirarti fuori!”
“State attento, Maestà. Non sia mai che tocchi a me l’onore
di ripescarvi.”
“Sì, certo.
Mi è nota la tua grazia e la tua leggiadria, mia cara Linette.”
La canzonò, scoppiando a riderle in faccia.
Merlin si limitò a fargli la linguaccia, mentre si sistemava
meglio in peso dello zaino sulla schiena per non essere sbilanciato.
Quando il principe saltò sul primo masso, e poi sul secondo
e sul terzo, lo stregone valutò i suoi movimenti, per cercare di imitarlo, rimanendo
però impalato sulla riva.
“E allora, ti muovi?” la sollecitò, voltandosi verso di lei.
“Oppure devo venire a prenderti?” la spronò, beffardo. “Sei quasi peggio di
Merlin!”
Stupido Asino Reale!, inveì mentalmente. Lui non poteva essere peggiore di se
stesso!
A quella provocazione, il mago si sentì punto nell’orgoglio
e avanzò di scatto sul primo appoggio.
E, benché fosse scivolato un po’, allargando le braccia era
rimasto perfettamente in equilibrio.
“Visto? Non era poi così
difficile.” Le fece notare l’erede al trono.
“Io ho i piedi piccoli. Offrono
meno appoggio.” Borbottò il servo, per difendersi, benché sapesse che era un
po’ sciocco farlo.
Arthur infatti rise di lei, e
tuttavia ritornò indietro dal quarto sasso dov’era appena atterrato e le
allungò un mano, perché vedeva che Linette era
particolarmente indecisa.
“Non quello grosso, usa il più piccolo a
destra. E’ più piatto.” Le consigliò, stavolta serio.
Merlin eseguì e finì sul secondo punto d’appoggio. Prima
ancora di accorgersene, aveva rilasciato un lungo sospirone di sollievo.
Tra il secondo e il terzo macigno la distanza era
considerevole e la mano del Somaro era allettante, tuttavia egli preferì
arrangiarsi e invitò il Babbeo a tornare da dov’era venuto.
Sua Maestà l’accontentò, sbuffando qualcosa sulle donne e la
loro volubilità.
“Non mi farò certo aiutare da un principino boriosetto!” sibilò tra i denti egli, come risposta.
“Io… cosa?” domandò
il nobile, torcendo il collo verso la sua direzione.
“Eh?” si riscosse il mago, stupito.
“Come mi hai chiamato?” l’interrogò, sollevando un
sopracciglio.
“E’… è… un termine inventato da Lady Morgana, e Gwenlo pronuncia ogni tanto…”
Confessò, arrossendo.
Arthur si stupì. “E lei lo usa riferito alla mia persona?”
“Beh, sì, ma…”
“E sicché io sarei… boriosetto.” Ripeté, assaggiando la parola sulla punta della
lingua, come se fosse stato un pregiato vino d’annata.
“Ma, Sire, io non… Guinevere non… Oh, cielo! Non intendevamo
mancarvi di rispetto!”
Il principe sorrise ferino. “E’ tempo che Morgana rammenti i
bei giorni andati.”
Merlin deglutì, perché prevedeva futuri guai. Grossi guai.
Tuttavia, l’essere al centro di un torrente era un problema assai
più immediato e perdere la concentrazione per litigare con l’Asino non era
affatto saggio.
“Muoviti, lumaca!” la istigò il Babbeo, giusto per calcare
il concetto. “Oppure, all’ora del vespro saremo ancora qui!”
La valletta gli lanciò uno sguardo d’odio, valutando se
fosse meglio spostare il piede destro o il sinistro, rispetto a quel mezzo
metro di distanza dal prossimo appoggio. Ah,
se solo avesse potuto usare la magia!
“Il principino boriosetto potrebbe darti qualche prezioso
suggerimento…” la provocò Arthur, sogghignando. “Perché in realtà sono un essere oltremodo magnani-”
“Ce la farà da sola!” lo avvertì, incaponita,
interrompendolo. “Da sola!” ribadì, saltando senza più riflettere. “Da. So.
La.” Sillabò, per fissare il concetto, balzando verso il quinto sasso. “Da solaaaahhh!!!”
Ahilui!, il suo stivale era scivolato sul muschio
bagnato, facendogli perdere la stabilità.
Con un sonoro splash!,
l’erede al trono vide la propria valletta scomparire nel gorgo fra loro e per
qualche interminabile istante ella non riemerse.
“Linette!” la chiamò, preoccupato,
temendo di aver commesso un terribile errore nel calcolare la profondità del
fiume.
Per sua fortuna, la fanciulla riaffiorò, tossicchiando, sputando
acqua e sguazzando ovunque. Sollevandosi in piedi, rimaneva immersa sino alla
vita.
Ma ciò che il principe non si aspettava, e che lo fece
scoppiare a ridere, era l’enorme gambero di fiume che le si era attaccato
tenacemente alla treccia e penzolava con lei.
“Oh, Lin-Lin!” la prese in giro.
“Hai celato finora le tue doti di pescatrice!!”
Merlin imprecò sottovoce, mentre l’altro si spanciava dal
ridere a sue spese.
E quel dannato
crostaceo che non ne voleva sapere di staccarsi!
Alla fine, Sua Altezza ebbe pietà di lei e, piantando ben
bene i talloni, si era chinato per separare la bestia dalla sua servitrice.
“Il re sarà appagato da questa tua sorpresa!” le disse, fingendosi
invidioso, mentre sventolava l’animale sotto al suo naso.
“Se ne mangerete, spero che vi vada di traverso!”
inveì lei, mentre si strizzava approssimativamente i capelli grondanti e le
maniche inzuppate.
Arthur le sorrise solo, incurante
dell’offesa.
E lo scudiero fece per incamminarsi verso riva – tanto oramai in danno era fatto, no? –
ma fu fermato dalla voce ragionevole del suo padrone.
“Non ti arrischiare a guadarlo!” la ammonì. “Potrebbero
esserci buche profonde e, leggera come sei, la corrente ti trascinerebbe via!”
Per quanto fosse indispettito da tutto quello, lo scudiero
non era uno sciocco e comprese il buonsenso di quell’avvertimento.
Perciò accettò di buon grado, stavolta, la mano che gli
veniva porta per essere issato.
All’ultimo, però, decise diversamente e diede un poderoso
strattone al braccio del nobile, trascinandolo nell’acqua con sé, perché Arthur
si era fatto cogliere di sorpresa dall’inaspettata forza delle sue braccine magre.
Fu il turno di Merlin per ridere di lui, fintanto che
l’erede al trono non riacquistava la posizione eretta.
“TU!” le abbaiò, furibondo, incurante dei capelli che –
appiccicati sulla fronte come una tendina sugli occhi – lo facevano sembrare
come certi cani di razza strana “Tu hai osato-!”
Merlin si teneva la pancia dal gran ridere, mentre lacrime
di ilarità spuntavano dalle ciglia.
“I ba-bagni fuori stagione ri-rinforzano le membra! No-non
lo sapevate?!” balbettò, tra un accesso di risa e
l’altro. “E mi-mi risparmierete di-di riempirvi l’acqua della tinozza, stasera,
Si-sire!”
Il futuro re di Camelot, offeso
nella sua più intrinseca nobiltà da cotanta sfrontatezza, decise che
quell’affronto andava severamente punito e condannò la sua serva ad una sonora –
letteralmente – lavata di capo, annaffiandola a tradimento con l’acqua raccolta
tra le mani messe a coppa.
Linette invece lo spinse di
proposito, per vendetta, facendolo ricadere sotto al pelo d’acqua.
Allorché riemerse, Arthur sapeva che avrebbe dovuto
smetterla, porre fine a quel gioco, e ricordarsi che davanti a lui v’era una
fanciulla inzuppata e che egli era un cavaliere e non un bambino a cui tutto
era concesso.
Ma c’era stato un tempo – un tempo
lontano, gli sembrava, quasi fosse accaduto oltre la soglia della memoria – in
cui anche lui aveva potuto fare così con Morgana bambina, nello stagno dietro
al castello, sotto lo sguardo vigile delle rispettive balie.
E questo momento, con Linette, gli
ricordava tanto quel senso di libertà e spensieratezza che avevano perso per
strada, lui e la sorellastra, ad un certo punto della loro vita.
Dimenticandosi perciò dell’etichetta e del buonsenso, erano
così finiti a schizzarsi spruzzi addosso, a vicenda, come i monellacci
d’estate.
***
Quando arrivarono a varcare i portoni del castello, i loro
abiti erano ancora umidi, ma le brezze del tardo pomeriggio, e una lunga
cavalcata a spron battuto, avevano dato loro una
parvenza di presentabilità.
Mentre smontava dalla sua giumenta, Merlin era sinceramente
intenzionato a ringraziare il principe per quella caccia e per il bagno fuori
programma. Alla fine, per merito suo, era riuscito per davvero a dimenticare i propri
crucci per qualche ora.
Ma non aveva neppure fatto in tempo ad aprir bocca, che due
sentinelle erano corse loro incontro.
“Sire,” aveva esordito la prima,
scattando sull’attenti. “E’ appena stato catturato un uomo, con l’accusa di
aver ordito con uno stregone ai danni del re!”
In lontananza, altre tre guardie tenevano in catene una
persona dall’aria malconcia.
Probabilmente si
trattata dell’ennesimo sventurato, che sarebbe finito sulla forca per colpe
inesistenti. Considerò il mago, rattristandosi per la sua ingiusta fine.
Eppure, mentre i soldati lo strattonavano conducendolo verso
di loro, egli ebbe modo di osservarlo meglio.
Quell’uomo sembrava avere lo sguardo spiritato. E nel momento in cui incrociò i suoi occhi, un brivido
freddo corse lungo la sua schiena.
“Che hai da dire?!” lo apostrofò il
principe, severo.
Il prigioniero scrutò anche lui, senza abbassare mai il
capo. Rimase zitto.
“Or dunque?” insistette l’erede al trono, spazientito.
Ma egli non rispose e una delle sentinelle lo spintonò, per
sollecitarlo a parlare, senza ottenere risultati.
“Conducetelo in cella. Sarà interrogato domani.” Ordinò Arthur,
cupo. “Il banchetto in onore di Sir Beltrame mi attende.”
Merlin sussultò, ricordando ciò solo in quel momento, e
stava quasi per incalzare il suo signore a sbrigarsi, quando il detenuto –
fatti appena pochi passi – si volse indietro fissandolo.
“Ardof.” Esclamò, quasi fosse una
profezia. “Ardof si vendicherà.”
Continua...
Disclaimer:I
personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma
di lucro, da parte mia.
Ringraziamenti:
Un abbraccio a Tao, che sopporta i miei scleri. X3
Note: Visto?
Niente serpenti (già usati ^_^) e cose sconce o uomini nudi in giro per il
bosco! XD
Giusto perché lo sappiate: le vostre supposizioni sul perché
Arthur ordini a Linette di non aprire gli occhi sono la miglior panacea di ogni
male. Con tutto il dovuto rispetto, ho sghignazzato di gusto leggendole e
immaginandomi le scene! X°D
Siete adorabilmente matte, ragazze, sappiatelo!
^.^
Ci tengo a precisare che ho ragionato molto sul
comportamento di Arthur dentro al ruscello, se fosse OOC o meno.
Però ho dato una spiegazione del perché abbia agito così,
attraverso i suoi ricordi, memore dei tempi andati, e perciò non lo ritengo
fuori dal personaggio.
Se voi la pensate diversamente, non abbiate timore a
dirmelo.^^
Preciso che il personaggio di Ardof
ha un suo ruolo nella storia e non si è esaurito nel primo capitolo solo come scappatoia
per motivare la trasformazione^^
Poiché qualcuno non se lo ricordava e mi ha chiesto
chiarimenti nei commenti, Ardof è il cattivo della fic,
ed è un personaggio completamente originale, inventato da me.
Chiarisco fin da ora che non
è nato solo come pretesto per
trasformare Merlin in donna; egli ha un suo ruolo abbastanza importante (anche
se un po’ particolare) all’interno della fic. A tempo
debito capirete cosa intendo, e scusate se non posso anticipare di più.
Come ho già detto in precedenza, questa ficnon tiene conto dei
fatti narrati nella seconda stagione del telefilm, perché si
innesta dopo la fine della prima serie, ma chiaramente potrei raccogliere
qualche espediente o fatto, come quello dei “Giganteschi topolini” (Adoro il
modo in cui Brad lo dice in inglese!) e usarlo con altri scopi. Qui, per
esempio, Arthur cita i Wilddeoren e le gallerie di Andor presenti nella puntata 2x04 “Lancillotto e Ginevra”.
Perdonate il ‘Whatif’ deliberato, ma sono mesi che aspetto di far dire
al principe che lui non si sognerà mai di andare da quelle parti. So che è
inutile, ma è il mio modo un po’
contorno di rinnegare ogni possibilità ArWen ora e
per sempre. Amen. U_U
Per la stessa ragione di cui sopra, chiarisco un’altra cosa
chiesta nei commenti, ma collegata qui: Morgana è solo allo stadio “larvale”
del suo potere (com’era nella prima serie). Lei non sa neppure di averlo, non è
consapevole appieno di avere sogni premonitori. Il suo personaggio non seguirà gli eventi del telefilm.
Mi sono documentata: il gambero di fiume vive comunemente
nei torrenti e rii, in cui vi sia un buon ricambio d’acqua e in cui la
temperatura non sia eccessivamente alta.
Esso è presente anche in Gran Bretagna. (Ed è lecito
presumere che ci sia sempre stato XD).
Precisazioni al
capitolo precedente: (a random)
- Ho letto le vostre supposizioni sullo scioglimento/risoluzione
della storia, dopo le parole del drago.
Io non so se la mia idea riuscirà a stupirvi tutte. Saranno
i vostri commenti a tempo debito a dirmelo.
Quello che posso dire è che non darei tutto per scontato e
vi inviterei, in ogni caso, a godervi il
viaggio fino alla fine, più che precorrere i tempi dell’arrivo.
- Mordred non ha un ruolo attivo
in questa storia, ma viene citato durante un evento particolare.
- Sì, Arthur a suo modo è tenero. Non nel senso puccioso del
termine, ma io credo che lo sia. Non so se mi spiego. ^^’’
- Sì, il nomignolo “Lin-Lin” è ammmoreh
anche per me! *ç*
X elfinemrys: per cortesia, potresti ricercare l’accento
mancante del capitolo? L’ho riletto tante volte, ma non trovo errori. L’ho
fatto pure cercare alla mia beta, però neppure lei lo vede. E siccome sono
pignola e maniaca, vorrei sistemare se mancasse. Grazie.
Un’ultima cosa:
Ho raggiunto le 260 preferenze come autrice tra gli utenti
di EFP, e molti vengono da questo fandom.
Grazie della fiducia. *inchin*
Ringrazio anche tutti i preferiti, da ricordare e seguiti di
questa fic, sono un bel numero e la cosa mi fa
piacere.
Spero che magari qualcuno, tra quelli che non recensiscono
mai, possa magari iniziare a farlo! XD
Campagna di Promozione
Sociale - Messaggio No Profit:
Dona l’8‰ del tuo tempo alla causa
pro recensioni.
Farai felice
milioni di scrittori.
(Chiunque voglia
aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio crede) Come sempre, sono graditi commenti,
consigli e critiche.
Note: il seguente scritto conterrà riferimenti slash più avanti
Note: il seguente scritto conterrà
riferimenti slash più avanti.
Riassunto: Merlin
è abituato a salvare la vita all’Asino Reale senza che questi se ne accorga, ma
stavolta non tutto va per il verso giusto. Colpito dall’incantesimo del
malvagio Ardof, il nostro mago farà i conti con una
sconvolgente novità: egli si risveglia trasformato in una donna.
Solo Gaius conosce il suo segreto e, finché non
troverà il modo di tornare normale, dovrà inventarsi delle scuse plausibili e
prendere il posto di se stesso al servizio del principe. Come riuscirà a
conciliare questa ‘nuova situazione’? Come si evolverà il suo rapporto con
Arthur?
D’accordo, i commenti
sono in calo ç_ç, e c’è anche qualche habitué che
deve ancora leggere il precedente, ma ho fede che si recupererà, perciò eccomi
ad aggiornare ancora una volta in anticipo!
Grazie
di tutte le recensioni ricevute. *inchin*
Vorrei dedicarla a quelle
persone che hanno recensito il precedente capitolo:
Grinpow, _Grimilde, Orchidea Rosa, damis, Asche (Ciao, benvenuta!^^), bilancina92,
Fix89thebest, Ryta Holmes, miticabenny,
saisai_girl, chibimayu, angela90,
Rozalia, Lyla_sly (Grazie
della correzione! Mi era proprio sfuggito!), Mindyxx,
_Saruwatari_, GiulyB, _ichigo_85,
bollicina, elfinemrys e YukiEiriSensei.
E a quanti commenteranno (SE vi
va di recensire anche dei capitoli più indietro di questo, il vostro parere non
andrà perduto!).
Ai vecchi e ai nuovi lettori.
Grazie.
TheHe in theShe
(l’Essenza dentro l’Apparenza)
Capitolo XVI
“Ardof.”
Esclamò, quasi fosse una profezia. “Ardof si
vendicherà.”
Merlin era rimasto alquanto scosso dall’affermazione del
prigioniero.
Ma sembrava l’unico, forse perché gli altri uomini, lì
presenti, erano abituati al farneticare dei carcerati e alle palesi minacce.
In realtà, egli era l’unico preoccupato, poiché era il solo
in grado di riconoscere il nome pronunciato e il sottinteso dell’intimidazione
lanciata.
***
“Ardof
si vendicherà.”
Quelle parole gli rimbombavano nelle orecchie, come una
cantilena inquietante.
Mentre, come valletta, rivestiva il principe con l’abito di
gala, la sua mente ragionava ancora freneticamente.
Quindi Gaius aveva ragione, considerò.
Ardof non aveva affatto rinunciato
al suo piano malvagio ai danni dell’erede al trono.
E probabilmente in quel momento sarà stato chissà dove, a
preparare un nuovo attacco per chissà quale oscura ragione.
“Ti vedo pensierosa.” Le disse Arthur, intromettendosi nelle
sue riflessioni.
“Co-cosa?” balbettò Linette, presa in contropiede.
“Sei pensierosa.”
Ripeté il nobile, scrutandola a fondo.
“Oh, no! Ma che dite! Vi sbagliate!” lo smentì lei, inalberandosi.
“Allora stai cercando di farmi
fuori, perché il nodo sul collo mi sta strozzando. E’ troppo stretto.”
Merlin tolse d’istinto le mani da lui, come se si fosse
scottato.
“Chiedo perdono, Sire.”
L’erede al trono si allentò il colletto e la invitò a
passargli il mantello.
Il servo glielo drappeggiò con cura sulle spalle. Ma fu
allora che si accorse che il tessuto era pieno di peli – di gatto, forse? –, anche se non sapeva spiegarsi come fosse
accaduto.
“Abbiate pazienza, devo spazzolarlo.” Bofonchiò, andando a
raccattare un bruschino adatto all’uso.
Si mise perciò in opera, riflettendo su questa nuova
scoperta.
I peli di gatto
venivano talvolta usati negli incantesimi di magia, il suo libro ne parlava di
frequente, considerandolo un ingrediente base di diversi sortilegi.
Il mago sentì l’improvviso bisogno di parlarne col suo
mentore appena possibile, la saggezza del vecchio medico gli sarebbe certamente
tornata utile.
E magari gli avrebbe detto che era solo una stupida
coincidenza…
... oppure
no.
Quel che era certo era altrettanto semplice: non poteva
permettersi il lusso di abbassare la guardia neppure per un istante.
Aveva un dannato destino da compiere e, con la minaccia
incombente e imprevedibile di Ardof, sarebbe stato da
folli adagiarsi sugli allori.
Per il momento, avrebbe accantonato lo sconforto legato alla
sua trasformazione in donna e si sarebbe concentrato unicamente sullo stregone
malvagio e le sue possibili mosse.
D’altro canto, un confronto con il suo nemico avrebbe forse
dato una scossa alla sua situazione, checché ne pensasse il drago. E
arrischiando, in una rosea previsione, avrebbe addirittura potuto prendere due
piccioni con una fava, salvando Arthur e ritornando in sé.
“… Ed è la quinta volta che tenti di rifarmi il nodo. Ma è
già annodato, come puoi notare da te.”
“Cosa?!” squittì l’ancella, stranita, guardandolo da sotto in su.
Il principe le afferrò entrambe le mani con le proprie, tenendole
a mezz’aria.
“Il fiocco è già
fatto, Linette.” Le spiegò, come se fosse scema. “Smettila di torturarlo!”
“Ah! Oh! Sì…” farfugliò. “Siete pronto, Sire.”
“Già; lo sono da circa cinque
minuti.”
Merlin arrossì e preferì fingere di dedicarsi ad altro.
“Vai a darti una sistemata! Magari ti è entrata dell’acqua di fiume nel cervello!” la canzonò
il Babbeo, ghignando.
Lo scudiero stava per rispondergli a tono, quando il nobile
riprese, e il ghigno diventò un sorriso.
“Ma almeno ti ha lavato via quell’aria triste…”
Lo stregone sbatté le palpebre un paio di volte, incredulo. Possibile che-
“… anche se rimane quell’espressione pensosa...”
-fosse diventato così
gentile, quell’Asino?
“… che ti fa sembrare un’allocca!”
Ecco. Appunto. Ora i conti tornavano.
“Anche gli allocchi hanno la loro dignità!” sbottò,
calcandogli di malagrazia la corona di erede al trono.
“Ahi!” si lamentò infatti
l’aristocratica testa di legno, quando gli tirò i capelli.
La valletta finse costernazione. “Oh, Maestà, ignoravo foste
tanto delicato!”
Arthur le ringhiò contro un paio di borbottamenti e poi la
congedò, per darle il tempo di cambiarsi d’abito e accordarono di ritrovarsi
entro breve, per dirigersi al banchetto.
***
Forse stava diventando
paranoico.
Merlin si diede dell’idiota da solo, mentre controllava per
l’ennesima volta che tutto in sala fosse normale e senza occulte minacce.
Aveva passato quasi l’intera serata a origliare le varie
discussioni, ma conosceva praticamente tutti i commensali invitati e, per quanto
alcuni fossero viscidi, nessuno gli sembrava pericoloso.
Eppure aveva personalmente versato ogni coppa bevuta
dall’Asino, e gli aveva servito rigorosamente porzioni da vassoigià assaggiati in
precedenza da altri.
Questa cosa non era stata gradita particolarmente dal Babbeo
Reale, ed era sicuro che l’indomani – o forse quella sera stessa – avrebbe
rimproverato Linette. O forse, magari, l’avrebbe perdonata, immaginandola ancora inesperta in quel
campo. Ma non ci sperava tanto.
“Il vino va nel calice, non sulla tavola.” Le bisbigliò
secco Arthur, giusto in quel momento, bloccandole il polso esile.
Lo stregone si accorse troppo tardi della gaffe.
“Chiedo perdono, Sire.”
Il principe accolse il suo rammarico limitandosi a lanciarle
un’occhiataccia di ammonimento.
E Merlin imprecò tra sé per tutto quello. Lui ci provava sul
serio. Stava facendo del suo meglio
in quello che, senza dubbio, era un compito assai ingrato. Ma nessuno lo
capiva.
Proteggilo. Resta
nascosto. Mantieni il segreto. Scopri l’intrigo. Crea Albion.
Usa la magia. Non farti scoprire. Dannato drago. Ingrato futuro. Stai all’erta.
L’Asino brontola...
L’altra metà della medaglia aveva invece vita facile e
l’unica cosa che gli veniva richiesta era di non cacciarsi nei guai – e di non
farsi ammazzare prima di diventare re, ma forse questo era pretendere troppo – e non sembrava poi riuscirci tanto bene, fra le
altre cose.
A volte Merlin si domandava come sarebbe stato, se il Caso
avesse voluto invertire i loro ruoli per capriccio. Ma era un’ipotesi così folle
da non riuscire neppure a figurarsela.
A lui bastava che il suo signore se ne stesse buono buono, finché lui salvava il
regno dalla pazzia di Ardof.
E intanto che continuasse pure a fare il nobile spocchioso,
cosa che gli riusciva piuttosto bene anche senza sforzo.
Mentre il mago gli serviva l’ennesima portata, si mise a
ricontrollare nuovamente i movimenti in sala e le chiacchiere, neanche tanto
discrete, sussurrate tutt’attorno. Nessuno prestava attenzione a lui. Perché avrebbero dovuto?, nella scala sociale egli
rientrava nel gradino più basso, il più infimo; la gente altolocata si
ricordava di lui, e del suo ruolo di valletto personale dell’erede al trono,
solo quando doveva avanzare particolari richieste e sperava così in una sua intercessione.
Ma Merlin aveva sempre evitato questa specie di favoritismo e perciò era stato
presto relegato allo status di cosa inutile.
Dal canto suo, egli era ben lieto di non mescolarsi in
affari poco chiari.
Benché Camelot si fregiasse di
essere un baluardo di rettitudine e beltà, lo stregone era consapevole che
anche lì – come in tutte le altre corti del mondo – sotto ad una patina
blasonata e luccicante si nascondevano faccende torbide e disdicevoli.
Talvolta, a malincuore, si chiedeva persino quanto di quelle cose accadessero
all’oscuro del sovrano e del principe ereditario e quanto invece venissero semplicemente ignorate per quieto vivere.
Quello stesso banchetto, per esempio, era il trionfo
dell’ipocrisia.
Uther, alzatosi in piedi e
richiamata l’attenzione degli invitati, stava per formulare l’ennesimo brindisi
in onore del primogenito di Sir Beltrame.
Era un peccato che il sovrano non sapesse cosa si
vociferasse nelle cucine, e cioè che quell’uomo dall’integra moralità – con cui
condivideva il cibo – aveva già avuto due o tre – qualcuno azzardava, alzando
la posta a quattro – figli illegittimi da non meglio precisate serve del
castello, improvvisatesi donne di
compagnia.
Se fosse vero o meno, Merlin non lo sapeva con certezza. Ma
di solito quelle dicerie avevano un fondo di verità e a farne le spese erano i
piccoli bastardelli, sempre troppo numerosi nelle
aree della servitù.
Il mago sospirò, paragonando spontaneamente la condizione di
quegli infelici alla propria.
Anche lui non sapeva di chi fosse figlio, sua madre non ne
voleva mai parlare.
Una sola cosa gli aveva detto: di andare orgoglioso di lui,
perché suo padre era un grande uomo e che il loro amore era stato breve e
infinito al tempo stesso.
Merlin non sapeva se esistessero amori destinati a durare
per sempre.
Di sicuro, però, Hunith era
rimasta fedele al ricordo di quell’uomo e non l’aveva mai tradito.
Mai. Neppure una volta.
E invece, lì al castello, sembrava che la promiscuità fosse
all’ordine del giorno… quindi era ragionevole pensare che Sir Beltrame stesse
festeggiando il quartogenito figlio,
benché avesse rinnegato i precedenti senza tanti scrupoli.
“Linette!” sibilò Arthur,
distraendolo dai suoi pensieri. “Il vassoio!”
Per poco il servitore non rovesciò un intero piatto di
portata addosso all’ospite d’onore, mentre cercava di capire se la sua gioia
era sincera o se i propri ragionamenti collimavano con i pettegolezzi delle
cucine.
***
L’unica cosa divertente di quella cena fu scoprire nuovi
particolari imbarazzanti sull’infanzia di Arthur.
Quando tornarono in camera, Linette
sogghignava ancora.
“Non dovresti essere tanto euforica, dopo tutti i disastri
che hai combinato!” la redarguì il Nobile Somaro, in tono seccato.
“Sono sinceramente addolorata per la mia inettitudine!” si
scusò lei, fingendo – con assai poco impegno – di essere onesta.
“La tua unica fortuna risiede nel fatto che il re era
impegnato in dissertazioni di profondo spessore con Sir Ghuin!”
“Con tutto il rispetto, Sire, ma la discussione tra loro
riguardava le peculiarità della caccia
alla volpe e della caccia al fagiano.”
“Sì, infatti.”
Confermò il principe, come se fosse superfluo rimarcarne l’importanza
universale.
Merlin sbuffò, nascondendo un moto di esasperazione.
Uno stregone folle e
senza scrupoli stava dando la caccia a loro, e tutto ciò che Arthur riusciva a fare era disquisire sulla sacralità
dell’arte venatoria!
Il drago doveva esser
stato pazzo, quando gli aveva predetto un futuro così.
Sì, senza dubbio.
Stare tanti anni
rinchiuso là sotto gli doveva aver leso le facoltà mentali... e lui era ancor più
matto, perché gli dava anche retta!
“Bene, vedo che quell’ilarità fuori luogo è cessata!” le
appuntò l’Asino, precedendola nell’entrare nei propri alloggi.
“In realtà, no… Semola!”
rise Merlin, giusto per non dargliela vinta.
Sua Maestà si rabbuiò come un temporale d’agosto.
“Non ti provare a chiamarmi ancora così!” le intimò, con
vocione minaccioso.
Eppure la ragazza rise nuovamente, prendendo le distanze da
lui.
“Giuro che non sapevo vi chiamassero Semola!” ripeté, circumnavigando il tavolo fra loro.
“Linette!” abbaiò lui, infuriato.
“Oh, dannata Morgana e la sua lingua lunga!” brontolò poi.
“In verità, è colpa di Sir Maudrel…”
dichiarò la serva, scagionando la protetta del re. “Stava raccontando al
vecchio Sir Olwen del malanno di suo figlio e Sir Olwen ha ripescato dalla memoria quell’inverno in cui…”
Arthur fece un gesto spazientito con la mano. “Lo so,io c’ero.”
“Quindi… perché vi siete guadagnato siffatto glorioso appellativo?” domandò, curioso,
canzonandolo.
“Sto meditando di spedirti alla gogna per la tua impudenza!”
la avvertì, benché sapessero entrambi che quella era una minaccia campata in
aria.
Merlin finse di togliersi il sorrisetto dalle labbra e con
noncuranza rispose.
“Oh, beh… se non volete spiegarmelo, non importa. Chiederò delucidazioni a Lady Morgana.”
Arthur spalancò la bocca, stupito e indignato da tanta
sfrontatezza.
“Tu, tu sei…” deglutì prima di imprecare. “Anche peggio di
Merlin!” sfogò, come se fosse stata un’offesa.
Lo stregone stiracchiò le labbra come un gatto sazio.
“Il pettegolezzo è donna, non lo sapevate?”
Il principe boccheggiò, senza sapere esattamente cosa
ribattere.
E pensare che, se ci fosse stato Merlin davanti a lui,
avrebbero già concluso la faccenda con viaggio di sola andata per la gogna. E invece con lei...
L’erede al trono scosse la testa, incredulo.
Era impressionante. Impressionante.
Di solito bastava il suo nome a incutere rispetto e
reverenziale timore tra la gente.
Se apriva bocca, otteneva assoluta devozione.
Ma non con loro.
Doveva esserci una malformazione nella
loro genie; perché, che due componenti della stessa famiglia fossero
così sfrontati con lui e allergici alla deferenza dovuta al suo rango, era una
casualità che sfidava le leggi del buonsenso e delle probabilità. E che
entrambi fossero finiti al suo servizio era un’ironia alquanto discutibile, a
dirla tutta.
“Or dunque?” l’incalzò la valletta.
“E’ solo una
sciocchezza.” Temporeggiò Sua Maestà. “Non merita neppure di venir menzionata.”
“D’accordo. La vostra sorell-”
Arthur sollevò una mano a mezz’aria, per interromperla. E
alla fine, seppur riluttante, cedette.
“Quand’ero bambino, Morgana mi ha spinto nel fossato gelato
per dispetto, e ho passato un intero inverno a fare cataplasmi con la pappa di semi
di lino per guarire.”
Lo stregone sgranò gli occhi chiari. “Nel fossato?!”
“Sì, infatti!” ne
convenne l’altro, scandalizzandosi al ricordo. “Solo perché io le avevo
tagliato la treccia mentre faceva il riposino pomeridiano!”
“Sire!” lo sgridò Merlin, rammentando gli scapaccioni che
lui e Will prendevano se non si dimostravano sempre rispettosi nei confronti
delle altre ragazze del villaggio. “Non si fanno questi dispetti alle
fanciulle!”
“Lei non era una fanciulla. Era Morgana. Il maschiaccio.” Le spiegò. “E i capelli
corti le donavano.”
Merlin ci rinunciò. Arthur avrebbe sempre creduto di aver
ragione al riguardo.
“E sicché… il diminutivo di seme di lino era semolino, ma dubito foste piccolo e mingherlino, perciò lei vi chiamava
Semola per dispetto! Mh?” tirò ad indovinare.
Il principe distolse lo sguardo dalla serva e fissò con
insistenza il tappeto polveroso davanti al camino.
“Lei, per prima; e tutti gli altri, poi.”
Il mago si accorse del suo disagio e la voglia di canzonarlo
ancora evaporò all’istante.
“Uh!, direi che è passato parecchio
tempo da allora. Possiamo anche chiudere la questione.” Offrì. “E comunque ora
so perché vi rifiutate di bere l’infuso di semi di lino, quando avete mal di
stomaco.”
“Precisamente.” Tagliò corto l’altro, riprendendo in mano le
redini della cosa. “E ora preparami le vesti per la notte. Domattina presto,
per prima cosa, dovrò interrogare il prigioniero.”
Merlin aveva accantonato per un po’ il problema, ma aveva
già pensato ad una grossa difficoltà.
Quel che gli dispiaceva maggiormente era che, nei panni di Linette, non avrebbe mai potuto assistere all’interrogatorio.
Non le sarebbe assolutamente stato concesso di avvicinarsi alle segrete.
Ma, forse, sarebbe potuta sgattaiolare in quel momento, col favore del
buio e dell’ora tarda... mettere fuori gioco le guardie era pericoloso, però
non poi così complicato, e magari avrebbe potuto scambiare due parole col
carcerato, e ingraziarselo portandogli del cibo…
Continua...
Disclaimer:I
personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma
di lucro, da parte mia.
Ringraziamenti:
Un abbraccio a Tao, che sopporta i miei scleri. X3
Note: il vecchio
Sir Olwen compare nella puntata 1x01 del telefilm “La
chiamata del drago”; Gaius lo descrive cieco e vecchio
(e magari è anche sordo, aggiungo io).
In questo capitolo, con le riflessioni di Merlin su Ardof, intendo chiarire che neppure lui sa di preciso
perché lo stregone malvagio ce l’abbia con Camelot. (Beh, ha una vasta scelta di motivi, ad ogni modo XD) e non
sa di cosa l’altro si voglia vendicare. Non ci resta che scoprirlo con lui! ^_=
Etimologicamente, semolino è il diminutivo di semola. Io poi
ho giocato con due concetti diversi: i semi di lino e il semolino. Ma non
potevo non inserire un tributo all’amata Spada nella Roccia!
Le proprietà terapeutiche dei semi di lino sono antichissime
e assai versatili, usati come impacchi per i cataplasmi o infusi per i problemi
gastrici, sono vermifughi e molto altro ancora.
Devo chiarire un concetto legato a Sir Beltrame: i figli
illegittimi sono una realtà vecchia come il mondo, sia tra i nobili che fra la
gente comune.
Nelle leggende arturiane, sappiamo bene che i Pendragon & affini hanno bellamente sparso seme in giro
per il mondo al di fuori del sacro vincolo del matrimonio.
E non solo loro, perciò diamolo per scontato.
Bene. Lo dico adesso. Perché al momento buono mi appellerò a
questa cosa. Ricordatevelo! è_é
(suona come una minaccia, ma non lo è! X°D)
Precisazioni al
capitolo precedente: (a random)
- Sono contentissima che abbiate apprezzato la scena del
ruscello ^___^
Anche io amo i momenti in cui Arthur abbassa la corazza e si
lascia andare e cercherò di inserire vari momenti così.
Sono particolarmente convinta che sia merito dell’addomesticamento
di Merlin, che col tempo lo ha ammorbidito non poco; poi è arrivata Linette che, essendo fuori dagli schemi, lo spiazza, e lui
si fa trascinare da lei senza neppure accorgersene a volte. Per questo da lei
tollera cose che a Merlin non avrebbe lasciato dire o fare. E Merlin questo lo
sa e lo usa a suo vantaggio, ora e in futuro. ^.^
- Sulle intenzioni di Ardof ho
chiarito poco sopra nelle note.
- Alla domanda “Quando arriva Lancillotto”, rispondo la
stessa cosa del cap 10: Lancelot
apparirà brevemente entro la fine della storia. Anzi, nell’epilogo (che ho già
scritto).
- Sì, Morgana entrerà in scena nel cap
20, che è già scritto e in fase di sistemazione.
- Per rispondere a Fix 89 (posso
chiamarti così?): prima di mettere i sigilli alla saga di Linette,
avrai un bel po’ di momenti di gelosia e isterismo. Ma tutto a tempo debito.^^
Eccovi
l’anticipazione:
Il futuro sovrano le aveva comunque sorriso ebete: “Rituale del Mercoledì!” aveva
sussurrato, come se fosse stata una cosa arcana e misteriosa.
E si stupì, quando la valletta non si dimostrò né
incuriosita dalla notizia né dal suo significato.
(…)
“Il venerdì è un ottimo giorno per il Rituale del Mercoledì, Sire.” Ironizzò il mago, fingendosi
ossequioso e chiedendo di essere licenziato da lui prima che il nobile capisse
che l’aveva preso in giro.
Giusto sul punto di chiudere la porta fra loro, lo aveva
avvisato: “Mi auguro solo che Sir Leon – il più assennato fra voi – abbia il
buon cuore di riportarvi al vostro giaciglio prima dell’alba, altrimenti verrò
a raccogliervi io stessa domattina.”
Un’ultima cosa:*angolo pubblicità*
Precisando che non mi è stato chiesto nulla, ed è solamente
una mia idea, mi appello alle slasherfans e vi invito a leggere e commentare la fic “Non si può... - (Irraggiungibile)”di
Ryta Holmes.
E’ la sua prima ficslash e l’abbiamo convertita noi del fandom
al Merthur (o Artlin, che
dir si voglia), sarebbe carino sostenerla e dimostrarle il nostro
apprezzamento, visto che si sta scapicollando per finire i postaggi
prima della partenza e per non lasciarci in sospeso fino a settembre.
Direi che il suo sforzo va premiato, poi la scelta spetta a
voi.
Grazie dell’attenzione.
Campagna di Promozione
Sociale - Messaggio No Profit:
Dona l’8‰ del tuo tempo alla causa
pro recensioni.
Farai felice
milioni di scrittori.
(Chiunque voglia
aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio crede) Come sempre, sono graditi commenti,
consigli e critiche.
Note: il seguente scritto conterrà riferimenti slash più avanti
Note: il seguente scritto conterrà
riferimenti slash più avanti.
Riassunto: Merlin
è abituato a salvare la vita all’Asino Reale senza che questi se ne accorga, ma
stavolta non tutto va per il verso giusto. Colpito dall’incantesimo del
malvagio Ardof, il nostro mago farà i conti con una
sconvolgente novità: egli si risveglia trasformato in una donna.
Solo Gaius conosce il suo segreto e, finché non
troverà il modo di tornare normale, dovrà inventarsi delle scuse plausibili e
prendere il posto di se stesso al servizio del principe. Come riuscirà a
conciliare questa ‘nuova situazione’? Come si evolverà il suo rapporto con
Arthur?
D’accordo, i commenti restano
in calo ç_ç, e c’è anche qualche habitué che deve
ancora leggere i precedenti capitoli, ma ho fede che si recupererà, perciò
eccomi con l’ultimo aggiornamento prima dello hiatus
vacanziero.
Grazie
di tutte le recensioni ricevute. *inchin*
Vorrei dedicarla a quelle
persone che hanno recensito il precedente capitolo:
GiulyB, elfinemrys, _Grimilde,
angela90, Orchidea Rosa, _ichigo_85, saisai_girl, chibimayu, damis, _Saruwatari_, Mindyxx, Asche, bilancina92, YukiEiriSensei, Ryta
Holmes, Rinalamisteriosa, Fix89thebest, Rozalia (Non vedo l’ora di leggere di Luka!),
Friducita (Ciao^^, benvenuta! Ti è arrivata la mia
mail?), Tao e Lyla_sly.
E a quanti commenteranno (SE vi
va di recensire anche dei capitoli più indietro di questo, il vostro parere non
andrà perduto!).
Ai vecchi e ai nuovi lettori.
Grazie.
TheHe in theShe
(l’Essenza dentro l’Apparenza)
Capitolo XVII
In realtà, il suo piano era saltato nel momento stesso in
cui Gaius lo aveva dissuaso dal portarlo a termine.
Era un progetto troppo rischioso, a suo dire, e con tutta
probabilità l’uomo si sarebbe rifiutato di parlare con lei.
Perciò il gioco non valeva la candela.
Anche sul versante ‘peli di gatto’ non erano venuti a capo
di niente. A Camelot le coincidenze puzzavano sempre
di eventi sinistri, ma alle volte
restavano, per l’appunto, solo
coincidenze.
Magari senza accorgersene, Arthur si era seduto su qualche
poltrona rivestita di pelliccia felina – l’anziana Lady Millasia,
per esempio, teneva sempre un cesto di vecchi mici spelacchiati appresso a lei
come compagnia –, o aveva lasciato il mantello incustodito ad un precedente
evento e uno dei gatti del castello aveva deciso di farci una comoda dormitina sopra.
In ogni caso, lo aveva rassicurato il cerusico, avendo egli pulito
il mantello con prontezza, appena indossato, aveva in tal modo rotto eventuali
maledizioni destinate al principe.
All’indomani, piuttosto, suggerì il vecchio medico,
ritornando al problema prioritario, avrebbero trovato un’altra soluzione in
merito al prigioniero complice di Ardof.
Arthur stesso, forse, avrebbe raccontato l’esito dell’interrogatorio
a Lin. Oppure ne avrebbe parlato con il re, durante
una riunione in cui presenziava anche l’archiatra in qualità di consigliere.
Perciò, ancora una volta, a Merlin non rimase che attendere.
***
Quando andò a portargli la colazione, il mattino di quel
settimo giorno dalla trasformazione, Linette cercò di essere sfacciatamente
gentile con l’Asino.
Sapeva infatti di avere possibilità
quasi pari allo zero, ma voleva comunque provare a chiedergli di assistere all’esaminazione.
Come era prevedibile, il Somaro glielo negò.
“Non è cosa da far vedere alle donne!” le aveva detto,
allacciandosi la casacca, prima di uscire. “Non sarà un bello spettacolo.”
Merlin stava per ribattere, quando bussarono alla porta.
Egli andò ad aprire, trovandosi davanti una guardia
trafelata che chiedeva urgentemente udienza.
Lo stregone lo fece entrare, e la sentinella, ignorando la
fanciulla, chinò frettolosamente il capo in segno di rispetto e saluto al
giovane Pendragon.
“Sire!” Lo avvisò il soldato. “Il prigioniero catturato ieri
sera è morto!”
Linette si lasciò sfuggire un
ansito, ma nessuno dei due uomini le badò.
Arthur si adirò, invece, avanzando a grandi passi verso il
militare.
“Non vi avevo autorizzato a toccarlo!”
“No, Maestà. E’… è stato lui.
Si è ucciso!”
L’erede al trono si oscurò in volto.
“Com’è accaduto?” volle sapere. “Chi era presente?”
L’altro scosse il capo, in segno di diniego o dispiacere. O
forse per scusarsi di aver fallito nei suoi compiti.
“Il detenuto ha atteso che facessimo il cambio della guardia,
e si è impiccato con un laccio nel mentre. Appena ce ne siamo accorti, abbiamo
tentato invano di liberarlo per farlo respirare nuovamente, ma era ormai troppo
tardi, ed è trapassato sotto ai nostri occhi.”
“Ha detto qualcosa prima di spirare?” s’interessò allora.
“Ieri sera, o stanotte, magari.”
“No, Vostra Altezza.” Negò l’uomo. “Io ero di guardia e non
ha mai parlato.” Precisò. Poi però parve riflettere e ripensarci. “Con l’ultimo
respiro, ha ripetuto la parola di ieri sera, l’unica. Ma
non…”
“Quale parola?”
La guardia si scusò perché non la rammentava,
giustificandosi col fatto che era poco più che un sussurro.
“Ardof. Ha forse detto Ardof?” s’intromise Linette.
I due uomini la guardarono come se fosse comparsa solo in
quel momento.
“S-sì… esatto.” Asserì il soldato.
“Può darsi che fosse il suo nome.”
“No, improbabile. Nessuno
muore pronunciando il proprio nome.” Lo smentì il
principe. “E’ più plausibile che fosse quello di una persona per lui
importante. Oppure è il nome di un luogo, ma non l’ho mai sentito pronunciare
prima d’ora.”
“E se fosse il nome del mandante?” s’immischiò nuovamente
Merlin, imbeccandoli verso la verità, senza ponderare se fosse saggio o meno
metterli al corrente di ciò.
“Lo stregone con cui era stato accusato di essere in
combutta?” rifletté Arthur, soppesando l’informazione. “Può essere, ma è
un’ipotesi alquanto campata in aria. Non sappiamo neppure se costui fosse
effettivamente un nemico del regno o semplicemente un povero diavolo arrestato ingiustamente.
Senza una valida indagine e un processo, non possiamo stabilirlo e temo che
ormai sia irrimediabilmente troppo tardi.”
“Ma se fosse stato onesto, perché scegliere di morire?”
insinuò la guardia, che cercava di affrancare la propria posizione.
Merlin fece un’espressione amara. Ma fu Arthur a rispondere
per lui.
“Tutti sanno che a Camelot non è
tollerata alcuna implicazione con la magia.” Chiarì. “Perciò quell’uomo può
essersi tolto la vita ingiustamente e inutilmente, oppure l’avrà fatto perché
temeva il rogo per le conseguenze del suo operato.”
Alla fine, però, aveva
portato il suo segreto con sé, nella tomba. Considerò il mago, a
malincuore.
Il giorno addietro, nessuno aveva badato a quel suo
vaneggiare, tranne lui, e il detenuto era stato semplicemente condotto nelle
segrete.
E in quel mentre, a lui non restava che rammaricarsi di non
aver agito diversamente.
Di una cosa era sicuro: il carcerato non era estraneo ai
fatti, come invece ipotizzava il suo signore.
Ma ormai, se fosse stato in combutta con Ardof
o una sua semplice pedina – per un istante, valutò anche che forse il poveretto
era sotto l’influsso di un incantesimo dello stregone malvagio e che costui l’aveva costretto
ad uccidersi per non tradirlo – non lui l’avrebbe mai saputo. Era davvero troppo tardi.
Come aveva stabilito la sera prima, Merlin si ribadì mentalmente
quell’unica soluzione: accantonare i suoi crucci per non abbassare la guardia.
Arthur era ancora in pericolo e, per il momento, proteggerlo doveva essere il
suo obiettivo primario.
Allorché si sentì lo sguardo penetrante del principe
addosso, Linette sollevo il capo verso di lui.
Non si era accorta che il soldato era già stato congedato e
rimanevano solo loro due nella stanza.
“Chissà chi o cosa era questo Ardof.”
Soffiò il nobile, distrattamente. “Ieri sera il prigioniero ha parlato di una
sua vendetta.”
Merlin era sbiancato a quella notizia. Pensava di essere
stato l’unico ad udirla, e invece aveva sottovalutato l’acume del principe, che
forse, con le riflessioni di prima, aveva depistato volutamente il suo sottoposto
zelante, per evitare il diffondersi di chiacchiere a palazzo.
“Sire… la minaccia di Ardof potrebbe
essere vicina e reale…” tentò di farlo ragionare. O di metterlo in guardia,
perlomeno.
“Può essere come dici tu, ma… Hai una vaga idea di quante intimidazioni
io abbia ricevuto in vita mia?!” sbottò. “Se dovessi concedere
attenzione a tutto, non uscirei mai dai miei alloggi.” Motivò. “Perciò non vi
presterò minimamente interesse.”
Fu come se l’avesse schiaffeggiato. Merlin sentì l’onda
d’urto di quelle parole colpirlo in pieno.
No, non poteva
assolutamente abbassare la guardia.
Ma Arthur, vedendo la sua ancella così
turbata, le disse solamente “Ecco perché non volevo che assistessi al colloquio.
Bastano poche parole per sconvolgere voi donne.”
Lin scosse il capo, negando. Ma
ormai il nobile si era fatto la sua idea al riguardo.
***
Il resto della giornata, per fortuna, era trascorso
normalmente.
Merlin, dopo aver parlato a mezzodì con Gaius,
e aver stabilito una linea di condotta per sommi capi, aveva consumato tutto il
tempo nelle solite faccende: pulire gli appartamenti dell’Asino, lucidare
l’armatura dell’Asino, riparare la cotta di maglia dell’Asino, lavare gli abiti
dell’Asino, rammendare gli indumenti strappati– suoi, e dell’Asino…
Il principe, invece, aveva fatto rapporto al re su ciò che
era accaduto e poi aveva sfogato il suo malumore sulle reclute dei Pendragon.
Ed effettivamente, all’ora del vespro, aveva fatto ritorno
con una gaiezza fin quasi sospetta, se non fosse stato che Lin
era già passata a ritirare la cena di Sua Maestà e aveva colto i pettegolezzi quotidiani
e perciò sapeva cosa aspettarsi da lui.
***
Quando Arthur la avvisò che quella sera non avrebbe avuto
bisogno dei suoi servigi per mettersi a letto, Linette si limitò ad annuire,
per fargli intendere che aveva capito il messaggio.
Il futuro sovrano le aveva comunque sorriso ebete: “Rituale del Mercoledì!” aveva
sussurrato, come se fosse stata una cosa arcana e misteriosa.
E si stupì, quando la valletta non si dimostrò né
incuriosita dalla notizia né dal suo significato.
“Sì, so cos’è il Rituale
del Mercoledì.” Gli aveva spiegato, con aria di sufficienza, sgonfiando
l’entusiasmo dell’altro. “E no, non è stato Merlin a spiegarmelo.” Precisò, onde evitare fraintendimenti. “Ogni servo del
castello sa cos’è. E nelle cucine ci si domanda da giorni quando sarebbe stato
il prossimo…”
“Stasera!” Puntualizzò il principe, rigonfiando il petto.
“Il venerdì è un ottimo giorno per il Rituale del Mercoledì, Sire.” Ironizzò il mago, fingendosi
ossequioso e chiedendo di essere licenziato da lui prima che il nobile capisse
che l’aveva preso in giro.
Giusto sul punto di chiudere la porta fra loro, lo aveva
avvisato: “Mi auguro solo che Sir Leon – il più assennato fra voi – abbia il
buon cuore di riportarvi al vostro giaciglio prima dell’alba, altrimenti verrò
a raccogliervi io stessa domattina.”
Arthur le sorrise, come a dirle che era tutto sotto
controllo, anche se non era così.
Merlin sapeva bene in che stato si sarebbe ridotto. E,
sinceramente, non capiva tutta questa brama di farsi del male.
Un manipolo di gloriosi cavalieri ridotto ad un branco di
gozzoviglianti ubriachi, seduti attorno ad un tavolaccio di legno così marcio e
rosicchiato dal tempo e dai colpi dei boccali strapieni da aver perso la forma
originaria – doveva essere stato rettangolare, qualche anno addietro –
diventando una massa informe e vagamente rotonda, con solchi grossi come campi
irrigati e con così tanta sporcizia incrostata che aveva assunto, con gli anni,
un colore indefinito e inqualificabile.
Il principe diceva che il cameratismo tra i suoi uomini si
costruiva laggiù, in quella stanza polverosa e semibuia, e poi, solo poi, si sarebbe cementificata sui
campi di battaglia.
Ovviamente tutti loro gli davano ragione su questa
sacrosanta verità, mentre la birra e il vino scorrevano a fiumi –
letteralmente, dalle botti che venivano trasportate lì appositamente, per
evitare la tediosa attesa dei valletti che facevano spola dalle cucine e
ritorno.
Fin quasi all’alba venivano serviti anche pane
speziato e insaccati vari, giusto uno
spuntino.
Anche se Merlin aveva visto un maiale intero sparire lì
dentro – e si sa: del maiale non si butta mai via nulla – perciò il concetto di
stuzzichino era assai relativo.
Aveva servito anche lui a qualche Rituale del Mercoledì, ed ora si sentiva sinceramente contento di
esserne stato esonerato.
Ecco. Uno dei pochi
guadagni nell’esser diventato una donna!, si
disse.
Difatti a quegli incontri partecipavano solo valletti maschi,
per ragioni di buoncostume e fittizia moralità, oltre che per l’orario
prolungato in cui generalmente si attardavano.
Arthur avrebbe messo la mano sul fuoco in favore dell’onore
dei suoi uomini, ma si rendeva conto da sé che non erano un bello spettacolo, e
che qualche volta, presi dai fumi dell’alcol e dalle idee confuse, si rischiava
di allungare le mani persino sui paggi – che, tuttavia, sapevano ben
difendersi. A volte, infatti, qualche cavaliere sveniva per il troppo vino o
per un otre che accidentalmente finiva
per cozzare contro la nobile testa.
Sì, decisamente allo stregone piaceva di più la calma della
sua cameretta.
Avrebbe passato la serata a studiare gli amati libri di
magia, senza affogare nel tanfo e nei rutti e nelle interminabili dissertazioni
sugli usberghi migliori, sugli accoppiamenti tra cavalli da far figliare e
sulla pelle invitante di tale MadamaBoccadirosa – era
il suo acclamato nome d’arte, a ben vedere – ma a Merlin non interessava sapere
i particolari per i quali se l’era meritato.
L’unica cosa su cui era stato curioso, ai primi tempi del
suo servizio, riguardava il nome di tal consuetudine, visto che si svolgeva in
modo aperiodico, e indistintamente, in qualunque giorno della settimana.
L’erede al trono gli aveva spiegato che l’usanza iniziale
era nata di mercoledì, con cadenza settimanale, e per molto tempo era rimasta
tale.
Almeno fino a quando la qualità degli allenamenti del giovedì
mattina non ne aveva risentito e il re aveva posto un lungo veto, su consiglio
di Gaius che – in qualità di medico di corte – aveva
spaventato tutti prospettando varie malattie degenerative dal nome inquietante.
Arthur gli aveva nominato una certa Cirrosa.
Quando il rituale era stato ripristinato, con ricorrenza più lontana
e moderata, il nome era rimasto, per goliardico orgoglio.
Perciò, che cuocessero
nel loro brodo, si era detto il mago, rientrando a casa e suggerendo al
medico di corte di predisporre un grosso quantitativo di medicinali per il dopo sbornia. L’indomani, avrebbero avuto una cospicua
processione, come da prassi; e lui, dal canto suo, avrebbe fatto i conti con
l’emicrania e l’idiozia aggravata del
Nobile Somaro.
Continua...
Disclaimer:I
personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma
di lucro, da parte mia.
Ringraziamenti:
Un abbraccio a Tao, che sopporta i miei scleri. X3
Note: Ho
volutamente scelto di postare questo capitolo con un finale tranquillo, per non
lasciarvi in ansia fino al mio ritorno.
Sto al momento lavorando al capitolo 22 e, valutando le
bozze in mio possesso, credo che la storia non finirà prima del 40° capitolo
(salvo tagli in itinere).
Dai vostri commenti, mi rendo conto che vorreste trovare più
azione, ma vi prego di pazientare ancora un po’. Entro i primi dieci giorni
della nuova vita di Merlin gli capitano un sacco di cose e deve assestare tutto
il suo modo su un nuovo asse. Mi rendo conto che sembra una lunga premessa, ma
ciò preparerà il campo agli eventi futuri.
Preposto questo, vi ricordo che la storia non è una fic di avventura. Buona parte dell’idea è raccontare le
evoluzioni comportamentali e caratteriali dei nostri eroi, anche in relazione a
fatti o incidenti, ma non solo legate a questi.
La Cirrosa è chiaramente
una storpiatura della Cirrosi Epatica, malattia infiammatoria del fegato che
può avere varie origini (prevalentemente legate all’Epatite) ma è
particolarmente aggravata dall’abuso di alcol, che in passato era ritenuto il
principale responsabile.
Chiarisco che, quando Arthur parla di chi o cosa sia Ardof e dice “Oppure è il nome di un luogo, ma non l’ho mai
sentito pronunciare prima d’ora” si riferisce chiaramente ad un possibile regno.
La frase chiave è “Ardof si
vendicherà!” si potrebbe presumere un’interpretazione come a dire “Camelot si vendicherà!”
Lo dico giusto perché Arthur è meno asino di quel che vuol far credere, certe volte.
Madama Boccadirosa è un esplicito
omaggio al grande De Andrè e all’omonima sua canzone.
Per altro, ed è una pura coincidenza (il pezzo del Rituale
del Mercoledì è scritto da mesi), ho letto che la donna ligure, che lo aveva
ispirato a suo tempo, è morta la scorsa settimana.
Precisazioni al
capitolo precedente e domande varie: (a random)
- Sono contentissima che abbiate apprezzato l’omaggio alla
Spada nella Roccia. Vedo con piacere che Semola è nel cuore di quasi tutti noi.
*_*
- Sono contenta anche che le digressioni su aspetti più seri
e storici vengano da voi apprezzati. Sono anche io convinta che diano più
realismo al racconto.
- Apprezzo tanto le vostre supposizioni e sì, Linette avrà ben più guai che semplici bustini e gonne
infide…
- E intanto Arthur si sta affezionando a lei…
- Prendo appunti sulla richiesta per Anacleto. Magari da
qualche parte ce lo ficco^^
- Per lo slash bisogna aspettare
fino a quando Linette non si accorgerà che sua devozione è diventata altro…
- Uh! Qualcuno ha notato che era il capitolo più luuungo che ho postato finora. Mi fa piacere^^
- Grazie per la segnalazione dell’errore di battitura. Sono
pignola, ma talvolta qualcosa sfugge, perciò lo apprezzo molto.
- Quando ho detto che i peli di gatto sono un ingrediente
base di numerosi sortilegi non ho indagato davvero. E’ un espediente legato al
fatto che spesso i gatti sono stati, nel corso del tempo, associati a maghi e
stregonerie.
Nell’anticipazione
abbiamo un Merlin alle prese con:
Un Gaius dalle doti nascoste – Un attentato
alla vita dell’erede al trono – e il sabato di cucito con Morgana, che Arthur
aveva promesso di fargli saltare…
Ci si rivede verso il 12
di luglio per l’aggiornamento, perché da sabato in poi non avrò il pc con me.
Nel frattempo, se volete occupare il tempo, potete
rileggervi i pezzi che più vi sono piaciuti e magari lasciare un commento, se
non l’avete fatto.
Buone vacanze anche a voi!
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milioni di scrittori.
(Chiunque voglia
aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio crede) Come sempre, sono graditi commenti,
consigli e critiche.
Note: il seguente scritto conterrà riferimenti slash più avanti
Note: il seguente scritto conterrà
riferimenti slash più avanti.
Riassunto: Merlin
è abituato a salvare la vita all’Asino Reale senza che questi se ne accorga, ma
stavolta non tutto va per il verso giusto. Colpito dall’incantesimo del
malvagio Ardof, il nostro mago farà i conti con una
sconvolgente novità: egli si risveglia trasformato in una donna.
Solo Gaius conosce il suo segreto e, finché non
troverà il modo di tornare normale, dovrà inventarsi delle scuse plausibili e
prendere il posto di se stesso al servizio del principe. Come riuscirà a
conciliare questa ‘nuova situazione’? Come si evolverà il suo rapporto con
Arthur?
Eccomi, sono tornata!
^__________^ Vi sono mancata? X°DNah!
Meglio tornar seri...
Grazie
di tutte le recensioni ricevute. *inchin* Spero che la storia rimanga all’altezza
delle vostre aspettative!
Vorrei dedicarla a quelle
persone che hanno recensito il precedente capitolo:
Ranyare
(Ciao! Benvenuta! spero che le mie due mail non ti
abbiano infastidita^^), elfinemrys,
YukiEiriSensei, GiulyB, mistica (ti è
arrivata la mia mail?), Friducita, angela90, _Saruwatari_, bilancina92, chibimayu,
saisai_girl, Mindyxx, damis, princessjiu 327, Orchidea Rosa, _ichigo_85, miticabenny,
Tao, _Grimilde e bollicina.
E a quanti commenteranno (SE vi
va di recensire anche dei capitoli più indietro di questo, il vostro parere non
andrà perduto!).
Ai vecchi e ai nuovi lettori.
Grazie.
TheHe in theShe
(l’Essenza dentro l’Apparenza)
Capitolo XVIII
C’erano poche cose che ormai Merlin poteva dare per scontate,
da che la sua vita era drasticamente cambiata, otto giorni prima.
Una di queste era l’immancabile presenza e il sostegno che Guinevere
gli aveva offerto, benché – il più delle volte – inconsapevolmente.
Perciò, quel sabato mattina, il giovane mago era nervoso per
ben tre motivi: anzitutto, avrebbe dovuto ricordare al suo signore che era, per
l’appunto, sabato; e che aveva
promesso a Linette di toglierla dai guai, facendole saltare l’appuntamento di
ricamo con Lady Morgana, con una qualche scusa non meglio precisata. La seconda
ragione si legava alla prima, in quanto il Babbeo Reale
era sempre di malumore dopo il Rituale
del Mercoledì. E lo stregone invece aveva bisogno di lui e sarebbe stata
una giornata alquanto stressante per i suoi livelli di sopportazione (in quei
momenti Arthur diventava meno collaborativo e più asinino del solito). Per
ultimo, ma non meno importante – e, anzi!, assai più
urgente in ordine di priorità – la sua succitata amica non si era ancora fatta
vedere, e il gallo aveva già cantato tre volte da un pezzo.
“Gaius, dovete aiutarmi!” strillò quindi
Merlin, sull’orlo di una crisi di nervi, ricomparendo dalla sua stanza dopo
aver fatto colazione. “Gwen è in ritardo!”
L’anziano medico lo guardò sollevando un sopracciglio. “Avrà
avuto un impedimento…”
“Ma Arthur mi scuoierà, se non lo sveglio in tempo!” gemette.
“Già sarà lunatico di suo per il dopo sbronza!”
“Oh, suvvia, figliolo. Invece è
sempre stato alquanto gentile, con la cara Lin.”Il vecchio sorrise, burlandosi di
lui.
“Vi supplico, allacciate qui.” Si risolvette l’altro,
presentandogli la schiena col vestito slacciato.
“E’ passato parecchio, dall’ultima volta che ho avuto il
piacere di aiutare una dama a rivestirsi…” raccontò il mentore al discepolo,
deciso a prenderlo in giro un po’ a sue spese. “Ma come poter rifiutare le
richieste di una siffatta donzella?”
Il mago lo guardò, torcendo il collo in una posa assurda.
“Sapete fare una treccia?”
“Ti stupiresti, Merlin, di quante
cose io…”
“Vi prego, vi prego!” piagnucolò. “Lasciatemi nel dubbio e all’oscuro
di tutto…”
Il vecchio sorrise e finalmente
tacque, armeggiando sul suo protetto.
***
Il risveglio dell’erede al trono fu meno traumatico del
previsto e il servitore sospirò ringraziando gli dei, mentre gli porgeva il
calice con dentro il rimedio che si era fatto dare dal suo maestro.
Arthur lamentava solamente un forte stordimento e un vago
bruciore allo stomaco – chissà che disgustosa miscela aveva ingurgitato! – ma
non fu sgarbato e non fece storie, quando gli fu servita una colazione piuttosto
leggera per i suoi standard.
Merlin nel frattempo si era guardato intorno, soppesando lo
stato disordinato della stanza – più caotico del solito, per giunta – con gli
abiti della sera precedente malamente abbandonati a terra: la camicia da un
lato, la casacca da un altro, e i pantaloni da un terzo ancora. Dello stivale
sinistro non v’era traccia, mentre il destro, fortunatamente, spuntava da sotto
il letto.
“Siete giunto fin qui sulle vostre gambe oppure vi ci ha
trascinato qualcuno?” domandò, fissando l’arruffata testa bionda.
“Yawheeeon…” sbadigliò il principe
come risposta, senza curarsi di mettere una mano davanti alla bocca.
“Allora dovrò ringraziarlo per avermi risparmiato il
recupero.” Borbottò Merlin, col tono di una madre seccata. “Anche se una
mandria di buoi vi avrebbe svestito con più grazia di così.”
Arthur si stropicciò gli occhi assonnati e arrossati, mugolando
qualcosa sul fatto che si era spogliato e rivestito da solo – o, quantomeno, ci
aveva provato – e quelli erano i risultati.
Il servo ebbe allora pietà di lui e non infierì. In fin dei
conti l’aveva fatto per pudore nei suoi riguardi, poiché in altre occasioni del
passato non si era mai preoccupato di dormire seminudo. Ma quando lo vide ridistendersi sul letto, ignorando l’ora e gli impegni, un
nuovo pensiero lo rannuvolò.
“Devo mandare qualcuno ad avvisare vostro padre che siete
indisposto?” gli chiese, preoccupato del fatto che Uther
non si sarebbe fatto scrupoli nello spedire alla gogna il valletto personale
del figlio – femmina o maschio che fosse – se il principe si fosse presentato
in ritardo al suo cospetto senza avvertirlo per tempo.
L’erede al trono guaì una vaga richiesta che era suonata
all’incirca come “Lasciami cinque minuti”
e Merlin glieli concesse, ritenendo che fossero ininfluenti sulla tabella di
marcia della giornata.
***
L’intruglio di Gaius doveva aver fatto il suo effetto da ore, pensò lo
stregone, mentre camminava con il pranzo dell’Asino in mano.
Arrivato davanti ai suoi appartamenti, aprì il portone senza
pensarci due volte.
Tuttavia si accorse troppo tardi delle voci concitate
all’interno, quando si trovò davanti il re e il figlio che, troncato in fretta
l’alterco in corso, la fissavano infastiditi dall’interruzione.
La ragazza deglutì a vuoto, sotto lo sguardo inceneritore
del monarca.
“Io… scusate, m-ma…” balbettò, e
mentì, per trarsi dai guai. “Avevo bussato, ma forse non…”
Uther la liquidò con un gesto
stizzito della mano. “Vattene!”
“Sì, Maestà! Subito,
Maestà!” squittì il servo, retrocedendo verso l’uscio con il vassoio in mano.
“Chiedo perdono.” E scomparve oltre la porta.
Merlin se ne stette fuori quasi mezz’ora, a debita distanza,
per essere certo di non incrociare il sovrano allorquando fosse uscito da lì.
Tenne il pasto in caldo e aspettò, seminascosto dietro una
colonna.
E se da un lato era curioso di sapere il motivo del
disaccordo, era più importante per lui non essere notato dal re, secondo una
logica un po’ contorta; perché, a suo parere, se il sovrano si fosse quasi dimenticato della sua esistenza
sarebbe stato preferibile, e il miglior modo per attuare la sua convinzione era
quello di stargli alla larga – lontano dagli occhi, lontano dai problemi – per prevenire
possibili guai.
Ad ogni buon conto, probabilmente Arthur gliel’avrebbe detto
più tardi, sfogando il suo cattivo umore su di lui.
E invece il principe non le raccontò niente, quando Uther se ne andò e lei si ripresentò nella stanza; egli si
limitò a pranzare, rannuvolato come un giorno di marzo dopo un temporale e poi,
di colpo, le disse: “Andiamo giù, nella città bassa.”
Siccome capitava spesso che Sua Altezza si portasse dietro
Merlin, mentre compiva le sue faccende, lo scudiero non chiese chiarimenti e si
limitò a seguirlo.
Linette gli caracollò dietro per
le varie viuzze e, giunti in prossimità di alcune botteghe, Arthur la fece
fermare lì, a lato della strada, mentre lui entrava dentro.
Se ne uscì stranamente meno cinereo, come se avesse trovato
un compromesso tra il compito scomodo e una soluzione a lui congeniale.
Nel momento in cui la informò che sarebbero tornati al
castello, lo fece con più gentilezza.
Ripeterono perciò il cammino all’indietro, da dov’erano
venuti, e passarono davanti al panettiere, che stava giusto sfornando le ultime
pagnotte calde della giornata.
La figlia del fornaio, una fanciulla parecchio carina, offrì
loro dei dolcetti ancora tiepidi con un sorriso.
Arthur ne prese uno ben volentieri, assaporandolo, e Linette lo imitò. I
biscotti allo zenzero erano buonissimi.
Quando il principe ne volle gustare uno diverso, ella gliene
porse un altro, nella speranza, forse, di venire ricompensata, ma Merlin – che
l’aveva assaggiato appenaprima di lui –
intercettò il dolcetto un istante prima che finisse nella bocca dell’Asino
Reale.
“Fermo!” lo avvertì, sottraendoglielo. “E’ alle noci. Voi
siete gravemente intollerante alle noci…”
Il giovane Pendragon si bloccò sul
posto, fissando la valletta.
“Noci?”
Era vero. La volta in
cui aveva accidentalmente ingerito un dolce con la pasta di noci era quasi
morto soffocato. Gaius l’aveva ripreso per i capelli,
compiendo una specie di miracolo. E lui ne conservava un ricordo terribilmente
doloroso.
“Sì, Maestà.” Confermò la bottegaia. “Sono finemente
tritate… io, io non…” La povera ragazza del fornaio tentava di scusarsi, tutta
spaventata, ma era ovvio che non potesse sapere di aver appena attentato alla
vita dell’erede al trono.
Il principe le lasciò una moneta perché ponesse fine alla
questione e se ne andò da lì, senza toccare altri dolci.
Era la seconda volta, in
pochi giorni, che si lasciava salvare la pellaccia dalla sua valletta.
Cos’avrebbe dovuto
fare? Ringraziarla? Ma poi come-?
“Come facevi a sapere…?”
“E’ mio dovere vigilare sul vostro cibo, Sire.” Rispose
l’ancella, proseguendo. “Merlin. Mi ha avvisato lui.”
Arthur sbuffò, come a dire… E chi, sennò?
“E così, sai anche tutti i cibi che posso o non posso mangiare?”
Il servitore sorrise, per alleggerire l’atmosfera dallo
scampato pericolo.
“Forse non tutto, Mio
Signore. Ma di sicuro so che non dovete mangiare le noci e la buccia delle
pesche vi provoca l’orticaria e non potete neppure cibarvi di fagioli o
lenticchie, altrimenti soffrirete per tre giorni di imbarazzo intestina-”
“LINETTE!” la sgridò lui, interrompendola, diventando
paonazzo.
“Me lo avete chiesto voi, Maestà.” Puntualizzò lei,
ghignando.
“Che insolente!”
“Chi? Io?” rise lei, fingendo una riverenza.
Arthur le lanciò un’occhiataccia, successivamente sembrò
ricordare una cosa di quel mattino, nelle sue stanze, e le chiese: “Sii
sincera, come mai dimostri tutto questo timore reverenziale per il sovrano, mio
padre, e non per me?”
“Perché per ora siete solo
un Asino Reale!,” rispose d’istinto, per poi
correggersi “come… come dice sempre mio cugino, ma… Quando sarete re anche voi,
magari, lo farò.”
“Sfacciata!”
“Non mi avete forse chiesto di essere onesta?”
“Però non in modo così brutale, Lin!”
si lamentò. “A volte vorrei che tu fossi più simile a…” una ragazza bionda, con
un paniere in mano, attraversò il cortile davanti a loro, ancheggiando in modo
vistoso. “Come Beatrix!” e gliela indicò. “Lei sì che
è…”
“Una sgualdrina.” Concluse Merlin, al posto suo.
“Sì, hai ragio-Lin!” si scandalizzò. “Ma che linguaggio usi?! E non tirarmi fuori la solita storia che Merlin ti
avrebbe detto anche questo!”
“Oh, no, Sire.” Negò lei. “Mezzo pomeriggio nelle cucine
basta per capirlo da sola.”
***
Ardof, malgrado
la minaccia dell’uomo, non si fece vedere né quel giorno né il successivo.
Forse la sua tattica
consisteva nel logorare i nervi di Merlin, e ci stava anche riuscendo piuttosto
bene, se quello era il suo intento, avrebbe considerato lo stregone, a
posteriori. E ci mancava solo che l’Asino
si avvelenasse da solo, per complicargli la vita! Meditò, adesso che il rischio
era passato e poteva rifletterci con calma, mentre aiutava il suo signore a
vestirsi per l’ora d’udienza prevista, incurante dello sguardo dell’altro su di
sé.
Arthur non si era mai interessato alla volubilità delle
donne in senso stretto. Lui riteneva di essere un grande ed esperto amatore,
sapeva cosa poteva piacere alle donzelle in termini di corteggiamento e regali
ed aveva convissuto con le paturnie di Morgana, perciò si considerava sufficientemente
ferrato in materia.
Eppure Linette era una continua incognita per lui.
Un attimo prima era allegra e impertinente e quello dopo
diventava pensierosa e seria.
Alternava discorsi logorroici e infiniti a delle pause
improvvise e taciturne, quasi tristi.
Mescolava un’ingenuità sconcertante ad una lingua lunga e
pungente.
Non si comportava come le altre ragazze che lui conosceva,
nobili o popolane che fossero. E
rappresentava per lui una sfida continua.
“Sire…” lo chiamò l’oggetto dei suoi pensieri giusto in quel
mentre.
“Mh?”
“Oggi è sabato…” incominciò il mago, senza sapere
esattamente come ricordargli la promessa.
“Lo so.”
Lo stregone sbuffò, andando dritto al punto.
“Ricordate l’appuntamento di ricamo a cui avevate…”
“So anche questo.” Le appuntò. “E rammento anche che la cara Morgana mi deve qualcosa anche per la storia del boriosetto.” L’erede
al trono le lanciò un’espressione significativa, come a dire che non aveva
dimenticato.
Sicché anche Linette l’avrebbe pagata, prima o poi, si disse Merlin,
gemendo mentalmente.
“Ho deciso che, appena finita l’udienza, andremo a fare una
ricognizione senza pretese presso i campi ad Ovest – la mia sorellastra si riunisce
sempre con le sue dame per tutta la nona veglia – e così spariremo giusto in
quel lasso di tempo.”
“Grazie, Sire.” Disse la valletta, alleggerita almeno di
quel fardello.
Il principe ghignò appena.
“Non temere,Lin-Lin. A
tempo debito, mi ripagherai.”
Merlin sgranò gli occhi, perché sembrava tanto una minaccia.
“No-non vi è bastata la faccenda
delle noci?” soffiò, preoccupato.
“No. Poiché hai detto che rientrava fra i tuoi doveri.”
Il mago ricambiò con un’occhiataccia assai poco deferente.
Nel frattempo però, Arthur si era avvicinato allo scrittoio
e aveva vergato un paio di righe frettolose su un bigliettino.
“Fallo consegnare a Lady Morgana, ma non prima della nostra
partenza. E adesso vatti a cambiare. Ci si ritrova fra un’ora davanti alle
stalle.”
Lo stregone ricevette il foglio e soffocò il senso di colpa,
che timido protestava dentro di lui. Morgana si sarebbe rammaricata della sua
diserzione, ma non sarebbe certo morta per questo.
Continua...
Disclaimer:I
personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma
di lucro, da parte mia.
Ringraziamenti:
Un abbraccio a Tao, che sopporta i miei scleri. X3
Note: I credits per l’idea nel dialogo Gaius-Merlin
vanno a Tao,che mi ha gentilmente
offerto la possibilità di sfruttare una delle nostre divagazioni via mail. XD
L’accenno al gallo che ha cantato già tre volte è un rimando
riadattato al tradimento di Pietro, visto che l’assenza di Gwen
è per Merlin una sorta di tradimento dei loro accordi.
L’allergia alle noci è un problema abbastanza diffuso e, a
volte, con conseguenze anche gravi.
L’accenno alla scampata morte da soffocamento l’ho presa da
un fatto vero, accaduto ad un mio amico.
Ho sempre scordato di chiarire una cosa che davo per
scontato; ma, siccome mi è stata chiesta, la spiego
ora: le veglie.
Le veglie sono l’unità temporale con cui si divideva il
tempo nel medioevo. Ogni veglia dura circa tre ore, con una leggera variazione
a seconda della stagione.
Le veglie sono: i mattinali a mezzanotte, le laudi alle tre,
la prima alle sei, la terza alle nove, la sesta a mezzogiorno, la nona alle
quindici, il vespro alle diciotto e la compieta alle ventuno.
Generalmente erano le campane dei monasteri o delle chiese a
rintoccare segnando le veglie; invece il telefilm ha volutamente tolto
espliciti rimandi religiosi.
La campana, che si sente suonare di notte, si presume sia
quindi quella del castello.
Un altro modo per contare le ore era quello di usare candele
graduate che rimanevano accese fino a 8 ore. Man mano che si consumavano le
tacche, si sapeva all’incirca che ora era.
Idem, per le clessidre graduate a lunga durata.
Precisazioni al
capitolo precedente e domande varie: (a random)
- Vorrei rasserenarvi: Arthur ubriaco non sarà mai pericoloso per Linette.
(Lo sarà in altri frangenti, ma questa è un’altra faccenda… XD)
- Sì, il tavolaccio sporco e smussato è la mia
interpretazione personale (e dissacrante) della Tavola Rotonda. XD
- Sono contenta che abbiate gradito l’omaggio al grande De
Andrè. ^.^
- Anacleto ha trovato ufficialmente posto in un capitolo, ma
spero di riuscire a sorprendervi, non
è esattamente quello che conoscete
voi…
Nell’anticipazione
abbiamo un Merlin alle prese con una nuova decisione del principe:
“A volte temo che,
solo sfiorandoti accidentalmente, potrei romperti come
un pezzo di vetro.” Le afferrò il polso come prova e gli ossicini
scricchiolarono. “Visto? Un uomo potrebbe...” tacque “Sì, beh... chiunque penserebbe di farti del
male anche solo accarezzandoti.” E distolse gli occhi da lei, a disagio.
Campagna di Promozione
Sociale - Messaggio No Profit:
Dona l’8‰ del tuo tempo alla causa
pro recensioni.
Farai felice
milioni di scrittori.
(Chiunque voglia
aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio crede) Come sempre, sono graditi commenti,
consigli e critiche.
Note: il seguente scritto conterrà riferimenti slash più avanti
Note: il seguente scritto conterrà
riferimenti slash più avanti.
Riassunto: Merlin
è abituato a salvare la vita all’Asino Reale senza che questi se ne accorga, ma
stavolta non tutto va per il verso giusto. Colpito dall’incantesimo del
malvagio Ardof, il nostro mago farà i conti con una
sconvolgente novità: egli si risveglia trasformato in una donna.
Solo Gaius conosce il suo segreto e, finché non
troverà il modo di tornare normale, dovrà inventarsi delle scuse plausibili e
prendere il posto di se stesso al servizio del principe. Come riuscirà a
conciliare questa ‘nuova situazione’? Come si evolverà il suo rapporto con
Arthur?
Grazie
di tutte le recensioni ricevute. *inchin* Spero che la storia rimanga all’altezza
delle vostre aspettative!
Vorrei fare una dedica speciale, oggi.
Un grazie di cuore alle splendide ragazze presenti ieri al raduno, per
la divertentissima giornata trascorsa insieme (anche se magari non leggeranno
mai queste righe) e un abbraccio particolare a Silvia e Noemi,
per averlo organizzato.
E come sempre una dedica a
quelle persone che hanno recensito il precedente capitolo:
Friducita, _Saruwatari_, Tao, _Grimilde,
bollicina, Orchidea Rosa, Fix89thebest (Grazie!, e se
recuperi il commento, mi fa piacere^^), Dasey91 (Ciao! Bentornata!^^ spero che
da ora tu possa seguire con più regolarità), chibimayu,
bilancina92, Asche (Visto? Non hai atteso tanto! Ma
se recuperi il commento, mi fa piacere^^), Rozalia, _ichigo_85,
GiuLy93 (Ciao! Benvenuta!^^ grazie per le tue bellissime parole, spero che la fic continui a piacerti), ranyare,
YukiEiriSensei, saisai_girl, GiulyB, mistica (Ciao! Sì, la tua mail è arrivata, scusa ma
risponderò entro domenica!), Benzina (Ciao! Benvenuta!^^ spero che, quello che succederà
nella fic, possa piacerti altrettanto!), damis e Tempest_the_Avatar (Ciao! Benvenuta/o!^^ ho visto giusto ora il tuo commento nel cap 17, grazie!).
E a quanti commenteranno (SE vi
va di recensire anche dei capitoli più indietro di questo, il vostro parere non
andrà perduto!).
Ai vecchi e ai nuovi lettori.
Grazie.
TheHe in theShe
(l’Essenza dentro l’Apparenza)
Capitolo XIX
Quella sera, Merlin aveva saputo da Gwen
che Morgana, a cena, non aveva dato soddisfazione ad Arthur per l’assenza pilotata della sua valletta.
Quando aveva letto il messaggio – le aveva raccontato
l’amica – la sua signora si era limitata ad un piccolo sbuffo infastidito, come
se in realtà si fosse prefigurata una soluzione così.
D’altro canto, l’aveva rincuorata Guinevere, ella stessa si
era prodigata nel giustificare la mancanza di Linette
come una necessaria incombenza, e – aveva assicurato la beneamataGwen a Morgana – Lin avrebbe voluto tanto
poter partecipare alla loro riunione, se solo fosse dipeso da lei.
Oh, sì. Come no?, aveva ansato
interiormente Merlin, fingendosi tuttavia assai contrito e ringraziandola per il
grande zelo e l’intercessione accorata.
L’amica aveva poi ripreso a scusarsi per l’inconveniente di
quel mattino, “Non sapevo come avvisarti!” motivò. “Lady Morgana ha avuto uno
dei suoi soliti incubi e non me la sentivo di lasciarla da sola... Ciò
nonostante, sono felice che Gaius abbia provveduto in
vece mia.”
Lo stregone le aveva sorriso, rassicurandola.
Subito dopo però si era congedato, adducendo il bisogno di
mettere a letto l’Asino.
Guinevere era arrossita per quell’appellativo irriverente, ma
successivamente aveva riso con lui.
***
Dopo aver compiuto il suo dovere per la notte, e aver preso
accordi per il dì seguente, Linette fu accompagnata a
casa dalla guardia di turno, come sempre.
Stranamente Gaius dormiva già – e probabilmente
era stata una giornata spossante anche per lui –, ma Merlin rifletté sull’imprevisto
di quel mattino. E se il vecchio medico
non fosse stato presente in casa? Come avrebbe fatto,
lui?
Sopprimendo uno sbadiglio, si risciacquò il viso per
cacciare la stanchezza e si rinchiuse nella sua stanzetta, alla ricerca di
incantesimi che facessero al caso suo.
***
Gwen arrivò puntuale, il giorno
dopo, scusandosi ancora, mortificata.
Acconciò i capelli a Linette e la
strinse nel bustino, con pochi e semplici gesti, dettati dall’abitudine.
Ma Merlin si rendeva conto da sé che quella situazione non
poteva durare all’infinito: quella che doveva essere una circostanza temporanea
e di breve permanenza si stava, ahilui!, trasformando in una faccenda a tempo indeterminato; e non
era giusto approfittare della gentilezza della cara Guinevere, che doveva alzarsi
più presto del solito per aiutarla, e aveva già numerose mansioni da svolgere
per conto suo.
Senza contare che, a questo punto, le cose fondamentali – cosa indossare e come farlo, senza causarsi danni permanenti
o soffocamento – erano ormai chiare anche a lui e sarebbe bastato giusto un
paio di incantesimi per prepararsi da sé.
Ci aveva lavorato su
fino a tarda notte e l’unica azione lacunosa era la pratica.
“Stavo pensando…” iniziò quindi, con fare casuale “che
potresti mostrarmi come riesci tu, da sola, a legarti il tuo corsetto, così
smetterei di infastidirti!”
Guinevere le fece un sorriso amichevole. “Ma non è un
disturbo, mia cara!”
“Sì, però…” ritentò il mago. “E un’acconciatura più fattibile? Una di quelle adeguate, ma
che potrei fare da me?”
Gwen bloccò i movimenti e le girò
attorno per fronteggiarla.
“Linette, ti sei per caso offesa
per ieri? E’ per questo motivo che vuoi arrangiarti?”
“Oh, no! No-no!” blaterò
il servo, allarmandosi. “Non è come pensi!” le spiego.
L’ancella allora sospirò, rasserenata, e le sorrise.
“Se vuoi davvero renderti indipendente, posso insegnartelo,
ma – se me lo permetterai – vorrei venire comunque, ogni tanto, per acconciarti
i capelli… è un peccato castigarli sempre in una semplice treccia!”
Merlin non ebbe cuore di rifiutare, “Ogni tanto, puoi.” Le accordò alla fine, quasi fosse un favore che
lui concedeva all’amica e non il contrario.
I limiti di questa concessione, il ragazzo li avrebbe
scoperti solo qualche mattina dopo, quando, ingenuamente, aveva ripreso a
dormire con i propri abiti maschili e non più con quelle imbarazzanti camiciole
da notte che l’amica gli aveva fatto comperare e che scatenavano la malsana
ironia di Gaius.
Gwen era giunta a sistemargli la
chioma senza preavviso e si era alquanto scandalizzata nel vederla agghindata
da maschio.
“Sei proprio affezionata
agli abiti di tuo cugino, eh?” aveva sbottato, meravigliata.
Lo stregone aveva biascicato un “E’ solo che sono comodi.” E
poi le aveva mentito, per trarsi d’impaccio, dicendo che si stava preparando
per andare a caccia col principe e Guinevere sembrò credergli.
Da quel giorno, però, a scanso di equivoci, Linette riprese
ad indossare le camicie da notte che la serva di Morgana le aveva scelto.
E sembrò una scelta saggia, perché Gwensembrava sempre comparire a tradimento.
Quel nono mattino, ad ogni modo, Merlin si piazzò davanti ad
uno specchio rovinato, preso in prestito dal vecchio Gaius,
e osservò con occhio clinico il modo con cui l’ancella le spiegava come
intrecciare le lunghe ciocche.
Fatto questo, Gwen si offrì pure
di togliersi il proprio abito e di mostrarle in modo pratico in che modo agire, ma Merlin, arrossendo fin sulle orecchie enormi,
si rifiutò categoricamente di assistere alla vestizione dell’altra e preferì
essere usato come manichino.
***
Ogni attimo libero, Linette
l’aveva passato a dire e ridire i pochi incantesimi che sembrava non
padroneggiare ancora del tutto.
Dopo il cinquantesimo tentativo, e con una leggera
variazione nelle pronuncia originale, la valletta era riuscita
a far sfilare i bottoni dalle asole, come se una mano invisibile e celere avesse
compiuto il lavoro al suo posto.
E siccome lo specchio a figura intera nella camera
dell’Asino era l’ideale per controllare il proprio operato, e suddetto Asino
era impegnato ancora a lungo negli allenamenti quotidiani, il mago si azzardò
persino a slacciare e riallacciare, con la magia, il bustino che gli comprimeva
vita e seno.
Peccato che non si fosse accorto dell’ora tarda – aveva
indugiato un po’ troppo nel prendere confidenza con quella novità – e si era
ritrovato con la voce del principe ad un palmo di naso, oltre il paravento.
Per sua fortuna, Merlin era girato di schiena e Arthur non
aveva visto che era tutto sbottonato. Chiudendo all’indietro, con finta nonchalance,
l’anta del guardaroba, gli disse che stava finendo di riordinare l’armadio e
che sarebbe giunto da lui all’istante.
Arthur era troppo stanco e impolverato per protestare e si
lasciò cadere di peso sulla sedia; mentre lo stregone aveva sussurrato a mezza
voce l’incanto per rendersi presentabile ed era sgattaiolato di corsa a
prendergli il pranzo.
***
Dopo avergli ordinato il pasto – che sarebbe giunto dalle
cucine entro mezz’ora – e preparato il bagno, Merlin si concentrò sulle
mansioni che aveva accantonato sino a quel momento.
Il principe s’era cambiato d’abito perché doveva presenziare
ad una riunione di Stato che, lo scudiero ne era certo, sarebbe durata fino a
sera. Quando fece ritorno, infatti, era quasi ora di cena.
Sua Maestà si era levato da sé la corona di erede al trono e
gliel’aveva consegnata perché la riponesse al suo posto; poi, come qualche ora
addietro, si era lasciato stramazzare sullo scranno, borbottando qualcosa sulla
cocciutaggine di suo padre e degli altri consiglieri di palazzo,
stropicciandosi le palpebre stanche.
Merlin lo ascoltava distrattamente, intanto che armeggiava
con la chiave del cassetto in cui doveva riporre il diadema.
Arthur richiamò la sua attenzione, sfilandosi dalla mano
l’anello ereditato dai Pendragon.
“Tieni, metti via anche questo!” ordinò, lanciandoglielo.
Lo stregone però era voltato e si accorse solo
distrattamente del movimento; cercò invano di afferrare il prezioso cerchietto,
allungando una mano aperta, con l’unico risultato che il gioiello era
rimbalzato sul suo palmo, come se fosse stato un dardo contro uno scudo, ed era
volato sopra l’armadio più grosso con una traiettoria inconcepibile.
“Hai una pessima presa!” la rimproverò il Somaro Reale, incredulo
per l’assurdità della cosa.
“E voi una pessima mira!” ribatté l’altro, a tono.
Paradossalmente, Arthur scoppiò a ridere, anziché arrabbiarsi.
“Sei un disastro, Linette. Lasciatelo dire!”
Merlin arrossì, perché sapeva che metà della colpa era sua;
ma era distratto, e quella testa di legno avrebbe potuto aspettare, invece che tirare,
o quantomeno avvisarlo per tempo!
“E’ finito lassù, credo.” Biascicò allora, mettendosi in
punta di piedi e tastando con le dita, alla cieca, il bordo dell’enorme mobile.
Tuttavia non avrebbe potuto arrivarci, per controllare
seriamente, senza una scaletta o quantomeno una sedia su cui salire.
L’erede al trono la canzonò un altro po’ per la sua
inettitudine, mentre Lin lo lasciava fare, e girata
di schiena si affannava in inutili tentativi.
Per questo non si rese conto subito della presa salda che le
afferrò i fianchi e ansimò un gridolino spaventato, quando si sentì sollevare
da terra.
“Pesi meno di un pulcino.” Brontolò il principe, issandola,
ma Merlin non ebbe tempo di replicare, che si sentì chiedere: “Riesci a vederlo?”
“S-sì, Sire. E’
là nell’angolo più lontano.”
“Ci arrivi?” insistette il nobile, senza dimostrarsi
affaticato dal fardello sostenuto.
“Sì, dovrei… forse.”
Azzardò il servitore, allungandosi sul legno quanto più poteva. “Fatto!” esclamò
alla fine, vittorioso.
Un istante dopo, era di nuovo a
terra, con l’anello fra le dita. Eppure lo sguardo del principe non era
esattamente soddisfatto.
“Ma la vita nei campi non dovrebbe irrobustirvi?” sbottò,
scrutandola serio. “Sei quasi più magra di Merlin, che è già a malapena un
mucchietto d’ossa!”
“Ma, Sire…” tentò il servo, sentendosi come se avesse
compiuto una marachella.
“Devo forse ordinarti di
mangiare?” Le chiese, provocatorio.
“No, Maestà. Non serve.” Rispose conciliante il mago, benché
a disagio.
“Quand’è stato l’ultimo pasto?” insistette Arthur, con quel
cipiglio tipico di quando rimbrottava una recluta carente.
Melin distolse gli occhi.
“-zione.” Masticò.
Un nobile sopracciglio biondo s’inarcò severo.
“E perché?” s’interessò, incrociando le braccia al petto.
“Non… non ho avuto tempo a pranzo, ero in arretrato coi miei
doveri.” Confessò, di malavoglia, il mago.
“Un altro po’ e diventeresti trasparente come un fantasma. Tu, e anche tuo cugino!” inveì l’erede al trono, infervorandosi.
“Quando tornerà, lo costringerò a mangiare di più!” Arthur fece qualche passo
in circolo, dando voce alla memoria. “Qualche giorno prima che partisse, un paio di settimane fa, l’ho tirato fuori da una
buca in mezzo al bosco con una mano sola. E’ davvero solo un mucchietto d’ossa!”
“Ma… ma siamo sani e forti, stiamo bene! Io sto bene!” protestò la serva.
“Non dire sciocchezze!” la sgridò, fronteggiandola. “A volte
temo che, solo sfiorandoti accidentalmente, potrei romperti
come un pezzo di vetro.” Le afferrò il polso come prova e gli ossicini
scricchiolarono. “Visto? Un uomo potrebbe…” tacque
“Sì, beh… chiunque penserebbe di farti del male anche solo accarezzandoti.” E
distolse gli occhi da lei, a disagio.
Anche Merlin si sentì arrossire miserevolmente. Per questo
cercò di cambiare argomento e, giusto in quel mentre, bussarono alla porta e il
valletto corse ad aprire, approfittando di quella scusa per trarsi d’impaccio.
Quando però fece ritorno, con il vassoio della cena in mano,
Arthur non si era mosso di un pollice, né col corpo né con gli intenti.
“Ho il sospetto che anche Merlin saltasse troppi pasti. Accomodati
e mangia.” Le ordinò, perentorio, riacquisendo il controllo della situazione.
“Oh, no, Sire! Questo
è il vostro!” obiettò l’altro, posando il portavivande.
“Me ne farò portare un altro.”
“No, non serve, non... io non mangio neppure un terzo rispetto
a voi!”
“Ed è per questo che sei tutta gracilina e ansimi sfinita
nella foresta, quando andiamo a caccia…” la biasimò, ed era peggio del suo
mentore, quando gli faceva la ramanzina.
“Sei così magra!” le ripeté, quasi fosse un’accusa. “Forza,
siediti e sfamati!” le ordinò nuovamente, spingendola per le spalle fin verso
la sedia di fronte a quella dove sedeva lui.
Il mago tentò invano di opporre resistenza, sia fisica che
verbale, ma con scarsi risultati.
“Ma… Gaius!
Gaius mi
attende per la cena!” provò infine, sconcertato, come ultima carta da giocare.
Il principe arricciò le labbra in una smorfia di vittoria –
ormai Merlin temeva che fosse più una questione di principio piuttosto che di
effettiva generosità – e intrappolò il servitore tra lo spesso legno e la pesante
seggiola, senza via di fuga.
Umiliante. Era come se
Arthur avesse deciso che andava imboccato. O peggio, si sentiva come un maiale
all’ingrasso.
Ma l’Asino, incurante del suo turbamento, si avviò
all’entrata e spalancò il portone, chiamando una delle guardie nel corridoio.
“Fammi consegnare subito un secondo pasto completo!”
comandò. “E riferisci al medico di corte che, da stasera, cenerà da solo!” stabilì
e poi richiuse la porta, sbrigativo, ammiccandole.
“Visto?”
Merlin rimase a boccheggiare sconvolto; eppure, come avrebbe
scoperto in seguito, quella non era solo una bizza momentanea del suo padrone.
Da quel vespro, e per quasi tutti i giorni a venire, se il
principe non doveva presenziare alla tavola del re o ai banchetti ufficiali, avrebbero
pressoché sempre desinato insieme.
Continua...
Disclaimer:I
personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma
di lucro, da parte mia.
Ringraziamenti:
Un abbraccio a Tao, che sopporta i miei scleri. X3
Note:facciamo il punto della situazione: Morgana
avrà una parte attiva nel prossimo capitolo.
E dal 21° in poi, si inizierà ad avanzare più velocemente,
non più solo giorno per giorno.
Precisazioni al capitolo
precedente e domande varie: (a random)
- Grazie per il caloroso bentornata!
^____________^
Sì, in vacanza ho buttato giù parecchie idee, su Linette e
altre fic (RPS!, Crack!fic, AU!), e ne vedrete presto i frutti! ^O^
- Anche a me Gaius piace sempre di
più, mi diverto da matti a muoverlo. E avrà il suo siparietto anche nel
prossimo capitolo!^^
- Ma siete tutte maliziose, eh? ^.=
Quel “Non temere,Lin-Lin. A tempo debito, mi ripagherai.” non aveva un intento sessuale, nella
testa di Arthur! E’ un’anima tardo- ingenua, lui! X°D
Lo sapete che il principe ci mette un sacco a carburare, no? ^__=
- Noto che siete curiose di sapere il motivo del litigio tra
Uther e Arthur. Non l’ho spiegato perché è
ininfluente per la trama, e l’argomento dell’alterco non era Linette.
Io, però, un perché me l’ero dato, immaginando la scena, ed
è semplicemente una questione di tasse.
Una cosa, che mi colpì molto del telefilm, fu il litigio tra
loro a causa dei tributi da riscuotere e le insolvenze del popolo.
Beh, forse i mercanti della fic non
avevano pagato e il principe ha avuto l’ingrato compito di riscuotere, ma
quando se ne esce dalla bottega è più sereno, e quindi forse ha trovato dei
compromessi accettabili con quella povera gente.
- Arthur non racconta sempre tutto a Linette
per varie ragioni: alcune serie, altre futili, e ancora, in aggiunta, perché
lei non è suo cugino idiota. Nel cap 21 c’è una riflessione di Merlin al riguardo.
- No, mi spiace. Ma Maga Magò non
rientra tra i personaggi. XD
- Ormai Arthur sta perdendo il conto delle figure di cacca
che fa davanti a Linette, quindi... una più, una
meno…
Nell’anticipazione
abbiamo un Merlin alle prese con una nuova reazione del principe:
Allorché il suo
signore allungava piano le mani verso il suo viso, Merlin si ritrovò a
deglutire a vuoto, ascoltando il cuore battere forsennato, per una ragione che
non comprendeva. Stupore, forse?
“Ma-ma
che...” balbettò, sentendo le guance andare a fuoco.
“Shhh...” sussurrò l’altro, accarezzando con cautela gli zigomi,
quasi fosse stata una creatura rara, da non spaventare.
E, per finire, posso già annunciarvi che, salvo Apocalissi o
imprevisti, aggiornerò lunedì 26 luglio per
festeggiare con voi il mio primo compleanno nel fandom
di Merlin… con una nuova storia, che spero vi piacerà. ^^
Campagna di Promozione
Sociale - Messaggio No Profit:
Dona l’8‰ del tuo tempo alla causa
pro recensioni.
Farai felice
milioni di scrittori.
(Chiunque voglia
aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio crede) Come sempre, sono graditi commenti,
consigli e critiche.
Note: il seguente scritto inizia a
contenere lievi (e confusi XD) riferimenti slash; più avanti si avrà lo slash più definito.
Riassunto: Merlin
è abituato a salvare la vita all’Asino Reale senza che questi se ne accorga, ma
stavolta non tutto va per il verso giusto. Colpito dall’incantesimo del
malvagio Ardof, il nostro mago farà i conti con una
sconvolgente novità: egli si risveglia trasformato in una donna.
Solo Gaius conosce il suo segreto e, finché non
troverà il modo di tornare normale, dovrà inventarsi delle scuse plausibili e
prendere il posto di se stesso al servizio del principe. Come riuscirà a
conciliare questa ‘nuova situazione’? Come si evolverà il suo rapporto con
Arthur?
Grazie
di tutte le recensioni ricevute. *inchin*
Spero che la storia
rimanga all’altezza delle vostre aspettative!
Vorrei dedicarla a quelle
persone che hanno recensito il precedente capitolo:
Benzina, bilancina92, Orchidea
Rosa, lynch, _ichigo85_, Archagel06, saisai_girl, YukiEiriSensei, _Saruwatari_,
Tempest_the_Avatar, GiuLy93, damis, GiulyB, Dasey91, miticabenny, _Mars (ciao! Hai
ricevuto la mail di ringraziamento?), bollicina, Rinalamisteriosa
e chibimayu.
E a quanti commenteranno (SE vi
va di recensire anche dei capitoli più indietro di questo, il vostro parere non
andrà perduto!).
Ai vecchi e ai nuovi lettori.
Grazie.
The He in the She
(l’Essenza dentro l’Apparenza)
Capitolo XX
Quel lunedì, decimo giorno, Merlin si sentì finalmente orgoglioso
di sé, come non succedeva da tempo: si era infatti vestito
e fatto la treccia completamente da solo.
Seguendo passo passo i consigli
che Gwen si era premurata di insegnargli, aveva
piegato la magia al suo volere, in un risultato niente affatto male.
E, anche se era in un ritardo immane, nulla avrebbe scalfito
la sua fierezza.
Linette sorrise a se stessa riflessa
nel piccolo specchio e si diresse fuori, per fare colazione con il suo mentore.
“Cos’è quella cosa che ti penzola dal
collo? Uno scopettone?” le chiese Gaius,
quando uscì dalla cameretta, pronta di tutto punto.
L’euforia di Merlin si sgonfiò come una bisaccia bucata.
“La mia treccia, dite?” gemette. “Non va bene?”
“Solo se intendi pulirci i pavimenti!” lo canzonò il vecchio
medico, che poi però ebbe pietà del figlioccio e si offrì di rifargliela.
Appena ebbe finito, gli consegnò un tozzo di pane che il
ragazzo avrebbe mangiato strada facendo verso le cucine e lo spedì a svegliare
di fretta il principe.
***
Da una delle finestre del corridoio, Merlin guardava Arthur
che si allenava con i suoi uomini, dentro al campo dei combattimenti.
Ormai mancava poco alla Cerimonia di Investitura dei nuovi
cavalieri e al Torneo annuale che ne sarebbe seguito.
Il principe ci stava mettendo anima e corpo per prepararli
al meglio, per dare lustro all’onore e alla gloria di Camelot,
anche se poi si sapeva già che avrebbe vinto lui, perché era di gran lunga il miglior Campione della corte e di tutti i regni
confinanti.
Lo stregone, dal canto suo, pregava solo che l’Asino non si
facesse male, durante le prove o nelle gare vere e proprie. Ultimamente avevano
smesso di usare le armi da addestramento, e bastava davvero un nonnulla, un
attimo di distrazione, e ci si poteva ferire anche gravemente.
Quantunque, a ben vedere, quello era il male minore.
Erano trascorsi ben tre giorni dalla morte del cospiratore,
e di Ardof nessuna traccia.
Il mago continuava a tenersi vigile, ma era obiettivamente
impossibile restare attaccato al mantello del principe ogni minuto della giornata.
Per questa ragione era più sereno sapendolo laggiù, nell’arena,
dove poteva controllarlo con un’occhiata veloce, mentre compiva gli altri mille
incarichi che doveva portare a termine in qualità di valletto.
Quel Sir Martin, poi, sembrava che riuscisse a mettere il
suo signore seriamente in difficoltà. Era dai tempi dello scontro con Lancelot, che non vedeva quel ghigno soddisfatto – Merlin
riusciva a scorgerlo sin da lì – sul volto del suo padrone.
Arthur aveva trovato un avversario degno della sua
attenzione, dopotutto.
Questo lo avrebbe reso ancor più competitivo e assillante,
ma almeno sarebbe rimasto fuori dai guai, secondo lui. E tanto gli bastava.
A conferma dei suoi pensieri, l’erede al trono ingaggiò una
serie di affondi particolarmente ossessivi e sfiancanti, che alla fine soggiogarono
l’avversario.
Lo stregone li osservò terminare lo scontro, in cui il
principe aveva come sempre dominato, e ne apprezzò lo spirito sportivo, quando
lo vide allungare una mano per aiutare Sir Martin a rialzarsi da terra e
concludere il duello con un’amichevole pacca sulla spalla.
Istintivamente sorrise, orgoglioso di lui.
“E’ abile. Bisogna riconoscerlo.”
Il mago sussultò, spaventato dalla voce al suo fianco.
Lady Morgana gli si era affiancata, silenziosa, e lui non se
n’era minimamente accorto. Si rimproverò mentalmente per questo errore. Come aveva fatto a non sentirla?
E... se invece di lei...
ci fosse stato un nemico?
“Milady.” La salutò, chinando il capo, impacciato.
“Mio fratello ha un sacco di difetti, ma è un maestro
nell’arte della spada.” Ripeté ella, a beneficio della sua interlocutrice.
“Se lo pensate davvero, dovreste dirglielo, al mio padrone
farebbe sicuramente piacere ricevere il vostro elogio.” Le suggerì il servo,
con la prima risposta che gli venne in mente.
“Oh! Non sia mai!” rise l’altra, sistemandosi
uno dei riccioli mori dietro l’orecchio. “E’ già un principino boriosetto per conto suo, non
servono di certo le mie parole per renderlo ancor più presuntuoso!”
Anche Merlin, abbassando un po’ le sue difese, si ritrovò a
sorriderle, annuendo.
Gli mancavano quei momenti in cui, mentre era ancora
maschio, gli era stato concesso di scherzare con lei, benché non fossero mai
stati amici intimi.
Ora invece era tutto
più complesso, ricordò, preoccupato dei poteri latenti della strega.
Il valletto si mosse a disagio, quasi nervoso, rammentando i
suoi propositi di starle alla larga, e l’altra sembrò reagire di conseguenza e si
fece un po’ più seria, lanciando alla serva un lungo sguardo, in cui sembrava
quasi riuscisse a leggerle dentro.
“E’ difficile lavorare alle sue dipendenze.” Le disse di
colpo, come dato di fatto.
Lo scudiero sembrò riluttante a intavolare una conversazione
con lei, ma alla fine gli parve scortese non dare risposta. Stiracchiò le
labbra, pressoché inconsciamente.
“Alle volte è complicato,
ma in fondo ha un buon cuore.” Considerò, riferendosi al principe, non alla
situazione.
“Già.” Convenne la nobildonna.
“Ora devo andare. Scusate, Mia
Signora.”
Il servitore si piegò a raccogliere la cesta di biancheria
che stava trasportando, sperando di separarsi dall’altra prima che…
“Linette?”
“Mh?” egli si girò verso la donna.
“Mi rammarico che tu non sia potuta venire alla riunione di
sabato…”
Merlin si finse costernato. “Sì, è dispiaciuto moltissimo anche a me.”
“Ma comprendo che, quella battuta di caccia all’alce fuori stagione, fosse un evento più
unico che raro, perciò Arthur non ha potuto fare a meno di te…”
Battuta di caccia
all’alce?! Il principe era forse impazzito?
“Già, è andata proprio così.” Confermò, arrossendo di
vergogna.
Quella testa di legno!
Non poteva trovare una scusa un po’ meno idiota o palesemente falsa?
“Del resto noto che, sostituendo Merlin, tu sia diventata indispensabile per il mio
fratellastro.”
“Faccio del mio meglio.” Rispose, chinando il capo con
umiltà.
“Perciò, verrai sabato prossimo?” Morgana lo colpì a
tradimento.
“Sabato? Oh, no! No, no. No!” balbettò
lui, arrossendo. “Sabato prossimo non si può!”
“Perché?” si incuriosì l’altra.
“Perché… E’… è giorno di bucato!” improvvisò.
“Gwen non lava di sabato, lo fa il
martedì e venerdì.”
“Ma il principe è un disastro, sporca il doppio delle cose
che indossate voi, il sabato faccio il bucato raddoppiato!”
“Ah.” Sospirò Morgana,
non del tutto persuasa. “Vuol dire che, facendo un’eccezione, cambieremo giornata.
Il martedì?”
“Milady, vi supplico, no! Non datevi tanto disturbo per me,
vi scongiuro…”
“Il lunedì?” Insistette la protetta del re.
“Il lunedì raccolgo le erbe nei campi per Gaius, non… da mattino a sera!” precisò, a scanso di
equivoci.
“Ah, sì?” S’interessò la nobildonna. “E allora, ti prego, in
via del tutto eccezionale, di indicarmi un giorno a tuo favore, mia cara.”
Merlin sospirò mentalmente affranto, ma poi dovette
capitolare e cedette.
“Giovedì pomeriggio. Ho un
pochino di tempo libero. Ma poco poco. Pochissimo.”
“Oh, perfetto!” gioì, entusiasta, la protetta del re. “E non
mancare!” la minacciò scherzosamente. “Altrimenti verremo tutte ad insediarci
nelle camere di Arthur e costringeremo anche lui a partecipare!”
Il mago si figurò l’evento e le ripercussioni catastrofiche
che avrebbero avuto sull’umore del Somaro Reale e rabbrividì.
“Non mancherò!” giurò, mentre si allontanava da lei, e già
si angustiava su ciò che lo attendeva.
Se non altro, si
disse, in mezzo a tutte quelle dame,
Morgana non avrebbe potuto rivolgere a Lin domande troppo
personali o creare eccessivi danni. Bisognava però modellare un canovaccio
verosimile della sua vita precedente l’arrivo a Camelot,
ed aveva solo tre giorni per farlo.
Merlin non sapeva ancora che, sul più bello – si era infatti inventato una risposta adeguata per ogni possibile e
probabile quesito –, avrebbe ricevuto da Gwen
l’avviso che il raduno di ricamo era saltato a causa dell’indisposizione della
sua signora e sarebbe stato rimandato al giovedì successivo, per favorire nuovamente
la presenza di Linette.
***
Dopo l’incontro con Morgana, Lin
era corsa negli appartamenti del principe per sfuggire ad altri fatali incontri
e per portare avanti le sue mansioni. E anche per riflettere sullo scambio di
poco prima, a dirla tutta, ma – pur guardandola da ogni angolazione – non le
sembrava di aver detto nulla di compromettente, quindi si rilassò.
Forse si rilassò anche un po’ troppo, perché – distratta
com’era – aveva chiuso nel canterano, oltre ai vestiti puliti appena tolti
dalla cesta, perfino la punta della sua treccia.
Accorgersene fu doloroso e pure vagamente umiliante: non
aveva fatto neppure mezzo passo d’allontanamento che un violento strattone l’aveva
trattenuta.
Il mago, poverino, aveva guaito per la sofferenza e,
imprecando sonoramente contro Ardof e il Destino,
aveva riaperto il cassetto-trappola, constatando che il laccio si era sfilato e
il nodo si era sciolto.
Merlin sospirò esasperato. Girare così per il castello era
fuor di discussione.
Ma francamente non aveva il coraggio di tornare a casa, per chiedere
a Gaius di rifargliela.
Sicuramente il vecchio maestro lo avrebbe aiutato, però lo
avrebbe fatto solo dopo averlo deriso, prendendosi gioco di lui. E lo stregone
non voleva che accadesse.
Il suo secondo pensiero fu di chiedere all’amica, maGwen era sicuramente con
Lady Morgana in quel momento. E non poteva assolutamente andare a chiamarla.
Non gli restava altro che doversi arrangiare. In qualche modo.
***
Checché ne dicesse il
guaritore di corte, a lui quell’intreccio pareva più che dignitoso.
Merlin controllò il proprio operato nel grande specchio del
principe e decise con sollievo che poteva andare, visto che i dieci tentavi
precedenti – con un centinaio di capelli strappati – erano finiti a vuoto.
E adesso doveva affrettarsi, perché era nuovamente in
ritardo su tutto.
Benché Gaius, a suo tempo, gli
avesse severamente proibito di usare la magia per delle faccende di poco conto
– e lui generalmente gli avesse dato retta –, da quando si era trasformato in Linette aveva fatto ampio uso di incanti magici, per impressionare
favorevolmente l’Asino e farsi assumente a pieno servizio e per compensare
l’aggravio dovuto alle gonne e al disagio complessivo.
Certo, non poteva fare tutto
magicamente, perché era davvero troppo rischioso.
Perciò, ripromettendosi mentalmente di diminuirne l’uso con
equilibrio, riordinò il letto sfatto e i tendaggi del baldacchino con due
incantesimi di fila.
Riempì, con un terzo sortilegio, metà della vasca che
sarebbe servita dopo e ordinò a due scope di spazzare la pavimentazione, mentre
lui si accingeva a richiamare a sé lo spazzolone per lavarla.
***
Lin se ne stava china sul pavimento
delle stanze del principe e strofinava energicamente per terra.
Per questa ragione non si accorse subito della nuova
presenza che era entrata, se non nel momento in cui il portone sbatté di
malagrazia, chiudendosi, e facendola sussultare.
“Sire!” esclamò allora, quando all’improvviso Arthur comparve
dinnanzi a lei. “Che ci fate qui?”
“Generalmente qui ci
vivo.” Le rispose, di malumore.
Merlin abbandonò momentaneamente il bruschino e, infastidito
da una ciocca che gli penzolava davanti al naso, se la tirò all’indietro.
“No… intendevo… a quest’ora non dovevate essere ancora all’allenamento?”
“Ha iniziato a piovere, abbiamo sospeso.” Brontolò l’erede
al trono, lanciando uno sguardo torvo in direzione della finestra. “Nel bel mezzo del mio duello, per giunta.”
Lo scudiero avrebbe dovuto ricordargli che il suo duello durava solitamente per
tutta la sessione d’allenamenti, per diverse veglie, e che la pioggia non
badava di certo ai regali comodi suoi. Ma se lo tenne
per sé.
“Quindi…” si risolvette, asciugandosi il sudore che gli
imperlava la fronte. “Volete che vi prepari il bagno?” gli chiese, sollevandosi
in ginocchio dalla posizione a carponi.
Fu allora che si accorse che Arthur lo guardava in modo
strano.
“Oh! Ma tu, tu…!”
si animò il nobile, allargando le pupille. “Incredibile!” esclamò,
sorpreso.
“Eh?” il servo ondeggiò, a disagio.
“Alt! Non ti
muovere!” Gli ingiunse, come se avesse avuto un’improvvisa folgorazione, mentre
sul suo aristocratico volto la meraviglia lasciava posto ad una neonata
comprensione.
“Maestà?” il mago lo scrutò dubbioso, e vagamente
sconcertato, mentre il principe gli si avvicinava e si piegava sui talloni
davanti a lui.
Allorché il suo signore allungava piano le mani verso il suo
viso, Merlin si ritrovò a deglutire a vuoto, ascoltando il cuore battere
forsennato, per una ragione che non comprendeva. Stupore, forse?
“Ma-ma che…” balbettò, sentendo le
guance andare a fuoco.
“Shhh…” sussurrò l’altro,
accarezzando con cautela gli zigomi, quasi fosse stata una creatura rara, da
non spaventare.
Arthur sorrise alla sua valletta, sfiorandole con gli indici
la punta delle orecchie.
“Mai vista cosa più strana! Allora è davvero un difetto di famiglia!” esclamò, ridendo
divertito.
Fu come cadere in una
vasca gelata.
Merlin boccheggiò, mescolando lo smarrimento che sentiva
dentro a qualcosa che non avrebbe mai chiamato delusione.
Si ritrasse di colpo da quel contatto, come se fosse stato
ferito.
Imbronciandosi, offeso, sussurrò: “N-non
sono un fenomeno da baraccone...”
L’erede al trono si lasciò scivolare a terra, completamente
dimentico dell’irritazione per le esercitazioni saltate. E fissava con un’insistenza
rasente la maleducazione i lati della testa della sua serva.
“Oh, dai, non ti arrabbiare!” la blandì, increspando le
labbra.
Il mago stava per dirgli il fatto suo, perché non avrebbe
tollerato di venir ancora deriso, non dopo la delusione appena ricevuta da lui,
in quello che... in quello
cosa? Si ammonì. Non era successo niente, non doveva succedere niente! Quello lì era l’Asino. Lasciamolo ragliare,
così la smetterà in fretta. Si suggerì.
“Sei arrabbiata?” s’interessò il
principe, senza smettere di sorriderle.
Linette scosse il capo, negando.
Ma non si fidò a rispondere a voce, perché se avesse aperto la bocca gli
avrebbe detto come la pensava sul serio.
“Mi piacciono.” Riprese il nobile, a sorpresa. “Anche quelle di Merlin.
Sono buffe, ma piacevoli. Danno carattere.”
“Smettetela di burlarvi di me, è la peggior scusa che io
abbia mai sentito!” sbottò lo stregone, irritato.
“Oh, Lin-Lin!” rise lui, chiamandola
così per imbonirla. “Fra noi due, quello suscettibile non dovrei essere io?”
Fu allora che Merlin si lasciò scappare un piccolo sorriso,
annuendo. “Certo! Perché siete un
Asino, anche se di quelli reali!” lo punzecchiò.
Arthur fece una smorfia, un po’ meno allegra. “Tu e tuo
cugino condividete troppe cose…”
“Voi avete chiesto, e io ho risposto.” Ribadì il servo,
riacquisendo un po’ di terreno.
“Orecchie grandi e lingue lunghe. Ecco cosa siete!” brontolò l’erede al trono, risollevandosi da
terra.
La sua valletta lo imitò, anche se non aveva ancora
terminato di lucidare i pavimenti.
Di sfuggita, ella intravide la propria immagine allo
specchio. Gwen sarebbe morta di disonore, se fosse stata
al suo posto, considerò, realizzando che, nella
foga di pulire, le si era allentata la treccia, e le sue prominenze –
solitamente ben celate nell’acconciatura stretta – spuntavano vistose tra i
capelli.
Pazienza.
Adesso che anche il
Nobile Somaro le aveva viste, ormai il danno era fatto, e non aveva più senso
impazzire per nasconderle.
E, stranamente, si sentì più leggero.
Continua...
Disclaimer:I
personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma
di lucro, da parte mia.
Ringraziamenti:
Un abbraccio a Tao, che sopporta i miei scleri. X3
Note:
Ok, parto da quello che, ne sono certa, vi sta più a cuore: quando avremo il Merthur?
Come ho detto nell’avviso iniziale, il nostro povero,
scombussolato Merlin comincia a sentire qualcosa
che non dovrebbe per il suo principe.
E’ qualcosa di inconscio, che sta pian piano riaffiorando e
non si può arrestare.
Per adesso, Merlin cerca di negare e fa finta di nulla. Illuso.
Per di contro, Arthur si ritroverà a fare i conti con Linette e con certi turbamenti che, da bravo Asino, anche
lui negherà di avere.
E’
bene chiarire perciò che, se si guarda dal POV di Merlin, presto
lui si accorgerà che prova dei sentimenti per il principe e lì inizia lo slash (Merlin è rinchiuso in un corpo di donna, ma rimane
un maschio che si scopre innamorato di un altro maschio).
Questa fase però, vista dal POV di Arthur, è HET, non può essere altrimenti.
Lui vede in Linette tutto ciò che ama di Merlin e in
più lei è donna, perciò non deve neppure farsi scrupoli da “un cavaliere non
ama un altro maschio”.
Prima della fine della fic, comunque, voglio
rassicurare che avremo lo slash.
Ho reso bene la delusione di Merlin? Chissà cosa si
aspettava che capitasse… ma non
potevo non inserire le sue enormi orecchie almeno in un capitolo! XD
E ora avete finalmente la spiegazione del perché Merlin non
si vestisse da solo, con la magia, fin da subito. Sperava che Linette restasse poco, e non voleva studiare formule
inutili, perché era già troppo preso da altre faccende più serie… e non
dimentichiamo che nel primo capitolo lui e Gaius
avevano detto a Guinevere che Linette non era avvezza
ad abiti, acconciature e usanze di corte!
In realtà, la presenza mattutina di Gwen
mi è servita per altri scopi di trama, così come il fatto che lei torni a
tradimento per acconciare i capelli, obbligando il mago a dormire ancora con
abiti femminili. Senza saperlo, Gwen gli ha fatto un
mezzo favore, credetemi! (ma solo mezzo… non di più.)
E che ne dite di Morgana?
Vi ricordo che, i Raduni di Cucito a Camelot,
io li immagino come dei pigiama-party del Medioevo! XD
Precisazioni al
capitolo precedente e domande varie: (a random)
- Sì, senza dubbio Merlin ha più vantaggi come donna, e
potrebbe decidere di non tornare in sé! XD
- Il fatto che Arthur si sia permesso di sollevare Linette per i fianchi è meno scandaloso di quello che sembra.
Nel telefilm si vede, in più occasioni, che il principe
(soprattutto, ma non solo) solleva o afferra varie dame per aiutarle a salire o
scendere da cavallo, perciò non credo fosse da considerarsi un comportamento
disdicevole da parte sua; per Merlin, invece, temo sia stato imbarazzante! ^.^
- Uhhh… il comportamento di Gwen scatena in voi reazioni contrastanti, eh? (o la si
ama, o la si odia…)
Nell’anticipazione
abbiamo una nuova avventura: uno dei capitoli che amo di più in assoluto.
Mi sono divertita da
matti a scriverlo, è uscito lunghissimo e lo dividerò in tre parti.
Vi dico solo una cosa: Arthur, quella mattina, invece di
svegliarsi con la voglia di andare a caccia, avrebbe fatto meglio a girarsi
dall’altra parte e riprendere a dormire!
Lin, aprendo gli occhi e trovando il suo
signore lì, di fronte a sé, scattò a sedere, guardandosi attorno spaesata.
“Maestà!” ansimò, scombussolata. “Va a fuoco il castello?!”
domandò, senza accomodare la veste che Gwen le aveva
fatto comprare per costrizione.
Guardandole il seno
che si intravvedeva dalla scollatura slacciata, per la prima volta da che era
sgattaiolato lì, il principe realizzò che, forse, non era stata un’idea veramente geniale
recarsi lì dentro, come gli era parsa così, su due piedi, quando l’aveva
formulata.
Un’ultima cosa: un
grazie enorme a chi ha letto e commentato la mia fic
“Truelove’skiss”, sono davvero contenta che vi
sia piaciuta! Vi confesso che siete riusciti a commuovermi, con tutto
quell’affetto ed entusiasmo! ^////^
La storia è ambientata durante la prima sessione di riprese
della terza stagione del telefilm “Merlin” e prende spunto da alcune
discussioni riportate da chi ha presenziato alle registrazioni al castello.
“Finiranno mai di
inventare cose su di noi?”
Un grazie di cuore a chi
commenterà.
Infine: Ho raggiunto
stamattina le 270 preferenze come autrice tra gli utenti di EFP, e molti
vengono da questo fandom.
Grazie della fiducia. *inchin*
Campagna di Promozione
Sociale - Messaggio No Profit:
Dona l’8‰ del tuo tempo alla causa
pro recensioni.
Farai felice
milioni di scrittori.
(Chiunque voglia
aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio crede) Come sempre, sono graditi commenti,
consigli e critiche.
Nuovo traguardo da condividere con voi: questo è il 301° capitolo che
carico su EFP
Nuovo traguardo da condividere
con voi: questo è il 301° capitolo che carico su EFP!
(Sì, ho voluto superare la
soglia, prima di dirlo, per scaramanzia… XD)
E un
grazie di cuore a tutti quelli che mi hanno fatto gli auguri di compleanno!
^__^
Note: il seguente scritto inizia a
contenere lievi (e confusi XD) riferimenti slash; più avanti si avrà lo slash più definito.
Riassunto: Merlin
è abituato a salvare la vita all’Asino Reale senza che questi se ne accorga, ma
stavolta non tutto va per il verso giusto. Colpito dall’incantesimo del
malvagio Ardof, il nostro mago farà i conti con una
sconvolgente novità: egli si risveglia trasformato in una donna.
Solo Gaius conosce il suo segreto e, finché non
troverà il modo di tornare normale, dovrà inventarsi delle scuse plausibili e
prendere il posto di se stesso al servizio del principe. Come riuscirà a
conciliare questa ‘nuova situazione’? Come si evolverà il suo rapporto con
Arthur?
Grazie di tutte le recensioni ricevute. *inchin* Spero che la
storia rimanga all’altezza delle vostre aspettative!
Vorrei dedicarla a quelle
persone che hanno recensito il precedente capitolo:
bilancina92, miticabenny, YukiEiriSensei, Archagel06,
angela90, Benzina, _Saruwatari_, Dasey91, chibimayu, Aleinad (Ciao!
Benvenuta!^^ grazie per le tue bellissime parole, spero che la fic continui a piacerti), Orchidea Rosa, LaTuM, damis, saisai_girl,
GiulyB, Tao, mistica, _ichigo85_, bollicina, GiuLy93,
mindyxx e Rozalia.
E a quanti commenteranno (SE vi
va di recensire anche dei capitoli più indietro di questo, il vostro parere non
andrà perduto!).
Ai vecchi e ai nuovi lettori.
Grazie.
TheHe in the She
(l’Essenza dentro l’Apparenza)
Capitolo XXI
Erano più di due settimane, che il principe non perdeva
occasione per trascinarsi la sua entusiasmata
valletta a caccia. La stagione venatoria era particolarmente propizia, quell’anno,
e lei sembrava finalmente dargli le
soddisfazioni che col suo cugino idiota
non aveva mai avuto.
Ma non era ancora l’alba, quel dì, e Merlin dormiva il
meritato ‘sonno dei giusti’, benché fosse un sonno alquanto agitato.
“No… no, Sire… la gogna… di nuovo… no!” piagnucolava, in
quello spiacevole delirio onirico.
Arthur squadrò Linette alquanto
sorpreso.
Ignorava il fatto che la sua presenza popolasse gli incubi
della sua serva. Soprattutto considerando che lui non l’aveva mai messa alla
gogna, fino a quel momento.
Ad ogni modo, riacquisendo l’aria furtiva con cui era giunto
fin lì, le toccò una spalla per destarla.
La ragazza, però, continuando a mugugnare, si girò
dall’altra parte, borbottando un assonnato “Gaius…
ancora… due minuti… per pietà…”
Ma Arthur non era Gaius, e non si
fece impietosire. La scrollò di nuovo, stavolta meno gentilmente.
Lin, aprendo gli occhi e trovando
il suo signore lì, di fronte a sé, scattò a sedere, guardandosi attorno
spaesata. “Maestà!” ansimò, scombussolata. “Va a fuoco il castello?!” domandò,
senza accomodare la veste che Gwen le aveva fatto
comprare per costrizione.
Guardandole il seno che si intravvedeva dalla scollatura
slacciata, per la prima volta da che era sgattaiolato lì, il principe realizzò
che, forse, non era stata un’idea
veramente geniale recarsi lì dentro, come gli era parsa così, su due piedi,
quando l’aveva formulata.
Si raschiò la gola tossendo, distogliendo lo sguardo da lei,
e lanciando un’occhiata vaga al caos mostruoso che regnava tutt’attorno.
Anche in quello,
si accorse, Lin era identica a Merlin.
“Uhm… no, veramente no. Non brucia niente. Volevo andare a
caccia e sono venuto a chiamarti.” Le spiegò, decidendo che le aveva concesso
abbastanza tempo per rendersi presentabile e che quindi poteva tornare a
guardarla senza pudori.
Linette però era rimasta ferma,
tale e quale. Con i capelli sciolti e la spallina della camicia da notte che
penzolava dalla spalla. “Caccia?” ripeté ella, strofinandosi il viso minuto in
modo poco femminile. “Ma Sire! Non è neppure l’alba!” protestò, sbadigliando,
senza mettersi una mano davanti alla bocca.
“Esattamente.” Concordò lui, in un tono forzatamente
entusiasta. “E quando le prede usciranno dalla tana, noi saremo già lì ad
attenderle.” La persuase, muovendo le sopracciglia in modo significativo.
Ed era un peccato che la sua interlocutrice fosse così
insonnolita da non cogliere quelle sottigliezze; la sua regale arguzia,
purtroppo, veniva in tal modo irrimediabilmente sprecata.
“Forza, alzati e vestiti!” le ingiunse. “Ti… ti aspetto
fuori casa.”
Merlin scosse il capo, facendo ondeggiare i lunghi capelli
sciolti.
“Sire, temo sarebbe alquanto compromettente per voi, se le
guardie reali vi scoprissero qui davanti a quest’ora.” Gli appuntò. “Potete
aspettarmi di là, anche se Gaius sta dormendo…”
Arthur dimostrò immediatamente la sua ritrosia. “Ma… quello
sul letto dell’infermeria non è Sir Leonard?”
“Sì, Maestà. Non abbiamo ancora capito cos’abbia. Il
poveretto soffre di terribili febbri…”
Il principe allora ansò. Poi tossì il suo nervosismo.
“Preferisco dover affrontare le allusioni delle mie guardie, piuttosto che…”
“D’accordo, Vostra Altezza.” Eruppe il mago, alla fine.
“Potete restare qui. Ma abbiate la decenza di voltarvi mentre mi preparo.”
E prontamente l’erede al trono si girò di schiena e,
afferratala malamente, si stravaccò sull’unica sedia della stanza, fissando con
interesse le crepe del muro spoglio di fronte a lui. Ma il silenzio gli pesava.
Minuto dopo minuto. E i movimenti attutiti di lei non aiutavano a placare la
sua fantasia, così vivacemente incagliata nel ricordo recente e vivido della
veste scollata.
Tossicchiando per l’ennesima volta, propose un “Gradirei che
Merlin non venisse a sapere di questo
fatto.”
“Io gradirei che nessuno
lo venisse a sapere, Sire.” Precisò l’altra, cercando a tentoni la propria
bandana. “Ora potete girarvi.” Gli disse, ricevendo in cambio un sospiro che
sapeva di… di sollievo?
Arthur osservò la propria attuale valletta personale, vestita con gli abiti del suo precedente valletto personale, e
boccheggiò. Con i capelli ancora dentro alla maglia da sembrare quasi corti, il
profilo di Lin era identico a quello di Merlin.
Per un istante, il
nobile fu quasi certo che davanti a lui ci fosse il suo servo idiota, non sua
cugina.
Poi però il momento svanì e lui si diede dello sciocco.
Probabilmente era colpa della penombra che giocava strani scherzi, oppure del
sonno, o dell’ora bizzarra.
“A-andiamo?” domandò,
meravigliandosi del suo tono incerto che stupì pure se stesso.
Mentre Linette cercava di farsi
una treccia approssimativa, gli lanciò una scarsa polemica. “Io preferirei che
tornassimo a letto, ma se ci tenete tanto… andiamo.”
Concesse.
Fu solo dopo averla detta, che i sottintesi di quella frase
divennero palesi.
Merlin arrossì di botto, fingendosi impegnato a cercare
chissà cosa sotto al materasso, per nascondere l’incredibile imbarazzo e il
principe, non sapendo bene come rispondere a dovere, lo aveva preceduto fuori
da lì, incurante del paziente infermo che, in quel momento, era diventato il
male minore per lui.
***
Quel giorno di caccia era stato fin troppo tranquillo, quasi
noioso.
Arthur aveva ucciso già cinque lepri senza la minima fatica
e si era lamentato che così non c’era
gusto.
Merlin comunque si era guardato bene dal consigliargli di
tornare a casa, benché si fossero allontanati parecchio da Camelot
– complice la bella giornata dopo tanta pioggia e la voglia di rimanere ancora
nei suoi comodi abiti per un po’.
Ad un certo punto, però, mentr’erano in mezzo al bosco,
sentirono un grido femminile raccapricciante.
Il principe, allarmato, si voltò sulla sella verso Linette e le intimò di stare attenta: “Resta qui, fuori dai
guai!”
Ma l’urlo atroce si ripeté e lui, senza attendere risposta
dalla valletta, lanciò il cavallo al galoppo.
Merlin, come ovvio, non pensò minimamente ad assecondarlo e
gli andò dietro, benché altrettanto agitato e con i sensi all’erta.
Il rumore, scoprirono, proveniva da una casa di legno, una
cascina.
Era seminascosta dalla folta boscaglia e solo all’ultimo la
si scorgeva, dietro una collinetta.
Mentre smontavano da cavallo e si armavano in fretta – non
prima che il giovane Pendragon l’avesse fulminato con
un’occhiataccia per la sua disubbidienza – lo strepito si ripeté, più
angosciante perché ravvicinato.
Che ci fossero dei
banditi? Dei malintenzionati di passaggio? O un marito violento?
Lo stregone temette il peggio, per quella donna che forse…
Il principe non gli diede modo di riflettere oltre, perché
se lo trascinò dietro nell’ispezione che dovevano fare, percorrendo – accucciati
e guardinghi – il perimetro dell’umile edificio.
Niente. Nessun
segno di effrazione o di attacco estraneo. Ma
forse il pericolo era dentro...
E l’ennesimo gemito disumano lo confermò. Dio, la stavano torturando?
Arthur entrò com’era nel suo stile, abbattendo la porta con
la spada sguainata, pronto a difendere l’indifesa… donna sul letto.
C’era solo una donna nella stanza, raggomitolata su un
giaciglio malconcio, in evidente stato di gravidanza e di dolore.
Merlin entrò dopo di lui, ingoiando – a quella vista – qualunque
cosa stesse per dire.
Capirono all’istante cosa stava avvenendo, tuttavia la cosa
non li rincuorò.
Per pura, superflua precauzione, l’erede al trono fece il
giro delle due minuscole stanze in perlustrazione, ma non v’erano nemici né
pericoli.
Il mago intanto si era chinato al fianco della partoriente, spaventata
e stordita dalla loro invasione e dalla sofferenza che sembrava provare.
“Signora… mi sentite?” le disse, in tono calmo e
rassicurante.
Ella sbatté le palpebre, per metterlo a fuoco, rantolando
ansimi angoscianti.
“Non… non abbiate timore,” la incoraggiò. “Non vogliamo farvi
del male.”
Dopo aver atteso un cenno del capo da parte della contadina,
egli proseguì. “Mi chiamo Linette, ed egli è il
principe Arthur Pendragon. Qual è il vostro nome?”
La poveretta lanciò uno sguardo stralunato all’uno e
all’altra, poi si inumidì le labbra riarse e sussurrò: “Suzanne.”
“Oh, è un piacere conoscerti,
Suzanne.” S’intromise il Regale Asino, senza tante cerimonie. “Di grazia, dov’è
il tuo sposo?”
La donna lanciò un grido lancinante che fece rabbrividire
entrambi; poi, spossata, spiegò loro che il parto era prematuro di quasi un
mese, e che la comare che avrebbe dovuto assisterla ovviamente non sarebbe
arrivata prima della prossima luna crescente.
Perciò suo marito, Sigmund, era andato a piedi a chiamare la
levatrice nel villaggio più vicino.
‘Vicino’ era un
eufemismo, visto che erano in mezzo al nulla!, si disse Merlin, ma era
certo che anche il suo signore pensasse la stessa cosa, considerando l’espressione
sconcertata sul nobile viso.
La strada inoltre era impraticabile col carro, a causa delle
piogge torrenziali dei giorni scorsi.
Spostarla da lì era
impossibile.
“Se ha le doglie dall’alba…” ponderò lo stregone,
preoccupato. “Temo che… chenon manchi
molto.”
Il principe ingoiò un’imprecazione.
Oh, fantastico!
Fantastico!
Una partoriente, in
procinto di scodellare, tutta sola. Completamente sola.
Arthur avrebbe preferito combattere contro un’intera banda
di criminali o qualche mostro magico, piuttosto.
E non sembrava certo che la sua serva fosse molto più
entusiasta di lui.
Facendole un cenno con la testa mentre rinfoderava la spada,
egli si fece seguire fuori dalla casupola, nell’aia antistante.
“Se è davvero partito alle prime luci, suo marito oramai
sarà di ritorno, è questione di poco.” Premise, come se volesse illustrare alla
sua servitrice un piano di guerra. “Non dobbiamo necessariamente aiutarla… Le
femmine hanno sempre partorito da sole,
fin dalla notte dei tempi!”
Merlin lo squadrò sconcertato. “Solo gli animali lo fanno,
non le donne!”
“Non importa! Lasceremo che la Natura faccia il suo
corso!” reiterò il nobile, ansioso di andarsene. “E tutto andrà benissimo!”
“Oh, benissimo!”
gli fece il verso la ragazza. “Avete una vaga idea di quanta gente muoia
durante il pa-”
Arthur lo fulminò con lo sguardo e lo stregone si zittì di
colpo.
“Perdonate.” Biascicò poi, muovendosi a disagio sull’erba
del prato. “Ma non ho intenzione di abbandonarla al suo destino!” precisò
battagliero, qualche istante dopo, ritornando dentro per assistere la donna
sofferente.
Il principe inveì tra sé e rimpianse di non essersi girato
dall’altra parte del letto quando, quel mattino, gli era nata quella bizzarra
idea, fuori programma, di andare a caccia.
Ma a questo punto erano lì, e la sua valletta si aspettava
una risposta appropriata da lui.
D’accordo. Qualcuno
doveva prendere in mano la situazione, no?
“Linette!” esclamò solenne,
rientrando anch’egli, rivolgendosi alla sua servitrice che stava passando una
pezzuola umida sul viso stravolto della signora.
“Sire?”
“Occupatene tu!” le ordinò, perentorio. “Io sono un
cavaliere! Io uccido Grifoni! Io combatto Bestie Erranti! Io non faccio nascere
bambini! E’ una cosa da donne! Sì, Linette, occupatene tu!” ripeté, risoluto.
Merlin strabuzzò gli occhi.
“Siete per caso impazzito?!” saltò su, fronteggiandolo.
E Suzanne gemette nuovamente con alte grida, ma a quel punto
nessuno dei due le dava retta, mentre discutevano a gran voce.
“Tu sei l’apprendista del medico di corte e sei una ragazza,
avrai già avuto queste esperienze al villaggio!” le sputò contro l’Asino Reale.
“No che non le ho avute! Ci sono le levatrici, per queste
occasioni!” gli abbaiò addosso, infervorandosi. “E comunque ne ho assistito
solo uno, parecchio tempo fa, aiutando Gaius!” il
principe era così concentrato e preoccupato che non si accorse della gaffe di
Merlin. Altrimenti avrebbe potuto chiedergli dove e quando. “E ho passato tutto
il tempo a bollire acqua nella stanza accanto, perciò-”
“Scu-scusate…” ansimò Suzanne,
interrompendoli. “Ma i-io credo che…” interruppe la frase, piegata in due dal
dolore e dall’urlo che fuoriuscì.
Arthur sventolò una mano fra sé e Linette.
“Come dicevo… Non è opportuno che io resti qui. Un uomo non
deve…” e indietreggiò piano, verso l’uscita scardinata.
Merlin gli afferrò il mantello, strattonandolo. “Non osate abbandonarmi
qui, intesi?!”
L’erede al trono sgranò gli occhi, impressionato da quel
ruggito.
“Io veramente… Il marito!” esclamò. “Andrò a cercare il
marito e la levatrice! A cavallo, ci metteremo molto meno tempo!”
“Col cavolo!” sibilò il mago, rafforzando la stretta sulla
stoffa che li teneva uniti.
“Linette!” si scandalizzò il
nobile. “Una fanciulla non dovrebbe-”
Un altro grido disumano di Suzanne li interruppe, facendoli
azzittire.
“D’accordo. Non mi muovo.” Esalò il principe, alla fine. “Ma
non voglio altre madri sulla coscienza.” Si lasciò sfuggire.
Il servo gli lanciò uno sguardo comprensivo. Poteva intuire il suo disagio, però… aveva davvero bisogno di lui.
“Insieme ce la caveremo, vedrete.” Lo rincuorò,
dimostrandosi più sicuro di quanto in realtà non fosse. “E ora datevi da fare,
c’è un fuoco da accendere e dell’acqua da far bollire, dei panni puliti da
cercare… fingete di essere bivaccato in un accampamento e che il vostro incompetente
valletto sia sparito, come sempre, quando avete bisogno di lui…” scherzò, per
stemperare l’ansia.
Arthur stiracchiò le labbra in riflesso.
“Questo non mi è difficile immaginarlo.”
“Bene!” ne convenne, un po’ meno entusiasta della
suddivisione dei lavori che si era dato egli stesso. “E ora io, che sarei la donna, vado ad occuparmi di
questioni da donne…”
“Oh, adesso sì che si ragiona!” si esaltò Sua Maestà,
afferrando frettolosamente un secchio vuoto, smanioso di andarsene da lì. “Il
pozzo, grazie a Dio, è dietro la casa!”
Merlin lo osservò allontanarsi con una contentezza quasi
fuori luogo e sbuffò, scuotendo il capo.
Oh, dannazione! Sempre
a lui i lavori più ingrati, eh?
Continua...
Disclaimer:I
personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma
di lucro, da parte mia.
Ringraziamenti:
Un abbraccio a Tao, che sopporta i miei scleri. X3
Note: D’accordo.
Probabilmente è una precisazione inutile, ma sento il bisogno di spiegare il
perché del comportamento assai poco nobile di Arthur.
Secondo me, ci sono due ragioni ben precise: la prima è che
lui non ha mai superato la morte della madre, di cui si ritiene responsabile e
si colpevolizza. (E’ impossibile non pensarlo, dopo il suo sfogo della seconda
serie, no?).
Io sono convinta che tutta la faccenda “nascita e parto”
siano per lui un tabù. Per questo, preso dal panico, per prima cosa pensa di
scappare a gambe levate da lì. Ma ho la certezza che alla fine non l’avrebbe
mai fatto. Se anche Merlin l’avesse assecondato, anziché opporsi a lui, io
credo che il principe sarebbe tornato sui suoi passi. Magari avrebbe fatto
anche 100 metri
in fuga, ma poi avrebbe fatto retromarcia. Non avrebbe mai lasciato
deliberatamente una persona in difficoltà al suo destino. Punto.
Secondariamente (e qui mi sono fatta un mazzo tanto così,
documentandomi ovunque), bisogna analizzare il concetto di ‘parto’ nel suo
contesto medievale. Nessun uomo si sarebbe MAI sognato di avvicinarsi ad una
partoriente di sua volontà, il parto era una prerogativa esclusivamente
femminile. I medici maschi intervenivano solamente in rarissimi casi di
gravità.
La gravidanza veniva considerata alla stregua di una
malattia e quindi bisognava stare alla larga dalle donne incinte, almeno fin
dopo la loro purificazione.
Beh, ho immaginato che l’Asino non fosse immune dalla
mentalità dell’epoca, tanto più essendo un nobile, perché nelle corti queste
cose venivano estremizzate.
Ma poi i fatti prendono il sopravvento, e a lui non resta
che adeguarsi! ^__= (insomma: è un idiota, ma dal cuore tenero!), in tutto
questo mi vien da dire: per fortuna che c’è Merlin!
L’argomento “Due disgraziati che, loro malgrado, devono
assistere ad un parto” è un tema che ho già trattato secoli orsono, con mio
grande divertimento, su di un altro fandom.
Questa, in realtà, sarebbe la terza volta, ma la seconda fic non l’ho mai pubblicata, perciò non vale.
(E di sicuro non sarà l’ultima, visto che sono circondata da
donne gravide che stimolano la mia vena ispirativa
XD).
Precisazioni al
capitolo precedente e domande varie: (a random)
- L’accettazione dei rispettivi sentimenti per i due pucci non sarà lineare, perché credo che sia l’evoluzione
più realistica; perciò avremo ancora dei capitoli di involuzione o di
stallo, mescolati alla naturale prosecuzione.
- Morgana ha atteso Linette allo sbarco, e presenziare sarà
inevitabile, stavolta XD
Morghy è stata molto insistente
con Lin per una ragione ben precisa. Ma non ve la
dico, la leggerete nei capitoli dedicati al Raduno di Cucito (che arriveranno
presto^^).
E non posso anticiparvi nulla: posso solo dire che, a lei, Linette sta simpatica e che considera una buona cosa la
vicinanza della valletta ad Arthur, magari il suo fratellastro si ammorbidirà
un po’.
- Sì, il momento ‘pulizia della camera’ è d’ispirazione
disneyana, dalla Spada nella Roccia.
- Ebbene, Merlin dorme ancora vestito da donna, perché teme
gli agguati di Gwen XD
E tutta la manfrina del ‘vengo a tradimento e ti (ac)concio io’ della cara
Guinevere, è servito solo al puro scopo di far intravedere la scollatura di
Merlin ad Arthur. Ebbene sì, sono contorta! XD
- Vorrei precisare che Arthur è un asino, ma la sua patetica
scusa sulla “caccia all’alce fuori stagione” è volutamente una sua scelta idiota. Come hanno ipotizzato alcune di
voi tra i commenti, il pretesto è penoso, perché il principe ha lanciato alla
sorellastra un messaggio diverso e ben preciso: Linette
è la sua serva e gliela concederà in prestito solo se andrà a lui… insomma,
Arthur ha volutamente fatto un dispetto a Morgana (assicurandosi che lei lo
colga) e nel contempo ha messo in chiaro le cose.
Sto letteralmente facendo i salti mortali per riuscire ad aggiornare
oggi, ma mi dispiaceva lasciare i fans di Linette a bocca asciutta fino a
lunedì
Sto letteralmente facendo i salti mortali per riuscire ad
aggiornare oggi, ma mi dispiaceva lasciare i fans di Linette a bocca asciutta fino a lunedì. Buona lettura!
Note: il seguente scritto inizia a
contenere lievi (e confusi XD) riferimenti slash; più avanti si avrà lo slash più definito.
Riassunto: Merlin
è abituato a salvare la vita all’Asino Reale senza che questi se ne accorga, ma
stavolta non tutto va per il verso giusto. Colpito dall’incantesimo del
malvagio Ardof, il nostro mago farà i conti con una
sconvolgente novità: egli si risveglia trasformato in una donna.
Solo Gaius conosce il suo segreto e, finché non
troverà il modo di tornare normale, dovrà inventarsi delle scuse plausibili e
prendere il posto di se stesso al servizio del principe. Come riuscirà a
conciliare questa ‘nuova situazione’? Come si evolverà il suo rapporto con
Arthur?
Grazie di tutte le recensioni ricevute. *inchin* Spero che la
storia rimanga all’altezza delle vostre aspettative!
Vorrei dedicarla a quelle
persone che hanno recensito il precedente capitolo:
Angela90 (Come va con la
connessione?), _Mars, Orchidea Rosa, damis, _AZRAEL_ (Grazie ancora, per tutti i commenti che
hai lasciato!), mindyxx, Dasey91, saisai_girl,
Aleinad, lynch, kokuccha (Ciao^^ Grazie per aver deciso di recensirla,
spero continuerai a seguirla!), chibimayu, LaTuM, YukiEiriSensei, _Saruwatari_, Tao, miticabenny, Rozalia, GiulyB, _ichigo85_ e bilancina92.
E a quanti commenteranno (SE vi
va di recensire anche dei capitoli più indietro di questo, il vostro parere non
andrà perduto!).
Ai vecchi e ai nuovi lettori.
Grazie.
TheHe in theShe
(l’Essenza dentro l’Apparenza)
Capitolo XXII
Rimboccandosi le maniche della tunica, Merlin si riappressò
al letto su cui stava la partoriente.
“Vi chiedo perdono, signora.”
Incominciò. “Ma, se il vostro sposo non torna al più presto, la mia buona
volontà è tutto ciò che posso offrirvi, e che gli dei ci assistano!”
La donna riaprì le palpebre pesanti, annuendo.
“V-vi ringrazio…” ansò, prima di
stringere le labbra per reprimere l’ennesimo urlo.
Il mago cercò di rendersi utile, di rievocare qualunque cosa
potesse servigli; ma, di incantesimi per facilitare il parto, lui non ne
conosceva, ammesso che esistessero.
E comunque, anche se nel suo libro ci fossero stati, adesso
era troppo tardi. E
Camelot
troppo lontana.
Tentò allora di rammentare le cose che aveva letto sul tomo
di Anatomia, che Gaius aveva insistito per fargli
studiare, ma erano nozioni abbastanza frammentarie, così come i discorsi fatti
sul parto complesso di Lady Beltrame, settimane addietro.
Poteva solo alleviarle di poco la sofferenza, constatò
impotente, rovistando fra le sue cose dimenticate sul pavimento.
Dalla bisaccia estrasse una polverina di radici essiccate,
che teneva con sé per le emergenze, e la sciolse in un bicchiere per fargliela
bere.
“Dovrebbe calmarvi un po’ il dolore, ma dovete restare
sveglia e lucida, mi spiace.” Si rammaricò.
La donna annuì e bevve, grata, prima di collassare
nuovamente sul letto, contorcendosi.
Lo stregone le asciugò il sudore che le correva lungo le
tempie, mentre sentiva distrattamente il principe che si procurava dalla
legnaia dietro casa il necessario per rimpinguare il focolare.
***
“Hai già controllato lo
stato delle cose?” gli chiese d’un tratto il suo nobile padrone, comparendo
alle sue spalle con una fascina sottobraccio e un paiolo traboccante
nell’altro.
Merlin era arrossito suo malgrado.
“Sì, ma… ma non me ne intendo molto.”
Arthur, incredibilmente, scoppiò a ridergli in faccia.
“Oh, suvvia! Non può essere poi così diversa da tutte le al…”
“Credetemi!” il mago si coprì il viso con le mani,
mugugnando. “Mai visto niente di simile!”
Il principe rise ancora della sua espressione sconvolta e
scomparve nuovamente in cerca di pezze lavate.
Il servo gli brontolò contro qualcosa di vagamente offeso,
prima di rivolgere ancora la sua attenzione alla partoriente, tutta concentrata
nel sopportare il proprio supplizio.
Un quarto d’ora dopo, l’erede al trono se ne tornò con un
mucchietto di teli malamente ripiegati ma puliti – Merlin ebbe il fugace dubbio
che egli avesse fatto a pezzi l’unico
lenzuolo buono di quei poveri diavoli, ma ormai il danno era fatto – e posò,
con un sospiro, la pila immacolata sul tavolaccio.
“Novità?” chiese, cercando – con evidente disagio – di non
guardare verso la padrona di casa.
Ad una risposta negativa della sua valletta, egli invece
replicò: “Nella stalla, al contrario, c’è fermento… la vacca muggisce nervosa,
ma ho dato un’occhiata e non v’è nulla di strano!”
“Caroline!” gemette allora la donna, allungando una mano per
strattonare la manica di Merlin.
“Non dovrà partorire anche lei!” squittì di conseguenza il
mago, angosciato.
“Chi diavolo è questa Caroline?!”
sbottò piuttosto il Regale Somaro, guadagnandosi un’occhiataccia dalla serva.
La contadina intanto scosse il
capo, negando.
“Va… mu-munta…” spiegò,
inframmezzando le parole agli ansiti. “Soffre… mi-mio marito è… è… all’alba…
soffre…” ripeté, vagamente incoerente.
“Abbiamo capito, Suzanne. Calmatevi…” la rassicurò Linette,
battendole una mano sul braccio per acquietarla e la cosa sembrò funzionare.
“Cos’è che abbiamo capito?” bisbigliò, in quel mentre, il
nobile ignaro.
Merlin roteò gli occhi, spazientito.
“Che Caroline va munta!” ribatté secco.
“La vacca ha un nome?!” chiese
l’Asino a Lin, squadrando però la contadina come se
fosse impazzita.
“E che male c’è?” sbottò il mago. “Scommetto che anche la
vostra spada ha un nome!” rispose, suscettibile, ritenendo quel discorso
un’inutile quisquilia.
“Eh! Certo che ce
l’ha!” replicò il cavaliere, quasi offeso.
“Bene, se la
vostra regale spada è così importante per voi da meritare un nome-”
“Mi ha salvato la vita un sacco di volte!” Si giustificò,
interrompendolo.
“E quella mucca salva la loro vita quotidianamente, perché
dà loro il sostentamento per vivere!” controbatté con logica ineffabile.
Al che, il principe non ebbe altro da ridire; ma durò solo
per qualche istante, giusto il tempo di sentirsi sollecitare.
“Forza, quella povera bestia soffre dall’alba! Andate!”
Arthur sgranò all’inverosimile i suoi aristocratici occhioni azzurri.
“Ma io sono un principe… I principi
non mungono mucche!” obiettò.
“Dite piuttosto che non lo sapete fare!” rimbeccò il mago,
perdendo la pazienza.
“Non c’è cosa che non mi riesca magnificamente!” ribatté Sua
Altezza, impettito.
“Allora, ecco a voi, Maestà!”
e, prima di poter aprire bocca, l’erede al trono si ritrovò un secchio di latta
tra le mani, spedito verso le stalle.
***
“Ci sta mettendo parecchio…” considerò Merlin, vagamente
impensierito, qualche tempo dopo.
Suzanne ebbe solo la forza di assentire in risposta.
“Quante mucche avete?”
“U-una…” sussurrò la donna,
stremata.
“Allora è bene che io vada a controllare…” si risolvette,
demoralizzato. “Ma tornerò subito!” specificò, per prevenire eventuali attacchi
di ansia.
Ottenuto il consenso dalla signora, Linette
se ne uscì dalla casa, a respirare con gratitudine l’aria fresca,
rinfrancandosi un istante. Poi però si diresse sul retro, da dove provenivano i
borbottamenti seccati del Babbeo Reale.
“Temevo vi foste perduto!” scherzò, comparendogli alle
spalle, e Arthur sussultò in risposta, rischiando di rovesciare il secchio ai
suoi piedi.
Merlin vi sbirciò all’interno, inarcando le sopracciglia. “Sfameremo
un intero esercito, con tutto quel bendiddio!”lo prese in giro, annuendo alla volta
della macchiolina bianca sul fondo del recipiente.
“Non osare fiatare!” la minacciò l’altro, infuriato. “Questa
vacca non intende collaborare!”
inveì, fulminando l’animale che sembrava irritato quanto lui.
“Oh, certo. Certo!” rise lo stregone,
accomodante. “Lei fa ostruzionismo, non siete voi l’incompetente!”
“Linette!” ululò allora il giovane
Pendragon.
“Così, Sire.”
Spiegò la ragazza, sedendosi su uno gabellino accanto alla bestia, per nulla
intimorita dagli strepiti del suo padrone. “Si fa così.” Chiarì, afferrando le mammelle con le dita e compiendo una
pressione verso il basso. “Un movimento deciso, ma non rude.”
La mucca lo ricompensò con un generoso getto di liquido nel
secchio.
“Visto?” lo interrogò. “Volete provare voi?”
Arthur negò con oltraggiata convinzione, quasi fosse stata
una sostanza letale.
Si limitò perciò a vedere salire in fretta il livello del
recipiente, mentre un piacevole odore si diffondeva
nell’aria.
“Comincio ad avere fame.” Disse Linette
a quel punto, quasi leggendo nei suoi pensieri. “E appena munto è buonissimo!”
riprese, chinandosi di lato e spruzzandosi il latte direttamente in bocca.
Sbirciando la faccia scandalizzata del futuro re di Camelot, Merlin rise di cuore. “Ne volete?!”
lo provocò, fingendo di orientare un capezzolo verso di lui.
“Assolutamente no!” urlò l’altro, sdegnato.
“Allora non sapete cosa vi perdete!” lo lusingò, “Da
piccola, mi facevo certe scorpacciate!” gli raccontò, continuando il lavoro di
spillatura. “Noi non avevamo mucche, ma il signor Thomas ci dava ogni giorno un
po’ di latte e in cambio mia madre gli preparava da mangiare…”
“E tuo padre?” Chiese il principe, all’improvviso.
Linette si adombrò, e il cavaliere
si pentì di averglielo domandato.
“Lui niente.Se n’è andato prima
che nascessi…” spiegò, e tacque.
Come suo cugino,
pensò il nobile. E, come Merlin, anche la sua serva non raccontava mai
volentieri di ciò che era stato prima dell’arrivo a Camelot.
Del resto, neppure lui amava parlare di certi aspetti del
passato, perciò la capiva.
“Qui finisco io, andate di là a vegliare Suzanne.” Riprese Lin di colpo, cambiando repentinamente argomento e Arthur,
per togliersi d’impaccio, fu felice di seguire il suo consiglio.
Quando lo stregone ebbe terminato, prese un forcone e diede
del fieno alla bestia, che ruminò affamata il cibo, e poi pensò bene di
controllare anche lo stato degli altri animali.
Durante il giro di perlustrazione, egli si rese conto che
dal giorno addietro nessuno si era preso cura della piccola fattoria: le oche
starnazzanti erano rimaste rinchiuse nella stia, anziché libere nell’aia; le
galline, ancora stipate nel pollaio, chiocciavano indigenti invece di
razzolare; forse avevano anche già deposto le uova, ma nessuno era andato a
raccoglierle e di sicuro Sua Maestà
non si sarebbe mai abbassato a tanto; e le… il pensiero di Sua Maestà, lasciato solo con Suzanne già da un po’, ebbe il
sopravvento sul resto e lo scudiero tornò di gran carriera a verificare che
tutto fosse normale – se normale si poteva definire, una situazione così.
Quando Merlin rientrò, la donna e Arthur ansimavano
all’unisono, grondando sudore altrettanto copiosamente.
“Che diamine state facendo?!”
domandò allora, alla volta del suo signore.
“Le suggerivo il ritmo con cui respirare!” si difese
l’altro, piccato, rafforzando la propria stretta sulla mano di lei. “E sembra
funzionare, per tua informazione!”
“Oh, allora continuate, prego!” li invitò, valutando stazionarie
le condizioni della poveretta e, armeggiando poi con la brocca e il bicchiere
che si trovavano sul tavolo, gli passò il boccale.
“Dell’acqua.”
“Oh, grazie!” esclamò il principe, con riconoscenza.
“E’ per lei, non per voi!” lo sgridò.
“Ah, beh, certo.”
Lo scudiero sospirò, toccando i minimi storici della sua
pazienza, mentre osservava l’erede al trono che, malgrado tutto – virili
reticenze comprese –, aiutava la donna a risollevarsi dal materasso per
dissetarsi. Ebbe quindi pietà di quella testa di legno e versò da bere anche a
lui.
“E’ passata più di una veglia da che siamo qui…” le appuntò
l’erede al trono, rifacendosi serio, dopo aver trangugiato il suo calice. “E le
doglie non aumentano.”
“Ci vuole ancora tempo.” Rispose allora il servo. “I parti
primipari ci impiegano di più.”
Il principe e la contadina si rassegnarono a quella risposta
di buonsenso, mentre egli li informava che sarebbe andato ad occuparsi delle
bestie sul retro, poiché la cosa sembrava andare per le lunghe e loro due
parevano cavarsela benissimo da soli.
Il giovane Pendragon non accolse
la notizia di buon grado – ogni minuto trascorso lì dentro metteva a dura prova
i suoi nervi tesi – ma le unghie di Suzanne conficcate nei suoi palmi, e lo
sguardo disperato di lei, gli impedirono di lamentarsi con Linette
per la sua scelta.
***
C’erano un sacco di cose da fare e a Merlin non sembrava di
essersene andato da molto, quando l’Asino gli corse incontro, strepitando come
se avesse un’orda di Barbari alle calcagna.
“E’ ora! E’ ora!”
Urlava, tutto agitato, spintonando la ragazza verso l’abitazione.
“State calmo!” lo rimproverò. “E come fate a saperlo?!”
“Perché io ho… lei mi ha…” tartagliò, scioccato, ingoiando a
vuoto per calmarsi. “Costretto a
controllare!” si discolpò. “Ho visto!
E… credo fosse la testa! C’erano capelli!”
“Oh, cielo!” invocò il mago, procedendo velocemente verso
l’entrata della casa. Il principe, al suo fianco, le afferrò un polso un attimo
prima che entrasse. “Avevi ragione.” Sussurrò allora Arthur, stralunato. “Mai visto niente del genere…”
Merlin avrebbe riso di lui, se solo non fosse stato un
momento tanto drammatico.
Di una cosa era certo: avrebbe
ucciso con le sue mani il neo-padre, appena fosse giunto!
“Suzanne!” la chiamò, accucciandosi accanto a lei. “Il
principe dice che ci siamo!”
La donna annuì, stringendo ferocemente il lenzuolo sotto di
lei.
“E allora spingi solo quando te lo dico!” le raccomandò,
sollevandole le gonne.
Contemporaneamente, con la coda dell’occhio, il mago vide il
suo signore tentare di sgattaiolare verso la porta scardinata. “Oh, no!” lo
bloccò, allungando un braccio fra l’uomo e la libertà. “Voi adesso non
fuggirete!” lo minacciò. “Versatemi dell’acqua nel catino, devo pulirmi le
mani!” e il futuro re di Camelot, suo malgrado, ubbidì.
Continua...
Disclaimer:I
personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma
di lucro, da parte mia.
Ringraziamenti:
Un abbraccio a Tao, che sopporta i miei scleri. X3
Note: Bene, ecco
la seconda parte delle tre che coinvolgono i nostri pucci
e quest’odissea con Suzanne.^^
So che questo capitolo è un po’ più corto degli ultimi
postati, ma cercherò di aggiornare presto.
La frase “Oh, suvvia! Non può
essere poi così diversa da tutte le al…” non è
completamente mia. Ho parafrasato un evento simile preso da una puntata di JAG
– Avvocati in Divisa, in cui il protagonista, suo malgrado, deve
assistere una partoriente. Non avendo la possibilità di rivedere il
punto preciso dell’episodio, sono andata a ricordi, ma mi sembrava giusto
dirlo.
Nell’ultima frase, Merlin usa il ‘tu’
con Suzanne invece del ‘voi’ ed è una scelta consapevole, la mia. Ho pensato
che fosse troppo preso da altro, ora
che il momento clou si avvicina, per essere riguardoso com’è stato finora.
La mucca si chiama Caroline, perché ho scoperto che è un
nome molto quotato per le mucche: c’è quella della Invernizzi,
c’è quella della canzone per bambini… insomma… è famosa! XD
Non starò qui ad ammorbarvi sulle tecniche di mungitura, ma
sappiate che quello che Merlin spiega al principe è corretto. Per inciso: le mucche vanno munte almeno due volte al giorno,
altrimenti provano dolore: vi assicuro che ho assistito personalmente a diverse
mungiture, e le mucche si mettevano in fila spontaneamente per essere munte!
Precisazioni al
capitolo precedente e domande varie: (a random)
- Sì, direi che la ‘saga del parto’ è incentrata sul
principe, ma anche Merlin avrà la sua dose di figuracce entro breve, e… fidatevi,
con lui sarò molto più sadica! XD
- Sono contenta che anche voi abbiate trovato plausibile il
comportamento del Nobile Somaro.
Sì, direi che la verità è un mix della
spiegazione 1 e 2.
- Noto che la povera Suzanne ha tutta la nostra
comprensione… U_U
- Sì, la donna gravida ha un suo ruolo importante nella
storia e a tempo debito verrà ricordata. E non è stata citata nelle
anticipazioni per non rovinarvi la sorpresa!^^
- Non ho inserito alcuna anticipazione nello scorso
capitolo, perché avevo già detto che era un unico capitolo luuungo,
diviso in tre parti.
- Ehm… a parte questo,
i capitoli non sono corti >___< li ho allungati considerevolmente,
rispetto ai primi, sono tutti oltre le 2.000 parole (a parte questo, ripeto, che
ci prepara al terzo e ultimo frammento).
Chiedo scusa, avevo promesso un postaggio in tempi più brevi, ma – come
ho spiegato a diverse persone – ho dei problemi col pc in questi giorni (mi sta
facendo impazzire
Chiedo
scusa, avevo promesso un postaggio in tempi più
brevi, ma – come ho spiegato a diverse persone – ho dei problemi col pc in questi giorni (mi sta facendo impazzire! >__<) e
non sempre posso usufruire di un altro con cui lavorare. Il capitolo era pronto
ma andava sistemato.
Note: il seguente scritto inizia a
contenere lievi (e confusi XD) riferimenti slash; più avanti si avrà lo slash più definito.
Riassunto: Merlin
è abituato a salvare la vita all’Asino Reale senza che questi se ne accorga, ma
stavolta non tutto va per il verso giusto. Colpito dall’incantesimo del
malvagio Ardof, il nostro mago farà i conti con una
sconvolgente novità: egli si risveglia trasformato in una donna.
Solo Gaius conosce il suo segreto e, finché non
troverà il modo di tornare normale, dovrà inventarsi delle scuse plausibili e
prendere il posto di se stesso al servizio del principe. Come riuscirà a
conciliare questa ‘nuova situazione’? Come si evolverà il suo rapporto con
Arthur?
Grazie di tutte le recensioni ricevute. *inchin* Spero che la
storia rimanga all’altezza delle vostre aspettative!
Vorrei dedicarla a quelle
persone che hanno recensito il precedente capitolo:
E a quanti commenteranno (SE vi
va di recensire anche dei capitoli più indietro di questo, il vostro parere non
andrà perduto!).
Ai vecchi e ai nuovi lettori.
Grazie.
TheHe in theShe
(l’Essenza dentro l’Apparenza)
Capitolo XXIII
“Un’ultima volta e ci siamo!” la incoraggiò Merlin, dopo un
tempo che ad Arthur parve infinito.
Lui se n’era rimasto, in religioso silenzio, accucciato
accanto al letto a farsi torturare le mani da Suzanne – sperava ardentemente
che quella sofferenza potesse essere già inclusa nel rito di espiazione, ma ne
dubitava fortemente – fintanto che Linette continuava
a strepitare ordini e incitamenti.
“Eccola!” gridò finalmente la sua valletta, facendo
comparire da sotto le gonne di Suzanne un fagottino insanguinato e molliccio.
“E’ una bimba!”
La curiosità del principe ebbe la meglio sulla sua reticenza
e anch’egli allungò il collo verso la creaturina.
“Arthur!” lo chiamò allora Lin,
dimentica dell’etichetta. “Bisogna tagliare il cordone!” lo avvertì. “Il vostro
coltello da caccia, mettetelo fra le braci per cauterizzare la ferita! Siate celere!”
L’erede al trono scattò in piedi e fece quanto richiesto
all’istante, il problema si presentò nel momento in cui volle passare l’arma
alla fanciulla affinché recidesse il cordiglio.
“Le mie mani sono occupate!” gli appuntò Merlin, indicando
l’esserino. “Forza! Non c’è tempo! Tagliate
a circa tre pollici dal corpo!”
Il principe strinse la mascella e fece quanto richiesto. Un
istante dopo, Linette gli stava mettendo sotto al
naso la bambina.
“Prendetela, fatela piangere!” l’incalzò. “Io devo occuparmi
di Suzanne!”
Sua Maestà non ebbe il tempo di adagiarsi nel panico e
sollevò bruscamente la bimba verso l’alto, all’altezza dei propri occhi.
“Ti ordino di piangere!” tuonò imperioso.
E il primo vagito della creatura saturò l’aria della stanza.
Il principe si girò verso le due donne, sorridendo
altezzoso. “Visto?, lei sì che mi ubbidisce!”
Ma non attese risposta che non sarebbe arrivata. Con
delicatezza posò la neonata sopra una delle stoffe che si era procurato,
avvolgendola piano, e consegnandola infine alla madre che scoppiò a piangere
appena la ebbe tra le braccia.
Anche lui e Linette si scambiarono
un lungo sguardo, felici che, in quell’avventura, il
peggio sembrasse passato.
Tuttavia, annuendo alle rispettive mani insanguinate, la sua
valletta gli fece notare che non potevano lasciare le cose in tal maniera e si
ridivisero nuovamente i compiti: mentre Lin ripuliva
la neonata, egli andò a cercare nuova paglia asciutta per sostituire il
materasso chiazzato di vermiglio.
Suzanne, d’altro canto, non versava in condizioni migliori.
“Pensate di poter reggere a questo?” lo sfidò Merlin,
accennando alla scena insanguinata da rigovernare.
“Suvvia!, ho visto di peggio in
guerra!” si finse spavaldo l’altro, senza tuttavia voler toccare alcunché. Fu
perciò ben lieto di occuparsi del fieno piuttosto che delle coltri impure.
“Dovrò digiunare e purificarmi, alla fine di tutto questo.”
Brontolò, tetro.
Suzanne si scusò con lui, mortificata, in un’espressione che
mal si addiceva alla gioia del momento.
Tuttavia egli, prima di sparire nel fienile, ebbe il fugace
acume di rassicurarla, lasciando vagamente intendere che, piuttosto, se la
sarebbe presa con il suo consorte, che si era dato alla macchia.
Al suo ritorno, la contadina si lasciò perciò prendere in
braccio e, mentre il principe la sosteneva, la sua valletta sostituì il
giaciglio insanguinato con nuova imbottitura e nuove
lenzuola.
“Manca qualcosa, ma non ricordo cosa…” biascicò Merlin,
sovrappensiero.
Giusto in quel mentre, fintanto che la riadagiava coi piedi
sul pavimento, Arthur vide una cosa indicibile
cadere a terra – fra le gambe della donna – schizzando liquido ovunque, e
si coprì la bocca con una mano, per non vomitare.
“Ecco cosa!” gioì il servitore. “La placenta! Ora è tutto
apposto.” Ma il nobile non lo udì, perché era già corso fuori
dalla stanza andando verso il pozzo, ululando ossessivamente qualcosa come:
“Sette abluzioni! Sette abluzioni!”
Le due donne lo osservarono attonite per qualche istante,
eppure, quando capirono che non avrebbe compiuto nessun gesto estremo,
ripresero quello che avevano interrotto.
Lo stregone, malgrado il disagio
che andava a sommarsi a tutto il precedente, aiutò la puerpera a cambiarsi la
veste, seguendo le indicazione che ella dava, e poi la fece riadagiare sul
letto.
“Il principe è stato molto paziente con me…” sussurrò Suzanne,
a quel punto.
Il principe è uno che voleva
scappare a gambe levate!,
pensò Merlin, invece.
“E’ compito dei cavalieri prestare soccorso alle dame in
difficoltà.” Rispose, in modo politicamente corretto.
“Temo di averlo turbato varie volte, a partire da ciò che ha
visto sotto alle mie gonne…” si confidò ella, da donna a donna.
Merlin sollevò un sopracciglio, come sempre faceva il suo
mentore.
“Ha combattuto anche mostri più brutti, credo si riprenderà…”
Ma la contadina lo guardò stralunata.
“Ah, non intendevo arrecarvi offesa!” si scusò, imbarazzato.
“Era solo un modo per dirvi che lui è forte e coraggioso, sa affrontare le cose
della vita…”
Il forte e coraggioso
Arthur ricapitò da loro solo quando le cose si erano fatte nuovamente
presentabili e innocue.
Merlin, che ormai lo conosceva bene, sapeva che stava
nascondendo l’imbarazzo cocente sotto quintali di baldanza e che, presto,
avrebbero avuto l’onore di udire una qualche sua spacconeria, che ripristinasse
il suo regale equilibrio interiore.
… Alla fine dei conti,
non ebbe molto da attendere.
“Avete già deciso come chiamarla?” chiese l’Asino Reale alla
padrona di casa, annuendo alla volta della cesta dove la neonata riposava.
“Veramente no…” temporeggiò Suzanne. “Speravamo fosse un
maschio…”
“Bene! In tal caso,
bisogna provvedere all’istante!” si risolvette l’erede al trono, determinato a
spuntarla. “Potresti chiamarla Arthuria, è un nome regale, sai?” Esclamò, orgoglioso.
La donna sgranò gli occhi sconvolta e Merlin fece una
smorfia disgustata.
“Ehi, Suzanne, ti senti male?” Si preoccupò il principe,
vedendo che non reagiva.
“Certo che si sente male!” intervenne Linette.
“Con tutta la fatica che ha appena fatto, volete che dia a sua figlia un nome
del genere?!”
“Che cos’ha che non va?!” domandò
il Babbeo, inalberandosi.
Il mago scosse il capo, rassegnato. “Lasciate perdere, vi
prego.”
“Lin! Non offendere il mio nome! E’ un nome importante e altisonante!”
“Arthuria,
sì. Come no?” ironizzò, facendogli il verso. “Sembra quasi l’indicazione di una regione!” osservò, sghignazzando: “Piacere, vengo da Arthuria!”
motteggiò ghignando. Ma l’occhiata inceneritrice del
suo padrone lo dissuase dal continuare, perciò si fece più ragionevole nelle
sue obiezioni. “E poi magari suo
marito, Sigmund, vorrebbe avere voce in capitolo!”
“Potrei dissuaderlo!”
chiarì il cavaliere, facendo scattare la mano destra sull’elsa della spada,
come chiaro avvertimento. “Arthuria è il nome che le
spetta!”
“E allora, perché non Linette? E’
più dolce e femminile!”
“Arthuria!” insistette il
principe.
“Linette!” Rimbeccò Merlin.
“Arthu-!”
“Line-!”
“Ar-!”
“Lin-!”
“Mi piace!” s’intromise la mamma, accomodante. “Arlin, mi piace
come suona. E’ gradevole.”
Le due facce della stessa medaglia si guardarono stupite,
deponendo l’ascia di guerra.
“Arlin.”
Ripeté il nobile, soppesando sulla lingua il sapore del nome. “Non male.”
“Già!” concordò lo scudiero, sorridendo a tuttotondo e
appressandosi all’umile culla. “Benvenuta, Arlin!”
***
Mentre la puerpera riposava meritatamente, appena fuori casa
Merlin e Arthur si godevano l’agognata pace e il silenzio ritrovato.
“La sai una cosa?” esordì d’un tratto il principe.
“Cosa?”
“Questo… fatto mi
fa passare la voglia di avere eredi!”
“Oh, sì, io mi voterò alla castità permanente! E comunque
non invidio la poveretta che dovrà generarli con voi!”
“Non imporrei mai alla donna che amo tutto quel dolore…”
considerò il nobile, impressionato.
“Non ne vale la pena.”
“No, davvero. Non ne vale la pena.”
Concordò, osservando il cammino del sole in cielo.
“Sire?”
“Mh?”
“Ma voi dovete
assicurare un erede ai Pendragon.” Gli rammentò il
servo.
“E tu parli di castità
perpetua solo perché non hai ancora conosciuto
un uomo, altrimenti non rinunceresti ai piaceri così facilmente.”
Merlin arrossì suo malgrado. Ma non gliela diede vinta per
principio.
“Io però ho comunque una scelta. Voi no.” Gli appuntò. “O
vostro padre vi ucciderà con le sue mani!”
“Uh!” Arthur sbuffò dal naso, stando al gioco, e finse di
pensarci su. “Potrei sempre abdicare!”
“Anche in quel caso, temo che il re non
sarebbe affatto d’accordo…”
“Ci penserò a tempo debito…” concluse, stiracchiandosi
pigramente.
Anche il valletto lo imitò. “Si sta facendo tardi!”
“Sette abluzioni, prima del vespro, per purificarmi!”
borbottò allora l’aristocratico Babbeo, come se l’avesse ricordato solo in quel
momento. “Sette, ne devo fare!”
“E se vi spingessi nel fiume sette volte, dite che è uguale?!” scherzò Merlin, per sdrammatizzare l’ansia dell’altro,
chiedendosi se in realtà lui fosse esente dalla contaminazione, in quanto
momentaneamente donna.
In quel momento, la bimba dentro l’abitazione si mise a
frignare ed egli decise di andare a prenderla, per non svegliare Suzanne dal
suo sacrosanto riposo.
Linette si riaccomodò al fianco
del suo signore, con la bambina in braccio. La coccolò un po’, sotto lo sguardo
prudente dell’altro, finché la piccina non si riaddormentò.
“Oggi ho rivalutato il lavoro di Gaius.”
Considerò il mago, dando voce ai propri pensieri. “Di solito, passa il suo
tempo a curare gente malata e sofferente, ma aiutare nel mettere al mondo una
vita è tutta un’altra cosa!”
“Io l’ho invidiato.” Rispose invece l’erede al trono. “Per
un sacco di tempo, l’ho invidiato.”
“Perché?” si ritrovò a chiedere il servo, sbirciandolo.
“Perché è l’ultima persona che mia madre ha visto prima di
morire.”
“Non è vero.” Lo contraddisse lo scudiero. “Lei ha visto voi.” Merlin sentì Arthur fremere
accanto a sé. “La sua ultima realtà siete
stato voi.” Ripeté, per dargli la pace che tanto agognava. “Me l’ha
raccontato il mio mentore.”
Il principe guardò Linette, con
occhi lucidi e una strana gratitudine che non trovava parole.
Schiarendosi la voce, egli cercò un impegno, facendosi
passare la neonata.
Compiendo quel movimento fra loro, la creaturina
si ridestò, piagnucolando, ed egli la cullò piano.
Era così piccina che Arthur riusciva a tenerla quasi tutta
in una mano.
Eppure era perfetta. Perfetta.
Aveva dieci ditini sulle manine e dieci nei piedini (Merlin
li aveva contati tutti due volte per sicurezza, tanta era l’emozione).
Aveva un nasino a patatina semplicemente delizioso.
E due occhietti neri e illanguiditi dalle lacrime che ti
catturavano dentro l’anima.
“E’ un raro privilegio aprire gli occhi e potere vedere me.” Disse, orgoglioso, il Nobile
Somaro, fraintendo l’espressione assorta della neonata.
“Oh, sì.” Ironizzò lo stregone. “Io ho avuto quest’esaltante esperienza giusto stamattina! E posso confermarlo!” scherzò, fingendosi serio. “Ma, perché
rimanga per l’appunto unraro privilegio, è bene che accada assai
di rado – o anche mai! –, sicché da
domani aspettate nuovamente che sia io a destare voi, non il contrario…”
Il suo padrone, però, sembrava troppo assorto nella
contemplazione della bambina, per dargli pienamente retta.
Arthur le accarezzò con un dito la testolina rosea.
“Non ha capelli.”
Constatò, come se le cose non tornassero.
“No, non ne ha.” Confermò il mago, sorridendo.
“Ma allora prima… cosa diavolo avevo intravi...?”
Il servitore sfoderò un ghigno di derisione.
“Credetemi, è meglio non saperlo.”
Il principe allora boccheggiò, spalancando gli occhi.
E Merlin rise di lui.
Ma egli non ebbe modo di redarguirlo a dovere, perché fu
disturbato da qualcos’altro, di più fastidioso.
“Mi sento tutto umido…” si lamentò, quindi.
“Anche io ho sudato parecchio, credetemi!”
“No, io…” borbottò allora, sollevando il fagottino dalle
ginocchia.
Una considerevole
chiazza scura si allargava dalla casacca ai pantaloni da caccia.
“Non le hai stretto le fasce!” lo accusò, fulminandolo,
mentre Merlin scoppiava a ridere, cercando invano di trattenersi.
“Ecco cosa avevo scordato!”
“Mi ha fatto la pipì addosso!” si disgustò il futuro
sovrano.
“Dite che vale come prima abluzione?!”
lo canzonò allora il servo, allontanando se stesso e la neonata dalle ire del
suo padrone.
“Linette!”
ruggì l’altro, ma ormai il danno era
fatto.
***
Il tanto atteso
marito arrivò a pomeriggio inoltrato, trascinando un recalcitrante mulo su cui
stava seduta la nonna di Gaius.
Questa era l’impressione che ebbero Merlin e Arthur,
vedendola.
Era piccola e gobba, col viso cartaimpecorito
dalla vecchiaia.
L’arzilla vecchietta, tuttavia, aveva fatto subito il suo
dovere e i necessari controlli, con un cipiglio pratico e sorprendente solerzia
– esperienza datale dall’aver messo al mondo intere generazioni, si presumeva.
“Complimenti, ragazza!” si congratulò con Linette. “Se lo volessi, hai un futuro come levatrice.”
“Oh, no, vi ringrazio,” rifiutò
Merlin, arrossendo. “Ho già un lavoro a tempo pieno. Mandare avanti Camelot consuma tutte le mie energie!”
E il principe, credendo che lei scherzasse, rise di cuore,
battendole amichevolmente una mano sulla spalla. “Certo, certo! E’ la paladina del regno!”
Ah!,
se solo quell’Idiota coronato avesse saputo quant’era vero!, si rammaricò
il mago, accettando gli elogi e i ringraziamenti del novello padre.
Alla fine, tanta era la sua gioia e le parole lusinghiere
con cui era stato imbonito, che il principe non aveva avuto cuore di
rimproverare l’uomo per il suo abissale ritardo.
Dovevano solo ringraziare che tutto si fosse svolto in modo
liscio e senza complicazioni a cui non avrebbero saputo porre rimedio.
Accomiatandosi, Arthur aveva persino regalato alla coppia le
cinque lepri che aveva catturato – perché festeggiassero il lieto evento – e
ben cinque monete d’oro, affinché fossero di buon auspicio e l’inizio di una
cospicua dote.
Quando i due si congedarono da lì, tutto era tornato a
posto. Compresa la nuova vita, che ne
aveva trovato uno, tutto suo, nel mondo.
Continua...
Disclaimer:I
personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma
di lucro, da parte mia.
Ringraziamenti:
Un abbraccio a Tao, che sopporta i miei scleri. X3
Note: Questo è
uno dei capitoli che più mi piacciono dell’intera raccolta, spero sia
altrettanto per voi.
Non entro nel campo delle procedure mediche, perché ho
volutamente sorvolato su molti aspetti per non appesantire il racconto, ma ho
visionato diversi filmati di parti: in alcuni fanno prima piangere il bimbo, e
poi tagliano il cordone ombelicale; in altri succede l’esatto contrario.
Il cordone viene tagliato di norma a 7-10 cm dal corpo, stando a
quando ho trovato nelle guide di neonatologia.
La scenata di Arthur, dopo aver visto l’espulsione della
placenta, è un fatto di vita vissuta. Non mio, per fortuna. XD
Nel Medioevo (e anche molto prima e molto dopo) la scelta
del nome del nascituro spettava rigorosamente al padre. Ma la piccola Arlin è il manifesto dell’amore Arlin, la loro figlioccia
virtuale, perciò perdonatemi la licenza letteraria. XD
Precisazioni al
capitolo precedente e domande varie: (a random)
- Mi sono pentita di non avervi chiesto, alla fine del
precedente capitolo, di scommettere, se volevate, sul sesso del bimbo. Sarebbe
stato carino vedere se indovinavate! Oppure di esprimervi sul suggerimento del
nome ^^. Ma ormai è tardi. Amen.
- Sì, concordo: “NOI SPERIAMO CHE CE LA CAVIAMO” è il sottotitolo
perfetto di questa loro avventura! ^O^
- Caroline che partorisce anche lei? Oh, allora sì che ci
sarebbe stato da divertirsi, quei due sarebbero morti per una crisi di nervi! (Beh, l’Asino di sicuro, Merlin non so… ^__=) Ma no, non
sono così perfida…
- No, non lavoro in un reparto di
ostetricia ^^’’ sono ferrata in materia, come dici tu, perché il mondo attorno
a me ha deciso di riprodursi con un’impennata spaventosa: ho sei amiche che
hanno partorito da poco o stanno per farlo (Leonardo nascerà fra 3 settimane! ^O^) e, mio malgrado, mi coinvolgono
su ogni minimo particolare…
- Sì, Arthur è stato
davvero un grande idiota a fare quella battuta sull’essere diversa da tutte
le altre! U_U ma poi ha avuto il fatto suo! ^___^
- Carino, eh?, il principe che fa la Respirazione Lamaze con la nostra povera Suzanne!
- No, non vi dirò il nome della spada di Arthur. E’
ininfluente, ma forse un giorno arriverà Excalibur. Forse.
- C’è però da dire una cosa: per come la vedo io, il
principe si stupisce che la mucca abbia un nome, in quanto mucca
e animale ‘inferiore’, di poco valore; è cosa comune, invece, che i cavalieri
dessero un nome alle loro spade e ai loro cavalli, fin dall’antichità, perché
ritenuti animali sacri e degni di rispetto. La sua mentalità da principe è
molto lontana dalla vita e dalle priorità contadine, tutto qui.
- Sono contenta che apprezziate la mia puntigliosità! ^^
- Ehm… io non sono responsabile dei pensieri sconci che fate
leggendo i capitoli… aspettate almeno alla parte hot della fic,
prima di darmi colpe che non ho! ^__=
- Non è che Merlin si diverta a comandare
il Nobile Babbeo: semplicemente, la situazione è seria e drammatica e serviva
qualcuno che prendesse in mano le redini della cosa: anche il nostro mago è
spaventato e non sa bene che fare, ma dopo la crisi di nervi del principe, sa
che non può permettersi di cedere e deve usare le maniere forti anche col suo
signore per scuoterlo.
Facciamo il punto
della situazione:
Il prossimo sarà un capitolo uhm… no, non è di passaggio…
direi piuttosto che è di consolidamento.
Poi il nostro Merlin partirà per l’Oscuro Viaggio verso l’Antro
del Girone Infernale del Ricamo (due capitoli) e poi sarà messo al corrente
dello Spaventoso Mostro del Ciclo (due capitoli).
Eccovi
l’anticipazione del prossimo:
La ragazza si accorse
di essere entrata nelle grazie del principe il momento esatto in cui Arthur la
rimproverò, per la prima volta, pronunciandoLinettecon la stessa particolare inflessione di
voce con cui diceva Merlin.
Da quel giorno, aveva
saputo che il suo periodo di prova era finito, benché nessuno gliel’avesse mai
comunicato ufficialmente.
Un’ultima cosa: un
grazie enorme a chi ha letto e commentato la mia prima fic
Merlin AU “Appuntamento al Buio”, sono davvero contenta che vi
sia piaciuta!
E un grazie di cuore a chi
commenterà.
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pro recensioni.
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(Chiunque voglia
aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio crede) Come sempre, sono graditi commenti,
consigli e critiche.
Note: il seguente scritto inizia a contenere lievi (e confusi XD)
riferimenti slash; più avanti si avrà lo slash più definito
Note: il seguente scritto inizia a
contenere lievi (e confusi XD) riferimenti slash; più avanti
si avrà lo slash più definito.
Riassunto: Merlin
è abituato a salvare la vita all’Asino Reale senza che questi se ne accorga, ma
stavolta non tutto va per il verso giusto. Colpito dall’incantesimo del
malvagio Ardof, il nostro mago farà i conti con una sconvolgente novità: egli
si risveglia trasformato in una donna.
Solo Gaius conosce il suo segreto e, finché non troverà il modo di tornare
normale, dovrà inventarsi delle scuse plausibili e prendere il posto di se
stesso al servizio del principe. Come riuscirà a conciliare questa ‘nuova
situazione’? Come si evolverà il suo rapporto con Arthur?
Confesso che sono un po’ dispiaciuta per il calo di recensioni di queste
ultime settimane, cosa che sinceramente non mi spiego, visto che le letture, i
preferiti, i seguiti e da ricordare di questa fic sono in continuo aumento a
prescindere dalle assenze per le vacanze.
Un grazie speciale, perciò, a chi continua a commentare con costanza e a
chi ha iniziato a farlo. *inchin*
Vorrei dedicarla a quelle
persone che hanno recensito il precedente capitolo:
E a quanti commenteranno (SE vi
va di recensire anche dei capitoli più indietro di questo, il vostro parere non
andrà perduto!).
Ai vecchi e ai nuovi lettori.
Grazie.
The He
in theShe
(l’Essenza dentro l’Apparenza)
Capitolo XXIV
Erano trascorse quasi due settimane da che Merlin era partito, quando il principe si chiese
per la prima volta – la prima, di molte volte – che
fine avesse fatto.
Linette, tenendo a bada l’agitazione, gli aveva fatto notare
che per raggiungere Ealdor ci volevano due giorni di viaggio e altri due per
tornare, e che era normale che lui fosse rimasto con la madre, finché non si
fosse ristabilita.
Considerando il discorso ragionevole, Arthur non ne aveva
più parlato per un’altra settimana abbondante, quando era tornato alla carica.
E Linette gli aveva ripetuto la medesima cosa.
Ma, se del ritorno di
Merlin non v’era l’ombra, neppure di Ardof c’erano più notizie.
Nel frattempo, però, le cose tra il giovane Pendragon e la
sua nuova serva si erano in qualche modo assestate.
Forse fu merito di quel plateale tuffo nel ruscello – in cui
Arthur si era lasciato andare davanti a lei dimenticandosi l’etichetta – oppure
dell’avventura che avevano condiviso
con Suzanne – figuracce e abluzioni purificatrici comprese –, o semplicemente aiutò
lo scorrere dei giorni che passavano, ma in breve tempo l’erede al trono e Lin
avevano instaurato una sorta di tacito ‘cameratismo’.
Il che implicava da parte dell’Asino una maggior confidenza
e spontaneità, benché un vago senso di protezionismo permanesse nei suoi
intenti, nelle parole e nelle azioni.
Il Nobile Somaro adesso non si faceva scrupolo a
punzecchiarla, un po’ per sfogare i suoi malumori, un po’ per il semplice gusto
di vederla reagire a tono – come sempre faceva quell’irriverente di Merlin, del
resto – e Linette non mancava mai di soddisfarlo.
Il principe si sarebbe fatto uccidere, piuttosto che
ammetterlo, ma lo intrigava il fatto
che lei sapesse tenergli testa e non gli concedesse il tempo di annoiarsi.
***
“Quell’armatura era lucidata in modo infimo!” la sgridò un
pomeriggio, quando la vide dopo gli allenamenti. “I miei uomini devono prendere
esempio da me, e che impressione credi che dia?”
“Quella di un cavaliere caduto fra i maiali in un trogolo!”
replicò lei, puntellando i pugni nei gomiti. “Mi stavo giusto chiedendo se non
vi foste rotolato nel fango, anziché allenarvi!”
“Linette!” la ammonì,
per l’insolenza.
“Vi siete rotolato nel fango, Sire?” ripeté ella, calcando con ironia sull’ultima parola di finto
ossequio.
“Linette!” ripeté
il nobile, “Meriteresti…”
“Un bagno caldo, Maestà?” gli suggerì il servo, indicandogli
la tinozza fumante.
“T-tu cosa?!” grugnì, un’ottava sopra il normale, realizzando una
faccia attonita.
Lo stregone sorrise, godendo della confusione dell’altro.
“Non per me, Sire. Ma per voi!” gli
spiegò, slacciandogli premurosamente i ganci della corazza. “Io adesso
lustrerò questa, e voi vi rilasserete…” gli consigliò, con una logica che aveva
odore di imbonimento.
Arthur se ne rese conto, ma non trovò nulla di ragionevole
da obiettare. In fondo, lei gli aveva appena proposto di fare ognuno il
rispettivo compito.
“Per caso, desiderate che io massaggi le vostre regali
spalle, mentre siete in ammollo?” lo provocò poi, sogghignando in modo
mellifluo al paravento, giusto nel momento in cui l’altro stava per immergersi.
“Linette!” inveì
l’aristocratico Babbeo, come se il solo chiamarla fosse bastato ad esprimere il
suo rimbrotto.
La ragazza si accorse di essere entrata nelle grazie del
principe il momento esatto in cui Arthur la rimproverò, per la prima volta,
pronunciando Linette con la stessa
particolare inflessione di voce con cui diceva Merlin.
Da quel giorno, aveva saputo che il suo periodo di prova era
finito, benché nessuno gliel’avesse mai comunicato ufficialmente.
***
Certo. Uno dei pochi vantaggi nell’essere donna costituiva,
per il mago, una forma di riscatto per i patimenti subìti fino a quel momento.
L’Asino Reale non si sarebbe mai sognato di mandare una
fanciulla alla gogna, perciò lo scudiero poteva permettersi di punzecchiarlo a
piacimento. A volte, persino, si rendeva conto da sé di aver superato il limite
dell’insolenza in modo assai grave. Il punto era che era Arthur a non
accorgersene, avendo catalogato quella sua cugina
come una versione esacerbata di se stesso, e allora... perché non approfittarne?
Di contro, c’erano delle volte, invece, in cui l’erede al
trono diventava con la sua serva ancor più pesante
di come si comportava con lui.
Anch’egli si divertiva a canzonarla, per la sua scarsa
femminilità o per quanto fosse magra da far paura, e poi insisteva nel
rimpinzarla ogni sera a cena, controllava che arrivasse a casa di notte, aveva
un occhio di riguardo perché non si stancasse mai troppo a caccia, perdeva il
tempo a fare il cavalier servente dove non occorreva.
Tutte quelle attenzioni, da un lato
lo lusingavano e dall’altro lo infastidivano.
C’erano cose, un sacco
di cose, che Merlin sapeva fare anche ad occhi
chiusi, perché il principe gliele aveva inculcate sin dal suo arrivo a Camelot;
eppure quella testa di legno si ostinava ora a re-insegnarle a Linette.
E, per quanto si sforzasse, egli
non brillava certo in pazienza.
Con l’andar delle veglie, lo stregone aveva trovato una sorta compromesso che vezzeggiasse l’ego dell’erede al
trono e risparmiasse a lui la fatica. Questo non lo avrebbe dispensato dalle
figuracce, ma almeno gli aveva semplificato la vita.
Per esempio, un mattino sul tardi, ritornando da un
Consiglio di Stato particolarmente barboso, Arthur aveva trovato una Linette fin
troppo di buonumore, accovacciata nei suoi appartamenti, intenta ad affilare la
lama della sua spada.
“Ignoravo che le dame fischiettassero!” le appuntò, ridendo
di lei. “Di solito è una prerogativa maschile… a voi donne non piaceva
cantare?” l’istigò, divertito nell’imbarazzarla.
Merlin divenne paonazzo. “E’ che… che sono terribilmente
stonata…” mentì.
“Allora evita alle mie sensibilissime
orecchie degli sgradevoli rumori!” la minacciò scherzosamente.
Lo stregone gli fece la linguaccia, ma distraendosi calcò
troppo la pietra sul filo della lama, rischiando si rovinarla. Se ne accorse
solo all’ultimo e, convinto che al principe non fosse sfuggito il suo errore, si preparò ad una sonora lavata di capo. E
invece il nobile aveva solo sbuffato, accomodandosi al suo fianco seduto per
terra.
“No, non così.” Le aveva detto, facendosi passare l’arma. “Non
viene ben lustrata, se muovi la pietra in questo verso. Il
movimento del polso è questo.”
Lo scudiero gli cedette più che volentieri il comando
dell’operazione, sgranchendosi le dita per la postura forzata.
Ormai aveva perso il conto di tutte le volte in cui il suo
padrone l’aveva ripreso, per qualcosa di impreciso.
A seconda dei casi, lui ribatteva a tono oppure
semplicemente lo lasciava fare.
Aveva guadagnato almeno cinque lucidature complete della
corazza in quel modo, senza fatica, con la scusa di farsi insegnare al meglio,
per non graffiare il metallo.
E il risultato aveva, senza dubbio, soddisfatto entrambi.
Oltretutto – e Merlin lo sapeva bene –, Arthur non era un
uomo incline al filosofare; perciò tenerlo occupato, in attività manuali e gesti
meccanici, era per lui una valvola di sfogo non dissimile dalla ripetitività
degli allenamenti nell’arena dei combattimenti.
Mentre lo contemplava, intento ad affilarsi la spada da
solo, tutto convinto che fosse l’ennesima proficua lezione per la sua valletta,
il mago si sentì piacevolmente in pace con se stesso e neanche un pochino in
colpa.
“Guarda che mi accorgo che non stai seguendo…” brontolò
l’Asino, allora, richiamando la sua attenzione.
“Ma io stavo
seguendo!” lo contraddisse il servo, raddrizzando le spalle che aveva
rilassato.
“Allora, direi che potresti andare nell’Armeria e fare
pratica con le altre armi ancora da lucidare e da arrotare…”
Merlin deglutì.
“Tu-tutte?”
“Sì, certo! Potrebbe
essere un buon esercizio, visto che il tuo cervello pigro sembra restio ad
apprendere la tecnica.”
Lin chinò il capo, preparandosi mentalmente ai calli sulle mani, ma Arthur, non contento, riprese.
“Persino Gwen, che non è tenuta a farlo, sa smerigliare meglio
di te!”
“Però Guinevere è figlia di…” tentò, come scusante.
“Ho ammirato la sua bravura” proseguì il principe, come se
lei non avesse aperto bocca “quella volta in cui siamo venuti a difendere
Ealdor da quel bandito di-”
Arthur si zittì di colpo, come preso da un pensiero
improvviso e più urgente.
“Ma perché non ti ho visto a Ealdor, quella volta?” la interrogò,
perplesso.
Merlin vagliò in fretta le possibili risposte.
La prima che gli venne in mente era una scusa un po’
patetica sul fatto che lei c’era e lui non l’aveva
notata, troppo preso da altro.
Ma il servitore capiva da sé che non avrebbe minimamente
retto come giustificazione.
Se davvero ci fosse stata, suo cugino l’avrebbe protetta
durante gli scontri e salutata all’arrivo, l’avrebbe incrociata in più momenti del
loro soggiorno e si sarebbe congedato anche da lei prima di partire.
Senza contare che
difficilmente Linette era un tipino che passava inosservato, ma di questo
doveva incolpare solo se stesso.
C’era la variante “Ci
hanno presentato di sfuggita, ve lo sarete scordato”, ma anche quell’idea
faceva acqua da tutte le parti.
E sicuramente lo sguardo in attesa del suo signore non
aiutava a concentrarsi. No, neanche un
po’.
Lo stregone rilasciò un lungo sospirone tremulo.
“Io non vivo a
Ealdor, per questo non mi avete veduta.”
Arthur ricambiò le sue parole con una lunga occhiata. E il
mago riprese a parlare, prima che l’altro potesse fargli altre domande scomode.
“E’ stata una pura coincidenza che, qualche settimana fa, mi
trovassi lì, in visita da mia… mia zia Hunith e che… sì, beh, ho ritenuto
opportuno venire ad avvisare Merlin.”
“Giusto. Hai fatto bene.” Ne
convenne il nobile, passandole la spada affinché fosse riposta nel suo fodero.
Lo scudiero si risollevò da terra ed eseguì senza fiatare.
“Hai già lucidato l’armatura?” si sentì chiedere, mentre era
oltre il separé.
“Sì, Sire.”
“Allora vai nelle cucine a prendere due pasti e torna. Ho fame.”
Merlin sbucò dal paravento.
“Ma…” Cosa doveva
dirgli? Che lo aspettava la sua punizione nell’Armeria? Che non era sera e
quella non era una cena? Che...? “Ma non avevamo
concordato solo per i pasti serali?” riprese, perché era l’argomento meno
spinoso.
Tuttavia Arthur sollevò un sopracciglio, contrariato.
“E dove sta scritto?” sbottò. “Se a mezzodì voglio mangiare
con la compagnia della mia serva, devo forse
chiedere il permesso?”
“Oh, no, Sire, ma…” farfugliò la fanciulla, in difficoltà.
“Preferivi l’affilatura delle spade?” la provocò. “Bene,
allora vai!”
Lo stregone sussultò, perché credeva davvero che l’altro se
ne fosse dimenticato, poi chinò il capo, annuendo.
Di male in peggio...
“Linette?” si sentì chiamare.
“Maestà?”
“Tu davvero non
capisci quando qualcuno si sta burlando di te?” le domandò, cambiando tono e
tornando conciliante.
Merlin risollevò gli occhi su di lui, mordendosi
nervosamente il labbro inferiore.
“Siete voi che siete un pessimo attore! Quel tono così serio
sembrava davvero un ordine!”
“Beh,” sbuffò il principe,
alzandosi anche lui dal pavimento per accomodarsi sullo scranno. “Quello del
pranzo lo era… era un ordine vero.”
“Ah!” soffiò il mago, sentendosi più leggero. Il male minore, no? “Allora provvedo
subito.”
Brontolando un “Con permesso”,
Linette si era eclissata velocemente oltre il portone. Arthur attese che lei
fosse scomparsa, poi sorrise alla volta dell’entrata, scuotendo la testa bionda.
Lo stregone scese per la scalinata, che conduceva ai piani
inferiori, rimboccandosi le gonne.
Ci mancava solo che
lui capitombolasse dalla tromba delle scale e si rompesse l’osso del collo,
mentre Sua Maestà moriva di fame!, pensò, ironico, prestando particolare attenzione
agli scalini infidi. Capriccioso e
viziato com’era, chi l’avrebbe mai sopportato, poi?
Il servitore sorrise tra sé, rischiando di mettere un piede
in fallo.
Beh, in fondo,
mangiare con l’Asino non era poi così terribile come poteva sembrare.
Il cibo era abbondante, caldo e succulento. Ottimo.
E poi compiva anche una duplice buona azione così: saziandosi,
faceva contento il suo asinino padrone e sfamava anche Gaius – a volte,
infatti, Merlin si privava di una parte delle razioni, conservandola, per poi
destinarla al suo anziano mentore che di certo non poteva permettersi pranzi
luculliani come quelli delle cucine reali.
Senza contare che le chiacchiere a tavola erano tutto
sommato piacevoli, benché vagamente monotone. Arthur informava Lin sull’andamento
degli allenamenti, sui progressi di questo o quel cavaliere, sulle tecniche da
approfondire, di attacco e difesa. Poi spaziava in qualche rimembranza
venatoria – con la vana illusione di crederla appassionata all’argomento. Più
raramente, il principe accennava a discussioni fatte col padre, a decisioni prese
o da prendere, in merito a faccende di governo.
Questo suo riserbo non era una questione di mancanza di
fiducia verso di lei. Forse il futuro re credeva che le cose di politica non
fossero affari da donne, ma il mago aveva il forte dubbio che la ragione fosse
un’altra; si era persuaso che Arthur, parlandone con lei, credesse quasi di
violare il vincolo di fiducia che il padre riponeva nel suo erede. In compenso,
però, egli non trovava affatto sminuente sommergere la sua valletta di
lamentele sulla mentalità paterna. E sugli scontri generazionali e caratteriali
che ne conseguivano.
In quei casi, Merlin stava zitto, annuiva placido e
assorbiva i regali malumori. Il suo Destino era anche quello, condividere il
fardello di una reggenza nella lunga strada verso Albion…
Continua...
Disclaimer:I personaggi citati in questo racconto non sono miei;
appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di
essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.
Ringraziamenti:
Un abbraccio a Tao, che sopporta i miei scleri. X3
Note: Come vi
avevo già anticipato, considero questo capitolo un momento di assestamento tra i nostri eroi. Era
inevitabile che certe domande venissero fuori, prima o poi.
Dal prossimo, si ritorna a far penare Merlin; e credo che anche
Arthur saprà stupirvi (in tal caso, me lo direte, vero? *.*)
Come ho già detto all’interno della fic, Merlin può
prendersi qualche piccola soddisfazione che da maschio gli era preclusa. So da
me che certe battute sono davvero esageratamente sfrontate, al limite dell’insolenza, ma Merlin non ci mette cattiveria – questo voglio
che sia chiaro – molto più semplicemente… sa che Linette non finirà alla gogna,
a differenza del suo alter ego maschile.
A volte, è persino civettuolo; ma non è il suo intento e non
se ne accorge neppure! XD
Precisazioni al
capitolo precedente e domande varie: (a random)
- Sono felice che concordiate con me: Arthuria era davvero
un pessimo nome! Povera bimba, sarebbe cresciuta complessata! X°D
- Beh, secondo me non è strano che Linette abbia un mentore:
è chiaro che, avendo preso il posto di Merlin come valletta reale, lei lo abbia
sostituito anche come assistente del medico di corte, da cui deve essere
istruita.
- Arthur non ha accantonato Merlin, tutt’altro. In questo
capitolo ne abbiamo un assaggio, ma fra qualche postaggio capirete cosa intendo
per davvero.
- Morgana arriverà nel prossimo capitolo! ^^
- Ehm… ci terrei a dire che la bimba ha pianto il primo
vagito perché Arthur l’ha involontariamente sollevata bruscamente in alto, non
perché gliel’ha ordinato urlando! ^__=
- Sono contentissima che il capitolo vi sia piaciuto; quando
dite che è il giusto mix di comicità e tenerezza mi riempite di gioia!
^____________^
Eccovi
l’anticipazione del prossimo ma, visto che sapete già che l’argomento su cui
verterà sarà il ricamo, vi lascio un pezzetto diverso, della prima parte del
capitolo con altro argomento:
Arthur si girò, con uno scatto fulmineo, verso la sua
valletta e le tappò le orecchie con le mani, perché non potesse udire quei
disdicevoli, lussuriosi singulti, ma
subito dopo ci ripensò e le coprì gli occhi. “Non è cosa che una signorina
possa vedere” brontolò sottovoce e, prima che Merlin potesse protestare o anche
solo dire qualcosa, se lo trascinò addosso, di peso, trasportandolo fuori a
ritroso.
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Farai felice
milioni di scrittori.
(Chiunque voglia
aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio crede) Come sempre, sono graditi commenti,
consigli e critiche.
Note: il seguente scritto inizia a contenere lievi (e confusi XD)
riferimenti slash; più avanti si avrà lo slash più definito
Note: il seguente scritto inizia a
contenere lievi (e confusi XD) riferimenti slash; più avanti si avrà lo slash più definito.
Riassunto: Merlin
è abituato a salvare la vita all’Asino Reale senza che questi se ne accorga, ma
stavolta non tutto va per il verso giusto. Colpito dall’incantesimo del
malvagio Ardof, il nostro mago farà i conti con una
sconvolgente novità: egli si risveglia trasformato in una donna.
Solo Gaius conosce il suo segreto e, finché non
troverà il modo di tornare normale, dovrà inventarsi delle scuse plausibili e
prendere il posto di se stesso al servizio del principe. Come riuscirà a
conciliare questa ‘nuova situazione’? Come si evolverà il suo rapporto con
Arthur?
Confesso che sono un po’ dispiaciuta per il calo di recensioni di queste
ultime settimane.
Un grazie speciale, perciò, a chi continua a commentare con costanza e a
chi ha iniziato a farlo. *inchin*
Vorrei dedicarla a quelle
persone che hanno recensito il precedente capitolo:
E a quanti commenteranno (SE vi
va di recensire anche dei capitoli più indietro di questo, il vostro parere non
andrà perduto!).
Ai vecchi e ai nuovi lettori.
Grazie.
TheHe in theShe
(l’Essenza dentro l’Apparenza)
Capitolo XXV
Dopo la peripezia vissuta
con Suzanne, per riprendersi pienamente dallo scombussolamento, Arthur aveva
sospeso le battute di caccia per tre giorni – un tempo da lui ritenuto ragionevolmente
distaccato tra la sua voglia di ciondolare per i boschi e il ricordo recente di
ciò che era accaduto per colpa di quella
voglia.
Perciò, quel giovedì mattina, ventunesimo giorno dalla
trasformazione, egli e la sua serva si diressero verso le stalle, di fretta, ai
primi lucori dell’alba.
Il principe, infatti, aveva deciso la sera addietro di fare
una veloce incursione venatoria prima del pranzo di mezzodì, a cui avrebbe
dovuto presenziare, con i delegati dei paesi confinanti. Non poteva mancare e lo
sapeva, altrimenti sarebbe incorso nell’ira di suo padre; ma, tre giorni imbalsamato
nei suoi doveri di erede al trono erano stati fin troppi da sopportare, per lui,
e inoltre moriva dalla voglia di andare nella foresta a stanare qualche preda
di cui poi vantarsi.
In tutto questo, come ormai di consueto, Lin
era con lui e lo stava precedendo all’ingresso.
Tuttavia, appena entrarono nelle stalle varcando il portone,
udirono in lontananza degli equivocabili gemiti soffusi.
Linette si bloccò di colpo e lui,
che le era giusto appresso, quasi le finì addosso.
Facendole segno di far piano, la
anticipò nell’avanzare oltre, determinato a scoprire cosa diavolo stesse
accadendo lì dentro.
Avvicinandosi di soppiatto ad uno dei recinti più discosti e
in disuso, essi videro nella penombra due stallieri adagiati sul fieno, così
impegnati fra loro a scambiarsi effusioni che non avevano notato presenze
estranee.
Arthur si girò, con uno scatto fulmineo, verso la sua
valletta e le tappò le orecchie con le mani, perché non potesse udire quei
disdicevoli, lussuriosi singulti, ma
subito dopo ci ripensò e le coprì gli occhi. “Non è cosa che una signorina
possa vedere” brontolò sottovoce e, prima che Merlin potesse protestare o anche
solo dire qualcosa, se lo trascinò addosso, di peso, trasportandolo fuori a
ritroso.
“Sia chiaro: tu non hai mai visto niente!” le ingiunse appena furono all’esterno, con uno sguardo che
non ammetteva repliche. “Giuramelo.”
“Niente.” Annuì.
“Né sentito nulla.”
“Nulla.” Concordò.
“Bene.”
“Bene.” Ripeté.
“Lin, smettila!” sbottò allora il
principe.
“Sì, Sire.” Rispose il mago, con un inchino. Anche se
francamente non capiva perché Arthur fosse più preoccupato di sincerarsi che
lei tacesse sulla questione, piuttosto che sul fatto che, poco lontano da loro,
due stallieri stessero fornicando piacevolmente tra loro, compiendo atti contro
natura sotto al loro naso.
“Non… non pensate di intervenire?” si ritrovò a domandare lo
stregone.
“In merito a cosa?” chiese l’altro.
“In merito a quello che non
abbiamo visto né udito.” Precisò la
ragazza, calcando bene sulle negazioni.
“No, certo che no.” Rispose, semplicemente. Ma poi,
vedendola parecchio meravigliata, riprese. “Ghillier
e Thomas sono due ottime persone, i migliori maniscalchi di tutta Camelot, e se si vogliono bene sono fatti loro, non miei.”
Le spiegò, con un’alzata di spalle. “Tutt’al più, rammenterò
loro di essere maggiormente prudenti. Mio padre, ad esempio, non approverebbe.
Ma il re non entra mai nelle stalle prima dell’alba, al contrario di noi.” E, non aspettandosi altre repliche, s’incamminò verso
l’entrata del castello.
In altre circostanze, Merlin gli avrebbe ricordato che erano
usciti con l’intenzione di andare a caccia e non per fare due passi avvolti
nelle nebbie antelucane, ma era così sorpreso dalla reazione dimostrata da
Arthur e dalle sue parole che non osò fiatare.
Quell’inattesa flessibilità mentale del principe lo aveva
spiazzato alquanto, ad essere sinceri. Ma la cosa era positiva e non faceva che
accrescere la sua stima verso il futuro re di Camelot.
Del resto, quello era un argomento di cui non avevano mai
parlato, loro due. E su cui, onestamente, lui non si sarebbe mai aspettato di
confrontarsi con quella testa di regal legno. Ma una
sua idea al riguardo – ad essere sinceri – lo stregone se l’era fatta: si
sarebbe aspettato dall’Asino una reazione sproporzionata e bigotta, memore di
certe sue fissità mascherate da perbenismi che sconfinavano quasi nella
superstizione. La magia e il mondo
femminile in testa a tutto, rammentò, memore di certi, recenti avvenimenti.
Mentre osservava la schiena dell’erede al trono allontanarsi
sempre più, Merlin si vergognò di aver pensato male di lui.
Quel Babbeo aveva un sacco di difetti, però a volte riusciva
ancora, piacevolmente, a stupirlo.
E in effetti, se ci pensava bene… anche a lui, una volta, il
principe aveva detto che, quello che un uomo faceva nel suo tempo libero, non
era affar suo, equivocando una situazione alquanto imbarazzante: l’Asino lo aveva infatti scoperto mentre cercava di nascondere un vestito rovinato
di Lady Morgana.
Merlin non sapeva perché d’istinto avesse detto che quell’abito
era una commissione per Gaius, quando aveva
incrociato il proprio signore nel corridoio, ma il risultato era stato vergognosamente
disastroso: quell’aristocratico Idiota aveva frainteso tutto e aveva creduto
che l’indumento fosse per il suo servo e che lui lo avrebbe indossato per, Diosolosapevacosa,
soddisfare certe sue ambigue tendenze.
“Quel colore ti dona!” gli aveva detto Arthur, andandosene
per la sua strada. E a nulla erano valsi i suoi tentativi di spiegazione.
Il mago arrossì nuovamente al ricordo.
Poi sospirò rumorosamente e si decise a raggiungere il suo padrone
perché, se anche la loro battuta di caccia era saltata, di sicuro i suoi
compiti di valletto reale non avrebbero goduto di altrettanto privilegio.
***
La Stanza
del Ricamo era una tra le più luminose del castello; le finestre erano più grandi
del consueto e, benché d’inverno elargissero più spifferi, offrivano
all’ambiente una miglior illuminazione atta allo scopo.
Si diceva che fosse stata Lady Ygraine
in persona a sceglierla, quando si era insediata a palazzo, appena dopo il
matrimonio con re Uther, e nel corso degli anni la
sua destinazione d’uso non era cambiata.
Quando Lady Morgana aveva raggiunto l’età per imparare la
nobile arte femminile del cucito, ella era stata iniziata a tale pratica, che mal si adattava al suo spirito
esuberante e vagamente scapestrato: sinceramente lei non capiva perché al suo
fratellastro fosse concesso di addestrarsi con le spade di legno e a lei,
invece, siffatta attività fosse categoricamente negata.
Dopo una fiera opposizione e un’accanita protesta – il suo
patrigno l’aveva messa in punizione varie volte, per la sua insolenza – la
piccola si era rassegnata a passare lì gran parte dei suoi noiosi pomeriggi.
Questo, naturalmente, intervallato ai dispetti di Arthur e alle lezioni di
Etichetta a cui erano tenuti entrambi a presenziare.
***
Merlin non aveva mai messo piede là dentro, prima di allora.
Come quasi tutti i servi maschi assennati
del castello, si era sempre ben guardato dal curiosare in quell’ala riservata
alle nobili dame.
Lui aveva già il suo bel daffare, a farsi restare la testa
attaccata al collo nascondendo il suo
magico segreto, e non aveva tempo né intenzione di correre dietro a qualche
aristocratica sottana.
Tuttavia, contro la sua volontà, egli si era ritrovato a
varcare quella soglia perigliosa e proibita.
A differenza di qualcun altro, lui non si era mai scoperto attratto
di sapere cosa succedesse durante quelle riunioni. Gli erano bastati i Rituali del Mercoledì del suo padrone, a
fargli passare qualsivoglia curiosità sulle abitudini mondane dei nobili.
Ad ogni buon conto, quando fu immesso nell’assolata stanza,
egli dovette fare buon viso a cattivo gioco. Salutò con un deferente inchino la
protetta del re e tutte le sue dame di compagnia e si accostò a Gwen per rendersi utile in qualche modo.
L’amica, dopo un veloce scambio di parole con la sua
signora, aveva suggerito a Linette di far arrivare
del the e dei dolcetti dalle cucine, poiché a quell’ora, solitamente, si faceva
una pausa.
Il mago fu ben lieto di lasciare il salottino in cui era
appena entrato e propose di andare personalmente a reperire bevanda e biscotti
– impiegando tutto il tempo necessario, e anche di più.
***
Era tutto di una noia
mortale.
Merlin trattenne a stento l’ennesimo sbadiglio, ma solo
perché farne tre di fila sarebbe stato alquanto maleducato, da parte sua. Eppure davvero, davvero, stava morendo di
noia.
Dopo aver degustato tutte assieme la merenda che lui aveva
servito senza grossi danni, ogni gentildonna aveva ripreso il proprio lavoro
dal punto in cui lo aveva interrotto.
Aleggiava un silenzio di tomba nella stanza, intervallato
solo da qualche sospiro o da un suggerimento chiesto o offerto, in un
particolare punto della trama di un intricato intreccio. Il tutto bisbigliato
sottovoce, come se si potesse disturbare la concentrazione altrui.
Lo stregone, che di impugnare ago e filo s’era rifiutato, si
era invece offerto di girare l’arcolaio, per dipanare le matasse e sistemare le
rocche terminate con la pregiata lana.
Quest’impiego però era tedioso, gli teneva occupate le mani
ma non la mente.
Egli lasciò vagare lo sguardo sul gruppo di comari più
anziano, una decina di stagionate matrone sedute in cerchio fra loro, come
un’intoccabile casta, e poi sul gruppetto più piccolo di
giovani aristocratiche – figlie o mogli dei cavalieri dell’esercito Pendragon – con le loro vallette.
Lady Morgana spiccava fra loro, accanto all’inseparabile
Guinevere.
Solo quando un vagito riempì l’aria, lo scudiero s’accorse
di una culla messa in disparte, in un angolo.
Una delle dame di compagnia fu lesta ad alzarsi dallo
sgabello per andare a controllare, mentre la moglie di Sir Beltrame osservava
vigile.
Lo stregone sapeva di quest’usanza perché gliel’aveva
anticipata Gwen: qualche giorno dopo la nascita del
bimbo, appena la puerpera si era ristabilita, tutte le dame si erano riunite
con lei per tenerle compagnia e cucire assieme, passandosi il pupo fra le
braccia a turno.
Era assurdo fare i
corredini a mano, lì dentro erano tutti così ricchi da far schifo. Si era
detto lui.
Quelle donne potevano comprare
tutto ciò che volevano, anche le cose più costose, e invece no.
Erano tutte lì,
gioiose e festanti, contente di pungersi le dita con gli aghi.
Abbandonato nelle sue riflessioni, Merlin probabilmente si
era perso un segno convenuto o qualcos’altro di cui ignorava l’esistenza. Prima
che potesse raccapezzarsi, le signore più anziane s’erano levate in piedi, in
procinto di andarsene in una lenta processione.
Egli lanciò un’occhiata distratta alla candela più vicina: stando
a quanto gli aveva detto Arthur, mancava ancora circa un’ora alla fine della
nona veglia e al termine di quel supplizio.
Che avessero deciso di
concludere prima, quella sera?,
si chiese, colmo d’improvvisa speranza.
Quando realizzò che, anche se l’ultima
matrona se n’era andata, Lady Morgana non accennava a schiodarsi da lì, le sue
illusioni andarono in frantumi.
L’atmosfera della stanza, però, cambiò di colpo,
radicalmente.
Lady Narcissa tirò fuori, chissà
da dove, un’arpa finemente intarsiata e prese a strimpellare una dolce melodia,
mentre le ragazze si avvicinavano fra loro, in fermento, come un piccolo
formicaio calpestato.
Lady Myral estrasse dal suo cesto
del ricamo un piccolo flauto, intonando una lieta ballata.
Alcune fanciulle, a quel suono, improvvisarono alcuni passi
di danza.
Merlin sbatté le palpebre, stordito dalla velocità con cui
tutto sembrava essersi trasformato lì dentro.
Alcune vallette delle cortigiane si erano accostate a lui, presentandosi,
e scambiando qualche domanda di cortesia.
Quando fu il turno di Lady Morgana di richiedere la sua
attenzione, lo stregone si irrigidì impercettibilmente, e tuttavia le si
appressò, facendo una riverenza.
“Mia Signora.” La salutò, chinando il capo.
“La prima parte dei nostri incontri è sempre abbastanza
noiosa.” Rispose l’altra, saltando i preliminari. “Del resto, però, dobbiamo
pur conservare una parvenza di rispettabilità!” gli confidò, sorridendogli in
modo complice. “Sei pregata di giurare che non racconterai ad alcuno ciò che
sentirai o vedrai qui dentro.”
“Giu-giurare?” balbettò, ansando.
“Esatto. Fa parte del Rito. Non ne potrai
parlare. Neppure al mio fratellastro. Nulla.”
Precisò. “Puoi mentire, se ti va.” Le suggerì.
“M-ma… ma…”
Con la coda dell’occhio, il mago vide passare un vassoio carico
di calici traboccanti, ed era certo che quello non fosse the.
“Giura, avanti!” la incalzò la protetta del re. “Su ciò che
hai di più caro!”
“Sì, sulla testa del principe!” suggerì qualcuna, una voce
che Merlin non riconobbe.
Le altre ragazze, a quell’affermazione, scoppiarono a
ridere.
Morgana invece arricciò il nasino, infastidita.
“Quasi tutte loro hanno giurato sulla testa del mio
fratellastro!”
Oh, questo forse
poteva spiegare perché l’Asino avesse sempre così tanta sfortuna che gli girava
attorno!
“Tu però puoi giurare anche su altre sue parti!” la incitò un richiamo.
“Com’è, nudo?”
s’interessò una dama all’altro lato della stanza.
“Ma è vero che il principe ha una voglia scura nell’interno
della coscia destra?” s’incuriosì una serva, rivolta a Linette
con uno sguardo folle.
Merlin sussultò, boccheggiando.
Dio!,
ma dov’era capitato?!
“Sì, che ce l’ha!” confermò un’altra per lui.
“E tu come lo sai?!” l’istigò una
terza.
“Me l’ha detto una tizia, che l’ha saputo da un’altra tizia,
che l’ha saputo da Madama Boccadirosa!”
“E il nostro principe andrebbe con una donnaccia come quella?!” si scandalizzarono le altre.
“Linette!” l’assalirono. “Il
principe va a donnacce?!”
“Non… non lo so…” fu costretto ad ammettere, sotto lo
sguardo indagatore delle altre. “Non sono affari miei… con chi si intrattiene.”
“E il neo?” insistette una dama.
“Dicono che sia il suo punto più sensibile!” rincarò la sua
vicina.
“Ohhhh…” chiosarono in coro le
altre.
Il mago scosse il capo.
“Ignoro pure quello.” Le deluse. “Sua Maestà si cambia
sempre oltre il paravento, al di là da sguardi indiscreti e io non partecipo ai
suoi bagni, sicché non ho mai avuto modo di verificare e non ne sapevo nulla di
tale, presunta esistenza.”
“Tu però sei così avvantaggiata!”
la invidiò una serva con le lunghe trecce bionde.
“Oh, sì! Passi un sacco di tempo con lui!”
“Realizzi tutti i suoi desideri…”
“Ti occupi dei suoi bisogni!”
Lo stregone ebbe un moto d’insofferenza.
“Certo! Vuotare
il suo regale vaso da notte è un raro privilegio che mi è concesso!” ironizzò,
facendole però ridacchiare, come se avesse detto una cosa buffa.
“Devi ancora giurare!” gli rammentò Morgana, riportandolo
all’argomento iniziale.
“Sul principe!” la invitarono all’unisono le rimanenti.
“N-no… io… io giuro su mio cugino
Merlin: non fiaterò.” Promise, ritrovandosi un boccale fra le mani con cui
brindare.
E il patto fu siglato da un fragoroso applauso.
Continua...
Disclaimer:I
personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma
di lucro, da parte mia.
Ringraziamenti:
Un abbraccio a Tao, che sopporta i miei scleri. X3
Note: Se dovessi
dare un titolo al capitolo, direi che questo è quello dei giuramenti: Merlin è
costretto a giurare di mantenere due segreti nello stesso giorno, prima con Arty e poi con MorghyX°D
Su, dai… che ne pensate della reazione di Arthur alla
scoperta dei due amanti?
E poi eccoci alla tanto sospirata Lezione di Cucito!
Vi avevo anticipato a suo tempo che i pomeriggi di ricamo di
Morghy, per me, sono come i pigiama-party del Medioevo
e il meglio (il peggio?) deve ancora arrivare!
Però… prima di cominciare a gridare “all’OOC!” di Morgana,
vi chiedo la cortesia di aspettare di leggere anche la seconda e ultima parte,
in cui avrete il quadro completo, e vi darò le mie motivazioni sul perché l’ho
immaginata così. Poi chiaramente ognuno potrà dirmi cosa ne pensa ed
eventualmente criticarla.
Non vorrei anticipare nulla su di lei, per non rovinarvi la
lettura.
Il ricordo di Merlin sulla figuraccia col vestito femminile
è un libero riadattamento dell’abito per Freya
(puntata 2x09 “La signora del lago”). Come ho più volte detto, questa mia fic si innesta dopo la fine della prima serie, prima dei grandi eventi catastrofici della seconda (Gwen-Banderuola, Incubi Morgana, Morgause…)
ma alcuni eventi della seconda serie possono venir presi e riadattati per altri
scopi.
Precisazioni al
capitolo precedente e domande varie: (a random)
- Sì, ai nostri eroi non possono accadere solo disgrazie!
Ogni tanto devono pur tirare il fiato con un capitolo tranquillo! XD
- Beh, sì. Arthur ama potersi vantare di quant’è bravo,
perciò Merlin fa bene a lasciarglielo fare, se in
cambio ci guadagna il lavoro fatto!
- E’ vero che a volte Merlin sembra più una moglie che una
serva, solo che non lo fa di proposito!
- Come sempre, sono contenta che i battibecchi e la routine
tra loro vi piaccia!^^
- Se anche Arthur cominciasse a sentire la mancanza di
Merlin, non dimenticate che il servo è via solo da un paio di settimane, non
sarebbe virile, da parte del
principe, lagnarsi di già.
Eccovi
l’anticipazione del prossimo:
Lo stregone le rivolse la sua più completa attenzione.
“Quel discorso che avete fatto sull’erede del mio padrone.
Beh, ecco… ero solo curiosa. Nell’interesse del mio
signore, s’intende.”
“Era semplicemente un sogno, Linette
cara.” Le sorrise premurosa. “A
volte capita che io faccia sogni bizzarri. La gravidanza di Lady
Beltrame deve avermi condizionato un po’. Ecco tutto.” Si
schermì.
“Certo, Milady. I sogni sono solo sogni.” Ne convenne Merlin, chiudendo
la questione e separandosi da lei con un saluto. “Vi auguro una buona serata,
Mia Signora.”
Un avviso tecnico: da
qualche settimana ho ripreso a lavorare, anche se non ancora a pieno regime.
Tuttavia, impegni di vario tipo mi impediscono di avere la
serenità mentale per sistemare i capitoli già scritti e aggiornare con
regolarità. Vi invito a controllare ogni tanto nel mio account: in caso di
ritardi, essi saranno segnalati nel mini-forum.
Colgo l’occasione per ringraziare tutti quelli che hanno
commentato il mio drabble “My First Friend” che si è classificato terzo, e per
invitarvi a leggerlo, se non l’avete fatto. ^^
Campagna
di Promozione Sociale - Messaggio
No Profit:
Dona l’8‰ del tuo tempo alla causa
pro recensioni.
Farai felice
milioni di scrittori.
(Chiunque voglia
aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio crede) Come sempre, sono graditi commenti,
consigli e critiche.
Note: comincio scusandomi del ritardo, impegni professionali e familiari
frammentano il mio tempo al pc rendendo impossibile sistemare i capitoli come
vorrei
Note: comincio scusandomi del ritardo,
impegni professionali e familiari frammentano il mio tempo al pc rendendo impossibile sistemare i capitoli come vorrei.
Per
fortuna che questo l’avevo scritto a luglio, altrimenti non so quando avrebbe
visto la luce.
La
seconda cosa che mi sento di dire, all’indomani della prima puntata della terza
serie e dopo aver letto tutti gli spoiler generali in circolazione, è che eventuali coincidenze future con essa sono appunto casuali coincidenze. La trama di questa fic è già scritta e
va solo sviluppata, se gli autori copieranno le mie idee, non è colpa mia! ^__=
Il
seguente scritto inizia a contenere lievi (e confusi XD) riferimenti slash; più
avanti si avrà lo slash più definito.
Riassunto: Merlin
è abituato a salvare la vita all’Asino Reale senza che questi se ne accorga, ma
stavolta non tutto va per il verso giusto. Colpito dall’incantesimo del
malvagio Ardof, il nostro mago farà i conti con una
sconvolgente novità: egli si risveglia trasformato in una donna.
Solo Gaius conosce il suo segreto e, finché non
troverà il modo di tornare normale, dovrà inventarsi delle scuse plausibili e
prendere il posto di se stesso al servizio del principe. Come riuscirà a
conciliare questa ‘nuova situazione’? Come si evolverà il suo rapporto con
Arthur?
Un grazie per il caloroso affetto e le mail di sostegno in questo
periodo incasinato.
Non mi avete disturbata chiedendomi quando avrei aggiornato, anzi. Mi
fate capire quanto ci tenete alla mia creaturina e la
cosa mi riempie di gioia!
Vorrei dedicare il capitolo a
quelle persone che hanno recensito il precedente:
E a quanti commenteranno (SE vi
va di recensire anche dei capitoli più indietro di questo, il vostro parere non
andrà perduto!).
Ai vecchi e ai nuovi lettori.
Grazie.
TheHe in theShe
(l’Essenza dentro l’Apparenza)
Capitolo XXVI
Com’è il principe
appena sveglio? Ma davvero non gli fai il bagno? Oh, beata te
che lo vedi mezzo svestito!
Merlin stentava a credere alle sue – considerevoli –
orecchie.
Egli era inorridito, diventando vagamente cianotico a furia
di trattenere il respiro per non farsi scappare tutto lo sconvolgimento che
sentiva dentro.
Pregava solo di sprofondare sottoterra all’istante. E addio Arthur, addio
Medaglia, addio Destino, addio Albion.
Eppure non successe, nessun Dio dell’Antica Religione venne
in suo soccorso, mentre udiva – contro la sua volontà – l’ennesima lascivia
confidenziale.
Ma dov’erano finite le
donzelle pudiche e costumate?!
Oh, cielo! Persino la
morigerata Gwen sorrideva di quegli argomenti
oltremodo dissoluti e volgari!
I Rituali del
Mercoledì gli sembravano un niente,
al confronto di quel branco di maniache esaltate!
Altro che proteggere l’erede al trono dai malvagi progetti
di Ardof! Il
vero pericolo erano loro!
Egli rabbrividì, immaginando il suo signore dato in pasto a
quel gruppo di fanatiche.
E Morgana non diceva
niente! Semplicemente, non interveniva mai, e ascoltava indulgente
quei loro folli deliri, che ruotavano principalmente attorno al principe
– e ai meravigliosi capelli biondi del principe, agli occhi di cielo terso del
principe, alla virile prestanza del principe, al sorriso ammaliatore del
principe, al coraggio del principe, all’ardimento del principe, alla nobiltà
d’animo del principe – sfiorando poi, più o meno casualmente, gli altri cavalieri del principe.
Le mogli lì presenti, a prima vista, gli erano sembrate più pacate, e devote ai mariti,
quantunque si lamentassero che il principe sfiancava troppo i rispettivi
consorti durante gli allenamenti, a tal punto che – talvolta – i loro doveri
coniugali ne risentivano.
“L’altra sera, il mio Ennis è
crollato. Si è addormentato fra le mie cosce, mentre…”
“D’accordo, Lucille, abbiamo
capito!” s’intromise una sua vicina, battendole una mano sulla spalla per
consolarla.
“Anche al mio Stafford
è successa la stessa cosa!” Riconobbe un’altra, ottenendo il medesimo conforto
da chi le era accanto.
“A me non capita di sicuro!” replicò invece una terza, inacidita
“perché mio marito prende sonno sempre prima
di arrivare nella camera da letto! Così dopo mi tocca far chiamare i garzoni,
perché lo trascinino sino al baldacchino!”
“Certo! Il vostro sposo è un vero colosso!”
rifletté una giovinetta, impressionata dalla mole di costui. “Deve usare
molta energia, per muoversi tutto il dì.”
“Mangia come un maiale, infatti!” lo disprezzò la moglie. “E
se non si decide a ingravidarmi, io cerco altrove!” minacciò, più per far scena
che per reale convinzione.
Le sue parole ebbero l’effetto di scatenare un vespaio:
c’era chi le esprimeva la propria solidarietà incondizionata da anni di femminile
sorellanza e altre che erano inorridite dalla proposta provocatoria.
“Non… non stavate dicendo sul serio…” disse,
pavida, la sua valletta, preoccupata delle possibili ripercussioni su di lei.
“Per ora no, mia cara. Poi si
vedrà.” Tagliò corto l’altra.
“E poi uno si chiede perché una dama cerchi un amante!” scoppiò
allora una fanciulla diversa, che Lin non
riconosceva.
“Parole sante!” le diede corda un’altra. “Ci obbligano a farlo!”
Merlin aveva perso il conto delle volte in cui era
arrossito, di fronte a tanta spudoratezza.
Quelle donne non si facevano alcuno scrupolo a parlare dei
loro fidanzanti, mariti o promessi sposi, oppure delle tresche più o meno
segrete, ordite a Camelot.
“Ho una domanda per voi!” aveva incominciato Lady Leah, dal nulla, ad un certo punto. “E’ forse vero che Gaius ha avuto una storia di gioventù con Lady Millasia?”
“Ma no!” sbottò una delle comari meno giovani.
“Io dico di sì!” la contraddisse la sua vicina di panca.
“Da giovane doveva essere stato un bell’uomo…” vaneggiò Lady
Bagrelle.
“Già!” confermò un’altra. “E pure colto, e istruito!”
enumerò.
“L’età è quella…” considerò una serva. “Intendo dire che
sono probabilmente coetanei…”
“Magari l’ha sempre amata, ma non gliel’ha mai confessato!”
fantasticò la figlia maggiore di Sir Dewin, facendole
sospirare affrante.
“Sì, non avrà osato!
Perché lei è di nobili origini!”
“E Lady Millasia non si è mai
maritata!”
“E’ vero!” “E’ vero!” confermarono
due cori ben distinti.
“Avrà atteso per lunghi anni, vivendo di piccoli cenni e
sguardi rubati…”
“Ohhhh…” l’ennesimo sospiro
generale.
“E probabilmente lei aspetta ancora, invano, la sua
proposta…”
“Che amore sfortunato…”
“Lui però è sempre così gentile con lei!” appuntò qualcuna.
“Oh, sì! Le lancia certe occhiate! A lei,
e anche ai suoi adorati gattini!”
Merlin sbatté la testa contro il legno dell’arcolaio, per
placare un eccesso di esasperazione.
Cosa ne volevano
sapere, loro, della vita del suo mentore?!
Lui odiava i gatti spelacchiati di quella vecchiaccia!
Era veramente sul punto di mandarle regalmente al diavolo e
di suggerire loro di farsi gli affari propri, quando – siccome
nessuna sembrava possedere la verità e la discussione s’era incagliata – una di
loro prese l’iniziativa su altri argomenti, facendogli perdere l’occasione di
dire quello che pensava.
“E allora, Theresa, Sir Martin si è fatto avanti con te?”
domandò costei, rivolta ad una giovane particolarmente timida. Merlin si sentì subito in sintonia con lei.
“Non… non ancora…” balbettò ella, abbassando pudicamente lo
sguardo. “Aspetta l’Investitura, poi parlerà a mio padre…”
“Tu però non gliela dare!” le urlò contro una delle più smaliziate,
facendo imporporare la giovane e anche
Merlin.
“E tu, Paula?”
“Eh! Ci stiamo lavorando…” dichiarò la
ragazza, sibillina. “Maurice è un po’ lento a capire…”
“Ma è lesto di mani!” ribatté qualcun’altra, scatenando una
risata generale.
“Gwen!” disse qualcuna fra loro, il
mago fissò l’attenzione su quella che credeva essere la valletta di Lady Ryna. “Hai poi risposto all’invito di Michael?”
Quale invito?, si domandò. Perché non gliene aveva parlato?
Lo stregone scrutò allora l’amica, curioso
di sentire la sua replica.
Ma sembrava fosse un vizio, quello di rispondere in vece
altrui.
“Guinevere attende il ritorno del suo Lancelot!”
spiegò la giovane accanto a Gwen, facendola sorridere
un po’ impacciata, annuendo per conferma.
“Coraggio, prima o poi tornerà a prenderti come ha
promesso!” la rincuorò la stessa ragazza che aveva posto la domanda.
“Linette?” la chiamò allora la
moglie di Sir Charles, vedendo che non stava partecipando ad alcuna
discussione.
“Milady?”
“Nessun giovane attira il tuo interesse?” domandò.
“Oh!” rispose un’altra, per lei. “E’ Linette che li attira!
Metà degli stallieri reali le muore dietro! Parola mia!”
giurò.
Merlin sussultò, diventando scarlatto.
“No, no… io non…”
“E’ vero!” confermò la figlia di una delle cuoche. “Tutte le
fortune a lei!”
“Marcus, per esempio, è un gran pezzo di figliolo!”
s’intromise una terza voce.
“Potresti dargli spago!” si sentì suggerire.
“E Vincent voleva chiedere al principe il permesso di
corteggiarti!”
“NO!” ansimò il mago, sgranando gli occhi.
“Sì!, me l’ha detto mio cugino!”
confermò la ragazza. “E lui sa sempre tutto!”
“Tobias invece se la mangia con
gli occhi!” considerò una biondina; parlando di lei, come se Linette non fosse stata presente nella stanza.
“E, perché, Oliver no?!” polemizzò
la nipote del fabbro, Laurine.
“Laurine!” l’apostrofò una delle comari. “Oliver non conta,
va dietro a tutte!”
“Sì, è un maledetto
donnaiolo!”
“Danah!” la sgridò una di loro.
“Non si dice maledetto! Si dice porco!”
Le altre scoppiarono a ridere, dandole ragione.
“Ha messo incinta la figlia del calzolaio, e poi se n’è
lavato le mani!” bisbigliò una moretta, con l’aria di chi è ben informata sui
pettegolezzi.
“E anche la moglie del panettiere!” aggiunse un’altra,
disgustata dalla faccenda.
“Ma no!”
“Ti giuro!” confermò la donna, nauseata.
“Qualcuno dice che Oliver se la fa anche con Lady Astrid…” buttò là una delle figlie di Sir Gaudis.
“Ma questa notizia è vecchia!” protestò una delle donne
sedute più in disparte.
“D’altronde, si dice che suo marito non le dia soddisfazione
a letto…” malignò un’altra, con tono saputo.
“E’ colpa del principe che sfianca troppo i nostri uomini!”
ritornò a ripetere una delle comari, raccogliendo diversi consensi.
“Il principe si stanca tanto quanto loro!” si sentì in
dovere di giustificarlo Merlin, prendendo parola di sua iniziativa per la prima
volta, e pentendosene un istante dopo, quando fu circondato da tanti sorrisetti
che sembravano dirla lunga.
“Ma senti-senti come difende il
suo padrone!” ghignò Lady Aurora, sgomitando con la sua dama di compagnia.
“Presto anche lui dovrà cercar moglie e allora, forse,
lascerà un po’ in pace i nostri uomini!” si augurò una di loro.
“Sì, re Uther pretenderà un discendente,
e in quel momento perfino lui investirà le sue energie altrove!” profetizzò la
moglie di Sir Victor.
“Ohhh….” Sospirarono le fanciulle
più giovani all’unisono, facendo venire la pelle d’oca al mago.
“Chissà chi sarà la fortunata!” trasognò Laurine.
“Non desiderate anche voi un bimbo, Lady Morgana?” chiese
una delle damigelle, cullando il primogenito di Lady Beltrame.
Ella sorrise.
“In realtà, sapete,” replicò, in
tono svagato, “ho sognato giusto qualche notte fa l’erede al trono di Camelot…”
“Il principe Arthur?!” chiocciarono
in coro le altre nobildonne, intrigate.
“No, mie care. Il suo
erede.”
Tutte le dame socchiusero le labbra in una ‘O’ perfetta, in
trepidante attesa.
Tuttavia Morgana non sembrava intenzionata a continuare.
Merlin cercò il suo sguardo e, incrociatolo per un istante, la protetta del re
parve voler aggiungere altro. Però tacque.
Il discorso cadde nel dimenticatoio, e si passò oltre. Ma il
mago non dimenticò, e ci rimuginò sopra per il resto del tempo, ascoltando solo
distrattamente ciò che aveva canalizzato l’attenzione di tutte: era loro
consuetudine, infatti, leggere in quegli incontri dei romanzetti che certi
cantastorie vendevano alle dame annoiate nelle corti.
Uther, se lo avesse saputo, li avrebbe fatti
bruciare sul rogo all’istante, i romanzetti e anche i cantastorie.
“Siamo arrivate al punto in cui il Capitano Alistair incontra Lady Isabella e la fa sua!” rammentò una di loro, sfilando dal cesto del ricamo un
anonimo libriccino. “Proseguiamo?”
“Sì, proseguiamo!” concordarono le altre, ma Lady Morgana si
oppose.
“No, mie care, si è già fatto tardi.” Motivò, indicando il
lumicino della candela ormai morente.
Giusto in quel mentre rintoccò la campana del vespro,
facendole sbuffare infastidite.
“Allora continueremo la prossima volta…” si rincuorarono a
vicenda.
***
Quando Linette se ne andò da lì,
quella sera, Gwen stava ancora raccogliendo le
scatole da cucito della sua padrona, Morgana invece decise di unirsi a lei, nel
fare ritorno verso le proprie stanze.
La valletta non si oppose, ma le lanciò una lunga occhiata
di sottecchi.
“C’è qualcosa che desideri chiedermi?” le domandò Lady
Morgana, quando furono sole, in prossimità di un anfratto del corridoio.
Lo stregone le rivolse la sua più completa attenzione.
“Quel discorso che avete fatto sull’erede del mio padrone.
Beh, ecco… ero solo curiosa. Nell’interesse del mio
signore, s’intende.”
“Era semplicemente un sogno, Linette
cara.” Le sorrise premurosa. “A
volte capita che io faccia sogni bizzarri. La gravidanza di Lady
Beltrame deve avermi condizionato un po’. Ecco tutto.” Si schermì.
“Certo, Milady. I sogni sono solo sogni.” Ne convenne Merlin, chiudendo
la questione e separandosi da lei con un saluto. “Vi auguro una buona serata,
Mia Signora.”
Quando il mago era ormai già in prossimità di una svolta, Morgana
lo richiamò. “Linette?”
Egli girò il capo verso di lei, rallentando appena.
“Sarà una bellissima bambina, con i capelli neri come la
notte e gli occhi azzurri.” Le disse, tutto d’un fiato. “La chiamerà Ygraine, come sua madre.”
Merlin rimase lì, impietrito, mentre uno strano batticuore
gli rimbombava persino in gola.
Le annuì solamente, ringraziandola con gli occhi.
Morgana ricambiò il saluto e scomparve alla prima
biforcazione.
Il discorso sui discendenti, che avevano fatto lui e l’Asino
appena qualche giorno addietro, fuori dalla casa di Suzanne, gli parve d’un
tratto lontanissimo nel tempo e vergognosamente inconsistente.
Il figlio di Arthur.
Gli sembrava quasi una pazzia.
Per lui, il principe era ancora un idiota immaturo, dal
cervello borioso e dal cuore buono.
Non riusciva ad immaginarselo padre. Nemmeno con la più fervida immaginazione.
Era un concetto così distante
e scombussolante, che per un momento si accorse di avere lo stomaco
ingarbugliato in un nodo.
Ma se la profezia di Morgana era vera, ciò stava a
significare che lui avrebbe portato a compimento il loro destino, proteggendo
Arthur fino a renderlo re di Camelot e della futura Albion.
Non sapeva quanto in là la strega fosse andata nel futuro,
ma la cosa gli creava le vertigini.
Il suo Asino Reale
e la propria consorte avrebbero generato un erede. Un erede.
Merlin sentì le palpebre pungere, e tuttavia non sapeva
perché. Allora deglutì a vuoto, ma scoprì che non ci riusciva.
Continua...
Disclaimer:I
personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma
di lucro, da parte mia.
Ringraziamenti:
Un abbraccio a Tao, che sopporta i miei scleri. X3
Note:
Allora… in molte avete detto che Morgana risulta IC, ma avevo promesso che
avrei spiegato come mai Morghy sia così e il mio ragionamento è
questo: mi piace pensare che queste ‘seconde parti’
delle Riunioni di Cucito siano la sua piccola forma di ribellione a qualcosa
che le è stato imposto. Ella è stata investita, suo malgrado, del ruolo
di ‘Signora del Castello’ perché è la nobile più altolocata dopo Ygraine, ed era ovvio che dovesse presiedere quei momenti
di vita sociale femminile. Certo è che, poi, lei ha trovato un modo tutto suo per allietare le altre dame!
Morgana presiede questi incontri, per regalare un attimo di
spensieratezza alle altre ragazze del castello, ma penso abbiate notato quanto,
in realtà, lei se ne discosti. Sembra sempre rimanere un po’ in disparte, senza
intervenire, e questo lo nota anche Merlin.
Ecco, il mio eventuale dubbio era che apparisse troppo frivola, cosa che io non reputo
assolutamente al carattere di Morgana. E’ anche vero che, essendo questa storia
innestata dopo la fine della prima serie, abbiamo un personaggio abbastanza
sereno, non ancora così oberato dagli incubi angst come
lo è stato nella seconda serie né influenzato negativamente dalla presenza di Morgause.
La fine del capitolo è un momento breve, rispetto alla
baraonda che lo precede, ma mi ha coinvolto tantissimo a livello personale,
spero che l’emozione e il turbamento che coglie Merlin arrivi fino a voi.
Vi facilito la vita, perché sono buona. Tutti gli stallieri
citati li abbiamo già incontrati in precedenza e tutti avevano espresso
interesse per Linette, scatenando la gelosia del
principe, ricordate? Solo che Merlin non se n’era accorto.
E allora la domanda che dovreste porvi è: se quel discorso è
vero, quindi anche la cosa della voglia sulla coscia è vera o no? E Arthur va a donnacce? XD
Precisazioni al capitolo
precedente e domande varie: (a random)
- Voi non sapete quanto io sia contenta che la sorpresa di
Merlin sia anche la vostra!
Davvero, sono felice che Arthur vi abbia stupito
positivamente! ^______^
Vi avevo detto, a suo tempo, che mi piace caratterizzare il
principe in un certo modo, secondo me lui ha tanto da dare, e non è un idiota
integrale come talvolta ce lo passano nel TF! XD
Nel corso della fic, in futuro, vi
sorprenderà ancora di più, fidatevi! ^__=
Il mio scopo era proprio quello di farvi identificare in
Merlin riguardo la sua reazione alle parole del
principe sugli stallieri, ma in realtà, se ci pensate bene, è un comportamento
coerente con quanto detto dall’Asino nella puntata già citata e rammentata da
Merlin stesso: Arthur aveva detto al suo servo che poteva tranquillamente avere
passioni particolari (direi che fare
la drag queen rientra fra queste), se la cosa non avesse influenzato i suoi
doveri! Vi pare poco?! Quest’affermazione nel telefilm
è importante e sconvolgente per la mentalità bigotta del tempo, anche si ci troviamo in un fantamedioevo!
XD
E allora io dico: e che saranno mai due gay?
Comunque è interessante la teoria che avete sollevato del
“finché tocca agli altri non è un problema, ma se poi il gay sono io allora la
faccenda cambia…”
Io dico solo che, in questa fic,
Arthur e Merlin dovranno condividere ancora un sacco di cose insieme e questi
eventi li segneranno in qualche modo nel bene e nel male.
Come già detto, ripeto solo: non date nulla per scontato.
- Non conosco Greek, ma direi che
il patto/giuramento per entrare in un gruppo/confraternita esiste dalla notte
dei tempi! XD
A Merlin è andata bene! non gli
hanno chiesto anche una prova di coraggio per testarne la fedeltà! XDD
- Le “vecchiettedecrepitekefannopartediqualchesetta”
mi ha fatta morire dal ridere!!
Eccovi ben due anticipazioni
del prossimo capitolo:
“Ah, Sire?”
“Mh?”
“Ma voi, per caso, avete una voglia scura all’interno della
coscia destra?”
Arthur sputò il vino che stava bevendo, tossendo
rumorosamente, perché il liquido gli era andato di traverso.
(…)
“Sto per mooorire…” piagnucolò il
giovane apprendista, accartocciandosi su se stesso, sofferente.
“La magia di Ardof!
Forse l’incantesimo sta cambiando?!” ipotizzò il
medico.
Infine: Ho raggiunto stamattina
le 285 preferenze come autrice tra gli utenti di EFP, e molti vengono da questo
fandom.
Grazie della fiducia. *inchin*
Un grazie anche a _Diane_,
Dasey91, e Fix89thebest per i commenti agli arretrati^^
Campagna di Promozione
Sociale - Messaggio No Profit:
Dona l’8‰ del tuo tempo alla causa
pro recensioni.
Farai felice
milioni di scrittori.
(Chiunque voglia
aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio crede) Come sempre, sono graditi commenti,
consigli e critiche.
Note: comincio nuovamente scusandomi del ritardo, impegni professionali
e familiari frammentano il mio tempo al pc rendendo impossibile sistemare i
capitoli come vorrei
Note: comincio nuovamente scusandomi
del ritardo, impegni professionali e familiari frammentano il mio tempo al pc rendendo impossibile sistemare i capitoli come vorrei.
Per fortuna ho ancora alcuni capitoli già scritti a luglio (avevo preventivato
questo momento incasinato e mi ero premunita), altrimenti mi vedrei costretta a
sospendere la fic.
Per
farmi perdonare un po’ l’attesa, questo capitolo è il più lungo scritto finora.
Il
seguente scritto inizia a contenere lievi (e confusi XD) riferimenti slash; più
avanti si avrà lo slash più definito.
Riassunto: Merlin
è abituato a salvare la vita all’Asino Reale senza che questi se ne accorga, ma
stavolta non tutto va per il verso giusto. Colpito dall’incantesimo del
malvagio Ardof, il nostro mago farà i conti con una
sconvolgente novità: egli si risveglia trasformato in una donna.
Solo Gaius conosce il suo segreto e, finché non
troverà il modo di tornare normale, dovrà inventarsi delle scuse plausibili e
prendere il posto di se stesso al servizio del principe. Come riuscirà a
conciliare questa ‘nuova situazione’? Come si evolverà il suo rapporto con
Arthur?
Grazie di tutte le recensioni ricevute. *inchin* Spero che la
storia rimanga all’altezza delle vostre aspettative!
Vorrei dedicarla a quelle
persone che hanno recensito il precedente capitolo:
E a quanti commenteranno (SE vi
va di recensire anche dei capitoli più indietro di questo, il vostro parere non
andrà perduto!).
Ai vecchi e ai nuovi lettori.
Grazie.
TheHe in theShe
(l’Essenza dentro l’Apparenza)
Capitolo XXVII
Gli ci era voluta quasi un’ora per
ritornare padrone di sé, dopo le parole di Morgana.
E quell’ora l’aveva passata accucciato in una nicchia del
corridoio, a sviscerare ogni frase detta e soprattutto a cercare di capire il
perché delle proprie reazioni.
Peccato non ci fosse
riuscito.
Lui non era mai stato
bravo a mentire agli altri, figurarsi a se stesso.
E tuttavia si convinse che era stata tutta colpa della
sorpresa.
Era lecito rimanere stupiti da quella premonizione inattesa
– se tale era realmente – e per un attimo era semplicemente rimasto soverchiato
dalla notizia. E dalle sue implicazioni.
Ma, analizzare più a fondo i sentimenti che aveva provato in
risposta al sogno della nobildonna, avrebbe implicato l’aprire porte che lui
non era sicuro di voler spalancare.
Semplicemente, non si sentiva pronto. E forse non lo sarebbe mai stato.
Perciò, riflettere più a lungo non sarebbe servito a nulla,
e Merlin si era deciso a rinchiudere quel fatto – o l’intera giornata, magari –
in un angolino in disuso della sua testa e a dimenticarlo là. Per sempre, possibilmente.
***
“Com’è andata la riunione di pizzi e merletti?” chiese il
principe, quella sera a cena.
“Uh, bene!” mentì lui.
Il nobile acuì un sopracciglio.
“A me sembra, invece, che tu abbia ingoiato un limone…”
Merlin non trattenne la smorfia successiva.
“E’ stato istruttivo
e divertente. Tre ore passate a
pungersi le dita e a far girare l’arcolaio.”
“Una noia mortale, insomma!” rise Arthur, sollevando gli
occhi al cielo.
“Oh, sì.” Ne convenne il mago.
“E di cosa avete chiacchierato?” s’interessò il nobile.
“Di niente. Le chiacchiere distraggono dalla concentrazione
e si rischia di sbagliare.”
“Ah!” si stupì. “Non vi facevo tanto scrupolose…”
“Oh, sì! Molto
scrupolose!” annuì il servo, rammentando quanto le dame fossero state zelanti nel dispensare pettegolezzi
scabrosi, turbandolo irrimediabilmente.
Avrebbe tanto voluto
vedere come si sarebbe destreggiato il nobile Babbeo in quella situazione!, si disse e, mentre
distribuiva i rispettivi pasti serali, e l’altro sorseggiava del vino dal suo
calice, Merlin diede incoscientemente voce ad un’improvvisa curiosità.
“Ah, Sire?”
“Mh?”
“Ma voi, per caso, avete una voglia scura all’interno della
coscia destra?”
Arthur sputò il vino che stava bevendo, tossendo rumorosamente,
perché il liquido gli era andato di traverso.
“Ma che razza di domande fai?!” la
aggredì verbalmente, diventando paonazzo.
Lo stregone arrossì suo malgrado. Ma che gli era saltato in mente?
“Uh! niente, niente.” Minimizzò. “Gaius… Gaius aveva un vago
ricordo… di una macchia, ma non rammentava se… se fos-”
“Io non ho macchie!” tagliò corto il principe,
inalberandosi. “Non sono una bestia pezzata!”
“Beh, non occorre che vi scaldiate tanto!” lo rimproverò.
“Non ho certo intenzione di offrirmi per controllare!”
Però quella frase, anziché tranquillizzare l’Asino, lo
allarmò ancor di più.
“E ci mancherebbe altro!” strepitò, battendo la coppa sul
tavolo di legno con forza, tanto che Merlin aveva sussultato, spaventato dal
suono inatteso.
“Se desiderassi
verificare,” riprese poi, torvo “mi arrangerei
controllando nello specchio sull’anta dell’armadio. Ma non c’è nulla da accertare,
perché il mio nobile corpo è privo di
qualsivoglia imperfezione!” calcò, dando eccessivo peso ai concetti esposti.
Merlin, incredibilmente, scoppiò a ridere.
“La vostra modestia
è disarmante, Maestà!” lo canzonò, sollevando in alto il proprio bicchiere.
“Propongo un brindisi alla vostra mancanza
di imperfezioni!”
Arthur la squadrò perplesso, tuttavia alzò anch’egli il
proprio calice, ma per puro istinto d’imitazione; perché una parte di lui aveva
il forte sospetto che la sua valletta si stesse prendendo – in qualche modo –
gioco di lui.
“Alla mia- alla mia cosa?”
domandò, per focalizzare l’argomento del brindisi.
“A voi.”
Semplificò il mago. “Alla vostra salute. Al futuro re di Camelot!”
E l’Asino non ebbe nulla da ridire sull’augurio e bevve in
proprio onore.
***
Il giorno dopo, Merlin avrebbe incrociato Morgana nel
Giardino d’Inverno, mentre ella passeggiava solitaria e lui rientrava da una
commissione.
“Linette, cara!
Hai gradito la nostra riunione?” le domandò, facendo
irrimediabilmente arrossire il servo al ricordo di ciò che aveva udito in
quelle stanze di perdizione.
“Milady, mi sento onorata di aver ricevuto il vostro invito,
ma confesso di essermi sentita fuori luogo in diversi momenti.” Le spiegò, con
una schiettezza che sperava Morgana avrebbe apprezzato.
“Comprendo.” Le rispose la nobildonna, sistemandosi un
ricciolo dietro l’orecchio. “Del resto, senza poter provare, non avresti saputo
giudicare!” le appuntò, con un piccolo sorriso furbo.
“Queste cose non fanno per me.” Ribadì il mago,
cincischiando col pacco che teneva in mano.
“Qualcosa mi dice che preferiresti andare a caccia con
Arthur, piuttosto che presenziare nuovamente giovedì prossimo!” tirò a
indovinare, con uno sguardo saputo.
Merlin sussultò, colpito e affondato, e infine asserì.
“D’accordo.” Cedette finalmente l’altra. “Del resto, sono
consapevole che le altre ragazze siano state un tantino esuberanti…”
Esuberanti?!, ansimò interiormente lo stregone. Che soffice eufemismo!
“Sì, Mia Signora. Alquanto esuberanti.” Confermò.
“Probabilmente ti sei scandalizzata per la franchezza di
certi argomenti, ma ti assicuro che alcune erano solo chiacchiere senza
fondamento.”
“Lo voglio ben sperare!” si lasciò sfuggire, d’istinto; però
successivamente si ricompose. “Io non… non ero a mio agio…” ammise, riluttante.
“Tutte quelle domande sul principe, poi!” si infervorò.
A quel punto Morgana scoppiò in una breve risata
cristallina.
“Oh, sì, non dev’essere stato
facile sopravvivere ai loro assalti curiosi!”
“Il punto è che… Vedete: ho giurato che avrei mantenuto il
segreto su quanto detto ieri, e lo farò. Ma…”
“Ma?” l’incalzò la protetta del re.
“Ma io devo obbedienza prima di tutto al mio signore, e
l’onore del principe viene anzitutto. Io non voglio essere costretta a mentire
a lui o alle vostre dame. E so che le due cose sarebbero presto in conflitto
fra loro.”
“Avevo ponderato questa possibilità.” Ammise la nobildonna,
annuendo.
“Perciò… capite come mi sento?” chiese il servitore,
speranzoso.
“Certo. E ti considero dispensata dai futuri incontri. A
meno che, beninteso, non voglia presenziare tu, di tua spontanea iniziativa.”
“Vi sono debitrice, Milady.” Disse, con riconoscenza. “E vi
ringrazio per la vostra generosa comprensione.” Precisò. “Tuttavia, non credo
accadrà mai.”
Morgana rise nuovamente, divertita da tanta sincerità. Poi,
però, si fece seria.
“L’unica che ci rimarrà male sarà Gwen.
Contava molto nel tuo inserimento fra noi, sperava ti facessi nuove amicizie…”
“Ne parlerò con lei quanto prima, Mia Signora.” Promise la
valletta, rassicurandola, e ognuna proseguì quindi per la sua strada.
***
I tre giorni seguenti erano trascorsi senza particolari eventi
da annotare.
Arthur, ad esempio, non si era accorto di niente.
Era così concentrato sulla propria insoddisfazione – per colpa
di quel tempo bizzoso, che gli impediva di allenarsi come, dove, e quanto
voleva – da non accorgersi dei segnali di cambiamento nell’umore della sua serva.
Era passato quasi un mese dall’arrivo di Linette
a Camelot e, a mano a mano che egli acquisiva
confidenza, la sgridava più liberamente e lei non mancava di rispondergli a
tono. Evidentemente, avevano preso entrambi
le rispettive misure. E a volte il principe si divertiva anche a provocarla
di proposito, visto che Lin non gliele mandava certo
a dire.
Quel mattino, però, quando la apostrofò con un: “Non hai mai
pulito così male i miei stivali!”, egli si sarebbe aspettato un ‘Se non vi garba,
arrangiatevi!’, come replica.
E invece gli arrivò uno “Scusate” mortificato.
“Avanti, su, impegnati!” la ammonì, per ingaggiare uno
stimolante battibecco.
Fuori pioveva, che
altro c’era da fare?
“Vi ho chiesto scusa, non vi basta?!”
gridò invece ella, artigliando il cesto dei panni sporchi come se fosse stato
un oggetto da stritolare.
Arthur rimase così colpito dalla sua sfuriata esplosa, che non
fiatò neppure, quando Linette se ne uscì dalle sue
stanze, sbattendo il portone, diretta alla lavanderia.
***
“Gaius, vi prego, datemi qualcosa,
sto per morire!” gemette Merlin, un paio d’ore dopo, arrancando fino alla porta
di casa e stramazzando subito dopo sul letto in cui, di solito, l’altro curava
i suoi pazienti.
“Merlin!” gridò il vecchio, saltando in piedi,
tutto spaventato. “Ragazzo mio, che succede?!” gli
domandò, preoccupato, osservando il suo pallore spettrale e il velo di sudore
che gli copriva il viso.
“Sto per mooorire…” piagnucolò il giovane
apprendista, accartocciandosi su se stesso, sofferente.
“La magia di Ardof! Forse
l’incantesimo sta cambiando?!” ipotizzò il medico. “Ma
dove ti fa male?”
“Ho la schiena in pezzi, un gran mal di testa, il petto
sembra esplodermi e ho i crampi allo stomaco… forse ho mangiato qualcosa di
avvelenato!” mugolò, curvandosi nuovamente in posizione fetale. “E la pancia,
oddio, la mia pancia!” gemette, piegato in due dal
dolore.
Gaius fermò, a mezz’aria, la mano
con cui aveva intenzione di visitarlo.
“Hai… mal di pancia?” chiese, come chiarimento.
“E la schiena in pezzi, e il petto che mi scoppia, e la testa
che-” rifece, ma s’interruppe, per stringere i denti e sopportare l’ondata di crampi
che gli attanagliava le viscere.
“La pancia.” Ripeté
l’archiatra, sospirando.
Il suo figlioccio annuì. O almeno tentò di farlo.
“Allora no, Merlin. Non stai morendo. E
non sei stato avvelenato.”
“Ma cos-?”
“I tuoi sintomi sono
chiari.” Gli spiegò, formulando la diagnosi finale: “Temo che sia giunto quel periodo del mese che colpisce ogni
donna fertile.”
Il ragazzo lo guardò ad occhi sbarrati.
“Ma io non sono una donna!” ansimò, inorridendo.
“Ora tecnicamente
lo sei. E anche fisicamente.” Lo contraddisse il suo maestro.
“Morirò. Me lo sento! Morirò!” frignò allora il mago, affossandosi ancor di più nel suo
giaciglio.
“No, che non morirai!” lo contraddisse il medico,
spazientito. “Le donne sopportano tutto questo dall’alba dei tempi!”
A quelle parole, lo stregone scoppiò in singhiozzi,
sconcertando il mentore.
“Oh, andiamo, Merlin!” sbottò il vecchio. “Hai bevuto calici
avvelenati, ti hanno picchiato, malmenato con una mazza chiodata, scaraventato
magicamente contro un muro. Incarcerato. E vuoi venirmi a dire che un po’ di
mal di pancia…?”
“Questo è peggio. Credetemi. Peggio
di tutto.” Piagnucolò, senza riuscire a fermarsi.
Il guaritore di corte si mise allora a rovistare nell’armadietto
dei medicinali, aggiungendo successivamente una mestolata di acqua, presa dal
calderone che bolliva sempre sul fuoco, e offrendo infine al mago un bicchiere
di tisana puzzolente.
“Sono quelle cose, che girano nel sangue, a rendervi così
intrattabili!” gli spiegò, annettendo il suo figlioccio all’universo femminile.
“Tieni, bevi questo e allevierà la tua sofferenza.”
Egli ingurgitò il liquido con una smorfia disgustata.
“Qua-quali cose?” s’interessò poi,
strofinandosi gli occhi arrossati.
“Quelle che vi fanno frignare per niente, e che scatenano le
vostre paturnie!”
“Io non ho paturnie!” si difese, piccato.
Gaius sollevò un sopracciglio
ironico.
“E come la chiameresti, la scenata
di poco fa?”
“I-io non sono u-uno che frigna
per niente, vo-voi mi conoscete!” si discolpò.
“Per l’appunto, Merlin.” Gli espose, pazientemente, il
medico. “Sono gli ormoni. E’ colpa loro.”
“Allora odio gli oromoni!” sibilò il mago, con femminile cattiveria.
Gaius sbuffò tra sé, ma non ebbe
cuore di correggerlo.
“Riposa un po’, e poi andrai a finire le tue mansioni del
mattino.”
“Non… non potrei aspettare che passi tutto?”
“Dubito che il principe voglia rimanere senza cibo per i
prossimi cinque giorni…” gli contestò. “E comunque, Merlin, tu non sei malato!”
“No, forse no. Ma è come se lo fossi!” Obiettò
egli, risollevandosi a fatica dal letto. “Quanto ci impiega a fare a
effetto la medicina?”
“Oh, molto poco…”
“E allora è bene che vada…” si fece coraggio, attingendo al
suo ipersviluppato senso del dovere.
Solo quando il giovane fu lontano, il vecchio medico ricordò
una cosa importante. “Oh, cielo!”
Aveva scordato di sincerarsi
che Merlin sapesse cosa lo aspettava per davvero.
***
Arthur aveva preferito ignorare la sfuriata di quel mattino
della sua valletta, archiviandola come un fatto assolutamente occasionale.
Forse, semplicemente,
ella si era alzata col piede sbagliato dal letto. Si era detto, indulgente,
facendo ritorno verso la sua camera. E
poi Linette non sapeva tenere il broncio, per più di
dieci minuti, nemmeno se s’impegnava.
Complice un amichevole raggio di sole, che gli aveva
permesso di scendere nell’arena dei combattimenti per sgranchirsi le ossa, il
principe aveva riacquisito il proprio buonumore ed era certo che Lin avesse fatto altrettanto.
Quando perciò varcò la soglia, trovando la sua servitrice
impegnata nei propri doveri, gli venne naturale ripartire da dove s’erano interrotti.
“Questa stanza sembra un porcile!” si lamentò Arthur, con un
mezzo sorriso che smentiva il rimprovero.
Da un momento all’altro la sua serva personale avrebbe
risposto in modo pepato, conducendolo in uno dei loro divertenti battibecchi
irriverenti.
La ragazza, tuttavia, non gli diede retta e non alzò il viso
dal pavimento.
“E la spada non era ben affilata!” ritentò, tossicchiando
per richiamare l’attenzione.
“Perdonate.” Sussurrò ella, continuando a strofinare.
“E la mia armatura non è stata ancora riparata!”
“Scusate,” bisbigliò, a disagio. “Non
ho avuto il tempo.”
“Insomma, Linette! Sei quasi
peggio di tuo cugino!”
Ma anziché vederla sbottare come di consueto, la fanciulla
sollevò uno sguardo affranto, mentre tenere stille spuntavano dalle lunghe
ciglia, rotolando giù verso il pavimento che stava pulendo.
Il principe la guardò basito. “Lin,
ma…?”
Ella si asciugò svelta una lacrima con l’orlo della manica e
tirò su col naso in modo assai poco signorile.
“Non accadrà più.” Si scusò, chinando il capo.
Arthur le si appressò, tirandola su. “Ma che succede?” si
preoccupò. “Di solito non... non bastano
due parole sgarbate per farti reagire così!”
“Mi dispiace!” ripeté il mago, soffocando un singhiozzo.
“Non so che mi succede!”
Il principe si grattò i capelli impacciato
e confuso.
Guardava la giovane donna davanti a sé come se la vedesse per la prima volta.
Ormai si era abituato a trattarla con familiarità, la stessa
che usava con Merlin, perché i loro modi erano davvero così simili che gli era
venuto spontaneo adeguarsi. Non l’aveva calcolato, l’aveva semplicemente fatto.
Ma Lin
non era Merlin, non era nemmeno un ragazzo, a dirla tutta!
Forse aveva preteso troppo da lei, e lei aveva esagerato,
nella foga di compiacerlo e di non fargli pesare l’assenza del cugino.
“Se sei indisposta, prenditi il resto
della giornata. O tutto il tempo che vuoi.” Le consigliò gentile, ma era
chiaro che fosse un ordine.
“Sì, grazie.” Mugolò la serva, al colmo dell’imbarazzo e del
disagio. Con un inchino, se ne andò da lui.
Arthur si rimproverò per non aver notato niente prima. Lui
si vantava sempre di essere un buon osservatore, ma solo in quel momento realizzava che Lin era parsa
silenziosa e stranamente arrendevole in ogni mansione che le aveva affidato sin
dal giorno addietro. E poi quell’improvvisa sfuriata, fuori luogo, del mattino!
Avrebbe dovuto accorgersene, capire che qualcosa non
andava…
Però, in questo momento, sapeva di aver fatto la cosa
giusta, Gaius l’avrebbe rimessa in sesto all’istante,
e poi lui conviveva con le paturnie di Morgana sin dall’adolescenza: erano donne, ogni mese volubili e stizzose!, la schernì.
Tuttavia, il suo viso magro e pallido, in contrasto con le
sue guance colorate di vergogna, e quegli occhi, arrossati dal pianto, non lo
abbandonarono fino a sera.
Continua...
Disclaimer:I
personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma
di lucro, da parte mia.
Ringraziamenti:
Un abbraccio a Tao, che sopporta i miei scleri. X3
Note: Beh… vi
sarete accorte della retromarcia sentimentale di Merlin, mh?
Che ne pensate?
Il nostro eroe deve digerire quello che sente e oltretutto è
in piena crisi ormonale…
Sì, ho catapultato Merlin direttamente in una colossale
sindrome premestruale e non mi pento di averlo fatto *hihihi*.
E ora aspettatevi la sua prima dismenorrea, e poi ne
riparliamo delle “femminucce che piagnucolano sempre” (conosco donne forti come
rocce, con il pelo sullo stomaco, ma che diventano impossibili in quei giorni…)
Ah, il termine “ormoni” non esisteva a quel tempo, si
incontra nei testi medici solo molto più avanti; ma
questa convinzione che fosse “il ricambio del sangue” a scatenare le crisi è
antichissima, per gli ormoni si aspetta il 1900.
Il termine “paturnie”, da solo, non rendeva altrettanto...
ma un termine adeguato e comprensibile facilmente non mi veniva... e Gaius ha delle risorse infinite, perciò potrebbe aver dato
il nome giusto alla cosa giusta senza saperlo. XD
I limoni erano conosciuti in Europa fin nei tempi antichi.
Mi sono documentata. XD
Bene, si è scoperto anche perché Morgana ha insistito tanto
perché Linette partecipasse agli Incontri di Ricamo:
era per far felice la caraGwen.
Un’ultima cosa: lo sconvolgimento di Arthur è lecito,
poverino. Neanche mezza luna prima, la sua valletta dalla lingua tagliente gli
aveva chiesto se si era rotolato coi maiali per quanto era infangato, e ora si
ritrova davanti una femminuccia piagnucolante che lo spiazza.
Precisazioni al capitolo
precedente e domande varie: (a random)
- So che vorreste sapere se quello
di Morgana era solo un sogno o una profezia.
Ma non ve lo dirò.
Continuerò a ripetere la stessa cosa fino alla fine: non
date nulla per scontato.
- E così le dissolute dame di Camelot
vi sono piaciute, eh? Ne sono felice^^
- Sono anche contenta che abbiate gradito la
caratterizzazione di Morgana, ci tenevo tanto.
- E anche che abbiate sentito l’impatto emotivo dello scorso
finale, ripeto: è un pezzo molto importante per me e sapere che sono riuscita a
trasmettervelo mi riempie di gioia.
- Non è che Merlin ha pianto alle parole finali di Morgana,
semplicemente ne è rimasto sconvolto.
- Sì, Arthur non sa che è circondato da assatanate in
gonnella, farebbe bene a guardarsi le spalle! XD
- E quei romanzi d’amore avrebbero giustamente scatenato
l’ira di Uther! XD
- L’Asino dev’essere maturato col
tempo, se la profezia fosse vera, è una fortuna che non
l’abbia chiamata Arthuria ma Ygraine!
^__=
- E’ vero, Merlin preferisce pensare di aver compiuto il
proprio dovere, per consolarsi e nascondere il dolore che sente a questa
rivelazione improvvisa. Anche se una parte di sé ha sempre saputo che Arthur è
destinato ad essere re e a garantire una discendenza, un conto è saperlo in
astratto, un altro è che te lo dica all’improvviso una strega che ha il vizio
di predire il futuro…
- Visto che avete chiesto… sì, vedrete Linette
alle prese con uno spasimante, ma tutto a tempo debito!
Eccovi ben due anticipazioni
del prossimo capitolo:
“Anche Lady Morgana soffre sempre tanto,
poverina.” Le confidò la serva.
Oh, no. Per carità, no!
Gemette lo stregone.
“Ed è per questo che giovedì scorso la Riunione di Ricamo è
saltata, sai?” continuò l’altra, imperterrita. “La mia signora è costretta a
starsene a letto, perché-”
“Ah, Merlin?” lo richiamò però, girandosi verso il suo
discepolo. “Dubito che tua madre ti abbia mai fatto certi discorsi da donne, ma mi trovo costretto a sopperire a tale
mancanza.” Lo avvertì.
Il ragazzo sussultò, intuendo dove l’altro sarebbe andato a
parare.
“Preparati, perché stasera faremo un
bella chiacchierata sui fatti della vita!”
lo avvisò, stiracchiando le labbra in un ironico sorriso. “Così la prossima
volta studierai tutti i manuali di
Anatomia che ti ho dato, e non solo i libri di magia!” lo rimproverò.
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(Chiunque voglia
aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio crede) Come sempre, sono graditi commenti,
consigli e critiche.
Note: Il seguente scritto inizia a contenere lievi (e confusi XD)
riferimenti slash; più avanti si avrà lo slash più definito
Note: Il seguente scritto inizia a
contenere lievi (e confusi XD) riferimenti slash; più avanti si avrà lo slash più definito.
Riassunto: Merlin
è abituato a salvare la vita all’Asino Reale senza che questi se ne accorga, ma
stavolta non tutto va per il verso giusto. Colpito dall’incantesimo del
malvagio Ardof, il nostro mago farà i conti con una
sconvolgente novità: egli si risveglia trasformato in una donna.
Solo Gaius conosce il suo segreto e, finché non
troverà il modo di tornare normale, dovrà inventarsi delle scuse plausibili e
prendere il posto di se stesso al servizio del principe. Come riuscirà a
conciliare questa ‘nuova situazione’? Come si evolverà il suo rapporto con
Arthur?
Grazie di tutte le recensioni ricevute. *inchin* Spero che la
storia rimanga all’altezza delle vostre aspettative!
Vorrei dedicarla a quelle
persone che hanno recensito il precedente capitolo:
E a quanti commenteranno (SE vi
va di recensire anche dei capitoli più indietro di questo, il vostro parere non
andrà perduto!).
Ai vecchi e ai nuovi lettori.
Grazie.
TheHe in theShe
(l’Essenza dentro l’Apparenza)
Capitolo XXVIII
Appena superate le sentinelle di guardia davanti gli
appartamenti dell’erede al trono, Merlin si coprì il viso con le mani, trattenendo
a stento cocenti lacrime di vergogna.
Dio!,
era sembrato una donnicciola isterica. Chissà che grasse risate si era fatto
l’Asino alle sue spalle!,
si biasimò, desideroso di sprofondare fin nelle viscere della Terra.
“Linette?” si sentì chiamare a
quel punto e sussultò, incrociando lo sguardo preoccupato di Gwen.
“Ti senti bene?” le domandò, accostandosi a lei, angustiata
dal suo lividore spettrale.
“Io… non molto, a dire il vero…” ammise, strofinandosi il
viso in un gesto di impotenza. “Devo sdraiarmi un po’.”
“Ma… dove stavi andando?” le chiese.
“A casa.” Rispose, sentendo l’emicrania e il dolore al
ventre ritornare. “Il principe mi ha dispensata dai miei doveri.”
“Vieni, ti accompagno…” si offrì l’altra, prendendola
sottobraccio.
Arrivate alla dimora del medico di corte, scoprirono
purtroppo che Gaius era uscito per compiere delle
visite nella città bassa – così diceva il messaggio sul tavolo – e che non
sarebbe rientrato prima di sera.
“Per favore, Gwen, prendimi dell’Agnocasto
dall’armadietto dei medicinali!” la supplicò il mago, stendendosi nello stesso
punto dov’era collassato ore prima.
“Io, ehm…” tentennò l’altra, torturandosi le mani. “Non so leggere,Linette.” Ammise, imbarazzata.
Merlin, che se l’era dimenticato, cercò di farle superare il
disagio chiedendole di attingere dell’acqua calda da sopra il fuoco ed egli si
sollevò dal letto per cercare il medicinale da sé.
Dopo averlo bevuto, si riadagiò sulla branda, mugolando.
“Un panno caldo può aiutare…” le suggerì Guinevere a quel
punto e, senza aspettare il consenso, armeggiò su dei canovacci che venivano
usati per asciugarsi le mani. “E ti do un altro consiglio” riprese, porgendo
all’amica una pezza bollente. “Dovresti allentare i lacci del corsetto, così il
seno ti farà meno male.”
Il mago la scrutò come se parlasse una strana lingua.
“Sono sempre così dolorose, le tue cose?” s’interessò Gwen, accoccolatasi
su una seggiola accanto a lui.
E Merlin avrebbe tanto, tanto
voluto che lei non iniziasse quel discorso ‘da ragazze’.
Arrossendo inesorabilmente, pensò quasi di sprofondare sotto
le coperte e di fingere un impellente bisogno di dormire – anche se nessuno si
sarebbe mai addormentato, con tutto quel dolore, se non per sfinimento.
Egli si limitò ad una smorfia che non era né un sì né un no,
ma incredibilmente bastò.
“Anche Lady Morgana soffre sempre tanto,
poverina.” Le confidò la serva.
Oh, no. Per carità, no!
Gemette lo stregone.
“Ed è per questo che giovedì scorso la Riunione di Ricamo è
saltata, sai?” continuò l’altra, imperterrita. “La mia signora è costretta a
starsene a letto, perché-”
“Gweeennn…” latrò il mago,
disperato, interrompendola.
“Sì?”
“Dell’acqua, ti prego. Dammi dell’acqua.” La supplicò, per distrarla da
quei discorsi vergognosamente riservati.
E Guinevere si alzò prontamente, alla ricerca di un
bicchiere e di una brocca per farlo dissetare.
Quando tornò ad accomodarsi, tuttavia, ella riprese, impietosa,
esattamente dal punto in cui aveva interrotto.
“Sai? Lei tenderebbe ad avere delle-”
“Gweeennn…” mugghiò nuovamente Merlin,
angosciato, arrestando il flusso delle sue parole.
“Mh? Dimmi, mia cara…” la sollecitò allora.
“Dell’altra acqua…” la scongiurò, col primo pensiero che
ebbe in testa.
“Ma hai appena bevuto!” disapprovò l’altra. “Ti farà star
male!”
Merlin si lasciò sfuggire un gemito
di dolore, zittendo le proteste dell’amica.
“Se proprio vuoi, te la porto…” si offrì, compassionevole.
Lo stregone, tuttavia, cambiò idea con l’ultimo barlume di
buonsenso che gli restava e, già che c’era, le disse ciò che pensava.
“Non voglio sapere degli affari privati di Lady Morgana!”
ansimò, appallottolandosi su se stesso per bloccare un crampo.
“Oh, certo!” rispose Gwen, senza
scomporsi. “L’avevo capito che sei timida! Ma io e la mia padrona parliamo di
tutto! Lei non si offenderà se te lo rivelo!”
“Ma io non vo-” egli si arrestò di colpo, stordito da una
fitta al capo.
“Linette!” s’impensierì l’altra.
“Emicrania.” Biascicò solo, coprendosi il viso con le mani
e, in un impeto di sconforto, senza volerlo, si mise a singhiozzare.
“Ehi…” la voce gentile della fanciulla accanto a sé non
servì a molto.
Il sollievo però giunse con una pezzuola inumidita che si
ritrovò sugli occhi e sulla fronte.
“Gra-grazie…” balbettò,
imbarazzato. “Mi sento uno schifo.” Le confidò. “Non mi riconosco più.”
“Oh, suvvia!” minimizzò l’altra, “Non è mica la tua prima
volta!” la rassicurò, battendole affettuosamente una mano sul braccio.
Merlin gliela afferrò a tentoni,
per istinto, e strinse i denti. Avrebbe
voluto dirle che sì, invece, per lui era la prima volta e che non era preparato
a tutto quello.
“Capisco che sei lontana da casa, Linette,
ma abbiamo comprato tutto quello che ti serve al mercato, ricordi?” le
rammentò. E, senza attendere replica, continuò. “Tu pensa! La prima volta che
ho avuto le mie cose è stato invece un
trauma! Mia madre era già morta, a quel tempo, e mio padre – pace all’anima sua
– non si sarebbe mai sognato di informarmi dicerte faccende.”
“Ma allora… come…?” si ritrovò a chiederle.
“E’ stata una vicina di casa a spiegarmi ‘i fatti della
vita’, come li chiamava lei.” Le confessò. “Era una cara signora che non aveva
avuto figli, e che mi voleva un gran bene…”
“E’ stata gentile con te…” considerò.
Gwen sorrise.
“Sì, molto.” Confermò. “E sai cosa mi preparava sempre, lei, le prime volte?”
Merlin scosse il capo in segno di diniego.
“Un bel brodo caldo!” le rivelò. “Scommetto che hai anche la
nausea.”
“Un po’.” Ammise.
“Adesso facciamo così” propose, prendendo in mano le redini
della situazione. “Tu, adesso, andrai a sdraiarti nella tua cameretta; penso
che starai più comoda di là. E intanto io andrò nelle cucine
a rimediare un po’ di minestra!” le spiegò, facendole l’occhiolino. “La
signora Kate, la cuoca, è sempre generosa con le ragazze che sono indisposte…”
“D’accordo.” Si rassegnò lo stregone, perché tanto quella
branda gli spezzava la schiena più di quanto già non soffrisse.
Gwen lo aiutò a mettersi in piedi
e a trascinarsi fino al suo letto.
“Linette?” la richiamò, prima che si sdraiasse.
“Mh?”
“Ma non hai indossato le garze d’ovatta?”
Quali garze d’ovatta?, si chiese
egli, dubbioso.
“No, perché avrei dovu-”
“La tua gonna è… macchiata…” le appuntò.
“La mia… cosa?!” Merlin si chinò a guardare e inorridì. “Oddio, oddio…” farfugliò, sentendosi mancare. “Sto morendo!”
E invece svenne.
***
Quando Merlin riprese conoscenza, c’era Gaius
al suo capezzale.
“Io… credo che…” farfugliò il giovane, confuso.
“Hai quasi fatto morire Gwen di
paura!” la informò il vecchio medico, per prima cosa.
“Oh, cielo!” gemette il mago, dispiaciuto. “I-io…”
“Per fortuna che stavo rientrando, altrimenti avrebbe
richiamato l’intera Guardia Reale, con le sue urla!”
E il ragazzo, immaginandosi la scena, impallidì.
“Come ti senti?” s’interessò il guaritore, con spirito
clinico.
“Scombussolato.” Ammise l’altro, a disagio, strofinandosi la
fronte. “Ma il dolore è diminuito.” Ammise.
“Bene.” Affermò il vecchio. “Ti va di mangiare?” gli
suggerì. “C’è del brodo arrivato dalle cucine per te.” Lo informò. “La
sguattera che me l’ha consegnato farfugliava qualcosa, su una strana usanza,
che non ho ben capito.”
Merlin pensò alla gentilezza di Guinevere e, in cuor suo, la
ringraziò. Ma si rannuvolò subito dopo, pensando allo spavento che le aveva
arrecato.
“Devo andare da Gwen, per…”
“Ho già chiarito con lei, non temere.” Lo precedette il
mentore, risollevandosi dallo sgabello. “Non ti farà domande.”
“Grazie.” Rispose egli, imitandolo nello spostare le coltri
per alzarsi dal letto. In quel momento si accorse di non indossare più gli
abiti di prima.
“Gwen ha insistito per cambiarti.”
Lo informò laconico, precedendolo verso l’uscita. “Ah, Merlin?” lo richiamò però,
girandosi verso il suo discepolo. “Dubito che tua madre ti abbia mai fatto certi discorsi da donne, ma mi trovo
costretto a sopperire a tale mancanza.” Lo avvertì.
Il ragazzo sussultò, intuendo dove l’altro sarebbe andato a
parare.
“Preparati, perché stasera faremo un
bella chiacchierata sui fatti della vita!”
lo avvisò, stiracchiando le labbra in un ironico sorriso. “Così la prossima
volta studierai tutti i manuali di Anatomia
che ti ho dato, e non solo i libri di magia!” lo rimproverò.
***
Allorché Merlin si risvegliò, il mattino dopo, realizzò con sollievo
che il peggio sembrava passato.
Certo, permaneva un leggero malessere, si sentiva ancora sottosopra
e vagamente fragile a livello
emotivo, ma non era niente in confronto a ciò che aveva provato il giorno
prima.
Si sarebbe fatto dare da Gaius un
altro po’ di brodaglia che lo avrebbe
rimesso in sesto e sarebbe stato pronto a compiere i suoi doveri quotidiani per
l’altra metà della sua medaglia.
Egli tuttavia arrossì vergognosamente, rammentando la lezione che il mentore gli aveva
propinato prima di andare a letto, e si era ripromesso di studiare – da quel
momento in poi – ogni cosa che il suo maestro gli avrebbe messo sotto al naso,
per non incappare mai più in simili guai.
Aprendo gli scuri della sua stanza, respirò a pieni polmoni
l’aria fresca dell’alba e si vestì in fretta – grato di avere la scusa giusta
per poter indossare i propri pantaloni, con cui sentirsi più a suo agio,
soprattutto in quel frangente – e si
diresse a fare una veloce colazione, perché rammentava che, per quella mattina,
lui e il principe avevano in programma una battuta di caccia; la prima dopo otto
giorni, visto che Thomas e Ghillier avevano mandato a
monte il loro precedente tentativo, sei giorni addietro.
L’Asino Reale sarebbe
stato impaziente, ne era certo! meditò tra sé,
sorridendo.
Quando, tuttavia, andò a destare il Nobile Babbeo, lo
stregone trovò gli appartamenti reali stranamente vuoti.
Chiedendo informazioni alla sentinella di guardia in
corridoio, Linette si sentì dire che il principe era
uscito dalla sua camera giusto pochi minuti prima che lei arrivasse.
Richiamato dal vociare nel cortile, il mago sbirciò allora dalla
finestra e si accorse che Arthur stava uscendo dalle stalle giusto in quel
momento, conversando con un palafreniere che conduceva il suo stallone per le redini.
Merlin decise perciò di rincorrerlo, sorpreso da
quell’atteggiamento.
Ma che diavolo
combinava quella testa di legno?,
si chiese, mentre si affrettava giù per le scale del castello e lo zaino, con
le vivande per il pranzo, gli sbatacchiava sulla schiena.
Quando lo raggiunse, il servo si chinò in avanti,
puntellandosi sulle ginocchia, per riprendere fiato.
L’erede al trono si stupì alquanto di trovarsi davanti la
sua valletta, vestita di tutto punto per andare a caccia.
“Linette!” la richiamò, perplesso.
“Che diamine ci fai, qui?” volle
sapere.
Fu solo allora che lo stregone si accorse della presenza di
Sir Leon e Sir Duncan e delle rispettive cavalcature, in un angolo della piazza,
in attesa.
“Sire, ma non dovevamo…?” Merlin gli lanciò uno sguardo
incerto, inumidendosi le labbra nervosamente. “… Cacciare?”
“Non pensavo che…” iniziò egli, sconcertato. “Insomma! Stavi male!” la apostrofò, senza sapere bene che dire. “E…
accidenti!” tentennò, a disagio. “Credevo avessi capito che eri dispensata
anche da questo!” indicò con la testa i due nobili che aspettavano a debita
distanza. “E così mi sono riorganizzato.”
La faccia dispiaciuta di Lin lo fece
sentire terribilmente in colpa.
“Buona caccia, allora.” Bisbigliò lei, con gli occhi lucidi,
facendo dietro-front. E corse dentro il laboratorio di Gaius,
senza aspettare risposta.
Il giovane Pendragon imprecò a
mezza voce, però in quel momento non poteva rincorrerla o avrebbe dovuto dare
troppe spiegazioni ai suoi cavalieri.
Ma avrebbe chiarito al
suo ritorno, si ripromise.
***
In realtà, al suo ritorno, Arthur non si era scusato con
lei. E non lo fece neppure nei giorni seguenti.
Mentre si recava nel bosco, seguito dai suoi uomini, ci
aveva riflettuto parecchio e credeva di essersi comportato correttamente nei
riguardi della sua serva. Perciò non aveva nulla
da biasimarsi.
Con che coraggio lei
osava sfoderare quello sguardo ferito, come se si fosse sentita tradita da lui?
Loro due non avevano alcun accordo formale che prevedesse
l’esclusiva delle sortite venatorie, e – se anche Linette
lo avesse avuto, per assurdo – lui era il principe, dannazione!,
e poteva fare ciò che voleva e uscire a caccia con chi più gli aggradava, senza
dover rendere conto a nessuno, al di fuori del re!
Questa convinzione, tuttavia, non lo rinfrancò minimamente; e
quella sera egli era rientrato al castello di malumore, benché con un
considerevole bottino.
Sir Leon e Sir Duncan, infatti, avevano realizzato i suoi
comandi alla lettera, talvolta persino prevedendo i suoi desideri, anticipando le
sue intenzioni e le sue mosse.
Si erano dimostrati efficienti e solerti, soddisfacendo ogni
sua velleità venatoria, perché erano ottimi ed esperti cacciatori.
Per tutto il tempo, avevano eseguito ogni suo minimo ordine senza fiatare.
Arthur era certo che, se avesse chiesto loro di improvvisare,
intonando una Ballata – una Carola o una Farandola –,
l’avrebbero fatto senza batter ciglio. Ma questo l’aveva reso ancor più
insoddisfatto e insofferente. E… in fondo… lui lo sapeva, il perché.
Nessuno aveva
fatto scappare le prede, producendo rumori molesti nei momenti meno opportuni.
Nessuno era
inciampato, ruzzolato, scivolato, rischiando di rompersi il collo o di
travolgerlo nella caduta.
Nessuno aveva
protestato sulle sue decisioni, sulla strada da prendere, o sull’ora in cui sfamarsi
per pranzo.
Tutto si era svolto in
modo assolutamente regolare.
Una noia, insomma.
L’erede al trono sbuffò, infastidito, smontando dalla sella;
consegnò il proprio purosangue allo stalliere e, mentre con un cenno del capo
licenziava i suoi accompagnatori, decise che avrebbe fatto finta di nulla,
aspettando che le cose tornassero normali
per Linette, e poi avrebbero ripreso a cacciare
insieme, come in quell’ultimo periodo – ma
senza partorienti, incontri clandestini nelle stalle e fastidiose indisposizioni
a guastare i loro piani.
Continua...
Disclaimer:I
personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma
di lucro, da parte mia.
Ringraziamenti:
Un abbraccio a Tao, che sopporta i miei scleri. X3
Note: Non so voi,
ma vedere l’invincibile eroe Merlin piegato dal ciclo me lo fa sentire più… umano.
So di esser stata cattiva con lui, ma il menarca è un trauma
per tutte, figurarsi per questo povero, ignaro
ragazzo! Dannati ormoni, eh? XD
Sembra una sciocchezza, ma a me la cosa della minestra piace
molto.
Esprime un tipo di
sorellanza diversa da quella delle Lezioni di Ricamo, ma comunque presente
e forte tra le donne di Camelot.
Gwen chiama gli assorbenti ‘garze
d’ovatta’ anche se sarebbe stato più corretto
chiamarle ‘panno di cotone o di lino’ perché appunto erano costituiti da dei
ritagli di questi materiali, che dopo il loro utilizzo (e frequente cambio)
venivano lavati e riusati.
Interessante sapere che già allora, per sterilizzarli,
adoperavano l’acqua bollente e il vapore, cosa che è rimasta fino al tempo
delle nostre nonne.
La Ballata
è detta anche ‘canzone da ballo’ ed è un componimento
che riunisce canto e danza. Essa ha origini antichissime; ma la Ballata, propriamente
detta, è di genesi medievale.
Una Carola (in cui si balla, si canta e si suona) o una
Farandola sono anch’esse delle danze medievali.
La Vitexagnus-castus
(Agnocasto) appartiene alla famiglia delle Verbenaceae
e serve a combattere la sindrome pre-mestruale, sin dall’antichità.
Precisazioni al
capitolo precedente e domande varie: (a random)
- Sì, Merlin si rigira Arthur come vuole e l’Asino ci casca
sempre! *w*
- E così… voi dite che il principe la voglia scura ce l’ha?
Ah! Solo chi seguirà la fic lo scoprirà! ^__=
- Riguardo al ciclo di Merlin… Temevo che avrei
scatenato questo! XD
Alla fine dovrò aprire una rubrica “La posta e le cose di Linette:
racconta anche tu la tua esperienza!” così potreste sbizzarrirvi nei vostri
racconti e ricordi… ^__=
- Mi dispiace se rimarrete deluse dalla mancanza del
“discorsetto” di Gaius sui ‘fatti della vita’, forse
l’anticipazione è stata fuorviante in tal senso; ho notato che eravate curiose
di leggerlo, ma non avevo preventivato di scriverlo, per evitare a Merlin (e al
lettore) un confronto tragicamente imbarazzante su anatomia femminile,
conoscenze mediche, costumanze e false credenze del tempo.
- Ah, io ho detto solo che un corteggiatore arriverà a tempo
debito, non ho detto presto! XD
- Siete sadiche!… come fate a divertirvi leggendo del povero
Merlin che soffre??Buawahaha…
per fortuna c’è ancora qualcuna che prova pena
per lui…
- Per lui è molto peggio di tutto quello che ha passato
finora, perché non è abituato! (in realtà, la soglia del dolore nelle femmine è
stata tarata da Madre Natura ben più alta rispetto a quella dei maschi,
altrimenti moriremmo di dolore durante il parto…)
Eccovi l’anticipazione
del prossimo capitolo:
Erano trascorsi ormai
quaranta giorni dalla partenza di Merlin e il principe cominciava a non farsi
bastare più le ragionevoli scuse che Linette gli
propinava.
“Ma tuo cugino non dà
notizie?!” sbottava di frequente, di punto in bianco,
aspettandosi da lei una risposta che non sarebbe arrivata.
Un grazie anche a Rosalie_, bilancina92,
e Fix89thebest (c’è un problema con la recensione del cap
27, oppure ho frainteso le tue parole in quella del 26°?) per i commenti agli arretrati^^
Un’ultima cosa:
Un grazie enorme a chi ha letto e
commentato l’altra mia fic di Merlin “Hurt Look” spoiler episodio 3x03. E un grazie di
cuore a chi commenterà.
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Farai felice
milioni di scrittori.
(Chiunque voglia
aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio crede) Come sempre, sono graditi commenti,
consigli e critiche.
Note: comincio scusandomi del ritardo, impegni professionali e familiari
frammentano il mio tempo al pc rendendo impossibile sistemare i capitoli come
vorrei
Per
fortuna che questo l’avevo scritto a luglio, altrimenti non so quando avrebbe
visto la luce.
La
seconda cosa che mi sento di ripetere è che eventuali coincidenze con la terza serie sono appunto casuali coincidenze, in questo capitolo e in tutti i prossimi che verranno.
Non sto attingendo
idee dalla terza serie, e ci tengo a precisarlo, anche se ci sono piccole cose
o fatti tra questa fic e il telefilmche sono simili.
Il
seguente scritto inizia a contenere lievi (e confusi XD) riferimenti slash; più
avanti si avrà lo slash più definito.
Riassunto: Merlin
è abituato a salvare la vita all’Asino Reale senza che questi se ne accorga, ma
stavolta non tutto va per il verso giusto. Colpito dall’incantesimo del
malvagio Ardof, il nostro mago farà i conti con una
sconvolgente novità: egli si risveglia trasformato in una donna.
Solo Gaius conosce il suo segreto e, finché non
troverà il modo di tornare normale, dovrà inventarsi delle scuse plausibili e
prendere il posto di se stesso al servizio del principe. Come riuscirà a
conciliare questa ‘nuova situazione’? Come si evolverà il suo rapporto con
Arthur?
Vorrei dedicare il capitolo a
quelle persone che hanno recensito il precedente:
E a quanti commenteranno (SE vi
va di recensire anche dei capitoli più indietro di questo, il vostro parere non
andrà perduto!).
Ai vecchi e ai nuovi lettori.
Grazie.
TheHe in theShe
(l’Essenza dentro l’Apparenza)
Capitolo XXIX
Erano trascorsi ormai quaranta giorni dalla partenza di
Merlin e il principe cominciava a non farsi bastare più le ragionevoli scuse
che Linette gli propinava.
“Ma tuo cugino non dà notizie?!”
sbottava di frequente, di punto in bianco, aspettandosi da lei una risposta che
non sarebbe arrivata.
Il mago allora si sentiva a disagio, cercava invano di
sdrammatizzare e di temporeggiare, inventandosi scappatoie sempre più assurde.
Lo stregone era arrivato persino a farlo sentire in colpa di
proposito, per distrarlo dalle sue riflessioni su quella protratta assenza.
“Continuate a domandare che fine abbia fatto mio cugino,
perché in fondo io non vi vado bene?!” aveva dato
sfogo Lin un pomeriggio, fingendosi offesa dalle
implicazioni dei regali ragionamenti. “Oh, vi ringrazio,
Maestà!” aveva recriminato. “E’ così che ripagate la mia devozione nei vostri
confronti?!”
E il principe aveva incassato il rimprovero, standosene
zitto, ma solo per un altro paio di giorni, e poi era tornato alla carica.
Tra le assillanti richieste, c’erano persino le giornate in
cui l’Idiota Reale ci scherzava su, burlandosi di lui, a sue spese.
“Non è che invece ha inguaiato
qualche fanciulla ed è andato per fare i conti con suo padre, eh?” aveva
insinuato un dì, con fare indagatore.
Il servo aveva sgranato gli occhi, inorridendo per siffatta,
calunniosa ipotesi. Ma, così facendo, aveva distorto la verità, facendo credere al principe una cosa sbagliata.
“E’ andato davvero
dal padre a chieder la sua mano?!” era esploso,
allora, il Nobile Babbeo, allibito.
Merlin era divenuto scarlatto, mentre negava.
“Oh, no nono!” aveva smentito Linette,
sentendo le guance andare a fuoco. “No-no, Mi-mio
Signore.” Aveva balbettato, imbarazzata da morire. “Nessuna fanciulla! Nessuna proposta!”
E allora Arthur aveva riso, rasserenato, lasciando passare
qualche giorno, prima di ricominciare.
“Vado a riprenderlo!” aveva sbottato l’Asino una mattina,
facendo colazione. “Non è normale che finora non abbia dato notizie di sé!”
Merlin si diede dell’idiota, per non aver sopperito per
tempo a tale mancanza.
“Sire, vi prego, Ealdor è lontana
e voi dovete pensare al Torneo!” lo blandì, con buonsenso.
Arthur replicò con un mugugno di malcontento. Era vero. Aveva degli obblighi precisi e
delle scadenze imminenti da rispettare.
“Pazientate un altro po’,” gli
suggerì allora la valletta, vedendo che il discorso ‘doveri’ faceva presa su di
lui. “E magari avremo presto buone nuove!”
***
L’attesa del principe fu ben presto premiata – difatti il Caso aveva voluto che, il dì
successivo a pranzo, Linette si presentasse con un biglietto
malconcio tra le mani – erano giunte finalmente
informazioni da parte di Merlin.
“E’ una missiva per me?!” aveva
esordito l’erede al trono, scattando in piedi per raggiungerla.
“No, Sire. Sono spiacente. Mio cugino ha scritto solo a Gaius, menzionando tuttavia me e
voi…” Lin era parsa subito a disagio, mentre negava,
porgendogli il foglietto.
“Chi te l’ha data?” l’interrogò, dispiegandolo.
“Un mercante di passaggio!” replicò prontamente ella, anche
fin troppo velocemente; ma Arthur era
eccessivamente impegnato a decifrare la grafia familiare del suo servo, per
accorgersi del tono costruito della risposta.
In buona sostanza, Merlin informava il suo mentore che a Ealdor era scoppiata una grave epidemia – una malattia
assai dolorosa, ma non mortale, che necessitava di lunghi tempi di guarigione –
e che, fortunatamente, un Guaritore Errante, passando per di lì, si era preso
cura di ciascuno di loro.
Il villaggio, tuttavia, doveva rimanere in quarantena per un
tempo indeterminato, per impedire il propagarsi dell’oscuro morbo altrove, in
altre città o regni confinanti.
La lettera terminava con la rassicurazione che sia lui che Hunith stavano abbastanza bene, e che Gaius
non doveva essere in pena per loro.
Merlin ringraziava poi sua cugina per ciò che stava facendo
al suo posto e raccomandava a Linette di portare
pazienza con l’Asino – il giovane Pendragon fece una smorfia, arrivato a quel punto –, mentre
le ultime righe erano di commiato.
Solo una frase, l’ultimissima, era per il principe.
Una semplice riga, una richiesta di perdono per il suo
signore: “Mi dispiace di essermene andato
senza salutarvi, credetemi.” Diceva.
Arthur la lesse cinque volte, prima
di arrendersi. Una misera riga. Neanche
dieci parole.
Egli inspirò a fondo, chiudendo un istante gli occhi.
Il mago osservò la sua reazione, sentendosi terribilmente in
colpa.
Lo aveva illuso. Lo
aveva ferito. Ma che altro poteva fare?
“Sire…” lo chiamò allora, incerto. Come avrebbe fatto a consolare la sua delusione? “Sire…” ritentò.
“Fai sellare i cavalli, partiamo entro mezz’ora.” Ordinò il
nobile, secco, prendendo la sua decisione.
“Ma…”
“Se sfruttiamo le ore che ci separano dal Vespro, forse arriveremo
a Ealdor entro domani notte.” Calcolò, risoluto.
“Ma… Vostra Altezza!” esordì il servo, preoccupato. “E’
vietato avvicinarsi al villaggio!”
“Non mi importa.” Ribatté l’erede al trono. “Andrò a vedere
come sta!”
“No! Non potete! Vostro
padre non ve lo permetterebbe… e poi Merlin non vorrebbe esporvi al contagio!”
protestò allora il mago, allarmato da quell’imprevista piega degli eventi.
“Mio cugino è forte e giovane, vedrete che si rimetterà presto, credetemi!” lo
rassicurò.
“E invece è un idiota! Direbbe che sta benone
anche se fosse in punto di morte, per non farci spaventare!”
Merlin rimase molto colpito da quell’osservazione.
Significava che Arthur
lo conosceva meglio di quel che credeva.
Un misto di gratitudine e di sconforto lo travolse. Il principe gli stava offrendo tutta la sua
amicizia in palmo di mano, e lui doveva gettarla alle ortiche.
Il servo si raschiò la gola, per cercare di darsi un
contegno. Serviva una risposta energica, per smuovere quel Nobile Somaro.
“Se… se la situazione fosse tragica, egli
ce lo avrebbe detto. Ci avrebbe dato l’estremo saluto. Ma non l’ha
fatto.” Chiarì, con molto buonsenso, ma cambiando poi il tono, da mite a
imperioso: “Perciò smettetela di progettare scampagnate e dirigetevi nell’arena,
per gli allenamenti pomeridiani!” lo incitò spiccio, come avrebbe fatto un
maestro con un discepolo recalcitrante.
L’erede al trono parve perplesso e protestò un po’, ma alla
fine cedette e seguì il suo consiglio.
Una volta rimasto solo, Merlin tirò un lungo sospiro di
sollievo. Anche se il problema non era risolto, ma solo procrastinato.
E poi c’era ancora la
questione in sospeso con Ardof... che fine aveva
fatto, quel disgraziato?
Che avesse rinunciato
ai suoi propositi di vendetta? No, lo stregone non ne era affatto persuaso,
ma non poteva fare niente, se non attendere un cambiamento dei fatti, rimanendo
con la guardia alta.
Sospirando, egli raccolse le gonne e si diresse verso le
scuderie, per controllare che il cavallo di Arthur fosse pronto, e condotto nel
campo dei combattimenti per gli scontri.
***
Negli ultimi venti giorni, da che aveva partecipato a quell’ignominioso Incontro di Perdizione, ogni
volta che doveva recarsi lì – e aveva l’obbligo di farlo ogni mattino e ogni
sera – lo faceva di malavoglia, perché non poteva impedirsi di rammentare le
parole delle dame su di lui.
Anche in quel momento, varcando la soglia delle stalle
reali, Linette fu investita da tutti i ricordi dei
pettegolezzi che aveva udito sul suo conto al Raduno di Ricamo.
Involontariamente rabbrividì, pensando che dietro alla
gentilezza di Marcus potesse esserci stato uno scopo celato, o che i sorrisi di
Vincent o Tobias fossero tentativi atti ad
incantarla.
E siccome, in meno di una settimana, egli era venuto suo malgrado a conoscenza di due grandi
fatti della vita femminile – cosa avveniva quando si concepivano dei figli e
cosa avveniva quando nonli si concepiva – lui non aveva nessunissima intenzione di essere edotto anche sull’anello di
congiungimento tra i due momenti. Niente amoreggiamenti,
per carità!
Oltretutto, conosceva quegli uomini da tempo, e
immaginarseli in veste di corteggiatori era un trauma per lui.
Poi, però, rammentò anche la cosa della voglia scura sulla coscia del principe, che sembrava decantata come
notizia certa e che invece Arthur si
era prodigato a smentire con risolutezza.
Ammesso e non concesso, che Sua Maestà avesse negato perché
era vero che non esisteva alcun neo, e non per puntiglio; in tal caso anche
quelli sugli stallieri erano solo pettegolezzi di donzelle con troppa fantasia
e altrettanto tempo da riempire.
Perciò Merlin, per
quieto vivere, preferì convincersi che, tra gli scudieri, nessuno ambisse alla
sua mano come spasimante.
Per di più, egli aveva già il suo bel daffare nel tenere a
bada le molestie dei nobili a cui non era facile sottrarsi e, davvero, le attenzioni indesiderate dei garzoni
erano l’ultimo dei suoi desideri.
Egli si dolse, rammentando, per esempio, lo spiacevole
evento al banchetto di qualche sera prima, in onore di Lord Hertis
e della figlia, Lady Aurelia, giunti dal Nord in
visita a Camelot.
Merlin non lo faceva apposta, ma sembrava che i guai scegliessero sempre lui.
***
L’ora era tarda. Il
re, gli ospiti in visita e le dame a palazzo si erano già ritirati per la notte.
Quella cena doveva essersi ormai conclusa da tempo, secondo il parere dei
valletti reali che trotterellavano da una veglia intera, nell’andirivieni dalle
cucine alla sala, ma gli ultimi invitati – uno sparuto gruppo di cavalieri e
aristocratici – indugiavano ancora a tavola.
Linette ricevette da una sguattera
l’ennesima portata e servì il cibo nel vassoio ai commensali, senza escludere il
nobile Cornelius, anche se era certa che non avrebbe
più mangiato.
L’uomo era difatti ubriaco da molte ore, preferendo di gran
lunga il vino alle vivande.
Quando tuttavia la valletta gli si accostò di lato, egli,
lanciandole uno sguardo lascivo, la bloccò con un braccio tra sé e il tavolo,
impedendole una via di fuga.
La serva lo guardò supplice, ma lui non era del tutto in sé.
Il suo fiato fetido la colpì, nell’istante in cui cercò di
avvicinare il viso rubizzo a quello di lei, allungando al contempo le dita
sudice verso la sua sottana.
Merlin imprecò mentalmente, mantenendosi a distanza da lui
per quanto poteva, e ragionando in fretta, per trovare una soluzione che lo
traesse fuori da quel problema senza urtare la suscettibilità di quel nobile,
che tendeva ad essere antipatico e piantagrane fin da savio, figurarsi da sbronzo!
In quel momento, tuttavia, il coltello con cui si affettava
il vitello sibilò nell’aria, piantandosi nel legno a mezza spanna dalla mano
dell’aristocratico.
Sir Cornelius sollevò la testa, furibondo, verso colui che tanto aveva osato, incrociando
però lo sguardo dell’erede al trono.
“Mi è scivolato.” Disse Arthur, nella più completa
semplicità, sfidandolo a dire il contrario. Poi lo ignorò volutamente. “Linette, riempi il mio calice.”
Merlin sgusciò via da quella situazione incresciosa,
rimettendosi al fianco del suo signore.
Bisbigliò un grazie, chinandosi nel versare la brocca per
lui.
Il principe si limitò ad un compìto
cenno del capo, archiviando la faccenda.
Ma lo stregone, lanciando di sottecchi un’occhiata
all’aristocratico fremente per quell’umiliazione, pensò bene di aggiungere
anche una piccola, personale vendetta.
Mentre Cornelius riprese controvoglia
a mangiare, per distogliere da sé la fastidiosa curiosità degli altri signori,
il mago invocò sottovoce un piccolo incantesimo, nell’esatto istante in cui
l’uomo addentava la coscia di pollo che egli stesso gli aveva servito.
Lo vide subito bloccarsi, diventando ancor più rubicondo, e
tuttavia non osando sputare la carne piccante, per non aumentare le chiacchiere
sul suo conto, il nobiluomo ingoiò a forza il boccone, avventandosi immediatamente
dopo sulla propria coppa e trangugiandola tutta d’un fiato, senza tuttavia provare
sollievo.
Linette sorrise tra sé,
riacquisendo il buonumore, immaginando che Sir Cornelius
avrebbe declinato i futuri inviti a banchetto per un bel pezzo.
***
“Lady Aurelia vi stava facendo gli occhi dolci, Sire.” Aveva
considerato Merlin, in tono leggero, una volta che si erano ritirati per la
notte, preparando le vesti che l’Asino avrebbe indossato per dormire, mentre
questi si svestiva oltre il paravento.
“Lo so.” Fu lo sbuffo seccato del principe. “Vorrebbe che io
la corteggiassi.” Spiegò, mentre si faceva passare la camicia con cui si
sarebbe messo a letto. “Ogni anno, torna a farci visita nella speranza che le
cose cambino.”
Lo stregone non aveva seguito con particolare passione la
vicenda l’anno precedente.
Poiché Lord Hertis
e il suo casato odiavano la magia quanto Uther, non
si era preoccupato del fatto che la principessina potesse incantare il suo
Somaro Reale con qualche pozione o malia d’amore – come, peraltro, era già
successo con la sedicente Lady Sophia.
Ritenendola perciò innocua, il mago si era semplicemente divertito
nell’osservare i tentativi di civettare di lei e le sempre maggiori difficoltà
di scansarli da parte di Arthur.
“Un matrimonio con Lady Aurelia sarebbe senza dubbio
vantaggioso per il regno!” insinuò allora, godendosi la faccia sconvolta
dell’erede al trono.
“Linette!
Ma sei per caso impazzita?!” l’aveva apostrofata lui,
spalancando occhi e bocca.
“Oh, suvvia! E’ ricca, d’alto lignaggio, colta… ha persino dell’intraprendenza…”
Entrambi pensarono all’istante a quando lei, al suo arrivo,
s’era attaccata di peso al braccio del principe, a mo’ di cozza sullo scoglio,
senza volersene più staccare, e Merlin sogghignò, mentre Arthur inorridiva.
“Sarà anche colta e… beh, qualcos’altro.” Replicò Sua Maestà, di malavoglia. “Ma è strabica e
verrucosa!” sbottò, disgustato. “Persino vederla al tramonto fa impressione!”
esclamò scandalizzato.
“Magari sarà bella
dentro.” Ipotizzò allora il servitore, per sfizio di pungolarlo.
“Credi a me, Lin, la tua è solo
una pia illusione!”
“Ma è vero che durante l’Udienza Privata ha cercato di
palpeggiarvi?” gli domandò, di punto in bianco, sollevando le coltri affinché
l’altro potesse sdraiarsi.
“Si è già sparsa la voce?!” latrò
invece il principe, sconcertato e sdegnato, con un piede fermo a mezz’aria.
“Quindi è vero!” rise la valletta, guadagnandosi
un’occhiataccia da parte del suo padrone.
“Non c’è riuscita. Per tua
informazione.” Rispose egli, piccato, tirandosi le coperte fin sotto al mento.
“Cos’è? Suo padre l’ha fermata prima che
ci riuscisse?” tirò a indovinare il mago, sogghignando, ma il silenzio offeso del
nobile, in risposta, gli fece capire che aveva visto giusto. “Oh,
suvvia!” lo consolò allora. “Anche Sir Cornelius ha
tenta-”
“Ti ha messo le mani addosso?” indagò il principe,
diventando di colpo serio e autoritario.
“No, Sire.” Sorrise, riconoscente, posando il lume accanto
al letto. “Non ne ha avuto il tempo, grazie a voi.”
Rasserenandosi a quella replica, Arthur stiracchiò le
labbra.
“E invece Lady Aurelia ha tutto il tempo del mondo!” si lamentò.
“Suo padre è un alleato fedele e importante per Camelot.
Per questo non possiamo offenderla con un rifiuto ufficiale. Quella
testa calda di Lord Hertis potrebbe far scoppiare una
guerra e Dio non voglia!”
Merlin ponderò bene quelle riflessioni, prendendo la sua
decisione.
“Magari la prossima volta verrò io in vostro soccorso, e vi
salverò da lei!” celiò, prima di congedarsi. “Buona notte, Maestà.” Gli augurò,
già sulla porta. “E cercate di non sognare la nostra pregevole ospite!”
Il cavaliere fece una strana smorfia nella penombra.
“Niente incubi, per carità!”
Lo stregone sorrise,
andandosene.
Sì, con un piccolo
aiutino magico… avrebbe fatto in modo
che la principessina in visita dedicasse ad altri le proprie attenzioni.
Continua...
Disclaimer:I
personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma
di lucro, da parte mia.
Ringraziamenti:
Un abbraccio a Tao, che sopporta i miei scleri. X3
Note: Immagino
che il ritardo dell’aggiornamento vi scombussoli un po’ i ricordi, ma nei fatti
siamo appena a ridosso delle cose di Linette.
I servizi postali medievali erano una tragedia (un po’ come
quelli attuali in Italia X°D). Una lettera poteva
viaggiare per giorni o per mesi prima di venir recapitata e le notizie fresche arrivavano già vecchie. XD
Spesso ci si affidava a mercanti di passaggio, sperando che la missiva arrivasse al
destinatario.
Frequenti erano le epidemie e i contagi diffusi, perciò che
il villaggio di Ealdor fosse in quarantena non deve
stupire.
Una cosa che mi piace del capitolo è la naturalezza con cui Linette/Merlin mette a letto il principe, chiacchierando con
lui, gli rimbocca praticamente le coperte, e quasi non se ne accorge.
Precisazioni al
capitolo precedente e domande varie: (a random)
- Merlin non è un idiota. Ma non è che nel Medioevo
facessero corsi di educazione sessuale e lui è stato ‘istruito’ limitatamente
all’apparato maschile.
Dovremmo ragionare con la mentalità dell’epoca, in cui il
ciclo e il parto e “le cose da donne” erano fatti oscuri e tabù per i maschi.
Con un “sono indisposta” spiegavano
tutto fino a 50 anni fa. Figurarsi allora!
- Vorrei chiarire che non dovrebbe assolutamente sconvolgere
il fatto che Gwen non sappia leggere. Nel Medioevo (e
per molto tempo successivo) il popolo era completamente ignorante e analfabeta
e la cosa colpiva anche molti nobili di rango inferiore che, con la scusa di
scrivani di corte e amministratori vari, erano solamente istruiti nell’arte
della guerra, perché il loro destino sarebbe stato quello di essere valorosi
soldati.
Quello che invece potrebbe stupire è che Merlin lo sappia
fare, ma noi immaginiamo che sia stata Hunith a
insegnarglielo, visto che all’esordio del telefilm lei ha scritto una lettera di
presentazione del figlio a Gaius.
- Sì, sono stata sadica con Merlin e non me ne pento! XD
Però mi fa felice che, se da un lato vi sentite giustamente
ripagate, dall’altro dimostriate al povero mago la nostra meravigliosa
sorellanza.
- Arthur comincia a muoversi… ma per capire/accettare
qualcosa su quello che sente ci vuole ancora del tempo, e soprattutto un
insieme di fatti.
- Gwen sa rendersi utile (quando
vuole. E soprattutto quando sta lontana da Arthur). In
questa fic ha esattamente il ruolo della buona amica.
Direi che è come uno dei topolini aiutanti di Cenerentola! XD
- Sì, Merlin c’è rimasto malissimo che il principe l’abbia
rimpiazzato così nella caccia. Ma Arthur, a tempo debito, saprà farsi
perdonare. ^^
- Se fosse arrivata davvero la Guardia Reale per gli strilli
di Gwen, Merlin sarebbe morto di vergogna. Sicuro.
- Se ci riesco, nella raccolta di missing
moment post epilogo, metterò anche il
discorsetto di Gaius. Ma non prometto niente.
Eccovi l’anticipazione
del prossimo capitolo:
“Siete forse geloso?”
insinuò allora la serva, stiracchiando le labbra in modo impudente.
“Di Morgana? Neanche
per idea!”
“Io mi riferivo a
Merlin.” Replicò la valletta e Arthur arrossì.
“Ma che ti viene in
mente?!” s’inalberò. “Perché mai Merlin dovrebbe regalarmi
dei fiori?!”
Un’ultima cosa:
Un grazie enorme a chi ha letto e
commentato l’altra mia fic di Merlin “MyRoyalAss
and My Little Secret” spoiler episodio 3x03. E un grazie di cuore
a chi commenterà.
Ah, no… una domanda: quanti di voi sarebbero a Lucca Comics domenica 31?
Campagna di Promozione
Sociale - Messaggio No Profit:
Dona l’8‰ del tuo tempo alla causa
pro recensioni.
Farai felice
milioni di scrittori.
(Chiunque voglia
aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio crede) Come sempre, sono graditi commenti,
consigli e critiche.
E scrivere dev’essere
una piacevole gratificazione, non un’ossessione (come stava ultimamente
diventando), perciò credo che rallenterò un po’, come mi avete gentilmente consigliato.
La
seconda cosa che mi sento di ripetere è che eventuali coincidenze con la terza serie sono appunto casuali coincidenze, in questo capitolo e in tutti i prossimi che verranno.
Non sto
attingendo idee dalla terza serie, e ci tengo a precisarlo, anche se ci sono
piccole cose o fatti tra questa fic e il telefilmche sono simili.
Il
seguente scritto inizia a contenere lievi (e confusi XD) riferimenti slash; più
avanti si avrà lo slash più definito.
Riassunto: Merlin
è abituato a salvare la vita all’Asino Reale senza che questi se ne accorga, ma
stavolta non tutto va per il verso giusto. Colpito dall’incantesimo del
malvagio Ardof, il nostro mago farà i conti con una
sconvolgente novità: egli si risveglia trasformato in una donna.
Solo Gaius conosce il suo segreto e, finché non
troverà il modo di tornare normale, dovrà inventarsi delle scuse plausibili e
prendere il posto di se stesso al servizio del principe. Come riuscirà a
conciliare questa ‘nuova situazione’? Come si evolverà il suo rapporto con
Arthur?
Vorrei dedicare il capitolo a
quelle persone che hanno recensito il precedente:
E a quanti commenteranno (SE vi
va di recensire anche dei capitoli più indietro di questo, il vostro parere non
andrà perduto!).
Ai vecchi e ai nuovi lettori.
Grazie.
TheHe in theShe
(l’Essenza dentro l’Apparenza)
Capitolo XXX
Lady Aurelia e suo padre avevano lasciato il regno di Camelot un paio di giorni dopo il banchetto in loro onore –
con somma gioia di Arthur.
In realtà, già dal mattino seguente suddetto convito, la
principessina aveva repentinamente e insperatamente
smesso di tampinare l’erede dei Pendragon, preferendo
piuttosto dedicare le sue nobili
attenzioni ai valorosi cavalieri di quest’ultimo.
Il principe aveva perciò avuto pietà dei suoi uomini e se li
era trascinati tutti nell’arena – tutti, anche quelli che non dovevano addestrarsi,
ma che improvvisamente ne avvertivano
l’impellente bisogno –, blindando eccezionalmente
gli allenamenti, per tenerli lontani dagli occhi bramosi di lei e dalle sue tentaco-lunghe manine.
A quel punto, la principessina si era lagnata col padre
innumerevoli volte, su quanto fosse noiosa Camelot,
su quanto non ci fossero pretendenti degni
di lei a Camelot, su quanto avrebbe
voluto partire appena possibile da Camelot e
tornarsene a casa propria.
Uther, dal canto suo, non li aveva
certo trattenuti per il mantello: quando Lord Hertis
aveva controfirmato nuovamente il Trattato di Pace che univa i loro regni, aveva
salutato il suo alleato senza tante cerimonie – forse, anche lui temeva in cuor
suo, in gran segreto, che Arthur potesse cedere alle lusinghe di lei per
sfinimento, e di sicuro non ci teneva ad imparentarsi con un tale scorfano.
Merlin e Gaius avevano riso per
ore, ironizzando a turno sul sollievo provato dal principe e dal sovrano per il
fidanzamento mancato.
Tuttavia, una volta che gli ospiti erano partiti, la
quotidianità aveva ripreso a scorrere.
***
Il sabato successivo, ad esempio, Merlin si trovava alla
finestra di uno dei corridoi del palazzo e stava controllando a distanza gli
allenamenti del suo signore quando, allo scoccare dell’Ora Nona, egli rabbrividì
per riflesso, vedendo le dame che dal cortile avanzavano, in processione, con
il loro bel cesto di ricamo sottobraccio.
Se egli infatti non aveva più
chiarito col principe quel fatto increscioso della caccia mancata… in compenso,
però, aveva parlato con Gwen, facendole capire – in
modo risoluto e perentorio – che lui non avrebbe mai più rimesso piede ad una
Riunione di Cucito, anche se – per un breve, brevissimo istante – una malsana
curiosità l’aveva colto: quelle dame parlavano mai di lui? Di Merlin?
Quella volta a cui aveva assistito non ne avevano fatto
menzione con Linette – troppo intente
a spillarle informazioni sull’Asino – ma del suo servo… che si diceva? C’era
forse qualche fanciulla interessata a lui?
Il mago, tuttavia, decise che quella curiosità non l’avrebbe
condotto a niente di buono e la accantonò.
Il giorno successivo, quando all’alba Gwen
si era presentata dal medico di corte, per farsi dare un rimedio per
l’emicrania di Lady Morgana – che aveva passato l’ennesima infelice notte,
aveva detto loro Guinevere –, il mago ne fu rattristato.
Il potere della nobildonna era un qualcosa che poteva essere
oscuro e pericoloso, ma si dispiaceva che lei ne fosse vittima inconsapevole. E
per questo, quando si trovò a gironzolare per la città bassa a compiere una
commissione, egli pensò bene che un dono colorito avrebbe potuto rallegrarle
l’umore.
***
Facendo ritorno dal mercato, Merlin incrociò casualmente il
suo padrone nel corridoio dell’Ala Nord del castello.
Egli imprecò sottovoce, perché non si aspettava certo di
trovarselo lì, a quell’ora.
In quel momento Sua Maestà avrebbe dovuto trovarsi col re a
discutere di tasse e dazi, e altre faccende da regnanti, e non a bighellonare
per i corridoi come i perdigiorno!
“Lin-Lin!” la salutò lui,
riconoscendola nell’avvicinarsi.
“Sire…” brontolò di rimando, con un’accoglienza assai poco piacevole.
Adesso l’avrebbe preso
in giro? Avrebbe fatto domande?
D’istinto, gli sarebbe venuto da nascondere il mazzo che
teneva in mano, e che aveva intenzione di regalare a Lady Morgana perché voleva
tirarle su di morale, poverina, ma ormai era sciocco farlo.
“Quei fiori… sono per la mia stanza?” le domandò sorpreso l’Asino,
fermandosi davanti a lei.
E cosa doveva
rispondergli?
“Perché… nel caso lo
fossero, la cosa vi darebbe fastidio?” chiese in risposta, cercando di
sondare il terreno.
“No, certo che no!” rise il principe. “Merlin se ne
dimenticava sempre!” borbottò. “Anzi no, si dimenticava i miei, ma a Gwen e Morgana ne ha
regalati!”
Ah, sì? “Siete
forse geloso?” insinuò allora la serva, stiracchiando le labbra in modo
impudente.
“Di Morgana? Neanche per idea!”
“Io mi riferivo a Merlin.” Replicò la valletta e Arthur
arrossì.
“Ma che ti viene in mente?!”
s’inalberò. “Perché mai Merlin
dovrebbe regalarmi dei fiori?!”
Lo stregone si strinse nelle spalle.
“Non c’è un perché, Sire.” Motivò. “Può essere per il
colore, per la forma o per il profumo? Ad ogni modo, regalare fiori non è
sempre un’azione plateale, a volte è solo un gesto gentile, una dimostrazione
d’affetto. Capite?” Linette catturò
lo sguardo del giovane Pendragon col proprio.
“Talvolta lo si fa per il gusto di vedere un sorriso spuntare sul viso di chi
li riceve, senza aspettarsi niente in cambio…”
“D’accordo. Ho compreso.” Disse il principe, rimuginando sul
concetto. “A questo punto, quindi, credo… uh!... di
doverti ringraziare per il gentile pensiero.”
“Non ce n’è bisogno.” Merlin sorrise. “Col vostro permesso,
più tardi porterò nuovi vasi nei vostri appartamenti.”
“Ehi!” sbottò allora il nobile, “Non ti allargare troppo!
Non voglio che la mia camera diventi una serra o che puzzi di smielato! Intesi?”
Il mago rise, facendogli un inchino.
“Intesi!” e corse via, a consegnare quel mazzo alla
legittima destinataria, per poi provvedere a quella tremenda lacuna fino a quel
momento incolmata.
***
Quella sera, a cena, Arthur parve gradire i mazzi che Linette aveva distribuito nella camera – in modo sobrio e virile, le era stato
raccomandato – o quantomeno non se ne era lamentato, il che era già, di per sé,
un traguardo rimarchevole.
Fu però qualche giorno dopo, mentre erano a caccia, che le
parole di lei trovarono effettivo riscontro.
Merlin seguiva fedelmente il suo signore nel mezzo del
bosco, mentre le prede catturate gli sbatacchiavano sulla schiena e lui cercava
invano di non farsi seminare o di rompersi l’osso del collo inciampando.
Il principe era tutto euforico: aveva già catturato ben
sette bottini senza particolare fatica, e quell’abbondanza prometteva di non
finire presto.
Nel momento in cui Pendragon, tuttavia,
si accorse che l’ansimare della sua valletta non gli solleticava più le
orecchie, si voltò di scatto, in cerca di lei – di sicuro era caduta, o
scivolata, oppure… – Linette se ne stava ferma,
impalata, a una decina di iarde di distanza, pensierosa.
“Quel fiore…” borbottò la serva, indicando un punto imprecisato
su uno spuntone di roccia poco lontano da lei.
Arthur la scrutò un istante, sorpreso, allargando poi le
braccia.
“Se sei senza fiato, basta dirlo!” la prese in giro il
principe. “Non inventare scuse!”
“Quel fiore-” ritentò il mago, ma fu interrotto dal Nobile
Babbeo.
“Hai già raccolto fiori mezz’ora fa.
Non può scapparti di nuovo!” sbottò, spazientito.
Merlin arrossì.
“Quel fiore mi
serve per Gaius! Dai suoi pistilli
si ricava un medicamento raro!” scoppiò in risposta, maledicendo l’Asino.
“Ah!” soffiò l’Asino in questione, “Allora la cosa cambia…”
“Oh, grazie!” ironizzò lo stregone, sospirando tra sé,
calcolando mentalmente il modo più rapido e
indolore per riuscire a recuperare la preziosa piantina. Non si aspettava,
infatti, che Sua Maestà tornasse sui propri passi e bisognava provvedere in
fretta alla raccolta, prima che il
principino perdesse la sua notoriamente
scarsa pazienza nell’attesa.
Egli mosse qualche passo incerto sulle sporgenze di pietra,
issandosi. Ma la sua attuale statura di donna non lo aiutava affatto e, suo
malgrado, non arrivò neppure minimamente vicino alla
meta e scivolò in basso afferrando solo aria. Nel riatterrare scompostamente,
per poco non si grattugiò il naso sulle pietre e, con tutta probabilità, sarebbe
potuta andargli anche peggio.
“Lascia perdere.” Si sentì dire alle spalle e si stupì,
allorché osservò il principe superarlo per arrampicarsi svelto e agile verso la
prominenza.
Qualche istante dopo, Arthur era nuovamente al suo fianco e
gli porgeva il prezioso fiore.
Merlin lo ringraziò, afferrandolo con cautela. “Sì, è
proprio un DerviuniumMaior”
lo identificò. “E’ davvero un peccato rovinarlo!” considerò a malincuore, ammirando
il colore particolare della corolla e dei pregiati pistilli. “Solo
quando i petali sono azzurro chiaro è ancora utile. Purtroppo diventano
blu in fretta, e allora è troppo tardi.” Gli spiegò, senza
smettere di contemplarlo.
Tentennò un po’, dispiaciuto di sacrificare quella bellezza,
e sospirò; infine egli si decise a procedere, chinandosi per estrarre un
coltellino dalla sacca che aveva depositato a terra.
Sotto lo sguardo incuriosito dell’altro, il mago dissezionò
la piantina e ripose con cura le parti utili.
Gaius sarebbe stato orgoglioso di lui!, pensò, con improvvisa euforia.
“Perché fai quella faccia beota?” l’interrogò l’erede al
trono, perplesso, e lo scudiero arrossì miseramente.
“Ero solo felice della scoperta…” mugugnò, sentendo le
guance calde. “Il mio mentore la apprezzerà.”
“Penso che Gaius sarebbe stato più
che lieto di rinunciare a quel fiore, se il prezzo da pagare per ottenerlo fosse
stato il tuo nasino grattugiato o qualcosa
di rotto.” Appuntò il nobile, incamminandosi per riprendere quello che
avevano interrotto.
***
Forse quel DerviuniumMaior non era poi così
raro come si credeva, considerò il mago, qualche giorno più tardi, quando –
trovandosi nuovamente a caccia con l’Asino, in un luogo non lontano dalla volta
precedente – Arthur lo aveva fatto deviare e inerpicare per uno stretto
sentiero, col solo scopo di procacciare il medesimo fiore che a lui sembrava di
aver scorto su uno sperone roccioso.
Ad un certo punto, il principe l’aveva piantato in asso,
ordinando alla sua imbranata valletta
di non muoversi per nessun motivo – altrimenti
sarebbe ruzzolata fino a valle –, ed aveva proseguito da solo per quasi un
quarto di miglio, saltellando sugli appigli quasi fosse un agile daino. A Merlin faceva quasi impressione.
Egli comunque ne approfittò per dissetarsi, riposarsi e
riprendere fiato.
Poi si perse a contemplare un piccolo scoiattolo dal pelo
rosso, che amoreggiava con quella che doveva essere la sua futura compagna.
Merlin stiracchiò le labbra, divertito da quella scena.
Non seppe quanto Sua Maestà se n’era stato via ma, quando fece
ritorno, egli allungò alla sua serva un piccolo mazzetto di fiori, con modi
sbrigativi.
“Apprezzo il gesto, Sire.” Sorrise Merlin, annusando il gradevole
profumo. “Ma sono già blu. E’ troppo tardi per usare i pistilli a scopo
curativo.”
“Lo so. Me ne sono accorto.” Biascicò l’erede al trono,
guardando altrove. “Ma ormai ero lassù e… insomma… quel fiore ti piaceva, no?”
Merlin, a quelle parole, gli regalò il suo più bel sorriso
di gratitudine.
Lo stomaco di Arthur si strinse di riflesso. Il sorriso di Linette
sovrapposto a quello del suo fedele servo idiota.
“Vedi di non fraintendere.” La sgridò allora, ma con poca
convinzione.
E lei parve non volersi togliere quell’espressione contenta.
“Avete rammentato il discorso che vi ho fatto sul donare fiori!”
E Arthur, suo malgrado, arrossì
ancora di più.
“Muoviti! Torniamocene al castello.” Aveva brontolato
allora, fingendosi impegnato a raccogliere tutte le armi e le prede catturate, per
poi partire senza attenderla. “Non ho tempo da perdere, io.”
Il suo scudiero lo imitò nel raccattare le borracce e le
bisacce, immune ai suoi toni improvvisamente bruschi e
spazientiti.
Lo sapeva che Arthur
stava solo fingendo... doveva darsi un regale contegno, no?
Egli si mise quindi a seguirlo, per raggiungere le
rispettive cavalcature, sorridendo allegro alla schiena del suo padrone, pochi
passi avanti a lui.
Il profumo del mazzetto di Derviunium
– prudentemente adagiato in una piega del fazzoletto attorno al collo – profumava
l’aria tutto attorno al suo naso, aumentando il suo buonumore.
Era proprio vero che,
a volte, erano i piccoli gesti inattesi i doni più graditi.
Ma, se Merlin fosse stato onesto con se stesso fino in
fondo, avrebbe dovuto riflettere anche sul fatto che, neanche due mesi prima,
egli s’era scandalizzato quando il fioraio, al mercato di Camelot,
aveva offerto a Linette una rosa in cambio di un
bacio ed egli aveva considerato di sentirsi offeso nella sua intrinseca
mascolinità per questo motivo.
In quel momento le circostanze erano diverse, in effetti, e Arthur
non era uno sconosciuto e non si aspettava nulla in cambio per il suo regalo, ma
se anche il principe avesse voluto qualcosa… come avrebbe risposto, lui?
Continua...
Disclaimer:I
personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma
di lucro, da parte mia.
Ringraziamenti:
Un abbraccio a Tao, che sopporta i miei scleri. X3
Note: Immagino
che il ritardo dell’aggiornamento vi scombussoli un po’ i ricordi, ma nei fatti
siamo a cavallo tra il 45° e il 50° giorno dall’arrivo di Linette.
Riguardo la cosa del donare fiori,
ho voluto giocarci un po’ su.
Nella puntata 1x03 è Gwen che
regala dei fiori a Merlin, e Arthur lo sgama.
Nella puntata 2x03 Merlin porta dei fiori a Morgana e Arthur
lo sgama di nuovo. X°D
Ma nella realtà del TF Merlin non ha mai regalato fiori a Gwen (credo ci mancherebbe di vedere solo questo! U_U).
Forse vi pare sciocco che MerLin pensi di nascondere il
mazzo dalla vista di Arthur, ma in realtà lui ragiona ancora come un uomo, e la
cosa avrebbe potuto generare domande imbarazzanti.
Penso abbiate colto la citazione da “La spada nella roccia”,
parafrasando la scena dello scoiattolo. =3
Per amor di precisione, sarebbe stato più corretto dire che
Arthur saltava sulle rocce come uno stambecco, tuttavia non ho trovato conferma
che gli stambecchi fossero ancora presenti in Inghilterra nell’epoca medievale.
Essi erano diffusi lassù fin dalla Preistoria (secondo fonti storiche) ma sono
poi stati cacciati e quindi scomparsi.
Il daino, invece, benché presente in tutta Europa, deve il suo arrivo in Gran Bretagna agli antichi Romani che
si occuparono della sua riproduzione e diffusione in tutti i loro territori.
Pensate che in Inghilterra ne esistono ancora, in
alcune zone, degli esemplari allo stato servaggio.
Il DerviuniumMaior
è un fiore inesistente, c’erano troppe variabili di cui tener conto (colore
mutevole, forma, pistilli, potere curativo) e un fiore con le caratteristiche
che cercavo io non credo esista; nel dubbio ho preferito non scrivere
sciocchezze. ^^’’
Precisazioni al
capitolo precedente e domande varie: (a random)
- Avete ragione: ogni donna sana di mente vorrebbe palpeggiare Arthur, perciò
perdoniamo Lady Aurelia. XD
- Sì, Arthur ha dato grande prova del legame che ha col suo
servo, e questo va ricordato, perché al momento buono ci servirà.
- Sono contenta che il finale ispiri tenerezza e intimità anche
a voi *_*
- Ed è interessante la teoria di Merlin rivale di se stesso.
Eh!
Eccovi l’anticipazione
del prossimo capitolo:
“Volevo anche…” tossicchiò il giovane Pendragon,
scrutando le vecchie travi del pavimento. “Sì, beh…domattina non ho impegni con mio
padre, magari ti andava di accompagnarmi a caccia…”
“A caccia?” ripeté lo scudiero, stupito.
Giusto un mese prima,
mentre lui era indisposto, l’Asino non si era fatto scrupolo a sostituirlo con
altri.
Vedendo la sua confusione, Arthur si chiese se non avesse
sbagliato ad invitarla.
Magari stava troppo
male e non voleva dirglielo.
“Beh… non che tu sia indispensabile…” cercò di raddrizzare
il tiro. “Intendo dire… so che mi faresti scappare le prede… Quindi vieni solo se ti va.”
Sul viso pallido di Linette si
estese un enorme sorriso.
“Certo! Per
domani sarò in piedi, Sire!” gli promise.
“Oh, bene. Bene.” Egli si asciugò il sudore strofinandosi le
mani sui pantaloni. “Ora riposa. Ci vediamo all’alba.”
Un’ultima cosa: ho appena postato la mia prima fic sul fandom di Sherlock (BBC).
*me in fibrillazione*
Vi invito a darci un’occhiata, a darmi un parere se vi va, e
più in generale, a guardare questa mini serie che
davvero, davvero saprà conquistarvi per l’ironia british,
lo slash a gogo, e molto
altro ancora! ^^
Infine: ho raggiunto e superato le 300 preferenze come
autrice tra gli utenti di EFP, e molti vengono da questo fandom.
Grazie della fiducia. *inchin*
Campagna di Promozione
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Dona l’8‰ del tuo tempo alla causa
pro recensioni.
Farai felice
milioni di scrittori.
(Chiunque voglia
aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio crede) Come sempre, sono graditi commenti,
consigli e critiche.
Note: Il seguente scritto inizia a contenere lievi (e confusi XD)
riferimenti slash; più avanti si avrà lo slash più definito
Note: Il seguente scritto inizia a
contenere lievi (e confusi XD) riferimenti slash; più avanti si avrà lo slash più definito.
Riassunto: Merlin
è abituato a salvare la vita all’Asino Reale senza che questi se ne accorga, ma
stavolta non tutto va per il verso giusto. Colpito dall’incantesimo del
malvagio Ardof, il nostro mago farà i conti con una
sconvolgente novità: egli si risveglia trasformato in una donna.
Solo Gaius conosce il suo segreto e, finché non
troverà il modo di tornare normale, dovrà inventarsi delle scuse plausibili e
prendere il posto di se stesso al servizio del principe. Come riuscirà a
conciliare questa ‘nuova situazione’? Come si evolverà il suo rapporto con
Arthur?
Vorrei dedicare il capitolo a
quelle persone che hanno recensito il precedente:
E a quanti commenteranno (SE vi
va di recensire anche dei capitoli più indietro di questo, il vostro parere non
andrà perduto!).
Ai vecchi e ai nuovi lettori.
Grazie.
TheHe in theShe
(l’Essenza dentro l’Apparenza)
Capitolo XXXI
Anche con l’avvicinarsi della fine del secondo mese, Merlin
era diventato stranamente nervoso e rispondeva a tono al principe più del
solito, solo che si accorgeva di aver sfidato la sua ira solamente dopo aver
aperto bocca.
Questo suo volubile caratteraccio, negli ultimi giorni, lo
aveva portato all’aumento dei punzecchiamenti e a qualche battuta acida di
troppo, che entrambi si sarebbero potuti risparmiare; ma non l’avevano fatto –
l’uno perché era un Babbeo Reale e l’altro per tenergli testa.
Stranamente, però, Arthur non l’aveva mai punito né
rimproverato con particolare severità.
Col senno di poi, il mago si rendeva conto da sé che, se fosse
stato uomo, sarebbe già stato spedito alla gogna per direttissima almeno un paio di volte.
Ma lui non lo faceva certo
di proposito!
Benché Gaius gli avesse esplicitamente spiegato come mai il suo
umore fosse così incostante – meno paziente e tollerante, e molto più
irritabile e stizzoso – lui faticava a capacitarsene.
Non era come con la magia, che egli percepiva come parte inscindibile
da sé.
Quello che cambiava nel suo corpo era qualcosa che lui sentiva quasi estraneo
a se stesso e che non poteva controllare e di cui si sentiva in completa balìa.
In quanto discepolo di un uomo di scienza quale era Gaius, Merlin si sarebbe potuto dire affascinato di poter direttamente sperimentare i mutamenti del fisico umano,
che Madre Natura aveva predisposto così sapientemente seguendo un Ordine Superiore
ignoto ai più, se non si fosse
sentito, suo malgrado, incidentalmente coinvolto
in prima persona.
Nondimeno il ricordo, ancora vivido e pungente, del dolore e
delle umiliazioni sopportate il mese precedente, era bastato per fargli passare
in fretta ogni velleità su possibili speculazioni al riguardo.
In attesa sottomessa dell’inevitabile evento, Linette cercava di mordersi la lingua per non inveire
contro i capricci del Nobile Somaro e al contempo ella cercava di non mettersi
a piagnucolare per ogni sciocchezza che vedeva in giro o che le capitava a tiro.
Non sempre, però, lo stregone ci riusciva, pur con le
migliori intenzioni; ma poi, insperatamente, l’Asino aveva subodorato il perché
delle sue paturnie e aveva anticipato
alla sua valletta personale un paio di giorni di congedo, in previsione della
sua indisposizione.
La regale pazienza, tuttavia, non poteva di certo venir
elencata fra le doti pregnanti dell’erede al trono; poiché essa non durava mai
molto…
***
Merlin se ne stava a letto, dolorante,
con uno scialle drappeggiato attorno alle gracili spalle, un panno caldo sulla
pancia, leggendo il suo beneamato testo di magia, quando di colpo la porta
della cameretta si spalancò. Arthur entrò nella sua stanza, bloccandosi appena
oltre la soglia.
“Maestà!” squittì il servo, spaventato, coprendo in fretta
il libro magico con le mani.
“Ho… bussato.” Motivò l’altro. “Non mi hai sentito?”
“Ero… ero immersa nella lettura.” Ammise il mago, spingendo
con noncuranza il tomo sotto il copriletto.
“Una lettura interessante?” l’interrogò il principe, per
intavolare un minimo di discussione e superare il disagio. Forse non avrebbe dovuto essere lì. “Di cosa parla?”
Merlin sbiancò ancor più di prima.
“Di-di…” formule magiche?... Amor cortese? Genealogia
dei Casati Reali oltre le Orcadi? “Anatomia umana e… e i morbi che
deformano gli organi.”
“Oh!,” Arthur fece una faccia
schifata. “Interessante.”
“Già.” Ne convenne
lo stregone, fingendosi concorde. “Alquanto istruttivo. Gaius me l’ha consigliato
personalmente.”
“Potrei farti arrivare qualche romanzetto di Morgana. L’ultimo cantastorie, che è passato per di
qua, le ha venduto un sacco di pergamene sdolcinate.”
“Grazie del pensiero, Sire, ma…”
Il nobile arricciò il naso. “Mmm...
Neanch’io ritengo possano piacerti. Non sei il tipo.”
La valletta stiracchiò le labbra, piacevolmente colpita.
“Desideravate qualcosa?”
Arthur ispezionò in giro, nuovamente in imbarazzo.
Quando fu inevitabile smettere di ignorarla ancora, la
guardò negli occhi.
“Ero venuto a vedere come stavi…”
Il servo apprezzò il pensiero.
“Non temete… Le erbe di Gaius
rimetterebbero in sesto anche un morto!” scherzò, annuendo alla volta del
piccolo comodino sbozzato dove campeggiava una tazza con mezza tisana.
“Volevo anche…” tossicchiò il giovane Pendragon,
scrutando le vecchie travi del pavimento. “Sì, beh…domattina non ho impegni con mio
padre, magari ti andava di accompagnarmi a caccia…”
“A caccia?” ripeté lo scudiero, stupito.
Giusto un mese prima,
mentre lui era indisposto, l’Asino non si era fatto scrupolo a sostituirlo con
altri.
Vedendo la sua confusione, Arthur si chiese se non avesse
sbagliato ad invitarla.
Magari stava troppo
male e non voleva dirglielo.
“Beh… non che tu sia indispensabile…” cercò di raddrizzare
il tiro. “Intendo dire… so che mi faresti scappare le prede… Quindi vieni solo se ti va.”
Sul viso pallido di Linette si
estese un enorme sorriso.
“Certo! Per
domani sarò in piedi, Sire!” gli promise.
“Oh, bene. Bene.” Egli si asciugò il sudore strofinandosi le
mani sui pantaloni. “Ora riposa. Ci vediamo all’alba.”
Quella sera all’ora cena, Merlin si vide recapitare un
enorme vassoio dalle cucine. Di solito tutte quelle leccornie venivano date a
chi era stato gravemente debilitato da una lunga malattia.
E quando aveva chiesto al valletto il perché di quel dono,
ricevette una sola risposta.
Ordini del principe.
***
C’erano molte cose che Merlin aveva imparato, stando al
servizio dell’erede al trono, e una di queste era che l’ansia e il nervosismo
di tutti, al castello, cresceva in ordine direttamente proporzionale all’approssimarsi
della data per la Cerimonia Ufficiale
di Investitura al Cavalierato.
Ogni servo, valletto, cuoca o sguattera veniva incaricato di
predisporre l’occorrente per il fastoso banchetto che ne sarebbe conseguito. Uther pretendeva che fosse tutto in ordine, lucidato,
agghindato in modo perfetto.
L’Asino, dal canto suo, sfiniva i suoi uomini con allenamenti
ancor più intensivi in vista delle prove ufficiali, per dar lustro a Camelot e per non sfigurare davanti al re che si aspettava,
come sempre, il massimo dal figlio, il quale li addestrava e li sceglieva
personalmente uno ad uno.
In aggiunta a questo, egli si divideva tra le esercitazioni
e i suoi impegni di erede al trono, perciò Merlin sapeva che ogni volta che al
Nobile Babbeo sarebbe stato possibile, egli sarebbe fuggito per qualche ora a
caccia, lontano da obblighi, Etichetta e giovani rampolli senza alcuna speranza
di imparare come si impugnava un’arma…
A volte Sua Maestà lo trascinava via mentre stava lavando il
pavimento degli appartamenti reali, o nel momento in cui stava lucidando le
infinite paia dei suoi stivali, oppure quando si accingeva a spazzare il camino
dalla cenere… non vi era una regola precisa. Il principe capitava e basta. Perciò
a Merlin non rimaneva che adattarsi, procrastinando i propri lavori…e neppure con Linette
faceva eccezione.
***
Arthur deviò verso il corridoio che portava all’ala del
castello adibita a lavanderia.
Visto che suo padre si era lamentato di una forte emicrania,
la riunione era stata rimandata all’indomani, per cui lui aveva metà pomeriggio
ancora a disposizione e aveva tutta l’intenzione di andare a caccia. Per questo
adesso cercava Lin, affinché lo accompagnasse.
In verità, poteva mandare un qualsiasi valletto a chiamarla,
ma era rimasto seduto per quasi una veglia attorno alla Tavola del Consiglio e
sentiva il bisogno di sgranchirsi le gambe e sapeva che a quell’ora lei se ne
stava con le altre serve a fare il bucato.
Fischiettando mentalmente per il buonumore, ricambiò il
saluto delle guardie che incrociava negli ingressi e, quando arrivò – con sua
enorme soddisfazione personale – la trovò esattamente dove aveva pensato che
fosse.
Il principe si fermò prima di palesarsi, un po’ discosto
dalla soglia, per cercare di togliersi quell’aria contenta e rendersi
presentabile agli altri.
C’erano una decina di ragazze dentro lo stanzone pieno di
umidità e vapore.
Metà di loro stava stirando le vesti dei nobili del maniero,
prendendo le braci incandescenti dai grossi focolari che ardevano alacremente.
L’altra parte era china su grossi tini, intenta a strofinare
i panni.
E con loro c’era anche Lin, curva
sulle sue regali lenzuola grondanti cenere e acqua.
Stava giusto per chiamarla, quando una delle serve più
anziane – un donnone che sovrintendeva i lavori lì dentro – la rimproverò
deridendola per il modo con cui stava risciacquando i tessuti.
“Insomma! Muoviti con quelle braccine! Lo sappiamo che tu hai solo le cose di Sua Maestà da lavare, ma
le tinozze servono anche alle altre che hanno ben più biancheriadi te!” la rimproverò.
Ma lei fece finta di niente e continuò a sfregare contro la
tavola di legno.
Poi, avvicinandosi, la donna prese
da un secchio dei capi già puliti uno dei suoi pantaloni da caccia. “Guardate!
E’ forse questo il modo di candeggiare?!” la schernì,
mostrando a tutte le macchie d’erba sul retro della coscia. “Così ci disonori
tutte quante!” abbaiò. “Poi si spargerà la voce che non sappiamo fare il nostro
lavoro a dovere!”
Arthur vide Linette stringere le
mani sul tessuto e pregustò la stoccata arguta che, ne era sicuro, avrebbe
zittito quella virago. Del resto, quando si trattava di lui, Lin non si risparmiava di certo impudenza e mordente.
Ma la risposta piccata non arrivò mai. La sua valletta chinò
il capo un po’ di più, affossandolo nelle spalle sottili, e ignorò nuovamente
la provocazione, come se l’altra non stesse sparlando di lei.
Anche da lì, sentì una delle sguattere più giovani
sussurrare alla sua serva di starsene zitta e buona, altrimenti avrebbe
peggiorato la situazione, ma a lui non andavano bene queste angherie gratuite,
che fossero rivolte a Linette o a chiunque altro,
poco importava.
Non ricordava il nome di quella servitrice anziana, ma
sapeva il suo ruolo: era la vice sovrintendente della stireria e presto avrebbe
provveduto al riguardo.
Passò solo un istante, prima che la vecchia riprendesse la
ramanzina, stavolta per un polsino troppo liso della camicia del principe. A
sentire lei, Linette gliel’aveva rovinata di proposito,
ma tanto non avrebbe subito ripercussioni, perché era la protetta del principe.
“Chissà cosa gli dai in cambio, eh?” insinuò questa,
incrociando le braccia sul seno cadente facendo sghignazzare le altre comari.
La sua valletta avvampò di vergogna, boccheggiando. Ma
sollevò il capo, in segno di sfida.
Fu a quel punto che la misura fu colma e Arthur uscì dal
cono d’ombra palesandosi.
La grande stanza si fece d’un tratto mortalmente silenziosa,
mentre tutte le signore presenti – compresa la vecchiaccia – interruppero le
proprie mansioni e chinarono il capo in un deferente inchino. Tutte, tranne Lin. Che se ne stava lì, immobile e impalata, a fissarlo
come se fosse stato un fantasma.
“Mi-mio Signore…?” bisbigliò alla
fine, con le mani ancora immerse nel tino.
“Ho un compito urgente da assegnarti, Linette.”
Le comunicò lui, avvicinandosi. “Ti manca molto?” le chiese
impaziente, afferrando svogliatamente un lembo della camicia rovinata
che era stata criticata poco prima. “Non dovevi lavare questo vecchio straccio.
Ti avevo detto di buttarlo.”
“Ma, Sire… E’ la camicia con cui preferite dormire!” obiettò
lei.
“Sei troppo efficiente, mia cara.” La vezzeggiò lui, di
proposito. “Ora però lascia stare e seguimi.” Poi,
senza attendere oltre, indicò la vice sovrintendente. “Finirai tu i suoi
lavori, e che siano perfetti com’è solita fare Linette.
Intesi?”
“Sì, certo, Vostra Maestà.” Rispose la donna, con una
profonda riverenza.
“Esigo che lo faccia tu, personalmente.”
Precisò il principe, anticipando le mosse scaltre della domestica. “E te ne
prenderai la responsabilità, se non sarà di mio gradimento.”
La serva annuì silenziosa e rimase immobile finché non se ne
furono andati.
Quando furono usciti all’aperto, camminando tra le lenzuola
stese al sole, Arthur si girò verso Linette che lo
seguiva a tre passi di distanza, zitta zitta. Ella
ricambiò lo sguardo, e poi sbuffò.
“Non sareste dovuto intervenire.”
“Ah, no?” ironizzò l’erede al trono. “Forse
hai ragione. Te la stavi cavando alla grande!” la provocò. Ma l’altra non raccolse
l’istigazione.
“Non è questo il punto, Sire.” Replicò e, vedendo che
l’altro si era fermato, incuriosito, continuò. “La prossima volta sarà peggio,
vorrà vendicarsi per come l’avete umiliata.”
“E che mortifichi te…
questo, ti sta bene?”
“Non ce l’ha con me, Altezza.” Merlin fece spallucce, come a
dire che era stata una casualità. “Ogni giorno prende di mira una ragazza
diversa, oggi era il mio turno.” Gli spiegò.
“Ed è sempre così?”
Linette fece una smorfia. “A volte
anche-” poi però ricordò con chi stava parlando e tacque.
“Anche…?” l’incalzò lui, interessato.
“Quando c’è la signora Mildred, la
responsabile, queste cose non succedono. Peccato che ultimamente lei sia spesso
malata e Gaius non ha ancora trovato una cura efficace
per i suoi dolori.”
“La sua malattia si chiama vecchiaia, Lin.”
Filosofò il principe, riprendendo a camminare. “Mildred
era già vecchia quando io sono nato,
ora dev’essere decrepita!” scherzò, per alleggerire
l’atmosfera.
Ma il sorriso che Linette gli fece
in cambio non raggiunse gli occhi.
“Anche quando c’era Merlin, quella megera lo tormentava?” si
stupì a chiederle.
Un lampo sorpreso le attraversò lo sguardo.
“Certo, Sire. Walburga non fa alcuna preferenza.”
“Beh, da domani non infastidirà più nessuno.” Decretò, con
l’aria di chi sa quello che dice.
Merlin sussultò come se avesse ricordato una cosa solo in
quel momento.
“Qua-quanto
avete ascoltato della sua sceneggiata?”
Arthur impostò il suo più collaudato tono innocente, con
tanto di sguardo stupito.
“Oh, nulla! Appena sono arrivato, vi ho interrotte.”
Il mago non si lasciò abbindolare, lo conosceva troppo bene.
Ciò nonostante, preferì lasciar cadere l’argomento.
“Tuttavia, se succedesse ancora, e non solo con lei,
dovresti avvertirmi…” le raccomandò, anche se suonava più come un ordine.
Il sorriso ironico che Linette gli
fece gli sembrò dolorosamente uguale a quello di Merlin.
“Mio cugino mi ha raccontato di quando,
anche voi, vi divertivate ad angariare i più deboli.
Ho in testa l’immagine di un certo tiro al bersaglio mobile…
un precedente valletto, se non erro.”
Arthur incassò malamente la frecciata.
“Merlin ha la lingua troppo lunga!” brontolò.
Eppure era vero.
C’era stato un tempo, neanche tanto lontano, in cui lui
viveva da principe viziato e prepotente.
Poi però le cose erano cambiate, e non gli piaceva
rinvangare quei ricordi.
“Tu e la tua insolenza è meglio che spariate a cambiarvi,” le ordinò, fingendosi spazientito. “Andiamo a caccia, per
questo ero venuto a cercarti.”
Linette comprese che era giunto il
momento di chiudere la questione. Fece una frettolosa riverenza, prima di
correre verso casa di Gaius.
“Sarò da voi in pochi minuti!” gli promise, allontanandosi.
Quando ella fu oltre la sua portata, Arthur sospirò, strofinandosi
una tempia.
Al ritorno, avrebbe sistemato la faccenda con la signora Walburga, ma erano le chiacchiere su di loro ad
impensierirlo. Non erano le prime, e non sarebbero state le ultime, lo sapeva.
Finora però non le aveva mai sentite di persona, forse per questo era tanto
infastidito.
Ciò nondimeno, quegl’infondati
pettegolezzi dovevano cessare. Se fossero giunti alle orecchie del re, lui
avrebbe avuto un problema in più da risolvere.
Continua...
Disclaimer:I
personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma
di lucro, da parte mia.
Ringraziamenti:
Un abbraccio a Tao, che sopporta i miei scleri. X3
Note: Vi
ricordate quando, nel cap 28, Arthur pianta in asso
Merlin malconcio, per andarsene a caccia coi
maschietti, e molte di voi mi
avevano chiesto di farlo scusare? Io vi avevo detto che Arthur avrebbe trovato
il modo, a suo modo,
ed eccolo qui. ^^
Visto che Arthur sa
dei romanzetti di Morgana (e delle sue dame)? Chissà se è anche a conoscenza di
quello che c’è scritto dentro! XD
Scusate, ma a me fa sorridere la cosa del “pasto
ricostituente” offerto dall’Asino, quasi che il ciclo di Linette
fosse una terribile malattia da cui ristabilirsi. X°D
Merlin, parlando di unprecedente valletto, fa riferimento
al loro primissimo incontro, nella puntata 1x01 del Telefilm.
Walburga è un nome che ho scelto
apposta per questa strega. E’ un
omaggio all’omonima WalburgaBlack,
terribile madre di SiriusBlack,
in Harry Potter.
Chiarisco una cosa: parlando anche con altri autori
dei pro e contro della nuova possibilità di rispondere alle recensioni, per ora
io ho deciso che la userò solo per leone-shot.
Per le long-fic, in linea di
massima, continuerò a rispondere a fine capitolo, poiché spesso dico cose
che possono interessare più persone contemporaneamente e mi sembra sciocco
scrivere 10 volte la stessa cosa nelle risposte. Può tuttavia capitare che io
la usi in via del tutto eccezionale, beninteso. ^^
Precisazioni al
capitolo precedente e domande varie: (a random)
- “Quando Arthur si accorgerà che Linette
è Merlin?” avete chiesto.
Beh, non è che continuo a scriverlo ogni 3x2 perché io sia
affetta da demenza senile precoce ^^’’
L’inconscio di Arthur se n’è già accorto da un pezzo,
continuamandargli
messaggi del tipo “Svegliati! sorridecome lui, parla come lui, ti tratta come
lui…” solo che il cervello di Arthur è un po’ tonto e non riesce a decifrare
bene quei messaggi. Quando ci arriverà, saremo a cavallo! XD
- Sì, l’Asino sa essere ruvidamente
dolce, quando vuole!
Sono contenta che vi sia piaciuta la sua caratterizzazione.
^^
- Oh, già!, “Devo raccogliere
fiori!” è il loro codice segreto per dire “Vado a fare pipì!” X°D
- Rispondendo alla lunghezza della fic:la storia si sta
allungando nel numero di capitoli perché la trama è scritta (e anche alcuni
pezzi fondamentali, e il finale+epilogo), ma al
momento di svilupparla mi capita spesso di sentire il bisogno di dilungarmi sui
dettagli.
Spesso, quello che avevo preventivato come 1 capitolo è diventato 3 capitoli, quindi credo che ci aggireremo verso i 50 finali,
ma non mi pongo limiti. Essendo che il seguito è già scritto (pre e post epilogo, scene mancanti, tagli alla fic, ecc...) spesso devo decidere se tenere dei pezzi per
questa fic o per il seguito. Il numero dei capitoli
potrebbe perciò cambiare ancora.
- Senza dubbio, Merlin ha addomesticato l’Asino, pur con
mille sacrifici (e taaanta gogna!), ma un tempo,
quando si sono conosciuti, il principe era molto peggio, lo ricorda anche lui
stesso, in questo capitolo.
Un’ultima cosa: ho appena postato la mia terza fic sul fandom di Sherlock (BBC):
“A.A.A. (Freudian Chip)”
Vi invito a darci un’occhiata, a darmi un parere se vi va, e
più in generale, a guardare questa mini serie che
davvero, davvero saprà conquistarvi!
^^
Infine: ho raggiunto e superato le 305 preferenze come
autrice tra gli utenti di EFP, e molti vengono da questo fandom.
Grazie della fiducia. *inchin*
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La nascita del pc
nuovo è stata un parto podalico, come qualcuno sa, e non vi ammorbo
oltre.
Tutto questo per dirvi che no, non sono
sparita per piacere personale e che sì, mi siete mancati tanto. Nel
frattempo, do il benvenuto ad un sacco di nuova gente
che ha preso a seguire questa fic. ^^
Note: Il seguente scritto inizia a contenere lievi (e confusi XD) riferimenti slash;
più avanti si avrà lo slash più
definito.
Riassunto: Merlin
è abituato a salvare la vita all’Asino Reale senza che questi se
ne accorga, ma stavolta non tutto va per il verso giusto. Colpito
dall’incantesimo del malvagio Ardof, il nostro
mago farà i conti con una sconvolgente novità: egli si risveglia
trasformato in una donna.
Solo Gaius conosce il suo segreto e, finché
non troverà il modo di tornare normale, dovrà inventarsi delle
scuse plausibili e prendere il posto di se stesso al
servizio del principe. Come riuscirà a conciliare questa ‘nuova
situazione’? Come si evolverà il suo rapporto con Arthur?
La storia riparte qualche giorno dopo il cap. 31.
Vorrei dedicare il capitolo a
quelle persone che hanno recensito il precedente:
E a quanti commenteranno (SE vi
va di recensire anche dei capitoli più indietro di questo, il vostro
parere non andrà perduto!).
Ai vecchi e ai nuovi lettori.
Grazie.
TheHe in theShe
(l’Essenza dentro l’Apparenza)
Capitolo XXXII
Appena fuori dalle mura del castello, Merlin se ne stava
accucciato tra l’erba alta, intento a confrontare due radici che per lui
erano esattamente
identiche, non fosse stato che – nel caso avesse sbagliato a
giudicarle – avrebbe probabilmente avvelenato uno sfortunato innocente.
Egli sospirò tra sé, indeciso sul da farsi. Si
portò le due radiche vicino al naso,
raddrizzando la schiena dolorante per la postura forzata. Fu allora che si
accorse di uno scalpitar di zoccoli in avvicinamento.
Qualcuno era sicuramente uscito dalla cinta muraria, e
sembrava procedere di gran carriera sulla strada che costeggiava il campo dove
era lui.
Lo stregone si schermò gli occhi con le mani, per
guardare in controluce chi stesse arrivando.
“Linette!” l’apostrofò il principe, facendo impennare il
suo stallone dopo una frenata in grande stile, giusto davanti alla sua valletta
personale.
Merlin tossì per la polvere che si sollevò da
terra.
“Maestà? Che diamine ci fate qui?” lo interrogò, dimentico
delle radici che teneva ancora fra le dita.
“Ho finito l’allenamento e mio padre è
impegnato con Geoffrey a ricontrollare, per la centesima volta, tutto il Cerimoniale per la Festa di Investitura e
pensavo che-”
“E’ tardi per la caccia, Sire.” Lo
interruppe il servo, per prevenirlo, osservando alternativamente il nobile e il
sole in cielo, e stimando approssimativamente le ore di luce rimaste prima di
sera.
Arthur fece una smorfia scontenta, come quando si vieta
qualcosa di piacevole ad un bimbo viziato.
“Beh, ma almeno una cavalcata?” propose di
slancio.
Linette sollevò un
po’ le gonne, lasciando cadere al suolo le radici – così
almeno non avrebbe ucciso nessuno – e calcò il movimento come se
fosse un’ovvietà.
“Non sono vestita adeguatamente.” Gli fece
notare, giusto per puntiglio.
“Fa niente.” Sbottò il principe,
tirandosela contro con un movimento improvviso e issandola di peso sulla sella
davanti a sé. “Non ho assolutamente voglia di tornare indietro; non dopo aver conquistato un po’ di
libertà, e di riportarti a casa, per farti cambiare, non se ne
parla.”
Merlin non fece neppure in tempo a protestare, che
l’altro era già ripartito.
“Ehi!” reclamò. “Sire, siete forse impazzito?!”
Ma l’erede al trono sorrise,
aumentando il passo. “Non dirmi che preferivi restare là a cavare
erba!”
“Oh! Le erbe!” esclamò allora il
servo. “Ho schiacciato il sacchetto con le
radici di BryoniaDioica, e
sono così rare! Gaius mi ucciderà!” si lagnò, addolorato.
“Conosco un posto dove
crescono in abbondanza! Andiamo!”
“PeròGaius si preoccuperà, non vedendomi
rientrare!” obiettò il mago, accoccolandosi meglio.
“E’ stato lui a dirmi dove
trovarti. Capirà che sei con me!”
spiegò il nobile, ponendo fine alle rimostranze della valletta. “Hai
intenzione di venire, oppure no?!” la
sfidò, fingendo di rallentare l’andatura fin quasi a fermarsi.
“Certo che vengo!” rispose la ragazza,
d’istinto. “Chi vi proteggerà dai guai, altrimenti?!” domandò semiseria, facendo ridere il
principe.
***
Merlin si godette il resto della cavalcata, anche
perché non poteva fare altro e, in fondo in fondo, doveva dare ragione
all’Asino Reale: quel fuori programma era molto meglio
che stare chini a grattare il suolo per estrarre piantine ed erbacce!
Arrivarono nel famoso posto – dove il principe aveva
garantito crescessero quantità esorbitanti di BryoniaDioica – dopo aver sbagliato strada un paio di
volte (ma Arthur aveva giurato che fossero deviazioni volontarie e non errori
di valutazione).
Era una piccola zona raccolta, lastricata di pietrisco, al
limitare di un folto bosco di pioppi.
Ed effettivamente vi germogliavano diverse piantine pronte
per essere raccolte, peccato il luogo fosse parecchio più lontano di
quanto teoricamente il Babbeo ricordasse, ma egli non l’aveva ammesso,
ovviamente per orgoglio. O forse sbagliare strada li aveva fatti deviare di
molto, sprecando tempo prezioso, oltre la stima iniziale.
Merlin se n’era accorto quando, man mano che il tempo
passava e il suo padrone non riconosceva ancora la zona, il suo nervosismo era
aumentato, palesandosi nella postura rigida del corpo contro cui
era appoggiato.
Nell’esatto momento in cui Arthur aveva individuato la
loro meta, il mago l’aveva sentito rilassarsi di colpo, per il sollievo. C’era mancato poco che non lo udisse
sospirare per la mancata figuraccia.
Lui, comunque, aveva fatto finta di niente, anche
perché criticare il suo scarso senso dell’orientamento
non avrebbe risolto nulla e avrebbe fatto infuriare l’altro.
***
Dopo aver aiutato la sua valletta a smontare e aver lasciato
il cavallo libero di pascolare – lontano
dalle mie erbe, per carità!, aveva strillato Merlin – l’Asino si era
mascolinamente
sdraiato ai piedi di uno dei pioppi, a rilassarsi.
Non che lo stregone si fosse aspettato niente di diverso dal
regale padrone, ma tant’era… un aiuto da
parte sua non sarebbe stato di certo sgradito o rifiutato. Anzi.
E invece quello si era appisolato quasi immediatamente,
lasciandolo da solo a lavorare sodo e a borbottare mentalmente contro di lui (Non è compito
da cavalieri, questo! Si sarebbe sentito dire, con quella sua voce
dall’inflessione boriosa, piena di principesco sdegno).
Sospirando rassegnato, l’apprendista del medico di
corte si era messo di buona lena a discernere le piantine da conservare da
quelle inutili o inutilizzabili.
Rimase così concentrato che, ad
un certo punto, un’imprevista presenza – apparsa al suo fianco
– lo fece sussultare spaventato.
“Maestà!” ansimò, squadrando
l’aristocratica testa arruffata che torreggiava su di lui.
“Dovevi destarmi!” lo accusò borbottando,
togliendosi la polvere dai pantaloni. “Dannazione, dovevi svegliarmi!”
Lo scudiero sbatté la
palpebre, stranito.
“Via! Andiamo!”
“Ma…”
tentò, senza smettere di rastrellare il quadrato di terreno davanti a
sé.
“Ne hai ancora per molto?!”
l’interrogò allora l’erede al trono, con una cadenza a mezza
strada tra l’insonnolito e l’infastidito, stropicciandosi le
palpebre per scacciare il sonno residuo con improvvisa urgenza.
“Giacché siamo qui, ne approfitterei per…”
Arthur diede una veloce occhiata al sacchetto di pelle
rigonfio.
“Non ti sembra di averne raccolte a sufficienza?!” eruppe, spazientito.
Merlin non riuscì a capire il perché di
quell’inatteso malumore, e rispose a tono.
“Se mi aveste aiutata, a
quest’ora avrei già finito da un pezzo, ma non sia mai che le
vostre nobili mani si sporchino di volgare terriccio, Sire!”
“Linette!”
ringhiò lui, come monito per l’impudenza; trattenendosi poi dal
continuare, deviò la sua ira: “Avresti dovuto svegliarmi
prima!”
“Eh? Io…
ma cos-?” farfugliò il mago, vedendosi afferrare per un gomito e
strattonare verso lo stallone del principe.
“Torneremo un’altra
volta, a prenderne ancora. Magari domani.” Tagliò corto il nobile,
issando in arcione se stesso e la sua serva.
Lin scosse il capo, inconsapevole
di sbatacchiare la sua treccia contro il naso di Sua Maestà, cercando di
andar dietro ai discorsi sconclusionati e agli umori volubili del suo padrone.
“Domani è troppo
tardi-” tentò di spiegargli.
“Adesso
è troppo tardi!” la redarguì, scostandosi dalla traiettoria
dei capelli e indicando il sole al tramonto, nascosto dietro a grossi nuvoloni.
“Dovevamo incamminarci nel ritorno un bel po’ di tempo fa!”
“Non… non me ne sono accorta.” Ammise la
valletta, che nella foga della raccolta non aveva prestato attenzione ad altro.
“E comunque vanno messe ad essiccare alla luce
della luna piena. Ed è stanotte.”
Rimarcò, per avere ragione almeno in parte.
“Che sciocche superstizioni!” sbuffò
Arthur, mandando il cavallo al trotto.
“No, non lo sono!” obiettò l’allievo
del guaritore di corte. “L’infuso di queste radici non vi ha forse
guarito, l’anno scorso, dalla tosse persistente? Mh?”
“Te l’ha detto Merlin, scommetto!”
sbottò riottoso.
“E avreste perso! In
realtà è stato Gaius.” Sorrise il
mago, soddisfatto di averla spuntata su di lui.
Arthur odiava perdere e fece una smorfia. Poi, per avere
comunque l’ultima parola, aggiunse quasi con soddisfazione: “Ad ogni buon conto, hai faticato invano! Non avrai la tua
luna piena, guarda che nuvoloni!”
Le nubi cariche di pioggia, che poco prima erano ancora
lontane all’orizzonte, si stavano avvicinando a Camelot ad una velocità sorprendente.
“Diffido che riusciremo a
rincasare asciutti.” Profetizzò, aumentando l’andatura del
suo destriero e perdendo la baldanza della frase precedente.
“Su, non siate così menagramo!” lo
sgridò Linette per alleggerire la situazione;
ma almeno in quello, purtroppo, l’Asino aveva avuto ragione.
Al cadere delle prime gocce, il principe aveva risollevato
il cappuccio del mantello e aveva usato le pesanti falde per riparare entrambi,
stringendosela contro, ma l’asciutto era durato poco e ben presto la copertura
era risultata inservibile. Tuttavia ella
non si era lamentata, e gli era rimasta appoggiata contro, anche se il calore
del suo torace era un ben misero conforto.
***
Il cielo sembrava aver dimenticato cos’era la
clemenza, mentre rovesciava sulle loro teste secchiate d’acqua gelida,
che ghiacciavano le ossa, e soffiava raffiche di vento implacabile ad acuire il
freddo.
Merlin imprecò mentalmente contro gli dei
dell’Antica Religione, e in quell’istante una saetta cadde poco
lontano da loro, quasi fosse un monito per la sua impudenza sacrilega.
Anche se la cosa non lo spaventò, ebbe il potere di
incupirlo ancor di più.
Oh, se solo avesse
potuto usare i propri poteri!,si crucciò, avrebbero viaggiato caldi e asciutti e il
buio incalzante non sarebbe stato un problema, con qualche luce magica a
guidarli verso casa!
L’ennesima folgore lo colse di sorpresa, strappandolo
ai propri rammarichi e facendolo trasalire. Il giovane Pendragon fraintese il
suo sussulto.
“Non temere.” Rassicurò, allungando
tuttavia il passo. “E’ solo un fulmine.”
Non temo la Natura, avrebbe voluto
dirgli, ma lo stregone preferì tacere.
E poi non ce ne fu il tempo, perché il cavallo del
principe mise uno zoccolo in fallo, a causa del terreno irregolare, reso
viscido dal fango.
Per poco non caddero entrambi a terra, ruzzolando
rovinosamente. Fu solo la prontezza dell’erede al trono ad evitare ciò, ma la situazione era divenuta
ugualmente infausta.
Imprecando sonoramente, Arthur
verificò la gravità della lesione sulla zampa infortunata.
Essendo un cavaliere esperto, era consapevole che la
soluzione più saggia richiedeva un assoluto e immediato riposo
dell’arto.
Egli era affezionato alla bestia e sapeva che, se fosse
tornato a Camelot forzando
quelle condizioni, il suo stallone non sarebbe mai guarito perfettamente.
Ma si trovava nel bel mezzo del nulla, sotto ad un temporale impressionante, esposto alla notte
incipiente; e in compagnia di una fanciulla, per di più, che gli era
stata affidata e di cui si era fatto carico e aveva giurato di proteggere.
Il mago lo osservò pazientemente. Conosceva qual era
il tormento che albergava nell’animo del suo signore in quel momento. E
ne avrebbe rispettato la scelta.
Alla fine, il principe decise che egli avrebbe continuato a
piedi, lasciando in groppa solamente Linette, il cui
peso era assai più contenuto.
A nulla erano valse le proteste di Merlin sul fatto che
avrebbe potuto camminare anch’egli, così da alleggerire
ulteriormente le pene di quella povera bestia, ma era stato tacitato
immediatamente da Sua Maestà.
Effettivamente, con le sue gonne lunghe e inzuppate, sarebbe
stato un’ulteriore fonte di impaccio per tutti,
senza contare che avrebbe rischiato di cadere ad ogni passo.
Procedettero più adagio, e la lentezza nel ritorno
aumentò a tal punto che il bosco si fece buio e solo i lampi
illuminavano la loro via.
Benché in passato avessero affrontato cose ben
peggiori di questa, la tensione aleggiava fra loro, mantenendoli taciturni e
cupi.
***
Fu ad una biforcazione del sentiero
– parecchio tempo da che erano in silenzio – che Arthur
cambiò, inaspettatamente, i loro piani.
Egli si era fermato, pensieroso e incerto su da che parte
continuare.
Lin era quindi scesa dalla sella
per dar modo all’animale di riposarsi almeno un po’ e, fintanto che
l’altro rimuginava, si prese la briga di strizzare la treccia grondante
– che pesava da sola come due brocche di vino traboccanti – e poi
anche la gonna, altrettanto fradicia, e ugualmente opprimente.
Rimpianse i suoi umili, ma comodi
pantaloni e la cena che Gaius doveva aver cucinato
per entrambi, raffreddatasi da un pezzo.
Rammentare il pasto mancato non aiutò di certo,
perché il suo stomaco si mise a protestare di riflesso, lagnandosi per
l’essere stato trascurato così a lungo.
“Devieremo a Sud.” Deliberò infine il
principe, intromettendosi nei pensieri diretti alla sua fame.
“Co-cosa?”
balbettò il servo, distratto. Non si era neppure accorto che Arthur si
era spostato e adesso accarezzava il pelo bagnato sul collo del cavallo, come a
rassicurarlo.
“Il sentiero di destra porta a Camelot, ma è una follia perseverare ancora,
la distanza da colmare è troppa. E viaggiare di notte
è pericoloso.”
Effettivamente, all’andata avevano mantenuto quasi sempre un’andatura al galoppo, cosa che –
per ovvie ragioni – al momento era fuori discussione.
“Sire… cos’avete
in mente?”
“Questa situazione sgradita mi impone
un’ardua scelta…” premise il nobile. “Ammesso che
mandino una pattuglia di cavalieri a cercarci, cosa di cui francamente sono
certo, non ci scoveranno comunque prima dell’alba di domani.
Perciò dovremo trovare un rifugio di fortuna in cui passare la notte.” E prima che la sua serva potesse protestare, egli
definì il piano. “Vi è una piccola grotta, a Sud. E’
una deviazione fastidiosa da fare, ciò nondimeno inevitabile. Credo di
poter riconoscere la strada che ci condurrà a quel riparo. Mi rincresce
sinceramente di averti coinvolta e…”
Linette mosse un vago cenno con la
mano, come a dire che non importava, e fece ricadere il lembo di sottana,
strizzato alla meno peggio, che colpendo il terreno
produsse un sonoro “s-ciaff”.
“Da che parte si va?”
L’altro si limitò ad annuire, aiutandola ad issarsi nuovamente in groppa, perché i tessuti, appiccicatelesi addosso, le impedivano ancor più i
movimenti.
“Cerca di non cadere, intesi?” si
raccomandò il giovane Pendragon.
Lo stregone fu tentato di fargli la linguaccia, poi però si accorse di quanto, effettivamente,
fossero diventate viscide le staffe e realizzò di come, in realtà,
il principe si fosse sinceramente preoccupato per la sua incolumità.
Magari non si sarebbero
tramutate in trappole mortali, ma non ci teneva davvero a piantare il naso a
causa di uno scivolone. Quel Babbeo Reale l’avrebbe sgridato
all’infinito per l’imprudenza, e il Drago – venutolo a sapere
chissà come, (quella bestiaccia sapeva sempre tutto, dannazione!)
– avrebbe riso di lui fino alla fine dei tempi.
E Merlin non ne sentiva proprio il bisogno… aveva davanti una
notte già di per sé troppo lunga.
Continua...
Disclaimer:I
personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi,
non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.
Ringraziamenti:
Un abbraccio a Tao, che sopporta i miei scleri. X3
Note: Questo
capitolo si basa su un cliché vecchissimo e stra-usato.
Ma era da una vita che volevo scriverlo (più
o meno da quando, 10 anni fa, ho scritto una bozza Ru/Hana che non ho mai finito) e Linette
me ne ha dato l’occasione.
Metà del capitolo l’ho abbozzata ad ottobre, il resto lo sapete.
Allora. Forse c’è da precisare una cosa che
è legata allo scorso aggiornamento (che ovviamente non tiene conto
dell’eternità fra i miei postaggi) ed
è che sì, ad Arthur danno fastidio le chiacchiere maliziose su di
sé e la propria valletta, ma è altrettanto vero che lui non
intende modificare le sue abitudini per evitarle. Quantomeno, non l’ha fatto finora.Ma
non mi dilungo, perché approfondirò questo concetto nel prossimo
capitolo.
E adesso: l’angolo scientifico! *ely
fa partire la sigla di Quark*
La BryoniaDioica è una
pianta europea esistente, conosciuta fin dall’antichità, ed
è velenosa, tranne le radici che venivano usate
per vari scopi medici, tra cui il curare malattie respiratorie e infiammazioni
polmonari. Un uso errato o un sovradosaggio può portare alla morte ed ora è in disuso, a causa dell’intrinseca pericolosità.
Essa vegeta in ambienti ruderali, boschi a mezz’ombra,
siepi, dal mare alla regione sub-montana, ma si estende anche al nord Europa. (Info prese da Wikipedia e da vari siti) *ely
spegne la sigla di Quark*
Io ho ipotizzato che fosse rara a quei tempi in Inghilterra,
perché vive meglio in zone di clima caldo e mite, in ogni caso, la
preparazione spiegata da Merlin (essicazione alla luce di luna piena) è
completamente inventata.
Chiarisco una cosa: parlando anche con altri autori
dei pro e contro della nuova possibilità di
rispondere alle recensioni, per ora io ho deciso che la userò solo per
le one-shot.
Per le long-fic, in linea di
massima, continuerò a rispondere a fine capitolo, poiché
spesso dico cose che possono interessare più persone contemporaneamente
e mi sembra sciocco scrivere 10 volte la stessa cosa
nelle risposte. Può tuttavia capitare che io la usi in via del tutto
eccezionale, beninteso. ^^
Precisazioni al
capitolo precedente e domande varie: (a random)
- Sono soddisfatta che Walburga vi
sia risultata antipatica, era l’effetto voluto.
Purtroppo, al mondo ci sono persone così, la cui missione di vita
è rompere le balls agli altri, magari facendo le
prepotenti. U_U
- Non posso dare anticipazioni sul finale, mi spiace
^^’’
- Sì, dopo questa fic ci
sarà un seguito, ma in formato raccolta: senza
ordine cronologico.
- Se non metto le anticipazioni, non è una
dimenticanza; è perché il capitolo successivo non è ancora
completo, mi spiace che ci rimaniate male…
- Concordo: quando Arthur si vergogna di parlar di certe
cose è un ammmoreh! *O*
- Come tutti i maschi alfa medievali, Arthur ha la
‘Sindrome del Salvatore di Donzelle’, anche se non capisce un tubo,
è prassi che prenda le difese dell’angariata di turno! XD
- Mi piace che abbiate colto il realismo ambivalente fra la
servitù: la generosa sorellanza da un lato, la prepotenza e le possibili
maldicenze dall’altro.
- Anche io ho il sospetto che i
romanzetti di Morgana fossero Merthur e scritti dal
Drago! XD
- Da quanto ho desunto dalle mie letture medievali, i nobili
maschi avevano di norma servitori maschi e le dame
avevano delle servitrici femmine, fatta eccezione per le balie (che, fin dall’infanzia,
a prescindere dal sesso, godevano sul loro protetto di deroghe particolari) e
alcune servitrici ‘anziane’ o quantomeno ‘già in
età molto adulta’, che potevano svolgere attività prettamente
femminili anche per padroni maschi. Linette, che non
rientra in queste categorie, suscita naturalmente dei pettegolezzi. Anche se
non è certo l’eccezione, in quanto era
all’ordine del giorno esigere
favori sessuali dalle serve del castello di cui ci si incapricciava. (Cfr. cap 16 ibid.).
Se poi le voci che circolano coinvolgono il principe,
è ovvio che l’interesse sia maggiore e che le indiscrezioni (vere
o false che siano) si moltiplichino. Secondo me, il re e i nobili erano
abituati ad un certo numero di chiacchiere che
ritenevano false e tendenziose a priori, ma se le voci si facevano insistenti,
magari un fondo di verità c’era e allora vi si poneva l’attenzione
(ed è quello che Arthur non vorrebbe).
- Sì, Bones!! *___* Nelle note finali del cap. 1
avevo chiarito (cito): “Il titolo della fic
è un esplicito omaggio al telefilm Bones (che
io adoro) omonimo alla puntata 4x07 “The He in
the She”. Ed è un purissimo caso che
tale puntata venga trasmessa giusto stasera! ^O^ perché il titolo di questa fic
era prestabilito da mesi ^^.”
Eccovi l’anticipazione
del prossimo capitolo:
L’erede dei
Pendragon, vedendo la sua serva personale così determinata e
battagliera, sbuffò maledicendo Merlin, la sua sparizione, le sue
parentele fino alla settima generazione, il maltempo, la BryoniaDioica, le sue radici raccolte, e tante
altre cose, in ordine sparso.
“Ti vuoi
spogliare o no?”
E non dico altro! ^__~
Un’altra cosa: se non l’avete ancora fatto,
vi invito a dare un’occhiata alle ultime fic su Merlin che ho postato, saltuariamente, nel periodo
in cui sono stata ‘latitante’.
Infine: solo oggi, dopo tre mesi, sono andata a rivedere
le statistiche di questa fic per curiosità.
Sono rimasta piacevolmente sorpresa nello scoprire che ogni
capitolo è stato mediamente aperto più di 1.000 volte. Se almeno 1/3
di quelle aperture sono letture, significa che questa storia sta piacendo e ne
sono orgogliosa. Anche il numero di preferite, seguite e da ricordare è
cresciuto.
Grazie della fiducia. *inchin*
Inoltre, grazie per aver avermi fatto raggiungere le 320
preferenze come autrice tra gli utenti di EFP, perché molti vengono da questo
fandom.
Campagna di Promozione
Sociale - Messaggio No Profit:
Dona l’8‰
del tuo tempo alla causa pro recensioni.
Farai felice
milioni di scrittori.
(Chiunque voglia
aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove
meglio crede) Come sempre, sono graditi commenti,
consigli e critiche.
Grazie per il caloroso bentornato, mi avete scaldato il cuore
Grazie per il caloroso
bentornato, mi avete scaldato il cuore. ^////^
Note: Il seguente scritto inizia a
contenere lievi (e confusi XD) riferimenti slash; più avanti si
avrà lo slash più definito.
Riassunto: Merlin
è abituato a salvare la vita all’Asino Reale senza che questi se
ne accorga, ma stavolta non tutto va per il verso giusto. Colpito
dall’incantesimo del malvagio Ardof, il nostro
mago farà i conti con una sconvolgente novità: egli si risveglia
trasformato in una donna.
Solo Gaius conosce il suo segreto e, finché
non troverà il modo di tornare normale, dovrà inventarsi delle
scuse plausibili e prendere il posto di se stesso al
servizio del principe. Come riuscirà a conciliare questa ‘nuova
situazione’? Come si evolverà il suo rapporto con Arthur?
Vorrei dedicare il capitolo a
quelle persone che hanno recensito il precedente:
E a quanti commenteranno (SE vi
va di recensire anche dei capitoli più indietro di questo, il vostro
parere non andrà perduto!).
Ai vecchi e ai nuovi lettori.
Grazie.
TheHe in theShe
(l’Essenza dentro l’Apparenza)
Capitolo XXXIII
Arthur aveva trovato l’agognata grotta dopo un
infinito peregrinare, o forse quella era stata solo la sua impressione dettata
dal frangente, ma ad un certo punto Linette gli aveva fatto notare come, quello alla loro
destra, sembrasse un pertugio fra le rocce.
Inizialmente lui non le aveva dato retta, poiché
rammentava che l’entrata della spelonca fosse alquanto celata a prima
vista, cosa che – in altri momenti – avrebbe favorito un buon
nascondiglio dai nemici e dai pericoli, ma che in quel mentre ne impediva il
riconoscimento.
E invece lei aveva avuto ragione, allorquando
un lampo aveva squarciato il cielo, permettendo loro di intravvedere meglio la
familiare fenditura.
Questo aveva rinfrancato un po’ il principe, che aveva
strattonato senza indugio le redini del povero stallone stremato, dirigendosi
all’ingresso.
Appena vi giunsero, il cavaliere ordinò alla fanciulla di aspettarlo lì, mentre egli verificava
che dentro non vi fossero bestie selvatiche potenzialmente pericolose e, grazie
al Cielo, non ve n’erano.
Non rimase che dividersi i compiti: mentre egli strigliava
alla meno peggio il manto del suo destriero, per
scongiurare possibili polmoniti, Lin prese a cercare
dei rami possibilmente asciutti – cosa infattibile, a ben vedere –
o, se non altro, il meno umidi possibile, per accendere un fuoco con cui
scaldarsi.
Lontano dal principe, lo stregone usò la propria
magia per seccare alcune sterpaglie gocciolanti e diverse ramaglie ancora
verdi, che il vento doveva aver spezzato, qualche ora prima, dai rispettivi
alberi.
Se le mise sottobraccio, mentre le riportava
all’interno del loro rifugio, poi le dispose, affastellandole per trarne
il massimo vantaggio e infine frugò nella propria sacca, in cerca di una
pietra focaia che aveva sempre con sé.
Pur con i suoi buoni propositi, fu solo con un “Baerne!”
sussurrato nell’ombra che il falò si accese, in tutto il suo
splendore, rischiarando la grotta buia e umida.
Merlin sorrise di riflesso al fuoco, vedendo che almeno in
quello non v’erano stati intoppi.
“Non avrei mai scommesso che saresti riuscita a
trovare del legno buono da ardere!” esclamò il giovane Pendragon,
positivamente colpito dal suo agire.
“Lo prendo come un complimento!” ghignò
il mago, di rimando, nascondendo le escoriazioni che si era
procurato sulle dita, per compiere quel lavoro. “Se avrete la pazienza di
aspettare qualche istante, potrei preparare un impacco guarente per il vostro
cavallo, con delle erbe che avevo raccolto. Non risolverà la cosa, ma
ridurrà il dolore e il gonfiore.”
L’erede al trono annuì, grato.
“Se non altro, quella bestiaccia ha brucato un bel
po’ a suo piacimento in quel prato, e si ritrova con la pancia piena, a
differenza di noi due…” scherzò, per sdrammatizzare la cosa.
“Già, almeno in quello… lui è
stato fortunato.” Concordò il servo, con un po’ di invidia. Poi però parve ricordare e illuminarsi:
“Ma ho ancora il pezzo di pane che mi ero portata dietro come
spuntino!”
Arthur scosse il capo. “Prima di mangiare, ahimè,
dovremo trovare una soluzione per asciugarci, altrimenti saremo noi a buscare
qualche malanno.” Considerò, con buonsenso, affrontando quello
che, inconsciamente, entrambi avevano cercato di procrastinare il più
possibile.
Merlin gliene diede atto, ma la cosa non piacque a nessuno
dei due.
***
“Sono grande abbastanza da badare a me stessa!”
“Ma se ti ammalassi,Gaius se la prenderebbe con me.” Si
colpevolizzò l’Asino cocciuto.
“Sì, e se voi moriste di polmonite, il re
vorrebbe la mia testa!” ribatté, facendogli comprendere
l’assurdità delle sue infondate preoccupazioni, per
l’ennesima volta da che avevano iniziato a litigare.
L’erede dei Pendragon, vedendo la sua serva personale
così determinata e battagliera, sbuffò maledicendo Merlin, la sua
sparizione, le sue parentele fino alla settima generazione, il maltempo, la BryoniaDioica, le sue radici raccolte, e tante
altre cose, in ordine sparso.
“Ti vuoi spogliare o no?”
“Per prima? Manco morta!”
ribatté la valletta, benché stesse tremando dal freddo. “La
vostra salute ha la priorità su tutto!”
Arthur si mise a gesticolare, giusto per non avere la
tentazione di allungare le mani su di lei e tirarle il collo.
“Io però non
sono una delicata fanciulla che-”
“Maneanch’io
lo son-!” Merlin si zittì di colpo, consapevole che quella
risposta, nella realtà dei fatti, era un’immensa stupidaggine.
“D’accordo, d’accordo. Il fuoco
sparge calore a sufficienza per entrambi.” Si
risolvette, cercando di essere accomodante, ricevendo in
risposta un verso gutturale di malcelata sopportazione. “Io vi
spoglierò come ogni sera e-”
“So spogliarmi anche da me!” brontolò il
principe, seccato e quasi… imbarazzato.
Linette boccheggiò, al limite dell’indignazione. “E perché,
di grazia, il mio compito è quello di aiutarvi
ogni dì?”
“Perché sei una valletta reale ed è un
tuo incarico, no?” le spiegò l’altro, come se fosse
lampante. “Non pretenderai che il tuo futuro re si cambi d’abito,
da solo, ogni giorno! Ho cose ben più importanti a cui
pensare, io!”
“Certo, certo! Ed è ovvio che non potete pensare, mentre vi vestite…”
ironizzò lo stregone, fingendosi accomodante.
“E-esatto.”
L’Asino fissò, stranito, la ragazza davanti a sé, convinto
che qualcosa nel suo tono gli fosse sfuggito. Tuttavia, l’espressione
angelica di Lin non permetteva interpretazioni di
sorta.
“Mhmm…
dov’eravamo rimasti?”
“Al fatto che vi sareste denudato
da voi, per il resto dei vostri giorni…” – Arthur
sollevò un sopracciglio, con l’intento di rettificare
l’affermazione di lei – “Se non fosse che il vostro regale
status ve lo impedisce…” concluse la serva, perdendosi metà
della soddisfazione.
“Giusto.” Annuì, rinfrancato
nell’aver chiarito la vitale
faccenda, prendendo poi in mano la situazione in stallo nell’unica opzione possibile: “Ed ora, poiché né tu
né io vogliamo accettare la precedenza favoritaci reciprocamente,
benché sia una cosa alquanto sconveniente
da dire, ognuno di noi volgerà le spalle all’altro e si
spoglierà, in questo modo asciugheremo i rispettivi abiti stendendoli
vicino alle braci…” spiegò. “Ma senza voltarci!” ribadì
con urgenza, per consolidare il concetto.
Merlin si fece scappare un mezzo ghigno, realizzando quanto
costasse al suo padrone affrontare siffatto argomento spinoso.
“Giuro che non sbircerò il vostro nobile-”
“Linette!”
inveì Sua Maestà, imporporandosi. “Scostumata! Meriteresti
la gogna!”
“Ma se ho appena detto che nonsbir-!”
“Chiudiamola qui!”
Lo stregone si strinse nelle spalle.
Effettivamente, con tutto il freddo che sentiva addosso, era
stanco di dover litigare per ogni cosa. E quella, in fondo, era davvero una
sciocchezza: se quella regal Testa di Legno aveva
gettato alle ortiche la possibilità di godere del
calduccio per primo, in modo esclusivo, confermava solo la sua opinione che fosse
un idiota, come lui aveva sempre
detto; cavalleresco nei modi, ma pur
sempre idiota.
“Sta bene.” Considerò, accettando la
proposta.
Dopo tanto discutere infervorato, un improvviso silenzio
cadde fra loro.
Merlin si volse di schiena, come concordato e, con le dita
intirizzite, tentò invano di sfilare il primo bottone dall’asola
dietro al collo, ma esso sembrava opporsi al trattamento, sgusciando dai
polpastrelli umidi, che conservavano scarsa sensibilità.
Si accorse troppo tardi di aver sbuffato per la stizza. E il
rumore di stoffe bagnate, dietro di lui, cessò.
“Che problema c’è?” si sentì
chiedere dalla voce attutita del principe, che proveniva da dentro la casacca,
probabilmente perché si era fermato nell’atto di sfilarla.
“N-niente.”
Biascicò, in fretta, il mago, tradendo un accenno d’ansia.
“Ma sei ancora
abbigliata?”
Il servo tacque, indeciso su cosa rispondere.
“Linette?” fu la sollecitazione, con quello stesso tono
“da Arthur” con cui
l’Asino pretendeva abitualmente attenzione da Merlin.
“Sì.” Ammise egli, controvoglia,
guardando le ombre irregolari proiettate sulla parete.
“Com’è che non ascolti mai i miei
ordini?” bofonchiò l’erede dei Pendragon. “E
perché la cosa non mi stupisce più?” ironizzò
sarcastico; ma quell’insinuazione, stranamente, ferì l’animo
di Merlin.
“I bottoni non collaborano.” Confessò,
improvvisamente stanco.
Stanco di
quell’abito, di quella serata, di quella situazione. Ingoiò un
boccone di rabbia e dolore e imprecò contro la magia che non poteva
usare. E stringendo la stoffa del colletto, fu sul punto di strapparla per
liberarsi, come se stesse improvvisamente soffocando.
Furono le mani del principe ad anticipare le sue mosse,
immobilizzando quel gesto di disperata collera, scostando le sue dita gelate e
indolenzite per levare i gancetti dagli occhielli, che prontamente obbedirono a
lui.
Un istante dopo, egli si era allontanato già,
ridisponendo un’adeguata distanza fra loro.
“Gra-grazie.” Lo
scudiero si girò a guardarlo per istinto, mentre il suo signore rimaneva
nella penombra, a torso nudo.
“Beh… se te la strappassi, Gaius
penserebbe male!” esclamò questi, ammiccando alla volta della
camicetta, per ridurre la tensione del momento.
“V-voi… cosa?!”
ansò il mago, sconcertato.
E solo allora, Arthur comprese che la sua affermazione poteva
essere pericolosamente fraintendibile.
“No!, non è come
pensi!” sgranò gli occhi cerulei, sollevando le mani come a
dimostrare le sue buone intenzioni. “Non se io, ma se tu!
Cioè… – oh, diamine! – intendo dire che, se tu strappassi la camicetta, Gaius potrebbe fraintendere la cosa!”
E lo stregone sorrise, felice di aver equivocato.
“Dovresti… ehm…” il principe si
raschiò la gola, guardando altrove. “Forse, dovresti scioglierti
anche la treccia, per non buscarti un malanno. Non è prudente che essa
resti umida sino a domattina.”
“Su questo avete ragione.” Concordò il
valletto, trafficando sul laccio che raccoglieva le ciocche. Ma
nuovamente la presa non era salda, le sue falangi infreddolite si rifiutavano
di collaborare, facendogli perdere la pazienza in fretta. Anche la stoffa
bagnata del nodo del nastro non aiutava di certo. Egli
si prese un istante, soffiandosi sulle punte delle dita per tentare di
scaldarle, e poi riavviò il tentativo.
“Qualora tu fossi in difficoltà, non esiteresti
a chiedermi aiuto, nevvero?” chiese il principe, stando in disparte ad osservarla.
“Sono in grado di sciogliere un dannato nodo!”
sibilò il servo, di rimando, strattonandosi i capelli fino a strapparne
alcuni.
“Ho l’impressione che, nella vostra lotta, il
nastrino stia avendo la meglio…”
ironizzò l’Asino, staccandosi dalla parete per avvicinarsi,
rimanendo però a braccia conserte.
“Oh, al diavolo!” inveì lo scudiero, in risposta, scacciando l’acconciatura adagiata sulla
spalla con irritazione, come se fosse stata una mosca fastidiosa. “Non
morirò per così po-”
“Shh… non lo diremo a nessuno.”
Bisbigliò il nobile, afferrando l’estremità che lui aveva
rigettato, districandola con meravigliosa semplicità.
Un istante prima, il mago lo credeva lontano e innocuo,
l’istante dopo il respiro caldo del principe accarezzò il suo
collo scoperto, e fu un brivido.
Merlin tremò di riflesso, reprimendo un gemito fra i
denti. Ma l’istante successivo Arthur era
già lontano. E a lui parve di aver
sognato tutto.
Eppure adesso aveva i capelli sciolti, le mani grandi e
callose del suo signore li avevano districati, sparpagliandoli a raggiera. Se
si concentrava, rammentava che l’altro gli aveva sfiorato le spalle esili e…
Lo stregone si passò confuso una mano sul viso
accaldato, toccandosi la fronte per capire se scottava. Forse gli era venuta la
febbre. Per questo si sentiva così
strano?
“Conserva il nastro per domani.” Suggerì
l’altro, allungando alla sua valletta la fettuccina malconcia.
Merlin balbettò qualcosa che aveva poco senso, raddrizzando
poi il tiro sul fatto che l’indomani la sua zazzera sarebbe stata
indocile, e che non sarebbe riuscito a rifarsi la
treccia.
“Oh, suvvia!” aveva replicato il principe, dopo
averle lanciato un lungo sguardo silenzioso. “Tutte le fanciulle
sanno fare una treccia. Persino io che sono un
maschio!” celiò.
Il valletto, a malincuore, pensò che anche Gaiussapeva farle. E ora anche
Arthur. Perché luino?
“E com’è che vi siete esercitato?”
rispose, più per rivalsa che per reale interesse.
L’erede al trono perse baldanza, mentre distoglieva la
vista dalla sua serva.
“Ehm… te lo spiegherò quando raggiungerai
la maggiore età.”
“Sire!” protestò allora Linette, indignata.
“Adesso termina di svestirti e siediti!” la
sgridò il suo padrone, di rimando, ravvivando il fuoco con nuovi
paletti, prima di andare a sedersi di spalle, come avevano concordato precedentemente, e spogliandosi a sua volta dei pantaloni
fradici.
Il mago rammentò in quel mentre la pagnotta e
rovistò nella propria sacca, quindi la porse al principe, allungandola
alla cieca verso quella che riteneva essere la sua posizione.
“Ecco! Tenete!” offrì, scusandosi poi.
“Non è molto, ma…”
“Mangiala tu, che sei un piccolo mucchietto
d’ossa…” rispose il nobile, poco dietro la sua schiena.
Merlin osservò il tozzo di pane con desiderio, eppure
vi rinunciò.
“Voi avete camminato a lungo, mentre io ero in sella,
avrete più fame!”
“Ti sembrerà strano, ma in guerra sono stato
abituato alle privazioni.” Le rese noto, con
un’inflessione d’arroganza.
“Di norma, mi sfamo con un terzo del cibo che è
necessario a voi; ve lo cedo volentieri!”
“Ma se ti ho appena detto
che-”
“Metà?” suggerì infine, con voce
speranzosa, porgendogli in realtà tre quarti del pane. Ma l’altro
non l’avrebbe saputo, a meno che non avesse
sbirciato verso la valletta che in quel momento era terribilmente nuda e in
qual caso Merlin si sarebbe infuriato, perché significava che
l’altro predicava bene ma razzolava male.
Ad ogni buon conto, il nobile
cavaliere si era comportato da tale, aveva accettato il pezzo a lui destinato e
l’aveva mangiato senza ulteriore indugio. Peccato fosse risultato insufficiente per placare la fame di entrambi.
Continua...
Disclaimer:I
personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi,
non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.
Ringraziamenti:
Un abbraccio a Tao, che sopporta i miei scleri. X3
Note:questa avventura mi è uscita lunghissima,
l’avevo preventivata in un modo, e poi invece si è ingrandita per
altri due capitoli, oltre a questo: uno sulla notte, uno sul risveglio. Abbiate
pazienza, spero ne valga la pena.
Un’amica ossess-appassionata di cavalli mi ha spiegato
quanto sia necessario strigliare il pelo di un cavallo, dal sudore e dalla pioggia,
per impedire che si ammali. Ignoravo quanto fossero delicati… ma Arthur
lo sa! XD
L’incantesimo usato da Merlin è preso dal
telefilm, seguendo la trascrizione dei sottotitoli inglesi, non come viene pronunciato.
Per la pianta BryoniaDioica, vi rimando alle note del cap. precedente.
Ho solo un ultimo appunto: davvero quando si ha le mani gelate dal freddo si diventa inetti.
D’inverno, in montagna a me capita spesso di perdere la
sensibilità. XD
Per la stessa ragione, avete mai sciolto un nodo e una treccia
di capelli bagnati? E’ una tragedia. Io lo facevo sempre, quando andavo
in piscina, per riuscire a farli stare nella cuffia, ma poi ne strappavo la
metà, quand’era il momento di sciogliere il nodo. ç_ç
Precisazioni al
capitolo precedente e domande varie: (a random)
- Grazie, sono contenta che il mio cliché sia stato
apprezzato! ^________________^
- Volevo tranquillizzarvi sulle sorti del cavallo ferito.
Avrete le dovute spiegazioni con epilogo. (bisteccheee…. No, via, scherzo! XD)
- Io adoro le recensioni idiote *_* quelle che scrivete
sull’onda dell’entusiasmo post-lettura: sono un’immensa
soddisfazione per me, ed è ovvio che le leggo!
- Sì, le frasi di Linette
si possono scrivere come citazioni sul banco di scuola (mi sento lusingata
^///^), ammesso però che il bidello poi non vi faccia pulire tutto a
fine lezione. XD
- Sì, Arthur con l’impennata del cavallo voleva
fare il figo. C’ha
manie di protagonismo, lui. U_U
Peccato che Merlin non abbia colto! XD
- Come sempre mi fa piacere che le mie ricerche/documentazioni
vi interessino, e sì, ci ho messo due pomeriggi
interi a trovare la pianta esistente con le caratteristiche giuste. >__<
- Arthur si è svegliato così di malumore
perché… beh, lo leggerete presto. XD
- Sì, la storia durerà ancora parecchio, ma ho
intenzione di finirla, non temete.
- Ormai credo che la treccia di Linette
abbia un gruppo di fans tutti suoi. ^_=
Eccovi l’anticipazione
del prossimo capitolo:
Arthur annuì,
suggerendo di usare il proprio mantello come coperta per scaldare entrambi, le si sedette accanto, mentre Lin
si appisolava.
Ben presto il corpo di lei scivolò addosso al suo, egli se la
strinse contro, per metterla a suo agio e concederle di riposare. Fu allora che
si accorse di quanto rovinate fossero le sue piccole mani
esili.
Sapeva che le mani di
una serva erano così, abituate al duro lavoro.
Ma le sue erano davvero sciupate. Piccole, e
fredde, piene di graffi e segni. Alcuni se li era
certamente procurati prima, provvedendo alla legna da ardere.
Le accarezzò
piano, e le scaldò, trattenendole nelle proprie.
Campagna di Promozione
Sociale - Messaggio No Profit:
Dona l’8‰
del tuo tempo alla causa pro recensioni.
Farai felice
milioni di scrittori.
(Chiunque voglia
aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove
meglio crede) Come sempre, sono graditi commenti,
consigli e critiche.
Linette ha spento la sua prima candelina, e io manco mi ricordo di
dirlo… che madre debosciata
Linette ha spento la sua prima candelina, e
io manco mi ricordo di dirlo… che madre debosciata! U_U
Ok, in ritardo di due settimane,
ma festeggiamo il suo compleanno!
Grazie a tutti voi, che siete rimasti
con me dall’inizio; grazie a voialtri che vi siete aggiunti da poco, e
che mi sostenete con i vostri feedback. Siete
meravigliosi.
Note: Il seguente scritto inizia a
contenere lievi (e confusi XD) riferimenti slash; più avanti si
avrà lo slash più definito.
Riassunto: Merlin
è abituato a salvare la vita all’Asino Reale senza che questi se
ne accorga, ma stavolta non tutto va per il verso giusto. Colpito
dall’incantesimo del malvagio Ardof, il nostro
mago farà i conti con una sconvolgente novità: egli si risveglia
trasformato in una donna.
Solo Gaius conosce il suo segreto e, finché
non troverà il modo di tornare normale, dovrà inventarsi delle
scuse plausibili e prendere il posto di se stesso al
servizio del principe. Come riuscirà a conciliare questa ‘nuova
situazione’? Come si evolverà il suo rapporto con Arthur?
Vorrei dedicare il capitolo a
quelle persone che hanno recensito il precedente (e un abbraccio ai nuovi
recensori!):
_ichigo85_, abcdefghilm
(Benvenuta^^, spero che il mio MP ti sia arrivato!), LyndaWeasley,
roku_, saisai_girl, Sociophobia (Benvenuta^^, nelle note troverai
le risposte), chibimayu, Emrys___, ginnyred, Aleinad, damis, _Saruwatari_, YukiEiriSensei,
KonataChan (Benvenuta!, grazie per i tanti
complimenti!^^), miticabenny, Archangel
06, elfinemrys, _AZRAEL_, angela90, Tao,
Orchidea Rosa e ItsCassieMalfoy (Benvenuta! ti ho
mandato un MP sul tuo account e spero ti sia arrivato^^).
E a quanti commenteranno (SE vi
va di recensire anche dei capitoli più indietro di questo, il vostro
parere non andrà perduto!).
Ai vecchi e ai nuovi lettori.
Grazie.
TheHe in theShe
(l’Essenza dentro l’Apparenza)
Capitolo XXXIV
Lo scrosciare del temporale aveva fatto loro compagnia a
lungo, quella sera.
Dall’interno della grotta, i rumori giungevano un
po’ attutiti, ma le ventate sibilanti rendevano fedelmente l’idea
delle raffiche di pioggia trasportata contro le pareti esterne e contro gli
alberi, così intense da sembrare quasi
sassaiole.
A tutti gli effetti, era stata una vera fortuna l’aver
trovato riparo lì; di questo erano consapevoli entrambi.
Ma il nervosismo del principe non s’era
placato, a causa della forzata inattività e di tutte le implicazioni
legate a quella faccenda.
Egli continuava a tormentare il terreno davanti ai propri
piedi con un ramo, bofonchiando sottovoce di tanto in tanto, dopo aver
esaminato la spelonca in lungo e in largo decine di volte, analizzandone ogni
anfratto delle rocce e ogni sporgenza, catalogando ciascuna rientranza fino
alla nausea.
Imbastire una chiacchierata disimpegnata, come diversivo –
nel modo in cui l’avevano fatto infinite volte, mentre cenavano assieme o
durante le sortite venatorie – sembrava fuor di questione.
Merlin, dal canto suo, per sfuggire al malumore
dell’altro, aveva cercato di tenersi impegnato smistando le erbe e le
radici raccolte nel pomeriggio. Quelle di BryoniaDioica finirono, a malincuore, ad ardere sul fuoco,
poiché un plenilunio era inottenibile, per quel mese, e tutta la sua
fatica – come aveva gufato
l’Asino Reale, quel disgraziato!
– era andata irrimediabilmente sprecata.
***
“Credo che stia per spiovere.” Considerò
Arthur, qualche tempo dopo, sollevandosi da terra per sgranchirsi le gambe,
tendendo l’orecchio per controllare l’andamento dell’acquazzone.
“Potrei uscire, per cercare altro cibo.”
Linette era stata così concentrata nel proprio lavoro,
da realizzare solo in quel mentre che il rumore al di fuori era diminuito parecchio,
rispetto a prima, e si era trasformato in un pacato
gocciolare. Tuttavia ella scosse la testa, opponendosi.
“Trovo sia poco saggio che
andiate nuovamente sotto la pioggia. Perché bagnare
gli abiti, ora che sono asciutti?” rifletté, annuendo alla volta
dei vestiti che avevano entrambi rindossato neanche un’ora prima.
In realtà, ci sarebbe voluta tutta la notte per dar
modo ai tessuti di perdere l’umidità accumulata per colpa dell’acquazzone, ma Merlin aveva usato un incantesimo che
accelerasse i tempi di essiccamento.
Quando il nobile s’era
stupito della vivacità insperata del fuoco, egli aveva mentito, dicendo
di aver versato dell’unguento oleoso, che teneva nella sacca, come
combustibile e – com’era universalmente noto – l’olio
era un ottimo infiammante.
“Intendo ugualmente fare un tentativo.” Le
comunicò l’Asino con testardaggine, indossando il mantello. Quando
però vide la sua valletta irrigidirsi, si preoccupò. “Ti
spaventa rimanere qui dentro da sola?” s’informò, valutando
il da farsi.
“No, certo che no!” avvampò la serva.
“So difendermi da me!” gli rese noto,
sfilando dalla cintura in vita il coltello con cui tagliava le piante da
raccogliere.
Il principe non seppe se ridere di lei o sgridarla per la
sua incoscienza.
“Con quello non ti proteggeresti neppure da una
pulce!” la biasimò, armeggiando sul proprio cinturone, estraendo
l’inseparabile pugnale da caccia. “Usa questo, anche se spero non
debba servirti.”
“Ma potrebbe essere
più utile a voi, durante la battuta!”
“Preferisco lo abbia tu.” Insistette,
avviandosi. “Non starò via molto.” E, prima che lo scudiero
potesse obiettare, era già uscito dal riparo.
Merlin imprecò contro quella Testa di Legno marcio, e
poi meditò in fretta sul da farsi.
Anzitutto, sfruttò quell’involontaria
solitudine per incantare il fuoco, di modo che le fiamme guizzanti scaldassero
la spelonca, consumando tuttavia la legna in maniera estremamente
lenta; poi fece moltiplicare i rami a disposizione – non troppi, per non
dettare sospetti – ed infine pensò alla cena.
Avrebbe potuto usare i propri poteri per attirare qualche
piccolo animale. Gli si strinse lo stomaco a quel pensiero spregevole, tuttavia
non vedeva altre soluzioni.
Egli si recò a sua volta all’entrata, dove lo
stallone riposava, ed invocò la nebbia del
bosco, che all’istante si avviluppò tutto intorno a lui, al
rifugio, alle piante limitrofe. Una coltre di latte fluttuante, mescolata
all’inchiostro della notte.
Il mago era consapevole che questo sortilegio era
un’arma a doppio taglio: Arthur non si sarebbe azzardato ad allontanarsi
di molto, per colpa di quella stessa nebbia, per non rischiare di perdersi
nella foresta, senza più orientamento; ma essa
l’avrebbe nel contempo celato alla sua vista, lo stregone avrebbe quindi
potuto agire indisturbato.
Egli congiunse le mani e pregò per l’anima
della sua piccola, innocente vittima.
Chiese perdono alla Natura per ciò che stava
compiendo e un istante dopo, dinnanzi a lui, apparve
una lepre dal pelo candido. Mortalmente
ferita.
Merlin la raccolse e ringraziò gli Dei per quel dono.
Ne accarezzò il pelo, con dolcezza e con dolore, poi
la scuoiò e la ripulì delle interiora, che saggiamente
sotterrò poco lontano dalla grotta, per impedire agli animali selvatici
di fiutare la pista di sangue.
***
“Le bestie si sono già rifugiate nelle
tane.” Esordì il principe, sbuffando, ricomparendo a mani vuote.
“E si è anche alzata una fastidiosa neb-”
egli si zittì, immobilizzandosi, nel momento in cui si accorse del
coniglio selvatico che arrostiva sul fuoco del bivacco. “E questo…
da dove viene?!” esclamò, stupefatto.
Il servitore si finse indaffarato, mentre gli raccontava la
menzogna che si era preparato.
“Sono stata richiamata da un trambusto
all’esterno, e ho temuto ci fosse qualche pericolo, perciò sono
andata a controllare e… e ho visto una civetta che stava ghermendo questa
povera bestia. L’aveva già colpita a morte, ma io sono riuscita a
strappargliela e a mettere in fuga il rapace… tuttavia, poiché la
lepre era moribonda, ho pensato di porre fine alle sue sofferenze e di
cucinarla per voi…”
“Non avresti dovuto ficcanasare là
fuori!” la rimproverò il nobile. “Pensi mai alla tua
incolumità?” domandò retorico, scuotendo il capo con
sopportazione, visto che oramai era tardi per il
buonsenso. “Se non altro, la tua curiosità ha fruttato un
insperato pasto!” considerò poi, sfregandosi le mani. “Le
faremo onore!” assicurò, con sguardo famelico.
Al che Merlin sorrise tra sé,
predisponendo le porzioni di carne per entrambi. In fondo, anche se gli era costato un mucchio di scrupoli di coscienza, sapeva
di aver fatto la cosa più giusta.
Cenarono in silenzio, gustando ogni boccone e bevendo dalla
borraccia di pelle che l’erede al trono aveva riempito con
dell’acqua piovana.
Fu quando il principe si offrì di andare a sotterrare
le ossa avanzate che il mago si accorse che era
ferito.
“E’ solo una sciocchezza!” s’era schernito l’aristocratico Babbeo,
liquidando la faccenda. “Sono inciampato prima, mentre cercavo di
cacciare… dannata nebbia!”
“Lasciate giudicare a me!” s’era
intestardita Linette, in risposta, pretendendo di
vedere il suo ginocchio scorticato, anche perché si sentiva
involontariamente responsabile dell’incidente. “Non sono forse
l’assistente del medico di corte?”
“L’ultima volta che mi hanno curato un ginocchio
sbucciato avevo cinque anni…” sbuffò il nobile, infastidito
da quell’ingerenza.
“È sporca, potrebbe infettarsi!”
valutò invece la ragazza, ignorando le altrui proteste, ripulendo i
lembi dell’abrasione con un brandello di stoffa umida, che aveva lacerato
dalla propria manica.
“Sei fermamente convinta che quella camicetta non
debba tornare integra a Camelot,
mh?” le fece notare il suo signore, annuendo
alla volta dello strappo.
Lin arrossì di rimando,
ricordando l’equivoco di poco prima.
“Servirebbero delle bende, ma non ne ho con me.”
Motivò, cercando si sembrare assennata. “Ora che è pulita,
copriremo l’escoriazione.” Lo avvertì, frugando nella
bisaccia solo per non incrociare il suo sguardo. Alla fine, sacrificò un
altro scampolo di stoffa e lo avvolse sulla parte malata.
Arthur la lasciò fare, docilmente rassegnato.
Quand’ella ebbe finito di
medicarlo, il suo tono si fece serio e risoluto.
“Chi sa che sei con me?” le domandò,
riflessivo.
Merlin sbatté le palpebre, sorpreso dalla domanda.
“Nessuno, Mio Signore.”
“Chi ti ha vista uscire dal
castello?”
“Solo le guardie di turno alla Porta a Est, ma erano
indaffarate nel controllare un carro in arrivo, non credo mi abbiano notata…” rifletté.
“Quindi nessuno, a parte Gaius,
sa che sei con me…”
“Esatto. Nessuno, Sire. Ma
perché…?”
Il principe squadrò la propria ancella, come se non
cogliesse una cosa ovvia.
“Non voglio che la tua reputazione risulti
macchiata dall’aver trascorso una notte, da sola, in mia presenza!”
“Oh, ma voi vedete un problema dove non-”
“Non è cosa da sottovalutare!” la
redarguì il cavaliere, infuriandosi, rammentando le chiacchiere di
qualche giorno addietro, in lavanderia. “E’ mai possibile che tu
non comprenda che la tua posizione dà adito a
pettegolezzi sgradevoli, e che io…”
“Mi state dicendo che sono un peso per voi?”
“No… non è ciò che
intendevo.” La discolpò. “Tuttavia…
Farò tacere il corpo di guardia che ci troverà domani. I
miei uomini non faranno parola con alcuno. Non maligneranno su di noi.”
La rassicurò.Solo Gaius avrebbe potuto soffrirne, sapendola macchiata
nell’onore.
A lui avrebbe chiarito
personalmente, appena fossero rientrati.
“Se ci fosse stato Merlin, al mio posto, non vi
stareste certo facendo questi assurdi scrupoli!”
“Ma Merlin non è te,
dannazione!” inveì. “Qualunque donna assennata, si
affannerebbe a metterebbe in salvo la propria
reputazione e tu invece non te ne curi!”
“Semplicemente perché…”
“Giuro sul mio onore di cavaliere e futuro re
che… che non farò nulla di sconveniente.” La prevenne.
“Non occorre che lo precisiate.
Nutro cieca fiducia in voi.” Gli rispose, con una fede disarmante. “Tutt’al più, Gaius
potrebbe venire a chieder conto delle vostre intenzioni onorevoli…”
ghignò, per pungolarlo.
Ma Arthur parve meno contento.
“Non burlarti di quest’argomento! Una fanciulla in età da marito non…”
“Sire, cessate qui la discussione.” Lo
tacitò. “La vostra parola mi è
sufficiente.”
“D’accordo.” Ne convenne.
“Perciò adesso rimpingua il fuoco e accomodati per la
notte.”
“Voi non avete intenzione di riposare?”
“No, la situazione mi impone
di vegliare. Rammenta che siamo soli, in mezzo al bosco, con poche armi a
disposizione.”
“Volete rimanere tutta la notte fuori al freddo?!”
Arthur sbuffò. “No, Linette.” Scandì,
con quell’inflessione che premeva quando lei sembrava non capire.
“Rimarrò al tuo fianco, vicino al fuoco. Il mio cavallo mi
avvertirebbe se si avvicinasse qualcosa di anomalo.”
“Perfetto! Stabiliamo
dei turni di guardia!” propose la valletta, facendogli strabuzzare gli
occhi.
“Credimi,donna, non sei divertente!”
“Esigo di poter fare anch’io la mia
parte!” s’infervorò Merlin, battagliero.
“Non s’è mai udito che una fanciulla compia ronde di sorveglianza!”
“Le ronde prevedono un camminamento, e io non mi muoverò da qui…”
puntualizzò il mago, senza cedere.
“La questione è che-”
“Voi avete marciato a lungo e
io no, sarete più stanco di me!” cercò di persuaderlo.
“Vi sveglierei all’istante, se sentissi un rumore o vedessi
qualcosa!”
Il principe protestò a lungo, nondimeno alla fine
cedette.
“D’accordo, serva testarda!”
ringhiò. “Ma farò io il primo
turno di guardia!” impose, senza diritto di replica.
“Mi sta bene.” Sorrise Merlin, felice di averla
spuntata su quel Nobile Somaro. “Destatemi fra tre ore per il
cambio.” E si accoccolò contro la ruvida parete, cercando di
trovare una posizione decentemente confortevole.
Arthur annuì, suggerendo di usare il proprio mantello
come coperta per scaldare entrambi, le si sedette
accanto, mentre Lin si appisolava.
Ben presto il corpo di lei
scivolò addosso al suo, egli se la strinse contro, per metterla a suo
agio e concederle di riposare. Fu allora che si accorse di quanto rovinate fossero
le sue piccole mani esili.
Sapeva che le mani di una serva erano così, abituate al duro lavoro.
Ma le sue erano davvero sciupate.
Piccole, e fredde, piene di graffi e segni. Alcuni se li
era certamente procurati prima, provvedendo alla legna da ardere.
Le accarezzò piano, e le scaldò, trattenendole
nelle proprie.
Chissà se anche
le mani di Merlin erano così gelate… si ritrovò a
pensare.
Chissà che gli
era passato per la mente, a quell’idiota, quando aveva deciso di
affidargliela.
Linette aveva mani così piccole… quasi come
quelle di una bambina.
Eppure non lo era
più. Era una donna, quella che stringeva a sé.
Il che rendeva il suo compito di tutore molto più
complesso, si rammaricò, sbuffando.
Oltretutto… perché
diamine non aveva ricevuto per serva una di quelle femminucce paurose, che si
sarebbero zittite all’istante, qualora egli
avesse ordinato qualcosa, una qualsiasi
cosa?
Perché, con lei,
neppure alzare la voce serviva ad inculcarle un minimo
di timore reverenziale?
Tutto doveva essere
discusso, Lin sembrava trarre un perverso piacere nel
contraddirlo e nel complicargli la vita, anche se – lo doveva ammettere
– le riconosceva un certo rispetto, poiché ella
aveva il coraggio di tenergli testa, e di dirgli ciò che pensava, senza
peli sulla lingua.
Linette sembrava quasi la versione femminile di
quello screanzato di suo cugino. Considerò, con una smorfia. Di sicuro ella ne
conservava delle discutibili peculiarità.
Il principe si concesse di sbirciarla di sottecchi, come a
confermare le proprie idee, e non poté impedirsi di sorridere tra
sé, alla vista delle orecchie prominenti che spuntavano
dall’acconciatura sciolta. Per un
istante fu quasi tentato di sfiorarle, incapricciato, tanto erano bizzarre e…
Ci ripensò all’ultimo secondo, concentrandosi
sugli altri particolari del viso di lei.
Non l’aveva mai veduta dormire, non ne aveva mai avuta
l’occasione prima d’allora, se non per un brevissimo istante, una
volta, quand’era andato a destarla all’alba per andare
a caccia insieme.
Eppure si sorprese di
come, persino nel sonno, Lin assomigliasse così tanto a Merlin.
Il suo viso assopito assumeva la medesima espressione del
suo servo idiota.
Possibile che gli
mancasse così tanto, da immaginarselo anche
lì, in quel momento?
E come suo cugino, anche la sua attuale valletta offriva una
parvenza di quiete solo quando non era cosciente.
Forse doveva
approfittarne, e ordinarle qualcosa subito, nell’unica opportunità
in cui non avrebbe ottenuto obiezioni da lei…
Ma, come a contraddirlo, ella si
mosse, quasi sul punto di risvegliarsi, mugugnando versi inarticolati.
“Shh…” la
tacitò Arthur, blandendola e rimboccandole il mantello. “Shh… dormi…”
E Merlin strusciò la guancia contro la sua spalla e
si riaddormentò.
Continua...
Disclaimer:I
personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi,
non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.
Ringraziamenti:
Un abbraccio a Tao, che sopporta i
miei scleri. X3
Note: Beh, adesso
credo sia chiaro perché Arthur fosse di malumore al suo risveglio.
Egli si era reso conto che sarebbero
rientrati a casa tardi, favorendo pettegolezzi di dubbio gusto su di loro, come
quelli ascoltati in lavanderia (cap 31). Quando lui
è costretto a decidere di trovare un riparo per la notte, la situazione
si è aggravata ancor di più, e lui si sente responsabile.
Vorrei precisare che il “mio” Arthur presenta
caratteristiche di “valoroso principe azzurro” accostati a picchi
di “mostruosa asineria endemica”. Non date per scontato che egli
sia solo maturo ed assennato. Presto capirete
perché.
Per la pianta BryoniaDioica, vi rimando alle note del cap. 32.
L’equivoco sulla camicetta riprende il dialogo del
cap. 33.
L’accenno a quando Arthur svegliò Linette all’alba si riferisce al cap. 21 (l’inizio
della ‘saga di Suzanne’, per capirci).
Sono di parte e non dovrei dirlo, ma amo la fine di questo
capitolo. ^////^.
Un’idea era questa, l’altra idea era che il ‘mugugnare versi inarticolati’ di Merlin fosse
in realtà un “Asino” borbottato nel sonno, che Arthur
però sente.
Ma ho privilegiato l’aspetto coccoloso. Non so, mi fa tenerezza che Merlin si strusci
contro Arthur mentre dorme, inconsciamente lo cerca. *__*
Precisazioni al
capitolo precedente e domande varie: (a random)
- Sì, è Arthur stesso a chiarire che, se ci
fosse Merlin con lui, avrebbe tenuto un comportamento diverso. Ma è
ovvio che sia così: tra due maschi il rapporto viaggia su altri binari;
ma poi credo che, comunque, anche se ci fosse stato effettivamente Merlin con lui, certe gentilezze le avrebbe condivise col suo servo, perché in fondo sono
anche amici e si vogliono bene. ^^
- Sono “contenta” che spartiate con me e Linette la tortura delle mani gelate e dei nodi tra i
capelli impossibili da sciogliere. XD
- Vero. A volte Merlin è di una ingenuità
disarmante, così come a volte cede, stanco di tutto quello che deve
sopportare. Nel telefilm, vediamo spesso Gaius che lo
consola. Ma in questa fic, Gaius non capisce del
tutto il nuovo peso che grava sulle spalle del suo protetto e il nostro
mago si sente ancor più solo e, ogni tanto, sconsolato.
-I “segretucci a luci rosse di
Arthur” (come li avete definiti voi) temo rimarranno un mistero. Ma non
si sa mai… intanto, ho già ottenuto di poter sfruttare
un’idea nata da uno dei vostri commenti… *_*
- Non temete, anche il cavallo
avrà il suo momento di gloria (nel prossimo capitolo!).
- Linette andrà ben oltre i
40 capitoli, direi che ci aggireremo attorno ai 50
circa.
- Il cavallo di Arthur ha un nome, ma non l’ho detto.
XD
- Sì, udite udite:
avremo una “Arthur/Linette come si deve” prima
o poi, e questa della grotta non è l’occasione propizia, ne
arriveranno di migliori (e i due asini le sprecheranno tutte XD).
- A Merlin non serve sbirciare Arthur nudo, l’ha visto
milioni di volte, quando gli faceva il bagno. *ç*
- X Sociophobia: sì,
Merlin tornerà uomo a tutti gli effetti.
Riguardo
all’erede di Arthur, mi spiace ma non posso
confermare la tua ipotesi. (Mi era già stato
chiesto, ma non do spoiler, vi rovinerei la lettura! XD).
Posso però dirti di non dare nulla per scontato, il meglio deve ancora
arrivare!
Eccovi l’anticipazione
del prossimo capitolo:
“Gaius!” lo chiamò il nobile, entrando in casa.
“Posso giurarti, sul mio onore, che la rispettabilità di Linette rimane intonsa!”
Il vecchio si
paralizzò al centro della sala, sollevò un sopracciglio ironico,
ma chinò il capo prima che il principe potesse vederlo.
“Buongiorno a
voi, Maestà.” Lo salutò, rivolgendo poi lo sguardo al suo
discepolo.
Merlin se ne stava
ancora sulla soglia, rosso in viso come lo stemma dei Pendragon, pronto a
supplicare la terra affinché lo inghiottisse.
“Non avevo
dubbi, a tal proposito.” Rispose, deponendo la ciotola che aveva in mano.
“Avevo considerato la possibilità che la pioggia vi avesse colti di sorpresa, quando non avete fatto ritorno per
cena.”
Campagna di Promozione
Sociale - Messaggio No Profit:
Dona l’8‰
del tuo tempo alla causa pro recensioni.
Farai felice
milioni di scrittori.
(Chiunque voglia
aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove
meglio crede) Come sempre, sono graditi commenti,
consigli e critiche.
Note: Il seguente scritto inizia a contenere lievi (e confusi XD)
riferimenti slash; più avanti si avrà lo slash più
definito
Note: Il seguente scritto inizia a
contenere lievi (e confusi XD) riferimenti slash; più
avanti si avrà lo slash più definito.
Riassunto: Merlin
è abituato a salvare la vita all’Asino Reale senza che questi se
ne accorga, ma stavolta non tutto va per il verso giusto. Colpito
dall’incantesimo del malvagio Ardof, il nostro mago farà i conti
con una sconvolgente novità: egli si risveglia trasformato in una donna.
Solo Gaius conosce il suo segreto e, finché non troverà il modo
di tornare normale, dovrà inventarsi delle scuse plausibili e prendere
il posto di se stesso al servizio del principe. Come riuscirà a
conciliare questa ‘nuova situazione’? Come si evolverà il
suo rapporto con Arthur?
Vorrei dedicare il capitolo a
quelle persone che hanno recensito il precedente (e un abbraccio ai nuovi
recensori!):
chibimayu, roku_, _ichigo85_,
Tao, Aleinad, Emrys___, Yuki Eiri Sensei, _Saruwatari_, ginnyred, Orchidea
Rosa, saisai_girl, Ryta Holmes, miticabenny, Archangel 06, ItsCassieMalfoy,
damis, elfin emrys, Sociophobia, angela90, GiuLy93, Madame Curie489
(Benvenuta!, grazie per i tanti complimenti!^^) e Katherine Elizabeth
(Benvenuta!, grazie per le tue parole e spero che non ti abbiano interrogata!^^).
E a quanti commenteranno (SE vi
va di recensire anche dei capitoli più indietro di questo, il vostro
parere non andrà perduto!).
Ai vecchi e ai nuovi lettori.
Grazie.
The He
in the She
(l’Essenza dentro l’Apparenza)
Capitolo XXXV
Lo stregone mugolò, quando la sua mente riuscì
a liberarsi dalle maglie del sonno, e con tiepida volontà uscì
dal bozzolo del dormiveglia, realizzando che non era nel suo letto, mentre i
timidi raggi dell’alba filtravano dalla fessura rocciosa
dell’entrata.
Egli batté le palpebre un paio di volte, cercando di
fare mente locale e poi rammentò tutto: del perché fossero finiti
lì, della notte passata, e del fatto che quell’Idiota Reale non
l’aveva affatto svegliato per montare il cambio della guardia, maledetto bugiardo!
Il mago si risollevò, stando attento a non inciampare
nelle gonne, e imprecò contro le ceneri morenti del bivacco,
perché del suo padrone – a cui indirizzare improperi – non
v’era neppure l’ombra.
Si era fatto giorno e
lui non l’aveva fatto alzare!
A passo di marcia si diresse fuori, finendo quasi per sbattere
contro lo stallone, che il principe stava sellando in quel momento.
“Non dovevate chiamarmi diverse ore fa?!”
l’apostrofò, sdegnato.
“Oh, Lin-Lin! Buongiorno anche a te!” la
canzonò lui. “Hai visto che splendida giornata di sole?”
perseverò, dimostrandosi indaffarato, stringendo le fibbie della sella
nel sottopancia.
“Ritenevo che uno uomo d’onore rispettasse i
patti!” lo accusò Merlin, ma non ottenne l’effetto sperato,
perché l’erede al trono gli girò attorno, per sistemare il
morso alla bestia, senza controbattere.
“Io”
calcò allora, ricominciando la solfa. “Credevo ingenuamente che-”
Arthur spalancò le labbra in un sorriso radioso,
mentre puntava un dito contro la sua serva.
“Che tu sia un’incurabile ingenua è una sacrosanta verità, mia cara
Lin-Lin!” confermò. “Ma sai cosa mi ripaga di una notte
insonne e della schiena rattrappita e del fatto che le mie regali membra stiano
urlando di dolore? No, lasciamelo dire: è bello che talvolta io riesca a
spuntarla su di te!”
“E’ un ragionamento infantile, Sire.”
“Anche avere a che fare con te, lo è.”
“Non è assolutamente ve-”
“Vedi? Vuoi sempre avere l’ultima
parola…” le dimostrò.
“Mi avete raggirata con l’inganno! Sono stata
imbrogliata! Come farò a fidarmi ancora di voi?!” lo
accusò, per farlo sentire in colpa, ma il nobile non abboccò.
“Per le cose importanti, potrai sempre contare sul mio
aiuto e sulla mia protezione.” Le rese noto. “Credo tu possa
fartelo bastare.”
“Stupido Asino!” sibilò Merlin mentre
stringeva i pugni, voltandogli la schiena, e la treccia s’impigliò
in un ramo esposto che si era spezzato.
“Ahi! Ahi!” guaì di rimando, quando lo
strattone divenne doloroso. E il principe rise della scena ma, prima che la
valletta potesse obiettare o, in alternativa, insultarlo, allungò una
mano guantata per liberarla dalla trappola.
Il servo era così arrabbiato, al suo risveglio, che
non s’era accorto che Arthur gli aveva rifatto l’acconciatura senza
attendere di farselo chiedere, per evitargli possibili imbarazzi.
“Non vi ringrazierò, sappiatelo!”
brontolò, verificando lo stato dell’intrecciatura malconcia.
“Non mi aspettavo che lo facessi.”
“Oh, bene.”
Calcò Linette, per puntiglio.
Arthur strabuzzò gli occhi, esasperato.
“Anche Morgana fa sempre così!
Com’è che voi donne dovete sempre far diventare tutto una
Questione di Stato?”
“Ma non è vero e, se anche lo fosse, sicuramente voi siete un principe e tutto
ciò che vi riguarda è
un Affare di Stato!”
“Stai girando la frittata dal verso sbagliato.”
Le appuntò.
“Beh! Anche Merlin, al mio posto, si sarebbe indignato
se-”
“Merlin”
rettificò il nobile, calcando a tal punto sul nome che l’altro
sobbalzò “sarebbe già finito alla gogna per
insubordinazione.”
Il mago ingoiò il boccone amaro con una smorfia e
tacque. Perché sapeva che era
vero.
“Comunque egli non avrebbe avuto modo di protestare,
perché si sarebbe fatto il suo turno.” Rincarò il Babbeo.
“Perché egli non è te!”
E su questo lo
stregone avrebbe avuto molto da ridire, peccato non potesse.
“Ah! E la vuoi sapere un’altra cosa?!”
reiterò l’Asino, prendendoci gusto. “Sei fastidiosamente
molesta persino quando dormi! Tu russi!”
“Oh, questa poi!”
s’indignò la ragazza, arrossendo. “Mi state mentendo!”
“Parola mia!” ghignò l’erede al
trono, così soddisfatto dalla ramanzina fatta che riacquisì il
buonumore. “In fede mia, non credevo che le delicate fanciulle
potessero…”
“Cosa me ne faccio della parola di un mentitore
bugiardo?” l’istigò Merlin, puntando i piedi.
“Ti avverto: stai sfidando la mia pazienza con queste
offese.” Intimò Arthur, in risposta, perdendo la
giovialità. Con un gesto di irritazione si slegò i lacci del
colletto e lanciò contro la ragazza la stoffa malamente appallottolata.
“Rimboccati le maniche e indossa il mio mantello.
Così nessuno si accorgerà dello strappo.” Le ingiunse.
Lo scudiero eseguì l’ordine, stavolta senza
obiettare.
“E adesso parliamo di cose serie.”
Preannunciò, spiegando brevemente quello che avrebbero detto di ritorno
al castello. “Vai a prendere le tue cose nella grotta, siamo in
partenza.” Stabilì infine, concludendo la preparazione della
bardatura del destriero.
***
Era Sir Leon a comandare la piccola spedizione di ricerca
che li aveva trovati e Arthur non avrebbe potuto sperare di meglio.
Il nobiluomo – noto per la propria devozione e
l’altrettanta riservatezza – non pose loro alcuna domanda, quando
li scoprì di ritorno assieme. Egli inghiottì lo stupore e
offrì loro cibo e ristoro.
Lo stallone del principe fu sgravato di ogni peso e il
giovane Pendragon e la sua serva furono fatti salire su dei cavalli che
originariamente portavano derrate alimentari, poiché si era ipotizzato
che la ricerca dell’erede al trono sarebbe potuta durare diversi giorni.
Quando ormai erano giunti in prossimità del castello,
Arthur chiese con lo sguardo al suo fedele cavaliere di seguirlo e
distanziarono il resto della piccola comitiva.
“State bene?” domandò l’uomo,
preoccupato per il suo signore.
Il futuro sovrano fece un cenno affermativo col capo.
“Anche… anche lei sta bene?” osò
chiedere, e non ci fu bisogno di spiegare di chi stessero parlando.
“Sì.”
“Ha la camicia strappata.” Appuntò Leon.
“Ma non è ferita.” Rispose il principe,
chiudendo la questione.
Rimasero entrambi in silenzio per qualche istante, ognuno
perso a raccogliere i propri pensieri.
“Gaius vi aveva avvisati della possibilità che
la mia serva fosse con me?” chiese Arthur, a bruciapelo.
“No, Sire. Non lo sapevamo, e neppure il re, vostro
padre, non ne era a conoscenza.” Spiegò. “Vi credevamo
solo.”
“Difatti, così è stato. Linette stava
facendo ritorno da un villaggio qui vicino, tuttavia ha smarrito il suo cavallo
che si è imbizzarrito; perciò si è incamminata sulla
strada maestra, dove ha incontrato me per
coincidenza, non più di mezza veglia fa.”
Il fidato vassallo si limitò ad annuire al nobile a
cui doveva fedeltà.
“Leon, voglio che tu faccia circolare questo resoconto
fra gli uomini della scorta. Non m’importa cosa penseranno. Questa
è la verità – l’unica
verità –che diranno
a Camelot.”
“Sì, Maestà.”
“E’ dovere di un cavaliere difendere chi non
può farsi giustizia da solo.” Disse il principe, con lo sguardo
fisso davanti a sé. “Lei non
è una donna di piacere. Non
voglio che si infanghi il suo onore per causa mia.”
“Sì, Maestà.”
“Il mio cavallo invece si è azzoppato,
perché-”
“Non mi dovete alcuna spiegazione, Mio Signore.”
In altre circostanze, Sir Leon non si sarebbe mai permesso
di interrompere il principe, ma il sorriso grato di Arthur gli confermò
che aveva fatto bene. Fu questo a incoraggiarlo a parlare nuovamente.
“Sire… Vorreste accettare il mio
mantello?”
L’erede al trono gli lanciò un’occhiata
dubbiosa. Stavano quasi per raggiungere
le mura esterne, che senso aveva quell’offerta?
“Dovreste celare ad occhi indiscreti quella fasciatura
floreale che cinge la vostra ferita sul ginocchio. E’ alquanto
appariscente.”
Il principe arrossì, suo malgrado, prima di
cancellare equivocanti prove.
***
Arrivati nella piazza principale, Sir Leon aveva già
chiarito per tempo le disposizioni agli uomini sotto al suo comando, ed egli
era stato inviato da Sua Maestà ad informare il re dell’esito
positivo della ricerca, con la promessa che il principe stesso si sarebbe
recato al più presto dal sovrano, per un resoconto fatto di persona.
Prima però sarebbe andato dall’archiatra reale, a farsi medicare
una lesione, sebbene non gli fosse accaduto niente di grave.
In realtà, Arthur si era premurato di scortare
personalmente la propria valletta dal guaritore di corte e, benché
Merlin gli avesse detto più volte che non serviva, egli si vide trascinare
di peso alla volta del laboratorio.
“Gaius!” lo chiamò il nobile, entrando in
casa. “Posso giurarti, sul mio onore, che la rispettabilità di
Linette rimane intonsa!”
Il vecchio si paralizzò al centro della sala,
sollevò un sopracciglio ironico, ma chinò il capo prima che il
principe potesse vederlo.
“Buongiorno a voi, Maestà.” Lo
salutò, rivolgendo poi lo sguardo al suo discepolo.
Merlin se ne stava ancora sulla soglia, rosso in viso come
lo stemma dei Pendragon, pronto a supplicare la terra affinché lo
inghiottisse.
“Non avevo dubbi, a tal proposito.” Rispose,
deponendo la ciotola che aveva in mano. “Avevo considerato la
possibilità che la pioggia vi avesse colti di sorpresa, quando non avete
fatto ritorno per cena.”
“Sì, difatti è stato proprio
così.” Confermò l’erede al trono, sollevato.
“Ora, che abbiamo chiarito, posso anche andarmene…”
rifletté ad alta voce, benché fosse sciocco farlo, e allora si
diresse a larghe falcate verso l’uscio. “Voglio farmi un
bagno.” Ma quello fu un pensiero ancor più sciocco. Perciò
tossicchiò. “Lin! Cambiati d’abito e poi raggiungimi.
C’è una tinozza da riempire.”
“Subito, Sire.” Replicò la valletta,
vedendolo andar via.
Quando rimasero soli, il vecchio e l’apprendista
scoppiarono a ridere.
“E sicché Arthur si è comportato da vero
gentiluomo con te, eh?” scherzò il medico, rimestando gli
ingredienti nella ciotola.
“Oh, sì.” Ghignò Merlin.
“Forse gli ho messo un po’ di timore quando gli ho detto che
avreste potuto rivalervi su di lui…”
I due si sorrisero nuovamente – divertiti dalle
implicazioni di quella faccenda, che erano note solo a loro –, poi
però Gaius suggerì al suo figlioccio di cambiarsi in fretta e di
non abusare oltre della galanteria del principe, arrivando in ritardo nei suoi
appartamenti.
***
Quantunque l’erede al trono avesse messo in conto una
serie di grattacapi, il loro ritorno, in realtà, aveva creato meno
problemi di quanto aveva preventivato.
Poiché il re era ancora vittima dell’emicrania,
ricomparsa dal giorno precedente, il colloquio col figlio era stato breve e approssimativo.
In altre circostanze, Arthur avrebbe forse osato
intrattenersi con lui, ma questa volta si era fermato negli alloggi reali il minimo
indispensabile, giusto il tempo di accogliere una breve ramanzina paterna sulla
responsabilità del suo ruolo di principe ereditario e sull’essere
più cauto in futuro. Re Uther gli aveva anche dimostrato un burbero, ma
sincero sollievo, nel saperlo sano e salvo, come si era prodigato ad annunciargli
Sir Leon.
E quando, il giorno successivo, il sovrano si era ristabilito,
avevano avuto cose più urgenti e importanti di cui discutere, e il fatto
era stato semplicemente archiviato.
Al contrario, Merlin – dopo aver prontamente sostituito
l’abito e resosi magicamente presentabile – s’era recato a
predisporre il principesco bagno, come consigliato da Gaius. Peccato che,
davanti alla sua meta, egli avesse incontrato Gwen, che aveva accompagnato la
sua padrona a sincerarsi sullo stato di salute del fratellastro, dopo la sua avventura.
L’ancella, che sostava fuori dalla porta, la
salutò con affetto. Al mago dispiacque mentirle, ma le recitò, per
sommi capi, la spiegazione che il principe aveva ordito a beneficio di tutti, e
aveva motivato la faccenda con delle ingrate commissioni affidategli dal medico
di corte.
Quando l’amica fu sul punto di chiedergli altri
particolari, lo stregone fu salvato dall’arrivo inatteso di Lady Morgana
che usciva dalle stanze dell’erede al trono.
Linette si prodigò nel salutarla, per impedire a
Guinevere di fare altre domande, e la protetta del re le sorrise amabilmente, ironizzando
sul fatto che il suo regale fratellastro avesse un bisogno urgente di essere annegato
in una tinozza opportunamente profumata, e che di fatto la stava giusto
aspettando con impazienza.
Il servitore represse a stento un gesto di stizza: anche lui
puzzava e desiderava un po’ di riposo; aveva poco da lagnarsi, il signorino!
Tuttavia, la sollecitazione di Morgana gli diede
l’opportunità giusta di liberarsi di loro con una buona scusa,
perciò si congedò, considerando che riempire la tinozza era il
male minore.
***
Nei giorni successivi, nessuno aveva più parlato
dell’accaduto, nessuno aveva fatto domande.
Evidentemente la sommaria spiegazione del giovane Pendragon
doveva essere servita per quietare l’animo dei curiosi.
L’unico strascico era rappresentato dal povero cavallo
azzoppato, ma Merlin si era offerto di prendersene cura direttamente, cosa che
aveva notificato al suo signore fin da subito, tra una secchiata e
l’altra, mettendo in disparte la sua recente riluttanza nei confronti
degli stallieri.
Il principe, dal canto suo, aveva dato precise disposizioni
al riguardo.
“Non abbattetelo, se non guarisce.” Aveva ingiunto
ai garzoni che lo avevano accolto. “Antrax è un gran soldato, mi
ha reso ottimi servigi.”
“Lo useremo come stallone da monta.” Avevano
garantito gli scudieri con cauto ottimismo, per non dargli un dispiacere, anche
se – essendo uomini esperti – sapevano che le possibilità di
totale ripresa erano ridottissime.
Ciò nondimeno lo stregone, che un po’ si
sentiva responsabile – le erbe da raccogliere erano sue, anche se
l’idea di finire laggiù era stata nell’Asino –, voleva
farlo guarire.
Ci aveva impiegato quasi tre veglie a trovare la formula
giusta, però alla fine la sua magia si era rivelata efficace e la zampa
della povera bestia era tornata, entro poco, come nuova.
Anche se, per non destar sospetti, il mago aveva deciso di
somministrargli un lungo trattamento di impacchi guarenti ogni dì, per
almeno una settimana abbondante.
***
Le campane dell’Ora Vespertina rintoccarono fra le
torri di Camelot, e Arthur decise che si era allenato a sufficienza.
Osservando uno dei garzoni portar via la sua attuale cavalcatura,
considerò che l’ultimo ragguaglio di Linette, sui progressi di salute
del suo stallone, risaliva almeno a due giorni prima.
Con un po’ di fortuna, l’avrebbe forse raggiunta
proprio nelle stalle, così poi le avrebbe ordinato di preparargli
celermente un buon bagno caldo.
Entrando, egli contraccambiò il saluto di Blaise, il
capostalliere, e successivamente si diresse nella zona discosta dei box, quella
dove alloggiavano i cavalli infermi o infortunati.
Allorquando udì in lontananza la voce di lei, egli
sorrise, soddisfatto che le proprie previsioni fossero corrette.
Ma il sorriso si eclissò, nell’istante in cui,
avvicinandosi, colse un frammento di frase.
“Dannazione! La smetti di importunarmi?!” aveva protestato
la sua serva, in tono stizzito. E, benché il nobile non avesse inteso la
risposta, ella continuò. “Come sei molesto! Non ti arrendi mai?! Lasciami
in pace!”
Il principe gelò sul posto, mettendo mano
all’elsa.
Subito si sentì un lieve trambusto. “Basta! Mi
fai male!” si lamentò Linette. “Ahi! Ahi!”
E Arthur avanzò di scatto, con la spada sguainata, pronto
a…
Egli si bloccò di colpo, mentre il suo cavallo
continuava imperterrito a rosicchiare la treccia di Lin, finché lei era
china a medicargli la zampa.
Sconcertato e rincuorato da tal visione, il principe era
scoppiato a ridere, per il sollievo e per la scena buffa.
“Sire!” aveva allora esordito Merlin,
accorgendosi della sua presenza solo in quel momento e strappando dai denti
equini i propri capelli.
“E io che mi immaginavo chissà
che…” bofonchiò tra sé il nobile, passandosi una mano
sulla faccia.
“Di cosa diamine state parlando?!”
l’interrogò il mago, finendo la fasciatura. “E perché
stavate ridendo? Cosa c’è di così divertente?”
Arthur rinfoderò l’arma e sbuffò.
“Niente che ti riguardi.” Tagliò corto,
facendo spallucce. “Il mio cavallo nutre simpatia per la tua treccia,
eh?”
“Oh, non solo per quella!” lo corresse, con una
smorfia. “Ieri mi ha mangiato l’orlo di mezza sottana, e
l’altrieri…”
“Direi quasi che si diverte a complicarti la vita.”
Ghignò Pendragon, avvicinandosi.
Lo stallone nitrì in risposta, salutando il padrone,
allungando il collo verso di lui e il principe ricambiò accarezzandone
il mantello con affetto.
“Sì, Antrax. Direi che ti sei rimesso, dai
capricci che fai…” lo rimproverò, ma si vedeva che era
felice della cosa, e Merlin lo fu di riflesso.
Continua...
Disclaimer:I personaggi citati in questo racconto non sono miei;
appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di
essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.
Ringraziamenti:
Un abbraccio a Tao, che sopporta i
miei scleri. X3
Note: Ed ecco che
l’Asino-Cavaliere risalta fuori XD giusto perché non diciate che
è *troppo perfetto*.
Chi mi conosce lo sa… Io adoro la devozione di Leon, non
s’era capito? X°D
Ed infine, anche il cavallo dell’Asino ha avuto il suo
quarto d’ora di gloria. ^^
Anche se, per spirito di pignoleria e realismo, è
bene precisare che la guarigione di un cavallo azzoppato è una cosa
complessa e non si può generalizzare, dipende anzitutto dal tipo di
lesione.
Purtroppo, avendo delle ossa vuote come struttura, esse
difficilmente si risaldano in modo ottimale, causando a lungo dolore alla
povera bestia che, non dimentichiamo, passa praticamente tutta la sua vita in
piedi ed ha un peso da sostenere non indifferente. Per questo, in passato, era frequente
l’abbattimento. In una logica di guarigione lenta e incerta, bisogna poi
scontrarsi con un valore ‘di mercato’ e quello
‘affettivo’ verso l’animale in questione. E qui mi fermo.
Precisazioni al
capitolo precedente e domande varie: (a random)
- Sono davvero felice
che il finale“Awwhhh!!!”
vi sia piaciuto! *__*
E no, Arthur si è comportato impeccabilmente mentre
Lin dormiva; non se n’è approfittato e non ha allungato le
manacce! (O forse sì, ma non lo saprete mai! XD)
- Effettivamente, Arthur con la bavetta da morto di fame l’ho immaginato pure
io, mentre scrivevo! XD
- Sì, Arty sente che Merlin gli manca, ma non vuole ammetterlo! U_U
- Secondo la mia visione, Merlin è molto
“animalista” perciò è ovvio che abbia sofferto per il
povero leprotto selvatico che ha dovuto sacrificare. Ç_ç
- Effettivamente, se Merlin potesse dirgli del suo Dono, si
semplificherebbero la vita non poco… peccato non possa e non voglia!
- Sì, le orecchie di Colin meritano un fan club! XD
- Vi ho
accontentate^^Siete abbastanza soddisfatte
del nome che ho dato al cavallo di Arthur? Quelli della tradizione ufficiale li
terrò per quando sarà re. ^^
Ci tengo comunque a precisare che il principe (come ogni
nobile medievale) ha più di un cavallo personale, com’era
consuetudine dell’epoca: una veloce cavalcatura da caccia, un cavallo da
battaglia, un altro da torneo e uno docile da viaggio.
- Secondo me, il
comportamento di Arthur è un mix di tutto quello che gli hanno
inculcato, della sua effettiva indole e idiozia congenita.
- Ehi, Matt! (posso chiamarti così?) spero che tu sia
rinvenuta! XD
Bene, questo è il capitolo più lungo postato
finora, spero possiate apprezzare. ^__=
Ci tenevo a concludere questa avventura, per far posto alla
prossima: il Torneo! *__*
Eccovi l’anticipazione
del prossimo capitolo:
“E’ perché… ehm…”
Arthur si schiarì la voce. “Vi è una congiura ordita a mio
danno…”
“Una… una
congiura?!” La serva spalancò gli occhi sconvolta, mentre il
suo signore annuiva gravemente. “Ma chi? Cosa…?!”
“Ecco, guarda.”
Le mise un braccio intorno alle spalle esili e, scostando di lato la tenda, le
indicò con l’altra mano i partecipanti che stavano finendo il
primo turno. “Li vedi, quelli?”
“I cavalieri?”
“No, Lin.”
Arthur sbuffò, esasperato dalla sua tontaggine. “I tessuti legati
alla loro armatura!”
“I tessu-” balbettò lo scudiero,
frastornato. “Oh! E nessuna nobildonna vi ha ceduto il suo velo?”
l’interrogò, stupito.
“NO! E ce l’hanno quasi tutti!”
rincarò l’Asino, offeso.
“Ecco… quasi!”
rimbeccò Merlin. “Ma a voi non serve!”
“Ovviamente
non mi serve!” fu la precisazione seccata di Arthur. “Non mi
interessano queste stupidaggini! Io sono il principe ereditario e
vincerò grazie al mio valore!”
“Orbene, andate, quindi!”
“Sì, ma… ma non voglio che si pensi che
non l’ho ricevuto! Io ho uno stuolo di ammiratrici! E una fama da
mantenere!”
Prima di chiudere, vi vorrei ringraziare: questa fic ha raggiunto
i 100 ‘preferiti’, 200 ‘seguite’ e parecchi ‘da
ricordare’ tra gli utenti, anche se non è ancora finita.
Mi farebbe piacere trovare anche qualche parere nuovo, se la
cosa non vi è di troppo disturbo. ^__=
Campagna di Promozione
Sociale - Messaggio No Profit:
Dona l’8‰ del tuo tempo
alla causa pro recensioni.
Farai felice milioni di scrittori.
(Chiunque voglia
aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio crede) Come sempre, sono graditi commenti,
consigli e critiche.
Note: Poiché l’avviso generico di slash, che ho messo
finora, può essere fuorviante in qualche capitolo, avvertirò solo
un’ultima volta, adesso
Note: Poiché
l’avviso generico di slash, che ho messo finora,
può essere fuorviante in qualche capitolo, avvertirò solo
un’ultima volta, adesso.
Lo slashmerthuresplicito si avrà prima della
fine della storia (e per tutto il suo seguito), ma presto arriverà lo slashone-sided di Merlin, se vi può bastare. Ho intenzione
di portare avanti la trama come l’avevo immaginata e in questa fic la relazione di Arthur e Merlin passa necessariamente
attraverso Linette, nel bene e nel male.
Spero abbiate la voglia di aspettare il ritorno di Merlin,
attraverso le avventure che devono ancora succedere; se così non fosse, vi
posso capire e vi ringrazio per la strada fatta insieme fino a questo momento.
Riassunto: Merlin
è abituato a salvare la vita all’Asino Reale senza che questi se
ne accorga, ma stavolta non tutto va per il verso giusto. Colpito
dall’incantesimo del malvagio Ardof, il nostro
mago farà i conti con una sconvolgente novità: egli si risveglia
trasformato in una donna.
Solo Gaius conosce il suo segreto e, finché
non troverà il modo di tornare normale, dovrà inventarsi delle
scuse plausibili e prendere il posto di se stesso al
servizio del principe. Come riuscirà a conciliare questa ‘nuova
situazione’? Come si evolverà il suo rapporto con Arthur?
Vorrei dedicare il capitolo a
quelle persone che hanno recensito il precedente (e un abbraccio ai nuovi
recensori che hanno accolto il mio invito!):
_ichigo85_, elfinemrys, chibimayu, supersoft
(Benvenuta!, grazie per l’entusiasmo!^^), mindyxx, Sociophobia (Certo che
apprezzo la tua buona volontà! *__*), Emrys___, valentinamiky
(Benvenuta!, grazie per i tanti complimenti!^^), animemanga (Benvenuta!, alla tua domanda rispondo alla
fine.^^), saisai_girl, GiuLy93, Orchidea Rosa, Aleinad, Anja11xD (Benvenuta!,
grazie per i tanti complimenti!^^), kagchan
(Benvenuta!, e grazie per la fiducia!^^), Books
(Benvenuta ufficialmente!, e grazie per la segnalazione!^^), Tao, Archangel 06, _Saruwatari_, YukiEiriSensei,
damis, Toru85(Benvenuta!), LyndaWeasley,
miticabenny, Miki87 (Benvenuta!, grazie per i tanti
complimenti!^^) e angela90.
E a quanti commenteranno (SE vi
va di recensire anche dei capitoli più indietro di questo, il vostro
parere non andrà perduto!).
Ai vecchi e ai nuovi lettori.
Grazie.
TheHe in theShe
(l’Essenza dentro l’Apparenza)
Capitolo XXXVI
Dopo un’attesa estenuante sotto molti aspetti, il
principe ereditario aveva selezionato con successo i pretendenti degni di servire
Camelot e l’Annuale
Festa di Investitura si era svolta senza particolari incidenti: nessuno era
arrivato al castello dei Pendragon per esigere singolar tenzone
all’ultimo sangue, né qualcuno si era spacciato per ciò che
non era, creando scompiglio – Merlin aveva un sorriso dal retrogusto
acre, rammaricandosi per la mancanza di Lancelot tra
i cavalieri appena nominati. Il suo amico avrebbe avuto più diritto a presenziare di molti altri uomini, a suo dire.
Durante il successivo Banchetto d’Onore –
contrariamente alle previsioni catastrofiche di Gaius
sulla goffaggine di Linette – la valletta aveva servito i commensali
senza causare danni permanenti ad alcuno, tranne che a Sir Cornelius,
ma quella era stata una spiacevole causa
di forza maggiore.
L’unica potenziale,
pericolosa sciagura, Merlin se l’era andata a cercare da solo, quando il
principe aveva fatto notare a Lin che, in quanto sua
servitrice personale, ella avrebbe dovuto partecipare indossando
l’uniforme dei valletti reali, secondo il Cerimoniale.
“Non dovrò rimettere quell’orrido
copricapo, per pietà!” aveva sbottato lei, raccapricciando.
Arthur, in risposta, le aveva
lanciato una lunga occhiata strana, facendosi serio. E aveva taciuto.
Troppo tardi, il mago aveva realizzato
che forse Linette aveva detto una cosa che solo Merlin avrebbe potuto sapere.
“Le vallette non hanno copricapi.”
Aveva replicato il nobile, dopo un tempo che allo stregone era parso
un’eternità. “Farò in modo che tu abbia una divisa
adeguata.” E così fu, ma intanto Merlin aveva pregato ogni
divinità che l’Asino dimenticasse le sue parole azzardate, e le
sue preci sembrarono trovare accoglimento, perché la cosa non fu
più menzionata nei giorni a venire.
***
Alla fine dei festeggiamenti, tutti erano contenti: il
sovrano, l’erede al trono, i nobili. I servi lo erano per ragioni
diverse, perché finalmente avrebbero posto fine agli assillanti
preparativi in vista di quel giorno.
Ma il mago sapeva che, almeno per
Arthur e per i suoi uomini, quella era solo una pausa momentanea.
Già all’indomani, dopo aver smaltito la sbornia
– degna sorella dei migliori Rituali
del Mercoledì – i neoeletti cavalieri e il loro principe
avrebbero ripreso gli allenamenti in vista del Torneo di Camelot, in cui avrebbero dovuto primeggiare per
dimostrare pubblicamente il loro valore.
L’Aristocratico Somaro, poi, si era premurato che
neppure Linette stesse con le mani in mano, casomai ne avesse avuto il tempo. Una
sera, a cena, le aveva consegnato un gigantesco libro polveroso, sottolineandole il fatto che, in quanto sua valletta
personale – lei aveva voluto
quel ruolo, e adesso lei ne pagava le
conseguenze, aveva rimarcato l’Asino – avrebbe dovuto imparare
entro breve tutte le Regole del Torneo per poter compiere il suo dovere al
meglio.
“Ormai manca poco,”
aveva precisato il nobile. “In settimana, arriveranno i primi partecipanti…
questo significa che dovrò altresì fare gli onori di casa,
assieme a mio padre. Questi rapporti di diplomazia vanno coltivati.” Le
spiegò. “Ma tu… tu, limitati a
imparare bene il Codice!” si raccomandò, picchiettando sulla
copertina e, di conseguenza, sollevando in aria una nuvola di polvere accumulatasi
sul tomo.
Merlin avrebbe voluto dirgli che quella fase l’aveva
già passata, a suo tempo, appena arrivato a Camelot, trascorrendo una notte intera a cercare di
ficcarsi in testa una serie di stupide nozioni cavalleresche e a salvarlo, poi,
dai serpenti di quel farabutto di Valiant; ma si
guardò bene dall’aprir bocca, poiché il fattaccio del copricapo ancora aleggiava nei suoi recenti ricordi.
“Sarà fatto, Sire.” Aveva garantito,
prima di congedarsi.
“Ah, Linette?” l’aveva richiamata lui,
mentre ella era già quasi sulla porta. “Poiché
sarò molto impegnato, ogni caccia è sospesa sino alla fine delle
gare.” Le notificò.
Merlin fece una smorfia infastidita.
Oh, perfetto!, aveva
piagnucolato mentalmente. Avrebbe dovuto
dire addio ai suoi amati pantaloni per chissà quanto, e niente cavalcate
lontane dai doveri, niente svaghi… e Arthur
l’avrebbe certamente obbligato a rendersi disponibile anche al servizio
di qualche altro nobile, com’era accaduto in passato.
Il Babbeo Reale trovava un certo sadico gusto nel prestare
il proprio valletto personale agli altri, soprattutto quando c’era da
faticare in abbondanza e da portare a termine lavori in più.
Ma almeno adesso, come
donna, si consolò, non avrebbe
dovuto presenziare e partecipare attivamente a quelle
barbose sessioni d’allenamento…
“Le tue mansioni cambieranno temporaneamente” aveva
ripreso il principe, strappandolo dalle proprie riflessioni. “Sarai a mia
completa disposizione durante tutte le esercitazioni, sarai direttamente
responsabile del mio equipaggiamento, delle armi e del mio cavallo. Renderai
conto solo a me. Ti occuperai della mia tenda personale
durante le gare e…” Arthur tacque un istante, lanciandole un lungo
sguardo che la serva non capì. “Sarebbe opportuno che
vestissi con gli stracci di tuo
cugino, onde evitare che tu possa ammazzarti, nel continuo andirivieni, trasportando
l’armatura e le armi dal castello all’arena. Lo sappiamo tutti
quanto tu sia goffa e impedita.”
Il mago si morse la lingua per non rispondergli a tono. Ma
in cuor suo giurò che, prima o poi, avrebbe
usato la magia per stregare un lungo abito di Morgana e Arthur se lo sarebbe
trovato addosso senza riuscire a toglierselo più. Così avrebbe avuto la sua vendetta.
“Certamente, Maestà. Porterò gli abiti
di Merlin.” Si risolse, indispettito. “Non sia mai che, inciampando
nelle mie sottane e stramazzando al suolo rompendomi la testa, io ammacchi la
vostra preziosa corazza!”
Poi però considerò che, offesa a parte, il
consiglio del giovane Pendragon tornava a suo favore:
avrebbe indossato i propri calzoni per svariati giorni, legittimando il fatto
come un ordine dell’erede al trono e nessuno avrebbe avuto da ridire al
riguardo. Perciò ritrovò il buonumore.
***
Dopo la breve quiete, Camelot
si era improvvisamente ritrasformata in un formicaio calpestato, con gente
nuovamente indaffarata, ma per motivi diversi.
All’arrivo dei contendenti, aveva fatto seguito un
nutrito stuolo di servitori, di mercanti, di maniscalchi e armaiuoli,
di nobili famiglie, di avventurieri e curiosi richiamati dall’evento.
Nella piana antistante le mura, erano state piantate le
tende che svettavano, con i loro stendardi colorati, come vivaci fiori spuntati
all’improvviso su quel prato malandato.
Lo Scrivano di Corte, Geoffrey di Monmouth,
aveva personalmente verificato l’attendibilità degli stemmi e dei
certificati presentati al momento della registrazione dei
partecipanti, memore anch’egli – come Merlin – della gabbatura architettata tempo addietro da quel sedicente Sir Lancelot,
spacciatosi per il quintogenito figlio di Lord Eldred
di Northumbria.
Il discorso d’accoglienza di re Uther,
la sera prima del grande inizio, aveva grondato solennità e sfarzo.
Dopo tante pompose parole, egli aveva sondato con studiata
lentezza il volto di tutti i cavalieri, rammentando pubblicamente loro che il trionfatore,
al termine delle tre giornate di combattimenti, avrebbe ottenuto in premio ben mille
monete d’oro, ma ancor più l’onore di una grande vittoria.
A quell’affermazione, Merlin aveva visto il principe
irrigidirsi di riflesso, impettito, accanto agli altri pretendenti.
Forse il mago era l’unico a comprendere quanto peso
gravasse sull’erede al trono, quanto fosse alta l’aspettativa paterna nei suoi confronti.
E se anche l’avesse ignorato sino a quel momento, ne
ebbe l’ennesima conferma mentre – ad uno
ad uno – i nobili concorrenti sfilarono davanti al sovrano di Camelot per rendergli omaggio e ricevere da egli l’accoglienza
prestabilita dal Cerimoniale e una buona parola per ciascuno.
Arrivati al suo turno, Uther non
si fece sfuggire l’occasione di rimarcare al
figlio cosa si attendesse da lui.
“Padre.” Lo salutò Arthur, con deferenza,
facendogli un breve inchino quando gli fu di fronte.
“Mi auguro che tu non voglia deludermi.” Aveva
risposto il re, incrociando il suo sguardo, con un’ingiunzione implicita che
non ammetteva repliche.
“Naturalmente, Mio Signore.” Aveva confermato il
principe, imponendosi contegno.
Il confronto con la sorellastra non fu migliore, ma almeno
gli diede la possibilità di sfogare la sua acrimonia con una battuta astiosa
gocciolante melassa, mormorata a mezza voce, a cui
ella ebbe il dovere di rispondere con un finto sorriso, a beneficio di chi li
stava osservando.
“Milady, spasimo il privilegio di
scortavi al Gran Ballo!” ironizzò l’erede al trono,
con un baciamano di circostanza, prima di congedarsi da lei.
“Anch’io non vedo l’ora e sono in
trepidante attesa!” replicò la dama, con uguale livore e dopo una
piccola smorfia.
Merlin, da lontano, pregò che Morgana non nascondesse
un pugnale nel corsetto o avrebbe sparso sangue dei Pendragon sul pavimento.
“A meno che qualcun altro non
sia più meritevole di voi…” concluse la protetta del re come
rivincita, e Arthur dovette incassare il colpo, poiché la sorellastra, licenziandolo, stava già dedicando la propria
attenzione al candidato successivo.
D’altra parte, quella loro schermaglia era cosa
già vista e già vissuta.
Malgrado si odiassero cordialmente, poiché negli
ultimi anni era sempre stato il principe di Camelot a vincere il Torneo, l’onore di
scortare Lady Morgana ai festeggiamenti conclusivi era sempre toccato a lui,
con grande invidia degli altri cavalieri presenti.
***
Il resto della serata scorse senza intoppi. Ai nobili fu
offerta una cena sobria e dell’amabile intrattenimento musicale.
In molti si ritirarono presto, con la scusa che
l’indomani avrebbero dovuto essere in forze.
Anche Arthur si dispose anzitempo per la notte, pretendendo
di farsi ripetere da Linette tutto quello che lei
aveva predisposto per il giorno seguente, per scongiurare
possibili dimenticanze.
Dopo averlo fatto, Merlin gli servì il consueto
calice di vino speziato che il principe beveva prima di coricarsi, ed egli lo
trovò stranamente più dolce del solito.
“Vi starete sbagliando…” aveva tagliato
corto, preparando le lenzuola piegate a dovere, e il nobile non aveva obiettato
oltre.
In realtà, l’Asino ci aveva visto giusto;
poiché, vedendolo così nervoso, lo
stregone si era fatto dare da Gaius un calmante che
permettesse al suo signore di riposare bene per essere in forma al suo
risveglio.
Ma non gliel’avrebbe mai
detto, giacché Arthur non avrebbe mai ammesso una simile debolezza.
***
Il mattino successivo, di buonora, lo scudiero aveva allestito
l’occorrente da portar via dalle stanze dell’erede al trono e poi,
una volta che tutti si erano recati nell’Arena degli scontri, i sorteggi
sull’ordine dei partecipanti alle gare fu
stabilito.
Il Fato aveva decretato che Arthur avrebbe combattuto solo in
tarda mattinata, perciò avrebbe atteso il suo turno raccogliendo la
concentrazione, rinchiuso dentro al proprio padiglione.
Ad onor del vero, Merlin era
convinto che, vedere gli altri combattere prima di lui, avrebbe acuito l’ansia
da prestazione dell’Asino; ma l’Aristocratico Babbeo si sarebbe
fatto impiccare piuttosto che ammetterlo ad anima viva e lo scudiero era troppo
indaffarato per offrirgli conforto, tanto più che, a differenza
dell’altro, egli aveva avuto modo di vedere alcuni momenti di scontro, e
taluni cavalieri erano davvero paurosamente
abili e spaventosamente disposti
a tutto pur di eccellere.
Dopo aver intravisto Gaius curare
tre uomini malconci – di cui uno ridotto quasi
in fin di vita –, lo stregone pregò solo che non vi fossero sicari
infiltrati tra i partecipanti, perché portare a casa la pellaccia
sembrava un compito arduo di per sé.
Fu un giovane valletto a distoglierlo dai propri lugubri
pensieri, il principe richiedeva la sua presenza e Merlin aveva dato avvio a
tutta la procedura di vestizione del suo signore.
“Non proverai ad infilarmi
uno schiniere sul gomito, vero?” aveva scherzato il nobile, vedendo la
sua serva così concentrata e silenziosa durante tutto il rituale.
Merlin aveva sollevato lo sguardo, facendo scattare un gancio.
“Mi raccomando, siate prudente!”
“Chi è prudente, non vince niente!” rise
spaccone.
“E un principe morto non finisce sul trono.” Lo
rimbeccò, caustico.
“Linette, non fare la menagrama!” la sgridò, fingendosi offeso.
“Mi attirerai la malasorte!”
“Oh, per quella bastano tutti i guai di cui è
vittima Camelot, non servo
mica io…” scherzò, sistemandogli l’ultima cinghia
dell’armatura. “Ecco. Siete pronto.”
Arthur la fissò per un lungo istante silenzioso.
“Allora… vado.”
“Sì, andate.” Ripeté Merlin, con
meno convinzione. “E cercate di non mori-”
“LIN!!” ululò il
nobile, interrompendola.
“D’accordo, d’accordo…
ho capito.” Si arrese, sollevando i palmi al cielo. “Come siete
superstizioso…”
“Non sono superstizioso!” guaì
l’altro, arroccandosi. “Nessun cavaliere d’onore lo
è!” dichiarò e, afferrato l’elmo, spalancò i
tendaggi con veemenza e con passo solenne oltrepassò la soglia.
Quello che il mago non si aspettava, era di vederselo
tornare indietro dopo mezzo secondo, furtivamente, con sguardo ansioso.
“E adesso qual è il problema?”
“Io non ho problemi!” s’inalberò il
principe, rigirandosi nervosamente il copricapo fra le dita.
“E perché siete rientrato?”
“E’ perché… ehm…”
Arthur si schiarì la voce. “Vi è una congiura ordita a mio
danno…”
“Una… una
congiura?!” La serva spalancò gli
occhi sconvolta, mentre il suo signore annuiva gravemente. “Ma chi? Cosa…?!”
“Ecco, guarda.”
Le mise un braccio intorno alle spalle esili e,
scostando di lato la tenda, le indicò con l’altra mano i
partecipanti che stavano finendo il primo turno. “Li vedi,quelli?”
“I cavalieri?”
“No, Lin.” Arthur sbuffò, esasperato dalla sua tontaggine. “I tessuti legati alla loro armatura!”
“I tessu-” balbettò lo scudiero, frastornato. “Oh!
E nessuna nobildonna vi ha ceduto il suo velo?” l’interrogò,
stupito.
“NO! E ce
l’hanno quasi tutti!” rincarò l’Asino, offeso.
“Ecco… quasi!”
rimbeccò Merlin. “Ma a voi non serve!”
“Ovviamente
non mi serve!” fu la precisazione seccata di Arthur. “Non mi interessano queste stupidaggini! Io sono il principe
ereditario e vincerò grazie al mio valore!”
“Orbene, andate, quindi!”
“Sì, ma… ma non voglio che si pensi che non l’ho ricevuto! Io ho uno stuolo di ammiratrici! E una fama da mantenere!”
“Certo, Sire, certo…” lo rabbonì lo
stregone. “Probabilmente tutte le dame di Camelot desideravano farvene dono, ma pensavano che
qualcun’altra ve lo avrebbe dato, e si sono tirate indietro vicendevolmente
per non crearvi imbarazzo…”
Il principe spalancò la bocca, e a Merlin venne quasi
da ridergli in faccia.
“O forse credevano che questo privilegio spettasse a colei che ne ha più diritto! Alla castellana!
Perché mai Lady
Morgana non-”
“Quella strega!”
lo interruppe Sua Maestà, inveendo. Il mago sussultò in risposta, per il fervore insito in quel dispregiativo, ma
l’altro non se ne avvide. “Quella serpe in seno ai Pendragon ha donato il suo fazzoletto a Leon!”
sputò, con acrimonia. “Solo per farmi un
dispetto, uno spregio! A me!” calcò, battendosi il petto.
“E io cosa dovrei-”
“Trovane uno, non mi importa
come! Non voglio sfigurare!” ingiunse affannato, mentre
la campana nell’Arena lo avvisava dell’imminenza del suo turno.
“Vado… vado a cercare Gwen!” propose allora il servo, cercando di calmare
il suo padrone.
Ma ottenne l’effetto opposto.
“Gwen? Che c’entra Gwen?! Non ho mica pensato a
lei… avrà indossato quell’orrido vestito giallo che tu le
hai regalato!”
“Che voi le
avete regalato...” lo corresse, per puntiglio.
“Linette!”
ruggì il Babbeo, facendosi sbiancare le nocche.
“D’accordo, d’accordo.”
Comprese alfine il mago. Quell’idiota reale non avrebbe mai piegato il
proprio orgoglio; ma aveva un torneo da vincere, perciò sapeva che
avrebbe dovuto fare lui il primo passo. “Vi penserò.” Gli
disse, in tono accorato, mentre si scioglieva la bandana che portava al collo e
con un gesto veloce la allacciava al bicipite del principe.
“Ma è il fazzoletto di
Merlin!” obiettò questi, infatti.
“Ecco, appunto. Vi porterà doppiamente fortuna,
saremo in due a tifare per voi.”
“Ma penseranno che io gareggi
per Merlin!”
“Macché, nessuno lo riconoscerà…”
lo rabbonì, dandogli una pacca sulla spalla e spingendolo con forza
verso l’uscita, anche se la mole del nobile non si spostò di nemmeno
un pollice.
Tuttavia questo bastò a scuotere il giovane Pendragon
dalla propria indecisione – questo,
e un secondo rintocco della campana che segnava l’esordio incombente: se
non si fosse presentato entro pochi minuti in campo, sarebbe stato considerato
rinunciatario della sfida e mortalmente
umiliato.
Arthur mugugnò qualcosa di incomprensibile
– di vagamente recalcitrante, grato e imbarazzato –, poi finalmente
se ne uscì dal tendone per lo scontro che si preannunciava il più
interessante della giornata.
Merlin attese qualche istante e poi lo seguì, non se lo sarebbe perso per niente al mondo.
Continua...
Disclaimer:I
personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi,
non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.
Ringraziamenti:
Un abbraccio a Tao, che sopporta i miei
scleri. X3
Note: Nel cap. 29, Sir Cornelius aveva molestato Linette durante la cena in onore di Sir Beltrame,
perciò ora Merlin non garantisce per la sua incolumità a tavola.
XD
In questo capitolo si citano gli episodi:
- 1x02 “Valiant”, con lo scudo da cui uscivano serpenti magici.
- 1x05 “Lancillotto”, col tentativo di ordinazione
al cavalierato di Lancelot, miseramente fallito.
- 2x08 “I peccati del padre”, quando Morgause entra subito dopo la cerimonia di cavalierato.
- 1x09 “Excalibur”, quando lo spettro dello zio
di Arthur irrompe durante i festeggiamenti per la formale designazione di
principe ereditario.
Riguardo alla “fase torneo”, ho studiato
fedelmente certi passaggi del telefilm, per ricreare l’atmosfera IC; ma
non volevo limitarmi a raccontare le cose viste, perciò ho volutamente
invertito e rielaborato alcuni eventi, come la cena d’accoglienza, il
discorso del re… per esempio, nel telefilm il discorso è fatto
direttamente nell’Arena, e la cena con sfilata dei pretendenti è
alla sera del primo giorno di torneo.
Il Torneo (classico) è diverso dal Leggendario Torneo
di Camelot, citato nella
puntata 3x11 del telefilm (che ora non è più spoiler).
Il primo si svolge annualmente, il
secondo con cadenza decennale.
Nel primo, solo i nobili vi possono prendere parte, in base
al Codice di Cavalleria in vigore a Camelot;
nel secondo caso, tutti vi possono prendere parte, con qualsiasi arma e non vi
sono regole: tutto è permesso. (Info prese dal telefilm stesso).
L’idea per questo capitolo nasce dal fatto che,
durante i Tornei, era consuetudine per le dame scegliere un
Campione a cui donare il proprio fazzoletto, velo, guanto o sciarpa.
Il cavaliere avrebbe annodato il dono alla sommità
dell’elmo o sul braccio, ben visibile, di modo che fosse chiaro a tutti per
quale nobildonna egli si offriva di torneare.
Più di un anno fa, ho abbozzato questo capitolo, convinta che sarebbe stato carino mettere in
difficoltà Arthur, rimasto a corto di dame disponibili a offrirgli veli.
Poi a settembre, quando sono usciti gli ultimi spoiler della
terza stagione, mi è venuto un mezzo coccolone, vedendo un paio di immagini che ora vi mostrerò.
Sapendo che il telefilm stava ripiegando in un infimo risvoltoarwen, ho seriamente
temuto che la cosa al braccio di Arthur fosse un dono di GwenÇ_ò; che oltretutto era dello stesso
colore della bandana di Merlin che avevo immaginato io! >___<
Ringraziando gli Dei dell’Antica Religione, non
è stato così. Quella stoffa azzurra è stata tagliata in
post-produzione e io mi cullerò
nell’illusione che Arthur abbia comunque gareggiato per il suo fedele servo
idiota… ^_______^
Disclaimer: le immagini non mi appartengono e non ne ricavo
guadagno.
Precisazioni al
capitolo precedente e domande varie: (a random)
- Come ho già detto in privato, so che sentite la
mancanza di Merlin maschio, anche ad Arthur manca, solo che non vuole
ammetterlo e la trama deve proseguire. X°DSpero sinceramente che non vi stancherete dell’attesa…
- La spiegazione che Arthur ha sciorinato a beneficio di
tutti non è assolutamente perfetta, lo so, ma è una cosa voluta.
Nel senso che ho fuso in essa due mie convinzioni: ho
immaginato che fosse IC un Arthur che fa capire
“Io ho detto così, e così è stato, fattelo bastare
anche se non ci credi!” imponendo un po’ il suo ruolo e le sue
prerogative.
E mi piaceva pensare che i suoi cavalieri, per
fedeltà riflessa, abbiano scelto di credergli, senza indagare oltre e
che poi gli abbiano fatto scudo attorno, avvalorando ciò che ha detto,
con la servitù.
- Non credo che si dicesse ‘box’ nel linguaggio
di quel tempo; comunque non è Arthur a dirlo, ma il narratore esterno,
perciò non è un’incongruenza di stile e
‘recinti’ non rendeva altrettanto bene il
concetto e il luogo.
- A me piace da matti Sir Leon *___* (non
l’attore, ma il suo ruolo di fedele e coraggioso cavaliere, così
ben reso. *_*)
- Ho scelto Antrax: perché
‘Antrace’ deriva dal greco e vuol dire ‘nero’, come il
mantello del cavallo di Arthur, così come me lo sono immaginata io.
Per amor di pignoleria però, devo precisare che
andrebbe scritto con la H
(Anthrax), ma per mio vezzo lo preferivo così,
essendo un nome proprio, ho scelto di scriverlo come più mi piaceva. ^^
- Sì, Gaius è decisamente un mito! Lui, e il suo sopracciglione!
XD
- Ho preso un paio di nomi da Harry Potter, come tributo. Ma la citazione migliore arriverà più avanti
nella raccolta! *_*
- Sì, credo che il cavallo assomigli
al padrone, almeno sui difetti! XD
- Sono contenta che il finale del capitolo non fosse
prevedibile! Speravo che la sorpresa di Arthur, davanti a quella strana scena,
fosse anche la vostra. ^^
- Come è stato ipotizzato,
forse Merlin/Linette non russa davvero, e Arthur si
è solo divertito a prenderla bonariamente in giro. ^^ Trovo sia una cosa
che esprime senso di familiarità, perché
sul russare siamo tutti permalosi ed è una cosa un po’ personale,
visto che succede quando dormiamo e siamo più vulnerabili.
L’anticipazione
del prossimo capitolo:
“Potresti smetterla
di-” il principe mascherò l’ordine infastidito con una
malconcia richiesta, ma ancora una volta fu interrotto dalla fanciulla.
“Abbiate ancora un attimo di pazienza…” si
sentì dire, mentre riconosceva il gorgogliare dell’acqua che
fuoriusciva da una brocca.
Un istante dopo, lo accolse un
improvviso silenzio. Egli sospirò mentalmente, grato per
quell’agognata quiete.
Ma ancor più lo sorprese il
panno umido e fresco, con cui si sentì accarezzare la fronte da mani
estranee.
Arthur sbarrò gli occhi, scrutandola da sotto in su, incrociando lo sguardo della sua serva.
“Pensavo avreste gradito…” motivò ella, riprendendo a detergere sudore e polvere, ed egli si
arrese al suo tocco gentile, benché non fosse abituato a tutta quella
confidenza.
Bene, questo capitolo è lungo come lo scorso 35, ho notato che avevate apprezzato la prolissità
del precedente e allora... ^__=
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(Chiunque voglia
aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove
meglio crede) Come sempre, sono graditi commenti,
consigli e critiche.
Riassunto: Merlin è abituato a salvare la vita all’Asino
Reale senza che questi se ne accorga, ma stavolta non tutto va per il verso
giusto
Riassunto: Merlin
è abituato a salvare la vita all’Asino Reale senza che questi se
ne accorga, ma stavolta non tutto va per il verso giusto. Colpito
dall’incantesimo del malvagio Ardof, il nostro
mago farà i conti con una sconvolgente novità: egli si risveglia
trasformato in una donna.
Solo Gaius conosce il suo segreto e, finché
non troverà il modo di tornare normale, dovrà inventarsi delle
scuse plausibili e prendere il posto di se stesso al
servizio del principe. Come riuscirà a conciliare questa ‘nuova situazione’?
Come si evolverà il suo rapporto con Arthur?
Vorrei dedicare il capitolo a
quelle persone che hanno recensito il precedente (e un abbraccio ai nuovi
recensori che hanno accolto il mio invito!):
Stella_Oscura (Benvenuta!, grazie per l’entusiasmo!^^), chibimayu,
LyndaWeasley, Miki87, ginnyred,
Little Fanny, hnako (Benvenuta! ^^), _ichigo85_, saisai_girl, elfinemrys, wazzup (Benvenuta!, grazie per i tanti complimenti!^^), miticabenny,
Anja11xD, GiuLy93, Archangel 06, _Saruwatari_,
Orchidea Rosa, Aleinad, Emrys___, etherealnymph, (Benvenuta!, grazie per i complimenti!^^), YukiEiriSensei,
mindyxx, Tao, kagchan, mafipsy (Benvenuta!, spero che l’attesa non sia stata
troppa! ^^), anita92 (Grazie dei complimenti!, porta
ancora un po’ di pazienza…^^), masrmg _5
(Benvenuta!, e grazie per la fiducia!^^), e yamikamen
(Benvenuta!, grazie per i tanti complimenti!^^).
E a quanti commenteranno (SE vi
va di recensire anche dei capitoli più indietro di questo, il vostro
parere non andrà perduto!).
Ai vecchi e ai nuovi lettori.
Grazie.
TheHe in theShe
(l’Essenza dentro l’Apparenza)
Capitolo XXXVII
Fu solo al calar del sole che le gare di quel primo giorno ebbero fine.
Gli scudi di coloro che avevano
perduto erano caduti, mentre quelli che rimanevano in gara vedevano affissi i
propri emblemi sul grande pannello della selezione.
Arthur fu uno degli ultimi partecipanti a fare ritorno nella
tenda assegnatagli, poiché aveva combattuto per ultimo e, avendo egli
vinto, aveva meritatamente raccolto gli applausi della folla.
Quando varcò la soglia di stoffa, il principe smise
l’aria spavalda ed esalò un sospiro di stanco sollievo.
Merlin gli offrì prontamente un calice da bere,
mentre riceveva in cambio l’elmo impolverato.
Il giovane Pendragon non attese neppure il suo aiuto: mentre
si dirigeva verso uno scranno foderato di pelliccia, incominciò a
togliersi da sé l’armatura, che era divenuta per lui
un’insopportabile costrizione.
“Lasciate che vi assista!” aveva suggerito il
mago, affaccendandosi sulle cinghie di cuoio tese ai lati del busto; e il
nobile, snervato dal combattere con esse, lo lasciò fare, fino a che non
fu liberato anche della cotta di maglia e del gambesone
imbottito. Allora si abbandonò sul sedile, gemendo per le giunture doloranti
e, reclinato all’indietro il capo, chiuse gli occhi per riposarsi un momento.
“Avete gareggiato con onore!” si sentì
dire da Linette, mentre la udiva trafficare dentro al
padiglione in un’accozzaglia di rumori sgradevoli, con i pezzi
della sua corazza e qualcos’altro di non ben identificato. Le rispose con
un suono gutturale, più per dovere che per reale necessità.
“E, poiché siete tornato
tutto intero, il fazzoletto vi ha portato fortuna!” la sentì
ghignare, con una vocina alquanto petulante.
“Ho vinto”
ringhiò egli, come replica “perché sono il miglio-!”
“Oh!, lo so, lo
so…” lo interruppe la valletta, tacitandolo. “Volevo solo
verificare quant’eravate spossato…”
Arthur grugnì un verso inarticolato che faceva le
veci di una rispostaccia.
“Al vostro rientro, mi sembravate alquanto
malconcio!” lo canzonò l’ancella, senza cessare il
trambusto.
“Potresti smetterla
di-” il principe mascherò l’ordine infastidito con una
malconcia richiesta, ma ancora una volta fu bloccato dalla fanciulla.
“Abbiate ancora un attimo di pazienza…” si
sentì dire, mentre riconosceva il gorgogliare dell’acqua che
fuoriusciva da una brocca.
Un istante dopo, lo accolse un
improvviso silenzio. Egli sospirò mentalmente, grato per
quell’agognata quiete.
Ma ancor più lo sorprese il
panno umido e fresco, con cui si sentì accarezzare la fronte da mani
estranee.
Arthur sbarrò gli occhi, scrutandola da sotto in su, incrociando lo sguardo della sua serva.
“Pensavo avreste gradito…” motivò ella, riprendendo a detergere sudore e polvere, ed egli si
arrese al suo tocco gentile, benché non fosse abituato a tutta quella
confidenza.
Dopo gli allenamenti, per quanto stremato egli fosse, Lin si
limitava a porgergli un telo su cui avrebbe tirato via stanchezza e sporco da
sé, in attesa di godere un meritato bagno ristoratore.
Anche con suo cugino, prima di lei, generalmente succedeva
così.
Sebbene, ad onor del vero, a volte
Merlin lo avesse ripulito di sua spontanea iniziativa ed egli lo avesse
lasciato fare… fino a quando, un pomeriggio in cui aveva combattuto forse
più duramente del solito e si sentiva davvero a pezzi, aveva finito con
l’abbandonarsi alle cure del suo scudiero e quello screanzato lo aveva
beffeggiato, blaterando qualcosa di irriverente sui gatti reali che facevano le
fusa.
Arthur se l’era presa a tal punto che non gli aveva
più permesso di toccarlo a quel modo, con una libertà che,
oltretutto, non gli era stata formalmente concessa.
Adesso, però – lo doveva ammettere almeno con
se stesso – quell’Idiota gli mancava. Sì, rimpiangeva Merlin
e i suoi massaggi benefici… forse erano l’unica cosa che
quell’Ebete sapeva fare come Dio comandava… soprattutto quelli che metteva in atto nella tinozza… una volta si era
perfino quasi addormentato, tanto si era rilassato sotto al suo tocco esperto.
Ma ora quell’Inetto dalla
lingua lunga non c’era, e lui si sarebbe accontentato delle premure di
sua cugina. La stoffa inumidita contro la sua pelle accaldata si stava
rivelando, per esempio, un ottimo rimedio.
E forse lei sapeva leggere nel pensiero, perché si
mise a massaggiargli le spalle indolenzite senza che egli proferisse verbo,
nell’istante esatto in cui lui aveva smesso di rimuginare.
Dopo un attimo di lecita sorpresa, il principe si era goduto
quel trattamento, accasciandosi fiducioso contro lo schienale.
Fu solamente qualche minuto più tardi, riemergendo dal
pacifico limbo mentale in cui era caduto, che Arthur realizzò una nuova
stranezza.
Lin si muoveva
esattamente come Merlin.
Era quasi assurdo che le movenze di lei
fossero identiche a quelle di suo cugino, persino nel frizionargli la schiena
per sbrogliare la tensione.
Ella esercitava la stessa pressione
nei medesimi punti, sapeva dove
sciogliere i nodi della sua stanchezza. Seguiva persino la stessa mappa
immaginaria, una specie di percorso prestabilito, spostando le dita sopra la
sua casacca leggera.
Forse anche gli altri
valletti sapevano farlo? Che tutti i servi operassero in questo modo?,si chiese.Magari
era così, solo che non lo sapeva perché nessun servitore, prima
di Merlin, era durato al suo servizio abbastanza a lungo per
scoprirlo…
Poi però considerò pure che forse, i due
parenti, essendo entrambi aiutanti del medico di corte, erano stati istruiti da
Gaius al riguardo, e la cosa gli sembrò la
risposta più sensata. Sì, il
guaritore li aveva addestrati a dovere, senza dubbio. Altrimenti la cosa non si
spiegava.
***
Se Linette avesse partecipato
regolarmente alle Riunioni di Cucito, avrebbe saputo per tempo che Lady
Morgana, per sopperire alla noia, aveva invitato le sue dame a non dare il
proprio velo al principe – ufficialmente, perché esse non si
sentissero in dovere di farlo;
ufficiosamente, per fargli un dispetto. Dispetto che,
in fondo in fondo, il nobile era andato a cercarsi da solo (stando alle parole
riferite da Gwen, da cui Merlin aveva desunto la dinamica
dei fatti), poiché l’Asino si era prematuramente vantato con la
sorellastra sul numero oscenamente alto di doni che avrebbe
ricevuto dalle nobildonne di palazzo, a tal punto che egli avrebbe solo avuto –
a suo dire – l’imbarazzo della scelta.
E alla fine… in
imbarazzo si era trovato, sì; ma per penuria di materia prima!
Quando la cara Guinevere aveva
raccontato a Lin questa faccenda, parecchie settimane dopo, il mago avrebbe
torto volentieri il collo del suo Galletto Reale, peccato fosse ormai troppo
tardi e che lui avesse già dovuto superare le complicazioni connesse a
quella faccenda.
Ad ogni modo, quella prima sera, quando il Nobile Babbeo si
era rinfrancato a sufficienza da tornare fastidiosamente in sé, egli si
era lamentato a lungo con la propria valletta, adducendole la convinzione che Gaius aveva visto il fazzoletto di Merlin al suo braccio e,
secondo lui, l’aveva riconosciuto.
“E quando sarebbe accaduto?” aveva chiesto distrattamente
lo scudiero, preparandogli il necessario per il cambio d’abiti.
“Nell’Arena, mentre gli passavo
accanto…” aveva bofonchiato il principe, uscendo dalla tinozza.
“Io credo che non sia un problema concreto.” Fu
la considerazione del servo, a puro beneficio del suo interlocutore. “Con
tutti quei feriti, Gaius aveva altro a cui pensare…”
“Comunque, se te lo chiede, digli che non è
vero!” aveva insistito la Regal
Testa di Legno, preparandosi per la cena. “Mi hai
capito?!Diglielo!”
“Ma Sire… Non serve!”
aveva ripetuto lo stregone, all’infinito. “Vi ha forse domandato
qualcosa?”
“No, però mi ha lanciato un
certo sguardo…” aveva piagnucolato Arthur, con la stessa
espressione preoccupata di un monello pescato con le mani nella marmellata.
“Il mio maestro non è avvezzo a notare queste
cose, state tranquillo!” lo aveva rabbonito la
valletta, allacciandogli il mantello, e l’Asino, seppur riluttante, si
era lasciato convincere da lei.
“Se tuttavia-” aveva comunque ritentato, prima
di uscire dai propri appartamenti.
“Rimarrà un segreto tra noi,
Maestà! Negherò sino alla morte!”
dichiarò solennemente. “Ma ora,
non vorrete irritare vostro padre arrivando in ritardo, vero?”
insinuò, spalancando il portone.
Alle parole ‘padre’ e ‘ritardo’, il
principe s’era volatilizzato nel corridoio,
dimentico di lei – che doveva accompagnarlo per servire i commensali a
tavola – e di quella sciocca quisquilia.
Merlin sorrise tra sé per il risultato ottenuto e si
apprestò a seguirlo.
***
Quella sera, come sempre scortata da una delle guardie di
palazzo, Linettefece
ritorno a casa e trovò il vecchio mentore chino su un libro,
benché l’ora fosse tarda.
“I numerosi feriti vi hanno tenuto impegnato
finora?” gli aveva chiesto, dopo averlo salutato, entrando. “Mi
rammarico di non avervi potuto assistere!” s’era
scusata. “Ma Arthur assorbe tutto il mio tempo e le mie energie!”
L’anziano cerusico, a quelle parole, s’era levato gli occhiali con un gesto lento e fiacco
e aveva chiuso il tomo che stava leggendo.
“E da quando il principe ereditario combatte un Torneo
per l’onore della sua serva?” aveva domandato, con fare casuale.
Al che, il mago aveva sussultato, stupito da quella frase.
“E’ una storia lunga e insulsa; credetemi, non
vale la pena che ve la racconti…” aveva asserito, avviandosi in
direzione della sua cameretta. “Buonanotte…”
“Merlin?” l’aveva richiamato il mentore,
per nulla soddisfatto di quella risposta. “Credo di avere tutto il tempo
del mondo per le tue storie lunghe e
insulse…”
Lo stregone si era allora voltato verso di lui, sopprimendo
un moto di stizza dettato dalla stanchezza della lunga giornata.
“Cosa volete che vi
dica?!” aveva sbottato. “Quella Testa di Legno
non voleva gareggiare senza un pegno e nessuna dama si è premurata di
farglielo recapitare per tempo. Soprattutto Morgana!,
si è ben guardata dal farlo!” aveva precisato. “Perciò
ho risolto il problema con la prima cosa atta allo scopo, e avevo a
disposizione solo il mio fazzoletto! Perciò Arthur
è stato obbligato a farselo bastare!” concluse, credendo di aver
posto fine alla questione, ma il vecchio medico sospirò, nello stesso
modo in cui, di solito, significava il preambolo per una spiacevole discussione
o, più spesso, per un increscioso predicozzo.
“Vedi, Merlin… credo
che tu e il principe non vi siate resi conto della gravità del fatto.”
Il mago, allora, sbarrò gli occhi, meravigliato.
“Francamente, Gaius, credo
siate voi quello che sta vedendo un problema dove non c’è…”
“Tu forse non lo sai, ma un cavaliere non decide mai a
cuor leggero per chi dover torneare… è una questione
d’onore, comprendi?”
“Al contrario!, in questo
caso, vi giuro che gli eventi hanno spinto Arthur a rimediare su due piedi quel
dannato pezzo di stoffa e lui non ha riflettuto per niente; a dirla tutta, non
era neppure completamente in sé! Ve lo assicuro, sembrava isterico! Se
gli avessi offerto il vostro fazzoletto, avrebbe accettato persino quello!”
Eppure le sue parole non lo convinsero del tutto, anche se
il paragone gli procurò un sorriso sghembo.
“Ad ogni buon conto, Sua
Maestà era ben consapevole di gareggiare con il mio fazzoletto, vale a dire quello di Merlin, e non con uno appartenente a sua cugina, perciò – ve lo posso garantire – non
vi è alcuna motivazione celata dietro a questa scelta…”
“Finché Arthur non accompagnerà Lady Morgana
al Ballo Finale, non avrò pace.” Si risolvette il medico,
stropicciandosi il viso stanco.
“Ma nessun altro lo
riconoscerà! Non ci sono monogrammi ricamati
sulla stoffa, e…” la voce gli si spense, perché capiva da
solo che era inutile insistere.
“E’ bene che tu vada a letto, figliolo.”
Lo congedò.
“Buonanotte, Gaius.”
Replicò il giovane, a malincuore, rammaricato per lo scambio fra loro,
ma felice di aver cessato la discussione.
Forse, dopotutto, Arthur
non aveva tutti i torti, quando aveva insistito affinché Linette negasse ogni coinvolgimento con chicchessia,
persino col suo mentore.
Quello che più lo deludeva era il comportamento del
vecchio, come se quasi non avesse avuto fiducia in lui… e pensare che aveva immaginato di raccontargli tutto e di farsi grasse
risate insieme, alle spalle del principe con manie di grandezza! E invece…
Non era la prima volta che il mago si scontrava col suo
maestro; ma mai, mai così tanto si era sentito
incompreso da lui.
Gli rimase un sapore amaro in bocca, mentre scioglieva la
treccia e indossava la camicia da notte.
A lungo, si era in seguito rigirato fra le coltri,
ripensando allo scambio di poco prima.
Forse Gaius era non impazzito, ma di sicuro esagerava. Magari
aveva vissuto troppi anni al castello e la vicinanza di Uther
gli aveva rovinato le facoltà mentali e certi comportamenti antiquati
rimanevano per lui importanti e sacri…
Prima di addormentarsi,
un’idea improvvisa colse lo stregone. Con essa, avrebbe risolto quell’ingrato
problema e fu così che si addormentò, con l’animo più
leggero.
***
Quando, all’alba, Merlin si era recato a portare la
colazione al suo signore, la faccia scura dell’Asino non prometteva nulla
di buono.
Durante la notte, qualcuno aveva compiuto un gesto
deplorevole: la zona degli scontri era divenuta impraticabile, a causa di
avvallamenti e dune causati dallo spostamento del terreno.
Il re aveva incaricato il figlio di sovrintendere i celeri lavori
di sistemazione, prima che voci disdicevoli si diffondessero a Camelot e il malcontento dei
partecipanti dilagasse oltre le mura.
Così egli e la sua valletta si erano diretti
all’Arena, seguiti da alcuni servitori armati di attrezzi.
Nella lizza, il suolo fu abbondantemente ricosparso
di sabbia, affinché il terreno non fosse scivoloso per i cavalieri, e
poi vennero spianate le buche e i dossi, mentre i
palchi destinati al pubblico e le tribune furono controllati con scrupolo, ma
non avevano subìto danni.
Fu da lì sopra, che Merlin notò una cosa
strana, osservando lo spiazzo: quello spregio non era stata
una cosa casuale, sembrava quasi che sul campo fosse stato rappresentato uno
strano simbolo. Un simbolo magico?, si chiese lo
stregone, tenendo tuttavia quelle considerazioni per sé.
A lavori ultimati, in lontananza si cominciarono ad udire i primi contendenti che si stavano recando sul
luogo dei combattimenti per allenarsi, e lui e Arthur corsero al castello per
un ragguaglio al re e per procedere alla vestizione dell’armatura,
un’operazione lunga e complessa.
Fintanto che il principe conferiva col padre, il mago
cercò di concentrarsi per essere efficiente e veloce
nell’allestire l’attrezzatura necessaria, ma un lugubre presagio
non voleva abbandonare la sua mente…
Continua...
Disclaimer:I
personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi,
non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.
Ringraziamenti:
Un abbraccio a Tao, che sopporta i
miei scleri. X3
Note: Il ‘grande pannello della selezione’ è
l’antenato dell’odierno ‘tabellone dei punti’. XD
Il gambesone, anche noto come gambeson, aketon o zuparello, è una giacca
imbottita indossata solitamente sotto la cotta di maglia o l’armatura.
Nell’esercito dei Pendragon è di color rosso e si vede spesso nel
telefilm.
Secondo l’Araldica (la scienza del blasone,
cioè lo studio degli stemmi) lo stemma è un’insegna
simbolica che serviva ad un riconoscimento immediato per
l’identificazione di una persona, di una famiglia, o di architetture ad
essi legata.
Il monogramma è invece un simbolo grafico unitario
ottenuto sovrapponendo o combinando in altro modo due o più lettere o
altri grafemi.
I monogrammi più comuni sono le iniziali intrecciate di
un nome, che andavano a impreziosire in passato fazzoletti ricamati, lenzuola,
camicie, bauli incisi…
Spero che i tentativi di Arthur di motivare le strane
uguaglianze tra Linette e Merlin vi divertano, io mi immagino le sue congetture e ci godo. XD
La discussione con Gaius amareggia
particolarmente Merlin, perché nel punto della storia
dove si innesta la mia fic, lui e il suo
maestro non hanno mai avuto grandi diverbi. Ad esempio quello su Freya è avvenuto più avanti, nella seconda
serie, e io non ne terrò conto.
Che ne pensate del comportamento di Morgana? E che idea vi
siete fatti su quei strani simboli?
Precisazioni al
capitolo precedente e domande varie: (a random)
- Sono davvero contenta che l’idea della bandana vi
sia piaciuta tanto! Come vedete, non è affatto
stata accantonata!
- Sì, Arthur raccoglie tasselli compromettenti sui
lapsus di Merlin e prima o poi ne uscirà un puzzle
in risposta. XD (Ma anche l’idea della raccolta-punti è
carinissima!)
- Uther è Uther, sappiamo quant’è odioso e quali siano
le sue aspettative sul figlio… per questo ogni
tanto il principino boriosetto
sclera! X°D
- No, no, Morgana non è innamorata di Sir Leon.
- Anche a me Arthur fa tenerezza quando ringrazia Linette alla fine, si vede che si vergogna ma è
anche sollevato. E intanto Merlin gli fa da angelo custode…
- Sono contenta che apprezziate i collegamenti inseriti fra
i capitoli e verso il telefilm; per me è importante rendere verosimile
la mia fic.
- Il comportamento di Arthur nei confronti di Gwen è presto detto: questa fic,
come spiegato all’inizio (perdonatemi, io certe cose le do per scontate,
ma è vero che il tempo passa e il lettore potrebbe giustamente
dimenticarselo) è una specie di gigantesco ‘whatif?’ che si innesta
dopo la fine della prima serie, perciò non tiene conto degli eventi
della seconda e terza serie, se non per delle informazioni che io potrei usare
sradicandole dal loro contesto.
Nella prima stagione, Arthur e Gwen
non avevano un rapporto particolarmente felice, lei lo considerava viziato e
prepotente, e arriva persino a sgridarlo a Ealdor per
questo, e poi le cose tra loro non sono cambiate di molto, in questa fic.
Arthur non ha mai maturato quell’affetto e l’attaccamento visti
nella seconda serie; per lui Gwen è la serva
personale della sua sorellastra e un’amica di Merlin.
E lei riconosce della sincera amicizia tra Merlin e il suo
padrone e un generale miglioramento del caratteraccio dell’Asino, merito
della vicinanza di Merlin. Come ogni serva del castello, lei vede Arthur alla
stregua di una star: affascinante e inavvicinabile. Punto.
Ma non è che Arty volesse esprimere cattiveria gratuita su Gwen, è che quell’orrido vestito giallo gli
è proprio rimasto sul gozzo! X°D
- Il rapporto Morgana/Arthur è
invece basato sui dispetti e le linguacce, solo ad un livello più
subdolo e aristocratico, ma in fondo si vogliono bene come fratelli.
Perciò non vi dovrebbe stupire il dispetto di
Morgana… era una specie di sfida tra loro.
- Il cavaliere
portava al braccio, sulla lancia, attorno al collo, un velo o un fazzoletto con
i colori della dama per il cui onore dichiarava di battersi.
Su veli o fazzoletti legati alla gamba
non ho trovato riferimenti.
La lancia veniva usata nella giostra;
che non è propriamente un torneo, ma una gara a sé stante, e
talvolta il velo veniva legato alla lancia.
Mentre il torneo prevedeva uno scontro tra due squadre, la
giostra è tra singoli cavalieri, ma nel telefilm non hanno mai fatto
queste differenze, chiamando torneo quella che in realtà era la mischia.
L’anticipazione
del prossimo capitolo:
Il fazzoletto ritorna…
“Me lo sono messo in tasca ieri sera, quando vi ho
disarmato e l’ho levato dal vostro braccio!” motivò,
sventolandolo festoso fra loro. “Però era
tutto impolverato, non credevo che… che lo avreste riutilizzato e
anzi…” di colpo, il mago si fece tentennante, sotto lo sguardo
perplesso di Arthur. “…In realtà, io… ne ho procurato
uno apposito per voi…” confessò,
vergognandosene un po’, mostrandogli un fazzoletto femminile piegato e
stirato. D’improvviso
quell’idea gli sembrava meno geniale della notte prima.
“E di chi è?” s’insospettì
il principe, scrutando perplesso il lembo di tessuto e la sua serva, in
alternanza.
“M-mio…”
balbettò Linette, in
risposta. “E’ uno di quelli che Gwen mi
ha costretto a comprare e che non ho mai usato…” motivò,
sbirciando l’espressione stupita di Arthur. “Cioè… non è che dovete gareggiare per me!” si
affrettò a chiarire, sollevando i palmi delle mani. “Credevo solo
che fosse una soluzione migliore!” si discolpò. “Anzitutto,
è un oggetto chiaramente da donne e… e… la mia banda- cioè quella di Merlin è…
fraintendibile!”
E giusto perché il mondo non gira solo attorno ad
una bandana:
“Proteggi il
principe, Merlin. La sua vita potrebbe essere in pericolo, ora come non
mai…”
“Lo
farò.” Promise egli, nuovamente, e i due si separarono.
Bene, questo capitolo è un filino più corto
del precedente, ma il prossimo sarà prolisso, ve lo garantisco! ^^
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Riassunto: Merlin è abituato a salvare la vita all’Asino
Reale senza che questi se ne accorga, ma stavolta non tutto va per il verso
giusto
Riassunto: Merlin
è abituato a salvare la vita all’Asino Reale senza che questi se
ne accorga, ma stavolta non tutto va per il verso giusto. Colpito
dall’incantesimo del malvagio Ardof, il nostro
mago farà i conti con una sconvolgente novità: egli si risveglia
trasformato in una donna.
Solo Gaius conosce il suo segreto e, finché
non troverà il modo di tornare normale, dovrà inventarsi delle
scuse plausibili e prendere il posto di se stesso al
servizio del principe. Come riuscirà a conciliare questa ‘nuova situazione’?
Come si evolverà il suo rapporto con Arthur?
Vorrei dedicare il capitolo a
quelle persone che hanno recensito il precedente (e un abbraccio ai nuovi
recensori che hanno accolto il mio invito!):
_ichigo85_, areon
(Benvenuta!, grazie per i tanti complimenti!^^), elfinemrys, FairyCleo
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E a quanti commenteranno (SE vi
va di recensire anche dei capitoli più indietro di questo, il vostro
parere non andrà perduto!).
Ai vecchi e ai nuovi lettori.
Grazie.
TheHe in theShe
(l’Essenza dentro l’Apparenza)
Capitolo XXXVIII
Avendo ricevuto le lodi del re per come aveva corretto l’ignobile
inconveniente, quando il principe tornò nei suoi appartamenti
aveva un umore assai più promettente, rispetto a mezza veglia addietro.
Merlin non poteva dire altrettanto, poiché aveva il
lancinante sospetto che sull’Arena incombesse l’ombra di un
sortilegio maligno. Aveva quasi potuto sentirne la scia aleggiare
nell’aria, benché sottile e inconsistente fin quasi a sembrare pura
illusione o un vaneggiamento.
Egli tuttavia aveva predisposto l’occorrente per il
suo signore e meccanicamente lo stava bardando in vista del suo turno.
Se solo quel Babbeo
avesse smesso di sgusciargli tra le mani come un’anguilla!,
imprecò, stringendo una delle cinghie nel passante minore sul dorso
dell’armatura.
“Lin!” lo chiamò Arthur, ansimando di
colpo.
Merlin, tutto concentrato nel suo lavoro, non se ne accorse.
“LI-IIN!!” ritentò
il nobile, alzando la voce.
“Chiamate me?” chiese, sorpreso.
“No, cercavo l’attenzione della tua gemella
intelligente!” replicò l’altro, caustico, armeggiando
convulso sulle fibbie come se scottassero, anche se fu inutile.
“Non siate sgarbato, Sire. Ero sovrappensiero.”
“Mi stai soffocando!” si lamentò il
principe, acquisendo un’accesa tonalità Rosso Pendragon sul viso.
“Oh, cielo!” squittì allora la serva, provvedendo ad allentare la morsa alle spalle
dell’erede al trono, che per fortuna riprese un colorito più
normale. “Mi dispiace, mi dispiace
tantissimo!” si scusò, sinceramente pentita.
Davanti a tanta contrizione, Arthur perse la voglia di
rimproverarla ancora, e la incitò quindi a muoversi nell’ultimare
la preparazione.
“Sbrigati! E
ti avverto: ho un Torneo da vincere, non puoi uccidermi prima!” la
minacciò, con fare leggero per non angustiarla oltre.
Merlin si lasciò scappare un piccolo sorriso,
dimenticando per un istante i foschi eventi e la traccia magica dell’Arena.
“Cercherò di ricordarmelo!” ribatté,
per non dargli soddisfazione, mentre gli allacciava il cinturone in vita e vi infilava la spada molata.
Si dedicò poi al mantello, girando attorno alla
figura del principe per sistemargli il drappeggio.
Arthur si lasciò riordinare dalla sua valletta,
sbuffando appena per la forzata inattività.
“Abbiate ancora un attimo di
pazienza! Ecco, ho terminato!” la sentì
affermare.
“Dimentichi niente?!” domandò
allora, indicando verso il collo della sua servitrice.
E solo in quel momento, con orrore, egli vide che non era lo
stesso foulard del giorno prima, quello che Linette
aveva annodato sotto alla gola.
“Dove…? Dov’è?!”
sbraitò immediatamente, infervorandosi. “Ma
è davvero una congiura! Dov’è quel dannato straccio?!”
Merlin si agitò di riflesso, tastandosi la stoffa dei
pantaloni.
“Ce l’ho! Ce l’ho!” si mise a gridare di rimando, ancor
prima di averlo effettivamente trovato, ma intanto servì a placare
l’altro. “Me lo sono messo in tasca ieri sera, quando vi ho
disarmato e l’ho levato dal vostro braccio!” motivò,
sventolandolo festoso fra loro. “Però era
tutto impolverato, non credevo che… che lo avreste riutilizzato e
anzi…” di colpo, il mago si fece tentennante, sotto lo sguardo
perplesso di Arthur. “…In realtà, io… ne ho procurato
uno apposito per voi…” confessò,
vergognandosene un po’, mostrandogli un fazzoletto femminile piegato e
stirato. D’improvviso
quell’idea gli sembrava meno geniale della notte prima.
“E di chi è?” s’insospettì
il principe, scrutando perplesso il lembo di tessuto e la sua serva, in
alternanza.
“M-mio…”
balbettò Linette, in
risposta. “E’ uno di quelli che Gwen mi
ha costretto a comprare e che non ho mai usato…” motivò,
sbirciando l’espressione stupita di Arthur. “Cioè… non è che dovete gareggiare per me!” si
affrettò a chiarire, sollevando i palmi delle mani. “Credevo solo
che fosse una soluzione migliore!” si discolpò. “Anzitutto,
è un oggetto chiaramente da donne e… e… la mia banda- cioè quella di Merlin è…
fraintendibile!”
Il giovane Pendragon scosse il capo, in segno di negazione.
“Anche se volessi, non posso cambiare a metà Torneo, è poco serio come
comportamento!” Motivò.
“Non mi sembrava che le consuetudini fossero in cima ai vostri pensieri, quando ieri mi
avete chiesto una qualunque soluzione! Eravate abbastanza disperato e pronto a tutto!” gli
rammentò, ma nel farlo pungolò l’immenso orgoglio
dell’Asino Reale.
“Bada bene, donna!”
sibilò questi, puntandole un indice
intimidatorio contro. “Io non
sono mai disperato!”
Merlin sentì le orecchie scaldarsi di
indignazione e rabbia. E pensare
che lui aveva anche litigato con Gaius,
per difendere quell’Idiota coronato!
“Orbene, arrangia-!”
Un improvviso bussare alla porta interruppe il loro acceso
confronto e il tempo in cui lo scudiero andò ad aprire servì ad entrambi per riacquisire compostezza.
“Un servitore manda a dire che il vostro turno
è stato anticipato, a causa del ritiro di due cavalieri
infortunati.” Gli rese noto, dopo aver congedato
il messaggero.
Arthur si limitò ad annuire, facendo intendere che
aveva compreso, e si finse indaffarato ad indossare i
propri guanti dimenticati sopra al tavolo.
Benché probabilmente il principe avesse le mani
sudate e l’operazione si stesse rivelando difficoltosa, Lin decise di non
muoversi di un passo e di non aiutarlo.
Quando il nobile risollevò lo sguardo su di lei, la burrasca
sembrava passata.
“Apprezzo sinceramente la tua offerta, ma non ho
intenzione di cambiare pegno.” Le spiegò, con calma. “Non
pretendo che tu comprenda, tuttavia non sarebbe una condotta corretta sostituire
il dono. E’ come se io gareggiassi per più persone
contemporaneamente, il che rappresenta il contrario dello spirito con cui si
sceglie un’unica dama a cui votarsi.”
“Spero siate consapevole che
Merlin non è una da-” ma
si trattenne, tossicchiando imbarazzato. “Non mi pare fosse scritto nel
Codice!” si lamentò invece, raddrizzando il tiro e borbottando non
del tutto persuaso, ma Arthur lo zittì,
impaziente.
“Il fazzoletto di Merlin porterà a compimento
la mia farsa, oramai è stabilito!” deliberò solennemente.
“E… e magari non diciamoglielo, quando tornerà… non
vorrei che si montasse la testa!”
Il mago sbatté le palpebre, stupito.
“Di sicuro, non la smetterebbe più di borbottare
all’infinito cose irriverenti…” lo scimmiottò il
principe, arricciando il naso.
E Merlin sorrise, suo malgrado. E alla fine cedette, andando
a legare la propria bandana al bicipite del nobile.
“Ma come festeggerete la fortunata, quando tutto sarà
concluso?” s’incuriosì.
“Semplice; il mio ruolo di Campione mi
imporrà di rivolgere piena attenzione a Morgana. Mio padre si
aspetta che io la omaggi. Ed è quello che
farò.” Dichiarò, risoluto. “Perciò la cosa verrà dimenticata.”
E se per disgrazia non
vinceste il Torneo? Avrebbe voluto chiedergli, ma deviò la domanda.
“E se vi chiedessero per chi avete
gareggiato?”
Il principe mosse una mano, insofferente. “Mi inventerò qualcosa…”
“Spero per voi che sia una scusa più convincente
dell’ultima volta!”
“MaGaius…
ti ha chiesto qualcosa?” s’insospettì.
“Gaius? Oh, no. No, nessun
problema.” Mentì, per non dargli ulteriori
preoccupazioni. “Ve l’avevo detto che avevate immaginato
tutto…”
***
Fu avviandosi verso la palizzata che i due incrociarono il medico di corte, e questi salutò con
un reverente cenno del capo l’erede al trono – ma solo dopo averlo
squadrato con un severo cipiglio – richiamando poi la sua valletta,
trattenendola bruscamente per un braccio mentre costei gli sfilava accanto.
“Linette?”
Arthur si limitò a lanciar loro un’occhiata di
silenzioso monito, senza rallentare.
“Sire, precedetemi un istante nella vostra tenda, vi raggiungerò prontamente!” gli promise la
fanciulla. Ed egli borbottò qualcosa sull’imminenza del suo turno.
Il mago fu praticamente convinto
che l’Asino temesse ancora per il fazzoletto che Gaiusdoveva-ma-speriamo-di-noaver riconosciuto ed era per questo che
si era dileguato tanto celermente.
“Merlin…” sussurrò il cerusico,
accostando le loro teste, una volta che il giovane Pendragon fu oltre la loro
portata d’udito.
“Cos’altro
avete?” sbottò con impulsività, memore del loro ultimo
incontro, ma scusandosi poi, a disagio. “Perdonatemi,
io…”
“Stai con gli occhi bene aperti, ho visto alcune
ferite che mi sembrano strane… a dir poco sospette!” lo
avvertì.
“Lo farò.” Promise. “Avete
percepito anche voi l’aura sopra l’Arena?”
“No, i miei poteri non arrivano a tanto…
è più una sensazione… sgradevole.”
“Di che ferite stavate parlando?”
s’interessò, di colpo ancor più preoccupato. “Credete
che qualche nobile stia usando la magia per vincere contro gli altri
cavalieri?”
“Di sicuro, posso solo escludere la presenza di morsi
di serpente, che erano invece manifesti quella volta
con Sir Valiant...” precisò. “Ma non è molto. E ho solo un vago sospetto su Lord Galderth… inaspettatamente, tre dei sette uomini
vinti da lui presentavano insoliti sintomi quando li ho visitati… Nondimeno,
forse è una semplice coincidenza. Non abbiamo prove.”
“Stamattina, c’era un simbolo sulla sabbia,
disegnato tra le dune e le conche… però non ho potuto riconoscerlo…
quando me ne sono accorto, erano già stato mezzo
cancellato… eppure…”
“Eppure?” l’incalzò
il mentore, ansioso.
“D’istinto, direi che quel simbolo poteva
appartenere alla Religione Antica.”
“Ritieni che Ardof abbia
atteso finora, per sferrare il suo attacco?”
“Chi può dirlo?” considerò,
impotente. “Ma ha giurato di
vendicarsi…” ricordò, tetro.
“Ed è uno stregone malvagio, privo di scrupoli!
Da quello che ti ha fatto, ne avrebbe indubbiamente i mezzi.”
“Purtroppo è così.” Ammise il
giovane, a malincuore.
“Proteggi il principe, Merlin. La sua vita potrebbe essere
in pericolo, ora come non mai…”
“Lo farò.” Promise egli, nuovamente, e i
due si separarono.
***
Quando Linette arrivò a
destinazione, si sorprese di incontrare proprio il cavaliere di cui aveva
appena parlato con il suo mentore.
Sir Galderth stava giusto uscendo dal
tendone dell’erede al trono, e si limitò ad
oltrepassarla senza degnarla di uno sguardo, ma tanto bastò per
allarmare il mago che corse all’interno del padiglione, spalancando i
tendaggi con irruenza.
“Credevo avessi smarrito la strada che conduce alla
mia tenda!” le notificò l’Asino Reale, acidamente, appena ella comparve al suo cospetto.
“I-io… state bene?” domandò
Merlin, ansioso.
Arthur arricciò le labbra in una smorfia infastidita.
“Ma che razza di domande mi fai?!Certo che sto bene!”
“E cosa voleva Lord Galderth
da voi?!” insistette, pressante.
“Non credo ti riguardi…” fu la risposta
piccata dell’altro. “Da quando arrivi in ritardo e mi fai pure
l’interrogatorio?!” la sgridò.
“Non rammento di averti concesso il permesso né per l’uno
né per l’altro!”
Lo stregone incassò il rimprovero e tacque. Era
perfettamente consapevole che far infuriare il principe, in quel momento,
avrebbe portato ad una situazione disastrosa.
Come sempre, egli
avrebbe dovuto salvarlo dalla propria idiozia.
“Chiedo perdono,
Maestà.” Dichiarò il servo, sforzandosi di sembrare
contrito. “Questa apparizione inattesa mi ha
molto stupita, ecco tutto…”
Il Nobile Babbeo sbuffò, ma quando parlò
il suo tono fu molto più accondiscendente.
“Le visite di cortesia non sono una cosa infrequente,
soprattutto tra i partecipanti più bravi.” Le spiegò.
“Lord Galderth
arriverà in finale?” domandò la valletta, sentendo un
brivido freddo lungo la schiena.
“Ha ottime possibilità di riuscirci; ma domani
incontrerà la mia magnificenza, che porrà fine alla sua ascesa al
successo.” Le garantì, senza preoccuparsi di apparire presuntuoso.
“Ed ora passami l’elmo; la prima campana
è già suonata.”
Lo scudiero compì il gesto meccanicamente e il nobile,
indossatolo, si diresse all’uscita.
“Sire!” lo fermò il mago, trattenendolo.
Arthur lanciò alla sua serva uno sguardo stupito.
E Merlin arrossì, ritirando in fretta la mano.
“Vi prego, siate prudente!” si
raccomandò.
“Ma Lin-Lin!
Non avevamo già fatto questo discorso ieri?” la
canzonò, divertito. “Chi è prudente, non vince
niente!” le rammentò, ripetendo le stesse parole del giorno prima.
Eppure ella non sorrise, né
ammorbidì la postura irrigidita.
“State attento, Milord.” Ribadì,
corroborando l’avvertimento con un lungo sguardo grave.
“C’è qualcosa che dovrei sapere?”
s’insospettì il cavaliere.
Lo stregone si morse l’interno della guancia, indeciso
se parlare o meno.
Quello non era il
momento per le spiegazioni, ma forse non ci sarebbe più stato un momento
propizio e alla fine decise di buttarsi.
“Sir Galderth
non mi convince. E anche Gaius nutre qualche
sospetto su di lui, che va al di là della
semplice coincidenza.” Sputò, convinto che l’altro avrebbe
liquidato i suoi timori con un’alzata di spalle e un blando rimprovero
sulla mancanza di rispetto dovuto verso un nobile cavaliere.
E invece Arthur lo sorprese, poiché si concentrò,
pensieroso, ponderando la sua affermazione.
“Hai delle prove?” le domandò, cauto.
“No.” Ammise il servo, a malincuore, chinando il
capo. “Non ancora, perlomeno. Ma se voi mi credeste-”
“Ma io ti credo.” La interruppe.
“Quantomeno, credo al tuo intuito femminile.” Le spiegò.
“Anche a me, quell’uomo non ha dato una grande impressione. Mi è sembrato subdolo.”
Lo stregone rilasciò un enorme sospiro
di sollievo.
“In aggiunta a ciò, la prima volta che tuo
cugino mi ha avvertito di un sordido tranello in un Torneo simile a questo…
siamo finiti nei guai, ma lui aveva avuto ragione su Sir Valiant,
e io so imparare dai miei errori.”
“Lo so, Sire. Per questo un
giorno sarete un grande re.” Profetizzò,
con fede incrollabile.
E poi non vi fu tempo per nessun’altra parola.
***
Appena il principe ebbe finito il duello, uscendone
vincitore, Merlin smise di tenere controllato a vista Sir Galderth
e, anzi, ne approfittò quando fu il suo turno di gareggiare.
A passo svelto egli si diresse verso la tenda di
quest’ultimo e vi entrò.
All’interno trovò uno dei garzoni offerti dai
Pendragon, poiché il cavaliere si era presentato senza scorta e senza
scudiero o paggio.
“Lucius!” lo
salutò il mago, amichevolmente.
“Linette…”
replicò questi, perplesso. “Cosa ci fai qui? Il cavaliere che devo
servire è al momento impegnato nelle-”
“Sì, lo so.” Tagliò corto la
serva. “E’ il principe che mi manda a cercarti. Poiché egli,
al momento, è impossibilitato a ricambiare la visita di cortesia di Lord
Galderth, Sua Maestà mi ha ordinato di
riferirti quanto segue: corri nelle cucine reali e fatti dare una caraffa del
miglior vino di Camelot e
offrilo al tuo temporaneo padrone, quando egli tornerà, come omaggio di
Arthur Pendragon.”
“Ma io non posso lasciare incustodita la sua
tenda!” si lamentò il servo, e per un istante Merlin si
pentì di dover mentire al quel ragazzino ancora così giovane ed inesperto.
“Non vorrai disubbidire ad un
ordine diretto dell’erede al trono!” gli intimò.
“Rimarrò io a guardia, se la cosa ti solleva dagli scrupoli. Tu
sai che il principe ha piena fiducia in me. Non credo che Sir Galderth avrà qualcosa da ridire…”
“Ma…”
“Oppure, se preferisci, potrebbe rimanere un
segreto… vai a prendere la brocca e torna prima che egli faccia ritorno e
nessuno saprà nulla…” gli suggerì, e il valletto le fu grato per il buon consiglio che eseguì
all’istante.
Appena fu solo, Merlin si guardò attorno, curiosando alacremente
su qualsiasi cosa potesse rivelarsi sospetta o di fattura magica.
Lucius era partito come se avesse
avuto un’orda di Barbari alle calcagna e non ci avrebbe impiegato molto a
tornare.
Con cura rovistò nelle sacche da viaggio
dell’ospite e nell’unico scrigno posato su un rozzo tavolino. Egli
scrutò con attenzione le armi di scorta affastellate alla rinfusa in un
angolo, ma neppure quelle sembravano pericolose oltre alla loro funzione
originaria.
Il mago stava quasi per cedere, incerto se essere contento o
ancor più preoccupato per questa mancanza di prove, quando
l’occhio gli cadde in un punto discosto, al limitare del tappeto steso a
terra, verso il bordo del padiglione, dove uno degli appigli era piantato nel
terreno.
Vi era un piccolo, insignificante cumulo di sabbia –
lo stesso tipo di sabbia che ricopriva l’Arena
degli scontri – ed egli non l’avrebbe notato, se non fosse stato
per il resto della terra intorno. Quella
tenda, come tutte le altre, era stata innalzata fra l’erba verde della
spianata.
Merlin si avvicinò al piccolo cumulo e con la punta
del piede cercò di livellarlo.
Ma con suo grande stupore, appena
la suola toccò la superficie, qualcosa grattò inequivocabilmente lo
stivale, e dal ribollir della sabbia egli non sarebbe mai aspettato di veder
uscire ciò che vide.
Continua...
Disclaimer:I
personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi,
non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.
Ringraziamenti:
Un abbraccio a Tao, che sopporta i
miei scleri. X3
Note: E cosa ci
sarà…? Beh… tenetevi la curiosità! XD Ma si accettano
scommesse!
E ora torniamo serie… coffcoff…
Nel capitolo ricompare l’accenno alla puntata 1x02
“Valiant” e all’omonimo cavaliere.
Ci tengo a precisare una cosa. Ho scelto di far dire al
principe che crede a Linette per due motivi.
Il primo, per coerenza verso il ‘mio’
Personaggio-Arthur: più volte ho ribadito che
egli è un Asino, sì, ma che sa imparare dai propri sbagli, come
egli stesso ammette. Cosa che non credo affatto sia
OOC.
E secondo, ma non meno importante, per rendere giustizia al
povero Merlin del telefilm (non al ‘mio’ Personaggio-Merlin). Sto parlando di quel poveraccio che
appena nominato al servizio del principe si era ritrovato a difenderlo da un
nobile con serpenti al seguito e Arthur, anche non conoscendolo, si era fidato
di lui istintivamente (pur con annesse traversie). E invece, nella
1x02, con Cedric, quando Merlin gli ha detto
di stare in guardia da lui, il principe non ha voluto credergli, troppo
compiaciuto nell’essere adulato da quel servo bugiardo. Alla fine della
puntata, egli (a modo suo) si scusa e ammette che l’altro aveva ragione.
Ecco, io ho voluto risparmiare a Linette
l’umiliazione di non essere creduta, ricalcando il comportamento di Arthur
della prima stagione.
Per la bandana di Merlin non c’è pace! XD
Non ho altro da spiegare di questo capitolo, in caso
chiedete. ^^
Precisazioni al
capitolo precedente e domande varie: (a random)
- Sì, Arthur è cocciuto, ma sa che Merlin gli
manca e pure tanto. Il problema è che, come tutti i maschi, fa fatica ad
ammetterlo!
- Ogni tanto il cervello dell’Asino lavora
correttamente, è che poi il messaggio si perde… XD (ma sì,
noi lo amiamo anche per questo!)
O forse (come ha detto qualcuno di voi), quando sono sotto pressione i suoi neuroni rendono meglio? (tenetelo
presente!)
- Non vi dirò se/come/quando Arthur saprà che
Merlin è Linette. Ma posso
dirvi che scoprirà che Linettenon è la cugina di Merlin…
e saranno dolori! X°D
- Sono contenta che abbiate trovato plausibile il
comportamento di Gaius; in fondo, anche se litigano,
lui lo fa per il bene di Merlin.
- E’ vero, a volte Merlin non pensa alle conseguenze
del suo agire come donna. Ma sinceramente ha un sacco
di cose di cui occuparsi/preoccuparsi e non gliene faccio una colpa se talvolta
abbassa troppo la guardia…
- La virgola è concessa, perché è
inserita in una frase enfatica in un dialogo diretto.
- Se Merlin avesse detto subito la
verità ad Arthur, credo avremmo avuto un paio di spunti interessanti da
leggere; ma credo anche che la mia storia si sarebbe conclusa quasi subito,
perché in fondo il principe l’avrebbe trattato analogamente
all’originale maschile. Non so perché, ma quella strada non
accende particolarmente la mia vena creativa, anche se capisco che è una
curiosità lecita, la vostra. ^^
- No, Merlin non si è rassegnato a restare donna.
Il punto è che il Drago non gli ha detto: “Fai così, cerca
colà!”; si è limitato a dirgli: “Trova chi vede
l’essenza dentro l’apparenza e non lasciare Arthur in mezzo ai
casini!”.
In un certo senso, e contrariamente al TF, Merlin non deve ‘andare
in cerca’ della soluzione, ma deve aspettare di ‘incontrarla’.
Camelot, essendo un grande
borgo, gli offre anche numerosi incontri e non è detto che uno di questi
incontri non sia quello buono.
Oltretutto, sono passati appena due mesi e mezzo dalla
trasformazione, anche se a noi sembra molto di più e il povero Merlin
è stato parecchio incasinato di suo, finora.
Ma è ovvio che lui non si sia arreso, sta solo pazientando,
anche perché lui e Gaius hanno già
letto tutti i libri disponibili sull’argomento e il Drago non darà
ulteriori suggerimenti in quel senso.
Oltretutto, lui non può
far capire ad Arthur chi è realmente, perché il Drago si era
raccomandato: “Non ti è concesso rivelare chi tu sia realmente,
altrimenti l’incanto non si romperà.” (cfr. cap14)
- Anche a me fa tenerezza quando il principe, stremato, si
lascia coccolare da Linette/Merlin; lo trovo molto
intimo, anche se il servo sta solo facendo il suo lavoro, è il modo
spontaneo con cui lo fa (e le attenzioni che ci mette)
a renderlo speciale.
- Ahahaha! Dite che Arthur ha la
coda di paglia? Secondo me, non ha ancora dimenticato che Gaius
potrebbe rivalersi su di lui per la notte della grotta, per questo si tiene
alla larga da lui! XD
- Sì, Morgana è cattivella! *O* ma Arthur non
è da meno con lei! U_U
Comunque vi accorgete che non litigano soltanto.
- La frase di Gaius sul ‘Ballo ArMor’ va
intesa così: una volta che Arthur scorterà Morgana al Ballo (Gaius è certo che Arthur vincerà, come
è stato negli ultimi anni), tutti si concentreranno su loro due e
dimenticheranno bandane e fazzoletti di sconosciute/i, pegno d’onore
misteriosi, ecc… diciamo che, in altre parole, il medico non vede
l’ora di mettere una pietra sopra a tutta quella faccenda spinosa.
L’anticipazione
del prossimo capitolo:
“No, tu non
capisci!” si oppose ella, spintonando la serva
per liberarsi dal suo tocco. “Arthur è in pericolo!”
singhiozzò. “Non sono pazza, credimi!” si affannò a
dire, anche se al momento non era pienamente in sé, a causa del sogno
troppo recente che l’aveva sconvolta.
“Ma…”
“Mio fratello
non mi ascolterà mai! Però di te si
fida!” la supplicò. “Diglielo, ti scongiuro!”
Lo stregone
tentennò un istante e Morgana lo fissò
dritto negli occhi, come leggendogli dentro l’anima. “Ascoltami!, Merlin…”
Bene, questo capitolo è belloluuungo come vi avevo promesso. Contente? ^__=
E colgo l’occasione per dire che sfonderemo ampiamente
i 50 capitoli. Questa cosa del Torneo (un esempio su
tutti) mi occupa 4 capitoli anziché i 2
½ previsti in origine, e così è (ed è stato, e
sarà) per molti avvenimenti in programma.
Campagna di Promozione
Sociale - Messaggio No Profit:
Dona l’8‰
del tuo tempo alla causa pro recensioni.
Farai felice
milioni di scrittori.
(Chiunque voglia
aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove
meglio crede) Come sempre, sono graditi commenti,
consigli e critiche.
Mi scuso anzitutto del ritardo ma, come avevo avvertito nel mio forum
personale nell’account di EFP, maggio è da sempre un mese
deleterio per la mia salute mentale, a causa di troppi impegni
Mi scuso anzitutto
del ritardo ma, come avevo avvertito nel mio forum personale nell’account
di EFP, maggio è da sempre un mese deleterio per la mia salute mentale,
a causa di troppi impegni. Nelle note finali, ulteriori
spiegazioni.
Questo capitolo
è il diretto seguito del precedente (il giorno dopo, per la precisione),
e siamo ancora a circa due mesi e mezzo dalla trasformazione in Linette.
Riassunto: Merlin
è abituato a salvare la vita all’Asino Reale senza che questi se
ne accorga, ma stavolta non tutto va per il verso giusto. Colpito
dall’incantesimo del malvagio Ardof, il nostro
mago farà i conti con una sconvolgente novità: egli si risveglia
trasformato in una donna.
Solo Gaius conosce il suo segreto e, finché
non troverà il modo di tornare normale, dovrà inventarsi delle
scuse plausibili e prendere il posto di se stesso al
servizio del principe. Come riuscirà a conciliare questa ‘nuova
situazione’? Come si evolverà il suo rapporto con Arthur?
Vorrei dedicare il capitolo a
quelle persone che hanno recensito il precedente (e un abbraccio ai nuovi
recensori che hanno accolto il mio invito!):
_Saruwatari_,
Orchidea Rosa, kagchan, R i n (guarda
che ti prendo in parola e aspetto i commenti! XD), etherealnymph, elfinemrys, chibimayu, Archangel 06, miticabenny, Aleinad, _ichigo85_, Emrys___, mindyxx,
somochu, Anja11xD, frida_E,
LyndaWeasley, angela90, Nii_san
(Benvenuta!, grazie per i tanti complimenti!^^ ti sono
grata per la fiducia), ginnyred, Tao, YukiEiriSensei
e saisai_girl.
E a quanti commenteranno (SE vi
va di recensire anche dei capitoli più indietro di questo, il vostro
parere non andrà perduto!).
Ai vecchi e ai nuovi lettori.
Grazie.
TheHe in theShe
(l’Essenza dentro l’Apparenza)
Capitolo XXXIX
Merlin aveva avuto così tante cose da fare, da non
saper neppure come incominciare.
Anzitutto, la priorità assoluta era stata parlare con
Gaius di ciò che aveva scoperto nell’alloggio
di Sir Galderth e contemporaneamente proteggere
Arthur e non lasciare incustodita la sua tenda neppure un istante e verificare
che non ci fossero cumuli di sabbia sospetta nel padiglione del principe
– probabilmente le tende dei cavalieri feriti erano già state
smontate ed era un peccato non aver potuto verificare: sarebbe stata una prova
inconfutabile a carico del presunto colpevole.
Il mago, tuttavia, dopo un breve
ragguaglio col suo maestro, aveva stabilito di non dire al suo signore cosa
avesse visto, per il momento, mantenendosi piuttosto su di un vago “Gaius sta indagando, Sire. Abbiate
pazienza!” fintanto che non avessero trovato ciò che cercavano nei
testi di magia.
Un’accusa del genere era una dichiarazione grave da
fare, entrambi lo sapevano bene per esperienza diretta, e re Uther non avrebbe tollerato inesattezze circostanziali,
soprattutto non se le premesse erano
legate alla stregoneria.
Dunque, dopo che Linette aveva concluso
i propri servigi per l’erede al trono per quel dì – ed
essersi assicurata che nulla potesse nuocergli fino all’indomani –
si era rassegnata a trascorrere l’ennesima nottataccia in bianco a
sfogliare tomi polverosi accanto al suo mentore.
La discussione della
sera addietro sembrava quasi lontana dei secoli, adesso che il loro problema
era ben più grave di uno stupido fazzoletto equivocabile.
Fu solo a notte inoltrata che, insperatamente, il vecchio
medico porse al figlioccio una pagina ingiallita, sbattendo l’indice
nodoso sull’immagine che stavano febbrilmente cercando, in base alla
descrizione che il giovane aveva fatto.
Quantomeno, ora sapevano con cosa avrebbero avuto a che
fare, ma la cosa non li rincuorò.
Entrambi riconobbero, quindi, che fosse necessario riposare
almeno qualche ora, stabilendo poi il da farsi.
***
Il mattino dopo, l’ultimo giorno del Torneo, allorquando Merlin giunse davanti all’anticamera dell’erede
al trono, fu richiamato da una voce familiare, irrequieta e spaventata.
Lady Morgana gli stava correndo incontro, incurante del buio
dei corridoi, dell’ora antelucana e dell’abbigliamento decisamentesconveniente
per una nobildonna rispettabile – si trovava infatti ancora in
camicia da notte, con una vestaglia leggerissima che celava ben poco
all’immaginazione, e che ella non si era neppure curata di allacciare in
vita.
La prima cosa che colpì il mago fu l’aria
scarmigliata di lei, e ancor più la sua espressione stravolta, mentre lo
raggiungeva, tenendosi le mani strette al seno.
Egli fece appena in tempo a posare a terra il vassoio della
colazione, che si sentì schiacciare in una morsa ferrea sulla braccia.
“Milady…” cercò di calmarla,
impostando un tono rassicurante. “Cosa ci fate qui?” le
domandò. “Non è bene che la protetta del re sia vista in
codeste condizioni… Venite, vi riaccompagno nelle vostre stan-”
Morgana oppose immediata resistenza, dimenando il capo,
incapace di trovare le giuste parole.
“No, no…” farfugliò, scuotendo la
massa di ricci neri sciolta sulle spalle. “No, Linette, ascoltami!”
Lo stregone si fece di colpo serio, perdendo l’aria
gioviale con cui l’aveva accolta.
Avrebbe dovuto
immaginare che Lady Morgana…
“H-ho sognato che… che…”
incominciò la
castellana, ma il solo pronunciare quelle parole la fece ammutolire e tremare come una foglia. Ella si coprì la bocca con una mano, come se dire
altro le costasse troppo.
“Oh!, è stato uno dei
vostri soliti incubi!” la blandì. “Comprendo che siate
turbata… Andrò immediatamente da Gaius a
chiedergli un rimedio, un buon calmante per voi…” le ribadì, spingendola con gentile fermezza verso dove
era venuta.
“No, tu non capisci!” si oppose ella, spintonando la serva per liberarsi dal suo tocco.
“Arthur è in pericolo!” singhiozzò. “Non sono
pazza, credimi!” si affannò a dire, anche se al momento non era
pienamente in sé, a causa del sogno troppo recente che l’aveva
sconvolta.
“Ma…”
“Mio fratello non mi ascolterà mai! Però di te si fida!” la supplicò.
“Diglielo, ti scongiuro!”
Lo stregone tentennò un momento e Morgana lo fissò dritto negli occhi, come leggendogli dentro
l’anima. “Ascoltami!, Merlin…”
e il mago trasalì in risposta, sbigottito dal fatto che la strega
l’avesse riconosciuto. “Merlin… mi darebbe
retta…” assicurò la dama.
Ed egli espirò convulso, dopo aver trattenuto il
fiato per un’eternità.
Per un breve,
brevissimo istante, aveva quasi creduto che il cuore gli sarebbe esploso di
emozione e che la Veggente avrebbe potuto sciogliere la sua maledizione. E
invece…
Linette si passò una mano sul viso, affranta, cercando
di ricomporsi senza allarmare ulteriormente
l’altra donna, che tuttavia non aveva colto il suo turbamento interiore,
poiché era troppo invischiata nel proprio.
“Sa-sarà fatto, Mia
Signora. Ve lo giuro.” La tranquillizzò, sforzandosi di sembrare competente.
“Ora, per pietà, tornare nei vostri alloggi e attendete Gwen. Io
andrò a conferire col mio signore…”
Miracolosamente, la nobildonna non esibì ulteriore resistenze e fece quanto le era stato consigliato,
congedandosi con un cenno del capo.
Merlin, intanto, cercò di placare l’animo in
subbuglio e, dopo che ella fu svanita oltre una curva
del corridoio, raccolse il vassoio della colazione, lo riscaldò
magicamente e si affrettò ad entrare negli appartamenti del suo padrone.
“Mi è parso di udire la voce di Morgana qui
fuori…” l’accolse questi,
strofinandosi le palpebre appesantite dal sonno e sbadigliando sguaiatamente,
intanto che i tendaggi del letto a baldacchino venivano legati.
Poiché era inutile negare il fatto, Lin
preferì propinargli una mezza verità.
“Sì, era venuta ad augurarvi una buona
gara…” mentì, per non angustiarlo ulteriormente.
“Non mi è sembrato esattamente il tono di un augurio.” Le appuntò il principe,
stiracchiandosi, mentre si dirigeva verso la tavola col cibo.
“Se sapete già tutto, perché chiedete
informazioni a me?!” sbottò di colpo la
fanciulla, sprimacciando con ferocia il cuscino e sbattendolo sul materasso.
Arthur trattenne una salsiccia a mezz’aria, sollevando
le sopracciglia in un’espressione regalmente stupita ma che, data
l’aria arruffata conservata dalla notte, lo rese semplicemente ridicolo.
“Mi è giunto il tono, non il contenuto del vostro disquisire!” le chiarì,
masticando poi con gusto il boccone in sospeso. “Ringraziando il cielo,
quel portone trattiene più rumori molesti di quanti tu creda, altrimenti
i miei rimproveri a quell’ebete di Merlin sarebbero costantemente di
dominio pubblico!”
“Merlin sarà
felice di esserne informato, Sire!”
ronzò il mago, in risposta, senza darsi pena di
sembrare ossequioso.
“Credo lo sappia già…”
bofonchiò l’Asino, con una smorfia. “Oppure non sarebbe sempre
così irriverente!”
“Dubito che cambierebbe mai
comportamento, anche se il vostro portone fosse diverso.” Precisò
Linette, con quel solito ghigno di
famiglia.
E il principe corrugò le labbra istintivamente. Non sapeva esattamente in che modo, ma aveva
come l’impressione di aver appena lasciato il fianco scoperto e di aver subìto
un affondo cocente.
“Di grazia, che voleva la mia amabile sorellastra?” riprese, deciso
più che mai a soddisfare la propria curiosità e a chiudere
l’argomento precedente.
“Desiderava proporvi prudenza.”
Sarebbe stato inutile
dirgli di non battersi. Quell’Idiota testardo non si sarebbe mai ritirato
dalla gara, neppure se da quella scelta fosse dipesa la sua stessa vita.
“Ha fatto solo un brutto sogno, sapete, uno dei suoi
incubi molto vividi…” sdrammatizzò il valletto,
riempiendogli la coppa. “Non ci badate.”
Arthur si fece serio. Ma non
replicò oltre.
Tuttavia, entrambi rammentavano ancora nitidamente la
premonizione di Morgana sulla fatale Bestia
Errante, la sua scenata sulle scale esterne della piazza principale – nel
vano tentativo di fermare la spedizione del principe – in
quell’alba funesta, e gli
eventi disastrosi che seguirono.
Quella cosa aveva segnato tutti nell’animo, ma ancor
più quello di Merlin, che aveva sacrificato tutto ciò che gli era
caro per riavere indietro la vita del principe.
“Va’ a chiamare Gaius, dovrebbe visitarla e somministrarle un… qualcosa.” Ordinò,
aspettandosi che la sua valletta eseguisse.
“Ma Sire! Dovrei
bardarvi con l’armatura e-”
“E io devo ancora cambiarmi.” Le fece notare,
indicando i propri abiti da notte. “Nel frattempo, anziché
protestare, vai!”
***
Merlin si sorprese di sentire l’Asino parlare con
qualcuno, quando fece ritorno dalla commissione forzata ed entrò negli
appartamenti dell’erede al trono. Ancor più grande fu il suo stupore,
realizzando chi fosse il visitatore.
Con un inchino deferente, Linette salutò lo Scrivano
di Corte, Geoffrey di Monmouth, ed egli semplicemente
la ignorò.
“Vi ringrazio, per le vostre preziose
informazioni.” Lo stava congedando il principe. “Ora è tempo
che mi prepari.”
“E’ un privilegio per me
servire la nobile Casata
dei Pendragon, Maestà. Non avete che da
chiedere ogni qualvolta lo desideriate…” lo adulò, con una
servile riverenza.
“Lo rammenterò.” Tagliò corto il
giovane.
“E sono sicuro che oggi porterete lustro alla vostra
impareggiabile Famiglia!”
“Anch’io ne sono sicuro!” convenne Arthur.
“Sempre se mi sarà dato modo di prepararmi…” ironizzò
sottilmente, annuendo con convinzione.
“Oh, certo, certo!” concordò l’altro
nobiluomo. “E’ tempo che anch’io vada!
I Preparativi, sapete.” E si accomiatò,
non prima di essersi inchinato almeno tre volte.
Merlin riuscì a stento a non scoppiare a ridere. Ma anche il principe sembrava pensarla come lui.
“A volte, Geoffrey sa essere pomposo e ridondante quanto
il Cerimoniale di Corte!” ghignò, compatendolo.
“Quel Cerimoniale dev’essere
tutta la sua vita… credo abbia persino dormito in biblioteca le ultime tre
notti prima della Festa di Investitura.” Pettegolò il servo.
“Quel che è certo è che l’unica
arma, con cui deve aver combattuto nella sua intera esistenza, è una
piuma d’oca col calamaio.”
“Ma almeno in quella nobile
arte sarà imbattibile!”
“Oh, sì. Questo
è indubbio.” Confermò Arthur, sorridendo.
“Ma… perché mai
è venuto a farvi visita?” s’incuriosì il mago.
“Perché, mia cara Lin-Lin,
anche io ho fatto le mie indagini su Sir Galderth.” Le notificò.
“E… e cos’avete
scoperto?”
“Stando ai ricordi di Geoffrey, dei
quali peraltro mi fido ciecamente, egli è il terzogenito di una nobile
famiglia decaduta a causa di alleanze mal convenute durante le guerre del Nord.
Suo padre, per un certo tempo, fu alleato al
mio.
Egli è l’unico sopravvissuto della sua Stirpe e
conserva il suo titolo aristocratico, benché di fatto
non abbia più ricchezze né terreni…”
“Quindi… è il
premio in denaro ad allettarlo.” Considerò Merlin, con spirito
pratico.
“Vorrei dirti che combatte anche per la gloria, ma
dubito che sia così.” Ammise Arthur.
“Il che ci porta a considerare che sia disposto a
tutto, pur di vincere…”
Il principe esalò un brontolio cupo come anticipazione.
“Questa è una delle più rare occasioni,
in cui speravo sinceramente di sbagliarmi. Non vorrei che il Torneo finisse in
un rogo.” Considerò, tetro. “Ma
come ben sai, la magia non è assolutamente tollerata a Camelot.”
E la faccia scura
della sua valletta non prometteva nulla di buono.
Del resto, c’erano varianti che erano sconosciute all’erede
al trono, ma con cui invece Merlin e Gaius avevano
fatto i conti.
Non era ancora chiaro se Lord Galderth
fosse in combutta con Ardof, però certamente
egli si era servito di un potente stregone per compiere il suo piano.
E un nuovo tassello andava ad
unirsi alle informazioni in loro possesso: se la famiglia di Galderth era decaduta, e se un tempo essa era legata da
vincoli e alleanze con i Pendragon, poteva essere lecito sospettare che egli
bramasse una vittoria e una vendetta che lo ripagassero delle umiliazioni
subìte.
Il mago sapeva di essere in malafede, ma era ugualmente
consapevole che re Uther aveva, più volte in
passato, voltato le spalle ad amici cari e, ancor più, a quelli fraterni.
Anche Lady Morgana, a
suo tempo, non aveva forse meditato di punirlo per il suo tradimento nei
confronti del padre Gorlois?
Questo Torneo offriva su un piatto d’argento il
pretesto migliore per pareggiare i conti: se Arthur fosse morto in duello,
nessuno avrebbe incriminato Sir Galderth, ed egli
avrebbe vinto, arricchendosi, e avrebbe nel contempo ottenuto
rivalsa sui Pendragon – lo stesso obiettivo di quello scellerato di Ardof.
“Pensi che Antrax
sopporterebbe il peso di un’intera giornata?” domandò il
principe, distogliendo lo stregone dai suoi foschi pensieri.
Merlin gli lanciò uno sguardo obliquo. Non era da Arthur chiedere a lui pareri del
genere, né tantomeno dimostrarsi titubante su decisioni come queste.
“La sua zampa è guarita, Sire, ma non so se
sarebbe pronto; e non vi siete più allenato con
lui da diversi giorni!” obiettò. “Mi sembra
un’imprudenza cambiare cavalcatura oggi, senza un’adeguata
esercitazione.”
“Ho sempre gareggiato con Antrax
nella Sfida delle Lance e…” lasciò la frase in sospeso,
perché non voleva dare l’idea di essere insicuro. Fu compito di Linette non farglielo pesare.
“La cavalcatura scelta in sostituzione è
perfetta ugualmente, non abbiate indugio.” Lo rassicurò.
“Ma quando avviene la stoccata,
tende sempre a scartare verso sinistra.” Disapprovò il cavaliere.
“E’ una reazione istintiva,
è naturale. Ciò nondimeno, voi lo sapete e agite di
conseguenza.” Lo rincuorò.
“Antrax non fa di queste
sciocchezze…” considerò, arricciando il naso e lasciandosi
infilare l’ultimo schiniere.
“Beh…” temporeggiò, allora, lo
scudiero.
“Lo sai, tu, perché le lance sono costruite con
legno di frassino?” chiese, quasi a tradimento, con lo stesso tono con
cui un precettore avrebbe interrogato un suo allievo distratto.
Linette lo guardò come se avesse capito male. Ma evidentemente l’altro si aspettava una risposta.
“Perché… ehm… con il legno di
quell’albero l’asta tende a scheggiarsi con una certa
facilità?” tirò a indovinare.
E per poco non esultò, quando vide la faccia
soddisfatta del suo padrone annuirle.
“Esatto.” Confermò questi. “Ravviso
che la mia spiegazione della scorsa settimana, giù nell’Arena, ha
dato i suoi frutti. Mi rallegra sapere che non ho sprecato il mio regale fiato,
come invece accadeva con Merlin.”
“Io invece scommetto che se lo chiedeste a mio cugino,
in questo medesimo istante, saprebbe dirvelo anche lui!” lo sfidò
la fanciulla, con l’aria di chi sa di aver
vinto.
L’Asino fece una smorfia scettica, mentre concludeva la preparazione.
“Mi terrò il dubbio.” Si risolvette. “Avanti! Prendi il tuo straccet-quello di Merlin dal mio
cassettone!” le ordinò, poiché – con arguta
lungimiranza, la stessa che un giorno l’avrebbe reso un grande re, ne era certo – la sera precedente
aveva sequestrato alla propria valletta personale il fazzoletto della discordia
e, oltre ad averglielo confiscato, lo aveva tenuto sotto chiave per scongiurare ulteriori sfide alla Sorte – non che egli
fosse superstizioso, beninteso.
Merlin non aveva più osato dire nulla al riguardo, si
era limitato a consegnarglielo dopo averlo sfilato dall’armatura e a
lasciarglielo in consegna, così avrebbe avuto un pensiero in meno tra le
mille preoccupazioni che affollavano la sua mente.
“E ora andiamo verso la vittoria!”
proclamò l’Asino, baldanzoso, avviandosi all’Arena.
***
“Il principe Arthur è ferito mortalmente!”
L’urlo riecheggiò, assordante, rimbalzando
contro gli spalti assiepati e ammutoliti. “Non toccatelo, non spostatelo,
ogni movimento può essergli fatale!” ordinò, convulso, il
guaritore reale di Lord Rowayn, il primo che era
arrivato a soccorrerlo. Gaius e Merlin sopraggiunsero
un istante dopo di lui, ma ormai il drammatico verdetto era stato espresso.
Sei scudieri accorsi levarono la carcassa del cavallo, che ancora
gravava sul nobile, con quanta più delicatezza possibile, e altrettanti
garzoni trasportarono verso di lui una barella.
Mentre Lady Morgana, dal palco reale, inorridiva attonita, Uther Pendragon correva, incredulo, dove il corpo del
figlio giaceva riverso tra la polvere.
Un silenzio di tomba sostituì ogni mormorio sconvolto
della folla.
Le bandierine tra le mani della gente continuavano a
sventolare festose, incuranti della tragedia.
E il foulard azzurro si era strappato dall’armatura e
rimaneva lì, dimenticato sulla sabbia, come una cosa morta.
L’incantesimo di
protezione si era spezzato.
Continua...
Disclaimer:I
personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi,
non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.
Ringraziamenti:
Un abbraccio a Tao, che sopporta i
miei scleri. X3
E a Mika che subisce le mie paranoie. X°D
Note: Sì,
mi dispiace, dovete tenervi un cliffhanger anche
peggio del capitolo precedente.
Vi dico già che non ho messo l’anticipazione al
prossimo, non perché io sia particolarmente sadica coi
miei lettori, ma semplicemente perché per il 40 e il 41 sto usando una
tecnica narrativa particolare, che desideravo sperimentare, e i capitoli sono
ancora in fase di revisione, perciò non posso sceglierne uno stralcio.
La bandana ha raggiunto il climax della sua
popolarità chiusa sotto chiave e, poverina, è infine defunta.
*un minuto di silenzio per la bandana
morta e abbandonata sul campo di battaglia*
L’informazione sulle lance di frassino è
corretta; per il motivo spiegato da Merlin, si prediligeva usare questo legno.
Ho sempre detto che, se devo mettere Arthur con qualcuno che
non sia Merlin, trovo che Morgana sia perfetta come
sostituta. Al di là della leggenda da
rispettare, trovo che la chimica tra quei due fosse totale, Morgana sapeva tenergli testa e la tensione tra
loro era palpabile, prima che nel film la massacrassero.
Ho volutamente richiamato gli eventi della puntata 1x13
“La morte di Artù”, il pezzo della scenata sulle scale io
l’ho adorato! *_*
Accenno alla puntata 1x12 “Uccidere il re”
quando Morgana complotta per l’uccisione di Uther,
ma alla fine ci ripensa.
Ora sapete che Morgana non ha realmente riconosciuto Merlin.
A breve, ci sarà una spiegazione al riguardo.
Non ho altro da spiegare di questo capitolo, in caso
chiedete. ^^
Precisazioni al
capitolo precedente e domande varie: (a random)
- No, certo che non voglio che i miei lettori muoiano
nell’ansia dell’attesa, chi raccoglierà il frutto delle mie
fatiche, altrimenti?
- Certo che vi dirò come Arthur scopre che Lin e
Merlin non sono cugini. E’ uno dei capitoli che ho scritto più di
un anno fa e personalmente (anche se non dovrei dirlo)
lo adoro.
- Per “la cosa che c’è sotto la
sabbia” dovete pazientare ancora un po’. XD
- Sì, non mi stancherò mai di dire che Merlin
ha reso Arthur un uomo migliore, anche se a suon di gogne. XD
- Come ho già detto, Morgana
nella mia storia non sarà cattiva. Morgana cattiva non mi piace. Non mi
piace come l’hanno trasformata, al pari del raffazzonato arwen che gli autori del TF hanno inventato su due piedi.
- No, Uther non si
accorgerà che la bandana era di Merlin, ma i due avranno un dialogo nel
prossimo capitolo, dal sapore di déjà vu.
- Merlin e Gaius non riprenderanno
la discussione sul fazzoletto, con la disgrazia che è piovuta loro in
testa, quella quisquilia è già dimenticata.
- Sì, Arthur è stato davvero un Asino codardo
ed è fuggito quando ha visto Gaius, lasciando Linette a sbrogliarsela col suo maestro. (Il
cammino verso la perfezione è ancora lontano. U_U)
Bene, questo capitolo è belloluuungo per farmi perdonare. Spero apprezziate. ^__=
Prima di chiudere, vi vorrei ringraziare: questa fic ha raggiunto i 116 ‘preferiti’,
226 ‘seguite’ e parecchi ‘da ricordare’ tra gli utenti,
anche se non è ancora finita.
Mi farebbe piacere trovare anche qualche parere nuovo, se la
cosa non vi è di troppo disturbo. ^__=
Campagna di Promozione
Sociale - Messaggio No Profit:
Dona l’8‰
del tuo tempo alla causa pro recensioni.
Farai felice
milioni di scrittori.
(Chiunque voglia aderire
al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio crede) Come sempre, sono graditi commenti,
consigli e critiche.
Allora. Sono
parecchio indietro sulla mia tabella di marcia, ma ho dovuto dare la precedenza
alla real life.
Ad ogni modo, siamo
arrivati al 40° capitolo e con questo
aggiornamento Linette attraverserà il varco delle
1.000 recensioni, che per me sono una cosa bellissima e il miglior incentivo a
perseverare nel postare, malgrado i mille casini che mi stanno piovendo addosso;
motivo per cui non smetterò di chiedere commenti e/o pareri di nuovi
lettori. Voi, ovviamente, siete liberi di cogliere il mio invito o di
ignorarlo.
Questo capitolo
è il diretto seguito del precedente (qualche giorno dopo, per la
precisione), e siamo ancora a circa due mesi e mezzo dalla trasformazione in Linette.
Riassunto: Merlin
è abituato a salvare la vita all’Asino Reale senza che questi se
ne accorga, ma stavolta non tutto va per il verso giusto. Colpito
dall’incantesimo del malvagio Ardof, il nostro
mago farà i conti con una sconvolgente novità: egli si risveglia
trasformato in una donna.
Solo Gaius conosce il suo segreto e, finché
non troverà il modo di tornare normale, dovrà inventarsi delle
scuse plausibili e prendere il posto di se stesso al
servizio del principe. Come riuscirà a conciliare questa ‘nuova
situazione’? Come si evolverà il suo rapporto con Arthur?
Vorrei dedicare il capitolo a
quelle persone che hanno recensito il precedente:
Nuit
(Grazie ^^, apprezzo il tuo entusiasmo da ‘sono la prima?!’), elfinemrys, Miki87, RavenCullen (Benvenuta! ^^), Nii_san, chibimayu, Orchidea
Rosa, kagchan, masrmg_5, etherealnymph, Archangel 06, mindyxx, _ichigo85_, saisai_girl,
miticabenny, Aleinad, somochu, _Saruwatari_, YukiEiriSensei, ginnyred,
LyndaWeasley, Tao, giulia194 (Benvenuta!), e
Caskett96 (Benvenuta anche a te!).
E a quanti commenteranno (SE vi
va di recensire anche dei capitoli più indietro di questo, il vostro
parere non andrà perduto!).
Ai vecchi e ai nuovi lettori.
Grazie.
TheHe in theShe
(l’Essenza dentro l’Apparenza)
Capitolo XL
Era da poco passata l’alba, quando Arthur aprì
lentamente le palpebre, destato dalla lieve carezza di un panno che gli
sfiorava la fronte.
Egli incontrò due familiari occhi
azzurri, al di là del velo che gli ottenebrava i sensi.
“Mer-”
principiò d’istinto, inumidendosi le labbra riarse, intanto che
metteva a fuoco la figura nella scarsa luce della stanza. “Lin.” Si corresse, riconoscendo
l’ancella.
“Sire!” lo salutò il fedele servo, quasi
con le lacrime agli occhi.
“Ma che diav-”
tentò il principe, cercando invano di raccapezzarsi per come era conciato. Non riusciva a spostarsi neppure di un
pollice: né un braccio né una gamba, o una mano o un piede, nemmeno
sollevare la testa gli era concesso.
“Non vi agitate, Maestà!” gli
ordinò il valletto, alzandosi in piedi e correndo verso la porta. “Guardia! Chiama il re, chiama
Lady Morgana e anche Gaius! Il
principe Arthur si è destato!” annunciò con la solennità
di uno sbandieratore.
E quando fu certo che l’ordine fosse eseguito
tornò al capezzale del malato, accendendo il candelabro per illuminare
la camera rendendola più confortevole.
“Perché non riesco a muovermi?!”
esclamò il nobile, allarmato, cercando con ansia lo sguardo di Linette.
“Vi hanno immobilizzato al letto, per permettervi di
guarire…” gli spiegò lo scudiero, sapendo di dovergli dare una pessima notizia.
“Mi hanno mummificato, vorrai dire!”
sbraitò l’altro, con sorprendente fervore. “Legato come un
salame!” s’indignò, strattonando le bende strette. “Ma come si sono permes-”
“Vi prego, calmatevi!” lo supplicò il
mago, facendo pressione sul suo sterno per trattenerlo, ed egli mugolò
di dolore in risposta, e tuttavia si bloccò
immediatamente.
“E’ per il vostro bene!” gli ripeté
lo stregone, cercando di placarlo, ma percepiva la tensione dei muscoli contratti
sotto alle sue mani.
“Esigo una spiegazione.” Pretese Arthur,
rassegnandosi a rilassare i nervi tesi.
“Cosa rammentate di
preciso?” si ritrovò invece a chiedere Merlin, sedendosi sullo
sgabello su cui era rimasto appollaiato fino a poco prima.
“Linette!
Dove diavolo sei finita!” s’allarmò
il nobile, vedendola scomparire dalla propria visuale.
“Sono qui! Non mi muovo,
d’accordo?” s’affrettò a
tranquillizzarlo, stringendogli una mano tra le proprie e rimettendosi in
piedi, accostata al letto per farsi vedere.
“Non ti azzardare ad abbandonarmi di nuovo!” strillò
l’erede al trono, ricambiando la stretta.
Al che Merlin sorrise, gioendo.
“Riuscite a muovere le dita!”
“Certo che ci riesco!” sbottò di rimando,
quasi oltraggiato.
“Temevamo che foste rimastopa-” il mago si bloccò, incerto se poter dire
al malato quale fosse la gravità della sua situazione, e fu in quel
momento che il sovrano di Camelot fece il suo trafelato
ingresso, ancora in tenuta da notte, seguito dal fedele Gaius
e da un valletto che trasportava la borsa dei medicamenti. Morgana giunse pochi
istanti dopo, anch’ella ansante e semivestita
come la mattina in cui Merlin l’aveva incontrata proprio fuori da quelle stesse
stanze. Evidentemente stava diventando un
vizio, il suo.
“Arthur!” esclamò il monarca,
visibilmente commosso, anticipando la sua comparsa. “Figliolo, ci hai
fatti restare in pena!” lo sgridò, con assai poca convinzione, in
verità.
Il principe sorrise colpevole, senza sapere esattamente di cosa fosse stato incolpato.
“Padre…” lo salutò.
“Cosa…?”
“Non ora, figlio mio. Non ora.” Lo tacitò
il sovrano. “Lascia che Gaius ti visiti e le
risposte riserviamole a più tardi…”
Il giovane non ebbe neppure modo di protestare, che
già il cerusico si era sostituito al padre, nella sua ristretta visuale;
poiché al cavaliere era stato immobilizzato anche il collo e l’unica
cosa che rientrava nel suo panorama era il soffitto del letto a baldacchino e
di sfuggita, se guardava lateralmente, aveva una visione parziale ed imprecisa di chi gli sostava accanto.
Gaius lo salutò e non perse
tempo, subito gli controllò gli occhi con una candela, gli
auscultò il cuore e la respirazione, si fece stringere le mani e gli fece flettere le dita, persino quelle dei piedi.
Comprensibilmente il principe era un fascio dolorante, ma
collaborò – forse nella vana speranza di venir
liberato da quella prigione di garze avvolgenti – e, prima ancora di
rendersene conto, gli era stato somministrato un potente sedativo, poche gocce
dal sapore amaro, disciolte sotto la lingua.
E l’ultima cosa che riconobbe, prima di ricadere in un
oscuro oblio forzato, fu una carezza gentile e i riccioli scuri di sua sorella
e forse anche il suo profumo, ma probabilmente se lo era solo immaginato.
Appena Arthur chiuse le palpebre, Morgana ritornò
nell’angolo in cui era rimasta sino a pochi momenti addietro, ancora
scossa ma in parte sollevata dalle ultime notizie.
“Dormirà per parecchie ore.”
Spiegò il medico ai presenti, raccogliendo i propri strumenti. “Mio Signore, è bene che torniate a riposare; e anche
voi, Lady Morgana. Non possiamo fare nulla per lui, in questo momento, e
sono stati giorni difficili per tutti. Tornate a coricarvi, è
il mio consiglio come Archiatra Reale.” Precisò il vecchio, ignorando
però la propria stanchezza. “La mia assistente continuerà a
vegliarlo.” Li rassicurò.
“D’accordo, Gaius.”
Si arrese Uther, controvoglia. “Potete
ritirarvi. Esigo solo qualche istante con mio figlio.”
Il medico di corte e la protetta del re eseguirono
l’ordine implicito senza proferire verbo e il mago, rimasto solo con lui,
cercò di mimetizzarsi con gli arazzi, per concedergli un attimo di
raccoglimento privato.
Sembrò funzionare, perché il monarca parve
dimenticarsi della sua presenza, mentre parlava al principe addormentato,
rimproverandolo e lusingandolo in alternanza. Egli non mancò di
rammentargli i suoi doveri di erede al trono, con l’usuale inflessione di
chi non è abituato a veder disattesi i propri desideri.
Poi si avviò all’uscita, ma all’ultimo ebbe
un ripensamento e scrutò in direzione della valletta.
“Ehi, tu! Serva!” la chiamò il re.
Merlin gli si appressò con un inchino riguardoso.
“Qualsiasi cambiamento ravvisassi
nel principe, anche per la più insignificante sciocchezza, pretendo che
tu esegua esattamente quello che hai appena fatto: corri ad avvertire me e Gaius. Intesi?!” la
sferzò con la voce. “Non indugiare!” tuonò.
“S-sì, Sire.”
Replicò, deglutendo a fatica. “Sarà fatto, Sire!”
“Qual è il tuo nome?” esigé di
sapere, quasi che ce l’avesse con lei.
“Lin-Linette, Maestà.” Balbettò il
mago, in risposta, agitandosi.
“Bene, Linlinette.” Ripeté il sovrano. “Ti
riterrò personalmente responsabile della sua convalescenza.”
Merlin boccheggiò, sconcertato dal malinteso appena
creato. In un istante, egli rivisse la medesima scena che era accaduta
presentandosi al principe, appena trasformatosi in donna. Se non fosse stato
tutto così drammatico, probabilmente ne avrebbe riso.
E pensò che il
Destino aveva un senso dell’umorismo alquanto
discutibile e che i Pendragon erano degli idioti per ereditarietà, ma non
osò correggere il sovrano.
***
Probabilmente, la sfortuna più grande di Arthur –
ad esclusione dell’esser stato quasi in punto di
morte e successivamente calpestato e schiacciato da due cavalli – era
stata quella di incrociare il cammino di Kells, il
guaritore reale di Lord Rowayn, di cui conosceva solo
vagamente la fama.
Purtroppo per Merlin – neanche lui era a conoscenza di
questo particolare, sino a quel giorno – il primo medico a prestare
soccorso al principe era stato proprio il cerusico personale di re Rowayn, che se lo portava continuamente appresso ai tornei,
il quale aveva la reputazione di esagerare sempre
nelle proprie diagnosi, per fregiarsi poi del merito di miracolose guarigioni.
Difatti egli aveva inizialmente urlato a tutti i presenti
che il giovane Pendragon era stato ferito
mortalmente, facendo quasi morire di
spavento il povero mago, e il sovrano, e metà della corte reale.
Una volta trasportatolo in un luogo più consono e
avergli dato ancora poche ore di vita, quel mezzo ciarlatano aveva variato previsione e prospettato possibili
fratture catastrofiche nelle membra contuse dell’erede al trono e per scongiurare la probabile paralisi – un brivido era corso
lungo la schiena di tutti i presenti –, egli aveva ordinato il riposo
più assoluto, il blocco completo di ogni articolazione e pomate untuose
e puzzolenti da spalmare ovunque.
Gaius, che aveva visitato il
malato poco dopo – per non far sfigurare il suo collega e non urtare la
sensibilità di Sir Rowayn, che si era preso a cuore la cosa –, aveva alleggerito la diagnosi
rendendola più verosimile, confermando però la severità
dell’infortunio e la verosimile presenza di possibili danneggiamenti
interni agli organi: solo al risveglio del nobile si sarebbero potuti valutare
eventuali danni permanenti e la prognosi fu procrastinata a data da destinarsi.
Merlin, ascoltando la valutazione del suo mentore, si era un
pochino rasserenato: quantomeno la vita del principe non era in immediato pericolo.
Anche se lo spettro di una menomazione aleggiava sui loro cuori, solo
l’attesa del suo risveglio li avrebbe liberati da quel tormento.
Il mago, tuttavia, non era rimasto con le mani in mano e aveva cercato un incantesimo efficace per risolvere
l’infortunio del suo signore, qualsiasi pezzo fosse stato da aggiustare
– e questo era il grosso limite della faccenda: non sapere se e quali parti del corpo di Arthur
fossero danneggiate.
Per certo, il giovane Pendragon aveva tre costole incrinate,
che miracolosamente non avevano perforato i suoi polmoni; la spalla destra
lussata e disarticolata – fu una fortuna che egli fosse incosciente,
perché sembrò assai dolorosa la procedura necessaria per
rimetterla in sede – e la caviglia sinistra slogata; il numero delle
contusioni e delle abrasioni neppure si contava.
Lo stregone era persino andato a supplicare il drago di
aiutarlo e, con il suo supporto, aveva trovato un incantesimo generico, quello
che più si avvicinava a risolvere le sue attuali esigenze.
Merlin lo aveva recitato più e più volte, nei
vari momenti della giornata, ed effettivamente le ferite più
superficiali parvero trarne giovamento, anche se – ufficialmente –
si sarebbe dato merito agli unguenti puzzolenti del cerusico Kells; il quale era rimasto per tre giorni a Camelot, offrendo i propri servigi
e consulti, ma siccome la cosa sembrava andare per le lunghe senza sostanziali
miglioramenti (il principe non si era destato nel giorno da lui profetizzato),
egli era ripartito al seguito di Lord Rowayn in tutta
fretta.
E fu certamente una grazia, perché si smise
all’istante di imbrattare il corpo dell’infermo con quelle inutili
creme pestilenziali.
***
“Non mi hai ancora detto come ho fatto a ridurmi
così!” aveva brontolato Arthur all’indirizzo di Linette, pochi minuti dopo essersi risvegliato per la terza
volta dall’incidente.
“Sono desolata, Sire. Ma non
posso forzare la vostra memoria. Gaius dice che
è bene che rammentiate da solo…”
“D’accordo. Ma ti ho già chiarito che qualche particolare non mi
ucciderà!”
“Ma il re ucciderà me, se non rispetto
l’ordine…” aveva ironizzato la serva.
“Ricorda che sei sotto alle mie
dirette dipendenze… dovresti obbedirmi ciecamente!”
“Non per ora.” Lo rimbeccò. “Maestà.” Riprese, fingendosi
ossequiosa.
Il principe fece un’espressione sdegnosamente tradita
– fare espressioni era l’unica cosa che
gli era rimasta, data l’immobilità di tutto il resto, e stava
diventando bravo, esercitandosi – ma Merlin non abboccò.
Fu l’arrivo di Morgana ad
interrompere il loro disquisire.
Ella bussò e attese il
permesso di entrare.
“Sei presentabile,
mio caro fratello?” ironizzò, fingendosi indecisa se procedere o meno.
“Per te, potrei non
esserlo mai!” replicò
egli, a tono. “Se la cosa ti tiene lontana da me!”
“Non ci sperare, Arthur caro.”
Linette si fece da parte,
discretamente, lasciando che i due potessero chiacchierare indisturbati.
La castellana si avvicinò al letto.
“Noto con
dispiacere che non è ancora giunta la tua ora…”
malignò, ghignando.
“Non ti darei mai una soddisfazione del genere!”
rispose il principe, con compiacimento.
E la nobildonna sbuffò, sistemandosi un ricciolo
dell’acconciatura dietro l’orecchio.
Per un istante, il rumore dei suoi bracciali d’oro che
tintinnarono fu l’unico suono attorno a loro.
“Morgana?” la chiamò Arthur,
perdendo il tono leggero di poco prima.
“Dimmi…” lo incitò lei, sedendosi
accanto al suo corpo immobilizzato, incurante dell’Etichetta.
La sua sorellastra
poteva dargli le risposte che cercava, se avesse
toccato i tasti giusti.
“Com’è che non si sente il rumore dei
preparativi?”
“Quali preparativi?” s’insospettì
lei.
“Nella piazza, nella piana accanto
all’Arena… perché non si sente la gente che si muove fuori?
I tendoni sono da smontare, le carovane arrivate per il Torneo dovrebbero
essere in partenza, i cavalieri, i nobili e la loro servitù… lo
sai che provocano sempre un gran baccano!”
“La finestra è chiusa, Arthur.”
Mentì lei, annuendo verso i tendaggi socchiusi per favorire il riposo
del principe. “Per questo non li senti. E la gente sa che devi risposare,
si muoverà con più accortezza…”
Non avrebbe avuto
cuore di dirgli che se n’erano già tutti andati mentre lui era
incosciente e lottava tra la vita e la morte.
“Ma almeno… l’ho
vinto io?” volle sapere il giovane Pendragon. “Ci ho quasi rimesso
la pellaccia, mi auguro che ne sia valsa la pena!”
“Oh! Il Principino Boriosetto
che vuol sempre primeggiare!” lo canzonò la dama, deviando la
risposta.
“Strega!”
sibilò egli tra i denti, di rimando.
E la fanciulla rise di gusto, quasi
che fosse stato un complimento anziché un’offesa.
“Ti sei riconfermato il Campione.”
Gli concesse infine.
Cadde un breve silenzio fra loro, in cui Arthur
assorbì la notizia; ma ancora non era soddisfatto.
“Chi hai portato al ballo, ieri sera?” chiese
allora, di punto in bianco. “Sapessiquanto mi è dispiaciuto mancare!”
Morgana lo aveva
lasciato farneticare e non aveva avuto il coraggio di spiegargli che
“ieri” era in realtà cinque giorni
addietro, e che era caduto in un sonno profondo per pietà degli Dei,
perché non provasse un dolore indicibile.
“Peccato che io non abbia potuto pestarti i piedi!”
aveva scherzato lei, per mascherare la preoccupazione sincera.
“Chi ti ha accompagnato? Sir Leon o
Sir Martin?” insistette il principe. “Tuttavia, Sir Martin…
credo fosse più felice di accompagnare Lady Theresa.”
Morgana sorrise civettuola.
“Ah! Allora certe cose non ti
sfuggono!”
“C’è poco da lasciarsi sfuggire, sono
settimane che ne parla, a tutti quelli che lo stanno a
sentire, ad ogni allenamento…” brontolò il cavaliere.
Merlin, dal suo cantuccio, ricordò che al Raduno di Ricamo
Lady Theresa aveva confessato di essere attratta da Sir Martin e di essere
ricambiata, ma che egli aspettava l’Investitura prima di farsi avanti col
padre di lei e il Banchetto del Torneo sarebbe stato
il momento ideale per ufficializzare la cosa, poiché già ella gli
aveva donato in pegno il suo velo durante le Gare.
“Or dunque?” riprese l’Asino, cocciutamente.
“Chi era il prescelto sostituto? Non quel vecchio di Sir Golderf, voglio
sperare!” si finse scandalizzato.
La dama rimase muta, poiché non sapeva bene cosa
rispondergli.
Geoffrey, il
Cerimoniere di Corte, era quasi morto di dispiacere nel dover mandare a monte il Cerimoniale, ma data la grave condizione di
salute dell’erede al trono, non si era celebrata la sua vittoria con un
fastoso banchetto, bensì con una semplice cena di commiato ai
partecipanti.
Il principe, tuttavia, interpretò il silenzio di lei come un tentativo di ritrosia calcolata.
“Sappi che non ti supplicherò di
dirmelo!” precisò subito, e la foga gli costò un doloroso
accesso di tosse che gli fece mancare il fiato.
“E’ meglio che io mi ritiri, devi
riposare…” esclamò ella,
preoccupata, risollevandosi dal materasso.
Arthur fece appena in tempo ad afferrarle un lembo della
veste adagiata accanto alla sua mano.
“No, resta ancora un po’.” Le
ordinò, trattenendola, anche se sembrava la richiesta di un bambino che
aveva paura del buio.
“La sai una cosa?” principiò Morgana,
riaccomodandosi, con la precisa intenzione di deviare argomento dai
festeggiamenti. “C’erano così tante dame affrante per la tua
situazione, che non ho neppure capito per chi avessi gareggiato…”
Il principe parve sbiancare più di quanto pallido
già non fosse. Tuttavia si riprese quasi subito.
“Oh, dovrai tenerti la curiosità!”
ghignò saccente, come un gatto che aveva mangiato il topo.
“Oltretutto, benché io abbia visto il
fazzoletto che ti è stato donato solo di sfuggita, mi è parso in
qualche modo familiare…” rifletté la dama ad alta voce,
procurando quasi un mancamento al cavaliere e al mago in contemporanea.
“Mmm… Linette?” disse,
allora, la Veggente, dopo aver riflettuto un istante, come se avesse avuto
un’illuminazione improvvisa.
Arthur e Merlin sussultarono all’unisono: il primo,
per quanto gli concedevano i bendaggi stretti, il secondo, facendo cadere il
trofeo che stava fingendo di spolverare per tenersi occupato.
No, Morgana non poteva
aver capito che…
“Linette!”
Continua...
Disclaimer:I
personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi,
non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.
Ringraziamenti:
Un abbraccio a Tao, che sopporta i
miei scleri. X3
Note: I cliffhanger cominciano a piacermi! *_*
Vi dico già che non ho messo l’anticipazione al
prossimo, perché il capitolo è un fase
di sistemazione, perciò non posso sceglierne uno stralcio.
Ad ogni modo, Arthur è malconcio ma non morto, ed
è quello che vi premeva sapere, no?
(Su, per favore, abbassate quegli
oggetti contundenti! Ç_ç)
Il rapporto amoroso tra Lady Theresa e Sir Martin, come
già accennato, fa riferimento al cap. 26, alla
famosa ‘Lezione di Cucito’.
Non credo sia necessario ricordarvi il pezzo di déjà
vu di cui accennavo nelle note dello scorso capitolo. Quel
‘Linlinette’
parla da sé. XD
Qualche tempo fa, mi era stato chiesto di dare più
spazio a Morgana e in questo capitolo (e nel prossimo) sto accogliendo la
vostra richiesta. In realtà, lei doveva fare solo una breve comparsa e
incasinare la vita dei pucci, però mi sto
accorgendo che mi piace parecchio descrivere il suo rapporto di fraterno
amore-odio con Arthur.
Allora. So che voi volete sapere cosa c’era sotto alla sabbia, ma.
Ma, come avevo anticipato, volevo provare ad
impostare questi capitoli in modo diverso, poiché si prestano bene ad
una piccola sperimentazione.
Sostanzialmente, è una cosa molto semplice. Finora
noi abbiamo conosciuto gli eventi visti quasi esclusivamente dal punto di vista
di Merlin, oppure come lettori onniscienti. Ora, per una breve parentesi, ci
immedesimeremo in Arthur. Egli non ricorda cos’è accaduto e
nessuno vuole dirglielo. Egli rimane all’oscuro dei fatti come il lettore
e… dovrete pazientare con lui per saziare la vostra curiosità. (Nel frattempo potete soffrire e protestare con lui! ^_=)
Non ho altro da spiegare di questo capitolo, in caso
chiedete. ^^
Precisazioni al
capitolo precedente e domande varie: (a random)
- La bandana è morta nell’esercizio del suo
dovere. E’ perita gloriosamente, su. Ma notate
che porta con sé ancora guai, anche se è passata a miglior vita?! *_*
- Ehm… per cortesia, usiamo termini un filino meno pesanti nei commenti, eh? Grazie.
- Prendo nota del fatto che i capitoli vi sembrino sempre troppo
corti, ma 2.500 parole mi sembrano una lunghezza
più che dignitosa, anche rispetto agli aggiornamenti che vedo su EFP.
Allungare i capitoli significherebbe
aggiornare una volta al mese. Gradirei sapere se la maggioranza preferirebbe un
cambiamento così. Potrei rivedere l’assetto della storia e
adeguarmi.
- No. Né Arthur né Morgana hanno capito che
Merlin èLinette.
(Non ancora, almeno.)
- Rispondendo ad una domanda:
sì, Gwen è decisamente fuori dai canoni medievali di bellezza e fascino. Il
colore della pelle, le sue origini mulatte, la sua corporatura sono tutti
fattori in antitesi con i ‘gusti di quel tempo’; ma Merlin è
un telefilm inserito in una specie di ‘Fanta-Medioevo’,
in cui gli autori hanno compiuto scelte ‘politicamente corrette’
(mi riferisco ad esempio ai cavalieri di colore, cosa impensabile al tempo; gli
uomini di colore in Britannia erano schiavi africani al servizio dei Romani
arrivati lì a colonizzare) e agnostiche (Camelot è da sempre considerata Baluardo della
Cristianità, ma tu hai mai visto mezzo frate, prete o suora nel
telefilm?).
- Sono contenta che il contrasto tra Arthur tutto
infervorato e Arthur moribondo vi sia piaciuto. Ci tenevo davvero a rendere lo
stridente conflitto tra le due scene.
- Sì, anche io credo che
Arthur appena sveglio e arruffato sia awhnnn…. *ç*
- Sono contenta che lo spazio dedicato a Geoffrey vi abbia
soddisfatto!
- Arthur ha fatto fare delle
indagini perché era stanco di aspettare con le mani in mano…
sappiamo che il principe è un uomo impaziente!
XD
Campagna di Promozione
Sociale - Messaggio No Profit:
Dona l’8‰
del tuo tempo alla causa pro recensioni.
Farai felice
milioni di scrittori.
(Chiunque voglia
aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove
meglio crede) Come sempre, sono graditi commenti,
consigli e critiche.
Buon pomeriggio! Scusate l’attesa ma, come ho scritto
nel forum personale, sono stata prima in viaggio e poi sequestrata dalla real life. Comunque non temete, con il vostro sostegno la fic continuerà regolarmente e spero che le avventure
che devono ancora accadere vi possano piacere.^^
Questo capitolo
è il diretto seguito del precedente (vi consiglio di rileggerlo per
riagganciarvi), e siamo ancora a circa due mesi e mezzo dalla trasformazione in
Linette.
Riassunto: Merlin
è abituato a salvare la vita all’Asino Reale senza che questi se
ne accorga, ma stavolta non tutto va per il verso giusto. Colpito
dall’incantesimo del malvagio Ardof, il nostro
mago farà i conti con una sconvolgente novità: egli si risveglia
trasformato in una donna.
Solo Gaius conosce il suo segreto e, finché
non troverà il modo di tornare normale, dovrà inventarsi delle
scuse plausibili e prendere il posto di se stesso al
servizio del principe. Come riuscirà a conciliare questa ‘nuova
situazione’? Come si evolverà il suo rapporto con Arthur?
Vorrei dedicare il capitolo a
quelle persone che hanno recensito il precedente:
masrmg_5, elfinemrys, _Saruwatari_,
_ichigo85_, Caskett96, ginnyred, chibimayu,
mindyxx, RavenCullen, Tao, kagchan, Aleinad, Yaoithebest94 (Ciao!,
benvenuta! ^^), saisai_girl, Nii_san,
Orchidea Rosa, Cassandra (Grazie e benvenuta!), Nuit,
simplymyself (Benvenuta! Farò tesoro per il
futuro dei tuoi consigli e dei pareri che mi darai), YukiEiriSensei, Dhialya (Benvenuta anche a te! Anche se ci siamo già
scritte via MP) e miticabenny.
E a quanti commenteranno (SE vi
va di recensire anche dei capitoli più indietro di questo, il vostro
parere non andrà perduto!).
Ai vecchi e ai nuovi lettori.
Grazie.
TheHe in theShe
(l’Essenza dentro l’Apparenza)
Capitolo XLI
“Linette!”
ripeté la nobildonna, indirizzando senza indugio l’attenzione
verso la valletta, ignorando il fratello per rivolgersi a lei, che stava
riordinando la stanza senza dare nell’occhio. “Tu, forse, sapresti
aiutarmi…” la lusingò. “Con una confidenza tra
donne…”
Oh, dèi
dell’Antica Religione! Quindi lei non
aveva scoperto la verità…
Troppo breve fu il sollievo per lo scampato pericolo; il
servo e il padrone erano consapevoli che la protetta del re non avrebbe desistito
tanto facilmente dal suo proposito di comprensione.
Intanto che Merlin pensava a qualche scusa di cortesia da propinarle,
fu il principe – per colpa del quale, a onor del vero, erano finiti in
quel guaio – a trarlo d’impaccio.
“Ehi! Non
vale!” protestò il giovane Pendragon, perdendo il vantaggio
conquistato con la sua precedente risposta.
La castellana, semplicemente, non prese in considerazione le
sue lamentele.
“Linette, mia cara,” le
si appressò, sfiorandole una spalla in un gesto amichevole di contatto.
“Certamente, tu sei a conoscenza del nome della dama per il cui onore il
mio valoroso fratellastro ha combattuto!” ripeté, speranzosa.
“Spiacente, Mia Signora. Io
non ne so nulla.” La deluse, con tono inflessibile.
“Oh.” Sbuffò Morgana, incassando. “Non c’è che dire. Tieniti
stretta la sua fedeltà!” consigliò al principe,
riconoscendo la propria sconfitta.
Arthur espresse mentalmente la sua gratitudine per la
prontezza della serva, ma se la tenne per sé.
“Quindi…”
tornò alla carica la donna, risedendosi sul letto. “Di chi era il
fazzoletto?”
“Ma non ti stanchi mai d’infastidirmi?!” sbottò egli, contrariato.
“Oh, certo che no! Tanto più che ora non puoi neppure sgattaiolare via e
piantarmi qui!” ridacchiò lei, con una punta di fraterna
cattiveria.
“E… se ti dicessi per chi ho
gareggiato, te ne andrai?” patteggiò il principe.
“All’istante!” sorrise lei.
“Beh, vedi…” Arthur si prese un momento di
pausa per farle accrescere la curiosità. “Non me lo ricordo più!”
dichiarò, senza sforzarsi di essere credibile. “Tu non vuoi dirmi
con chi sei andata al Ballo, nessun vuole spiegarmi cosa diamine mi è
successo e tutti ripetono che devo ricordarmelo da solo… Orbene, non ricordo neppure questo particolare!” la ripagò
con la stessa moneta. “Poteva essere bionda o castana, una regina o una
sguattera… chi può dirlo?”
Morgana boccheggiò, oltraggiata e – almeno in
parte, doveva riconoscerglielo – affascinata per come se l’era
cavata.
“D’accordo.” Concesse, sollevando i palmi
delle candide mani. “Hai vinto. Per ora.”
Il principe le sorrise di rimando.
“Non sprecare notti insonni a rimuginarci…”
la avvertì. “Perché non ti servirà.”
“Ma come sei premuroso!”
ironizzò ella.
“Ah, per amor di precisione e per evitarti inutili
fraintendimenti, mia cara, sappi che ieri, quando Linette mi ha riferito del
tuo incubo, ho mandato Gaius a farti visita non per sollecitudine fraterna, ma
semplicemente perché non potevi mancare sul Palco Reale, a meno che tu non avessi avuto un piede nella fossa, e un
incubo non credo rientrasse tra le scelte contemplate.
Non potevi deludere mio padre, si sarebbe aspettato
da te la tua presenza come castellana di Camelot. Esserci
era un tuo preciso dovere, indisposta o meno.”
Le rammentò, con un tono più severo che nelle sue reali
intenzioni.
“Arthur, non ti angustiare. So perfettamente che da te non può provenire nessun gesto di
cavalleria…” rispose sarcasticamente la dama, incassando il
rimprovero velato, poiché era consapevole che le parole del principe
celavano altro, e che in verità il suo interesse era stato sincero.
Ma a volte la
spaventava la brama di approvazione che suo fratello nutriva per il re,
talvolta temeva che Utheravrebbe
finito col plagiarlo a sua immagine e somiglianza e la cosa la faceva
rabbrividire.
“E adesso, piccolo Semola, cerca di riposare!” lo
blandì, canzonandolo.
“Strega!” sibilò egli, per ritorsione.
Morgana non parve risentirsene, mentre si risollevava dalle
coperte e si lisciava la veste ricamata.
“Non fare impazzire Lin con i tuoi capricci! Moccioso!”
“Vipera!” ruggì Arthur, di rimando.
Merlin fu quasi certo di averlo visto fare la linguaccia
alla nobildonna. Tuttavia, in quel momento Gaius
entrò nella stanza e lo distrasse dal seguire il battibecco.
“Milady, siete rimasta a
lungo. E’ bene che il principe ora riposi…”
dichiarò, garbato ma perentorio.
“Stavo giusto per andarmene, ho consumato abbondantemente
la mia scorta di pazienza.” Dichiarò ella,
impettita, pizzicando un dito dell’erede al trono – uno dei pochi
punti rimasti sani – per dispetto.
In fondo, averla vinta
era una questione di vitale importanza, no?
Ma Arthur non le diede la soddisfazione
di mostrarsi colpito. Tuttavia, prima che la donna se ne andasse,
richiamò la sua attenzione un’ultima volta.
“Ah, Morgana?”
Ella si voltò e i due si
scambiarono un lungo sguardo silenzioso.
Uno di quei discorsi che
si dicono le persone che sono nate e cresciute insieme, al di
là delle provocazioni e delle scaramucce.
Poi la dama sorrise, imbarazzata, felice e serena, e si
allontanò da lui.
Gaiusprese
il suo posto al capezzale del malato, per somministrargli i medicamenti
necessari e valutare il progredire del suo stato.
Morgana, prima di andarsene dagli appartamenti
dell’erede al trono, si rimise sulle spalle lo scialle che Merlin le
stava porgendo, accompagnandola sull’uscio.
“Grazie.” Bisbigliò ella,
cercando gli occhi della serva.
“Era mio dovere porgervelo.” Rispose il mago, sorpreso
nel vederla scuotere il capo corvino.
“No, non per questo.” Sussurrò allora la
Veggente. “Non so come, ma è merito tuo se si è
salvato.”
Merlin sussultò, impreparato. “No, Milady,
voi…”
Morgana gli pose una mano sul braccio, come a tacitarlo.
“Non importa. Non
importa.” Cantilenò. “Ciò che conta è che il
mio sogno non si sia realizzato.” Spiegò e, prima che lo stregone
potesse aggiungere qualcosa, ella era già
scomparsa nel corridoio.
***
Merlin era rimasto alquanto turbato da quella conversazione
e aveva passato gran parte del pomeriggio a riflettere, senza tuttavia venire a
capo di nulla.
Fu solo alla sera, quando fu
temporaneamente congedato dal principe per poter provvedere alle proprie
necessità, che egli ebbe modo di confrontarsi col suo mentore e fu in
grado dar voce ai propri tormenti.
Allorché lo stregone ebbe
raccontato i dialoghi avuti con Morgana – quello avvenuto poche ore prima
e quello di qualche giorno addietro che, dati gli eventi tragici che avevano
scosso il regno e le loro vite, non aveva più avuto il tempo di riferire
–, egli confessò anche lo spaventoso timore (e l’altrettanta
vivida speranza) che lei lo avesse riconosciuto per quello che era realmente.
E se anche la prima ipotesi era naufragata miserevolmente,
il secondo discorso sibillino della protetta del re poteva dare adito al
sospetto che lei sapesse qualcosa
– cosa esattamente non era dato saperlo, – in virtù dei suoi
poteri magici latenti.
Gaius, tuttavia, aveva smorzato le
sue elucubrazioni con la consueta, pacata saggezza.
A suo avviso, Morgana non era ancora capace di controllare,
e quindi di comandare, il proprio Potere.
Ella ne era in balìa, in
qualche modo arrivava addirittura a negarlo, a rifiutarlo inconsciamente;
motivo per cui, allo stato attuale, sarebbe stato impossibile, per lei,
riconoscere Merlin in Linette.
“La Vista è un Dono bizzoso che va coltivato, e
lei non lo sta facendo.” Aveva considerato il vecchio guaritore. “Per
la sua sicurezza, è prudente che lei rimanga allo stato attuale,
considerando le sue Visioni come semplici sogni, come incubi tutt’al
più, forse un po’ un troppo vividi.”
Merlin, suo malgrado, sperò
che davvero fosse così. Anche perché le parole del Grande Drago
contro la strega erano sempre rimaste dentro di lui, zittite ma mai
dimenticate.
Ci sarebbe voluto
ancora del tempo, prima che Arthur intuisse, e poi comprendesse, le facoltà
segrete di Morgana; ma nel momento in cui l’avesse fatto, avrebbe anche realizzato che, se lei gli stava davvero a cuore, avrebbe
dovuto allontanarla da suo padre, il re, per proteggerla, per il suo bene, ponendo quanta più distanza
possibile tra lei e Uther.
***
“Non lo voglio, il brodo!” protestò il
principe, quando pazientemente Linette gli
avvicinò il cucchiaio alla bocca.
“Sire! Non fate i capricci!”
lo sgridò il servo, esasperato. “Se non mangiate, non
riacquisterete le forze e non guarirete e…”
“Se mangio ancora brodo, mi uscirà dalle
orecchie!” s’incaponì l’aristocratico Babbeo,
incrociando simbolicamente le braccia, visto che non
poteva muoversi.
“Gaius dice che non è
prudente che ingolliate cibi solidi in questa posizione che vi
impedisce di digerire… non vorrete soffocare!”
“Non voglio soffocare,Linette! Ma non voglio neppure il
brodo!”
“Ah, come desiderate…” si finse remissiva,
allontanando il cucchiaio e la scodella dall’infermo. “Tuttavia
sarò costretta a riferire al re, vostro
padre, che avete rifiutato di nutrirvi e anche a Lady Morgana, che spera in
una vostra pronta guarigio-”
“D’accordo.”
Sibilò allora il nobile Pendragon. “Hai vinto.”
Merlin si affettò ad
imboccarlo prima che cambiasse idea e non si curò di capire se fosse
servito più lo spauracchio nei confronti di Uther
o quello di riferire alla protetta del re che il suo fratellastro aveva fatto i
capricci col cibo. L’importante era che quell’Asino cocciuto avesse
ceduto.
Fin dall’inizio del suo risveglio, infatti,
l’Idiota Reale aveva fatto ostruzionismo in tutti i modi possibili
– e si sarebbe detto che erano pochi, vista la sua forzata
immobilità –, ma il povero mago aveva scoperto a sue spese che
l’ingegno dell’erede al trono aveva
risorse inimmaginabili se canalizzato a complicargli la vita.
“Visto? Ho trangugiato
tutto!” ci tenne a precisare la coronata Testa di Legno, dieci cucchiaiate dopo.
Linettegli
sorrise suo malgrado, contenta di averla spuntata almeno in questo.
“Se seguirete ciò che Gaius
vi ha prescritto, tornerete a mangiare del cinghiale prima di quanto
pensiate!” Lo blandì, per infondergli coraggio. “E ora
bevete la vostra medicina…”
“Anche quella fa schifo…” brontolò
il principe, facendo una smorfia disgustata.
“Ma se non la prendete,
io…”
“La conosco la solfa, fermati!” la interruppe.
“Lo dirai a mio padre e a Morgana e farai la spia a mezzo castello…”
Merlin scoppiò a ridere. “Oh, no! Mi limiterò
a tapparvi il naso e ad aspettare che apriate la bocca per respirare,
così la ingoierete!”
Arthur sgranò gli occhi incredulo, spalancando le labbra indignato: “Traditri-!”
A metà parola si ritrovò il cucchiaio pieno di
medicamento esattamente dove Linette voleva che fosse:
fin quasi incastrato contro le sue nobili tonsille.
Ella, infatti, non si era lasciata
intimidire e, nascondendo un sorriso, aveva atteso le proteste del suo signore
– che era certa sarebbero arrivate – per agire.
“Adesso devo somministrarvi anche le gocce che vi
aiuteranno a riposare.” Lo informò, perché stavolta necessitava del suo aiuto. “Vanno disciolte sotto la lingua. Quindi,
forza, su!, sollevate la vostra regale linguaccia...”
“Non voglio che tu me le dia…” si oppose,
stavolta con un tono ben diverso da poco prima. L’espressione
dell’erede al trono si era fatta seria, accantonando le frivolezze.
Merlin lo fissò, tenendo la boccetta a
mezz’aria.
“Sire…” incominciò. “Riposare
facilita la vostra guarigione fisica…”
“Però questo sonno
forzato mi ottenebra la mente, mi stordisce anche quando sono sveglio. Di
questo passo non rammenterò mai nulla, se continuerò ad essere drogato di farmaci e frastornato per tutto il
tempo…”
Lo stregone sospirò, accantonando momentaneamente il
preparato terapeutico.
“Posso ritardare il momento della somministrazione, ma
non posso impedirla.” Gli chiarì.
Arthur rivolse alla sua valletta personale uno sguardo
grato. E Merlin si sentì stringere lo stomaco da una sensazione violenta
che non sapeva identificare. Arrossì suo malgrado, chinando il capo per
celarsi alla vista dell’altro.
Il fatto che anche il suo padrone si fosse zittito, gli diede
modo di riflettere su quanto si erano appena detti. E forse Arthur non aveva tutti i torti, al riguardo.
Forse si sarebbe dovuto prestare più attenzione anche
all’aspetto mentale del suo trauma, e invece tutti si erano
tranquillizzati, Gaius per primo, quando si era
capito che il principe stava fisicamente
abbastanza bene da non essere più in pericolo di morte.
Ma quanto erano gravi le sue ferite interiori?
“Non… non rammentate ancora niente?” si
ritrovò a chiedergli, contravvenendo agli ordini ricevuti.
“No, solo cose confuse.” Ammise il giovane
Pendragon. “L’unico ricordo che mi sovviene
è che dovevo combattere la finale con Sir Galderth
e che sono montato a cavallo. Poi sono avvolto nel buio più
completo.” Confessò.
“Non sforzatevi di ricordare, è stato
l’incidente a farvi perdere la memoria, ma non è nulla di
grave.” Lo rassicurò, ripetendo le parole che Gaius
aveva ribadito, a tutti, infinite volte.
“Linette, per favore, dimmi
cos’è successo!” la supplicò, invece, con tutta
l’aristocratica dignità che gli era rimasta.
Merlin si morse le labbra per trattenersi dal parlare, e
scosse la testa.
“Non posso. Vorrei – davvero, lo
vorrei – ma non posso…” si rammaricò.
A quella risposta, il nobile esalò uno stanco
sospiro.
“Lascia stare. Fingi che non te l’abbia chiesto.
Non voglio metterti nei guai.”
“No, Sire!” si affrettò a smentirlo il
servitore. “Siete proprio un Asino Reale! E non capite niente! Io non
taccio per proteggermi! E’ per voi! Se sapessi che raccontarvi tutto
potrebbe farvi guarire, non mi importerebbe di
incorrere nelle ire di vostro padre! E’ la vostra salute che mi sta a
cuore più di tutto!”
Arthur assorbì la sfuriata e successivamente
sondò l’espressione della sua ancella. Infine, stiracchiò
un sorriso.
“Meriteresti la gogna per le offese arrecate alla mia
nobile persona…” le fece notare, con pignoleria. “Tuttavia,
riconosco che trasgredire impunemente un ordine diretto del tuo re è un
atto di discreto coraggio – ed enorme follia, beninteso, ma ciò
non sminuisce il tuo ardimento.”
“Mi… mi state sgridando o elogiando?” si
ritrovò a chiedere il valletto, confuso.
E il principe rise della sua espressione perplessa,
incurante del dolore alle costole che i sobbalzi gli procuravano.
“Oh, Lin-Lin…”
la canzonò, mentre Merlin indossava un adorabile broncio. “Sei
lenta di comprendonio come un certo idiota di nostra conoscenza!”
“Ah, bene!” sbottò allora, risentito. “Noto
con piacere che non avete dimenticato
come si offendono i vostri servitori!” protestò. “Se per
ogni vostro ‘complimento’ avessi raccolto un granello di sabbia, adesso
io-” lo stregone si zittì di colpo, vedendo che il suo padrone
aveva sussultato in modo inaspettato.
“S-sabbia…”
ripeté Arthur, con lo sguardo remoto di chi sta cercando disperatamente
di ricordare una cosa sfuggevole, sfuggente
quanto la rena tra le dita.
Merlin gli si appressò, rimanendo in silenzio.
“Linette!
La sabbia!” riesordì
il cavaliere, colto da un’improvvisa frenesia. “Mi
parlasti di sabbia, vero? La sabbia c’entra qualcosa!” si infervorò, cercando negli occhi di lei una
conferma delle sue ipotesi.
Lo stregone tentennò. E alla fine cedette.
“Sì, c’entra.” Comprovò. E
decise che non poteva più starsene lì, fermo ad aspettare. Forse non avrebbe dovuto forzare gli eventi,
ma vi avrebbe dato ugualmente una spinta. “Chiudete
gli occhi e raccontatemi come ricordate l’Arena quel giorno…”
lo sollecitò e, di fronte allo sguardo titubante dell’altro, lo
rassicurò. “Non importa se sbagliate, se non sono ricordi veri, intanto
provate.”
Il principe si fidò, abbassò le palpebre e
cercò di rilassarsi mentre si concentrava su
un’esperienza vissuta decine e decine di volte.
“Rammento la gente assiepata sugli spalti… Le
grida di incitamento della folla… Le bandierine
colorate che svolazzavano… Le insegne dei contendenti sconfitti, il
tabellone degli scudi…”
“E’ tutto corretto, Maestà, andate
avanti…” lo esortò.
“Tu… tu mi avevi parlato della sabbia
dell’Arena…”
“Esatto…”
“Di un…” Arthur si fermò,
corrugando la fronte nel disperato tentativo di riappropriarsi degli eventi. “Dannazione! E’ tutto
così nebuloso!” scattò, arrabbiandosi con se stesso.
“Concentratevi sulla sabbia…” lo
indirizzò il servo. “Buche? Vi dice niente?”
“Buche, sì… Avvallamenti… e
dossi…” completò allora il giovane Pendragon. “Un…
un pericolo nascosto nella sabbia…”
“Giusto!”
“Era qualcosa di magico… Una stregoneria!”
esclamò, febbrile ed esausto per lo sforzo.
“D’accordo, Sire. Per
stasera, basta così.” Si risolvette il mago, passandogli una pezza
umida sulle tempie imperlate di sudore.
“No, Linette, non mi
fermerò ora che mi sembra di potercela fare…”
controbatté l’altro.
“Questa ricerca vi ha sfinito e il domani non
scappa!” tentò di persuaderlo la fanciulla,
agguantando le temute gocce soporifere. “Forza, aprite la bocca.” Gli
ordinò, spiccia.
Arthur obbedì a malincuore, poi lasciò che la
sua valletta gli rimboccasse le coltri.
Aveva decisamente la testa e lo
stomaco troppo in subbuglio per riuscire a prender sonno, ma non
protestò – sapeva che non sarebbe servito a nulla – quando Linette soffiò su buona parte dei candelabri che
illuminavano la camera per permettergli un riposo più confortevole.
Inaspettatamente, le palpebre gli si fecero ugualmente pesanti,
il medicamento stava già facendo effetto, anche se contro la sua
volontà.
“Buonanotte, Maestà.” Gli augurò
Merlin, avvolgendosi una coperta addosso e andando ad accoccolarsi sulla seggiola
imbottita su cui aveva passato tutte le notti dal giorno dell’incidente.
“Lin?” la chiamò ugualmente, nella
penombra della stanza, con la voce ormai impastata dal torpore indotto.
“Mh?” mugugnò
lo stregone, distrattamente.
“Cos’è uno ScorpiusChamaeleo?”
Continua...
Disclaimer:I
personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi,
non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.
Ringraziamenti:
Un abbraccio a Tao, che sopporta i
miei scleri. X3
Note: Per farmi
perdonare dell’attesa, questo è in assoluto il capitolo più
lungo che ho scritto. Ci stiamo avviando verso i chiarimenti e la conclusione
di questa ‘Parentesi Torneo’ per passare
ad altri guai.
Spero che l’immedesimazione in Arthur sia stata
convincente. ^^
Morgana chiama Arthur “Semola” per prenderlo in
giro, con riferimento al cap. 16 di questa stessa fic, in cui si parlava di una lunga malattia invernale di
Arthur bambino, che alla fine gli è costata questo appellativo.
Lo ScorpiusChamaeleonon
esiste. E’ un animale magico che ho inventato, sarebbe uno
‘Scorpione Camaleonte’.
Per inciso, anche
il nome è inventato, poiché il nome
corretto dello scorpione animale sarebbe Scorpion;
mentre Scorpius è la costellazione. Ma
è una mia scelta per questione di musicalità nella pronuncia. ^^
Per le spiegazioni, purtroppo, dovrete attendere come
Arthur. Ma vi basti sapere che non l’ho scelto a
caso, o solamente per il suo potenziale veleno.
“In araldica, lo scorpione simboleggia l'uomo che non perdona. Ed è
rappresentato dai Padri della Chiesa nell'iconografia medievale e
rinascimentale.”
(Da Wikipedia, l'enciclopedia
libera.)
Non ho altro da spiegare di questo capitolo, in caso
chiedete. ^^
Precisazioni al
capitolo precedente e domande varie: (a random)
- Il rapporto tra Arthur e Morgana, in
questa storia, è puramente e totalmente fraterno. E, come i buoni
fratelli, si amano e si odiano (più o meno
cordialmente).
Ma non c’è, e non ci
sarà, alcuna attrazione fra loro. Quando ho detto che Morgana doveva
creare scompiglio, intendevo solo che avrebbe complicato la vita ai pucci, però non in senso amoroso.
- Secondo me, invece, Arthur rientra nei canoni di bellezza
medievale. Il suo essere biondo con occhi chiari non era
affatto un ostacolo, anzi. Ed era alto più che a sufficienza,
robusto e ben proporzionato. Al di là dell’essere
un principe, nel Medioevo avrebbe fatto la sua porca figura. *ç*
- Nessuno vuol dire ad Arthur la verità perché
si credeva che ‘forzando la mente’ si
potessero fare danni irreparabili al cervello. Del resto, da questo lato la
medicina del tempo era davvero un aspetto quasi inesistente, come ho anche
accennato nel capitolo.
- Sì, Uther e Arthur sono
davvero due idioti Pendragon. Ero sicura che “Linlinette”
avrebbe divertito voi quanto me quando l’ho
pensata. XD (Cfr. cap. 3 ibid.)
- Morgana effettivamente sa
più degli altri, ma ancora non sa
di saperlo. ^^
- Gaius tiene Arthur legato al
letto per permettere a Merlin di sperimentare giochini
ero- ehm… no. Lo fa per precauzione. Dopo la spalla slogata, le costole
rotte e la gamba, Arthur potrebbe avere anche altre ossa rotte della schiena e,
non potendo verificare, il medico ha preferito bloccare ogni arto per
sicurezza. Sì, è un po’ approssimativo, ma era anche
l’unica soluzione al posto di una radiografia. XD
- Semplicemente, il mio appello chiedeva di usare parole
meno ‘pesanti e/o offensive’ nei confronti miei e di ciò che
scrivo, e chi di dovere ha modificato le recensioni. Grazie.
- Con l’andar dei capitoli, sto realizzando
che Arthur e Merlin non moriranno in battaglia, ma per un infarto causato da
Morgana. XD
Bene. Chiudo con un avviso, per chi fosse interessato
alle mie pubblicazioni in generale.
Visto che è più di un
mese che non aggiorno nulla, oggi ho caricato anche la mia prima fic sul fandom di Queeras Folk (USA) (non ha
bisogno di presentazioni, vero?) “Fathers And Sons” e la mia prima fic
sul fandom di BlackFriars, “Foliumrosae” ispirata al libro di Virginia de Winter (Savannah), che si è classificata terza
all’omonimo contest.
Se vi va di darci un’occhiata e di lasciarmi un
parere, ne sarò felicissima! ^^
Campagna di Promozione
Sociale - Messaggio No Profit:
Dona l’8‰
del tuo tempo alla causa pro recensioni.
Farai felice
milioni di scrittori.
(Chiunque voglia
aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove
meglio crede) Come sempre, sono graditi commenti,
consigli e critiche.
Questo capitolo è il diretto seguito del precedente (vi consiglio di
rileggerlo per riagganciarvi), e siamo ancora a circa due mesi e mezzo dalla
trasformazione in Linette
Questo capitolo è il
diretto seguito del precedente (vi consiglio di rileggerlo per riagganciarvi),
e siamo ancora a circa due mesi e mezzo dalla trasformazione in Linette.
Riassunto: Merlin
è abituato a salvare la vita all’Asino Reale senza che questi se ne accorga, ma
stavolta non tutto va per il verso giusto. Colpito dall’incantesimo del
malvagio Ardof, il nostro mago farà i conti con una
sconvolgente novità: egli si risveglia trasformato in una donna.
Solo Gaius conosce il suo segreto e, finché non troverà
il modo di tornare normale, dovrà inventarsi delle scuse plausibili e prendere il posto di se stesso al servizio del principe. Come
riuscirà a conciliare questa ‘nuova situazione’? Come si evolverà il suo
rapporto con Arthur?
Vorrei dedicare il capitolo a
quelle persone che hanno recensito il precedente (e visto che
i commenti sono in calo, sono ancora più preziosi!):
E a quanti commenteranno (SE vi
va di recensire anche dei capitoli più indietro di questo, il vostro parere non
andrà perduto!).
Ai vecchi e ai nuovi lettori.
Grazie.
TheHe in theShe
(l’Essenza dentro l’Apparenza)
Capitolo XLII
Arthur sbatté le palpebre, cercando di uscire dal torpore
che lo avvolgeva claustrofobico, ma fu tutto inutile. La stanza era buia,
oppure era lui a non vederci. Con angoscia, realizzò
che non poteva neppure muoversi. Una sofferenza indicibile gli stritolò le
membra. Aprì la bocca per urlare, per farsi sentire e soccorrere – ovunque egli
fosse finito –, ma nessun suono ne uscì. Fu allora, un istante prima che il
panico lo soverchiasse, che riconobbe, lontane e sussurrate, delle parole
pronunciate, dei discorsi bisbigliati, e tese l’orecchio,
trattenendo a stento il dolore.
“E’ necessario controllare che sia tutto funzionante, là sotto.” Aveva precisato una voce
maschile che Arthur non conosceva, l’aveva già sentita da qualche parte, però
non sapeva attribuirne un volto. “Perché un erede al trono difettoso non serve a nessuno…” aveva ironizzato qualcun altro, sconosciuto
anch’egli.
“Vi prego, signori, c’è poco da scherzare!” li aveva ripresi
Gaius. Sì,
quella era l’intonazione di Gaius! Oh, sia
ringraziato il Cielo! Non era solo!
Il principe tentò allora di chiamare il fedele guaritore di
corte, ma con sommo orrore comprese che era davvero diventato muto.
“Se Arthur Pendragon ha perso la sua virilità, Camelot cadrà in disgrazia!” aveva
puntualizzato una quarta persona forestiera.
“Suggerisco di chiamare una donna di piacere che sappia fare
il proprio lavoro…” aveva ripreso la prima voce. “Una persona discreta. E Uther
la pagherà perché taccia, nel caso in cui gli esiti volgessero al peggio.”
“Credo sia inevitabile…” aveva concordato Gaius, a malincuore.
“A meno che…” intervenne nuovamente
il quarto uomo “che non si ordini alla valletta personale del principe – la
vostra assistente, se ho ben capito – di compiere quest’ingrata ispezione!”
“Ella garantirebbe la discrezione
necessaria e il sovrano avrebbe un grattacapo in meno…” considerò la seconda
persona sconosciuta. E, a parte Gaius, tutti i presenti
concordarono con lui.
No! Assolutamente no! Linette no!,
inorridì il principe. Non l’avrebbe
permesso! Dannazione! No!
“NO!” urlò, con tutto il fiato che aveva in gola.
“Maestà!” lo chiamò la sua serva, scattando in piedi, spaventata
dal suo grido.
Il principe, ancora ansante, si sorprese a fissare il
soffitto del letto a baldacchino, il familiare Rosso Pendragon che stava
cominciando ad odiare da che era immobilizzato lì, in
quel letto.
La sua camera non era più buia, segno che era già mattino, una
luce discreta filtrava dai tendaggi, illuminando l’ambiente.
“Arthur!” rifece Merlin, preoccupato, vedendolo così agitato.
“Vi sentite bene?”
“Era solo un sogno…” sussurrò il nobile, in
risposta, forse solo a se stesso. “Un sogno…”
“Avete avuto un incubo, Sire. Siete
ancora scosso…” il mago cercò di calmarlo, spiegandogli la situazione, e gli
passò un pezzuola umida sulla fronte sudata.
“Linette?” la chiamò tuttavia il
principe, inquieto. “E’ venuto qualcuno mentre ero addormentato?” indagò.
“No, Mio Signore. Siamo sempre rimasti voi ed io, e vi ho
vegliato tutta la notte.”
“Bene…” esalò allora il giovane Pendragon, calmandosi di
colpo. Ma la pace durò poco – appena pochi istanti – poi
Merlin lo vide irrigidirsi e fremere.
“Vattene via!, slegami il braccio
sano e vattene, per… per mezza… per una
clessidra intera!” ordinò, agitato. “Mi serve una mano libera!”
“Ma Sire, che vi prende?” gli
chiese la valletta, sconcertata. “Posso aiutarvi io!”
“NO!” guaì il nobile, spalancando le iridi azzurre e raccapricciando.
“Non puoi!” la aggredì a parole.
“Cosa dovete fare?” l’incalzò
ugualmente, per nulla intimorita.
“Niente, c’è una cosa che devocontrol-niente!”
“Vi hanno già controllato da capo a piedi,
Maestà. Non c’è nulla che non vada in voi…” lo rassicurò.
“No, non credo
abbiano verificato quello che penso io…” obiettò ritroso il principe, così
irritato da accantonare la vergogna, facendosi sfuggire uno
sguardo fugace in basso.
“Oh, sì, anche quello!”
ghignò Merlin, annuendo, intercettando la mira; e Arthur sgranò gli occhi e
boccheggiò, arrossendo. Se avesse potuto, si sarebbe coperto il viso con le
mani.
Quindi non era un sogno, ma un ricordo di quando
era svenuto!
“Hanno abusato del mio corpo mentre io non ero in me!”
s’indignò, adirato oltre ogni dire.
“Veramente, Sire, il vostro orgoglio mattutino ha tranquillizzato da solo l’animo di tutti,
compreso quello del re. Ve l’ho detto, non c’è nulla che non funzioni in voi…”
Solo in quel momento il principe realizzò, sconcertato, il
fatto che egli stesse parlando di quell’argomento
con Linette, ed ella non ne era parsa affatto turbata,
ma egli sì, e stava diventando cianotico dalla vergogna.
Merlin, che aveva immaginato tutto, ebbe quindi compassione
di lui.
“Se ve lo state chiedendo, io non
ero presente. Me lo ha riferito Gaius,
in quanto assistente del medico di corte e vostra valletta personale.”
E fu allora che Arthur riprese a respirare.
“Devo ancora andarmene?” considerò l’ancella, compiendo un’azione
esattamente contraria alle sue parole: con un gesto gentile, ripulì il viso
dell’infermo che non poteva lavarsi la faccia da sé.
E, prima che l’altro protestasse, gli ravvivò i capelli schiacciati
dal cuscino.
Il principe la lasciò fare, stranamente fin troppo docile e
silenzioso.
Linette gli lanciò uno sguardo preoccupato,
ma egli non se ne avvide, essendosi perso in tortuose riflessioni personali.
Fu a quel punto che la serva sospirò rumorosamente, facendosi
cadere di peso sul letto, al suo fianco. Arthur le gettò un’occhiata perplessa.
“Non so cosa abbiate sognato, e non dico che dobbiate
rivelarmelo!” premise, per zittire in anticipo le altrui proteste. “Ma vi assicuro che sembravate sconvolto, come vostra sorella
dopo uno dei suoi incubi, e non ne avete motivo!”
“Lascia stare.” Rispose laconico, guardando altrove per non
incrociare i suoi occhi.
Merlin, tuttavia, non cedette. “Non vi hanno fatto nulla,
Sire. Tranne che cospargervi di oli e pomate puzzolenti. Cosa
vi turba, ancora?”
Che cosa avrebbe
potuto risponderle?
Che per un istante
infinito aveva temuto che la sua virilità non fosse rimasta intatta?
Che si era sentito
crollare il mondo addosso?
Sapeva qual era il dovere di un erede al trono. Se non ci
avesse pensato suo padre a rammentarglielo ogni dì da che aveva memoria, l’avrebbe
saputo ugualmente perché era nato e cresciuto esattamente per quello scopo.
A lui sarebbe spettato il compito di perpetuare la dinastia
dei Pendragon.
…E se non avesse
potuto farlo?
Non era mai andato così vicino a questa scomoda
consapevolezza.
Aveva la salute, aveva la forza, aveva tutto.
Ma un banale incidente avrebbe potuto privarlo
di ogni cosa.
Uno sconforto, che gli era alieno,
lo avviluppò.
“Lasciami solo, per favore.” Ordinò, stavolta pacato.
Ma lo stregone scosse il capo,
rifiutandosi di obbedire.
Non sapeva quali pensieri scorressero in quella stupida
testa coronata, ma sapeva – lo sentiva,
per istinto – che non era giusto lasciarlo solo, non in quel momento.
“Comprendo che, per uno come voi,
sia dura sopportare questa degenza così limitante. Soprattutto perché siamo
ancora agli inizi, ma le cose miglioreranno! Non rimarrete
legato come ora!” lo incoraggiò. “E vi garantisco che vi ristabilirete
completamente: ritornerete in forma e riacquisterete le forze… Riprenderete ad
allenare i vostri uomini… Difenderete Camelot
se mai ce ne sarà bisogno, e un giorno, quando sarà il momento, garantirete una
nidiata di eredi al Regno. Ne sono certa.”
“La fai facile, tu!”
obiettò Arthur, bofonchiando. “Parli come se tutto questo dipendesse da te!”
Merlin pensò che sì,
la realizzazione della Profezia dipendeva da lui. E avrebbe
portato ‘l’altra metà della sua medaglia’ verso il suo Destino – perfino a
costo di trascinarcelo afferrandolo per quelle orecchie da Asino che si
ritrovava – e avrebbero costruito questa dannata Albion,
anche se ci fossero voluti cento anni.
Fate conto che lo sia!, avrebbe voluto
dirgli. “Ma certo che no…” mentì. “Però
ho fede in voi.” Chiarì. “Perciò smettetela con i vostri assurdi crucci e adesso
andrò a chiedere la vostra colazione.”
Il giovane Pendragon non obiettò. Sentì il frusciare della
gonna di Linette contro il pavimento e la porta
aprirsi e chiudersi. E seppe che era
rimasto solo.
Chiuse gli occhi, liberando un gemito d’impotenza.
Avrebbe dovuto sentirsi grato e lusingato per la fiducia che
la sua valletta riponeva in lui… ma c’erano cose che lei non poteva capire, e
che lui non avrebbe potuto dirle.
C’erano paure che lui aveva sempre negato, le aveva legate e
relegate nel cantuccio più nascosto della sua anima, e credeva di averle quasi dimenticate.
Fino a che quel dannato sogno non le aveva scaraventate nuovamente in
superficie.
Il principe conosceva i propri limiti. Spesso, nella lotta, questa consapevolezza era stata l’unica discriminante
tra vivere e morire.
Tuttavia, egli possedeva un corpo che aveva sempre
comandato, che aveva forgiato in anni e anni di
preparazione, di sofferenza, di rigorosa metodica nell’Arte del Combattimento. Non a torto, egli si definiva ‘una macchina da guerra’.
Le sue membra avevano sempre obbedito alla sua volontà,
anche quando era così sfinito da aver solo la determinazione a tenerlo in
piedi.
Eppure quel corpo
avrebbe potuto tradirlo.
Sarebbe potuto accadere durante la caccia, o in battaglia.
Oppure per un banale incidente di allenamento.
Arthur sentì il terrore pulsare nel suo ventre.
Avrebbe mai potuto
confessare che un futuro re senza figli era come un cavallo azzoppato? Buono solo come carne da macello?
***
Se non si fosse perso a meditare sulle proprie possibili
disgrazie, il principe si sarebbe probabilmente reso conto che la sua ancella
stava decisamente impiegando più tempo del necessario
per andare nelle cucine e fare ritorno con la pappetta
da poppanti che gli veniva somministrata.
Quando ella ricomparve assieme a Gaius, Arthur comprese il perché del ritardo.
Evidentemente, l’aveva turbata più del dovuto e Lin aveva
pensato bene di avvisare l’Archiatra Reale, che non aveva perso tempo nel
visitarlo e nel tempestarlo di inutili ed imbarazzanti
domande, a cui aveva cercato di rispondere il minimo indispensabile.
Alla fine, il vecchio guaritore si era incaponito nel voler
controllare personalmente che si nutrisse della colazione e poi lo aveva riempito
di sciroppi e estratti medicamentosi dall’odore
stomachevole. Troppo tardi, il cavaliere si accorse che quelle infide gocce – che
tanto odiava – gli erano state nuovamente somministrate e, benché fosse sveglio
da poco, ricadde in un sonno profondo e agitato.
“Se non ci racconta la verità, non possiamo aiutarlo.” Aveva
borbottato Gaius, appena l’erede al trono era
divenuto incosciente.
“Aveste veduto com’era sconvolto!” replicò lo stregone, ancora scombussolato.
“Ma da quanto mi hai riferito, almeno sta cominciando a
ricordare…”
“Già.” Confermò l’apprendista, chinando il capo colpevole. Forse era stato a causa sua, non avrebbe
dovuto forzare i ricordi del suo signore. Forse la sera prima avevano
esagerato…
“Merlin, non darti colpe che non
hai.” Lo rimproverò il maestro, posandogli una mano sulla spalla con fare
paterno, quasi che avesse letto dentro i suoi pensieri. “Il tappo che comprime
i ricordi di Arthur si sta togliendo, ed è inevitabile, temo, che egli soffra.”
“Vorrei fare quanto è in mio potere per impedirlo…” sussurrò
il mago, sentendosi inerme.
“Non puoi. Dipende tutto da lui.” Lo disilluse Gaius, avviandosi all’uscita. “Solo… restagli accanto.”
“Lo farò.” Promise al nulla.
***
Questa volta Arthur sapeva di essere dentro ad un sogno. Lo
capiva dalla sua struttura. Sembrava quasi che egli fosse in viaggio dentro ai suoi ricordi, si sentiva fluttuare fra scenari che aveva già
visto e vissuto, con cui però non poteva interagire, quasi che fosse stato uno
spirito incorporeo. Ma era evidente che, semplicemente, il passato
era passato e non si poteva mutare.
Questa consapevolezza lo aveva tranquillizzato. Assieme alla
mano premurosa che gli stringeva le dita e alla voce lontanissima – ma
familiare – che lo sosteneva con parole gentili.
Egli si incamminò, quindi, verso la
sua tenda, dove incontrò se stesso e la propria valletta, intenti a discutere.
“E’ pericoloso, Sire!”
“Non posso esimermi dal combattere!”
“Ma Sir Galderth
fa uso di stregoneria!”
“Me l’hai già detto,Linette!” si animò ancor di più. “Tuttavia, senza prove che
lo dimostrino, mio padre non mi crederà!”
“Lo so, Sire, però…”
“Fai sellare il mio cavallo.” Le ordinò, ponendo fine alla
questione.
Ah!,
se solo si fosse comportato diversamente…
Ma non fece neppure in tempo a
rammaricarsene, che lo scenario cambiò.
“Sono scorpioni, Sire! Nascosti
sotto alla sabbia!” strillava Linette,
infervorata.
“Scorpioni… magici?”
aveva chiesto lui, interdetto.
“Sì, Maestà! Gaius ne ha visto uno
e l’ha riconosciuto! Lo ScorpiusChamaeleoviene evocato solo con una magia potente!”
“E come è fatto?”
“Beh…” temporeggiò
la sua valletta. “Come uno scorpione.” Ammise.
“E allora cosa
diavolo lo rende diverso e più pericoloso?!”
“Il suo colore…
muta come un camaleonte per confondersi e colpire il nemico. Diventa della
stessa colorazione di ciò che lo circonda. Ed è praticamente
invisibile! Esso può vivere a lungo e il suo veleno non ha antidoti! Può
indebolire la vittima, o paralizzarla per pochi attimi, oppure uccidere
all’istante!”
“Ed è stato evocato…”
“Sì, Sire.”
“Qual è il suo nemico naturale?”
“Non ne ha.”
“Con cosa si combatte?”
“Non vi è arma efficace.”
“E allora siamo nei guai…”
“Il fuoco… il fuoco lo spaventa… lo disorienta…”
“Non possiamo dar fuoco all’Arena, Linette. I cavalli impazzirebbero.”
“Ma potremmo accendere delle torce
lungo il perimetro… se combatterete poco prima del tramonto, nessuno sospetterà
e avrà nulla da ridire.”
“D’accordo.” Si arrese. “Fai dare l’ordine
a nome mio.”
Se solo fosse bastato…
Arthur scoprì il ricordo più importante nel momento in cui, al
colmo dello stupore, egli rivide Sir Galderth venire
ucciso, infilzato dallo stesso essere raccapricciante che egli aveva evocato.
“Ve…en…detta.” Aveva ansimato, con l’ultimo respiro
concessogli. “Ar-” e il veleno gli chiuse la bocca
per sempre.
Il resto era una girandola di fatti accavallati tra loro. Lui
e l’avversario che si scontravano con le lance e
Arthur rimaneva ferito, però Sir Galderth aveva avuto
la peggio, poiché era stato disarcionato, ma non si era voluto arrendere. Lo
scorpione gigante che, impazzito per qualche ragione – si era liberato dall’incantesimo soggiogante? – menava fendenti con
il suo mortale pungiglione.
Il principe che perdeva l’equilibrio sulla sella, per
schivare un colpo dell’aculeo ferale, e il suo piede che rimaneva incastrato
nella staffa, il corpo trascinato dalla sua cavalcatura. I cavalli che erano
impazziti alla vista del mostro magico. Lo scorpione che si ingrandiva
a vista d’occhio, lì, davanti a loro. I servi che muovevano le torce accese per
spaventare la creatura.
Il cavallo di Galderth che schiumava
e scalpitava contro tutto e tutti – contro di lui – e colpiva con gli
zoccoli la bestia incantata prima di perire a causa del veleno.
E poi il tragico epilogo, in cui anche il suo cavallo,
moribondo, gli collassava addosso, ferito dal pungiglione. Il dolore ovunque.
Dolore in ogni parte del suo corpo.
Infine la folla, le urla, il caos. E il buio.
***
Riemergendo da quel viaggio onirico nel passato, il principe
aveva anche compreso come mai nessuno avesse voluto metterlo
al corrente dei fatti accaduti.
Non solo per non forzarlo, ma presumibilmente perché nessuna
persona (sana di mente) avrebbe mai creduto al racconto di una serie di momenti
così assurdi da sfiorare la più stravagante pazzia. Eppure era successo. Ne era certo. Ogni singola azione che aveva
visto in sogno si era verificata.
Ne ebbe conferma quando, appena sveglio, per prima cosa aveva
minacciato Linette di sputare ogni goccia di
sonnifero che lei avesse osato propinargli ancora e poi l’aveva pressata di
domande, raccontandole tutto quello che aveva visto dormendo.
Alla sua valletta non era rimasto che avvalorare ogni sua
parola, aggiungendo poco altro.
“Com’è morto lo ScorpiusChamaeleo?”
chiese alla fine, poiché era l’unico tassello mancante del suo mosaico
mnemonico.
“Anche se era
magico, ha agito come tutti gli scorpioni. Quando si è visto circondato dal
fuoco, senza via di fuga, si è suicidato pungendosi da sé.”
“Beh,” sospirò, quindi, l’erede dei Pendragon. “L’importante è
che questa brutta avventura sia finita e che il mostro e il suo padrone siano
morti.”
Merlin si morse le
labbra per tacere. La visione di Arthur era troppo ottimistica.
Una parte di sé era
convinta che Sir Galderth fosse stato solo una
marionetta manovrata. L’incantesimo di evocazione aveva richiesto uno stregone
incredibilmente potente ed erano in pochi a possedere quelle capacità, oltre a
lui, che forse non sarebbe stato neppure sicuro di
riuscirci, con i suoi attuali poteri.
Come aveva detto il giovane Pendragon, probabilmente Galderth, morendo, stava rivelando il nome del suo mandante;
ma, com’era successo già con l’altra pedina,
si era portato il segreto nella tomba.
“Mi rammarico che
sia morto nel disonore.” Considerò il cavaliere. “Come un traditore.”
Per una volta, il servocomprese il dolore del suo signore nell’aver visto calpestare il Codice
della Cavalleria. Ma in cuor suo si chiese se Galderth avesse mai avuto una scelta: quella di opporsi o
sottrarsi al suo scellerato compito di vendetta. O se non fosse stato più
padrone della sua vita e del suo agire. Se partecipare al Torneo fosse stata o meno una sua volontà. Oppure se gli era stato semplicemente
imposto da Ardof… Perché
Merlin ne era certo. Dietro tutto questo c’era lui.
Continua...
Disclaimer:I
personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi,
non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.
Ringraziamenti:
Un abbraccio a Tao, che sopporta i
miei scleri. X3
E a Mika, che mi coccola col suo entusiasmo!
Note: Bene, per la
gioia di chi ama i capitoli luuunghi, questo è ‘lungherrimo’e anche denso di cose, perché finalmente
sono arrivate le spiegazioni che attendevate!
Spero di avere soddisfatto la vostra curiosità, perché
sinceramente non ho altro da dire sull’incidente di Arthur. Come vi avevo
accennato, l’idea è stata pensata per immedesimarsi nel principe in questa
“Parentesi Torneo” e di provare a ‘sentire’ quello che sente
lui. Spero di esserci riuscita; per favore, ditemi che ne pensate! *_*
Ah, la parte onirica è volutamente così, un po’ caotica e incalzante, come lo sono a
volte i sogni – coerenti solo nella loro
incoerenza. Se avessi descritto tutta la finale di Torneo
mi sarei dilungata all’infinito, e non volevo allungare ulteriormente questa
parentesi che si è già rivelata mooolto più prolissa delle
miei intenzioni iniziali.
Vi posso già anticipare che nei prossimi due caps.
avremo la ‘degenza’ di Arthur e i guai ad essa legati; dal cap. 45 inizierà,
per i nostri due eroi, una nuova (imbarazzante e divertente) avventura!
Per le note sullo ScorpiusChamaeleovi
rimando allo scorso capitolo, ma vi basti sapere che ho inventato tutte le sue
caratteristiche di sana pianta, tranne la morte: uno scorpione in un
cerchio di fuoco si suicida per istinto.
Come avevo già spiegato, in Araldica lo scorpione è simbolo di vendetta,
è l’emblema dell’uomo che non perdona.
Ora che avete in mano tutti i pezzi del puzzle, potete capirne la scelta. ^^
Poiché, come avrete compreso, si è trattato di un altro tentativo
di vendetta, vi è un parallelo (caps.
16 -17 ibid.) dove il prigioniero in combutta con Ardof
che si è ‘suicidato’ prima di confessare qualcosa di
compromettente.
Vorrei porvi una riflessione sul rapporto Arthur-Linette.
Fino al cap. 37, Arthur non ha
quasi mai contatti ‘fisici’ con Linette, come dice
questo pezzo:
“Un istante
dopo, lo accolse un improvviso silenzio. Egli sospirò mentalmente, grato per quell’agognata quiete.
Ma ancor più lo sorprese il panno umido e fresco, con
cui si sentì accarezzare la fronte da mani estranee.
Arthur sbarrò gli occhi,
scrutandola da sotto in su, incrociando lo sguardo
della sua serva.
“Pensavo avreste gradito…”
motivò ella, riprendendo a detergere sudore e polvere,
ed egli si arrese al suo tocco gentile, benché non fosse abituato a tutta
quella confidenza.
Dopo gli allenamenti, per
quanto stremato egli fosse, Lin si limitava a porgergli un telo su cui avrebbe
tirato via stanchezza e sporco da sé, in attesa di godere un meritato bagno
ristoratore.
Anche con suo cugino, prima
di lei, generalmente succedeva così.
Sebbene, ad
onor del vero, a volte Merlin lo avesse ripulito di sua spontanea iniziativa ed
egli lo avesse lasciato fare… fino a quando, un pomeriggio in cui aveva
combattuto forse più duramente del solito e si sentiva davvero a pezzi, aveva
finito con l’abbandonarsi alle cure del suo scudiero e quello screanzato lo
aveva beffeggiato, blaterando qualcosa di irriverente sui gatti reali che
facevano le fusa.
Arthur se l’era presa a tal
punto che non gli aveva più permesso di toccarlo a quel modo, con una libertà
che, oltretutto, non gli era stata formalmente concessa.”
E invece ora, da quando è stato ferito, lei lo cura, lo
alimenta e lo pulisce, anche se le spugnature vere e proprie sono riservate ai
servi maschi.
Questo per farvi notare un ulteriore
avvicinamento tra i due. Cosa non da poco, nell’avanzamento
del loro legame e stato confidenziale; di cameratismo, insomma. Tanto
che ora il principe riconosce la mani di lei come
‘familiari’ anche inconsciamente.
Un’altra cosa che serve nell’‘economia della storia’: un
vantaggio che sicuramente ha Linette e non Merlin è quello di poter esprimere al principe più spesso e più
liberamente la sua fiducia.
Anche Merlin, tuttavia, ha sempre confermato nei momenti cruciali che lui ha
fede in Arthur, e che sa che il nobile ce la farà, ed è una cosa importante nella
dinamica relazionale fra loro.
Ah, non mi pronuncio sul primo sogno del principe. Voglio
vedere cosa uscirà dalle vostre opinioni, poi vi dirò la mia. XD
Precisazioni al
capitolo precedente e domande varie: (a random)
- Morgana avrà modo di fanghèrlare al momento più
opportuno! ^__=
- Sì, Arthur usa poco ‘Lin’, ma lo trovo anche
io più ‘intimo’, più confidenziale, se vogliamo.
- Sono contenta che apprezziate ‘l’amore fraterno e litigioso’
di Arthur e Morgana. C’è da dire che questa storia parte dalla fine della prima
serie e si è evoluta come un ‘whatif?’, perciò anche il rapporto tra i due fratellastri
è diverso dal seguito del telefilm, io immagino questo tipo di evoluzione, con
una Morgana meno complessata e sconvolta della seconda stagione. Può essere
perciò un po’ più frivola, se vogliamo, ma lei ha sempre il suo bel caratterino da sfoderare!
- Morgana è più vecchia di Arthur di qualche anno. Io l’ho
sempre pensato. Ma ancor più ne sono convinta, da
quando si è saputo che è veramente la sorellastra di Arthur. Poiché Uther ha detto più volte di non aver mai tradito Ygraine né il suo ricordo da che è morta, mi piace pensare
che l’amore con Vivienne sia stato prima del suo
matrimonio e prima della nascita di Arthur. Quindi è
giusto che Morghy faccia valere la sua ‘anzianità’
sul principe, prendendolo in giro! XD
- Su Morgana vi ho dato un possibile scorcio del futuro (ma non è detto che accadrà!). ^_____^
(Complimenti a chi l’ha trovato fra le righe XD, tutta la fic è disseminata di piccoli spoiler che torneranno a tempo
debito!)
- Anche io adoro i capricci di
Arthur! *_* (Merlin li ‘adora’ un po’ meno XD), ma
ormai l’Asino non si fa neppure scrupolo a fare capricci davanti a Linette, li fa e basta! XD
- Come sempre sono contenta che apprezziate la mia
pignoleria, nei dettagli e nelle spiegazioni! ^^
- Sì, per Arthur sarà davvero dura sopravvivere tutto questo
tempo infermo (e Merlin diverrà martire! XD)
- No, Merlin non si è rassegnato a restare Linette, leggerete presto perché.
- Sì, il mago ha un po’ forzato i ricordi di Arthur, perché
secondo lui tacere e basta non era giusto e voleva disperatamente aiutare il
suo signore.
- Il rapporto tra Gaius e Merlin
non è ancora tornato normale, dalla storia della bandana continua (e
continuerà) ad esserci un po’ di maretta, che
ovviamente è funzionale alla storia (lo capirete entro poco).
- Se anche le recensioni si assomigliano, non mi dispiace
mica! Ogni persona può esprimere liberamente la propria opinione, se poi è
simile a quella di qualcun altro, che problema c’è? (Al
massimo dovrebbe confortarvi sapere che non siete i soli a pensarla così XD).
No, seriamente: non fatevi scrupoli! Dite la vostra!
- Ovvio che Morgana ci gode a mettere in difficoltà l’Asino,
ma ciò che conta è che si vogliono bene!
Vi metto ben due anticipazioni
del prossimo capitolo:
“Sai? Dovresti ringraziarmi.” Aveva detto il
Babbeo, il quindicesimo giorno di convalescenza, al colmo della noia.
“Per cosa?” s’era incuriosito il mago.
“Per averti esentato
dal pulire la mia armatura, dal lustrare la mia cotta di maglia, dall’affilare
la mia spada, dal lucidare i miei stivali, dal pulire i miei abiti dal fango
dopo la caccia finché non sarò guarito… adesso hai ancor più tempo per pulire
qui!” Sorrise, come ad averle fatto un piacere. “Quindi questo posto dovrebbe
brillare!” le comunicò, sollevando le
sopracciglia in modo allusivo. “Com’è che non brilla?”
E Merlin decise che il
favore di Arthur andava ripagato a dovere
e che, appena si fosse ristabilito, gli avrebbe
rifilato un lassativo nella minestra.
E no, non per cattiveria. Ma per
giustizia.
(…)
Secondo gli Antichi,
l’ozio era il padre dei vizi. Ma Merlin questo non
poteva saperlo, perché non aveva mai oziato in vita sua.
Quel che però egli
sapeva era che l’ozio portava guai. E questi guai avevano un nome preciso:
Arthur Pendragon.
L’essere immobilizzato
a letto gli offriva improvvisamente un sacco di tempo libero da gestire, ed
egli aveva messo in moto un cervello atrofizzato.
“Ormai non credi che
la notizia del mio incidente sia giunta sino a Ealdor?”
chiese egli, una mattina.
Bene. Angolo pubblicità sulle mie
ultime one-shot:
Se vi va di darci un’occhiata e di lasciarmi un parere, ne
sarò felicissima! ^^
Un’ultima cosa (che ripeto ogni
estate):
So che quando fa caldo è
fastidioso restare al pc e si ha meno voglia di
commentare, ma ricordatevi che, se state leggendo una storia, è perché qualcuno
ci ha sudato sopra incurante della canicola!
Gli autori di EFP non vanno in vacanza, sono qui anche per voi!
Date nuovo ossigeno al fandom, commentate le fic che leggete! Incoraggiate nuovi autori! E’ il miglior
modo per passare il tempo fino all’arrivo di Merlin 4!
Campagna di Promozione
Sociale - Messaggio No Profit:
Dona l’8‰
del tuo tempo alla causa pro recensioni.
Farai felice
milioni di scrittori.
(Chiunque voglia
aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio
crede) Come sempre, sono graditi commenti,
consigli e critiche.
Questo capitolo è il
diretto seguito del precedente (vi consiglio di rileggerlo per riagganciarvi).
Cronologicamente, passiamo
da circa due mesi e mezzo dalla trasformazione in Linette
per giungere all’inizio del terzo mese.
Riassunto: Merlin
è abituato a salvare la vita all’Asino Reale senza che questi se ne accorga, ma
stavolta non tutto va per il verso giusto. Colpito dall’incantesimo del
malvagio Ardof, il nostro mago farà i conti con una
sconvolgente novità: egli si risveglia trasformato in una donna.
Solo Gaius conosce il suo segreto e, finché non
troverà il modo di tornare normale, dovrà inventarsi delle scuse plausibili e prendere il posto di se stesso al servizio del principe. Come
riuscirà a conciliare questa ‘nuova situazione’? Come si evolverà il suo
rapporto con Arthur?
Vorrei dedicare il capitolo a
quelle persone che hanno recensito il precedente (e visto che
i commenti sono in calo, sono ancora più preziosi!):
E a quanti commenteranno (SE vi
va di recensire anche dei capitoli più indietro di questo, il vostro parere non
andrà perduto!).
Ai vecchi e ai nuovi lettori.
Grazie.
TheHe in theShe
(l’Essenza dentro l’Apparenza)
Capitolo XLIII
Trascorsa una settimana dall’incidente – settimana
in cui Arthur aveva elargito minacce di morte lenta e truculenta a chiunque gli
si fosse avvicinato a tiro d’udito – Gaius aveva diramato
il secondo Bollettino Medico Ufficiale di Palazzo. In pratica, aveva visitato
nuovamente l’erede al trono (come faceva più volte, ogni dì) ma con il preciso
scopo di renderne conto al sovrano.
Merlin aveva ammirato l’astuzia del suo maestro nel fare
ciò.
Evidentemente, l’Archiatra Reale aveva avuto a che fare con
il caratterino del principe fin da
quando era nato e, per nulla impressionato dalle (neanche tanto) velate minacce
di quest’ultimo, sapeva giocare bene le sue carte.
Convocando anche il re all’ispezione medica, egli era certo
che Arthur non avrebbe osato opporsi ai suoi consigli e alle prescrizioni che
gli avrebbe imposto. E così fu.
D’altra parte, malgrado i suoi
lenti ma costanti miglioramenti (dovuti più che altro agli incantesimi
taumaturghi di Merlin), il principe doveva fare i conti con le fratture degli
arti che si stavano rinsaldando e con le ecchimosi in via di guarigione, ciò
nondimeno ancora presenti. Per questo era necessario che facesse assoluto
riposo, anche se l’Asino Reale non voleva sentir ragioni.
Dopo aver stabilito che si poteva almeno liberare la
mobilità del collo – cosa di cui Arthur aveva gioito come in un dì di festa – e
aver deliberato che no, non si poteva alzare, ma che poteva
sollevarsi lievemente sostenuto dai cuscini, per brevi momenti, Gaius gli aveva dato la mazzata finale.
Quando Uther aveva chiesto al
cerusico una previsione dei tempi di guarigione, egli aveva deliberato una
discreta degenza: almeno un mese di blocco incondizionato a letto, con il
divieto pressoché assoluto di alcun movimento – che non si fosse sognato di alzarsi e bighellonare per la
stanza o, peggio, per il castello!
Arthur per poco non era svenuto e Merlin – immaginando la
sua reazione – aveva preventivamente infilato la mano nella sacca dei
medicinali per prendergli i Sali.
Un mese sembrava indubbiamente
un’eternità, ma… per consolarlo (o per farlo sentire grato di essere il suo
male minore), Gaius gli aveva riferito che il medico
di Lord Rowayn aveva dato una prognosi di sei lune
piene, fermo immobile.
E dopo sei lune, l’avrebbero portato via in una cassa di
legno, perché Arthur non avrebbe mai resistito tanto e
sarebbe impazzito. O avrebbe fatto
impazzire tutti – Merlin per primo – in alternativa.
Dal canto suo, anche il mago aveva poco da gioire.
Le spugnature al principe e la sua pulizia corporale venivano compiute da servi maschi, ma poi toccava a lui assisterlo,
imboccarlo, curarlo, sopportarlo.
L’intrattenimento era
riservato a Linette, perché presto erano
tutti fuggiti dal suo malumore.
Il re veniva a trovarlo una volta al
giorno, come dovere di un buon genitore. Ma il muso
lungo del figlio lo persuadeva ad andarsene presto, adducendo impegni e
riunioni di vitale importanza per il Regno.
Lady Morgana, da brava sorella, alternava le sue visite nei
giorni pari e, in quei momenti, si aveva la certezza di non annoiarsi, tra un
battibecco ed una ritorsione.
Nei giorni dispari passava Gwen, a
fare le veci della sua signora. Ella accantonava il
suo timore reverenziale nel confronti dell’erede al trono e si informava sul
suo stato di salute e poi, fedelmente, riferiva.
Tutti i cavalieri di Camelot
erano venuti in processione, almeno una volta, a rendere omaggio al loro Comandante.
Ma solo Sir Leon aveva osato
ripetere l’esperienza – per puro senso del dovere e di lealtà – in rappresentanza
degli altri, che avevano volentieri delegato a lui quest’incombenza.
Poca altra gente osava venire a fargli visita, conoscendo il
suo umore uggioso e intrattabile quando era costretto a fare riposo fermo.
Malgrado il tempo in quella stanza
sembrasse scorrere dannatamente più piano che altrove, la vita a Camelot andava avanti ugualmente: la gente al mercato
fabbricava, vendeva, comprava; i nobili si riunivano, gozzovigliavano e tiranneggiavano
la servitù; il re governava, tassava e riscuoteva; Lady Morgana starnazzava,
ricamava e sognava fervidamente; Gaius studiava,
curava e invecchiava… tutto regolare,
insomma.
Il ‘fattaccio’ del Torneo sembrava quasi una cosa archiviata.
Quando Gaius gliel’aveva
comunicato, il re era stato felice di sapere che il principe aveva ricordato
tutto.
Anche se lui,
personalmente, avrebbe preferito dimenticare.
Un cavaliere-mago era qualcosa che andava decisamente oltre la sua capacità
di sopportazione. E non aveva neppure avuto il piacere di mandarlo al rogo per
togliersi il sapore amaro dalla bocca!
La sua unica soddisfazione era stato
sapere che, ancora una volta, i Pendragon avevano primeggiato su tutti; anche
se, per dimostrarlo, ci aveva quasi rimesso l’erede al trono.
In attesa che suddetto erede si fosse ristabilito, Uther aveva affidato l’addestramento dei cavalieri a Sir
Leon, poiché riteneva che il loro oziare avrebbe avuto conseguenze nefaste.
Arthur, che si fidava ciecamente delle capacità del suo
compagno d’armi, non aveva avuto nulla da obiettare.
***
Questa nuova situazione,
tuttavia, richiedeva, anche per Merlin, un assestamento di cui il mago avrebbe
volentieri fatto a meno.
I primi giorni, per compiere le sue faccende quotidiane, egli
aveva usufruito dei sonniferi che Gaius somministrava
all’Asino. Poiché si era certi che il sonno avrebbe
accelerato la guarigione, Arthur (com’era noto) aveva protestato ma li aveva assunti.
Poi però, senza particolari sensi di colpa, Merlin ne aveva
abusato un po’, quando motivare certe cose era
divenuto impossibile.
Alla fine, s’era ridotto a
lanciargli qualche incantesimo che lo facesse cadere addormentato per ore,
salvo poi manipolare i suoi ricordi... ma non sempre poteva sfidare la Sorte.
D’altra parte, Linette non poteva
più avvalersi dei sortilegi che usava quotidianamente, in sua presenza.
“Come mai così lenta, oggi? Di solito a quest’ora hai già
finito!” s’era sentita rimproverare una mattina, verso
il tredicesimo giorno.
“Perché… perché… siete voi! Mi disturbate!” si difese,
mica poteva dirgli che usava la magia, no?
E tirare le tende del baldacchino era troppo rischioso… ma anche no.
Fu a quel punto che la serva si avvicinò al letto e sciolse
i nodi dei tendaggi, distendendoli.
“Ma che diamine fai?” aveva
sbraitato l’Asino.
“Devo pulire, Maestà. Non vi fa
bene respirare la polvere che solleverò spazzolando il pavimento. E’ per la vostra salute!” mentì, ignorando le proteste dell’altro.
Arthur, chiaramente, non se n’era rimasto zitto, ma i suoi
strepiti avevano avuto l’indubbio vantaggio di coprire gli incantesimi
pronunciati dallo stregone.
***
“Sai? Dovresti ringraziarmi.” Aveva
detto il Babbeo, il quindicesimo giorno di convalescenza, al colmo della noia.
“Per cosa?” s’era incuriosita la
valletta.
“Per averti esentato dal pulire la mia armatura, dal lustrare
la mia cotta di maglia, dall’affilare la mia spada, dal lucidare i miei
stivali, dal pulire i miei abiti dal fango dopo la caccia finché non sarò
guarito… adesso hai ancor più tempo per pulire qui!” Sorrise, come ad averle
fatto un piacere. “Quindi questo posto dovrebbe
brillare!” le comunicò, sollevando le sopracciglia in modo allusivo.
“Com’è che non brilla?”
E Merlin decise che il favore
di Arthur andava ripagato a dovere e che, appena si fosse
ristabilito, gli avrebbe rifilato un lassativo nella minestra.
E no, non per
cattiveria. Ma per giustizia.
***
Il diciassettesimo giorno di riposo forzato aveva avuto il
pregio di veder applicare il terzo Bollettino Medico Ufficiale di Palazzo.
Alla presenza del re e dell’interessato, Gaius
aveva reso Arthur semi-infermo.
La spalla lussata, le costole incrinate e la gamba rotta
rimanevano fasciate strette e impossibilitate al movimento, ma il resto del
corpo era stato finalmente – il Cielo
sia lodato! – liberato dalle catene delle bende. Rimaneva, peraltro, il divieto
assoluto di scendere da quel letto, ma quantomeno adesso il principe poteva
assumere una posizione semiseduta, dolore
alle costole permettendo.
Anche il regime alimentare dell’erede al trono aveva fatto
un balzo di qualità: la dieta liquida era stata sostituita con del cibo
semisolido e soprattutto da quel momento avrebbe potuto
tornare a sfamarsi da sé, senza rischiare la vita.
Mentre Gaius glielo confermava, lui
e Merlin avevano avuto il medesimo, spiacevole ricordo.
Quello di un litigio per una mela che lui voleva mangiare da
sé e che Linette si ostinava a volergli sbucciare a
tutti i costi.
Alzando la voce, il principe si era fatto avvicinare il
frutto ancora integro alle labbra e aveva dato un morso alla polpa, con l’unico
risultato che il succo gli era andato di traverso e lui si era messo a
sputacchiare ovunque pezzi di pomo, rischiando di morire soffocato, per giunta.
Lin si era presa un grosso spavento e – Arthur non sapeva
bene come – alla fine era riuscita a farlo respirare di nuovo. Da quella volta,
lui non aveva più osato protestare sulla frutta tagliata sottile e in piccole parti.
***
Con l’andar dei giorni, rimanendo a stretto contatto per così tanto tempo, fu inevitabile per entrambi raggiungere un
nuovo livello di familiarità.
Merlin non si era mai rassegnato ad
essere Linette, ma non poteva che sentirsi felice del
fatto che Arthur l’avesse accettata al suo fianco e non più solo tollerata.
D’altra parte, anche senza peccare di falsa modestia, al principe sarebbe
potuta capitare una compagnia ben peggiore della sua, perciò l’Asino aveva gran poco da lamentarsi.
Per esempio, nelle tre giornate in cui era stato congedato
perché era indisposto, alla fine di quel terzo mese dalla trasformazione, aveva
saputo da fonte sicura che Arthur aveva fatto
ammattire i valletti che lo avevano sostituito e che il suo ritorno era stato
accolto con infinito sollievo da tutta la servitù.
Questo tuttavia non significava affatto che il suo compito fosse facile.
Tenere l’Asino a riposo era peggio che avere a che fare con
un bambino viziato e Merlin doveva sempre inventarsi nuove idee per far
trascorrere le ore fino al momento di andare a dormire.
Uno dei passatempi preferiti dell’Idiota coronato era quello
di interrogare la sua servitrice personale sulle regole dei punti nei tornei
con la lancia, e di punirla con futuri incarichi in caso lei si dimostrasse
lacunosa di conoscenze.
E lo stregone, pur di compiacerlo, s’era
studiato tutto il manuale; e non solo quella della lancia, ma anche della
spada, della mazza, della scure e dell’ascia da guerra.
Davvero, non avrebbe mai immaginato che si sarebbe fatto una cultura sui combattimenti a piedi, durante i quali
venivano impiegate armi come lo spadone a due mani o a una mano e mezza, e la
mazza.
“Avanti, Lin-Lin!” la sollecitò, un pomeriggio, tutto infervorato. “La vittoria
spetta, in ordine di preferenza, a chi riesce a…” la indirizzò.
“A
disarcionare con la lancia, o far cadere cavallo e cavaliere.” Esordì il mago,
cogitabondo.“A colpire due volte il rocchio dell’avversario.A colpire la visiera dell’elmo tre volte.A rompere il maggior
numero di lance nel modo corretto...” enumerò,
contando sulla punta delle dita.
Arthur
parve compiaciuto, mentre stiracchiava le labbra trattenendo una smorfia di
approvazione.
“E
poi?” la sollecitò. “Continua…”
“Vince…
chi riesce a rimanere in campo il più a lungo possibile con l’elmo sempre sul
capo, avendo corso con… con grande correttezza sferrando i colpi più forti,
meglio se con la
lancia.” Recitò, avendo imparato il pezzo a memoria.
“Prosegui.”
“Si assegna
un punto a chi rompe una lancia colpendo tra la sella e il ponticello che
collega l’elmo al petto, oppure dal ponticello in su.
Si assegnano tre punti a chi rompe una lancia disarcionando l’avversario, o
disarmandolo al punto da impedirgli di continuare…”
“Ma brava!” si complimentò. “Vedo che le punizioni dei giorni
scorsi sono servite!”
“Sire,
dubito che le vostre minacce a vuoto siano un
incentivo ad apprendere…” lo rimbeccò Merlin.
“E chi
ti ha detto che sono a vuoto?” puntualizzò l’Asino Reale.
“Beh…”
temporeggiò il mago, sudando freddo.
“Oh,
avanti!” riprese il nobile. “Mancano le penalizzazioni. Se saprai indicarmele
tutte, potrei condonarti le penitenze.”
“Anche
quelle future?” scherzò Linette, facendo sorridere il
suo padrone.
“Non ci
sperare…” l’avvertì, ghignando.
Merlin
finse di pensarci. Ma alla fine la voglia di stupirlo
prevalse su tutto.
“Non
si può assegnare alcun premio a quel cavaliere che colpisce un cavallo, un
avversario alle spalle, girato o disarmato della lancia, la barriera per più di
tre volte, o a chi si toglie per più di due volte l’elmo, a meno
che non sia caduto il cavallo.” Recitò, senza quasi riprendere fiato. “Viene tolto un punto a chi rompe la lancia sulla sella,
mentre ne vengono tolti due a chi colpisce la barriera e tre se l’incidente si
ripete. Una lancia spezzata a meno di dodici pollici dalla punta non viene considerata rotta, ma più semplicemente un buon tentativo.”
L’erede
dei Pendragon si congratulò, sinceramente meravigliato.
“Nutro
il dubbio che tra meno di una settimana avrai scordato tutto, ma riconosco che
ti sei impegnata.” Le concesse, come massimo elogio.
“Visto che sono riuscita a stupirvi… domani scelgo io
l’intrattenimento, d’accordo?”
“E da
quando hai potere decisionale?” la istigò, piccato.
“Da quando io posso uscire dalla
vostra stanza e voi no!” ironizzò lo stregone, sapendo di aver vinto e Arthur,
sentendo un po’ bruciare la sconfitta, dovette cedere.
***
“Ma dov’eri finita?!” la aggredì il principe, non appena Linette
ebbe varcato la soglia dei suoi appartamenti in quel venticinquesimo pomeriggio
di convalescenza.
“Mi dispiace,
Sire. Gaius ha avuto bisogno della mia assistenza e le cose sono andate per le
lunghe…” si scusò, saltando agilmente sul materasso, incrociando le gambe sotto
la gonna rimboccata e posando la schiena sulla sponda di legno intarsiato in
fondo al letto.
“Comoda?” ironizzò lui.
“Mh. Abbastanza, grazie.” Sorrise
lei. “Vi leggo un libro?”
“Un libro?” le fece eco, con espressione schifata.
“Vostro padre ha suggerito di rispolverare le vostre
conoscenze sui nobili Casati con cui siete imparentato.”
“Piuttosto una purga!” sibilò, nascondendo il naso sotto il
lenzuolo, come un bimbo che non vuol collaborare.
“Me lo immaginavo. Per questo ho portato un bel Trattato di Amor Cortese!” esclamò
eccitata, battendo sulla borsa a tracolla che conteneva il tomo. Un cupo
rumore la ricompensò.
Arthur boccheggiò, offeso. “Mai!”
“Aha! Lo sapevo!” ghignò Merlin, sfilando invece un libro su un
leggendario cavaliere britannico dal nome assurdo.
E il principe si illuminò di
riflesso. “Le Gloriose Avventure di Sir Archibald!”
“Ravviso che la ritenete una lettura degna della vostra
regale attenzione…” si finse serio. Ma continuò prima
che l’altro arrossisse suo malgrado. “E’ stata Lady Morgana a suggerirmi questo
titolo e Gaius mi ha confermato che è un caro ricordo della vostra infanzia.”
“Sì, appunto.” L’Asino si impose
contegno, dall’alto dei suoi cuscini che lo sostenevano. “Non ti sognerai che
io lo rilegga alla mia età!” esclamò, scandalizzato.
“Oh, ma certo che no!” dichiarò Merlin, stando al gioco. “Ma è un gran peccato.” Si rammaricò. “Io non conosco questa opera e la mia curiosità femminile rimarrà
insoddisfatta…” si lagnò, querulo. “Temo che dovrò andare da Geoffrey a
chiedere un suggerimento per una lettura adeguata a voi…”
“Beh, ma…” tentennò Arthur, arroccandosi. “Se ci tieni
tanto, potrei sacrificarmi e
ascoltarti mentre lo leggi!”
Merlin sorrise. “Mi sta bene.”
E la lettura incominciò.
***
Secondo gli Antichi, l’ozio era il padre dei vizi. Ma Merlin questo non poteva saperlo, perché non aveva mai
oziato in vita sua.
Quel che però egli sapeva era che l’ozio portava guai. E
questi guai avevano un nome preciso: Arthur Pendragon.
L’essere immobilizzato a letto gli offriva improvvisamente
un sacco di tempo libero da gestire, ed egli aveva messo in moto un cervello
atrofizzato.
“Ormai non credi che la notizia del mio incidente sia giunta
sino a Ealdor?” chiese egli, una mattina.
Merlin sussultò, colto di sorpresa.
“No, Sire, non credo. Non arrivano molte notizie al
villaggio, sono pochi i viandanti che vi si fermano.”
“Quell’idiota… sarebbe anche ora che tornasse, no? O che si
preoccupasse di sapere se il Suo Signore è ancora vivo… che screanzato!”
“Dubito che re Cenred dirami
regolarmente un proclama medico sul vostro stato di salute.” Ironizzò. “Dunque Merlin non lo sa, non sa che cosa vi è successo; non potete
biasimarlo! E comunque ora è tempo di raccolto, magari si sarà fermato
là per dare una mano.
Se la gente del villaggio è debilitata dalla lunga malattia,
due braccia in più faranno comodo.”
“Sì, beh, ma…”
“Avete tanta fretta di cacciarmi?” chiese Linette, sinceramente risentita.
“Perché potrei sempre trovare qualcun altro che vi sopporti, ma sarà un’impresa
ardua, visti i capricci continui a cui mi sottoponete!”
Fu un discreto bussare alla porta ad
interrompere il loro battibecco e a salvare lo stregone dall’impiccio. Si voltarono
quindi entrambi in direzione del visitatore inatteso.
“Sire… Sono sir Leon, Sire. Chiedo il permesso di entrare.”
Si fece annunciare, la voce trattenuta oltre lo spesso
portone. “Vengo ad aggiornarvi sugli
addestramenti.”
Merlin adorava l’educazione
riguardosa di Leon.
E in quel momento lo
amò ancor di più.
“Avete visite, Mio Signore!” dichiarò, tutto contento di
levarsi da lì. “Vado ad accogliere il vostro ospite!”
E, dopo i dovuti convenevoli, egli poté
finalmente andarsene, lasciando soli i due cavalieri.
Continua...
Disclaimer:I
personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi,
non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.
Ringraziamenti:
Un abbraccio a Tao, che sopporta i
miei scleri. X3
E a Mika, che mi coccola col suo entusiasmo!
Note: Per la gioia
di elfinemrys, che me
l’aveva espressamente chiesto, anche questo capitolo è luuungo,
il più lungo scritto finora. (Posso già anticiparvi che fino al 51° saranno
tutti oltre le 2.800 parole).
Un appunto tecnico: semi-infermo, semiseduta, semisolido. Sono scritti diversamente di proposito. Sul
primo ‘semi-infermo’ volevo calcare particolarmente sul
concetto.
Le informazioni sui punteggi elencati da Merlin sono presi dal web, direttamente da Trattati Medievali dell’epoca.
La parte sulla ‘lezioncina’ di Linette
è volutamente un po’ ‘pesante’ e cattedratica. Volevo
che sembrasse quasi un ‘blabla’ che lei snocciola per fare felice Arthur… quindi
concentratevi più sulla tiritera che sui concetti, benché siano corretti.
12
pollici sono circa 30 cm. La misura originaria era in centimetri,
ma mi è sembrato più corretto convertirla nelle misure usate in Britannia.
Arthur si chiede, ancora una volta, che fine abbia fatto
Merlin.
Visto che anche voi mi avete
chiesto un chiarimento al riguardo, dovrò fare un mea culpa.
Sostanzialmente, a voi sembra passato un sacco di tempo da
che Merlin è partito, e dalle ultime notizie che egli ha dato (la famosa
lettera in cui spiegava della quarantena), ma non è così.
Siccome l’aggiornamento tra un cap
e l’altro è stato lungo, avete un’impressione
falsata. Sono passati dei mesi nella nostra realtà, ma nella storia si
tratta invece di pochissimo tempo.
In breve: da quando arriva la lettera e Arthur dice che vuol
andare a vedere come sta il suo servo e Linette lo dissuade (dicendo che non ci si potrà avvicinare
e che l’Investitura e il Torneo sono alle porte e che il principe deve dedicarsi
solo a quello, per il momento), siamo a ridosso dell’incidente che lo ha reso
infermo.
Per non perdere il filo, vi invito
a controllare sempre la primissima riga in alto, dove trovate il memorandum
cronologico dei fatti.
Ovviamente, Merlin continuerà a temporeggiare, inventandosi
risposte plausibili o sfuggendo agli interrogatori, finché potrà.
Per chi non lo ricordasse, Ealdor
(il paese natale di Merlin) è un borgo di confine, appartenente ai territori di
re Cenred, nemico di Camelot.
Precisazioni al
capitolo precedente e domande varie: (a random)
- Sono contenta che l’idea di partire col sogno di Arthur vi
sia piaciuta. ^^
Ho trovato le vostre riflessioni e le varie interpretazioni
parecchio interessanti! *_*
Comunque vi avevo promesso che avrei spiegato la mia, ed è
la seguente: dovete tener conto che Merlin ha rassicurato Arthur sul fatto che
nessuno lo ha toccato, perché non ce n’è stato bisogno, ma non ha detto che Gaius e Kells e altri non si sono
confrontati su di lui o davanti a lui! XD
Quindi potrebbe davvero essere un
sogno/ricordo di quando era incosciente… dei primi tre giorni dopo l’incidente,
per capirci.
Solo che poi i cerusici non hanno dato seguito alle loro ipotesi,
perché il suo ehm… Orgoglio Mattutino
ha tranquillizzato tutti sul fatto che tutto
funzionava ancora.
- Sì, Arthur fa davvero pena, è triste pensare che sia nato
e stato allevato con il solo scopo di garantire la discendenza, ma quella era
la realtà del tempo (cosa che, peraltro, è durata fin quasi ai giorni nostri
per certi rampolli di antiche dinastie!).
Vorrei anche spezzare una lancia in
favore di Uther.
L’angoscia provata brevemente da Arthur, riguardo l’impossibilità di garantire la continuazione dei Pendragon,
è in realtà ciò che Uther ha provato per anni, quando
Ygraine non riusciva a concepire l’agognato erede.
Pensate a come dev’essersi
sentito, considerando che un re senza eredi manda il regno contro sanguinarie
lotte di successione (avevo anche scritto una fic con
questa riflessione, a suo tempo).
- No, Arthur era già nel mondo dei sogni e non sente che Gaius chiama il figlioccio ‘Merlin’, il nostro povero mago
ha già abbastanza guai così. XD
- Che sia maschio o che sia femmina, Merlin ci mette sempre
un sacco di devozione e affetto quando si occupa del principe e poi, ora, Lin
può permettersi una confidenza che prima lei non aveva e che invece Merlin
maschio possedeva; solo che adesso lei può vantare anche dei benefits legati
al suo essere donna. XD
- Sì, certamente che arriveremo a qualcosa di ‘più profondo’; la fic è una merthur con rating arancio e conto di usarlo tutto! ^__=
- Merlin non si imbarazza perché ha
più ‘senso pratico’ di Arthur e, in quanto assistente
di un medico, credo che non badi a certe sottigliezze.
- Questa storia rimarrà pudica ancora per
poco. X°D (Scusa, ma la tua definizione mi ha fatta ridere di gusto! XD)
- Che Merlin non si sia rassegnato alla sua attuale
condizione si evincerà dalle sue stesse parole e dalle sue riflessioni, dalla
sua introspezione futura.
- Il fantasma di Ardof è ancora
presente, lo sarà anche tra breve, nella prossima avventura, fino al ‘confronto’ finale. Ardof è un
personaggio oscuro e mortifero. I trapassati a causa sua non sono ancora
finiti!
- Chi è Ardof? Ardof
è IL cattivo di questa storia. E’ normale che non ci si ricordi di lui, perché
ho evitato accuratamente di descriverlo e non è ancora comparso di persona,
perché la fic parte esattamente dopo che lui ha
maledetto Merlin con un incantesimo, ecco perché non ci si ricorda com’è! ^^ (Il
basilare comunque è scritto nel riassunto iniziale).
- No, non arriveremo a 100 capitoli! (A
meno che non si conti anche il seguito, che ha già una 30ina di bozze
XD).
- Per ‘donna di piacere’ si intende
una prostituta.
Per ‘cortigiana’ la cosa era un po’
diversa; il suo ruolo è cambiato col tempo. Ho preso dal web questa
spiegazione:
La versione femminile del cortigiano, ossia la cortigiana,
era anch’essa in origine una gentildonna (nobile) che faceva parte di una
corte, ma la sua figura ha risentito in modo molto più pesante dell’ambiguità
di natura sessuale. Nel Rinascimento il significato del termine passò poco per
volta ad indicare l’amante del signore della corte, una
“donna colta e indipendente, di costumi liberi”, fino a una prostituta di
professione nelle corti.
- Il principe è stato schiacciato e calpestato da due cavalli, il suo e quello di Sir Galderth (cfr. cap. 40), quindi gli è andata bene, poteva davvero morire spremuto come un limone. U_U
- Avrete presto un mare di scene come quella della grotta,
sto giusto completando questa parte della saga post-torneo, e posso dirvi che è
come nella grotta, ma all’ennesima potenza (anche se con loro mai niente è
semplice, né va liscio come dovrebbe).
- Ho letto varie ipotesi sul finale e posso dirvi che per qualcosa vi siete
avvicinate tantissimo a come sarà (la fine è già scritta fin dall’inizio, così
come l’epilogo e parte del seguito); ma per altro no, le cose sono più
complicate e complesse, ma non potete saperlo perché mancano ancora tasselli
fondamentali che presenterò tra una decina di capitoli.
E quel bimbo, sognato da Morgana, non è così scontato come si crede.
- Io personalmente adoro Merlin nei panni del suo alter ego femminile; ma, se mai Linette
diventasse anche solo lontanamente simile ad una Mary
Sue, vi prego – vi prego! – prendetemi a mazzate. Siete autorizzate a farmi
rinsavire! ^^
- Fin dall’inizio, ho sempre detto
che arriverete ad amare e a odiare Arthur in più di un’occasione.
E che l’Asino vi saprà (spero!)
stupire. Non resta che avere la pazienza di arrivarci e godersi il viaggio
avventuroso dei pucci verso la fine. ^^
- Lo ScorpiusChamaeleo è
come la Bandana, si è sacrificato per il bene della fic.
XD
Mi scuso per la prolissità delle risposte, ma avete chiesto
tanto e mi sembrava giusto darvi i chiarimenti che volevate! ^^
Vi metto ben due anticipazioni
del prossimo capitolo:
Fu qualche giorno dopo
che, mentre attraversava una fase alternata di sconforto e rabbia, Arthur vide Linette arrivare nelle sue stanze con un cesto pesante e
ingombrante, coperto da un fazzolettone bianco a
quadrettini rossi.
Ansimando per lo
sforzo, la sua valletta lo aveva posato sul letto e poi aveva ripreso fiato.
“Shh!”
lo avvertì. “Non ditelo a nessuno!” e il principe, in quel momento, avrebbe
giurato che il paniere di vimini si fosse mosso.
(…)
Gaius scosse il capo, sconvolto.
“Merlin, ti considero
come un figlio e lo sai.” Premise. “Ma se resti
incinta dell’erede al trono, il re vorrà la mia testa!” lo rimproverò. “Almeno
lascia che ti dia qualche rimedio per precauzione…”
E vi anticipo che nel prossimo spiegherò i tempi di
guarigione dell’infortunio di Arthur. ^^
Un’ultima cosa:
Ho raggiunto le 350 preferenze come autrice tra gli utenti
di EFP, e molti vengono da questo fandom.
Grazie della fiducia. *inchin*
Ringrazio anche tutti i 123 preferiti, 20
da ricordare e 230 seguiti di questa fic, sono un bel
numero e la cosa mi fa piacere.
Invito, come sempre, i nuovi lettori a lasciare qualche graditissimo parere, qualora lo
volessero.
Campagna di Promozione
Sociale - Messaggio No Profit:
Dona l’8‰
del tuo tempo alla causa pro recensioni.
Farai felice
milioni di scrittori.
(Chiunque voglia
aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio
crede) Come sempre, sono graditi commenti,
consigli e critiche.
Riassunto: Merlin è abituato a salvare la vita all’Asino Reale senza che
questi se ne accorga, ma stavolta non tutto va per il verso giusto
Riassunto: Merlin
è abituato a salvare la vita all’Asino Reale senza che questi se ne accorga, ma
stavolta non tutto va per il verso giusto. Colpito dall’incantesimo del
malvagio Ardof, il nostro mago farà i conti con una
sconvolgente novità: egli si risveglia trasformato in una donna.
Solo Gaius conosce il suo segreto e, finché non
troverà il modo di tornare normale, dovrà inventarsi delle scuse plausibili e prendere il posto di se stesso al servizio del principe. Come
riuscirà a conciliare questa ‘nuova situazione’? Come si evolverà il suo
rapporto con Arthur?
Vorrei dedicare il capitolo a
quelle persone che hanno recensito il precedente (un abbraccio speciale alle
nuove arrivate!):
Yaoithebest (bentornata!),
_ichigo85_, ginnyred, chibimayu,
Raven Cullen (Wow!Citiaddirittura le altremiefic!
*o*), LilithKe,
elfinemrys, Emrys__,
masrmg_5, Orchidea Rosa, saisai_girl, simplymyself, Saruwatari_,
_Tania_ (benvenuta!^^), _Bya_love_, Aleinad, mindyxx, xMoonyx,
Anjax11xD (bentornata!), miticabenny, principessaotaku93,
Tao, Agito (ciao!, benvenuta! in
bocca al lupo per l’esame!), giulia194 (ciao!,
benvenuta e grazie!), speranza, crownless e isidrinne (ciao!, benvenuta anche a te! ^^).
E a quanti commenteranno (SE vi
va di recensire anche dei capitoli più indietro di questo, il vostro parere non
andrà perduto!).
Ai vecchi e ai nuovi lettori.
Grazie.
TheHe in theShe
(l’Essenza dentro l’Apparenza)
Capitolo XLIV
Nel ventisettesimo giorno di riposo forzato, Gaius aveva stilato il quarto Bollettino Medico Ufficiale
di Palazzo, alla presenza dei soliti interessati.
Arthur, avendo scrupolosamente contato le veglie che lo avevano
visto incarcerato contro la sua volontà, stava già subodorando la fine della
sua prigionia, motivo per il quale scalpitava, impaziente di sentire il
verdetto del medico di corte, che sarebbe stato
indubbiamente a suo favore.
Purtroppo per lui, l’Archiatra Reale e il suo discepolo
avevano stabilito che allungare la degenza del principe avrebbe destato meno
sospetti sulla sua miracolosa ripresa – Merlin,
infatti, aveva decisamente abbondato troppo in
incantesimi guarenti e la cosa poteva ritorcerglisi
contro.
Questo avrebbe rannuvolato l’umore dell’erede al trono come
un temporale d’estate, ma – con encomiabile spirito di sacrificio – lo stregone
si era rassegnato a sopportarne le conseguenze.
L’importante era che Arthur fosse guarito completamente dalle
fratture – e che la spalla fosse in via di miglioramento.
Avergli lasciato un dolore fittizio da sopportare era uno
scotto da pagare per simulare dei tempi di guarigione più realistici.
D’altra parte, Gaius gli aveva
spiegato che la lussazione di un’articolazione prevedeva un tempo di recupero
che andava dai 45 ai 180 giorni.
I tempi di guarigione delle costole incrinate si aggiravano
attorno ai 20-30 giorni, con una certa variante individuale. La scomparsa del
dolore determinava la guarigione completa.
La caviglia slogata guariva in tempi diversi in base alla
serietà dell’infortunio. Quella di Arthur, in cui probabilmente vi era anche
una frattura, ci avrebbe impiegato almeno tre settimane.
Nel quadro d’insieme, però, Gaius
aveva fatto bene ad andare cauto, perché quell’Asino capriccioso poi non sarebbe
più stato fermo, una volta che avesse avuto il permesso di muoversi.
“… Ritengo, perciò, che quaranta giorni siano quantomeno necessari.” Aveva concluso
il medico, con perentoria solennità, sovrastando il ringhio basso e costante
che proveniva dal nobile Somaro furibondo.
Persino il re aveva finto
di non udire le fauci del figlio
che macinavano imprecazioni a destra e a manca e aveva ritenuto più saggio
dileguarsi in fretta da lì, dopo aver lanciato un veloce sguardo in direzione
del suo erede ed avergli comandato un generico: “Fa’
come ti ha detto Gaius.”
Lady Morgana era stata così giudiziosa da non presentarsi al suo cospetto fintanto che egli non
avesse sbollito. Probabilmente si sarebbero
rivisti la primavera successiva.
Gaius stesso, dopo aver dato il colpo di grazia al principe, si era volatilizzato,
adducendo innumerevoli visite da compiere entro sera.
E Merlin, rimasto solo con lui, aveva contemplato due uniche
possibilità: subire inerme la sua ira, oppure
cercare di sopravvivere. Fu così che gli lanciò contro un incantesimo e
Arthur si addormentò di colpo, e tale rimase fino al giorno successivo.
***
Dopo la rabbia, con l’andar dei giorni, era subentrata la
depressione.
Merlin aveva cercato di distrarlo, di fargli apprezzare i
rari vantaggi che quella situazione offriva, ma neppure ricordargli che aveva
saltato il Ballo con Lady Morgana serviva più a dargli soddisfazione. E quello era forse l’unico lato positivo
della disgrazia a cui avrebbe potuto aggrapparsi.
Fu così che, per combattere la sua apatia, Linette lo costringeva ad infinite
scommesse ai dadi – in cui, il più delle volte, perdeva di proposito barando magicamente.
Arthur dimostrava in quelle occasioni un fugace compiacimento,
ma la cosa durava troppo poco.
E allora Lin tentava di distoglierlo dal torpore leggendogli
libri astrusi su imprese titaniche di valorosi cavalieri, oppure condivideva
con lui noiosissimi trattati sull’uso delle armi che – lo stregone non avrebbe
mai capito come – sembravano invece appassionare l’Asino.
Poi si prodigava nel raccontargli i pettegolezzi di Corte –
dalla proposta di matrimonio che Sir Martin aveva fatto al padre di Lady
Theresa, all’ultimo tradimento consumato sotto gli occhi dell’ignaro marito –
passando per i ragguagli concernenti i suoi animali: l’impazienza di Antrax, gli acciacchi del vecchio Brutus,
l’imminente arrivo di una nuova cucciolata.
Da parte sua, il medico di corte (sotto viva sollecitazione
di un preoccupato Merlin) aveva concesso al principe di liberare le costole e
il piede dalla costrizione delle bende, a patto che non camminasse ancora, fino
a nuovo ordine.
Anche questo aveva contribuito a mitigare il malumore del
giovane Pendragon, con infinito sollievo del povero mago.
***
“Come sta Lily?” s’interessò il principe, quando Linette si
era presentata a lui dopo aver portato a passeggio i suoi cani.
“Quella cagna è la miglior stanatrice
di lepri che abbia mai avuto.” Considerò il nobile,
con orgoglio. “Chissà se la sua prole sarà all’altezza…”
“Non ne dubito.” L’aveva rassicurato il mago. “Sapete? Ha
già rubato uno straccio a Blaise e si è costruita un
ricovero in un angolo tranquillo della stalla.”
Arthur sorrise, fiero.
“Ben fatto.” Approvò, immaginando la cagnetta che eludeva la
sorveglianza del capostalliere e trascinava col muso
un vecchio drappo in un luogo di suo gradimento. “Assicurati che abbia cibo in
abbondanza.”
“Già fatto.” Lo tranquillizzò. “Mi sono permessa di affidare
a Buddy, il garzone, la sua sorveglianza. Ci avviserà al
momento opportuno.”
Il principe annuì, concorde.
***
Fu qualche giorno dopo che, mentre attraversava una fase
alternata di sconforto e rabbia, Arthur vide Linette
arrivare nelle sue stanze con un cesto pesante e ingombrante, coperto da un fazzolettone bianco a quadrettini rossi.
Ansimando per lo sforzo, la sua valletta lo aveva posato sul
letto e poi aveva ripreso fiato.
“Shh!” lo avvertì. “Non ditelo a
nessuno!” e il principe, in quel momento, avrebbe giurato che il paniere di
vimini si fosse mosso.
Fu così che, inspiegabilmente incuriosito, sollevò il
fazzoletto per sbirciarvi dentro e vide un ammasso confuso di pelo: erano la
cagna e i suoi tre cuccioli, due dei quali stavano dormendo, mentre uno era
sveglio e cercava il calore della madre.
“Lily ha partorito stanotte. Pensavo ci teneste a vederli…”
motivò, sorridendo. “Fate piano. Si spaventano…”
Arthur si illuminò di gioia, mentre
accarezzava la bestia che l’aveva riconosciuto scodinzolando e, guaendo festosa,
cercava di leccargli la mano.
Poi, con un movimento deliberatamente lento per non impaurirla,
il principe sollevò il cagnolino sveglio e lo prese in braccio.
Ed era solo una fagotto morbido e caldo, inerme. Sentiva il suo
cuore impazzito pulsare contro la propria mano e se lo pose in grembo, sopra le
lenzuola, e lo accarezzò piano, sorridendo.
Il cucciolo gli leccò le dita d’istinto, poiché aveva ancora
gli occhi chiusi, forse scambiandolo per le mammelle della madre e Arthur ridacchiò,
sentendo il solletico che la linguetta rasposa gli
procurava.
Venne quindi ricompensato da una
calda chiazza umida che si espanse all’istante sui suoi pantaloni, sulla camicia
da letto e sul lenzuolo.
Egli imprecò sonoramente, mentre Linette
rideva di gusto, superato il trauma iniziale.
“Chissà come, ma
credo di averla già vissuta una scena simile!” esclamò la serva, tenendosi la
pancia per il gran ridere. “Ma che gli fate, voi, ai neonati?”
sghignazzò, mantenendosi a debita distanza dalle ritorsioni del suo padrone.
Peccato non si
potessero mandare i cuccioli alla gogna… e neppure le serve impudenti…
Dopo che ebbe nascosto ‘il
colpevole’ e tutta la sua famiglia dietro il paravento perché non fossero visti,
lo stregone chiamò due servitori, i quali aiutarono il principe vilipeso a
cambiarsi e sostituirono le lenzuola oltraggiate.
Sua Maestà non avrebbe avuto l’obbligo di motivare
l’incidente, ma – al momento opportuno – aveva bofonchiato (a loro unico beneficio)
qualcosa di irritato su del the rovesciato per errore,
cosicché i camerieri avrebbero evitato di malignare sulla faccenda.
Una volta che furono nuovamente
soli e l’aristocratica arrabbiatura era passata per buona parte, la valletta riprese
il cesto dal nascondiglio, con l’intenzione di riportare la famigliola nelle
scuderie, dove doveva stare – e da dove non sarebbe dovuta uscire – ma
inaspettatamente il suo signore la fermò, chiedendole di riavvicinarsi.
“Senza tuttavia togliere nulla
dal paniere!” le aveva ordinato, con ironica cautela. “Voglio dar loro un appellativo.”
Era tradizione, Merlin
lo sapeva, che fosse il principe a scegliere il nome di tutte le bestie che gli
appartenevano. Dal primo puledro all’ultimo micetto
del castello. E i cani della sua muta da caccia non esentavano dalla
consuetudine.
“Sai già cosa sono?” l’interrogò.
“Due femminucce e un maschietto.” Fu la risposta diligente.
“Buddy ha verificato.” Gli rese noto, indicando a
turno le tre bestiole.
“Ti prego, non dirmi che quello screanzato è l’unico maschio!” s’era
scandalizzato.
Il mago ghignò, senza darsi pena di sembrare contrito. “Temo
proprio di dovervi deludere.”
E Arthur sbuffò, incassando la beffa.
“Come intendete chiamarlo?”
“Roast.” Decretò, risoluto.
“Arrosto?” chiese Merlin, sorpreso.
“Certo. Magari mi verrà voglia di mangiarmelo!”
aveva detto il principe, in tono di macabra rappresaglia. “Grigliato.”
“Ma Sire!” aveva protestato Linette, inorridendo. “E’ solo un cucciolo!”
“Se non è buono da
conigli, me lo mangio al posto del coniglio…” aveva infierito il cavaliere,
godendosi al sua piccola rivincita.
Ma quando si accorse che la sua valletta non
era affatto stata al gioco, ritornò serio.
“Non penserai davvero che potrei mangiarmelo!” aveva
sbottato, offeso.
“Lo stufato di ratto non vi era dispiaciuto…” aveva
appuntato lo stregone, per dispetto.
La smorfia disgustata dell’erede al trono ripagò il mago del
suo spavento.
“Nh! Merlin e la
sua linguaccia…” brontolò.
“E la seconda come la chiamiamo?”
“Lulah!”
Stranamente, lo scudiero non ebbe nulla da ridire.
“E la terza, l’altra femmina?” gli domandò.
Arthur le diede un’occhiata fugace, mentre Lily sorvegliava
diligentemente la sua prole.
“Dhella.”
“Mi piace.” Concordò Linette,
sorridendo.
“Certo!” il principe gonfiò il petto. “E’ risaputo che io
abbia dell’ottimo buongusto!”
Ma fu a quel punto che il ricordo una
certa ‘Arthuria’ e il battibecco che ne era
conseguito veleggiò nelle loro menti, tacitandoli.
Merlin passò il resto del pomeriggio a ridere di lui,
godendosi il suo adorabile broncio asinino, contento del fatto che – grazie a
Lily e ai suoi cuccioli, incidente
incluso – Arthur fosse uscito dalla sua apatia.
***
Sorprendentemente, un nuovo problema giunse proprio da chi Merlin non si aspettava: Gaius.
Tutto ebbe inizio per caso, quando il vecchio cerusico era
venuto a controllare lo stato di salute del principe (come aveva fatto mille
volte fino a quel momento), mentre loro due erano accomodati sul letto, in
maniera informale, intenti a giocare una partita di carte.
La sfida ovviamente era stata sospesa, fintanto che il
medico non aveva concluso la visita del paziente.
La seconda volta, due giorni dopo, Gaius
li aveva sorpresi a ridere di qualcosa di buffo, con una complicità fin quasi
sospetta, mentre condividevano dallo stesso piatto un pezzo di focaccia
sbriciolata.
La terza volta, quella medesima sera, allorché
l’archiatra si era presentato nelle stanze reali per somministrare un
antidolorifico all’infortunato, li aveva trovati mentre il suo protetto
massaggiava la schiena del giovane Pendragon e questi se ne stava a torso nudo
a godersi il trattamento.
“Credo sia una contrattura.” Aveva borbottato Lin, pigiando
sulla pelle con discreta intensità, senza darsi pena di smettere.
Il vecchio cerusico, dopo una breve anamnesi, aveva
concordato; e si era messo a disposizione per frizionare la spalla ferita del
principe, forte della sua esperienza, ma questi aveva rifiutato l’offerta,
dichiarando che avrebbe potuto farlo benissimo Linette,
e che gradiva che fosse lei a continuare.
Quando l’apprendista aveva fatto ritorno nella sua cameretta,
per cambiarsi velocemente d’abito, non si sarebbe aspettato di trovarsi di
fronte ad una ramanzina.
“Dovreste essere più prudenti, potrebbe entrare qualcun
altro che non sia io e che non capirebbe!”
“Ma di cosa state parlando?” aveva
chiesto Merlin, confuso.
“Oh, avanti!” aveva sbottato il vecchio, perdendo la
pazienza. “Non dirmi che-”
“Mi dispiace, Gaius, ma Arthur mi aspetta!” lo aveva interrotto il suo
figlioccio, scomparendo oltre la porta prima che egli potesse finire il suo
discorso.
‘Arthur?’ Lo chiamava così,
adesso?
L’anziano medico sospirò, scotendo il capo.
Le cose stavano
prendendo una piega che non gli piaceva neanche un po’.
Visto che il principe era
migliorato di molto, qualcuno avrebbe potuto obiettare che la presenza costante
della sua valletta personale al suo capezzale non era più così necessaria.
Tuttavia, l’infortunato avrebbe potuto avere ancora bisogno
di lei, giacché non doveva effettivamente alzarsi dal suo giaciglio e, per
evitare il diffondersi di malelingue tendenziose, – come aveva suggerito Gaius – un buon compromesso era stato che ella dormisse in anticamera, a disposizione sì, ma anche a debita distanza dal letto dell’erede al
trono.
***
“Merlin!” lo chiamò il suo mentore angustiato, trascinandolo
in un anfratto del corridoio vuoto. “Ma dov’eri
finito?!”
“Ho dormito nell’anticamera!” mentì, per non innescare
un’inutile predica.
“Non è vero! Sono
venuto a cercarti e non c’eri… non dirmi che hai dormito col principe!”
esclamò, deluso.
“No! Non l’ho fatto!” negò, con forza.
“Beh, in realtà sì, ma…”
Gaius spalancò la bocca.
“Non ho diviso il letto con Arthur!” precisò, con foga.
“Beh, in realtà sì…”
La bocca di Gaius si allargò ancor
di più.
“Però non è come pensate!” si
difese. “L’unica parte di Arthur che ho sfiorato sono stati i piedi! E solo
perché erano caldi!”
Gaius scosse il capo, sconvolto.
“Merlin, ti considero come un figlio e lo sai.” Premise. “Ma se resti incinta dell’erede al trono, il re vorrà la mia
testa!” lo rimproverò. “Almeno lascia che ti dia qualche rimedio per
precauzione…”
Il mago si coprì il viso arroventato con le mani, affranto. “Seduti sul letto.
Lui si è addormentato e io sono crollato esausto. Tutto qui.” Rispiegò. Ma
l’espressione del medico esprimeva tutta la sua perplessità.
“Io e Arthur siamo rimasti insieme
fino a tardi e… e una cosa tira l’altra e… e… e poi abbiamo dormito!” balbettò,
sconvolto dalla piega presa dagli eventi. “Per amor del Cielo, Gaius, credetemi!”
Fu allora che il suo protettore lo afferrò per la spalle e, superato il disagio, gli snocciolò tutto quello
che pensava.
“Il principe sente ancora un vago dolore, anche se non è più
ferito; ma di questo abbiamo cognizione solo io e te.”
Premise. “Tuttavia, egli è giovane e forte, e ha un sacco di
energia ferma in quel letto. Lo sappiamo entrambi che è peggio di una belva selvatica rinchiusa in gabbia, e
capisco… capisco che tu abbia ceduto nella foga di compiacerlo, o di
consolarlo, ma…” fu a quel punto che il mago fu seriamente convinto che sarebbe
morto di vergogna “… ma questa storia non può andare avanti!” gli spiegò,
stringendo la presa sulle sue braccia. “Lo sai che ho sempre rispettato le tue
scelte, anche quando non le condividevo. Ma stavolta è
diverso, Merlin, cerca di capirlo…” ripeté, dimostrando la sua preoccupazione.
A cosa sarebbe servito
negare, se il suo mentore non gli credeva?
Lo stregone si scrollò di dosso le sue mani rugose, indietreggiando
per separare anche fisicamente le loro convinzioni.
“Gaius…” lo invocò, rattristato
dalla mancanza di fiducia dell’uomo che considerava alla stregua di un padre.
“Siete libero di pensarla come meglio ritenete, ma vi giuro che tra me e Arthur
non vi è stato nulla di sconveniente! Egli si è sempre comportato in modo
riguardoso e impeccabile nei confronti di Linette, e
ciò che avete travisato è semplicemente un rapporto d’amicizia che
inevitabilmente si è formato tra noi, poiché abbiamo
vissuto queste settimane così a stretto contatto…”
Il sospiro
di sollievo del suo mentore lo ferì forse più di tutte quelle
insinuazioni. Ma la consolazione del vecchio maestro
durò poco, e ancor meno per Merlin.
“Comprendo che si sia formato un legame
tra voi, figliolo. Era inevitabile. Anche se è azzardato che un uomo e una donna siano amici, ancor più quando si è serva e
padrone, questo ha l’indubbio vantaggio di permetterti di stargli accanto e di
proteggerlo dai nemici – dalla vendetta di Ardof,
anzitutto, perché egli non ha ancora desistito dal suo scellerato proposito. Tuttavia…” Gaius temporeggiò, sentendosi in
difficoltà. “Tuttavia, vi ho visti.” Esordì, aspettando che il figlioccio capisse.
Merlin lo scrutò, senza intendere. “Cosa…?”
“Tu ed Arthur.” Precisò. “Come ridevate,
come ti guardava. L’affetto che sta imparando a nutrire per te. Il legame che sta nascendo
fra voi.”
“Io… non comprendo.” Ammise.
“Merlin, non potete
diventare amici. Cerca di capirlo.”
La ragazza sbatté gli occhi, incredula.
“Se il principe si affeziona a te,
soffrirà quando te ne andrai. Linette non è
destinata a rimanere, ricordalo.” Lo ammonì il
vecchio, sospirando.
Merlin, che stava per ribattere, chiuse la bocca.
“Credimi… So come ti senti, so che stai portando un peso
enorme sulle tue spalle, tutto da solo, e che ti manca quel sentimento
d’amicizia che avevi con lui, ma…”
Il ragazzo scosse piano la testa.
No. Gaius non poteva sapere come si sentiva. Non riusciva
neppure ad immaginarlo lontanamente.
Era stato privato del
suo fisico, del suo nome, dei suoi sentimenti.
Imprigionato in un
corpo non suo.
E quell’unica
consolazione era l’affetto sincero di Arthur.
E ora gli veniva chiesto di rinunciare anche a quello.
Merlin sentì gli occhi diventare lucidi, mentre si scostava
e se ne andava da lì. Ovunque, pur di non
rimanere lì dentro un istante di più.
Gaius lo richiamò, ma fu tutto
inutile.
Linette era corsa già lontana.
Continua...
Disclaimer:I
personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi,
non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.
Ringraziamenti:
Un abbraccio a Tao, che sopporta i miei
scleri. X3
E a Mika, che mi coccola col suo entusiasmo!
Note: In realtà,
nel Telefilm e nella mia fic, Merlin ha sempre
chiamato il principe ‘Arthur’ senza appellativi onorifici davanti al suo
maestro, ma stavolta Gaius lo nota, perché è convinto
che quella ‘confidenza’ abbia un valore diverso.
E’ dall’inizio del Torneo (quando Gaius
insinua quelle cose sulla bandana come pegno) che il rapporto fra i due si è un
po’ guastato. Ci girano attorno praticamente da un
mese ed ora la cosa è esplosa. Però le cose si sistemeranno, perché Gaius e Merlin si vogliono bene, anche se il
confronto/scontro era inevitabile.
Mi piacerebbe davvero sapere cosa ne pensate della
reazione del vecchio medico, e intanto vi anticipo la mia opinione
(ringrazio Mika che mi ci ha fatto riflettere attraverso i nostri scambi^^).
Anche se ha torto,Gaius non si scusa mai, o quasi mai, neppure nel TF.
E c’è da dire che ci va giù di
brutto, però c’è una cosa che mi piace: non si è fermato a criticare il
possibile rapporto gay tra il suo figlioccio e il
principe.
Arriva persino a giustificarlo, quando gli dice: “So che lo hai fatto per
consolarlo, per… ecc…”
Cioè. Gaius sa che Linette
è un maschio in fondo. E non si scandalizza che Merlin abbia ceduto con Arthur,
secondo le sue idee.
E anzi, si preoccupa di ‘eventuali conseguenze’, lì prevale il suo lato medico,
quello del buonsenso.
Quando dice: “Se resti incinta, il re vorrà la mia
testa”, in realtà è un discorso più ampio del tipo: “Manderai tutto a puttane.
Ti cacceranno da qui. Che fine faremo? Che ne sarà di te? Non potrò più
proteggerti né aiutarti.” Gaius sbaglia, ma lo fa a
fin di bene. Non v’è traccia di egoismo nei suoi pensieri, secondo le mie
intenzioni.
E poi si farà perdonare, abbiate la pazienza di leggere il prossimo. ^^
“Se non è buono da
conigli, me lo mangio al posto del coniglio…” la frase in corsivo è una
forma desueta per dire “se non è capace di fare il suo lavoro…” ‘essere buono’ è come ‘essere capace di/riuscire a’.
Tenendo conto che la
chiazza è pipì,ha il colore della pipì e l’odore della pipì, Arthur ha una faccia
tosta a spacciarlo per the! XD (ma poverino, non si
poteva insinuare che gli fosse scappata a letto XD)
Il principe involontariamente
bagnato di pipì è un richiamo al cap. 23, quando è
nata Arlin.
E, come recita l’adagio, non c’è
due senza tre! XD (ma per quello dovrete aspettare
parecchio. U_U).
Invece, i piedi di Arthur torneranno presto (presto-presto)
ad avere i loro ‘cinque minuti di gloria’, come si suol
dire.
Le informazioni sui tempi di guarigione che ho inserito nel
capitolo sono reali (con un’ovvia variazione da caso a caso) sono presi
direttamente da enciclopedie mediche e manuali d’ortopedia, essi non variano
molto dal Medioevo ad oggi, in quanto le ossa si
rinsaldano allo stesso modo dalla notte dei tempi, come mi ha confermato un
amico medico.
Nessun cane è stato maltrattato per scrivere questa fic. XD
Il nome “Lulah” è un piccolo
omaggio alla ‘Zia Lulah’ di QaF,
mentre scrivevo il capitolo mi stavo riguardando
vecchie puntate e non ho resistito.
“Dhella” invece deve il suo nome a
‘Della Reese’, attrice che stimo.
Precisazioni al
capitolo precedente e domande varie: (a random)
- So che la seconda anticipazione, che vi avevo lasciato,
era un po’ particolare (sconvolgente?),
ma volevo che provaste lo stesso sconvolgimento di Gaius,
quando crede che Merlin sia andato a letto col principe. Noto con piacere,
leggendo i pareri scioccati, che ci sono riuscita!^__^
- Apprezzo che il ‘blabla’ della lezioncina non vi
abbia stancato, mi dispiaceva ‘tradire’ i regolamenti medievali, mettendo solo
alcune regole. Perché quello che ho elencato era un regolamento completo, e il
mio animo pignolo mi impediva di tagliuzzarlo. X°D
- Gwen ha pochissimo spazio perché è un personaggio
di contorno.
Nella mia fic, lei e il principe NON hanno un legame profondo come invece
era nella seconda serie, perché questa storia è una ‘whatif?’ innestato dopo la fine della prima stagione.
Riporto, per comodità, la spiegazione che ho già messo nel cap. 37:
“Nella prima stagione, Arthur
e Gwen non avevano un rapporto particolarmente
felice, lei lo considerava viziato e prepotente, e arriva persino a sgridarlo a
Ealdor per questo, e poi le cose tra loro non sono
cambiate di molto, in questa fic. Arthur non ha mai maturato quell’affetto e l’attaccamento
visti nella seconda serie; per lui Gwen è la serva
personale della sua sorellastra e un’amica di Merlin. (…)
Come ogni serva del castello, lei vede Arthur alla stregua di una star:
affascinante e inavvicinabile. Punto.”
Secondo me è già molto
che lei passi ogni tanto a vedere se Arthur è vivo o
morto per fare un piacere a Lady Morgana! XD
Comunque Gwen non è del tutto scomparsa, verrà
nominata già nel prossimo con una piccola particina, assieme alla sua padrona.
- Sì, Arthur sente la mancanza di Merlin, ma è
troppo orgoglioso (e asino) per ammetterlo e preferisce reagire così.
- La scena del letto
dove Merlin gli legge un libro è una delle mie preferite in tutta la storia. Ancheio la trovo molto ‘intima’.
- Uther non è mica scemo! Anche lui sa quando è meglio battere in ritirata! XD
- In fondo Arthur è un bambino viziato, sotto certi
aspetti. E’ quello che lo rende umano, come tutti. Io adoro quando fa i
capricci! *_* (Merlin un po’ meno, ma pazienza XD).
- Un ‘Trattato di Amor Cortese’ è
l’insieme dei dettami di comportamento che regolamentano i rapporti fra nobili
di sesso diverso. Il concetto è estremamente ampio e
non posso dilungarmi qui, ma l’Amor Cortese nasce in risposta alla decadenza
medievale dei costumi sessuali dell’epoca.
Il ruolo della donna viene
rivalutato e nasce la convinzione che un cavaliere si debba votare all’amore
sublimato (e spesso mai consumato) per una dama. Egli è servo d’onore del suo re, ma è servo d’amore di questa dama.
L’Amor Cortese non contempla il matrimonio (poiché i legami politici e quelli
di cuore mai coincidevano) ed è quindi un amore adulterino per definizione.
L’Amor Cortese che viene presentato
a scuola (Dante e Beatrice in primis) è un po’ più avanti, cronologicamente
parlando, rispetto alla Camelot della nostra fic, ma dentro ai Cerimoniali di Corte del vecchio Geoffrey
c’era sicuramente qualcosa al riguardo da studiare a memoria per non offendere
nessuno e scatenare qualche guerra.
- Ahahaha! Gaiusnon può riempire Arthur di sonniferi perché
non gli regali un nipotino! XD
Dovrebbe piuttosto trovare altri rimedi! ^_=
- Sì, Arthur sta sempre più affezionandosi a Linette, sa che lei è una donna, ma è così simile a Merlin gli vien spontaneo trattarla diversamente
dalle altre fanciulle con cui ha a che fare.
- E’ interessante quello che è emerso dai vostri commenti.
Arthur è un tipo impaziente e senza dubbio è una tortura per lui rimanere fermo
così tanto tempo in ozio; ma è altrettanto vero che,
avendo perso la sua autonomia anche per le piccole cose, egli si senta
minacciato nell’orgoglio: chiunque abbia avuto un certo tipo di incidente sa
quanto è umiliante farsi cambiare, imboccare, lavare… e sappiamo quanto è
orgoglioso il principino boriosetto, no?
- Anche Linette collassa sfinita
dai mille doveri (ne abbiamo le prove giusto in questo capitolo), solo che –
nella foga di farsi accettare da Arthur – lei si ‘consuma’ ancor più di Merlin.
(Sarò femminista, ma come donne sgobbiamo molto più
dei maschi e loro manco se ne accorgono. U_U)
- Aleinadhai
indovinato! Era proprio ‘un amico a quattro zampe’!
Mi scuso per la prolissità delle risposte, ma avete chiesto
tanto e mi sembrava giusto darvi i chiarimenti che volevate! ^^
Le vacanze sono finite, ma durante le ferie sono riuscita a
prendermi un po’ avanti coi capitoli.
Mi piacerebbe postare un capitolo a settimana, se il vostro entusiasmo, le
letture e i commenti mi faranno capire che riuscite a seguire quel ritmo.
Ultimamente ho rallentato per dar modo a tutti di leggere l’aggiornamento anche
con le vacanze di mezzo. Ho anche alcune vecchie fic
da caricare.
Buon ritorno al lavoro e buon anno
scolastico a tutti/e!
Vi metto ben due anticipazioni
del prossimo capitolo:
Merlin non avrebbe mai
saputo dire come si era giunti a quel momento.
Era successo tutto troppo in fretta e tutto aveva
dell’assurdo, a suo modesto dire.
Un attimo prima era chino dentro la vasca delle sanguisughe
a pulirne i vetri lerci, e l’attimo dopo veniva
trascinato per un braccio da uno zelante leccapiedi del sovrano.
(…)
Fu così che, in meno di mezz’ora, Lin s’era
ritrovata suo malgrado ad essere la novella sposa del giovane Pendragon – che
non era più un Pendragon, ma ArthurDintagell, del lontano regno di Trevena –, in viaggio per raggiungere quelle terre distanti
dopo il matrimonio appena celebrato.
Merlin aveva ancora stampata in
faccia un’espressione sbigottita e la bocca spalancata, quando, tossicchiando, Uther riprese: “Data la delicatezza della faccenda, mi
aspetto da te il massimo riserbo.” Le rese noto, con il
consueto sguardo che non ammetteva repliche. E Linette
poté solo inchinarsi e assentire.
Inizia una nuova
avventura! *O*
Un’ultima cosa.
Immagino che ciascuno di voi si sia fatto una propria
immagine mentale di come potrebbe apparire Linette,
così fisicamente simile a Merlin, in base alle descrizioni che ho lasciato nel
corso dei capitoli.
Io ho salvato alcune immy che ho
trovato nel web (disegni in stile fumetto) e che metterò al momento opportuno
in determinati capitoli, ma Anna Maria è stata così
gentile da mandarmi la sua idea di Linette nata dalla manipolazione dell’ignaro Colin.
Non voglio influenzarvi, perciò non caricherò direttamente l’immagine. Se
volete mantenere la vostra ‘immaginazione’ siete
liberi di farlo. Per chi volesse curiosare, lascio due link.
Anche se si discosta dal mio modello, trovo sia molto carina. ^^
http://i53.tinypic.com/2agrg38.jpg
http://i52.tinypic.com/nq7cjd.jpg
Campagna di Promozione
Sociale - Messaggio No Profit:
Dona l’8‰
del tuo tempo alla causa pro recensioni.
Farai felice
milioni di scrittori.
(Chiunque voglia
aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio
crede) Come sempre, sono graditi commenti,
consigli e critiche.
Mi scuso del ritardo nell’aggiornamento, che è comunque
indipendente dalla mia volontà
Mi scuso del ritardo
nell’aggiornamento, che è comunque indipendente
dalla mia volontà.
Il mio pc è in riparazione e
sto vivendo della carità di amici che mi
prestano il loro. Finalmente riesco ad averne uno con il programma per caricare
il capitolo.
In questi giorni, festeggerò
anche i miei 10 anni ininterrotti di presenza su EFP.
Non ricordo il giorno esatto,
poiché tutto è andato perduto nel famoso tracollo del 2003.
Ma sono felice ed emozionata di essere ancora qui, dopo tanto tempo, con più di
235 fic pubblicate e 340 capitoli postati. *Ely offre un pezzo di fetta di
torta virtuale a tutti*
Questo capitolo e il
seguente coprono un arco di tempo che va dalla prima
decade del 4° mese fino all’inizio del 5° mese dall’inizio
della storia.
Riassunto: Merlin
è abituato a salvare la vita all’Asino Reale senza che questi se ne accorga, ma stavolta non tutto va per il verso giusto.
Colpito dall’incantesimo del malvagio Ardof, il nostro mago farà i
conti con una sconvolgente novità: egli si risveglia trasformato in una
donna.
Solo Gaius conosce il suo segreto e, finché non troverà il modo
di tornare normale, dovrà inventarsi delle scuse plausibili e prendere il posto di se stesso al servizio del principe. Come
riuscirà a conciliare questa ‘nuova situazione’? Come si
evolverà il suo rapporto con Arthur?
Vorrei dedicare il capitolo a
quelle persone che hanno recensito il precedente (e visto che i commenti sono
in calo, sono ancora più preziosi!):
Yaoithebest,
principessaotaku93, _Saruwatari_, xMoonyx, chibimayu, somochu,
Raven Cullen, Emrys__, masrmg_5, crownless, elfin emrys, mindyxx, ginnyred,
Miki87, _ichigo85_, Orchidea Rosa, _Bya_love_, Yuki Eiri Sensei, miticabenny, Harmony89
(che abbraccio di cuore per la maratona fatta!), Melgi (Ciao!, benvenuta! ^^),
LyndaWeasley, Tao e Agito.
E a
quanti commenteranno (SE vi va di recensire anche dei capitoli più
indietro di questo, il vostro parere non andrà perduto!).
Ai vecchi e ai nuovi lettori.
Grazie.
The He
in theShe
(l’Essenza dentro l’Apparenza)
Capitolo XLV
Al compimento dei quaranta giorni d’agonia, al
principe vennefinalmente
concesso di abbandonare il letto, con l’impegno però di non affaticarsi e di riprendere gradatamente i suoi doveri di erede al
trono.
All’indomani, quando all’alba aveva varcato la
soglia degli appartamenti reali con la colazione in mano, Lin l’aveva
trovato già agghindato di tutto punto, pettinato e sbarbato.
Arthur era stato così contento di potersi infine
alzare, riconquistando la sua vita normale, che non aveva neppure aspettato la
sua serva per prepararsi.
“Caspita! Sapete persino vestirvi da
solo!” l’aveva salutato Merlin – con una faccia
esageratamente stupita. “Me ne compiaccio!”
“Smettila, Linette!” aveva brontolato il nobile,
per nulla intenzionato a farsi guastare l’idilliaca giornata.
E fu così che,
lentamente, le cose stavano tornando alla normalità.
Anche se il mago non aveva dimenticato le parole del
mentore.
A suo favore, tuttavia, avevano parlato i fatti: con la
ripresa dei consueti impegni, il principe e Linette si vedevano molto meno e il
vecchio medico s’era messo il cuore in pace, catalogando le sue
preoccupazioni come un colossale abbaglio.
A riprova della sua buona fede, era stato egli stesso a incaricare la sua apprendista di occuparsi della
riabilitazione della spalla del principe, la quale aveva bisogno di costanti
massaggi e lozioni decongestionanti e impacchi analgesici per guarire.
Così Merlin, ogni mattina e ogni
sera, aiutava il suo signore a mettersi e a togliersi la casacca, perché
era ancora impedito nel movimento, e poi si dedicava alla manipolazione, ungeva
il tutto e fasciava l’articolazione contusa.
Malgrado egli avesse visto ogni genere di ferita aiutando il
suo maestro nel compiere il proprio lavoro, fu tuttavia inevitabile per il mago
restare impressionato dal numero incredibile di cicatrici che l’incidente
aveva lasciato sul corpo del principe.
Avevano forma e lunghezza variabile, ma dalla spalla alle
costole Arthur ne era disseminato.
Certo, col tempo si sarebbero quasi sicuramente schiarite,
ma non sarebbero mai più sparite. Erano
un ricordo indelebile di quel maledetto Torneo.
Ed erano… beh,
erano un’ingiustizia.
… e lui avrebbe fatto qualcosa per rimediare.
Forse ci aveva messo così tanto
impegno per non sfigurare, o probabilmente perché non voleva che il suo mentore
avesse a che ridire, ma fu quasi per istinto che decise di cospargerle di
unguento, per levigare la pelle tesa e martoriata, incurante dei brividi che il
principe tentava di trattenere, o del solletico che sapeva di provocargli. E poi i suoi incantesimi facevano il resto,
piano piano. In segreto.
Era giusto. Era normale.
Erano lui e Arthur, dannazione. Perché mai bisognava vederci doppi fini?
***
Ricominciare a seguire gli addestramenti dalla staccionata
non fu semplice per il nobile Babbeo; ma egli doveva riconoscere che non era
ancora in grado di impugnare una spada e di manovrarla con agilità,
perciò era venuto a patti con i suoi limiti e si era accontentato di
sbraitare contro i cadetti e contro le nuove reclute da maltrattare.
Impedirgli di andare a cavallo fu un po’ più
difficile. Ma bastò mezzo giro nel cortile per
dissuaderlo in modo lesto. Anche le sue costole avevano protestato in modo
efficace e persuasivo.
Fu per questo che l’erede al trono si dedicò
anima e corpo all’amministrazione del feudo e alle riunioni del
Consiglio, a compiacere suo padre e a ispezionare il
castello come non faceva da molto, verificando che nessuno battesse la fiacca.
E fu così che, verso la fine
del quarto mese da che Linette era arrivata, il principe – avendo ripreso
pieno possesso delle sue funzioni (ad eccezione di un lieve fastidio alla
spalla che permaneva, e che Gaius era certo sarebbe scomparso col tempo)
– facendo una perlustrazione nella cripta del maniero, s’era
accorto che qualcosa non andava.
Confrontando con il meticoloso inventario
tutti i Tesori della Corona e i gioielli ereditati dagli Antenati
Pendragon, Geoffrey di Monmouth per poco non erano morto sul colpo.
Arthur infatti aveva visto giusto e
mancava all’appello un antico manufatto d’inestimabile valore.
A nulla erano valse le ricerche all’interno del
palazzo e nella cittadella.
Sarebbe stato superfluo descrivere la reazione di re Uther a
quella scoperta e, ancor più, il suo amabile
umore, quando non c’era nessuno pronto da
accusare e ancor più da punire.
Quando ormai il sovrano e il figlio erano pronti a
rassegnarsi – chissà quando era avvenuto
il fatto? – era giunto a chiedere udienza un uomo che giurava e
spergiurava di avere informazioni al riguardo, in cambio di una lauta
ricompensa, ed egli era stato interrogato dal monarca in persona, alla presenza
di pochi altri eletti, tra cui il principe e Gaius.
***
Merlin non avrebbe mai
saputo dire come si era giunti a quel momento.
Era successo tutto troppo in fretta e tutto aveva
dell’assurdo, a suo modesto dire.
Un attimo prima era chino dentro la
vasca delle sanguisughe a pulirne i vetri lerci, e l’attimo dopo veniva
trascinato per un braccio da uno zelante leccapiedi del sovrano.
“Sua Maestà richiede urgentemente la tua
presenza!” gli era stato detto, senza lasciare a Linette neppure il tempo
di rendersi presentabile.
Appena ebbe varcato la soglia della Sala delle Riunioni, Gaius
gli aveva lanciato un’occhiata di monito e lui si era trovato ad
accettare quella farsa.
In buona sostanza – le aveva spiegato Uther,
mettendola a conoscenza dei fatti – qualcuno si era introdotto nel
castello, chissà quando, e aveva rubato uno dei tesori che i Pendragon
si tramandavano dalla notte dei tempi e che Arthur rivoleva per sé
(anche se Merlin avrebbe giurato che fosse il re a rivolerlo, e che
l’Asino si prodigasse semplicemente nel compiacerlo).
Linette rimase zitta e immobile mentre il sovrano le
comunicava ciò, anche se era superfluo, poiché conosceva già
la faccenda e aveva persino preso parte alle ricerche infruttuose.
Il mago nutriva la propria personale convinzione che il
ladrocinio fosse avvenuto durante il Torneo, mentre Camelot era in subbuglio, invasa da uno stuolo di visitatori.
Fino a quel momento, comunque, aveva scartato l’ipotesi che fosse stato
Ardof a compiere la sottrazione, altrimenti quello scellerato avrebbe
già potuto usare la cosa a suo vantaggio.
Quello che lo stregone non sapeva – e che era emerso
durante l’interrogatorio dell’informatore poco prima – era
che probabilmente egli si era avvicinato alla verità molto più di
quanto pensasse.
Il furto di quel
determinato oggetto non era stato casuale.
C’era il forte rischio che uno spietato stregone facesse
un incantesimo maligno sul manufatto, di modo che la maledizione cadesse su
tutta la Dinastia dei Pendragon.
A quelle parole funeste, Merlin era visibilmente impallidito,
incrociando poi lo sguardo preoccupato del suo signore; ma non ebbe modo di
crogiolarsi in riflessioni, perché il monarca era infine giunto al vero motivo per cui la valletta era stata convocata.
Stando alle parole della spia, per qualche ragione colui che aveva rubato l’oggetto prezioso (o chi per
esso) voleva sbarazzarsene, vendendolo. L’incontro per la transazione era
fissato di lì a una settimana, presso la ‘Locanda del
Giglio Bianco’ – un nome che lo scudiero non aveva mai sentito
– e ovviamente loro sarebbero
andati a riprendersi il maltolto, e a punire i colpevoli.
Giusto quando aveva appena terminato di comprendere l’ingaggio
e a chiedersi cosa c’entrasse Linette
in tutto quello, arrivò per il mago la vera sorpresa.
E si sarebbe accorto che non
era una notizia piacevole da
ricevere, se avesse notato meglio il nervosismo del
sovrano; oppure Lady Morgana che ghignava in un angolo discosto, segno che ella
sapeva già cosa il re avrebbe
detto, e per un istante comprese perché Arthur la chiamava – a
buona ragione – dannatastrega.
Uther, aspettandosi piena obbedienza dalla valletta del
figlio, le aveva ordinato di partire con lui verso questa destinazione lontana.
Ma, poiché avrebbero sconfinato nel bel mezzo dei territori di re Cenred
– acerrimo nemico di Camelot –, per non destar
sospetti avrebbero viaggiato sotto la copertura di una falsa identità,
con un’esigua scorta di cavalieri scelti, anch’essi travestiti,
senza insegne e in gran segreto. Segreto che,
secondo il re, avrebbe garantito l’esito positivo della missione.
Fu così che, in meno di mezz’ora, Lin
s’era ritrovata suo malgrado ad essere la
novella sposa del giovane Pendragon – che non era più un
Pendragon, ma Arthur Dintagell,
del lontano regno di Trevena –, in viaggio per raggiungere quelle terre distanti
dopo il matrimonio appena celebrato.
Merlin aveva ancora stampata in
faccia un’espressione sbigottita e la bocca spalancata, quando,
tossicchiando, Uther riprese: “Data la delicatezza della faccenda, mi aspetto
da te il massimo riserbo.” Le rese noto, con il
consueto sguardo che non ammetteva repliche. E Linette poté solo
inchinarsi e assentire.
Presi gli ultimi accordi, l’assemblea fu sciolta, e si
predisposero in fretta i preparativi, affinché si partisse quanto prima,
quel dì stesso.
***
Dopo tutte le pare
che si era fatto Gaius sul presunto affaire
tra Merlin e Arthur, era stato strano, per lo stregone, sapere che era
stato proprio lui a suggerire di usare Linette come perno della copertura.
D’altra parte, era anche vero che il principe non
poteva partire da solo, senza la sua protezione, di questo erano consapevoli
sia il mago che il suo maestro, anche se non avevano
avuto un momento di vero confronto dopo la delibera di Uther e prima della
separazione imminente, poiché Lin era stata occupata a preparare i
bagagli dell’Asino Reale e – con suo sommo cruccio – anche i
propri.
Appena ebbe sistemato l’aristocratico essenziale – una serie infinitadi abiti
ed effetti personali – in un baule senza insegne, mentre il nobile
padrone sceglieva quali armi portare con sé, lo scudiero sbuffò
il proprio malcontento.
“Cos’hai da mugugnare?” si era sentito chiedere, mente il Babbeo sollevava un elegante
sopracciglio perplesso.
“Ma non si poteva… non potevate proporre… un’altra
soluzione?” aveva infine sputato il rospo.
“Del tipo?”
“Non ne ho idea!” sbottò, ipotizzando
poi, in fretta: “Che siamo fratello e sorella?”
Incredibilmente, Arthur scoppiò a ridere, anche se
c’era ben poco da stare allegri. “Fratello e sorella?! Io e te? Ma ci hai visti?”
con l’indice destro fece il gesto di indicare entrambi. “Non ci
crederebbe nessuno.” La stroncò.
Merlin si imbronciò, ma non
riusciva, sinceramente, a dargli tutti i torti.
“Oh, d’accordo!”
sibilò quindi, anche se era tutt’altro
che d’accordo. “Chiedo il permesso di assentarmi per preparare
anche i miei umili bagagli.”
“Ci stanno già pensando Morgana e Gwen.” Le rese noto il nobile, ghignando davanti
all’espressione stralunata della sua ancella. “Non vorrai andare in
giro con i tuoi abiti!” la rimproverò. “Si nota lontano un
miglio che sono della servitù!”
“Ma…”
“D’altra parte, non oserai pensare che io mi abbassi ad indossare degli stracci!” aveva puntualizzato,
senza darle diritto di replica. “Per cui mi sono affidato al buongusto
della mia sorellastra – non che
avessi molta scelta.” Ammise, mormorando riluttante. “In questo
momento dovrebbero essere giù, al mercato, ad acquistare l’indispensabile per il tuo corredo.”
“Ma…”
ritentò il mago, inutilmente.
“Non temere, Morgana si è sacrificata volentieri! E Gwen, che adora
fare compere, conosce perfettamente le tue misure…”
ironizzò. “Oltretutto, delegando a loro stiamo guadagnando tempo.
Un anonimo baule è già stato predisposto per essere riempito nelle
sue stanze.”
Merlin esalò lo stesso sospiro che avrebbe emesso un
condannato a morte.
Del resto, prima di congedarlo, era stato proprio il re in
persona, con tono seccato, a lanciargli un’occhiataccia di disprezzo e a rammentargli
di procurarsi ciò che sarebbe servito a renderlo presentabile. E siccome non v’era
dubbio che l’Asino Reale si sarebbe abbassato ad una condizione
più umile, egli si sarebbe dovuto adeguare al suo status, ma ci aveva
pensato solo di sfuggita, procrastinando il momento finché poteva.
E chissà che
diavolerie stavano acquistando quelle due!, gemette mentalmente, impensierito
non poco.
Sentendosi osservato, il mago ricambiò lo sguardo insoddisfatto
di Arthur.
“Che altro avete?” eruppe, spazientito.
“Sarebbe opportuno che tu indossassi delle collane e degli
orecchini, dobbiamo ostentare una certa ricchezza per non dettar sospetti.”
Merlin inorridì. “Col cavolo che mi buco le
orecchie!”
Il principe osservò, stranito, la reazione eccessiva
della sua serva.
“Ti fornirò io i pendenti
appropriati…” la rassicurò, pensando che fosse un problema reperire la merce.
“No! Voi non avete capito: io non mi faccio forare le
orecchie!” ripeté, scaldandosi.
“E perché no?” indagò
l’erede al trono, incuriosito.
“Perché no!” s’intestardì. “Ne
va della mia viri-” Merlin si zittì di colpo, correggendosi poi.
“Virtù! Ne va della mia
virtù!”
La faccia sconcertata di Arthur era uno spettacolo da non
perdere.
“Ma... ma come…? Cosa c’entra!”
“C’entra perché…
perché…” egli cercò la scusa meno idiota del
repertorio. “Nel mio villaggio, solo le donne sposate possono indossare
orecchini!”
“Non sapevo che a Ealdor…”
“Non è una tradizione di Ealdor!”
tagliò corto l’altro, mettendo fine alla questione. “E io non mi sforacchierò i lobi!”
Il principe borbottò qualcosa sulle usanze strane,ma infine cedette, almeno su quel punto.
***
Poco dopo l’ora di pranzo, con discrezione, la piccola
carovana si mise in moto.
Arthur e Linette avrebbero viaggiato su un calessino,
poiché la spalla e le costole del giovane Pendragon non gli permettevano
ancora lunghi percorsi in sella e il viaggio sarebbe stato più
confortevole. Si erano uniti a loro Sir Leon, Sir Martin e Sir Duncan,
anch’essi senza insegne, vestiti come viandanti e all’occorrenza
cacciatori.
Il principe, una volta che si erano lasciati alle spalle il
castello, aveva reso noto il suo piano d’azione (anche
se molte variabili restavano ancora oscure, perché indipendenti dalla
loro volontà): poiché si sarebbero addentrati in territorio
nemico, avrebbero abbandonato le formalità, egli non sarebbe più
stato il loro principe né un nobile d’alto lignaggio. Senza dare
particolari spiegazioni, si sarebbe finto un uomo sfacciatamente benestante, ma
non troppo ricco, in viaggio con sua moglie.
Anche se erano lontani
da casa e nessuno, ragionevolmente, poteva riconoscerli, era meglio essere prudenti.
Considerò, trovando tutti d’accordo.
Mentre Linette avvalorava la sua impostura
con la propria presenza, i tre cavalieri li avrebbero scortati per buona parte
del viaggio, però si sarebbero fermati prima dell’arrivo alla ‘Locanda
del Giglio Bianco’.
Accampandosi nei boschi limitrofi, avrebbero finto di essere
impegnati in una battuta di caccia, ma in realtà sarebbero rimasti a
disposizione del loro signore, come supporto in caso di possibili complicazioni
o nel caso in cui si fosse dovuto usare la forza per
riavere indietro il maltolto.
Arthur aveva garantito loro che, appena si fosse fatto
un’idea più precisa sugli avventori della locanda o sulla
modalità dello scambio del tesoro rubato, li avrebbe tenuti
informati.
Merlin, stretto nel suo nuovissimo mantello da viaggio, non
aveva spiccicato mezza parola fin quasi all’ora
di cena, quando si era preso l’incarico di distribuire a tutti le
provviste, mentre gli uomini montavano le tende per la notte.
Egli desiderava con tutto il cuore che non si dovesse
arrivare allo scontro con Ardof, perché disperava di poterlo sconfiggere
e, al contempo, agognava che quel viaggio ponesse fine, in qualche modo, alla
sua trasformazione in Linette.
Accantonando i suoi egoistici desideri, il mago temeva anche
per la vita del suo padrone, nel caso in cui Ardof avesse tentato nuovamente di
ucciderlo, e perché Arthur non si era ancora del tutto ristabilito e
quel lungo percorso scomodo avrebbe messo a dura prova la sua imperfetta condizione
fisica.
Merlin avrebbe fatto
il possibile e l’impossibile per proteggerlo. E pregò gli
dèi affinché fosse sufficiente.
L’unica nota positiva di quel viaggio fuori programma era
anche una magra consolazione. Poiché le terre di re Cenred erano alquanto
vaste, la comitiva si stava dirigendo in direzione diametralmente opposta a
dove sorgeva Ealdor, perciò all’Asino non sarebbe mai venuto in
mente di fare una geniale deviazione
per il villaggio, per fare una visita di cortesia al suo scudiero disertore.
***
“Che cosa c’è?!”
chiese Arthur, spazientito, alla fine del terzo giorno di tragitto, sentendo la
sua valletta guaire per l’ennesima volta.
“Ho la schiena in pezzi! E
non sento più le natiche!” mugugnò Merlin, mentre si
chinava a mescolare la zuppa sul fuoco.
“Voi donne non siete mai contente!”
considerò il nobile, commiserandola. “Preferivi la sella alla
cassetta?” domandò retorico.
“Il punto è che, Sire, io non sono ammortizzata come voi!”
Il principe spalancò la bocca in una ‘O’
perfetta e scandalizzata.
“Stai per caso insinuando che io abbia il sedere
grasso?!”
Merlin finse la faccia più angelica del suo
repertorio.
“Io? Io non
oserei mai fissare il vostro regale posteriore per verificare se sia grasso
o meno,Maestà.” Lo ripagò.
Sir Martin, che aveva assistito al battibecco, stava ridendo
sommessamente, divertito per come Linette aveva messo in difficoltà il
suo signore; Sir Leon – in nome della sua rinomata discrezione – fece
finta di non aver udito e Sir Duncan, che sostava un po’ più
lontano da loro, intento a raccogliere la legna per il fuoco, non aveva effettivamente capito, ma non aveva ardito
a chiedere chiarimenti.
Arthur, per questioni di decenza, dovette necessariamente
tacere la prima risposta che gli era salita alle labbra, mentre ripiegava la
cartina su cui aveva controllato la loro posizione.
“Per la gioia delle tue natiche, Linette cara,” la rimbeccò
ugualmente, per avere l’ultima parola “dovremmo raggiungere la
locanda domani, entro l’ora di pranzo.”
Continua...
Disclaimer:I personaggi citati in questo racconto non sono miei;
appartengono agli aventi
diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte
mia.
Ringraziamenti:
Un abbraccio a Tao, che sopporta i
miei scleri. X3
E a Mika, che mi coccola col suo entusiasmo!
Note: Bene, qualcuna aveva ipotizzato giustamente una missione sotto
copertura. ^^
Ed eccoci all’inizio di
un’avventura degna della peggior (miglior?) commedia degli equivoci. Perché è ovvio che niente andrà liscio per i
nostri poveri eroi. Hi hi hi *evil smile*
Posso però promettervi tante litigate, delle risate,
terribili imbarazzi e qualche lacrima, fluff e
pomiciamenti merthur. Ovviamente… non tutto nel prossimo!
Per creare la falsa identità di Arthur,
fedele alla mia pignoleria, non ho scelto a caso: ho attinto direttamente alla
sua storia/leggenda più accreditata.
Riporto per comodità la spiegazione presa da
Wikipedia (L’Encicolopedia Libera)
“Situato sulla costa atlantica settentrionale della Cornovaglia, il
villaggio di Tintagel (in cornico Dintagell) e il castello di
Tintagel sono associati con le leggende arturiane e
dei cavalieri della Tavola Rotonda.
Oggi, il villaggio è conosciuto con il nome di Trevena. Viene considerato come il luogo
di nascita di Artù da Goffredo di Monmouth. E compare come luogo dei
miti arturiani nel poema di Lord Alfredo Tennyson ‘Idilli
del re’.”
Ho scelto di usare la forma cornica Dintagel, anziché quella inglese Tintagel, perché sinceramente la
seconda (per come è scritta) mi infastidisce a pelle, mi fa pensare ad
uno stupido shampoo colorante di infima qualità. XD
Nel capitolo vi è un doppio riferimento:
-Alla puntata in cui Arthur ironizza su sedere ammaccato di
Merlin a cavallo (1x03, Le Lacrime di Uther Pendragon
- parte I).
-Alla puntata in cui Merlin dice ad Arthur
che è grasso e lui s’offende (2x09, La Signora del Lago).
Forse è una spiegazione superflua, ma la cassetta è quella parte della
carrozza o del calesse dove siede il cocchiere per guidare i cavalli.
Ovviamente è molto più comoda della sella. XD
Precisazioni al
capitolo precedente e domande varie: (a random)
- Mi sono accorta, dai vostri commenti, che le parole di
Gaius sulla prognosi fatta erano fraintendibili e infatti
sono state fraintese da qualcuno. XD
Non erano altri 40
giorni di riposo forzato, ma 40 giorni complessivi di
convalescenza (10 in
più rispetto alla prima prognosi). Altrimenti sì che Arthur
avrebbe dato di matto e Merlin si sarebbe suicidato
piuttosto che sopportarlo. XD
- L’inizio del dialogo tra Merlin e Gaius era
volutamente semi-comico, in fondo Merlin fa spesso di queste figure idiote, poi però degenera e diventa assolutamente serio nei
contenuti.
- Questo era uno dei capitoli in cui si capiva come la
pensava Merlin sul suo essere Linette.
Spesso leggo nei vostri commenti che lui si è
‘rassegnato’ a restare donna. In realtà no, non l’ha
mai fatto. Esserlo gli sta stretto, e sopporta in silenzio fino a che non gli
si presenterà l’occasione buona per riavere se stesso.
Lui si sente maschio ancora, e non vorrebbe cambiare il suo rapporto con
Arthur, anche se le circostanze gli sono sfavorevoli. Anche
nell’aggiornamento di oggi lo fa capire, quando
dice:
Era giusto. Era normale.
Erano lui e Arthur, dannazione. Perché mai bisognava vederci doppi fini?
A me fa una tristezza assurda vederlo così abbattuto.
Anche se sono io che lo maltratto. XD
- Gaius… sì, sicuramente ha sbagliato, ma
l’ha fatto a fin di bene. Come avevo già
accennato, in questo capitolo si fa perdonare dimostrando piena fiducia in
Merlin (prendetelo come un modo un po’ contorto i scusarsi. U_U).
Trovo comunque interessantissimo
che una parte di voi lo scusi e lo giustifichi e l’altra lo biasimi
parteggiando completamente per Merlin.
I vostri commenti sono una fonte
inesauribile di riflessione per me! *_*
Mi piace soprattutto chi ha detto
che Gaius l’ha fatto per mettere in guardia il figlioccio, perché
non soffra, senza aver capito che ormai è troppo tardi: Merlin non
può più tornare indietro coi suoi sentimenti.
La questione non è che il
vecchio non si fidi di lui, semplicemente Gaius è convinto che Merlin non
esiterebbe a ‘sacrificarsi’ (anche compiendo avventatezze) per
compiacere il principe che è il suo decantato destino, anteponendo i
regali bisogni ai suoi; in fondo, non l’ha già fatto nel telefilm diverse
volte? Ecco perché lo rimprovera anche pesantemente.
(Io almeno la vedo così).
- Anch’io adoro la scena dei
cuccioli! *_* Una parte è persino autobiografica >///<
Quando i miei mi permisero di
prendere un cane e arrivò il momento di portarlo a casa, io mi ammalai e
dovemmo rimandare l’arrivo della bestiola. Io ero così triste che
me lo portarono solo per pochi attimi, con la promessa
che, una volta guarita, sarebbe arrivato definitivamente.
Beh, la somma dei fatti è che il cucciolo era
così eccitato dalla novità che mi ha fatto pipì addosso, e
la cosa (ebbene sì >///<) è successa più di una
volta nei primi tempi, perché si buttava a pancia all’aria e
spruzzava a tradimento!
Cooomunque, tornando ad Arthur… non c’è due senza tre! (Solo che
vi toccherà aspettare un bel po’ per leggere quel pezzo.
^^’’)
- Sì, l’usanza del principe di dare un nome ad ogni bestia mi ha fatto immaginare poveri
animali con nomi di dubbio gusto, ma va beh… XD
- Gaius non si scandalizza del fatto che Merlin possa amare Arthur anche se è un uomo, perché (come ha
intuito qualcuno) il medico ne ha viste di ben più strane.
Lui è un uomo di scienza, e nel telefilm manca
l’aspetto religioso che condannerebbe il tutto.
In questa stessa fic, peraltro, avevo già accennato
al fatto che nel castello si intrattenessero relazioni
illecite, e ho anche già detto che talvolta i cavalieri molestavano i
loro valletti, nei Rituali del Mercoledì, ma che i servi sapevano
difendersi benissimo… XD
- Non credo che per Merlin sia un problema innamorarsi di un
uomo, se questo è Arthur.
Nel telefilm, lui si era innamorato di Freya, che era un
mezzo mostro! XD
Io immagino che, da questo punto di vista, Merlin sia molto più avanti
di molta gente nel nostro tempo: lui va all’essenza delle persone, questa
fic vuole insegnarci che ciò che conta è la comunione di anime e non l’involucro esterno, ovvero ciò
che appariamo. Senza contare che, a suo tempo, egli era rimasto
piacevolmente sorpreso che Arthur fosse di larghe vedute
sull’omosessualità degli stallieri. (E
ora immaginiamo che Merlin sia un bi-curious,
come direbbe Santana di Glee. XD)
- No, non è vero che Linette ha le batterie Duracel e
dura più di Merlin. Nella fic collassa anche lei ogni tanto. E ne abbiamo un esempio anche nello scorso capitolo e guardate
che casini ha generato un innocente ed innocuo pisolino nel letto del principe!
XD
- Lily non ha morso Arthur perché lo ha riconosciuto
e si fida di lui.
Ho veduto femmine che permettono ai loro padroni di prendere in mano i propri
cuccioli appena nati. E si sa che Arthur ama le proprie bestie (ricordiamo le
premure ad Antrax?) ed è perciò ricambiato con uguale devozione
da esse.
- Ehm… veramente non tutti i cani nascono senza pelo.
^^’’
Mi ero guardata cinque parti in diretta sul web, per essere
verosimile, e su cinque razze diverse, tre avevano il pelo alla nascita.
Corto, ma c’era. Mentre due no. Questo è il motivo principale per cui non ho specificato la razza di Lily, ho detto solo
che era un cane da caccia.
- No, Merlin non rimarrà Linette alla fine della fic.
Questo posso dirlo.
Mi scuso per la prolissità delle risposte, ma avete
chiesto tanto e mi sembrava giusto darvi i chiarimenti
che volevate! ^^
Vi metto ben due anticipazioni
del prossimo capitolo:
“Allora?” li sollecitò il locandiere,
spazientito. “La volete o no, questa camera insieme?”
Insieme?, Linette ebbe
un moto di repulsione, mentre le insinuazioni del suo mentore rimbombavano
nella sua mente come monito di perdizione.
Arthur equivocò il suo turbamento.
“Non abbiamo forse già condiviso e dormito
nello stesso letto?” le bisbigliò, spiccio.
“Ma era diverso…”
aveva protestato Lin, senza troppa convinzione, perché in fondo,
tecnicamente, era vero.
(…)
“Vi avevo chiesto di non guardare!”
sbraitò lo stregone, cercando invano di coprirsi per pudore.
“Ma che diamine è?!”
esclamò allo stesso tempo il nobile, scandalizzandosi. “Quella- quella non
è una veste da notte! E’ uno straccetto minuscolo!” e
semitrasparente!,
aggiunse mentalmente.
“E’ ciò che mi ha preso Gwen.
L’altro è anche peggio.” Brontolò lei, tentando di allungare
l’indumento che arrivava a malapena al ginocchio strattonandolo senza
risultato. Nel fare ciò, la scollatura divenne ancora più
generosa, ma ella non se ne avvide.
“Probabilmente non pensava che avremmo diviso la medesima camera.”Si sentì in dovere di
giustificarla, anche se Arthur pensava l’esatto contrario: lì c’era lo zampino di Morgana
e di sicuro era un atto consapevole
di provocazione: una dichiarazione di guerra!
[Sì, avete capito bene: è
un baby-doll medievale XD]
Computer permettendo, spero di aggiornare Linette e postare
presto alcune vecchie fic che avevo scritto sulla
terza serie.
Come credo sappiate tutti, Merlin 4 in UK inizierà sabato
1° ottobre, data confermata dalla BBC.
Campagna di Promozione
Sociale - Messaggio No Profit:
Dona l’8‰
del tuo tempo alla causa pro recensioni.
Farai felice
milioni di scrittori.
(Chiunque voglia aderire
al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio crede) Come sempre, sono graditi commenti,
consigli e critiche.
Sono ancora senza il mio pc, e non so quando lo
riavrò. Ç__ç
Ma non mi sembrava giusto farvi aspettare ancora
l’aggiornamento. Perciò… eccomi! ^^
Il seguente capitolo
è il diretto seguito del precedente.
Vi avverto che,
com’è successo nella ‘mini-saga della grotta’,
anche questa ‘parentesi sotto copertura’(così la chiamo amichevolmente) è la fiera
dei cliché (sebbene opportunamente motivati) e
ci accompagnerà per ben 10 capitoli e ne capiteranno di tutti i colori...
spero possa piacervi tanto quanto ha divertito me scriverla! ^^
Riassunto: Merlin è abituato a salvare la vita all’Asino
Reale senza che questi se ne accorga, ma stavolta non
tutto va per il verso giusto. Colpito dall’incantesimo del malvagio Ardof, il nostro mago farà i conti con una sconvolgente
novità: egli si risveglia trasformato in una donna.
Solo Gaius conosce il suo segreto e, finché
non troverà il modo di tornare normale, dovrà inventarsi delle
scuse plausibili e prendere il posto di se stesso al
servizio del principe. Come riuscirà a conciliare questa ‘nuova situazione’? Come si evolverà il suo rapporto
con Arthur?
So che, con la ripresa della scuola, dell’università e del
lavoro, il tempo per recensire è diminuito.
Vi ringrazio di tutto cuore per i momenti che spendete lasciandomi le vostre
impressioni. Non sapete quanto sono preziose e apprezzate da me.
E a
quanti commenteranno (SE vi va di recensire anche dei capitoli più
indietro di questo, il vostro parere non andrà perduto!).
Ai vecchi e ai nuovi lettori.
Grazie.
TheHe in theShe
(l’Essenza dentro l’Apparenza)
Capitolo XLVI
Lievemente in ritardo sulla loro tabella di marcia, nel
pomeriggio del quarto giorno di viaggio, come concordato, il principe e la sua
serva avevano lasciato i cavalieri al limitare del bosco che costeggiava un
piccolo villaggio semidisabitato, dove si sarebbero accampati in attesa di notizie.
Loro due, invece, erano proseguiti per qualche miglio, in procinto
di raggiungere la loro meta – l’unica locanda nel raggio di molte leghe
– e vi arrivarono che era quasi il Vespro.
Arthur, in particolare, per calarsi bene nella sua parte,
aveva chiesto indicazioni ben tre volte, a tre contadini diversi, se vi fosse o meno nelle vicinanze una taverna in cui trovare ristoro e
pernottare, e da tutti aveva ricevuto la medesima risposta: il ‘Giglio
Bianco’ era una tappa obbligatoria per qualunque viaggiatore che si fosse
avventurato da quelle parti.
Quando incrociarono i primi ubriachi che barcollavano sul
ciglio della strada, seppero che non mancava molto all’arrivo.
“Adesso che la nostra finzione ha inizio, cerca di
comportarti come una moglie devota, capito?” si raccomandò,
abbassando la voce, affinché solo lei sentisse. “Non devi
più rivolgerti a me dicendo ‘Maestà’, ‘Sire e ‘Vostra Altezza’.” La
redarguì. “Chiamami solo ‘Arthur’, intesi?”
“Sì, Mae-”
Merlin si morse la lingua, correggendosi. “Sì, marito mio.” Esclamò, per
non dargliela vinta.
“Tanto lo so che non
vedevi l’ora di avere il permesso
di essere irrispettosa nei miei confronti!” la canzonò.
“Ma quando mai vi ho mancato
di rispetto?” il mago si finse offeso. “Che a volte siate un Asino
Reale e reale è un dato di
fatto!” rise, divertito dal suo gioco di parole.
“Impudente!” masticò il principe,
frenando il carretto giusto davanti all’insegna della taverna: erano giunti a destinazione.
Ma, poiché era destino che per
loro le cose non andassero mai lisce, allorché il nobile affidò
il cavallo e i bagagli al garzone che era uscito dalle stalle adiacenti, venne
a sapere che la locanda era ormai al completo, per quel giorno.
“Faremo comunque un tentativo.” Aveva brontolato
come risposta, seccato dall’inconveniente. Poi aveva afferrato la sua
compagna sottobraccio ed erano entrati dentro, dirigendosi al bancone.
Il padrone li adocchiò e catalogò in meno di
un secondo, ma si finse comunque indaffarato a versare
una pinta di birra ad un avventore impaziente.
“Cosa desiderate?”
chiese poi, guardandoli alternativamente, asciugandosi le mani su di un vecchio
canovaccio, liso ma pulito.
“Volevamo affittare due camere per alcuni giorni.
Stiamo facendo un lungo viaggio e desideriamo riposarci prima di riprenderlo.”
Spiegò Linette, prima che l’Asino dicesse
qualche sciocchezza.
“Due camere?” fece eco l’oste. “Impossibile!”
“Sono disposto a pagarvele profumatamente.”
Insistette Arthur, stizzito dalla trattativa. Lui era abituato a comandare e ad essere obbedito, non a dover
contrattare.
“Senti, giovanotto!” lo apostrofò il
taverniere, con fin troppa familiarità. “La Festa di Litha è vicina e io non ho due camere disponibili. Ringrazia che te ne trovi una, visto che il tramonto è già sceso.”
Merlin vide pulsare pericolosamente la vena sulla tempia
destra del suo signore e fu per questo che gli strinse
il braccio, per attirare su di sé la sua attenzione.
“Contrariarlo non ci servirà!” gli
sibilò.
“Non permetto che mi si manchi di rispetto!” rispose
il principe, con lo stesso tono tempestoso.
“Allora?” li sollecitò il locandiere,
spazientito. “La volete o no, questa camera insieme?”
Insieme?,Linette ebbe un moto di repulsione, mentre le insinuazioni
del suo mentore rimbombavano nella sua mente come monito di perdizione.
Ed Arthur equivocò il suo
turbamento. “Non abbiamo forse già condiviso e dormito nello
stesso letto?” le bisbigliò, spiccio.
“Ma era diverso…”
aveva protestato Lin, senza troppa convinzione, perché in fondo,
tecnicamente, era vero.
“Avanti, non fare la difficile…” la sollecitò
il nobile, confermando senza aspettare risposta e prima ancora di farsi
spiegare com’era. “La prendiamo.”
Dichiarò.
La locandiera, che si stava avvicinando fingendo di non
averli sentiti, sorrise tra sé, scambiando la faccia imbarazzata di Lin per
pudico rossore.
“Siete novelli sposi, vero?” si
congratulò con loro.
“Rosy! Pensa agli affari tuoi e vai a servire il
tavolo nell’angolo!” la sgridò il marito, con fare
grossolano, ma la donna non si fece affatto intimorire
dal tono burbero e, passando accanto a Linette con un
vassoio carico di vivande, le bisbigliò: “Ringhia tanto, ma non
morde!” e le fece l’occhiolino, allontanandosi da lì.
Merlin avrebbe voluto scomparire
sottoterra, e tuttavia dovette attendere che l’Asino pagasse un anticipo
del prezzo pattuito e che fossero date le disposizioni per i loro bagagli
ancora nella rimessa.
Una ragazzina magra e lentigginosa, ma con un sorriso
cordiale, li accompagnò al piano superiore. Dopo aver indicato loro la stanza
e aver consegnato le chiavi, li informò che la cena sarebbe stata
servita entro poco, se avessero voluto accomodarsi nel salone.
Arthur fu lesto a sfilare alcune monete e a ficcargliele in
mano, con un’inflessione che rasentava pericolosamente quella di suo
padre.
“Ceneremo qui.”
La cameriera comprese il messaggio e si prodigò per
esaudirlo.
Rimasti soli nello stretto corridoio, sospirarono entrambi,
perché sembrava che il peggio fosse passato. Invece il principe ci mise un’eternità ad infilare
quel ferrovecchio nella toppa e ad aprire il chiavistello e, quando varcarono
la soglia della camera a loro riservata, scoprirono che non c’erano
neppure due letti, ma un solo giaciglio e
per giunta stretto.
Arthur aveva imprecato senza neppure trattenersi, e Merlin
ebbe il buongusto di farlo mentalmente.
Se non altro, la
stanzina sembrava pulita e in ordine, si consolò magramente.
“Non… non è possibile chiedere
l’aggiunta di un letto?” domandò, speranzoso. “O
almeno di un materasso?” ritentò, più ragionevole.
Il suo padrone si limitò a scuotere il capo come negazione.
“Anche se l’avessero, non ce lo daranno.”
Decretò, lapidario.
E a malincuore il mago dovette
dargli ragione, e non insistette.
Pur ponendo che non fosse stato
vero che quella bettola era effettivamente al completo, nessun oste assennato
avrebbe sprecato una camera dandola in affitto ad un solo individuo, quando
poteva guadagnare ben di più, stipandovi dentro più persone
disperate in cerca di riparo.
Così
funzionavano le cose, e si sarebbero adeguati.
Prima che potessero dirsi altro, un
discreto bussare li avvisò che i bagagli e la cena erano arrivati e Linette accolse la ragazza di poco prima, mentre portava
dentro un vassoio con le vivande.
“Non rammento di aver ordinato dolci.”
Considerò l’erede al trono, perplesso, annuendo verso due
invitanti fette di torta.
“Omaggio della casa!” enfatizzò la
ragazzina, in procinto di andarsene. “Mia madre ha detto che gli sposini novelli
vanno festeggiati!”
Merlin balbettò un imbarazzato ringraziamento per il
gentile pensiero e, quando non poté procrastinare oltre, si volse a
guardare il suo signore.
“Quantomeno” rifletté Arthur, “se
l’ostessa ha creduto alle tue pessime capacità recitative, siamo a
buon punto.”
“Oh, vi ringrazio!” sbottò il servo,
offendendosi.
“Non te la prendere, Lin-Lin…”
rettificò l’Asino. “Se la cosa va per le lunghe, dovremmo
fingere che tu stia male per motivare la nostra protratta permanenza qui e
quella donna potrebbe tornarci utile…” progettò, con
espressione meditabonda.
“Se la cosa vi aggrada, vedrò di sembrare
moribonda!” replicò Merlin, piccato. “Sempre ai vostri
ordini!”
Ma Arthur accantonò la provocazione per invitare la
sua valletta a dedicarsi all’agognata cena ed ella
si mise a distribuirla per entrambi.
Con sollievo scoprirono che le vivande erano meno elaborate
di ciò che offrivano le cucine reali ma altrettanto buone, e consumarono
con brama ogni portata, compreso il dolce
del loro matrimonio.
Al lume dell’unica candela presente nella camera si
guardarono attorno, mentre la stanchezza e il buon vino bevuto prendevano il posto dello stimolo del viaggio.
Il piccolo locale aveva un unico canterano con sopra una
brocca d’acqua, un bacile e un misero specchio
scheggiato.
In un angolo vi era un camino spento, con accanto dei
ciocchi in un cesto, una sedia a dondolo tarlata con sopra una coperta grezza e
una tenda che nascondeva un piccolo vano.
Sbirciandovi dietro, vi trovarono con sorpresa uno sgabello,
un vaso da notte per i bisogni e una tinozza vuota in cui potersi lavare.
“Beh… poteva andarci anche peggio!” valutò
l’ancella, considerando i lati positivi. “Se solo ci fosse stato un
altro letto…”
“Il letto è tuo.” Le rispose Arthur,
laconico.
“Oh! No, Sire!” obiettò Lin. “Esso
spetta voi, poiché la serva sono io e non il contrario!”
“Ti ordino di accettare la mia
generosità!” le intimò, sfilandosi gli stivali.
La fanciulla scosse la testa. “Non
vi permetterò di dormire per terra!”
“Non mi
serve il tuo permesso.” Le
notificò il Babbeo. “E comunque… dove credi che mi sia
coricato nelle ultime tre notti?”
“C’ero anch’io nel bosco!”
puntualizzò lo scudiero. “Ma lì
non avevamo scelta, ora sì.”
“Mi serve solo un cuscino e la coperta sulla
sedia.” Disse il principe, come se la decisione fosse stata presa in modo
irrevocabile.
Merlin sbuffò il proprio malcontento, irritato dal
comportamento dell’Asino Reale, eppure dovette cedere ed eseguì
quanto richiesto, mentre il nobile attendeva i suoi servigi seduto sulla sponda
del letto, sbadigliando rumorosamente.
Il mago, suo malgrado, lo imitò, ma in modo più
garbato e poi si sedette anch’egli all’altro lato del materasso,
saggiandone la consistenza.
“Non è male…” valutò, sdraiandosi
per verificarne la comodità. “Provate anche voi… allungatevi.”
Consigliò.
Inaspettatamente, Arthur seguì il suo suggerimento e
concordò sul fatto che poteva capitare di peggio.
Poi si misero ad ipotizzare quello che avrebbero
fatto l’indomani e chiacchierarono di sciocchezze varie, come avevano
imparato a fare durante la degenza del principe.
***
Fu l’alba a destarli, con i suoi primi raggi,
poiché non avevano accostato gli scuri.
In realtà non si erano neppure cambiati
d’abito, s’erano semplicemente addormentati a metà di un
discorso e la notte era trascorsa lasciandoli ai loro sogni.
Forse era stata colpa della stanchezza accumulata, o forse
era merito di quel letto – comodo quasi come se fosse stato quello del
principe a Camelot, dopo i giacigli di fortuna delle
ultime notti – ma avevano mantenuto entrambi
l’esatta posizione in cui erano collassati, risvegliandosi rigidi e infreddoliti
dalla mancanza di coperte.
Il giovane Pendragon, in particolare, lamentava un forte
fastidio alla spalla ammaccata e Merlin non perse l’occasione di
sgridarlo.
“Per forza vi duole!” lo rimbrottò.
“Ieri sera abbiamo dimenticato di massaggiarla e di ungerla, e non avete
neppure preso i medicamenti prescritti da Gaius!”
lo informò. “E pretendevate persino di dormire sul
pavimento!” rincarò. “E’ ovvio che non potete farlo. Che vi serva di lezione…”
“Linette!” ruggì il principe, spazientito.
“Stai zitta!”
E fu a quel punto che il mago preferì lasciarlo al
suo destino e andò a cercare la loro colazione.
Quando egli tornò con il vassoio, Sua Maestà
si era già cambiato d’abito – una cosa miracolosa, oltre
ogni dubbio! – e l’aristocratico malumore
sembrava evaporato.
Anche Lin doveva tuttavia sostituire il suo abbigliamento da
viaggio e Arthur ebbe la decenza di voltarsi mentre lei rimpiazzava i propri
indumenti sgualciti.
***
Per passare il tempo, si dedicarono ad una breve passeggiata
nei dintorni, più per corroborare la loro finzione che per reale
necessità, anche se l’inattività spazientiva
il regal Babbeo e, quindi, muoversi un po’ lo
faceva sfogare.
A beneficio degli altri avventori, egli aveva persino
raccolto un mazzo di fiori di campo da donare alla sua novella consorte (Linette aveva
protestato categoricamente quando Arthur le aveva
ordinato di procurarselo da sé), ed ella, tutta felice, non faceva che odorarlo estasiata ad ogni piè
sospinto, arrivando addirittura a farlo annusare anche alla locandiera,
mostrandole – al colmo della sua
gioia – quant’era bello e profumato.
E lei, asciugandosi le mani rovinate nel grembiule, approvò
il gesto del giovane.
“Le donne apprezzano queste attenzioni!” gli
spiegò, materna. “Dopo l’affetto, col tempo, imparerete a conoscervi meglio e, se sarete fortunati,
verrà l’amore…”
“Noi ci amiamo già.” Le disse Arthur,
tirandosi contro il corpo di Lin come palese atto di possesso.
Merlin squittì al gesto inaspettato, scoccandogli
un’occhiataccia.
La donna, però, rise. “Ah!,
lo vedo, lo vedo!”
E poi li invitò ad
accomodarsi per il pranzo, che sarebbe stato servito di lì a poco, a cui
i due resero onore.
Purtroppo per loro, prima dell’Ora Nona iniziò
a cadere dal cielo una fitta pioggerellina, che li tenne segregati nella
locanda fino a sera, rendendo il principe insofferente.
Il tempo inclemente tenne lontani anche nuovi avventori, per
cui egli si limitò a riscontrare le stesse facce del giorno addietro, poiché
nessuno si era già rimesso in viaggio.
***
Allorché fu inevitabile andare a coricarsi per la
notte – dopo aver procrastinato quel momento il più possibile ed
essersi attardati nel medicare e massaggiare la nobile spalla infortunata
–, Merlin frugò nel regale baule e ne estrasse
il cambio che l’Asino avrebbe indossato. Il suddetto ragliante si nascose
perciò dietro la tendina a mo’ di paravento e si preparò
per andare a dormire.
Il disagio crebbe nel momento in cui, con suo sommo
raccapriccio, il mago scoprì cosa gli
era stato acquistato per il viaggio.
Linette sbiancò ed
arrossì, se possibile, nel medesimo istante.
“Il posto è tutto tuo!” la avvisò
il suo signore, tenendo scostata la tenda affinché ella
entrasse nello spazio angusto.
E il servo appallottolò i due pezzi di- di-non li avrebbe
chiamate stoffe, perché non lo erano. E a malincuore seguì il
suggerimento.
“Lin-Lin? Ti sei
persa?” la canzonò il principe, vedendo
che i minuti passavano e la sua valletta non faceva ritorno. “Non mi
sembrava così grande da potercisi smarrire!” scherzò.
Tuttavia, ricevendo in risposta
solo uno frustrato brontolio, egli s’impensierì.
“C’è qualche problema?” pretese di sapere.
“Credo che dormirò qui dentro, nella tinozza.” Replicò l’ancella, con un tono tra il
rassegnato e il definitivo.
“Ma che diamine vai farneticando?!”
sbottò, senza raccapezzarsi.
“E’ semplice, Sire. Non uscirò di qui!” guaì
Merlin, esasperato.
“Oh, avanti, Lin-Lin!”
insistette. “Qualsiasi sciocchezza tu abbia indossato, giuro che non
riderò!” promise.
“Preferirei rifiutare.” Borbottò il
servo. “Se foste così gentile da passarmi una coperta e il mio
cuscino… il tino non mi sembra così tanto
scomodo…”
“Ma neanche per idea!”
protestò il nobile. “Se io non dormo per
terra, tu non dormirai nella vasca!” decretò, risoluto. “E
adesso ti ordino di uscire da lì!”
“Però…”
“Immediatamente!” s’impuntò.
“Per
pietà, potreste almeno
coricarvi e spegnere la candela?” insistette lo stregone, con lo stomaco
sottosopra, una grossa emicrania in arrivo e con l’unico desiderio di
sprofondare all’istante.
“Posso voltarmi, se lo desideri. Però non
abbiamo ancora finito di parlare su ciò che faremo domani…”
la deluse e, prima che la fanciulla potesse obiettare
nuovamente, Sua Maestà riprese: “Coraggio, Linette!
Ho veduto diverse dame in camicia da notte e non mi scandalizzerò se sei
tutta pelle e ossa!” la blandì, per smorzare l’imbarazzo di lei.
“No, è che…” mormorò il mago,
tentennando.
“Quando abbiamo passato
quella notte nella grotta, non avevi
neppure un abito, eppure mi sembra di averti già assicurato che la
tua virtù non-”
“D’accordo, d’accordo.”
Si arrese Merlin, perché l’ultimo discorso del principe,
anziché tranquillizzarlo, lo aveva imbarazzato ancor di più. “Giratevi.”
Lo supplicò, uscendo.
A tutti gli effetti, fu solo un malinteso, poiché il
giovane Pendragon si era già voltato in precedenza e, a quella seconda
richiesta, egli pensò di avere il permesso della ragazza per poterla guardare.
E quando la vide, Arthur boccheggiò spalancando gli
occhi cerulei.
“Vi avevo chiesto di non guardare!”
sbraitò lo stregone, cercando invano di coprirsi per pudore.
“Ma che diamine è?!”
esclamò allo stesso tempo il nobile, scandalizzandosi. “Quella- quella non è una veste da notte!
E’ uno straccetto minuscolo!”
e semitrasparente!, aggiunse mentalmente.
“E’ ciò che mi ha preso Gwen. L’altro è anche peggio.” Brontolò lei, tentando di allungare
l’indumento che arrivava a malapena al ginocchio strattonandolo senza
risultato. Nel fare ciò, la scollatura divenne ancora più
generosa, ma ella non se ne avvide. “Probabilmente
non pensava che avremmo diviso la medesima camera.” Si
sentì in dovere di giustificarla, anche se Arthur pensava l’esatto
contrario: lì c’era lo
zampino di Morgana e di sicuro era un atto consapevole di provocazione: una dichiarazione di guerra!
Il principe perciò non perse tempo, si diresse al
proprio baule dove rovistò brevemente.
“Ecco, tieni!” si risolvette, porgendole una
delle sue tuniche e, senza neppure attendere la sua reazione, egli stesso
gliela infilò in testa, e poi la aiutò ad introdurre le mani e si
premurò di arrotolare la stoffa in eccesso. Con uno sguardo soddisfatto,
egli realizzò che il proprio indumento copriva
molto più dell’altro. Se non
in lunghezza, quantomeno in trasparenza e visibilità.
“Così non ti prenderai una polmonite!”
motivò, compiaciuto. Anche se
erano in estate.
“Gra-grazie…”
balbettò Merlin, ancora scombussolato, e si legò stretti i lacci
dello scollo.
Poi entrambi, superato l’imbarazzo e il problema, si
coricarono, ognuno ben attento a stare nella propria parte del letto per non
sfiorarsi manco per sbaglio.
Anche se la situazione sembrava la stessa di Camelot, in realtà non lo era.
Quello non era il grande
letto del principe, e l’erede al trono non era più infermo.
Linette non era più autorizzata a certe
confidenze. E tutto questo pesava ora tra di loro.
Ma ciò che non sapevano era che il
peggio doveva ancora arrivare…
Continua...
Disclaimer:I
personaggi di Merlin, citati in questo racconto, non
sono miei; appartengono agli aventi
diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte
mia.
Viceversa, i personaggi originali
inseriti in questa fic – in passato, ora e in
futuro – sono esclusivamente miei. In particolare, lo è la signora
Rosy, slashermerthur inconsapevole
e accanita. XD
Ringraziamenti:
Un abbraccio a Tao, che sopporta i
miei scleri. X3
E a Mika, che mi coccola col suo entusiasmo!
Note: Giusto per chiarire pignolamente le distanze: la Lega (unità di misura) è stata una unità
di lunghezza a lungo diffusa in Europa ed in America latina, originatasi nella
Roma antica.
Oggi non è più un’unità ufficiale in nessuna
nazione, ma viene sporadicamente usata in parallelo a
quelle ufficiali, particolarmente in ambito rurale. La lega era
un’unità di lunghezza, variante da luogo a luogo, ed esprimeva
originariamente, la distanza che una persona, o un cavallo, poteva percorrere
al passo in un’ora di tempo (a seconda dei
luoghi una grandezza variabile tra i 4 e i 6 chilometri). [DaWikipedia, l’enciclopedia
libera.]
La Festa
di Litha, nominata dall’oste, è la
festività celtica del solstizio d’estate (21 giugno).
Non mi dilungo qui, perché troverete presto abbondanti spiegazioni nel
capitolo legato ad essa. *_*
Vi è un riferimento diretto al
capitolo 33°, in cui Arthur e Merlin
trascorrono una notte di tempesta rifugiandosi in una grotta in mezzo alla
foresta. Rammentate? *_*
Nel passato, i nobili e le persone ricche non condividevano
la camera nuziale.
Marito e moglie avevano camere
separate, ma vicine, e ci si trovava in quella della moglie solo per…
ehm… compiere i doveri coniugali
e poi il marito se ne tornava a dormire nella sua cameretta.
Perciò la richiesta dei nostri sposini, di avere due
stanze, non è affatto strana. ^^
(Comunque, riaffronteremo presto quest’argomento già nel prossimo capitolo.)
Precisazioni al
capitolo precedente e domande varie: (a random)
-Uther vede Linette come un
semplice strumento per ottenere ciò che vuole (il maltolto). Non gli
passa per la testa, manco di striscio, che la situazione sia
equivoca. In un certo senso, il principe e Merlin
“stanno lavorando” e il re è certo
che non si abbandoneranno a distrazioni.
(Povero Idiota U_U).
- Sì, tutte noi slashers ci
vediamo doppi fini, maMerlin
è ingenuo, poverino. Hi hihi…
- Il concetto che solo le donne sposate potessero
portare orecchini me lo sono inventato. Però l’ho scelto ispirandomi alle varie
usanze che sono cambiate nel corso dei secoli, nelle diverse parti del mondo.
Essere sposate era un rito di passaggio e molti popoli, anche occidentali, segnavano
questa condizione con vestiti, acconciature, ecc… che potessero
inequivocabilmente distinguere la donna maritata dalla nubile.
Ho pensato che portare orecchini potesse equipararsi a
queste scelte. ^^
(E la faccia di Arthur, per come
l’ho immaginata, era impagabile! XD)
Una curiosità. Ad esempio, in Africa e presso le
tribù degli Indiani d’America, forare le orecchie era una cosa
importantissima, un vero e proprio rituale che segnava ‘la persona’indelebilmente.
- Sì, anche io credo che Arthur debba scontrarsi con i propri limiti per
capire. E’ l’unico modo che ha per crescere anche come persona e
migliorarsi sempre più.
- Come sempre, apprezzo che gradiate la mia pignoleria nello
scegliere e nel documentarmi per rendere tutto più verosimile. Ci tengo
però a dire che non voglio
‘tradire’ il senso del telefilm, per quanto sarà in mio
potere. ^^
- Ahahahaha! Ardof
un fanboy! X°D
Beh, può essere… non l’avevo
mai pensato così, ma non posso escluderlo! ^__=
- Ormai Merlin ha superato la fase
del “Mi tocca occuparmi di lui perché me l’ha detto il
drago.” Credo che, anche se inconsciamente, il nostro mago non possa fare a meno di farlo.
Arthur e la sua vita sono diventati parte di lui.
- La missione è questa: Arthur e Merlin
devono raggiungere il luogo dove è previsto l’incontro per lo
scambio e riprendersi il tesoro. Hanno diverse possibilità (intervenire
prima della trattativa, durante o dopo; intervenire con l’inganno, con la
forza, o altro ancora…). Quando arrivano alla
locanda non sanno ancora come comportarsi, perché ci sono delle
variabili che ancora non conoscono.
- Sì, io guardo Glee. ^^
- Certo che Merlin si guarda il culo dell’Asino. Solo che
non glielo dice! XD
Bene. Ho finito. Ma se avete dubbi,
chiedete!
Vi metto ben TRE anticipazioni
del prossimo capitolo:
Con un gesto pigro e voluttuoso [Merlin]
si stiracchiò, risollevandosi a sedere sul materasso.
Fu allora che incrociò un regale sguardo divertito.
Arthur se ne stava stravaccato comodamente sulla sedia a
dondolo e giocherellava con-
con-
“Ho visto donne nei bordelli con abiti più
lunghi e casti di questo!” Considerò semiserio, ammirando il
vestitino scartato la sera prima.
(…)
La locandiera fece capolino dalla soglia. “Volevo
sapere se desiderate la colaz-Oooh!”
squittì, e sorrise compiaciuta, vedendo quella che lei ritenne un’amorevole e tenera scena
matrimoniale. “Non volevo importunarvi, perdonate!” si
rammaricò, mentre sondava (e ammirava) la scenetta intima, il petto nudo
di Arthur e il ponte di capelli che li univa.
(…)
“Non sarai… indisposta?”
le domandò invece il principe, impensierito dall’inconveniente.
Merlin ricambiò lo sguardo.
“Impossibile! Mancano ancora sei giorni alla nuova luna, e quindi al mioperiodo!”
“Linette!” la sgridò Arthur,
scandalizzato. “Dov’è finito il tuo
pudico riserbo di donna, per queste cose
femminili?”
“Ma Sire!” aveva
replicato lei, a tono. “Voi avete chiesto, e io ho risposto!”
[Ma sarà proprio così? *__*]
Un grazie alle 350 persone che mi hanno aggiunto tra gli
autori preferiti; le 130 persone che hanno messo Linette
tra le preferite, le 240 tra le seguite e tutti i
‘da ricordare’, anche se la fic non è finita.
Grazie della fiducia! *_*
Campagna di Promozione
Sociale - Messaggio No Profit:
Dona l’8‰
del tuo tempo alla causa pro recensioni.
Farai felice
milioni di scrittori.
(Chiunque voglia aderire
al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio crede) Come sempre, sono graditi commenti,
consigli e critiche.
Sono ancora senza il mio pc, e non so quando lo
riavrò. Ç__ç Anzi, da oggi potrei sparire dal web per qualche giorno, è meglio dirlo.
Ma volevo premiare l’entusiasmo dei vostri commenti e
l’unico modo che conosco, per dimostrarvi la mia gratitudine, è
aggiornare in anticipo. Perciò… eccomi!
^^
Il seguente capitolo
è il diretto seguito del precedente.
Riassunto: Merlin
è abituato a salvare la vita all’Asino Reale senza che questi se ne accorga, ma stavolta non tutto va per il verso giusto.
Colpito dall’incantesimo del malvagio Ardof, il
nostro mago farà i conti con una sconvolgente novità: egli si
risveglia trasformato in una donna.
Solo Gaius conosce il suo segreto e, finché
non troverà il modo di tornare normale, dovrà inventarsi delle
scuse plausibili e prendere il posto di se stesso al
servizio del principe. Come riuscirà a conciliare questa ‘nuova situazione’? Come si evolverà il suo rapporto
con Arthur?
So che, con la ripresa della scuola, dell’università e del
lavoro, il tempo per recensire è diminuito.
Vi ringrazio di tutto cuore per i momenti che spendete lasciandomi le vostre
impressioni. Non sapete quanto sono preziose e apprezzate da me.
E a
quanti commenteranno (SE vi va di recensire anche dei capitoli più
indietro di questo, il vostro parere non andrà perduto!).
Ai vecchi e ai nuovi lettori.
Grazie.
TheHe in theShe
(l’Essenza dentro l’Apparenza)
Capitolo XLVII
Quando Merlin si svegliò, ancor
prima di aprire gli occhi, sentì pulsare con metodico fastidio
un’incipiente emicrania. Anche lo stomaco era vagamente sottosopra e forse
aveva dormito su di un letto di chiodi, perché la schiena era in pezzi.
Pregò dunque di riaddormentarsi, sperando che, ad un secondo
risveglio, le cose fossero diventate migliori… ma fu unasperanza vana, la sua.
Dopo aver fluttuato nel dormiveglia per un po’ senza
giovamento, essendo egli disteso prono, la prima cosa che vide fu il bianco del
cuscino schiacciato contro la sua faccia e poi cercò di avviare il
cervello. Non si trovava nel suo letto.
Troppo comodo. Non si trovava nel letto del principe. Troppo poco comodo. E allora… dove diamine era?!
Gli ci volle qualche istante per rammentare tutto, compresa
l’infima figuraccia della sera prima, e quindi arrossire nuovamente,
intanto che il mal di testa aumentava.
Ma gli dèi sembravano dalla
sua parte, allorché affinò l’udito per cogliere rumori estranei
nella stanza e, poiché vi era assoluto silenzio, egli realizzò di
essere solo. Forse il nobile padrone,
stanco di aspettare i suoi comodi, era già sceso a fare colazione…
Con un gesto pigro e voluttuoso si stiracchiò,
risollevandosi a sedere sul materasso.
Fu allora che incrociò un regale sguardo divertito.
Arthur se ne stava stravaccato comodamente sulla sedia a
dondolo e giocherellava con-
con-
“Ho veduto donne nei bordelli con abiti più
lunghi e casti di questo!” Considerò semiserio, ammirando il
vestitino scartato la sera prima.
Fu il ticchettio della pioggia fuori a coprire il loro
silenzio. Peccato non potesse nascondere
anche il resto.
“Vi avevo detto che era anche
peggio dell’altro!” si difese Merlin, distogliendo gli occhi dal
suo signore, tirandosi le lenzuola fin sotto al mento, con atavico pudore,
mentre l’emicrania aumentava.
“E’ da tanto che siete sveglio?”
domandò poi, per spezzare la tensione.
“Da prima dell’alba,”
ammise egli. “Mi dà noia la spalla.”
Mentì, sotto lo sguardo clinico di Linette – forse quella ragazza stava passando troppo tempo aiutando Gaius, perché sollevava un sopracciglio perplesso
allo stesso modo del vecchio guaritore – ma non le avrebbe detto che
sentiva i morsi di dolore nella carne del braccio, e nelle costole, e persino
nella gamba. Lui era un cavaliere. Ed avrebbe sopportato in stoico silenzio.
“Dovete dirmi quanto soffrite realmente.” Lo
smascherò Merlin, ben sapendo che l’altro aveva la sindrome dell’eroe.
“Altrimenti non potrò darvi la giusta dose di medicamento.”
E così Arthur, seppur riluttante, dovette dirle la verità.
“Non preoccupatevi, è normale.” Lo
rassicurò l’assistente del medico di corte, massaggiandosi una
tempia, sofferente. “E’ colpa dell’umidità. Questa
pioggia infiamma le vostre giunture ammaccate!”
dichiarò, sembrando scrupolosa nella propria diagnosi. “Quando
cambia il tempo, anche vostro padre sente
sempre le sue vecchie ferite di guerra e Gaius gli
prepara un decotto che ho portato con me. Lo berrete anche voi.”
“Bene.”
“E appena sarò pronta, vi ungerò con
l’unguento e ne trarrete immediato sollievo.”
“D’accordo.” Considerò laconico il
principe, sfilandosi la casacca perché la spalla era ciò per cui
più gli premeva trovare alleviamento, assieme al costato e, considerando
il discorso chiuso, orientò la visuale verso la finestra, di modo che la
sua ancella potesse alzarsi dal letto senza imbarazzo.
Merlin apprezzò il gesto e scostò le coltri; ma,
appena si risollevò in piedi, ebbe un giramento di capo e il senso di
nausea gli attanagliò lo stomaco. Egli ricadde sul materasso con un
tonfo e un gemito, mentre si tratteneva la pancia e la fronte per non rimettere
all’istante.
“Linette!” si allarmò
Arthur, sentendo il lamento e la botta sorda sulle lenzuola. “Ehi!”
si spaventò, torreggiandola, vedendola così pallida, inerme, e
con gli occhi chiusi.
“E’ stato solo un mancamento…”
sussurrò il mago, tenendo le palpebre serrate. “Lasciate che la
stanza smetta di danzare e passerà.” Lo rassicurò.
“Vuoi dell’acqua?” le offrì.
“In questo istante vomiterei anche
l’anima.” Rispose lo stregone, rifiutando.
Fu solo mezz’ora dopo che il mondo riprese il suo
posto davanti a Merlin ed egli riuscì a
infilarsi un abito senza stramazzare al suolo.
Pettinarsi decentemente i capelli fu un’impresa
peggiore, tanto più che Gaius si era
raccomandato di non usare la magia in presenza del principe se non fosse stato strettamente necessario.
Che quello fosse stato
un momento strettamente necessario?, si chiese lo stregone, con l’umore sotto ai
tacchi, al terzo tentativo – dopo aver riempito la spazzola di caduti – imprecando incurante
di tutto.
“Potresti anche tenerli sciolti!” si
lamentò Arthur, innervosito di riflesso. “Come dovresti
sapere, le donne di un certo rango posso permetterselo.”
S’intromise, stufo di sentirla borbottare come una pentola di fave scoppiettanti.
“Morgana, per esempio, li raccoglie raramente e in elaborate
acconciature.” Fece presente.
“Lo so, ma mi impicciano.”
Aveva brontolato l’ancella, fulminando le ciocche che penzolavano, infami,
ai lati del suo collo, sfuggite al fermaglio di pietre preziose che le era stato
gentilmente offerto come dono nel
corredo, dal suo sposo.
“Quella pettinatura è un disastro.”
Considerò l’Asino Reale, alzandosi dalla sedia a dondolo con una
smorfia e lanciando sul cuscino la casacca con cui aveva cincischiato fino a
quel momento. “E, se aspettiamo te, mangeremo la colazione a cena!”
ironizzò, raggiungendola con un preciso intento.
Merlin ci mise meno di un secondo per capire le sue
intenzioni, ma non protestò. E Arthur, che
già si era preparato una lunga predica e un possibile ‘Te lo ordino, e non discutere!’
nascose in fretta il suo stupore, allorquando la sua serva gli voltò le
spalle e gli passò il pettine e i fermagli.
Stranamente, Linette non aveva reclamato e lo aveva lasciato
fare docilmente.
Da lì, il principe avrebbe dovuto capire che non
stava bene. Quando mai lei accettava
qualcosa senza protestare?
A metà del procedimento, fu un lieve bussare ad
intromettersi nei suoi nobili pensieri ed egli diede
distrattamente il permesso d’entrare.
La locandiera fece capolino dalla soglia. “Volevo
sapere se desiderate la colaz-Oooh!”
squittì, e sorrise compiaciuta, vedendo quella che lei ritenne un’amorevole e tenera scena
matrimoniale. “Non volevo importunarvi, perdonate!” si
rammaricò, mentre sondava (e ammirava) la scenetta intima, il petto nudo
di Arthur e il ponte di capelli che li univa.
Merlin, benché costretto dalla posa forzata del
collo, le disse: “Scendiamo fra poco, signora
Rosy. Potreste far bollire una caraffa d’acqua, per favore?”
“Oh, certo, certo!” confermò la donna.
“Tutto quello che desiderate! Ora tolgo il disturbo!” e scomparve
prima ancora che le si potesse dire altro.
“Credo abbia frainteso la situazione.”
Gemette il mago, anche se era tardi.
“Credo ci sia poco da fraintendere!”
ghignò invece Arthur. “E comunque va tutto a beneficio della
nostra recita!”
“Chissà che idea si è
fatta…” frignò Linette, angustiata.
“Che idea vuoi che si sia fatta?!”
la riprese il nobile. “L’idea di un marito che aiuta sua moglie a
prepararsi, perché al momento non viaggiano con la
servitù!”
“E voi siete anche senza maglia!” lo
rimproverò, una volta che egli ebbe finito di acconciarle la testa.
“Non dovevi ungermi?”
“Non cambiate discorso!” lo rimproverò.
Arthur
sbuffò anziché arrabbiarsi, perché in fondo, a volte, Linette era ingenua e tonta come suo cugino.
“Ho tolto la casacca perché dovevi ungermi…” le
spiegò, scandendo bene, al di là di
possibili fraintendimenti.
“Ah!” strillò la giovane, arrossendo.
“Vero.”
“Certo che è vero!” rise, divertito
dall’averla spuntata su di lei per ben due volte di fila. Un primato, insomma.
E fu così che, finalmente, dopo aver ultimato la
medicazione dell’Aristocratico Babbeo, i due scesero a sfamarsi.
Per prima cosa, il mago afferrò la brocca che la
locandiera aveva portato loro e, agguantati due boccali, versò dentro
l’acqua un cucchiaio colmo di erbe per sé
e per il principe.
Il sapore era disgustoso, ma sperava almeno che il mal di
capo si placasse.
“Notte in bianco, eh?” notò, maliziosa,
una delle cameriere, prendendosi il tempo di scrutare le facce sfatte di
entrambi, mentre serviva il pane caldo e i formaggi.
Solo quando all’insinuazione si unì la risata
calda dell’ostessa, entrambi ne compresero il sottinteso velato.
Merlin strabuzzò gli occhi, sdegnato. Ma fu una
grazia che avesse la bocca piena di cibo.
“Lascia che vaneggino.” Sibilò Arthur al
suo indirizzo, dimostrandosi per nulla infastidito dall’allusione; e, a
malincuore, egli fece come richiesto.
***
Poiché solo una buona boccata d’aria fresca sarebbe servita davvero, ma fuori pioveva ancora, per
passare il tempo Arthur dedicò tutta la mattina ad intrattenersi con gli
altri avventori, fra scommesse ai dadi e partite a carte.
Unendo l’utile al dilettevole, egli ebbe anche modo di
scambiarci due parole e di conoscerli un po’ tutti, per poter tenere
d’occhio l’eventuale messaggero, che – stando a ciò
che aveva detto l’informatore – sarebbe giunto
di lì a poco, oppure era già arrivato ed era fra loro,
poiché lo scambio era previsto per l’indomani, secondo gli accordi
presi.
Con l’andar delle ore, però, mentre la pioggerella
insistente s’era trasformata in un grosso acquazzone, anche l’umore
del principe peggiorò notevolmente. Ben presto egli aveva capito che
nessuno dei presenti faceva al caso suo e che la maggior parte di loro era
rimasta bloccata lì dal maltempo e che altrimenti si sarebbe già
rimessa in viaggio da giorni. La fortuna al gioco, poi, non gli aveva
particolarmente arriso – a differenza di quando
aveva giocato per settimane con Linette, sul suo
letto, vincendo praticamente ad ogni turno.
Merlin, dal canto suo, sentendosi ancora tutto
scombussolato, se n’era rimasto rintanato in un cantuccio della sala,
sorvegliando distrattamente l’operato del suo
signore, in attesa che il decotto facesse il suo effetto. Ma,
poiché esso tardava ad arrivare, il mago decise di tornarsene in camera
a sdraiarsi un po’, tanto lì non sarebbe stato di nessun aiuto.
Comunicata che ebbe la sua decisione all’irritato consorte, egli si
ritirò.
L’Asino Reale comparve nel loro alloggio a mezzogiorno,
per sincerarsi della sua condizione e per informarla che il pranzo era pronto.
Poiché Linette sembrava
stare meglio, lo accompagnò di sotto anche se,
per un istante, vedendo la nobile faccia stizzita, aveva pensato quasi di
fingersi ancora sofferente e di lasciare l’altro a cuocersi nel suo brodo.
A tavola, infatti, l’atteggiamento
di Arthur era bigio come il tempo di fuori.
“Il vostro sposo sembra d’umore cinereo!”
considerò l’ostessa, rivolgendosi a Linette
come se egli non fosse stato presente.
“Già,” convenne
la ragazza. “Piove.” Rispose, come se questa parola spiegasse ogni
cosa.
E la donna fece una grossa risata. “Date retta a me,
signor- ehm…”
“Dintagell…”
bofonchiò Arthur, raschiando il fondo della sua buona educazione.
“Signor Dintagell,” riprese ella, “il maltempo è una cosa
meravigliosa, per due giovani sposi come voi!” cinguettò.
“Così potrete occupare piacevolmente le vostre veglie, restando
chiusi tutto il giorno nella vostra camera e nessuno farà
pettegolezzi!” gli fece l’occhiolino,
battendogli una mano sulla spalla.
E incredibilmente Arthur arrossì. Passassero le insinuazioni del mattino, ma
gli aperti consigli no!
“Donna, non essere sfacciata!” la
rimbrottò, dandosi contegno. Ma ella
ridacchiò ancora e se ne andò.
Dopo aver consumato i rispettivi
pasti con estrema lentezza, per strappare un intervallo più lungo alla
noia, e aver centellinato ogni sorso di vino a loro disposizione, Linette riordinò distrattamente i piatti e le posate
sporche sul tavolo mettendoli sul vassoio, come aveva fatto migliaia di volte
al castello, per facilitare il compito di pulizia delle cameriere; ma ricevette
una sgridata dal principe, giacché nessuna donna di un certo livello
l’avrebbe mai fatto.
Merlin, colto in castagna, gli rispose che la gentilezza era gentilezza,
a prescindere dal ceto.
E intanto che il mezzodì si
trascinava pigramente nel meriggio, Arthur divenne come una bestia feroce
intrappolata in gabbia, tanto era nervoso e irritato dal dolce far niente.
Poiché uscire era un’impresa
da sciocchi a causa del diluvio inclemente, il mago gli consigliò di
andare a far visita al proprio cavallo per sincerarsi delle sue condizioni e,
già che c’era, poteva allenarsi un po’ con la spada, se lo
desiderava. Nelle stalle lì accanto, vi era ragionevolmente lo spazio
sufficiente per farlo.
Egli, invece, se sarebbe tornato di sopra a riposare un
altro po’.
***
Quando fece ritorno, l’Asino doveva aver sfogato una
parte della sua energia repressa, poiché era decisamente
meno nervoso di prima, però poi, verso sera, mentre erano in attesa
della cena come oche all’ingrasso – avevano entrambi, ormai, la
consapevolezza che lo scorrere delle ore dipendesse unicamente dall’alternanza
dai pasti –, Linette si sentì nuovamente
male, lamentandosi di improvvisi crampi alla pancia e per l’emicrania. Possibile che avesse mangiato qualcosa di indigesto?
“Non sarai… indisposta?”
le domandò invece il principe, impensierito dall’inconveniente.
Merlin ricambiò lo sguardo. “Impossibile!
Mancano ancora sei giorni alla nuova luna, e quindi al mioperiodo!”
“Linette!” la sgridò
il nobile, scandalizzato. “Dov’è finito il tuo pudico
riserbo di donna, per queste cose
femminili?”
“Ma Sire!” aveva
replicato lei, a tono. “Voi avete chiesto, e io ho risposto!”
Arthur le mandò un’occhiataccia.
“Beh, tanto meglio!” tagliò corto.
“Altrimenti avrei dovuto chiedere a Gwen di
essere mia moglie.”
“Ah, sì?” rifece Lin, piccata.
“E’ così che scarichereste la vostra devota serva?!”
“Certo! Sei più lunatica del solito, in quei giorni.”
“Oh! Allora voi siete una donna mancata, volubile come siete!” ribatté
Merlin, stizzito. Un istante dopo, però, si chinò su di
sé, dolorante.
L’erede al trono boccheggiò indignato
dall’insolenza, tuttavia propose un: “Vado a cercarti la locandiera.” E
non aspettò risposta, sparendo dalla porta per togliersi
d’impaccio.
La padrona, la signora Rosy, si dimostrò estremamente gentile e materna con lei; accantonando le
battutine fatte fino a quel momento, comprese il suo disagio, soprattutto perché
Linettenon
aveva previsto quel problema durante
il viaggio e glielo confessò.
“Anche la mia ultima bambina è diventata da poco signorina
e capisco il tuo imbarazzo. Dormite in camere separate, col vostro
consorte?” le domandò, a metà tra il pettegolezzo e
l’interesse clinico.
“Sì, decisamente.” Rispose Merlin. “Ognuno nella sua
stanza.”
“L’avevo intuito che eravate facoltosi. Magari non
nobili, ma ricchi.” Spiegò la moglie del
padrone. “Ad ogni modo, cara, qui temo che dovrai adeguarti.”
Annuì, grave. “Prima o poi, anche gli
uomini devono venire a conoscenza di queste cose.”
Lin aveva una risposta alquanto
pepata sulla lingua, ma tacque. In fondo la donna non aveva colpa.
Anzi, fu così gentile da darle dei panni puliti per
le sue necessità e anche un infuso dei corteccia
di salice, che diminuì notevolmente il dolore dei crampi, anche se
aumentava il flusso.
Purtroppo per lui, l’ostessa aveva quasi finito le
scorte di erbe medicinali e doveva centellinarle,
poiché il guaritore del villaggio, a causa della pioggia, non era ancora
passato a venderle le sue provviste abituali.
Merlin rimpianse amaramente gli armadi ben forniti a casa di
Gaius e il decotto che il vecchio mentore gli avrebbe
preparato all’istante. Ancor più si maledì, per non aver
pensato di portarne dietro almeno un po’, per prudenza. Dopo aver fatto
la cernita delle cose nella sacca dei medicinali, realizzò
che gli unguenti del principe erano inutilizzabili e le erbe che gli
somministrava non sarebbero state che un magro palliativo, senza contare che
non poteva privare il suo signore della propria cura per servirsene.
Lasciandosi andare allo sconforto e al dolore, egli si
appallottolò sul letto, cercando di riposare, ma fu allora che gli si
presentò alla mente il dilemma più grave: all’indomani,
quando il problema in avvicinamento
fosse arrivato al dunque, dove
avrebbe messo a dormire Arthur?
Lui, e le sue
idiotissime fisime da cavaliere!
***
“Ho supplicato la locandiera di affittarci almeno un materasso,
ma lei mi ha detto che non hanno neppure più sacchi pieni di paglia.”
Gli chiarì, quando il principe fece ritorno dalla cena, che invece Merlin
aveva rifiutato in favore di un leggero brodino servito in camera. “E’
arrivata una carovana di saltimbanchi per la Festa di Litha,
sotto a questo diluvio, e ha chiesto
ospitalità; Rosy è stata costretta ad alloggiarli nel fienile!”
chiarì, per fargli capire che aveva tentato ogni possibilità.
“Potete dormire con me ancora stanotte, poi domani vedremo il da
farsi.”
“Sai come la
penso sulle fasi impure, vero?”
le fece presente, puntellando i pugni sui fianchi.
“Vi ho detto che-” s’irritò Linette con tono battagliero, poiché stava
così male da non aver la pazienza per seguire i capricci del suo
padrone.
“D’accordo. D’accordo.” La
frenò il principe, sollevando le mani davanti a sé. “Una
cosa alla volta. Una notte alla volta.”
Filosofò.
Per una volta in vita
sua, l’Asino Reale pareva avere un briciolo di buonsenso,
ringraziò mentalmente il mago. Ma aveva parlato
troppo presto.
“No, aspetta…”
riprese infatti il Babbeo coronato, dando spago ad un
pensiero spuntatogli chissà come. “Quando sono cominciati i primi
sintomi?” pretese di sapere.
Merlin fece mente locale, inorridendo per non aver colto per
tempo i segnali. “Ieri… ieri sera.” Ammise.
Fu allora che Il
Supremo Idiota esplose con la stessa intensità di un barile pieno
d’olio incendiato.
“Quindi ho dormito con una
donna indisposta!” s’infiammò,
ruggendo come pochi altri momenti in vita sua. “Nello stesso
letto!”
“N-no…”
“Ah, no?!” sibilò il nobile, sprezzante.
“Beh, non proprio… volevo dire… ero
indisposta, ma non…” farfugliò il mago.
“Dannazione a te e a quella volta che ho dato retta
all’idea di Gaius!” imprecò,
alzando la voce e Merlin trasalì, spalancando le iridi lucide. Fu come se Arthur l’avesse colpito con
una scudisciata.
Continua...
Disclaimer:I
personaggi di Merlin, citati in questo racconto, non sono miei; appartengono
agli aventi diritto e, nel
fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.
Viceversa, i personaggi originali
inseriti in questa fic – in passato, ora e in
futuro – sono esclusivamente miei. In particolare, lo è la signora
Rosy, slashermerthur
inconsapevole e accanita. XD
Ringraziamenti:
Un abbraccio a Tao, che sopporta i
miei scleri. X3
E a Mika, che mi coccola col suo entusiasmo!
Note: Ebbene
sì, le cose si stanno complicando per i due ‘clandestini amorosi
sotto copertura’ (definizione gentilmente
offerta da Ichigo ^^).
Cosa c’è di peggio del
ciclo in viaggio? Il peggio è avere un Asino accanto! XD
Vi ho sempre detto che in questa fic
amerete e odierete l’Idiota Reale. Ma è mentalmentelimitato, poverino, che possiamo farci? L’importante è
che si faccia perdonare, no? ^_=
Vi è un riferimento diretto al capitolo del parto di Suzanne,
in cui Arthur (se vi ricordate) dà di matto perché si è
contaminato toccando una puerpera.
Arthur qui rompe parecchio, ma è che, secondo me, inconsciamente rivive
questa forzata inattività come quando era segregato a letto e il ricordo
della convalescenza è ancora troppo vivo in lui.
La locandiera dà del ‘voi’ ad
Arthur per tutta la fic, mentre con Linette alterna il ‘voi’ al ‘tu’,
quando il momento si fa più confidenziale e lei si sente autorizzata a
farlo, ma poi ristabilisce una certa forma di rispetto.
Lo dico perché è voluto (qui e nei
prossimi capitoli).
Giusto se ve lo state chiedendo, ho fatto i conti sul ciclo di Linette e questo
mese è in anticipo. Toh! XD
Ma come sapete, lo stress e i
viaggi possono sballare anche il ciclo più regolare del mondo! XD
Per il dolore, a Merlin viene dato
un infuso di corteccia di salice.
Le foglie e la corteccia del salice furono usati da molti popoli, anche
primitivi, nonché dalla medicina popolare
medioevale.
Dalla corteccia, si ricava la salicina, da cui l’acido
salicilico, che (per farla breve) è come il nonno della nostra aspirina
(l’acido acetilsalicilico).
Com’è noto, uno dei suoi effetti è
quello di diluire il sangue, perciò se ne sconsiglia l’assunzione
durante ‘quei giorni’ per ovvi motivi. U_U
Per chi non lo sapesse, una
scudisciata è una frustata.
Per ogni capitolo di questa ‘missione sotto copertura’, l’Asino ha un certo orgoglio virile da salvaguardare, ed è per questo che sembra accomodante nelle insinuazioni, almeno fintanto che non
diventano consigli non graditi. Figurarsi,
lui non sopporta di sentirsi dire cosa
deve fare, che sia finzione o meno!
Precisazioni al
capitolo precedente e domande varie: (a random)
-Vorrei farvi
riflettere sulla reazione di Merlin davanti alla possibilità di dormire
in un’unica camera. Le parole del suo mentore hanno attecchito,
così come le sue insinuazioni.
Merlin ha raggiunto una nuova consapevolezza, una nuova maturazione. Ora comincia a capire che, con un corpo
di donna, non può sempre comportarsi come quand’era se stesso.
- Arthur sarà messo alle strette, fra il suo
‘codice d’onore’ che gli impone di scandalizzarsi per ogni
cosa impudica, soprattutto di Linette, e il suo
essere un uomo, e quindi non di legno.
XD
Non voglio renderlo la verginella
perbenista della situazione!
E poi, come ho detto nelle note
sopra, c’è un perché del suo comportamento.
- No, per ora niente rumori molesti di notte. Non servono!
^_=
- Lo sapevo che avreste amato Rosy, ma il meglio deve ancora arrivare! *_*
- So che in un contesto medievale
era comune che il signore del castello disponesse a suo piacere delle serve,
seminando ovunque figli bastardi (come Sir Beltrame,
in questa fic), ma ce lo vedi Arthur davanti a suo
padre e Linette col pancione? Dopo ‘il
discorsetto’ preventivo del re, scatenerebbero
il finimondo! In fondo, credo che Arthur avrebbe il permesso paterno di ‘divertirsi’,
ma senza lasciare complicazioni.
- Per me, Arthur malizioso è impagabile! *ç*
Me lo sono immaginata per giorni, a giocherellare
con la stoffa striminzita del baby-doll. XD
- Quando Arthur chiede a Lin
“Sei indisposta?” lo fa dopo aver subodorato i sintomi,
ma spera di essersi sbagliato e di sentirsi dire un bel ‘No’
rassicurante. Come quando hai l’incubo di qualcosa e chiedi
rassicurazioni che lo neghino, per stare più tranquillo.
- Merlin, durante quest’avventura,
farà i conti con ciò che prova. Devozione? Puah!
^_=
- E’ vero che Ardof ha
tentato di accoppare Arthur e invece ha colpito Merlin con un incantesimo, ma
la sua idea non era di far diventare Arthur donna. XD
Quello è stato un incidente in itinere durante lo scontro magico! XD
- Oh, sì. I due ‘clandestini amorosi sotto copertura’ (quanto lovvo
questa definizione *O*) litigano già come marito e moglie… ma, in
fondo, non l’hanno sempre fatto? ^_=
- Arthur è rimasto abbastanza sconvolto nel trovarsela
mezza nuda davanti, perciò direi che l’ha
rivestita per il bene di entrambi: per togliere a lei l’imbarazzo e,
superato il proprio iniziale impaccio, calmare certi istinti.
- Anche io adoro il pezzo dei fiori
coatti! (E Merlin, finalmente, si può prendere
qualche soddisfazione, dando ordini all’Asino! XD)
- “Dopo la torta del matrimonio, consumeranno anche il
matrimonio?” Mah. Chi lo sa…?
- Uh. Che delusione. Nessuna che
abbia fatto battute sul doppiosenso riferito a
chiavistelli difficili da aprire, e Arthur che ci avrebbe messo un’eternità ad infilare la
chiave nella toppa? Io lascio hints così
carini, e voi invece andate a vedere ambiguità dove non ce ne sono. X°D
- Merlin era troppo scombussolato per rendersi conto che,
tirando da un lato il coso, si
accorciava da un altro. XD
- Sì, il rapporto tra Arthur e Merlin si è
evoluto di molto e questa parentesi, lontano da Camelot
e dai loro soliti ruoli, offrirà ottime occasioni per approfondirlo
ancor di più.
- Avevo scritto il pezzo del baby-doll secoli fa,
perciò quando ho trovato questa immy non ho voluto tradire il ‘Rosso Pendragon’ e ho mantenuto il colore della casacca
scarlatto, però l’immy mi piace,
perciò desideravo condividerla con voi:
Vi metto ben TRE anticipazioni
del prossimo capitolo:
“Non ho ancora finito!” riprese il mago, con
foga. “Lo sapete perché le donne sono impure?!Perché
non hanno concepito! E visto che voi avete minacciato
ogni uomo del castello di starmi lontana, dovreste considerarla una grazia che io sia impura! Perché,
se non lo fossi, tutta la
Corte Reale penserebbe che è figlio vostro!”
Arthur allora boccheggiò, s’indignò e
per poco non stramazzò, tutto insieme.
“Non… non…” tartagliò,
infuriato.
“Oh, sì.
Lo penserebbero.” Lo contraddisse la sua serva. “E siccome non sono
un’appestata e questo è
il vostro male minore, vi pregherei
di smetterla di farmi pesare la mia condizione di impura.”
(…)
Linettecollassò
mezz’ora dopo, sfinita, quand’ebbe fatto effetto la tisana.
Nel freddo dell’alba – quella vera,
poiché il gallo aveva cantato malgrado la
pioggia –, il corpo infreddolito di lei cercò il tepore di quello
del principe e Arthur, che finalmente aveva sperato di dormire almeno un
po’ dopo l’incursione nelle cucine, fu risvegliato da quella
presenza improvvisa accanto a sé e, benché imbarazzato, non
glielo negò.
(…)
E poi Linette aveva
dei piedi sorprendentemente piccoli e gelidi.
Dei pezzetti di
ghiaccio intrappolati tra i suoi, caldi e confortevoli.
Arthur sospirò interiormente. Con che coraggio le avrebbe sottratto quel po’
di calore che cercava?
Angolo pubblicità:
Dopo tanto tempo, ho postato una one-shotpre-serie, con
protagoniste Hunith e Ygraine
(NO slash, a scanso di equivoci) e Arthur in arrivo.
Se vi va di darci un’occhiata
e di lasciarmi un parere, ne sarò felicissima! ^^
Un’ultima cosa, prima di lasciarvi. Se
tutto va bene, domenica 30 ottobre sarò a Lucca. Se
qualcuna/o volesse fanghèrlareun po’ su Merlin, magari ci si
potrebbe incontrare per un saluto.
Se siete interessati/e, scrivetemi tramite il ‘contatta’ di EFP, oppure scrivetemelo nella
recensione e vi contatterò io. ^^
Campagna di Promozione
Sociale - Messaggio No Profit:
Dona l’8‰
del tuo tempo alla causa pro recensioni.
Farai felice
milioni di scrittori.
(Chiunque voglia aderire
al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio crede) Come sempre, sono graditi commenti,
consigli e critiche.
In
ritardo, ma eccomi. Per farmi perdonare, vi offro il capitolo più lungo
scritto finora.
SPOILER FREE: Come l’anno scorso, sento doveroso fare una
precisazione. Dopo aver visto le prime puntate della quarta stagione e dopo
aver letto tutti gli spoiler generali in circolazione, ricordo a tutti che
questa storia NON contiene/conterrà alcuno
spoiler; e che eventuali coincidenze con la
quarta serie sono appunto casuali coincidenze. La trama di questa fic
è già scritta da due anni e va solo sviluppata nelle bozze
già pronte, se gli autori copieranno le mie idee (ahaha!), non è
colpa mia! ^__=
Il seguente capitolo
è il diretto seguito del precedente: ripresa e continuazione del dialogo.
Riassunto: Merlin
è abituato a salvare la vita all’Asino Reale senza che questi se
ne accorga, ma stavolta non tutto va per il verso giusto. Colpito
dall’incantesimo del malvagio Ardof, il nostro mago farà i conti
con una sconvolgente novità: egli si risveglia trasformato in una donna.
Solo Gaius conosce il suo segreto e, finché non troverà il modo
di tornare normale, dovrà inventarsi delle scuse plausibili e prendere il posto di se stesso al servizio del principe. Come
riuscirà a conciliare questa ‘nuova situazione’? Come si
evolverà il suo rapporto con Arthur?
Questo capitolo è dedicato alle splendide ragazze che,
finalmente, dopo vari scambi e incroci nel web, ho conosciuto di persona a
Lucca. E anche a quelle che ho riabbracciato dopo un anno. E’ stato
bellissimo, il mio unico rammarico è che il tempo sia volato.
Ç_ç
Affettuosa riconoscenza anche a chi ha commentato il precedente:
E a quanti commenteranno (SE vi
va di recensire anche dei capitoli più indietro di questo, il vostro
parere non andrà perduto!).
Ai vecchi e ai nuovi lettori.
Grazie.
The He
in theShe
(l’Essenza dentro l’Apparenza)
Capitolo XLVIII
“Dannazione a te
e a quella volta che ho dato retta all’idea di Gaius!”
L’urlo del principe rimbombò nella stanza e zittì
Merlin all’istante, mortificandolo.
Calde lacrime presero a spuntare fra le sue ciglia ed egli
non riuscì a trattenerle.
Arthur se ne accorse troppo tardi, a metà di un cenno
d’impazienza, mentre gesticolava a mezz’aria.
“No! No-no-no! Ti ordino di non piangere!” si allarmò, afferrando le braccia di Lin, preso dal
panico.
“La-lasciatemi! Non vi faccio
ribrezzo?” lo sfidò, balbettando e tirando su col naso, in modo
assai poco signorile.
“No, Linette!, non farmi
scherzi!” rispose il nobile, incoerente, ancora scosso e in ansia
vedendola singhiozzante. “Tiprego-tiprego-no!”
la supplicò. “Smettila!” insistette, sfilando un fazzoletto
dalla propria tasca e, nella foga, strappò la cucitura laterale dei calzoni.
“Toh!” le offrì.
“Lo dovrete bruciare, sono impura!” lo schernì il mago, con cattiveria e
risentimento.
Per un istante Arthur fu certo che lei avrebbe rifiutato il
suo aiuto, e invece lo prese e si soffiò rumorosamente il naso, cercando
di calmare i singhiozzi.
Ma ella tremava ancora, più
per l’agitazione che per un reale freddo. E l’erede al trono, seguendo
un impulso, afferrò una delle sue camicie sull’appendiabiti e
gliela lanciò sbrigativo.
Merlin la afferrò per puro istinto, trattenendola
appallottolata fra loro.
“Dovrete bruciare
anche questa, ora che l’ho toccata.” Ironizzò
l’ancella, acre. “Così come la vostra preziosa casacca, poiché ieri sera l’ho contaminata!” sibilò,
indicandosi, poiché già si era cambiata per la notte e
l’aveva rindossata.
Arthur la guardò a metà fra il risentito,
l’indeciso e il panico.
Alla fine, quando non
sapeva che pesci pigliare, come sempre finiva con l’agitarsi. E andare fuori di testa.
“Come credi che mi senta, io?! Dormire nella stessa stanza di una
donna indisposta… Bontà Divina!
Mi costerà abluzioni fino alla luna nuova!” la
incolpò. “Anzi! Dovrei fare una lavanda già oggi,
prima del tramonto!”
“Il tramonto è passato da un pezzo, Sire.” Stridé il mago. “Prima
di domani non se ne parla!”
“E pensare che, dopo la disavventura con Suzanne, credevo che niente di peggio
potesse capitarmi! Ma
questa ci va vicino!” reiterò il Babbeo, passandosi nervosamente
le mani tra i capelli e camminando in tondo.
“Se la cosa vi turba tanto, se… vi disgusta, andrò a
dormire nella stalla. O nel fienile.” Si risolvette Merlin, deciso
ad infilarsi un abito da giorno e ad abbandonare la camera.
Ma a quella risposta il principe si allarmò
ancor di più. “Sei forse impazzita?! Hai
una vaga idea della gentaglia che passa nelle stalle di una locanda? Sai quanti uomini potrebbero molestar-” egli si
congelò. “No! Non se ne parla neppure! Dormirai qui!”
decise.
“E voi cosa farete?!”
lo interrogò, spazientito. “Ormai il danno è fatto, ma il letto è ancora disponibile.
Potete sempre purificarvi domattina, magari con un rituale doppio.” Propose beffardo.
Arthur scrutò la sua valletta da capo a piedi,
meditando incerto.
“Ma… tu sei…
sei… indisposta.” Lo
disse con una smorfia che gli era costata cara.
“Sappiate che non è mica contagioso!” lo
schernì il servo, compatendolo, metà offeso e
metà ironico.
“Dormire nella stessa stanza di una donna indisposta! Cielo!”
si lagnò Arthur, nuovamente, come
se fosse la causa di ogni male del mondo.
Lo stregone si trattenne, contando fino a dieci. Altrimenti l’avrebbe tramutato in un
rospo e tanti saluti ad Albion.
“Quali sciagure
pensi che potrebbe portare?!” rifletté il
principe, ad alta voce, sentendosi la
parte lesa della coppia.
“Sentite un po’!” sfuriò Merlin,
perdendo la pazienza. “Non ho chiesto io
di diventare donna! E comunque voi ritenete una disgrazia sfiorare un donna impura, ma io non ho mai allontanato mia
madre, quando lo era! E neppure Gaius allontana me, se sono indisposta! E
vorrei farvi notare, Mio Signore,” pigiò con enfasi, picchiettandogli un indice
contro il torace tornito “che ci sono centinaia di donne impure che ogni giorno dormono con i
loro mariti, lavano, cucinano, puliscono il palazzo e Camelot si fermerebbe, se dovessimo rispettare tutti i vostri
capricci perché siamo impure!”
calcò bene, con disprezzo.
“Ma…”
“Non ho ancora finito!” riprese il mago, con
foga. “Lo sapete perché le donne sono impure?! Perché non hanno
concepito! E visto che voi avete minacciato ogni uomo
del castello di starmi lontana, dovreste considerarla una grazia che io sia impura!
Perché, se non lo fossi, tutta la Corte Reale penserebbe che è
figlio vostro!”
Arthur allora boccheggiò, s’indignò e
per poco non stramazzò, tutto insieme.
“Non… non…” tartagliò,
infuriato.
“Oh, sì.
Lo penserebbero.” Lo contraddisse la sua serva. “E siccome non sono
un’appestata e questo è
il vostro male minore, vi pregherei
di smetterla di farmi pesare la mia condizione di impura.”
“Asp-”
“No! Ho un’ultima considerazione da proporvi: se
per miracolo vostra madre – che è morta di parto e quindi impura – tornasse da voi, le
chiedereste forse se è impura
prima di abbracciarla?!” lo provocò. E
Arthur trasalì, in risposta, rivolgendole uno
sguardo smarrito.
D’accordo. Considerò
lo stregone. Forse aveva un po’
esagerato, ma con quell’Asino Reale ci volevano le maniere forti e i
discorsi chiari!
Il principe assorbì la ramanzina e sbiancò.
Borbottando qualcosa di indistinto, aveva girato sui
tacchi ed era uscito in fretta da lì, sbattendo la porta.
Lo scudiero, per contro, si accasciò sul letto,
sfinito dal malessere e spossato da quel litigio.
La sua parte cattiva e ferita stava
pensando che l’Idiota se l’era meritato. Oh, sì. Eccome!
In quel momento, il valoroso
erede di Camelot sarebbe andato di sotto ad ubriacarsi, così forse avrebbe trovato il coraggio di sopravvivere un’intera notte accanto ad una
donna indisposta!
Merlin fece una smorfia disgustata. Maledetti, stupidi ed inutili Dettami di Cavalleria!
La parte buona di Merlin, quella che porgeva sempre l’altra guancia anche quando si trattava
di farsi calpestare a piè pari, lo rimproverava sul fatto che i
morti andavano lasciati in pace. E che Lady Ygraine non aveva
avuto colpe, se quel figlio idiota era stato cresciuto a pane e stupide
superstizioni e uomini misogini con l’intelligenza grossa quanto un uovo
di pidocchio.
Con buonsenso, il mago chiuse fuori dalla mente entrambe le
sue posizioni e considerò solo che, se avesse sentito pronunciare
– o se avesse dovuto dire – un’altra volta le parole ‘indisposta’ o ‘impura’, avrebbe vomitato di
riflesso.
Egli, dopo essersi preparato definitivamente per la notte,
attese il ritorno del suo padrone.
Non gli andava di lasciare le cose così, in sospeso;
e, se lo conosceva esattamente quanto credeva, Arthur
non sarebbe affatto andato a sbronzarsi.
Avrebbe piuttosto scelto un cantuccio calmo, da qualche
parte, e se ne sarebbe stato in silenzio, a rimuginare e a tirare di spada, per
buona parte della veglia seguente.
Merlin sapeva bene che
all’Asino coronato serviva sempre un certo tempo per digerire le notizie.
***
“Perdonami.” Se ne uscì d’un
tratto, ricomparendo dal nulla, come se avessero semplicemente chiacchierato
fino ad un momento prima. “Mi dispiace se ti ho ferita col mio comportamento.” Ammise Arthur,
chiudendo a chiave la porta della stanza e cercando uno straccio con cui
detergersi il sudore – o forse stava solo evitando di incrociare lo
sguardo della sua ancella, perché si vergognava, e un Pendragon non si vergogna mai.
“Ma sono stato educato così, e non mi è semplice rimettere
in discussione le mie convinzioni e cambiarle da un giorno
all’altro.”
“Lo so, Sire. Per questo, apprezzo il vostro sforzo.”
Rispose Lin, facendogli capire che aveva accettato le sue scuse. “E anche io mi rammarico di aver preso in causa vostra madre.
Non avrei dovuto nominarla…” si dispiacque. “Mi
perdonate?”
Il cenno di capo, che il principe le fece, bastò per farle tornare il sorriso. Ancor più contribuì
la tazza che Arthur le portò in dono, come ramoscello d’ulivo, con dentro l’analgesico grazie
al quale avrebbe dormito.
“Altro che abluzioni!” lo canzonò il
mago, quando il cavaliere gli fu così vicino da poter sentire
l’odore del suo sudore. “Adesso sì che avreste bisogno di un bel bagno!”
“Linette!”
ruggì il principe, mostrando i canini con una smorfia contrariata.
“Impudente!”
L’ancella nascose un sorriso dietro la scodella che
stava sorseggiando, divertita dal rossore sulle gote reali, che certo non era
imputabile all’allenamento da poco concluso.
“L’acqua nella brocca è ancora tiepida,
mi è stata portata poco fa.” Gli annunciò. “Potete
darvi una ripulita con quella, e domattina risolveremo il resto…”
L’erede al trono si rifece di colpo serio.
“Ascolta… Posso accettare la tua…”
tentennò, cercando la parola migliore “condizione. Ma i Riti di Purificazione per
un cavaliere del mio rango sono una cosa seria e non posso ignorarli. Lo
comprendi?”
Merlin gli annuì di rimando.
“D’accordo. Domani accenderò il fuoco per
scaldare il paiolo e riempirò la tinozza, così potre-”
“Manon puoi aiutarmi a fare le abluzioni… mi sto purificando da te!” protestò il nobile.
“Guardate che non
è mica una malattia…”
replicò il servo, offeso, mettendo su un adorabile broncio.
Arthur stiracchiò le labbra suo
malgrado.
“Forse hai ragione.” Fu il massimo di ciò
che era disposto a concedere. “Ma prova a metterti anche nei miei
panni…”
“Di sicuro voi non entrereste nei miei!” rise il
mago, per spezzare la tensione, finalmente felice che si fossero chiariti o,
quantomeno, che avessero raggiunto una specie di accordo. “Siete troppo
gras- grosso!” corresse, per il
semplice piacere di stuzzicarlo, sapendo di aver toccato un argomento sensibile
per Sua Maestà Sono Perfetto.
***
Purtroppo per Linette, l’infuso curativo cessò
il suo effetto verso mezzanotte.
La fanciulla passò il resto
della notte trattenendo a stento il dolore, rigida sul letto, in posizione
fetale, ferma, per non destare il principe, che però non dormiva bene come
avrebbe voluto, perché percepiva inconsciamente la tensione di lei.
Verso l’alba – o almeno doveva essere l’alba, poiché la pioggia fuori imbrogliava tradendo
una luce soffusa, ed era ancora troppo presto per alzarsi –, Arthur
sbuffò.
“Stai tanto male?”
Merlin sussultò, spaventato.
“No, non preoccupatevi. Dormite un altro
po’.”
“Non sei brava a mentire.” La sgridò il
principe, sollevandosi e infilando gli stivali.
“Do-dove andate?!” si
allarmò Lin, alzandosi seduta di scatto sul letto, ma mugugnando e
contorcendosi un attimo dopo.
“A prenderti qualcosa.”
Arthur tornò con un panno caldo da mettere sulla
pancia, che le diede sollievo, e una tazza nuova di infuso
– omettendo il fatto che la
locandiera, anziché brontolare perché l’aveva tirata
giù dal letto a quell’ora infame, lo aveva riempito di elogi per
il suo atto di servizievole premura.
Linette collassò mezz’ora dopo, sfinita,
quand’ebbe fatto effetto la tisana.
Nel freddo dell’alba – quella vera,
poiché il gallo aveva cantato malgrado la
pioggia –, il corpo infreddolito di lei cercò il tepore di quello
del principe e Arthur, che finalmente aveva sperato di dormire almeno un
po’ dopo l’incursione nelle cucine, fu risvegliato da quella
presenza improvvisa accanto a sé e, benché imbarazzato, non
glielo negò.
Anche se era sgradevole come situazione, e quel contatto gli
aveva fatto passare del tutto il sonno, egli strinse i denti, rimanendo
immobile, e ripassò a mente tutto il Codice della Cavalleria –
come aveva fatto la sera precedente – soffermandosi a lungo sul Giuramento
che aveva pronunciato diventando Cavaliere, quello
di proteggere e aiutare i più deboli che erano in difficoltà
e di non macchiarsi mai di onta-infamia-disonore e mille altre cose del genere.
Certo. La teoria la conosceva. Ma
nella realtà dei fatti, come doveva comportarsi?
D’istinto si sarebbe alzato, rammentando la coperta di
scorta sulla sedia a dondolo. Ma s’era reso
conto subito che, muovendosi, avrebbe fatto cigolare quel letto sgangherato
risvegliandola irrimediabilmente. E non
ebbe cuore di destarla, visto che non aveva dormito praticamente
nulla per tutta la notte.
E poi Linette aveva
dei piedi sorprendentemente piccoli e gelidi.
Dei pezzetti di
ghiaccio intrappolati tra i suoi, caldi e confortevoli.
Arthur sospirò interiormente. Con che coraggio le avrebbe sottratto quel po’ di calore che
cercava?
Eppure… eppure c’era una parte del suo animo che
brontolava come suo padre, il re, quando lui non eseguiva alla lettera
ciò che gli era stato comandato.
Era quella parte legata
all’uomo d’arme che era. Quella
intransigente. Quella severa. Quella che ora gli pesava sul cuore come un
macigno. Quella che gli sussurrava, malevola e irremovibile, che stava
sbagliando. Che non doveva cedere… e che avrebbe pagato per tutto questo.
Dormire e condividere il letto con una donna indisposta.
Come avrebbe dovuto classificare la disgrazia?
Lui non ne era un esperto, visto che
l’unica pietra di paragone a sua disposizione era la sua sorellastra e, in quei giorni, Morgana si rinchiudeva
nei propri appartamenti – a strillare come un’aquila a cui avevano rotto le uova – mettendo a dura
prova la pazienza di quella santa donna di Gwen.
Forse era un fatto grave quanto l’essersi contaminato
con una puerpera… in fondo… le cose giravano sempre là attorno… e lui era
sopravvissuto alla disavventura con Suzanne, perciò si sarebbe
purificato anche da questo…
Ma lui era un cavaliere che doveva sottostare ad un rigido Dettame; e ancor più era un principe, un
futuro sovrano che non avrebbe dovuto sporcarsi con queste ignominie e lei…
(lei, lei era solo una serva, dannazione. E lei, lei gli era capitata
tra capo e collo e lei…)lei aveva piedi piccoli e gelati.
Allungando incerto una mano sul lenzuolo, incontrò
una mano di Linette e gliela sfiorò, e anche
quella era fredda e intirizzita, come
quella volta nella grotta.
Di colpo ripensò al discorso che Lin gli aveva fatto su
sua madre. E seppe con certezza che la
regina non sarebbe stata affatto orgogliosa di lui.
Facendo piangere la sua valletta, probabilmente, ne aveva offeso la memoria per qualche legame collaterale che al
momento gli sfuggiva.
E umiliandola involontariamente per una colpa che non aveva,
si era insudiciato di un’ulteriore pecca.
D’improvviso, fu
quasi fin troppo semplice capire quello che doveva fare.
Avrebbe riparato alle sue mancanze, così la sua coscienza
avrebbe smesso di mordere e forse, forse
l’anima della sua defunta genitrice si sarebbe sentita meno affranta dalla
sua condotta riprovevole.
Inspirando dal naso per raccogliere la determinazione, il
principe aprì cautamente gli occhi per sondare il campo di guerra in cui avrebbe combattuto e si ritrovò ad un palmo da naso il rosso della sua casacca; nella
penombra della stanza, egli intravide la curva rigida della schiena della sua
valletta e le spalle strette, quasi a risparmiare calore, i capelli lunghi infilati
fin dentro al colletto.
Fingendo di dormire, egli fece aderire il torace al dorso di lei, e le passò un braccio attorno alla vita
sottile – senza stringere, per
carità! –, trascinandosela addosso con movimenti lenti e
trepidanti.
Si sarebbe aspettato di vederla protestare e scostarsi, ma non accadde.
Il corpo di Linette si plasmò con naturalezza contro
al suo, ammorbidendosi spontaneamente in risposta al
suo calore.
Quando si accorse di aver trattenuto il fiato per
un’eternità e riprese a respirare, Arthur realizzò
anche che nessun fulmine l’aveva colpito all’istante, anche se
fuori pioveva, e che il suo peccato non sarebbe stato poi così grave, se nessuno lo avesse saputo.
Poi ricordò con
chi aveva a che fare, lanciando uno sguardo alla fanciulla
fra le sue braccia, e considerò che avrebbe dovuto ucciderla, per farla
stare zitta.
Ma, a dispetto delle sue
preoccupazioni per sua Integrità di Cavaliere intonsa, anch’egli
cedette al sonno e affondò il naso nella casacca prestata, dove
riconosceva il proprio odore e quello di lei che – se non fosse stato
così scombussolato, se ne sarebbe
accorto – aveva un chedi anticamente familiare.
***
Quella quarta giornata di permanenza nella locanda fu segnata
da un’interminabile cateratta piovuta dal cielo e il giovane Pendragon
aveva deciso di ammazzare la noia rendendosi utile, facendo la spola tutto il
dì dalla camera alla cucina con panni caldi e tisane.
Il fatto, poi, che si fosse persuaso di essere riuscito a
tenere nascosta la sua buona azione mattiniera
persino alla diretta interessata – il nobile s’era
distanziato da Linette giusto poco prima che ella si destasse – fu una
cosa che l’aveva messo di buonumore, anche se in realtà Merlin se
n’era accorto eccome (per caso, ma l’aveva fatto), e aveva avuto la
delicatezza di fingersi ancora assopito, mentre Arthur conservava le
rispettabili parvenze.
D’altra
parte… come non accorgersene? Le coperte erano divenute
improvvisamente calde e muscolose
tutto attorno a lui, il lenzuolo aveva preso a respirargli sul collo e il
profumo leggero che sentiva provenire dalla casacca del principe lo aveva
accerchiato in un bozzolo tutt’altro che sgradevole. Ma
soprattutto… quei piedi. Ooohhh!,Gloria Imperitura
agli dèi dell’Antica Religione! L’Asino avrà
anche avuto un cervello grosso come un fagiolo, ma aveva dei piedi
deliziosamente caldi e confortevoli. Quelle
piccole fornaci regali erano la sua salvezza.
***
Ma quello era soprattutto il giorno stabilito per lo scambio
della merce rubata ai Pendragon e, benché fino a mezzodì nessuna
faccia nuova si fosse presentata alla locanda, il principe aveva tenuto sotto
controllo ogni movimento sospetto e ogni cosa che risultasse
potenzialmente indiziaria fin quasi al tramonto.
Il Caso volle, però, che la signora Rosy bussasse
alla loro porta, giusto poco dopo che egli era salito, finita
la sua ronda ipotetica, per portare alla sua valletta del nuovo decotto.
“Vi è un uomo di sotto, un tipo… bizzarro, che chiede di un certo Arthur e io ho pensato a voi…”
spiegò l’ostessa.
I due sposini si
scambiarono un’occhiata stupita, mentre condividevano i medesimi pensieri.
Che fosse uno dei cavalieri? Che fosse
cambiato qualcosa?
“Vengo immediatamente.” Replicò egli,
seguendola, mentre Merlin gli rivolgeva uno sguardo preoccupato, raccomandandogli
prudenza.
E se fosse stata una
trappola?
Continua...
Disclaimer:I personaggi di Merlin, citati in questo racconto, non sono
miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da
parte mia.
Viceversa, i personaggi originali
inseriti in questa fic – in passato, ora e in futuro – sono
esclusivamente miei. In particolare, lo è la signora Rosy, slasher
merthur inconsapevole e accanita. XD
Ringraziamenti:
Un abbraccio a Tao, che sopporta i
miei scleri. X3
E a Mika, che mi coccola col suo entusiasmo!
Note: Come avete letto, la prima sfuriata di Merlin era solo un assaggio.
Credo che qui abbia prevalso il mio animo femminista,
ma credo anche che Merlin sarebbe d’accordo con me – si sente molto donna, ultimamente. XD
“Guardate che non
è mica una malattia…”
è lo stesso concetto che spiega Gaius quando Merlin dichiara che sta
morendo, alla sua prima PMS (cap. 27).
Vorrei farvi notare una gaffe di Merlin. Lui, al colmo
dell’ira, grida di non aver mai allontanato sua madre quando era
indisposta. In realtà, secondo la logica di Arthur, questa fase non ha
senso, poiché una donna non serve che ne allontani un’altra. La
fortuna è che entrambi erano sopra le righe e nessuno ci ha dato peso.
XD
I piedi di Arthur hanno già avuto il loro momento di
gloria nel cap. 44, quando Merlin risponde alle pesanti
insinuazioni di Gaius dicendo:
“L’unica
parte di Arthur che ho sfiorato sono stati i piedi! E solo
perché erano caldi!”
Credo che per capire Arthur (e tutte le sue nobili pare) si
debba necessariamente calarsi nella mentalità del tempo e nel suo status.
So che è molto lontano dal nostro ragionare ma, da quello che ho letto
documentandomi a riguardo, lui sarebbe
(il condizionale è d’obbligo) nel
giusto.
Apprezzate che il suo cervello di fagiolo stia facendo gli straordinari? ^_=
Precisazioni al
capitolo precedente e domande varie: (a random)
- Concordo, Rosy è il nostro
orgoglio merthur! ^_^
- Sì, pioverà spesso. XD
Da quando scrivo questa fic (anche in capitoli mooolto
precedenti, ho sempre accostato la pioggia al malumore del principe che non
poteva allenarsi) l’Inghilterra è diventata peggio
di Forks, il che è tutto dire! XD
- Arthur è un IDIOTA (merita il maiuscolo) INTEGRALE,
Merlin ha ragione; però ha anche un cuore grande ed è questo che
ci piace di lui, no?
- Come ho scritto proprio in questo capitolo, Arthur non ha
particolare esperienza di ‘donne in quei giorni’, ma Morgana
dev’essere stata una buona palestra di vita per lui! XD
E, secondo me, lui è molto recettivo
sull’argomento perché la prima volta con Linette l’ha
sconvolto e adesso ha un po’ l’incubo che risucceda e parte prevenuto.
- Come (quasi) tutti i maschi, Arthur ha la
sensibilità di un elefante ed è egocentrico; in più, crede(va) di essere nel giusto, indignandosi per questo guaio.
- Come dicono molte del fandom: Arthur sembra in perenne
PMS! XD E’ sempre così lunatico e volubile che davvero, davvero è una donna mancata! Ha
ragione Merlin!
- Il saltimbanco è un giullare, un buffone, colui che intrattiene gli ospiti nei banchetti.
- No, non mi sono vestita da niente. ^^ (Ero
il cosplay di me stessa! XD)
Ma appena Giuls mi darà la
foto del cosplay di Merlin la metto; anche se il povero tizio era brutto come
le bestemmie XD, il costume era fighissimo! *ç*
- Sì, a furia di stare vicini, ad
un certo punto Merlin ragionerà (male) come Arthur, e Arthur
imparerà ad essere saggio come Merlin. XD
- Merlin si ‘complesserà’ presto su
ciò che prova, prima della fine di questa
avventura. Merlin, non Linette. Lo
preciso.
- Ma nessuna che si scandalizza
alla frase: “Ho veduto donne nei
bordelli con abiti più lunghi e casti di questo!”?
Quindi il principe va a donnacce, come avevano ipotizzato le dame sconce durante la Lezione di Ricamo?! XD
D’accordo. Tenetevi il dubbio. U_U
- No, Linette non ha una PMS che dura sei giorni, ha il
ciclo in anticipo. XD
- Ahahaha! X°D vi adoro quando
lasciate scorrazzare la vostra mente perv. *ç*
Ma no, Arty non ha male alla spalla per aver usato
troppo la mano destra. XD
E’ il ricordino del Torneo a
fargli visita. (O forse no? ^_=)
- Rosy è una stalker merthur. Sì,
l’avete scoperta!
Vi metto ben TRE anticipazioni
del prossimo capitolo:
1) “Siate premuroso con lei!” si
raccomandò la donna, con cipiglio protettivo. “E lei vi
ricompenserà più di quanto possiate desiderare.” Gli disse,
con tono di profezia. “Ora vi è fedele, nutre dell’affetto
per voi.” Gli spiegò. “Ma abbiate
pazienza, col tempo imparerà ad amarvi…” lo consolò
la locandiera.
“Lo so.” Rispose Arthur.
Anche se esattamente
non sapeva cosa.
Quel che invece sapeva
era che infinite volte Linette gli aveva confermato di nutrire cieca fiducia in
lui.
Si era sempre
dimostrata leale e devota nei suoi confronti.
Ed egli avrebbe
cercato di non farla più soffrire, finché fosse rimasta sotto la
sua custodia, e poi…
…poi avrebbe preso Merlin, e l’avrebbe
mandato alla gogna finché non fosse giunta la Fine del Mondo.
(…)
2) Anche quella notte, molto prima dell’alba, Arthur
fu svegliato dal tocco glaciale dei
piedini di Linette – così
gelido da far resuscitare anche i morti.
Però, essendo ormai esperto, egli se l’era
tirata contro e l’aveva scaldata come la volta prima e Merlin, zitto
zitto, aveva goduto del suo tepore.
‘Siete davvero
pessimo come cuscino, Arthur. Ma nelle notti invernali
sareste comodo come scaldaletto’. Avrebbe voluto dirgli. Ma sapeva che avrebbe osato troppo.
(…)
3) Posso dirvi che Arthur dovrà scontrarsi con i
propri princìpi, e che la cosa riguarderà la magia. *_*
Angolo pubblicità:
L’ultima fic che ho pubblicato prima di questo aggiornamento è: “A Loyal (Liar)
Friend” spoiler 4x03.
Se vi va di darci un’occhiata e di lasciarmi un
parere, ne sarò felicissima! ^^
Campagna di Promozione
Sociale - Messaggio No Profit:
Dona l’8‰
del tuo tempo alla causa pro recensioni.
Farai felice
milioni di scrittori.
(Chiunque voglia
aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove
meglio crede) Come sempre, sono graditi commenti,
consigli e critiche.
SPOILER FREE: Come l’anno scorso, sento doveroso fare una
precisazione
SPOILER FREE: Come l’anno scorso, sento doveroso fare una
precisazione. Dopo aver visto le prime puntate della quarta stagione e dopo
aver letto tutti gli spoiler generali in circolazione, ricordo a tutti che
questa storia NON contiene/conterrà alcuno spoiler;
e che eventuali coincidenze con la quarta
serie sono appunto casuali coincidenze.
Il seguente capitolo
è il diretto seguito del precedente e, cronologicamente,
racconterà del 4° e 5° giorno alla locanda.
Riassunto: Merlin
è abituato a salvare la vita all’Asino Reale senza che questi se
ne accorga, ma stavolta non tutto va per il verso giusto. Colpito
dall’incantesimo del malvagio Ardof, il nostro
mago farà i conti con una sconvolgente novità: egli si risveglia
trasformato in una donna.
Solo Gaius conosce il suo segreto e, finché
non troverà il modo di tornare normale, dovrà inventarsi delle
scuse plausibili e prendere il posto di se stesso al
servizio del principe. Come riuscirà a conciliare questa ‘nuova
situazione’? Come si evolverà il suo rapporto con Arthur?
Vorrei dedicare il capitolo a
quelle persone che hanno recensito il precedente (sono
rimasta piacevolmente sorpresa dal numero aumentato, mi ha scaldato il cuore
vedere tutti quei commenti! *o*):
A principessaotaku93, Emrys__, crownless, xMoonyx,
Lily Castiel Winchester, Harmony89, _Saruwatari_, chibimayu, sixchan, masmrg_5, Il_Genio_Del_Male, LyndaWeasley,
_Tania_, RavenCullen, _ichigo85_, miticabenny, saisai_girl, speranza (che sorpresa ritrovarti di qua!), Contessa
Nera Luna (speriamo di rivederci!), ginnyred, somochu, Orchidea Rosa, mindyxx, Agito,
Tao, Fuyu no kaze (un
grazie ufficiale!) e YukiEiriSensei.
E a quanti commenteranno (SE vi
va di recensire anche dei capitoli più indietro di questo, il vostro
parere non andrà perduto!).
Ai vecchi e ai nuovi lettori.
Grazie.
The He in the She
(l’Essenza dentro l’Apparenza)
Capitolo XLIX
Arthur tornò nella camera, dove Merlin lo attendeva,
molto prima di quanto il mago avesse sperato.
L’Asino aveva sbattuto la porta, rientrando, borbottando
qualcosa su un falso allarme e un
vecchio un po’ pazzo che allevava e vendeva pecore, e che si aspettava
dall’uomo che cercava un possibile acquisto di cinquanta capi.
L’equivoco si era creato nel momento in cui il
vecchietto sdentato aveva pronunciato
male il nome del tizio che inseguiva, un certo ‘Arfuhr’.
E allora l’oste si era intromesso tra lui e il nobile,
chiarendo che quel signore, che era un mercante, se n’era già
andato dalla locanda tre giorni prima del loro arrivo. Solo che la descrizione fisica
di questoArfuhr – oltre che per il nome – coincideva abbastanza
con quella del principe, per questo c’era stato il malinteso.
“Quando ha capito che l’affare col suo
acquirente era andato a monte, mi ha chiesto se ero
interessato comunque all’acquisto!”
Linette, incurante
dell’espressione seccata del suo signore, ridacchiò a fine
racconto.
“Potrebbe essere la nostra prossima copertura!”
scherzò. “Vi ci vedrei bene a tosare pecore da mattino a sera e a
portarle a pascolare nei prati attorno a Cam-Trevena!”
lo prese in giro.
“Se non riportiamo a mio padre ciò che vuole,
potrebbe essere il futuro che spetterà ad
entrambi!” considerò, fingendosi serio. “Ed
ora ti comunico che sarò impegnato nel mio Rituale di Purificazione. E’
quasi il Vespro e dubito che sotto a questa pioggia
arriverà mai qualcuno; perciò ho ordinato a due garzoni di
preparare i secchi necessari d’acqua calda e fredda.”
“Devo andarmene dalla stanza?”
s’informò lo stregone, accondiscendente.
“No, certo che no.” Rifiutò il nobile. “In
fondo al corridoio, vi è uno sgabuzzino minuscolo con una tinozza per
chi non ne ha una in camera e ho convinto la locandiera a farmela usare.”
“D’accordo. Buon rituale!” gli
augurò Linette, cercando di dimostrarsi
solenne per non irritare l’altro.
E così Arthur
scomparve per quasi una veglia intera.
Nel frattempo, la padrona era venuta a fare visita alla fanciulla, per portarle un po’ di minestra e altro
infuso centellinato.
Merlin si sentì terribilmente in colpa ad abusare della sua gentilezza e
delle sue scorte, sapendo che erano agli sgoccioli.
“Il vostro consorte cenerà qui?”
s’interessò la donna, porgendo alla ragazza il vassoio.
“Il Mio Signor-” Lin si fermò, prima di
tradirsi. “Marito” completò. “Mangerà in sala,
grazie.”
La locandiera, anziché uscire, si prese il tempo di
fare un po’ di conversazione, dopo aver notato con che deferenza
ella trattava il suo sposo.
“E’ stato un matrimonio combinato?” si
ritrovò a chiedere, sedendosi sul bordo del letto, accanto alla sua
ospite.
“Oh, altroché!” sbottò Merlin.
“Composto a tavolino!”
“Allora sei stata fortunata.
E’ un giovane abbiente e assai bello d’aspetto. Ti tratta con considerazione
e premura, e si vede che ci tiene a te. Tutto ciò è molto
più di quanto molte donne possano avere in tutta la loro vita.” Rifletté.
Per un istante, lo
stregone fu quasi tentato di rivelarle che no, non era fortunato. Che quella
era tutta una falsità bella e buona e che Arthur non l’amava
di certo e non l’avrebbe mai amato, maschio o femmina che fosse,
perché lui era solo un servo, ed egli era un principe, un erede al
trono.
Poi però il momento passò, ed
il mago ingoiò la sua confessione assieme ad uno strano nodo che gli si
era formato in gola a quel pensiero.
Merlin congiunse le mani sopra le coperte, abbassando il
capo, e si diede dello sciocco per quei pensieri assurdi. Evidentemente la sua indisposizione gli danneggiava il cervello,
perché non era normale pensare quello che aveva immaginato lui.
Risollevando lo sguardo, Linette
si accorse che l’ostessa stava fissando le sue dita strette in grembo.
Gaius gli aveva raccomandato di metterci molta
crema sopra, un unguento che curasse la pelle rovinata, ma lui se n’era ricordato
giusto un paio di volte, poi il suo malessere gliel’aveva fatto scordare,
e si vedeva che erano mani abituate al lavoro duro, alla fatica. Non erano
belle e lisce, non erano curate come dovevano essere quelle di una donna
benestante.
“Ti ha riscattata?” le chiese la locandiera, a bruciapelo.
Merlin tacque, turbato, non sapendo esattamente cosa dire. E
forse il suo gesto suonò come un’ammissione.
“Oh, bambina,
non importa. Quale che sia il tuo triste passato, ora ti
aspetta il meglio!” la consolò, accarezzandole una guancia.
Linette espresse la sua
riconoscenza con lo sguardo, anche perché le era stato risparmiato di
mentire ancora a quella donna che non meritava di sentirsi dire altre menzogne.
“Vi ringrazio di tutto, Rosy.” Le
bisbigliò, allorché la padrona si congedò da lei. “Davvero.”
***
“Povera cara.” Esordì la locandiera poco
dopo, in corridoio, incrociando Arthur fresco di Purificazione. “La
vostra povera moglie soffre assai.”
Il principe, che non voleva farsi guastare il buonumore ritrovato
dopo il bagno con dei consigli
indesiderati, si limitò ad annuire.
“Ma è tanto buona e
timida!” considerò l’ostessa, con materno affetto.
“Oh, non direi proprio!” la contestò lui,
scoppiando a ridere. “Dovreste conoscerla quand’è nelpieno
delle sue facoltà, e allora cambiereste opinione su di lei!”
la avvertì.
Ma la moglie dell’oste, incredibilmente, gli sorrise.
“Se avete avuto il privilegio di conoscere la sua vera
natura, dovreste esserle grato per la sua sincerità.”
Arthur sbuffò, incapace di trattenersi. “A
volte… a volte è difficile avere a che
fare con Lin.” Ammise, senza chiedersi perché si stesse confidando
con un’estranea, o forse proprio perché
lo era.
La padrona sorrise nuovamente, comprensiva. “Lo
è anche per quella ragazza.”
“Immagino di sì.” Concesse il nobile.
“Siate premuroso con lei!” si raccomandò
la donna, con cipiglio protettivo. “E lei vi ricompenserà
più di quanto possiate desiderare.” Gli disse, con tono di
profezia. “Ora vi è fedele, nutre dell’affetto per
voi.” Gli spiegò. “Ma abbiate
pazienza, col tempo imparerà ad amarvi…” lo consolò
la locandiera.
“Lo so.” Rispose Arthur.
Anche se esattamente non
sapeva cosa.
Quel che invece sapeva
era che infinite volte Linette gli aveva confermato
di nutrire cieca fiducia in lui.
Si era sempre
dimostrata leale e devota nei suoi confronti.
Ed egli avrebbe
cercato di non farla più soffrire, finché fosse rimasta sotto la
sua custodia, e poi…
…poi avrebbe preso Merlin, e l’avrebbe
mandato alla gogna finché non fosse giunta la Fine del Mondo.
***
Al declinare di quel quarto giorno, il corriere non era ancora
arrivato, tuttavia al suo posto era giunto un altro messaggero, un ragazzo del
villaggio che conosceva i padroni della locanda, informando tutti gli avventori
che il ponte, che distava poco oltre, era crollato a causa della piena del fiume
ingrossato dalle piogge.
L’unica strada verso la Capitale era quindi bloccata e
la cosa aveva suscitato il mormorio di protesta di tutti i presenti.
Arthur, non conoscendo bene la zona, chiese ad una delle cameriere quale fosse la via alternativa, ma
ella rispose che semplicemente non ve n’erano.
Superare la vallata attraverso i boschi equivaleva ad
allungare la strada di almeno venti giorni. Ed
era una follia. Piuttosto, avrebbero ricostruito al più presto il
ponte, maltempo permettendo.
Perciò chi
voleva proseguire oltre era bloccato lì fino a
nuovo ordine.
Ma anche chi attendeva un possibile arrivo da
quella direzione – e quasi certamente era il loro caso – si trovava
nella stessa situazione di stallo.
***
Mentre andava a cambiarsi oltre la tenda, il principe non si
esimé dal brontolare tutto il suo malcontento per quel nuovo imprevisto,
mentre ragguagliava l’ignara compagna di sventura.
L’indomani, pioggia
o non pioggia, egli sarebbe dovuto andare ad
avvertire i cavalieri in attesa di notizie nel bosco.
AllorchéLinette
gli fece notare che le strade erano impraticabili a causa del fango, e che il
carretto si sarebbe impantanato sprofondando dopo pochi metri, egli si
limitò a dirle che avrebbe cavalcato a pelo, poiché non disponeva
di una sella. E finse di non notare la faccia stupita di lei, spiegandole che
era stato addestrato ad ogni inconveniente, anche a
quello di usare mezzi di fortuna.
Poi distese la coperta sopra il copriletto, per precauzione,
ed infine si accomodò nella propria parte,
augurando alla sua consorte la
buonanotte, ma solo dopo essersi accertato che ella avesse bevuto una dose
doppia di tisana medicamentosa. E
pregò il Cielo affinché bastasse.
***
Anche quella notte, molto prima dell’alba, Arthur fu
svegliato dal tocco glaciale dei
piedini di Linette – così gelido da far resuscitare anche i morti.
Però, essendo ormai esperto, egli se l’era
tirata contro e l’aveva scaldata come la volta prima e Merlin, zitto zitto, aveva goduto del suo
tepore.
‘Siete davvero
pessimo come cuscino, Arthur. Ma nelle notti invernali
sareste comodo come scaldaletto’. Avrebbe voluto dirgli. Ma sapeva che avrebbe osato troppo.
Il mago aveva quindi beneficiato di quella gentilezza
fingendosi ignaro di tutto.
Come il giorno precedente, egli s’era ritrovato
stretto fra le braccia confortevoli del suo signore; ma, con
l’approssimarsi dell’aurora, – avanti che l’Asino si
ridestasse – a malincuore s’era separato da lui, prima che la nobile Giovanile
Esuberanza(che
Merlin aveva ribattezzato Orgoglio
Mattutino) decidesse di stroncare il principe nel fiore degli anni, per mortale vergogna.
Fu abbastanza strano,
quando si svegliarono, vedere Sua Maestà offrirsi spontaneamente di
andare nelle cucine a prendere del decotto.
E poi la colazione per
la sua adorata consorte. E dopo ancora dell’altro infuso.
Arthur si stava dimostrando inspiegabilmente servizievole
– arrogante, ma servizievole – e il mago
si dava l’unica risposta possibile a quella anomalia: forse era
perché c’era l’attesa da ingannare e si annoiava,
perciò fare andirivieni lo avrebbe tenuto occupato.
Eppure quando, all’ennesima richiesta se Lin avesse
avuto bisogno di qualcosa, se avesse avuto fame, sete o
cos’altro – Diosapevacosa–
Merlin aveva sbottato con un: “Perché mai siete così
premuroso con me?”
Il principe fece una faccia strana, quasi risentita. “Perché
è dovere di un cavaliere soccorrere chi è in difficoltà e
perché tu mi hai sopportato quando ero infermo a letto, in convalescenza.”
“Oh! Allora riconoscete il mio
sacrificio!” esclamò lo stregone, sentendosi di colpo rinfrancato
di tutte le notti insonni passate a vegliarlo, di tutta la paura e la
preoccupazione che aveva patito per lui.
“Beh, non occorre che ti metta a fare lo sbandieratore…”
la redarguì, piccato, arrossendo un po’.
“D’accordo.” Concesse Merlin, sorridendo.
***
L’idillio si ruppe appena dopo pranzo, quando il
principe tornò mogio mogio, dicendo che le
scorte di medicamento erano finite. Finite
per davvero.
Di solito, con le erbe che gli elargiva Gaius,
il dolore spariva presto e in fretta, ma l’ingrediente usato dalla locandiera
non aveva lo stesso effetto sul suo corpo e il dosaggio doveva essere
somministrato a brevi intervalli per essere efficace. Il che significava che erano nei guai.
Per coronare il tutto, nessuno si era ancora presentato alla
locanda, il che faceva davvero sospettare che il corriere fosse rimasto trattenuto
oltre il ponte distrutto.
Quando la signora Rosy aveva spiegato a Linette che, a causa
della pioggia protratta, il guaritore non sarebbe venuto alla taverna perché
era un vecchio e non viaggiava col maltempo, l’erede dei Pendragon si era
offerto di recarsi personalmente dall’uomo – così sarebbe
passato anche dai suoi cavalieri che aspettavano indicazioni, ma questo lo tenne per sé.
“Oh, che fortuna!” aveva gioito l’ostessa,
a quella notizia. “Vi preparo una lista di tutto l’occorrente! E il mio povero fratello aveva giusto bisogno di un amuleto!”
esclamò, andandosene dalla stanzina senza aspettare replica.
“Amuleto?”
le fece eco il nobile, benché fossero rimasti soli.
“Beh…” temporeggiò Merlin, che
aveva subodorato il problema. “Questa non
è Camelot. Qui la gente pratica la magia
liberamente… anche per scopi terapeutici.”
“Mi stai forse
dicendo che dovrei recarmi da uno stregone?!” s’era scaldato il principe, agitandosi.
“… sì.” Ammise il servo, a
malincuore, pigolando.
“NO! Non se ne parla neppure!”
lo tacitò l’erede al trono, categorico e inflessibile.
“Non ci vado!”
Linette lo guardò triste, incapace di mascherare la propria
delusione. E fu come se l’avesse
schiaffeggiato.
“Non importa, passerà.”
Ma anche Arthur ci rimase male per
come lei sembrava disillusa.
“Non posso!”
ripeté. “E’… è come tradire il mio Casato, mio
padre mi ripudierebbe!” Guaì, per giustificarsi. “E magari
sarà anche un mago malvagio!” rincarò.
“Le erbe che ho bevuto in questi giorni provenivano da
lui, e non erano certo avvelenate.” Lo contraddisse Lin, tentando
disperatamente la via della ragione. “Anche Gaius
faceva magie un tempo, prima della Grande Purga; ma vi ha salvato innumerevoli
volte, persino dopo il Torneo! E voi affidate la vostra vita a lui ogni giorno,
e perfino il re lo fa. Vi sembra forse malvagio, il mio mentore?”
“N-no.” Concesse,
riluttante. “Ma…”
Ma Arthur non era ancor pronto per un passo
del genere.
“Allora… dovete andare da Rosy, e dirle che
avete cambiato idea.” Gli fece notare lo scudiero, stringendosi un
po’ più le ginocchia al petto per frenare un crampo.
Arthur se ne uscì, senza aggiungere nulla. Tuttavia, Merlin
sperò ardentemente che riflettere gli servisse, che ripensasse al suo
proposito, perché davvero non
sapeva come avrebbe resistito altri due giorni senza medicamenti.
Anche se difficilmente il suo signore
sarebbe andato nuovamente contro le proprie convinzioni per aiutarlo.
Quando il principe fece ritorno con uno sguardo grave e tormentato,
gli comunicò che sarebbe partito e afferrò il proprio mantello da
viaggio.
“Andrete dal guaritore?!”
gli chiese il valletto, sinceramente stupito.
Il giovane Pendragon gli restituì
un’espressione combattuta. “Non
lo so.” Ammise. “Ma intanto farò
quella stessa strada. I miei uomini mi aspettano.” Le spiegò,
raccomandandole di restarsene in camera.
Anche Linette gli suggerì prudenza.
“Sono certa che farete ciò che è
giusto.” Lo congedò, dimostrandogli, ancora una volta, la sua
cieca fiducia.
Il nobile si sentì quasi indegno di quella stima, che
gli pesava sullo stomaco, mentre andava dalla locandiera per chiedere delle vivande
da portare via.
La donna, credendo che fosse un modo per pagare il taumaturgo,
gli riempì una bisaccia pigiandoci quanto più cibo poteva. Arthur
non ebbe cuore di dirle che non era per il vecchio. Pagò la merce e si
calò il cappuccio sugli occhi, ritrovandosi fra le mani un pezzo di pergamena
con i medicamenti richiesti.
***
Mentre cavalcava sotto l’acquazzone, egli ebbe modo –
e soprattutto tempo – di meditare sul da farsi, poiché ci impiegò
parecchio a raggiungere i cavalieri, a causa della strada resa accidentata e
scivolosa.
Tuttavia non era giunto a nessuna decisione definitiva, se
non nel momento in cui, scendendo da cavallo, aveva avvertito tutte le proprie
giunture divezzate alla monta lamentarsi in coro, e bramò l’infuso
di Gaius che avrebbe alleviato la sofferenza alla
spalla e alle costole, ma un pensiero subito successivo gli sussurrò,
malevolo, che a Linette non sarebbe stata
offerta la medesima possibilità.
Fu a quel punto che, al culmine del supplizio, Arthur giunse
ad un compromesso con se stesso e con la
propria coscienza.
Distribuite le cibarie ai suoi uomini, che lo accolsero con
calore e sollievo, spiegò loro gli ultimi
eventi, ed essi si offrirono all’istante di aiutare nei lavori di
ricostruzione. Egli approvò la loro generosità: se ce ne fosse
stato bisogno, sarebbero intervenuti per velocizzare i tempi.
Successivamente, il giovane
Pendragon prese da parte Sir Leon, il suo comandante in seconda, comunicandogli
brevemente la missione che voleva affidargli, certo che Leon sarebbe morto
portandosi il segreto nella tomba.
“Se questo
tizio fa strego- ehm… stranezze,” lo avvertì “non ti preoccupare. Ignora
e poi dimentica tutto.” Si raccomandò.
“Sì, Sire.” Rispose quello, senza batter
ciglio.
Il principe gli diede una pacca sulla spalla grondante
gratitudine e sollievo.
Poi si persuase che,
non essendo fisicamente presente allo scambio, egli non avrebbe tradito suo
padre, il re, e le leggi di Camelot.
E neppure Sir Leon
– che a conti fatti rimaneva ignaro dei poteri del vecchio – si
sarebbe macchiato d’Alto Tradimento alla Corona.
Sì, giacché
ufficialmente il suo cavaliere non era mai andato da nessun guaritore né
aveva mai ricevuto un ordine neanche lontanamente simile ad
esso, non ci sarebbero stati problemi né infedeltà.
Considerò, mentre un fulmine si abbatteva su un albero poco lontano da
lui, squarciandolo a metà, e Arthur lo prendeva incredibilmente come un
buon segno: era ovvio che stesse facendo
la cosa giusta perché,se il
Cielo avesse voluto punirlo, difficilmente Dio avrebbe sbagliato mira, no?
Continua...
Disclaimer:I
personaggi di Merlin, citati in questo racconto, non sono miei; appartengono
agli aventi diritto e, nel fruire di
essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.
Ringraziamenti:
Un abbraccio a Tao, che sopporta i
miei scleri. X3
E a Mika, che mi coccola col suo entusiasmo!
Note: So che
forse aspettavate l’arrivo di chissà chi,
ma ho giocato sporco perché spero che la vostra delusione assomigli a
quella dei nostri adorati Asini. Ci si immaginava
chissà che arrivo, forse anche la soluzione dei guai, e invece è
finita con un nulla di fatto. ^___^
Ah, chiaramente ‘Arfuhr’ è in
concreto la pronuncia inglese del nome del nostro Asino Reale, e di qui il
fraintendimento.^^
L’attuale filosofia di Arthur è: ho fatto le abluzioni e, anche se sono nella
merda, chiudo un occhio. No, forse due. Ed è meglio tappare il naso. E
anche le orecchie. E trattenere il respiro. Ecco. Va tutto bene. Be-ne.
Quando Arthur ‘accetta’
un compromesso e manda Leon dallo stregone, ho pensato a quando si lascia
convincere da Morgana a salvare Mordred,
benché sia un druido e la sua comunità pratichi la magia. Lì
ha contravvenuto esplicitamente alle leggi di Camelot e a suo padre.
Alla fine, anche se è stato indottrinato che la magia
è il Male, Arthur sa scegliere
da sé e, malgrado le remore, capisce
cos’è giusto fare.
E poi, non so voi, ma mi piace da matti il ragionamento
contorto che l’Idiota Reale fa sul fulmine scansato e la Volontà
Divina! XD
Lo trovo IC, ma sarei curiosissima di sapere cosa ne pensate
voi!
Ah, giusto per chiarire: la toponomastica del regno di Cenred è completamente inventata da me, così
come la cosa del ponte che collega quella regione periferica alla Capitale.
Precisazioni al
capitolo precedente e domande varie: (a random)
- Sono davvero contenta che vi sia piaciuto! *__*
Il capitolo scorso è uno dei miei preferiti in assoluto. Adoro il modo fluffoso con cui Arthur fa da ‘scaldasonno’
al nostro maghetto e, anche se lui è certo di
scaldare la sua serva, in realtà è Merlin a beneficiarne e il
nostro mago e non può negare le proprie reazioni dovute a questo gesto.
Ho scelto di non metterlo
in crisi subito e di non fargli
passare mezza veglia di pare mentali, perché sinceramente mi è sembrato di averlo maltrattato abbastanza in quel frangente.
Dopo una notte insonne, passata a contorcersi dal dolore (e pure in silenzio,
per non disturbare Sua Maestà), le braccia calde di Arthur gli sono
sembrate un porto sicuro, la legittima ricompensa, e giustamente lui ne ha
goduto senza farsi tanti scrupoli. Detta in breve: era fuso e non c’ha pensato. XD
- L’inconscio di Arthur SA un sacco di cose, il
problema è la comunicazione interna nel suo cervello. XD
- Il POV di Arthur ci offre una posizione diversa dei
medesimi fatti, e anche a me piace usarlo, sebbene questa fic
nasca fondamentalmente impostata su Merlin.
In alcuni momenti importanti darò ancora voce al
principe.
- Rosy riferisce che l’uomo arrivato cercava un certo
“Arthur”. Le ipotesi che nascono fra l’Asino e Linette sono plausibili, perché anche uno dei
cavalieri poteva chiamare il principe così, visto che i titoli onorifici
erano stati banditi fra loro per proteggere la loro copertura, ed era
altresì possibile che fosse successo qualcosa ad
uno dei cavalieri e che si dovesse informare il principe dell’evento.
Ovviamente non c’è stato nulla di tutto questo,
ma era d’obbligo speculare, no? XD
- SE Arthur va o meno a donnacce lo
scoprirete a tempo debito, in un capitolo con un pezzetto ad hoc. ^_=
- La cosa dei “Piedi-stufette”
è una cosa di stampo autobiografico. Adoro
quando mi si scaldano i piedi, soprattutto a letto, perché li ho gelati
tutto l’anno. Ç_ç
In compenso ho sempre le mani caldissime e ho scaldato gli
arti intirizziti di mezzo mondo! XD
- Ygraine. Dal canto mio, io credo
che Merlin sia stato messo alle strette quando l’ha nominata. Non voleva
tirarla in ballo per ferire Arthur,
ma semplicemente perché era l’unico argomento a
cui aggrapparsi. Si sa che all’Asino servono forti scossoni, e
nient’altro avrebbe avuto lo stesso effetto su di lui, per smuoverlo,
quantomeno, a ragionarci su. Se poi lo
ha fatto addirittura scusare, tanto meglio.
- Merlin piange quando è in piena crisi ormonale, non è che sia un frignone, ma è più
forte di lui. XD
D’altra parte, nel TF lo abbiamo visto un mare di
volte con gli occhi lucidi, lì lì per
tracimare.
Io credo che fosse così provato mentalmente e
fisicamente da cedere allo sfogo.
- E’ vero. Riconoscere l’odore di qualcuno
è una cosa molto intima.
- Sì, arriveranno momenti ‘piccanti’. In
realtà, nelle mie intenzioni originarie, avrebbero dovuto già
esserci degli eventi particolari, da
qui il rating arancio (visto che so dove andrò
a parare, mi sembrava sciocco alzare il rating a metà fic e l’ho segnato, per correttezza d’intenti,
fin dall’inizio). Poi, però, ho deciso che alcuni fatti li avrei
posticipati e altri messi direttamente nella Raccolta-Seguito, quindi ho ritardato
tutto. Ma ancora per poco. ^^
- Il pezzo “Non ho chiesto io di diventare
donna!” ho tralasciato volutamente di segnarlo come gaffe, perché
ha sì una valenza ambigua, ma solo per noi che sappiamo chi è Linette in realtà. (Dubito che Arthur possa mai
arrivarci grazie a quello, anche se sarebbe un’imbeccata buonaU.U).
Nella concezione popolare, dalle mie parti, si usa quella
discutibile espressione “La mia bambina è diventata donna” (Perché, dico io, prima era un gatto? Una cariola?) per indicare
l’arrivo del primo ciclo. Quindi la frase di
Merlin poteva leggersi “Non ho chiesto io di avere il ciclo!”.
- Penso che, prima o poi, Merlin
affogherà Arthur durante una delle sue Abluzioni Purificatrici! XD
- Sì, a Camelot Morgana e
le sue ovaie avranno le orecchie che fischiano! XD
- Anche a me piace da matti il pezzo di riflessione
sconclusionata del principe in cui ammette che Lin
gli è arrivata tra capo e collo e quel ‘lei, lei, lei’ è voluto,
sì. E’ come un flusso di pensieri senza freni. E quindi sincero.
Vi metto ben TRE anticipazioni
del prossimo capitolo:
1) “Ehi!” la raggiunse e la strattonò,
prendendola per un gomito senza pensarci neppure un secondo, sibilandole vicino
all’orecchio appena si furono distanziati un minimo: “Sei sposata con me, adesso!”
chiarì. “Non puoi fare la smorfiosa col primo che passa!”
“Io… io, cosa?!” s’indignò Merlin, liberandosi dalla
stretta.
“Gli facevi gli occhi dolci! Ti ho visto!” la
accusò. “E non provare a negare!”
(…)
2) Un attimo prima
stava riflettendo sul fatto che il radersi era una delle cose da maschi che di
certo non rimpiangeva, e l’attimo dopo si era incantato come una statua
di sale!
Forse… forse era colpa del sole che filtrava e giocava
col profilo di Arthur in modo strano… era stata quella, la
curiosità che lo aveva attratto. Il corpo del principe a torso nudo,
riverberato dai raggi luminosi, le cicatrici bagnate d’oro che brillavano
di riflesso, i capelli biondi ancor più lucenti e quel gioco di luce con
lo specchio che lo aveva affascinato per un istante.
Merlin affondò il naso nel libro, dandosi
dell’idiota da solo. Ma che diamine andava
a pensare?
Forse la locandiera
aveva messo qualche droga nella sua tisana? Qualche erba allucinogena?
(…)
3) “Cosa succede?!”
l’incalzò l’ancella, impotente, non avendo la condizione di
controllare da sé.
“Si guarda intorno in cerca di qualcuno! Potrebbe
essere il corriere! E… e si sta avvicinando a
noi!” soffiò il principe, allarmato, in un crescendo di agitazione
e nervosismo. “Dannazione!”
Campagna di Promozione
Sociale - Messaggio No Profit:
Dona l’8‰
del tuo tempo alla causa pro recensioni.
Farai felice
milioni di scrittori.
(Chiunque voglia
aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove
meglio crede) Come sempre, sono graditi commenti,
consigli e critiche.
Anzitutto chiedo perdono; questo ritardo non è colpa mia, il mio
pc è ancora latitante e ho dovuto aspettare che me ne prestassero uno
per aggiornare
Anzitutto
chiedo perdono; questo ritardo non è colpa mia, il mio pc è ancora latitante e ho dovuto aspettare che me
ne prestassero uno per aggiornare. ç_ç
Ma ora veniamo alle cose importanti:
50° capitolo!! *O*
Scusate, ma per me è un traguardo importante. ^///^
Quando, due anni fa, ho progettato questa storia, non avrei mai pensato di arrivare così
lontano; anche se sto semplicemente sviluppando le idee di allora, neanche
lontanamente avrei potuto immaginare che mi sarebbe piaciuto dare spago a cose
che occupavano appena poche righe, a fatti accennati (come il Torneo,
l’incidente di Arthur, le Lezioni di Ricamo, oppure Suzanne, o
quest’Avventura Sotto Copertura e mille altre ancora…) che hanno
preso corpo pretendendo uno spazio tutto loro.
Per festeggiare con voi il 50° aggiornamento di Linette,
avrei preferito postare qualche eventoparticolare degno di questa ricorrenza,
magari un pezzo di storia fondamentale. Purtroppo, però, avvicinandomi a
questo traguardo mi sono accorta che le cose ‘sostanziose’ slittavano
un po’ più avanti e non volevo affrettare tutto. Tutto questo
è per scusarmi, e anticiparvi che i caps51 e 52 saranno il mio modo di festeggiare con voi. E la Festa di Litha
sarà l’occasione perfetta.
SPOILER FREE: Come l’anno scorso, sento doveroso
fare una precisazione. Dopo aver visto le puntate della quarta stagione e dopo
aver letto tutti gli spoiler generali in circolazione, ricordo a tutti che
questa storia NON contiene/conterrà alcuno
spoiler; e che eventuali
coincidenze con la quarta serie sono appunto casuali coincidenze.
Il seguente capitolo
è il diretto seguito del precedente e, cronologicamente,
racconterà la fine del 5° giorno e il 6°, 7° e 8°
dì alla locanda.
Riassunto: Merlin
è abituato a salvare la vita all’Asino Reale senza che questi se
ne accorga, ma stavolta non tutto va per il verso giusto. Colpito
dall’incantesimo del malvagio Ardof, il nostro
mago farà i conti con una sconvolgente novità: egli si risveglia
trasformato in una donna.
Solo Gaius conosce il suo segreto e, finché
non troverà il modo di tornare normale, dovrà inventarsi delle
scuse plausibili e prendere il posto di se stesso al
servizio del principe. Come riuscirà a conciliare questa ‘nuova
situazione’? Come si evolverà il suo rapporto con Arthur?
Vorrei dedicare il capitolo a
quelle persone che hanno recensito il precedente (sono
rimasta piacevolmente sorpresa dal numero, mi ha scaldato il cuore vedere tutti
quei commenti! *o*):
Emrys__, crownless,
Harmony89, principessaotaku93, ginnyred, DevinCarnes, _ichigo85_, chibisaru81(Benvenuta!),
masmrg_5, Lily Castiel Winchester, RavenCullen, saisai_girl,
chibimayu, Fuyu no kaze, Holvs, Luna Senese
(Benvenuta!), valentinamiky, Sheiren
S_ (Benvenuta! Grazie a te per le tue bellissime parole, è una
soddisfazione per me averti fatto amare il merthur!),
ItsCassieMalfoy, Orchidea Rosa, layla84, mindyxx, YukiEiriSensei, miticabenny, Tao e xMoonyx.
E a quanti commenteranno (SE vi
va di recensire anche dei capitoli più indietro di questo, il vostro parere
non andrà perduto!).
Ai vecchi e ai nuovi lettori.
Grazie.
TheHe in theShe
(l’Essenza dentro l’Apparenza)
Capitolo L
Il principe riapparve dopo un’intera veglia, bagnato
come un pulcino – malgrado avesse avuto un mantello di cerata – e
gocciolò fin dentro alla stanza. Per fortuna
Rosy lo aveva costretto a pulire gli stivali all’entrata, altrimenti
avrebbe inzaccherato tutta la locanda, tanta era la sua impazienza.
Quando varcò la soglia della cameretta, egli si
stupì che il letto fosse vuoto, poi si accorse che Linette era
rannicchiata sulla sedia a dondolo, avvolta nella coperta, davanti al camino
acceso.
Essendo ormai il tramonto, faceva effettivamente freddo,
poiché la pioggia protratta aveva portato con sé un sacco di
umidità gelida.
L’erede al trono le porse fra le mani una tazza di
tisana di Agnocasto, con la stessa solennità con cui suo padre
generalmente posava la propria spada sulle spalle di un nuovo cavaliere da
nominare.
E venne ricompensato da un enorme
sorriso di riconoscenza.
Fu allora che Arthur si accorse che l’ancella teneva
un libro in grembo.
“Morgana ti ha messo nel baule anche uno dei suoi
romanzetti da leggere?!” sbottò,
scandalizzato. “Adesso capisco perché il tuo bagaglio pesava così tanto!”
“No, Sire. Me l’ha
prestato la locandiera. L’ha
dimenticato, tempo fa, un viaggiatore di passaggio.”
Gli spiegò. “Cercavo invano di distrarmi.” Ammise. “Ma
per fortuna siete giunto voi.” Rimarcò,
dandogli la gloria che meritava.
“Oh, beh… io non ho fatto niente, non-” si
schermì il principe, passandosi confusamente una mano fra i capelli
fradici. E ricordando poi: “Ma se solo
osi raccontarlo ad anima viva, ti
taglierò la lingua con le mie mani!” la minacciò,
puntandole un dito contro.
“Assolutamente!” rispose Lin,
senza smettere di sorseggiare la sua
salvezza.
“Assolutamente… cosa?” s’insospettì il nobile Babbeo.
“Resterà un nostro segreto.” Lo
rassicurò Merlin, per non toccare i suoi nervi tesi. Tuttavia non
resistette: “Nessun fulmine vi ha colpito, vero?” scherzò,
senza sapere che solo qualche ora prima il principe aveva fatto il medesimo
ragionamento. E il nobile, chino sul proprio baule, sobbalzò come se
fosse stato effettivamente colpito.
“Vado a fare le Abluzioni, è quasi il
Vespro.” Grugnì egli, raccogliendo un cambio di biancheria asciutto.
“Oggi ne ho un motivo in più!” le fece presente, avviandosi
all’uscita.
“Ah, Arthur?” lo richiamò il mago,
all’ultimo momento.
Il principe, con il busto già fuori dalla porta, si
volse verso la sua ancella.
“Mh?”
“Grazie.” Gli rispose, stavolta seriamente.
Il giovane Pendragon stiracchiò le labbra e se ne
andò, annuendo. Di colpo
più leggero.
Egli si godette perciò il suo meritato bagno e
persino l’aver coinvolto Leon non gli sembrò più
così brutto.
Il suo fidato cavaliere aveva eseguito i suoi ordini alla
lettera e gli aveva riferito che il vecchietto era stato gentile e
professionale nel preparare i vari ingredienti, supplicandolo di scusarsi con la signora Rosy per la
sua mancata visita alla locanda.
Allorché si fu fatto
coccolare a sufficienza dal calduccio dell’acqua calda e le sue stanche
giunture ebbero trovato requie in quella tinozza ristoratrice, egli decise che
era tempo per una meritata e sostanziosa cena e forse anche Linette gli avrebbe
fatto compagnia.
Quando fece ritorno per prepararsi a desinare, Arthur
l’aveva trovata lì, nella penombra della stanza, addormentata
sulla seggiola in una posizione assurda – l’infuso doveva aver fatto il suo agognato effetto –, e
non aveva avuto cuore di svegliarla. Ma come faceva a non cadere?
E non le doleva il collo?
Le aveva quindi sfilato piano il libro dalle mani, che
conservavano ancora il tepore del caminetto, e le aveva sciolto la treccia che
poteva infastidirla con i suoi nodi; poi l’aveva portata di peso sul
letto, avvolgendola con cura fra le lenzuola e rimboccandole le coperte, visto che era un’inguaribile freddolosa.
Infine, anziché allontanarsi da lei, egli
sprofondò sulla sedia a dondolo, congiungendo le dita sotto al mento, pensieroso, prendendosi un attimo per osservarla
dormire alla luce di un’unica candela – anche se l’aveva fatto un sacco di volte, in quell’ultimo
periodo in cui ella si era presa cura di lui, anche se, ogni volta, non veniva
a capo di nulla.
C’era qualcosa,
in Linette, che gli sfuggiva. A momenti era certo di averlo sulla punta
della lingua, ma nell’istante in cui cercava di dirlo, svaniva. Oppure
passava fugace fra i suoi pensieri, fra un sorriso o una smorfia
di lei, o per una battuta impudente e Arthur riusciva solo a sfiorare
quel pensiero che già era sfumato. Ma c’era. Sì, c’era.
… Cosa nascondeva Lin?
***
Quel sesto giorno di permanenza venne
inaugurato con un’acquerugiola sottile sottile.
Durante la notte, il vento aveva trascinato via molte nubi e il temporale si
era allontanato per abbattersi altrove.
Linette, che con le giuste cure si sentiva
molto meglio, scese col principe a fare colazione, accolta con gioia dalla
locandiera: “La mia sposina preferita!” l’aveva salutata
costei, strappandole un sorriso.
Il suo consorte, invece,
non aveva commentato, limitandosi ad uno sbuffo di
divertita sopportazione.
Dopo aver consumato i rispettivi
pasti, vennero informati che gli uomini del villaggio si sarebbero riuniti alla
locanda – eletta a Quartier Generale per la sua vicinanza logistica al luogo
dei lavori – a discutere sui preparativi delle riparazioni, che sarebbero
iniziati quel giorno o, tutt’al più, l’indomani, se il tempo
fosse stato clemente.
Arthur stesso, offrendosi come manovalanza, aveva
partecipato ad un sopralluogo – perché
davvero si sentiva soffocare dal dolcefarniente.
Quando il gruppetto fece ritorno, egli si scrollò di
dosso la pioggia, infastidito, e realizzò con un certo stupore che
Linette se ne stava a chiacchierare amichevolmente con
un giovanotto, in fondo alla sala, vicino al camino, e non si era avveduta del
suo arrivo.
“Ehi!” la raggiunse e la strattonò,
prendendola per un gomito senza pensarci neppure un secondo, sibilandole vicino
all’orecchio appena si furono distanziati un minimo: “Sei sposata con me, adesso!”
chiarì. “Non puoi fare la smorfiosa col primo che passa!”
“Io… io, cosa?!” s’indignò Merlin, liberandosi dalla
stretta.
“Gli facevi gli occhi dolci! Ti ho visto!” la
accusò. “E non provare a negare!”
“Veramente quel ragazzo si è ferito scaricando
un barile – porta i rifornimenti all’oste, sapete? – e in qualità di
assistente di un guaritore gli ho dato un suggerimento per
curarsi…”
“Ah.” Esalò.
Troppo tardi, il
principe si accorse di quanto il suo sfogo sembrasse una scenata di gelosia e
arrossì.
“Cerca almeno di recitare la tua parte come si
conviene!” rettificò, allontanandosi dalla moglie per un improvviso, improrogabile impegno.
Lo stregone lo vide sparire al piano di sopra, lasciandolo a
domandarsi se il suo signore non fosse per caso impazzito o se la pioggia presa
non gli avesse magari annacquato il cervello.
***
Fu solo verso l’imbrunire che, finalmente, un pallido sole fece capolino oltre le nubi e la cosa
rallegrò l’umore di tutti, poiché il giorno seguente
avrebbero potuto dare il via alla ricostruzione e anche perché la Festa
di Litha si sarebbe tenuta al villaggio due sere dopo
ed era un evento che veniva atteso con fervore.
“Verrete anche voi, vero?” aveva
chiesto loro la locandiera, certa che avrebbero risposto affermativamente.
“Litha?” aveva rimbeccato
l’Asino, perplesso. “Non ne ho mai-”
“Lui viene da molto lontano, non conosce le usanze di
qui.” Lo interruppe Merlin, spiegando alla signora Rosy il perché
della faccia confusa del principe. E poi si rivolse direttamente al suo sposo.
“Vedete,Arthur,
la Festa di Litha celebra il Solstizio
d’Estate!”
L’erede dei Pendragon accolse la notizia con la stessa
faccia con cui avrebbe ingoiato un limone acerbo.
“No, non credo che presenzieremo.
E poi Linette non si è ancora ristabilita…”
“Ma mancano due giorni! Si rimetterà!” insistette la padrona. “E
ci vengono tutti!”
Il massimo che riuscì a strappare alla coppietta fu
una promessa che ci avrebbero pensato su.
“Non possiamo mancare.” Esordì Lin, appena rimasero soli nella loro camera
da letto.
“No, non possiamo andarci!”
la contraddisse il principe, stravaccandosi sul materasso. “Quella
è una festa druidica!”
“Ad essere pignoli, è
una solennità che celebra la Natura.” Puntualizzò
il mago. “E potrebbero sospettare di noi, se non ci andassimo!”
“Chi potrebbe
sospettare?”
“Beh, non lo so!” ammise lo stregone, incerto.
“Chiunque!”
“Mio padre non-”
“Il re non
è qui, Sire!” lo interruppe il servitore. “E non lo
verrà mai a sapere!” precisò. “Senza contare che forse
l’uomo che cerchiamo potrebbe essere lì, quella notte. Ci vanno tutti, del resto.”
“Oppure è al di là del
ponte.” Obiettò il principe, per puntiglio. “E non ci
sarà.”
“Sì, può essere. Ma
non ne abbiamo la certezza.”
“Quindi… a parer tuo, non
ci resta che andare.”
“Decisamente,
sì.” Annuì la serva, lasciandosi sfuggire un sorriso.
“Com’è che ho come l’impressione che tu muoia dalla voglia di partecipare?”
volle indagare, perplesso.
“Oh, ma è solo una vostra impressione,
Maestà!” lo dissuase Lin, sventolando una mano a mezz’aria,
come a dire che era una sciocchezza.
“D’accordo. Se
non piove, e se starai meglio,” premise il nobile “assisteremo per un breve
tempo a questa sciocca ricorrenza.”
“Non
è affatto sciocca, Sire.”
Lo redarguì lo stregone, sentendo già la propria magia ruggire in
vista del cambiamento.
***
Illuminato dai primi raggi del sole mattutino che entravano
dalla finestra, Arthur occupava il proprio tempo dedicandosi alla propria
persona.
Linette, accoccolata sulla sedia a
dondolo con un libro in mano, occupava il suo leggendo. O, almeno, così avrebbe dovuto fare.
“Non hai mai visto un uomo che si rade?!” aveva sbottato d’un tratto l’Asino,
sentendosi osservato a lungo e perciò infastidito, incrociando lo
sguardo di lei attraverso il piccolo specchio di fronte e sé.
Merlin aveva sussultato, colpevole, ed era arrossito.
“S-sì,
Maestà. Gaius si fa
la barba ogni mattino…” aveva risposto, senza capire che in
realtà la domanda di Arthur era solamente retorica.
Il principe aveva sbuffato, sollevando in alto gli occhi come
giocosa esasperazione, ma non aveva infierito su di lei.
“E allora smettila di spiarmi!” l’aveva
redarguita con fare leggero, riprendendo il lavoro piantato a metà.
“Vi chiedo perdono,
Sire.” Aveva invece replicato la valletta.
Il nobile scosse il capo. Doveva farsi un appunto mentale per
il futuro: mai usare il sarcasmo quando
Lin era indisposta. Tanto non l’avrebbe capito.
“Lascia perdere.” Le
disse, abbandonandola ai propri pensieri.
Ma cosa diavolo gli era successo?, Merlin si schiaffeggiò
mentalmente. Era rimasto imbambolato a
fissare l’Asino che si sbarbava!
E pensare che l’aveva visto
compiere quel gesto migliaia di volte, e che spesso – quand’erano
in viaggio e senza uno specchio comodo – era stato egli stesso a
provvedere alla rasatura dell’Idiota!
Un attimo prima stava
riflettendo sul fatto che il radersi era una delle cose da maschi che di certo
non rimpiangeva, e l’attimo dopo si era incantato come una statua di
sale!
Forse… forse era colpa del sole che filtrava e giocava
col profilo di Arthur in modo strano… era stata quella, la
curiosità che lo aveva attratto. Il corpo del principe a torso nudo,
riverberato dai raggi luminosi, le cicatrici bagnate d’oro che brillavano
di riflesso, i capelli biondi ancor più lucenti e quel gioco di luce con
lo specchio che lo aveva affascinato per un istante.
Merlin affondò il naso nel libro, dandosi
dell’idiota da solo. Ma che diamine andava
a pensare?
Forse la locandiera
aveva messo qualche droga nella sua tisana? Qualche erba allucinogena?
***
Con tutti gli uomini disponibili, quel settimo giorno da che
erano arrivati alla locanda, si diede il via all’opera di rifacimento per
ripristinare i collegamenti. Pure la gente del villaggio oltre il ponte
collaborava dalla sua parte; erano bravi boscaioli e già avevano
tagliato il legno migliore per ricavarne delle assi.
Anche Arthur se n’era rimasto via gran parte della
giornata. Benché, in realtà, potesse fare materialmente gran poco
nelle sue condizioni da convalescente, supervisionava i lavori e aiutava come
poteva, felice di avere qualcosa con cui intrattenersi e di sentire nuovamente
il caldo sole di giugno sulla faccia.
A mezzodì, alcune donne avevano portato agli operai
il pranzo, distribuendolo a tutti; ma fra di esse non
vi era Linette, poiché il nobile Babbeo le
aveva ordinato di non muoversi dalla locanda e perciò si rividero solo a
sera, quando il principe riemerse stanco, sporco e felicemente soddisfatto, come un bambino che aveva passato la giornata
a saltare fra le pozzanghere.
Poiché usare la tinozza comune
era fuor di questione – con tutti quei manovali sfiniti, insudiciati e
affamati –, egli non protestò nel momento in cui Merlin gli
propose di usare la loro vasca.
E all’ora di cena confermarono alla signora Rosy che
sarebbero intervenuti anche loro alla festa della sera seguente, con somma
gioia dell’ostessa che, l’indomani, coinvolse Linette
nei preparativi di manicaretti, poiché Arthur era nuovamente andato al
cantiere.
Per quel dì, però, di comune accordo, i
lavoratori anticiparono l’orario di rientro, per permettere a ognuno di
prepararsi con calma alla celebrazione rituale.
Quindi ricomparvero molto prima del
Vespro e in breve indossarono tutti il vestito buono.
I due sposini, abituati a vestizioni ben più
complesse per le ricorrenze di palazzo, furono tra i primi a scendere in sala e
ad accomodarsi in un cantuccio, chiacchierando del più e del meno, in
attesa della partenza che coinvolgeva tutti.
Ma ad un certo punto, a metà
di un discorso sul fiume da traghettare e sui gorghi pericolosi, il giovane
Pendragon si zittì di colpo, scrutando guardingo sopra la spalla della
sua consorte che gli era seduta di
fronte.
“Che c’è?” sussurrò allora Linette, irrigidendosi.
“Nella sala… è entrato
un uomo sospetto… no! Non ti voltare!” la
prevenne.
“Sta guardando qui?”
“Sì, mi fissa in modo strano…”
sibilò il principe, con i sensi all’erta.
“Dite… dite che vi ha
riconosciuto?”
“Non lo so! Ma non possiamo
rischiare di far saltare la nostra copertura proprio ora!” ruggì
tra i denti, aumentando l’ansia nella voce. “Oh,
maledizione!”
“Cosa succede?!”
l’incalzò l’ancella, impotente, non avendo la condizione di
controllare da sé.
“Si guarda intorno in cerca di qualcuno! Potrebbe
essere il corriere! E… e si sta avvicinando a
noi!” soffiò il principe, allarmato, in un crescendo di agitazione
e nervosismo. “Dannazione!”
Arthur si mosse in fretta, prendendo il viso
di lei tra le mani e, sussurrandole direttamente sulla bocca “Ti
giuro, non voglio mancarti di rispetto!”, finse di baciarla avvicinando
le loro labbra.
Lontani in quell’angolo, nessuno fece caso ad una coppietta di innamorati, leciti o clandestini, che si
scambiava effusioni. Nessuno li degnava
di una seconda occhiata.
Quando l’uomo si allontanò e il principe la
lasciò separandosi da lei, le labbra di Linette
pizzicavano ancora di uno strano formicolio, benché egli non le avesse
neppure sfiorate.
“Pericolo scampato!” gioì l’Asino
Reale, vedendo lo sconosciuto parlare con una delle cameriere.
“Era il fratello
zoppo della locandiera!” gli sibilò contro Merlin, arrabbiato
e scombussolato al contempo, vedendo finalmente chi fosse il sospettato.
A quella rivelazione, Arthur sgranò gli occhi azzurro
cielo, arrossendo vergognosamente per la cantonata presa.
“Ti assicuro che sembrava un tipo sospetto!” si
giustificò. “Sul mio onore, lo giuro!”
“La prossima volta, magari evit-”
“Te lo garantisco, non
desideravo baciarti! Non
ci penso proprio!”
“Cos’è? Vi ripugna l’idea?”
insinuò allora Merlin, sentendosi offeso e vagamente ferito per le
implicazioni del rifiuto.
“N-no, non volev-”
“Quello, era
il mio primo quasi bacio!” gli
notificò, per vendetta, godendo nell’attimo in cui vide
l’Asino sussultare. “Me lo avete rubato e mi sento lesa
nella mia dignità!” Rimarcò. “Il
primo bacio è il primo!
Come lo conto un quasi-mezzo-bacio-ma-non-lo-era?”
infierì, mentre il suo signore digradava tutte le tonalità
dell’arcobaleno.
“No-non”
tossicchiò il principe, imponendosi contegno “avevi mai baciato nessuno?” volle sapere, sudando
freddo e immaginando l’ira di Gaius.
“Uomini? No,
non ho mai baciato uomini prima d’ora, Arthur!” dichiarò
Merlin, giocando sporco. Qualche
ragazza sì, se l’era baciata, ma di sicuro non gliel’avrebbe
detto!
“Beh, ma non è stato un vero bacio e… e
si potrebbe anche non contarlo e… ed era un’emergenza…
potevano scoprirci...” si giustificò il
nobile Babbeo. “Non ti avrò compromessa!” sbottò, inorridendo. “Non
l’ho fatto, giusto?”
chiese, speranzoso.
Lo stregone scosse la testa rassegnato
e pregò che gli dèi salvassero Camelot
dall’idiozia del suo futuro sovrano.
“Lasciamo perdere…”
esclamò, non volendosi guastare l’umore più di quanto
già non fosse irritato.
C’era Litha da festeggiare
ed egli ripensò con nostalgia alle feste a Ealdor.
“Godiamoci la serata…” propose.
“Mio padre ne morirebbe, se lo sapesse.” Piagnucolò
invece Sua Maestà, ancora una volta in preda ai rimorsi.
“Toglietevi dalla faccia quell’aria da cane bastonato!”
gli ordinò il mago, spiccio. “Stiamo andando ad
una festa, non ad un funerale!”
Il principe mugolò il proprio disappunto, eppure
tentò di fare quanto richiesto.
“Tutto bene?” s’intromise la locandiera,
comparendo alle loro spalle dal nulla. “Vi vedo un po’ tesi…
Non avrete litigato, voglio sperare!”
“Oh, no. No, è solo un po’ di stanchezza.”
Le spiegò Linette, allungando una carezza sul
viso del marito come gesto d’affetto. “Vero, Arthur?”
“Solo stanchezza.”
Confermò il principe, intercettando le dita di sua moglie e prendendo ad accarezzarle delicatamente le mani per
portare avanti la loro farsa amorosa.
“Lo sapete? Siete adorabili!”
si complimentò la padrona. “Era da un pezzo che non vedevo
una coppietta così deliziosa!” si rallegrò, confortandoli del
fatto che almeno sapevano recitare decentemente la loro finzione. “E lo
sapete” riprese, intromettendosi nel loro pensiero comune “che i figli concepiti durante la Festa di Litha
sono benedetti dalla Dea?” specificò, strizzando loro
l’occhio con palese sottinteso.
Merlin e Arthur si
separarono all’istante, arrossendo.
Continua...
Disclaimer:I personaggi
di Merlin, citati in questo racconto, non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi,
non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.
Ringraziamenti:
Un abbraccio a Tao, che sopporta i
miei scleri. X3
E a Mika, che mi coccola col suo entusiasmo!
Note: In
realtà non ho molto da chiarire di questo capitolo. In caso chiedete!
Arthur si fa tante
pare perché in fondo è un (quasi) bacio coatto, Linette non era consenziente ed
è per questo che, davanti alle sue rimostranze, il principe si inalbera sudando freddo. Ecco, ci tenevo a dirlo,
perché in fondo nel TF lui s’è baciato più di una fanciulla bendisposta senza remore.^^
L’ho già detto un sacco di tempo fa, e forse
è il caso di ricordarlo: la
Vitexagnus-castus
(Agnocasto) appartiene alla famiglia delle Verbenaceae
e serve a combattere la sindrome premestruale sin dall’antichità. Ancora
oggi è uno degli ingredienti principali dei prodotti omeopatici.
Casualmente, qualche mese fa ho scoperto che si usa anche per affrontare i
sintomi della menopausa.
Altra cosa che ho già accennato è la Festa di Litha,
nominata dall’ostessa, ed è la festività del solstizio
d’estate (21 giugno).
Non mi dilungo qui, perché troverete abbondanti spiegazioni nel prossimo
capitolo, visto che entreremo nel vivo della faccenda.
*_*
Senza dilungarmi troppo, vorrei motivare il consiglio finale
di Rosy, che in apparenza sembra assurdo. E solo per chiarire che,
benché Linette abbia appena finito il ciclo,
non è detto che non possa rimanere incinta. A volte (ad
onor del vero, non frequentemente) capita che già verso la fine del
ciclo sia iniziata l’ovulazione di quello successivo. Motivo per cui, cosa
da ricordare, fare sesso durante il ciclo o appena dopo non è
garanzia di salvezza. Si può restare incinte. (E
ora che ho fatto il mio dovere di Quark, mi eclisso. XD)
No, dai. Ho spiegato ‘sta cosa (oltre che per dovere morale) perché
è un concetto che tornerà più volte durante i prossimi
capitoli. ^^ [Rosy esige nei nipotini virtuali. XD]
Precisazioni al
capitolo precedente e domande varie: (a random)
- C’è una cosa che mi fa sorridere leggendo le
vostre recensioni. Il fatto che metà di voi mi chieda di far arrivare
presto il corriere, e l’altra metà di ritardare il più
possibile il suo arrivo, per godere dellacoppietta di sposini.
Alcune di voi bramano il ritorno di Merlin maschio al
più presto, altre sperano che Linette rimanga
all’infinito… non riuscirò mai a soddisfarvi tutte! XD
- Io adoro la lealtà di Leon *_*
E posso anticiparvi che in questa fic e nel seguito
avrà qualche pezzetto importante.
- Arthur e i suoi ragionamenti contorti! Sono contenta che riteniate IC il suo
comportamento e le sue convinzioni manipolate a piacere.
- Rosy, in realtà, è una strega con poteri di
preveggenza. Fa la locandiera come copertura! XD
- Il corriere arriverà. Abbiate fede. Quando meno ve l’aspettate, arriverà! XD
- Io ho sempre sostenuto che Merlin abbia aiutato Arthur a
maturare, a crescere come persona, a mettersi in gioco. Ugualmente, Linette lo costringe(rà) a rivedere le proprie convinzioni.
- Rosy non dice a Linette
“Ti sei riscattata”, le dice “Ti ha riscattata?”.
Sostanzialmente, la locandiera crede che Arthur abbia
strappato Lin da una vita umile e misera, vedendo le
sue mani rovinate come quelle di una persona abituata al lavoro e ai sacrifici
e con quanta devozione rispettosa gli si rivolge.
Io ho immaginato che lei l’abbia creduta una serva, più che
prostituta, ma ho lasciato apposta nel vago. E Merlin, rimanendo zitto, le
lascia credere ciò che vuole.
- No, Arthur non romperà ancora con le Abluzioni.
Come vedete, in questo cap accetta persino di usare
la loro tinozza impura. XD
- Sì, il fatto che Arthur rifletta sull’operato del vecchio guaritore-stregone ha un ruolo preciso
nell’economia della storia. E’ un passo in avanti in favore della
magia. Non è solo un torturare
Merlin fine a se stesso. XD
- Sì, nella riflessione di Merlin a Rosy c’era
del pessimismo; anche se non vuole ammetterlo neppure con se stesso, gli fa
male sapere che Arthur èoltre le sue possibilità.
- Per Arthur è più facile pensare
‘Manderò Merlin alla gogna a vita’, piuttosto che ammettere
‘Merlin mi manca da morire’ ma ci arriveremo presto.
- Probabilmente sì, se Rosy sapesse
la verità su di loro li aiuterebbe di certo. Ma
Arthur è un Asino cocciuto e a noi piace farli giocare alla coppietta felice. XD
- Sì, Merlin è gentile a non far morire Arthur
di vergogna a causa del suo Orgoglio Mattutino! Vi immaginate
che imbarazzo, altrimenti? ^.^
Vi metto ben TRE anticipazioni
del prossimo capitolo:
1) Fu a quel punto che Linvenne strattonata per un lembo della gonna e si
ritrovò a fissare due occhi incredibilmente neri e profondi. Era una
vecchina, seduta su un consunto sgabello scalcagnato, accanto ad un fuoco
morente.
“Bella fanciulla! Non desideri, forse, sapere che lavoro farà il tuo futuro
marito?” la irretì.
(…)
2) Volteggiare fra le
sue braccia senza pensieri era meraviglioso, si sentiva libero come non lo era da tempo.
Perché non
potevano semplicemente restarsene lì, per sempre?
Anche se era una
finzione, Arthur lo trattava con gentilezza, era felice e spensierato, senza
problemi di regno e padri da accontentare.
La vita era semplice,
lì.
E Arthur lo amava.
Merlin sarebbe stato
persino pronto a sacrificarsi, rinunciando a tornare se stesso, se il prezzo da
pagare era quello. Niente più vite in pericolo. Niente
guerre, lotte, roghi e maghi assassini o Destini. Niente Albion.
Solo
felicità e…
E finzione.
Avrebbe mai potuto
accontentarsi di vivere nella menzogna? Vivere di un sentimento che non era
reale?
(…)
3) “Ehi!” latrò quindi, con poca grazia.
“Quell’Asino è mio!”
esclamò. “Guai a chi me lo tocca!” minacciò,
inscenando una perfetta tirata di gelosia e trascinandolo via dal gruppetto di
oche.
Camelot lo aveva rovinato. Era così abituato
a stare al centro dell’attenzione, che quel
Babbeo Reale s’era già gonfiato come un pavone.
“Sei forse gelosa, Lin-Lin?”
la provocò, salutando le gallinelle arruffate che vedevano svanire il
loro galletto.
Stavolta ho fatto fatica a scegliere 3
pezzi, perché questo capitolo è uno dei miei preferiti.
Infine ringrazio i 138 utenti che hanno messo Linette
fra le storie preferite, i 260 fra le seguite e tutti i ‘da
ricordare’, sebbene la storia non sia ancora conclusa, continuano a
crescere. Grazie.
Se poi nuovi lettori volessero lasciarmi un parere, ne sarò felice! ^^
Campagna di Promozione
Sociale - Messaggio No Profit:
Dona l’8‰
del tuo tempo alla causa pro recensioni.
Farai felice
milioni di scrittori.
(Chiunque voglia
aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove
meglio crede) Come sempre, sono graditi commenti,
consigli e critiche.
E’ ormai inutile che io continui a scusarmi per i ritardi degli
aggiornamenti
E’ ormai inutile che io continui a scusarmi per i ritardi degli
aggiornamenti. Alcuni di voi sanno quanti casini mi sono piovuti addosso nella Real Life, ma l’importante è superarli.
Voglio ringraziare tutti quelli che dimostrano pazienza e costanza nell’attendermi.
Grazie per ogni parola di incoraggiamento che mi avete
dato, soprattutto in queste ultime settimane. Vi abbraccio.
SPOILER FREE: Come l’anno scorso, sento doveroso
fare una precisazione. Dopo aver visto tutte le puntate della quarta stagione e
dopo aver letto tutti gli spoiler generali in circolazione, ricordo a tutti che
questa storia NON contiene/conterrà alcuno
spoiler; e che eventuali
coincidenze con la quarta serie sono appunto casuali coincidenze.
Il seguente capitolo
è il diretto seguito del precedente e, cronologicamente, racconta dell’8° giorno dall’arrivo alla locanda: la Festa di Litha.
E’ in assoluto il più lungo che ho scritto finora su Linette e spero che possa piacervi.
Riassunto: Merlin
è abituato a salvare la vita all’Asino Reale senza che questi se
ne accorga, ma stavolta non tutto va per il verso giusto. Colpito
dall’incantesimo del malvagio Ardof, il nostro
mago farà i conti con una sconvolgente novità: egli si risveglia
trasformato in una donna.
Solo Gaius conosce il suo segreto e, finché
non troverà il modo di tornare normale, dovrà inventarsi delle
scuse plausibili e prendere il posto di se stesso al
servizio del principe. Come riuscirà a conciliare questa ‘nuova
situazione’? Come si evolverà il suo rapporto con Arthur?
Vorrei dedicare il capitolo a
quelle persone che hanno recensito il precedente:
crownless, Harmony89, RavenCullen, sixchan, Emrys__, Yaoithebest, agrumi, DevinCarnes,
masmrg_5, chibisaru81, principessaotaku93, mindyxx,
Lily Castiel Winchester, xMoonyx,
Fuyu no kaze, _ichigo85_, saisai_girl, Holvs, bry987, Luna
Senese, SheirenS_, Yuki, sweet_cullen e miticabenny.
E a quanti commenteranno (SE vi
va di recensire anche dei capitoli più indietro di questo, il vostro parere
non andrà perduto!).
Ai vecchi e ai nuovi lettori.
Grazie.
TheHe in theShe
(l’Essenza dentro l’Apparenza)
Capitolo LI
Quando la piccola comitiva giunse a destinazione
fu accolta da un allegro vociare. Tra schiamazzi di bambini che si rincorrevano
e adulti affaccendati, si notò subito che il villaggio era stato
addobbato a dovere: le torce bruciavano rischiarando il tutto e festoni
colorati danzavano nel vento della sera.
Nella piazza principale erano state disposte
delle panche e delle tavolate, dove la gente poteva rifocillarsi, in
compagnia di musica semplice e dell’intrattenimento dei saltimbanchi
alloggiati alla locanda. Ai lati, vicino al pozzo, con alcune bancarelle, dei
mercanti e delle fattucchiere speravano di vendere la loro merce, assieme a
degli amuleti e monili vari.
Arthur e Linette si separarono presto dal loro gruppetto,
andando a sedersi a tavola per cenare e, dopo aver pagato il dovuto, si
gustarono il pasto semplice ma saporito. Merlin riconobbe alcune portate che
anche sua madre preparava per l’occasione, ma preferì tacere e
godersi ogni momento, senza contrariare volontariamente il nobile Babbeo
già emotivamente provato.
Dopo aver desinato, i due decisero di fare un giro per il
vecchio borgo, curiosando qua e là. Il principe riconobbe che alcune
armi poste in vendita erano di eccellente fattura, come solo il suo fabbro
reale sapeva fare e fu tentato di acquistare un nuovo pugnale. Mentre
realizzava la trattativa col venditore, egli suggerì alla sua ancella di
visionare alcune stoffe su un banchetto lì accanto e lo stregone, per
assecondarlo, vi si recò separandosi da lui.
Fu a quel punto che Lin venne
strattonata per un lembo della gonna e si ritrovò a fissare due occhi
incredibilmente neri e profondi. Era una vecchina, seduta su un consunto
sgabello scalcagnato, accanto ad un fuoco morente.
“Bella fanciulla! Non desideri, forse, sapere che lavoro farà il tuo futuro
marito?” la irretì.
“Ce l’ha già un
marito!” s’intromise Arthur, sbottando infastidito, ricomparendo
all’improvviso. “Chi credi che io sia, vecchia?”
Ma la divinatrice non demorse.
“Vuoi sapere come sarà il tuo futuro, allora?”
“Sì.” Rispose Merlin, prima che il nobile
lo prevaricasse nuovamente.
“Or dunque…” si concentrò ella, scrutando dentro un crogiolo di piombo liquefatto. “Vedo…
vedo…”
Arthur sbuffò. “Sta solo fingendo…”
“Che cosa strana!” sussultò invece la
maga, dimostrandosi stupefatta.
“Nel tuo Destino vi è una moneta! Una moneta
con due facce!” profetizzò
la veggente.
Merlin trasalì, colpito dalla divinazione.
“Non esistono monete con due facce, vecchia!”
sbottò il principe, allontanandosi, e trascinando via
Linette con sé.
E invece sì,
esisteva un’unica moneta con due facce. E una faccia non potrà
separarsi dall’altra. Non era forse
ciò che gli aveva inculcato il Drago?
Egli lanciò uno sguardo contrito alla vecchina che
gli aveva predetto una conferma del loro futuro, e che non avevano
neppure ringraziato; ma stranamente la trovò che gli sorrideva, mentre
con una mano rugosa lo salutava.
***
I balli attorno al
fuoco erano qualcosa di suggestivo, Arthur lo
riconosceva, benché non li approvasse. Quelle movenze antiche e arcane, sinuose, affascinavano gli spettatori.
Persino lui riusciva a percepire la vitalità di
quella gente, l’energia straripante malgrado la
lunga giornata di faticoso lavoro alle spalle.
Sedutisi su uno dei tronchi più in disparte, i due
sposini, assistevano ad un’inconsueta danza propiziatoria.
“Perché quell’uomo è saltato oltre
il falò?” si ritrovò a chiedere il principe, trovando la
cosa alquanto assurda.
“Oltrepassare un fuoco è un gesto che
rappresenta la purificazione. Il
Solstizio è uno dei momenti più adatti per
compierlo, favorisce le guarigioni.” Gli
spiegò Merlin, attingendo ai suoi vecchi ricordi.
“Come le abluzioni?” s’incuriosì il
nobile, comparando le due azioni.
“Beh… in un certo senso, sì.”
Ammise lo stregone. “Ma vostro padre direbbe che
un rogo è l’estremo atto
di purificazione!” gli appuntò, con sarcasmo.
“Dubito che qualcuno ci salirà mai
spontaneamente…” replicò il giovane Pendragon,
con lo stesso tono.
“Io mi auguro sempre che non ve ne siano
più.” Desiderò Merlin.
“Anch’io.” Ammise il principe. “E’
una crudeltà.”
“Forse un giorno, quando sarete re… forse le
cose cambieranno…” si augurò l’ancella, lanciandogli
un’occhiata speranzosa. “Se lo
vorrete.”
Arthur accolse la sua espressione e stava per risponderle,
quando intervenne l’oste, porgendo loro due boccali di sidro.
“Vergogna, giovanotto!” lo apostrofò, con
il solito modo spiccio. “Non ti ho ancora visto portare a ballare la tua
bella!” gli rese noto, con un’insolita
giovialità nelle faccia rubizza, che certamente era figlia del vino che
scorreva a fiumi. “Aspetti che ti si fondano le chiappe col legno?”
lo provocò, ridendo sguaiatamente e dandogli una pacca portentosa sulla
spalla – per fortuna, quella sana.
“Bevete questi e poi filate a danzare!”
ordinò loro, come avrebbe fatto un padre con due figli indisciplinati.
Malgrado Arthur fosse restio a dargli ascolto, Merlin fu persino
troppo felice di obbedire al locandiere. Ogni minuto che passava, egli sentiva
crescere dentro di sé la propria magia, che vibrava come una cassa di
risonanza in risposta all’energia che il
Solstizio richiamava a sé dalla Terra e dalla Natura. Egli percepiva
anche altre magie oltre alla sua, presenti nel villaggio, vive e frizzanti, e
le correnti di forza sovrannaturale si lambivano a vicenda, quasi a formare una
rete invisibile. Lo stregone la sentiva, la
sentiva l’elettricità dell’aria e tutto ciò lo
rendeva euforico, impaziente, sovraeccitato come mai prima d’allora,
poiché neppure alle feste di Ealdor egli
poteva dare libertà alla sua vera natura, dato che
i suoi compaesani lo temevano e lo guardavano con sospetto.
“Andiamo a ballare!” esordì Linette, decidendo d’un
tratto di scattare in piedi, afferrando la mano del principe per risollevarlo. “E’
un ordine!” dichiarò,
imitando il tono consueto del nobile padrone.
Arthur ricambiò con uno sguardo perplesso. “Hai
forse bevuto troppa birra?” le chiese, ridacchiando, eppure acconsentendo
e seguendola verso lo spiazzo dove si mescolarono ad altre coppie che piroettavano
al ritmo di una ballata.
“Lin-Lin?” la
chiamò, dopo appena pochi passi ritmati.
“Mh?”
“Sapresti dirmi chi,
fra noi due, è l’uomo?”
Merlin lo guardò stranito. “V-voi?”
tentò, senza capire dove l’altro volesse andare a parare.
“Giusto.” Confermò il giovane Pendragon.
“Quindi… perché stai conducendo tu la danza?”
“Oh, Cielo!” il mago arrossì
vergognandosi, posando la fronte sulla spalla del suo signore per nascondersi.
“E’ che al villaggio ballavo sempre con mia madre e…”
si difese, lasciandosi guidare dal nobile che non smise di farla volteggiare.
Arthur rise bonariamente, una risata calda e divertita, stringendosela un po’
più contro di sé.
“Non pensavo che una tipa goffa come te sapesse
danzare!” considerò, dopo un po’.
“Neanche voi siete male nelle danze dei
poveri…” lo pungolò la serva.
“Cosa?!” io sono il
miglior ballerino di tutta Cam-Trevena!” si difese,
piccato, facendola squittire con del solletico di rappresaglia sui fianchi.
“Ehi! Non vale!” strillò
Merlin, sgusciando via da lui e perdendo frattanto il ritmo del ballo.
Arthur rise nuovamente e la
strattonò gentilmente perché si riavvicinasse.
“Ho spiato per anni le feste del popolo nella città
bassa.” Le confessò, con un bisbiglio all’orecchio.
“Allora siete un buon osservatore.” Riconobbe il
mago, considerato che il principe non sia era mai
esercitato prima di quel momento. “Ma adesso
viene il difficile!”
Poi la danza cambiò e fu solo uno sfiorarsi di dita e
giravolte e svolazzi di gonne, ella sostituì il
proprio compagno e danzò in cerchio con un vecchio e poi con un
giovinetto, ed infine ritornò ad afferrare le mani del suo sire.
“Me la sto cavando, eh?”
s’inorgoglì l’Asino Reale, con la consueta arroganza.
“Niente mi è impossibile!”
“Oh, lo vedo!” sogghignò il mago,
divertito dalla mancanza di umiltà dell’altro e contento del suo
insperato buonumore.
Volteggiare fra le sue
braccia senza pensieri era meraviglioso, si sentiva libero come non lo era da
tempo.
Perché non
potevano semplicemente restarsene lì, per sempre?
Anche se era una
finzione, Arthur lo trattava con gentilezza, era felice e spensierato, senza
problemi di regno e padri da accontentare.
La vita era semplice,
lì.
E Arthur lo amava.
Merlin sarebbe stato
persino pronto a sacrificarsi, rinunciando a tornare se stesso, se il prezzo da
pagare era quello. Niente più vite in pericolo. Niente guerre, lotte,
roghi e maghi assassini o Destini. Niente Albion.
Solo
felicità e…
E finzione.
Avrebbe mai potuto
accontentarsi di vivere nella menzogna? Vivere di un sentimento che non era
reale?
No, certo che no.
Gli ricordò il suo buonsenso. Anche
se non per questo faceva meno male cadere dalle illusioni e sbucciarsi le
ginocchia con la realtà.
Fu a quel punto che sentì il fisico del principe irrigidirsi
di colpo, distogliendolo dai suoi sogni ad occhi aperti; ma non poté
chiedergli nulla, poiché era già ora di cambiare accompagnatore
nella danza.
“Dolce fanciulla!” lo
salutò con un inchino Sir Duncan. “Permettete?”
Lo stupore di Merlin durò solo un istante.
“Messere…” ricambiò, imitandone i gesti, e si
sentì afferrare per i fianchi e cambiare l’ennesimo ritmo della
ballata.
Dopo di lui fu il turno di Sir Martin e sir Leon che,
solerte e beneducato come sempre, s’era ben guardato dal crearle
imbarazzo stringendola troppo a sé.
***
“Siamo venuti al villaggio per acquistare delle provviste
e vi abbiamo riconosciuto.” Motivarono i tre uomini. “Ignoravamo la
festa.”
Seduti in una zona appartata, il gruppo di Camelot poté parlare senza temere di essere sentito
da orecchi indiscreti. La musica, del resto, favoriva i loro segreti.
“Noi ci siamo venuti per non destar sospetti. Saremmo
stati gli unici a mancare. Tutta la locanda si è svuotata.”
Spiegarono gli sposini.
Soprattutto Arthur,
che si sentiva come colto in flagrante.
“E’ stata una scelta saggia!” concordarono
i cavalieri, chiedendo poi ragguagli su possibili novità.
Così il principe spiegò loro l’avanzamento
dei lavori e ne richiese i servigi. L’indomani, di buonora, essi si
sarebbero presentati offrendo manovalanza, motivandola come un interesse
personale: poiché necessitavano di oltrepassare
quel ponte, avrebbero contribuito a sveltire la sua sistemazione.
Poi si presero il tempo di assaporare della buona birra e a
domandare delucidazioni su alcune fasi della Festa, godendosi l’ambiente
informale e l’atmosfera gioiosa.
A differenza di Arthur, loro parvero meno sconcertati
dall’uso legale della magia nel borgo anche se Sir Leon – il
più ligio alle Leggi di Camelot
e alla volontà del suo sire – fu quello che meno si
interessò della faccenda.
A quel punto della serata, quando era ormai scesa la notte,
i tre cacciatori stabilirono di concedersi un ultimo ballo, prima di fare
ritorno alle loro tende con le provviste, poiché la strada di notte era
disagiata, benché avessero cavalli veloci, le torce e la luna ad illuminare la via.
“Mi concedereste un’ultima danza, Milady?”
domandò cavallerescamente Sir Duncan, il più spavaldo dei tre,
allungando una mano in direzione di Merlin.
Il mago non poté non ridere di cuore, immaginando la
faccia del nobile, se solo avesse saputo
la verità.
“Con piacere, Milord.” Replicò, stando al
gioco, rimboccandosi la gonna per fargli un inchino, e lasciandosi trascinare
dal giovane nel campo da ballo, ignorando lo sguardo severo del principe.
Lo stregone si lasciò catturare dalla magia – divenuta
sempre più prepotente – e trascinare da essa, con spensieratezza.
Ma quando fu il turno di Sir Martin
di condurre Linette in un’altra ballata, egli
non poté più ignorare l’espressione dura di Sua
Maestà.
I suoi cavalieri si facevano vedere mentre ballavano con lei
e Arthur non era contento della cosa, ma Merlin non capiva
il perché: il principetemeva forse che facessero saltare la
copertura? Ma Duncan e Martin non avevano danzato solo
con Lin!
Per un istante lo colse il fugace dubbio che magari
l’Asino sembrasse quasi geloso, ma
non poteva assolutamente essere!
Sir Leon, in buon ordine, aveva rinunciato ad una seconda possibilità ed era rimasto a far
compagnia al suo signore e, quando gli altri fecero ritorno, tutta accaldati e
assetati, Linette si offrì di andare a
prendere un’ultima pinta di birra fresca per tutti, venendo ricompensata
da un assenso collettivo.
Allorché ricomparve, ella
distribuì i boccali e, accomodandosi tra loro – intromettendosi
nei loro discorsi, sentendosi chiamata in
causa –, educatamente domandò cosa mai avessero da confabulare
su gelosie e comparazioni.
“Non serve la magia per capire che, stando seduta fra
i quattro uomini più belli della festa, tutte le altre fanciulle vi invidino a morte, Milady.” Ridacchiò Sir Duncan, scatenando
l’ilarità degli altri cavalieri, non tanto per il complimento
diretto a Linette, quanto più per la parte dei
quattro uomini più belli della
festa.
Oh, perfetto, ci
mancava solo qualche fattucchiera gelosa!, gemette Merlin.
“Allora è bene che io tolga il disturbo!”
controbatté, risollevandosi, vuotando il proprio bicchiere.
“Dove te ne vai?” volle sapere il principe,
perdendo l’aria scanzonata da cameratismo che aveva ritrovato coi suoi sottoposti.
“Quando ho preso le bevande, la signora Rosy mi ha
chiesto di aiutarla, non ci metterò molto.” Lo rassicurò,
avviandosi dove si distribuiva il cibo.
***
A tutti gli effetti, Merlin non se n’era stato via per
tanto tempo ma, quando egli tornò, dei cavalieri non vi era più neppure
l’ombra e Arthur era circondato da diverse fanciulle
palesemente disponibili.
“Ehi!” latrò quindi, con poca grazia.
“Quell’Asino è mio!”
esclamò. “Guai a chi me lo tocca!” minacciò,
inscenando una perfetta tirata di gelosia e trascinandolo via dal gruppetto di
oche.
Camelot lo aveva rovinato. Era così abituato
a stare al centro dell’attenzione, che quel
Babbeo Reale s’era già gonfiato come un pavone.
“Sei forse gelosa, Lin-Lin?”
la provocò, salutando le gallinelle arruffate che vedevano svanire il
loro galletto.
“Arthur, ve lo spiego un’unica volta, e solo per
il vostro bene!” ringhiò il mago, in
risposta. “Alcune di quelle graziosefanciulle sanno preparare pozioni d’amore e
pronunciare incantesimi di seduzione. Cosa succederebbe
se vi lasciassi solo con loro e fra qualche mese giungesse a Cam-Trevena una
di esse, asserendo che ha avuto da voi un figlio magico? Riuscite ad immaginare la faccia
di vostro padre?!” lo pungolò, godendo sadicamente
dell’espressione stravolta del giovane Pendragon. “Ecco, bravo.
Vedo che siete rinsavito!” ironizzò,
spingendolo a sedere su un ciocco isolato.
“No-non…”
farfugliò il principe, impanicandosi. “Non
credevo che fossero così pericolose!”
si giustificò.
“Avete mangiato o bevuto ciò che vi hanno
offerto?” indagò il servo, preventivando la necessità di un
possibile controincantesimo.
“No, no. Solo la tua birra…” lo rassicurò
l’Idiota reale.
“E allora siete stato
fortunato!” lo redarguì il valletto, interrompendolo.
“… e qualche
dolcetto…” concluse, colpevolmente, strappando alla sua ancella un
lungo sospiro rassegnato.
“D’accordo. Restatemi accanto per il resto del
tempo: incollato alle mie gonne!”
specificò, risoluto. “Devo capire se avrete comportamenti strani.
D’altra parte, non è certo la prima volta che vi rifilano un filtro d’amore. Ricordate Lady Sophia?”
“Ma tu come-?”
“Quel che conta è che non facciate sciocchezze;
probabilmente, il suo effetto svanirà entro domani.” Gli
spiegò, prendendogli il viso con le mani e avvicinandosi in modo fin
quasi indecoroso – così simile all’atteggiamento
sconveniente accaduto poche ore prima alla locanda –, per vedere se le
regali pupille fossero o meno dilatate in maniera
innaturale e, per sua fortuna, sembravano normali.
Poi gli posò le labbra sulla fronte, con modi spicci,
per sentire se scottava – Arthur non ebbe neppure il tempo di aprir bocca
– e infine gli tastò il polso, dove il battito era veloce ma non irregolare.
“E’ normale che io senta lo stomaco bruciare
vagamente?” si preoccupò il principe, ponendosi di riflesso una
mano sull’addome.
Merlin gli lanciò lo stesso sguardo che gli avrebbe
riservato Gaius.
“Temo che quello sia l’effetto delle pinte di
alcol, non di cibo alterato.” Decretò, con cipiglio clinico.
“I Rituali del Mercoledì
non vi hanno insegnato niente?!” lo apostrofò, biasimandolo.
“Beh, ma…” tentò di difendersi il
nobile.
“Arthur,
datemi ascolto.” Riprese il mago, rimboccandosi le gonne e chinandosi
sulle ginocchia perché i loro visi fossero alla stessa altezza. “Forse non è accaduto nulla. E comunque ancora nulla di
irreparabile.” Precisò. “Perciò il mio
consiglio è di smetterla di crucciarvi, altrimenti comincerete ad avvertire
tutti i malesseri del mondo; dovete distrarvi, torniamo alla festa e domattina
avrete scordato tutto.” Gli garantì.
Al nobile non rimase altro che affidarsi al suo consiglio e si
diressero a vedere alcuni spettacoli di fuoco e acrobazie.
Incredibilmente, ascoltarono persino il racconto di un cantastorie, che narrava le prodezze del glorioso
Principe di Camelot.
Secondo questo menestrello, l’erede al trono aveva combattuto
e vinto, in un sol giorno di torneo, ben
cento cavalieri e poi, in un’altra occasione, aveva ucciso una fiera
mostruosa, grossa come una montagna: un gigantesco cane a tre teste, liberando
un villaggio oppresso dalla sua mortale presenza.
Il mago aveva sorriso divertito, di fronte a quella bugia
romanzata.
“Cento cavalieri!Sono esterrefatta, Marito
Mio!” considerò, teatralmente. “Vorrei poter
avere l’onore di conoscere questo
principe così valoroso!”
esclamò, con ironia. Ma il futuro sovrano
sembrò immune al suo sarcasmo, mentre raccoglieva a piene mani i sospiri
della gente estasiata dalle sue presunte prodezze.
“Novantanove o centouno… che differenza fa?
Credo di aver perso il conto verso l’ottantesimo…”
le rispose distrattamente, bevendo le
parole del suo oratore.
“E il cane! Il cane mi era sfuggito…
mio cugino deve essersi dimenticato di raccontarmelo!” aveva ripreso,
bisbigliando all’indirizzo del suo signore, che nascondeva a stento il
proprio compiacimento per quell’inatteso elogio pubblico.
“Nh… ho ucciso tante bestie… una più, una
meno…” si schernì, fintamente modesto.
Quando il cantastorie ebbe finito la sua narrazione, il
giovane Pendragon fu quasi propenso a convincerlo a raccontarne ancora, anche sotto compenso, ma venne trascinato via da Linette,
prima che la loro copertura fosse messa in pericolo.
“Vi ha incensato, è vero!” aveva sbottato
lei. “Però non potete montarvi la testa!
Forse non è mai neppure venuto a Camelot,
ma se invece vi riconoscesse?! Allontaniamoci da lui!”
Arthur, a malincuore, le diede ragione e la condusse quindi
a ballare, mescolandosi fra la folla.
Continua...
Disclaimer:I
personaggi di Merlin, citati in questo racconto, non sono miei; appartengono
agli aventi diritto e, nel fruire di
essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.
Ringraziamenti:
Un abbraccio a Tao, che sopporta i
miei scleri. X3
E a Mika, che mi coccola col suo entusiasmo!
Note:La Festa di Litha
è la festività del solstizio d’estate (21 giugno), in cui
il sole culmina allo Zenit ed è la notte
più breve dell’anno. (Buffo scriverlo
adesso, visto che qualche giorno fa, il 22 dicembre, è stata la notte
più lunga XD).
Secondo il moderno calendario pagano, questo giorno è conosciuto come Litha (di probabile origine anglosassone) o Midsummer (Notte di Mezz’Estate) e festeggia il
momento di massimo splendore solare, dove il Dio riveste il ruolo di Padre ed inonda la terra dei suoi fertili raggi, regalandoci le
prime messi ed i primi raccolti dell’anno.
Fin dai tempi più antichi, i giorni di solstizio (così come
quelli equinoziali) erano vissuti come momenti magici poiché sulla
soglia tra una stagione e l’altra, sospesi tra due realtà diverse
che si annullano e compenetrano, mescolandosi e ricorrendosi per un
fondamentale passaggio di testimone e, proprio per questa ragione, erano
conosciuti come Porte, “Porta dell’Uomo” quello estivo e
“Porta degli Dei” quello invernale.
Nella fattispecie di Litha, la Dea che, nel suo aspetto di Fanciulla, ha incontrato il giovane Dio a Beltane, adesso è Madre, incinta, come la Terra gravida del prossimo
raccolto. Lei è la Terra
fertile, lui è l’energia e il calore che la nutrono, da loro
nascerà la Nuova
Vita.
I rituali avvenivano
tradizionalmente all’aperto o nei boschi con giochi, cibo, bevande e un
grande falò.
I campi erano colmi
di grano, la vegetazione era fitta e lussureggiante... per questoAlbanHeruin (o Litha) è la festa della fruttificazione, della
maturazione dei frutti, della prosperità.
Per i druidi era il
giorno ideale per la raccolta delle erbe, per le divinazioni e per i piccoli e
grandi riti protettivi legati all’elemento fuoco.
Durante questa notte
altissimi fuochi salutavano e onoravano la potenza degli Dei.
Spesso a Litha si salta il fuoco, questo gesto
rappresenta la purificazione, questo infatti era
ritenuto uno dei momenti più adatti alle purificazioni, di conseguenza
alle guarigioni.
Il rito, che la vecchia fa, per conoscere indizi sul futuro
marito è preso dalle antiche usanze legate alla notte di Litha, talvolta si poteva impiegare anche l’albume
d’uovo o fave.
(Info prese dal web, in vari siti)
Il cane a tre teste citato dal cantastorie non è uno
dei mostri del telefilm di Merlin; è Cerbero
nella mitologia classica e Fuffi in quella di Harry Potter
1 (libro e film).
L’accenno a Lady Sophia si
riferisce all’episodio 1x07, “Le porte di Avalon”.
In realtà, è successo anche con principesse successive, ma questa
ficsi innesta dopo la fine
della prima serie.
Precisazioni al
capitolo precedente e domande varie: (a random)
- Grazie per gli auguri, molti di voi sono con me
dall’inizio ed è bello saperlo! *_*
- Arthur merita.
Madre Natura avrà risparmiato sul cervello, ma sul fisico si è
prodigata! *ç*
E Merlin fa bene a gustarselo! ^_=
- Merlin e Arthur, insieme, fanno scintille, perché
sono destinati. Se un ‘quasi-bacio’ ha
ridotto il nostro mago così,
vi immaginate quando andranno ben oltre?? ^___^
- Sono contenta che condividiate la delusione di Merlin;
vorrei riuscire a farvi immedesimare in lui, in ciò che egli prova, nel
bene e nel male.
- Merlin non sa di preciso come poter tornare in sé, ma una delle
premesse di questa ‘missione sotto copertura’ è che, secondo
lui, probabilmente dietro a tutto il furto del tesoro reale (e alla maledizione
legata ad esso) c’è lo zampino di Ardof. E difatti lui spera/teme un confronto con lo
stregone malvagio. (cfr. cap. 45)
“Egli
desiderava con tutto il cuore che non si dovesse arrivare allo scontro con Ardof, perché disperava di poterlo sconfiggere e, al
contempo, agognava che quel viaggio ponesse fine, in qualche modo, alla sua
trasformazione in Linette.
Accantonando i suoi egoistici
desideri, il mago temeva anche per la vita del suo padrone, nel caso in cui Ardof avesse tentato nuovamente di ucciderlo, e
perché Arthur non si era ancora del tutto ristabilito e quel lungo
percorso scomodo avrebbe messo a dura prova la sua imperfetta condizione
fisica.
Merlin avrebbe fatto il possibile e l’impossibile
per proteggerlo. E pregò gli dèi affinché fosse
sufficiente.”
- Visto che mi è stato
chiesto: SE mai
Linette rimanesse incinta, Arthur scoprirebbe che lei
è Merlin solo dopo il parto, non ucciderei mai il loro figlio. Ma è solo un’ipotesi campata in aria. NON
è uno spoiler. E’ solo quello che farei come autrice, ma per loro ho
previsto altre strade.
- Figli? No comment! XD
- La scena di Arthur che porta a letto Lin
e le rimbocca le coperte è un cliché che adoro. DOVEVO inserirlo
per forza! XD (Anche per Roy e Edward di FMA, in It’sraining, accadde una cosa simile).
- Non è vero che Arty non voleva
baciarla, ma si è difeso con la prima risposta che gli è passata
per la testa e, come spesso accade, dire
la prima cosa a caso è fare guai.
- Avevo anticipato che in quest’avventura
Merlin avrebbe fatto finalmente i
conti con i propri sentimenti. Beh, ci siamo! ^.^
- Riguardo al baciarsi in pubblico: credo sia necessario
distinguere tra i nobili e il popolo. Le persone normali avevano molta più libertà di esprimere i
propri sentimenti; i nobili (e le persone di un certo rango) venivano
educate a rispettare codici anche in materia amorosa.
A farla breve, nessuno si scandalizzava a vedere due
innamorati mentre si baciavano in una taverna; in una Corte ciò sarebbe
stato assai sconveniente e grave, o proibito (anche se
nel TF gli autori hanno ignorato gran parte di queste regole. E mi verrebbe da
portare anche un esempio della 4^ stagione, ma è spoiler e sto zitta).
- Merlin è disposto a tutto (anche ad
estremi sacrifici) per Arthur, nel telefilm ci hanno insegnato questo, ed è
il leitmovit della mia storia.
- Presto si parlerà di Merlin e Arthur ci dirà
come la pensa.
Stavolta, vi metto una
sola anticipazione del prossimo capitolo (ma credo che valga per tre XD):
“A-Arthur…”
ansimò, mentre il suo corpo rabbrividiva per una carezza particolarmente
ardita. “Fermati.” E il
giovane Pendragon tolse a malincuore la bocca dall’incavo
fra i suoi seni.
Mentre i loro respiri si mescolavano, ansanti ed eccitati,
Merlin incrociò lo sguardo velato di desiderio del principe,
l’espressione quasi dolorosa di lui, tanto era il bisogno di
appartenersi, così simile alla sua da sentire un buco enorme dentro lo
stomaco e un pulsare nel ventre come se vi fosse dentro qualcosa che aveva vita
propria.
“Non qui. Vieni.” Lo incitò con
frenesia, impaziente e ansioso, districandosi dal suo abbraccio – oh, com’era caldo quel nido di
braccia!Com’era a casa!
– e lo trascinò nella penombra di un vicolo, nascosti da occhi
curiosi, dove solo una piccola torcia illuminava la strada. Arthur gli
aveva afferrato le dita, intrecciandole alle proprie, colmo d’aspettativa quanto lui. L’aveva seguito, docilmente,
senza fare domande, fin quando il mago non s’era
fermato, a ridosso di un muro, bloccando anche lui.
Infine vi invito a leggere, se vi
va, le ultime due fic che ho postato.
Rimanete sintonizzati: stavo lavorando alla fic-regalo-di-Natale prima della battuta
d’arresto. Quindi la posterò, anche se un po’ in
ritardo. (Come buon auspicio per il prossimo anno? Vi
dico solo che sarà un ritorno – spero – gradito).
Ma intanto: Buone Feste a tutti/e voi!!!
Campagna di Promozione
Sociale - Messaggio No Profit:
Dona l’8‰
del tuo tempo alla causa pro recensioni.
Farai felice
milioni di scrittori.
(Chiunque voglia
aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove
meglio crede) Come sempre, sono graditi commenti,
consigli e critiche.
SPOILER FREE: Come l’anno scorso, sento doveroso fare una precisazione
SPOILER FREE: Come l’anno scorso, sento doveroso
fare una precisazione. Dopo aver visto tutte le puntate della quarta stagione e
dopo aver letto tutti gli spoiler generali in circolazione, ricordo a tutti che
questa storia NON contiene/conterrà alcuno spoiler; e
che eventuali coincidenze con
la quarta serie sono appunto casuali coincidenze.
Il seguente capitolo
è il diretto seguito del precedente e, cronologicamente, racconta dell’8° giorno dall’arrivo alla locanda: la Festa di Litha.
E’ nuovamente il più lungo che ho scritto finora su Linette
e spero che possa piacervi, facendomi perdonare del ritardo^^’’.
Riassunto: Merlin
è abituato a salvare la vita all’Asino Reale senza che questi se ne accorga, ma
stavolta non tutto va per il verso giusto. Colpito dall’incantesimo del
malvagio Ardof, il nostro mago farà i conti con una
sconvolgente novità: egli si risveglia trasformato in una donna.
Solo Gaius conosce il suo segreto e, finché non
troverà il modo di tornare normale, dovrà inventarsi delle scuse plausibili e prendere il posto di se stesso al servizio del principe. Come
riuscirà a conciliare questa ‘nuova situazione’? Come si evolverà il suo
rapporto con Arthur?
Una menzione particolare va alle ragazze che hanno fatto ‘indigestione’
di Linette, decidendo di leggersi oltre 50 capitoli in
un paio di giorni. Posso solo offrirvi un digestivo e la mia stima! ^_=
(Benvenute nel club!)
Capitolo dedicato a chi ha recensito
il precedente:
crownless, DevinCarnes, RavenCullen, elfinemrys, xMoonyx, Emrys__, vale
87, hay_chan, mindyxx, sixchan, chibisaru81, principessaotaku93, Lily Castiel Winchester, Erika 97, masmrg_5, _Meg, saisai_girl, Luna Senese, Axyna, Deb, Tao, ginnyred, Lady Ivory,
Harmony89, ItsCassieMalfoy, layla84, _Jaya e bry987.
E a quanti commenteranno (SE vi
va di recensire anche dei capitoli più indietro di questo, il vostro parere non
andrà perduto!).
Ai vecchi e ai nuovi lettori.
Grazie.
TheHe in theShe
(l’Essenza dentro l’Apparenza)
Capitolo LII
Il mal di pancia
di Arthur passò a mano a mano che il principe smise di pensarci.
Quando, però, la figlia della locandiera offrì loro una
fetta di torta speziata egli fu lì lì per rifiutare,
ma Linette gli aveva assicurato che della ragazza ci si poteva fidare: chiunque
nella loro taverna sapeva che erano sposati – felicemente sposati – e non avrebbe osato intromettersi fra loro.
Cosa che invece non
avevano recepito
bene alcuni ragazzotti di campagna, un po’ alticci, che si erano permessi
qualche apprezzamento di troppo nei confronti della valletta reale.
C’era mancato poco che il principe mettesse mano alla spada,
ma non sarebbe stato un bello spettacolo un duello
d’onore nel mezzo della sacra Festa
di Litha, Arthur avrebbe potuto innescare una rivolta
popolare.
Perciò l’erede al trono aveva optato per
qualcos’altro, mettendo in pratica
letteralmente il consiglio che ella stessa gli aveva offerto poco prima: le
era rimasto appiccicato alla sottana in modo fin quasi invadente e lei si era
sottomessa pacificamente a questa decisione.
Merlin, per non guastarsi l’umore, non si era neppure sprecato
a chiedersi il motivo di un tale comportamento.
Probabilmente l’Asino Reale era stato così premuroso con Lin
perché, per la prima volta, ella s’era comportata
semplicemente da donna, in modo remissivo,
senza proteste o battibecchi, gli si era affidata, scatenando il suo lato
protettivo.
Oppure perché, tenersela addosso, serviva affinché tutti
sapessero che lei era fuori dal mercato di caccia. Linette
era affar suo. E non era disponibile per
nessun altro all’infuori di lui.
Il che valeva anche al contrario. Vedendoli così uniti, nessun’altra compiacente fanciulla
s’era fatta avanti con l’erede dei Pendragon.
***
Forse avevano
esagerato un po’ con l’idromele. Fu il pensiero che attraversò distrattamente
il cervello di Merlin, verso mezzanotte, al culmine dei festeggiamenti. L’idromele che scorreva a fiumi.
Dopo che ebbe posato vergognosamente la testa – che sentiva così leggera – sulla sua
spalla tornita, Arthur lo strinse contro di sé un po’ di più. Ballarono stretti
e il mago non si lamentò. Il nobile padrone stava solo facendo il buon marito e
in fondo a lui piaceva stare tra le braccia forti e calde del principe; era una
sensazione nuova e piacevole, qualcosa che gli scaldava il cuore. Assieme alla
magia che, finalmente, quella sera ruggiva libera nelle sue vene richiamata dai
Poteri del Solstizio.
Dopo una danza infinita – quanti balli di fila avevano
completato? –, con il fiatone, Arthur condusse Linette
verso uno dei tronchi piallati, usati come panche, e se la tirò addosso,
facendola sedere sulle proprie gambe e Merlin non osò protestare.
“La locandiera ci guarda.” L’avvisò
il principe, rispondendo alla sua espressione perplessa con un tono
insolitamente leggero e senza preoccupazioni.
Lin prese allora ad accarezzargli i capelli, appiccicati
sulla fonte sudata e a pettinarglieli con le dita, piano, lentamente – come
faceva un tempo Merlin, quando l’Asino era nella vasca da bagno.
E Arthur non si oppose, anzi sembrò gradire, poiché chiuse
gli occhi e le si abbandonò fiduciosamente.
Fu a quel punto che il mago, seguendo un impeto istintivo,
si chinò a depositare alcuni baci fra le ciocche bionde del suo signore.
Quando si separò, Arthur gli rivolse un lungo sguardo
silenzioso che Merlin non aveva mai visto sul suo viso. Avrebbe dato via metà dei suoi poteri magici per capirlo.
Ma, anziché rispondergli, il nobile
raccolse invece l’unica mano che lei aveva in grembo e vezzeggiò col pollice la
pelle del palmo. Linettegli
sorrise di rimando. La locandiera lanciò loro i propri
apprezzamenti, su quanto fossero belle le
tortorelle che tubavano.
Arthur e Merlin la lasciarono fare e non si separarono.
Allora, ella venne con un catino e chiese loro di
intingervi le mani congiuntamente. Il principe fu titubante ma, alla sua
occhiata interrogativa sul significato del gesto, Lin scosse le spalle, come a
dire che ne sapeva quanto lui. “Non l’ho mai fatto.” Dichiarò, assecondando il
volere dell’ostessa.
Quando i due immersero assieme la mano che li univa, la
donna spiegò loro che la rugiada della notte del
Solstizio avrebbe portato fertilità alla coppia, e che i figli concepiti in
quella notte erano benedetti dalla Dea.
Poi indicò vagamente molte altre coppie, seminascoste, che si intravedevano amoreggiare e scambiarsi effusioni. E li
lasciò nuovamente a se stessi.
Poco importava se quel
rituale era una falsità, che non sarebbe servita a nulla, poiché loro non
avrebbero generato nessuna creatura quella notte... né in quelle a venire.
Merlin si sentiva ugualmente
incredibilmente euforico, inconsistente, spensierato fin quasi a sfiorare la
beatitudine perfetta.
Si sentiva come ebbro,
ma non era solo colpa del vino bevuto, bensì della propria magia che
scalpitava, richiamata dai poteri della Madre Terra. Le aveva concesso troppa
libertà e adesso faticava a contenerla, non riusciva più ad
imbrigliarla – e forse non ci provava neppure, perché era semplicemente meraviglioso sentirsi così.
Così… felici, così appagati.
Con Arthur che lo
vezzeggiava amorevolmente, che gli carezzava la schiena, con tocco soffice, che
gli sussurrava sciocchezze che gli strappavano sorrisi delicati e rossori
deliziati.
Linette contraccambiava istintivamente con baci
fugaci sulle nobili tempie, sul collo dove il sangue
scorreva più veloce – sensuale richiamo e promessa d’altro – con piccoli
gorgoglii d’apprezzamento, mentre col naso tracciava il profilo di uno zigomo ombreggiato
di barba d’oro.
Arrendevoli a quel
sentimento che non aveva nome, in nome del quale
avrebbero potuto compiere qualsiasi sciocchezza.
Merlin se ne rese conto nel momento esatto in cui formulò
quel pensiero. Avrebbe fatto qualunque
cosa, senza remore, se solo il principe gliel’avesse proposto.
E si sentiva
invincibile. Con Arthur che aveva smesso di fingere, che lo
stava amando sinceramente, consapevolmente. Volontariamente.
Invincibile, sì.
“Amore?” chiamò il
nobile, sistemandogli premurosamente una ciocca di capelli sfuggita
all’acconciatura, inframmezzando il gesto ad una scia
di baci roventi lungo la giugulare pulsante.
“Mmmh?” mugolò, facendo le fusa.
“Che c’è?”
“C’è che sei… sei la creatura più
speciale, la più meravigliosa che io
abbia mai visto. E sei mia.”
Dichiarò Arthur, trattenendo a stento l’emozione nella voce.
Merlin mancò un battito del cuore, mentre sentiva spuntare
calde lacrime tra le ciglia. Gli si tuffò con le
braccia al collo, e il principe ricambiò la sua stretta con un’altra,
altrettanto intensa.
Rimasero così per un po’, fino a che lo stregone non si
accorse che il braccio dietro la sua schiena era sparito e il suo consorte stava trafficando alle loro
spalle, in seguito udì il rumore sordo di uno stelo spezzato.
Il cavaliere fece comparire fra loro un giglio selvatico appena
dischiuso e glielo porse.
“La sua beltà sfiorisce a paragone con la tua, Amor Mio.” L’adulò, porgendo il fiore reciso con galanteria.
Merlin ne ammirò la bellezza e il profumo, colmo di una gratitudine che non trovava parole.
“Ti amo, Arthur.” Confessò alla
fine, con una semplicità disarmante. “Lo sai? Credo di
averlo sempre fatto, ma lo sto capendo solo ora…” ammise, venendo
ricompensato dal più bello dei sorrisi del suo signore.
“Anche io amo te!” esclamò il
nobile. “Bontà Divina!, quali insensati timori ci hanno frenato fino ad oggi!” si rammaricò. “Ciò che conta siamo noi! Solo noi!” Affermò. “Al diavolo
anche il regno! Rinuncerò ad esso, per amor tuo!” decretò, rituffandosi sul
mago.
Fu allora che il
dubbio divenne certezza.
“A-Arthur…” ansimò, mentre il suo
corpo rabbrividiva per una carezza particolarmente ardita. “Fermati.” E il giovane Pendragon tolse a
malincuore la bocca dall’incavo fra i suoi seni.
Mentre i loro respiri si mescolavano, ansanti ed eccitati, Merlin
incrociò lo sguardo velato di desiderio del principe, l’espressione quasi
dolorosa di lui, tanto era il bisogno di appartenersi, così simile alla sua da
sentire un buco enorme dentro lo stomaco e un pulsare nel ventre come se vi
fosse dentro qualcosa che aveva vita propria.
“Non qui. Vieni.” Lo incitò con frenesia, impaziente e ansioso, districandosi
dal suo abbraccio – oh, com’era caldo
quel nido di braccia!Com’era a casa!
– e lo trascinò nella penombra di un vicolo, nascosti da occhi curiosi, dove
solo una piccola torcia illuminava la strada. Arthur gli aveva afferrato le dita,
intrecciandole alle proprie, colmo d’aspettativa
quanto lui. L’aveva seguito, docilmente, senza fare domande, fin quando il mago
non s’era fermato, a ridosso di un muro, bloccando
anche lui.
“Togliti la casacca!” aveva ordinato spiccio, imitando
l’ordine per primo, levandosi la mantellina che lo copriva e gettandola a terra
senza cura.
Appena il principe fu a torso nudo, Merlin afferrò un
secchio colmo d’acqua piovana che aveva intravisto in un bacino di raccolta lì
accanto e lo tirò per metà addosso al suo signore, riversando su di sé il resto
del contenuto gelido.
Arthur ansimò e sputò ovunque, e fu come risvegliarsi di colpo da un sogno lunghissimo.
Egli sbatté le palpebre, guardandosi attorno smarrito.
“Ma che…?” farfugliò, gocciolando, incapace
di raccapezzarsi. “Cosa…?!”
Lin posò le mani sui suoi addominali, in una lasciva
carezza, avvicinandosi pericolosamente a lui.
“E se adesso vi chiedessi di baciarmi?” domandò, suadente.
“Linette!
Ma sei forse impazzita?!” sbraitò egli, arrossendo, e
prendendo le distanze dal corpo di lei.
“Siete rinsavito.”
Merlin sorrise. Un sorriso che si fece triste.
La magia era infranta.
“Quella fuori di senno
sembri tu!” l’accusò, passandosi una mano sulla fronte
e sugli occhi per togliere le gocce residue che lo infastidivano. “Che ti è
saltato in mente?!” l’interrogò. “E perché sono mezzo
nudo e bagnato fradicio?”
“Un’abluzione fuori programma…” rispose lo scudiero,
chinandosi a raccogliere la casacca del suo signore e la propria mantella,
rimaste asciutte, ed entrambi le rindossarono per combattere la frescura della
notte. “Me l’avete chiesta voi!” lo avvertì, per prevenire altre domande.
“E perché anche tu…?”
“Avevo caldo…” motivò lo stregone,
laconico.
“E’ meglio se andiamo ad asciugarci vicino ad un fuoco…” considerò il principe, non del tutto persuaso.
“D’accordo.” Condivise l’ancella, passandogli davanti per
incamminarsi.
Alla luce fioca della torcia, Arthur la scrutò, gocciolando
per terra.
“Aspetta, fa’ vedere…” le disse, accorgendosi di un
particolare. “Cosa ti sei fatta?” volle sapere, mentre osservava nel buio una
chiazza scura nell’incavo tra collo e spalla della sua valletta. “Ti sei fatta
male?”
Merlin si coprì la parte di riflesso, distogliendo lo
sguardo a disagio.
“N-no…” mentì. “Non è niente…”
“Chi ti ha ferita?!” pretese di
sapere.
“Nessuno!”
“Oh, avanti!” la incalzò.
“Beh… siete stato voi…” pigolò il
mago, arrossendo.
“Io?! Io ti avrei colpita per
errore?!”
“Per errore… sì.
Ma non mi avete esattamente colpita.” Confessò.
E fu allora che il nobile la trascinò più vicina alla luce,
per controllare meglio la chiazza scura e boccheggiò.
Quello non era un
livido… era inequivocabilmente un succhiotto.
“Non… non avrò osato
fare altro… voglio sperare…” insinuò, sinceramente addolorato per la propria condotta
riprovevole.
Merlin gli lanciò un sorriso mite, perdonandogli all’istante
ogni cosa. Ogni illusione con cui l’aveva
lusingato.
“Non è successo nulla.” Lo rassicurò, quando in realtà
sentiva ancora la pelle bruciare per la scia dei suoi baci e delle sue mani. ‘Nulla che anche io
non volessi.’
***
Sapeva che avrebbe dovuto accorgersi che qualcosa non andava.
Le cose tra loro erano
precipitate, ruzzolando da una china mostruosamente in pendenza, ad una velocità assurda.
Ma non vi era al mondo
peggior cieco di colui che non voleva vedere.
Col senno di poi, accoccolati al fuoco di un bivacco, mentre
ognuno era perso nei propri pensieri, Merlin ebbe modo e tempo per riflettere.
Vedendo Arthur così intimo
e disponibile con Linette, avrebbe dovuto capire che c’era qualcosa di sbagliato in tutto quello.
Avevano amoreggiato
fin quasi a spingersi oltre il lecito, fin quasi a sfiorare un punto di
non-ritorno.
Ma era così coinvolto
che aveva preferito fingere di non
vedere, concedendosi di godere di ogni istante, di ogni brivido, di ogni carezza, di ogni
parola sussurrata.
Forse era stato un
comportamento egoista, il suo, ma anche Merlin era umano. E come tale,
imperfetto.
Il punto era che, anche
volendo, non si pentiva di ciò che aveva fatto.
Troppo tardi egli aveva capito che erano in errore, anche se
mai avrebbe saputo motivare la causa di quei comportamenti – e sicuramente non
avrebbe raccontato nulla a Gaius, per avere un suo parere
al riguardo. Probabilmente l’unico che avrebbe potuto offrigli una risposta
sensata era il drago, ma lui si sarebbe fatto impiccare piuttosto che confidargli una cosa così personale e
rischiare di farsi ridere addosso, dopo aver messo a nudo
i propri sentimenti davanti a lui.
Ragionandoci con buonsenso, lo stregone aveva formulato tre
possibili spiegazioni.
Forse egli aveva influenzato inconsciamente il principe con la sua magia, e la cosa gli era inavvertitamente sfuggita di mano.
Merlin aveva desiderato così fortemente una serata
piacevole, che la mente manovrata di Arthur aveva agito di conseguenza; assieme
forse a qualche pozione ammaliatrice che Sua Maestà aveva assunto prima, nei
biscotti offerti dalle fanciulle.
O forse era stato proprio il contrario:
la malìa su Arthur era stata così forte da contagiare
anche chi interagiva con lui, come avrebbe richiesto un buon filtro d’amore.
Oppure, poteva darsi che anche il Rituale del Bacile officiato
dalla locandiera avesse contributo ad alterare entrambi, drogandoli mentalmente.
Le correnti magiche del Solstizio non andavano prese alla leggera, esse erano antiche, potenti ed arcane quanto il mondo stesso.
A conti fatti, poteva essere accaduto un miscuglio di tutte
e tre le condizioni, rese estremamente potenti da una
concatenazione di contributi magici.
Questo avrebbe spiegato
i loro sintomi intensi e le follie che sarebbero stati
disposti a compiere.
L’altra cosa che lasciava Merlin scombussolato era il
sentimento soverchiante che – a differenza del principe – egli rammentava
ancora di aver provato.
Aveva sentito di poter
amare Arthur con tutto se stesso.
Anche se Arthur era un
maschio, anche se era il suo signore.
Sentiva dentro di sé
che era la cosa giusta, la cosa giusta da fare.
Arthur era l’Asino per
cui aveva rischiato – e avrebbe rischiato – la vita in
ogni istante, il Babbeo per cui
sarebbe morto senza ripensamenti né rimpianti, l’Idiota Reale che serviva quotidianamente, anteponendo le sue
necessità alle proprie.
Quello che provava
per lui era vero. Vero.
Non era una illusione magica.
Questa consapevolezza era un punto fermo dentro al suo cuore.
Si era negato a lungo quello che sentiva, mascherando quel
sentimento scomodo, scambiandolo per devozione.
Ma era tempo di smettere di
mentirsi. E di questo avrebbe dovuto ringraziare il Solstizio.
Senza la Festa di Litha, non avrebbe capito. Non avrebbe ammesso tutto
questo.
Ma ciò non avrebbe reso le cose più semplici,
anzi.
E il mago pregò dentro di sé che quel sentimento svanisse, perché non poteva dargli corpo.
Per ogni istante in cui non sfiorava l’erede al trono – da che si erano
separati, poco prima – era come vivere una pena insopportabile, le sue membra
supplicavano perché si riavvicinassero, affinché ripristinassero quel contatto
che c’era prima tra i loro corpi.
Eppure Arthur no, lui
non avrebbe mai amato una serva.
Come sarebbe mai
potuto sopravvivere, Merlin, in quell’agonia?
Fu così che egli decise che, una volta conclusasi
quella ricorrenza e tornati alla locanda, egli avrebbe cancellato le memorie
del nobile e le proprie.
Sì, avrebbero perso buona parte di ciò che avevano fatto, provato e vissuto. Ma in quel momento gli parve il male minore.
Merlin era certo che Arthur non avrebbe mai agito così, non di sua spontanea volontà; e allora,
modificandogli i ricordi, gli sembrava quasi di ristabilire un equilibrio che
la magia aveva forzato.
Lui, invece, avrebbe rammentato per sempre solo ciò che non
gli procurava dolore, si sarebbe tenuto nel cuore quegli attimi innocui, quei
gesti d’affetto, quella gioia immensa, e li avrebbe conservati per sempre come
un caro tesoro. Un tesoro di inestimabile valore.
Avrebbe rievocato con nostalgia quella festa, senza
soffrirne. Ma, un’ultima volta, egli si ferì.
Era così bello, il
principe, senza obblighi e scenate da Asino! Era così sereno, fingendosi un
semplice giovane benestante che poteva divertirsi ad
una festa di paese senza incorrere nelle ire di suo padre! Era così felice, con
quella risata contagiosa e i modi garbati e premurosi... era così suo… come non lo sarebbe stato mai.
Lo stregone si strofinò con stizza le palpebre che
bruciavano, ingoiando un nodo di pianto.
Poi invocò la propria magia, quasi con disperazione, affinché
lenisse il suo dolore e gli permettesse di non rovinare quegli ultimi momenti;
ed essa obbedì, servizievole e docile – per la prima volta in quel giorno – stemperando
il suo turbamento interiore, addolcendo la sua sofferenza, rendendola più
tollerabile, presente ma sopportabile.
“Stai per addormentarti?” chiese il principe, di punto in
bianco.
Merlin scosse il capo, con rassegnata sopportazione. Quell’Asino idiota…
“Nessuno dormirebbe seduto su un legno così duro.” Replicò.
“E allora… perché sei così silenziosa?” ritentò il nobile,
sbirciandola di sottecchi.
“Pensavo.” Rispose Linette, laconica.
“A cosa?” insistette il suo signore.
“A tante cose…” la risposta vaga del servo che, per
nascondere il disagio, si guardò attorno.
Fu la locandiera a venirgli inconsapevolmente in aiuto,
quando egli la vide in lontananza, con un vassoio in mano. “Ad esempio al fatto
che una Festa del Solstizio non può terminare senza aver mangiato un Dolce di Litha!” riprese, sollevandosi dalla panca. “Signora Rosy!”
urlò, sbracciandosi per attirare la sua attenzione e la padrona della locanda
si appressò a loro.
“Arthur non ha mai mangiato i Dolci di Litha. Sono assolutamente da
provare!” Insistette Merlin.
“Assolutamente!”
concordò l’ostessa, tendendogli il piatto di portata.
“Graz-” stava per dire alla donna
che gli porgeva dei biscotti al miele, ma la sua serva l’aveva fermato,
spiegandogli cosa dovesse rispondere, una
frase beneaugurante.
Linette sembrava assolutamente a
suo agio in quel rituale e Arthur si scoprì a guardarla con occhi diversi.
Avrebbe mai imparato a
conoscerla davvero?
Continua...
Disclaimer:I
personaggi di Merlin, citati in questo racconto, non sono miei; appartengono
agli aventi diritto e, nel fruire di
essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.
Ringraziamenti:
Un abbraccio a Tao, che sopporta i
miei scleri. X3
E a Mika, che mi coccola col suo entusiasmo!
Note: Inizia la fase
emo-Merlin,
che finora abbiamo solo accarezzato di striscio. Ma era prevedibile che, una
volta ammessi i propri sentimenti per il principe, il nostro mago si sarebbe trovato a percorrere una strada in salita. Spero
che le mie scelte possano risultarvi IC; per ora,
posso solo dire che a tutto c’è un perché.
E’ la prima volta che Merlin dà del ‘tu’
ad Arthur dall’inizio della fic. Credo passerà ancora
molto tempo prima che lo rifaccia.
Per amor di precisione, il Giglio selvatico (che il principe
offre a Lin) rappresenta ‘delicatezza e semplicità’
nel linguaggio dei fiori. Ed è una scelta doppiamente voluta perché è così che
immagino Linette vista da Arthur e perché è un fiore
che nasce spontaneo (almeno, in montagna da me c’è) ed è verosimile che ci fosse
anche nell’Inghilterra di allora.
L’idromele, che
nel capitolo scorre a fiumi, è una bevanda ricavata dal miele fermentato.
L’ho inserito per un motivo specifico:
Anticamente, era
tradizione che le coppie appena sposate bevessero idromele durante il periodo
di una luna dopo il matrimonio, per ottenere un figlio maschio. Da lì, sembra
provenire la tradizione della “Luna di Miele”. (Info prese dal web)
La parte delle dichiarazioni d’amore è volutamente troppo zuccherosa.
Non so, spero che si senta che è un po’ ‘artificiosa’,
perché è frutto di un incantesimo e quindi ‘costruita’.
I biscotti al miele e le torte speziate, di cui si fa
accenno, sono realmente cibi ancor oggi usati per celebrare Litha.
Per ulteriori riferimenti, vi rimando alle note del
cap. precedente.
Precisazioni al
capitolo precedente e domande varie: (a random)
- Ragazze, vorrei rassicurarvi su una cosa: non dovete
scusarvi per la brevità dei commenti! A me fa sempre piacere sapere cosa ne
pensate del capitolo letto, ma non dovete per forza scriverci un tema. ^_^
- Secondariamente… mi dispiace se le anticipazioni attentano
al vostro cuore/vita/salute. Non le volete più? *occhi da gatto con gli
stivali*
- Preferivate fosse tutto un sogno? Sono curiosa…
- Rosy e il degno consorte sono Merthur
nell’animo! XD
- La lontananza da Camelot
offre questa possibilità di rilassarsi un po’ da obblighi e ruoli. E’ bello che
Merlin possa avere qualche momento per lui, no?
- Eh sì, il cantastorie ha dato una botta di vita
all’orgoglio dell’Asino! XD
- Per chi avrebbe voluto un approccio da parte di qualche
pretendente verso Linette, avevo già inserito un
accenno qui, anche se breve. Una precisazione, però: Lin
non è particolarmente bella (è una ragazza abbastanza comune, nella media, ecco), perciò avrei trovato fuori posto
sfilze di spasimanti folgorati da lei. Dio mi scampi dalle
Mary Sue! O_O (E da un
Arthur stra-geloso in crisi di nervi! XD)
- Sir Duncan non è Gwaine. Quando
mi è stata fatta notare una possibile somiglianza, ci ho riflettuto (confesso di non averlo mai fatto prima. XD), ma spero
davvero che NON si somiglino, perché odio cordialmente
Gwaine e il suo comportamento. Sarà che, a suo tempo,
ce l’hanno presentato come il ‘contentino’ slashabile per l’allontanamento di Arthur da Merlin, ma a pelle
non l’ho mai digerito.
Sir Duncan è stato creato nella bozza di questa fic molto prima della terza stagione del TF edè diverso da lui,
credo. Pur essendo quello più spavaldo, non oserebbe mai mancare di rispetto ad
Arthur né prenderlo in giro come farebbe Gwaine,
fondamentalmente è solo il più allego dei tre ‘cacciatori’.
- In futuro avremo altre veggenti con i nostri eroi, questa
vecchietta, purtroppo, ha esaurito il suo compito.
Stavolta, vi metto
ben QUATTRO anticipazioni del prossimo capitolo, che è bello corposo:
“Pensi… pensi che anche a Merlin
mancasse tutto questo?” si ritrovò a chiedere il principe, con espressione
incerta. “Per questo, tarda a tornare…” da
me? “da Ealdor?”
(…)
Nell’oscurità, col cuore in tumulto, Merlin (anche se aveva
i piedi gelati) si impose di rimanere nella propria
parte, stretto sul bordo del letto.
Egli si accontentò della casacca del suo signore, che ancora
conservava vagamente il suo odore.
Non avrebbe retto ad un nuovo
contatto, sapendo che poi avrebbe dovuto privarsene.
Ma fu Arthur, incredibilmente, ad
andare a cercarlo, occupando la parte centrale del materasso fino a trovarlo,
premendoselo contro, le loro gambe intrecciate e le loro mani congiunte.
Lo stregone se ne portò una alle labbra, accarezzandola con
devozione, e poi se la strinse al cuore.
Il profumo di Arthur rimaneva impresso nuovamente sulla sua
pelle, un bozzolo caldo dove abbandonarsi fiducioso,
dove trovare rifugio.
E fu pace.
(…)
La faccia di Arthur
era una maschera imbrattata di sangue rappreso.
E, anche se Merlin sapeva per esperienza che i tagli sulla
testa sanguinavano tanto anche se non erano gravi o
profondi, egli non poté impedirsi di provare sincera angoscia e agì d’istinto,
afferrandogli il viso fra le mani, puntando il naso ad una spanna dal suo. A mezza strada tra un esame clinico e il
semplice desiderio di constatare che fosse ancora
vivo.
Arthur protestò, a disagio, poiché erano troppo vicini, ma
poi vide quanto Linette fosse spaventata
e preoccupata.
E distolse gli occhi, colpevole.
(…)
Probabilmente l’Asino Reale era più stanco e ammaccato di
quanto non volesse ammettere, perché la valletta considerò strano che egli, una volta finito in ammollo e coperto solo dai teli, fosse stato disposto a
lasciarsi lavare da lei, senza ulteriori obiezioni.
oggi è un giorno speciale, perché Linette spegne
due candeline. *O*
Ebbene sì, sono passati esattamente due anni da quando ho postato il primo
capitolo di questa storia.
Benché la trama fosse decisa fin
dall’inizio, non avevo preventivato che diventasse così lunga, ma sono felice
di dare spazio a personaggi ed eventi che, in origine, erano solo piccole
comparse.
E vorreiringraziare chi è rimasto fedele a questa fic: chi dall’inizio, chi da più
tardi; e salutare chi ha perso interesse o segue silenziosamente. Grazie per ogni commento ricevuto, per ogni consiglio
ragionato, per ogni frase d’incoraggiamento.
Non credo si
arriverà mai al terzo compleanno. Fra un anno, mi auguro di essere nel bel
mezzo del suo seguito-raccolta. Ma spero che continuerete e commentare e a sostenermi,
fino alla fine della storia. Io, da parte mia, cercherò di
continuare a dare il massimo delle mie possibilità e proverò a venirvi incontro,
per quanto possibile.
Vi voglio bene. Ely
Il seguente capitolo è il
diretto seguito del precedente e, cronologicamente, racconta dell’8°
giorno dall’arrivo alla locanda: la fine della Festa di Litha
e tutto il 9° giorno, fino a sera.
Riassunto: Merlin è abituato a salvare la vita all’Asino Reale
senza che questi se ne accorga, ma stavolta non tutto va per il verso giusto.
Colpito dall’incantesimo del malvagio Ardof, il
nostro mago farà i conti con una sconvolgente novità: egli si risveglia
trasformato in una donna.
Solo Gaius conosce il suo segreto e, finché non
troverà il modo di tornare normale, dovrà inventarsi delle scuse plausibili e prendere il posto di se stesso al servizio del principe. Come
riuscirà a conciliare questa ‘nuova situazione’? Come si evolverà il suo
rapporto con Arthur?
TheHe in theShe
(l’Essenza dentro l’Apparenza)
Capitolo LIII
“Le frittelle alle rose e sambuca, oppure la frittata al
timo e cipolle... sono deliziose e fanno parte della tradizione di questa
festa.” Spiegò Merlin, leccandosi le dita dopo l’ultimo boccone.
“E’ un mondo che mi è completamente oscuro.” Ammise il
principe, assaggiando l’ennesima frittella che la signora Rosyaveva lasciato loro come provvista personale – per i miei sposini preferiti!, aveva
specificato.
“Confesso che mi destabilizza alquanto.
Come prima, vedere i salti nei fuochi, le danze propiziatorie oppure il rito
delle mani nel catino... per te, invece, tutto questo è normale. Persino la magia lo è!” considerò, con
uno sforzo visibile.
“Beh... questa è la mia terra natale.”
Riconobbe il servo. “Fin da che ero in fasce, ho assistito a cose come queste.
Il villaggio si animava a festa, anche se in toni più pacati
di qui.”
“Ma a Ealdor,
per esempio, la magia non è praticata.” Le appuntò.
Linette si rabbuiò.
“Ealdor è un paese di frontiera
con Camelot, e la gente teme
la collera di re Uther. Sa che Cenred
non verrebbe a salvarli, se fossero sorpresi a compiere magie sul confine dei
regni.
Ma pregano la Dea e compiono devotamente i riti e le
purificazioni per il raccolto, e per il bestiame.”
“Ti manca il tuo paese?” le chiese Arthur, a bruciapelo.
Lo stregone gli fece un sorriso tirato.
“La fame? La povertà? Le razzie? Le leggi ingiuste di re Cenred?” elencò,
retorico. “No, assolutamente
no. Ma a volte sento la nostalgia del
silenzio. Delle sere quiete attorno al fuoco a chiacchierare.”
Ammise, rivelandogli uno dei suoi più segreti bisogni.
Merlin non aveva mai
sentito la mancanza di Ealdor, visto
che laggiù non era mai stato amato dai suoi compaesani, ma un po’
sentiva il rimpianto della vita semplice contadina, come lì, dove le feste non
erano state bandite per ordine del sovrano, dove poter passare la notte a
vedere le stelle in silenzio. Dove sua madre gli preparava piatti umili ma
fatti con amore, e lo abbracciava con affetto e calore.
A Camelot c’era troppo fermento, un ritmo caotico che
obbligava tutti ad adeguarsi ad esso. Non c’era mai tempo per riposarsi, per
gustarsi un tramonto, o per godersi la vita.
“Pensi… pensi che anche a Merlin
mancasse tutto questo?” si ritrovò a chiedere il principe, con espressione
incerta. “Per questo, tarda a tornare…” da
me? “da Ealdor?”
“No, Arthur.” Lo rassicurò Lin. “O forse… solo un po’.
Ma ormai è Camelot che lui
sente essere la sua casa.” E il giovane Pendragon le sorrise con sollievo, grato di quella risposta.
Quando fu sul punto di aggiungere altro, l’oste s’intromise
fra loro, avvisandoli che la loro comitiva era in partenza per il ritorno alla
locanda e che, se avessero voluto accorciare la strada attraverso i campi,
avrebbero dovuto seguirli, per non perdersi.
Ad un cenno affermativo del
principe, l’uomo gli consegnò una delle torce che teneva in mano e la accese
prendendo la fiamma dalla propria.
***
Benché fossero entrambi parecchio stanchi, e la serata fosse
stata alquanto dispendiosa di energie, quando venne il momento di andare a
letto, dopo essersi cambiati per la notte, sotto alle coperte,
si accorsero entrambi che il sonno mancava.
Forse era colpa dell’energia che ancora scorreva loro in
corpo, figlia dell’euforia dei festeggiamenti, ma venne spontaneo mettersi a
chiacchierare su ciò che avevano appena condiviso.
“Ti sei divertita alla festa?”
“Sì, molto. E’
stata una delle notti più belle della mia vita!” ammise il mago, perché
francamente era vero – quella sarebbe
stata una serata indimenticabile – e, con la magia ancora attiva in lui,
era meno doloroso pensare al resto. “Grazie di avermi accompagnata!”
gli disse, con un’espressione riconoscente e la voglia di abbracciarlo d’impulso.
“Basta che tu non vada a raccontarlo in giro...” borbottò il nobile, per darsi un contegno. “Anzi... è
meglio se dimentichiamo tutto...” suggerì, prudente,
con il timore che, chissà casomai, suo
padre lo venisse a sapere. “Io dimenticherò, dimentica anche tu.”
Lo stregone nascose un sorriso triste, ma
Arthur non poteva sapere quanto
avesse già scordato di quello che aveva vissuto solo poche ore prima.
Il resto, lo avrebbero realizzato i suoi incantesimi.
Recitati una volta al giorno, fino al ritorno a Camelot, essi avrebbero fatto sì che tutta quell’avventura
assumesse presto dei contorni sfumati, come un viaggio nel dormiveglia, dove le
cose si trascuravano in fretta.
Egli invece avrebbe conservato ciò che poteva sopportare, ciò che gli era caro, seguendo il suo
proposito stabilito, in precedenza, alla festa.
Quello che Merlin non
poteva ancora conoscere era che il suo piano, prima del suo compimento, si
sarebbe scontrato con l’imprevedibilità del Fato che ne avrebbe alterato il
risultato.
“Ho una curiosità da soddisfare, prima di dimenticare.” Riprese Arthur, distraendolo.
“Ditemi...” lo incitò, benevolo.
“Le usanze di Litha sono sempre
uguali ovunque si vada?”
“Nell’essenziale dei Riti, sì. Ma esistono diverse varianti da villaggio a villaggio.
Le terre di re Cenred sono molto
vaste e le regioni del suo regno-”
“Stai forse insinuando che il suo è più grande del mio?!” l’interruppe il nobile, oltraggiato.
“Oh, no. Il suo è grande,
il vostro è enorme!” scherzò Merlin,
fingendosi serio. “Anzi, quello di vostro
padre è enorme!”
“Cosa c’entra mio padre?!” s’indispettì
l’erede al trono.
“Beh, un giorno sarà vostro…” gli appuntò, chiedendosi se il
discorso non vertesse su qualcosa che gli era sfuggito. “Ma
per ora è suo.”
Arthur mugugnò un verso di malcontento, ripetendo che il
regno di Cenred era di dimensioni più piccole del suo, e che aveva le carte reali a dimostrarlo. E che se lei non ci credeva, era una
traditrice, una serpe in seno.
Linette rise di quell’accusa,
facendogli notare l’assurdità della cosa.
“E’ innegabile e risaputo che le mie
origini provengono da qui, anche mio
cugino Merlin è di qui.
In pratica, eravamo sudditi di re Cenred,
prima di capitare a Camelot.”
“Quindi, in pratica, sono andato a letto con il nemico!” considerò Arthur,
indicando loro due scandalosamente vicini.
Il mago, anziché arrossire, rise ancor di più. “Se avessi
voluto uccidervi, credetemi, l’avrei fatto il giorno stesso del mio arrivo al
castello!”
“Ma tu non sei capace di uccidere
neppure una mosca!” aveva obiettato il principe. “Piagnucoli persino se
calpesti una formica!” la canzonò “e anche Merlin, che ha il cuore troppo
tenero e fa tutte quelle storie quando andiamo – andavamo,” si corresse, a malincuore “a
caccia.”
Lo stregone si rabbuiò pensando che invece aveva ucciso, eccome. L’aveva fatto per difendersi,
per necessità, per salvare Arthur. MaNimueh e poi altri malvagi
stregoni, dopo di lei, erano periti incrociando la sua strada.
“Ah!,Lin-Lin?”
“Sì, Arthur?”
“Sai? Potremmo invitare quel
cantastorie a Camelot,
dovrebbe arricchire il suo repertorio sulla mia magnificenza!” propose l’erede
al trono, rispolverando la vecchia boria.
Merlin ghignò, ma non infierì e gli diede corda.
“Peccato non l’abbiate fatto…” considerò. “Domani sarà già
ripartito e forse non lo rivedremo mai più…”
“Non riconoscerei la scorciatoia fra i campi… ed è notte
fonda.” Si rammaricò. “Anzi, tra un po’ arriverà l’alba e dovrò andare al
cantiere del ponte a lavorare. Proviamo a dormire.” Le suggerì, rassegnandosi
all’occasione perduta, sprimacciando il proprio cuscino e soffiando sulla
candela posata nel proprio comodino. “Buonanotte.”
“Anche a voi...” gli augurò il
servo, imitandolo, ben sapendo che in realtà non sarebbe riuscito a prender
sonno, con quel nuovo tormento che si alimentava del silenzio.
Nell’oscurità, col cuore in tumulto, Merlin (anche se aveva
i piedi gelati) si impose di rimanere nella propria
parte, stretto sul bordo del letto.
Egli si accontentò della casacca del suo signore, che ancora
conservava vagamente il suo odore.
Non avrebbe retto ad un nuovo
contatto, sapendo che poi avrebbe dovuto privarsene.
Ma fu Arthur, incredibilmente, ad
andare a cercarlo, occupando la parte centrale del materasso fino a trovarlo,
premendoselo contro, le loro gambe intrecciate e le loro mani congiunte.
Lo stregone se ne portò una alle labbra, accarezzandola con
devozione, e poi se la strinse al cuore.
Il profumo di Arthur rimaneva impresso nuovamente sulla sua
pelle, un bozzolo caldo dove abbandonarsi fiducioso,
dove trovare rifugio.
E fu pace.
***
Mancava poco al tramonto di quel nono giorno alla locanda, e
presto anche gli uomini avrebbero fatto ritorno dal ponte in costruzione, dopo
aver sospeso i lavori per quel dì.
Tuttavia, quando di lontano si sentì uno strepito e dei
cavalli lanciati al galoppo, le donne in attesa nella sala uscirono tutte per
vedere cosa fosse in avvicinamento.
Uno dei carri, su cui i manovali avevano trasportato il
materiale di costruzione, si arrestò di colpo davanti all’entrata della
taverna.
Fu con stupore che Merlin realizzò l’identità degli unici
occupanti: il principe e i suoi tre cavalieri, che lo aiutarono a scendere,
sostenendolo, mentre lui zoppicava vistosamente, tutto
sporco e lacero.
Sgomitando fra le altre signore presenti, Linette riuscì a raggiungerli, trattenendo a stento la
preoccupazione e un nodo nello stomaco, constatando
che il suo sire appariva persino più malconcio che da una prima occhiata di
lontano.
La faccia di Arthur
era una maschera imbrattata di sangue rappreso.
E, anche se Merlin sapeva per esperienza che i tagli sulla
testa sanguinavano tanto anche se non erano gravi o
profondi, egli non poté impedirsi di provare sincera angoscia e agì d’istinto,
afferrandogli il viso fra le mani, puntando il naso ad una spanna dal suo. A mezza strada tra un esame clinico e il
semplice desiderio di constatare che fosse ancora vivo.
Arthur protestò, a disagio, poiché erano troppo vicini, ma
poi vide quanto Linette fosse spaventata
e preoccupata.
E distolse gli occhi, colpevole.
“E’ solo fango e qualche graffio.” Sminuì.
“Non me ne importa un accidente! Asino
che non siete altro! E’ mai possibile che, se vi
lascio solo un po’, voi vi facciate male?!” lo sgridò
il mago, con l’autorità che gli veniva data dall’agitazione provata.
“Lin, smettila. Stiamo
dando spettacolo!” sussurrò allora il principe, con tono urgente e infastidito.
“Non me ne importa!” ringhiò Merlin, nuovamente, incurante
degli altri presenti, infischiandosene anche dei cavalieri e di ciò che
avrebbero potuto dire. “E non è possibile
che non siate capace di restare sano per più di mezza luna!” sbottò, ispezionando
il suo stato con un controllo superficiale.
La casacca del nobile
era tutta sbrindellata, s’intravvedevano persino le vecchie cicatrici – quelle
del Torneo e quelle prima di esso – mescolate a quelle nuove. Anche i pantaloni
erano strappati in più punti e si scorgevano delle macchie di sangue secco e lividi che si andavano allargando.
“Accompagniamolo dentro!” s’intromise la locandiera, con
buonsenso, affiancandoli.
Ad un cenno d’assenso di entrambi,
i tre nobili di Camelot si riavvicinarono al loro
Comandante, per sorreggerlo nel percorso.
Mentre il principe veniva fatto
sedere su una seggiola e gli veniva offerto da bere, Merlin pretese di sapere
cosa gli fosse accaduto.
“E’ colpa del terreno fangoso,”
dichiarò Arthur, prontamente, intanto che con una pezzuola veniva ripulito alla
meno peggio dalla sua valletta. “Sono scivolato trasportando una trave.”
Ma intervenne Sir Martin, convinto che dire
la verità fosse la cosa migliore per il bene del suo signore.
“Ero con lui quando è successo.” Premise. “E’ ruzzolato giù
dalla riva, fin quasi all’argine.” Rettificò, lanciando a Linette
uno sguardo significativo. “Perché la sua caviglia ha
ceduto.” Il nobile preferì ignorare l’espressione furiosa del principe e attese
il responso dell’assistente del medico di corte.
“Càpita. L’avete forzata troppo!” fu il rimbrotto
della fanciulla, direttamente rivolto all’Asino che
aveva davanti. “Io non sono Gaius,
ma vi darò un’occhiata. Forse ci sarà bisogno anche di qualche punto.” Considerò, scrutando con attenzione i tagli fra i capelli
e sulle tempie.
L’aristocratico Babbeo sbuffò il proprio malcontento e si
rassegnò a quell’ispezione.
“Signora Rosy!” chiamò allora il mago, rivolgendosi
all’ostessa. “Mi servirebbe del miele, una pinza per togliere le schegge di
legno e del filo di seta, se ne avete.”
Ottenuto ciò di cui aveva bisogno, ordinò ai cavalieri di
trascinare Arthur di sopra e se lo fece affidare in consegna, giusto sulla
soglia della loro camera – che almeno fosse risparmiato loro di dover rivelare
che avevano condiviso, e condividevano, persino il letto.
“Appena avrò finito, vi informerò
sulle sue condizioni.” Promise, prima di sbattere loro la porta in faccia senza
troppi preamboli.
“E adesso cerchiamo di darvi una ripulita!” sfogò Linette, imbronciata per nascondere lo spavento, una volta
che furono rimasti soli e Arthur si reggeva a stento
sul canterano.
Evidentemente la caviglia duoleva
al principe più di quanto egli non volesse dare a
vedere, perché non protestò, quando ella gli strappò la tunica di dosso – era
ridotta così male che sarebbe stata inservibile a qualunque scopo diverso
dall’essere uno straccio – e si mise a tastare la sua pelle martoriata in vari
punti del corpo.
La ferita peggiore era sulla scapola. Dalla caduta, si era procurato una brutta abrasione sulla spalla sana (quella che
era sana fino a quel mattino) e
c’erano dei pezzetti di legno conficcati dentro da estrarre e andava ricucito,
forse.
“E’ una fortuna che io abbia già acceso il
focolare! Il bagno è quasi pronto!” gli comunicò,
annuendo alla volta del paiolo in cui verosimilmente l’acqua ribolliva. Poi
lo lasciò in pace qualche istante, per riempire la tinozza.
In realtà, lo stregone versò il contenuto del calderone
ancora gelido e con un incantesimo sussurrato
sottovoce rese l’acqua della temperatura e della quantità giusta.
In un secondo tempo, prima che l’erede al trono si denudasse
completamente, Linette gli passò due teli di lino,
intimandogli di usarli per coprirsi.
Arthur, che non voleva collaborare, ovviamente si mise a borbottare il suo vivace dissenso.
“Devo ripulirvi le lesioni sulla testa e
anche sulla spalla. Potrebbero infettarsi, c’è dentro del
fango e chissà cos’altro!” tuonò il mago, con lo stesso cipiglio che avrebbe
usato Gaius, se fosse stato presente. “E ora
cambiatevi!” gli comandò, sollevando la tenda per facilitargli il passaggio,
mentre l’altro zoppicava. “Anche le ginocchia vanno
controllate. Saranno tutte scorticate!” profetizzò,
come una madre con un figlio discolo e particolarmente scapestrato.
“Penso di potermi arrangiare…”
“Non se ne parla neppure!” tagliò corto il servo.
“Linette.
Non tirare la corda.” L’ammonì il
cavaliere. “Riesco ad arrangiar-” ma una fitta improvvisa e inattesa lo zittì,
mentre una smorfia di dolore gli deformava il volto.
E così Merlin lo sostenne fino allo sgabello su cui lo fece
sedere. Risistemò poi il paravento di stoffa e attese al di
là di esso il permesso di riapparire.
“Non provate ad entrare da solo!”
lo prevenne, anticipando il pensiero di Sua Maestà.
Il ringhio basso di Arthur gli fece capire, con
soddisfazione, che aveva indovinato le sue intenzioni.
“Posso venire, adesso?”
“Devi proprio?” rispose però il principe, ritroso. “Oh, dannazione,
avanti!” cedette infine.
“Fingete che io sia Merlin!” suggerì l’ancella, spazientita,
ricevendo un lungo sguardo dal nobile.
“Ti manca decisamentequalcosa per essere come Merlin!” le
appuntò, facendosi aiutare mentre scavalcava il legno della vasca.
“Lo stufato di ratto?” buttò là il mago, per non dargliela
vinta e il principe, suo malgrado, capitolò con un
sorriso sconfitto.
Probabilmente l’Asino Reale era più stanco e ammaccato di
quanto non volesse ammettere, perché la valletta considerò strano che egli, una volta finito in ammollo e coperto solo dai teli, fosse stato disposto a
lasciarsi lavare da lei, senza ulteriori obiezioni.
Questo, ad ogni buon conto, permise
allo stregone di ripulire al meglio le escoriazioni del nobile Babbeo che si
trovavano nella parte alta del suo corpo.
Osservando a lungo il taglio sulla tempia, che tanto aveva
sanguinato, egli valutò se fosse il caso di mettere alcuni punti.
“E’ tanto brutto?” si sentì chiedere.
“Probabilmente vi rimarrà la cicatrice.” Si
rammaricò. “E’ stato un sasso?”
“Sì.” Ammise il cavaliere. “Bello
grosso.”
“Vi è andata bene. I colpi in testa possono essere mortali!
Potevate passare a miglior vita!” lo sgridò, mentre lo spavento riaffiorava,
dopo lo scampato pericolo. “Ma tanto voi avete una regale testa di legno!” l’insultò. “Ed è vuota
come-”
“Linette.”
La interruppe Arthur,
chiamandola, condensando in quell’unica parola un rimprovero e una rassicurazione.
“Mph.” Sbuffò il mago, prendendosi
anche il tempo di lavargli i capelli, massaggiandogli la cute e disfacendo i nodi delle ciocche aggrovigliate.
“Ti muovi come lui.”
“Co-cosa?” Lin
ansimò, sperando di aver frainteso.
“Fai gli stessi movimenti di Merlin.” Annotò il principe,
allungando il collo all’indietro per guardarla da sotto in su.
“Ma non è vero!” proruppe ella,
agitandosi.
“Sì, lo è.”
Insistette il nobile. “Parti dalla nuca e vai verso destra, poi torni indietro e
risali a sinistra, fino alla tempia ed è allora che le mani si muovono in
circolo.”
“Beh, sarà un caso!” si difese. “E poi come fate a ricordare
come vi lavava i capelli mio cugino?!”
“Perché mi piace. E gliel’ho
insegnato io.”
Troppo tardi lo stregone rammentò di quella loro litigata,
uno dei primissimi giorni al suo servizio, e dell’Asino che strepitava qualcosa
sul fatto che la sua incapacità l’avrebbe reso calvo.
“Non dirmi che Merlin ti ha insegnato anche questo, perché non ti crederei.” La prevenne,
con tono leggero, ma sguardo attento.
… Con che scusa si
sarebbe salvato, adesso?
Continua...
Disclaimer:I
personaggi di Merlin, citati in questo racconto, non sono miei; appartengono
agli aventi diritto e, nel fruire di
essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.
Ringraziamenti:
Un abbraccio a Tao, che sopporta i
miei scleri. X3
E a Mika, che mi coccola col suo entusiasmo!
Note: Le
frittelle alle rose e sambuca e la frittata al timo e cipolle, di cui si fa
accenno, sono realmente cibi ancor oggi usati per celebrare Litha.
Per ulteriori riferimenti, vi rimando alle note dei
cap. precedenti.
La discussione sulla grandezza
dei Regni (e i suoi sottintesi) la lascio a vostra interpretazione
personale… ^_=
Merlin crede che conserverà i suoi ricordi su Litha per sempre, in realtà succederà presto un evento
inaspettato che… ops! Non posso spoilerarlo!
XD
Ealdor: è un discorso complesso sull’uso magia o meno. I compaesani temevano Merlin, però
quando lui li ha salvati nella puntata 1x10, lo accettano quasi.
Dalle parole di Hunith, si può
capire che le cose e le persone diverse, le stranezze (e quindi anche Merlin e
il suo Dono), li spaventano e loro sospettano e diventano ostili; per questo,
sua madre manda Merlin da Gaius a Camelot.
Credo di averlo già detto in precedenza, ma il miele serve
per prevenire le infezioni come ci insegna la puntata 3x04 “Galvano”, e il filo
di seta lo chiede anche Gaius per ricucire il futuro
cavaliere.
Lo stufato di ratto è un rimando alla puntata 1x11 “Il labirinto
di Gedref”.
Precisazioni al
capitolo precedente e domande varie: (a random)
- Ragazze, vorrei rassicurarvi su una cosa: non dovete
scusarvi per la brevità dei commenti! A me fa sempre piacere sapere cosa ne
pensate del capitolo letto, ma non dovete per forza scriverci un tema.^_^
Mi piacciono anche i commenti in tempo reale! *_* e pure gli
scleri, non fatevi problemi a dirmi quello che il
capitolo vi ha trasmesso!
- “La parte delle dichiarazioni d’amore è volutamente
troppo zuccherosa.
Non so, spero che si senta che è un po’ ‘artificiosa’, perché è frutto di un incantesimo e quindi
‘costruita’.”
Credo che le mie parole siano state un po’ fraintese, e
cercherò di spiegarmi meglio: so che una dichiarazione del genere era
pienamente ‘medievaleggiante’
(passatemi il termine XD) e quindi consona fra due innamorati, tanto più che il
principe conosce i Manuali d’Amor Cortese (come
abbiamo già appurato).
Quello che io intendevo dire, invece, era questo: per il
tipo di rapporto che lui e Linette hanno in quel
momento, si sentiva la forzatura di ciò che lui diceva. Più che altro, si
sentiva che era ‘sbagliato e stonato’. Se fossero già una coppia dichiarata e
innamorata, non avrei avuto nulla da eccepire.
Come Merlin, di fronte a quelle frasi, anche il lettore avrebbe
dovuto sentire che qualcosa non andava, non
sarebbe stato spontaneamente ‘da
Arthur’ fare così e dire quelle cose.
Questa dichiarazione però, nei suoi intenti, non è solo quel che
sembra. E non dirò di più, mi dispiace. Dovrete pazientare ancora un po’.
- Purtroppo sì, la doccia fredda l’ha avuta Arthur, ma anche
il lettore. XD Quello che si è fatto più male è Merlin, però.
U_U
Diciamo che è una specie di ‘prova generale’ di come sarà.
XD
- Ho cercato di impostare le azioni dal POV di Merlin, perché
è su di lui che siamo concentrati, sui suoi sentimenti finalmente rivelati.
Anche se Arthur vede Linette, Merlin sente quella
dichiarazione per sé. Come se fosse
rivolta a lui.
Per ora, abbiamo solo lo slashonesided (Merlin è in un corpo di donna, ma rimane fondamentalmente
un maschio), con un po’ di pazienza arriveremo allo slash
vero. Del resto, ho sempre detto che, in questa fic,
il merthur deve necessariamente passare per Linette, nel bene e nel male…
- Se Merlin avesse raccontato ad Arthur tutto quello che ha
osato fare (e toccare XD) sotto incantesimo, avrebbe
avuto un principe stecchito sulla coscienza! XD
- Non si saprà mai, con certezza, perché è accaduto tutto
questo. Come ha ipotizzato Merlin, ci sono tre possibili spiegazioni e lascio ad ognuna di voi la scelta di quale considerare la migliore.
- Perché non possono vivere felici e contenti? Perché è troppo
presto! XD
- Non avevo mai ricollegato Rosy ai personaggi di shakespeariana
memoria; non volevo scomodare il buon, vecchio Will, ma
grazie di avermi offerto il paragone. ^^
- Sì, la magia (che è parte di Merlin) cambia con lui.
Quando lui era euforico, anche lei lo era. Quando lui si lascia rapire dalla
sensualità della vicinanza di Arthur, anche la magia ruggisce con lui, nelle
sue vene. Infine, quando è dolore ciò che prova, egli chiede alla
magia un po’ di consolazione. E io me la sono
immaginata come un abbraccio caldo, come un grosso cane fedele che si accuccia
ai tuoi piedi semplicemente a ricordarti che non sei solo… ok, sono impazzita,
ma era questa l’immagine che mi raffiguravo! XD
Vi metto ben TRE anticipazioni
del prossimo capitolo:
“Le vostre ginocchia non guariranno da sole, sapete?”
“Me le controllerò da solo.” Rese noto,
drappeggiandosi i teli come una solerte dama con un nuovo e costosissimo
vestito.
Merlin grugnì un rantolo di nervosismo. “Se non le tirate fuori entro mezza tacca di candela, giuro che infilerò io le mani nella tinozza e cercherò a caso!”
“NO!” ansimò il nobile, spalancando bocca e occhi. “Non
oserai faro!”
“Oh, sì che lo farò.”
Lo contraddisse la valletta. “E ne ho tutta l’intenzione, se non collaborerete
spontaneamente con me.”
(…)
“Avete forse litigato?” chiese quindi la padrona,
intromettendosi fisicamente tra gli sposi, porgendo loro i rispettivi piatti.
“No, perché?” s’inalberò il principe, mettendosi in allerta.
“Oggi non vi si vede tubare…”
insinuò la locandiera.
E il giovane Pendragon, di
sottecchi, lanciò un’occhiata ai suoi uomini, sperando che per un qualche miracolo fossero magari divenuti momentaneamente sordi e non l’avessero sentita, ma dalle
loro facce capì che nessuna grazia
sovrannaturale era accaduta.
(…)
“Prima si mangia, e poi si amoreggia!” brontolò Rosy,
ricomparendo alle loro spalle con un cesto del pane che aveva dimenticato.
“Altrimenti il mio pranzo si raffredda!” si lagnò, materna. “Ah! Questi giovani
d’oggi! Non hanno in mente altro che l’amore e vivono
sulle nuvole!”
Fu a quel punto che i tre cavalieri scoppiarono a ridere,
ignorando l’imbarazzo del principe e della valletta reale, perché quella donna
era diabolicamente adorabile.
Infine vi invito a leggere, se vi
va, l’ultima fic che ho postato: la letterina
natalizia dei desideri di Arthur: “Caro Babbo Natale”.
Campagna di Promozione
Sociale - Messaggio No Profit:
Dona l’8‰
del tuo tempo alla causa pro recensioni.
Farai felice
milioni di scrittori.
(Chiunque voglia
aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio
crede) Come sempre, sono graditi commenti,
consigli e critiche.
Mi scuso
del ritardo. Tre settimane di attesa sono troppe. Cercherò di postare il
prossimo aggiornamento più celermente. Nel frattempo, potete ingannare l’attesa
con altre fic su Merlin che sto postando alternandole
a questa.
SPOILER FREE: Come l’anno scorso, sento doveroso
fare una precisazione. Dopo aver visto tutte le puntate della quarta stagione e
dopo aver letto tutti gli spoiler generali in circolazione, ricordo a tutti che
questa storia NON contiene/conterrà alcuno spoiler; e
che eventuali coincidenze con
la quarta serie sono appunto casuali coincidenze.
Il seguente capitolo
è il diretto seguito del precedente e, cronologicamente, racconta del 9° giorno
dall’arrivo alla locanda, alla sera, e riassume i
giorni di permanenza fino al 13°.
Riassunto: Merlin
è abituato a salvare la vita all’Asino Reale senza che questi se ne accorga, ma
stavolta non tutto va per il verso giusto. Colpito dall’incantesimo del
malvagio Ardof, il nostro mago farà i conti con una
sconvolgente novità: egli si risveglia trasformato in una donna.
Solo Gaius conosce il suo segreto e, finché non
troverà il modo di tornare normale, dovrà inventarsi delle scuse plausibili e prendere il posto di se stesso al servizio del principe. Come
riuscirà a conciliare questa ‘nuova situazione’? Come si evolverà il suo
rapporto con Arthur?
Confesso che sono un po’ dispiaciuta per il calo di commenti negli
ultimi capitoli, ma mi consola sapere che, almeno per chi ha commentato, la
storia finora continua a piacere.
Capitolo dedicato a chi ha recensito
il precedente:
E a quanti commenteranno (SE vi
va di recensire anche dei capitoli più indietro di questo, il vostro parere non
andrà perduto!).
Ai vecchi e ai nuovi lettori.
Grazie.
TheHe in theShe
(l’Essenza dentro l’Apparenza)
Capitolo LIV
“Non dirmi che Merlin ti ha insegnato anche questo, perché non ti crederei.”
Quell’affermazione galleggiò nello spazio fra loro,
picchiettando dolorosamente sul cuore impazzito del mago.
Egli vagliò in fretta tutte le possibili risposte, cercando
– per quanto possibile – di mascherare la sua angoscia
e la sorpresa.
Come aveva fatto ad essere così sprovveduto?
“Allora?” l’incalzò il principe,
pungolando il suo silenzio.
“Non… non ho niente da dire.” Ammise infine la valletta.
“Questa… questa vostra affermazione mi ha alquanto stupita…
ecco.” Confessò, sotto l’esame
attento del suo signore.
“Quindi è solo una coincidenza?” insinuò il nobile,
sollevando un aristocratico sopracciglio scettico. “Merlin non ha-”
“Ovviamente!” s’animò la fanciulla.
“No, non l’ha fatto. Vi ripeto che si tratta solo di una casualità!” si difese,
inalberandosi. “D’altra parte è… è la
prima volta che vi lavo i capelli! Come avrei potuto saperlo?”
“Vedi… La ritengo una cosa strana, perché in vita mia ho cambiato diversi valletti, ma neppure
uno di loro ha mai agito alla stessa maniera di un altro.”
“Questo perché, prima di mio cugino, nessuno di essi è
durato a sufficienza al vostro servizio!” gli appuntò. “Perciò non potevate
scoprirlo!”
Arthur assorbì le rimostranze di lei,
analizzandole. Ed infine sbuffò, cedendo.
“Tanto meglio. Mi eviti la fatica di spiegartelo. Per stasera,
in via eccezionale, ti concederò di
lavarmi i capelli.”
Merlin, dietro le sue spalle, fece un’espressione
ironicamente rassegnata – assieme ad un lunghissimo sospiro mentale di sollievo
– e riprese da dove aveva interrotto, mentre Sua Maestà si rilassava godendosi
le cure che gli stava dedicando.
***
“Per cortesia, ora sollevate una gamba alla volta e poggiate
il piede sul bordo del-”
“No!” guaì Arthur, sprofondando per contro un po’ più nella
vasca.
“Le vostre ginocchia non guariranno da sole, sapete?”
“Me le controllerò da solo.” Rese noto,
drappeggiandosi i teli come una solerte dama con un nuovo e costosissimo
vestito.
Merlin grugnì un rantolo di nervosismo. “Se non le tirate fuori entro mezza tacca di candela, giuro che infilerò io le mani nella tinozza e cercherò a caso!”
“NO!” ansimò il nobile, spalancando bocca e occhi. “Non
oserai faro!”
“Oh, sì che lo farò.”
Lo contraddisse la valletta. “E ne ho tutta l’intenzione, se non collaborerete
spontaneamente con me.”
Arthur si chiese, inorridendo, come si fosse arrivati fino a quel punto. Neanche due stagioni prima,
avrebbe vissuto la stessa scena con il suo servo (disertore) idiota e l’avrebbe
risolta facilmente spedendolo alla gogna. Perché
con lei era sempre una battaglia persa?
“Sentimi bene,Linette.” Calcò sul nome come un
monito. “Forse ti sei calata un po’ troppo nella parte della moglie premurosa,
ma io ti ordino di-”
“Nah!” l’interruppe
lo stregone, zittendolo con un dito teso davanti al naso. “Il re mi ha
comandato di prendermi cura di voi e i suoi voleri hanno la precedenza…”
ghignò, sapendo che stava vincendo.
“Dannata leccapiedi zelante!” borbottò il principe.
“E’ solo per il vostro bene.” Sorrise il mago, nient’affatto
offeso per l’ingiuria. “E ora su, sto per immergere le mani…” lo avvertì,
mimando il gesto di sfiorare l’acqua e Arthur, prontamente, fece sbucare un
piede che l’altro afferrò.
“Avevo ragione, c’è del brecciolino sottopelle e anche la vostra caviglia si è
gonfiata, dovremo metterci un impacco di erbe decongestionanti. E fare
di nuovo riposo.” Deliberò, facendo le veci del suo mentore, controllando
scrupolosamente anche l’altro arto che gli veniva
offerto controvoglia.
L’erede al trono ricambiò con una smorfia insofferente, più
per la pausa forzata a cui avrebbe dovuto sottoporsi,
che per il dolore immaginato per l’estrazione dei sassolini sottocute.
Terminata l’ispezione e ciò che gli
era concesso di fare, Linette fece un passo indietro.
“Riuscite a risciacquarvi da solo il resto?”
“Certo che ci riesco!” s’era
indignato il principe, riscomparendo celermente
sott’acqua per quanto poteva. “Non mi hai ancora legato al letto!”
“Mmm… potrebbe essere un’idea…”
Merlin finse di pensarci su. “Così forse riuscirò a
portarvi a casa intero!”
Ma Arthur non ebbe modo di replicare, poiché un discreto
bussare s’intromise fra loro e l’ancella andò ad
aprire.
“Ho pensato che potrebbe servirvi.” Abbozzò la locandiera,
porgendole un grosso candelabro a cinque braccia. “Per illuminare meglio
l’operazione.”
“Vi ringrazio della gentilezza.” Sorrise il mago,
riconoscente.
“Come sta?” domandò la donna, dalla soglia, annuendo alla
volta della tenda, senza nascondere la sua preoccupazione sincera.
“Non è nulla di grave.” La rassicurò. “Si è solo ammaccato e
sbucciato.”
“Oh, grazie al Cielo!” sospirò l’ostessa, visibilmente
sollevata. “Andrò subito ad informare i tre giovanotti
di sotto! Mi stanno consumando il pavimento dall’ansia!” le
confidò, ridacchiando.
Solo allora Merlin rammentò la propria promessa ai cavalieri
e si sentì in colpa nei loro confronti.
“Lasciate che venga anch’io, vorrei ringraziarli per aver
soccorso mio marito.”
“Ah, bene! Allora io vado ad occuparmi della cena! Se vi servisse
altro, non avete che da chiedere!” offrì, gentilmente, scomparendo nel
corridoio.
Lo stregone la guardò andar via, considerando fra sé che
Rosy era davvero una brava persona. Poi rientrò brevemente nella camera e
informò il principe che si sarebbe recato dai suoi uomini per un ragguaglio,
mentre egli terminava da sé il bagno.
Arthur ovviamente non obiettò, ben felice di porre fine a
quella situazione imbarazzante.
Anche se – ahilui! – non aveva
fatto i conti con la medicazione a cuiLinette lo avrebbe sottoposto e in cui sarebbe rimasto
indecentemente svestito.
Coperto da un solo telo, stavolta asciutto, alla luce del
candelabro e di tutte le candele disponibili, egli sopportò con stoica
rassegnazione l’operato della propria valletta,
ritrovandosi alfine cosparso di miele più
di una fetta di pane a colazione da Morgana.
“E’ per combattere le infezioni!” aveva spiegato la
valletta, abbondando, mentre spalmava
il composto vischioso, dopo averlo ricucito come
ad una lezione di ricamo.
“Hai saccheggiato un intero alveare?” fu il borbottare del
principe, che tuttavia non poté sottrarsi alle sue cure.
Merlin rise della sua battuta malcontenta, ricordandogli che
dopo il torneo era stato impiastricciato da capo a piedi con pomate
puzzolenti e untuose, e che il miele era un salto di qualità di cui
avrebbe dovuto ringraziare. E tanto bastò a zittire l’aristocratico Somaro, almeno fino a che...
“Non avete abrasioni anche sotto al drappo,
vero?” pretese di sapere la serva, con le mani imbrattate ferme a mezz’aria.
“NO!” latrò il nobile Asino, stringendo i lembi nel dubbio
che lei tentasse una sortita a tradimento. “E’ tutto- tutto regolare.” Chiarificò. “Sano e salvo.” Calcò, per consolidare il
concetto. “Non mi servono più i tuoi servigi.” Le rese noto.
Merlin sbuffò, pulendosi le dita sporche su di un panno.
“Come desiderate.” Accondiscese, bendandolo con spessi
strati come uno di quei re morti, vissuti in mezzo alla sabbia, di cui Gaius gli aveva parlato una volta. “Ora potete rivestirvi,
mentre io scendo a prendervi qualcosa da mangiare.”
Arthur fu ben felice di coprire le proprie
pudenda, mettendo al sicuro i gioielli di famiglia e il suo nobile didietro scolpito che, grazie al
Cielo, non si era scorticato nella vergognosa caduta.
Probabilmente, nel sacro terrore di farsi trovare con le
braghe calate, egli aveva stabilito un nuovo primato di velocità, e si era
perfettamente rivestito con ciò che ella aveva
approntato sul letto, prima ancora che Lin facesse
ritorno con il loro vassoio.
“I vostri cavalieri vi recano i loro omaggi.” Gli rese noto l’ancella. “E sono partiti per raggiungere il loro
accampamento. Torneranno domattina, anche se voi non parteciperete al cantie-”
“E chi ti dice che non ci andrò?!”
sbottò egli, sul piede di guerra.
“Dovete fare riposo. Non potete
camminare.” Gli annotò il mago, come se fosse ovvio.
“Posso salire sul carro e sovrintendere ai lavori!”
“Non domani.” S’impuntò lo stregone. “Altrimenti giuro che
vi legherò sul serio al materasso mentre state dormendo.”
“Ti accordo un solo
giorno di riposo.” Concesse il principe, come se fosse stata la sua serva
ad averne bisogno e non egli stesso.
“Grazie per la vostra magnanimità, Mio Signore.” Ironizzò Lin, con un inchino.
***
Alla fine, Merlin era riuscito a strappare al nobile Somaro
ben due giorni di tregua forzata, al termine dei quali il Babbeo Reale non aveva
voluto sentir ragioni e si era aggregato al gruppo di operai, benché non
potesse essere, effettivamente, d’aiuto in nulla.
“Non avrete rubato le stampelle al fratello zoppo della
locandiera!” lo accusò Linette, allorché
lo vide, claudicante, trascinarsi furtivamente dal salone verso l’uscita,
sostenuto da due grucce. “Dove credete di andare?!” lo
rincorse.
Arthur le lanciò uno sguardo a metà tra il colpevole e l’indignato
per quell’ingiuriosa accusa, e tuttavia rallentò.
“Se rimango ancora con voialtre femmine, mi metterò a
fare un maglione a ferri per disperazione!” sputò esasperato. “Perciò ho detto
a Leon di procurarmele e di venirmi a prendere. Vado al ponte!”
“Allora vengo con voi!”
“No, non puoi!” la contraddisse il principe. “Devi
controllare la locanda, casomai arrivasse qualcuno di sospetto...”
E, poiché l’obiezione era ragionevole, a malincuore Merlin
obbedì.
“Vi prego di essere prudente!” lo supplicò, in pensiero,
accompagnandolo alla porta.
“Vale anche per te!” le sottolineò
il cavaliere, andandosene. E allora lo stregone corse fuori ad affidare la vita
del suo padrone a Sir Leon, che sicuramente era più coscienzioso dell’Asino.
***
A metà del tredicesimo giorno da che erano arrivati lì, un
violento acquazzone aveva costretto gli uomini a sospendere i lavori – in
attesa fiduciosa di riprendere prima di sera – e a rifugiarsi tutti nella
locanda del Giglio Bianco.
Rosy, per tener alto il loro morale, si era prodigata nel
preparare per tutti un lauto pranzo, cercando piuttosto di non eccedere col
vino da offrire, perché un manovale ubriaco era inservibile, se non addirittura
pericoloso per sé e per gli altri.
Anche i tre cavalieri di Camelot si erano riparati dentro la taverna, trovando
naturale sedersi a tavola accanto al loro Comandante. Ad
occhi estranei, essi sarebbero parsi come semplici persone che avevano stretto
una momentanea amicizia con lo sfortunato avventore che avevano soccorso.
Nessuno avrebbe trovato strana la cosa, poiché il lavoro
manuale in collaborazione aveva reso lo spirito di cameratismo virile
particolarmente acceso in quei giorni e tutti si sentivano parte di una squadra
eccezionalmente efficiente.
Neppure l’ostessa vide qualcosa di insolito
in questo piccolo gruppo, tanto più che quei baldi giovani sembravano aver
preso a cuore la salute del suo sposino
preferito.
Fu per questo che ella notò invece,
con suo enorme disappunto, la tensione che aleggiava fra i due coniugi.
Entrambi apparivano alquanto a disagio, rigidi e formali, e a malapena si scambiavano qualche parola.
“Avete forse litigato?” chiese quindi la padrona,
intromettendosi fisicamente tra gli sposi, porgendo loro i rispettivi piatti.
“No, perché?” s’inalberò il principe, mettendosi in allerta.
“Oggi non vi si vede tubare…”
insinuò la locandiera.
E il giovane Pendragon, di
sottecchi, lanciò un’occhiata ai suoi uomini, sperando che per un qualche miracolo fossero magari divenuti momentaneamente sordi e non l’avessero sentita, ma dalle
loro facce capì che nessuna grazia
sovrannaturale era accaduta.
“Vi sbagliate, signora Rosy.” Gli
venne in aiuto Linette, intervenendo con un sorriso
fintamente cordiale. “Arthur è imbronciato a causa del maltempo.”
“Ah, vero! Vero!” ridacchiò l’ostessa, sbattendo una mano
sulla spalla dell’erede al trono. “Anche l’altro giorno eravate di malumore per
colpa della pioggia, ma passerà! E comunque vi ho già suggerito di come
potreste intrattenervi piacevol-”
“Me lo ricordo
benissimo.” Sibilò il principe, tagliando corto.
“E allora non fatemi preoccupare inutilmente!” li sgridò
bonaria, prima di allontanarsi dal loro tavolo.
“Ehm...” tossicchiò Sir Martin,
mentre anche Sir Leon si schiariva la gola in contemporanea.
“Non dovreste fare caso a noi.” Considerò Sir Duncan, con il solito tatto che lo contraddistingueva, arrivando
al punto senza preamboli e dando voce al pensiero comune dei cavalieri.
“Continuate come sempre. E’ la cosa migliore, no?”
Suo malgrado, Arthur riconobbe che le parole del suo
sottoposto, per quanto sgradevoli, erano sagge e si fece coraggio; seppur controvoglia,
si mise ad accarezzare una mano di Lin
affianco alla sua, scusandosi con lo sguardo. Merlin, che aveva compreso,
stette al gioco, portando avanti la loro finzione.
“Prima si mangia, e poi si amoreggia!” brontolò Rosy,
ricomparendo alle loro spalle con un cesto del pane che aveva dimenticato.
“Altrimenti il mio pranzo si raffredda!” si lagnò, materna. “Ah! Questi giovani
d’oggi! Non hanno in mente altro che l’amore e vivono
sulle nuvole!”
Fu a quel punto che i tre cavalieri scoppiarono a ridere,
ignorando l’imbarazzo del principe e della valletta reale, perché quella donna
era diabolicamente adorabile.
“Una sola parola, Duncan, e la gogna ti attenderà al
ritorno!” ruggì l’Asino Reale, prevenendo una battuta sagace del suo cavaliere
linguacciuto. E al giovane non restò altro che sgonfiarsi come una fiaschetta
bucata e ingoiare il commento che voleva esternare.
La cosa bastò anche per rimettere nei ranghi gli altri due
militari, che affogarono nel proprio piatto le rispettive riflessioni.
Dopo che ebbero pranzato con tutta calma, poiché sembrava
che l’acquazzone non avrebbe avuto fine a breve, i cinque si diressero verso le
stalle, per una breve passeggiata – del resto, Arthur camminava ancora sorretto
dalle stampelle – e, lontano da occhi indiscreti, egli diede voce a ciò che
aveva maturato poco prima.
“Quando siamo partiti, non avevamo ipotizzato di rimanere
lontani così a lungo.” Premise, raccogliendo l’attenzione di tutti. “A Palazzo
non hanno nostre notizie da troppo tempo, e mio padre potrebbe temere il
peggio.” Allorché li vide annuire, il principe
proseguì: “Avevo pensato inizialmente di mandare un messaggero, ma siamo in
terra nemica e le uniche persone di cui mi fido siete voi.” Li sondò ad uno ad uno, compresa la sua ancella, che ricambiò con
uguale intensità. Poi si rivolse direttamente ai suoi uomini: “Ho perciò
decretato che uno di voi debba partire e tornare a Camelot, ad informare il re sul contrattempo e su ciò
che è avvenuto. So che è rischioso viaggiare da soli in un paese straniero,
tuttavia è necessario, non vedo altra soluzione. Vi ho addestrati personalmente
e nutro cieca fiducia nel valore di colui che
sceglierò, mentre i due rimanenti continueranno la missione originaria come
stabilito.”
“Sì, Maestà.” Esclamarono solenni.
“C’è un volontario?”
I tre mossero un passo avanti in simultanea, come se fossero
stati un sol uomo, senza un istante di esitazione né un ripensamento. Il
principe li fissò con orgoglio e gratitudine.
“Sir Martin.” Stabilì l’erede al trono, soddisfatto. “Ho
deciso che sarai tu a fare ritorno a casa.”
“Sì, Sire.” Il cavaliere scattò sull’attenti, impettito.
“Sai già cosa riferire al sovrano. Non ti affiderò alcuna
missiva scritta, così che nulla possa recarti danno, nel caso in cui le guardie
di re Cenredti incrociassero
sulla via.”
“Come desiderate, Mio Signore.”
Rispose egli, riprendendo poi con un quesito. “A missione compiuta, volete che
riparta dal castello e faccia ritorno qui, con altri uomini di supporto?”
“No, non serve. Ce la caveremo ugualmente.” Deliberò il
giovane Pendragon, abbandonando successivamente
le formalità. “E poi, una volta che avrai
riabbracciato la tua bella, dubito
che Lady Theresa ti lascerebbe partire nuovamente!” lo canzonò, con un ghigno.
“La poverina starà già in pensiero! Chissà come le manchi!”
Martin si fece sfuggire un sorriso
da innamorato.
“Spasimo per ogni istante che mi separa da lei.” Confessò,
arrossendo poi per aver ceduto alla debolezza davanti ai suoi commilitoni.
“Portale i nostri omaggi.” Si raccomandò il principe, con
una premurosa cortesia che scaldò il cuore a Merlin. “E porta a compimento i
preparativi per il matrimonio, perché al mio ritorno lo celebreremo e non vorrò
più sentirti smaniare insoddisfattoad ogni allenamento!”
A quelle parole, i cavalieri di Camelot scoppiarono a ridere e anche Sir Martin si
accodò a loro; rise, avvampò e ringraziò per la sollecitudine.
Infine, dopo un numero imprecisato di virili pacche sulle
spalle, egli si congedò dal gruppetto, deciso più che mai a percorrere, prima
del tramonto, quanta più strada possibile lo separava dalla sua dama.
Continua...
Disclaimer:I
personaggi di Merlin, citati in questo racconto, non sono miei; appartengono
agli aventi diritto e, nel fruire di
essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.
Ringraziamenti:
Un abbraccio a Tao, che sopporta i
miei scleri. X3
Note: I re morti
nella sabbia sono i Faraoni. E’ verosimile che Gaius
sapesse della loro esistenza, poiché, quando l’Inghilterra fu invasa dai Romani
che la colonizzarono, essi erano già padroni dell’Egitto.
Come già detto in precedenza, il miele serve per prevenire
le infezioni come ci insegna la puntata 3x04 “Galvano”, e il filo di seta lo
chiede anche Gaius per ricucire il futuro cavaliere.
Arthur risulta un po’ perplesso,
malgrado le spiegazioni di Linette. Ma, dal suo punto di vista, non ha motivo di non
crederle. Cioè... noi sappiamo che Lin è Merlin, però
lui no. Che senso avrebbe che Linette gli mentisse su
una cosa così?
Ovviamente, anche questo fatto va ad accumularsi alle altre ‘stranezze’ e
chissà che l’Asino se ne ricordi! (ma non ci conterei… era agitato da altro, e
aveva preoccupazioni più urgenti di quel dubbio, come
il mantenere nascosti i gioielli di famiglia! XD)
“Più di una fetta di
pane a colazione da Morgana.” Vuole essere un ironico tributo al celebre
“Colazione da Tiffani”.
E Rosy non è adoVabile? ^. =
Precisazioni al
capitolo precedente e domande varie: (a random)
Mi sono accorta che, rispondendo alle vostre recensioni, ho
inserito anche degli spoiler generali più o meno
importanti. Chi non volesse leggerli, può proseguire tranquillamente.
Chi volesse vederli, evidenzi le parti in bianco qui sotto.
- Grazie degli auguri alla mia piccina! *_* Lin-Lin vi ringrazia e promette di fare la brava! ^_=
- Se Merlin fosse già tornato uomo, la storia sarebbe già
finita. XD
- Anche io trovo molto ‘intimo’
quando qualcun altro ti lava i capelli. Credo sia un gesto di abbandono e
fiducia. Sì, c’è da chiedersi come mai ad Arthur piaceva tanto quando glielo
faceva Merlin… (no, non voi. Forse dovrebbe
chiederselo l’Asino, mh?)
- Finora era sempre stato Merlin a cercare nel sonno il
calore di Arthur, ma adesso è il principe a cercare il mago nel sonno e a
offrirglielo inconsciamente. D’accordo, non sono svegli e ci vorrà ancora
tempo, ma i loro corpi sanno già cosa è
bene. *_*
E poi… vi dico solo una cosa: immaginate quando lo
saprà Kilgharrah! ^.=
- Sì, la preoccupazione di (Mer)Lin davanti al principe ferito è
troppa, ma la cosa è voluta, se si pensa che il povero servo, neanche un mese
prima, stava ancora vegliando un principe immobilizzato al letto per le ferite
del Torneo, in cui ha rischiato la vita e di rimanere paralizzato.
So che da noi sono trascorsi molti mesi tra gli eventi, ma
nella realtà della storia è passato pochissimo. Il ricordo della paura di
perdere Arthur è vivida in Merlin e, ora che ha
realizzato di amarlo, teme ancor di più per lui. Credo sia una reazione da
innamorato, ecco.
- Non avevo pensato ad un confronto
cavalieri-principe che spettegolano su Linette, ma
posso riflettere e magari inserirlo nella raccolta-seguito, ok?
- Mi è stato chiesto un pronostico approssimativo dei
capitoli mancanti. Direi che credo che la storia si chiuderà attorno all’80° capitolo. Mancano ancora degli eventi determinanti per lo svolgimento, delle scelte da fare che
avranno conseguenze, dei fatti che spero sapranno sorprendervi ed emozionarvi.
Io sono più avanti con la stesura della bozza, ma mi rendo
sempre più conto che, sviluppandola, i capitoli si allungano sempre più. Le
idee sono sempre le stesse di quando la concepii, ma sono tremendamente
prolissa e non vorrei rovinare/tagliare nulla per colpa della fretta.
Una volta che avrò finito di scriverla del tutto, posterò
con molta più velocità. Al momento cerco di centellinare i capitoli, perché
sono passati anche dei mesi senza che io abbia avuto la possibilità di scrivere
anche solo una riga.
- Sì, documentarmi per pignoleria e veridicità storica mi
occupa un sacco di tempo, ma mi piace.
E’ una cosa che come lettrice apprezzo tantissimo nelle
storie altrui, perciò cerco di soddisfare la curiosità dei miei lettori.^^ Sono
contenta che lo gradiate anche voi!
- I due pucci si stanno
avvicinando, un passo alla volta, senza neppure accorgersene. E quando lo
capiranno, sarà già troppo tardi! XD
- Concordo anche io, Arthur è uno
che preferisce agire piuttosto che comunicare, è uno che lascia parlare i fatti
e le azioni al posto suo.
E poi, ammettiamolo, è anche uno che ragiona poco e agisce d’istinto (e
questo lo porterà anche a delle scelte avventate, a dei ‘colpi di testa’, sì. U_U)
- Durante questa permanenza, Arthur ha avuto modo di vedere
da vicino la magia nel bene e nel male: nel vecchio guaritore che cura
l’indisposizione di Linette e anche i filtri d’amore
che le fanciulle gli hanno rifilato a Litha. Credo che un po’ sia normale, per lui, farsi delle
domande, e l’essere lontano da Camelot
e dall’influenza paterna favorisce ciò.
- Certo che Arthur sente la mancanza di Merlin e fra poco lo ammetterà.
- Il blu è il mio colore preferito, e no, non mi dà fastidio
nei commenti. ^^
- No, non ci sarà un finale
supertriste, i due pucci soffriranno già abbastanza
lungo la strada prima della fine. Certo, però, che non sarà neppure un finale scontato,
solo happy. Ho cercato di rendere questa storia verosimile in ogni riga, e la
realtà della vita vera non è solo zucchero. Nel mio piccolo, sono certa che, ad
ogni modo, ogni fan merthur non rimarrà deluso/a. Almeno, lo spero! >///<
- La bimba del sogno di Morgana non
è diGwen. Per quel che
vale, potrebbe persino non essere neppure di Linette.
- Non è che Arthur si vergogna
delle serve… lui si vergogna della sua serva!
^_=
Se fosse nudo davanti a
qualcun’altra, non farebbe così tante storie…
- Uthermetterà
i bastoni fra le ruote a Merlin, ma non per quanto riguarda la sua relazione
con Arthur.
- Concordo, è un peccato per la fine di Litha,
ma la storia deve proseguire! XD
- E’ vero: anche “Sono
andato a letto col nemico” è una frase a doppio senso, Arthur è un idiota a
non accorgersi di quello che dice! XD
- Mancano pochi capitoli prima che
Arthur si proponga davvero di marciare verso Ealdor…
riuscirà Merlin a rabbonirlo ancora un po’? Non, non rispondo. Dovrete
scoprirlo leggendo! XD
Vi metto ben TRE anticipazioni
del prossimo capitolo:
Con l’andar delle veglie, egli si persuase sempre più che
qualcosa fosse andato storto tra le mille variabili accorse – il maltempo
protratto, il ponte rotto e i ritardi vari – e che la trattativa fosse saltata
o, peggio, si fosse svolta altrove senza che loro lo sapessero.
Fu per questo che quasi non credette ai propri occhi, quando – nel diciassettesimo
giorno di permanenza alla locanda – arrivò un tizio nuovo, con fare sospetto.
E, tanto per cambiare, sarebbe toccato a lui risolvere la faccenda, perché
l’Eroe Coronato di Camelot
non era reperibile.
(…)
La signora Rosy sollevò un sopracciglio perplesso. Ed egli,
suo malgrado, arrossì.
“Linette adora la frutta e la
carne…” motivò, raffazzonando alla meno peggio. “La
divorerà!”
“Son due giorni che la vostra povera moglie è rimasta
rintanata qui, per quell’emicrania fastidiosa… ma, anche se è sofferente,
mangia assai!” aveva scherzato la locandiera, facendogli l’occhiolino. “Si vede
che consuma parecchio! Perché è così magra!”
E Arthur, comprendendo il sottinteso, divenne rosso come lo
stemma dei Pendragon.
“Non…”
(…)
“Semplice.” Tagliò corto lo stregone, innervosito
dall’interrogatorio dell’altro. “Cos’è quella
cosa che ogni uomo brama di più al mondo e per la
quale è disposto a tutto? Ecco,
basta dargliela!”
In risposta, il principe spalancò
occhi e bocca e si fece scappare di mano il gioiello, tanto era sconvolto.
“COSA?!” boccheggiò esplodendo, mentre Linette
si tuffava sul tappeto per tentare di afferrare l’oggetto delle loro sventure e
lo prese per un soffio.
“Con tutta la fatica che ho fatto per riaverlo!” lo sgridò,
rivolgendo uno sguardo seccato al suo signore che era rimasto immobile come una
statua di sale.
“Tu hai… hai... t-ti sei...”
balbettò Arthur, esterrefatto. Poi deglutì a forza. “Sacrificata per il Regno!”
Ringrazio i 161 utenti che hanno messo Linette
fra le storie preferite, i 277 fra le seguite, e tutti i ‘da ricordare’ anche
se la fic non è ancora finita.
E i 363 utenti che hanno messo me fra i loro autori
preferiti. Grazie della fiducia!
Infine vi invito a leggere e a
commentare, se vi va, l’ultimo progetto che ho postato: una raccolta su Arthur
e le figure materne “Arthur & The Mothers”.
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del tuo tempo alla causa pro recensioni.
Farai felice
milioni di scrittori.
(Chiunque voglia
aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio
crede) Come sempre, sono graditi commenti, consigli
e critiche.
SPOILER FREE: Come l’anno scorso, sento doveroso
fare una precisazione. Dopo aver visto tutte le puntate della quarta stagione e
dopo aver letto tutti gli spoiler generali in circolazione, ricordo a tutti che
questa storia NON contiene/conterrà alcuno spoiler; e
che eventuali coincidenze con
la quarta serie sono appunto casuali coincidenze.
Il seguente capitolo
è il diretto seguito del precedente e, cronologicamente, racconta dal 15° al 17°
giorno dall’arrivo alla locanda, alla sera.
E’ nuovamente il più
lungo che ho scritto finora su Linette e spero che possa piacervi, facendomi
perdonare del ritardo^^’’.
Riassunto: Merlin
è abituato a salvare la vita all’Asino Reale senza che questi se ne accorga, ma
stavolta non tutto va per il verso giusto. Colpito dall’incantesimo del
malvagio Ardof, il nostro mago farà i conti con una sconvolgente novità: egli
si risveglia trasformato in una donna.
Solo Gaius conosce il suo segreto e, finché non troverà il modo di tornare
normale, dovrà inventarsi delle scuse plausibili e prendere
il posto di se stesso al servizio del principe. Come riuscirà a conciliare
questa ‘nuova situazione’? Come si evolverà il suo rapporto con Arthur?
Capitolo dedicato a chi ha recensito
il precedente:
E a quanti commenteranno (SE vi
va di recensire anche dei capitoli più indietro di questo, il vostro parere non
andrà perduto!).
Ai vecchi e ai nuovi lettori.
Grazie.
The He
in theShe
(l’Essenza dentro l’Apparenza)
Capitolo LV
Due giorni dopo la partenza di Sir Martin, con un applauso
generale che sciolse la tensione, il ponte fu definitivamente restaurato,
inaugurato ed utilizzabile.
Molte delle persone che soggiornavano alla locanda poterono
quindi andarsene, attraversandolo, proseguendo per la loro strada, e la taverna
si svuotò in gran parte.
Stranamente, ad eccezion fatta per
un paio di famigliole in viaggio, da quella direzione nessun nuovo avventore
chiese alloggio al Giglio Bianco.
E Arthur, che fin dall’inizio aveva sperato di intercettare
il mediatore prima dell’acquirente, sentiva la sua speranza vacillare sempre
più di veglia in veglia.
Per questo motivo, e per una qualche forma di testardaggine
asinina deformata, egli aveva
maturato la convinzione che il messaggero per lo scambio dovesse transitare su
quelle nuove assi da un momento all’altro e prese a passare tutto il tempo là,
da solo, con il cavallo e una gruccia a sostenerlo, sondando il via vai dei pochi
avventurieri.
Qualcuno l’aveva scambiato per un gabelliere a cui pagare il dazio per il passaggio, ed un vecchietto,
vedendolo malmesso e abbattuto e soprattutto mezzo storpio, gli aveva persino
fatto la carità.
Il principe, tornato alla taverna, l’aveva raccontato alla
sua serva sbottando arrabbiato, e Merlin aveva riso fino alle lacrime per la
sua faccia indignata.
Quella fu una parentesi divertente, ma il mago, invece,
cominciava a temere che nessuno
sarebbe arrivato.
Con l’andar delle veglie, egli si persuase sempre più che
qualcosa fosse andato storto tra le mille variabili accorse – il maltempo
protratto, il ponte rotto e i ritardi vari – e che la trattativa fosse saltata
o, peggio, si fosse svolta altrove senza che loro lo sapessero.
Fu per questo che quasi non
credette ai propri occhi, quando – nel diciassettesimo giorno di permanenza alla
locanda – arrivò un tizio nuovo, con fare sospetto. E, tanto per cambiare,
sarebbe toccato a lui risolvere la faccenda, perché l’Eroe Coronato di Camelot non era reperibile.
***
Meno di un’ora addietro, infatti, Arthur aveva fatto
nuovamente ritorno alla locanda con l’aria da cane bastonato e in tasca tre
spiccioli regalati da un mercante a cui aveva fatto
pietà.
E Merlin, anziché prenderlo ancora in giro, gli aveva
suggerito di distrarsi, andando a trovare i suoi uomini, suggerendogli di
portar loro altre provviste, poiché la cucina della signora Rosy era di gran lunga preferibile alla carne di fortuna e pane raffermo.
I due cacciatori rimasti, di fatto, erano così ligi
all’obbedienza inculcata loro, che non osavano allontanarsi dal bivacco per
cacciare veramente un pasto decente – casomai il principe avesse avuto urgente
bisogno di loro e non li avesse trovati? – e sarebbero passati alla storia come
i peggiori bracconieri del mondo, con il minor bottino di selvaggina in
diciassette giorni di caccia.
Arthur, perciò, seguendo il consiglio della sua ancella, si
era preparato nuovamente e si era diretto con una sacca nelle cucine.
“Vorrei del cibo.” Aveva esordito, con fare laconico, rivolto
alla locandiera.
“Uno spuntino?”
“No, vorrei che mi riempiste la bisaccia.” Precisò il
principe, facendo tintinnare diverse monete sul tavolo fra loro.
“Ma manca meno di una veglia alla
cena!” aveva bofonchiato lei, con intransigenza materna, guardando il sole del
tardo pomeriggio che filtrava dalla finestra, incurante del lauto pagamento.
“Che ve ne fate?”
Arthur, che non si era aspettato domande, e non aveva
soprattutto preparato una risposta decente, improvvisò su due piedi.
“Veramente, pensavamo di fare un
scampagnata serale. Una cena sull’erba, io e la mia
consorte…”
“Ohhh… Ma è un’ottima idea! E la serata è delle migliori!”
gongolò la padrona, congiungendo le mani estasiata e
mettendosi repentinamente all’opera. “Ecco, ecco… una fiasca di buon vino, un
pezzetto di formaggio-”
“Meglio due.” La corresse il nobile.
“E poi due pagnotte di pane e-”
“Mettetene quattro.” L’incalzò,
spiccio. “E abbondate con la carne salata… e con la
frutta.”
La signora Rosy sollevò un sopracciglio perplesso. Ed egli,
suo malgrado, arrossì.
“Linette adora la frutta e la carne…” motivò, raffazzonando
alla meno peggio. “La divorerà!”
“Son due giorni che la vostra povera moglie è rimasta
rintanata qui, per quell’emicrania fastidiosa… ma, anche se è sofferente,
mangia assai!” aveva scherzato la locandiera, facendogli l’occhiolino. “Si vede
che consuma parecchio! Perché è così magra!”
E il nobile, comprendendo il sottinteso, divenne rosso come
lo stemma dei Pendragon.
“Non…”
“Oh, via! Ecco a voi!” esclamò la donna, togliendolo dall’impaccio.
“Divertitevi!”
“Il vostro compenso.” Bofonchiò il principe, annuendo alle
monete che ella raccolse e gli porse indietro.
“Lasciate stare, in fondo salterete la cena qui, no?”
Forse per la prima volta
in vita sua, Arthur si diede dell’idiota da solo.
Linette l’avrebbe
ucciso. Oh, sì.
Ma che razza di scusa patetica aveva
inventato?
Adesso avrebbe dovuto
architettare un’altra bugia per motivare la loro permanenza alla
sera, altrimenti avrebbero saltato entrambi il pasto…
Meditabondo, sbattendosi la saccoccia sulla schiena, egli
fece ritorno in camera, per discutere con la sua valletta il da farsi. E
ovviamente avrebbe omesso i commenti lascivi dell’ostessa… Lin era già
abbastanza suscettibile di suo!
“C’è un problema.” Aveva esordito, rientrando e
raccontandole brevemente lo scambio nelle cucine.
Tutto sommato, la soluzione fu facile ed egli c’era arrivato
praticamente da solo – Linette gli aveva dato solo un
suggerimento superfluo.
“Fate sapere che la mia emicrania è
tornata, che la scampagnata è rimandata e che vi dispiaceva sprecare le
provviste pronte. Quindi direte che state andando a
portarle ai cacciatori che sono stati così generosi con voi…” gli disse, con
buonsenso.
Sì, Arthur ci sarebbe
arrivato da solo. Senza alcun aiuto. Ma tant’era…
per farla sentire apprezzata, egli seguì alla lettera il suggerimento e partì.
***
Allorché il principe fece rientro
all’alloggio, dopo aver portato i rifornimenti ai cavalieri, notò per prima
cosa che Linette aveva un’aria strana
e, appena egli ebbe chiuso alle sue spalle la porta della loro camera, ella si
scostò di lato, rivelando un fagotto sul letto con un sorriso gigantesco.
“Apritelo!” ordinò, indicandoglielo, al colmo della gioia e della
soddisfazione.
“Ma…” abbozzò lui, sondando
l’aspetto scarmigliato della sua serva. “Che ti è successo?”
“Apritelo, Sire, apritelo!” lo
incalzò lei, con smania, incurante della sua perplessità.
Al nobile non rimase altro che accontentarla e si allungò
verso la coperta per afferrarlo.
Quando lo ebbe scartato ed ebbe capito cos’era,
per poco il gioiello non gli cade di mano e Linette improvvisò istintivamente
il gesto di afferrarlo.
“Lo tengo, lo tengo.” La rassicurò,
sebbene fosse quasi sconvolto. “Ma come hai fatto?!” pretese
di sapere, straripando incredulità. Com’era
possibile che, tutto d’un tratto, la loro tormentata missione
si fosse risolta così positivamente?
Merlin si mordicchiò l’interno delle labbra. Adesso veniva la parte difficile…
Ad essere sinceri, lo stregone
aveva sperato fino all’ultimo che l’Asino fosse così contento di aver riavuto
il maltolto da soprassedere sul come,
ma era ovvio che persino un
microcefalo come l’Idiota Reale se lo sarebbe chiesto, no?
Quindi, al servo non rimase altro
che raccontargli la verità fittizia
che aveva imbastito, in fretta, tra il recupero fortunoso, la sottrazione di
denaro illecito dal regale baule, un doppio cambio d’abito e l’arrivo
dell’aristocratico padrone, e sperare che il Babbeo ci credesse.
“Allora?” la sollecitò.
“Beh… L’importante è che abbiate riavuto il vostro tesoro,
no?” propose il mago, speranzoso.
“Linette…” la riprese, accantonando l’aria sorpresa per
impostarne una spazientita.
“Beh…” ripeté la fanciulla, a
disagio. Nella sua testa, la spiegazione filava
che era una piacere, ma ora non sembrava proprio!
“Beh…” temporeggiò ancora, fintanto che fu possibile. “Ho contrattato con il mediatore. E quando ha ottenuto ciò che voleva,
mi ha consegnato il tesoro dei Pendragon. Fine della storia.”
“No, aspetta…” la frenò. “Come hai fatto a-”
“Semplice.” Tagliò corto lo stregone, innervosito dall’interrogatorio
dell’altro. “Cos’è quella cosa che ogni uomo brama di più al mondo e per la quale
è disposto a tutto? Ecco,
basta dargliela!”
In risposta, il principe spalancò
occhi e bocca e si fece scappare di mano il gioiello, tanto era sconvolto.
“COSA?!” boccheggiò esplodendo, mentre Linette si tuffava sul
tappeto per tentare di afferrare l’oggetto delle loro sventure e lo prese per
un soffio.
“Con tutta la fatica che ho fatto per riaverlo!” lo sgridò,
rivolgendo uno sguardo seccato al suo signore che era rimasto immobile come una
statua di sale.
“Tu hai… hai... t-ti sei...”
balbettò Arthur, esterrefatto. Poi deglutì a forza. “Sacrificata per il Regno!”
Merlin sbatté le palpebre, confuso.
“Temo che abbiate-”
Ma la stretta salda del principe
sulle sue spalle lo fece zittire. Per un istante, egli fu quasi certo che Sua
Maestà l’avrebbe abbracciato, e invece le sue mani callose scesero sugli
avambracci, in una morsa di gentile consolazione.
“Oh, Lin-Lin!” gemette l’erede al trono, afflitto, mettendo
da parte l’espressione scandalizzata. “Bontà Divina! Avremmo trovato un’altra
soluzione! Un’alternativa! Non
avresti dovuto immolarti per la Corona!”
Merlin sbatté a lungo le ciglia. Nuovamente.
“No, Sire, non quella
cosa.” Precisò, prendendo le distanze dal suo padrone e ponendo al sicuro il
tesoro sul materasso. “Mi riferivo alla cupidigia. Ai
soldi. Non alla lussuria.” Chiarì,
giusto perché l’Asino era davvero un pozzo infinito di asineria.
Arthur esalò un rantolo che faceva le veci di un sospiro di
sollievo e successivamente rovesciò la testa
all’indietro, ridendo di cuore e di pancia, tanto che strappò un sorriso persino
a Merlin, che non sapeva resistergli.
Per un lungo momento, lo stregone si sentì persino in colpa
ad avergli causato un tale spavento. Poi, però, quando il nobile si passò le
mani sulla faccia per riprendere contegno, seppe che la faccenda non era ancora
finita e che al posto della preoccupazione sarebbe sopraggiunta una predica coi fiocchi per la sua imprudenza.
“Poiché abbiamo appurato che sei ancora tutta intera,” riprese egli,
infatti, con un tono molto meno affranto e comprensivo, “gradirei essere messo
al corrente della tua avventura in modo meno fraintendibile e più
particolareggiato. Accomodati, mia cara.”
Le ordinò, indicandole la sedia a dondolo, intanto che lui prendeva
posto sul letto.
E fu così che, con un gran sospirone – una buona dose di
faccia tosta, alcune menzogne e parecchia rassegnazione mescolate tra loro – il
mago gli raccontò di come, allorché il nobile ebbe
lasciato la locanda, egli era sceso di sotto, per fare due chiacchiere con la
signora Rosy; la quale, purtroppo, assieme alle sue figlie, era assai impegnata
con la pulizia di alcune camere finalmente sgomberate dagli avventori.
Perciò Linette si era persuasa a tornarsene di sopra, poiché
il salone era deserto a quell’ora – fatto salvo un paio di ubriaconi inoffensivi,
persi in una partita a carte senza senso –, quand’era entrato un tizio
dall’aria eccentrica, chiedendole se ci fosse qualcuno in attesa di lui, forse
scambiandola per l’ostessa, visto che era l’unica
donna lì dentro.
Merlin aveva subito avuto sentore che quello fosse l’uomo
che attendevano. Glielo diceva l’istinto, più che le circostanze. Quante persone, al mondo, si aspettavano nei
crocicchi e nelle locande?
E allora aveva deciso di giocare il tutto per tutto. Aveva quindi
invitato il nuovo arrivato nella piccola saletta privata, al momento vuota, ed
era corso di sopra a camuffarsi, indossando il vestito migliore e i gioielli,
si era coperto con un mantello, sollevando il cappuccio per celarsi lo sguardo
e, con cipiglio sicuro, era sceso nuovamente, presentandosi al mediatore,
ostentando una padronanza che era ben lungi dal provare.
Stranamente, l’uomo si era dimostrato più nervoso di lui e
Merlin si era calcato bene il copricapo del soprabito sugli occhi, per non
farsi riconoscere.
Arthur, interrompendo il racconto, apprezzò il suo gesto.
Eccesso di prudenza? No,
non era mai troppa. Le aveva ricordato, come monito futuro.
Senza tanti preamboli, Linette aveva ripreso la sua narrazione:
aveva chiesto del gioiello al mediatore ed egli aveva ammesso il proprio
stupore, non aspettandosi che fosse una donna ad attenderlo e a condurre le
trattative.
Con un’incredibile intuizione, lo stregone gli aveva fatto
notare, mascherando la voce con un sortilegio, che erala scelta più saggia, per non dettar sospetti: come lui, chiunque
avrebbe sottovalutato una gentildonna.
E l’uomo aveva concordato con quest’affermazione, rovistando
nella tasca interna del suo mantello, e sfilando un piccolo involto.
“A voi.” Le aveva detto, consegnandolo.
“La vostra ricompensa.” Aveva risposto Linette, a sua volta,
decisa a dargli un sacchetto di monete false.
“Oh, no. E’ tutto a posto, Milady.” Aveva obiettato l’uomo,
che non possedeva poteri magici – era stata la prima cosa che Merlin aveva
appurato – ma che conservava un’aura spiritata. “Dovevo solo consegnare ‘al
padrone’.” Aveva specificato. “Così mi è stato ordinato.”
“Conoscete, per caso, un uomo di nome Ardof?” aveva preteso di
sapere, allorché il maltolto fu al sicuro.
Il messaggero aveva scosso il capo, negando, anche se la sua
aria tormentata sembrava lo stesso sintomo di tutti quelli che avevano avuto a
che fare con il malvagio stregone e che poi erano morti dolorosamente per causa
sua.
“Ora che avete concluso il vostro
dovere, tornerete dalla vostra famiglia?” gli aveva chiesto quindi, quasi
d’istinto.
“Io non ho famiglia.” Aveva replicato questi, con occhi
vacui. “Cercherò un altro lavoro.”
Merlin aveva avuto pietà di quell’individuo, l’ennesima
pedina in mano a uomini spietati e ingiusti.
“Lasciate che vi faccia un dono.” Gli aveva detto e, senza
che l’altro potesse obiettare, gli aveva sfiorato con le dita la fronte
aggrottata, pronunciando alcune parole nell’Antica Lingua.
Prima di separarsi, lo stregone aveva ingiunto:
“Vi ordino di dimenticare. Di andarvene lontano. Altrove. Voi non siete
mai stato qui. Voi non mi avete mai conosciuta.
Buona fortuna. E che gli dèi vi proteggano!” gli aveva augurato,
ritraendo la mano ingioiellata e, in quel gesto, i suoi braccialetti preziosi avevano
tintinnato argentini nel silenzio della sala e le sue iridi avevano cessato di
brillare.
L’uomo l’aveva guardata con uno sguardo più sereno, anche se
immensamente triste.
Ma Merlin non avrebbe potuto fare
di più per lui, né guarire la sua infelicità.
“Addio, Milady.” Aveva risposto, con un inchino e, poco
dopo, egli era scomparso come se non fosse mai esistito.
Ma ovviamente Merlin non avrebbe mai potuto
raccontare questo ad Arthur, perciò modificò la storia, facendola deviare
verso un’altra soluzione.
“Quand’egli mi ebbe consegnato il fagotto,”
riferì – ad un principe incredibilmente zitto e attento – “in cambio gli ho
fornito il sacchetto di monete false che avevamo con noi.”
L’erede al trono fece una smorfia contrariata per più di una
ragione.
Anzitutto, egli aveva storto il naso – storto, a dir poco, era un tenero eufemismo! – quando gli era stato proposto dai Consiglieri Reali quell’alternativa
disonorevole per un cavaliere e un uomo d’azione come lui.
D’altra parte, il
furto era stato un atto ignominioso. Perciò… perché farsi riguardi nei
confronti del loro nemico o con chi era in combutta con esso?, gli era stato rammentato.
Ed egli aveva messo nel proprio baule quel bottino che scottava, giurando a se stesso che lo
avrebbe usato solo come estrema soluzione.
Ripagare un furfante con la sua stessa, falsa moneta non lo avrebbe fatto sentire meglio e, anzi,
abbassarsi al suo livello, con sporchi imbrogli, lo avrebbe disgustato
alquanto.
Secondariamente, ma non per importanza, che la messinscena
fosse stata realizzata dalla sua valletta non lo aveva
soddisfatto per nulla, anzi!
“Incosciente!” la sgridò, come in fondo Merlin si aspettava
che facesse. “Cosa sarebbe successo, se avesse
verificato il contenuto e si fosse accorto che erano soldi finti? Saresti potuta morire!”
“Ho corso il rischio.” Ammise il mago, scrollando le spalle.
“Giocando d’astuzia, ho riottenuto ciò che desideravate e non dovreste
rimproverarmi.” Gli appuntò. “In fondo, non ho fatto altro che seguire uno dei
piani che avevamo architettato, e non è accaduto nulla di sgradevole.”
“Avresti dovuto attendere il mio arrivo, perlomeno,
intrattenendolo con una scusa!”
“Beh, ormai è cosa fatta.” Considerò, ponendo fine alla
questione.
“No, aspetta!” riprese però il nobile. “E ora dov’è?”
pretese di sapere da lei. “Va punito per aver complottato contro Camelot!”
“Era un semplice corriere, un poveraccio. Forse non sapeva neppure
chi era il mandante e non ha senso interrogarlo.”
Tentò di dissuaderlo, vincendo la sua resistenza. “Oppure se la vedrà con chi
ha ordito l’inganno, quando costui si accorgerà che non è stato pagato!”
Arthur ghignò, per la prima volta soddisfatto di
quell’ipotesi.
“Giusto. E’ ciò che merita!”
In realtà no, quel
povero diavolo non meritava nulla di cattivo, pensò Merlin, ma avrebbe finto di essere d’accordo col suo
padrone.
“Quindi… la nostra missione si è conclusa!”
dichiarò il principe, solennemente, come se solamente dirlo a voce alta l’avesse
resa reale.
“Già.” Sorrise il mago, di rimando. Nessuno era morto, nessuno scontro magico, nessuna perdita.
Peccato solo che non avesse avuto la possibilità di tornare
in sé, ma quell’avventura gli aveva donato un bene ancor più prezioso. Una consapevolezza interiore che nulla
avrebbe scalfito, né ora né mai.
“Non ti prometto una ricompensa, ma farò in modo che il re
sappia del tuo coraggio!” gli giurò Sua Maestà, esprimendo la propria
gratitudine per quanto aveva fatto.
“Oh, non serve, davvero non…” si schernì, con modestia.
Merlin non sapeva se fosse peggio avere a che fare con la
riconoscenza dell’Asino o con il suo biasimo. Entrambi lo ponevano in una situazione spinosa e perché mai l’Idiota
Reale doveva incensarlo dopo averlo strapazzato fino a pochi minuti prima?
“Mettiti in ghingheri!” le ordinò, euforico. – Cielo!, considerò il mago, com’era sfibrante stare dietro ai suoi cambi
d’umore! – “Stasera si festeggia e domani si riparte
per tornare a casa!”
L’ancella si limitò ad annuire, con un inchino.
Ma solo alla parola ‘casa’ lo
stregone si rese effettivamente conto che quella situazione strana, quella loro
condizione, nel bene e nel male,
stava per finire.
E gli si strinse lo stomaco, per il dispiacere.
“Sire?” Non potremmo
rimanere qui ancora un po’, magari per sempre? “Non dovreste avvisare anche
i vostri cavalieri?”
“Domattina, per prima cosa, darò
notizia della buona novella anche Leon e Duncan!” le garantì, ignorando la
voragine che si espandeva dentro di lei.
Continua...
Disclaimer:I personaggi di Merlin, citati in questo racconto, non sono
miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte
mia.
Ringraziamenti:
Un abbraccio a Tao, che sopporta i
miei scleri. X3
Note: siamo alla
fine di quest’avventura. Magari, in tutti questi mesi passati, vi siete pure
scordate/i del fatto che non era una scampagnata
gratuita ma una ‘missione sotto copertura’. XD
Dal lontano capitolo 45, riporto
questo stralcio:
“Il
furto di quel determinato oggetto non era stato casuale.
C’era il forte rischio che uno spietato stregone facesse un
incantesimo maligno sul manufatto, di modo che la maledizione cadesse su tutta la Dinastia dei Pendragon.”
E Merlin aveva il sospetto che dietro a tutto questo ci
fosse stato lo zampino di Ardof.
Dite che aveva ragione?
Beh, l’importante è che il gioiello sia stato ripreso.^^
La parte del fraintendimento (come molte avevano previsto)
nasce da una vecchia discussione fatta con i maschi della mia compagnia,
secondo cui “la Jolanda (per citare la Litty, LOL)” vale molto più
dei soldi, secondi a lei per importanza. U_U
Tristemente, ho verificato che il maschio medio pensa sempre
e solo – prima di tutto – “a quella cosa”, perciò era verosimile che anche
Arthur ci arrivasse, fraintendendo. Del resto, i favori sessuali sono la più
antica merce di scambio del mondo, no? ^^’’
Precisazioni al
capitolo precedente e domande varie: (a random)
- E’ stato bello ritrovare vecchi nomi fra i commenti,
grazie. ^^
- Sì, avete ragione: Merlin dovrebbe soppesare con più cura
le parole da usare, se non vuole avere un Asino morto per infarto sulla
coscienza. XD
- Ho parlato della bimba sognata da Morgana perché mi era
stato chiesto un chiarimento nei commenti. ^^
- Effettivamente il corpo martoriato di Arthur sembra peggio di un ricamo a punto croce! XD
Ma abbiate la pazienza di aspettare
che Merlin gli baci (morda?) ferita per ferita, e che lo metterà a nuovo! ^O^
- Diciamo che Martin mugugnava la sua insoddisfazione perché, da
bravo cavaliere, non aveva ancora allungato le zampine sulla sua bella. ^_=
E Arthur è un po’ bastardino a infierire, eh? XD
- Concordo: l’Asino imbarazzato è adorabile!
- I cavalieri possono raramente farsi beffe del loro
principe, quindi è giusto che adesso – finché possono – lo facciano! Però sono tre brave persone, sinceramente affezionate a lui
e a Linette, e avrete modo di leggerlo presto. Sono felice che li appreziate!
- I cavalieri che scrivono le memorie degli sposini sotto
copertura? Ma LOL, sarebbe fantastico! XD
- “Quando i due pucci capiranno di
essersi avvicinati troppo, sarà troppo tardi” io intendevo nel senso che non
riusciranno più a stare separati. ^^
- Allora. So che una parte di voi
mi ha chiesto di allungare questa missione, perché ama questa situazione ‘sotto
copertura’, gli equivoci e tutto il resto, e vorrebbe che non finisse mai; poi
c’è una parte di voi che giustamente vuole andare avanti. Alla seconda parte di
voi, posso dire che mancano altre avventure coinvolgenti, comiche e dolorose
con protagonisti MerLin e Arthur. Tenterò di consolare il primo gruppo dicendo
che ci sono dei pezzi che ho tagliato di questa
avventura e li troverete come oneshot nella raccolta-seguito. Fra un annetto, credo sarà carino rifare un salto nel passato, alla
locanda del Giglio Bianco, mh?
- X Pecky: vorrei poter rispondere
in modo esauriente alla tua domanda, ma rischierei di rovinarti la lettura
della fic. Ç_ç
Posso dirti che Merlin ritornerà uomo, questo sì. Per sapere della bimba,
ammesso che esista (e se esisterà), dovrai pazientare
un (bel) po’ per scoprirlo. Mi dispiace.
- Non temete, i ‘sacri gioielli’ di
Arthur [BWAUAHAHAHA!!!] sono al sicuro! *ò*
Vi metto ben TRE luuunghe anticipazioni del prossimo
capitolo:
Il mago assorbì la ramanzina, stringendo un filo d’erba per
nascondere il proprio sconforto. Quando però non ce la fece più,
anch’egli sbottò.
“Non dovrei essere io a dirlo, Sire, ma
Merlin è un ottimo servo, è leale e generoso. Darebbe la sua vita per voi.” Gli ricordò, rischiando di far incrinare la
propria voce. “Perciò dovreste dimostrare un minimo di gratitudine nei suoi confronti.”
“Lo so.” Ammise
Arthur, inaspettatamente. “Ma non riesco mai a
dirglielo.” Concesse, con sincerità. “E ora mi sembra quasi troppo tardi.” Si
rammaricò. “Davo per scontato che fosse sempre al mio fianco – che lo sarebbe
sempre rimasto – e poi un bel giorno lui è semplicemente sparito, senza una parola, senza un saluto.”
Lo scudiero sbirciò verso il suo signore, ma percepiva la
sua tensione anche da lì.
Arthur aveva vuotato
finalmente il sacco, riversando tutta la delusione e l’amarezza che, in quei
mesi, aveva trattenuto per sé.
(…)
“Avrei bisogno di un anticipo sullo stipendio.” Esordì
Merlin, d’un tratto, dopo che l’Asino ebbe terminato
il proprio ragguaglio.
“Per farne che?” s’incuriosì il principe, sollevando uno
sguardo dubbioso.
“Oh, fidatevi.
Non credo che vogliate saperlo davvero!” rispose il mago,
tergiversando.
“Hai intenzione di ubriacarti al piano di sotto, per
festeggiare la partenza?” insinuò, temporeggiando, mentre faceva tintinnare il
borsello legato alla cintura.
“E’ una cosa da donne.”
Lo accontentò, pregustando la faccia sconvolta del suo signore.
Quello che Merlin non sapeva era che ‘cosa da donne’ fosse una formula magica. Sì, lo era. Altrimenti non si spiegava come mai il principe – a
quella frase – fosse scattato di colpo sull’attenti, armeggiando convulso sul sacchetto
per sganciarselo di dosso e lanciarglielo contro, tutto intero, dandole libero
e incondizionato accesso ai suoi averi, prima di scomparire Diosolosapevadove con Diosolosapevaqualescusainventare manco
avesse avuto un’orda di Barbari alle calcagna.
(…)
Riuscire a partire fu meno semplice del previsto, poiché la
signora Rosy, dopo mille raccomandazioni e abbracci a non finire, ancora non si
decideva a lasciarli liberi.
C’era da dire però, in tutta onestà, che l’affetto materno
della locandiera aveva scaldato il cuore di entrambi e né
Arthur né Merlin riuscivano a darle l’addio definitivo.
“I miei sposini preferiti!” piagnucolò ancora una volta
l’ostessa, asciugandosi una lacrima sull’orlo del grembiule. “Non sapete quanto
mi mancherete!”
“Anche noi sentiremo la vostra mancanza.” Le assicurò
Linette, stringendole una mano fra le proprie.
“E tu, giovanotto, cerca di rigare dritto!” intimò il
padrone ad Arthur, visto che per l’occasione era
uscito anche lui dalla locanda.
Infine vi invito a leggere e a
commentare, se vi va, l’ultimo progetto che ho postato: “Saturday Morning (Coffee Break)” (oneshot merthur, la mia
seconda AU in assoluto).
E il secondo capitolo della raccolta su Arthur e le figure
materne “Arthur & The Mothers”.
Campagna di Promozione
Sociale - Messaggio No Profit:
Dona l’8‰
del tuo tempo alla causa pro recensioni.
Farai felice
milioni di scrittori.
(Chiunque voglia aderire
al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio crede) Come sempre, sono graditi commenti,
consigli e critiche.
I vostri commenti mi mettono sempre,
enormemente di buonumore e, oltre a ringraziarvi di cuore, l’unica cosa che
posso fare per sdebitarmi è postare il prima possibile.
Così, anziché scorrazzare fra i
prati, ho immolato il mio lunedì di Pasquetta alla revisione del capitolo e ho
preparato l’aggiornamento. ^^
Sono stata buona, eh? ^_=
Ma ora pretendo del cioccolato! è_é
(o, in alternativa, un bel commento che mi ingrassa di meno e non fa venire i brufoli
X°D).
SPOILER FREE: Come l’anno scorso, sento doveroso fare una precisazione.
Dopo aver visto tutte le puntate della quarta stagione e dopo aver letto tutti
gli spoiler generali in circolazione, ricordo a tutti che questa storia NON
contiene/conterrà alcuno spoiler; e che eventuali coincidenze con la quarta serie sono appunto casuali coincidenze.
Il seguente capitolo
è il diretto seguito del precedente e, cronologicamente, racconta la sera del
17° giorno e il 18° che è l’ultimo alla locanda: il 30 giugno.
Riassunto: Merlin
è abituato a salvare la vita all’Asino Reale senza che questi se ne accorga, ma
stavolta non tutto va per il verso giusto. Colpito dall’incantesimo del
malvagio Ardof, il nostro mago farà i conti con una sconvolgente novità: egli
si risveglia trasformato in una donna.
Solo Gaius conosce il suo segreto e, finché non troverà il modo di tornare
normale, dovrà inventarsi delle scuse plausibili e prendere il posto di se
stesso al servizio del principe. Come riuscirà a conciliare questa ‘nuova
situazione’? Come si evolverà il suo rapporto con Arthur?
Capitolo dedicato a chi ha recensito
il precedente:
Agrumi, crownless, zizi (Benvenuta!
^^), Lady Vivy (Benvenuta, anche a te! ^^), elfin emrys, Cassandra, chibisaru81,
chibimayu, Ryta Holmes, Agito (Che bello ritrovarti!), _Jaya, DevinCarnes, masrmg_5,
mindyxx, Orchidea Rosa, Luna Senese, Lily Castiel Winchester, Raven Cullen, sixchan
e ginnyred.
E a quanti commenteranno (SE vi
va di recensire anche dei capitoli più indietro di questo, il vostro parere non
andrà perduto!).
Ai vecchi e ai nuovi lettori.
Grazie.
The He
in the She
(l’Essenza dentro l’Apparenza)
Capitolo LVI
Accoccolato in solitudine sul prato davanti alla locanda, Merlin
inspirò a fondo l’aria fresca della sera, mentre si riempiva gli occhi delle
costellazioni sopra di lui – luci lontane e inavvicinabili, persino quella del Dragone lo era, lo era
forse più di tutte.
Malgrado la sofferenza fisica e spirituale che aveva provato
in quei giorni, durante quella missione così particolare, egli era davvero
addolorato nel dover lasciare la taverna, che rappresentava una parentesi della
sua vita che mai più avrebbe potuto aspirare a rivivere.
Se fosse stato un filo più egoista, coi suoi poteri, avrebbe
fermato il tempo in quel momento, in quel pezzetto di mondo lontano da tutto e
da tutti. E avrebbe continuato ad avere Arthur per sé. Anche se in realtà non era mai stato suo.
Ma un buon principe,
un erede al trono, non apparteneva neppure a se stesso. Apparteneva alla sua
gente, al suo popolo, al regno che avrebbe dovuto governare. Tutto questo
doveva venire prima dei suoi sentimenti, anche prima della sua felicità.
Merlin ingoiò questa consapevolezza amara e osservò, avido,
ogni cosa che avrebbe impresso nella mente, ogni profumo, ogni istante. L’ultima sera lì.
L’avrebbe conservata
fra i suoi ricordi grati, assieme alla signora Rosy. Si ripromise, avvertendo
sulla pelle lo sguardo di Arthur.
Anche se il nobile era ancora lontano, il mago sapeva che lo
avrebbe raggiunto a breve e cercò di ricomporsi.
“Ho avvisato l’oste che domani, dopo pranzo, salderemo il
conto e partiremo.” Gli rese noto, infatti, il cavaliere, fermandosi davanti a
lui.
“Mh.” Sbuffò l’ancella, per fargli capire che l’aveva
ascoltato.
“E’ dalla Festa di Litha che sei pensierosa.” Esordì
nuovamente il principe, lasciandosi cadere al suo fianco fra l’erba soffice,
come se il silenzio tutt’attorno incoraggiasse confidenze. “E stranamente
taciturna, per giunta.” Riprovò, visto che non riceveva risposta. “E allora?
Cosa c’è? Cosa ti turba…?”
“Vi state sbagliando, Arthur.
Non ho niente…” lo dissuase il mago, mentendo.
In realtà, si sentiva sorpreso di quelle parole. Aveva
cercato di dissimulare, per quanto poteva, il proprio stato, fingendo la
consuetudine dei comportamenti e attendendo che la magia evocata facesse il
resto, ed avrebbe scommesso con chiunque che l’Asino non s’era accorto di
nulla. E invece…
D’altra parte, considerò lo stregone, l’Incanto d’Oblio non
era ancora compiuto. Avrebbe dovuto recitarlo ancora l’indomani e per ogni
giorno di viaggio verso Camelot. Solo allora, l’erede al trono avrebbe
dimenticato del tutto ciò che era necessario e anch’egli avrebbe concesso
requie al proprio animo.
“Lin-Lin?” ritentò ancora il principe, nient’affatto
scoraggiato.
“Mh?”
“Non è che… che stai pensando anche tu di piantarmi in asso e di tornartene a vivere la tua
nostalgica e noiosissima vita
agreste!” sbottò, fingendosi più scandalizzato che spaventato da quellapossibilità, che tuttavia gli stringeva le
viscere in una morsa d’ansia.
“No, state tranquillo.” Lo rassicurò. “Non vi libererete di
me, almeno fino a che Merlin non tornerà da voi.”
“E... poi? Dopo, che
farai?” volle sapere, come se quel pensiero l’avesse di colpo
destabilizzato. In fondo era vero, non ci
aveva mai pensato, ma ‘il poi’ sarebbe diventato, presto o tardi, un ‘adesso’ e
quando le cose sarebbero tornate alla normalità, che ne sarebbe stato di lei?
“Me ne andrò.” Disse ella, pacata ma decisa.
Arthur sgranò gli occhi, colpito da quella determinazione
nel tono della voce. “Ma... ma perché? Che fretta c’è?!” si infervorò.
“Non avete certo bisogno di due valletti personali, Maestà.”
Gli spiegò l’ancella, dimentica che non avrebbe dovuto usare quelle formalità
nei pressi della locanda. “Il mio compito di sostituzione terminerà allorché
mio cugino riprenderà il suo, che gli spetta di diritto.”
“Ma Camelot è così
grande! Potresti trovare qualcos’altro da fare!” le suggerì, senza capire il
perché dell’ansia che sentiva crescere dentro. “Ti cercherò io un nuovo
incarico!” le promise, offrendosi di trovarle una soluzione.
“Vi ringrazio, ma non servirà.” Rifiutò. “I miei accordi con
Merlin sono stati chiari.”
“E’ stato Merlin ad importi di andartene?!” si scaldò il
principe, innervosendosi e indignandosi.
“Oh, no. Certo che no!” s’affrettò a chiarire lo stregone,
ritrovandosi assurdamente costretto a difendere se stesso da se stesso. “E’ una decisione mia. Solo mia.”
“Ma non puoi abbandonarmi nelle mani di quell’idiota!”
sbottò allora il nobile, cercando di persuaderla. “Lui non sopporta di venire a
caccia con me, e invece tu-”
“Si adeguerà, non temete.” Lo tacitò.
Tuttavia, il giovane Pendragon non desistette: “Tu sei più
brava a pulire, a cucinare, a riordinare… sei più affidabile! Merlin, invece, è un impiastro!”
Il mago assorbì la ramanzina, stringendo un filo d’erba per
nascondere il proprio sconforto. Quando però non ce la fece più, anch’egli
sbottò.
“Non dovrei essere io a dirlo, Sire, ma Merlin è un ottimo
servo, è leale e generoso. Darebbe la sua
vita per voi.” Gli ricordò, rischiando di far incrinare la propria voce.
“Perciò dovreste dimostrare un minimo di gratitudine nei suoi confronti.”
“Lo so.” Ammise
Arthur, inaspettatamente. “Ma non riesco mai a dirglielo.” Concesse, con
sincerità. “E ora mi sembra quasi troppo tardi.” Si rammaricò. “Davo per
scontato che fosse sempre al mio fianco – che lo sarebbe sempre rimasto – e poi
un bel giorno lui è semplicemente sparito, senza
una parola, senza un saluto.”
Lo scudiero sbirciò verso il suo signore, ma percepiva la
sua tensione anche da lì.
Arthur aveva vuotato
finalmente il sacco, riversando tutta la delusione e l’amarezza che, in quei
mesi, aveva trattenuto per sé.
“Posso immaginare come vi sentite...” sussurrò Lin, a quel
punto. “Ma vi assicuro che non era nelle intenzioni di Merlin farvi soffrire...
o mancarvi di rispetto.”
“Vedi, Linette... non si tratta solo del rispetto che egli
mi deve in quanto suo padrone...” parlò francamente. “Sto parlando di... beh,
di... amicizia. Quella che credevo
esistesse fra noi.”
“Quella è un legame che rimarrà anche se siete lontani; se è vera, niente potrà distruggerla.
Neppure il tempo.”
Il principe le sorrise di rimando, un sorriso dal gusto
dolceamaro.
‘E cosa rimarrà, fra
noi, quando tu te ne andrai?’
“Si sta alzando il vento, rientriamo.” Suggerì, incapace di
formulare ad alta voce quell’ultimo pensiero, per la paura di sapere quale
sarebbe stata la risposta.
E, una volta che si fu risollevato, egli aiutò la propria consorte a fare altrettanto. Prendendola
sottobraccio, si incamminarono verso la locanda, mentre la sera cedeva il posto
alla notte.
“Verrò a trovarvi, ogni tanto,” mentì Linette, un attimo
prima di varcare la soglia, come se in realtà non avessero mai interrotto il
discorso. “Per vedere se siete ancora il solito Asino Reale.” Scherzò.
“Impudente.” Sorrise Arthur, rimproverandola blandamente,
eppure col cuore più leggero.
***
Allorché il nobile Somaro ebbe fatto ritorno, di mattina
presto, dalla sua spedizione informativa ai cavalieri ed ebbe preso accordi con
loro, Linette dovette esporgli una situazione un po’ spinosa, poiché, prima di andarsene, lo stregone voleva ripagare la
locandiera, rifondendole almeno parte delle spese della sua indisposizione e
delle cure per Arthur, che esulavano dal conto pattuito al loro arrivo.
“Avrei bisogno di un anticipo sullo stipendio.” Esordì
Merlin, d’un tratto, dopo che l’Asino ebbe terminato il proprio ragguaglio.
“Per farne che?” s’incuriosì il principe, sollevando uno
sguardo dubbioso.
“Oh, fidatevi. Non
credo che vogliate saperlo davvero!” rispose il mago, tergiversando.
“Hai intenzione di ubriacarti al piano di sotto, per
festeggiare la partenza?” insinuò, temporeggiando, mentre faceva tintinnare il
borsello legato alla cintura.
“E’ una cosa da donne.”
Lo accontentò, pregustando la faccia sconvolta del suo signore.
Quello che Merlin non sapeva era che ‘cosa da donne’ fosse una formula magica. Sì, lo era. Altrimenti non si spiegava come mai il principe – a
quella frase – fosse scattato di colpo sull’attenti, armeggiando convulso sul sacchetto
per sganciarselo di dosso e lanciarglielo contro, tutto intero, dandole libero
e incondizionato accesso ai suoi averi, prima di scomparire Diosolosapevadove con Diosolosapevaqualescusainventare manco
avesse avuto un’orda di Barbari alle calcagna.
***
Dopo aver assolto quanto si era prefissata e aver consumato
con l’imbarazzato marito l’ultimo pasto di mezzodì (compresa la torta di addio agli sposini, che
aveva ridato il buonumore all’Idiota Reale), i due si erano ritirati per
preparare i bagagli e Linette aveva cincischiato, fingendosi concentrata, piegando
con cura le ultime cose da riporre, quasi a voler inconsciamente procrastinare
la partenza il più possibile.
Arthur, che sovrintendeva i lavori di riordino
impazientemente, le domandò euforico: “Non stai morendo anche tu dalla voglia
di tornare alla tua vecchia vita?!”
“Riprendere a lavare le vostre regali braghe? A lustrare i
vostri stivali, pulire i vostri appartamenti, arrotare la vostra spada,
lucidare la vostra armatura, stare dietro ai vostri regali capricci?” chiese
retorico lo scudiero, con un ghigno. “Oh, sì. Muoio dalla voglia di tornare a Camelot!” dichiarò con finto
entusiasmo.
Ma il giovane Pendragon, anziché sgridarlo per l’impudenza,
scoppiò a ridere.
“Mettila così, Lin-Lin.” Premise, sollevando un dito a
mezz’aria. “E’ come se ti avessi concesso un congedo, una specie di vacanza…”
filosofò. “Ma non si può vivere in vacanza per sempre, no?”
Merlin avrebbe voluto rispondergli che sì, si poteva. Se si era in due a volerlo. Ma quello
non era il loro caso.
“Quella dovresti davvero
bruciarla!” le consigliò il nobile, strappandolo ai propri pensieri. “L’hai
indossata per non so quanti giorni…”
E solo allora il mago si accorse di avere in mano la casacca
rossa che Sua Maestà aveva prestato alla sua valletta indecorosa. Arrossendo al
ricordo di quella sera, egli cercò di difendersi: “Sappiate che l’ho lavata,
nel frattempo!”
“Lo vorrei ben sperare!” esclamò, arricciando
l’aristocratico naso.
“Beh, se voi non la rivolete indietro, credo che me la terrò
io.” Considerò Lin. “Non si sa mai…”
“Bene. E’ tutta tua.” Le concesse il Babbeo, ostentando
magnanimità. “Ma ora sbrigati! Tra poco gli altri saranno qui a chiedere
provviste per il loro viaggio e noi dovremmo esser già andati!”
Lo stregone aveva trovato abbastanza stupido che Leon e Duncan
passassero di lì per acquistare delle scorte, quando il buonsenso comune diceva
che avrebbero potuto procurarsele con più facilità al villaggio. Ma, per
corroborare la loro farsa, il principe aveva stabilito che i due sarebbero
andati verso il ponte e, nel frattempo, loro sarebbero partiti; successivamente,
i cavalieri sarebbero tornati indietro alla chetichella e presto si sarebbero
riuniti a loro, per il ritorno.
Quel piano geniale
era ovviamente opera dell’Asino Reale, e nessuno dei due virili nobili aveva
osato contraddirlo. Peccato che Linette non fosse stata presente nel bosco, per
esprimere le sue umili perplessità.
“Sai?” rifletté Arthur, quando finalmente chiusero i bauli
in procinto di andarsene ed egli verificò di non aver dimenticato nulla nella
stanza.
“Mh?”
“In fondo, poteva andarci anche peggio.” Valutò.
“Quest’avventura, intendo.”
“Oh, sì.” Concordò Merlin, facendo scattare la serratura.
“Però... quando ti ho suggerito la possibilità di fingerti
malata per motivare una permanenza maggiore, non pensavo mi avresti obbedito
così prontamente! Di solito non mi ascolti mai!” ridacchiò.
Anche il mago rise con lui. “Ma non siete mai contento! Se
ubbidisco non va bene, se non
ubbidisco, non va bene…” lo canzonò. “Marito incontentabile!”
“Oh!, ancora un ultimo sforzo, e poi non dovrai più fingere
questo scomodo legame con me.”
Merlin distolse lo sguardo, fingendosi impegnato in altro.
“Già.”
“E dovrò lasciare una lauta mancia a quei poveretti che ci
hanno sopportato così a lungo!”
“Credo se la siano meritata.” Apprezzò l’ancella, sondando
la camera spoglia, uguale a come l’avevano trovata al loro arrivo.
Peccato ci fossero invece mille cose ancora sparse sulla
coperta, tra le federe, sulla sedia a dondolo, sul canterano e persino nella
tinozza. Cose che sarebbero rimaste lì. A
testimoniare il loro passaggio.
Riuscire a partire fu meno semplice del previsto, poiché la
signora Rosy, dopo mille raccomandazioni e abbracci a non finire, ancora non si
decideva a lasciarli liberi.
C’era da dire però, in tutta onestà, che l’affetto materno
della locandiera aveva scaldato il cuore di entrambi e né Arthur né Merlin riuscivano
a darle l’addio definitivo.
“I miei sposini preferiti!” piagnucolò ancora una volta
l’ostessa, asciugandosi una lacrima sull’orlo del grembiule. “Non sapete quanto
mi mancherete!”
“Anche noi sentiremo la vostra mancanza.” Le assicurò Linette,
stringendole una mano fra le proprie.
“E tu, giovanotto, cerca di rigare dritto!” intimò il
padrone ad Arthur, visto che per l’occasione era uscito anche lui dalla
locanda.
“E se fra nove mesi vi nasce un pupo, dovete farmelo sapere!”
si raccomandò ancora Rosy, ad entrambi. “I figli di Litha sono benedetti dalla
Dea!” ripeté, cercando di non scoppiare a piangere.
Merlin le passò le braccia attorno al collo un’ultima volta,
mentre il principe controllava nuovamente che i bagagli fosse legati ben saldi
al calesse.
“Grazie di tutto.” Le bisbigliò il mago, commosso.
“E di che? Grazie a voi, figlioli. E buona fortuna!”
“Lin?” s’intromise il principe, chiamandola, trattenendo per
le briglie il cavallo ormai nervoso per la protratta attesa. “E’ davvero tempo di lasciarli, altrimen-”
Fu lo scalpiccio di zoccoli sul terreno ad interromperlo e
tutti i presenti si voltarono nella direzione da cui proveniva il suono: due
dei tre cacciatori, che avevano aiutato a ricostruire il ponte, si stavano
avvicinando.
“Buongiorno!” salutarono entrambi, allorché ebbero fermato
le loro cavalcature. “Anche voi in partenza? Ma che combinazione!” esclamò il più giovane, mentre quello con la
barba rimaneva compostamente zitto.
“Sempre che io riesca a convincere la mia dolce consorte a salire sul carretto!”
ironizzò Arthur. “Altrimenti metteremo radici qui fuori!” e tutti gli uomini scoppiarono
a ridere, sciogliendo la tensione dell’addio, mentre Merlin arrossiva suo
malgrado e Rosy lo guardava come a dire ‘Porta
pazienza, sono maschi!’.
“D’accordo, d’accordo!” sbottò egli, ad alta voce,
allontanandosi dalla locandiera per non far spazientire oltre il nobile Somaro e,
nel farlo, udì il cupo ‘strap’ tipico del tessuto lacerato. “Le sottane delle
nobildonne sono anche peggio di quelle delle serve!” si lamentò sottovoce,
raccogliendo l’orlo per non calpestarlo ulteriormente, intanto che saliva sul predellino
del calesse. “Senza contare i tacchi delle scarpe: una tortura ancor più
grande!” biascicò, tra sé.
Sfortuna volle che, in quel momento, un grosso cane randagio
stesse rincorrendo un gatto smilzo, e la povera bestia pensò bene di rasentare
Merlin nella sua fuga disperata e il cagnone, alle calcagna, spintonò il mago
che cadde all’indietro, sbilanciato.
Fu questione di un
istante. Prima di riuscire a parare la caduta, o che Arthur potesse
sostenerlo, egli batté la testa esattamente su un sasso consumato che faceva
capolino dalla terra battuta e il mondo attorno a lui si fece tutto nero.
Continua...
Disclaimer:I personaggi di Merlin, citati in questo racconto, non sono
miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire
di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.
Ringraziamenti:
Un abbraccio a Tao, che sopporta i
miei scleri. X3
Note: Prima che
me lo diciate, sì. Il capitolo è un po’ più corto degli ultimi postati, ma era
per necessità.
Il prossimo sarà nuovamente lungo.^^
Cosa succederà al nostro povero mago? Quale nuova (dis)avventura
lo colpirà? (Buawahaha!)
Per curiosità, James Bradley (noto astronomo inglese,
omonimo al contrario del nostro principino), misurando la parallasse di alcune
stelle che lo compongono, scoprì nel 1725 il fenomeno dell’aberrazione della
luce, che costituisce una delle prime prove della rotazione della Terra attorno
al Sole.
Cosa ne pensate della riflessione di Arthur sul suo legame
con Merlin e Linette? Sono davvero curiosa di saperlo!
Precisazioni al
capitolo precedente e domande varie: (a random)
- E’ stato bello ritrovare vecchi nomi fra i commenti,
grazie. ^^
- Ovvio che l’Asino Reale si lamenti anche della pappa pronta, altrimenti non sarebbe da lui! XD
- Sono contenta che il fraintendimento fosse credibile. ^^
Mi fa sorridere che tutte riteniate il QI del principe non
particolarmente rilevante. XD
- Sì, in un certo senso, il corriere faceva davvero pena.
Sono felice che abbiate apprezzato il gesto di pietà di Merlin.
- All’inizio della storia, Arthur proteggeva Linette perché
era convinto di doverlo fare per Merlin che gliel’aveva implicitamente affidata;
ora lo fa perché lei è lei, e le è
affezionato. Non più solo perché è la cugina del suo servo.
- Purtroppo, dobbiamo dire addio a Rosy, tornerà solo nei
ricordi dei nostri eroi e nella raccolta seguito. Voi non sapete quanto mi sono
divertita a muoverla, perché c’è molto della mia malizia nelle sue
insinuazioni. XD
- Sì, a Merlin resterà la consapevolezza di ciò che prova
per il principe.
- Effettivamente,
Rosy ha detto che vuol essere avvisata se arriverà la progenie.
- Tra cavalli e asini
reali ci si intende da soli. XD
- No, non andranno a Ealdor perché, come detto all’inizio di
questo viaggio, Ealdor si trova in posizione diametralmente opposta a dove sono
loro e questa era una delle poche consolazioni di Merlin (ovvero: lo scampato
pericolo di un’incursione fuori programma al suo villaggio).
- L’argomento “Ritorno Merlin”
verrà ripreso tra pochissimo, e stavolta in modo drastico. XD
- Ho scelto di concludere
l’avventura con la restituzione del maltolto, senza lotte e spargimenti di
sangue, perché comunque accadranno presto altri fatti a complicare la
vita dei nostri due eroi e mi piace farli soffrire, ma con moderazione. ^^
Quindi no, non è un imbroglio né
un finto gioiello. E’ proprio quello che
è stato rubato.
- Verissimo, la devozione dei
cavalieri per il loro principe è commovente. Sono loro a infondergli coraggio e
ad ‘adottarlo’ come capo. XD Spero di riuscire a renderlo bene nella mia fic,
perché amo questa cosa, ribadita in tutte le stagioni del telefilm.
- Sì, ci sono molti segreti fra
Arthur e MerLin, e ciò è senza dubbio un ostacolo per il loro amore. Pian
piano, tutti i nodi verranno al pettine.
Vi metto ben TRE anticipazioni
del prossimo capitolo:
“Come sta Linette?” pretese di sapere Arthur,
approssimandosi al guaritore reale.
Gaius esalò un sospiro affranto.
“Non ha ancora ripreso conoscenza.” Mentì, per
temporeggiare, fintanto che non avesse capito la gravità della situazione.
“Tuttavia… non sono le contusioni ad impensierirmi… quanto piuttosto ciò che
sta accadendo nel suo cervello! Potrebbe aver perso il senno!” ipotizzò, con
orrore, sperando di sbagliarsi. “Ma vi prego, vi supplico, Maestà! Quando lei
si risveglierà, non dovrete raccontarle nulla di quanto è accaduto – ciò che ha
detto e fatto, mentre non era in sé –, ne va della sua sanità mentale!”
(…)
Se la cosa non fosse
stata tanto tragica, avrebbero riso entrambi al ricordo di Lin-Lin che
garantiva ad un Uther, sull’orlo di una crisi di nervi, un bel nipotino entro
la primavera successiva.
Arthur e Gaius avevano avuto il loro bel daffare a rendere
inoffensiva l’esuberante novella consorte,
ad impedire una fuga di notizie degna del più succulento pettegolezzo di
palazzo fin dalla notte dei tempi, e soprattutto
a calmare le ire del sovrano, rammentandogli che ella era in quello stato per
essersi sacrificata per il Regno,
salvando il Tesoro della Corona. Solo questo motivo –la gratitudine coatta – aveva tenuto a bada
l’indignazione del re per quella zelante
nuora fuori programma.
(…)
Allorché entrambi caddero nelle maglie del sonno, neanche
mezza veglia dopo, i corpi di Arthur e Merlin si cercarono inconsciamente,
liberi dalle loro volontà, incastrandosi in un intreccio perfetto di braccia e
gambe – dov’era giusto che fossero, dov’era
giusto che stessero.
E mentre il principe affondava il mento contro la pelle
morbida del mago, e quest’ultimo mugolava soddisfatto per il calore ricevuto in
dono, nelle viscere del castello rimbombò il suono di una risata cavernosa, ma
nessuno l’avrebbe udita. Tantomeno loro.
Vi incuriosisce? ^_=
Infine, visto che è da un po’ che non lo faccio, ringrazio i
167 utenti che hanno messo Linette fra le storie preferite, i 277 fra le
seguite, e tutti i ‘da ricordare’ anche se la fic non è ancora finita.
E i 367 utenti che hanno messo me fra i loro autori
preferiti. Grazie della fiducia!
Campagna di Promozione
Sociale - Messaggio No Profit:
Dona l’8‰ del tuo tempo alla causa
pro recensioni.
Farai felice milioni di scrittori.
(Chiunque voglia
aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio crede) Come sempre, sono graditi commenti,
consigli e critiche.
SPOILER FREE: Come l’anno scorso, sento doveroso fare una precisazione
SPOILER FREE: Come l’anno scorso, sento doveroso
fare una precisazione. Dopo aver visto tutte le puntate della quarta stagione e
dopo aver letto tutti gli spoiler generali in circolazione, ricordo a tutti che
questa storia NON contiene/conterrà alcuno spoiler; e
che eventuali coincidenze con
la quarta serie sono appunto casuali coincidenze.
Il seguente capitolo si
colloca 10 giorni dopo la fine del precedente, quindi
post missione.
Siamo al 10 luglio,
nel momento in cui Merlin si risveglia.
Premessa doverosa: se
durante la lettura vi sembra che la situazione sia confusa, è
voluto. Il mio consiglio è: cercate di immedesimarvi in Merlin. Nelle
note finali troverete le spiegazioni.^^
Riassunto: Merlin
è abituato a salvare la vita all’Asino Reale senza che questi se ne accorga, ma
stavolta non tutto va per il verso giusto. Colpito dall’incantesimo del
malvagio Ardof, il nostro mago farà i conti con una
sconvolgente novità: egli si risveglia trasformato in una donna.
Solo Gaius conosce il suo segreto e, finché non troverà il modo di tornare
normale, dovrà inventarsi delle scuse plausibili e prendere
il posto di se stesso al servizio del principe. Come riuscirà a conciliare
questa ‘nuova situazione’? Come si evolverà il suo rapporto con Arthur?
Capitolo dedicato a chi ha recensito
il precedente:
E a quanti commenteranno (SE vi
va di recensire anche dei capitoli più indietro di questo, il vostro parere non
andrà perduto!).
Ai vecchi e ai nuovi lettori.
Grazie.
TheHe in theShe
(l’Essenza dentro l’Apparenza)
Capitolo LVII
Quando Merlin si risvegliò, riprendendo conoscenza, fu certo
di stare ancora sognando, poiché sarebbe stato assolutamente impossibile, nella
realtà, ritrovarsi davanti lo sguardo corrucciato del
suo maestro a due palmi dal naso.
E invece no. Non stava
più sognando. Lo capì quando, sollevandosi lentamente, egli riconobbe il
proprio letto e la propria cameretta a Camelot.
E la voce di Gaius era dannatamente reale.
“Come ti senti?” si sentì chiedere,
con un’intonazione ansiosa che il vecchio cerusico conservava per i momenti di maggior
pericolo o di sventura.
“L-la testa m-mi scoppia e sono
tutto stordito.” Ammise tartagliando, massaggiandosi una tempia con aria
sofferente.
“Stordito?” ripeté il medico, sollevando il tipico
sopracciglio perplesso. “Merlin? Sei proprio tu?”
Il mago sbatté le palpebre, confuso.
“E… e chi altri volete che sia? Siete
forse impazzito?!” sbottò con troppa enfasi, sentendo
una stilettata di dolore nel cranio. “Gaius! Che scherzo è
mai que-” fu solo un istante, – un lunghissimo,
eterno istante, in cui lo stregone rivisse il momento in cui aveva usato quelle
stesse parole: il giorno in cui la sua disgrazia era cominciata, l’alba dopo la
sua trasformazione – e il momento successivo egli si toccò il viso, con mani
tremanti, il seno florido, i capelli fastidiosamente lunghi, e sentì l’assurda
speranza che l’aveva travolto andare in mille pezzi. Linette era ancora
lì. Dannazione, era lei.
Un conato di vomito gli salì dalle viscere e fu solo per la
prontezza dell’archiatra che si ritrovò in grembo un catino dove rigettare la
poca acqua che probabilmente gli era stata somministrata mentre era svenuto.
“Stenditi, figliolo.” Gli consigliò il guaritore,
accompagnandolo nella discesa verso il cuscino.
“Gaius? Perché sono
ridotto così?!” bisbigliò sconvolto, chiudendo gli
occhi afflitto, come se anche solo parlare gli costasse un’enorme fatica. Per
questo non vide che le mani del mentore avevano tremato un po’, prima di
posargli una pezzuola umida sulla fronte, per dargli sollievo.
L’ultima cosa che ricordava era l’abbraccio della signora
Rosy e l’imminente partenza dalla locanda e non sapeva capacitarsi di come si
ritrovasse lì e per giunta così malconcio. Ma
non avrebbe mai creduto che le sue domande sarebbe
state fraintese da Gaius…
Il povero vecchio ingoiò la proprio
disperazione.
Merlin aveva perso la
memoria, e non rammentava la sua trasformazione in donna!
Come avrebbe fatto…? Con che coraggio avrebbe raccontato a
quel povero ragazzo cos’era diventato?
“Merlin… tu sai chi
è Linette?” domandò tentennando, quando non fu più possibile procrastinare oltre
il silenzio, ma temendo la sua risposta.
“Sì.” Sussurrò, sfinito. “E’… mia cugina, no?” fu la soluzione del giovane mago, convinto che
l’altro volesse sapere se rammentava ancora i particolari della loro messinscena.
“Ci siamo… scambiati di posto.”
Che Merlin avesse uno
sdoppiamento di personalità?,
si preoccupò il cerusico, ascoltandolo vaneggiare.
“Ora riposa, ragazzo mio.” Lo rassicurò, facendogli assumere
un forte sedativo, mescolato alle gocce che aveva dato, a suo tempo, al
principe per dormire.
Poi, a passo stanco, egli si diresse nel suo studio, dove
collassò su una delle sedie e si nascose il viso rugoso fra le mani, cedendo
allo sconforto.
Forse la mente del suo
protetto non aveva retto, una seconda volta, al trauma di riscoprirsi diventato
donna. Sì, doveva essere certamente
così. Si persuase, fino a che non venne distratto
da un discreto bussare alla porta.
Egli diede il permesso d’entrare
allo sconosciuto visitatore, ma avrebbe preferito non averlo fatto, allorché si
trovò davanti lo sguardo preoccupato dell’erede al trono.
“Come sta Linette?” pretese di sapere Arthur,
approssimandosi al guaritore reale.
Gaius esalò un sospiro affranto.
“Non ha ancora ripreso conoscenza.” Mentì, per temporeggiare,
fintanto che non avesse capito la gravità della situazione. “Tuttavia… non sono
le contusioni ad impensierirmi… quanto piuttosto ciò
che sta accadendo nel suo cervello! Potrebbe aver perso il
senno!” ipotizzò, con orrore, sperando di sbagliarsi. “Ma vi prego, vi supplico, Maestà! Quando lei si risveglierà, non dovrete
raccontarle nulla di quanto è accaduto – ciò che ha detto e
fatto, mentre non era in sé –, ne va della sua sanità mentale!”
“Lo farò.” Promise il principe, annuendo formalmente. “Le ribadiremo solo lo stretto necessario: vale a dire che alla
partenza dalla locanda è caduta battendo la testa ed, essendo svenuta per la
forte botta, io e lei abbiamo rimandato il ritorno a casa di qualche giorno, per
sicurezza; mentre Leon e Martin sono partiti immediatamente, con il tesoro, poiché
non aveva senso che rimanessero lì con noi.”
“E’ corretto.” Approvò. “Ma cosa le
diremo, quando ci chiederà com’è finita qui?”
Arthur piantò gli incisivi sul labbro inferiore,
riflettendo.
“Mentiremo, almeno in
parte. Le spiegheremo che il colpo è stato più grave del previsto e che lei
è rimasta semi-incosciente per giorni interi e che io
ho deciso di ricondurla a Camelot perché tu la
curassi.”
“Questo, almeno, motiverebbe il perché lei non sappia com’è tornata.
Ma un buco temporale di dieci giorni non è semplice da riempire!”
“La persuaderemo di aver dormito!” sbottò il nobile, animandosi.
“Sicuramente non possiamo dirle che la botta le ha mutato i ricordi della nostra
copertura ed ha creduto davvero di
essere mia moglie!”
Se la cosa non fosse
stata tanto tragica, avrebbero riso entrambi al ricordo di Lin-Lin
che garantiva ad un Uther,
sull’orlo di una crisi di nervi, un bel nipotino entro la primavera successiva.
Arthur e Gaius avevano avuto il loro bel daffare a rendere
inoffensiva l’esuberante novella consorte,
ad impedire una fuga di notizie degna del più
succulento pettegolezzo di palazzo fin dalla notte dei tempi, e soprattutto a calmare le ire del sovrano,
rammentandogli che ella era in quello stato per essersi sacrificata per il Regno, salvando il Tesoro della Corona. Solo
questo motivo – la gratitudine coatta – aveva tenuto a bada l’indignazione del re
per quella zelante nuora fuori programma.
I due uomini rimasero in silenzio a lungo, ognuno perso
nelle proprie riflessioni e nei propri tormenti.
Gaius, che non sapeva
chi si sarebbe trovato davanti, allorquando Merlin
si fosse ridestato, e che ipotizzava catastrofiche ripercussioni sul futuro del
suo protetto; e Arthur, che non aveva detto al medico tutta la verità sul
secondo increscioso incidente che aveva coinvolto la sua valletta.
Con che animo avrebbe potuto confessare al vecchio – il
quale considerava Linette alla stregua di una figlia –, che la cara e pudica fanciulla
si era ferita alla testa, la seconda volta, mentre era nel bel mezzo di un
tentativo di seduzione, andato a male, ai danni dell’erede al trono?
Il principe aveva, infatti, cavallerescamente rifiutato
l’ennesima pretesa di consumare il loro
matrimonio e l’aveva allontanata con gentile fermezza da sé, e mai, mai avrebbe immaginato che ella avrebbe inciampato sul tappeto, urtando fatalmente la
mensola su cui stava un’anfora antica – datagli in dono da un re lontano – e
che tale vaso l’avrebbe colpita in pieno, con tutto il suo peso, prima di
frantumarsi al suolo in mille pezzi.
Arthur non avrebbe mai
creduto che lei sarebbe potuta diventare così spudorata e disinibita.
D’accordo avere a che fare con la sua sfrontatezza verbale (in fondo, si era
già abituato a quella di Merlin), ma
quella Linette era andata ben oltre, con le sue strategie di seduzione! Per
un lungo istante, s’era sentito lui
il povero verginello della situazione!
A Gaius, egli aveva omesso la parte delle profferte sconce –
che aveva ritenuto ininfluenti per il ragguaglio – e si era limitato a
riassumente l’incidente.
Erano però passati due giorni da quel momento e la sua
ancella non aveva ancora ripreso conoscenza, benché l’unico danno fisico
presente fossero due bozzi fra i capelli – uno
vecchio, della locanda, e il più recente ad opera del vaso.
“E se… se non si svegliasse più? O
se fosse uscita di senno? I colpi in
testa sono pericolosi!” considerò il principe, consumato dai sensi di colpa,
aggravati dal ricordo di tutte le volte che egli aveva colpito Merlin anche per
delle sciocchezze e considerando, solo in quel momento, quali conseguenze
disastrose avrebbe potuto portare il suo comportamento scriteriato.
“Non ditelo neanche per scherzo!” s’allarmò
il cerusico. “Si riprenderà, vedrete… altrimenti, io non saprei che fare senza
di l-”
“Qualsiasi cosa accada, voglio che tu sappia che me ne prenderò la responsabilità.” Dichiarò Arthur, in tono grave.
“Sono stato io ad accettare di coinvolgerla nella missione, perciò avrò cura di
lei, quale che sia il suo stato. Farò in modo che stia bene a Camelot e andrò a scusarmi con
Merlin, a Ealdor e-”
“No, assolutamente no! Non ditelo nemmeno!” si scaldò il
vecchio, ricomponendosi poi: “Sire, per carità, è prematuro parlare così…”
riferì, saggiamente. “Lasciamo tempo al tempo…”
“Non ci restano altre soluzioni.” Ammise, a malincuore,
l’erede al trono, avviandosi alla porta. “Gaius, mio padre mi attende per una
riunione, ma ti prego di avvisarmi immediatamente di qualsiasi cambiamento avvenga
in lei.”
“Sarà fatto, Maestà.” Ripose il medico, con un inchino del
capo.
***
Merlin si riprese all’indomani di quella discussione. Ma
avrebbe sempre conservato – nei giorni a venire, prima, e negli anni
successivi, dopo – la fastidiosa impressione
di essersi perso qualcosa di importante.
Gaius, dopo aver chiarito il malinteso in cui egli aveva
chiesto perché fosse ridotto in quello
stato, intendendo la sua condizione malconcia e non l’essere diventato
donna, s’era fatto una gran risata liberatoria, ma poi l’aveva trattato con
un’infinita pazienza quasi sospetta per
tutto il primo giorno e Arthur – oh,
Arthur! –, quell’Asino era venuto a trovare Linette cinque volte,
rapportandosi a lei come se dovesse camminare su delle uova, bilanciando ogni
parola da dire o tacere, con una faccia da cane bastonato, che manco se avesse
ucciso qualcuno avrebbe potuto sentirsi più in colpa di così.
E il mago, che ovviamente non era stupido (checché ne
dicesse il Babbeo Reale), aveva messo sotto torchio il suo maestro, ma aveva
ricavato una assai misera spiegazione. Gaius gli aveva snocciolato quello che
sapeva, suggerendogli di chiedere al principe, che era presente alla locanda,
di elencargli i fatti.
Invece Arthur aveva aggiunto troppo poco per soddisfare la
sua curiosità, con lo sguardo basso e a disagio, tipico di chi non stava
dicendo il vero o stava omettendo cose rilevanti.
Alla fine di quel riassunto veloce e senza particolari, Merlin
avrebbe sempre avuto il dubbio d’aver fatto qualcosa
di irrimediabilmente vergognoso o pericoloso, poiché era sceso un veto che
persino il suo mentore rispettava. Per ordine
diretto di sua maestà, il re. Ma forse adUther non era semplicemente andato giù che fosse stata una
donna, una serva, a risolvere la
questione a lui tanto cara e a cui avrebbe dovuto dimostrare gratitudine.
Perfino Gwen era stata schiva e
vagamente in imbarazzo, quando era venuta a trovare Lin
per sapere come stava.
E alcune sguattere, incrociate nei corridoi, la guardavano
con compassione, quasi come se fosse stata una povera cretina.
L’unica costante della sua vita era Morgana, che le sorrideva
a tuttotondo, felice di rivederla ristabilita.
***
Aveva due bernoccoli enormi fra i capelli, un mal di capo
che lo tormentava, come un basso, costante ronzio, ma a parte questo, Merlin si
sentiva bene.
Perciò Linette non aveva sentito ragioni, quando – il
secondo giorno dopo il risveglio – aveva ripreso servizio per tornare alla
normalità, contro il parere del suo maestro.
Arthur se l’era tenuta vicina tutto il giorno, fino a sera,
per controllarla, per capire se stesse bene o fosse impazzita, se fosse tornata
in sé o potesse dire qualcosa di compromettente.
“Bene, Mio Signore.” Esordì il mago, concludendo
i preparativi per la notte del suo padrone. “Col vostro permesso, prenderei
congedo.”
Il principe lanciò alla sua valletta un lungo sguardo
tormentato. Appariva pallida e stanca, anche più del consueto. Ed era tutta colpa sua.
Merlin strabuzzò gli occhi, sorpreso da quella decisione.
“Ma Gaius mi aspetta! Che avete in mente?” pretese di sapere.
E il nobile, anziché replicare, deviò verso il tavolo da
lavoro e vergò frettolosamente poche parole su un pezzo di pergamena. Poi si
diresse a passo svelto in direzione del portone d’uscita e chiamò una delle
guardie appostate nel corridoio.
Fin da lì, lo stregone lo sentì comandare: “Esigo che venga immediatamente consegnato questo messaggio al guaritore
di corte.” E, senza attendere risposta, egli fece ritorno, chiudendo la porta a
chiave alle sue spalle.
“Sire?” domandò l’ancella, sorpresa da quel comportamento.
“Cos-?”
Arthur variò la rotta da lei per andare dietro al paravento
dove si cambiava d’abitudine e se ne uscì con una camicia leggera di lino, che
usava nelle stagioni più fredde per dormire, e la indossò.
Merlin se ne stupì, perché il caldo dell’estate gli avrebbe
permesso di riposare più comodamente senza, e poi cosa significava quella
strana condotta? Era lui ad aver battuto
la testa o piuttosto l’Asino Reale?
“Stanotte dormirai qui.” Si risolvette a comunicarle, con
l’inflessione di chi non accettava obiezioni. Ma
ovviamente Linette non avrebbe mai colto la sua imposizione.
“E per quale ragione?!” sbottò
infatti, incredula.
Perché devo tenerti
d’occhio?
“Perché così ho stabilito.”
“Ma non ve n’è motivo!” protestò la
serva, intuendo i suoi pensieri. “Ho solo due grosse protuberanze in testa e un
lieve mal di capo, ma passerà!”
Subito dopo quell’affermazione, ella
vide il principe sussultare e raggiungerla, allungando le mani fra i suoi
capelli.
“Fa’ sentire…”
“Ma non ser-” tentò di
dissuaderlo, e tuttavia cedette, quando le nobili dita si insinuarono
fra le sue ciocche, tastando con gentilezza i due bernoccoli. “Non mi spiego
come mai uno sia più grosso dell’altro…” confessò infine lo scudiero, con un
certo imbarazzo. “E sono posti distanti. Come avrò fatto?”
Arthur ritirò le mani dalla sua testa, come se si fosse
scottato.
“C’erano un sacco di pietre per terra.” Tagliò corto,
distogliendo gli occhi dai suoi, sentendosi in colpa per averle mentito.
“Sire…” rifece Merlin, cogliendo il momento, vedendolo
pensieroso. “Non mi sembra opportuno dormire con voi.” Gli rese
noto, controvoglia, mentre il suo
animo bramava l’esatto contrario. Ma questo
avrebbe reso tutto più difficile, e si era ripromesso di evitare situazioni
dolorose per il suo povero cuore.
“Abbiamo già dormito assieme. Alla locanda.” Appuntò Sua Maestà, calcando sulla fine della frase.
“Quale locanda?” domandò il mago, fingendo di non
ricordarlo. Ma incredibilmente l’altro impallidì e
allora gli confessò che si stava burlando di lui. “Lo ricordo, lo ricordo…” si affrettò a tranquillizzarlo. “Ho battuto la
testa, non ho certo perso la memoria!” considerò, ignaro della realtà dei
fatti.
Arthur invece trasalì di nuovo, adombrandosi.
“Puoi dormire con i tuoi abiti.” Si risolvette infine,
sollevando anche il copriletto per farle posto. “Non serve che ti cambi.”
“Io, però…” mugugnò lo stregone, arrossendo. “Io dovrei…”
“Che c’è?” pretese di sapere il nobile Babbeo, alzando un
aristocratico sopracciglio. E spalancando poi gli occhi, come colto da un’intuizione improvvisa e scandalizzata. “Non
dirmi che sei indisposta!”
“Oh, no! No-no!” si affrettò a smentire Linette,
imporporandosi ancor di più. “Ma non riesco a prender
sonno se prima non… uhmm…” mugugnò, tentennando.
Arthur fece una faccia stizzita, arricciando le labbra.
“Uhmm?” l’incalzò.
“Pipì.” Bisbigliò
il mago, facendosi piccolo piccolo.
“Mi scappa.”
E incredibilmente l’Asino Reale scoppiò a ridere, facendolo
vergognare ancor di più.
“Il mio vaso da notte è a tua completa disposizione.” Le
offrì galantemente. “Tanto più che domattina sarà tuo compito svuotarlo!” le
appuntò.
Merlin se ne andò a capo chino nell’altra stanza, dove di
solito l’Idiota coronato faceva il bagno, borbottando improperi contro gli asini senza ritegno.
Quando fece ritorno, Arthur era già appostato sul materasso,
in sua attesa.
“Ti serve altro?” le domandò retorico.
“Beh, veramente sì.” Rispose invece lo stregone, preferendo
al contempo sprofondare che essere ancora oggetto d’indagine, e si massaggiò
stancamente una tempia. “Gaius mi aveva prescritto un infuso di corteccia di
salice, da bere prima di coricarmi, contro l’emicrania. E ovviamente non ce l’ho con me.”
Arthur si rifece serio.
“Il mal di capo è ancora forte?” s’interessò.
“Un po’.” Mentì il mago, sminuendo il dolore per non
preoccuparlo inutilmente.
“Accomodati sotto le coperte.” Le suggerì, anche se era
palesemente un ordine. E a sua volta si risollevò dal giaciglio, afferrando uno
dei calici puliti sopra al tavolo dove avevano cenato. Lo intinse nel paiolo
che stava sopra al focolare ormai spento (i servi avevano riscaldato l’acqua
del suo bagno quasi un’intera veglia prima) e alla fine si mise a rovistare in
un cassetto del canterano.
“E’ il sacchetto con il laccio nero.” Gli rammentò Linette,
osservandolo dal baldacchino, stupita da quella gentilezza insperata.
“Lo so.” Bofonchiò il nobile, trovandolo.
“E bastano appena-”
“Due cucchiaini disciolti in mezza coppa d’acqua. Lo so.” La interruppe, preparando il
medicamento. “Quando tu non c’eri, ho imparato a curare un’emicrania anche da me.” Le rese noto,
porgendole il recipiente.
“Grazie.” Gli sorrise l’ancella,
accogliendo con gratitudine il rimedio.
Arthur, per superare l’imbarazzo immotivato, mugugnò
qualcosa sul fatto che alla locanda l’aveva fatto sgobbare ben di più e che, se
ora lei era a posto, potevano anche godere del meritato sonno che lui agognava.
Merlin non ebbe nulla a che ridire e soffiò sulla candela
posta sul comodino affianco a sé e il principe fece altrettanto, dal proprio
lato, ognuno bene attento a rimanere discosto dall’altro.
“Buonanotte, Maestà.” Gli augurò, cercando almeno di
approfittare della comodità del materasso imbottito e
delle lenzuola sontuose.
“Anche a te.” Rispose il nobile, con tono formale, tentando
invano di trovare una posizione confortevole, al di qua della
linea immaginaria che lo divideva da lei. “Cerca di riposare.” Le comandò, e si comandò.
Allorché entrambi caddero nelle
maglie del sonno, neanche mezza veglia dopo, i corpi di Arthur e Merlin si
cercarono inconsciamente, liberi dalle loro volontà, incastrandosi in un
intreccio perfetto di braccia e gambe – dov’era giusto che fossero, dov’era giusto che stessero.
E mentre il principe affondava il mento contro la pelle
morbida del mago, e quest’ultimo mugolava soddisfatto per il calore ricevuto in
dono, nelle viscere del castello rimbombò il suono di una risata cavernosa, ma
nessuno l’avrebbe udita. Tantomeno loro.
Continua...
Disclaimer:I
personaggi di Merlin, citati in questo racconto, non sono miei; appartengono
agli aventi diritto e, nel fruire di
essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.
Ringraziamenti:
Un abbraccio a Tao, che sopporta i
miei scleri. X3
E alla mia kohai che subisce le
mie paranoie. X°D
Note:
Cronistoria di chiarimento: abbiamo dieci giorni di buco temporale dalla fine
dello scorso capitolo all’inizio di questo. Dieci giorni così ripartiti:
tre alla locanda (in cui Arthur spera invano che Linette rinsavisca), quattro
di viaggio di ritorno (come all’andata), tre al castello in cui ancora Linette
si crede sposata ad Arthur e Gaius in realtà non sa
che fare per guarirla. Poi torna la memoria a Merlin.
La memoria gli ritorna col più classico ‘chiodo scaccia chiodo’: una seconda botta in testa ristabilisce l’equilibrio rotto.
Linette (non Merlin, perché qui è solo
lei) si crede la vera moglie di Arthur perché prima di svenire stava recitando
quella parte ed è l’ultima cosa che ricorda.
E’ un cliché abbastanza usato, a dire il vero, credere di
essere chi si finge di essere a causa di una botta in testa.
Cosa da non sottovalutare: Merlin non voleva partire, e
inconsciamente gli sarebbe piaciuto essere lì davvero come moglie, anche se era
una finzione, amava la vita alla locanda. Il suo inconscio ha fatto il resto.
XD
In aggiunta, quando lei si sveglia dopo la prima botta in
testa, Rosy la tratta come moglie vera
e quindi lei non mette in dubbio le sue parole e ad Arthur – immaginare lo
shock del principe quando capisce che Lin non sta più
fingendo! – non resta che tenerla a bada finché la cosa non si risolverà.
Lui, porello, spera che l’amnesia/ricordi
sbagliati passino da soli, magari dopo una bella dormita, ma non è così. (Solo
il secondo colpo in testa rimetterà a posto il cervello del povero Merlin).
Arthur, nel frattempo, si è portato ‘la
moglie’ al castello perché spera che Gaius lo aiuti a riportarla normale. E la
segregano in casa del medico, ma lei ogni tanto fugge XD.
In realtà, sono pochi quelli che sanno davvero cosa le è successo…
Ad ogni modo, lo ripeto: se dopo aver letto il capitolo e i
chiarimenti, vi resta ancora l’impressione di essere un po’ confusi, la cosa è voluta, perché volevo che il lettore si immedesimasse in Merlin
che ha l’impressione di essersi perso qualcosa di importante. (Effettivamente ha perso dieci movimentati giorni di vita). XD
Arrivati a questo punto, leggendo i vostri commenti, mi sono
accorta di avervi sviato involontariamente con gli spoiler che avevo messo.
Mi dispiace, se vi ho illuse in
qualche modo. Inizialmente, avevo pensato di inserire tutta la parte in cui
Linette si crede davvero sposata al principe, però mi sono accorta che ci
avrebbe portati troppo fuori strada rispetto alla
storia principale e anche rispetto al clima generale della fic.
Tutti i siparietti di questo pezzo sono comici, alcuni quasi demenziali, e mal
si accostano al tono realistico di questa storia. Per questo saranno inseriti
tutti nella raccolta-seguito (quelli alla locanda e al castello).
Per farmi perdonare il disguido, in via del tutto
eccezionale, anziché mettere tre spoiler del prossimo capitolo, vi metterò tre
pezzi di ciò che leggerete più avanti.
I sintomi di Merlin (nausea e/o vomito, stordimento, stato
confusionale, sentirsi ‘strani’, emicrania persistente) sono alcuni dei sintomi
di un trauma cranico dovuti al colpo in testa. Merlin ne ha avuto
uno di sicuro, forse due. XD
L’accenno alla vescica debole di Merlin (LOL) è stato
scritto molto prima di vedere la quarta serie. E non dico altro per non spoilerare. Era un chiarimento fatto per scrupolo.
Precisazioni al
capitolo precedente e domande varie: (a random)
- Mi dispiace, ma Lin non può
rimanere per sempre. Ç_ç
- No, Linette non concepirà niente finché è fuori di sé. (Anche se Arthur rischia parecchio! XD)
- Per Arthur è difficile dire ad alta voce che Merlin gli
manca. Essendo molto orgoglioso, la considera una debolezza disdicevole,
perciò, ogni volta che si lascia andare, è da considerarsi un momento
importante.
- Nel telefilm è sempre Merlin a prendersi cura/salvare
l’Asino Reale (tranne che in sole tre occasioni in ben quattro stagioni!). In
questa storia volevo togliermi la soddisfazione di far lavorare l’altra faccia
della loro medaglia (quella regale e muscolosa, per capirci).
- Le “cose da donne” saranno il chiodo fisso di Arthur per
sempre. XD Linette l’ha traumatizzato a vita la prima volta col ciclo e adesso
(molto presto *_*) capirete cosa intendo dire.
- Sì, senza dubbio la vita di un principe ha dei privilegi,
ma anche molti doveri. Non so se il gioco valga la candela, ma lui è costretto
a vivere la sua vita, non l’ha mica scelto.
- Ho amato una battuta che condivido con voi: “La scenetta
in cui Arthur ha un mezzo attacco di panico e affida la borsa con i denari a
Linette ha alleggerito un po’ il tono melanconico della storia, anche se,
Arthur stupido Somaro, non sai che non si affida la carta di credito ad una donna? xD
*rotolavia*”
Vi metto TRE anticipazioni
della raccolta (accontentatevi del senso generale, queste parti saranno
soggette a limatura e arricchimento):
Arthur aveva portato in braccio una Linette svenuta sino
alla loro camera, che avevano appena lasciato.
Rosy si era premurata di scostare il copriletto per farla
stendere e, dopo un po’, visto che la giovane non si era ripresa, i garzoni
avevano riportato nella stanza i loro bagagli.
La locandiera si era persino offerta di cambiarle l’abito sporco
di fango e il principe, per trarsi d’impaccio, l’aveva ringraziata di quella
premura.
Solo che, quando la donna rovistò nel baule della fanciulla, riemerse con quella cosa indecente che quella sciagurata di Morgana aveva comprato con la complicità
di Gwen.
Rosy aveva scrutato con interesse il pezzetto di stoffa
semitrasparente e poi aveva lanciato un’occhiata significativa
ad Arthur, con un ghigno compiaciuto che la diceva lunga.
“Ah, beata gioventù!” aveva sospirato lei, invidiandoli.
Il principe era arrossito, ma a cosa sarebbe servito negare?
(…)
Quando, ormai all’alba, Arthur fu svegliato, la prima cosa
che registrò fu la carezza gelida, sui suoi fianchi, di qualcosa che si muoveva
sotto alla sua tunica.
La seconda cosa di cui ebbe coscienza fu di qualcos’altro
che gli stava giocosamente mordendo l’orecchio destro e bruscamente si scostò.
“Pensavo potessimo consumare ora la nostra prima notte…” gli comunicò la sua presunta moglie,
con un sorriso lascivo e peccaminoso stampato in faccia.
Fu a quel punto che Arthur notò l’abbigliamento della sua
serva e la discutibile mise.
“Ma perché diamine ti sei tolta la mia
casacca rossa? Sei forse impazzita?!” sbraitò,
arrossendo di fronte a quel tessuto pressoché inesistente.
“Non vi piace?” si turbò la donna, allacciando le stringhe
da cui debordava il seno.
“N-no è che…” farfugliò il
principe, guardando altrove e imprecando mentalmente per altre reazioni virili
collaterali.
“Non mi sento più indisposta!” gli comunicò la fanciulla, ritentando.
“No! Adesso sono io ad essere indisposto!”
protestò il nobile, ammonticchiando le coperte per sicurezza.
“Ma…”
“E poi la prima notte
va consumata di notte!”
precisò, con una pignoleria degna del Cerimoniale di Geoffrey.
“Però…” ritentò Linette.
“Sentimi bene!” la interruppe lui, nuovamente. “Mi hai
giurato obbedienza, perciò decido io dove e quando – e se mai – consumeremo!”
“Ma caro!” contestò la fanciulla.
“Così ho deciso e-”
(…)
“SignooorSuooocerooo…”
cinguettò Linette, riconoscendo da lontano il re. Rimboccandosi le gonne, ella corse verso l’uomo che invano aveva tentato di
nascondersi alla sua vista. “Spero che la vostra salute vada migliorando!” si
augurò, con un inchino. “Vi posso tuttavia garantire che, non appena riuscirò a convincerlo, vostro figlio ed
io vi regaleremo taaanti bei nipotini, così potrete
morire in pace!” gli disse, per rassicurarlo, e Uther
sussultò e impallidì, sia per la notizia sconcertante di possibili nipoti
bastardi sia per la gufata neanche tanto velata ad una
fine prematura.
‘Maestà, vi prego, vi prego…’ nella mente reale rimbombavano le suppliche
accorate di Gaius. ‘Si è sacrificata per la Corona!’
“Non ho intenzione di morire tanto presto.” Le annunciò,
burbero. “La prole può attendere ancora un po’.” Deliberò quindi, al massimo
della sua sopportazione. “E’ un mio
ordine!” precisò poi, andandosene e lasciandola lì nel bel mezzo del
corridoio.
“Co-comevolete…”
bisbigliò Lin, perplessa. Che la malattia mentale del suo Signor Suocero stesse peggiorando?
[Ero indecisa se mettere questo
pezzo, oppure un’interessante discussione tra Uthy e Lin-Lin sulla magia, ma alla fine mi sembrava giusto
postare questa, a cui avevo già accennato in questo stesso capitolo. Ad ogni
modo, ci saranno molte altre scenette così.]
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(Chiunque voglia
aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio
crede) Come sempre, sono graditi commenti,
consigli e critiche.
SPOILER FREE: Come l’anno scorso, sento doveroso fare una precisazione
SPOILER FREE: Come l’anno scorso, sento doveroso
fare una precisazione. Dopo aver visto tutte le puntate della quarta stagione e
dopo aver letto tutti gli spoiler generali in circolazione, ricordo a tutti che
questa storia NON contiene/conterrà alcuno spoiler; e
che eventuali coincidenze con
la quarta serie sono appunto casuali coincidenze.
Il seguente capitolo si
colloca a metà luglio, ovvero alla fine del quinto
mese dall’arrivo di Linette a Camelot.
Riassunto: Merlin
è abituato a salvare la vita all’Asino Reale senza che questi se ne accorga, ma
stavolta non tutto va per il verso giusto. Colpito dall’incantesimo del
malvagio Ardof, il nostro mago farà i conti con una
sconvolgente novità: egli si risveglia trasformato in una donna.
Solo Gaius conosce il suo segreto e, finché non troverà il modo di tornare
normale, dovrà inventarsi delle scuse plausibili e prendere
il posto di se stesso al servizio del principe. Come riuscirà a conciliare
questa ‘nuova situazione’? Come si evolverà il suo rapporto con Arthur?
Capitolo dedicato a chi ha recensito
il precedente, numero drasticamente in calo, con mio enorme rammarico. Mi
consola che almeno a loro sia piaciuto:
crownless, principessaotaku97, _Jaya,
sixchan, RavenCullen, chibimayu, masrmg_5, miticabenny, _Lovely_Blu_Girl_, chibisaru81, Luna Senese, DevinCarnes, mindyxx, Orchidea
Rosa, elfinemrys, ItsCassieMalfoy e saisai_girl.
E a quanti commenteranno (SE vi
va di recensire anche dei capitoli più indietro di questo, il vostro parere non
andrà perduto!).
Ai vecchi e ai nuovi lettori.
Grazie.
TheHe in theShe
(l’Essenza dentro l’Apparenza)
Capitolo LVIII
Tornare alla normalità dei loro ruoli fu meno difficile del
previsto, anche se non indolore.
La quotidianità li aveva riassorbiti con mille impegni:
Merlin aveva ripreso a pieno ritmo a pulire, lavare, lucidare, rammendare, affilare
e mille altre faccende che occupavano ogni istante del suo tempo da mattino a
sera e Arthur… beh, Arthur s’era ritrovato suo
malgrado un mucchio di arretrati che il re pretendeva recuperasse al più
presto, visto che erano rimasti lontani da Camelot
per quasi un mese.
Perciò egli non chiese notizie di Merlin a Linette per
almeno un’intera decade. Ma trovò ugualmente il modo
di metterla in difficoltà, un mattino in cui, con sommo raccapriccio del mago,
il principe intavolò una discussione ‘su
certe faccende di vita’.
“Sai?” aveva buttato lì, con finta noncuranza, mentre consumava la colazione e la sua valletta faceva arieggiare
la stanza e riordinava il letto. “Ho meditato… ehm… su una cosa.” Aveva bofonchiato, giocherellando con una pagnotta
ancora intonsa per superare il disagio.
“Perché temo non sia una cosa piacevole?” aveva ironizzato il
servo, sprimacciando il regale cuscino. “Quando voi riflettete, non ne esce mai
nulla di buono!” considerò, tra il serio e il faceto.
“Linette!” la sgridò il principe, contrariato per
l’impudenza. “Lo sto facendo per te!” saltò su, stizzito.
“Oh, avanti, sentiamo.”
L’aveva incalzato, con rassegnata ineluttabilità, avanzando verso di lui con il
cambio d’abiti che il nobile Zuccone avrebbe indossato di lì a poco.
“Beh, vedi… noi…” incominciò, prendendola larga “noi, un
mese fa, eravamo al Giglio Bianco e…”
“So dove eravamo,” lo interruppe,
spazientito. “C’ero anch’io!”
“Sì, e tu stavi male!” le fece presente, con una punta di trionfo
nella voce, poiché l’ancella l’aveva condotto esattamente dove voleva che
arrivassero i discorsi.
Merlin arrossì, al doloroso e altrettanto vergognoso ricordo.
“Mi è difficile anche dimenticare le vostre scenate.” Gli
appuntò, giusto per non dargliela vinta, e l’Asino Reale fece una smorfia
infastidita.
“Così non mi
aiuti.” Le sibilò, perdendo la pazienza e i suoi generosi propositi.
“Venite al punto, Sire.” Gli mise premura. “Perché ho un
sacco di-”
“Il punto è che-” s’animò l’erede
al trono, brandendo una forchetta come se fosse stata la sua spada, ma perdendo
l’ardore neanche mezzo secondo dopo “che… che… beh… Io gradirei sapere quando
sei indisposta!” sputò fuori, tutto d’un colpo.
Lo stregone strabuzzò gli occhi e arrossì, meravigliato
dalla notizia.
“Co-cosa?!”
balbettò, desiderando di aver sbagliato a capire. Anche perché… non poteva saperlo!
Arthur reagì di riflesso, inalberandosi, e distolse lo
sguardo dalla sua serva, prima di ripetere, con inflessione meno sicura.
“Vorrei che tu mi informassi quando
la tua normale condizione muterà, di
modo che-”
“Perché così mi starete alla larga?!”
lo troncò, provocatoria e arrabbiata.
“Beh… anche!” si
difese lui. “Ma lo faccio nel tuo interesse, soprattutto. Saresti dispensata
automaticamente dai tuoi doveri e… ed eviteremmo discussioni spiacevoli come
quella alla locanda e… e la comunicazione fra noi ne gioverebbe.” Elencò, tentennando un po’.
“Uhm…” considerò il mago. “Non avete poi tutti i torti…”
“Oh, perfetto!” esclamò allora il principe, con indicibile
sollievo nella voce, quasi che avesse considerato quel colloquio come una
missione suicida, assolutamente senza speranza. “Quindi
ora troveremo una specie di parola d’ordine segreta. Un nome in codice valido solo per questo scopo e solo per noi due.
Quando la pronuncerai, io capirò e non saranno necessarie ulteriori, imbarazzanti spiegazioni.”
“E’ una tecnica militare che non conosco?” s’insospettì Merlin.
Arthur si morse il labbro per non sorridere. “No. In realtà,
no.” Confessò. “Quando eravamo piccoli, io e Morgana
ci allenavamo sempre con le spade di legno, e siccome io la sovrastavo continuamente
in forza e maestria,” – il nobile finse di ignorare l’occhiataccia scettica che
Linette gli aveva lanciato – “ma ero
magnanimo, fingevo che lei riuscisse a tenermi testa; perciò avevamo
concordato e inventato una nostra parola speciale,
per smettere di combattere ad un certo punto, senza finire sempre per
azzuffarci o litigare…”
“E qual era la vostra famosa parola?” s’interessò.
Il nobile Pendragon sentì le gote
avvampare, pentendosi all’istante di aver parlato troppo.
“Non la ricordo.”
“Oh, sì che la ricordate!” lo punzecchiò Merlin. “Siete arrossito!” ridacchiò, indicandolo. “Avanti, su! Devo andare
a chiederlo alla vostra sorellastra?”
“Te lo proibisco!” la minacciò.
“Beh, se non me lo dite voi…” ripeté, mellifluo.
Il principe guardò altrove, a disagio. Poi borbottò, a mezza
voce: “Ciuchino.”
“Come, prego?”
“CIUCHINO!” urlò lui, arrabbiandosi. “Ciuchino. D’accordo?
Significa ‘Piccolo Asino’.”
Il mago sorrise quasi con tenerezza. “So cosa significa, Sire.”
“Ma non-” Arthur cercò di
anticiparla, perché tanto sapeva cosa avrebbe aggiunto lei.
“Quindi Merlin ha sempre fatto bene
a darvi dell’Asino!” considerò, con l’espressione di chi sa di aver ragione.
“E’ stato solo un caso
fortuito. Pura coincidenza. Io proposi ‘Tacchinella’
o ‘Piattola ’, ma al sorteggio vinse Morgana.” Mugugnò
l’erede al trono, ricordando l’infamante momento.
“Uhm… ma giacché quella in difficoltà sarò io, credo perciò
che spetti a me scegliere la nostra parola.” Gli disse, cercando di porre fine
alla questione imbarazzante.
“Purché sia ragionevole. E non oltraggiosa
nei riguardi della mia persona.” Dettò le condizioni.
Merlin fu sul punto di dirgli che lui aveva subìto così
tante umiliazioni da parte sua, da che era al suo servizio, da sentirsi in
diritto di mortificarlo per i secoli a
venire, ma si trattenne.
Per un istante, pensò sadicamente che avrebbe potuto
scegliere il termine “Gogna”, ma poi lo scartò, perché quel ricordo faceva più
male a lui che all’Asino.
Guardandosi attorno nella stanza, cercò l’ispirazione
giusta, finché non arrivò davanti all’armadio aperto, traboccante degli abiti
che doveva ancora riordinare.
Tra di essi, spuntava persino quell’orrido cappello piumato
che era stato costretto ad indossare per completare la
divisa da valletto, secondo il Cerimoniale di Corte, il giorno in cui aveva
salvato il principe dall’avvelenamento di Nimueh.
“Buffone!” esclamò, risoluto.
“Mi stai offendendo?”
“No, Maestà. La parola sarà ‘Buffone’.” Precisò Linette. “Come il giullare del castello, il
saltimbanco.”
Il giovane Pendragon la squadrò
come se fosse pazza, ma alla fine scrollò le spalle, accomodante.
“Se sta bene a te…”
“Sì, mi sta bene.” Confermò.
“Quindi… uhm… quando arriverà il Buffone?”
Merlin si prese il tempo di tenerlo sulle spine a
crogiolarsi nel suo imbarazzo. Poi rispose.
“E’ già arrivato, ieri sera.”
“Ah! Lo sapevo! Da ieri sei più lunatica
del solito!” scattò subito, baldanzoso, il principe.
“Guardate che non si vince niente.” Lo freddò. “Non è mica l’Albero della Cuccagna a Beltane.”
Arthur si vergognò profondamente del rimprovero. Ma lo incassò e tacque. Poi tossicchiò per darsi un contegno.
“Or dunque. Sei indisposta. Puoi ritirarti nel tuo alloggio
finché non starai meglio.”
Il servo non se lo fece ripetere due volte e sgusciò via,
verso l’uscita.
“Ah, Lin-Lin?” la richiamò, mentre
aveva già un piede oltre la soglia.
“Mh?” rispose il mago, torcendo il
collo verso il suo padrone.
“Com’è che questo mese non stai stramazzando al suolo come
sempre? Com’è che non sei moribonda?” pretese di sapere, dimostrandosi
perplesso.
“Credo sia colpa della botta in testa.” E il nobile trasalì
colpevolmente. “Intendo dire”, riprese Merlin, facendo mezzo passo indietro e
ritornando dentro nella stanza, poiché non credeva che
le guardie in corridoio fossero interessate ad eventuali ragguagli sulla sua
indisposizione “che i rimedi, con cui Gaius mi ha riempito, devono aver
scombussolato il mio corpo. Sento un lieve dolore e del malessere, certo, ma nulla in confronto al consueto.”
“Quindi… l’incidente ha avuto almeno un lato positivo nella faccenda!”
considerò il principe, rallegrandosi, e sentendosi più leggero.
“A volerci vedere per
forza qualcosa di buono, sì.” Ammise lo scudiero, galvanizzato dal nuovo
potere che gli aveva concesso Sua Maestà.
Certo, avrebbe potuto
sfruttarlo a proprio vantaggio, ma non era sicuro che, fingere che il Buffone
fosse in arrivo tre volte in un mese, si sarebbe rivelata
una scelta saggia… persino l’Idiota Reale avrebbe finito col capire che
qualcosa non quadrava e che lo stava imbrogliando.
Decise perciò che avrebbe sfruttato quel vantaggio con
parsimonia.
“Spero che almeno l’emicrania si sia risolta.” Le augurò il
principe, fiducioso. “E anche i bernoccoli…”
Merlin si chiese distrattamente perché mai il Babbeo fosse
così interessato al suo mal di testa e ai bitorzoli fra i capelli, ma lo tenne
per sé.
“Vanno migliorando.” Concesse, per soddisfare l’altrui
curiosità, infilando poi la porta senza diritto di replica, deciso a godersi il
congedo che gli era stato offerto e che si meritava. “E comunque ho sopportato
molto peggio! Ho sopportato voi!”
***
Non appena Merlin si era ripreso dal suo sonno forzato, egli si era premurato di raccontare
la suaversione dei fatti di tutti i giorni trascorsi alla locanda,
omettendo chiaramente i particolari scomodi o troppo intimi che aveva vissuto.
Con suo sommo rammarico, per la prima volta avrebbe taciuto
alcune verità al suo mentore.
D’altra parte, egli non se la sentiva di sorbirsi una
paternale infinita ed inutile su ciò che provava su e ciò che oramai era fatto.
Quello che però più lo angustiava, e di cui aveva chiesto
parere al suo maestro, era la questione dell’Incanto d’Oblio che non era stata
portata a termine.
Egli avrebbe dovuto recitare il sortilegio ogni dì fino al
ritorno a Camelot ma, poiché
era rimasto svenuto per giorni interi, il risultato della magia doveva considerarsi
incompleto o, peggio, nullo.
Anche Gaius, dal canto suo, aveva taciuto al discepolo che pure
lui aveva lanciato sul castello un incantesimo simile, sebbene più semplice,
poiché i suoi poteri erano molto più limitati di quelli del giovane stregone.
Il Medico di Corte si era adoperato celermente per
cancellare gran parte delle sviste causate da Linette-sposa-novella, prima che il re decidesse di
mandare il suo figlioccio al rogo per direttissima.
La cosa più saggia da fare, per scongiurare
possibili futuri ricordi nefasti, era stata quella di ripetere un terzo incanto
riparatore; ed egli stesso l’aveva cercato per Merlin, e poi lo aveva
accompagnato sulla torre più alta del maniero, all’alba, di modo che il
sortilegio si espandesse su tutto e su tutti: a partire dal sovrano, toccando
il principe, per giungere fino all’ultima delle sguattere, passando per ogni
garzone, sentinella o cavaliere fino alle mura esterne, e pregarono entrambi
che bastasse.
Ed effettivamente sembrò bastare, perché pian piano tutti
dimenticarono o rammentarono solo piccoli, inutili frammenti di pettegolezzi
sentiti o visti, cose sciocche e futili che si persero nel dimenticatoio,
scalzate da altre novità.
***
Anche il rapporto tra Arthur e Linette era sostanzialmente
ritornato lo stesso di sempre. Il principe doveva aver scordato gran parte
delle cose imbarazzanti che gli erano accadute alla locanda e non era
nell’interesse di Merlin andare a ricordarglielo, sebbene una parte di lui rimpiangesse la fine di quell’avventura.
L’unica cosa positiva, che era rimasta di quel viaggio,
consisteva nel legame più profondo che si era rinsaldato fra loro.
In qualche modo, l’Asino Reale si era affezionato ancor più
alla sua valletta, dimostrandole sempre maggior considerazione e fiducia, e Merlin
non poteva che essere felice di ciò, anche se il suo animo ne soffriva. Era più semplice tenere a bada le capriole
del cuore, se si aveva a che fare con un idiota capriccioso, piuttosto che con
un padrone gentile e premuroso. E nascondergli le cose lo turbava oltre il
consentito, per questo egli cercava di evitare contatti troppo ravvicinati con
il Babbeo.
Da quando erano tornati, per esempio, il mago aveva notato
alcuni cambiamenti fra i responsabili della servitù che lo impensierivano non
poco – alcuni eventi a cui era stato presente si erano
rivelate angherie vere e proprie, ma non sempre con la sua magia aveva potuto
prevenire o aiutare lo sfortunato di turno. Tuttavia, egli si persuase a tenere
per sé le proprie grane, giacché il principe – a suo dire – aveva già mille
incombenze, legate al suo ruolo di erede al trono, a cui
far fronte.
***
Fu una sera a cena che Arthur se ne accorse, quasi per caso.
Egli intercettò una mano di Linette, mentre la valletta
stava riordinando sul vassoio i piatti sporchi.
“Siamo in piena estate, com’è possibile che la tua pelle sia
tanto arrossata e sciupata?” domandò retorico.
Merlin distolse lo sguardo e sfilò in fretta le dita dalla presa di lui.
“Non è nulla, Sire.”
Ma il cavaliere sollevò un sopracciglio.
“Nulla?” ripeté.
“Ho lavato i panni alla fontana e l’acqua era gelida.”
Inventò.
“Lin?”
la chiamò, come se il nome, da solo, bastasse a farla parlare.
“Non è nulla, Sire.” Insistette lo scudiero.
“Mi stai forse suggerendo di non chiedertelo, perché
altrimenti mi mentiresti?”
Il mago si morse il labbro inferiore, a disagio. Perché mai, dopo la permanenza alla locanda,
gli riusciva così difficile nascondergli la verità?
“Sì.” Confessò.
“Linette!” ruggì il nobile, spazientito. Ma
si trattenne, l’istante dopo, vedendola sussultare. “Mettiamola così,” ritentò, più accomodante, ricevendo in risposta uno
sguardo indeciso. “Qualcuno ha per
caso ricevuto da qualcun altro… una
serie di bacchettate sulle mani?” ipotizzò, fingendosi paziente.
Il silenzio di Merlin equivaleva ad un’ammissione. Tanto più
che il servo distolse lo sguardo da lui, mortificato.
Negli occhi del principe passò un lampo di
indignazione e di rabbia.
“Linette!” latrò nuovamente. “Voglio il suo nome: qui e ora!” comandò, inflessibile.
“No, Maestà, non-”
“Lo sai che non tollero
ingiustizie! Né tra i miei uomini né tra la servitù! Odio i prepotenti e-”
“Anche…” voi lo
eravate, stava per dire, ma era stato un sacco di tempo prima. Prima di diventare l’uomo che aveva davanti,
prima che l’avesse difesa anche contro la lavandaia tiranna. “Anche io non li sopporto.” Concordò. “Ma
ho sbagliato, e ho ricevuto la mia punizione.”
“Stai difendendo il tuo aguzzino?” la provocò.
“Chi sbaglia, paga. Non funziona forse così?”
rispose invece il servitore, con amara retorica.
“Non sempre. E poi bisogna valutare se la colpa e la pena siano
o meno commisurate.”
Merlin sbatté i palmi sul tavolo, esasperato, ma nascose a
malapena una smorfia di dolore. “Ho rotto un piatto. E adesso che lo sapete,
possiamo finirla?”
“Quanti colpi?” insistette l’erede al trono, incupendosi.
Lo stregone tentennò un momento, indeciso se dire la verità.
“Venti.” Dichiarò infine.
Ma non si sarebbe aspettato che,
con la stessa rapidità con cui generalmente il cavaliere compiva l’affondo
decisivo in un duello, egli afferrasse entrambe le sue mani con le proprie.
“Venti sopra. E venti
sotto.” La corresse, girandole gentilmente i
polsi, per controllare i palmi e i dorsi.
Linette arrossì suo malgrado, non sapendo più cosa dire.
“Quaranta bacchettate valgono almeno un intero servizio di
piatti.” Le rese noto, meditabondo. “Hai fatto fuori le stoviglie di tutto un Banchetto?” cercò di
scherzare, per alleggerire l’atmosfera.
“No, Sire. Un unico piatto.” Ripeté il mago, pregandolo di
porre fine alla questione e il principe, di rimando, la lasciò libera.
“Siediti.” Le ordinò laconico, e la serva ubbidì.
“Domattina andrò dalla capocuoca a chiedere ragione delle
tue ferite.” Le rese noto e Merlin inorridì.
“No, Arthur, non potete!” si allarmò,
senza rendersi conto di aver usato la stessa familiarità con cui lo chiamava
alla locanda. “Elda non c’entra nulla! Non era nemmeno presente!”
“Voglio un nome, Linette.”
Le mise premura, come se quello fosse stato un interrogatorio.
Merlin abbassò il capo, stringendosi nella sedia,
mortificato.
“Ci sono delle regole nuove, in cucina, e…” farfugliò “e tutte
le ragazze ne andrebbero di mezzo.”
Il principe si allungò verso di lei, posandole delicatamente
l’indice di una mano sotto al mento, la costrinse a
sollevare lo sguardo sul proprio, fintanto che i loro occhi non s’incontrarono.
“Non si tratta di fare la spia.” La rassicurò. “Le regole
vanno bene, purché siano eque. Ma nessuno deve
spadroneggiare.” Rimarcò. “Da quanto va avanti questa storia?”
“Non lo so.” Ammise l’ancella. “Dev’essere
arrivata mentre eravamo in viaggio. E in breve ha messo in riga le altre sguattere.
Probabilmente mancavo solo io…”
“Chi è arrivata?”
pretese di sapere.
“La vicecapocuoca. Ha preso il posto della signora Thara,
che ha partorito.” Gli spiegò, laconica.
“Vedrò di sistemare questa spiacevole situazione.” Dichiarò
Arthur, risoluto.
“No! Vi prego!… Non voglio che si dica che ho un trattamento di favore da parte vostra…”
“Non accadrà.” Le promise. “Ma ho
una richiesta, in cambio, da proporti.” Merlin non fece in tempo ad indignarsi, che l’altro riprese: “Non fraintendere le mie
parole.” Premise. “Tu sai quanto io tenga al bene dei miei sudditi, ma non mi è
possibile soccorrerli, se non mi si danno i mezzi!”
Linette lo guardò confusa.
“Non sarò mai un buon re, se prima non saprò risolvere
questioni come queste, che accadono sotto al mio naso!”
s’infiammò. “Però tu potresti aiutarmi a rendere Camelot un luogo migliore. Vuoi?” le chiese, lusinghiero.
“Tu sarai i miei occhi e le mie orecchie. Tu puoi
arrivare dove a me è negato! Aiutami!” le propose, disarmante.
Merlin si sentì sopraffatto e Arthur sorrise, incoraggiante.
“Mi sosterrai?” ripropose,
attendendosi un ‘sì’ che non tardò ad arrivare. A lei non rimase che annuire.
Ottenutolo, egli si alzò dallo scranno e prese dal canterano
una boccetta che conteneva dell’unguento, lo stesso che usava lui per dar
sollievo alle sue ferite, e si mise a massaggiare le mani di Merlin, sfiorandogli
con delicatezza le piaghe.
L’Arthur di un mese prima non si sarebbe mai sognato
di offrirle quella gentilezza. Non l’avrebbe mai toccata così.
Al massimo le avrebbe
suggerito di farsi immediatamente vedere dal cerusico o, nella migliore delle
ipotesi, le avrebbe messo davanti al naso l’ampollina, ingiungendole di
servirsi da sé.
Anche il Merlin di una
luna addietro sarebbe stato restio ad accettare quella premura.
Ma ora gli veniva dannatamente spontaneo
cedere e dimostrarsi docile, lasciandosi coccolare da lui.
“Brucia?” domandò, vendendo Lin
trattenersi stringendo i denti.
Come le fiamme
dell’inferno!
“Un po’.” Mentì. “Avete intenzione di rubare il lavoro a
Gaius?” scherzò, per sdrammatizzare l’imbarazzo del momento.
Pulendosi le mani unte su un tovagliolo, il principe ridacchiò,
senza offrirle una vera e propria risposta.
“Ora vai a letto. Sei dispensata dal resto fino a domattina.” Le ordinò, congedandola.
Continua...
Disclaimer:I
personaggi di Merlin, citati in questo racconto, non sono miei; appartengono
agli aventi diritto e, nel fruire di
essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.
Ringraziamenti:
Un abbraccio a Tao, che sopporta i
miei scleri. X3
E alla mia kohai che subisce le
mie paranoie. X°D
Note: Per ‘decade’, in italiano si intende comunemente ‘10 giorni’.
Talvolta, ma meno usato, si intende ‘10 anni’, per
un’influenza dalla lingua inglese e dallo spagnolo, dove decade, appunto significa ‘10 anni’.
Piccola curiosità: (l’avevo già detto, ma repetitaiuvant XD) nel film
originale de “La Spada
nella Roccia”, il soprannome di Artù non è Semola, maPiattola.
La ‘parola in codice’ – la
password – com’è noto ha radici in campo militare,
informatico, ecc…
per estensione: la
parola in codice a cui fa riferimento Arthur viene usata anche nelle pratiche
di bondage, dominanza/sottomissione, si chiama “safe word” e permette a chi è sottomesso di interrompere la
pratica in atto qualora non si senta più a suo agio per ciò che sta subendo.
L’accenno al cappello piumato è un esplicito riferimento
alla puntata 1x04 “Il calice avvelenato”.
Spendo due parole per dire che io credo che Arthur avrebbe
potuto davvero fare una filippica sull’equità colpa/punizione, col senso di
giustizia che ha maturato nel tempo.
Non ricordo se anche nel telefilm se ne parlasse in un episodio
specifico, però rammento, ad esempio, quando lui si è battuto contro Uther per le tasse ingiuste e il popolo affamato.
Si vede che ci tiene alla sua gente e non trovo strano che
abbia chiesto l’aiuto di Linette, di cui si fida, per arginare eventuali
prepotenze fra la servitù.
Se la pensate diversamente, mi farebbe piacere saperlo!
Precisazioni al
capitolo precedente e domande varie: (a random)
- Ripeto una cosa, perché mi sembra che si sia generata
confusione: come ho spiegato nel capitolo precedente, le anticipazioni messe erano
dei pezzi che inserirò nella raccolta “The He in The She 2 – Il seguito”. Per leggere di Linette e Uther ‘caro suooocero!’
dovrete aspettare prima la fine di questa fic.
- Sì, la prima botta in testa ha fatto credere a Linette di essere davvero
la moglie di Arthur, la seconda botta ha rimesso a posto le cose. ^^
- No, Merlin non è rimasto 10
giorni incosciente. E’ rimasto 10 giorni ‘fuori di
sé’, credendosi realmente donna e moglie di Arthur.
- Senza dubbio, Arthur è un idiota. U_U
Se fai dormire la tua serva in camera tua, rischi i
pettegolezzi. Ma il punto è che lui non è
tanto sveglio è più preoccupato che lei andasse in giro per i corridoi
dichiarando a tutti che aveva sposato Arthur o promettendo nipoti a Uther davanti a tutta la Corte dei Nobili, piuttosto che delle possibili
chiacchiere.
Nella sua scala delle priorità, un danno certo era da impedire più che un eventuale pettegolezzo. Ecco.
- Questi due idioti dovrebbero lasciar fare tutto
all’inconscio, così – invece che dormire visciniviscini – starebbero già a zompare. U_U
- Il Drago sa, sa più di quel che dice. (E ho il
dubbio che anche Morgana sappia qualcosa.
XD)
- Il Drago ci sarà molto presto, anche se avrà un ruolo
spinoso. U_U
- Chiuso questo capitolo di ‘adattamento’, col prossimo
inizierà un nuovo arco narrativo verso nuove (dis)avventure.
Vi metto BEN quattro anticipazioni
del prossimo capitolo:
“Rivoglio Merlin. Qui. A Camelot.” Scandì, con stentorea determinazione. “Gli
concederò tempo fino alla metà del mese che sta per cominciare. Immagino che, per voi,” e in
quel ‘voi’ egli racchiuse le abitudini contadine e chi festeggiava i riti
druidici, “la Festa
di Lughnasadh sia importante. Celebrerete l’inizio
del tempo del raccolto, giusto?” le chiese, ma la sua valletta sembrava così
sconcertata dalla novità che non attese una vera e propria risposta da lei,
quindi riprese: “Gli accordo mezza luna per occuparsi
della mietitura di frumento e orzo, e poi non accetterò più nessun’altra scusa
o proroga. Andrò personalmente a riprenderlo a Ealdor.
Se lui si rifiuterà di tornare, gli dirò addio.”
(…)
Il principe si sentì stringere disperatamente le viscere
vedendola reagire così.
Ma lo faceva per il suo bene; a modo suo, la
stava proteggendo.
La proteggeva dai
propri desideri insani.
Anche se questo voleva
dire separarsi da lei e sarebbe stato preferibile strapparsi un arto piuttosto
che sapere di doverle dire addio.
(…)
“Cosa ti conduce al mio antro, giovane mago?” l’aveva
apostrofato la creatura, saltando i convenevoli.
“Credevo che tu lo sapessi!” sbottò Merlin, di rimando.
“Io conosco molte
cose, impaziente stregone, ma non tutte
le cose.” Precisò il bestione, facendo muovere la coda squamata come una
frusta.
“L’altra metà della mia medaglia si è stancato
di me!” sfogò il giovane. “Arthur vuole cacciarmi da Camelot e rivuole Merlin.
Ma io non ho ancora trovato la soluzione all’incantesimo di Ardof
e non sono ancora tornato in me!”
(…)
Alla fine del resoconto, il lucertolone se ne stette in
silenzio, a meditare per alcuni infiniti istanti, le iridi gialle nascoste
dietro le rugose palpebre.
“Cos’è stato a rovinare tutto?”
l’incalzò il giovane, sperando che l’altro potesse illuminarlo. “Dove ho sbagliato?!”
ritentò.
“Non v’è nulla di sbagliato, Merlin. Il vostro Destino sta
seguendo il suo corso. Ma il giovane Pendragon non è ancora pronto a scendere a patti con se
stesso. E questo lo ha
spaventato.”
“Ma… ma come?” insistette, lui.
“Cosa… cosa lo ha scatenato?”
“Non mi è dato saperlo.” Replicò il drago, interrompendolo.
“Tuttavia, avverto il suo turbamento sin da qui.”
[Come vedete, ci sono nuovi guai
all’orizzonte per il nostro eroe...]
Infine vi invito a leggere e a
commentare, se vi va, l’ultimo progetto che ho postato: “Aithusa [OurEgg,
OurMascot]”(questa fic contiene spoiler sulla puntata 4x04 “Aithusa”).
Ah, no. Ho un’ultima cosa da dire.
Negli ultimi tempi, anche parlando con altre autrici di EFP,
abbiamo notato un calo generale di interesse nel fandom di Merlin.
Alcune autrici hanno abbandonato, trasferendosi altrove, e ci
sono meno fic, perché la
gente si sente poco motivata a postare/aggiornare. I commenti sono calati
drasticamente e questo non incoraggia di certo una persona ad adoperare il
proprio tempo attaccata al pc invece di andare al
mare o in montagna, se poi nessuno (o in pochi) lasciano
un minimo di feedback (pareri e consigli, perché no?).
L’estate avanza, ma gli autori di EFP non vanno in
vacanza.
Cercate, se potete, di lasciare almeno un piccolo riscontro
alle storie che leggete, positivo o negativo che sia, è sempre meglio del
nulla.
Scusate se insisto, ma è una cosa su cui credo molto e so
che in tanti la pensano come me.
Grazie dell’attenzione.
Campagna di Promozione
Sociale - Messaggio No Profit:
Dona l’8‰
del tuo tempo alla causa pro recensioni.
Farai felici milioni di scrittori.
(Chiunque voglia
aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio
crede) Come sempre, sono graditi commenti,
consigli e critiche.
SPOILER FREE: Come l’anno scorso, sento doveroso fare una precisazione
SPOILER FREE: Come l’anno scorso, sento doveroso
fare una precisazione. Dopo aver visto tutte le puntate della quarta stagione e
dopo aver letto tutti gli spoiler generali in circolazione, ricordo a tutti che
questa storia NON contiene/conterrà alcuno spoiler; e
che eventuali coincidenze con
la quarta serie sono appunto casuali coincidenze.
Il seguente capitolo si
colloca verso il 25 di luglio (pochi giorni dopo il cap. 58), ovvero all’inizio del 6° mese dall’arrivo di Linette a Camelot.
Riassunto: Merlin
è abituato a salvare la vita all’Asino Reale senza che questi se ne accorga, ma
stavolta non tutto va per il verso giusto. Colpito dall’incantesimo del
malvagio Ardof, il nostro mago farà i conti con una
sconvolgente novità: egli si risveglia trasformato in una donna.
Solo Gaius conosce il suo segreto e, finché non troverà il modo di tornare
normale, dovrà inventarsi delle scuse plausibili e prendere
il posto di se stesso al servizio del principe. Come riuscirà a conciliare
questa ‘nuova situazione’? Come si evolverà il suo rapporto con Arthur?
Questo capitolo merita una
dedica speciale:
A Giuls,
Ceci e Kety, insostituibili compagne di viaggio.
Assistere alle riprese di Pierrefonds con voi è stato
bellissimo. Grazie per ogni delirio merthur e brolin che abbiamo condiviso. *O*
Dopo aver fatto amicizia con
ogni pietra del castello, scrivere una fic su Merlin,
adesso, non sarà più come prima. *ely guarda gli
autografi e sospira*
Dio, mi
manca tutto da morire! Ç_ç
Cercando di ricompormi, dedico l’aggiornamento
a chi ha recensito il precedente, con un grande abbraccio ai nuovi, graditi
recensori:
E a quanti commenteranno (SE vi
va di recensire anche dei capitoli più indietro di questo, il vostro parere non
andrà perduto!).
Ai vecchi e ai nuovi lettori.
Grazie.
TheHe in theShe
(l’Essenza dentro l’Apparenza)
Capitolo LIX
Arthur si sentiva
dannatamente stanco in quel periodo.
Forse era colpa di suo padre, che sembrava si stesse
divertendo con sadico piacere a spremerlo come un limone, affidandogli mille
incarichi e altrettante nuove incombenze legate al suo ruolo di erede al trono.
Ed egli, ovviamente, non poteva sottrarvisi,
ma sinceramente non faceva i salti di gioia per esaudirlo e, dal canto suo,
aveva quasi il sospetto che il nobile genitore volesse quasi punirlo per quella
lunga scampagnata nei territori del
loro nemico, re Cenred.
Quando il principe gli faceva cortesemente notare quanto egli già fosse oberato di lavoro, il sovrano gli lanciava
uno sguardo sprezzante e gli rammentava che era colpa della sua protratta assenza e che, se fosse stato re, non
avrebbe potuto starsene in panciolle a sprecare tempo.
Il giovane Pendragon, allora,
ingoiava il rospo, chinava il capo e lavorava ancor più sodo, tanto che, ad ogni tramonto, egli agognava solamente una tinozza
tiepida e il conforto del suo giaciglio.
Di notte, tuttavia, non gli sembrava di riposare bene come
avrebbe voluto – forse era colpa dell’afa di luglio o dell’eccessiva stanchezza
– poiché era risaputo: troppa fatica non concedeva buon riposo –, ma egli era
restio ad andare da Gaius per chiedergli un rimedio – in fondo, lui non piagnucolava come Morgana per ogni
sciocchezza…
E allora si limitava a rotolarsi tra le lenzuola accaldate
fin quasi all’alba, quando un Dio misericordioso (o la spossatezza estrema) gli
concedeva di cadere nell’oblio.
***
Quando le tende del baldacchino vennero
tirate, quella mattina, la luce inondò la stanze del principe ed egli si destò,
stiracchiandosi e strofinando le palpebre pesanti di sonno.
Bontà Divina!, gli pareva di aver dormito a malapena mezza veglia!
Linette gli sorrise, come ogni dì, posando
la colazione sul tavolino da notte accanto al letto.
“Buongiorno, Maestà!” gli augurò, offrendogli un tozzo di
pane mentre il nobile sbadigliava.
Era da parecchio che
non capitava. Di solito lui era già desto, quando la sua serva entrava in
camera. Invece quella mattina lei lo aveva anticipato.
E fu allora che egli realizzò un imbarazzante problema.
Peccato che anche la
sua valletta l’avesse notato.
“Avete per caso bisogno dei miei servigi?” si offrì,
suadente, andando ad accarezzare la sua insoddisfazione.
Arthur boccheggiò, ma ancor prima di poter dire qualcosa per
allontanarla – ti prego, ti prego, ti prego, continua! – la sua carezza si fece più intensa,
rubandogli un gemito mentre chiudeva gli occhi rapito dal piacere e l’istante successivo,
davanti a sé, si presentò Merlin, al posto della cugina, adirato con lui perché
– no, non era arrabbiato, gli stava sfiorando l’erezione con un tono
che di certo non era arrabbiato. “Avete per caso bisogno dei miei servigi?”
sussurrò il valletto, strappandogli un singulto con un gesto deciso. E il mondo del principe esplose.
Arthur si svegliò ansimando e scattando a sedere sul letto,
madido di sudore e affannato, egli imprecò contro se stesso e le lenzuola
umide.
Passandosi una mano tremante sugli occhi, il nobile tentò di
normalizzare il respiro e il battito forsennato del cuore. Che razza di sogno aveva fatto? Perché ne era tanto sconvolto?!
Invano egli cercò di rammentare qualche particolare ma, come
spesso accadeva di recente, non ricordava nulla di quando era incosciente.
C’era solo una macchia traslucida sul cavallo dei suoi
pantaloni a ricordargli che, tra mille frustrazioni, il suo corpo aveva scelto da sé come consolarsi, senza neppure
chiedergli il permesso o aspettarlo.
L’erede al trono mugolò, insofferente e amareggiato,
lasciandosi ricadere all’indietro, a peso morto, sui guanciali ancora tiepidi.
No, non poteva andare
avanti così, si disse, commiserandosi. All’imbrunire,
avrebbe dato a Linette la serata libera e lui sarebbe andato alla Taverna del
Lupo Nero a cercare un po’ di soddisfazione.
Una parte di se stesso si biasimò per quella scelta, per
l’esser disposto a soccombere, rinnegando i propri princìpi
per una manciata di minuti d’amore mercenario; ma
un’altra parte di sé gli rammentò che era questione
di sopravvivenza.
Fu a quel punto che la porta della sua camera si aprì, e la
sua valletta personale fece il suo ingresso salutandolo e aprendo le finestre
per cambiare l’aria, dopo aver tirato i tendaggi.
Arthur la guardò come se fosse stata una bestia rara tanto era il suo stordimento, ma Merlin – se se ne
accorse – non lo diede a vedere, mentre gli posava il vassoio della colazione
sul tavolino accanto al letto.
“Avete per caso bisogno dei miei servigi?” gli domandò. “Perché,
altrimenti, io avrei-” ma non ebbe modo di finire la frase: l’altro sbiancò,
cacciandolo dalla stanza senza un perché.
***
Il principe passò gran parte della giornata torturandosi con
quell’unica immagine mentale – che gli si era conficcata nel cranio, evocata
dalla frase ingenua di Linette –, in cui
il volto di lei e quello di Merlin si sovrapponevano,
nel bel mezzo di… di… Dio del Cielo! Non
riusciva neppure a dirlo, figurarsi ad accettarlo!
Se quello era l’unico frangente di cui aveva memoria, egli
si chiese, con timore – e vergogna, e
desiderio, e smania, e mille altre cose che non era
disposto ad ammettere –, come sarebbe stato ricordare tutto il sogno…
Ma era evidente che stava uscendo di
senno. Non c’era altra spiegazione.
E il peggio era che
non sapeva se essere più preoccupato di quel delirio onirico o del fatto che non ne provasse affatto disgusto. E che, anzi, gli fosse
inequivocabilmente piaciuto.
In condizioni normali,
non avrebbe mai pensato a Linette in quei termini – lei non lo attraeva, per la miseria! – la
trovava, al massimo, abbastanza carina,
d’accordo (se si escludevano le orecchie grandi come pale da mulino); tra le
ragazze c’era molto di peggio e lei non
era una racchia,
ma aveva una bellezza alquanto anonima, comune. E, in ogni caso, le era affezionato come lo si
è ad una… ad una…beh, ecco, non
importava! Lui non si era mai sognato – e mai l’avrebbe fatto consapevolmente –
di combinarci niente, insieme!
E poi lei era la
cugina di Merlin, dannazione!, e il suo servo non
l’avrebbe mai perdonato, se si fosse approfittato di lei! Ma
soprattutto, con che coraggio – quell’idiota! – si era permesso di
intromettersi nel suo sonno con quel sorriso irriverente e sensuale che gli
aveva fatto tremare i polsi?
Possibile che
quell’impiastro combinasse danni anche a distanza?!
E perché – per tutti gli dèi! – lui non si era sentito disgustato? Ma, al contrario...
Arthur scosse il capo per cercare, invano, di snebbiarsi la
mente, col solo risultato che la sua emicrania era aumentata.
C’era quella voragine nel suo
stomaco e un peso sul cuore che lo tormentava con l’andar delle veglie, sempre
più.
Nemmeno concentrarsi sulla riunione del Consiglio era
servito, e neppure sfogarsi contro l’ignaro Sir Duncan, in un allenamento
particolarmente sfiancante, lo aveva aiutato a trovare requie.
A mezzodì, egli disertò il pranzo, perché si sentiva così a
disagio da trovare insopportabile l’idea di stare nella stessa stanza con
Linette senza arrossire e, conseguentemente, morire di vergogna.
Con una scusa quasi patetica – ma era l’erede al trono e non
doveva giustificazioni a nessuno! – il cavaliere si fece portare un breve pasto
al sacco direttamente nell’Arena dei combattimenti e lì pranzò.
E quando ogni suo sottoposto ebbe raggiunto il proprio
limite e lui ebbe congedato tutti i presenti, aveva ripreso a colpire un
fantoccio di paglia come se fosse stato il suo peggior nemico: la sua coscienza.
“Non vi sembra di aver combattuto a sufficienza, per oggi?”
si era sentito dire – una stilettata diritta in mezzo al petto – “Povero
manichino!”
Arthur aveva abbassato la spada trattenendo l’ultimo
fendente, voltandosi verso di lei.
Lin se ne stava lì, a pochi passi da lui, offrendogli
con un sorriso una borraccia con cui avrebbe potuto dissetarsi.
Come i suoi occhi incontrarono quelli di lei, quelli che tanto gli ricordavano Merlin,
qualcosa si ruppe dentro il suo cuore.
Egli lasciò cadere l’arma sulla terra battuta, come se all’improvviso
fosse pesata immensamente, e si abbandonò lungo il bordo della staccionata,
fino a toccare il terreno.
“Avrete sete, è per voi.” Chiarì la valletta, accomodandosi
al suo fianco senza permesso.
L’erede al trono accettò quella gentilezza senza replicare e
bevve avidamente, cercando invano di placare l’arsura che lo bruciava
internamente. E di venire a patti con se
stesso.
Ma, alla fine, fu una sola, la soluzione che gli si affacciò
alla mente: ripristinare le cose prima
che fosse troppo tardi. Riportarle ad
uno stadio precedente, a quando tutto era normale e indolore. A quando la sua vita
scorreva su sentieri tracciati che lui era in grado di controllare.
“Rivoglio Merlin. Qui. A Camelot.” Scandì, con stentorea determinazione. “Gli
concederò tempo fino alla metà del mese che sta per cominciare. Immagino che, per voi,” e in
quel ‘voi’ egli racchiuse le abitudini contadine e chi festeggiava i riti
druidici, “la Festa
di Lughnasadh sia importante. Celebrerete l’inizio
del tempo del raccolto, giusto?” le chiese, ma la sua valletta sembrava così
sconcertata dalla novità che non attese una vera e propria risposta da lei,
quindi riprese: “Gli accordo mezza luna per occuparsi
della mietitura di frumento e orzo, e poi non accetterò più nessun’altra scusa o
proroga. Andrò personalmente a riprenderlo a Ealdor.
Se lui si rifiuterà di tornare, gli dirò addio.”
“Ma… ma, Sire!” balbettò il mago, sconvolto. “Perché mai tutta questa fretta?!”
“Credo di aver pazientato a sufficienza.” Replicò lui, lapidario. “E per quanto ti riguarda, deciderò
presto del tuo futuro, ma non in base alla risposta di Merlin. Rammento ciò che
mi dicesti alla locanda del Giglio Bianco e ne terrò conto. Dopotutto, forse è
un bene che tu te ne vada da qui. So che la vita a Camelot ti sta stretta. Se lui non tornerà, lo
sostituirò con qualcun altro, ma il tuo compito temporaneo avrà ugualmente
fine.”
Lo stregone ricevette quella notizia con la stessa intensità
di una scarica di pugni in mezzo allo stomaco. Eppure, se lo avessero picchiato a sangue, avrebbe sentito meno dolore.
Merlin percepì gli occhi riempirsi di lacrime e le trattenne
a stento, ingoiando la sua disperazione.
Come avrebbe mai
potuto vivere lontano da Arthur? Come sarebbe sopravvissuto, separandosi
dall’altra metà della sua medaglia?
“Perché? Perché mi state dicendo
questo?!” esplose Linette, con la voce incrinata.
“Cos’è cambiato da stamattina, Arthur? Cos’ho fatto di male per meritarmi le vostre parole? Perché
volete cacciarmi? Non sono più degna della vostra fiducia?!”
recriminò, incurante di sembrare quasi patetica.
Il principe si sentì stringere disperatamente le viscere
vedendola reagire così.
Ma lo faceva per il suo bene; a modo suo, la
stava proteggendo.
La proteggeva dai
propri desideri insani.
Anche se questo voleva
dire separarsi da lei e sarebbe stato preferibile strapparsi un arto piuttosto
che sapere di doverle dire addio.
“Non è colpa tua, Linette, te lo giuro.” La rassicurò. “Non
fartene un cruccio.” La pregò.
“E’ stato-” Merlin tentennò, inghiottendo un singhiozzo. “E’
stato il re, Uther,
a ordinarvi di allontanarmi?” domandò, sull’orlo di una crisi di nervi, incapace di farsene una ragione, e
finalmente una lacrima trovò la sua strada di sfogo, lungo la sua guancia arroventata
dalla brutale emozione.
Arthur allungò d’istinto la mano destra per raccoglierla,
poi si fece violenza e a metà del gesto lasciò ricadere l’arto lungo il corpo.
Egli distolse lo sguardo, colpevole, sentendosi terribilmente meschino a
cagionarle tutto quel dispiacere, ma preferì ignorare tutte le stille che
seguirono la prima.
“No.” La smentì, scuotendo il capo. “Mio padre non c’entra.”
Ammise. Quantunque sarebbe
stato più semplice – e forse non indolore, ma meno amaro – raccontarle
quella scappatoia.
“Quando giungesti, sapevi che prima o poi
tutto sarebbe finito, no? Questa storia è durata fin troppo a lungo. Tutto qui.”
Merlin scosse il capo, impotente a trovare parole
ragionevoli per dissentire.
“Non è giusto!” gemette. “Vi prego di ripensarci!”
Arthur fece un sorriso triste, desiderando di non essere la
causa del suo dolore.
“E’ troppo tardi. Ho già deciso.”
“No, Sire! Vi prego, non-”
“Ti concedo la serata libera. Non
ho più bisogno di te, per oggi.” La licenziò, risollevandosi dal terreno e,
senza attendere che lei lo seguisse, si allontanò da solo.
Madama Boccadirosa non sarebbe mai riuscita a distrarlo dal suo
tormento, né gli avrebbe cancellato il sapore di fiele che sentiva in gola.
***
Merlin raccolse i cocci della propria vita e si diresse a
casa, dove raccontò a Gaius del confronto avuto col suo padrone e aggiunse che,
sinceramente, sperava fosse tutto uno scherzo, uno sbaglio, un incubo.
Ma Arthur era stato così spaventosamente
serio. Così freddo e razionale, come se avesse ponderato a lungo cosa dirle e
come farlo.
Come aveva fatto, la sua vita, ad andare – nuovamente – in frantumi in
mezza giornata?
Quel che lo faceva sentire peggio, ammise il mago al suo
mentore, era il non sapere cosa fosse
accaduto per far cambiare così radicalmente idea al principe su di lei e su
Merlin.
E, se da un lato loro due avevano sempre saputo che la
pazienza dell’erede al trono – in attesa del ritorno del suo valletto – si
sarebbe esaurita, prima o poi, dall’altro non si
spiegava quella risolutezza improvvisa nell’Idiota Reale, che quel mattino
sembrava essersi alzato col piede sbagliato dal letto e che quindi aveva deciso
di stravolgere il loro mondo.
Alla fine, c’era un’unica cosa da fare: chiedere consiglio al Drago e sperare di riuscire a interpretare i suoi
contorti indovinelli – ammesso che quella dannata lucertola fosse disposto ad aiutarlo.
Merlin si era quindi armato di pazienza e, rimboccate le
gonne, era ridisceso nei sotterranei del castello, dopo tanto tempo. Ma, come l’ultima volta, col cuore gravido di
preoccupazioni.
***
“Cosa ti conduce al mio antro, giovane mago?” l’aveva
apostrofato la creatura, saltando i convenevoli.
“Credevo che tu lo sapessi!” sbottò Merlin, di rimando.
“Io conosco molte
cose, impaziente stregone, ma non tutte
le cose.” Precisò il bestione, facendo muovere la coda squamata come una
frusta.
“L’altra metà della mia medaglia si è stancato
di me!” sfogò il giovane. “Arthur vuole cacciarmi da Camelot e rivuole Merlin.
Ma io non ho ancora trovato la soluzione all’incantesimo di Ardof
e non sono ancora tornato in me!”
“Questo lo vedo. Anche quel vestito
ti dona.” Lo beffeggiò, come sei lune prima, al loro precedente incontro.
Merlin trattenne a stento un moto di stizza.
“Sei stato tu! Tu
mi hai parlato di un Grande Destino da compiere! Tu mi hai
convinto che un giorno quell’Idiota, col mio aiuto, avrebbe fondato Albion e che la magia sarebbe stata nuovamente libera!” gli
ricordò. “Se quel Babbeo Reale mi caccia adesso, se scoprirà che gli ho mentito per tutto questo tempo, potrò- potremo” si corresse
“dire addio ai tuoi sogni di libertà! Non ci sarà nessun
mondo migliore!”
“Hai grandi pretese nei miei riguardi, giovane stregone. E io ti ho sempre aiutato. Cosa mi darai, in cambio, questa volta?”
Merlin si morse il labbro inferiore, meditando.
“Cosa vorresti?”
“Desidero una promessa.” Ruggì la bestia magica. “Un solenne
giuramento.”
“E sia.” Concesse, infine.
“Sul tuo onore giura che, quando verrà il momento, mi
libererai dalla mia prigionia.”
“E quando succederà?” si preoccupò il mago, perché non
sapeva quali sarebbero state le ripercussioni della faccenda.
Il drago sbuffò una nuvola di cenere e lapilli e scosse il
capo.
“Non mi è dato saperlo. Allorché i tempi saranno
maturi, entrambi lo capiremo.”
“Lo farò.” Dichiarò Linette, e la sua voce rimbombò
solennemente tra gli anfratti di pietra. “Ti ridarò la libertà.”
Il mostro magico chinò il capo, come unico segno di
ringraziamento.
“Ed ora… cosa devo fare per
sistemare il mio problema?” rifece il mago, ansioso, raccontando brevemente
cos’era accaduto nella giornata.
Alla fine del resoconto, il lucertolone se ne stette in
silenzio, a meditare per alcuni infiniti istanti, le iridi gialle nascoste
dietro le rugose palpebre.
“Cos’è stato a rovinare tutto?”
l’incalzò il giovane, sperando che l’altro potesse illuminarlo. “Dove ho sbagliato?!”
ritentò.
“Non v’è nulla di sbagliato, Merlin. Il vostro Destino sta
seguendo il suo corso. Ma il giovane Pendragon non è ancora pronto a scendere a patti con se
stesso. E questo lo ha
spaventato.”
“Ma… ma come?” insistette, lui. “Cosa…
cosa lo ha scatenato?”
“Non mi è dato saperlo.” Replicò il drago, interrompendolo.
“Tuttavia, avverto il suo turbamento sin da qui.”
A quelle parole, Merlin sentì una stretta al petto, come se
il malessere del principe fosse giunto sino a lui, sommandosi al proprio.
“Ti scongiuro! Cosa
devo fare?!” lo implorò, mettendo da parte qualsiasi briciola di
orgoglio.
L’essere millenario si prese del tempo, prima di rispondere
e, quando lo fece, Merlin ebbe il sentore che nessuna delle cose che gli
avrebbe detto gli sarebbe piaciuta.
“Hai due possibilità, tra cui scegliere, giovane mago.”
Premise la bestia. “Ma presta molta attenzione a ciò
che sto per rivelarti.” Lo redarguì. “Puoi decidere di
lasciare le cose come stanno e vedere cosa accadrà.
Se il Destino vi
ha condotti fino ad ora, sono certo che non vi
abbandonerà proprio adesso. Ciò che stai vivendo potrebbe essere una tappa necessaria, e forse la soluzione al tuo
dilemma potrebbe giungere tra poche ore o fra qualche giorno…”
“Ma…”
“Piccolo umano impaziente!” lo sgridò la creatura ancestrale, ruggendo lapilli.
Merlin si fece piccolo piccolo,
e non osò interromperlo nuovamente.
“La seconda via” riprese il drago “è alquanto pericolosa. Esiste
un incantesimo che ha la facoltà di annullare un accadimento e i ricordi ad esso legati. Non è un semplice incanto di memoria – di
cui tu hai abusato smisuratamente, di recente.” Gli
appuntò, facendogli capire che a lui non sfuggiva nulla. “Esso riporta indietro
il tempo. Ragion per cui, quel fatto non solo viene
dimenticato, ma viene addirittura cancellato dalla storia.”
“E io sarei in grado di
formularlo?” volle sapere.
“Con la mia guida, sì. Ma bada
bene: esso va usato solamente nei casi di estrema importanza e cambierà comunque
il corso degli eventi. Prima
o poi, dovrai pagarne le
conseguenze.” Avvertì. “Oltretutto, può essere recitato una sola volta
durante l’intera esistenza di un mago.” Lo mise in guardia. “Forse un giorno,
in futuro, potrebbe servirti maggiormente, e tu avresti sprecato la tua unica opportunità.
Sei certo, giovane stregone, di volerlo usare ora?”
Se Merlin avesse avuto
la calma e la serenità interiore per decidere consapevolmente, forse avrebbe
scelto diversamente.
Ma in quel frangente, egli non vedeva nessun’altra
via d’uscita.
Sapeva solo di
rivolere Arthur accanto a sé, non importavano le conseguenze.
“Accetto.” Dichiarò, deciso, compiendo un passo verso il
drago.
“Così sia.”
Continua...
Disclaimer:I
personaggi di Merlin, citati in questo racconto, non sono miei; appartengono
agli aventi diritto e, nel fruire di
essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.
Ringraziamenti:
Un abbraccio a Tao, che sopporta i
miei scleri. X3
E alla mia kohai che subisce le
mie paranoie. X°D
Note: La taverna del
Lupo Nero, nominata nella fic, nel telefilm non
esiste.
Ho scelto questo nome come riferimento ai lupanari (dal latino lupa = prostituta), che erano, nel corso
di tutta l’epoca romana, i luoghi deputati al piacere sessuale mercenario,
ovvero delle vere e proprie case d’appuntamento, o bordelli.
(Info da Wikipedia –
L’enciclopedia Libera).
Ho immaginato che anche a Camelot, come in tutti i luoghi medievali, vi fosse
una zona deputata ai ‘divertimenti’ dei soldati. U_U
Detto questo, so che probabilmente ho sconvolto
qualcuno, nel momento in cui ho fatto ammettere ad Arthur che lui va (o almeno
è andato) a
donnacce.
E’ un principe diverso persino da quello descritto solo un
capitolo fa, almeno per certi aspetti. Ma fa tutto parte
di un mio progetto legato alla sua esplorazione caratteriale.
La mia motivazione che ci sta dietro è questa: è stata una
scelta fatta fin da subito, dall’inizio della fic.
Più che altro perché rende il principe più ‘umano’, meno
‘perfetto’. Con delle debolezze, ecco.
Mi immagino che a quel tempo fosse
normale che i cavalieri più grandi avessero trascinato il principe poco più che
adolescente a fare certe ‘esperienze’ con donne che lo facevano di mestiere per
‘svezzarlo’, poi magari aveva le dame di palazzo, questo sì.
Del resto, dal telefilm si intuisce
che Gwaine non le disdegna e nessuno si è
scandalizzato. XD
E se vi state chiedendo come reagirà Merlin alla notizia…
Posso dirvi che, tacitamente, Merlin lo sa già. Era il suo servo, era ovvio che immaginasse che
Arthur non si è conservato casto per lui. XD
Magari il principe non è un erotomane, ma è un uomo e la
permanenza di Lin gli ha procurato guai. Ecco. X°D
Per amor di precisione, comunque, alla fine lui non va da Madama
Boccadirosa. Ci ha pensato, sì; ma spero che dal capitolo
si capisca che rinuncia, perché lei non sarebbe riuscita a confortarlo.
Mi piacerebbe sapere cosa ne pensate a riguardo. Anche se
spero di no, vi ho forse deluso con la mia scelta?
La Festa
di Lughnasadh, è la festa celtica del raccolto in onore del dio Lugh. Viene celebrata
il primo agosto (che, per inciso, è il mio compleanno. XD)
Come detto in passato, il limone era conosciuto nel Medioevo,
perciò ho usato questo paragone.
Il drago ha strappato a Merlin una promessa importante: la
libertà. Ho ripreso il concetto del telefilm, ma a modo mio e ovviamente
aspettatevi una diversa evoluzione della cosa!
Precisazioni al
capitolo precedente e domande varie: (a random)
- No, in questa fic la normalità
non esiste. XD
Nel momento in cui direte: “Oh, finalmente un po’ di pace…” zac!
Capiterà il peggio! U_U
- Ogni volta che fanghèrlate
con/su Linette mi riempite di gioia! *O*
- Sono contenta che abbiate apprezzato Arthur in modalità *cavalierservente*.
La vecchiaccia sarà (anzi, è stata) punita a dovere, ma non leggeremo del
provvedimento. A suo tempo (leggasi: nella raccolta Linette2) riprenderemo il
concetto degli abusi e delle prepotenze della servitù. Abbiate pazienza. ^^
- Il povero Arthur si è vergognato come un ladro a parlare
con Lin-Lin del suo ‘Buffone’, ma lui ci tiene sinceramente alla sua serva, ed è anche
per questo che lo amiamo, no?
- Mi è stato chiesto se farò partecipare di più i cavalieri
e Morgana. La risposta è sì. E molto, molto presto. In tutta sincerità, loro
dovevano essere appena delle comparse, ma poi ci ho preso gusto a muoverli e
molti di voi, tempo fa, mi avevano chiesto di dare loro più spazio e così ho
fatto. Spero ne siate contenti. ^^
- La puntata con l’aumento delle tasse è quella doppia, col
Troll cattivo che vuole spremere la povera gente di Camelot influenzando Uther
e Arthur si ribella, perché la ritiene un’ingiustizia.
- Probabilmente, l’impressione che ad Arthur importi poco di
Merlin la si ha perché la fic
è quasi esclusivamente in POV di Merlin e lui non sa quanto in realtà il
principe tenga a lui. Presto avremo modo di dar voce al principe, ancora un po’
di pazienza.
- Di solito è Merlin che intorta Arthur
e gli fa fare tutto quello che vuole, ma stavolta il nostro mago si è lasciato catturare
dagli *occhioni da gatto con gli stivali* del
principe! LOL
- La punizione con le bacchettate era una forma comune di
castigo, ancor prima del Medioevo e per molto tempo dopo.
Vi metto BEN tre anticipazioni
del prossimo capitolo:
La pace era durata
esattamente tre giorni. Tre miseri giorni. Appena una
manciata di veglie.
“Avremo mai la grazia
di avere sue notizie?” aveva sbuffato il nobile Babbeo, a pranzo, fingendo –
per il suo equilibrio interiore – che la cosa gli importasse poco.
Merlin s’era chiesto, con un moto
esasperato dell’animo, cosa diamine
avesse scatenato il prurito mentale dell’Asino.
Ma ovviamente non c’era nessuno che potesse offrirgli
una valida risposta.
(...)
Arthur sollevò un sopracciglio, segno che stava per
dissentire su qualcosa, ma il mago lo prevenne.
“Ritengo, però, che… che entro la fine di
agosto egli sarà qui. Senza dubbio!” promise,
lasciandosi travolgere dalla smania di rassicurarlo, ma pentendosene un istante
dopo. E se non fosse stato così?
Come avrebbe procrastinato ancora?
“Uhm…” Sua Maestà aveva incassato l’ennesima assennata
spiegazione e aveva lasciato vagare uno sguardo remoto tutt’attorno, come se
questo, da solo, bastasse a cancellare la propria delusione.
(...)
Del resto, non poteva certo biasimarle: la pioggia aveva
ripreso a cadere fitta e, malgrado il mantello, anche
lui si sentiva bagnato fin nelle ossa.
Francamente, non
credeva che quella frescura fosse preferibile alla calura dei giorni precedenti,anche se Arthur sembrava essere di
tutt’altro avviso.
Fu forse a causa di questi pensieri che si era distratto,
oppure perché col cappuccio calato sul naso aveva una
visuale assai ridotta e le orecchie, coperte dal tessuto che attutiva i suoni,
si erano lasciate ingannare dalla finta quiete, ma non udì il sibilo della
freccia che saettò ad un palmo da lui, sentì solo l’urlo del primo battitore e
lo vide cadere, ferito a morte, e
l’istante dopo il secondo e il terzo. E poi Arthur che sguainava la spada e
combatteva contro un nemico sconosciuto, mentre un altro cercava di coglierlo
di soppiatto alle spalle, e non ebbe modo di urlare per avvertirlo del
pericolo: allungò una mano per evocare un incantesimo ma, prima di riuscirvi,
sentì un immenso dolore e il mondo davanti a lui si fece nero.
[Come vedete, ci sono nuovi guai
all’orizzonte per il nostro eroe... inizierà l’arco narrativo più angst e drammatico dell’intera storia. *_*]
Infine vi invito a leggere e a
commentare, se vi va, l’ultimo progetto che ho postato: “Arthur & The Mothers”il capitolo 3° con Hunith.
Altrimenti le ho caricate sul forum di Merlin, credo anche di
metterle sul LJ tra un po’, coi video. Abbiate
pazienza, ho poco tempo e mille cose da fare. XD
Campagna di Promozione
Sociale - Messaggio No Profit:
Dona l’8‰
del tuo tempo alla causa pro recensioni.
Farai felici milioni di scrittori.
(Chiunque voglia
aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio
crede) Come sempre, sono graditi commenti,
consigli e critiche.
Eccomi di ritorno dal mare e, come promesso, ho aggiornato appena
possibile
Eccomi di ritorno dal mare e,
come promesso, ho aggiornato appena possibile.
Tra l’altro, senza farlo di proposito, questi giorni coincidono perfettamente con quelli
della fic: la fine di luglio! (così non sarà
difficile immaginare il caldo allucinante e i temporali estivi XD).
Forse non sembrerà, ma questo
è il capitolo più lungo postato finora su 60caps., spero ugualmente possa ricompensarvi dell’attesa.
SPOILER FREE: Come l’anno scorso, sento doveroso
fare una precisazione. Dopo aver visto tutte le puntate della quarta stagione e
dopo aver letto tutti gli spoiler generali in circolazione sulla quinta
stagione, ricordo a tutti che questa storia NON contiene/conterrà
alcuno spoiler; e che eventuali
coincidenze sono appunto casuali coincidenze.
Questo capitolo,
nella prima parte, è il seguito diretto del precedente. Cronologicamente
racconta del periodo 25-28 luglio, poi vi è un salto temporale al 10 agosto (7°
mese dall’arrivo di Linette a Camelot).
Riassunto: Merlin
è abituato a salvare la vita all’Asino Reale senza che questi se ne accorga, ma
stavolta non tutto va per il verso giusto. Colpito dall’incantesimo del
malvagio Ardof, il nostro mago farà i conti con una
sconvolgente novità: egli si risveglia trasformato in una donna.
Solo Gaius conosce il suo segreto e, finché non troverà il modo di tornare
normale, dovrà inventarsi delle scuse plausibili e prendere
il posto di se stesso al servizio del principe. Come riuscirà a conciliare
questa ‘nuova situazione’? Come si evolverà il suo rapporto con Arthur?
Dedico l’aggiornamento a chi ha
recensito il precedente capitolo, con un grande abbraccio ai nuovi, graditi recensori
e a chi ha recuperato gli arretrati, facendomi un regalo inatteso:
E a quanti commenteranno (SE vi
va di recensire anche dei capitoli più indietro di questo, il vostro parere non
andrà perduto!).
Ai vecchi e ai nuovi lettori.
Grazie.
TheHe in theShe
(l’Essenza dentro l’Apparenza)
Capitolo LX
Quella notte, Merlin
non dormì.
Mentalmente aveva contato le veglie, i rintocchi, i granelli
di sabbia di ogni clessidra del regno, ma il tempo non
era passato più in fretta ed egli moriva dalla voglia – dal bisogno – di sapere che l’incantesimo era andato a buon fine e che, soprattutto, ogni cosa era tornata a
posto.
In quell’attesa infinita, il mago aveva anche avuto modo di
ripensare a ciò che aveva promesso al drago e a quello che l’essere magico gli
aveva detto e ribadito.
Bisognava, ad ogni buon conto,
riconoscergli un’insperata delicatezza.
Se davvero quel bestione conosceva praticamente
ogni cosa accaduta nel castello, era stato gentile a non deriderlo per i suoi umani sentimenti.
O per
il fatto che era follemente innamorato di un altro uomo, dell’unica
persona che non avrebbe mai potuto contraccambiarlo, ma che il Destino Infingardo
si era divertito a mettergli accanto.
Come la volta precedente, il drago gli aveva raccomandato di
puntare all’essenza delle cose.
E probabilmente gli aveva fatto pena – ammesso che i draghi
potessero provare compassione per le disgrazie umane – perché non aveva
infierito su di lui o sulla sua tragica condizione.
O forse, molto più prosaicamente, il lucertolone si era
trattenuto solo perché lui aveva giurato che lo avrebbe liberato – chissà quando, prima o poi
– e aveva ritenuto saggio non contrariarlo.
***
Molto prima dell’alba, Linette si era già vestita di tutto
punto, lavata e pettinata, e correva ansiosamente (quanto le sue gonne le
permettevano, senza rompersi l’osso del collo) verso le cucine, per ritirare la
colazione del nobile padrone.
Successivamente, con un sorriso
forzato stampato in faccia, la valletta reale salutò le guardie appostate nel
corridoio e oltrepassò la soglia del suo inferno personale.
Arthur se ne stava lì, stravaccato sulle coltri sfatte, lo
sguardo assonnato e l’espressione tipica di chi ancora non aveva ricordato di
essere al mondo.
“Buongiorno.” Lo salutò, fingendosi come sempre gioviale.
Sua Maestà emise un verso gutturale a mezza strada tra un
lamento e una risposta sensata e Merlin incominciò a respirare.
“Dormito bene?” gli domandò, ma non attese risposta. “No,
direi di no.” Considerò, scrutando le regali occhiaie bluastre. “Brutti sogni?”
rifece, imponendosi un tono svagato, legando i tendaggi del baldacchino ai
quattro supporti.
“Se li ho fatti, non li ricordo.” Ammise Arthur,
controvoglia. “Fa solo dannatamente caldo!”
“Vi farò prescrivere qualcosa da Gaius.” Gli consigliò.
“Così riposerete meglio.”
“Non serve, Linette, non
sono fragile come la mia
sorellastra!” s’indignò il nobile, masticando una pagnotta appena sfornata.
“Non servirà!”
Merlin gli rispose annuendo, per non irritarlo. Ma si appuntò mentalmente di infilare un sonnifero nella
zuppa della sera.
E poi lo stordì con mille altre chiacchiere, stando ben
attento a rimanere lontano dall’infausta domanda che il dì precedente lo aveva
fatto cacciare da quella stessa stanza e che aveva forse innescato quel
putiferio – anche se a lui era sembrata innocente, come qualsiasi altra posta,
mille volte, in precedenza.
“Vostro padre vi attende per un colloquio riservato,
Maestà.” Gli rammentò, mentre gli passava la casacca dietro al paravento dove
si stava cambiando d’abito. “E alla Terza Veglia inizierà la riunione del
Consiglio dei Nobili.”
“Quali sono gli altri impegni per oggi?” domandò Arthur, la
voce attutita dalla stoffa che si era impigliata nei lacci, impedendo alla sua
nobile testa di uscire dallo scollo.
“Nel pomeriggio vi sono i soliti allenamenti… Le nuove
reclute, l’addestramento al tiro con l’arco…”
“E un duello con Sir Duncan! Gliel’avevo promesso!” rammentò il principe, improvvisamente di
buonumore perché avrebbe potuto sfogare le sue tensioni sul suo sottoposto più
indisciplinato.
“Avete combattuto ieri con Sir Duncan.” Lo corresse Merlin,
imponendosi di non far tremare la voce e di non sembrare ansioso.
“Ieri? Ma non me
lo ricordo!” sbottò l’Asino Reale, sgranando gli occhi stupefatti.
“Questo è perché non dormite bene!” lo sgridò Linette, con
un sussiego che rasentava quello di Gaius. “Vedete? Cominciate a perdere colpi e a dimenticare le cose!” gli appuntò.
“Impudente! La mia memoria funziona beniss-”
“Alla riunione con i nobili, ieri, che decisioni sono state
prese?” lo mise alla prova, ben sapendo che stava facendo un gioco pericoloso.
“Uhm… Forse… Nuove tasse? Voci da
verificare su possibili incursioni nei confini a Nord?” tirò
a indovinare il principe, grattandosi la nuca impensierito. “Può darsi che
fossi un po’ distratto…” ammise.
“O forse vi siete addormentato nel
bel mezzo dell’incontro!” lo provocò, continuando senza aspettarsi una replica:
“E che avete mangiato per cena, ieri sera?” lo sfidò Lin,
puntando le mani sui fianchi con l’aria di chi stava tenendo in pugno la
situazione.
Arthur boccheggiò, a corto di parole.
“Non misovvie-Non è importante!” si difese
prontamente, arrossendo di vergogna e irritazione. “E per tua informazione: so
di aver vinto lo scontro con Duncan!” dichiarò, per non dargliela vinta.
Merlin nascose un sorriso.
Non era vero. Arthur
non poteva ricordarlo. Ma gliel’avrebbe lasciato
credere.
“Certo che avete vinto, Sire.”
Confermò, continuando solo nei suoi pensieri. ‘Voi vincete sempre’.
Sua Maestà, tuttavia, perse la propria baldanza nel momento
in cui, avvicinandosi per infilarsi al dito l’anello dei suoi avi, non lo trovò
conservato al solito posto. Egli richiuse il cassetto, sbattendolo con
nervosismo.
“Dov’è?!” sbottò, rivolgendo
un’occhiata interrogativa alla sua valletta.
Lo scudiero sollevò le braccia come segno di resa.
“Non lo avevate consegnato a me affinché lo
riponessi. Vi siete arrangiato da solo!” gli
rispose, rammentando fra sé che l’altro gli aveva concesso – gli aveva imposto!
– la serata libera e probabilmente, spogliandosi da solo, aveva come sempre
combinato qualche guaio.
“Provate a fare mente locale…”
L’erede al trono scosse il capo, infastidito.
“Dannato anello!” imprecò. “Non mi ricordo
dove l’ho messo!”
“Se la memoria fa cilecca…”
“Non fa cilecca!” s’offese,
indignato, sollevando il nobile mento con aria di sfida.
“… è segno che siete davvero snervato.” Concluse
il mago, incurante dell’interruzione. “Vi ci vuole una pausa. O, quantomeno, un ricostituente!”
L’Asino Reale ragliò la propria disapprovazione,
ma Merlin non gli diede ascolto mentre controllava gli altri vani della
cassettiera e, con espressione trionfante, gli porgeva il cimelio di famiglia
che giocava a nascondino con la sua regale (scarsa) pazienza.
Arthur si infilò rabbiosamente il
prezioso cerchietto all’indice e si preparò mentalmente ad incassare un
rimprovero su quanto fosse stato distratto o disordinato dalla sua valletta –
manco fosse stata la sua balia! – e invece, stranamente,
Linette si limitò a riprendere i propri lavori, in attesa che lui indossasse
gli stivali lucidati e il cinturone con la spada adagiato sul tavolo. Oh, grazie al Cie-!
“Se non ricordate un particolare di ieri,
o di un giorno precedente, fingete! Non vorrete
passare per un allocco!” gli suggerì – anche
se suonava più come una provocazione.
“Linette!” s’infervorò, arrossendo.
“Evidentemente siete troppo stanco. Vi ci vuole una pausa.
Se la memoria vi inganna, e state perdendo il senso
dello scorrere del tempo… datevi malato!”
“Ma io sto benissimo! E poi non
potrei neanche volendo! Mi si accumulerebbe ulteriore
lavoro arretrato e mio padre mi rimpro-”
“Andiamo a caccia?” gli suggerì Merlin, imbavagliando il suo
spirito animalista che era contrario a quella barbarie su delle
poveri, innocenti creature. La salute mentale del principe (e il suo posto di lavoro) aveva
sicuramente la precedenza sui suoi sensi di colpa. “E’ tanto che non ci
andiamo!” insistette.
Un lampo di desiderio attraversò lo sguardo azzurro
dell’erede al trono e, senza dubbio, Arthur accarezzò per un istante quella
possibilità.
Poi, però, con encomiabile senso del dovere – e del bisogno
di compiacere le paterne paturnie – egli scrollò la testa, a malincuore.
“Questa settimana non se ne parla. Ho
troppo lavoro.”
“Ah.” Esalò lo stregone dispiaciuto. Una caccia avrebbe certamente aiutato a distogliere l’Asino dalle
preoccupazioni e dalla voglia di mandar via la sua valletta…
“Ma la settimana prossima…” riprese
Arthur, entusiasmandosi e puntandole un dito contro “Ci andremo! Te lo
prometto! Prendi nota!”
“D’a-d’accordo…” soffiò il servo,
stupito dal suo slancio.
“Dobbiamo andare a caccia! Devo
svagarmi! Per la miseria, me lo merito! Ho bisogno anch’io di respirare!” esclamò l’aristocratico
padrone, più a se stesso che alla sua servitrice.
“Orbene, lo faremo!” confermò Merlin, spingendolo verso il
portone. “Ma ora vostro padre vi attende e-”
Arthur sbiancò e corse via, senza neppure salutarlo. E allo
stregone non rimase altro che vederlo trottare fino a svoltare l’angolo. E poi
richiuse la porta e vi si appoggiò contro, esausto. Che diamine gli era preso a quell’Idiota?
***
Per il resto della giornata, tutto era scivolato via liscio
come l’olio. Arthur non aveva più accennato all’argomento del giorno prima:
niente separazioni improvvise nell’aria, né domande scomode su quando mai
sarebbe tornato Merlin; anche se, nel secondo caso, Gaius e il suo apprendista
sapevano che la loro buona stella si sarebbe spenta prima o
poi.
Linette, diversamente dal dì precedente, aveva modificato i
propri impegni e li aveva plasmati in modo da controllare costantemente il
principe ed eventuali reazioni inconsulte che, fortunatamente, non erano
avvenute.
A mezzodì, Arthur si era presentato negli appartamenti reali
per pranzare assieme e, benché stanco, era poi
ridisceso nell’Arena per gli allenamenti quotidiani e Merlin, dopo aver atteso
un tempo minimo per non destare sospetti, lo aveva tampinato fin lì.
Anche gli addestramenti si erano svolti nel modo più normale
possibile, cosa che aveva rincuorato lo stregone: il principe – benché
fisicamente assai provato – non aveva la stessa espressione sfinita e
tormentata del pomeriggio addietro.
“Ma non hai niente da fare?” l’aveva apostrofata il nobile
padrone, alla conclusione degli scontri, mentre ella
gli porgeva una borraccia per dissetarsi.
“Vedervi combattere è sempre istruttivo!” aveva mentito Linette,
per ingraziarselo.
Ma Arthur era incredibilmente
scoppiato a ridere.
“Anche se hai detto una cosa verissima,” aveva precisato, ghignando
senza sforzarsi di apparire umile “sei una pessima bugiarda, Lin-Lin!” l’aveva sgridata, in un finto rimprovero.
Merlin era arrossito suo malgrado.
“D’accordo. Dovevo raccogliere
delle erbe per Gaius, ma non ne avevo voglia.”
Confessò. “Così sono rimasta a guardavi.” Ammise,
raccontando una mezza verità e omettendo la parte della sorveglianza forzata.
“Io onoro gli impegni con mio padre, dovresti farlo anche tu
con quelli di Gaius.” La pungolò, divertito nel metterla in difficoltà. “Ma,
d’altronde, so che è alquanto impossibile
non rimanere affascinati dalla mia
persona,” si gloriò l’Asino Reale, gonfiando il petto
“del resto, la mia beltà e la mia maestria sono leggendarie, no?”
Merlin sbuffò platealmente, dimostrandosi contrario a quella
sbruffonata.
“Osi negarlo?!” insistette l’erede
al trono, vittorioso, oscillando un indice guantato a
mezz’aria. “Non rammenti le parole ossequiose di un certo cantastorie?”
“Oh! Vedo che quello non l’avete
scordato!” considerò l’ancella, provocandolo. “Com’è che vi sovviene
solamente ciò che vi fa comodo?”
Il cavaliere perse di colpo la sua baldanza e bofonchiò
qualcosa che assomigliava ad un vago “Impudente!” e poi l’aveva congedata con
l’ordine di preparargli la tinozza per il bagno e di allestire la loro cena.
Merlin accolse l’imposizione di buon grado, trotterellando a
cuor leggero alla volta del castello, felice che le cose fossero andate
diversamente dalla prima volta anche se, lo sapeva, quella era una tregua
temporanea e presto, molto presto, i
nodi sarebbero venuti, nuovamente, al pettine.
***
La pace era durata
esattamente tre giorni. Tre miseri giorni. Appena una
manciata di veglie.
“Avremo mai la grazia
di avere sue notizie?” aveva sbuffato il nobile Babbeo, a pranzo, fingendo –
per il suo equilibrio interiore – che la cosa gli importasse poco.
Merlin s’era chiesto, con un moto
esasperato dell’animo, cosa diamine
avesse scatenato il prurito mentale dell’Asino.
Ma ovviamente non c’era nessuno che potesse offrirgli
una valida risposta.
Cercando di non far vedere il tremolio della mano che
reggeva la propria posata, Linette aveva finto di sembrare serena e gli aveva
risposto usando le stesse parole che il suo padrone le aveva intimato solo
qualche giorno prima, certa che, almeno in quel caso, difficilmente Arthur
avrebbe trovato qualcosa da obiettare ad un suo stesso
ragionamento.
“La Festa
di Lughnasadh è alle porte, Sire!” aveva premesso,
tentando di sembrare ragionevole. “E’ una ricorrenza importante per celebrare
l’inizio del raccolto!”
Il principe aveva risposto con un’espressione attenta e
pensierosa.
“Credo che tutta Ealdor sia nel
bel mezzo dei preparativi per la mietitura di frumento e orzo, e probabilmente
Merlin sta aiutando sua madre e gli altri contadini…”
Arthur sollevò un sopracciglio, segno che stava per dissentire
su qualcosa, ma il mago lo prevenne.
“Ritengo, però, che… che entro la fine di
agosto egli sarà qui. Senza dubbio!” promise, lasciandosi
travolgere dalla smania di rassicurarlo, ma pentendosene un istante dopo.
E se non fosse stato così? Come avrebbe
procrastinato ancora?
“Uhm…” Sua Maestà aveva incassato l’ennesima assennata
spiegazione e aveva lasciato vagare uno sguardo remoto tutt’attorno, come se
questo, da solo, bastasse a cancellare la propria delusione.
“Nel frattempo vi rimango io!” aveva precisato Linette, con
un sorriso incoraggiante che nascondeva l’incertezza negli occhi. “Merlin sa di
avervi lasciato in buone mani… per questo se la prende comoda!”
“Senza offesa, Lin-Lin, ma auspico
che lui si renda conto che anche la mia generosa
pazienza ha un limite.”
A quelle parole, il mago aveva sussultato, lasciando cadere
la forchetta sul piatto con un tintinnio assordante nel silenzio della stanza.
No, dannazione, no!
Non poteva permettere che Arthur ribadisse le sue
ultime condizioni come nell’Arena!
“I-io…” aveva balbettato,
sollevandosi di colpo dalla sedia, col solo istinto di porre fine a quel
dialogo affinché non si ripetesse la medesima conclusione. “I-iodevo…”
“Ehi!” vedendola impallidire all’improvviso, il principe si
era spaventato. “Linette, stai bene?”
“Io ho… ho scordato…” farfugliò lo stregone, incoerente,
cercando febbrilmente una scusa valida per andarsene. “La medicina per Sir Olwen! Gaius si era raccomandato che gliela consegnassi!”
“E per fortuna che Merlin ci avrebbe lasciato in buone
mani!” ironizzò il giovane Pendragon, rasserenandosi.
“Vai, allora. Non sia mai che il vecchio Olwen
tiri le cuoia a causa nostra!” e lo scudiero, cogliendo il suo consiglio, si
congedò in fretta da lui.
***
Arthur prese per buono il ragionamento di Linette e, nei
giorni successivi, non ne fece più parola con lei. Ma intanto il tempo
rosicchiava inclemente le veglie e il dì dedicato al dio Lugh
era arrivato e passato senza che alcuno, a Camelot, ne facesse menzione – forse, in qualche
sperduto villaggio del regno, qualche contadino aveva osato rendergli onore con
i sacrifici rituali, ma Merlin dubitava che ci fosse qualcuno, savio di mente,
disposto a sfidare l’ira di UtherPendragon.
In tutta sincerità, ad ogni modo, erano altri i problemi del
povero mago e poter festeggiare Lughnasadh era
l’ultimo dei suoi desideri.
Egli si arrovellava il cervello di giorno, di notte ed in ogni momento libero che aveva, in cerca di una
soluzione al suo dilemma che sembrava irrisolvibile.
E se non avesse trovato una risposta, avrebbe dovuto
inventarsi un’ulteriore scusa plausibile – finendo per
inguaiarsi ancor di più – perché davvero, davvero
era fuori questione permettere ad Arthur di andare a Ealdor
a scoprire la verità delle sue menzogne.
Tuttavia, ancora una volta, la ruota del Destino si era già messa
in moto e, prima di quanto egli avesse sospettato, sarebbe stato messo a
conoscenza di un fatto sconvolgente e irreversibile che lo toccava fin troppo
da vicino…
***
La prima decade di agosto era evaporata nella canicola
estiva e quando, una di quelle sere, Arthur aveva comunicato a Lin che si era preso mezza giornata di riposo e che
l’indomani sarebbero andati a caccia – perché lei aveva fatto bene a
suggerirglielo e avevano rimandato fin troppo quel meritato svago – lo scudiero
gli aveva sorriso, felice che finalmente il principe potesse distrarsi un po’,
assicurandogli che avrebbe preparato personalmente tutto il necessario e che
niente avrebbe potuto rovinare la loro uscita.
Tuttavia – quasi a farsi beffe di loro –, quella notte un
violento temporale estivo aveva seriamente rischiato di compromettere i loro
piani e, quando all’alba Merlin era andato a destarlo, i due si erano guardati
in faccia, incerti sul da farsi. Stava giusto spiovendo in quel momento, ma il
terreno arso dalla secca protratta sarebbe stato una distesa di fango e melma,
e impantanarsi fino al ginocchio in mezzo alla boscaglia non rientrava nelle
velleità di nessuno.
“Forse dovremmo rimandare, Sire.”
Aveva suggerito il servo con aria contrita, benché già vestito di tutto punto per
l’occasione.
Arthur aveva scrutato pensieroso fuori dalla finestra e
aveva imprecato a mezza voce contro l’acquerugiola insistente e fastidiosa.
Infine, si era voltato verso l’ancella e, con risolutezza, aveva decretato che
no, sarebbero andati ugualmente e all’inferno
anche il maltempo!
Allora Merlin aveva annuito concorde, in barba ai disagi, e lo
aveva aiutato a prepararsi e poi era corso nelle cucine, per procurarsi
qualcosa da mangiare, e nell’armeria a raccattare le armi necessarie.
Entro mezz’ora, col cappuccio
calato sugli occhi e avvolti in un mantello di cerata, l’erede al trono, la sua
valletta personale e tre battitori (raffazzonati in fretta tra i servi
disponibili) avevano varcato la porta ad Est in direzione del bosco confinante
col castello.
***
La natura aveva riversato quell’improvvisa umidità del
terreno nell’aria circostante e la nebbiolina, che aleggiava fra le piante e le
frasche, rendeva tutto l’ambiente spettrale, nella luce incerta del primo
mattino che filtrava a stento nel cuore della foresta.
Lo stregone si guardò attorno strizzando le palpebre, ma non
riconosceva né la zona – anche se avrebbe dovuto, perché in fondo non avevano
camminato molto, e quei luoghi dovevano essergli
familiari – né possibili prede, che pareva avessero
deciso di rimanere nelle loro tane.
Del resto, non poteva certo biasimarle: la pioggia aveva
ripreso a cadere fitta e, malgrado il mantello, anche
lui si sentiva bagnato fin nelle ossa.
Francamente, non
credeva che quella frescura fosse preferibile alla calura dei giorni precedenti,anche se Arthur sembrava essere di
tutt’altro avviso.
Fu forse a causa di questi pensieri che si era distratto,
oppure perché col cappuccio calato sul naso aveva una
visuale assai ridotta e le orecchie, coperte dal tessuto che attutiva i suoni, si
erano lasciate ingannare dalla finta quiete, ma non udì il sibilo della freccia
che saettò ad un palmo da lui, sentì solo l’urlo del primo battitore e lo vide
cadere, ferito a morte, e l’istante
dopo il secondo e il terzo. E poi Arthur che sguainava la spada e combatteva
contro un nemico sconosciuto, mentre un altro cercava di coglierlo di soppiatto
alle spalle, e non ebbe modo di urlare per avvertirlo del pericolo: allungò una
mano per evocare un incantesimo ma, prima di riuscirvi, sentì un immenso dolore
e il mondo davanti a lui si fece nero.
Continua...
Disclaimer:I
personaggi di Merlin, citati in questo racconto, non sono miei; appartengono
agli aventi diritto e, nel fruire di
essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.
Ringraziamenti:
Un abbraccio a Tao, che sopporta i
miei scleri. X3
E alla mia kohai che subisce le
mie paranoie. X°D
Note: Il vecchio
Sir Olwen compare nella puntata 1x01 del telefilm “La
chiamata del drago”, è quello che ingurgita tutta la medicina, anche se Gaius
aveva raccomandato a Merlin di stare attento.
La Festa
di Lughnasadh, è la festa celtica del raccolto in onore del dio Lugh. Viene
celebrata il primo agosto, fra 3 giorni (e, per inciso, è il mio compleanno! XD).
Precisazioni al
capitolo precedente e domande varie: (a random)
- Sono contenta che abbiate apprezzato la ventata slash, anche se Arthur è (e rimane) un idiota! U_U
- Arthur agisce d’impulso perché è spaventato, sa quello che
ha sognato e sa che c’entrano Merlin e Lin, ma lui
crede (ingenuamente) che il problema più urgente sia allontanare lei dai suoi
desideri deprecabili, convinto che quello che ha sentito per Merlin sia più
semplice da gestire perché Merlin non è al momento sotto ai
suoi occhi come Linette, e quindi è una ‘tentazione’ meno immediata e
forte.
- Se devo essere sincera, mi aspettavo qualche critica in
più al concetto di ‘Arthur che va/è andato a donnacce’, perciò mi ha
positivamente sorpresa che quasi tutti la pensiate
come me. ^^
Il principe è meno santo di quel che si crede. XD
E comunque no, non ho mai lasciato intendere che fosse ‘a digiuno’ di certe cose. Fin dai primi capitoli, ci sono
frasi disseminate che lasciano capire qualcosa.
E poi, un esempio su tutti è quello del baby-doll medievale:
quando Arthur s’intrattiene con quello più piccolo, scartato da Linette, il
principe afferma:
Fu allora che incrociò un regale sguardo
divertito.
Arthur se ne stava stravaccato comodamente sulla sedia a dondolo e
giocherellava con- con-
“Ho veduto donne nei bordelli con abiti più lunghi e casti di questo!”
Considerò semiserio, ammirando il vestitino scartato la sera prima.
… solo che magari eravamo concentrate su
altro… - L’incantesimo che il drago ha insegnato a Merlin serve a cancellare le
ultime 24 ore, ovvero a impedire che Arthur decida per
qualche motivo di mandar via Linette e di andare a Ealdor.
Quest’incanto non avrebbe potuto annullare la maledizione di Linette, perché
anzitutto è passato troppo tempo, ma soprattutto quello di Ardof era un incanto troppo grande, senza controincantesimo, come fu spiegato a suo tempo. - I cavalieri saranno presenti e attivi, come mi avete chiesto che siano,
già dal prossimo capitolo. Non dovete attendere molto!
- Anche Morgana si è presa il suo spazio (in questa fic, fanno tutti quello che vogliono, tranne la sottoscritta
U.U), credo che vi piacerà
quello che farà! ^_=
- Adoro la
Morgana della prima serie e ho cercato di tenerla così. *_*
- Ovviamente gli avvertimenti del drago servono, peccato che Merlin non lo ascolti mai!
- Questa fic NON seguirà le
leggende arturiane. Niente battaglia di Camlann, per
capirci.
- Merlin non è più andato dal drago per due motivi: 1)
perché la lucertolona gli aveva già detto tutto sulla
sua maledizione e non poteva aiutarlo più di così; 2)
perché loro due non sono propriamente
in buoni rapporti. Questa ficsi innestava
dopo il loro litigio della season finale della prima
stagione, quindi Merlin va dal drago solo quando è davvero disperato e non sa
che altro fare. Comune il drago tornerà ancora e presto!
- Dai sogni scandalosi, passeremo anche alla pratica, abbiate pazienza. XD
- Sì, Uther è davvero molto (fin
troppo!) esigente con suo figlio, e credo dipenda in parte dal fatto che, per
averlo, abbia perso Ygraine, e quindi lo abbia
caricato di aspettative.
Però lo ama, in modo sincero e
vero, e lo protegge a modo suo, anche se spesso sbaglia la maniera in cui lo fa
e il loro rapporto non è dei più sereni.
- Purtroppo, siccome Merlin ha
scelto di usare l’incanto, non sapremo mai cosa sarebbe accaduto se invece
avesse deciso di aspettare come suggerito dal drago.
- OT: sì, assistere alle riprese di Merlin è stato
bellissimo! *_*
E vedere gli attori da vicino… te li fa amare ancor di più!
Vi metto BEN tre anticipazioni
del prossimo capitolo:
Immerso nel buio e circondato da suoni ovattati, egli cercò
di non soccombere al panico e di usare la magia per liberarsi, ma scoprì con orrore che non poteva.
La magia non gli
ubbidiva. La magia sembrava scomparsa.
Non la sentiva più scorrere nelle sue vene, come era sempre accaduto da che era nato – da che aveva memoria.
(...)
“Padre…” ritentò il
principe, senza in realtà sapere se doveva essere grato alla sorellastra per la
sua ardente scenata o adirato con lei per aver indispettito ancor di più il
nobile genitore. “Padre…” ripeté, condensandovi una supplica. “Vi chiedo
perdono a nome di Morgana, ma avete visto quanto anche
lei sia affezionata a Linette! Il suo dispiacere era sincero! Per questo era così turbata!”
“No!” ruggì Uther. “Ho stabilito che non vi sarà alcuna missione di
salvataggio né di ricerca e così sarà!” deliberò, perentorio. “E non oserai
disubbidire ai miei ordini, come è già accaduto in
passato!” lo prevenne. “Sarai confinato nei tuoi appartamenti, così avrai modo
di rivedere la tua idea assurda e di riflettere sulle reali priorità di un
erede al trono!” lo sgridò. “Guardie! Scortatelo nelle sue
stanze!”
“Ma padre!” s’indignò il principe, mentre veniva
afferrato per le braccia – a lui non era stato riservato lo stesso trattamento
rispettoso della sua sorellastra – e veniva condotto con la forza verso il
portone. Arthur oppose resistenza, ma lo sguardo duro di Uther
non si scalfì.
(...)
Lo avevano avvelenato.
Merlin lo aveva capito subito, e aveva cercato di vomitare
quell’intruglio, ma il suo stomaco vuoto si era rifiutato di collaborare e la
mistura – qualsiasi dannata cosa fosse – era entrata in circolo in modo
maledettamente veloce.
[Come anticipato già, l’arco
narrativo angst è iniziato!]
E’ da molto che non lo faccio, perciò ringrazio i 175
preferiti, i 290 seguiti e tutti i ‘da ricordare’ anche se la fic non è ancora finita. ^^
Ogni parere da persone nuove è sempre gradito!
Infine
vi invito a leggere e a commentare, se vi va, l’ultimo
progetto che ho postato: “Aithusa [OurEgg,
OurMascot]”il capitolo 2°
e sul fandom di Hyperversum: “Memorando”.
Campagna di Promozione
Sociale - Messaggio No Profit:
Dona l’8‰
del tuo tempo alla causa pro recensioni.
Farai felici milioni di scrittori.
(Chiunque voglia
aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio
crede) Come sempre, sono graditi commenti,
consigli e critiche.
SPOILER FREE: Questa storia NON contiene/conterrà alcuno spoiler della
quarta e della quinta stagione; eventuali coincidenze con esse sono appunto
casuali coincidenze
SPOILER FREE: Questa storia NON
contiene/conterrà alcuno spoiler della quarta e della quinta stagione; eventuali coincidenze con esse sono
appunto casuali coincidenze.
Questo capitolo è il
seguito diretto del precedente. Cronologicamente siamo al 10 agosto (7° mese dall’arrivo
di Linette a Camelot).
Riassunto generale: Merlin
è abituato a salvare la vita all’Asino Reale senza che questi se ne accorga, ma
stavolta non tutto va per il verso giusto. Colpito dall’incantesimo del
malvagio Ardof, il nostro mago farà i conti con una
sconvolgente novità: egli si risveglia trasformato in una donna.
Solo Gaius conosce il suo segreto e, finché non troverà il modo di tornare
normale, dovrà inventarsi delle scuse plausibili e prendere
il posto di se stesso al servizio del principe. Come riuscirà a conciliare
questa ‘nuova situazione’? Come si evolverà il suo rapporto con Arthur?
Riassunto delle
ultime puntate: Arthur fa sogni erotici su Merlin e Linette, sentendosi
attratto da entrambi. La cosa lo sconvolge a tal punto da voler allontanare la
sua serva, per la sua sicurezza, e pretendere il ritorno immediato del suo
valletto.
Merlin, disperato, ottiene dal drago un incantesimo assai
potente, per cancellare un evento dalla storia: egli lo usa per evitare il suo
allontanamento da Camelot. Poi,
per distrarre il principe da tutto ciò, Merlin gli suggerisce di andare a
caccia, ma nel bosco vengono attaccati di sorpresa…
Dedico l’aggiornamento a chi ha
recensito il precedente capitolo.
L’unico modo che conosco, per
cercare di contraccambiare il vostro entusiasmo, è quello di postare appena
possibile. Finalmente mi è arrivato il capitolo betato,
ed eccomi qui.
Grazie per il vostro supporto,
è davvero una cosa preziosa per me!
Un abbraccio particolare alle
coraggiose che si sono sciroppate 60 capitoli in pochi
giorni. Mi sento onorata e avete davvero la mia stima!
A crownless, Ahrya, chibimayu, Ryta Holmes, masrmg_5,
elfinemrys, aria,
principessaotaku97, _Jaya, katiaemrys, saisai_girl, sixchan, DevinCarnes, LacrymosaIr, RavenCullen, mindyxx,
Luna Senese, Echelon90 e ginnyred.
E a quanti commenteranno (SE vi
va di recensire anche dei capitoli più indietro di questo, il vostro parere non
andrà perduto!).
Ai vecchi e ai nuovi lettori.
Grazie.
TheHe in theShe
(l’Essenza dentro l’Apparenza)
Capitolo LXI
La prima volta che Merlin riprese conoscenza fu solo per pochi istanti. Era stato legato, bendato e imbavagliato,
e si ritrovava issato di traverso su un cavallo che procedeva al passo. Il
dondolio ritmico della bestia che avanzava nel terreno irregolare gli fece
salire un conato di nausea, assieme al dolore lancinante che gli stritolava il
capo.
Immerso nel buio e circondato da suoni ovattati, egli cercò
di non soccombere al panico e di usare la magia per liberarsi, ma scoprì con orrore che non poteva.
La magia non gli
ubbidiva. La magia sembrava scomparsa.
Non la sentiva più scorrere nelle sue vene, come era sempre accaduto da che era nato – da che aveva memoria.
Tuttavia, il suo risveglio non doveva essere passato
inosservato e, prima ancora di poter reagire, egli sentì schiacciare qualcosa
contro la benda che gli impediva di gridare e riconobbe solamente un odore
pungente, fortissimo – Codiaeum e Valeriana? – e poi svenne.
***
“Padre! Vi prego di ripensarci!” supplicò
il principe, nel bel mezzo della Sala delle Udienze, fremendo di ansia e
indignazione. “E’ stata catturata perché mi accompagnava a caccia, dando
retta ad uno dei miei capricci! E’
stata presa a causa mia!”
“E’ solo una serva, Arthur! Ha fatto il suo dovere!” sibilò il
re, facendo scricchiolare la pelle dei guanti che indossava, tradendo un moto
di nervosismo. “La tua vita vale molto di più, non ti permetterò di
rischiarla per salvarne una trascurabile.” Decretò, chiudendo la questione.
Ma per il principe no, la questione non era
chiusa.
“Con che cuore decidete di condannarla?!”
urlò, tremando per lo sforzo di contenersi e non correre verso il trono a
compiere qualche gesto sconsiderato. “Non posso abbandonarla al suo destino! E’
la mia valletta personale!”
Uther mosse una mano a mezz’aria,
insofferente.
“Questo non-”
“Mi ha salvato la vita più volte!” gridò
allora, fuori di sé, incurante di quello che avrebbero pensato i nobili
presenti, sentendo che l’erede al trono si era fatto strappare al pericolo da
una donna. “Ho un debito d’onore con lei! E anche voi ce l’avete!”
gli rinfacciò. “Mi avete insegnato ad rispettare gli
impegni e Linette ha recuperato il Gioiello della Corona! Le
dobbiamo la nostra gratitudine!”
A quell’ultima parola, il sovrano si irrigidì
ulteriormente, ergendosi sul trono come se fosse divenuto improvvisamente uno scomodissimo
intrico di rovi.
“E’ già stata generosamente ricompensata per i suoi servigi.”
Dichiarò, a beneficio della Corte, anche
se non era vero.
“Padre!” ritentò il principe, dopo aver lanciato uno sguardo
fugace a Gaius, che se ne stava in disparte a condividere la sua pena. “E’ nostro dovere difendere i più deboli! Proteggere
i nostri sudditi!” ritentò, facendo leva sui precetti della Cavalleria.
Ma ottenne l’effetto opposto, poiché
il sovrano si tese ancor di più.
“Ho già deciso che-”
“Ho giurato di proteggerla a Merlin!” confessò infine, come
se quell’ultima ammissione, da sola, fosse bastata a motivare ampiamente le sue
ragioni e a garantirne un consenso.
“Ora bast-”
“Uther!” s’intromise Lady Morgana,
spalancando da sé le pesanti porte della Sala, facendo un’appariscente comparsa
fra veli e preziosi broccati.
La protetta del re avanzò lesta verso
di lui, inginocchiandosi al suo cospetto con un’espressione inusualmente
remissiva. A pochi passi da lei, Gwen rimase a capo
chino, dopo aver fatto una riverenza che nessuno notò.
“Ho appena saputo della tremenda disgrazia!” sfogò, con la voce che tremava,
allungando le mani esili verso il monarca per corroborare la sua supplica.
“Concederete ad Arthur di andare a salvarla, vero?” domandò speranzosa. “E’ una
mia cara amica! Morirei di dolore, se le accadesse qualcosa…”
Uther distolse lo sguardo da lei,
sembrando quasi dispiaciuto.
Forse, con un
rigurgito di coscienza, Morgana aveva vinto dove
Arthur aveva fallito.
Forse, dopotutto, il
re non era così spietato.
Ma le speranze di tutti andarono in
frantumi all’ennesimo gesto di negazione.
“Non posso concederlo. E’ una perdita in partenza.” Le
spiegò. “Potrebbe essere già morta.”
E subito Morgana abbandonò la sua
aria affranta, per sollevarsi da terra e piantargli nello sguardo due furenti
smeraldi.
“Quale re rinuncia a difendere i propri sudditi?!”
esclamò, col preciso intento di svergognarlo. “A chi daremo
obbedienza, se nel momento del bisogno-”
“Morgana!” ruggì il sovrano, sollevandosi dal trono con uno
scatto furente. “Non un’altra parola!”
“Dovresti vergognarti della tua condotta, UtherPendragon!” replicò la
donna, nient’affatto impressionata dal suo sfogo.
Il monarca digrignò i denti e, per un momento, l’intera
assemblea temette che lui l’avrebbe schiaffeggiata per
l’inammissibile insulto.
“Fuori! Fuori di
qui!” urlò, furioso. “Guardie!,” sbraitò
“Conducetela via!” e immediatamente due soldati si appressarono a Lady Morgana
ma, all’ultimo, non osarono sfiorarla. Ella stessa si
rimboccò le vesti e, con spregio palese, volse le spalle al suo sovrano. A
testa alta, con la fedele Gwen al seguito, la
nobildonna si avviò all’uscita, tallonata dalle due sentinelle.
“Padre…” ritentò il principe, senza in realtà sapere se
doveva essere grato alla sorellastra per la sua ardente scenata o adirato con
lei per aver indispettito ancor di più il nobile genitore. “Padre…” ripeté,
condensandovi una supplica. “Vi chiedo perdono a nome
di Morgana, ma avete visto quanto anche lei sia affezionata a Linette! Il suo
dispiacere era sincero! Per questo era così turbata!”
“No!” ruggì Uther. “Ho stabilito
che non vi sarà alcuna missione di salvataggio né di ricerca e così sarà!” deliberò,
perentorio. “E non oserai disubbidire ai miei ordini, come è
già accaduto in passato!” lo prevenne. “Sarai confinato nei tuoi appartamenti,
così avrai modo di rivedere la tua idea assurda e di riflettere sulle reali
priorità di un erede al trono!” lo sgridò. “Guardie! Scortatelo
nelle sue stanze!”
“Ma padre!”
s’indignò il principe, mentre veniva afferrato per le
braccia – a lui non era stato riservato lo stesso trattamento rispettoso della
sua sorellastra – e veniva condotto con la forza verso il portone. Arthur
oppose resistenza, ma lo sguardo duro di Uther non si
scalfì.
“Per tre giorni, gli allenamenti saranno sospesi!” impose
poi il monarca, riaccomodandosi sullo scranno, incurante degli sguardi attoniti
nella Sala. “Sir Leon, occupati di avvisare gli altri.” Comandò.
Prontamente il cavaliere fece un passo avanti, scattando
sull’attenti.
“Sire…” incominciò. “Chiedo rispettosamente il permesso di
parlare.”
“Concesso.” Accordò, sebbene di malavoglia.
“Potremmo…” esordì il cavaliere.
Da oltre la soglia, il giovane Pendragon
strattonò una delle guardie.
“Un attimo.” Domandò, anche se in realtà era un ordine, e
immediatamente i suoi sottoposti obbedirono, fermandosi nel corridoio, permettendogli
di ascoltare lo scambio tra suo padre e Leon.
“Se voi foste
d’accordo, Sire,” si corresse il nobile, ricominciando
il discorso, ponderando le proprie parole “potremmo occupare questi tre giorni
con una battuta di caccia! Ci sarebbe offerta la possibilità di addestrarci
ugualmente su delle prede mobili e di affinare i nostri riflessi… senza contare
che quest’iniziativa avrebbe l’indiscutibile pregio di far distrarre il
principe dai suoi crucci inutili.”
Un silenzio greve calò su tutto, mentre il re valutava il
suggerimento.
Arthur, da fuori,
trattenne il respiro in attesa del responso.
“D’accordo.” Concesse infine il monarca, dopo quella che al giovane Pendragon
era parsa un’eternità. “Tutti i cavalieri, che lo desiderino, possono andare a
caccia con Sir Leon.” Decretò, accondiscendente, strappando un sorriso felice a
Leon.
Ma la cosa era sembrata fin troppo semplice.
“Tuttavia,” riprese Uther, dopo una breve pausa enfatica. “Il principe Arthur
rimarrà confinato nelle proprie stanze come
stabilito.”
“Sì, Maestà.” Cedette Leon, a malincuore, chinando il capo.
***
La seconda volta che Merlin si riebbe
era stato deposto a terra, contro quello che – senza dubbio – era un albero
nodoso. Egli sentiva il profumo della terra bagnata dalla pioggia invadergli le
narici e l’umida consistenza del fango sotto al mantello.
Cercò di muovere la testa per snebbiarsi la mente, tuttavia
avvertì invece un capogiro e dovette trovare sostegno sulla corteccia
adagiandovi il capo.
Egli inspirò a fondo, per riprendere possesso di se stesso,
ma la situazione era disperata.
Non sapeva se era notte o giorno, non sapeva
dove stava andando e, soprattutto, non
sapeva con chi.
Chi erano quegli
uomini che li avevano attaccati e che lo avevano catturato? Cosa volevano da lui? E… Arthur? Il mago pregò
tutti gli dèi che il principe stesse bene, e che in qualche modo fosse uscito
vincitore dallo scontro, perché aveva capito che quella gente non era un masnada di ladruncoli qualsiasi. Avevano teso loro
un’imboscata, uccidendo i battitori. Ma come avevano saputo della caccia malgrado il maltempo? Che vi fosse un traditore, a Camelot?
Tuttavia, egli non poté indugiare oltre nei pensieri, poiché
una mano ruvida gli afferrò il collo – spaventandolo a morte perché non si era
accorto della vicinanza estranea –, slegando lo straccio che lo zittiva.
“Bevi!” gli fu ordinato, mentre – con modi grezzi – una
ciotola cozzava contro le sue labbra riarse e la sostanza colava anche lungo la
sua guancia, fino ad inzuppare il suo fazzoletto al
collo.
E Merlin trangugiò l’amaro liquido, grato che potesse
placare l’arsura della sua gola. Eppure se ne pentì un istante dopo. Quando fu troppo
tardi.
***
Arthur imprecò a gran voce, scagliando contro il muro di
pietra il primo oggetto che si era ritrovato in mano.
Non attese neppure di sentire la serratura scattare e ripeté
il gesto con più rabbia.
Dannazione,
dannazione! Dannazione!!
Come aveva fatto ad essere così stupido,
nel credere che suo padre gli avrebbe concesso una pattuglia di supporto nella
ricerca di Linette?
Egli si morse a sangue l’interno della guancia, ma il dolore
che sentì non fu paragonabile a quello che gli dilaniava il petto.
Allora chiuse gli occhi, posando la fronte contro il vetro
freddo della finestra, cercando di calmarsi e di ragionare...
Quando si era risvegliato, ferito, solo e nel bel mezzo del
bosco, il principe si era sentito strappare in due diverse direzioni.
D’istinto, sarebbe corso dietro a quei malviventi e avrebbe cercato di riavere
la sua valletta, anche a costo della
vita, anche se sapeva che era un piano suicida.
Ma la sua parte razionale, quella dell’uomo d’arme che era,
quella che – gli avevano insegnato, fin dalla più
tenera età – doveva prendere il sopravvento in battaglia, negli scontri, nei
momenti di pericolo, gli aveva chiaramente fatto capire che non poteva
permettersi di inseguirli. Non a
piedi – poiché del suo cavallo non vi era traccia, probabilmente la bestia si
era spaventata per lo scontro ed era fuggita –, non senza neppure sapere quale direzione avessero imboccato.
Egli non si era neppure preso la briga di chiedersi perché
lo avessero risparmiato – era stato ferito, sì, ma non a morte – e aveva fatto
l’unica cosa sensata, benché gli avesse ucciso il cuore per l’ansia: aveva fatto ritorno al castello per chiedere
rinforzi.
Appena era giunto a Camelot,
aveva fatto irruzione nel bel mezzo di una riunione e, mentre spiegava cos’era
accaduto, aveva a malapena sentito le mani di Gaius che controllavano lo stato
delle lesioni sulla sua tempia e sul braccio. Con aria
colpevole, egli aveva distolto lo sguardo da quello del vecchio
cerusico, ben sapendo quale pena gli aveva provocato, sebbene
involontariamente.
Poi le cose erano
precipitate, e ora lui si trovava lì, confinato e impotente.
Certo, non si aspettava da suo padre un rifiuto così
categorico ma, a ben vedere, avrebbe dovuto preventivarlo. Che sciocco era stato!
Col senno di poi, il principe rimpianse di non essere
ritornato, organizzando da sé una spedizione che sarebbe ripartita
immediatamente, senza l’approvazione di Sua Maestà, il re.
***
Lo avevano avvelenato.
Merlin lo aveva capito subito, e aveva cercato di vomitare
quell’intruglio, ma il suo stomaco vuoto si era rifiutato di collaborare e la
mistura – qualsiasi dannata cosa fosse – era entrata in circolo in modo
maledettamente veloce.
Dopo appena una manciata di istanti,
il mago aveva iniziato a sentire le forze abbandonarlo e uno strano calore malato che andava propagandosi in tutte
le sue membra. Egli percepiva la testa fluttuare leggera, come se fosse stato
ubriaco, e i pensieri che formulava erano lenti, leeenti…
Ma la cosa peggiore era che non
percepiva più la magia scorrergli nelle vene. Non percepiva più niente.
E si sentì solo e disperato.
Come se una parte di lui – la più importante e vitale –gli fosse stata strappata con la forza.
Aveva perso il suo
corpo e ora anche quello.
Pianse silenziosamente, per sfogare il tumulto del cuore.
In sottofondo, voci indistinte parlottavano fra loro,
mescolandosi a suoni vaghi e indefiniti.
Una voce maschile imprecava, un’altra sbraitava ordini e poi
era il caos indistinto.
Aveva ripreso a
piovere, pensò distrattamente, intanto che le gocce colavano cupe sul suo
cappuccio e lui cedeva alla forza del veleno. Sarebbe morto così? Senza più vedere la luce…
Senza rivedere Arthur?
***
Le campane avevano appena cessato di rintoccare il Vespro,
quando la porta degli appartamenti dell’erede al trono si spalancò
inaspettatamente e Lady Morgana fece il suo svolazzante ingresso
nell’anticamera, seguita dalla fidata Guinevere.
Arthur lasciò brevemente spazio allo stupore, smettendo per
un istante di girare in tondo come una bestia feroce intrappolata in una gabbia
troppo stretta.
“Non sono dell’umore giusto, Morgana.” Premise, vedendola. “Se
sei qui per-”
“Linette fa bene a dire che sei un asino.” Lo interruppe la nobildonna, mentre Gwen
posava sul tavolo il vassoio con la cena che le guardie avevano appena finito
di controllare. “Non desideri l’amabile compagnia di tua sorella per
trascorrere la serata?” chiese ad alta voce, ammiccando, facendogli capire che
doveva reggerle il gioco. “Ci divertiremo, vedrai!” affermò con enfasi.
“E sia.” Esalò il principe e, a quella risposta, le guardie che
facevano il picchetto richiusero i battenti, bloccandoli dentro.
Il giovane Pendragon fece una
smorfia seccata, ma in cuor suo sapeva che i suoi sottoposti stavano solo
compiendo il loro dovere, eseguendo un ordine impartito dal sovrano.
Quando riposò l’attenzione sulla protetta del re, il
principe realizzò con sommo sgomento che ella stava
sollevando le proprie gonne davanti a lui.
“Morgana!” esclamò, scandalizzandosi e distogliendo lo
sguardo da quell’atto sfrontato, per pudore.
La dama rise in risposta, per nulla
turbata.
“Ma quanto sei stupido, Semola!” lo canzonò e, a quella
provocazione, il Babbeo Reale abbandonò ogni riguardo.
“Tu! Stre-” egli si bloccò, ingoiando il
resto dell’insulto, osservando con rinnovato interesse ciò che si celava fra le
sottane della sua amata sorellastra.
“D’accordo, puoi anche smetterla di fissarmi le gambe!” lo
biasimò lei, arrossendo un po’, e facendo emergere fra gli strati di stoffa la
sua spada confiscata e il suo pugnale da caccia. “Ho fatto un salto in armeria…”
lo ragguagliò, con la stessa leggerezza con cui avrebbe detto
di esser stata dalla sarta reale.
In meno di un battito di ciglia, il cavaliere si ritrovò fra
le mani le proprie armi, mentre anche Guinevere,
molto più pudicamente, riappariva da dietro il paravento con una corda tra le
braccia e l’abito spiegazzato. “Con questa… potrete calarvi dalla finestra.”
“Non avrebbero osato
perquisirci…” fu la spiegazione della Veggente. “Oh, beh… e se lo avessero
fatto, se ne sarebbero pentiti!” ridacchiò, facendogli
l’occhiolino.
E Arthur, in cuor suo, le diede ragione. Chi meglio di lui conosceva l’animo
vendicativo di quel maschiaccio?
Per la prima volta da che era avvenuto l’agguato, il giovane sorrise, cominciando ad intravedere un barlume di
speranza.
“Leon è ufficialmente partito con Martin e Duncan per una
caccia.” Riprese la castellana, spiegandogli il piano architettato. “Sarebbe
stato rischioso coinvolgere altri cavalieri e loro si sono offerti
volontari per la missione.” Motivò. “In realtà, ti aspettano con un cavallo
poco oltre le mura esterne, lontano da occhi
indiscreti.” Spiegò Morgana, mentre Gwen trafficava
nell’armadio dell’erede al trono. “Puoi usare quell’entrata segreta che si
trova a Nord e di cui tu hai sicuramente le chiavi…” gli suggerì, senza
aspettarsi che l’altro si dimostrasse stupito del fatto che lei conoscesse quel
passaggio nascosto. “Ormai è notte. Col favore delle tenebre, raggiungili senza
farti notare, so che ce la puoi fare.”
Guineveresi intromise
fra loro, consegnandogli degli abiti anonimi e un mantello senza insegne,
simile a quello che lui aveva adoperato per la missione sotto copertura.
“E’ meglio non attirare l’attenzione…” considerò la
sorellastra, dimostrando di aver pensato a tutto. “E per quanto riguarda la tua
assenza, non temere. Uther non verrà a cercarti, visto
che sei in punizione, e noialtre staremo qui fino a tardi; uscendo, dirò che
non vuoi essere disturbato e che ci penserà Gwen a
portarti il cibo e a servirti al posto di Linette, per i giorni in cui sarai
confinato. Domani, verrò qui nuovamente a tenerti
compagnia.”
“Rischiate tutti di finire in prigione.” Considerò,
valutando la pericolosità della loro scelta coraggiosa.
“E’ nostra amica, Arthur. Lei
farebbe lo stesso per noi. Anche i cavalieri che hanno scelto di seguirti la
pensano così.”
Il principe si sporse ad abbracciarla d’istinto, colmo di gratitudine,
e lei ricambiò stringendoselo contro, come non faceva da tanto, troppo tempo.
“Grazie anche a te, Guinevere.” Farfugliò
poi, imbarazzato, evitando con lei un contatto più intimo, e la serva si limitò
ad annuire, sorridendo, accettando la sua gratitudine.
“Riportacela a casa sana e salva!” si raccomandò Morgana,
facendosi seria.
“Lo giuro sul mio onore!” rispose, solenne, il nobile.
“Orbene, allora cambiati!” lo incitò ella,
con modi spicci.
Prima di andar via, con un piede già sul davanzale, mentre
stava per calare la corda, il principe lanciò una rapida occhiata in cielo e
ringraziò il buon Dio che la luna fosse assente: il buio lo avrebbe aiutato a
nascondersi dalle sentinelle di ronda.
Ma subito rammentò un’altra cosa
importante, e domandò a Gwen di correre da Gaius, a
farsi dare una piccola sacca di medicinali.
Non sapeva che in che
condizioni avrebbe potuto trovare Lin e preferiva
avere qualcosa con sé.
A quella considerazione assennata, la serva obbedì; ciò
nondimeno, un istante prima di bussare alla porta per farsi aprire, egli la
fermò, colpito da un altro, impellente, pensiero. Se la notte era così buia, il novilunio era vicino…
“E dell’Agnocasto!” le ordinò, come se avesse ricordato solo
in quel momento una cosa importantissima. “Di’ a Gaius di riempire una
borraccia con un infuso di Agnocasto!”
Guinevere non perse tempo a
chiedere perché, e Arthur sperò, in cuor suo, che fosse superfluo averlo. Ma non sapeva quanti giorni ci avrebbe impiegato a trovare
Linette e... forse lei avrebbe avuto un bisogno disperato di quella tisana.
Egli rabbrividì, immaginandola in preda al dolore e
impotente. E pregò di sbagliarsi.
Continua...
Disclaimer:I
personaggi di Merlin, citati in questo racconto, non sono miei; appartengono
agli aventi diritto e, nel fruire di
essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.
Ringraziamenti:
Un abbraccio a Tao, che sopporta i
miei scleri. X3
E alla mia kohai che subisce le
mie paranoie. X°D
Note: Per questo arco narrativo (che definirò familiarmente ‘il
rapimento’), come forse avrete notato, ho cambiato impostazione della storia.
Per la prima volta, visto che la cosa si prestava, ho voluto sperimentare alternando
i pensieri di Arthur e di Merlin. Il principe avrà molto più spazio del solito,
per la gioia di chi me lo chiedeva.
Anche Morgana e i cavalieri avranno più posto; dopo che
alcuni di voi mi avevano domandato di rivederli ancora, mi sono resa conto che
la cosa piaceva anche a me e da piccole ‘comparse meteore’ si sono presi un pezzetto di storia in più. XD
Come ho detto più volte nelle note, questa storia non tiene conto dei fatti
successivi alla prima stagione. Tuttavia, per mantenere una certa aderenza al
telefilm, potrei avvalermi di alcune singole scene o incantesimi utili,
estrapolandoli dal loro contesto originario. L’ho già
fatto in passato e accadrà ancora.
La scena della corda nascosta sotto ai
vestiti è presa dall’episodio 2x08 “I peccati del padre” in cui Merlin
aiuta Arthur a fuggire dalla propria stanza, in cui è stato segregato per non
assolvere alla promessa fatta a Morgause.
L’accenno al disubbidire di Arthur è riferito alla puntata
1x04 “Il calice avvelenato”.
(Ma, in generale, lo estenderei a
tutte le volte in cui è andato a salvare Gwen e/o
Morgana contro il parere paterno, tipo nella 2x04 “Lancillotto e Ginevra”; anche
se, in questa fic, questi fatti della seconda serie
non sono mai accaduti).
Sempre in riferimento alla puntata
1x04 “Il calice avvelenato” abbiamo una Morgana che consiglia ad Arthur di
agire, che prende a cuore la salvezza di Merlin, che lo tratta come amico
benché ancora non ci siano basi solide per farlo. Ecco. Mi sono ispirata a
questa Morgana, quella che lotta contro
le ingiustizie in favore dei più deboli, quella che è partita per Ealdor in una missione praticamente
suicida. Adoro questa Morgana, peccato che poi gli autori del telefilm me
l’abbiano rovinata. ç_ç
Per la stessa ragione, trovo verosimile che lei si sia presa a cuore la vita di
Linette, anche se non si possono definire propriamente ‘amiche’.
Nella puntata 3x07 “Il castello di Fyrien”
sappiamo che Gwen viene
anestetizzata con uno straccio imbevuto di sonnifero: un composto di Codiaeum (Croton) e Valeriana, dall’odore pungente e
fortissimo. Ho usato lo stesso metodo qui, per Linette.
Precisazioni al
capitolo precedente e domande varie: (a random)
- Grazie per gli auguri di compleanno! *_* (E no, non si
chiede l’età ad una signora. U_U)
Comunque le mie vacanze sono andate bene, grazie.^^
- Ho colto il suggerimento di DevinCarnes
e ho aggiunto all’inizio il riassunto degli ultimi eventi, per fare il punto
della situazione. Gradirei sapere se vi è utile, se volete che lo utilizzi
ancora, o se è superfluo.
- Il precedente, non era solo un capitolo di passaggio. Ha
gettato le basi per qualcos’altro.
In un certo senso, con l’incantesimo di cancellazione,
Merlin ha innescato tutti gli eventi successivi. Se la sua ansia di distrarre
Arthur ‘da certi pensieri’ non lo avesse portato a
suggerirgli di andare a caccia, il principe non gli avrebbe dato retta e lui
non sarebbe stato rapito.
- Puntare all’essenza delle cose è un po’ il leitmotiv di questa storia, ma mi fa
piacere essere accostata al grande Saint-Exupery! *_*
- Di solito uso ‘allenamenti’ e ‘addestramenti’ come
sinonimi, come concetto credo siano simili. XD
- E’ vero: anche la natura aveva consigliato ai due asini di
starsene a casa al calduccio!
- Biglietti da parte di Merlin? Al momento opportuno avremo
sue notizie. ^^
- Quando dicevo che dai sogni erotici si sarebbe passati alla pratica, non intendevo con terzi
incomodi, ma tra i due pucci! XD
- E’ vero che Merlin è sulla buona strada per la santità! XD
- La scelta di usare o meno
l’incantesimo è opinabile, ma Merlin era davvero disperato e quella era l’unica
soluzione, per lui. Se poi avrà da pentirsene, questo lo scoprirete solo
restando sintonizzati. XD
- Concordo: la devozione dei cavalieri per il loro principe
è commovente. Lo vedrete anche nel prossimo capitolo.
Vi metto BEN tre anticipazioni
del prossimo capitolo:
Il mago sputò un rivolo di sangue sul pavimento, sfidando
l’altro, con lo sguardo, a riprovarci.
Purtroppo per lui, l’energumeno che aveva di fronte non si
fece scrupolo ad afferrargli la treccia, strattonandogli la testa all’indietro.
Egli spalancò la bocca per protestare, ma l’altro fu più lesto e riversò fra le
sue labbra schiuse gran parte della pozione.
Poi, come se non fosse accaduto nulla, l’aveva risollevato
di peso, da terra, per caricarlo – come il giorno addietro – sulla sua
cavalcatura, poiché erano di nuovo in partenza.
Prima di svenire a causa del veleno, Merlin riuscì solamente
a sentire due cose, nel caos indistinto della sua mente intossicata, ed erano
due nomi: Fenrir e Ardof.
(...)
Anche se, probabilmente, essi avevano come minimo due veglie
di vantaggio su di loro, il giovane Pendragon sperò
che si fossero almeno fermati per la notte. Avevano una donna con loro… le avrebbero permesso di riposare?
Il principe scosse il capo per cancellare quel pensiero,
come tutti quelli che si erano affacciati alla sua mente dal mattino addietro. Perché erano uno
più spaventoso dell’altro.
Egli, che conosceva le brutture del mondo, sentì lo stomaco
attorcigliarsi.
Non voleva pensare a quello che sarebbe
potuto accedere a Linette in mano ad un branco di selvaggi fuorilegge
senza scrupoli. Conosceva uomini come
quelli, ne conosceva la bassezza morale e le sevizie
che praticavano per divertimento sulle prigioniere, prima di ucciderle.
(...)
La sua mano lercia percorse il collo sottile del mago, sin
quasi ad arrivare allo scollo della tunica da cui si intravedevano
le bende ormai allentate che sostituivano il corsetto.
“Potremmo divertirci un po’ con lei…” propose, un ghigno perfido gli affiorò
sulla faccia storta e volgare.
“Vattene, Dolohov!” latrò il
carceriere, dandogli uno spintone per allontanare il compare dalla loro
prigioniera. “Sei ubriaco! E la merce non va rovinata anzitempo! Deciderà Fenrir cosa farne di lei!”
“Uh! Il Lupo si
mangerà la pecorella… ma il Lupo è ancora lontano e intanto noi potremmo…”
[Sì, le cose si mettono decisamente
male per Merlin. u.u]
Alla prossima, e intanto Buon
Ferragosto!!!
Campagna di Promozione
Sociale - Messaggio No Profit:
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del tuo tempo alla causa pro recensioni.
Farai felici milioni di scrittori.
(Chiunque voglia
aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio
crede) Come sempre, sono graditi commenti,
consigli e critiche.
SPOILER FREE: Questa storia NON contiene/conterrà alcuno spoiler della
quarta e della quinta stagione; eventuali coincidenze con esse sono appunto
casuali coincidenze
SPOILER FREE: Questa storia NON
contiene/conterrà alcuno spoiler della quarta e della quinta stagione; eventuali coincidenze con esse sono
appunto casuali coincidenze.
Questo capitolo è il
seguito diretto del precedente. Cronologicamente siamo alla sera del 10 agosto
e il dì seguente (1° e 2 ° giorno del rapimento fino a
sera) (7° mese dall’arrivo di Linette a Camelot).
Riassunto generale: Merlin
è abituato a salvare la vita all’Asino Reale senza che questi se ne accorga, ma
stavolta non tutto va per il verso giusto. Colpito dall’incantesimo del
malvagio Ardof, il nostro mago farà i conti con una
sconvolgente novità: egli si risveglia trasformato in una donna.
Solo Gaius conosce il suo segreto e, finché non troverà il modo di tornare
normale, dovrà inventarsi delle scuse plausibili e prendere
il posto di se stesso al servizio del principe. Come riuscirà a conciliare
questa ‘nuova situazione’? Come si evolverà il suo rapporto con Arthur?
Riassunto delle
ultime puntate: Arthur fa sogni erotici su Merlin e Linette, sentendosi
attratto da entrambi. La cosa lo sconvolge a tal punto da voler allontanare la
sua serva da Camelot, per la
sua sicurezza, e pretendere il ritorno immediato del suo valletto.
Merlin, disperato, usa un incantesimo assai potente per
evitare il suo licenziamento. Poi, per distrarre il principe da tutto ciò, gli
suggerisce di andare a caccia, ma nel bosco vengono
attaccati di sorpresa e Linette viene rapita. Arthur, di nascosto dal padre,
parte per salvarla con i suoi cavalieri, mentre Morgana copre la sua fuga dal
palazzo… riuscirà, il principe, a salvare la sua ancella prima che sia troppo
tardi?
Dedico l’aggiornamento a chi ha
recensito il precedente capitolo.
L’unico modo che conosco, per
cercare di contraccambiare il vostro entusiasmo, è quello di postare appena
possibile. Finalmente mi è arrivato il capitolo betato,
ed eccomi qui.
Grazie per il vostro supporto,
è davvero una cosa preziosa per me!
Un abbraccio particolare alle
coraggiose che si sono sciroppate 60 capitoli in pochi
giorni. Mi sento onorata e avete davvero la mia stima!
E a quanti commenteranno (SE vi
va di recensire anche dei capitoli più indietro di questo, il vostro parere non
andrà perduto!).
Ai vecchi e ai nuovi lettori.
Grazie.
TheHe in theShe
(l’Essenza dentro l’Apparenza)
Capitolo LXII
Trovare Leon, Duncan e Martin era stato
più semplice di quanto Arthur avesse preventivato, ma la parte difficile
iniziava solo in quel momento.
Il principe li aveva ringraziati per la loro offerta di
aiuto, ciò nonostante si era sentito in dovere di
prospettar loro l’ira di Uther, nel caso fossero
stati scoperti insieme a lui, anziché essere a caccia, come avevano dichiarato
di voler fare nelle loro intenzioni.
Malgrado le intimidazioni, i tre
uomini non avevano battuto ciglio e, ancora una volta, l’erede al trono si
sentì orgoglioso di loro. Non avrebbe
potuto desiderare compagni migliori per quella missione.
Egli, quindi, non perse tempo e, salito sul cavallo che gli era stato destinato, prima di partire al galoppo, spiegò
il suo piano: ritornare dove era avvenuto lo scontro – benché fosse quasi notte,
lui e i suoi sottoposti conoscevano quel bosco in ogni anfratto, perciò non
sarebbe stato difficile, per Arthur, ripercorrere la strada del mattino
addietro e distinguere il luogo esatto dell’imboscata – e, alle prime luci
dell’alba, seguire le tracce lasciate dai malfattori. Con un po’ di fortuna,
nel fango si erano impresse le orme dei cavalli e – se non avesse piovuto oltre
– una volta asciutto, il terreno sarebbe stato una mappa utile da decifrare.
Quantomeno, quello era
un inizio.
***
Merlin credeva di
essere sprofondato nel suo peggior incubo.
Non sapeva per quanto avesse viaggiato e dove fossero
diretti i suoi sequestratori, e in quel momento non sapeva neppure dov’era, se non che – malgrado fosse ospitato nel corpo di una
ragazza – l’avevano scaricato come un sacco di farina dentro ad una angusta
tenda, in cui – per qualche miracolosa volontà celeste – avrebbe trascorso la
notte.
Forse avrebbe dovuto rallegrarsi del fatto che volessero
mantenerlo in vita, anche se generalmente
non si avvelenavano gli ostaggi importanti. Ma forse… lui non era importante.
Quel poco che aveva inteso, dalle mezze parole percepite al
di fuori delle cortine, era che quei briganti attendevano l’arrivo del loro
capo.
O, per lo meno, di
quello che aveva più potere fra loro.
L’altra cosa che il mago aveva capito, e di cui era certo,
consisteva nella certezza che tutti loro – lui compreso – erano vittime di un
incantesimo.
Quando quei farabutti avevano arrestato la marcia,
all’imbrunire, ed egli era stato sgravato dal suo destriero, non aveva potuto
fare altro che subire, inerme, le loro azioni; ma, una volta deposto dentro a quel rifugio temporaneo, era stato liberato del bavaglio e
della benda che lo rendeva cieco.
Le mani e le gambe no, quelle rimanevano imprigionate in
pesanti ceppi di ferro.
Però lui aveva finalmente avuto
modo di vedere almeno i volti di due dei suoi rapitori e, dal loro sguardo
tormentato e vacuo, aveva immediatamente intuito che erano soggiogati dalla
magia.
Anche un terzo uomo, che aveva intravisto di sfuggita in
seguito, mostrava degli occhi spiritati, tipici di chi era sotto incantesimo – un incantesimo
potente.
Che vi fosse stato Ardof, dietro a tutto quello?,
ragionò, rifiutando il pasto che gli veniva offerto, per la paura che fosse
anche quello avvelenato.
Aveva compiuto
quell’errore una sola volta, e ne stava ancora pagando le conseguenze, perché
si sentiva indebolito, confuso, non completamente padrone di se stesso né della
propria volontà.
E la magia… la sua magia sembrava svanita…
***
Quello stesso novilunio che tutto celava, per il quale
Arthur aveva ringraziato neppure una veglia addietro, si era invece rivelato
una maledizione.
Nel buio più completo del folto della foresta, i cavalieri
non potevano proseguire a cavallo, col rischio che i loro destrieri mettessero
una zampa in fallo, nel terreno dissestato e fangoso, e finissero con
l’azzopparsi, rallentando drasticamente le ricerche.
A malincuore, erano perciò scesi dalle rispettive
cavalcature, proseguendo a piedi per non sprecare tempo prezioso.
Camminarono per ore, compiendo solo brevi soste per
riprendere fiato e abbeverarsi, prima di ripartire.
Quando infine giunsero in prossimità di quello che al
principe parve il luogo dello scontro, trovarono, come conferma, i corpi dilaniati
dei tre battitori – le bestie selvatiche non avevano avuto pietà dei loro
cadaveri – e si prodigarono per dar loro una degna sepoltura.
Successivamente, decisero di comune
accordo di riposare un po’, per recuperare le energie in attesa dell’alba.
Il principe si offrì di fare il primo turno di guardia, ma i
tre sottoposti – in un impeto di inusuale ribellione –
lo contestarono sentitamente, adducendo la motivazione che lui fosse il più
stanco, avendo guidato la ricerca nell’oscurità da che erano partiti, e che,
l’indomani, egli avrebbe dovuto trovarsi in forze, quando avrebbero liberato
Linette.
Arthur non oppose resistenza alle loro obiezioni e li
ringraziò con un breve cenno del capo. Non
c’erano bisogno di parole, fra loro.
Con le loro premure, i suoi cavalieri gli avevano trasmesso
la loro vicinanza e l’incoraggiamento necessario a sperare che tutto sarebbe andato per il meglio e che avrebbero trovato Lin sana e salva.
***
Alle prime luci dell’alba, Merlin venne
svegliato con uno strattone sgarbato e, ancora indebolito, si era visto offrire
nuovamente, con la forza, una ciotola piena di liquido sconosciuto e
potenzialmente letale.
Egli, malgrado l’intontimento e la
debolezza generale, oppose resistenza, scrollando il capo e rifiutandosi di
aprire la bocca.
Ma il suo carceriere, spazientito,
cercò ugualmente di forzargli le labbra, guadagnandosi dallo stregone un morso
di disperata difesa.
Questo lo fece infuriare ancor di più e, dando sfogo al suo
animo collerico, colpì il viso della prigioniera con un manrovescio che risuonò
cupo fra i tendaggi, assieme ad un numero imprecisato di imprecazioni.
Merlin sentì immediatamente un sapore ferroso invadergli la
bocca e un dolore pulsante al labbro spaccato.
Il mago sputò un rivolo di sangue sul pavimento, sfidando
l’altro, con lo sguardo, a riprovarci.
Purtroppo per lui, l’energumeno che aveva di fronte non si
fece scrupolo ad afferrargli la treccia, strattonandogli la testa all’indietro.
Egli spalancò la bocca per protestare, ma l’altro fu più lesto e riversò fra le
sue labbra schiuse gran parte della pozione.
Poi, come se non fosse accaduto nulla, l’aveva risollevato
di peso, da terra, per caricarlo – come il giorno addietro – sulla sua
cavalcatura, poiché erano di nuovo in partenza.
Prima di svenire a causa del veleno, Merlin riuscì solamente
a sentire due cose, nel caos indistinto della sua mente intossicata, ed erano
due nomi: Fenrir e Ardof.
***
Alle prime luci dell’alba, anche Arthur si destò, col
pensiero fisso rivolto alla sua valletta.
Perciò egli radunò i suoi sottoposti e, ancor prima di aver
consumato una velocissima colazione, si misero a studiare le impronte lasciate
dai rapitori.
Fortuna volle che le sue previsioni fossero esatte: il
terreno offriva loro tutte le indicazioni necessarie
per inseguirli, poiché quei malfattori non si erano curati di cancellare le
tracce del loro passaggio, dopo aver rapito Linette.
Anche se, probabilmente, essi avevano come minimo due veglie
di vantaggio su di loro, il giovane Pendragon sperò
che si fossero almeno fermati per la notte. Avevano una donna con loro… le avrebbero permesso di riposare?
Il principe scosse il capo per cancellare quel pensiero,
come tutti quelli che si erano affacciati alla sua mente dal mattino addietro. Perché erano uno
più spaventoso dell’altro.
Egli, che conosceva le brutture del mondo, sentì lo stomaco
attorcigliarsi.
Non voleva pensare a quello che sarebbe
potuto accadere a Linette in mano ad un branco di selvaggi fuorilegge
senza scrupoli. Conosceva uomini come
quelli, ne conosceva la bassezza morale e le sevizie
che praticavano per divertimento sulle prigioniere, prima di ucciderle.
Ed era tutta colpa
sua! Solo sua, dannazione! Non avrebbe mai dovuto portarla a caccia!, si maledì,
contraendo la mascella per non urlare.
“Maestà, è tempo di andare.” Gli suggerì Sir Leon, dandogli
una pacca di virile incoraggiamento sulla spalla, ed egli si ritrovò ad annuire,
afferrando le redini che l’altro gli porgeva.
Mentre risaliva in arcione, a capo della piccola comitiva, lo sguardo dell’erede
al trono cadde sulla borraccia di Agnocasto che penzolava dai ganci della sella
e pregò di ritrovarla presto; poi, stringendo le briglie e partendo al galoppo,
giurò a se stesso che chiunque avesse
osato torcere anche solo un capello alla sua serva avrebbe conosciuto la sua
ira.
***
Per gran parte della giornata Merlin era rimasto
incosciente, perciò non sapeva quanta strada avessero percorso. Quello che
invece aveva colto, fingendosi ancora svenuto, era che nel tardo pomeriggio
avrebbero raggiunto il luogo convenuto per l’incontro prestabilito e che, entro
sera, il Lupo – così definivano un
tale di nome Fenrir – si sarebbe unito a loro, per
sistemare quella faccenda lasciata in sospeso dal mago.
Tuttavia, ciò che a lui premeva di più era sapere di Ardof – quel dannato stregone! –, ma
nessuno degli uomini con cui viaggiava ne aveva più fatto accenno, quasi che fosse
caduto un veto su di lui.
Un’altra cosa che Merlin aveva capito, con suo sommo
sgomento, era che quegli uomini temevano
– almeno in parte – Linette e la trattavano con diffidenza perché erano a
conoscenza dei suoi poteri magici.
Poiché, ragionevolmente, non vi era motivo di essersi fatto
scoprire, il mago arrivò ad un’unica soluzione: era stato quel disgraziato stregone malvagio
a rivelare la sua natura a quei manigoldi.
Ma perché lo aveva fatto?
E, soprattutto, avrebbe
presenziato anche lui all’appuntamento?
In quelle condizioni, privato del suo Dono, Merlin era
sicuro che sarebbe andato incontro a morte certa.
Del resto… meglio lui che Arthur,
no?
Ma era quello il modo per compiere il suo Destino?
Sacrificandosi?
Se con la sua uccisione avesse placato la sete di vendetta
di Ardof, e avesse garantito la sopravvivenza del suo
signore, si sarebbe immolato volentieri.
Anche se gli si spezzava il cuore al pensiero di non potere
più riabbracciare Arthur, di non sentire una volta
ancora la sua risata sincera – non quella arrogante, quella di facciata – di
rispecchiarsi nell’azzurro dei suoi occhi o percepire l’odore familiare della
sua pelle… lo avrebbe fatto, sì.
Sarebbe morto per il bene del suo Asino
Reale.
Il suo principe era
destinato a diventare un grande re, un uomo giusto che avrebbe governato un
mondo migliore. Quale piccola cosa era la sua vita, in confronto?
***
Doveva essere all’incirca mezzodì, allorché
il gruppo di cavalieri si fermò in un piccolo spiazzo al centro della foresta.
Smontando da cavallo, avevano esaminato i resti
inequivocabili di un accampamento.
“Le ceneri sono fredde.” Aveva dichiaro Sir Martin,
inginocchiato davanti agli avanzi legnosi di un fuoco morto.
Il che significava che
era stato spento da molte ore, fu il pensiero comune.
“E qui era stata piantata una tenda!” li informò Sir Leon, a
sua volta intento a controllare i buchi lasciati nel terreno.
“Sono andati da questa parte!” urlò Duncan, poco lontano,
confrontando le orme degli zoccoli.
“Siamo nelle giusta direzione.” Si
convinse il principe, risalendo in arcione per non perdere altro tempo.
“Dobbiamo solo raggiungerli prima che faccia notte e poi attaccarli col favore
del buio. Non vorrei che le facessero del male a causa nostra.”
I suoi tre sottoposti annuirono concordi, riprendendo a
seguirlo. E procedettero in silenzio almeno per un’altra veglia.
Di tanto di tanto, uno di loro scendeva a terra e verificava
le impronte, ma non era un grosso problema: erano tutti uomini addestrati a
seguire una traccia e quei malviventi non si erano curati di depistarli, il che
giocava indubbiamente a loro favore.
Tutto questo fino a quando, ad un
certo punto, essi giunsero ad una biforcazione e le peste si separavano: due
cavalli erano proseguiti diritti e altri cinque avevano deviato a sinistra.
Scartarono immediatamente l’idea di dividersi anche loro.
No, avrebbero seguito
le tracce maggiori. Era più sensato.
Eppure Arthur non riuscì a togliersi uno sgradevole senso
d’ansia mentre, girando il collo all’indietro, contemplava allontanarsi i segni
della pista che avevano scelto di rifiutare.
Egli sperava che fosse solo suggestione, quella che sentiva,
solo un dubbio lecito particolarmente radicato e non l’intuizione che stavano errando nella scelta di assecondare la via del
gruppo più numeroso. Che quella
separazione fosse un tranello? Un diversivo?
Ancora una volta, egli pregò solo di essersi sbagliato.
***
Molto prima del crepuscolo, Merlin era stato nuovamente
alloggiato dentro la tenda che lo avrebbe ospitato per la notte. Ammesso che fosse sopravvissuto fino ad allora.
Egli avvertiva tutte le membra contrarsi in spasmi dolorosi
per il lungo viaggio scomodo e la sua testa era intontita dal veleno che
circolava nel suo organismo.
Si sentiva spossato; non mangiava da appena da un giorno e
mezzo, ma era sfinito.
Rimanere sveglio gli costava un’enorme fatica, e teneva gli
occhi aperti per pura testardaggine.
Non capiva perché lo tenessero in vita, se lo stavano
uccidendo sorso dopo sorso, ma era quasi certo che non avrebbe visto l’alba del giorno dopo.
Il mago si stava quasi rassegnando all’inevitabile, sperando
che almeno al principe fosse stata risparmiata quella sorte e che quell’idiota
non avesse pensato di inseguirlo, dopo aver chiamato rinforzi, per cercare di
liberarlo.
Altrimenti, il suo
sacrificio sarebbe stato vano.
Perso in quei pensieri, lo stregone non si accorse che il
suo carceriere – lo stesso brutale energumeno che gli portava i pasti (che egli
rifiutava sistematicamente) e che lo drogava metodicamente con la pozione
mortale – aveva fatto capolino dall’entrata della tenda con il vassoio della
cena.
Quella sera, non aveva con sé del pane raffermo e acqua,
bensì un piatto di succulenta carne appena arrostita – probabilmente qualcuno
fra quei delinquenti era andato a caccia – e delle verdure di contorno.
Merlin deglutì a vuoto un bolo di saliva.
All’odore del cibo
caldo, le sue viscere si contorsero, affamate. Ma egli rifiutò, stoicamente, di toccare il piatto.
“Mangia!” ruggì il suo guardiano, spingendo il vassoio più
vicino a lui. “Mangia, dannazione! Altrimenti
Fenrir si arrabbierà con me!” disse, furioso, nascondendo
malamente, nella sua collera, il timore di possibili ripercussioni.
La sua minaccia non si era ancora spenta, quando fra i
tendaggi comparve un altro uomo che il mago non aveva mai visto prima di
allora.
“Serve forse una mano, Yaxley?” gli propose,
con un tono indisponente che in realtà smentiva l’offerta. “Ti si sentiva
sbraitare fin dal torrente!” lo schernì. “Questa gallinella riesce a tenerti testa?” insinuò poi, avvicinandosi al
viso di Linette. “Ma se è appena un mucchietto
d’ossa!” considerò, offensivo, allungando una carezza lasciva sul labbro
contuso della ragazza.
Merlin rabbrividì di disgusto, ma l’altro
lo interpretò come un segno di paura e
lui amava far soccombere i più deboli.
La sua mano lercia percorse il collo sottile del mago, sin
quasi ad arrivare allo scollo della tunica da cui si intravedevano
le bende ormai allentate che sostituivano il corsetto.
“Potremmo divertirci un po’ con lei…” propose, un ghigno perfido gli affiorò
sulla faccia storta e volgare.
“Vattene, Dolohov!” latrò il
carceriere, dandogli uno spintone per allontanare il compare dalla loro
prigioniera. “Sei ubriaco! E la merce non va rovinata anzitempo! Deciderà Fenrir cosa farne di lei!”
“Uh! Il Lupo si
mangerà la pecorella… ma il Lupo è ancora lontano e intanto noi potremmo…”
“Fuori di qui!” ringhiò il più grosso dei due – quello che
rispondeva al nome di Yaxley –, mettendo mano al
pugnale che penzolava dalla sua cintura.
“D’accordo, amico.
D’accordo!” desisté quindi, sollevando i palmi delle mani
come segno di resa. “Me ne vado.” E così fece.
Merlin si chiese se fosse stato il caso di ringraziare il
suo sorvegliante per averlo salvato da quel tentativo di violenza, ma le sue
parole non promettevano niente di buono. Quell’uomo non ci teneva ad aiutare
Linette, la sua unica preoccupazione era quella di consegnarla
al loro capo senza intoppi.
Forse, però, egli ebbe compassione del suo sguardo turbato,
poiché si levò in piedi, in procinto di andarsene, senza insistere
ulteriormente.
“Vedi di mangiare…” le intimò, ma con poca convinzione.
Merlin vide il buio della sera oltre la tenda, mentre essa veniva scostata, e poi sospirò sconsolato, cercando – per quanto
poteva – di non soccombere alla disperazione.
Era stato mille volte ad un passo dalla morte,
e ogni volta era stato certo che la fine fosse vicina. E inevitabile.
Ma finché non avesse avuto un confronto con
quel Fenrir – che tutti temevano – e soprattutto con Ardof, non avrebbe saputo quale sarebbe stato il suo
destino.
Egli chiuse gli occhi stanchi per riposarli un attimo – o
così aveva creduto – quando il fruscio delle stoffe lo ridestò.
Forse il Lupo era
arrivato…
E invece furono i passi strascicati e ciondolanti di Dolohov e il tanfo del suo fiato ubriaco ad
occupare la visuale e ad invadere l’aria, colpendo le narici del mago.
“Dopotutto, sei un bel
bocconcino e sono certo che Fenrir non si
arrabbierà se ti assaggio un po’…”
ghignò oscenamente, dimostrandosi molto più ebbro di prima. “Attenta,
Gallinella. Non osare
gridare!” minacciò, puntando sotto alla gola di Merlin
un pugnale affilato, mentre con l’altra mano cercava di slacciarsi i pantaloni
da solo, ma era impedito nei movimenti dalla posizione accovacciata e
dall’alcol che gli scorreva nelle vene.
Quando, con un primo assalto, quel vile tentò di strappargli
un bacio, lo stregone voltò il viso di lato, sfuggendogli all’ultimo istante. Eppure,
anziché contrariarlo con quel gesto, sembrò stuzzicarlo, eccitandolo ancor di
più.
Dolohov rise, sprezzante, tentando
un nuovo attacco che miracolosamente non riuscì, ma che costò a Merlin uno
strattone violento che lo fece cozzare contro uno dei pali che sostenevano
l’impalcatura.
Egli sentì una dolorosa fitta sulla tempia e tutto davanti a
lui divenne per un momento sfocato e indistinto.
Lo stregone, tuttavia, sapeva con precisione istintiva che, se fosse svenuto, sarebbe
accaduto il peggio e, con l’ultimo barlume di forza che aveva, malgrado il veleno in corpo, si spinse in avanti con uno
scatto, colpendo il petto dell’uomo come se fosse stato una testa d’ariete. E
quello squilibrato, non aspettandosi una tale prontezza, si sbilanciò e ricadde
all’indietro a peso morto.
Si udì un lugubre “crack!” – il tipico rumore delle ossa che
si spezzavano – e Dolohov rimase supino e immobile,
con gli occhi sgranati e la bocca spalancata, da cui non era uscito neppure un
suono, sul volto rubizzo ancora dipinta la sorpresa che gli
era stata fatale.
Aveva ucciso un uomo.
Merlin ingoiò le lacrime, la disperazione e l’eco della
paura che ancora sentiva pulsare nelle orecchie.
Lo aveva fatto per
sopravvivenza, sì. E non era neppure
la prima volta, ricordò. Ma niente avrebbe mai cancellato l’orribile faccia di
quell’uomo, incisa nella sua memoria per sempre.
Continua...
Disclaimer:I
personaggi di Merlin, citati in questo racconto, non sono miei; appartengono
agli aventi diritto e, nel fruire di
essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.
Ringraziamenti:
Un abbraccio a Tao, che sopporta i
miei scleri. X3
E alla mia kohai che subisce le
mie paranoie. X°D
Note: Come vi
avevo accennato un sacco di tempo fa (ricordate la lavandaia Walburga?), avrei preso in prestito i nomi di alcuni
cattivi di Harry Potter, anche se ovviamente questi non sono i cattivi originali.
XD
Yaxley e Dolohov
sono due Mangiamorte e rendevano bene la cattiveria
spietata dei miei due fuorilegge.
La Rowling
dice solo che Yaxley è molto alto di statura e Dolohovviene descritto come un
uomo pallido dalla faccia storta e volgare, costantemente accompagnato da un
ghigno perfido.
Per FenrirGreyback
– il lupo mannaro – vi rimando al prossimo capitolo, dove lo incontreremo.
Spero di non aver urtato la sensibilità di nessuno
descrivendo questo tentativo di violenza sulla povera Linette. E’ una cosa che
odio io per prima e non credo descriverò mai, in una mia fic,
una cosa del genere. Perciò ho cercato di rendere realistica la scena, senza
entrare nei particolari.
Io non credo che Merlin sia OOC in questo frangente, perché
è davvero disperato, senza la sua fidata magia, drogato e picchiato, crede di
dover morire da un momento all’altro e teme (spera?) che Arthur non sia così
sciocco da andare a cercarlo in mezzo ai pericoli. Credo che i nervi sarebbero
salti a tutti, no?
Per questo egli arriva a fare quei pensieri disperati sul
suicidio. Ma.
Ma noi sappiamo che il suo coraggio
non ha limiti, no? Perciò attendete di vedere cosa farà…
Precisazioni al
capitolo precedente e domande varie: (a random)
- Sono felice che l’alternanza di POV vi piaccia. I pensieri
di Arthur e Merlin continueranno ad avvicendarsi per tutto questo
arco narrativo del ‘rapimento’.
- Mi dispiace per l’angst, ma sono
soddisfatta quando mi dite che traspare tutta la
sofferenza e l’angoscia di Merlin, vuol dire che ho raggiunto il mio scopo! ^O^
- Purtroppo è vero che, per quel tempo, la vita di un servo
valeva meno di zero. Ma, per fortuna, esistevano nobili che non lo erano solo per titolo
di eredità, ma soprattutto nobili di
spirito e Arthur e i suoi cavalieri ne sono un esempio.
- No, non c’erano tre opzioni date
dal drago. Erano due: o usare l’incantesimo o aspettare l’evolversi della
situazione. E Merlin ha fatto la sua scelta. U_U
- Per chi vuole più sofferenza, avremo un principe
disperato, abbiate pazienza.
- Sono contenta che abbiate apprezzato i riferimenti potteriani! *_*
- E sì, Leon è un grande! *_* direi che avete colto la
realtà: i cavalieri saranno pure fedeli a Uther, ma
se si tratta di scegliere, seguono Arthur! ^^
- Purtroppo il Buffone di Linette ha segnato il principe traumatizzandolo
a vita e, adesso, quest’argomento per lui resta un nervo scoperto. XD
- Uther è un villain
del telefilm, ma a suo modo (e l’ho già detto più volte in questa fic) lui ama Arthur e Morgana e certe scelte impopolari che
fa, le fa anche per il loro bene (come vedremo in
capitoli futuri).
- Vorrei farvi notare che Arthur, nella realtà, non ha MAI
giurato a Merlin di proteggere Linette (come lui invece grida al padre, nella
Sala del Trono). Ma il punto è che, per il suo onore
di cavaliere, è come se lo avesse fatto. Lui si è imposto di proteggerla ed è
come se avesse fatto un giuramento tacito al suo servo. *_* (ok, non dovrei, ma
questa cosa mi commuove sempre… è come se Arthur fosse fedele a Merlin anche da
lontano…)
- Esisterà un lupo mannaro in questa storia, ma non è Fenrir. XD
- Linette è stata chiamata ‘merce’ perché veniva
considerata alla stregua di una cosa, un oggetto. Non perché deve essere necessariamente
venduta. Diciamo che è stata declassata da ‘essere umano’
a ‘cosa’ da quegli esseri abbietti. U_U
- Purtroppo, in questa fic Merlin
è la mia vittima sacrificale, quindi
è normale che soffra. XD
Per par condicio, nel suo seguito (Linette 2) sarà Arthur il mio capro espiatorio, e lì ci divertiremo a
maltrattarlo/svergognarlo/metterlo in difficoltà.
Vi metto BEN tre anticipazioni
del prossimo capitolo:
Il principe non volle neanche prendere in considerazione il
fatto che quella fosse la seconda sera dei tre giorni previsti per la sua
punizione e che la collera di suo padre, una volta scoperta la sua assenza e il
mancato ritorno dei cavalieri, si sarebbe abbattuta inesorabile su Morgana, su Gwen e su tutti loro.
Ma, neppure per un istante, egli avrebbe ponderato di far
rientro a Camelot senza
Linette.
A costo di andare fino
all’inferno, l’avrebbe trovata e riportata a casa con lui. Costasse quale che costasse, per tutti i giorni che ci sarebbero voluti. Li
avrebbe inseguiti e scovati. Poi li avrebbe uccisi tutti, quei bastardi. E
avrebbe riavuto lei.
(...)
Quando Fenrir fece il suo ingresso
nella tenda, Merlin rabbrividì.
Quell’uomo… non aveva
niente di umano.
(...)
E allora, tanto valeva
porre fine alla sua esistenza da solo, con meno supplizio di quello che gli
avrebbero inflitto i suoi aguzzini l’indomani.
… C’era solo una cosa
a frenarlo.
Il rimpianto di non aver potuto abbracciare un’ultima volta
sua madre, o Gaius, oppure Gwen e Morgana, che considerava sue amiche.
Ma soprattutto Arthur, il suo Asino Reale.
L’altra metà della sua medaglia.
Morire senza avergli
detto addio era il più atroce dei dolori.
La peggiore delle
sofferenze...
… Ma
ormai, Merlin aveva preso la sua decisione.
E non sapeva che, in
quello stesso momento, Sir Martin informava il principe di aver scorto una luce
lontana. L’inequivocabile fuoco di un accampamento.
Perché sì, li avevano
trovati.
Infine vi invito a leggere e a commentare, se vi
va, l’ultimo progetto che ho postato: “Aithusa [OurEgg,
OurMascot]”capitolo 3°.
Campagna di Promozione Sociale -
Messaggio No Profit:
Dona l’8‰
del tuo tempo alla causa pro recensioni.
Farai felici milioni di scrittori.
(Chiunque voglia
aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio
crede) Come sempre, sono graditi commenti,
consigli e critiche.
SPOILER FREE: Questa storia NON contiene/conterrà alcuno spoiler della
quarta e della quinta stagione; eventuali coincidenze con esse sono appunto
casuali coincidenze
SPOILER FREE: Questa storia NON
contiene/conterrà alcuno spoiler della quarta e della quinta stagione; eventuali coincidenze con esse sono
appunto casuali coincidenze.
Questo capitolo è il
seguito diretto del precedente. Cronologicamente siamo alla sera dell’11 agosto
(2 ° giorno del rapimento, tarda sera - 7° mese dall’arrivo di Linette a Camelot).
Riassunto generale: Merlin
è abituato a salvare la vita all’Asino Reale senza che questi se ne accorga, ma
stavolta non tutto va per il verso giusto. Colpito dall’incantesimo del
malvagio Ardof, il nostro mago farà i conti con una
sconvolgente novità: egli si risveglia trasformato in una donna.
Solo Gaius conosce il suo segreto e, finché non troverà il modo di tornare
normale, dovrà inventarsi delle scuse plausibili e prendere
il posto di se stesso al servizio del principe. Come riuscirà a conciliare
questa ‘nuova situazione’? Come si evolverà il suo rapporto con Arthur?
Riassunto delle
ultime puntate: Merlin, per distrarre il principe da certe idee pericolose
che porterebbero all’allontanamento di Linette da Camelot, gli suggerisce di andare a caccia, ma nel
bosco vengono attaccati di sorpresa e Lin viene
rapita.
Arthur, di nascosto dal padre, parte per salvarla con i suoi
cavalieri, mentre Morgana copre la sua fuga dal palazzo… Nel frattempo, Merlin
– avvelenato e maltrattato dai suoi rapitori – sente pronunciare il nome di Ardof e di Fenrir – il Lupo.
Lo scontro finale è imminente? Riuscirà, il principe, a
salvare la sua ancella prima che sia troppo tardi?
Dedico l’aggiornamento a chi ha
recensito il precedente capitolo.
Grazie per il vostro supporto,
è davvero una cosa preziosa per me!
E a quanti commenteranno (SE vi
va di recensire anche dei capitoli più indietro di questo, il vostro parere non
andrà perduto!).
Ai vecchi e ai nuovi lettori.
Grazie.
TheHe in theShe
(l’Essenza dentro l’Apparenza)
Capitolo LXIII
Yaxley – il carceriere – comparve
nella tenda più di un’ora dopo.
Era venuto per un semplice controllo fatto per scrupolo e
rimase paralizzato quando vide l’espressione stravolta di Linette – i suoi
abiti sgualciti, l’ematoma che si andava formando sulla tempia – e soprattutto il
corpo esanime di Dolohov riverso a terra. Egli si
mosse cauto e controllò se il cuore batteva ancora, benché lo sguardo vitreo
dell’altro lasciasse ben poco spazio alle speranze.
“L’hai ucciso tu?” sussurrò, preoccupato, rivolgendosi a lei.
Merlin si limitò ad annuire, ancora sconvolto e incapace di
trovare le parole, soverchiato dai sensi di colpa per ciò che aveva causato,
anche se involontariamente.
Cadendo a terra, l’uomo aveva sbattuto contro una pietra acuminata,
nascosta sotto alle stuoie di paglia intrecciata che
tappezzavano il terreno come misero rivestimento.
Egli era morto sul colpo, spezzandosi l’osso del collo. Senza sentire dolore.
Questa era l’unica consolazione del mago, che aveva
strisciato fino al cadavere per controllare se fosse effettivamente defunto e
trovando, tastando con le dita, la piccola sporgenza di roccia che gli era stata fatale. Poi era ritornato, non senza fatica,
al proprio posto, in attesa di subire le conseguenze di ciò che aveva fatto:
quasi certamente, i suoi compagni lo avrebbero vendicato, sfogando su Lin la loro ritorsione.
E invece, contrariamente alle
previsioni di Merlin, Yaxley non diede in
escandescenze e, anzi, si fece più guardingo e sospettoso.
“Come hai fatto ad usare la tua
magia?!” domandò, senza in realtà aspettarsi una vera risposta. “Con quei ceppi,
il tuo potere dovrebbe essersi annullato!” esclamò, incredulo.
Il mago non ebbe il tempo di decidere se rivelargli la
verità o meno, poiché il suo guardiano gli impedì di parlare, imbavagliandolo.
“Così non potrai pronunciare altri incantesimi!” dichiarò,
non del tutto persuaso di avere il controllo della situazione.
Forse… forse non era
un male lasciar credere loro che possedeva ugualmente il Dono.
Forse lo avrebbero
trattato con maggior rispetto.
“E ora è meglio far sparire il corpo.” Considerò Yaxley, ragionando ad alta voce con se stesso. “Prima che arrivi Fenrir… soprattutto.”
Presa quindi la decisione, egli sbirciò oltre i tendaggi per
sondare la situazione. Ma sarebbe stato impossibile
trasportare la salma via dall’accampamento, senza che gli altri scagnozzi se ne
accorgessero, poiché erano entrambi attorno al fuoco, lì vicino.
Non
aveva molte scelte.
Con un grugnito seccato, egli afferrò per i piedi il
cadavere e lo trascinò, senza tanti riguardi, verso l’uscita.
Merlin osservò tutto rimanendo fermo, immobile e muto; poi,
quando infine rimase nuovamente solo, esalò un sospiro di
sollievo.
Al di fuori, invece, si elevarono voci concitate di incredulità e sdegno, che Yaxley tacitò poco dopo.
Il corpo di Dolohov non era ancora
diventato né rigido né freddo, eppure era già stato dimenticato.
La prigioniera, invece,
andava temuta. Tutti quelli che avevano a che fare con Ardof
rimanevano colpiti dalla sua maledizione.
***
Il buio fece imprecare Arthur.
Distinguere le orme nell’oscurità più completa era divenuto
quasi impossibile e loro avevano perso tempo, seguendo una scia sbagliata.
Trattenendo a stento un moto d’ira, il principe diede l’ordine di tornare indietro, fino all’ultimo bivio in
cui avevano trovato impronte sicure dei cinque cavalli, e poi sarebbero
ripartiti da lì.
I suoi uomini obbedirono solerti, senza neppure fiatare, ma
sapeva anche lui che erano distrutti dalla fatica e
dalla tensione accumulata dalla ricerca.
Erano in piedi dall’alba e non si erano mai fermati a
riposare – fatta eccezione per qualche breve sosta in prossimità di alcune pozze
d’acqua, per abbeverare i cavalli e rifocillarsi un minimo.
Anch’egli avrebbe voluto cedere alla stanchezza e
stramazzare al suolo e dormire fino all’arrivo dell’anno nuovo, ma il tempo
stringeva e giocava a loro sfavore.
Ogni clessidra che finiva senza aver raggiunto Linette
poteva essere quella a lei fatale e, francamente, lui aveva sperato di ricongiungersi
ai fuggitivi più in fretta, prima del calar delle tenebre, ma così non era
stato. Aveva in mano solo un pugno di
mosche.
Il principe non volle neanche prendere in considerazione il
fatto che quella fosse la seconda sera dei tre giorni previsti per la sua
punizione e che la collera di suo padre, una volta scoperta la sua assenza e il
mancato ritorno dei cavalieri, si sarebbe abbattuta inesorabile su Morgana, su Gwen e su tutti loro.
Ma, neppure per un istante, egli avrebbe ponderato di far rientro
a Camelot senza Linette.
A costo di andare fino
all’inferno, l’avrebbe trovata e riportata a casa con lui. Costasse quale che costasse, per tutti i giorni che ci sarebbero voluti. Li
avrebbe inseguiti e scovati. Poi li avrebbe uccisi tutti, quei bastardi. E
avrebbe riavuto lei.
***
Merlin si era assopito, cedendo allo sfinimento delle forti
emozioni che lo avevano dominato.
Furono un gran baccano e delle urla imperiose a destarlo, facendogli
rammentare un doloroso pulsare alla tempia, dove un livido si era allargato, e
il conseguente ricordo della morte di Dolohov.
Egli cercò di snebbiarsi la mente, perché sentiva a pelle che il momento del confronto sarebbe giunto presto e voleva
essere il più lucido e reattivo possibile, per quanto gli concedessero il
veleno in circolo e il suo corpo debilitato.
Ma, pur con tutte le sue buone intenzioni, lo
stregone non era pronto a ciò che sarebbe accaduto.
Quando Fenrir fece il suo ingresso
nella tenda, Merlin rabbrividì.
Quell’uomo… non aveva
niente di umano.
La testa era ricoperta da un ispido intrico di capelli
malcurati, un tempo neri, e ora striati di grigio.
Il viso era coperto da una folta barba irsuta, lasciata
incolta. E lo sguardo… lo sguardo era terribile. Aveva due occhi color del
ghiaccio e ugualmente freddi, un’espressione terrificante che sembrava preannunciare le peggiori nefandezze… e il suo sorriso, il suo ghigno, era semplicemente
raccapricciante.
Lo stregone comprese all’istante perché venisse
chiamato il ‘Lupo’: perché tutto di lui richiamava la pericolosità di
quell’animale e la sua ferocia, compresa l’espressione ferina e i canini
sporgenti dalle labbra arcuate.
Anch’egli, come tutti i suoi sottoposti, era sotto l’effetto
di un potente incantesimo, Merlin ne aveva riconosciuto
i sintomi.
“Ma è una donna!” aveva ringhiato, appena i
suoi occhi spietati si erano posati su Linette.
“Sì, Capo, però…” aveva tentennato Yaxley,
inaspettatamente mansueto e desideroso di placarlo. “Guarda!
Guarda il gioiello! Si illumina!” esclamò, avvicinando
al mago una gemma cerulea, che immediatamente si mise a riverberare di luce propria,
come attratta dal potere di Merlin,come se risplendesse in risonanza al suo
Dono. “Quando l’abbiamo rapita, pioveva e c’era la nebbia…” raccontò, quasi
a scusarsi. “La ragazza era coperta da un grosso mantello e
aveva il volto nascosto dal cappuccio! Indossava anche abiti maschili! Questi stessi abiti!”
precisò, indicandoli come prova a sua discolpa. “Tu avevi detto che il
servo stava sempre col principe… E noi ci siamo fidati del gioiello…” ammise,
infine, chinando il capo.
“Io voglio Emrys!” ululò il Lupo, mentre le vene del suo collo si
dilatavano di rabbia incontenibile.
Dall’alto della sua imponente figura, Yaxley tremò.
“Ma questa
ragazza…” osò ritentare. “E’ riuscita ad uccidere Dolohov con la sua magia, pur avendo le catene!” rivelò,
contravvenendo al proposito iniziale di tenerlo all’oscuro di quel fatto.
Fenrir allora rimase zitto e parve riflette su quell’informazione,
ponderandone il peso.
“Quei ceppi sono opera di Ardof… e lei non avrebbe dovuto-”
“Esatto!” l’interruppe
il carceriere, troppo desideroso di essere zelante per accorgersi di averlo
irritato con la sua intromissione. “Eppure ce l’ha
fatta! E’ stata lei!”
Per la prima volta, Merlin ringraziò di essere stato
imbavagliato perché quello straccio gli impediva di dover rispondere.
Il Lupo si accucciò quindi davanti a lui, scrutandolo più da
vicino.
Con i suoi occhi gelidi lo trafisse palmo
a palmo, soffermandosi sui suoi lividi e sul corpo esile. Il mago cercò
di guardare altrove, messo in soggezione da quell’osservazione sfrontata, ma
l’altro non glielo permise, afferrandogli il mento con una presa rude.
Infine, egli sondò il suo sguardo, stringendo la mascella in
un moto di rabbia.
“Quanta pozione ha bevuto?!” sibilò
con irritazione, schiacciando involontariamente la pelle che ancora aveva fra
le dita, lasciandoci un segno rossastro sopra.
“U-una tazza o-ogni due veglie…” disse
il guardiano, timoroso.
“Maledizione!” imprecò, registrando lo stato del torpore
della prigioniera. “Dannato idiota! Avevo detto di usare appena poche gocce! Se è troppo debole e muore,
non ci sarà di alcuna utilità!”
Yaxley non riuscì a nascondere un fremito del corpo, perché sapeva qual era la domanda
successiva.
“E chi si è occupato di lei?” lo incalzò Fenrir,
rialzandosi per fronteggiarlo ed esigere una risposta.
“I-io.” Ammise l’altro, prima di
ricevere un schiaffo dalla potenza inaudita.
Egli barcollò e cadde sul sedere, gemendo.
“Vattene!” sibilò il capo, furente. “Farò i conti con te più
tardi!” gli promise, mentre l’altro già scappava via, correndo a gattoni verso l’uscita e la momentanea salvezza.
“E ora veniamo a noi due.” Premise
l’uomo dall’anima dannata. “Tu conosci un certoEmrys?”
Ci volle meno di un istante a Merlin per decidere che no, non lo conosceva.
Quindi fece un cenno di negazione
con la testa.
“E Ardof?
Cosa sai di lui?” insistette il malvivente, cogliendo un
sussulto involontario di Lin a quel nome.
“D’accordo.” Sibilò, sedendosi davanti alla prigioniera e
slegandole il bavaglio. “Sei molto potente, perché
il gioiello non mente, ma non puoi aver ucciso Dolohov
con queste ai polsi…” e strattonò le catene che tintinnarono, strappando a
Merlin un dolore sordo, quando il ruvido metallo si strofinò contro la sua
pelle martoriata. “Quell’imbecille sarà morto inciampando sui suoi stessi
piedi!” lo denigrò, sprezzante. “Ma ora dimmi di Ardof…”
Il mago sentì la gola arsa bruciare e deglutì a vuoto. “S-so solo che è uno stregone potente… e malvagio.” Gracchiò,
con la voce resa roca a causa del lungo silenzio.
“Esatto. E il suo piano consisteva
nel portare Camelot alla
rovina, per vendicarsi di un antico torto subìto per mano di UtherPendragon ai tempi della
Grande Purga.
Per oltre vent’anni, egli – che conosceva i segreti
dell’Antica Religione – aveva accresciuto il suo potere, alimentando il suo
odio verso il re e la sua stirpe. Fino a quando, sei mesi fa, egli non decise
che era finalmente giunto il tempo di reclamare giustizia e si era recato al
castello per uccidere l’erede al trono e la protetta del re, e infine Uther stesso, secondo le sue intenzioni.
Ma Ardof non poteva sapere che
proprio nel cuore di Camelot
– dove la magia era stata bandita con la pena di morte – vi era un potente
stregone che proteggeva la
Dinastia dei Pendragon: il suo nome è Emrys.
Ed è il servo personale del principe
Arthur.”
A quel punto Merlin trasalì, senza potersi
impedire di mostrare il proprio turbamento.
“Dov’è questo Emrys?” l’interrogò Fenrir, assottigliando lo sguardo per cogliere ogni
tentennamento o possibile tentativo di menzogna nella sua risposta.
“Non vi è nessuno, a Camelot,
con quel nome.” Mentì Linette, cercando di apparire convinta. “Il servitore
personale del principe si chiamava Merlin…”
“Ed è al castello?” l’incalzò,
spazientito.
“No, signore.” Smentì lo stregone. “Egli è partito sei mesi
fa e non ha più fatto ritorno…”
“E al suo posto ci sei tu… con dei poteri magici…” valutò. Ma, poiché
non era una domanda, il prigioniero rimase in silenzio. “Questa è una variante del
problema che non avevo calcolato, tuttavia i miei programmi non cambieranno.
Anziché usareEmrys…
o Merlin – o come diavolo si chiama –,
mi servirò di te.”
Qual era il suo
progetto?, si
chiese lo stregone, preoccupato. E perché
gli aveva raccontato tutto quello?
“Ciò che tu non sai… oppure fingi di non sapere” precisò il Lupo,
riprendendo “è che tra i due maghi c’è stato uno scontro. Ardof aveva cercato di colpire l’ignaro principe con un
sortilegio mortale, ma il suo servo si era messo in mezzo, difendendolo.
Qualcosa dev’essere andato storto
e l’incanto è rimbalzato contro Ardof stesso,
riducendolo in fin di vita. Egli ha fatto appena in tempo a fuggire dal maniero
e ad assoggettarci al suo volere…”
A quell’ultima frase, lo stupore di Merlin era genuino.
“Sì,” confermò Fenrir.
“Malgrado fosse allo stremo, quel
bastardo ha usato le sue ultime forze per lanciare una maledizione su di me
e sulla mia banda, affinché perpetrassimo il suo diabolico piano di vendetta,
nel caso in cui lui non ci fosse riuscito.”
Linette sgranò gli occhi, esterrefatta.
“Per tutti questi mesi, quel vile ci ha obbligato ad andare in
cerca di un rimedio che lo curasse, eppure tutto era vano. Tutte le
fattucchiere dei Cinque Regni e tutte le pozioni conosciute al mondo non sono
valse a niente. Persino i Guaritori Druidi, che ho torturato personalmente, si
sono rivelati inefficaci. Ma loro, come Ardof,
conoscevano la potenza insita di Emrys.
Intanto, giorno dopo giorno, le sue ferite invisibili
suppuravano sempre più ed egli si indeboliva anziché
guarire. Ogni volta che avvertiva un miglioramento era
solo un’illusione temporanea, poiché successivamente peggiorava ancor di più. Ma il suo cuore nero e la cattiveria profonda
non gli permettevano di cedere.
Mi ero offerto io stesso di compiere una rappresaglia a nome
suo, eppure lui rifiutò, sdegnato,
perché quella era l’unica ragione che lo
teneva in vita, la forza che lo aveva alimentato per vent’anni. Voleva che fossero le sue, di mani, a
sporcarsi col sangue dei Pendragon.”
Merlin rabbrividì, accogliendo tutte quelle informazioni.
Solo adesso realizzava quanto pericoloso fosse stato quello
scontro, e forse, anziché divenire donna per un effetto collaterale delle due
magie opposte, la sua fine sarebbe potuta
essere ben peggiore.
“Probabilmente, anche Emrys è
rimasto ferito nella lotta.” Rifletté il Lupo, dando voce all’altrui pensiero.
“E quel viaggio che hai nominato è solo una fandonia… mentre egli, invece, è
morto.” Dichiarò, senza nessun sentimento oltre al fastidio. “Solo quegli
idioti dei miei uomini possono essere così imbecilli da rapire una donna
anziché un uomo, ma tu, col tuo potere
magico, sarai la mia soluzione.”
Merlin avrebbe voluto sapere dell’altro, ma non osava fargli
domande per paura delle reazioni di quello squilibrato.
“So quello che ti stai chiedendo,”
riprese Fenrir, ghignando come una belva. “Non mi interessa continuare il folle piano di quel bastardo. Io
rivoglio la mia vita e la mia libertà. E mi sei capitata tu, tra capo e collo. Perché non sfruttarti?
Avrei costretto anche Emrys a
togliermi la maledizione. Se ha sconfitto uno stregone potente come Ardof, sicuramente lui avrebbe saputo come annullare il
maleficio…”
“Perché… perché solo ora?”
sussurrò il mago, sentendo una campana d’allarme suonare nella sua testa. “Perché adesso?”
Il Lupo fece una risata cavernosa e raccapricciante.
“Perché, chiedi?”
le fece eco. “Semplice: perché Ardof è morto due giorni fa.”
Merlin si sentì vacillare sotto al peso
di quella notizia.
Ardof. era. morto. Morto.
Morto!
Quella parola rimbombò
dentro di lui all’infinito, fino a spegnersi in un’eco lontana.
…Morto…
Non… non avrebbe mai più potuto rincontrarlo e convincerlo a
togliergli quella dannata fattura.
Non ci sarebbero stati altri scontri con lui.
Era morto, dannazione!
Morto!
E la maledizione non
si era spezzata!
“Riprenditi, Bocconcino!” la sollecitò il malvivente,
scrollando Linette per le spalle. “Ti sconvolge tanto sapere che è trapassato?! Avresti dovuto vedere il suo cadavere, che ho dato in
pasto ai cani affamati! Mi sono goduto tutta la scena, perché era quello che
meritava, quel cane!”
Lo stregone sentì la nausea in fondo alla gola, ma nello
stomaco non aveva nulla da vomitare.
“Ovviamente, ti ho rivelato tutto questo per una ragione ben
precisa…” sibilò il Lupo, accantonando la macabra soddisfazione per il suo
racconto truculento per impostare un tono di intimazione.
“Non che tu abbia molta scelta…” considerò, con finta ironia, mentre afferrava
con un pugno la stoffa sotto la gola di Lin e
sollevava il suo corpo ad una spanna da terra senza
sforzo apparente.
Merlin rantolò, agitandosi e annaspando per la mancanza
d’aria.
“Devi
aiutarmi. Oppure ti ucciderò all’istante.” Le ingiunse, con l’aria
spiritata di un invasato.
Quell’uomo era un
pazzo sanguinario e senza scrupoli, con o senza incantesimo.
Ritrovandosi sbattuto al suolo, il mago ansimò per
riprendere fiato, mentre la trachea bruciava.
“Ti concedo di riprendere le forze fino a
domattina, così gli effetti del veleno diminuiranno. Il suo scopo era
piegarti al mio volere, non di ridurti in
fin di vita…” le rese noto. “Nel frattempo, pensa
a come risolvere il mio problema, e non cercare di fare la furba con me: non ho
mai avuto problemi a sgozzare qualcuno, nemmeno mia madre.” Detto questo, Fenrir se ne andò, lasciandolo solo.
Egli raccolse le ginocchia al petto e vi affondò il viso
contro, soffocando un singhiozzo.
Ma, improvvisamente, qualcosa in Merlin era
cambiato.
Una sottile, infida disperazione era serpeggiata in lui.
All’udire della morte di Ardof, per
un eterno istante aveva scioccamente sperato che l’incantesimo su di lui si sarebbe spezzato, ma non era stato così.
Eppure avrebbe dovuto
saperlo. Il drago gliel’aveva spiegato in più di un’occasione: di fronte ad incantesimi particolarmente
potenti, la magia sopravviveva persino al suo creatore.
Ed ora, Fenrir
– il Lupo – esigeva il suo aiuto.
Se la situazione non fosse stata tanto disperata, Merlin
avrebbe trovato la cosa alquanto ironica.
Non era riuscito a
togliere neppure a se stesso la maledizione inflittagli dal malvagio stregone…
come avrebbe mai potuto annullare quella che Ardof aveva
fatto per qualcun altro?
Però il mago sapeva come si sentiva
Fenrir, poiché era anch’egli vittima dei capricci di
vendetta di quell’uomo ormai estinto. Conosceva il suo senso di
impotenza, la sua rabbia.
Ma a che sarebbe servito aiutarlo?
Non aveva idea di come
rompere quell’incanto… e, se anche per un assurdo motivo ci fosse riuscito, Merlin
sapeva benissimo quale sarebbe stata la sua
ricompensa: una morte certa.
Perché un potenziale
nemico non si lasciava in vita…
Persino una volta liberato dai ceppi che bloccavano il
flusso magico, lui era troppo debole per fronteggiare
tutti quegli uomini da solo, senza neppure essere certo se la sua magia lo
avrebbe aiutato o meno. Sarebbe morto di
sicuro.
E allora, tanto valeva
porre fine alla sua esistenza da solo, con meno supplizio di quello che gli
avrebbero inflitto i suoi aguzzini l’indomani.
… C’era solo una cosa
a frenarlo.
Il rimpianto di non aver potuto abbracciare un’ultima volta
sua madre, o Gaius, oppure Gwen e Morgana, che considerava sue amiche.
Ma soprattutto Arthur, il suo Asino Reale.
L’altra metà della sua medaglia.
Morire senza avergli
detto addio era il più atroce dei dolori.
La peggiore delle
sofferenze...
… Ma
ormai, Merlin aveva preso la sua decisione.
E non sapeva che, in
quello stesso momento, Sir Martin informava il principe di aver scorto una luce
lontana. L’inequivocabile fuoco di un accampamento.
Perché sì, li avevano
trovati.
Continua...
Disclaimer:I
personaggi di Merlin, citati in questo racconto, non sono miei; appartengono
agli aventi diritto e, nel fruire di
essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.
Ringraziamenti:
Un abbraccio a Tao, che sopporta i
miei scleri. X3
E alla mia kohai che subisce le
mie paranoie. X°D
Note: Colpo di
scena! Ebbene sì. Siamo giunti ad uno dei capitoli
cardine della storia. *_*
Anche se Ardofverrà
nominato ancora, in futuro, ora sappiamo cosa, come e perché del suo agire. E
soprattutto che fine ha fatto e perché non lo si è
visto prima di persona. XD
Ciò che mi fa sorridere è che fin da subito avevo deciso
questo: un cattivo che sia il fulcro della storia ma
non si veda mai (per mia scelta, non l’ho mai neppure descritto fisicamente,
anche se ho un’idea in testa molto chiara di lui) e che non pronunci neppure
una parola in tutta la fic… eppure ha cambiato per
sempre la vita di Merlin e Arthur.
Come credo gli intenditori potteriani
abbiano colto subito, la rovina di Ardof avviene
perché il proprio maleficio gli si ritorce contro per “Effetto Boomerang” come Voldemort! XD
Vorrei chiarire che non tutte le persone, che sono sotto il
controllo di Ardof, sanno di esserlo.
Alcune sì, ma altre sono così ottenebrate dal suo potere che
sono come degli automi... senza volontà propria.
Per FenrirGreyback
– il lupo mannaro – ho una piccola curiosità. Il suo nome, Fenrir, deriva dal lupo mitologico
omonimo dell’antica religione nordica, quindi non è un personaggio originale di
mamma Row.
In questa fic, non avendo visto
gli ultimi film, l’ho descritto di sana pianta, delineandolo
pericoloso e inquietante a modo mio. ^_=
Precisazioni al
capitolo precedente e domande varie: (a random)
- Sono contenta che abbiate considerato la scena della
tentata violenza come realistica, ma non offensiva. Mi fa piacere avere avuto
questa conferma della mia scelta.^^
- Certo, tutta quest’esperienza segnerà in qualche modo
Merlin e riemergerà persino quando penserete di esservene dimenticati! XD
- I cavalieri di Arthur sono davvero un amore. Mi sento
orgogliosa di loro! *_* (e sì, sono un po’ martiri e
masochisti! XD).
- Visto che mi è stato chiesto…
siamo a 2/3 della storia. Dopo aver sviluppato i personaggi, da qui in avanti succederanno una serie di eventi fondamentali che poi ci
porteranno alla fine.
- Non ho dato un nome
all’incantesimo di controllo di Ardof, ma sì, direi
che è una specie di “Imperio ante-litteram” di stampo potteriano.
In realtà, in qualsiasi contesto magico ci può essere
un controllo mentale forzato, quindi non aveva senso dargli un nome specifico.
- Sì, in certi capitoli, avremo ancora l’alternarsi dei POV di
Merlin e Arthur, ma la cosa si presta bene solo in determinati momenti o fatti.
La storia rimane comunque orientata su Merlin.
- E’ interessante che in molti commenti sia emersa l’idea
che il rapimento, almeno, abbia fortunatamente distolto Arthur dal pensiero di
Merlin (e del rivolerlo con sé). Ma ne siete proprio
sicure? Non può essere esattamente il contrario? XD
- Ho riportato i vostri incoraggiamenti e l’elenco delle
persone che si sono offerte di consolare/abbracciare MerLin.
Il nostro mago apprezza, ma ha detto di riferirvi che
preferirebbe la consolazione di un certo princ-Asino di nostra conoscenza (sempre che
si degni di arrivare U_U).
- Sì, ci sarà un seguito a questa storia (l’ho detto già in
alcuni capitoli disseminati indietro XD). Però non sarà un’altra long-fic, bensì una raccolta: il seguito di questa, missingmoments,
whatif?, ecc…
- Non posso dare spoiler troppo grandi, ma ho sempre detto,
fin dall’inizio, che l’amore merthur deve passare
necessariamente attraverso Linette. Nel bene e nel male.
- Agrumi ha espresso perfettamente il pensiero contorto di
Merlin:
“In lui vi sono, secondo me, sia la
speranza che lo cerchi (per essere salvato o almeno sapere di essere
considerato) sia quella che non lo cerchi (per la salvezza del principe).”
So che è sembra contraddittorio, ma è perché ci sono due
tipi di interessi che cozzano.
- L’incanto del controllo mentale non inibisce gli istinti
completamente. Questi criminali sono ‘obbligati’ a compiere certe azioni perché
costretti, ma hanno una certa ‘libertà’ per quanto concerne i bisogni personali
(mangiare, dormire, …) e quindi non ho ritenuto strano che quel maiale volesse
soddisfare certi bassi istinti con la violenza, perché probabilmente era ciò
che faceva anche prima dell’incanto mentale.
Dopo aver scritto il capitolo, ho
trovato questa gif animata che rende benissimo il rapporto tra Arthur e
i suoi cavalieri, in particolare con Leon. Quindi non
ho resistito e la condivido con voi! ^^
Credits: euphoria1001
Vi metto BEN tre anticipazioni
del prossimo capitolo:
“Shh…” sentì sussurrare,
direttamente ad una spanna da viso, prima ancora di
riuscire a mettere a fuoco chi gli stesse parlando. “Va tutto bene, sono io.”
Il suo cuore impazzito riconobbe quella voce persino prima del suo cervello.
Merlin sgranò gli occhi, ancora incredulo, mentre l’immagine
del principe, inginocchiato davanti a lui, perdeva la consistenza di un sogno e
diveniva reale, nella semioscurità della notte morente.
(...)
Dopo, quando lo sfogo cessò, Merlin sollevò il capo dal
nobile torace per guardare – seppure con un po’ vergogna
– l’altra metà della sua medaglia negli occhi e Arthur ricambiò lo sguardo con
uguale intensità; poi sollevò le mani per circondargli il viso e tirar via
dalle gote gli ultimi residui delle lacrime.
Prima ancora di sapere come, il mago vide il principe
chinarsi in avanti verso di lui, abbassando le palpebre e, d’istinto, fece
altrettanto.
Le sue labbra non avrebbero
dovuto essere lì.
(...)
E ora che il peggio sembrava passato, il principe si concesse anche di
ripensare a Merlin, riaprendo la porta della mente dove lo aveva rinchiuso.
Se lo era imposto,
si era obbligato a non pensare a lui,
alla faccia che avrebbe fatto di fronte ad una terribile, possibile notizia di
un tragico epilogo.
Come avrebbe mai
potuto dirgli che Lin, che lui gli aveva affidato,
era stata vittima di un rapimento e non era sopravvissuta? Con che coraggio gli
avrebbe confessato che non era riuscito a proteggerla?
E’ da molto che non lo faccio… e credo che metterò i numeri al
Lotto, viste tutte le cifre tonde! XD
Ma vorrei ringraziare i 180 preferiti, i 300 seguiti e i 30 ‘da ricordare’ anche se questa fic
non è ancora finita. ^^
Purtroppo, mi sono resa conto di aver incrociato, almeno una
volta, a malapena una ventina di persone tra tutte queste. U_U
Pazienza… Ogni parere è sempre gradito, e chissà che qualche nuovo lettore non
voglia dare il suo contributo da adesso! ^_^
Restando in tema di contributi, mi sto facendo promotrice di
una raccolta di soldi per il film che Eoin e Tom (Sir
Gwaine e Sir Percival) stanno
producendo. Bastano anche solo pochi euro da donare!
Trovate tutte le informazioni nel principale forum italiano
di Merlin, di cui faccio parte, a questo indirizzo: http://merlinadventures.forumfree.it/?t=63258940
e se avete dubbi, contattatemi anche privatamente. ^^
Campagna di Promozione Sociale -
Messaggio No Profit:
Dona l’8‰
del tuo tempo alla causa pro recensioni.
Farai felici milioni di scrittori.
(Chiunque voglia
aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio
crede) Come sempre, sono graditi commenti,
consigli e critiche.
SPOILER FREE: Ormai la quarta serie non è più spoiler, ad ogni modo
ricordo che questa storia NON contiene/conterrà alcuno spoiler di essa e della
quinta stagione; eventuali coincidenze con esse sono appunto casuali
coincidenze
SPOILER FREE: Ormai la quarta serie non è più spoiler, ad ogni modo ricordo
che questa storia NON contiene/conterrà alcuno spoiler di essa e della quinta
stagione; eventuali
coincidenze con esse sono appunto casuali
coincidenze.
Questo capitolo è il
seguito diretto del precedente. Cronologicamente siamo all’alba del 12 agosto
(3° giorno del rapimento - 7° mese dall’arrivo di Linette a Camelot).
Riassunto generale: Merlin
è abituato a salvare la vita all’Asino Reale senza che questi se ne accorga, ma
stavolta non tutto va per il verso giusto. Colpito dall’incantesimo del
malvagio Ardof, il nostro mago farà i conti con una
sconvolgente novità: egli si risveglia trasformato in una donna.
Solo Gaius conosce il suo segreto e, finché non troverà il modo di tornare
normale, dovrà inventarsi delle scuse plausibili e prendere
il posto di se stesso al servizio del principe. Come riuscirà a conciliare
questa ‘nuova situazione’? Come si evolverà il suo rapporto con Arthur?
Riassunto delle
ultime puntate: Merlin, per distrarre il principe da certe idee pericolose
che porterebbero all’allontanamento di Linette da Camelot, gli suggerisce di andare a caccia, ma nel
bosco vengono attaccati di sorpresa e Lin viene
rapita.
Arthur, di nascosto dal padre, parte per salvarla con i suoi
cavalieri, mentre Morgana copre la sua fuga dal palazzo… Nel frattempo, Merlin
– avvelenato e maltrattato dai suoi rapitori – ha uno sconvolgente confronto
col malvagio Fenrir e scopre così che Ardof è morto proprio a causa dell’incantesimo che ha
trasformato lui in donna.
Molte cose vengono chiarite, la
salvezza sembra vicina, ma la disavventura avrà un lieto fine?
Dedico l’aggiornamento a chi ha
recensito il precedente capitolo.
Grazie per il vostro supporto,
è davvero una cosa preziosa per me!
E a quanti commenteranno (SE vi
va di recensire anche dei capitoli più indietro di questo, il vostro parere non
andrà perduto!).
Ai vecchi e ai nuovi lettori.
Grazie.
TheHe in theShe
(l’Essenza dentro l’Apparenza)
Capitolo LXIV
Arthur quasi non credeva
ai propri occhi.
E invece sì, Martin aveva ragione. Quello era proprio il
fuoco di un accampamento provvisorio, bivaccato ai margini di un piccolo
ruscello che scorreva nel sottobosco.
Mancava poco all’alba e loro avrebbero dovuto sfruttare al
meglio la scarsa oscurità rimasta e l’effetto sorpresa sui malviventi che
dormivano.
Il lieve gorgoglio dell’acqua avrebbe favorito il loro
avvicinamento, ma non potevano progettare un piano efficace senza sapere cosa
si sarebbero trovati di fronte. Avrebbero agito d’istinto, forti della loro
preparazione militare.
Una sola cosa era certa: la vita di Linette aveva la
priorità assoluta e se, per neutralizzare il nemico, avessero dovuto scegliere di non fare prigionieri, avrebbero agito
di conseguenza. Quelle erano le uniche regole dell’ingaggio.
Avvicinandosi cautamente, i cavalieri avevano contato dieci
cavalli legati al pascolo vicino al campo e presumibilmente altrettanti uomini
da sconfiggere. Il loro numero poteva essere lievemente inferiore, se qualche
cavalcatura fosse stata usata per trasportare le loro scorte alimentari e quasi
sicuramente un destriero aveva condotto in groppa Linette. Tuttavia, alla
comitiva originale doveva essersi aggiunto qualcun altro, e forse si erano
riunite a loro anche le due persone che avevano deviato il percorso il giorno
prima.
Non che facesse poi molta differenza saperlo: rimanevano degli avversari armati e pericolosi. Ma loro li avrebbero sconfitti.
***
Merlin aveva trascorso il resto della nottata a pensare. A rammentare
ogni incantesimo che aveva imparato studiando nei vari libri, a riflettere su quale,
fra essi, avrebbe potuto significare la sua salvezza.
Purtroppo per lui, non
vi era una soluzione e la situazione rimaneva disperata.
Sarebbe stato inutile tentare di far ragionare Fenrir, cercando di sminuire il proprio potenziale valore
o, al contrario, accrescendolo mentendo. Avrebbe forse temporeggiato e
procrastinato la sua fine, ma a che pro?
Non era neppure una
merce di scambio decente. Pur di tenere quel branco di farabutti lontano da
Camelot, Merlin lo avrebbe
persuaso del fatto che, in verità, lui non contava niente per il principe. In fondo, nessuno era venuto a cercarlo, no?
Ma la realtà era una sola: non aveva nulla da offrirgli. E nulla con
cui difendersi.
In uno scontro materiale, non aveva una considerevole forza
fisica su cui contare – non l’aveva mai avuta neppure da sano, figurarsi ora,
che era ridotto allo sfinimento –, e non sapeva neppure se e come la magia avrebbe reagito, una volta tolti i blocchi che
la imbrigliavano. Egli non sapeva nemmeno
se essa sarebbe mai tornata da lui.
Aveva però maturato
una scelta, quella notte.
Dopo lo sconforto iniziale, dopo aver persino accarezzato
l’idea di porre fine alla propria esistenza da sé, per risparmiarsi un po’ di
dolore, malgrado tutto fosse contro di lui, il mago
aveva deciso che non si sarebbe mai suicidato con le proprie mani, e non per codardia, ma perché – al contrario
– avrebbe affrontato a testa alta il suo destino.
Non sarebbe riuscito a
sopraffare il Lupo, ma non sarebbe neppure rimasto inerme a guardare. Sarebbe
morto con onore, sapendo di aver provato quanto umanamente gli sarebbe stato
possibile fare.
Fu con questa consapevolezza che, verso l’alba, egli cedette
alla spossatezza e si assopì.
***
Ad un’ora imprecisata della notte, Yaxley era venuto a controllarlo; l’uomo era parso pieno di
lividi e camminava come un cane bastonato.
Eppure, malgrado la propria condizione fosse ancor peggiore, Merlin
provò pena per lui.
Perché rimaneva al
servizio di una persona crudele come Fenrir?, si domandò.
Ma l’altro non aveva fatto accenno
di quanto era accaduto né della punizione subìta. Non aveva neppure parlato. Si era limitato a portar via il cibo
intonso del prigioniero e, prima di andarsene, lo aveva imbavagliato nuovamente,
di sua iniziativa, senza una particolare ragione.
Fu per questo motivo che, nel dormiveglia, quando il mago
sentì qualcuno avvicinarsi nel buio, pensò che fosse nuovamente il suo
guardiano venutolo a controllare; perché, per il confronto con il Lupo, era ragionevolmente
troppo presto.
Non si diede pena di risollevare la testa pesante che aveva
appoggiato alle ginocchia, e rimase, stremato, nella posizione raggomitolata in
cui si era addormentato.
Quando, però, percepì la mano di qualcuno entrare in
contatto con la propria spalla destra, egli si mosse d’istinto, sfuggendo alla
presa e pronto a difendersi, benché avesse i sensi ancora intorpiditi dal
veleno e dal sonno.
“Shh…” sentì sussurrare,
direttamente ad una spanna da viso, prima ancora di
riuscire a mettere a fuoco chi gli stesse parlando. “Va tutto bene, sono io.”
Il suo cuore impazzito riconobbe quella voce persino prima del suo cervello.
Merlin sgranò gli occhi, ancora incredulo, mentre l’immagine
del principe, inginocchiato davanti a lui, perdeva la consistenza di un sogno e
diveniva reale, nella semioscurità della notte morente.
“Ti hanno imbavagliata perché erano
stanchi del tuo continuo ciarlare?” scherzò, per alleggerire l’atmosfera mentre
la liberava, ed esprimere in quella frase il suo sollievo.
Linette fece una smorfia sardonica, ma non rispose, e Arthur
si rifece serio, realizzando lo stato deplorevole in cui ella
versava.
Il nobile strinse la mascella, per contenere un moto di
sdegno, alla vista del labbro inferiore spaccato e gonfio, che era stato
nascosto dal bavaglio fino a quel momento. E sfiorò il taglio col pollice,
mentre controllava anche l’ematoma sulla tempia.
Merlin si fece sfuggire un piccolo
ansito di dolore, indietreggiando istintivamente da quel contatto.
L’erede al trono non perse tempo e sciolse anche i polsi e
le caviglie dalle catene e dai lacci della corda, rimanendo francamente
sorpreso di quelle precauzioni: neppure
con il più pericoloso o corpulento criminale era consuetudine usare entrambe le
costrizioni.
Linette aveva le dita e i palmi scorticati per i vani
tentativi di fuga e di difesa e i lividi sui polsi, e Arthur glieli massaggiò
con delicatezza, per favorire la circolazione dopo la forzata postura.
Il mago lo lasciò fare, arrendevole.
A quel punto, fu
inevitabile tirare le somme e valutare lo stato della sua valletta.
Ella appariva tutta sporca e
graffiata, con i vestiti lacerati in più punti. Era stata trattata come il
peggiore dei delinquenti, messa ai ceppi e picchiata, ma non sembrava aver subìto
torture né avere ossa rotte o danni fisici irreparabili... ad un esame superficiale.
Il giovane Pendragon la aiutò a
risollevarsi da terra, sorreggendola perché sembrava malferma sulle gambe.
Ma Merlin rimaneva in piedi per pura forza di
volontà.
“Non…” il principe si schiarì la voce, a disagio, senza poter
procrastinare oltre la domanda più importante. “Non ti avranno usato violenza…”
“No, no, Sire.” Lo rassicurò il servo, dimostrandosi forte benché
fosse esausto.
L’uomo era morto prima
di riuscirci. Ma era stato solo un caso, e il corpo di
Linette si mise a tremare, al ricordo.
In risposta, Arthur se la strinse
contro, avvolgendola col proprio mantello, e Merlin scoppiò a piangere senza
ritegno.
Non gli importava di sembrare la femminuccia che era
diventata, come tante volte lo aveva canzonato il suo signore.
Egli aveva un bisogno disperato di far sgorgare tutto: il
terrore, l’angoscia, il sollievo, il dolore che
sentiva… e mille altre emozioni che si era negato fino a quel momento.
E l’erede al trono l’aveva lasciato fare, comprendendo la
sua necessità.
Aveva raddoppiato la stretta, permettendogli di nascondersi
da tutto e cedere a quella legittima debolezza.
Il principe aveva cullato il corpo della sua serva, accarezzandole
la schiena per confortarla, ma – poiché non vi sarebbero mai state parole
adeguate da dire né egli era mai stato avvezzo ad
usarle – aveva atteso in silenzio, per tutto il tempo che era stato necessario,
donandole unicamente la propria vicinanza.
Dopo, quando lo sfogo cessò, Merlin sollevò il capo dal
nobile torace per guardare – seppure con un po’ vergogna
– l’altra metà della sua medaglia negli occhi e Arthur ricambiò lo sguardo con
uguale intensità; poi sollevò le mani per circondargli il viso e tirar via
dalle gote gli ultimi residui delle lacrime.
Prima ancora di sapere come, il mago vide il principe
chinarsi in avanti verso di lui, abbassando le palpebre e, d’istinto, fece
altrettanto.
Le sue labbra non avrebbero
dovuto essere lì. Considerò lo stregone, mentre la delusione cacciava la
sorpresa e, ancor più, la speranza.
Per un lungo,
lunghissimo istante, Merlin aveva creduto che Arthur volesse baciarlo davvero,
e invece la bocca socchiusa del cavaliere si era posata sulla sua fronte, nel
più fraterno dei gesti d’affetto. E il fatto che egli vi avesse indugiato un
po’ più del consentito venne spiegato dall’esclamazione
che il nobile padrone gli rivolse poco dopo, ridistanziando
i loro corpi, mentre ancora lo sosteneva.
“Sei bollente, ti è salita la febbre!”
Ma lo stregone sapeva che era
probabilmente una reazione magica del suo corpo, che tentava di eliminare il
veleno che era stato costretto a bere.
E la magia, ora, si stava liberando dalla costrizione di
quei ceppi stregati con violenza, in modo irruento e prepotente, prosciugando
anche le sue ultime energie.
Egli si sentì vacillare – da troppo tempo non mangiava e non
beveva, se non quel mortale infuso per imposizione – e non riusciva più ad
avere la forza di rimanere in piedi.
Prontamente, il principe l’aveva sollevato in braccio,
incolpando la temperatura alta e il pianto di poco prima per quegli occhi di
Linette che apparivano troppo lucidi e quel suo sguardo, sempre così vispo, ora
vacuo e annebbiato.
“Ho del medicamento legato alla sella del cavallo.” La
informò, avviandosi all’uscita. “Vedrai che starai meglio… e ora tieniti
stretta!”
Merlin ubbidì, circondandogli il collo con le braccia,
mentre lasciava che la testa scivolasse sulla sua spalla tornita verso l’accogliente
incavo del suo collo.
“E Fenrir?” domandò un momento
dopo, rialzando di scatto il volto, guadagnandosi un capogiro.
“Il Lupo è stato ucciso… con tutti i suoi compagni.” Spiegò
il cavaliere, senza rallentare l’andatura.
Merlin non fece neppure a tempo a chiedersi come facesse il
principe a conoscere quel soprannome, che l’altro riprese: “Non si aspettavano un attacco, e li abbiamo colti di sorpresa.”
Motivò. “Tuttavia, essendo pericolosi criminali, sono stati giustiziati secondo
le leggi di Camelot… Soprattutto
Fenrir… Da almeno dieci anni, pendeva una taglia
sulla sua testa. Venendo qui, abbiamo anche fatto un
favore a mio padre.” Considerò, con una smorfia strana che lo scudiero non
comprese.
Tuttavia, ciò che contava era una cosa sola: non avrebbe mai
più rivisto quell’agghiacciante sguardo famelico, quel pazzo non avrebbe mai
più fatto del male a nessuno ed aveva persino ottenuto
ciò che voleva: la maledizione di Ardof si era
sciolta nell’unico modo possibile. Con la
morte.
Ma nessuno avrebbe pianto per Fenrir – il Lupo. La sua fine era stata una liberazione per
tutti.
Persino il segreto di
Merlin – Emrys era morto con lui, ristabilendo un
equilibrio che avrebbe potuto rovinare l’esistenza del mago, se solo Arthur
avesse saputo da lui che, nella tenda, vi era la sua valletta, la strega che avevano rapito al posto dell’altro servo stregone…
***
La brezza fresca del primo mattino era stata una benedizione
per il mago, dopo l’aria stantia della tenda e tutti i brutti pensieri che essa
racchiudeva.
Anche i sorrisi dei suoi salvatori aiutarono a confortarlo,
assieme alla loro gioia sincera nel saperlo ritrovato.
Una volta che furono usciti
dall’angusto rifugio, Arthur l’aveva deposto con cautela su di un ceppo,
rimanendogli accanto quasi che volesse proteggerlo ancora, anche se non vi
erano più pericoli.
Fu allora che lo stregone si permise di guardarsi attorno,
sebbene fosse oltremodo sfinito e scombussolato e la vista rimanesse annebbiata
dalla febbre magica.
Ad eccezione dei cavalli al pascolo, non vi era traccia di
nessuno dei suoi rapitori né del loro capo. Evidentemente, intanto che il
principe lo aveva soccorso, gli altri nobili aveva
fatto sparire i corpi, ma Merlin non si diede pena di sapere se avessero
operato una degna sepoltura delle loro salme. Probabilmente sì, poiché erano
uomini di buon cuore, malgrado quelli fossero stati dei nemici.
Una borraccia spuntò davanti alla sua visuale e interruppe
le sue riflessioni.
“E’ acqua fresca del ruscello… bevi!” consigliò Sir Duncan, con premura, porgendo a Linette il
contenitore ancora umido.
Merlin lo accolse con gratitudine, tracannando fino
all’ultima goccia.
Era l’acqua più buona
che lui avesse mai bevuto. Era come un balsamo ristoratore, mentre scendeva
nella sua gola arroventata. La sentiva bagnare il suo stomaco, donandogli
refrigerio come ghiaccio sulla pelle ustionata e, per un istante, si lasciò
avvolgere da quel sollievo.
“Dovresti anche mangiare qualcosa, per riprendere le energie.”
Fu la considerazione del principe, che indicò Sir Leon intento a suddividere e
a distribuire le derrate per la loro colazione.
Lo stregone non aveva la forza di sfamarsi, ma non se la
sentiva di deludere il suo signore e sbocconcellò appena qualche briciola di
pane ormai secco.
Dopo questo breve ristoro, a Linette venne
offerta la possibilità di rinfrescarsi al ruscello e di cambiarsi, se lo
desiderava, togliendosi quegli abiti lerci e rovinati.
Benché i cavalieri non avessero vestiti
adeguati per lei, con un po’ di spirito di adattamento Lin
avrebbe forse apprezzato la comodità di panni puliti e comodi, ma Merlin
rifiutò, troppo stremato, accettando solamente di ricevere un mantello che
sostituisse il proprio, sbrindellato e infangato oltre misura.
Purtroppo per lui, nessuno degli uomini presenti aveva con
sé un mantello di scorta, ed egli venne avvolto,
ancora tremante, in una leggera coperta da campo.
Infine, era giunto il momento di ripartire e, aiutandolo a
risollevarsi in piedi – e trattenendolo contro di sé, perché sembrava sul punto
di svenire –, a malincuore Arthur lo informò che, malgrado
le sue condizioni malconce, avrebbero dovuto viaggiare per l’intera giornata e
per gran parte della notte per tornare al più presto a Camelot.
D’altra parte, considerò l’erede al trono guardando le
guance arrossate della sua valletta e il suo sguardo stravolto – la febbre
sembrava salita ancora – prima sarebbero
arrivati a casa, prima Gaius l’avrebbe curata.
Quantunque vi fossero diverse cavalcature disponibili, il
principe non ebbe la benché minima esitazione.
Richiamando l’attenzione di Sir Martin, gli affidò
momentaneamente il sostegno della sua valletta, per il tempo che gli servì a salire
in groppa; poi, con l’aiuto di due cavalieri, che l’avevano issata di peso,
egli se la strinse contro, adagiandola di traverso sul proprio cavallo.
Arthur, pur non indossando l’armatura, sapeva che la
posizione in cui l’aveva costretta non era delle più confortevoli, ma questo le
avrebbe concesso di riposare, lungo il viaggio, senza il pericolo di cadere a
terra.
Incurante della calura estiva che si sarebbe elevata di lì a
poco anche nel sottobosco umido, il nobile si accomodò il mantello,
circondandola con esso, per cercare di comunicarle ulteriore
calore.
Per tutto il viaggio di ritorno, egli le strinse le mani tremanti
sotto la stoffa della coperta.
E Merlin, accoccolatosi contro il suo torace, in quel nido
di rassicurazione e tepore, si era addormentato esausto.
***
L’odore
di lei, la sua pelle familiare.
Finalmente.
Quello era stato il primo, incoerente pensiero quando
l’aveva ritrovata, e poi abbracciata, e aveva sentito tutta la paura, la
stanchezza, l’ansia e l’incertezza scivolare via da sé.
Lei era viva!, aveva
sussultato il suo cuore, e tutto sarebbe
tornato a posto.
Ma vedendola lì, a terra, rannicchiata e ferita, il passato
e il presente si erano sovrapposti, come tutti i ricordi che aveva
di lei, e che – se lo era negato, ma era vero – aveva temuto fossero l’unica
cosa che gli sarebbe rimasta di lei.
Lei, che gli era parsa
fragile come un pulcino; lei, che era testarda come un caprone.
Lei,
e la sua irriverenza sfrontata; lei, e i suoi sorrisi sinceri, gli occhi
vivaci, la lealtà autentica.
Adesso che Linette era in salvo, Arthur sentiva di dover
fare dei bilanci.
Sapeva che era tempo di riporre il senso di colpa per averla
trascinata in quell’incubo, e sperava nel suo perdono – gliel’avrebbe
supplicato, se fosse stato necessario, una volta che lei si fosse ristabilita
del tutto.
Avrebbe fatto tesoro di quell’esperienza tremenda, e del
sollievo che aveva provato riabbracciandola.
E poi avrebbe posto un sigillo sopra a tutta quella faccenda,
perché quegli avvenimenti dolorosi non avrebbero dovuto causare ad alcuno altra
sofferenza.
Benché vi fossero rimasti dei lati oscuri nel fatto – perché
lo avevano attaccato e ferito, ma non ucciso? Perché rapire lei? Per venderla
come schiava? Perché Fenrir si era prodigato a tanto?
– il nobile era disposto a soprassedere su tutto, pur di non cagionarle altro
dolore con scomode domande.
E ora che il peggio sembrava passato, il principe si
concesse anche di ripensare a Merlin, riaprendo la porta della mente dove lo
aveva rinchiuso.
Se lo era imposto,
si era obbligato a non pensare a lui,
alla faccia che avrebbe fatto di fronte ad una terribile, possibile notizia di
un tragico epilogo.
Come avrebbe mai
potuto dirgli che Lin, che lui gli aveva affidato,
era stata vittima di un rapimento e non era sopravvissuta? Con che coraggio gli
avrebbe confessato che non era riuscito a proteggerla?
Per fortuna, quei timori non si erano realizzati; per fortuna, tutto si era risolto.
In quel momento, tutto
ciò che contava era Lin e la
sua salute da ristabilire.
Il principe era certo che il guaritore reale, appena giunti
a casa, avrebbe saputo come sanare la sua allieva.
Eppure il tremore di Linette lo preoccupava, tutto il suo corpo
– addossato contro il proprio – era scosso dai brividi e aveva le mani calde,
quasi bollenti, ma non era un buon segno.
Lei le aveva sempre
gelide, anche in estate, come aveva imparato Arthur, a suo tempo.
Il giovane Pendragon sfiorò
nuovamente con le labbra la tempia pallida dell’ancella, e quasi sussultò, di
sorpresa, avvertendo la pelle rovente.
Quella febbre
improvvisa era alquanto strana, e sicuramente non era imputabile ad un colpo di calore o all’afa di metà agosto.
Purtroppo, però, egli
non era in condizione di fare molto.
Senza ridurre l’andatura, l’erede al trono fece segno a Sir
Martin affinché l’altro si accostasse mentre procedevano, poi si fece bagnare
una pezzuola ricavata da una delle garze che aveva portato preventivamente con
sé e, facendo sì che la testa di lei s’incastrasse
nell’incavo fra la sua spalla e il collo, tenne posata la benda fresca fra
loro, sperando che lei beneficiasse di quel momentaneo refrigerio.
Linette, benché incosciente, mugolò
un verso di sollievo e Arthur seppe di
aver fatto la scelta giusta.
Continua...
Disclaimer:I
personaggi di Merlin, citati in questo racconto, non sono miei; appartengono
agli aventi diritto e, nel fruire di
essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.
Ringraziamenti:
Un abbraccio a Tao, che sopporta i
miei scleri. X3
E alla mia kohai che subisce le
mie paranoie. X°D
Note: Ah, lo so
che vi aspettavate il bacio merthur, e anche Merlin
se lo aspettava!
Sono consapevole di essere stata un po’ cattivella, ma volevo che vi immedesimaste in lui, nella sua speranza prima e nella
sua delusione poi, quando le cose non sono andate esattamente come voleva. Ci sono riuscita?
Premettendo che questo arco narrativo
angst è ben lungi dal concludersi, qui finisce la
prima parte di esso, col salvataggio di Linette.
Forse ho deluso quelli che si aspettavano
una grande battaglia, ma ora vi spiegherò in ordine sparso i perché di questa
mia scelta.
1) Perché in questa fic non volevo
dilungarmi in battaglie, ce ne sarà già una (fondamentale!) fra pochi capitoli
e questa potevo evitarmela, perché non è un genere che ho scelto per Linette.
2) Come ho già scritto nel capitolo, se Arthur e Fenrir si fossero scontrati, il segreto della magia di MerLin sarebbe inevitabilmente esploso. E non è questo il momento in cui avverrà.
3) Forse sembra che le cose si siano
concluse troppo in fretta, in realtà è presto per cantar vittoria (ora
inizia la parte di Arthur-cavalier-servente *O* àlo amerete, fidatevi.)
4) Il cardine di questo capitolo è FINALMENTE il re-incontro
fra Merlin e Arthur, e non volevo dilungarmi oltre.
5) Trovo verosimile che i cattivi, così sicuri di sé,
abbiano abbassato la guardia.
E ho trovato plausibile che,
agendo prima dell’alba, i cavalieri potessero ucciderli, compreso Fenrir, perché nessuno dei banditi si aspettava un
attacco...
Arthur e i cavalieri hanno agito in modo efficace, rapido e
silenzioso.
Per curiosità: Le regole di ingaggio
(Rulesof
Engagement) definiscono, nelle azioni militari e di polizia, quando,
dove e come le forze in campo debbano essere utilizzate. Possono
essere generiche o specifiche, e ciascuna organizzazione
le adatta alla propria cultura.
Le regole consistono nelle direttive emanate dalla autorità militare che delinea le circostanze e limiti
in cui le forze operative iniziano ed effettuano scontri con forze nemiche.
Quattro elementi che caratterizzano le Regole di Ingaggio:
1 Quando lo scontro deve essere effettuato.
2 Dove lo scontro deve essere effettuato.
3 Contro chi, secondo le
circostante sopra delineate, deve essere compiuto lo scontro.
4 Come le unità operative devono essere utilizzate al fine
di ottenere lo scopo desiderato.
La scelta di non fare
prigionieri sottende all’obbligo di uccidere tutti i nemici.
Precisazioni al
capitolo precedente e domande varie: (a random)
- Sì, Ardof è (era?) veramente
pazzo: la sete di vendetta lo ha fatto uscire di
senno.
- Concordo con quelli che hanno detto, vedendo la fine di Ardof, che in fondo a Merlin poteva capitare ben di peggio
che trasformarsi in donna: sarebbe potuto morire anche lui. Ç_ç
- E’ un discorso un po’ strano, ma è vero: in un certo
senso, dovremmo ringraziare Ardof per averci dato
Linette! XD
- Ardof è morto, ma sì, c’è ancora
taaanto da raccontare!
- Purtroppo Merlin non può dire al principe che Linette è
lui, o l’incanto non si romperà!
- Purtroppo sì, la piazza pulita di Uther
la chiamano “La Grande
Purga o La Grande
Epurazione” (non offre una bella
immagine mentale, lo so. U_U)
- Ok, Merlin è rimasto male per la morte di Ardof (ha le sue ragioni, poverino), ma sinceramente non mi
aspettavo che anche a voi dispiacesse la morte di un cattivo! XD
E per Fenrir, adesso, che mi
direte? *fugge a nascondersi*
- Sto meditando di riesumare Fenrir
per qualche shot da mettere nella raccolta-seguito, visto che sembra esservi piaciuto così tanto (ely si è giocata il cattivo furbo, addio possibilità per
ora). Che ne dite?
Vi metto BEN tre anticipazioni
del prossimo capitolo:
Tuttavia, (sebbene avessero tutti giurato fedeltà al re),
nello stesso modo in cui non si erano pentiti di aver aiutato Arthur a salvare
un’innocente destinata a morire, ugualmente non si sarebbero scandalizzati che
il guaritore reale avesse complottato contro – o, quantomeno, non avesse
favorito – la salute di Sua Maestà.
Essendoci dietro lo
zampino di Morgana, il sovrano poteva considerarsi fortunato cavandosela con un
misero mal di pancia.
(...)
Per molto tempo,
quelli sarebbe stati ricordati come i giorni più bui
di Linette.
Mentre i servi del maniero e la gente umile di Camelot si rallegravano del suo
ritrovamento, senza sapere nulla delle sue reali condizioni, il mago lottava
fra la vita e la morte. E la seconda
sembrava prevalere.
(...)
A nulla erano valse le persuasioni del cerusico, né le sue preghiere
affinché l’erede al trono riposasse almeno un po’.
“Dormirò quando Linette si sarà ripresa.
Ora il mio posto è qui.” Andava
ripetendo il principe, ogni volta che Gaius lo implorava di lasciarsi
sostituire per un po’.
“Non è colpa vostra, Sire.” Ribadiva
allora il vecchio, offrendogli almeno un ricostituente che alleviasse la fatica
delle notti passate insonni.
Arthur lo accettava di buon grado, ma era tutto quello su
cui era disposto a cedere.
Infine vi invito a leggere e a
commentare, se vi va, l’ultimo progetto che ho postato: “Aithusa
[OurEgg, OurMascot]”capitolo 4°.
Campagna di Promozione Sociale -
Messaggio No Profit:
Dona l’8‰
del tuo tempo alla causa pro recensioni.
Farai felici milioni di scrittori.
(Chiunque voglia
aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio
crede) Come sempre, sono graditi commenti,
consigli e critiche.
SPOILER FREE: Ormai la quarta serie non è più spoiler, ad ogni modo
ricordo che questa storia NON contiene/conterrà alcuno spoiler di essa e della
quinta stagione; eventuali coincidenze con esse sono appunto casuali
coincidenze
SPOILER FREE: Ormai la quarta serie non è più spoiler, ad ogni modo ricordo
che questa storia NON contiene/conterrà alcuno spoiler di essa e della quinta
stagione; eventuali
coincidenze con esse sono appunto casuali
coincidenze.
Questo capitolo è il
seguito diretto del precedente. Cronologicamente siamo al 13 agosto, all’alba e
l’intero giorno (4° giorno del rapimento, ritorno a Camelot e fine della punizione di Arthur - 7° mese
dall’arrivo di Linette a Camelot).
Riassunto generale: Merlin
è abituato a salvare la vita all’Asino Reale senza che questi se ne accorga, ma
stavolta non tutto va per il verso giusto. Colpito dall’incantesimo del
malvagio Ardof, il nostro mago farà i conti con una
sconvolgente novità: egli si risveglia trasformato in una donna.
Solo Gaius conosce il suo segreto e, finché non troverà il modo di tornare
normale, dovrà inventarsi delle scuse plausibili e prendere
il posto di se stesso al servizio del principe. Come riuscirà a conciliare
questa ‘nuova situazione’? Come si evolverà il suo rapporto con Arthur?
Riassunto delle
ultime puntate: Il malvagio stregone Ardof è
morto, ma la sua maledizione non si è sciolta.Merlin, rapito dal crudele Fenrir, viene finalmente ritrovato da Arthur, liberato e ricondotto
a Camelot. Anche il periodo di punizione del principe
ha fine, ma questa spiacevole disavventura sembra
tutt’altro che conclusa, poiché una febbre magica porta la povera Linette fra
la vita e la morte…
Dedico l’aggiornamento a chi ha
recensito il precedente capitolo, dando un benvenuto particolare a chi ha fatto
una maratona dei 64: ammiro il vostro coraggio, e grazie
della fiducia! E’ davvero una cosa preziosa per me!
E a quanti commenteranno (SE vi
va di recensire anche dei capitoli più indietro di questo, il vostro parere non
andrà perduto!).
Ai vecchi e ai nuovi lettori.
Grazie.
TheHe in theShe
(l’Essenza dentro l’Apparenza)
Capitolo LXV
Era quasi l’alba, quando le mura
esterne di Camelot si profilarono all’orizzonte.
I cavalieri avevano cavalcato senza sosta per un giorno e
una notte interi, incuranti della fatica e del sonno, e Linette non si era mai
ripresa.
Pur nell’incoscienza, il principe le aveva fatto bere dei piccoli
sorsi d’acqua e aveva cercato di tenere a freno la temperatura elevata, inumidendo
frequentemente la sua fronte e i polsi, senza tuttavia ottenere benefici
rimarchevoli.
Fu quindi con sollievo, che egli accolse il familiare
panorama e la competenza medica che Gaius avrebbe offerto alla sua valletta.
Dopo aver chiesto un ultimo sforzo al suo cavallo
schiumante, a malincuore l’erede arrestò la propria cavalcatura nell’esatto
punto in cui si era ricongiunto con i suoi uomini, quattro giorni addietro,
fuori dalla portata delle guardie di ronda.
Lungo la via del ritorno, egli aveva già stabilito come
procedere con i suoi sottoposti e Sir Leon, affiancandolo, si preparò ad
accogliere la fanciulla addormentata al suo posto,
mentre Martin e Duncan erano scesi per aiutarli nel cambio.
Arthur non avrebbe potuto presentarsi ai cancelli con loro,
non senza scatenare un putiferio, facendoli smascherare e innescando l’ira del
re – ammesso che Morgana fosse stata così brava da regger loro il gioco per tre
giorni e le sentinelle non li stessero già aspettando al varco per condurli
nelle segrete.
Per questa ragione, seppur controvoglia, il principe stabilì che la priorità andava a Linette, che doveva esser
trasportata al più presto dal medico di corte.
Egli, invece, sarebbe sgattaiolato dentro al
palazzo nello stesso modo in cui ne era uscito; poi, rimanendo nascosto
in una nicchia del corridoio presso le proprie stanze, avrebbe atteso che si
mettesse in atto il diversivo ideato per distrarre i soldati di picchetto davanti
alla sua porta e, al momento opportuno, egli sarebbe rientrato negli
appartamenti a lui destinati, fingendo di non esser mai uscito da lì.
Accantonando ancora una volta la stanchezza – che lo
reclamava per sé da almeno due giorni – e lasciando loro in custodia anche il
proprio cavallo sfiancato, che aveva ringraziato con un affettuosa
carezza sul muso, Arthur si congedò con un cenno del capo.
***
Sir Duncan strepitò a gran voce, per richiamare l’attenzione
delle sentinelle che controllavano la porta ad Est. Le
pesanti inferriate non erano ancora state sollevate, poiché generalmente i
primi contadini, che si recavano al mercato per vendere gli umili prodotti dei
loro campi, non arrivavano mai a Camelot
prima del sorgere del sole.
“Chi va là?” urlò uno dei soldati, in
risposta e, appena si furono identificati, vennero celermente lasciati entrare
nella cerchia esterna delle mura.
I tre cavalieri proseguirono fino alla cittadella, dove, una
volta giunti nella piazza antistante il palazzo,
lasciarono in consegna tutte le bestie, raccomandando ai solerti stallieri
apparsi incontro che fossero dedicate loro le massime cure.
Benché la città si stesse risvegliando solo in quel momento,
il trambusto non era passato inosservato e parecchi curiosi – alcuni servi,
sguattere e bottegai – si erano fermati a vedere quell’inconsueto arrivo.
La valletta del
principe era stata ritrovata – per pura casualità – miracolosamente viva.
La voce si sparse di bocca in bocca e, in meno di una
veglia, sarebbe diventata la novità della giornata.
Tuttavia, col senno di
poi, quei pettegoli avevano fatto a Merlin un inconsapevole favore.
Nello stesso momento in cui Leon e Martin trasportavano di
peso il corpo di Linette verso la casa del medico di corte,
dalle scuderie alle cucine, il bisbiglio riportava già quel medesimo fatto.
E quando, contemporaneamente, Sir Duncan si era recato nelle
cucine a prendere del vino per festeggiare col principe la lieta novella, alle serve
non era parso quasi vero di poter avere conferme di prima mano, e furono ben
liete di servirlo, donandogli una caraffa del miglior vino e numerosi calici.
***
Quando la porta del suo laboratorio venne
spalancata senza convenevoli e Martin e Leon fecero il loro trafelato ingresso,
tenendo fra le braccia colui che egli amava come un figlio, Gaius sobbalzò
vistosamente per la sorpresa e fece cadere l’ampolla che teneva in mano,
frantumandola in mille pezzi.
Il suo vecchio cuore sussultò di gioia e indescrivibile
riconoscenza, nell’accoglierli. Tuttavia non perse tempo, indicando loro una
branda dove deporre Merlin.
Fu con mani tremanti che accarezzò il viso del suo ragazzo, ma
l’istante successivo aveva già ripreso il suo sangue freddo e, con cipiglio
clinico, stava valutando le ferite sul volto e l’espressione sofferente della fanciulla davanti a lui.
“Ha la febbre alta.” S’era sentito
in dovere di spiegare Sir Martin.
“Quando l’abbiamo trovata era
cosciente, ma stremata. Ha bevuto solo pochi sorsi d’acqua, però non ha voluto
mangiare.” Aveva continuato Leon, aggiungendo particolari. “Il principe ha
detto che…” di colpo si arrestò, tentennando a disagio, rendendosi contro
troppo tardi di aver parlato più del dovuto.
“So che è venuto con voi, me l’ha detto Morgana chiedendomi aiuto
per coprire la sua fuga.” Lo rassicurò l’anziano medico, senza darsi pena di
staccare gli occhi da Merlin.
Leon si lasciò sfuggire un sospiro
di sollievo che ebbe vita breve; subito dopo, l’angustia lo colse nuovamente.
“Sembra avere solo ferite superficiali, ma… ma è bene che la
visitiate.” Gli consigliò, benché fosse un suggerimento superfluo.
Il vecchio guaritore annuì grave, tastando la fronte madida
di sudore e poi il polso magro di Linette, per controllare lo scorrere del
sangue e il suo sguardo si indurì, vedendo i lividi
rimasti, segno della prigionia.
“Vi ringrazio di cuore, Miei Signori, per tutte le vostre
premure; ma ora vi supplico di lasciarci soli, di modo che io possa controllare
il suo stato e medicare le sue ferite.”
“Sì, e noi dobbiamo predisporre il rientro del principe…” i
due annuirono, avviandosi all’uscio. “Potremo tornare più tardi, con lui, per
farle visita?”
Gaius fece un sorriso incoraggiante.
“Certamente.” Confermò, mettendoli successivamente
a conoscenza di una cosa che lui riteneva dovessero sapere. “Re Uther è stato colto da una leggera, masgradevole, indisposizione intestinale e i miei rimedi si sono dimostrati alquanto inefficaci; gli ho
consigliato riposo, non credo vi intralcerà.”
Data la delicatezza della questione, i cavalieri di Camelot ebbero il buongusto di non
commentare, benché condividessero entrambi un doppio pensiero comune: se ci fosse stato anche Duncan,
difficilmente la notizia sarebbe stata accolta in maniera altrettanto matura.
Tuttavia, (sebbene avessero tutti giurato fedeltà al re), nello
stesso modo in cui non si erano pentiti di aver aiutato Arthur a salvare un’innocente
destinata a morire, ugualmente non si sarebbero scandalizzati che il guaritore reale
avesse complottato contro – o, quantomeno, non avesse favorito – la salute di Sua
Maestà.
Essendoci dietro lo
zampino di Morgana, il sovrano poteva considerarsi fortunato cavandosela con un
misero mal di pancia.
“Quasi dimenticavo! Ci serve un po’ del sonnifero che usate per curare l’insonnia di
Lady Morgana…” rammentò Martin, rievocando mentalmente le malefatte della
castellana, ritornando sui propri passi.
Una volta ottenuto un flaconcino, si congedarono da lì, per
ricongiungersi con Duncan e sistemare l’ultima faccenda.
***
Lo recuperarono ad un bivio
dell’intrico di corridoi e, come convenuto – non senza un lieve borbottio della
loro coscienza, ma in fondo, era a fin di
bene – versarono nella caraffa il contenuto dell’intera boccetta.
Successivamente, i tre si avviarono
verso gli appartamenti dell’erede al trono, dove trovarono due reclute in sorveglianza,
che subito scattarono sull’attenti, vedendo i tre superiori e Sir Leon, in
particolare, che era il Comandante sostituto del principe.
“A riposo, soldati!” ordinò loro il
nobile, con tono fin troppo gioviale. “Non avete udito la lieta novella?”
domandò retorico, mentre i due sottoposti non osavano esprimergli la propria
perplessità.
“Abbiamo ritrovato la valletta del principe!” esclamò Leon, con
esagerata festosità, dimostrandosi un po’ brillo. “Siamo venuti a
comunicarglielo di persona e a festeggiare!” precisò, indicando Duncan e il
vassoio ricolmo di calici e facendo poi l’occhiolino con complicità.
“Signore!” si allarmò uno dei due
soldati di picchetto. “Sua Maestà non vuol essere disturbato! Ieri sera, ha
persino cacciato Lady Morgana dalla sua stanza e…”
“Oh, non temete! Il nostro principe gioirà di questa
notizia!”
“Ma il re… il re lo ha confinato…”
balbettò l’altra sentinella, incerta.
“I tre giorni stabiliti sono trascorsi!” li incalzò Martin,
dando man forte a Leon. “Questa è l’alba del quarto giorno!”
“E tutta Camelot
deve festeggiare il ritorno di Linette!” esclamò Duncan, con enfasi,
ondeggiando un po’. “Ecco, tenete! Brindate anche voi!” li
incitò, versando il vino in due coppe.
“Però noi… noi non potremmo…”
obiettò a malincuore uno dei soldati, diviso a metà tra il desiderio di
compiacere un superiore e il divieto di bere mentre era di guardia.
“E’ un ordine, soldato!” tuonò Leon, perdendo di colpo
l’aria gioviale, e i due sottoposti, all’istante, ingoiarono il contenuto del
calice tutto d’un fiato e Duncan, per scrupolo, ne
offrì loro un secondo giro.
“Non è forse un ottimo vino?” considerò Martin, interrogando
il più basso delle due sentinelle.
“Oh, sì. E’ buonis-”
il giovane non fece neppure a tempo a concludere la
frase che, assieme al suo sfortunato compagno, aveva perso i sensi e, se non
fosse stato per i riflessi pronti dei cavalieri, sarebbero crollati a terra
come sacchi di farina vuoti.
“Dormiranno per un po’.” Valutò Leon, mentre il principe
compariva dietro di loro e armeggiava sulla propria porta per aprirla e entrare.
“La prossima volta, invece che la spada, dovrebbero
sequestrarmi il mazzo di chiavi!” ironizzò, facendo scattare la serratura con
un ghigno.
“Speriamo che non ci sia ‘una
prossima volta’, Maestà!” lo punzecchiò
Sir Duncan, seguendolo all’interno, col preciso intento di aiutarlo a cambiarsi
celermente gli abiti e a darsi una ripulita, casomai giungesse l’ordine
ufficiale del suo rilascio da parte del re, mentre Sir Leon controllava la
situazione per avvisarli di eventuali arrivi.
“Leon, ricordami di non invitarti mai alla taverna.” Lo stuzzicò
invece Martin, dandogli una pacca sulla spalla e contemporaneamente indicando con
un gesto vago – tra lo scandalizzato, l’ammirato e il divertito – i due sfortunati
giovani addormentati. “Sai essere alquanto
persuasivo!”
Il cavaliere ridacchiò con lui ma, intanto che parlavano, un
urlo scandalizzato dell’erede al trono si elevò dagli appartamenti reali, tanto
che i due socchiusero l’uscio per sbirciare cosa fosse avvenuto.
“Ma è passata un’orda di Barbari qua dentro?!” aveva ululato il giovane Pendragon
contro un innocente Duncan, dopo aver visto il letto sfatto, varie cibarie
dimenticate, diversi gomitoli di lana e ricami incompleti, e ancora candele
profumate dalle disgustose essenze dolciastre, tutto in un disordine generale.
Era evidente che la
protetta del re aveva bivaccato senza complimenti nella stanza del
fratellastro.
“Milady deve aver messo a soqquadro anche il vostro armadio,
Maestà!” gli riferì il povero Sir Duncan, da dietro il paravento – dove si era
recato per scegliere degli abiti puliti da fargli indossare –, annuendo alla
volta del guardaroba che versava in uno stato di pietosa confusione.
Arthur, una volta raggiuntolo, si era limitato ad una smorfia contrariata, senza aprir bocca.
E Duncan ebbe il forte
sospetto che no, quella non fosse opera della castellana.
“Beh, ehm…” tossicchiò il cavaliere, per trarsi d’impaccio.
“Infilate questi indumenti!” gli suggerì, agguantando il primo paio di capi a
caso nel marasma di tessuti. “Io vi attenderò fuori, per continuare il piano!”
gli ricordò, facendo la guardia alle guardie addormentate.
E Leon, come avevano concordato, chiese udienza al re (benché
egli fosse sofferente e l’alba fosse passata da poco),
per informarlo del rientro e del miracoloso ritrovamento, e Martin intanto andò
ad avvisare Lady Morgana del loro ritorno, per non allungare l’attesa della sua
pena.
Mentre si recava nella zona riservata alla protetta del
sovrano, egli passò davanti alla camera di Lady Theresa e il suo cuore – che mai aveva smesso di pensarla, pur nella
stanchezza, pur nella preoccupazione – gli sussurrò di entrare da lei e
riabbracciarla, contro ogni logica di pudore e buonsenso.
Ma egli era un uomo d’onore e non
avrebbe sfidato oltre la sua buona stella. E
se la sua ancella avesse fatto la spia al futuro suocero?
Pur tentennando, Martin non osò addentrarsi e corse,
piuttosto, a destare la castellana, affidando a lei, per bocca della fidata Gwen, il delicato compito di rivelare alla sua promessa
sposa che egli era rincasato sano e salvo.
***
Nessuno, tranne i diretti interessati, avrebbe mai saputo
dire con precisione quando la punizione del principe ebbe fine.
Al castello, giravano voci contrastanti su chi lo avesse
liberato dalla sua stanza.
Alcuni sostenevano che fossero stati i cavalieri stessi di
propria iniziativa, a ritorno dalla missione; altri che le guardie di
picchetto, gioendo della buona notizia della ritrovata valletta reale, a cui erano affezionati, si fossero premurati di permettere
all’erede al trono di vederla.
Altri ancora dicevano che, seppur
indisposto, il re avesse concesso al figlio libera uscita fin dall’alba, appena
avuta notizia del ritrovamento, per farsi perdonare il brusco modo con cui
l’aveva punito in un eccesso d’ira.
Qualcuno giurava di aver visto la figura di un uomo, che
assomigliava incredibilmente al giovane Pendragon,
gironzolare per il maniero molto prima che albeggiasse, ma non fu creduto.
Tutte quelle chiacchiere erano giunte, chissà come, persino
alle orecchie del sovrano, ma ebbero l’unico effetto di procurargli un accesso
di gastrite, in aggiunta al protratto imbarazzo intestinale.
Dopo aver avuto un veloce ragguaglio da Sir Leon sul
miracoloso salvataggio della valletta del figlio – e soprattutto della fortuita
morte del temibile bandito Fenrir, il Lupo –, il
monarca aveva ringraziato il cavaliere per i servigi resi alla Corona: più per
aver debellato la minaccia di quella pericolosa banda di briganti (sulla cui testa
pendeva da anni un’ingente taglia), che per aver salvato quella Linette…
Leon aveva a lungo insistito che l’essersi imbattuti in
quella feccia accampata nel bosco fosse stato un caso fortuito e non una
ricerca – probabilmente la fanciulla era stata rapita per essere venduta come schiava
chissà dove, aveva ipotizzato il nobile –, ma il re non ne era parso del
tutto convinto.
Tuttavia, Uther aveva deciso di
archiviare la faccenda, soprassedendo sui particolari minori, per non innescare
altre polemiche.
Prima avesse chiuso la questione e prima si sarebbe
dimenticato della sfuriata di Morgana, dell’avventatezza di Arthur e delle
malelingue sibilanti alle sue spalle, per le decisioni da lui prese.
Lui era il re,
dannazione!, e non avrebbe dovuto render conto a
nessuno!
Eppure… eppure un incidente banale come quello avrebbe
potuto innescare il malcontento del popolo.
Quell’insignificante ragazza, per il suo ruolo di valletta
reale e perché era l’assistente di Gaius, era molto conosciuta a Camelot e benvoluta da tutti…
sarebbe stato saggio lasciar gioire la sua gente di quel ritrovamento ed
elogiare il coraggio dei suoi cavalieri per averla tratta in salvo. Sì, avrebbe usato la cosa a proprio
vantaggio, decise Uther, sorseggiando un po’ di
decotto che avrebbe dovuto placare gli spasmi del suo addome malconcio.
***
Per molto tempo, quelli
sarebbe stati ricordati come i giorni più bui di
Linette.
Mentre i servi del maniero e la gente umile di Camelot si rallegravano del suo
ritrovamento, senza sapere nulla delle sue reali condizioni, il mago lottava
fra la vita e la morte. E la seconda
sembrava prevalere.
Quando Merlin era arrivato al castello, Gaius l’aveva
visitato scrupolosamente, ma – ad esclusione dell’elevata
temperatura e dei pochi lividi superficiali – fisicamente stava bene.
Ben presto, tuttavia, il medico di corte aveva capito che
qualcosa non andava nel suo allievo.
Le sue veglie scorrevano delirando per quel febbrone che
aveva preso possesso del suo corpo; a nulla erano valsi i rimedi del vecchio cerusico,
nessuna pozione o impacco sortiva il risultato sperato.
La cosa peggiore era che l’unico che potesse aiutare
l’archiatra a capire cose avesse e a guarirlo era
proprio lui. Solo lui.
Se Merlin gli avesse rivelato cos’era
successo, forse Gaius avrebbe potuto combattere il male che lo corrodeva da
dentro, ma il giovane stregone rimaneva invariabilmente incosciente e
febbricitante.
La sola conclusione a cui era giunto il guaritore reale era che lo spettro della
magia aleggiava sul fatto.
Nessuna febbre normale,
per quanto potente, rimaneva immune alle sue cure, come invece stava
succedendo.
Ma questo non lo confortava affatto.
Arthur, dal canto suo, appena era uscito dai propri
appartamenti – vestito con quello che Duncan gli aveva lanciato addosso – si
era precipitato lì, senza neppure fare colazione, in attesa del responso del medico di corte, che però non aveva detto
niente di buono.
Il principe aveva raccontato minuziosamente tutto ciò che
sapeva, tutto quello che aveva visto e desunto dal momento in cui l’aveva
liberata in quella tenda lercia, ma il suo resoconto era servito a ben poco per
formulare una diagnosi.
E, da che Linette era stata trasportata da lui stesso – per poter riposare meglio – dalla brandina al letto, nella sua
misera stanzina, Arthur non si era più mosso dalla casa di Gaius.
Egli si era fermamente convinto di dover restare al
capezzale della sua valletta, con l’intenzione di sincerarsi della sua
condizione in tempo reale fino a che non si fosse destata.
Quello era l’unico modo per tacitare i suoi sensi di colpa, poiché
il nobile si sentiva responsabile di tutto quello: se quella dannata mattina di pioggia non avesse dato retta al suo
capriccio di caccia e fosse rimasto a Camelot,
Linette non si sarebbe ridotta in quello stato pietoso.
A nulla erano valse le persuasioni del cerusico, né le sue
preghiere affinché l’erede al trono riposasse almeno un po’.
“Dormirò quando Lin
si sarà ripresa. Ora il mio posto
è qui.” Andava ripetendo il principe, ogni volta che Gaius lo implorava di
lasciarsi sostituire per un po’.
“Non è colpa vostra, Sire.” Ribadiva
allora il vecchio, offrendogli almeno un ricostituente che alleviasse la fatica
delle notti passate insonni.
Arthur lo accettava di buon grado, ma era tutto quello su
cui era disposto a cedere.
Continua...
Disclaimer:I
personaggi di Merlin, citati in questo racconto, non sono miei; appartengono
agli aventi diritto e, nel fruire di
essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.
Ringraziamenti:
Un abbraccio a Tao, che sopporta i
miei scleri. X3
E alla mia kohai che subisce le
mie paranoie. X°D
Note: Solo Gaius
e Morgana potrebbero avvelenare Uther impunemente,
visto che (come sappiamo dal telefilm) c’è un assaggiatore reale che fa da
cavia per il re.
Immaginate i sintomi di Uther come
quelli di una influenza gastrointestinale, ecco. XD
Il disordine generale nell’armadio del principe è colpa di MerLin, per questo Arthur non
commenta la battuta di Duncan. XD
Ho una considerazione estemporanea da fare, che si rifà all’episodio
5x03, quindi spoiler e per leggerlo dovete evidenziare
la riga seguente: la puntata inizia con Arthur e
Merlin, a caccia, che sentono l’urlo spaventoso della vecchia… beh, è
praticamente la stessa scena che avevo immaginato io, al tempo in cui descrissi
l’arco narrativo di Suzanne e la nascita della piccola Arlin.
XD
Precisazioni al
capitolo precedente e domande varie: (a random)
- Spero di aver soddisfatto chi mi aveva chiesto un pezzetto
di storia con il trio dei cavalieri come protagonisti; per chi mi chiedeva
Morgana, invece, troverà soddisfazione nel prossimo capitolo.
- Anche Uther dirà la sua riguardo questa parentesi.
- Beh, Fenrir era sotto
incantesimo di Ardof, sì; ma era cattivo e crudele di
suo, incantesimo o meno.
- Sono contenta che il ricongiungimento fra Merlin e Arthur
vi sia piaciuto tanto. *_*
E non temete: a tempo debito avrete non solo scintille, ma
anche fuochi ed esplosioni! XD
- Mi hanno piacevolmente sorpresa,
invece, quelli fra voi che hanno preferito l’innocente bacio sulla fronte ad un
bacio vero. Non me lo aspettavo, giuro! (Ero pronta a
ricevere solo pomodori per questa mia scelta, ma resterò coerente con la mia
idea originaria fino alla fine XD).
- Merlin è sempre presente nella mente del principe, anche
se l’idiota reale non ne parla.
- E’ vero che Merlin, quando fu trasformato in donna, ebbe
la febbre magica, ma qui è una febbre diversa...
- Merlin, poverino, in questi momenti non è decisamente in sé. XD
- No, Merlin non tornerà uomo presto. Mancano molti capitoli – dei fatti fondamentali – che devono accadere prima di ciò. Direi
quasi che il meglio deve ancora arrivare (nuovi cattivi, nuovi
problemi, nuovi alleati e nuove situazioni imbarazzanti... ho cercato anche di
accontentare, il più possibile, le vostre richieste, quando sono compatibili
con la mia trama).
Ma lo farà e sì, ovvio che Arthur
lo amerà anche come uomo, ci mancherebbe altro! In fin dei conti, Arthur è
innamorato di Linette perché vede in lei ciò che ama del suo servo idiota, e il
fatto che lei sia una donna, gli facilita la vita. Ma
arriveremo al nodo cruciale. (Se avrete la pazienza di seguirmi).
Come in passato, ringrazio AsfodeloSpirito17662 per avermi segnalato alcune immagini di come
lei immagina sia Linette.
Nella mia testa è
diversa da così, però concordo con lei sulle ‘orecchie importanti’. XD
Vi metto BEN QUATTRO anticipazioni
del prossimo capitolo:
“Ora basta!” sbottò quindi il giovane Pendragon,
sollevandosi dallo sgabello su cui sedeva, agguantando la sorellastra per gli
avambracci. “Fuori di qui!”
“Oh, bene, bene! Mandami
via!” lo pungolò la protetta del re, opponendo una finta resistenza sotto lo
sguardo attonito di Gwen e Gaius. “Provaci!” lo sfidò.
Al che Arthur, senza tanti complimenti, se la caricò in
spalla come un sacco di farina e la trasportò fuori dal laboratorio, fin nel
corridoio che conduceva al resto del palazzo.
“Così forse la smetterai di starnazzare, stupida oca!” aveva ruggito contro il
vestito di seta, senza vedere il sorriso di vittoria che si allargava sul viso
della giovane principessa.
(...)
“Vi ha mentito per non farvi preoccupare.” Gli spiegò
Arthur, sfogando l’amarezza e la paura che covava dentro. “Invece questa febbre
sconosciuta la sta consumando. Gaius afferma che, in vita sua, non ha mai
veduto nulla di simile. Non sa che fare.”
“Volete dire che-”
“Sì, forse non l’abbiamo salvata. Forse siamo arrivati troppo tardi.”
(...)
Il giovane Pendragon si concesse
il tempo di fasciare la cute rovinata con dedizione, nelle braccia e nelle
gambe, facendo poi ricadere i lembi della camicia da notte di Linette.
Egli s’attardò a lungo sulla ferita
alla tempia, e ancor più su quel labbro martoriato.
Accarezzarle la bocca
era una sensazione strana, dentro allo stomaco,
qualcosa che non sapeva definire.
Il suo indice aveva
indugiato un po’ troppo, fra quelle pieghe di pelle, ad ascoltare il suo respiro
uscire piano, segno che era viva, segno che era ancora
con lui.
(...)
“Non puoi abbandonarmi anche tu. Lo
sai, vero?” le aveva sussurrato, con la voce incrinata, trattenendo fra le
proprie mani le dita esili di lei. “Te lo ordino!”
aveva ingiunto, roco, grattando il fondo della gola. “Lo so che non mi ascolti
mai, ma te lo ordino ugualmente…”
aveva precisato, posandosi il palmo caldo di Linette contro una guancia e poi
contro le labbra socchiuse.
Non aveva importanza
che, più che un comando, la sua sembrasse una supplica.
Non posso offrire ora la data del prossimo aggiornamento, ma posso dirvi
che (per farmi perdonare l’attesa), da questo in poi i capitoli saranno sempre
più lunghi del solito.
Campagna di Promozione Sociale -
Messaggio No Profit:
Dona l’8‰
del tuo tempo alla causa pro recensioni.
Farai felici milioni di scrittori.
(Chiunque voglia
aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio
crede) Come sempre, sono graditi commenti,
consigli e critiche.
Non sono sparita da EFP.
Purtroppo, nelle ultime settimane ho dovuto superare: un lutto improvviso in
famiglia, il Boss che mi ha quintuplicato il lavoro, la perdita di un capitolo
scritto di Linette (che mi ha psicologicamente ucciso) e la dolorosissima notizia
che la quinta serie di Merlin è l’ultima e per molti giorni non ho avuto né il
tempo né la forza di avvicinarmi a questa fic.
Mi dispiace, non sono qui a lamentarmi, ma solo per
farvi capire che non ci godo a tenervi sulle spine e, credetemi, leggendo i
vostri commenti sono fatta forza e anche oggi, pur stanchissima,
ho preparato finalmente l’aggiornamento.
SPOILER FREE: Ormai la quarta serie non è più spoiler, ad ogni modo ricordo
che questa storia NON contiene/conterrà alcuno spoiler di essa e della quinta
stagione; eventuali
coincidenze con esse sono appunto casuali
coincidenze.Lo ribadisco perché ho trovato
queste coincidenze nei capitoli che ho già in bozza, come accadrà, per esempio,
nel prossimo.
Questo capitolo è il
seguito diretto del precedente. Cronologicamente siamo al 13-14 agosto (7° mese
dall’arrivo di Linette a Camelot)
ed è il più lungo, in assoluto, postato finora.
Riassunto generale: Merlin
è abituato a salvare la vita all’Asino Reale senza che questi se ne accorga, ma
stavolta non tutto va per il verso giusto. Colpito dall’incantesimo del
malvagio Ardof, il nostro mago farà i conti con una
sconvolgente novità: egli si risveglia trasformato in una donna.
Solo Gaius conosce il suo segreto e, finché non troverà il modo di tornare normale,
dovrà inventarsi delle scuse plausibili e prendere il
posto di se stesso al servizio del principe. Come riuscirà a conciliare questa
‘nuova situazione’? Come si evolverà il suo rapporto con Arthur?
Riassunto delle
ultime puntate: Il malvagio stregone Ardof è
morto, ma la sua maledizione non si è sciolta.Merlin, rapito dal crudele Fenrir, viene finalmente ritrovato da Arthur, liberato e ricondotto
a Camelot. Anche il periodo di punizione del principe
ha fine, ma questa spiacevole disavventura sembra
tutt’altro che conclusa, poiché una febbre magica porta la povera Linette fra
la vita e la morte…
Dedico l’aggiornamento a chi ha
recensito il precedente capitolo.
E a quanti commenteranno (SE vi
va di recensire anche dei capitoli più indietro di questo, il vostro parere non
andrà perduto!).
Ai vecchi e ai nuovi lettori.
Grazie.
TheHe in theShe
(l’Essenza dentro l’Apparenza)
Capitolo LXVI
Gli unici momenti in cui il giovane Pendragon
si era assentato dal capezzale di Linette erano stati
due: un brevissimo colloquio col padre a mezzodì, dal quale egli era tornato
con un’espressione indecifrabile e l’anziano medico non aveva osato chiedere
nulla in proposito; e, precedentemente, un diverbio con la sorellastra, che era
accorsa per avere notizie non appena Gwen l’aveva
resa presentabile.
In quell’occasione, Guinevere si era
gentilmente offerta di fare delle spugnature all’amica e di cambiarle d’abito e
persino Lady Morgana, sinceramente felice per il ritrovamento, si era poi
impensierita per lo stato grave in cui versava l’ancella.
Con autentica sollecitudine, ella
aveva sgridato il fratellastro, ordinandogli di
rendersi quantomeno decorosamente accettabile,
con un buon bagno e una sana dormita, rammentandogli che la sua semplice
presenza lì non avrebbe certo favorito la ripresa della sua serva.
Ovviamente, per fare questo, la castellana aveva usato parole
pesanti e insulti gratuiti, ma lo conosceva bene e sapeva che a lui servivano
punzecchiamenti all’amor proprio e argomentazioni
forti.
“Puzzi così tanto che la faresti
svenire nuovamente!” fu l’urlo che risuonò all’interno del laboratorio del
guaritore.
“Morgana, abbassa la voce!” le aveva intimato il principe,
seccato per l’insinuazione e ancor più per la mancanza di rispetto verso
l’ammalata.
“Le stai infettando l’aria col tuo odoraccio! E’ malsana!”
Arthur aveva spalancato la bocca, indignato.
“Come osi?!”
“Ti si vede il fango secco fra i capelli, fin da qui!” tirò ad indovinare ella, muovendo una mano a mezz’aria verso la
testa dell’erede al trono. “E quella barba di tre giorni? Sembri
un prigioniero bistrattato!”
“Morgana!” sibilò
egli, in risposta, come ultimo avvertimento.
“E poi hai due occhiaie che la spaventeresti!” rincarò la
nobildonna, immune allo sguardo irato del principe. “Se non vuoi renderti
decente per te stesso, fallo per chi ti sta attorno!” esclamò, a gran voce.
“Ora basta!” sbottò quindi il giovane Pendragon,
sollevandosi dallo sgabello su cui sedeva, agguantando la sorellastra per gli
avambracci. “Fuori di qui!”
“Oh, bene, bene! Mandami
via!” lo pungolò la protetta del re, opponendo una finta resistenza sotto lo
sguardo attonito di Gwen e Gaius. “Provaci!” lo sfidò.
Al che Arthur, senza tanti complimenti, se la caricò in
spalla come un sacco di farina e la trasportò fuori dal laboratorio, fin nel
corridoio che conduceva al resto del palazzo.
“Così forse la smetterai di starnazzare, stupida oca!” aveva ruggito contro il
vestito di seta, senza vedere il sorriso di vittoria che si allargava sul viso
della giovane principessa.
Fu troppo tardi, quand’egli sentì
la porta di casa sprangarsi dietro di loro e si accorse di esser rimasto chiuso
fuori con lei.
“Ehi!” sbottò allora, rivolto al legno tarlato.
Un contrito “Perdonate, Maestà”
fu tutto ciò che ottenne da quel complotto a suo danno.
“Seguimi, dai!” lo incitò Morgana,
strattonandolo per una manica della camicia. “Non resterà più sola, te lo prometto.” Gli disse, diventando seria
e cambiando tono – leggendo fra le sue
paure. “Gaius e Gwen si prenderanno cura di lei, ma ora tu devi prenderti cura di te stesso…”
gli appuntò, ragionevolmente. “Pensi che Linette ti lascerebbe restare così sporco
e affamato?”
Arthur aveva chinato il capo, come unica risposta.
Un irripetibile
gesto in cui si dimostrava sconfitto: no, Lin non
avrebbe voluto vederlo ridotto così; e sì, a malincuore doveva ammettere che Morgana
aveva ragione.
E poi aveva ceduto, lasciandosi trascinare verso un bagno
caldo e un’abbondante colazione – il primo cibo vero da almeno quattro giorni.
Tuttavia… non l’avrebbe ringraziata,questo no.
Conoscendola,quella strega avrebbe rimarcato quel punto a suo favore per i secoli futuri.
Eppure le doveva gratitudine. Per aver organizzato la
spedizione, per averlo coperto a suo rischio e pericolo, per l’affetto fraterno
che lei sapeva dimostrargli – al di là degli screzi,
al di là delle incomprensioni.
“Morgana…” la chiamò, quasi incerto, mentre ella lo precedeva verso la scalinata.
“Troverò un modo per farti sdebitare, non temere!” replicò
la dama, quasi che gli avesse letto nel pensiero. E forse l’aveva fatto per davvero.
Arthur si lasciò sfuggire uno
sbuffo dal naso, ingoiando una rispostaccia.
Certe cose non
sarebbero mai cambiate…
Ma intanto l’aveva raggiunta, strattonandole
una treccia dell’acconciatura come dispetto, superandola poi e correndo via.
“Ehi! Semola!”
l’aveva sgridato lei, massaggiandosi la testa. “Dovresti lavarti nel
trogolo dei maiali!”
Il principe si era girato a metà, facendole la linguaccia da
sopra la spalla, prima di scomparire nei propri appartamenti, senza darle modo
di replicare.
Morgana trattenne un mezzo sorriso.
Quant’era difficile
avere a che fare con quell’idiota!
Persuasa da questa convinzione, la Veggente aveva proseguito
il cammino, con l’intento di fare colazione anch’ella;
e di compiere, successivamente, una visita di cortesia all’altro – più illustre
– malato del maniero, fingendosi interessata
al suo mal di pancia e dispiaciuta per esso.
***
Quell’alterco aveva prodotto almeno un risultato: il
principe si era allontanato per farsi un bagno, ma non aveva sentito ragioni
per un’ulteriore separazione.
Egli si era sbarbato dopo aver ululato a mezzo castello – e ad un numero imprecisato di garzoni – di farsi portare
l’occorrente per riempire la vasca e una doppia colazione (perché sì, in realtà stava morendo di fame) e non aveva tenuto
conto del fatto che l’ordine, ripetuto più volte, sarebbe stato più volte esaudito.
Al ventesimo secchio d’acqua calda e al decimo
vassoio provenienti dalle cucine, egli cacciò in malo modo il servo di
turno, imprecando contro l’inettitudine di certa gente.
A malincuore, egli sentì la mancanza dell’efficienza di
Linette, e questo pensiero bastò a risprofondarlo
nell’angustia da cui Morgana lo aveva momentaneamente sottratto.
Arthur, perciò, non perse tempo e, appena pronto, fece
ritorno nel laboratorio del medico di corte, col preciso intento di accamparsi
lì.
Ma per tre, interminabili giorni, Linette non
avrebbe dato segni di miglioramento né peggioramento.
Gaius, accantonando la prudenza e incurante della presenza nella
stanza contigua del giovane Pendragon, aveva
sfogliato ogni testo di magia in suo possesso, per cercare di annullare gli
effetti del veleno, della pozione bevuta, o dell’incantesimo che aveva
infettato Merlin.
Persino l’erede al trono, soffocando il proprio ribrezzo, si
era offerto di aiutarlo nella ricerca, sfogliando i testi di medicina dove
apparivano descrizioni truculente dei peggiori mali.
Vi era un intero manuale sulle febbri e le loro nefaste conseguenze
e, per molto tempo, il suo contenuto avrebbe infestato gli incubi dell’erede al
trono.
Anche i tre cavalieri, come promesso, si erano recati a
turno dal guaritore, per sincerarsi delle condizioni della valletta reale.
Gaius, tuttavia, aveva negato loro la possibilità di
vederla, evitando di informarli della gravità della
situazione. Non avrebbero potuto aiutarla;
perché farli preoccupare, quindi?
E così aveva fatto anche con alcune dame affezionate a Linette,
tra cui Lady Theresa, e le lavandaie e le sguattere del castello, accorse al
capezzale dell’ancella.
A ciascuno, il cerusico aveva precisato che Lin doveva fare riposo assoluto e che ringraziava, a nome suo,
per la premurosa visita di cortesia…
***
Fu Sir Leon a subodorare che qualcosa non andava; quando, al
tramonto di quel primo giorno dal ritorno, egli chiese di parlare col principe,
che non si era mai allontanato dalla stanzina della sua serva, se non per permettere
a Gaius di medicarla e a Gwen di rinfrescarla.
“Domattina avete intenzione di riprendere gli allenamenti
delle nuove reclute, Maestà?” gli aveva chiesto, in modo pratico, com’erano
soliti fare nelle questioni di ordinaria amministrazione in cui lo assisteva.
Leon si era aspettato una risposta affermativa, dato che la questione di Linette sembrava risolta e il re, ancora indisposto ma in via di guarigione,
aveva sospeso ogni riunione del Consiglio per qualche giorno ancora.
Arthur, tuttavia, aveva distolto lo sguardo da lui,
passandosi stancamente una mano sulla nuca.
“Ti affido l’addestramento in vece mia.” Aveva stabilito,
distrattamente, con la mente persa chissà dove.
“Sire?” lo chiamò il cavaliere, impensierito. “Qualcosa non
va?” domandò, con più tatto possibile, facendo appello all’antico cameratismo
che sfociava talvolta in confidenze tra loro. “Linette… non sta bene?” osò
ipotizzare.
L’erede al trono scosse il capo, stringendo i pugni per
fermare un moto di rabbia e frustrazione.
“Non sappiamo cos’abbia.” Confessò infine, sgravandosi di
quel peso che lo schiacciava e lo soffocava. “…sta morendo.”
“Ma Gaius ha detto-” sbottò il
nobile, sinceramente sconcertato.
“Vi ha mentito per non farvi preoccupare.” Gli spiegò Arthur,
sfogando l’amarezza e la paura che covava dentro. “Invece questa febbre sconosciuta
la sta consumando. Gaius afferma che, in vita sua, non ha mai veduto nulla di
simile. Non sa che fare.”
“Volete dire che-”
“Sì, forse non l’abbiamo salvata. Forse siamo arrivati troppo tardi.”
“No, non può essere! Linette è forte, è caparbia! Vedrete che lotterà contro il morbo e vincerà!” lo incitò. “Dopo
l’avventura al Giglio Bianco, sono persuaso a credere che niente può fermarla!”
Arthur fece un sorriso
triste, al ricordo di quei giorni che ora sembravano così lontani.
In poche veglie, Lin si era
ridotta ad essere il fantasma di se stessa, era quasi irriconoscibile.
“Abbiamo cercato un rimedio fra tutte le conoscenze mediche,
ed è tutto vano. Geoffrey sta vagliando persino la Biblioteca Reale.”
Leon incassò l’informazione con grande maturità e, senza
cedere allo sconforto, provò a suggerire: “Se vi fosse qualche medicamento,
qualsiasi radice o frutto, partiremo all’istante per cercarlo!” promise,
offrendogli un appiglio su cui trovare speranza. “Sono certo che anche Duncan e
Martin accetterebbero immediatamente!”
“Grazie.” Soffiò il principe, sinceramente riconoscente per
l’impegno dell’altro. “E’ giusto che anch’essi conoscano la verità. Tuttavia, pochi sanno e nessun altro-”
“Non dubitate, Sire.” Lo rassicurò
il cavaliere, la cui discrezione era rinomata.
***
Linette aveva trascorso
una notte agitata, popolata da strani incubi che la facevano mugugnare versi
incomprensibili, mentre il suo corpo sussultava in preda a violenti tremori.
Arthur sentiva
stringere il cuore nel vederla così, e nella consapevolezza di non poter fare
nulla per lei, nulla che alleviasse la sua sofferenza.
Ad un’ora imprecisata fra la
mezzanotte e l’alba, il principe aveva costretto il vecchio medico a stendersi
un po’ – troppe erano la tensione e
l’angoscia per riuscire a dormire, lo sapeva – di modo che il guaritore
potesse almeno riposare le stanche membra.
Egli aveva personalmente verificato che l’anziano cerusico
abbandonasse la lettura dell’ennesimo libro già scartato ma riguardato per
scrupolo, per raggiungere il proprio umile giaciglio e trovare requie.
Gaius, che davvero era sfinito, non osò protestare con
vigore.
“Vi prego di avvisarmi per qualunque-”
“Non temere, lo farò.” Aveva tagliato corto l’erede al trono,
tornando ad accomodarsi accanto al corpo svenuto della sua valletta.
Un istante dopo, egli raccolse la pezzuola ormai calda che ella aveva sulla fronte imperlata di sudore e la intinse nel
catino affianco al letto.
Nel riporla sulla pelle di lei, si
concesse di tastare la temperatura, nella vana speranza che vi fosse un qualche
miglioramento. Purtroppo era bollente.
***
Era giunta l’alba, e con essa il nuovo giorno, ma niente era mutato.
Sotto la canicola d’agosto, la campana aveva rintoccato il
mezzodì, ma niente era mutato.
Al Vespro, un valletto recapitò la cena di Sua Maestà che
egli neppure toccò, e niente era mutato.
Linette versava in uno stato di torpore intervallato dal
delirio della febbre che sembrava bruciarla da dentro. Prendeva gli infusi che
il medico le preparava in modo meccanico, tuttavia non sembrava in sé. Da che era stata trovata, non aveva più
ripreso conoscenza.
Con l’andar delle veglie, il povero guaritore era sempre più
preoccupato, e non lo nascondeva, temeva che quel morbo magico sarebbe stato fatale per Merlin, che non avrebbe retto ancora
a lungo, ma aveva studiato e ristudiato ogni pagina dei propri libri – e di
tutti quelli disponibili – e non v’era niente a favorirlo nella soluzione.
Il suo figliolo
avrebbe dovuto combattere da solo quel male oscuro, contando unicamente sulla
propria forza e sulla voglia di vivere che possedeva.
Gaius si chiese,
ingoiando un nodo di pianto, se questo sarebbe bastato.
Arthur, intanto, se ne stava chiuso in un cupo mutismo,
seduto su uno sgabello scomodo, fissando i lineamenti sofferenti della ragazza
per ore, con la mente persa chissà dove.
Non dormiva da troppo tempo e teneva gli occhi aperti per
pura volontà.
Ma, pur sentendosi stremato, egli aveva la convinzione che non avrebbe riposato in qualunque caso, perciò sarebbe rimasto
lì, a vegliare Linette, a sperare, e a pregare qualunque divinità per quello
che – era quasi una certezza – doveva
essere un miracolo.
***
Era passata da poco l’ora di cena, quando Gaius lo avvisò
che era nuovamente tempo di medicare le ferite di Linette.
Il principe nutriva il sospetto che quelle cure, così
frequenti, non fossero in realtà altrettanto necessarie, e che rappresentassero
piuttosto un palliativo per l’anima tormentata del vecchio che, non avendo
trovato una cura efficace al male maggiore, si dedicava con zelo ad alleviare
le piccole sofferenze della ragazza che aveva accolto come una figlia.
Le prime volte, Arthur si era allontanato dalla stanzetta,
lasciandolo da solo a compiere quel lavoro, un po’ per pudore, un po’ per
rispetto verso Lin.
Ma poi era sopraggiunta una specie di tacito accordo fra
loro quasi che, condividendo quell’attesa nel dolore, avessero chiarito che le
priorità e le cose per cui valeva la pena scandalizzarsi
o farsi riguardi erano altre, e lui era rimasto lì, ad osservare l’intera
procedura, imparandola.
Gaius procedeva sempre con meticoloso metodo: allontanava il
lenzuolo e le coperte dal corpo di Linette, portandoli verso la pediera del letto, poi sollevava la veste da notte della giovane
fin sulle ginocchia scorticate e arrotolava le maniche sopra ai gomiti
sbucciati; in seguito, toglieva le garze usate e le accantonava – Arthur si era chiesto come mai il cerusico non
le riutilizzasse, ma poi aveva capito che, per tenere le mani occupate, il
vecchio medico le riavvolgeva più e più volte nel corso delle ore.
Dopo aver controllato lo stato delle abrasioni, Gaius stappava
una boccetta di unguento che aveva lasciato sopra al comodino accanto per
comodità e spalmava una generosa dose di medicamento su ogni ferita delle gambe
e delle braccia. Successivamente, riavvolgeva con cura
ogni medicazione con nuove bende e ricopriva il corpo inerte con le coltri.
Qualche istante dopo, egli sceglieva una nuova pomata da un
altro contenitore più sottile, con cui cospargeva l’ematoma sulla fronte della sua
discepola e anche il taglio sul labbro spaccato che, grazie alle sue cure,
andava cicatrizzandosi.
Infine, il vecchio cerusico si accomodava su una sedia di
fronte al principe e massaggiava delicatamente, in alternanza, i polsi della
valletta reale, per favorire la circolazione del sangue e il riassorbimento delle
estese ecchimosi che pian piano stavano cambiando colore, segno della lenta ripresa.
Allorché egli riteneva che fosse sufficiente,
avvolgeva anche quelle parti doloranti in altre fasce e finalmente si ripuliva
le dita impiastricciate su un panno pulito.
A volte, tra un gesto
e l’altro, l’anziano archiatra si lasciava sfuggire una
carezza sulla guancia o sulla fronte di Lin, oppure
indugiava, con mani tremanti, rincalzando il lenzuolo con cura eccessiva, ed
allora Arthur comprendeva, una volta in più, quanto fosse il dolore di quel
padre putativo.
Fu un imprevisto bussare alla porta del laboratorio a
distrarre l’erede al trono dalle proprie riflessioni e il medico di corte dal
proprio operato.
Gaius sollevò un sopracciglio stupito, incrociando il suo
sguardo. Ma il cavaliere era nella sua medesima
situazione: non aveva la più pallida idea
di chi potesse essere a quell’ora di sera.
Il bussare si ripeté, stavolta più impaziente.
“Avanti!” concesse l’archiatra, posando la boccetta – con
cui avrebbe dovuto ricoprire le ginocchia di Linette –, avviandosi fuori dalla
cameretta, e Arthur lo seguì senza pensarci, avendo premura di accostare la
porticina che separava la malata dallo studio.
“Gaius!” ansimò uno dei paggi reali, entrando. “Maestà!”
salutò poi, con un goffo inchino, riconoscendo l’erede dei Pendragon,
senza aspettarsi in realtà di essere ricambiato.
“Cosa ti porta qui?” l’incalzò il
cerusico, spiccio.
“Lady Lucille,
la moglie di Sir Ennis, ha avuto un malore… uno
svenimento… un collasso! Sì, insomma… ha perso i sensi
e… e… è un’emergenza!” sputò, ancora
ansimando per la corsa.
“Sire, debbo andare a verificare.”
Esalò il medico, suo malgrado. “Potrebbe essere una cosa seria… Mi dispiace, ma
cercherò di tornare il prima possibile.” Lo rassicurò,
raccattando la sacca che conteneva i suoi medicinali più usati. “Più tardi,
finirò anche la medicazione di Linette, se tuttavia qualcosa mutasse nel suo
stato, vi prego di avvisarmi immediatamente.”
“Mi occuperò io di lei.” Lo rasserenò il principe, per
sgravarlo almeno di quel pensiero.
Una volta rimasto solo, Arthur fece ritorno nella stanzina, lanciando
una lunga occhiata ai flaconcini e al lavoro lasciato a metà.
Accantonando ogni pudore, egli afferrò l’unguento che Gaius
aveva posato poc’anzi e ne versò un’abbondante dose sul palmo della propria
mano, poi si chinò a spalmarlo sulle ginocchia della sua serva, riflettendo
che, tra le tante cose, un giorno avrebbe dovuto chiederle scusa anche per
quell’azione svolta senza il suo consenso.
Ma subito dopo considerò che, dopotutto, lui aveva già avuto modo di vedere quelle sporgenze ossute al
Giglio Bianco e che, a causa di quel letto così stretto, ne aveva persino già
conosciuto la spigolosa consistenza più notti di seguito. In aggiunta, il
cavaliere giurò e spergiurò a se stesso che no, non vi era malizia nei suoi
gesti; e, per mettersi il cuore in pace, egli aveva fatto appello persino al
Sacro Codice della Cavalleria.
Eppure… eppure, mentre
le massaggiava anche i gomiti sbucciati, Arthur si scoprì a ricordarne la pelle
morbida, fra le sue braccia, quand’erano alla locanda.
Si riscoprì a provarne
nostalgia, in un modo quasi doloroso.
Ma certamente, si
disse, era colpa della stanchezza, della
preoccupazione, del desiderio di fuga della sua mente che lo portava là,
indietro nel tempo, quando vivere al Giglio Bianco era
stata solo una parentesi piacevole, lontani dal male.
Il giovane Pendragon si concesse
il tempo di fasciare la cute rovinata con dedizione, nelle braccia e nelle
gambe, facendo poi ricadere i lembi della camicia da notte di Linette.
Egli s’attardò a lungo sulla ferita
alla tempia, e ancor più su quel labbro martoriato.
Accarezzarle la bocca
era una sensazione strana, dentro allo stomaco, qualcosa
che non sapeva definire.
Il suo indice aveva
indugiato un po’ troppo, fra quelle pieghe di pelle, ad ascoltare il suo
respiro uscire piano, segno che era viva, segno che
era ancora con lui.
Obbedendo ad un impulso ancestrale,
il principe chiuse le palpebre e chinò il viso verso quello di lei, ma
all’ultimo le sue labbra deviarono verso la fronte rovente – in un contatto di affetto, amore, disperazione e mille altre cose
insieme – e sotto al suo palmo aperto, il seno di lei – il cuore che
batteva, orgoglioso e testardo, ricordandogli che no, non era ancora finita.
Gli sfuggì un rantolo di agonia. Per un istante – un solo istante
– aveva ceduto alla disperazione.
Ma non era nella sua natura
compiangersi e il cavaliere raddrizzò la schiena, riaccomodandosi sullo
sgabello prima di procedere nell’ultima fase della medicazione.
Egli afferrò il primo polso, quello più lontano da lui, e
accarezzò piano la pelle, frizionando l’unguento affinché compisse il suo
effetto benefico.
Successivamente, lo scambiò col
secondo, ripetendo il medesimo gesto con cura, devozione, infondendo sentimento
in quell’atto.
Arthur non sapeva se Linette si sarebbe mai accorta di ciò
che stava facendo, non aveva certezza che
leilo sentisse;ma ora capiva l’operato
di Gaius e sperava che quel contatto, fra loro, fosse un modo per farla sentire
meno sola, per spronarla a combattere ancora, a non arrendersi a quel male
oscuro.
“Non puoi abbandonarmi anche tu. Lo
sai, vero?” le aveva sussurrato, con la voce incrinata, trattenendo fra le
proprie mani le dita esili di lei. “Te lo ordino!” aveva
ingiunto, roco, grattando il fondo della gola. “Lo so che non mi ascolti mai, ma te lo ordino ugualmente…” aveva
precisato, posandosi il palmo caldo di Linette contro una guancia e poi contro
le labbra socchiuse.
Non aveva importanza
che, più che un comando, la sua sembrasse una supplica.
Ed era rimasto lì, aggrappato a quel contatto, fino a che
alla fine non era crollato, addormentandosi esausto.
Continua...
Disclaimer:I
personaggi di Merlin, citati in questo racconto, non sono miei; appartengono
agli aventi diritto e, nel fruire di
essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.
Ringraziamenti:
Un abbraccio a Tao, che sopporta i
miei scleri. X3
E alla mia kohai che subisce le
mie paranoie. X°D
Note: In questo
capitolo, oltre al dolore di Arthur, ho voluto dare voce anche alla
disperazione di Gaius. Sebbene sia un personaggio secondario – e con legami affettivi
diversi – egli sta soffrendo come il principe per la condizione tragica di
Merlin e meritava un po’ di spazio.
Sul comportamento di Arthur ho poco da dire, credo che il
capitolo parli da sé.
Non vi è alcun intento lascivo nei suoi gesti, mentre lo scrivevo ho immaginato un mix di amore e disperazione che ad
un certo punto prende un istante il sopravvento ed è per questo che lui sente
il bisogno di baciarla e di sincerarsi che sia viva, poi però il suo
autocontrollo e le sue cavalleresche inibizioni subentrano nuovamente.
Spero anche che abbiate gradito l’intervento di Morgana e il
cameo di Leon. ^^
Precisazioni al
capitolo precedente e domande varie: (a random)
- Sì, i cavalieri di questa fic
sono davvero brava gente. ^^
- Forse non era chiaro… L’indisposizione di Uther è un’idea di Morgana che ha anche praticato
materialmente l’avvelenamento iniziale, ma è stato Gaius a fornire la materia
prima e le dosi successive per continuare gli effetti sgradevoli. XD
Non so, ho immaginato uno di quei virus intestinali che ti
ammazzano per giorni, rendendoti uno straccio… e siccome tutti noi, almeno una
volta nella vita, abbiamo sbottato indignati: “Uther,
ma va’ a c@g@re!” ho deciso di rendere l’augurio
effettivo! XD
- Sono contenta che abbiate trovateUther IC!
- No, questa fic non arriverà a
100 capitoli. Si fermerà un po’ prima. Ma poi avrete
Linette2 (il seguito-raccolta-spinoff-missingmoments), quindi è
presto per piangere la sua fine! XD.
- L’armadio di Arthur è un porcile perché lui fa casini, e
Merlin non ha mai brillato in bravura nel riordinare!
- Il rating di questa storia è e rimane arancione, come sarà
il suo seguito. Sia per le scene di violenza sia di carattere sessuale che saranno descritti prima della fine. Siccome sapevo
benissimo cosa avrei scritto (quelle bozze sono già pronte) mi sembrava stupido
alzarlo durante il proseguimento. Così facendo, un lettore sa cosa aspettarsi
fin dall’inizio.
- E’ proprio vero: leggere la fic
tutta di fila dà una sensazione diversa dello scorrere degli eventi; essi risultano molto più incalzanti. In poche parole, se si
guarda bene, dal momento in cui si trasforma ad oggi,
Merlin non ha mai un momento di pace e Arthur con lui.
Questo è uno dei motivi perché Merlin maschio non è nominato
da lui molto spesso. Il principe lo pensa, ma non lo dice ed,
essendo questa fic impostata sul POV esterno di
Merlin, lui non può immaginare quanto in realtà lui manchi all’Asino Reale.
Ad ogni modo, entro un paio di capitoli arriveremo a questo
nodo fondamentale. *_*
- So che vorreste capire il perché della febbre, ma sarà il
prossimo capitolo a dirvelo chiaramente, per bocca del Drago. Abbiate pazienza
e scusate l’attesa.^^’’
- Anche io immagino Duncan molto… caciarone. XD
- Ovviamente tutta questa malattia e la convalescenza
avranno delle ripercussioni sul rapporto Arthur-Linette-Merlin.
- Come in passato, ringrazio AlyZefy per avermi
segnalato alcune fan-art su Girl!Merlin. La prima è particolarmente carina,
IMHO. Per chi fosse interessato/a:
Vi metto BEN QUATTRO anticipazioni
del prossimo capitolo:
Poi, dopo aver usato inutilmente ogni incantesimo che
conosceva, mosso dalla disperazione, egli era andato persino dal Grande Drago
per implorare un aiuto, ma la bestia magica, con suo grande rammarico, non
aveva saputo consigliarlo.
“L’anatema, che lo ha colpito, è
assai potente.” Aveva constatato l’essere ancestrale.
“Il veleno è nel suo corpo e nel suo sangue. Tuttavia, non è questo… ciò che lo
sta uccidendo.”
Il vecchio medico aveva spalancato gli occhi, incredulo.
“Se non questo,
allora cosa?!”
(...)
Mancava meno di una veglia a mezzanotte, quando quel morbo
oscuro raggiunse il culmine in una serie di tremori e convulsioni che le
facevano sussultare il corpo.
Lin ansimava vistosamente,
rantolando respiri che sembravano prosciugarle l’energia, le palpebre socchiuse
fremevano, lasciando intravedere le pupille bianche.
(...)
Arthur si era aspettato di veder finalmente comparire Gaius,
e grande fu il suo sbigottimento, allorché si trovò
dinnanzi la sorellastra, avvolta in un mantello che celava appena gli abiti da
notte.
“Morgana!” esclamò, parlando sottovoce per riguardo a
Linette. “Che diamine ci fai qui?!” pretese di sapere, ma in realtà continuò la sua
ramanzina: “Sei forse impazzita?! Non dovresti girare a quest’ora, per il
castello, mezza svestita!”
“Ho fatto un sogno, Arthur.”
Sussurrò ella, come una spiegazione, come se
ammetterlo fosse bastato a motivare la sua presenza lì.
(...)
Quel pensiero strappò a Gaius un sorriso, facendogli
ricordare l’erede al trono nella stanza accanto.
Quando era entrato nella cameretta, aveva trovato entrambi
addormentati. Arthur era collassato, sfinito, col busto e col capo sul letto,
accanto al corpo che aveva incessantemente vegliato.
Persino nel sonno, teneva stretta una mano di Linette,
scaldandola con la propria.
Ma erano state le dita di Merlin,
abbandonate fra i capelli dell’erede al trono, ad allargare il cuore dell’anziano
cerusico.
Se quello era il loro
Destino, niente e nessuno li avrebbe fermati…
(Come forse avrete intuito, la parte più drammatica di quest’arco narrativo culminerà e si concluderà nel
prossimo appuntamento).
Linette ha raggiunto i 200 preferiti, 330 seguiti e 33 da ricordare (anche se la fic
non è finita).
Ho notato che alcuni nomi sono cambiati: qualcuno si è aggiunto, qualcuno si è
tolto.
Saluto quelli che hanno deciso di lasciare questa storia e do il benvenuto a
chi si è appena unito in questo viaggio.
Come sempre, mi farebbe piacere trovare nuovi pareri! Non siate timidi! ^__=
Campagna di Promozione Sociale -
Messaggio No Profit:
Dona l’8‰
del tuo tempo alla causa pro recensioni.
Farai felici milioni di scrittori.
(Chiunque voglia
aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio
crede) Come sempre, sono graditi commenti,
consigli e critiche.
Purtroppo, un nuovo lutto ha colpito la mia famiglia a
distanza di 15 giorni dal precedente e, avendo perso
sia la pace mentale che la concentrazione, ho cercato di distrarmi con altro,
accantonando un po’ EFP.
Credo che, forse, riuscirò a caricare Aithusa5 nei prossimi giorni, ma questo sarà l’ultimo aggiornamento
di Linette per quest’anno.
Il proposito per l’anno nuovo è di arrivare ad aggiornare all’incirca ogni 15 giorni, con dei capitoli che ho pronti.
Mi piacerebbe che mi sosteneste con i vostri pareri, se potete, continuando a
farlo o cominciando.
Per ora, vi lascio alla lettura.
SPOILER FREE: Ormai la quinta serie sta finendo,
ad ogni modo ricordo che questa storia NON contiene/conterrà volutamente alcuno spoiler di essa; eventuali coincidenze sono appunto casuali coincidenze (è già successo e succederà in capitoli che ho già pronti).
Questo capitolo è il
seguito diretto del precedente. Cronologicamente siamo al 15-16 agosto (7° mese
dall’arrivo di Linette a Camelot).
Riassunto generale: Merlin
è abituato a salvare la vita all’Asino Reale senza che questi se ne accorga, ma
stavolta non tutto va per il verso giusto. Colpito dall’incantesimo del
malvagio Ardof, il nostro mago farà i conti con una
sconvolgente novità: egli si risveglia trasformato in una donna.
Solo Gaius conosce il suo segreto e, finché non troverà il modo di tornare
normale, dovrà inventarsi delle scuse plausibili e prendere
il posto di se stesso al servizio del principe. Come riuscirà a conciliare questa
‘nuova situazione’? Come si evolverà il suo rapporto con Arthur?
Riassunto delle
ultime puntate: Il malvagio stregone Ardof è
morto, ma la sua maledizione non si è sciolta.Merlin, rapito dal crudele Fenrir, viene finalmente ritrovato da Arthur, liberato e ricondotto
a Camelot per essere curato. Eppure, nessun
incantesimo o medicinale riesce a guarire l’oscura febbre che da tre giorni lo
sta inesorabilmente portando verso la morte…
Dedico l’aggiornamento a chi ha
recensito il precedente capitolo. Un grazie particolare a chi mi lascia sempre
un feedback.
E a quanti commenteranno (SE vi
va di recensire anche dei capitoli più indietro di questo, il vostro parere non
andrà perduto!).
Ai vecchi e ai nuovi lettori.
Grazie.
TheHe in theShe
(l’Essenza dentro l’Apparenza)
Capitolo LXVII
All’inizio del terzo giorno, benché fosse sembrato quasi
impossibile, la febbre era cresciuta ancora, con crudele indifferenza di chi
stava in pena per Merlin.
Gaius non aveva potuto fare altro che prendere atto dell’aumento
e raddoppiare le spugnature sul corpo sfinito del suo discepolo.
Poi, dopo aver usato inutilmente ogni incantesimo che
conosceva, mosso dalla disperazione, egli era andato persino dal Grande Drago
per implorare un aiuto, ma la bestia magica, con suo grande rammarico, non
aveva saputo consigliarlo.
“L’anatema, che lo ha colpito, è
assai potente.” Aveva constatato l’essere ancestrale.
“Il veleno è nel suo corpo e nel suo sangue. Tuttavia, non è questo… ciò che lo
sta uccidendo.”
Il vecchio medico aveva spalancato gli occhi, incredulo.
“Se non questo,
allora cosa?!”
“E’ la battaglia, che la sua magia sta
compiendo, per combattere la maledizione.
Il Potere di Merlin è enorme e sta aggredendo questo nemico
interiore, che si è insinuato nelle membra del giovane mago con la forza, ma il
suo corpo debilitato non reggerà ancora per molto… se questa lotta non avrà
fine a breve, lo stregone soccomberà.” Ammise, con tono contrito. “Gaius,
conosco i tuoi timori, e so cosa stai per chiedermi: purtroppo no, non vi è
aiuto per lui. E’ la
sua guerra, deve vincerla da solo.”
“Unicamente con le sue forze?” ripeté l’archiatra, cercando
di assorbire e accettare quella terribile verità.
“Esattamente.”
“E che ne sarà del suo Destino? Di Albion
e di tutto il resto?!” osò chiedere, stringendo le
mani rugose nella tunica consunta, per trattenete il tremore.
Il drago chinò il capo, dimostrando solennità persino nel
rammarico.
“Sarà tutto perduto.”
“Ogni sacrificio… sarà
stato vano?”
“Il principe non è ancora pronto a camminare da solo.”
Replicò la bestia magica, come spiegazione. “Senza Merlin accanto, non
diventerà mai il Re di cui parlano le Antiche Profezie.”
“Allora il mio ragazzo si salverà.” Dichiarò, cocciuto, il
guaritore reale, attingendo ad una speranza sconosciuta.
“Il Fato non può essere così crudele!”
“Il Destino non è
inciso nella roccia, vecchio. Dovresti
saperlo.” Lo redarguì il mostro millenario. “A volte, le nostre azioni
condizionano irrimediabilmente il futuro… e
a volte no.”
Le parole enigmatiche del drago non erano servite a molto,
eppure l’anziano archiatra era riemerso dalle viscere del castello con una
rinnovata determinazione. Avrebbe creduto
in Merlin. Nella sua forza. Nella sua voglia di vivere. Nel suo coraggio. Sì,
fino all’ultimo suo respiro.
Tuttavia, i suoi buoni propositi si stavano scontrando con
un decorso della malattia sempre più infausto.
***
Poco dopo il Vespro, Gaius stava terminando di medicare per
l’ennesima volta Linette, dopo aver appurato che la febbre era ancora altissima.
Arthur, con un gesto ormai divenuto abituale, lo aiutava
sostenendole gli arti mentre il vecchio cerusico vi avvolgeva le bende attorno.
Posando le mani inerti della fanciulla
sul lenzuolo appena rimboccato, il principe registrò ancora una volta quanto
fossero bollenti e sudate.
“Lei le ha sempre avute gelate, anche in piena estate!”
bofonchiò, pensieroso, facendosi passare dal medico un panno per rinfrescarle i
palmi accaldati.
Gaius non gli chiese
come lui facesse a saperlo. Si limitò a sollevare un sopracciglio, com’era
sua consuetudine.
“Vero.” Ammise, rammentando le innumerevoli occasioni in cui
aveva curato i geloni di Merlin da che era arrivato a Camelot.
Nel momento in cui la pezzuola umida passò fra loro, si udì
bussare, come la sera addietro, contro il portone d’entrata.
Il medico e il principe si scambiarono un’occhiata,
dopodiché il visitatore fu fatto entrare: era un valletto reale, di cui
entrambi ignoravano il nome, venuto ad annunciare che le doglie di Lady Adhela erano iniziate da un po’ ed era richiesta la
presenza del medico di corte dalla levatrice.
Se Arthur ne avesse avuto il potere, lo avrebbe
dispensato da quella separazione; ma il proprio senso del dovere avrebbe comunque
impedito a Gaius di ignorare una persona bisognosa. Anche se questo voleva dire separarsi dal suo figliolo, anche se quelle
erano forse le sue ultime ore di vita.
“Devo andare.” Si risolvette, a malincuore, arraffando tutti
i medicamenti e gli strumenti che sarebbero potuti
servire. “Sarà una cosa lunga.” Spiegò al cavaliere, tirando le corde della
sacca che affidò al servo. “Se la temperatura aumentasse ancora, datele
l’infuso sul comodino, per favore.”
Arthur annuì, serio.
“Ma se le cose precipitassero…”
“Ti avviserò.” Concluse il
principe, per lui. “Ma non accadrà.” Precisò poi.
“Ve l’affido. So che non potrei
desiderare di lasciarlo a nessun altro più di voi.” Si
lasciò sfuggire, senza rendersi conto dell’errore, tanto era lo sconforto.
Il giovane Pendragon non vi diede
peso, mentre annuiva.
“Resterò accanto a lei.” Promise. “Non ti angustiare.” Gli suggerì, malgrado la situazione fosse incontrollabile, annuendo poi al
valletto in attesa. “Accompagnalo da Lady Adhela,
deve fare il suo lavoro.”
Eppure, separandosi, il principe e
il cerusico ebbero il medesimo pensiero fatale.
A Camelot, una nuova vita stava per iniziare… e un’altra
sarebbe tramontata?
***
Mancava meno di una veglia a mezzanotte, quando quel morbo
oscuro raggiunse il culmine in una serie di tremori e convulsioni che le
facevano sussultare il corpo.
Lin ansimava vistosamente,
rantolando respiri che sembravano prosciugarle l’energia, le palpebre socchiuse
fremevano, lasciando intravedere le pupille bianche.
Arthur fece bere alla sua valletta il rimedio preparato, ma
sembrò inefficace.
La pezzuola umida e fresca sulla fronte veniva
sostituita ad un ritmo incessante, tuttavia diventava calda e inservibile in
pochi minuti.
Egli, benché si sentisse impotente di fronte a tutto quello,
ritenne che la presenza di Gaius non avrebbe giovato al vecchio medico; con la
scelta di non chiamarlo, gli avrebbe risparmiato di assistere all’agonia della
persona a lui più cara.
Fu solo per un istante che egli vacillò, nell’attimo in cui
Linette – colpita da uno spasmo delle membra particolarmente vigoroso – sobbalzò
a tal punto da sollevarsi col busto dal materasso.
Arthur, che le era accanto, in
piedi, la afferrò giusto in tempo per riaccompagnare la sua caduta verso il letto.
E la sua serva, di contro, lanciò un grido acuto e
indecifrabile, seguito da una manciata di parole senza
senso, appena bisbigliate.
Cosa
stava cercando di dire?
Era una lingua che lui
non comprendeva. Che fosse stato un dialetto del suo villaggio natale?
Tuttavia, il principe non ebbe modo di interrogarsi oltre,
poiché, dopo quel parossismo, il corpo dell’ancella rimase incredibilmente
fermo. Immobile. Sembrava quasi essersi
arreso. L’espressione sfinita, ma serena.
La cosa lo spaventò più delle crisi terribili di poco prima.
“No, no! Non
puoi, non-” farfugliò incoerentemente, atterrito, temendo che l’ultimo spasmo
le fosse stato fatale. Egli allungò una mano per controllare il battito
del cuore, il respiro e il grado di calore della fronte.
Linette era ancora viva, e il suo fisico tremava leggermente,
in modo appena visibile. La temperatura, benché elevata, non era aumentata ulteriormente.
Forse quella era una
tregua, un miglioramento temporaneo?
Il nobile non sapeva dirlo, ma pregò con tutto il cuore che
non si ripetesse quello che era accaduto poc’anzi.
Perché... Lin avrebbe retto ad
un eventuale attacco altrettanto intenso?
***
La campana che segnava il cambio della guardia di mezzanotte
aveva appena cessato di rintoccare, quando la porta del laboratorio cigolò,
risuonando stridente nel silenzio del luogo.
Arthur si era aspettato di veder finalmente comparire Gaius,
e grande fu il suo sbigottimento, allorché si trovò
dinnanzi la sorellastra, avvolta in un mantello che celava appena gli abiti da
notte.
“Morgana!” esclamò, parlando sottovoce per riguardo a
Linette. “Che diamine ci fai qui?!” pretese di sapere, ma in realtà continuò la sua
ramanzina: “Sei forse impazzita?! Non dovresti girare a quest’ora, per il
castello, mezza svestita!”
“Ho fatto un sogno, Arthur.”
Sussurrò ella, come una spiegazione, come se
ammetterlo fosse bastato a motivare la sua presenza lì. “Ho sognato che Linette ha attraversato un grande fuoco.” Gli
raccontò, avvicinandosi al letto per sfiorare il volto sofferente della fanciulla che aveva vaneggiato fino a pochi istanti prima.
“D’accordo, Morgana.” Sbuffò il principe, così stremato e
scombussolato, da quello che aveva appena vissuto, da non trovare neppure la
forza di arrabbiarsi. “Siamo tutti preoccupati per lei, ed è ovvio che tu,
sapendo della sua febbre alta, ti sia lasciata condizionare un po’…” le spiegò,
attingendo ad un’insospettabile pazienza. “E’ questo
il motivo del tuo sogno. La sua febbre brucia come il fuoco.”
“No! Tu non capisci!” s’animò la nobildonna, a tal punto che il cappuccio del
mantello le scivolò via e i capelli sciolti le caddero a pioggia sulle spalle.
“Lei ha attraversato il fuoco!”
ripeté, afferrando una mano inerte della fanciulla e
stringendola per infonderle coraggio. “Il peggio è passato.
Lin si riprenderà.” Profetizzò, con una
certezza nella voce che fece rabbrividire l’erede al trono.
“Lo spero anch’io, Morgana. Lo spero più di ogni altra cosa.” Ammise il principe, sollevandosi
dallo sgabello e cingendole le spalle con un braccio. “Ora, però, è bene che tu
faccia ritorno nelle tue stanze, siamo intesi?”
La protetta del re si limitò ad annuire, cedendo
placidamente.
“Mi premeva solo dirti questo… e raccomandarti di pazientare
fiducioso ancora un po’.”
“D’accordo. Tu, in ogni caso, devi
perdere il vizio di sgattaiolare per il maniero in queste condizioni, ci siamo capiti?” le consigliò, guidandola
verso l’uscita, lanciando un’occhiataccia alla vestaglia da notte trasparente
che ella indossava.
“Non sono così sprovveduta.” Si difese la sorellastra,
riaggiustandosi il cappuccio e stringendosi contro le falde del mantello. “Mi
sono fatta scortare da una guardia.”
Arthur si lasciò sfuggire un
sospiro di sollievo.
“Se non altro, sei meno sciocca di quel che temevo…”
Morgana gli rifilò per ripicca un calcio sulla caviglia che,
tuttavia, non andò a segno.
Il principe finse di non accorgersene, intanto che
spalancava la porta d’entrata e ordinava alla sentinella fuori di
riaccompagnare la pupilla del sovrano nei propri appartamenti senza indugi.
Ottenuto un “Ai vostri ordini, Maestà!”, egli salutò la
sorellastra, augurandole una buona notte e, nello sguardo che si scambiarono,
la ringraziò, malgrado tutto, della visita inattesa.
***
Un’ora dopo l’imprevedibile sortita di Morgana, rinfrescando
in un gesto ormai abituale il viso della sua valletta, Arthur notò, con suo
sommo stupore, che qualcosa era cambiato in lei.
Egli non avrebbe mai saputo dire come, eppure c’erano
piccoli segnali di alterazione… la pelle di Lin non
era più bollente quanto qualche ora addietro. Sembrava quasi… normale?
Com’era possibile?
Ad un secondo tocco della fronte
per conferma, l’erede al trono avvalorò tra sé l’effettivo calo repentino della
febbre, a tal punto che i brividi che vedeva adesso erano… diversi.
Sulle braccia e sui lembi di cute lasciati scoperti della fanciulla, i tremolii e la pelle accapponata sembravano
dovuti ad un freddo improvviso, forse il
suo corpo stava cercando di regolare la propria temperatura interna, senza
riuscirvi.
Ben presto, il respiro affannoso era stato sostituito dai
denti che battevano fra loro senza controllo, come se Linette si fosse trovata
immersa in un bagno gelato in pieno inverno.
Il giovane Pendragon non si
sarebbe aspettato un’inversione così repentina, ma cercò di scaldarla stendendo
su di lei ogni coperta e scampolo di tessuto che era riuscito a trovare nella
stanzetta e nel laboratorio di Gaius. Ma non bastò.
Benché quella zona del castello fosse umida tutto l’anno, e
nel pieno della notte la calura estiva non la sfiorasse, il principe non
avrebbe mai pensato di dover ricorrere a metodi così drastici.
Egli si era dovuto recare nello studio di guaritore reale,
dove aveva riattizzato il fuoco ormai morente da tempo
e aveva riempito, appena possibile, un braciere di carboni accesi e ardenti,
che riscaldassero l’aria dello stanzino.
Ma l’unico che sembrava reagire a quel riscaldamento forzato
era lui, che aveva iniziato a sudare copiosamente, tanto che, per stare meglio,
egli si era disfatto del mantello e della casacca,
dissetandosi per l’arsura che provava con due coppe d’acqua.
Eppure la sua serva continuava a tremare di freddo,
raggomitolata su se stessa, senza trovare il benché minimo ristoro.
Purtroppo per lui,
tutto questo non era sufficiente a infonderle il calore necessario.
Ma non l’avrebbe mai lasciata morire di freddo,
non dopo che lei era sopravvissuta a quella grande febbre che l’aveva quasi
stroncata.
E allora il principe scalciò via i propri stivali, prendendo
l’unica decisione possibile, e si asciugò il sudore che gli colava dalle
tempie, mentre il braciere arroventava l’aria della piccola cameretta.
Si sdraiò sull’angusta brandina, incurante dei disagi, per
scaldarla col proprio corpo. E darle il
suo calore.
C’erano una decina di strati di
stoffe a separarli, eppure se la strinse contro, abbracciando quel fagotto informe,
tacitando una parte di sé che borbottava le proprie remore.
***
Forse funzionò.
O forse fu solo un
caso fortuito.
Ma lentamente Linette smise di tremare, e fuallora che il principe comprese che il
peggio era passato.
Arthur non sapeva quanto tempo era trascorso. Dagli scuri
della finestra non filtrava alcuna luce, vi persisteva il buio più completo e
Gaius non aveva ancora fatto ritorno.
Malgrado si sentisse accaldato e sudato come dopo un
allenamento intensivo fatto sotto al sole di
mezzogiorno, fu quasi con dispiacere che si separò da lei. Tuttavia, era giusto
ristabilire un’adeguata distanza fra loro.
Il principe tolse gli strati di tessuto in eccesso che
pesavano su quel corpo troppo esile e provato, verificando che la temperatura di
fronte, braccia e gambe fosse tornata normale; poi si
prese cura della propria persona, lavandosi il volto con dell’acqua fredda e
abbeverandosi con sollievo. Fu solo quando le sue labbra gustarono il fresco
liquido che egli si vergognò quasi di sentirsi così ristorato. Lin aveva patito ben di peggio e più a lungo,
per colpa sua, ma aveva resistito stoicamente.
Allora il nobile le rinfrescò il viso e le sollevò
gentilmente il capo, come aveva imparato da Gaius, socchiudendole leggermente
le labbra per farla dissetare pian piano perché, essendo incosciente, l’acqua
non le finisse di traverso nei polmoni.
Infine, egli sospirò, rivestendosi della casacca, e
riaccomodandosi sullo sgabello scomodo accanto al lettuccio.
Successivamente, rassettò il
lenzuolo e la coperta sul corpo inerte, sfiorandole le mani affinché giacessero
in una posizione più confortevole.
Erano nuovamente
piccole e gelate, come d’abitudine. La cosa gli strappò un irrazionale
sorriso.
Dopotutto, Morgana
aveva avuto ragione: Linette aveva combattuto e vinto
il Grande Fuoco. Il peggio era davvero passato.
Il principe gliele vezzeggiò con garbo, comunicandole, in
quel gesto, il proprio tepore e la propria vicinanza e lasciò che il conforto prendesse il posto della preoccupazione nel suo cuore.
Benché fosse snervato dalle violente emozioni che si erano susseguite in quelle
veglie, il nobile si ripromise di attendere l’arrivo del guaritore reale prima
di crollare stremato.
***
Quando Merlin riprese conoscenza, faticò a mettere a fuoco dove
fosse, perché la vista era annebbiata e la testa minacciava di esplodergli dal
male, assieme a tutte le sue membra, così doloranti da sembrare sul punto di
staccarsi.
Tuttavia, l’unica cosa
che riuscì a vedere bastò a scaldargli il cuore.
Un’inconfondibile zazzera bionda era sprofondata accanto
alla sua mano, sul materasso.
Il mago allungò lentamente il braccio passando le dita fra i
capelli del principe, d’istinto, senza nemmeno riflettere.
Arthur aveva mugolato a quel contatto, ma non si era
svegliato e anche lo stregone, cedendo nuovamente alla spossatezza, si
riaddormentò.
In quel delirio in cui aveva fluttuato, Merlin aveva sentito
e visto suoni e rumori spaventosi, paesaggi incomprensibili, colori sgargianti
e cupi mescolati fra loro. Cose
affascinanti e terribili al contempo.
Aveva rivissuto pezzi di passato e intravisto possibili
sprazzi di futuro, aveva ascoltato profezie antiche e incantesimi non ancora formulati.
Aveva compreso il Bene e il Male che era dentro di sé e
nello stregone che aveva legato le loro vite con quell’infausto sortilegio.
Aveva attraversato il Grande Fuoco della purificazione,
guidato e spronato da una voce che non riconosceva, ma che – in qualche modo –
doveva essergli familiare.
Aveva percepito la
propria magia lottare con lui, in lui, per lui. Le si era
abbandonato, fiducioso, perché altro non poteva fare.
In questo suo viaggio di ritorno dalla morte, anche il corpo
di Merlin conservava inciso qualcosa nella
propria memoria: erano i richiami di coloro che gli erano affezionati – Morgana,
Gwen, i cavalieri –, le premure del suo mentore, gli
incoraggiamenti dell’erede al trono…
… la vicinanza di
Arthur.
Sentiva ancora addosso l’abbraccio caldo del principe. Ne distingueva
l’odore, sentiva la familiarità di quella stretta.
Il mago non sapeva se
stava sognando o meno, forse era solo il suo fisico
che cercava di affogare l’angoscia in un ricordo piacevole e rassicurante…
… Il
letto troppo piccolo, il corpo di Arthur addossato al suo, il suo braccio
attorno alla vita fra cumuli di stoffa, la sua stretta gentile.
Le parole consolanti
che gli sussurrava all’orecchio…
… Il suo torace contro
la propria schiena.
Le loro gambe
intrecciate…
Forse Merlin si era aggrappato con disperazione ad uno dei ricordi della locanda.
Forse, invece, era tutto vero. Ma non l’avrebbe mai saputo con certezza.
***
L’alba del quarto giorno cominciava ad accarezzare i merli
dei torrioni di Camelot, mentre
Gaius richiudeva la porta della stanzetta del suo figliolo e, con un sospiro
spossato, si accingeva a sdraiarsi nel proprio letto per ristorarsi almeno un
po’.
Il vecchio medico si sentiva davvero sollevato, dopo averlo
visitato e aver constatato che la febbre sembrava
svanita.
Il corpo incosciente del suo protetto pareva finalmente
riposare in pace, invitando chi lo osservava a fare altrettanto, lasciando alle
spalle quella brutta avventura.
Ma era davvero fuori pericolo?
L’archiatra temeva ancora, dentro di sé, possibili
strascichi. E questo guastava in parte la sua contentezza.
Finché non avesse potuto parlare con Merlin, finché il
ragazzo non si fosse svegliato, il guaritore non poteva escludere eventuali
danni alla sua mente o ai suoi organi interni, che erano stati esposti ad una situazione estrema e prolungata.
Quel morbo magico, la
piressia e la lotta interiore avrebbero avuto conseguenze irreparabili su di
lui?
La sua parte pragmatica gli rammentava che era inutile
crucciarsi anzitempo – solo al risveglio del suo discepolo, avrebbe avuto le
risposte che bramava, una conferma o una smentita dei
suoi timori –; ma la parte sentimentale di lui, quella affezionata al ragazzo,
non poteva impedirsi di rimuginare.
Egli, allora, ripensò alla determinazione che aveva provato nelle
viscere del castello, davanti a Kilgharrah – Il
Grande Drago.
Merlin aveva un grande
compito, assegnatogli dal Fato fin dalla notte dei tempi, avrebbe sostenuto il
principe Arthur nella nascita di Albion, insieme
avrebbero dato vita ad un mondo migliore.
Quel pensiero strappò a Gaius un sorriso, facendogli
ricordare l’erede al trono nella stanza accanto.
Quando era entrato nella cameretta, aveva trovato entrambi
addormentati. Arthur era collassato, sfinito, col busto e col capo sul letto,
accanto al corpo che aveva incessantemente vegliato.
Persino nel sonno, teneva stretta una mano di Linette,
scaldandola con la propria.
Ma erano state le dita di Merlin,
abbandonate fra i capelli dell’erede al trono, ad allargare il cuore
dell’anziano cerusico.
Se quello era il loro
Destino, niente e nessuno li avrebbe fermati…
Con questa nuova convinzione, l’archiatra aveva steso sulle
spalle del giovane Pendragon il suo mantello, per
combattere la frescura dell’alba, e si era congedato lasciandoli soli.
Neanche mezza veglia dopo, mentre si stava preparando
un’umile colazione, fu con estrema sorpresa che egli vide spalancare l’uscio
della sua casa nientemeno che dal re in persona, miracolosamente guarito dalla
sua indisposizione.
Ma, senza
ombra di dubbio, quella del sovrano non era una visita di cortesia alla
valletta reale…
Continua...
Disclaimer:I
personaggi di Merlin, citati in questo racconto, non sono miei; appartengono
agli aventi diritto e, nel fruire di
essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.
Ringraziamenti:
Un abbraccio a Tao, che sopporta i
miei scleri. X3
E alla mia kohai che subisce le
mie paranoie. X°D
Note: In questo
capitolo avrete forse notato un parallelo con l’episodio 5x08. Non mi dilungo
per non dare spoiler indesiderati a chi aspetta la versione italiana. Per tutti
gli altri, credo sia chiaro a cosa mi riferisco. La cosa è ovviamente una coincidenza,
perché l’ho scritto molti mesi fa questo capitolo, quando la quinta serie non
era ancora iniziata.
Spero anche che abbiate gradito l’intervento di Morgana. Arriveranno
altre sue profezie. ^^
Come vi è sembrata la reazione di Arthur? A tempo debito, vi prometto, capirete
perché.
E il nostro Grande Drago era da un po’ che non si vedeva,
come sempre… lui parla tanto ma aiuta poco. XD A suo modo, però, ci ha
confermato una cosa importante, no?
Precisazioni al capitolo
precedente e domande varie: (a random)
- Parto ringraziando tutti quelli che mi hanno espresso
parole di conforto (nelle recensioni e via MP) per tutti i problemi che ho
avuto recentemente. Ho apprezzato molto la vostra gentilezza, grazie.
- Sono contenta che abbiate gradito l’introspezione su Gaius
e le mie motivazioni riguardo le azioni di Arthur.
- Concordo: Morgana forPresident!
- Sono felice che abbiate colto l’interessamento della
servitù per lo stato di Linette.
E’ vero che nel TF c’è poca interazione di Merlin col resto
dei servi, ma a me piace raccontarla, nel bene e nel male, come la volta con la
lavandaia megera o le cuoche che preparano i brodini per le ragazze
indisposte...
- Posso dire con certezza che Arthur NON dimenticherebbe mai Merlin, anche se il suo
servo fosse lontano da molto.
- Nel prossimo capitolo riparleremo
del famoso ‘incantesimo di memoria’.
- Come ho già detto alla diretta interessata, ripeto: manca
ancora molto alla fine della storia.
Chiuso quest’arco narrativo, ne inizierà un altro: con nuovi
cattivi, nuove avventure, nuovi amici e comicità,
imbarazzi, equivoci un po’ di angst e fluff. Il
meglio di questa fic, davvero, deve ancora arrivare!
Vi metto BEN QUATTRO anticipazioni
del prossimo capitolo:
“Gaius…” brontolò il re, accigliato. “Ricordi cosa ci siamo
detti riguardo a questa ragazza?”
“Rammento, sì. Ma non potete impedire che vostro figlio si
affezioni a qualcuno per evitargli sofferenze, Maestà.”
“Prima Merlin, e ora
lei…” calcò l’altro, con riluttanza.
(...)
Merlin ingoiò diverse volte l’angoscia a quel pensiero, così
come il senso di smarrimento che aveva accantonato, ma che era tornato,
prepotente, a reclamare la sua attenzione.
L’incanto non si era rotto. La sua primaria speranza di
ritornare in sé era svanita.
E entro pochi giorni Arthur avrebbe
preteso il ritorno del suo servo… La fine di agosto si preannunciava letale
come una tagliola spalancata davanti alla traiettoria di un animale braccato.
Se il suo padrone
fosse andato a Ealdor, come promesso, scoprendo la
verità… che ne sarebbe stato di lui?
Il povero Merlin non riusciva a godersi una tranquilla
convalescenza: troppi pensieri e troppi timori affollavano la sua mente.
Nell’immediatezza, egli aveva paura che il principe avesse
deciso di allontanare Linette dai suoi consueti compiti, per proteggerla da
eventuali, futuri pericoli…
(...)
La prima cosa che vide, entrando, fu Linette accoccolata in
una coperta, e venne colpito da un vivido ricordo:
l’immagine di Merlin quando, da poco arrivato al suo servizio, gli aveva
salvato la vita bevendo dal calice avvelenato e lui era andato a procurargli il
fiore Morteaus come antidoto, per poterlo guarire da
morte certa.
Con i capelli lunghi
nascosti dentro la stoffa, sembrava proprio lui, pallido e smagrito, e Arthur
sentì un tuffo al cuore.
… Era davvero identica
a Merlin.
“Merl-”
sussurrò palpitante, dandosi poi dello sciocco per
essersi fatto fuorviare dalla luce fioca delle candele e dall’ingannevole
somiglianza.
(...)
Anche se era a dir poco stupito di quell’insolita scenata, Merlin
sorrise al portone d’ingresso, ignorando il fatto che
c’era mancato davvero un soffio – ad Arthur sarebbe bastato ascoltare una sola
parola in più, o arrivare un istante prima per sentire troppo –, e allora il segreto di Linette sarebbe stato
inesorabilmente rivelato.
Chiudo, augurandovi un Buon Natale.
So che quest’anno sarà agrodolce, perché la conclusione di
Merlin è la fine di un’era.
Tutti noi, che lo amiamo, sentiamo lo stesso tormento, ma Merlin non finirà mai, non finché ci sarà qualcuno che condividerà le
sue fic con altri, e altri disposti a leggerne e a parlarne.
Ecco il primo aggiornamento di Linette di quest’anno, il primo dopo la
fine di Merlin
Ecco il primo aggiornamento di Linette di quest’anno,
il primo dopo la fine di Merlin.
Sono contenta che tutta la bozza generale di questa
storia sia già scritta, altrimenti non so come avrei fatto.
Il dolore per la fine del telefilm (nel suo senso più esteso, non sto parlando
della puntata né farò spoiler a riguardo) mi ha così stroncata
che, per tutte le ferie di Natale, non sono riuscita a scrivere manco una riga.
Faceva troppo male anche solo aprire il word e pensare di riorganizzare le
idee. Così eccomi, appena possibile, a raccogliere i cocci e ad
andare avanti…
SPOILER FREE: Ricordo che questa storia NON
contiene/conterrà volutamente alcuno
spoiler della quinta stagione; eventuali
coincidenze sono appunto casuali coincidenze (è già successo e succederà
in capitoli che ho già pronti).
Questo capitolo è il
seguito diretto del precedente. Cronologicamente siamo al 16 agosto fin verso
fine mese (7° mese dall’arrivo di Linette a Camelot). E’ il più lungo postato finora. Come
promesso, ho cercato di accogliere la richiesta di farli più lunghi, spero
apprezzerete. ^^
Riassunto generale: Merlin
è abituato a salvare la vita all’Asino Reale senza che questi se ne accorga, ma
stavolta non tutto va per il verso giusto. Colpito dall’incantesimo del
malvagio Ardof, il nostro mago farà i conti con una
sconvolgente novità: egli si risveglia trasformato in una donna.
Solo Gaius conosce il suo segreto e, finché non troverà il modo di tornare
normale, dovrà inventarsi delle scuse plausibili e prendere
il posto di se stesso al servizio del principe. Come riuscirà a conciliare
questa ‘nuova situazione’? Come si evolverà il suo rapporto con Arthur?
Riassunto delle
ultime puntate: Il malvagio stregone Ardof è
morto, ma la sua maledizione non si è sciolta.Merlin, rapito dal crudele Fenrir, viene finalmente ritrovato da Arthur, liberato e ricondotto
a Camelot per essere curato. Dopo tre, interminabili
giorni, in bilico fra vita e morte, finalmente la situazione di Linette sembra
volgere al meglio…
Dedico l’aggiornamento a chi ha
recensito il precedente capitolo, dando un benvenuto particolare a chi ha fatto
una maratona dei 67: ammiro il vostro coraggio, e
grazie della fiducia! E’ davvero una cosa preziosa per me!
A chibimayu, chibisaru81, aria, _Jaya,
sixchan, RavenCullen, strangerinthistown, WildBlueMoon, Silvy08, LaAngol, elfinemrys, ginnyred,
saisai_girl, mindyxx, layla84, Rumore Del Ombra, Morganalastrega,
DevinCarnes, Ciulia1407, katiaemrys, Ryta Holmes,
Amelia11 e YukiEiriSensei.
E a quanti commenteranno (SE vi
va di recensire anche dei capitoli più indietro di questo, il vostro parere non
andrà perduto!).
Ai vecchi e ai nuovi lettori.
Grazie.
TheHe in theShe
(l’Essenza dentro l’Apparenza)
Capitolo LXVIII
“Gaius!” esordì il sovrano, entrando imperioso.
“Buongiorno, Maestà.”
Lo salutò il cerusico, con un inchino del capo come deferente
ossequio. “Vedo con piacere che vi siete ristabilito…”
Uther mosse una mano guantata a mezz’aria, in un gesto di stizzosa insofferenza,
come a dire che quel malessere era stato una semplice quisquilia senza
importanza o, più probabilmente, perché
pretendeva che nessuno nominasse mai più il suo imbarazzo intestinale – neppure
se questi era il Medico di Corte.
“Dov’è mio figlio?!” domandò,
seccato, rivolto all’archiatra reale. “Mi è stato riferito che, in questi
giorni di mia assenza, Arthur non ha pienamente svolto gli incarichi di un
degno reggente! E la mia generosa
pazienza sta per finire!” minacciò. “Un regno non si amministra da solo
ed egli deve stare al mio fianco per istruirsi!”
Il vecchio guaritore tentennò, alla ricerca delle parole
migliori che acquietassero il sovrano, tuttavia non era semplice uscire indenni
da quella situazione e la sua mente – affaticata dalla spossatezza e dalle
preoccupazioni – non gli era d’aiuto, ed egli rimpianse di non aver dato un
purgante più forte a Sua Maestà.
“Il principe ha scontato la punizione che avevate per lui
stabilito, Sire.” Gli rammentò. “Successivamente, come
credo sappiate, la mia assistente è stata miracolosamente salvata dai valorosi
cavalieri del vostro esercito e-”
“Taglia corto,Gaius.” Lo redarguì, spazientito.
“Quello che voi non sapete, Sire,” riprese il guaritore, con tono
grave “è che Linette ha passato in agonia tutti questi giorni dal suo
ritrovamento, e ha rischiato di morire. Questa
notte il principe era pronto a darle l’estremo saluto.”
Uther ascoltò la spiegazione con
un’espressione indecifrabile sul volto.
“E ora dov’è?”
“Di là, Sire.” Il medico gli rivolse uno sguardo sfatto
dalla stanchezza e fece segno con la testa verso la stanzetta. “Ha vegliato
Linette per tutta la notte, ora sta riposando.”
“Gaius…” brontolò il re, accigliato. “Ricordi cosa ci siamo
detti riguardo a questa ragazza?”
“Rammento, sì. Ma non potete impedire che vostro figlio si
affezioni a qualcuno per evitargli sofferenze, Maestà.”
“Prima Merlin, e ora
lei…” calcò l’altro, con riluttanza.
“I legami sinceri sono una ricchezza rara, non una debolezza. Così come la devozione autentica.” Gaius gli rivolse un’espressione
di paterno orgoglio. “Arthur ha un animo generoso e nobile. Un giorno, quando
diverrà re, sarà molto amato dal suo popolo.”
Uther parve leggere nelle sue
parole una sorta di profezia.
“D’accordo, lascia che si riposi. Per oggi, Camelot andrà avanti anche senza
di lui.”
***
Mezzodì era appena passato, quando il principe si destò, anticipando
di qualche istante il risveglio della sua ancella – o forse causandolo, involontariamente,
con lo spostamento del proprio peso dall’umile materasso.
Egli si riprese completamente non appena la vide uscire
dalle maglie del sonno protratto che l’aveva catturata, e le sorrise
istintivamente.
“Ehi, Lin-Lin…”
la blandì, osservando le palpebre di lei fremere,
malgrado la penombra della stanza.
Merlin riconobbe immediatamente quella voce, ancor prima che i suoi occhi riuscissero a vedere la
figura del suo signore.
“Arth-” rantolò il mago, ma ne uscì
solo un suono ferroso, le sue corde vocali da troppo tempo immobili si
rifiutavano di collaborare. “Ahrth…” ritentò, afono.
“Shh… non parlare.” Suggerì il nobile,
accostandosi alla valletta, mentre lei cercava invano di mettere a fuoco la sua
immagine.
Merlin, che vedeva tutto sfocato, allungò lentamente le mani
davanti a sé, esitando, e Arthur si lasciò toccare il viso. Mentre Linette lo
avvicinava al proprio, il principe ravvisò lo sguardo vacuo e privo della
consueta nitidezza nella fanciulla, ma sperò che fosse
solamente uno strascico temporaneo di ciò che ella aveva avuto.
Gentilmente, il nobile la scostò da sé, afferrandole le dita
e riaccompagnandole le braccia verso le lenzuola.
“Gaius sarà felice di sapere che ti sei ripresa.
Vado a chiamarlo!” la informò, risollevandosi, con
l’intenzione di andare nello studio del cerusico; ma, fatto appena mezzo passo,
egli si sentì trattenere.
Linette aveva un’espressione impaurita e, anche se aveva
aperto la bocca per parlare, ne era uscito solamente un esile ansito.
Il nobile scrutò, stupito, la presa sul lembo del suo
mantello e tentò una spiegazione conciliante.
“Non me ne vado, non ti lascio sola, mi recherò solamente ad
avvisare Gaius che ti sei svegliata.” Espose condiscendente, con un tono
rassicurante, come se avesse davanti un bimbo
terrorizzato.
Ma, anziché annuire e cedere, lei rafforzò
la stretta sulla stoffa.
“Lin…” sospirò il principe,
indeciso sul da farsi. “Così non mi aiuti…” le disse, riapprossimandosi.
“Qui sei al sicuro, non vedi che-?” egli si trattenne, prendendosi mentalmente
a calci per l’infelice scelta dei termini. “Senti,
questa è la tua camera, la camera di Merlin.
Riconosci gli odori?” azzardò, senza in realtà aspettarsi una
vera risposta. “Gaius è di là, nel suo studio, – o almeno lo spero – e
deve visitarti, quindi…” tentennò. La
stretta si fece più serrata. “Così non mi aiuti, dannazione!” sfogò,
facendola sussultare per lo spavento e pentendosene all’istante. “Perdonami,
non volevo, non-” farfugliò, contrito, davanti allo sguardo spaesato della sua
serva. “D’accordo.” Esalò poi, afferrandosi l’angolo più
estremo del mantello, molto più in basso rispetto a dov’era la presa di Lin. “Stringi qui.” Le ordinò, ficcandole in mano il
tessuto a cui lei si aggrappò tenacemente. “Se mi
tieni per il mantello, non posso andarmene, mh? Devo solo arrivare al chiavistello…”
Ad un cenno affermativo della
ragazza, egli cercò di guadagnare la porta.
Purtroppo per lui, però, la stoffa era troppo corta per permettergli di raggiungere la maniglia: neppure
allungandosi il più possibile, riusciva nel suo intento.
“Gaius! Accidenti!!” urlò quindi,
stringendo una mano a Lin, affinché ella non si
spaventasse di nuovo per il grido. “Linette si è svegliata! Gaius, vieni!! Dove diamine sei finito?!”
Poiché il silenzio fu
l’unica risposta che ebbe, egli sperò di non aver spaventato il povero vecchio
a morte.
Successivamente, si sentì un idiota,
perché nessuno arrivava né rispondeva al suo grido.
“Dev’essere uscito per una
commissione urgente…” mugugnò l’erede al trono dando voce al suo cruccio,
rivolgendosi alla valletta.
E mentre stava rimuginando su come fare per recapitargli un
messaggio – aprire la finestrella della cameretta e iniziare a urlare ai
quattro venti? –, un lieve bussare catturò la sua attenzione.
“Avanti!” esclamò il nobile, grato a quello sconosciuto
visitatore per l’involontario aiuto.
La testa riccia di Gwen fece
capolino dall’uscio, con un mezzo sorriso di scuse.
“La Mia Signora
mi manda a vedere come sta Linette… ma non volevo disturbare.” Si giustificò.
“Oh, Guinevere! Entra! Entra!!” l’accolse festoso il principe, improvvisamente incredibilmente felice di vedere
l’ancella della sua sorellastra. “Ho giusto una commissione per te!”
La serva si lasciò sfuggire un’espressione
di educata perplessità, mentre varcava la soglia della stanzetta.
Ma subito ella gioì, vedendo
l’amica desta, benché frastornata.
In realtà, la povera Gwen non ebbe
neppure il tempo di sincerarsi realmente
sulla condizione della malata, che già Sua Maestà l’aveva spedita a
trotterellare per mezzo castello: a cercare Gaius, prioritariamente, ovunque
egli fosse finito; poi, secondariamente, ad avvisare tutte le persone
preoccupate della salute di Linette – Morgana e i cavalieri, i pochi che sapevano la verità.
***
Il medico di corte aveva visitato scrupolosamente la sua
apprendista, per un tempo che al principe era parso infinito. Egli aveva
consumato il pavimento del laboratorio, in attesa del responso,
mentre Gwen si torceva le mani seduta in un angolo
discosto e Lady Morgana torturava l’orlo ricamato della sua preziosa veste.
I tre cavalieri – assenti, poiché erano nel bel mezzo dell’allenamento
quotidiano – sarebbero certamente comparsi per una visita di cortesia nella
veglia successiva.
Alla fine, il verdetto dell’archiatra si era rivelato
favorevole. Linette versava in uno stato di disidratazione che l’aveva debilitata gravemente, e conservava ancora alcune
lievi ferite superficiali; ragionevolmente, non aveva riportato danni
permanenti alla mente o alla vista a causa della febbre, e Gaius aveva
liquidato il suo stato confusionale e la visione sfocata come un sintomo
transitorio, guaribile con il riposo più assoluto.
Il vecchio guaritore reale aveva quindi fatto appello al suo
ruolo – e al potere che esso emanava – e aveva concesso loro solo qualche
attimo per salutare la malata, prima di cacciarli via adducendo la necessità di
totale quiete e silenzio.
La castellana e la sua ancella si erano accomiatate
immediatamente, al contrario dell’erede al trono, che ancora indugiava.
“Questo è per voi.” Gli aveva detto Gaius, porgendogli due
fialette dal colore simile, ma non uguale.
Arthur storse il naso, diffidente, mentre afferrava le ampolline.
“Che cosa sono?”
“Una è un forte ricostituente e l’altra è un potente
sonnifero.”
“Ma io non posso dormire ancora!”
protestò il principe, indeciso su quale fiala restituire. “Mio padre sarà già
su tutte le furie!”
“Sire, avete bisogno di entrambe.” Ripeté l’archiatra,
additando le fiale. “E non preoccupatevi del resto. Stamane, ho avuto modo di
parlare con il re, e Sua Maestà vi ha esonerato dai vostri incarichi fino a
domattina, perciò ora andate a pranzare e a dormire. Di modo che domani siate
nel pieno delle forze.”
Arthur sbatté le palpebre, ancora in parte incerto.
“Come ci sei riuscito? Cosa gli hai…?” pretese di sapere, troppo sollevato dall’aver
scampato un colossale predicozzo per il suo comportamento, anche se non si era pentito – neppure per un istante – di ciò che aveva
fatto.
“Come ogni buon padre, egli pensa solamente al vostro bene...” gli rispose, sibillino.
E, poiché il principe comprese che non avrebbe saputo niente
più da lui, si congedò da lì.
“Tornerò più tardi a vedere come sta…” lo avvisò, additando
alla soglia chiusa della stanzetta.
“Certamente, Sire.” Acconsentì il
vecchio, con un inchino. “Ma non dimenticate le
boccette!” gli rammentò, con un’occhiataccia severa.
Arthur mugugnò un po’ per il rimprovero velato e,
stappandole davanti a lui, le ingurgitò entrambe senza fiatare.
“Beh, grazie.” Rispose alla fine, dopo una smorfia per il
sapore amarognolo, restituendogli i recipienti vuoti.
“Grazie a voi, Maestà. Linette vi deve la vita, e da me
avrete eterna riconoscenza…”
“Ho fatto solo il mio dovere.” Si schermì, guadagnando la
porta per nascondere l’imbarazzo.
No, considerò
Gaius, vedendolo andar via. Avete fatto
molto di più.
***
Una volta rimasto solo, il vecchio medico aveva sospirato
stancamente e poi aveva fatto ritorno nella stanzetta di Merlin.
Con calma e pazienza, si era fatto raccontare dal suo protetto
i fatti salienti di quella terribile avventura – dal rapimento alla liberazione
– e dopo lo aveva davvero lasciato riposare, perché il giovane mago era veramente
stremato.
Cucinando un po’ di brodo ristoratore, e tenendosi successivamente impegnato sminuzzando un’infinità di
ingredienti medicamentosi, Gaius ebbe modo e tempo per riflettere su quanto
aveva appreso.
Egli sapeva che, probabilmente, il suo figliolo non gli
aveva detto tutto, ma lo comprendeva.
Non era stato facile, per lui, riaprire ferite così recenti
e dolorose.
Nel suo sguardo,
l’archiatra vi aveva letto ancora la disperazione di quei momenti in cui aveva
creduto di morire.
E poi c’era la rivelazione scioccante della morte di Ardof. La sua dipartita metteva fine ad
una serie di speranze cullate dal medico e dal suo assistente.
Anche Gaius, come il suo pupillo, era sempre stato
segretamente certo che un nuovo scontro tra i due potenti stregoni avrebbe
ristabilito quell’equilibrio rotto in precedenza, ma non sarebbe stato così.
***
Merlin aveva rimpianto molte cose, da che si era svegliato.
Aveva rimpianto l’abbraccio caldo di Arthur, l’unica cosa
che gli desse conforto e rassicurazione.
Aveva rimpianto le omissioni fatte a Gaius – sulla sua
disperazione, sulla mostruosità di Fenrir,
sull’ambivalenza di sentimenti che sentiva nei confronti della morte del suo
nemico più temibile.
Egli aveva rimpianto di aver già usato l’incantesimo per
annullare un evento, cancellandolo dalla storia, insegnatogli dal drago.
Il bestione gliel’aveva detto, lo aveva avvertito di
ponderare bene la sua scelta e che nel futuro – un futuro
sin troppo prossimo, a ben vedere – avrebbe magari potuto averne maggiormente bisogno.
Ma il giovane mago non l’aveva ascoltato. In
quel frangente, rimanere accanto ad Arthur gli era sembrata la priorità più
impellente e importante.
Eppure, nelle infinite veglie chiuso a sonnecchiare nella
sua cameretta, costretto al silenzio e al riposo, egli aveva riflettuto molto.
Una parte di sé era felice che quel mostro non potesse più nuocere a nessuno – soprattutto ai Pendragon – ma, di contro, avrebbe forse potuto impedire la
morte di Ardof, avrebbe potuto costringerlo a
rivelargli l’incantesimo primigenio, quello che si era scontrato contro la sua
magia mutando, e trasformandolo in ciò che era adesso.
Avrebbe potuto
salvarsi la vita da sé. Ci aveva pensato.
Ma forse era Destino
che l’altra faccia della sua medaglia non lo lasciasse da solo e che lui venisse liberato per mano sua.
Arthur aveva rischiato
tutto per trovarlo e condurlo in salvo.
Questa consapevolezza gli scaldava il cuore e lo
terrorizzava, perché non poteva sopportare di essere stato causa di pericolo
per l’uomo che amava.
E se il principe fosse
stato coinvolto nello scontro con il Lupo? O, peggio, con Ardof?
… Se le cose non
fossero andate così bene?
Merlin ingoiò diverse volte l’angoscia a quel pensiero, così
come il senso di smarrimento che aveva accantonato, ma che era tornato,
prepotente, a reclamare la sua attenzione.
L’incanto non si era rotto. La sua primaria speranza di
ritornare in sé era svanita.
E entro pochi giorni Arthur avrebbe
preteso il ritorno del suo servo… La fine di agosto si preannunciava letale
come una tagliola spalancata davanti alla traiettoria di un animale braccato.
Se il suo padrone
fosse andato a Ealdor, come promesso, scoprendo la
verità… che ne sarebbe stato di lui?
Il povero Merlin non riusciva a godersi una tranquilla
convalescenza: troppi pensieri e troppi timori affollavano la sua mente.
Nell’immediatezza, egli aveva paura che il principe avesse
deciso di allontanare Linette dai suoi consueti compiti, per proteggerla da
eventuali, futuri pericoli…
Forse non avrebbe neppure atteso il ritorno del suo
scudiero, e l’avrebbe sostituita con qualcun altro, in una sostituzione che – il
mago temeva – non riguardasse solo quei pochi giorni di esonero di Lin.
Per quest’insieme di ragioni, lo stregone si sentiva
impotente e demoralizzato. Sfiduciato.
Dopo ogni disavventura, lui si rimboccava le maniche e non
perdeva tempo. Ma quell’ozio prolungato non lo
aiutava. Arthur non reclamava per sé i suoi servigi, veniva giusto a vedere
come stava per qualche minuto, diverse volte al
giorno, ma quasi per dovere. E poi
spariva adducendo mille improrogabili impegni legati al suo ruolo di erede al
trono.
Tuttavia, Merlin conosceva il principe meglio
di se stesso, aveva visto la sua espressione colpevole – Arthur si era già processato e condannato per quell’infelice evento
– e sapeva che il nobile si sarebbe annegato nei sensi di colpa per ciò che era
accaduto alla sua ancella.
Assurdamente, il suo
signore si sarebbe ritenuto responsabile del fatto. E, benché lo scudiero
avesse provato più volte a intavolare un discorso per fargli passare quell’idea
di mente, l’altro rifuggiva ogni tentativo, scappando letteralmente dal
problema, con un sorriso di scuse e una condiscendenza troppo sospetta.
Per questi motivi, e conoscendo il
funzionamento mentale di quell’Idiota Coronato, Merlin viveva nell’ansia che
lui comparisse di punto in bianco e gli dicesse: “Ho deciso che è più saggio
esonerarti per sempre dai tuoi incarichi, nominerò un nuovo valletto personale;
ma tu non temere, puoi rimanere qui con Gaius…” oppure, peggio ancora: “Non preoccuparti se sparisco un paio di giorni.
Vado a riprendermi quell’imbranato di tuo cugino e
torno!”
E invece non era
accaduto.
Agosto stava scivolando inesorabilmente verso la sua fine, e
Arthur non aveva mai nominato Merlin né un suo auspicabile, imminente ritorno.
Lo stregone veniva trattato da
tutti come un infermo, segregato nella sua stanzetta o nel laboratorio di
Gaius, costretto a subire le gentilezze di Gwen e le
premure del suo mentore, senza poter muovere un dito o fare alcunché.
Eppure le forze gli erano tornate completamente, il problema
alla vista – come aveva previsto l’archiatra – si era completamente risolto, e
dei lividi sul suo corpo rimanevano solo pallide tracce che lui aveva fatto
scomparire con la magia, di cui era tornato pienamente in possesso.
Persino la sua indisposizione mensile aveva avuto pietà di
lui e non si era presentata, – ma Gaius sosteneva che ciò fosse dipeso dall’incredibile
scombussolamento vissuto dal corpo di Linette a causa del veleno, della febbre
e di tutto il resto.
Arthur aveva avuto il buon cuore di non chiedere
delucidazioni sull’eventuale arrivo del Buffone.
Questo perché, sussurrava
la parte malevola di Merlin, se aveva
intenzione di destituirlo dai suoi incarichi, non gli
sarebbe più servito saperlo.
***
Fu una sera a cena che, al colmo dell’ansia e dello
sconforto, egli diede sfogo a tutto quello che gli gravava nel cuore.
“Merlin?” lo chiamò il vecchio medico, vedendolo taciturno e
pensieroso davanti al piatto intonso. “Figliolo, cosa ti turba?”
“Temo che il principe non mi voglia più accanto a sé.” Aveva
ammesso al suo maestro, finché questi inzuppava il cucchiaio nella minestra,
mentre lui giocherellava, inappetente, con la propria posata.
“Ne abbiamo già parlato, rammenti? Io credo che ad Arthur serva ancora un po’ di tempo per digerire
tutta questa faccenda…” aveva risposto Gaius, saggiamente.
“E se lui decidesse di licenziarmi?
E se volesse andare a riprendersi Merlin
a Ealdor?!” l’incalzò il
mago, stringendo i lembi della coperta che aveva addosso per combattere la
frescura della sera.
Quello che lui non sapeva era che l’oggetto dei loro
pensieri era arrivato, giusto in quel momento, esattamente dietro alla porta
che li divideva e, sentendosi nominato, egli aveva ceduto nell’ascoltare quella
conversazione, sebbene privata, riabbassando il pugno chiuso a mezz’aria, con
cui aveva intenzione di bussare per chiedere il permesso d’entrare.
“Lascia trascorrere ancora qualche giorno, poi potrai
eventualmente parlarne insieme ad Arthur…”
“E se il principe avesse già deciso tutto? Se mi considerasse un peso
per lui?” sfogò il giovane, senza nascondere l’apprensione e l’amarezza.
“Per ora posso solo dirti di avere pazienza…” ripeté
l’anziano guaritore. “E ora mangia, altrimenti si raffredderà!”
“Mi dispiace, Gaius. Ma non ho fame…” si lagnò la voce di Linette, seppur dispiaciuta.
Quando ritenne lo scambio concluso, il nobile Pendragon si appoggiò al muro, ponderando il da farsi.
Sì, era vero. Aveva seriamente considerato l’idea di
sostituire Lin per evitarle altri rischi, le avrebbe
affidato mansioni più semplici eavrebbe
fatto in modo di non ferirla ulteriormente.
Ma era chiaro che, suo malgrado, l’averla messa in disparte
benché sapesse che era completamente guarita, l’aveva ferita ugualmente e, con
un sorriso triste, egli realizzò che non ne combinava
mai una giusta rapportandosi a lei.
Fu per questo che, seguendo un
impulso istintivo, egli spalancò la porta del laboratorio dimenticandosi
persino di bussare.
La prima cosa che vide, entrando, fu Linette accoccolata in
una coperta, e venne colpito da un vivido ricordo:
l’immagine di Merlin quando, da poco arrivato al suo servizio, gli aveva
salvato la vita bevendo dal calice avvelenato e lui era andato a procurargli il
fiore Morteaus come antidoto, per poterlo guarire da
morte certa.
Con i capelli lunghi
nascosti dentro la stoffa, sembrava proprio lui, pallido e smagrito, e Arthur sentì
un tuffo al cuore.
… Era davvero identica
a Merlin.
“Merl-” sussurrò palpitante, dandosi poi dello sciocco per essersi fatto fuorviare
dalla luce fioca delle candele e dall’ingannevole somiglianza. “Io… ehm…”
tossicchiò dalla soglia, cercando di ricomporsi davanti agli sguardi sorpresi
di Gaius e della sua valletta. “Io… ero venuto a vedere come stavi e…”
gonfiando la pancia, riprese più spavaldo. “E, poiché
ritengo che tu abbia avuto fin troppo tempo per startene in panciolle, è ora di
riprendere i tuoi doveri, non credi?
I miei appartamenti non si riordinano da soli e la mia armatura deve essere
lucidata! La mia spada affilata! I miei abiti rammendati! Non hai poltrito
abbastanza?!” domandò, retorico. “Ti
attendo con la mia colazione, domattina, alla solita ora. E adesso cerca
di mangiare, devi essere in forze!” le ordinò spiccio;
in seguito, senza attendere una vera risposta, se ne andò sbattendo la porta.
Anche se era a dir poco stupito di quell’insolita scenata, Merlin
sorrise al portone d’ingresso, ignorando il fatto che c’era
mancato davvero un soffio – ad Arthur sarebbe bastato ascoltare una sola parola
in più, o arrivare un istante prima per sentire troppo –, e allora il segreto di Linette sarebbe stato inesorabilmente
rivelato.
“Visto? I tuoi
timori erano del tutto infondati!” gli annotò Gaius, annuendo.
“Sì, avevate ragione.” Ammise, con evidente sollievo,
affondando il cucchiaio nel piatto con ritrovata fame.
Fuori da lì, appoggiato
contro lo stipite, anche il principe sorrideva.
Continua...
Disclaimer:I
personaggi di Merlin, citati in questo racconto, non sono miei; appartengono
agli aventi diritto e, nel fruire di
essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.
Ringraziamenti:
Un abbraccio a Tao, che sopporta i
miei scleri. X3
E alla mia kohai che subisce le
mie paranoie. X°D
Note: Nel
capitolo vi è un esplicito riferimento alla puntata 1x04 “Il calice avvelenato”.
In italiano, il fiore che Arthur va a recuperare viene detto ‘Fiore della Morte’, ma ho preferito la versione
inglese ‘Morteaus’.
Nella parte finale del capitolo, ho volutamente preso spunto
dalla fine della puntata citata.
Ho voluto dare una particolare sfumatura al risveglio di
Merlin perché credo che fosse necessario.
So che vederlo così impaurito e irrazionale può sembrare strano, ma nella mia
testa è così perché ha sulle spalle la somma di ciò che ha vissuto. In un certo
senso, mentre era rapito e poi, dopo, nel delirio della febbre, lui non era propriamente in sé. Ora, col risveglio,
ritrovando Arthur accanto a sé, mentre è semicieco e afono e frastornato, si è
rivisto piombare addosso tutto.
Ecco, se non siete d’accordo con me, potete tranquillamente
dirmelo^^, però mi sembrava giusto chiarire in anticipo perché ho scelto di
impostarlo così.
Com’è noto, l’equilibrio ormonale femminile è complesso e
delicato.
Una situazione particolarmente stressante, un’emozione
particolarmente intensa, un repentino cambio di clima, ecc… possono portare ad uno sconvolgimento ormonale e al conseguente
salto/ritardo del ciclo.
Sinceramente, credo che il povero Merlin abbia patito a
sufficienza in quest’avventura, e gli ho dato tregua. XD
Avanti, su. Per una volta almeno, Uther vi ha stupite in positivo o
no? ^.^
Precisazioni al
capitolo precedente e domande varie: (a random)
- Parto ringraziando tutti quelli che mi hanno espresso
parole di conforto (nelle recensioni e via MP) per tutti i problemi che ho
avuto recentemente. Ho apprezzato molto la vostra gentilezza, grazie.
- Sì, il drago coi suoi indovinelli
fa saltare i nervi a tutti, ma ogni tanto dà la dritta giusta. XD
- Sono contenta che vi siate immedesimati/e nei sentimenti
del principe. Significa che ho raggiunto il mio scopo! *_*
- Arthur è davvero migliorato, è cresciuto nel tempo; e mi
piace pensare che sia dovuto a Merlin, sia come uomo sia come donna, perché
rimanendogli accanto tira fuori da lui la parte
migliore che ha dentro.
- Anche io odio come gli autori del
TF hanno massacrato Morgana, per questo la mia
Morgana non sarà mai cattiva in questa storia.
- Ovviamente Merlin non sarebbe morto (disse quella che ha tenuto il protagonista di una sua fic in coma per 40 capitoli X°D) perché altrimenti la fic
sarebbe già finita, ma il sadico della faccenda era soffrire con lui e vedere
cosa poteva capitargli di peggio.^^
- Morgana non è consapevole dei propri poteri, ma ogni tanto
ci regalerà ancora delle profezie.
- Io amo i cliché (l’ho detto fin da subito che avrei
infarcito questa fic ogni volta che avrei potuto),
quindi la cosa di scaldarsi usando i corpi dovevo metterla prima
o poi. XD
- Allora… mi è stato chiesto cosa
prova Arthur per Merlin e per Linette. Secondo me, tutte le risposte sono già
dentro al principe da tempo, ma lui non se ne rende
conto. Oppure ci dà il nome sbagliato, perché non è
ancora pronto ad affrontarle. I prossimi due capitoli, comunque, chiariranno
parecchie cose sui sentimenti del principe verso il mago. Preparate i
fazzoletti.
- Per il ritorno di Merlin bisogna attendere. Ancora.
- Stiamo parlando dell’Asino Reale… davvero credete che gli
arrivi l’illuminazione? A quello
servono i cartelli al neon lampeggianti!
XD
- Gaius ha messo da parte tutte le remore che aveva sul
rapporto fra Arthur e Merlin. Ha capito che al Destino non si comanda! XD
Vi metto BEN QUATTRO anticipazioni
del prossimo capitolo:
“Linette ha bisogno di un addestramento adeguato per
imparare a difendersi. Desidero che sia tu ad
occupartene. Personalmente.” Chiarì,
perentorio. “Sei disposta a farlo?”
“Certamente. Sarà un piacere.”
Rispose la nobildonna, senza tentennamenti.
“Ma… Sire!” guaì
lo stregone, sconcertato dal fatto che quei due avessero
deciso per lui, senza neppure interpellarlo: che novità era mai quella?!
“Lady Morgana! No,
non serve!” riprese, cercando di esprimere il proprio dissenso anche alla dama.
(...)
“Morgana?” la chiamò nuovamente, quand’ella
era già quasi oltre la soglia.
“Sì?” fece, spuntando con la testa riccia dall’intricata
acconciatura.
“Vacci piano con lei…” si raccomandò Arthur.
“Non te la sgualcirò, promesso!” dichiarò la nobildonna,
ammiccando. E, prima che il principe potesse protestare per l’allusione, lei
era scomparsa per davvero.
(...)
Temporeggiare ancora era fuori discussione, così come
rivelare la verità al principe, perciò il giovane espose al maestro l’unica
soluzione possibile, anche se questa gli spezzava il cuore.
La sua priorità
rimaneva sempre e comunque la stessa, si disse, per combattere lo
sconforto.
Anche se Ardof era morto, decine
di altri maghi folli potevano bramare la morte dei Pendragon
e lui non poteva concedersi il lusso di abbassare la guardia su Arthur.
Aveva un dannato Destino
da compiere e l’avrebbe portato fino in fondo.
(...)
Merlin si impose di star calmo e
piantò gli incisivi nel labbro inferiore per trattenere il tremore.
“Che c’è?” si sentì chiedere, mentre deglutiva un groppo di
pianto.
Ma perché era così dannatamente difficile?
“E’…” il mago inghiottì a vuoto, stringendo le dita
ghiacciate contro la carta ruvida della lettera, poi chiuse gli occhi e,
rilasciando un sospiro d’agonia, egli sfilò la missiva dalla tasca del
grembiule. “E’ arrivata una lettera di Merlin. Per voi.”
Avviso di servizio
(per chi segue le altre mie storie): Per risollevarmi il morale dopo la
fine di Merlin, ho iniziato una raccolta comica, Spoiler! Post 5x13“The Once and
Future… Prat.” Nel caso voleste darci un’occhiata (al momento
ci sono 3 capitoli), ne sarei felice.^^
Nei prossimi giorni, credo che darò spazio ad una ficangst+lieto
fine post!5x13, una di quelle bozze nate sull’onda delle emozioni post
finale. Se siete interessati, rimanete sintonizzati. ^^
EDIT 17-1-2013: ecco
la fic in questione: “Wakeme up (Rebirth)” (un piccolo parere è sempre gradito^^)
Un ultimo, importantissimo appello:
per i National TelevisionAwards,
che sarà il 23 gennaio.
Merlin è stata nominato per
Migliore Commedia TV, quindi assicuratevi di votare (e
votare anche per Colin).
Questa è l’ultima possibilità perché il nostro telefilm
preferito e Colin possano ricevere un meritato premio.
Ci voglio 2 minuti, cliccate sul
link della parola ‘votate’ e basta confermare con una mail seguendo la
procedura. SE avete più di un account e-mail, potete votare più volte. Non
costa niente e può fare molto. Spargete la voce!!
Campagna di Promozione Sociale -
Messaggio No Profit:
Dona l’8‰
del tuo tempo alla causa pro recensioni.
Farai felici milioni di scrittori.
(Chiunque voglia
aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio
crede) Come sempre, sono graditi commenti,
consigli e critiche.
Prendo spunto dalle parole che postai esattamente un anno fa, perché le
trovo ancora attuali:
Prendo spunto dalle
parole che postai esattamente un anno fa, perché le
trovo ancora attuali:
Miei cari lettori,
oggi è un giorno speciale, perché Linette spegne tre candeline. *O*
Ebbene sì, sono passati esattamente tre anni da quando ho postato il primo
capitolo di questa storia.
Benché la trama fosse decisa fin
dall’inizio, non avevo preventivato che diventasse così lunga, ma sono felice
di dare spazio a personaggi ed eventi che, in origine, erano solo piccole
comparse.
E vorreiringraziare chi è rimasto fedele a questa fic: chi dall’inizio, chi da più
tardi; e salutare chi ha perso interesse o segue silenziosamente. Grazie per ogni commento ricevuto, per ogni consiglio
ragionato, per ogni frase d’incoraggiamento.
L’annuncio importante di oggi è che mancano giusto venti capitoli
alla fine. La storia è quasi tutta scritta, va però accomodata, limata e betata con calma (perché voglio fare le cose per bene). Quindi entro l’inverno, prima di Natale, arriveremo alla sua
conclusione.
Fra un anno da ora, salvo imprevisti, saremo nel bel mezzo
del suo seguito-raccolta.
Spero che continuerete a commentare – vecchi e nuovi lettori! – e a sostenermi,
fino alla fine della storia. Io, da parte mia, cercherò di proseguire
dando il massimo delle mie possibilità, perché credo che il meglio, in Linette,
debba ancora arrivare...
Vi voglio bene. Ely
SPOILER FREE: Ricordo che questa storia NON
contiene/conterrà volutamente alcuno
spoiler della quinta stagione; eventuali
coincidenze sono appunto casuali coincidenze (è già successo e
succederà in capitoli che ho già pronti).
Questo capitolo inizia
pochi giorni dopo il precedente. Cronologicamente, partiamo da fine agosto (7°
mese dall’arrivo di Linette a Camelot)
in avanti.
Riassunto generale: Merlin
è abituato a salvare la vita all’Asino Reale senza che questi se ne accorga, ma
stavolta non tutto va per il verso giusto. Colpito dall’incantesimo del
malvagio Ardof, il nostro mago farà i conti con una
sconvolgente novità: egli si risveglia trasformato in una donna.
Solo Gaius conosce il suo segreto e, finché non troverà il modo di tornare
normale, dovrà inventarsi delle scuse plausibili e prendere
il posto di se stesso al servizio del principe. Come riuscirà a conciliare
questa ‘nuova situazione’? Come si evolverà il suo rapporto con Arthur?
Riassunto delle
ultime puntate: Il malvagio stregone Ardof è
morto, ma la sua maledizione non si è sciolta.Merlin, rapito dal crudele Fenrir, viene infine ritrovato da Arthur, liberato e ricondotto a Camelot per essere curato. Dopo tre, interminabili giorni,
in bilico fra vita e morte, finalmente Linette si ristabilisce e tutto sembra
tornato alla normalità. Invece, è tempo per Merlin di prendere una dolorosa,
inevitabile decisione…
TheHe in theShe
(l’Essenza dentro l’Apparenza)
Capitolo LXIX
Le catastrofiche previsioni di allontanamento, fatte da
Merlin, non si erano realizzate.
Linette non era stata destituita e rimpiazzata da qualcun
altro e Arthur – da che lei aveva ripreso servizio – si era dimostrato il
solito Asino Reale di sempre e, oltre a ragliare ordini, capricci e malumori,
all’apparenza nulla era cambiato nell’economia della loro quotidianità.
All’apparenza, appunto.
Con un’analisi più attenta, si sarebbe notato che il
principe aveva preso l’abitudine di tenersela più vicina, come se
inconsciamente avesse voluto proteggere la sua valletta da tutto.
Se la trascinava dietro agli allenamenti e nelle questioni
di ordinaria amministrazione nel borgo, quasi che – avendola sott’occhio –
cullasse l’illusione che nulla potesse arrecarle mai più danno.
Lin poteva compiere autonomamente
le proprie mansioni all’interno del castello, ma altra faccenda era l’uscita
dalle mura di Camelot.
Se doveva recarsi nei campi limitrofi a raccogliere erbe
medicinali per Gaius – cosa che fino a quel momento aveva sempre fatto in
completa solitudine – Linette veniva ora scortata da
qualcuno di fiducia – dai cavalieri, o dalle guardie incaricate dal principe,
talvolta persino da Arthur stesso che, con la scusa di volersi distrarre un po’
dai suoi doveri, si armava di tutto punto (manco dovesse andare in guerra) e
fingeva di sonnecchiare a distanza di sicurezza da lei, mentre la fanciulla
compiva il proprio dovere e riempiva il cesto di erbe e radici curative.
Da quell’infausto dì del rapimento, l’erede e la sua
servitrice non erano più andati a caccia da soli.
Ed erano passati diversi giorni prima che i due osassero
toccare quell’argomento; ma il mago era certo che Sua Maestà avesse angustianti
remore a parlarne, per non riaccendere dolorosi ricordi.
Tuttavia, quando procrastinare
divenne impossibile – tra i nobili, infatti, si speculava sul perché il giovane
Pendragon non praticasse più il suo passatempo
preferito –, una sera a cena, mentre consumavano come d’abitudine il pasto
insieme, l’erede al trono aveva espresso la volontà di una sortita venatoria.
Forse, egli si era aspettato dalla sua valletta una qualche
reazione negativa, ma Merlin era stato ben attento a non
dimostrare qualsivoglia rifiuto. Lo stregone, invero, non voleva in alcun modo
gravare sui sensi di colpa del suo padrone e, segretamente, egli era convinto
che prima avessero ripreso a condurre la loro vita con normalità e più in
fretta tutti avrebbero dimenticato quella spiacevole disavventura.
Fu per questo che egli accolse la
notizia con un sorriso rassicurante, promettendo che l’indomani, all’alba,
sarebbe stato tutto pronto per la partenza.
Quello che lo stregone non si aspettava, uscendo dal portone
con Sua Maestà diretti alle scuderie, era di trovarsi davanti a metà dei
cavalieri di Camelot, già predisposti
in sella.
Uniti a loro, vi era un numero imprecisato di battitori,
scudieri e nobili, anch’essi organizzati, in attesa di un cenno del principe.
Linette aveva aggrottato le sopracciglia, stupita,
voltandosi verso l’erede al trono per avere da lui una spiegazione, ma il
Babbeo Reale aveva finto di non cogliere la sua sorpresa e, con un agile balzo,
si era diretto verso la propria cavalcatura lasciandola lì a boccheggiare.
Allorché, qualche giorno dopo, la
cosa si era ripetuta, Merlin comprese che la prima caccia non era stata solo
un’eccezione, ma una nuova regola.
Adesso, poteva anche
dire addio ai momenti di libertà e pace che si concedeva col principe mentre
erano lontani da palazzo.
Non avrebbero più
potuto abbassare le barriere imposte dai rispettivi ruoli e godersi qualche
giornata di divertimento, senza dover dimostrare nulla a nessuno.
Davanti alla sua gente, era necessario che il figlio del re primeggiasse
su tutto e su tutti: nei tiri di assoluta precisione, nel numero di prede
avvistate e uccise, nella scaltrezza degli inseguimenti.
Alla fine, Arthur avrebbe
cacciato per dovere e non per piacere.
E, certo, avrebbe portato a termine il suo compito
divertendosi ugualmente, vezzeggiando il proprio orgoglio davanti ai suoi
uomini, ma a quale prezzo?
Il mago rimpianse tra sé la decisione del principe, anche se
sapeva di esserne la causa indiretta.
Tuttavia, egli era conscio che sarebbe stato inutile
parlarne col suo padrone. Il nobile sarebbe stato irremovibile a riguardo.
***
Un’altra cosa che avrebbe spiazzato Merlin accadde pochi
giorni dopo la fine della sua convalescenza.
Egli stava rassettando gli appartamenti del nobile Pendragon, mentre quest’ultimo, seduto alla propria
scrivania, era intento a leggere un dispaccio affidatogli dal re, quando
qualcuno bussò al portone d’ingresso.
Lo scudiero fermò la scopa a mezz’aria, incuriosito dalla
visita inattesa, quando Arthur diede all’ospite il permesso d’entrare.
Grande fu lo stupore del servo, allorché
Lady Morgana fece la sua svolazzante comparsa.
“Mi hai fatta chiamare,
fratellino?” cinguettò ella, rispondendo con un cenno del capo all’inchino di
Linette.
“Sì, Morgana. Debbo
chiederti un favore.” Le rese noto, giocherellando con
la penna d’oca che teneva in mano.
Il luccichio di soddisfazione, che balenò negli occhi verdi
della castellana, precedette il sorriso sagace che le affiorò sulle labbra
carnose.
“Sono a tua completa disposizione, mio caro fratello. Orsù, dimmi.”
Arthur si prese il tempo di posare la penna nel calamaio e
di adagiarsi contro lo schienale foderato dello scranno, poi scambiò con lei un lungo sguardo fatto di parole non dette.
“Linette ha bisogno di un addestramento adeguato per
imparare a difendersi. Desidero che sia tu ad occupartene.
Personalmente.” Chiarì, perentorio.
“Sei disposta a farlo?”
“Certamente. Sarà un piacere.”
Rispose la nobildonna, senza tentennamenti.
“Ma… Sire!” guaì
lo stregone, sconcertato dal fatto che quei due avessero
deciso per lui, senza neppure interpellarlo: che novità era mai quella?!
“Lady Morgana! No,
non serve!” riprese, cercando di esprimere il proprio dissenso anche alla dama.
“Invece è necessario.” Contestò il principe, rivolgendosi
finalmente a Lin. “Mi rammarico di non averci pensato prima d’ora; tuttavia,
ormai è inutile recriminare.
Questa decisione è per la tua incolumità e può sempre
tornarti utile in futuro. Provvederei io stesso al tuo allenamento, ma i miei
impegni mi ostacolano in ciò e soprattutto ritengo che Morgana sia la persona
più indicata. La sua preparazione con le armi è pressoché perfetta.” – A quelle parole, la protetta del re non si diede pena di
celare la soddisfazione provata per l’esplicito apprezzamento. – “Modestia a parte, ha avuto me come
maestro.”
Davanti a quella spacconata, l’espressione gaudente della
dama divenne una smorfia disgustata.
“Ehi, Semola!” lo
sgridò, imbronciandosi, incrociando le braccia per protesta.
Arthur finse di non sentirla e continuò: “Al
contrario di mio padre, io sono a conoscenza del fatto che lei non ha mai
smesso di allenarsi, in tutti questi anni. Conosco il livello della sua
bravura, nell’arco e con la spada può rivaleggiare con i miei uomini migliori…
E, in quanto donna, saprà valutare al meglio la tua
forza e la tua resistenza.”
“Dunque… è già tutto deciso?”
soffiò il mago, impotente.
“Sì, mia cara.” S’intromise la Veggente, piazzandosi tra
Linette e il principe. “Vedrai, sarà divertente!” la allettò, congiungendo le
dita ingioiellate all’altezza del seno prosperoso. “Se non affinerai la tua mira coi coltelli,
poi potrebbe sempre sfuggirtene qualcuno… quando un certo asino è nei paraggi, per
esempio…” le suggerì, facendole l’occhiolino con complicità.
“Morgana!” ruggì
il principe, arrossendo, mentre Merlin – suo malgrado – scoppiava a ridere.
“Oh, bene!” si tranquillizzò la pupilla del sovrano, vedendo
l’ancella meno preoccupata. “Ti aspetto ogni giorno nei miei appartamenti, indossa
un abbigliamento comodo e non dimenticare di passare precedentemente
per l’armeria…” le appuntò, prima di imboccare l’uscita.
“Morgana?” la richiamò il nobile. “Cosa
vorresti come ricompensa per i tuoi servigi?”
La dama si mise un mano sul cuore,
fingendosi scandalizzata. “Mi consideri così veniale, fratellino?” lo accusò. Però, un
istante dopo, ridivenne seria. “La soddisfazione dei suoi progressi mi
ripagherà della fatica.” Gli spiegò, sorridendo.
“Assieme ad un nuovo gioiello, la tua soddisfazione si
accrescerebbe un po’ di più?” la provocò lui, con un ghigno.
“Un gioiello non si rifiuta mai, no?” stette al gioco,
afferrando la maniglia.
“Morgana?” la chiamò nuovamente, quand’ella
era già quasi oltre la soglia.
“Sì?” fece, spuntando con la testa riccia dall’intricata
acconciatura.
“Vacci piano con lei…” si raccomandò Arthur.
“Non te la sgualcirò, promesso!” dichiarò la nobildonna,
ammiccando. E, prima che il principe potesse protestare per l’allusione, lei
era scomparsa per davvero.
“Beh, ehm…” tossicchiò il servo, sentendo un vago rossore
sulle guance.
“Non. Osare. Fiatare.” Sibilò il
nobile, ancor più indispettito per l’imbarazzo, colpendo con un pugno il tavolo
per la frustrazione. La penna d’oca vibrò in risposta e
cadde dal calamaio, spargendo indelebile inchiostro sul documento del re...
***
Con l’inizio di settembre, il mago – temendo
quell’inevitabile momento – si era aspettato che il principe gli nominasse il
mancato ritorno del suo scudiero lavativo, e fu per questo
che, anticipando le mosse di Sua Maestà, egli discusse nuovamente con il suo mentore il da
farsi.
Dopo avergli ricordato ciò che aveva detto ad Arthur,
quand’era stato messo alle strette da lui – e cioè che Merlin sarebbe tornato
da Ealdor entro la fine del mese d’agosto, dopo aver
festeggiato Lughnasadh e contribuito alla mietitura
di frumento e orzo –, lo stregone diede voce all’inutile constatazione che
agosto fosse passato e che Merlin non era tornato. Quale altra scelta avevano, ora che Ardof era morto e la fine di quel calvario sembrava sempre
più lontana, se non addirittura inarrivabile?
Temporeggiare ancora era fuori discussione, così come
rivelare la verità al principe, perciò il giovane espose al maestro l’unica
soluzione possibile, anche se questa gli spezzava il cuore.
La sua priorità rimaneva
sempre e comunque la stessa, si disse, per combattere lo sconforto.
Anche se Ardof era morto, decine
di altri maghi folli potevano bramare la morte dei Pendragon
e lui non poteva concedersi il lusso di abbassare la guardia su Arthur.
Aveva un dannato Destino
da compiere e l’avrebbe portato fino in fondo.
“Siamo agli sgoccioli della sua pazienza.” Disse Merlin,
tetro, rivolto al suo maestro, mentre questi gli porgeva
la colazione. “Perciò stanotte ho riflettuto a lungo… ma ho avuto una sola idea”
premise, restio a spiegare quell’unica possibilità, perché si aspettava che
Gaius non sarebbe stato d’accordo con lui. “Potrei far chiedere a Linette un
permesso di qualche giorno e voi la manderete… non so… in un villaggio vicino a
Camelot per delle
commissioni? E io, intanto, sfrutterò la sua assenza
per comparire con un incantesimo di mutazione!”
Come previsto, il vecchio medico sbarrò gli
occhi contrariato: “Ma è pericoloso!”
“Lo so, però ho trovato una formula magica che permette
temporaneamente di assumere le altrui sembianze e berrò la pozione ottenuta,
poi andrò da Arthur e mi congederò da lui definitivamente.” Merlin aveva gli
occhi lucidi.
“Figliolo, è davvero
azzardato, e non sai gli effetti collaterali di quest’incanto, la durata… ma,
ancor più, ragazzo mio, con che cuore ti separerai dal principe?” gli chiese Gaius,
con affetto paterno.
“Sarà straziante, ma necessario.”
“E se lui si rifiutasse di lasciarti ripartire? Se ti
mettesse in prigione per trattenerti?”
“No, Arthur non-” balbettò, turbato.
“Rischieresti di far saltare anche la copertura di Linette…”
“A questo non avevo pensato.” Si rammaricò.
“Oltretutto, riflettici bene: anche ammesso che il principe non
si chieda come mai tu sei ricomparso proprio quando Linette non è presente,
lui non ti concede neppure più di uscire dal castello senza una scorta – un
altro po’, e ti farà seguire persino nelle cucine! –, e non ti permetterà mai di allontanarti da sola fino ad un villaggio che dista
giorni di cammino da qui! Se questo piano fosse stato attuato prima del tuo
rapimento, avrei forse potuto prenderlo in considerazione con le dovute
varianti; ma, alla luce dei recenti fatti, mi sento di suggerirti vivamente di scartarlo.”
“E allora, cosa ci resta da fare?!”
sbottò il mago, a metà strada tra l’esasperazione e lo sconforto.
“Devi scrivergli una lettera. A questa non si potrà opporre,
nonse gliela presenterai come un dato di fatto.”
“Avete ragione. Temo non ci sia altra scelta.” Capitolò
infine. “Arthur se ne farà una ragione.”
“E che motivazione gli scriverai?” domandò il cerusico,
sinceramente addolorato per lui e per tutta quella penosa situazione.
“Semplice.” Merlin
sorrise tristemente, dopo aver riflettuto appena pochi attimi. “Semplicemente,
continuerò la mia farsa…”
***
Consapevole che quello che stava per fare avrebbe
portato solo dolore, Merlin decise che non avrebbe atteso un giorno di più. Non
avrebbe aspettato che fosse Arthur a parlargli nuovamente delle sue speranze, speranze che egli avrebbe dovuto infrangere.
Aveva passato tutta la mattinata a scegliere, nella sua
testa, ogni parola con cura e, dopo aver svolto una parte dei propri compiti e
gli allenamenti con la protetta del re, egli aveva vergato quella dannata
lettera per il suo signore.
Poi… poi avrebbe atteso l’ora di pranzo per consegnargliela.
Era l’unica delicatezza che avrebbe
potuto concedergli, prima di infliggergli quel colpo inesorabile.
Potendo solo immaginare come avrebbe reagito l’erede al
trono alla notizia, egli aveva fatto in modo che ci fosse per lui del tempo
privo d’impegni – un’intera veglia in cui Arthur avrebbe potuto digerire
l’annuncio prima di tornare ai propri doveri.
***
“Ho incrociato Morgana in corridoio, poco fa, e mi ha
riferito che stamattina sei stata molto distratta durante l’addestramento.”
Premise il principe, rientrando nei propri appartamenti per pranzare. “Grave errore! Non devi mai deconcentrarti mentre maneggi
un’arma. Intesi?” la redarguì, con lo stesso tono con cui un
padre avrebbe rimproverato un figlio indisciplinato dopo aver parlato col suo
precettore, benché in realtà fosse solo un consiglio.
Tuttavia, l’ancella sembrava non dargli
retta e, aspettandosi una risposta che non arrivò, Arthur la sollecitò: “Lin-Lin? Ma mi ascolti?”
insistette, slacciandosi il cinturone con la spada per sedersi più comodamente
a tavola, avvicinandosi alla sua serva per consegnarglielo affinché lo
riponesse temporaneamente.
Fu incrociando il suo
sguardo che egli comprese qualcosa. Accorgendosi solo in
quel momento della sua espressione strana, degli occhi sfuggenti.
Merlin si impose di star calmo e piantò
gli incisivi nel labbro inferiore per trattenere il tremore.
“Che c’è?” si sentì chiedere, mentre deglutiva un groppo di
pianto.
Ma perché era così dannatamente difficile?
“E’…” il mago inghiottì a vuoto, stringendo le dita
ghiacciate contro la carta ruvida della lettera, poi chiuse gli occhi e,
rilasciando un sospiro d’agonia, egli sfilò la missiva dalla tasca del
grembiule. “E’ arrivata una lettera di Merlin. Per voi.”
“E perché non me l’hai detto subito?!”
immediatamente il principe si animò, piacevolmente colpito dalla sorpresa, scattando
in piedi incurante del pasto che si raffreddava. “Quell’idiota! Era ora che ci desse sue
notizie!” esclamò, per stemperare l’eccessiva gioia e darsi un po’ di contegno.
“Su, su! Dai qua!” la incalzò, con
le mani che gli prudevano d’impazienza. “Dice quando torna?”
Linette gli consegnò la pergamena, sentendosi terribilmente colpevole.
Ma Arthur, così preso dalla novità,
sembrava immune al suo atteggiamento cupo e parve non accorgersi realmente che
qualcosa non andava in lei.
Almeno fino a quando
non strappò il sigillo malandato.
“Tu… l’hai già letta?” le chiese, con un’improvvisa remora,
trattenendola a mezz’aria.
Merlin scosse il capo, senza riuscire a trovare le parole. Con uno sforzo indicibile e la voce roca, egli sussurrò: “No, Sire.
Ma ne ha scritta una anche… per me e Gaius, e… temo che il contenuto sia il
medesimo…”
“Ci… ci sono brutte notizie?” si allarmò
il giovane Pendragon, preoccupandosi.
“No, non per lui…” rispose lo stregone, sentendo le lacrime
impigliate nelle ciglia. “Ma non vi piacerà. Mi
dispiace, davvero. Arthur, io… oh- mi dispiace.” Farfugliò, incoerente,
voltandogli le spalle perché non poteva sopportare oltre il suo sguardo
sconcertato.
Riflesso nel vetro della finestra, con l’immagine deformata dalle lacrime che si erano ribellate alla sua volontà,
Merlin vide il principe chinare il capo e stringere la carta, a mano a mano che
leggeva.
Ormai sapeva a memoria ogni riga, ma questo era solo un peso
aggiunto ai suoi sensi di colpa.
Arthur,
(non
so esattamente come dovrei rivolgermi a Voi, se con un servile ‘Vostra
Altezza’, oppure con un amichevole ‘Babbeo Reale’).
Ad
ogni modo, Vi parlerò come ad un amico, abbandonando
le formalità dell’Etichetta (anche perché difficilmente potreste spedirmi alla
gogna adesso!).
Sono
certo che in questo momento mi stiate dando dell’idiota, e probabilmente avete
ragione a farlo...
Tuttavia,
Vi scrivo per metterVi a conoscenza di una mia
importante e irrevocabile decisione.
Mia
madre, dopo la malattia che l’ha colpita e gravemente provata, e successivamente all’epidemia che si è diffusa a Ealdor – da cui, grazie a Dio, siamo entrambi scampati –,
ha deciso di rivelarmi il nome di mio padre e le ultime informazioni in suo
possesso su dove egli fosse.
Conseguentemente
a ciò, ho maturato la scelta di andare a cercarlo, ovunque egli sia, poiché
desidero con tutto il cuore conoscerlo e poterlo abbracciare almeno una volta
in vita mia.
Non
so quando leggerete questo mio scritto (i mercanti in viaggio verso Camelot, che transitano per il
villaggio, sono sempre più rari), ma domattina partirò con una carovana di
passaggio per recarmi in direzione della Capitale e poi imbarcarmi verso Le
Terre Ferme.
Sono
sinceramente addolorato per il disagio che Vi recherò; amo ancora la mia vita a
Camelot e il mio ruolo di
Vostro servitore personale, ma sento che devo partire.
So
che comprenderete le mie ragioni. Se vi fosse anche la più piccola possibilità
di riabbracciare Vostra madre, sono certo che anche Voi la tentereste.
Non
vi sto chiedendo il permesso, beninteso, vorrei solo la Vostra approvazione.
La
prima volta che ci dicemmo addio, fu quando partii per tornare a Ealdor, per proteggere mia madre dagli attacchi di Kanan.
Anche
allora, Voi comprendeste.
Oggi,
mi ritrovo ad esporvi le medesime ragioni.
Non
so ancora quanto starò lontano – sei lune? Due primavere? Chi può dirlo? –, ma
non voglio lasciare nulla d’intentato e, se anche perissi durante l’impresa,non avrò rimpianti.
So di lasciarVi in buone mani con Linette, e questo
mi rende almeno più sereno.
Vi
giuro che conserverò sempre, dentro di me, il ricordo di ogni giorno passato
con Voi, le avventure condivise e ogni occasione avuta.
Difficilmente
si può dimenticare il Vostro caratteraccio e l’asineria che Vi
è peculiare; tuttavia, so che avete un buon cuore e un giorno sarete un grande
sovrano, valoroso e generoso con il Vostro popolo.
A
Dio piacendo, mi auguro di rivederVi in futuro, e magari,
quando accadrà, sarete già re di Camelot.
Cercate
di conservarVi in salute, come immagino che siate,
poiché qui non arrivano notizie di Camelot
(comprenderete che re Cenred non ama ricevere certi ragguagli
sui regnanti nemici).
Mi
accingo a salutarVi, è tempo degli addii.
ConoscendoVi, scegliereste una virile pacca sulla spalla di
commiato, ma io preferisco offrirVi il più fraterno
degli abbracci.
Con
immutata stima.
Merlin
Continua...
Disclaimer:I
personaggi di Merlin, citati in questo racconto, non sono miei; appartengono
agli aventi diritto e, nel fruire di
essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.
Ringraziamenti:
Un abbraccio a Tao, che sopporta i
miei scleri. X3
E alla mia kohai che subisce le
mie paranoie. X°D
E un grazie speciale a Sheireen_Black 22
e Burupya, che stanno recuperando tutta Linette in questi
giorni e hanno scelto di lasciare un commento in ogni capitolo. So che è un
lavoraccio, ma l’ho apprezzato tantissimo! *O*
Note: Ehm…
abbassate i fucili, vi prego! *offre fette di torta virtuale di Linette*
Sì, lo so. E’ una cattiveria finire il capitolo così. Ed è
un capitolo triste, non proprio adatto a festeggiare un compleanno… ma questo
passa il convento! XD
Nell’economia della storia, esso serve perché Merlin ha
appena raggiunto una tappa importante della trama.
Dal prossimo, il 70°, cambieremo ritmo narrativo e ci
rimboccheremo le maniche, ok? Prometto che mi farò perdonare… e vi strapperà un
sorriso. ^^
Oltretutto, in questo momento mi piacerebbe che provaste ad immedesimarvi in Arthur (perciò non ho messo già la sua risposta)
e vorrei sapere come immaginate che abbia reagito, cosa abbia provato…
Nel capitolo vi è un esplicito riferimento alla puntata 1x10
“Il momento della verità”.
Merlin fa accenno ad una formula/incanto/pozione
che permette temporaneamente di assumere altrui sembianze.
Avendo scritto questo pezzo molto prima di vedere nel
telefilm il personaggio di Dragoon 3x10 “Regina di
cuori” (e mi fermo, per non fare spoiler) e anche prima della puntata 3x04 “Galvano”
in cui viene invece usato un amuleto stregato per il
cambio d’identità, io l’ho immaginata più come una “Pozione Polisucco
ante litteram” di potteriana memoria, anche se – ad
onor del vero – favole, miti e storie sono pieni di questo espediente (La Regina Cattiva di Biancaneve ha
fatto scuola! XD).
Vorrei spendere due parole motivando la decisione di Merlin,
che sceglie di parlare del padre di cui non conosce
nulla.
Lui sa che è meschino tirare in ballo la
propria madre e la regina Ygraine, ma non può
fare altrimenti.
Io desidero che si capisca che non è una scelta fatta a cuor
leggero, la sua.
Vi ricordo anche che questa fic
non terrà mai conto degli eventi della puntata 3x12 “L’Ultimo Signore dei
Draghi” né di “Galvano” nella quale Merlin fa un breve accenno a Gwaine sul padre mai conosciuto, in
quanto Linette è un racconto whatif innestato dopo la prima stagione.
Come vi ho già detto in passato, però, continuerò a
sfruttare qualche informazione del telefilm a mio vantaggio, rimaneggiandola a
mio piacere.
Per esempio, Arthur stesso, nella puntata 2x08 “I peccati
del padre” mentre sono in viaggio per raggiungere Morgause,
confessa a Merlin che lui farebbe di tutto per vedere sua madre, Ygraine, e gli chiede se non sarebbe disposto a fare
altrettanto per conoscere suo padre.
Questo pezzo del telefilm ha confermato la mia trama: Arthur,
per restare IC, non si sarebbe mai opposto alla partenza di Merlin, non con una motivazione così.
Precisazioni al
capitolo precedente e domande varie: (a random)
- Sono contenta che Uther vi abbia
stupite in positivo. ^^
- Nel prossimo capitolo, leggerete i pensieri diretti di
Arthur riguardo a Merlin, alla sua partenza e al loro legame. Così finalmente
saprete cosa frulla nella testaccia dell’Asino Reale!
- Sono contenta che il risveglio e la reazione di Merlin vi
siano parsi verosimili.^^
- Nessuno ne ha fatto menzione nei
commenti, ma nel risveglio di Merlin c’è una corrispondenza a quello del
principe ferito, dopo il famoso Torneo con lo scorpione (cap
40 ibidem).
- Sì, c’è mancato davvero poco che Arthur scoprisse la vera
identità di Linette… ma, prima di quella, deve scoprire altri segreti! ^.^
- Mi è stato chiesto: “Se Arthur avesse pronunciato il nome
completo di Merlin, lui sarebbe tornato normale?”
La risposta è “NI”. Era molto, ma non sarebbe bastato. Perché
serve la vera consapevolezza, da parte sua, che Lin è
Merlin. In quel momento, Arthur ci è arrivato vicino, ma era comunque un
abbaglio, non era una cosa ‘pienamente cosciente’. Come invece ha detto il
drago, deve ‘vedere/accettare’ completamente la sua essenza nascosta.
- No, Gwaine non ci sarà proprio
in questa storia e… non ne sentirò la mancanza. LOL
- Invece Lancelot e Gwen sì, si riuniranno prima della fine.
- Arthur e Merlin si baceranno, sì. Quando meno ve lo
aspettate. Bwahahaha! XD
- Sì, Merlin tornerà uomo. Ma non
posso rivelare quando, altrimenti vi rovinerei la lettura.
Vi metto BEN QUATTRO anticipazioni
del prossimo capitolo:
Se solo Merlin avesse
saputo allora qual era il valore affettivo di quel foglio per il principe, si
sarebbe risparmiato tempo e dolore, ma il Fato aveva deciso diversamente e il
povero servo – convinto che oramai fosse solo cenere – aveva smesso di
pensarci.
(...)
“Hai un buon profumo.” Si lasciò sfuggire Arthur, in un
sussurro così lieve che il mago si chiese se fosse unicamente frutto della sua
immaginazione.
Probabilmente sì, se
lo era solo immaginato, perché puzzava di sudore e polvere, e odore di stalla e chissà cos’altro.
Eppure, istintivamente, annusò l’aria attorno a sé e la
manica dei propri abiti, la più vicina al suo naso.
“Anche Merlin sapeva sempre di erbe officinali e fiori di
campo.” Riprese il principe, come se parlasse da solo.
(...)
Avvolgendosi nelle sue umili coperte, adagiato nel suo
lettuccio, il mago sospirò per tutta la spossatezza fisica ed emotiva che aveva
sopportato. Sarebbe mai riuscito ad addormentarsi?
L’unica magra consolazione era che quel giorno era finalmente finito. Il peggio, dunque, doveva essere passato,secondo Merlin.
(...)
“Mi hai capito?” domandò, vedendo impallidire la sua serva
ammutolita.
Nelle orecchie del mago c’era solo un basso ronzio che gli
provocava di riflesso la nausea.
No, dannazione, no! Gridò
interiormente. Arthur non poteva
cacciarlo proprio adesso che aveva trovato la scusa migliore per la propria
assenza!
Avviso di servizio
(per chi segue le altre mie storie): negli ultimi 15
giorni, ci sono parecchie novità.
Motivo del lieve ritardo: settimana allucinante e non dico altro
Motivo del lieve ritardo: settimana allucinante e non dico altro. U.U Ma oggi ho puntato la sveglia all’alba per caricare il
capitolo. Contenti? ^^
SPOILER FREE: Ricordo che questa storia NON
contiene/conterrà volutamente alcuno
spoiler della quinta stagione; eventuali
coincidenze sono appunto casuali coincidenze (è già successo e
succederà in capitoli che ho già pronti).
Questo capitolo è il
seguito diretto del precedente. Cronologicamente, siamo ai primi giorni di
settembre (7° mese dall’arrivo di Linette a Camelot).
Riassunto generale: Merlin
è abituato a salvare la vita all’Asino Reale senza che questi se ne accorga, ma
stavolta non tutto va per il verso giusto. Colpito dall’incantesimo del
malvagio Ardof, il nostro mago farà i conti con una
sconvolgente novità: egli si risveglia trasformato in una donna.
Solo Gaius conosce il suo segreto e, finché non troverà il modo di tornare
normale, dovrà inventarsi delle scuse plausibili e prendere
il posto di se stesso al servizio del principe. Come riuscirà a conciliare
questa ‘nuova situazione’? Come si evolverà il suo rapporto con Arthur?
Riassunto delle
ultime puntate: Il malvagio stregone Ardof è
morto, ma la sua maledizione non si è sciolta.Merlin sa che la pazienza di Arthur si sta esaurendo e, incapace
di trovare una soluzione immediata al proprio problema, gli fa recapitare una
lettera di commiato, adducendo come motivazione un lungo, importantissimo
viaggio alla ricerca del padre mai conosciuto. Al principe non resta che subire
questa sua scelta… ma come reagirà?
Dedico l’aggiornamento a chi ha
recensito il precedente capitolo, dando un benvenuto particolare a chi ha fatto
una maratona dei 69: ammiro il vostro coraggio, e
grazie della fiducia! E’ davvero una cosa preziosa per me!
E a quanti commenteranno (SE vi
va di recensire anche dei capitoli più indietro di questo, il vostro parere non
andrà perduto!).
Ai vecchi e ai nuovi lettori.
Grazie.
TheHe in theShe
(l’Essenza dentro l’Apparenza)
Capitolo LXX
Il principe aveva riletto l’intera pergamena perlomeno tre
volte, nel più assoluto raccoglimento e nella più completa concentrazione,
senza staccare gli occhi dal foglio neppure per un istante, quasi che, a furia
di ricontrollarlo, da esso potessero uscire ulteriori
informazioni che dapprincipio non aveva notato oppure vi comparissero frasi
diverse che contraddicevano quanto aveva appreso. Eppure no, nessuna nuova riga gli faceva capire di essersi sbagliato,
di aver frainteso.
La carta era rovinata, le parole sbavate in più punti, come
se fossero state sciupate da gocce d’acqua – forse pioggia? Quali traversie aveva vissuto, prima di giungere a Camelot?
Arthur non poteva sapere che, in realtà, quelle erano le lacrime
versate da Merlin mentre la scriveva.
Quelle che non aveva saputo trattenere, mentre mentiva all’uomo che amava e
gli diceva addio.
Era stato un supplizio, per lui, usare quel tono leggero e
irriverente con la morte nel cuore.
Ma Merlin aveva preferito rimanere così, nei
ricordi del principe.
Insolente e sfrontato,
dispiaciuto e ottimista, mentre salutava il suo passato per intraprendere
un’avventura piena d’incertezze e di speranze.
Merlin era così, e
così avrebbe dovuto ricordarlo Arthur.
Anche se sembrava
falso tutto quello che aveva detto Linette su di lui, per ogni volta che aveva
illuso il principe di un suo prossimo ritorno, anche se ora si pentiva di aver istigato
la sua speranza.
Il mago era consapevole
di star calpestando l’amicizia e la fiducia che il nobile aveva in lui.
Non era passato
neppure un anno da che aveva solennemente giurato di servirlo sino alla morte,
e già si ritrovava a fargli credere di averlo tradito. Sarebbe passato per
bugiardo. Ma che altro avrebbe mai potuto fare?
Fu il silenzio del giovane Pendragon
a distoglierlo dai suoi travagli interiori.
Merlin sapeva che lui non l’avrebbe presa bene, ma che, al
contempo, non avrebbe potuto biasimarlo per la sua scelta.
Se anche lui avesse
avuto la possibilità di conoscere sua madre, si sarebbe precipitato all’istante,
perciò poteva capirlo.
Tuttavia, all’udire la notizia, il mago s’era
aspettato che Arthur strepitasse, s’arrabbiasse e promettesse eterne punizioni.
E invece se n’era rimasto zitto, con lo sguardo spento. Con
la lettera accartocciata tra le mani strette a pugno, aveva guardato fuori
dalla finestra per un tempo infinito. Poi, senza neppure voltarsi, l’aveva appallottolata
e lanciata con rabbia e frustrazione contro il muro e, ricordando in quel
momento di non essere solo, aveva chiesto a Linette di andarsene – gliel’aveva
ordinato, sì, ma senza urla o sfoghi di alcun genere. Ed era proprio questo che
lo scudiero temeva più di tutto. Che il principe si tenesse dentro quella
sofferenza che gli aveva causato. Preferiva essere il suo parafulmine, se
questo poteva aiutarlo a stare meglio. A
farsene una ragione.
La prima volta, che Merlin aveva detto addio all’erede al
trono, era stato per tornarsene a Ealdor a difendere
sua madre e il villaggio dall’infido Kanan, e il
principe gli era corso dietro; ma ora era tutto diverso. Arthur non avrebbe mai
potuto raggiungerlo. Era un addio
definitivo, quello.
***
Effettivamente, come il mago aveva preventivato, il suo
signore aveva strepitato. Ma solo poi.
Linette era rimasta acquattata fuori dai suoi appartamenti
per un’intera veglia, eppure non ne era uscito alcun suono, né di grida né di
oggetti fracassati contro il muro. Brutto,
brutto segno.
Conoscendo l’impulsività dell’erede al trono, gli serviva
un’efficace valvola di sfogo: prima l’avesse trovata e prima sarebbe stato
meglio.
Così, quando all’ora nona lo vide spalancare il pesante
portone, fu con sollievo che lo raggiunse, fingendo di essere arrivata lì
davanti solo da qualche istante.
“Avete bisogno di qualcosa, Maestà?” gli domandò, con un
inchino particolarmente deferente, uno di quelli che forse non aveva mai fatto.
Arthur aveva scelto di non incrociare il suo sguardo, mentre
finiva di legarsi il cinturone al fianco.
“Allenamenti. Andiamo
nell’armeria.” Aveva replicato, seccamente, incamminandosi senza neppure
aspettarla.
E poi lo scudiero l’aveva aiutato vestendolo con ogni
protezione. E, benché fossero gesti abituali, Merlin aveva cercato di metterci
particolare attenzione per non irritarlo in alcun modo.
Eppure, anche se gli avesse legato uno schiniere sul
braccio, difficilmente il principe se ne sarebbe accorto: non aveva più detto
neppure mezza parola, e sembrava un manichino nelle sue mani. Si era lasciato
preparare senza aiutare né ostacolare i suoi movimenti, con la mente persa
chissà dove.
E poi, poi… una volta che aveva ottenuto la sua spada, aveva
stretto le dita sull’elsa con una foga quasi disperata e si era allenato come
un ossesso fino a tarda sera, sfinendo se stesso e i suoi uomini, sbraitando
ordini e rimproveri con una veemenza inconsueta per lui. Eppure nessuno di loro
aveva chiesto nulla né aveva protestato – persino Duncan aveva accantonato la
sua vena polemica e si era adeguato alla situazione. Avevano accettato il suo
malumore e se ne erano fatti carico, perché in fondo
si fidavano di lui.
E quando aveva iniziato a piovere, e li aveva congedati
tutti, Arthur aveva scelto di accanirsi contro un fantoccio di paglia la cui
unica colpa era stata quella di trovarsi sul suo cammino.
***
Era davvero buio e pioveva a dirotto, allorché
Merlin, uscendo dal nascondiglio da cui l’aveva controllato per tutto il tempo,
trovò il coraggio di intromettersi fra lui e i resti massacrati del manichino
d’allenamento.
“Sire?” lo richiamò, attirando la sua attenzione, incurante
dell’acquazzone che bagnava entrambi fino alle ossa. “Avete fatto abbastanza
per oggi…” gli suggerì, offrendogli un mantello asciutto che si era tenuto
stretto al seno per non sciuparlo.
Il principe lo guardò per un istante infinito, le nobili
ciglia grondanti pioggia e forse
qualcos’altro.
Poi abbassò la propria spada e tirò su col naso,
scrollandosi di dosso con un gesto di stizza la pioggia sul viso.
“E’ per voi.” Gli disse Linette, svolgendo il tessuto e
premurandosi di drappeggiarglielo sulle spalle. Un istante dopo, Arthur si
strinse contro quel tempore rassicurante. Il
calore di lei.
“Non dovresti essere qui.” La rimproverò, lanciando
un’occhiata penetrante al vecchio cencio che sembrava malamente un mantello. Non l’aveva riparata per niente. “Sei
tutta bagnata.”
“Neanche voi. Il vespro è passato da un
pezzo.”
“Non mi ero accorto fosse così tardi.”
“La vostra cena e il vostro bagno vi attendono.” Lo blandì,
anche se non era vero, e avrebbe dovuto usare la magia per rimediare in fretta.
“Non vorrete buscarvi un malanno…” gli appuntò, convincendolo ad incamminarsi verso casa.
***
La lettera era sparita.
A terra non c’era più.
Merlin era convinto di doverla raccogliere, una volta che il
suo dovere gli avesse imposto di riordinare la camera dell’erede al trono mentre
questi si lavava.
Eppure, sul pavimento – dove l’aveva vista cadere – non vi
era traccia.
Forse Arthur l’aveva bruciata, lanciandola nel caminetto che
ancora ardeva, incessantemente, per combattere la frescura di settembre.
Quello che il mago non sapeva era che l’avrebbe trovata solo
molto, molto tempo dopo, nascosta
dentro ad uno dei cassetti privati, contenenti documenti importanti e riservati
che il principe teneva chiusi sotto chiave.
Lisciato con cura da
tutti gli spiegazzamenti che quel moto di rabbia
improvvisa – la reazione istintiva che lo aveva colto – aveva procurato, il
pezzo di carta era stato gelosamente conservato dal giovane Pendragon.
Se solo Merlin avesse
saputo allora qual era il valore affettivo di quel foglio per il principe, si sarebbe
risparmiato tempo e dolore, ma il Fato aveva deciso diversamente e il povero
servo – convinto che oramai fosse solo cenere – aveva smesso di pensarci.
***
Nel tempo in cui l’erede al trono aveva approfittato del
tepore ristoratore di una vasca magicamente
della temperatura ideale, la sua valletta infreddolita e inzuppata si era
lasciata coccolare dal focolare attizzato a dovere, asciugandosi i capelli e le
vesti – almeno per una parte, altrimenti avrebbe potuto destare sospetti. Un piccolo incanto aveva fatto il resto, per
renderla nuovamente presentabile.
Dopo il bagno, il nobile padrone si era vestito con gli
abiti comodi – quelli abituali, usati per dormire – che la sua ancella aveva
predisposto per lui dietro al paravento.
Appena uscito dalla vasca, Merlin l’aveva scorto trascinarsi,
fiacco e svogliato, verso il separé, da cui era uscito, poco dopo, a piedi
scalzi e con i capelli ancora umidi.
“La vostra cena sta per arrivare.” Gli rese
noto, con un sorriso imposto, temendo che l’altro si rifiutasse di
mangiare, adducendo come scusa la stanchezza o chissà cos’altro.
Ma Arthur si era limitato ad un
cenno del capo, per farle capire che aveva inteso le sue parole, poi si era
seduto al tavolo, taciturno, e il mago gli aveva versato una coppa di vino che
però il nobile aveva ignorato.
Fu vedendo delle gocce d’acqua cadere da alcune ciocche
bionde che egli sbuffò, con la stessa preoccupazione di un’attempata balia.
“Vi ammalerete, se li lasciate
così.” Lo rimproverò blandamente, indicando i suoi capelli, andando poi a raccattare
un panno pulito e strofinandoli con delicatezza.
Sinceramente, s’era aspettato una
protesta da parte dell’Asino Reale, che di solito ci teneva a fare questo tipo
di cose in autonomia.
Ma non quella sera.
Arthur aveva ceduto e chinato il capo in avanti, remissivo,
un po’ per venirgli incontro, un po’ per debolezza, fino a posarsi contro il
suo petto.
Rimase lì, con la stoffa morbida a ovattargli la testa e
forse la mente, fintanto che il gesto gentile di Lin
sembrava una carezza di consolazione.
Il principe si lasciò cullare da quei movimenti lenti e
calmi, e Merlin si prese cura di lui. Per
pochi istanti. Gli unici in cui il nobile aveva abbassato la guardia.
“Hai un buon profumo.” Si lasciò sfuggire Arthur, in un sussurro
così lieve che il mago si chiese se fosse unicamente frutto della sua
immaginazione.
Probabilmente sì, se
lo era solo immaginato, perché puzzava di sudore e polvere, e odore di stalla e chissà cos’altro.
Eppure, istintivamente, annusò l’aria attorno a sé e la
manica dei propri abiti, la più vicina al suo naso.
“Anche Merlin sapeva sempre di erbe officinali e fiori di
campo.” Riprese il principe, come se parlasse da solo.
Fu allora che lo scudiero interruppe i propri movimenti,
sorpreso, rompendo involontariamente il loro equilibrio.
Un istante dopo, il suo signore aveva risollevato la testa e
si era tolto con un gesto impaziente l’asciugamano ancora penzolante.
“E’ solo stanchezza. Dimentica
tutto. Evidentemente la fame mi fa straparlare.” Si schernì, distanziandosi e
ricomponendosi. Forse pentendosi di
quella debolezza.“Diamine! Quanto ci mette ad
arrivare questa cena?!” sbottò, in un misto di
arroganza e impazienza che stridettero con il suo comportamento di qualche
istante prima.
“Vado… vado a controllare, Sire.”
Balbettò il servo, con un inchino veloce, scombussolato anch’egli dalle frasi
sfuggite al suo padrone.
***
Aveva cercato di fare il più in fretta possibile. Dopo una
breve deviazione da Gaius, Lin era tornata con il
vassoio carico di prelibatezze per la cena di Sua Maestà.
Arthur aveva protestato per la mancanza delle pietanze per
lei, ma l’ancella aveva detto di non avere fame e quindi non aveva chiesto cibo
per sé.
Alla fine, neppure il cavaliere aveva reso onore al suo
pasto, sbocconcellando senza ardore la carne e avanzando gran parte delle
portate. A nulla erano valse le proteste di Linette, sul fatto che – avendo lavorato
tanto tutto il giorno e avendo speso molte energie – egli dovesse nutrirsi
adeguatamente per restare in piedi.
Avevano raggiunto una specie di accordo dividendo la frutta,
un po’ per uno.
Fu allora che Merlin si accorse – posandogli sul palmo un
grappolo d’uva matura – che le mani del suo signore erano piene di vesciche (alcune
anche già scoppiate) per la troppa stretta esercitata sull’elsa.
Il nobile Babbeo aveva sminuito con un: “Non è niente”
bofonchiato e le dita ritratte in fretta, ma la serva non aveva voluto sentir
ragioni e lo aveva persuaso a farsi medicare con un unguento cicatrizzante e a
farsi bendare gli arti, almeno per quella notte.
In condizioni normali, l’Idiota coronato avrebbe protestato
a lungo e inutilmente, e invece quella sera non aveva opposto particolare
resistenza e, se da un lato questo aveva facilitato la vita del povero servo,
dall’altro significava che il principe non stava bene e, benché lo stregone ne
conoscesse la ragione e condividesse con lui il medesimo dolore, non poteva in
realtà fare nulla per consolarlo.
Il cavaliere si era lasciato medicare e rimboccare le
coperte, insofferente, sembrando spossato e apatico. Se ci fosse stata anche la tristezza, a
fargli compagnia, Merlin non avrebbe saputo dirlo.
Ad ogni buon conto, seguendo il
suggerimento del suo mentore, egli aveva aggiunto un po’ di sonnifero perché l’erede
al trono avesse una notte di riposo, senza sogni o preoccupazioni.
Ma Arthur, chiudendo gli occhi,
aveva un solo pensiero in mente.
La lettera era datata
due mesi addietro. Quindi Merlin poteva essere chissà dove, quasi certamente
era già salpato verso una destinazione ignota, che non si era premurato di rivelare.
… ma
sarebbe mai tornato?
***
Avvolgendosi nelle sue umili coperte, adagiato nel suo
lettuccio, il mago sospirò per tutta la spossatezza fisica ed emotiva che aveva
sopportato. Sarebbe mai riuscito ad
addormentarsi?
L’unica magra consolazione era che quel giorno era finalmente finito. Il peggio, dunque, doveva essere passato,secondo Merlin.
Certo, al principe sarebbero occorse diverse veglie per
rielaborare la notizia e farsene un ragione, ma il
primo impatto era stato superato, e da quel momento in avanti – almeno su quel
fronte – Linette avrebbe smesso di mentire, arrovellandosi il cervello in scuse
patetiche e sempre più azzardate per giustificare il suo amato cugino assente.
Ma non fu così.
Il mattino dopo, giungendo negli appartamenti del suo
signore con la consueta colazione, Lin aveva trovato
il principe già desto e vestito – doveva essersi svegliato almeno un’ora prima
–, seduto sullo scranno foderato con le dita congiunte sotto al
mento e l’espressione pensierosa e inquieta. Se la valletta avesse guardato meglio i suoi occhi, li avrebbe trovati irrimediabilmente
arrossati.
“Buongiorno, Sire.” Esclamò, con un cenno del capo.
Arthur, anziché rispondere al saluto dell’ancella, esordì con
un grave: “Dobbiamo parlare” e Merlin sentì distintamente lo stomaco
aggrovigliarsi, mentre un’orribile sensazione di malessere lo coglieva
impreparato.
“Accomodati.” L’invitò il nobile,
indicando una sedia accanto a sé. E, finché l’ancella non prese
posto, egli non parlò. Poi, incurante del fatto che lei sembrasse seduta sopra ad un cuscino di spine, riprese: “Alla luce della lettera che
mi è giunta da parte di Merlin, ho riflettuto su alcune questioni.” Premise il
giovane Pendragon, piantando lo sguardo contro la sua
interlocutrice. “E una cosa, in particolare, riguarda anche te.”
Lo stregone sentì un rivolo di sudore gelato corrergli lungo
la spina dorsale, ma si impose di stare calmo e di non
rispondere in modo avventato per l’agitazione.
“Di-ditemi…” balbettò, trattenendo
a stento l’ansia.
“Ho rammentato ciò che mi dicesti una
sera, fuori dal Giglio Bianco. Affermasti che il tuo compito sarebbe
finito, allorché Merlin avesse ripreso il proprio
posto, e che non intendevi rimanere a Camelot, in
alcun caso. Anche se io ti avevo offerto un altro possibile lavoro, avevi
rifiutato categoricamente. Ricordi?” l’incalzò, grave.
“Sì, ma…”
Il servo non ebbe modo di finire la frase,
che il principe riprese: “Linette, puoi considerarti sollevata dai tuoi doveri.
Questo era un impiego solamente temporaneo e invece… beh, la lontananza indefinita
di Merlin rende il suo posto vacante e una scelta transitoria non è più
auspicabile. Dovrò scegliermi un valletto definitivo, almeno fino a che egli
non tornerà, sempre ammesso che torni, prima o poi.” Chiudendo la frase, il tono si fece quasi
doloroso. Per questo Arthur tacque qualche istante,
per ricomporsi e concludere il suo discorso. “Se lo desideri, puoi lasciare Camelot oggi stesso. Non devi più
sentirti legata alla promessa che facesti a tuo cugino, ritengo che anch’egli,
data la sua scelta di partire, ti consideri sollevata dal vostro accordo.” Le spiegò con logica ineffabile, cercando di anteporre il bene di lei al proprio, cieco egoismo. “Verrai
ovviamente pagata per tutti i tuoi servigi e ti procurerò personalmente tutto
ciò che potrà servire per il tuo viaggio, ovunque vorrai andare…” le chiarì, soffocando
il male che sentiva dentro al pensiero di sentirsi abbandonato, in poco tempo,
da due persone a cui era sinceramente legato.
Eppure, proprio per quell’affetto e per l’amicizia che
provava per entrambi – al di là del semplice rapporto
servo-padrone, che con loro tre non era mai servito – Arthur aveva deciso di ridare
la libertà a Linette, così come aveva accettato – seppure a malincuore – le
ragioni di Merlin.
“Mi hai capito?” domandò, vedendo impallidire la sua serva
ammutolita.
Nelle orecchie del mago c’era solo un basso ronzio che gli
provocava di riflesso la nausea.
No, dannazione, no! Gridò
interiormente. Arthur non poteva
cacciarlo proprio adesso che aveva trovato la scusa migliore per la propria
assenza!
Fu questione di un secondo. Contravvenendo a tutti i suoi
nobili intenti e dando voce ad un’assurda, egoistica speranza, il principe manifestò
ciò che cullava nel cuore.
“Se, tuttavia, tu volessi restare come assistente di Ga-”
“No! Non me ne vado!” l’interruppe Merlin, mandando al diavolo il buon proposito
di dare risposte ragionate e di non cedere all’avventatezza.
“Ma avevi assicurato che-”
“Non me ne importa un accidente!” s’accalorò
Lin, sfogando la tempesta che le scuoteva le viscere
con un pugno sbattuto sul legno del tavolo. “Ho promesso, e una promessa si mantiene.” Dichiarò, con solennità.
“E anche voi… anche voi avevate giurato
che vi sarei rimasta accanto fino al suo ritorno, perciò non intendo
essere rimpiazzata!” gli ingiunse, come
se d’un tratto fosse stata lei quella autorizzata a comandare fra loro due.
Arthur sbatté le palpebre, sorpreso.
“Beh… se la metti così…” incespicò, faticando a seguire
l’impennata presa dagli eventi. “Considerati riassunta e… e promossa
a tempo indeterminato!” le notificò, afferrandole d’istinto la mano
posata sulla tavola e stringendogliela con un incredibile sollievo nella voce,
anche se il suo cervello non aveva ancora del tutto rielaborato l’evento. Meno di un’ora prima, era certo di doverle
dire addio, e invece…
“Ma sei proprio sicura di questa decisione?
Non te ne pentirai fra qualche mese? Non ti verranno desideri di slanci di libertà?” le chiese, realizzando troppo tardi la
situazione sconveniente delle loro dita intrecciate e ritirandosi cercando di
dissimulare noncuranza. Linette parve non accorgersene neppure.
“No, Mio Signore. Se lo volete, sarei lieta di servirvi fino
alla fine dei miei giorni…”
Arthur si rabbuiò.
“Anche Merlin mi disse così. E invece…” gli si spense la voce, e distolse lo sguardo da quegli
occhi chiari, così simili a quelli di lui.
“Oh, suvvia. Guardate
il lato positivo: vi rimango sempre io!” rispose Lin
con un sorriso incoraggiante.
“E questo dovrebbe consolarmi?” domandò il cavaliere, con
una punta d’ironia.
“Non sono forse la miglior valletta reale di Camelot?!”
“Certo che no! E
che il Cielo mi aiuti a sopportarti!” la rimbeccò, con il ghigno tipico
dell’arroganza Pendragon.
“In tal caso, potrei anche andarme-”
“Oh! Sta’ zitta, Lin-Lin!” ribatté
il principe, secco. “E servimi la colazione.”
“Asino prepotente.”
Masticò il mago, tra sé, sottovoce. Ma non troppo
sottovoce.
“Serva insolente.”
La rimbeccò Arthur – le cui nobili orecchie asinine avevano colto l’ingiuria –
per puntiglio d’avere l’ultima parola; mentre, non visto, le rivolgeva uno
sguardo carico di gratitudine.
Continua...
Disclaimer:I
personaggi di Merlin, citati in questo racconto, non sono miei; appartengono
agli aventi diritto e, nel fruire di
essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.
Ringraziamenti:
Un abbraccio a Tao, che sopporta i
miei scleri. X3
E alla mia kohai che subisce le
mie paranoie. X°D
Note: Nel
capitolo vi è un esplicito riferimento alla puntata 1x10 “Il momento della verità”.
“Se lo volete, sarei lieta di servirvi fino alla fine dei
miei giorni…” è praticamente la stessa frase che
Merlin usa nell’episodio 1x13 “La morte di Arthur”, e difatti il principe lo menziona.
Il dialogo sul finale fa il verso alla puntata 2x04
“Lancillotto e Ginevra”, negli ultimi istanti. Ovviamente, poiché questa ficsi innesta dopo la fine della
prima serie, Arthur e Merlin non si erano mai dette queste parole, prima d’ora.
C’è un riferimento alla puntata 3x05 “La caverna di
cristallo” quando Arthur, sotto la pioggia, disperato perché Morgana è morente,
colpisce fino allo sfinimento il manichino e Merlin rimane lì accanto, in
silenzio ma sempre presente.
Infine, un esplicito richiamo al capitolo 56
di questa fic, al discorso fuori dalla locanda del
Giglio Bianco tra Arthur e Linette.
Come vi è parsa la reazione di Arthur? Sono curiosa di
leggere le vostre opinioni!
Parecchio tempo fa, dopo aver scritto il capitolo, ho
trovato questa immagine. Credo sia perfetta per esprimere i tormenti del
principe e così ho pensato di condividerla con voi. Ignoro chi sia l’autore, e
non ho modo di risalirvi. Se aveste qualche info a riguardo, aggiungerò
volentieri i credits.
Precisazioni al
capitolo precedente e domande varie: (a random)
- Grazie per gli auguri, Linette ha apprezzato molto! ^^
(soprattutto *una
maxy torta a forma di asino con tre candeline sopra*, citando Layla.)
- Avete espresso delle analisi molto interessanti sui
possibili sentimenti e le reazioni di Arthur alla lettera, devo dire che sono
tutte verosimili con la caratterizzazione del ‘mio’
principe. *O*
- Sì, seppure a malincuore, questa era
l’unica scelta possibile per Merlin. Come ha giustamente notato
qualcuno, quest’allontanamento (con questa motivazione) lascia una porta aperta
sul suo ritorno. E’ sì un addio, ma con ‘forse
tornerò, però non so quando’.
- Sì, in fondo Arthur ha paura che Merlin non voglia più tornare da lui; in cuor
suo, potrebbe celare questo timore, ma non può confessarlo
a nessuno, neppure a Linette. E un po’ sì, andando a Ealdor,
temeva di sentirsi dire dal suo servo che stava meglio a casa della mamma
piuttosto che a Camelot… e questo
lo avrebbe ucciso. XD
- Probabilmente, se dipendesse solo da lui, Arthur correrebbe
dietro a Merlin subito. Ma non può. E’ un erede al
trono. Ha dei doveri ben precisi e Utherche lo
tiene al guinzaglio da accontentare!
- Mi dispiace, ma non ci saranno le lezioni-di-difesa di Morgana in diretta. Ma Morgana avrà presto altri ruoli più sostanziosi! ^_= Una cosa fra tutte: Linette. Morgana. Bagno.
(Immaginate l’infarto di Merlin, sì?)
- Anche il ligio
Arthur, quando la misura sarà colma, perderà il suo proverbiale autocontrollo
da cavaliere. Scì. ^.^
- Dopo che ha quasi rischiato di perderla e di vederla
morire, era ovvio che l’Asino Reale diventasse asfissiantprotettivo con la sua ancella, con buona pace di Merlin. U.U
- E’ esatto dire che da qui in poi i due idioti devono
riorganizzarsi la vita. In un certo senso, finora hanno entrambi vissuto in
standby in attesa di Merlin, che sembrava lì lì per
ritornare da un momento all’altro. Adesso non possono più aspettare. Da ora, andremo avanti nel tempo, con i guai, avventure, amici e
nemici nuovi, scene imbarazzanti, altre divertenti e molti segreti fondamentali
da scoprire!
- E’ OVVIO che Arthur saprà la verità. Ogni castello di carte (false) costruito da Merlin crollerà. Prima
o dopo.
- No, Arthur non vedrà Hunith per
un bel po’, scoprirà le cose per altre vie.
- L’abbraccio che Merlin offre alla fine della lettera è uno
sfizio che mi sono presa. (Mi sta ancora sul gozzo quel mancato abbraccio della
terza stagione e, non sapendo se il TF mi avrebbe soddisfatta
o meno, mi sono arrangiata da me anni fa, ecco. ^^’’)
Vi metto BEN QUATTRO anticipazioni
del prossimo capitolo:
In quell’anno in cui Linette aveva vissuto a Camelot aveva raccolto un numero
imprecisato di figuracce e situazioni imbarazzanti, ma erano successe anche
cose positive e il suo rapporto con Arthur si era saldato, via via, in un legame sempre più forte di reciproca stima e
sincera fiducia – e incondizionato amore,
da parte sua, ma questo all’Asino non poteva rivelarlo.
(...)
“Hai…” facendo un gesto vago con la mano, indicandole la
testa “qualcosadi strano che spunta dai capelli.”
Linette aveva messo su un broncio delizioso. “Sì, si
chiamano orecchie!”
E il principe aveva riso di gusto, sputacchiando metà della
sua pagnotta, piegandosi in avanti.
“No!, io intendevo questi…” e, allungando un braccio verso
di lei, le aveva sfiorato il capo, sfilando un rametto di fiori.
“Oh!” aveva ansimato il mago, ignorando il brivido che gli
aveva procurato quel contatto, arrossendo miseramente per l’imbarazzo.
(...)
“Lo sai che rastrellare
i prati in cerca di erbe non vuol dire andare a caccia, vero?” aveva precisato il cavaliere, per
puntiglio e supponenza, e per rifarsi della delusione imminente. Che caccia sarebbe mai stata, senza armi?!
Linette si era puntellata i pugni ai fianchi e aveva
sfoderato un cipiglio sicuro.
“Vi posso giurare che è una caccia a tutti gli effetti, Sire.” Gli spiegò. “Anche se sono certa
che non vi abbiate mai partecipato prima d’ora… come vedrete, anche io ho qualcosa da insegnarvi, al riguardo.”
(...)
“Il tessuto della sottana è incuneato nel chiavistello.”
Brontolò il nobile, trafficando con gesti nervosi ora sulla stoffa ora sul
ferro della maniglia. “Ma ci sono qua-” un terzo rumore di squarcio fu una
risposta alquanto scoraggiante, mentre Merlin iniziava a dare segni di insofferenza.
“Muovetevi, vi prego! Se passasse
qualcuno, chissà cosa pensere-” il mago si zittì di
botto, deglutendo, allorché il suo padrone lo spinse
di peso contro il legno, schiacciando i loro corpi addosso al portone,
incollando praticamente le proprie nobili labbra al suo orecchio sensibile.
“Shhh…” lo zittì Arthur,
guadagnando nel gesto quella spanna di tessuto in più che gli permise
finalmente di allentare l’incaglio e di liberare la gonna. Quindi
esultò: “Ecco fa-”
[Ma dovrete aspettare un po’, per
sapere quello che succede. XD]
Ringrazio i 220 utenti che hanno messo nei preferiti, 342
seguiti e i 40 da ricordare di questa fic, numeri sempre in crescita. Oggi ho raggiunto i 400
preferiti anche come autrice, e vi ringrazio per l’apprezzamento.
Se qualche utente silenzioso volesse lasciare qualche parere, lo apprezzerei molto. ^^
Se siete interessati, ho aggiornato la raccolta comica, Spoiler! Post 5x13 “The Once and Future… Prat.” col capitolo 5.
Campagna di Promozione Sociale -
Messaggio No Profit:
Dona l’8‰
del tuo tempo alla causa pro recensioni.
Farai felici milioni di scrittori.
(Chiunque voglia
aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio
crede) Come sempre, sono graditi commenti, consigli
e critiche costruttive.
SPOILER FREE: Ricordo che questa storia NON contiene/conterrà
volutamente alcuno spoiler della quinta stagione; eventuali coincidenze sono
appunto casuali coincidenze (è già successo e succederà in capitoli che ho già
pronti)
SPOILER FREE: Ricordo che questa storia NON
contiene/conterrà volutamente alcuno
spoiler della quinta stagione; eventuali
coincidenze sono appunto casuali coincidenze (è già successo e
succederà in capitoli che ho già pronti).
Linea
temporale: da settembre, appena dopo ‘la lettura della lettera di Merlin’ fino
alla primavera successiva. (Un
anno dall’arrivo di Linette a Camelot).
Riassunto generale: Merlin
è abituato a salvare la vita all’Asino Reale senza che questi se ne accorga, ma
stavolta non tutto va per il verso giusto. Colpito dall’incantesimo del
malvagio Ardof, il nostro mago farà i conti con una
sconvolgente novità: egli si risveglia trasformato in una donna.
Solo Gaius conosce il suo segreto e, finché non troverà il modo di tornare
normale, dovrà inventarsi delle scuse plausibili e prendere
il posto di se stesso al servizio del principe. Come riuscirà a conciliare
questa ‘nuova situazione’? Come si evolverà il suo rapporto con Arthur?
Riassunto delle
ultime puntate: Il malvagio stregone Ardof è
morto, ma la sua maledizione non si è sciolta.Merlin sa che la pazienza di Arthur si sta esaurendo e, incapace
di trovare una soluzione immediata al proprio problema, gli fa recapitare una
lettera di commiato, adducendo come motivazione un lungo, importantissimo
viaggio alla ricerca del padre mai conosciuto. Al principe non resta che subire
questa sua scelta e, con Linette al fianco, la vita a Camelot continua.
Dedico l’aggiornamento a chi ha
recensito il precedente capitolo e invito i lettori silenziosi, se lo
desiderano, a lasciare un segno (che è sempre gradito).
E a quanti commenteranno (SE vi
va di recensire anche dei capitoli più indietro di questo, il vostro parere non
andrà perduto!).
Ai vecchi e ai nuovi lettori.
Grazie.
TheHe in theShe
(l’Essenza dentro l’Apparenza)
Capitolo LXXI
C’erano voluti tre giorni perché Arthur smettesse di portare
il lutto della partenza di Merlin e riprendesse, piano
piano, la propria vita.
In questo, senza dubbio, la vicinanza di Linette aveva
giovato.
Per generosità, egli
sarebbe stato disposto a rinunciare ad entrambi, ma
segretamente era grato a Lin per aver scelto di
restare al suo fianco.
E poi aveva apprezzato l’insperata delicatezza con cui lei
gli aveva lasciato il tempo di leccarsi le ferite dell’animo, sopportando i
suoi regali malumori e i capricci – perché sì, anche se lei lo chiamava ‘Asino’, lui era consapevole di aver
approfittato oltremodo della pazienza della sua serva
– e, a sua volta (anche per farsi perdonare), aveva poi cercato di essere
gentile con lei, rammentando che in fondo la partenza di Merlin aveva recato
dolore anche a Linette, a Gaius, a Gwen – a tutti
quelli che erano affezionati a quell’idiota – anche se in maniera diversa dalla
propria.
Dopo quei primi giorni destabilizzanti, il principe si era
quindi lanciato a capofitto nei suoi doveri di erede al trono – che gli
tenevano la mente occupata e prosciugavano tutte le sue energie –, augurandosi solo
che niente di male potesse accadere al suo servo imbranato.
***
E così erano passate
le veglie, e poi le lune, e poi le stagioni.
L’autunno tiepido era scivolato nell’inverno inclemente, e in
seguito era giunta la primavera dei fiori in boccio, ma nessuna missiva era mai pervenuta al castello. Nessuna notizia.
All’inizio, Arthur nominava spesso Merlin, a volte esprimeva
a Linette il suo dubbio su dove fosse, su come stesse. Eppure non osava in
nessun caso chiederle se, secondo lei, quell’ebete sentisse mai la mancanza di Camelot, questo cruccio se lo teneva nell’intimo.
Tuttavia, col passare del tempo, le occasioni – in cui il
nome del servo usciva nelle discussioni fra loro – erano sempre minori. Fin quasi a non comparire più.
Il principe – pur sapendo che Lin
possedeva le sue stesse scarne informazioni – talvolta
le chiedeva qualcosa, ipotizzando insieme a lei cosa quello scemo stesse
facendo in quello stesso momento – ovunque egli fosse –, oppure le raccontava
disavventure vissute con lui, come se si sentisse in dovere di tenerne viva la
memoria.
Eppure, man mano che i mesi passavano, egli ne diminuì la
frequenza.
Arthur le parlava sempre meno di suo cugino, come se si
fosse infine rassegnato alla sua assenza. Poi,
un bel giorno, smise semplicemente di farlo.
E, se da un lato Merlin ne era sollevato, dall’altro gli si
stringeva il cuore al pensiero della facilità con cui il principe l’aveva
sostituito. Ed eliminato dalla propria
vita.
E più il tempo passava, e meno speranze c’erano che le cose
cambiassero. Lui non aveva trovato un rimedio alla propria condizione. E niente faceva presagire in una soluzione…
perché, forse, semplicemente non c’era.
Piano piano – lo doveva ammettere
– si stava abituando adessereLin, e una mattina, con stupore,
aveva realizzato che in fondo non gli dispiaceva affatto rimanere così.
Avrebbe continuato a proteggere
Arthur anche sotto quelle sembianze, avrebbe potuto vivergli accanto per
sempre, dando anche un nome a quello strano sentimento che aveva a lungo negato
di provare. Quel miscuglio di affetto e devozione e ammirazione che sfiorava degli anfratti celati del suo cuore a cui, mentre
era maschio, non aveva osato prestare attenzione. L’amore.
Forse il suo destino era proprio quello: rimanere donna e
fare in modo di farsi accettare dal suo signore, così
da regnare al fianco di Arthur e costruire insieme Albion,
non in veste di mago di Corte ma come futura compagna.
Un sommesso bussare e la voce di Gaius, che lo chiamava per svegliarlo,
lo riscossero dai suoi pensieri e, vergognandosi di
ciò che provava, si ammonì per quel volo di fantasia ad occhi aperti.
***
In quell’anno, in cui aveva vissuto a Camelot, Linette aveva raccolto un numero imprecisato
di figuracce e situazioni imbarazzanti, ma erano successe anche cose positive e
il suo rapporto con Arthur si era saldato, via via, in
un legame sempre più forte di reciproca stima e sincera fiducia – e incondizionato amore, da parte sua, ma
questo all’Asino non poteva rivelarlo.
Certo, i punzecchiamenti e i battibecchi non mancavano di sicuro,
ma ormai anche quelli erano diventati parte di un rituale tutto loro, di cui,
segretamente, non potevano più fare a meno.
Talvolta il principe si impegnava
proprio a farla uscire dai gangheri, tuttavia l’ancella gli rendeva generalmente
pan per focaccia.
Una mattina, per esempio, quando la valletta reale era
giunta negli appartamenti del suo padrone con il vassoio della colazione in
mano, l’Idiota Reale le aveva lanciato un’occhiata sbilenca con lo sguardo
assonnato – non che lui fosse mai troppo
sveglio, beninteso – e poi aveva sbadigliato un: “Hai…” Facendo un gesto
vago con la mano, indicandole la testa, “qualcosadi strano che spunta dai capelli”.
Linette aveva messo su un broncio delizioso. “Sì, si
chiamano orecchie!”
E il principe aveva riso di gusto, sputacchiando metà della
sua pagnotta, piegandosi in avanti.
“No!, io intendevo questi…” E, allungando un braccio verso
di lei, le aveva sfiorato il capo, sfilando un rametto di fiori.
“Oh!” aveva ansimato il mago, ignorando il brivido che gli
aveva procurato quel contatto, arrossendo miseramente per l’imbarazzo. “Non me n’ero accorta! Dev’essere stata Gwen, facendomi
l’acconciatura stamattina…” si giustificò, sentendo le gote andare a fuoco.
“È venuta da Gaius a prendere una tisana per Lady Morgana e ha insistito per realizzarmi
una pettinatura…”
“Ha intenzione di farti bella per qualcuno?” aveva insinuato
il Babbeocon una punta di ironia, assottigliando lo sguardo, forse sottintendendo altro.
“L’unico uomo con cui avrei il piacere di intrattenermi
oggi è…” qui, davanti da
a me, ma è un Asino e non lo capirà mai!, avrebbe voluto rivelargli
“è Gaius”, riprese, perciò. “E dubito che sappia apprezzare questi accorgimenti!”
gli annotò, arricciando il nasino in una smorfia. “Soprattutto quando sarò
infilata nella vasca lercia delle sanguisughe, che devo pulire prima di pranzo!”
“Uno spreco, insomma!”
Arthur aveva sorriso a quella risposta con uno strano buonumore, poi aveva
annusato i fiorellini e – dopo averle chiesto se doveva rimetterglieli a posto
e aver ottenuto da Merlin un secco rifiuto – aveva ripreso la sua colazione, punzecchiando,
per il resto del tempo, la sua valletta su quanto potessero essere vanitose lei
e le sue orecchie vistose.
***
A volte era stato lo stregone a prenderlo in giro, burlandosi
di lui, come quando, approfittando degli ultimi giorni tiepidi di fine autunno,
Gaius lo spediva regolarmente a fare scorte per l’inverno.
E lui, volente o nolente, si armava di pazienza, ceste e
bisacce e trotterellava nei campi e nei boschi confinanti col castello. Arthur,
quando i suoi regali impegni glielo consentivano, fuggiva con lui per prendersi
mezza giornata di pace, con la scusa di scortare la sua indifesa ancella per
proteggerla da chissà quali pericoli.
In un particolare giorno, in seguito ai primi freddi che
aveva visto metà della Corte reale raffreddata – compresi il nobile Babbeo e
Lady Morgana –, i due si erano inoltrati nei prati al limitare del bosco dopo
un piovasco eccezionalmente forte e Merlin non aveva voluto dargli la
soddisfazione di sapere il perché.
“Andiamo a caccia!” gli aveva detto, con un sorriso fin
troppo ambiguo e un buonumore altrettanto sospetto.
Arthur, un po’ perplesso, aveva guardato Linette, e poi si
era incamminato celermente verso l’armeria, cogliendo quell’invito senza
perdere tempo, prima che lei potesse cambiare idea; tuttavia, sul più bello, la
sua serva gli aveva tarpato le ali annunciando che non sarebbero servite armi
per la loro missione.
“Hai intenzione di catturare farfalle?” aveva sbottato lui, con lo stesso tono querulo di un
marmocchio deluso, esprimendo le sue nobili perplessità sollevando un
aristocratico sopracciglio biondo.
“No, niente farfalle”. Era stata la replica sibillina
dell’ancella.
“Lo sai che rastrellare
i prati in cerca di erbe non vuol dire andare a caccia, vero?” aveva precisato il cavaliere, per
puntiglio e supponenza, e per rifarsi della delusione imminente. Che caccia sarebbe mai stata, senza armi?!
Linette si era puntellata i pugni ai fianchi e aveva sfoderato
un cipiglio sicuro.
“Vi posso giurare che è una caccia a tutti gli effetti, Sire”, gli spiegò. “Anche se sono certa
che non vi abbiate mai partecipato prima d’ora… come vedrete, anche io ho qualcosa da insegnarvi, al riguardo”.
“Oh! Non credo proprio!” aveva ridacchiato
l’Idiota Reale, gonfiando il petto. “Non v’è niente che io non sappia
già sulla nobile arte venat-”
“Staremo a vedere…” lo tacitò Lin, sventolando una manina a mezz’aria e piantandolo in
asso per recuperare l’occorrente. E successivamente lo
aveva condotto nel luogo prestabilito.
Ma, solo quando si trovarono
davanti a tante strisce scintillanti e scivolose, e alle loro inequivocabili
padrone bavose, il principe comprese.
“Ti prego: dimmi che quella non è la mia cena!” aveva domandato il nobile, a metà tra l’ironico
e lo scandalizzato.
“Certo che no!” aveva negato Merlin, come se quella fosse
stata una domanda particolarmente sciocca. “Questa è la cura per la vostra
tosse!”
“N-non mi dirai
che-”
“Gaius ha finito le scorte, e deve produrre altro sciroppo…”
Il viso di Arthur si era fatto verdognolo.
“Beh, l’avete bevuto fino a ieri e non mi sembravate
disgustato!” gli appuntò, sorridendo. “L’estratto di bava di lumaca è miracoloso contro la tosse grassa! Ma
sapeste che scomodità a toglierle dal guscio!”
“Sto per vomitare…” Il principe si era messo la mano davanti
la bocca per frenare un conato, distogliendo gli occhi
dalla sua serva che, china sull’erba ancora umida di pioggia, faceva incetta di
limacce riempiendosi la bisaccia.
“Oh, suvvia! Un cavaliere forte e
coraggioso come voi!” aveva cantilenato il mago, deridendolo anche per tutti i
dì seguenti, costringendolo ugualmente a bere il medicamento, malgrado le asinine rimostranze.
***
A dire il vero, anche se Arthur si chiedeva continuamente
come lei ci riuscisse, senza mai venirne a capo, Linette finiva sempre per
spuntarla con lui e a fargli fare quello che lei
voleva – o considerava necessario, o giusto, o qualche altra diavoleria di
buonsenso – e lui, assai raramente, era capace di addurre un rifiuto
altrettanto sensato.
Talvolta, si ritrovava a protestare solo per principio.
E per sfamare il
proprio orgoglio.
Quantomeno, le si poteva attribuire
un discreto possesso di buonsenso, che ovviamente quell’irriverente femmina sfoderava a suo piacere, e sempre nei
momenti meno opportuni…
“È una mia impressione, oppure oggi fa dannatamente caldo?”
si lamentò il principe, allargandosi il colletto della casacca reale con un
dito, senza rallentare l’andatura fra le bancarelle chiassose del mercato.
Merlin, che si sentiva prudere sotto al
corsetto a causa del sudore, sbuffò.
“È solo una vostra impressione”.
“Odio quando mio padre mi affibbia certi compiti come
questo… sai, Lin?” aveva ammesso l’erede al trono, in
cerca di comprensione e, quando non la trovò, si voltò all’indietro
ritrovandosi irrimediabilmente da solo.
Linette se ne stava in un angolo della strada, parecchio più
indietro, inginocchiata davanti ad un bambino di quattro o forse cinque anni,
che piangeva sconsolato perché aveva smarrito la mamma
tra i banchetti della merce esposta.
“M-misono
a-allontanato da lei e-e non s-so come to-tornare!”
piagnucolava il bimbo, mentre la sua ancella tentava invano di consolarlo. “Ri-rivoglio la m-mia mamma!”
“Dobbiamo aiutarlo noi!” aveva esordito la valletta, con
cipiglio inflessibile, non appena l’aveva raggiunta.
Egli si era ritrovato a boccheggiare, sconcertato. “Ma…”
Benché fosse sinceramente dispiaciuto per quel piccoletto, lui
era il principe di Camelot e
non poteva perdere tempo a cercare una madre disattenta! Il re, suo padre, gli aveva affidato lo
sgradevole compito di esattore delle tasse estive – quelle di fine raccolto – e
lui odiava farlo, quindi non era dell’umore ideale per sorbirsi i piagnistei di
quell’infante...
Piuttosto, lo avrebbero affidato alla prima guardia che
avrebbero incontrato sul loro cammino, ordinando alla sentinella di provvedere
al ritrovamento della sconsiderata genitrice.
“…mi avete capita?”
La voce della sua serva lo riscosse
dalle proprie riflessioni.
Arthur sbatté le palpebre, asciugandosi un rivolo di sudore
sulle tempie. No, non l’aveva capita. Ma sapeva già che, quello che gli avrebbe detto, non gli
sarebbe piaciuto.
“Potresti ripetere?” s’azzardò,
preventivando un colossale mal di capo, osservando il marmocchio frignante –
col moccio al naso – e la sua ancella impaziente.
“Sollevatelo in alto, così potrà
vedere meglio e riconoscere sua madre!”
“Oh, no. Non se ne parla neppure! Arrangiati!” sbottò lui, sulla difensiva.
“Ma voi siete più alto!” obiettò lo stregone con ineccepibile buonsenso.
“L’ultima volta che ho sollevato un pargoletto moccioso mi è costato un bagno
maleodorante di pipì!” ricordò, rammentando ad
entrambi la nascita della piccola Arlin.
Merlin fu lesto a nascondere un sorriso.
“Oh, avanti!” lo incoraggiò, facendo leva sul suo amor proprio. “Non dite forse
che il bene dei vostri sudditi è ciò che vi sta più a cuore? Beh,
questo è un suddito in difficoltà!” gli appuntò, annuendo alla volta del bimbo
che teneva in braccio, ancora piagnucolante. “Con che coraggio, voi lo-”
“Ah, dannazione! Va
bene!” imprecò il principe, chinandosi rapidamente sul bambino per afferrarlo e
caricarselo in spalle. Il piccino si lasciò sfuggire un
gridolino di sorpresa, ma almeno smise di piangere.
“E ora guardati attorno e scova tua madre!” gli ordinò,
spiccio, cercando di non sembrare troppo intimorente, fintanto che lui si incamminava per le vie. “Poi, quando la troviamo, mi
sentirà!”
Merlin preferì tacere davanti a quella minaccia, perché alla
fine conosceva il suo Asino e sapeva
che quei modi burberi erano solo una facciata…
Quando infatti trovarono la donna –
angosciata e in lacrime – ella per poco non saltò al collo del principe, tanto
forti erano la sua gioia e il suo sollievo. La madre lo aveva ringraziato
all’infinito, con mille inchini e lui, come
il mago si era aspettato, aveva finito per minimizzare, abbandonando ogni
proposito di ramanzina.
“Contento di aver fatto una buona azione?” gli aveva fatto notare Linette, con un sorriso, una volta che si erano
incamminati per riprendere il loro precedente compito.
“Buona non so, ma se non altro è stata asciutta!” le rispose il principe, per non darle soddisfazione.
E lo stregone scoppiò a ridere, annuendo.
***
In quell’anno, era persino successo che il mago attentasse involontariamente
alla vita del suo padrone, a causa della sua imbranataggine endemica, come la
volta in cui Arthur uscì di fretta dalle proprie
stanze con Linette alle calcagna, per sfruttare il poco tempo libero che
avevano prima dell’ennesima riunione del Consiglio.
L’ancella aveva chiuso frettolosamente la porta, tirandosela
dietro, ma mezzo passo dopo rimase bloccata, mentre un cupo strappo di vesti
lacerate risuonò nell’androne.
Il cavaliere si girò a guardarla, intanto che lo stregone,
incastrato con l’abito nella serratura, non poteva neppure voltarsi per
riguadagnare la libertà da solo.
Il principe scoppiò a ridere, Merlin invece imprecò assai
inelegantemente. Con un gesto di stizza, egli tentò di sgarbugliarsi alla cieca,
col solo risultato che un secondo lugubre spacco
aumentò il danno.
“Stai ferma, oppure ti ritroverai in corridoio mezza
svestita!” sghignazzò l’erede al trono, facendolo arrossire.
Arthur decise di ritornare indietro e circondò il servo con
le braccia per districarlo – avrebbe
fatto meglio a girargli attorno, mettendosi di lato, ma evidentemente non ci
aveva pensato.
“Il tessuto della sottana è incuneato nel chiavistello”, brontolò
il nobile, trafficando con gesti nervosi ora sulla stoffa ora sul ferro della
maniglia. “Ma ci sono qua-” Un terzo rumore di squarcio fu una risposta
alquanto scoraggiante, mentre Merlin iniziava a dare segni di
insofferenza.
“Muovetevi, vi prego! Se passasse
qualcuno, chissà cosa pensere-” Il mago si zittì di
botto, deglutendo, allorché il suo padrone lo spinse
di peso contro il legno, schiacciando i loro corpi addosso al portone,
incollando praticamente le proprie nobili labbra al suo orecchio sensibile.
“Shhh…” lo tacitò Arthur,
guadagnando nel gesto quella spanna di tessuto in più che gli permise finalmente
di allentare l’incaglio e di liberare la gonna. Quindi
esultò: “Ecco fa-”
In quel preciso istante – mentre egli risollevava la sua aristocratica
Testa di Legno dalla trappola e simultaneamente Merlin decideva di girarsi per controllare
lo stato del guaio – i due sbatterono uno contro l’altro.
Il principe gemette, completamente rintronato, afferrandosi il
naso con le mani a coppa, e intanto il mago farneticava richieste di scuse, ancor
più quando gli vide colare sangue dalle narici.
“Oddio, oddio!” ansimò. “Cos’ho fatto!”
Linette gli prese il mento con due dita, per sollevargli il viso
con delicatezza e vedere la gravità della situazione; ma, poiché un rivolo
incessante stava già inzuppando il colletto della casacca col suo colore
vermiglio, lo stregone gli offrì un fazzoletto per
tamponare la parte lesa. “È pulito, sapete!” sbottò, stizzito, schiacciandolo
lui stesso contro la ferita, allorché il nobile
padrone lo fissò accigliato, rimanendo inebetito e fermo come una statua del
castello. “Ma è colpa
vostra! Oh, se solo non vi fosse saltato il ghiribizzo di
andare sulla Torre, per prendere una boccata d’aria prima della riunione…”
brontolò. “E questa dannata porta! E il mio vestito! Oh,
cielo… Mi dispiace!”
Con un dolore lancinante, pulsante sul volto e un ronzio
stordente, Arthur la osservò, ipnotizzato dal movimento frenetico delle sue
labbra ad un passo dal suo viso dolorante, e pensò all’unico modo che conosceva
per zittirla. Si chinò quindi in avanti – per puro istinto – e, allungando un
braccio, lo portò dietro di lei.
Merlin sentì un spasimo acuto e
inaspettato all’altezza del fianco destro, squittì spaventato e indolenzito,
mentre spalancava gli occhi, zittendosi.
“Mi avete pizzicato!” lo accusò, indietreggiando e
massaggiandosi la parte lesa.
“Zhì, l’ho faddo”,
confermò il nobile, con inflessione nasale, tamponandosi ora da solo la parte
lesa. “Doh la smeddebibiù di bladerareassurbidà”.
Il mago era così scandalizzato che ci impiegò un po’ a
trovare buffa la parlata del suo signore.
“D’accordo”, ammise. “Ma adesso tornate dentro, devo controllare di non avervi rotto il setto nasale”.
“Noh, sdobehne”.
“Oh, come no? Se il setto è deviato,
quando diventerete re… sulle monete, dovranno fare il profilo della vostra
effigie con la gobba!” ironizzò, spaventando però l’altro. “Un naso
bitorzoluto!”
“La mia beldànoh
si doccha!” guaì il principe, spalancando gli occhioni inorriditi da quella prospettiva.
Fu così che il servo lo convinse a rinunciare all’agognata
pausa per fare ritorno nei propri appartamenti: aprendogli il portone, Merlin
lanciò uno sguardo di puro odio alla serratura. Era tutta colpa sua!
Poi fece accomodare Sua Maestà su una sedia e gli diede un
catino da mettere sulle ginocchia.
“Chinate il capo in avanti. In questi casi, Gaius dice che
non bisogna ostacolare la fuoriuscita del flusso…”
Stranamente, Arthur obbedì senza lamentele di sorta e, una
volta che l’emorragia su fu arrestata, si lasciò
ripulire il viso dalla sua valletta con un panno umido e sostituì la casacca
macchiata con una pulita.
“Non sembra rotto. È solo una gran
botta”, decretò infine l’assistente del medico di Corte, facendo le sue veci
nell’ispezione, tastando con delicatezza la parte lesa, malgrado
i mugugni di dolore. “Vado giù nella ghiacciaia a cercare qualcosa di freddo”, lo
avvisò, voltandosi con l’intento di uscire.
“Lhineddhe?” la chiamò allora l’Asino
Reale, lamentoso.
“Mi dispiace, d’accordo?” ripeté lo stregone, un po’ meno
contrito. “Ma non morirete per così poco!” sbottò,
allora.
Arthur, punto sul vivo, decise quasi di tacere, però poi il
suo senso dell’onore di cavaliere prevalse sulla ripicca.
“Lhagoddha!”
le appuntò, indicandogliela.
“Sì, lo so che è macchiata e un po’ strappata sull’orlo, la
cambierò dopo!” si giustificò, impaziente, avviandosi verso l’uscita.
“Lhagoddha!!” ululò il principe nuovamente, come a trattenerla; ma
Merlin – incurante di tutto – finse di non sentire e se ne uscì.
Oh, dannazione, che si
arrangi!,
imprecò mentalmente il futuro sovrano, con un’emicrania incipiente, vedendola
sparire.
Ignorando anche le occhiate perplesse e i sorrisi vagamente
ironici delle sentinelle appostate nel corridoio che superava, lo scudiero
scese le scale verso le cucine.
Fu l’urlo di Gwen a renderlo
consapevole che qualcosa, effettivamente,
non andasse.
“Linette! Linette, mia cara!” ansimò
l’ancella di Lady Morgana, rincorrendola col fiatone, per trascinarla poi in un
angolo discosto. “La tua sottana è tutta scucita sul retro!” le
notificò, al colmo dell’imbarazzo – neanche fosse accaduto a lei –
bisbigliandole piano. “Ti si vedono tutti i mutandoni!”
Merlin sussultò, ringraziandola dell’avviso, arrossendo e
imprecando contro l’Asino che sicuramente
lo sapeva e aveva taciuto.
Praticamente… gli aveva fatto fare il giro del castello
con le chiappe al vento, ma Arthur l’avrebbe pagata… prima o poi.
Continua...
Disclaimer:I
personaggi di Merlin, citati in questo racconto, non sono miei; appartengono
agli aventi diritto e, nel fruire di
essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.
Ringraziamenti:
Un abbraccio a Tao, che sopporta i
miei scleri. X3
E alla mia kohai che subisce le
mie paranoie. X°D
Note: Prima di
tutto, vi prego, deponete le armi. ^^’’
Anche se sembra esattamente
il contrario, Arthur smette di nominare Merlin (per una serie di ragioni
che usciranno nei caps futuri e nelle spiegazioni che
darò), ma lui è ben lontano dal dimenticarlo. Credetemi.
Questo è un concetto che sarà
ripreso più volte, nei prossimi capitoli, anche con l’introspezione e le verità
nascoste del principe.
Una delle ragioni per cui non ne
parla con Lin è che lui si accorge che, quando esce
il nome di Merlin, Linette si rabbuia, si inalbera,
ecc... e allora, per non farla stare male, se lo tiene per sé, solo che così Merlin
non sa quanto ad Arthur stia mancando!
Allo stesso modo, Merlin NON si è
davvero rassegnato ad essere Linette, anche se lo
pensa in certi momenti (di sconforto o sopportazione), in realtà, presto avrete
modo di capire perché la sua battaglia per tornare uomo è tutt’altro che
conclusa.
Il riferimento ai fiori addosso a Merlin, dati da Gwen, è un altro richiamo, come ho già fatto in passato in
questa storia (cfr. cap. 30), alla puntata 1x03 “Il segno di Nimueh”, alla strana gelosia che Arthur ha espresso in
quell’occasione.
E penso che ricordiate tutti/e chi è Arlin, no? ^_=
Doveroso chiarimento: in realtà, fra gli odierni prodotti
omeopatici si annovera la bava di chiocciola (quella che, per intenderci, ha il
guscio) e non di lumaca (o limaccia).
Io ho usato indifferentemente i tre nomi immaginando che,
nel loro Fantamedioevo, non usassero simili
sottigliezze di distinzione. XD
Per la cronaca, posso assicurare con certezza che lo
sciroppo di questa povera bestiola funziona davvero contro la bronchite
persistente. U_U
La ghiacciaia (l’antico congelatore) è una zona destinata
alla conservazione del cibo fin dall’antichità, i Greci e i Romani ne fecero
largo uso.
Per amor di precisione, durante il Medioevo si perse un po’
quest’usanza, ma – visto che era conosciuta – ho pensato che a Camelot, nelle grotte sotto al castello, potessero
essercene.
Precisazioni al
capitolo precedente e domande varie: (a random)
- Sono contenta che abbiate considerato IC la reazione di
Arthur in quel frangente!
- È vero. A quel tempo, intraprendere un viaggio era molto
pericoloso. Direi che tornare a casa era tutt’altro che scontato!
- Anche io ritengo che riconoscere
il profumo/odore di una persona sia una cosa molto intima! *_*
- La lettera d’addio di Merlin ritornerà al momento
opportuno!
- Sì, ancora una volta, i cavalieri hanno dimostrato quanto
siano fedeli al loro principe!
- Effettivamente, in questo frangente non so se faccia più
pena Merlin (con tutto il bagaglio aggiunto di sensi di colpa!) o Arthur (il
povero ignaro della verità).
E, se da un lato Merlin deve essere forte per aiutare il
principe a superare questo addio, dall’altra il nobile
non può concedersi il lusso di esprimere davvero i propri sentimenti per il suo
servo. (Se l’avesse fatto, ci saremmo risparmiati un
sacco di dolori capitoli. U.U)
- Non posso dirvi quando tornerà Merlin, vi rovinerei tutto.
Posso ripetervi, però, che succederà quando (forse?) meno ve lo aspettate! XD
- Arthur non fa dell’ironia sulla lettera rovinata. Lui è
davvero convinto che sia pioggia (e non lacrime) perché crede che la partenza
di Merlin sia voluta e quindi non lo immagina certo in
lacrime mentre gli scrive, anzi: il suo tono ‘irriverente’ lo depista alquanto.
Solo noi e Merlin, purtroppo, sappiamo la verità.
- D’accordo. È vero che le ultime parole di Merlin sembrano
un’epigrafe da lapide “Ricordati che sorridevo sempre”, ma vi posso giurare che
lui e l’Asino Reale avranno una luuunga e felice vita
insieme, ok? ^_=
Ringrazio Samidare, per il link dell’acconciatura che (secondo lei) Gwen
fa a Lin per nasconderle le orecchie. Accantonando la
modella, è proprio come l’avevo immaginata anche io!
Se volete darci un’occhiata:http://denofgeek.net-genie.co.uk/siteimage/scale/0/0/319462.gif
Vi metto BEN QUATTRO anticipazioni
del prossimo capitolo:
“Il mio… il mio compleanno è…” temporeggiò, arrovellandosi
il cervello per trovare una scusa plausibile. “È fra tre giorni!” sputò alla
fine. “E voi non potevate saperlo, perché un anno fa ero appena arrivata e mi
avevate preso al vostro servizio in prova e non ho ritenuto importante dirvelo…
Insomma… le cose fra noi erano già alquanto complicate”, dichiarò con
sincerità.
(...)
Dannazione al drago,
al Destino e a tutto il resto!,
imprecò il mago, lasciandosi cadere sul letto, sconfitto.
Con che scusa avrebbe potuto andare dal principe e stare un po’ con lui?
Con che pretesto
avrebbe rinunciato volontariamente al suo giorno di libertà?
Giorno di libertà?, sorrise amaro.
Quello si stava rivelando piuttosto un ‘giorno di prigionia’.
Una punizione, anziché
un premio.
(...)
Si sentiva
assurdamente felice per quel dono, per quel gesto inaspettato.
E non era vero che quella era la prima gentilezza che
l’erede al trono gli regalava, ma quella
aveva un sapore diverso, un valore nuovo.
Quello, sì, poteva
essere un nuovo inizio.
(...)
“Arthur”, lo interruppe Merlin, con un’inflessione perentoria e una
familiarità autoimposta. “Il regalo mi piace. Lo adoro. E non lo cambierei con
nient’altro. D’accordo?”
Il nobile rilassò le spalle a quella rassicurazione,
ghignando poi con quell’arroganza asinina che lo contraddistingueva.
“E ci mancherebbe altro! L’ho scelto personalmente, quel dono! Ed era semplicemente perfetto!”
Equell’azzurro è identico ai tuoi occhi, e a
quelli di Merlin,avrebbe voluto
dirle, ma non poteva. “E il
mio buongusto è rinomato ovunque, è una garanzia!”
Avrei dovuto aggiornare domani, rosicchiandomi finalmente un po’ di
tempo libero per sistemare il capitolo con le note e le risposte…
Avrei dovuto aggiornare domani, rosicchiandomi finalmente un po’ di tempo
libero per sistemare il capitolo con le note e le risposte…
Oggi, invece, dovevo avere un importante impegno di lavoro, ma stamattina mi
sono alzata con uno sgradevolissimo imprevisto in faccia. Il medico mi ha
rifilato l’antibiotico e due giorni di riposo forzato.
Sono incazzata, malconcia e pure depressa per la giornata saltata; ma
ora, che finalmente riesco a mettere a fuoco – se non altro – schermo del pc, ho pensato di fare almeno una cosa buona e di
aggiornare Linette.
Se ci fossero dimenticanze, vi prego di avvisarmi.
Questo capitolo è in assoluto il più lungo scritto finora e, con questo
72° pezzo, Linette diventa ufficialmente la mia storia più lunga.
SPOILER FREE: Ricordo che questa storia NON
contiene/conterrà volutamente alcuno
spoiler della quinta stagione; eventuali
coincidenze sono appunto casuali coincidenze (è già successo e
succederà in capitoli che ho già pronti).
Linea temporale: Un
anno dall’arrivo di Linette a Camelot.
Febbraio.
Riassunto generale: Merlin
è abituato a salvare la vita all’Asino Reale senza che questi se ne accorga, ma
stavolta non tutto va per il verso giusto. Colpito dall’incantesimo del
malvagio Ardof, il nostro mago farà i conti con una
sconvolgente novità: egli si risveglia trasformato in una donna.
Solo Gaius conosce il suo segreto e, finché non troverà il modo di tornare
normale, dovrà inventarsi delle scuse plausibili e prendere
il posto di se stesso al servizio del principe. Come riuscirà a conciliare
questa ‘nuova situazione’? Come si evolverà il suo rapporto con Arthur?
Riassunto delle
ultime puntate: Il malvagio stregone Ardof è
morto, ma la sua maledizione non si è sciolta.Merlin sa che la pazienza di Arthur si sta esaurendo e, incapace
di trovare una soluzione immediata al proprio problema, gli fa recapitare una
lettera di commiato, adducendo come motivazione un lungo, importantissimo
viaggio alla ricerca del padre mai conosciuto. Al principe non resta che subire
questa sua scelta e, con Linette al fianco, la vita a Camelot continua.
Dedico l’aggiornamento a chi ha
recensito il precedente capitolo e invito i lettori silenziosi, se lo
desiderano, a lasciare un segno (che è sempre gradito).
E a quanti commenteranno (SE vi
va di recensire anche dei capitoli più indietro di questo, il vostro parere non
andrà perduto!).
Ai vecchi e ai nuovi lettori.
Grazie.
TheHe in theShe
(l’Essenza dentro l’Apparenza)
Capitolo LXXII
“Sai che giorno è domani?” le aveva
chiesto Arthur, quella mattina a colazione, mentre lei rassettava il letto
sfatto.
“Sarà… uhm… mercoledì?” aveva risposto Merlin, per bocca di
Linette, col dubbio di essersi perso qualcosa.
“Sì, è mercoledì”, aveva concordato il principe, annuendo
mentre posava la forchetta. “Ma è soprattutto trascorso un anno da che sei
arrivata qui”.
Il servo, che in quel momento stringeva il guanciale per
sprimacciarlo, se lo premette contro, come protezione, bloccandosi sul posto.
Perché Arthur gli
stava ricordando questo?
Il nobile parve leggere fra i suoi dubbi,
poiché riprese: “Ieri ho avuto un’illuminante discussione con la mia amata sorellastra, su quale fosse il
regalo a lei più gradito per il suo compleanno, che è ormai imminente.
E quella strega,
che come sempre si diletta a complicarmi l’esistenza, mi ha detto testuali
parole: ‘Sorprendimi!’ e poi mi ha suggerito di farmi
aiutare da te – che, in quanto donna, avrai certamente la delicatezza
necessaria – per la scelta del dono. Io le avevo proposto un pugnale tempestato
di pietre preziose, ma lei non sembrava affatto
attratta dall’idea…” s’era lamentato l’Asino, sinceramente sconcertato dai
gusti riprovevoli di Lady Morgana. “Un pugnale meraviglioso! L’avrei fatto
creare appositamente per l’occasione dal miglior
fabbro del regno! E invece niente… Non lo saprebbe apprezzare… Che spreco!”
Merlin aveva solamente sollevato le sopracciglia ad arco,
per esprimere la propria educata perplessità, senza interrompere quel flusso
querulo di lamentazione.
“Quindi dovrei aiutarvi a scegliere
un regalo adeguato per lei?” si risolvette infine, quand’ebbe consumato le
proprie scorte di pazienza.
“Ehm… no”, smentì l’erede al trono, inforcando l’ennesimo
boccone. “Gwen conosce meglio i suoi gusti, chiederò
a lei di scovare qualcosa di adatto”.
Il mago aggrottò la fronte, incapace di raccapezzarsi.
“Perdonate, ma non capisco…” ammise, concludendo,
ignorando il resto dei suoi doveri.
“Certo che non puoi capire, perché Morgana mi ha fuorviato
dai discorsi!” brontolò il cavaliere, sorseggiando del sidro.
Lo stregone stava per dirgli che aveva fatto tutto da solo,
ma ancora una volta il principe lo precedette.
“Quella strega –
che non si fa mai i fatti suoi, tengo a precisarlo – ha preteso di sapere cosa io ti avessi
regalato per il tuo compleanno…” le spiegò, irritato. “E così ho dovuto
ammettere che non ti ho fatto nessun dono, perché non conosco la data di tale
ricorrenza…”
Merlin si chiese se lo avesse più infastidito dimostrarsi manchevole
agli occhi della sorellastra o l’aver bellamente ignorato l’anniversario della
sua nascita, nell’anno in cui Linette era rimasta al suo servizio.
“Orsù… dobbiamo rimediare…” l’aveva incalzata il nobile.
“Quando sarà la ricorrenza? E perché non me l’hai detto?”
Merlin si ritrovò a boccheggiare, senza sapere che dire.
Di certo, non poteva rivelargli che la sua data di nascita
combaciava con quella di suo cugino, perché davvero, davvero sarebbe stato troppo.
Una coincidenza
inaccettabile, in quella montagna di stranezze già troppo alta.
“Il mio… il mio compleanno è…” temporeggiò, arrovellandosi
il cervello per trovare una scusa plausibile. “È fra tre giorni!” sputò alla
fine. “E voi non potevate saperlo, perché un anno fa ero appena arrivata e mi
avevate preso al vostro servizio in prova e non ho ritenuto importante dirvelo…
Insomma… le cose fra noi erano già alquanto complicate”, dichiarò con
sincerità.
Arthur si ritrovò ad annuire, concordando a malincuore.
Non andava
particolarmente fiero di come l’aveva trattata all’inizio.
Per rimediare, egli le chiese che
cosa volesse come presente.
“Non mi serve nulla, Maestà”, si schermì lei, dirigendosi
dietro il paravento con la speranza che il nobile Babbeo archiviasse la
questione. Ovviamente così non fu, dato che l’Asino Reale la seguì, per farsi
dare il cambio d’abiti puliti e prepararsi.
“Allora?”
Trovandosi letteralmente con le spalle al muro, con Arthur
appostato fra lei e la libertà, nello stretto spazio fra l’armadio e il separé,
Linette sbuffò.
“Davvero, non saprei…”
“A Merlin, ho sempre concesso un giorno di riposo e un pasto
consegnato dalle cucine per festeggiare, ma nel tuo caso…”
“Davvero?” Il servo sgranò gli occhi, sinceramente sorpreso.
Rammentava il congedo offertogli dal suo padrone, ma era sempre stato convinto
che il buon cibo – porzioni abbondanti e prelibatezze varie, che generalmente
non poteva permettersi – fosse un dono che Gaius si
procurava con mille sacrifici, assieme all’immancabile nuovo libro che gli
regalava.
“Ma, nel tuo caso…” ripeté il
principe, ritenendola una domanda retorica, “forse è più appropriato un abito?
Un monile? Delle scarpe? Quelle che hai mi sembrano alquanto usurate…”
Merlin sollevò le mani in alto, come a bloccarlo,
inorridendo al ricordo di quanta roba
Gwen lo aveva costretto a comprare in tutti quei
mesi, nel cambio delle stagioni, e la volta in cui erano partiti per la
missione sotto copertura.
“Possiedo già tutto quello che mi serve!” squittì, col
terrore che Arthur lo obbligasse a farsi accompagnare al mercato da Guinevere per altri folli acquisti. “Accordate anche a me
un giorno di libertà e un buon pasto per me e Gaius, e avrete tutta la mia
riconoscenza!” garantì, fingendosi fin troppo entusiasta. Per questo non si
accorse del lampo di delusione che attraversò lo sguardo dell’erede al trono.
Merlin non avrebbe mai
osato sperare che Arthur volesse festeggiare con Linette quella ricorrenza,
perciò non si pose neppure il dubbio, come invece avrebbe dovuto.
“Concesso”, si risolvette il nobile, allontanandola per
potersi cambiare d’abito e comunicandole che anch’ella
avrebbe dovuto indossare indumenti maschili: dopo aver sbrigato un paio di
commissioni nella città bassa, avrebbero fatto una breve perlustrazione nel
villaggio più vicino, con una piccola scorta.
***
L’aria frizzante di febbraio pizzicava le gote di Merlin, offrendo
loro un colorito vivace.
Mentre camminava al fianco del suo signore per le vie del
mercato, egli si sistemò il fazzoletto al collo, per coprirlo dagli spifferi
che si insinuavano fin dentro la maglia.
Rabbrividì ugualmente, ma inspirò a fondo quella brezza
pungente e tersa, godendosi il momento.
Le commissioni nella
città bassa erano sempre un po’ barbose, ma innocue,
si disse, lasciando vagare lo sguardo tra le bancarelle colorate e chiassose
fin dal primo mattino.
Un nuova folata gelida lo fece
rabbrividire nuovamente, a tradimento, ed il mago rimpianse di essersi fatto
ingannare dal bel sole illusorio, che prometteva invano una tiepida giornata. Avrebbe dovuto infilarsi una maglia più
spessa.
Con un moto di insofferenza,
Linette si strinse nuovamente il nodo del foulard – anch’esso di stoffa troppo
leggera rispetto al necessario –, cercando di ripararsi ancor di più. Le sfuggì
ugualmente uno starnuto, che attirò l’attenzione del principe.
“Hai finito di gingillarti?” le chiese, sbuffando per
provocazione.
“Eh?” rifece Merlin, non comprendendo la domanda e,
distratto da lui, lo scudiero finì per sbattere contro una bancarella di
tessuti, facendone cadere alcuni a terra.
Mentre il venditore accorreva in suo aiuto, lo stregone si
scusò più volte, mortificato e ansioso, aiutandolo con gesti frenetici a
raccogliere le stoffe cadute.
Fu quasi per caso che si ritrovò fra le mani un fazzoletto azzurro
come quello che aveva un tempo, quello che aveva dato in pegno ad Arthur, in quel
dannato Torneo in cui il principe era quasi morto.
Il foulard era andato perso nella confusione. Un vecchio straccio gettato chissà dove.
Ma se anche l’avesse ritrovato,
sarebbe sempre stato irrimediabilmente legato a quel ricordo drammatico e
doloroso. Sir Galderth, lo ScorpiusChamaeleo, lo scontro fatale, l’angoscia, la
disperazione, la lenta guarigione di Arthur, le sofferenze patite…
Rimanendo con le mani ferme e la stoffa
tra le dita, Merlin non poté impedirsi di rivivere col cuore e con la mente quegli
eventi.
“Lin-Lin?” chiamò il principe,
riscuotendo il servo dal suo viaggio mentale.
Il mago sbatté le palpebre, come intontito, scusandosi
distrattamente.
“Hai intenzione di mettere radici qui?” la pungolò, con l’obiettivo
di riprendere il cammino interrotto.
La valletta reale scosse il capo, per snebbiarsi la mente,
accorgendosi solo in quel momento che teneva ancora la stoffa in pugno.
La ripose in fretta sulla bancarella, come se si fosse
scottata le dita.
“Andiamo…” disse Merlin, pensieroso, incamminandosi per
primo, piantando il nobile perplesso in mezzo alla strada.
Eppure, fatti appena pochi passi, egli sentì il bisogno di lanciare
un mezzo sguardo indietro, come se i ricordi non volessero abbandonarlo.
Ci sarebbero stati
ancora pericoli così, nel loro futuro?
***
Nel giorno dell’immaginario
compleanno di Linette, Merlin poté poltrire a letto a suo piacimento, avendo
ottenuto come regalo dal principe un giorno di congedo.
Fin dall’alba, egli aveva sentito il suo mentore indaffarato
al di là della porta che divideva la sua cameretta
dallo studio dell’archiatra reale, ma non vi aveva dato peso.
S’era goduto un bel sonno
ristoratore, come raramente capitava; e poi, stanco di oziare, s’era levato per
fare colazione, ma aveva trovato il laboratorio deserto.
Accanto ad un canovaccio che copriva un tozzo di pane e la pappa
d’avena preparata per lui, un biglietto del suo mentore gli spiegava che si
sarebbe assentato per gran parte del giorno.
Merlin rammentò quello che Gaius gli aveva detto la sera
precedente, ovvero che temeva la diffusione di un
morbo invernale nella città bassa, di cui aveva scorto i primi sintomi – febbre
alta e tosse persistente – in almeno cinque famiglie diverse.
Ingollando la prima cucchiaiata di sbobba, egli si rammaricò
di non poter aiutare il suo maestro in alcun modo; tuttavia, non essendo
pratico di magia taumaturga, avrebbe rischiato di arrecare più danni che
benefici a quella povera gente.
Poi, una volta che ebbe riordinato le stoviglie del magro
pasto consumato, ritrovandosi stranamente a corto di doveri, egli pensò bene di
rendersi utile sminuzzando radici ed erbe officinali che erano state lasciate a
seccarsi, appese accanto al focolare, per rimpinguare i rifornimenti.
Successivamente, Merlin riordinò
l’armadietto dei medicamenti, spolverandolo a modo e sostituendo alcune
etichette rovinate sulle boccette.
In seguito, lo stregone rimise a posto i libri di anatomia e
botanica del suo precettore, le varie pergamene, che talvolta venivano usate per consultazione, nei rispettivi scaffali.
Ed infine, sbattendosi le mani
impolverate sulla gonna, il mago lanciò persino un’occhiata fugace alla vasca –
perennemente lercia – delle sanguisughe, ma il suo spirito di sacrificio non
arrivò a tanto.
Sbuffando, egli si riempì una tazza d’acqua calda presa dal
paiolo e scelse una fra le sue tisane preferite, gettando in infusione una manciata di foglioline.
Poi, semplicemente attese, svogliato. Quasi infastidito da tutto quel silenzio.
Merlin aveva persino provato a studiare un po’ il suo libro
di magia, approfittando di quelle ore insperatamente calme e solitarie, ma
aveva realizzato – con un certo sgomento – che non era in grado di concentrarsi
come avrebbe voluto. Leggeva e rileggeva lo stesso incantesimo più e più volte,
eppure era consapevole che non riusciva a capirlo né tantomeno a farlo suo.
Da un lato, quest’incapacità lo innervosiva non poco: a
volte, si era ritrovato con così scarso tempo libero da dover studiare persino
quando era indisposto e praticamente moribondo, e
adesso che stava benone e aveva più di una veglia a disposizione, la sua mente
si rifiutava di collaborare?
“Oh, dannazione!” sbuffò Linette, chiudendo con un tonfo il
pesante tono.
La tazza ormai fredda, al suo fianco sul tavolaccio,
tintinnò per protesta.
Eppure fu l’unico rumore a rompere quel silenzio molesto.
Cosa c’era, in lui,
che non andava?,
si chiese, torturando l’orlo della manica della sua camicetta. Era stato così contento di avere un giorno
di riposo, perché non poteva semplicemente goderne?
Di solito, il dì del suo compleanno Gaius lo attendeva
sempre per fare colazione assieme, per fargli gli
auguri e consegnargli il suo dono.
Col pretesto della giornata libera che Arthur gli aveva
sempre concesso, lui ne approfittava per stare un po’ col suo mentore – l’uomo a cui era affezionato alla stregua di un padre – in santa
pace.
Ma quel giorno non era davvero il suo
compleanno, e Gaius non lo avrebbe aiutato a portare avanti quella farsa.
Non ci sarebbero stati
né auguri né regali, da parte del vecchio cerusico.
Non che Merlin se li
aspettasse, beninteso, ma quel giorno in bilico a metà lo faceva sentire più
bugiardo del solito e anche un po’ malinconico, a dirla tutta.
Aveva mentito ad
Arthur per necessità, ma questo non lo rendeva meno colpevole.
Il mago aveva raccontato al suo mentore lo scambio avuto col
principe e il vecchio non aveva trovato nulla da obiettare per quella menzogna obbligatoria.
Gli aveva garantito il proprio sostegno, se ve ne fosse stato bisogno, ma
niente più.
Sospirando come un’anima in pena, Merlin si risolvette a
riordinare persino la propria cameretta, cosa che non aveva mai fatto – mai nemmeno gli era passato
per la mente – da che era giunto a Camelot.
Aprendo la porta dello stanzino, con la vana speranza di
tenere mente e mani affaccendate, si guardò attorno. D’accordo, il disordine che vi regnava era notevole… uhm… imbarazzante,
ecco. Però lui ci si trovava bene e comunque, il più delle volte, quando
arrivava lì dentro era così stremato da riuscire a
malapena a collassare sul letto prima di cedere al sonno incombente.
Ma da quando doveva
giustificarsi persino con se stesso?, si domandò, con una punta di nervosismo,
spalancando l’armadio, con dentro i suoi miseri averi, in cui regnava il caos
più completo.
Con una punta di buonsenso, non si rispose. E invece lavorò
alacremente fino a che la campana di mezzodì non lo riscosse dalla sua foga.
Con la scopa stretta fra le mani, Merlin udì i restanti
rintocchi e istintivamente il pensiero corse al suo signore, al pranzo che
avrebbe dovuto consegnargli dalle cucine, come di consuetudine; alla colazione
che non gli aveva portato, invece, quel mattino. Al buongiorno che non si erano detti.
Una stretta allo stomaco fu la chiara spiegazione per tutta
l’inquietudine che sentiva fin da quando si era levato.
Come poteva, la
mancanza di Arthur, ridurlo in quello stato?
Non lo vedeva da meno di un giorno, e lui aveva fatto di
tutto per non pensarci, e finora c’era riuscito benissimo… perché, allora, sentiva quel vuoto colmo della sua assenza?
Merlin si diede dello sciocco.
Non era il silenzio della sua casa ad
infastidirlo.
Non era neppure la lontananza di Gaius…
Era la privazione di
Arthur a logorarlo.
Pur sforzandosi con tutto se stesso, egli non rammentava
neppure qual era stata l’ultima volta che loro due erano rimasti
volontariamente lontani per così tanto, fatta
eccezione per la sua indisposizione mensile.
Dannazione al drago,
al Destino e a tutto il resto!,
imprecò il mago, lasciandosi cadere sul letto, sconfitto.
Con che scusa avrebbe potuto andare dal principe e stare un po’ con lui?
Con che pretesto
avrebbe rinunciato volontariamente al suo giorno di libertà?
Giorno di libertà?, sorrise amaro.
Quello si stava rivelando piuttosto un ‘giorno di prigionia’.
Una punizione, anziché
un premio.
La porta d’entrata che sbatteva richiamò la sua attenzione e
lo stregone accantonò i propri crucci, per andare incontro allo sconosciuto
visitatore.
Rimboccate le gonne, Merlin aprì la porticina della sua
stanzetta, ma non trovò nessun ospite ad attenderlo di là, nel laboratorio di
Gaius.
Tuttavia, sul tavolo dove aveva fatto colazione una veglia
addietro, campeggiava un enorme vassoio con un sontuoso pranzo, per due, in
bella vista.
Arthur aveva mantenuto
la sua consuetudine, regalando anche a Linette un pasto da regina.
Merlin sentì un nodo aggrovigliarsi in gola, e deglutì a
stento.
Bugiardo e traditore.
Ecco cos’era.
Indegno della sua
generosità.
Fu distogliendo lo sguardo, tra mille sensi di colpa, che
egli notò una cosa che non avrebbe dovuto esserci.
Seminascosto, sotto al portavivande
imbandito, spuntava un piccolo involto, di forma rettangolare.
Un… un regalo?
Possibile che Gaius,
per corroborare la sua farsa, si fosse procurato un dono, mentre si recava
nella città bassa e gliel’avesse fatto recapitare?
No, quell’idea era categoricamente da escludere.
Sollevando il pacchettino, lo stregone si convinse che non
avrebbe potuto essere un libro – l’ennesimo libro –
offerto dal suo mentore. Benché la forma e la grandezza fossero quelle di un tomo, il peso smentiva decisamente
quell’ipotesi.
Non v’erano biglietti
d’accompagnamento e, per un attimo, Merlin pensò irrazionalmente che fosse
stata Gwen a fargli quel dono.
Il mago era certo che Lady Morgana e la sua serva avessero
discusso fra loro su quella ricorrenza. Dopo lo scambio avuto al riguardo col
principe, infatti, la protetta del re aveva mandato Guinevere
a curiosare sull’argomento, forte dell’amicizia che legava la sua serva a Linette.
E lo stregone, con laconica rassegnazione, aveva fornito all’ancella della castellana
la medesima spiegazione offerta all’erede al trono e quella data fittizia da
festeggiare.
Ma non poteva essere stata neppure Gwen a portargli quel pacchetto, perché proprio la sera
prima l’aveva accompagnata lui stesso a casa, poiché la ragazza sembrava in
preda ad un’infreddatura e piuttosto malconcia.
Avrebbe
dovuto rimanere a letto per
tutto il giorno, su consiglio di Gaius e, come concordato, prima del tramonto,
Linette sarebbe andata a farle visita e a portarle altri medicamenti per facilitare
la sua guarigione.
No, Guinevere non era stata.
E difficilmente Lady
Morgana avrebbe agito, di propria iniziativa, senza l’appoggio dell’inseparabile
ancella.
Accarezzando quasi con timore la carta dell’involto, Merlin
si rigirò tra le mani il dono inatteso.
Chi altro rimaneva?
La cosa più semplice da fare era naturalmente quella di aprire
il pacco, e togliersi il dubbio, eppure c’era una piccola parte di lui che
desisteva, quasi spaventata.
Ma che sciocchezza! Era solo un omaggio, uno
stupidissimo pacchetto innocuo!,
si rimproverò, ben sapendo, dentro di sé, che in realtà non era così.
Alla fine, inspirando rumorosamente dal naso, lo stregone
raccolse il coraggio e sciolse i nodi, sollevando il coperchio.
Con gli occhi sgranati, egli rimase per infiniti istanti a
contemplare il contenuto, incredulo.
No, non poteva essere…
Sentendo le palpebre pizzicare, Merlin affondò le dita
tremanti nella stoffa sapientemente raccolta e si portò al viso il fazzoletto
azzurro che aveva tenuto in mano al mercato, tre giorni addietro.
Arthur.
Stupido, idiota di un
Asino Reale, che aveva frainteso tutto.
Linette aveva perso tempo con quel foulard perché gli aveva
riacceso i ricordi, non perché se ne sentiva attratta.
Arthur.
Stupido, premuroso
idiota.
Merlin ripiegò con cura la stoffa, il primo vero regalo che
il principe gli avesse mai fatto, spontaneamente, da che era al suo servizio.
Percepì distintamente lo stomaco scombussolato e si sentì
emozionato come la più frivola delle donnicciole di palazzo, ma non gliene
importò.
Si sentiva
assurdamente felice per quel dono, per quel gesto inaspettato.
E non era vero che quella era la prima gentilezza che
l’erede al trono gli regalava, ma quella
aveva un sapore diverso, un valore nuovo.
Quello, sì, poteva
essere un nuovo inizio.
Indossandolo, avrebbe
pensato alla gentilezza del suo signore, alla gioia provata, e non ai vecchi,
dolorosi ricordi del suo gemello perduto.
E adesso?
Avrebbe dovuto ringraziarlo a dovere. Avrebbe voluto correre
ad abbracciarlo, ma no, non poteva.
Avrebbe…
Senza riflettere oltre, il mago raccolse il regalo e lo
portò nella propria stanzetta al sicuro, quindi afferrò il pesante vassoio con
il lussuoso pranzo e, dopo averlo riscaldato con un piccolo incantesimo, si diresse
a passo deciso verso gli appartamenti dell’erede al trono, avvisando una delle
sguattere, incrociata in corridoio, di non portare
altro cibo al principe.
Con un po’ di fortuna,
la riunione del Consiglio dei Nobili si sarebbe sciolta entro breve e…
“Linette?” si sentì chiamare, quando ormai era davanti alle
stanze reali. “Che ci fai qui?”
Merlin si volse con cautela, richiamato dalla voce del suo
padrone.
Mettendo a tacere il batticuore
bizzoso che gli pulsava persino in gola, il servo estrasse un sorriso
irriverente tipico del suo repertorio.
“Mi chiedevo se gradireste pranzare con
me, Sire. Gaius è stato trattenuto da impegni
improrogabili e non mi andava di festeggiare da sola il mio compleanno e di
sprecare tutto questo bendiddio!” motivò, annuendo alla volta del portone e
prontamente Arthur le aprì l’uscio, come un solerte valletto.
“Mi stai forse usando come ripiego?” domandò, ancora troppo stupito
per quell’improvvisata.
“La cosa vi infastidisce?” chiese a
sua volta lo scudiero, con una punta d’insicurezza. Forse, in fondo, non era stata una buona idea capitare lì.
“No, no, non ho nulla da obiettare!” rassicurò il principe,
con una strana euforia nella voce, e un sorriso fin troppo accondiscendente.
Non attendendo altro, Merlin si mise a dividere le pietanze,
come ogni dì, versando una generosa dose di vino per entrambi.
“Buon compleanno, Lin-Lin!” brindò
il cavaliere, sollevando la coppa, facendolo irrimediabilmente arrossire.
“Sire?” abbozzò poi, vergognandosene un po’.
“Mh?”
“Grazie per il fazzoletto, ma non avreste dovuto…”
“Perché? Non ti
piace?” S’irrigidì il nobile, trattenendo un boccone a metà.
“Oh, sì. Ma…”
“È uguale a quello che portava Merlin, no?” le domandò conferma
Arthur, a bruciapelo.
Il servo sussultò, in risposta. Perché non se lo aspettava, perché non
credeva che il principe lo avrebbe nominato.
“Ti crea disagio? Se è per questo motivo,
puoi cambiarlo…”
“Oh, no. No, davvero. Va bene così”.
“Linette…” la richiamò, come scusandosi per aver combinato
un guaio involontario. “Domani andiamo al mercato e lo
sostitui-”
“Arthur”, lo interruppe Merlin, con un’inflessione perentoria e una
familiarità autoimposta. “Il regalo mi piace. Lo adoro. E non lo cambierei con
nient’altro. D’accordo?”
Il nobile rilassò le spalle a quella rassicurazione, ghignando
poi con quell’arroganza asinina che lo contraddistingueva.
“E ci mancherebbe altro! L’ho scelto personalmente, quel dono! Ed era semplicemente perfetto!”
E quell’azzurro è identico ai tuoi occhi, e a quelli di Merlin,avrebbe voluto dirle, ma non poteva. “E il mio buongusto è rinomato ovunque,
è una garanzia!”
“Sì, Maestà”, ne convenne, lasciandolo comunque sproloquiare,
e poi sorrise interiormente.
Non si sarebbe
rovinato quel momento di pace per nulla al mondo.
Continua...
Disclaimer:I
personaggi di Merlin, citati in questo racconto, non sono miei; appartengono
agli aventi diritto e, nel fruire di
essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.
Ringraziamenti:
Un abbraccio a Tao, che sopporta i
miei scleri. X3
E alla mia kohai che subisce le
mie paranoie. X°D
Note: Il regalo
del pugnale per il compleanno di Morgana, da parte di Arthur, fa riferimento
alla puntata 3x05 “The Crystal Cave”, ma ovviamente io ho dato
un’interpretazione diversa ai fatti.
In quella puntata, viene descritto
il banchetto in onore del compleanno di Morgana, che si desume essere in
estate, poiché nella stessa puntata Arthur e Merlin camminano in un campo di
grano maturo.
Nella mia fic avevo deciso, molto
tempo prima di vedere l’episodio, che il compleanno di Morgana fosse a
febbraio, quasi coincidente con l’anniversario dell’arrivo di Linette a Camelot.
Questa discrepanza con il canone è
una cosa che ferisce molto il mio animo pignolo, lo ammetto. (Giuls, anima pia, sa
quanto ho sclerato quando me ne sono accorta!)
Ma mi avvarrò di una ‘licenza
letteraria’, perché non posso cambiare la storia a questo punto e comunque la
data presunta del telefilm è ininfluente in questa fic.
Però dovevo dirvelo, per correttezza, e spiegare la
mia scelta, ecco. Non mi va di tradire il senso di Linette né l’impegno con cui
mi documento di solito. ç_ç
La bandana azzurra è andata distrutta nel cap. 39, durante l’incidente di Arthur nel Torneo.
Precisazioni al
capitolo precedente e domande varie: (a random)
- Credo che dovrò aggiungere anche
i sensi di colpa al mio attuale umore instabile, perché ho notato che molti di
voi, dopo la parentesi ‘leggera’ (grazie di averla apprezzata!) dello scorso
capitolo, prevedono subito nuove disgrazie per i nostri eroi. ^^’’
Forse vi ho abituati troppo che la sventura è dietro
l’angolo. >__<
Invece adesso ci saranno ancora un
paio di capitoli ‘di assestamento’, con imbarazzi e fraintendimenti e spero un
po’ di risate per voi. Poi, sì, ci sarà una grossa svolta nella storia.
- Sì, m’era venuta la tentazione di
farli baciare perché Arthur potesse zittire Linette, ma non volevo sprecare così
il loro primo bacio consenziente (quelli
alla Locanda del Giglio non contano del tutto, ecco. U.U). Merita il suo spazio d’onore! (E no, non manca
ormai molto…)
- La posa contro il portone *era* equivocabile, sì.
- Merlin non può dire che lui è Linette, altrimenti
l’incanto non si romperà mai! Certo, i momenti di sconforto capitano anche a
lui…
- I motivi per cui Arthur non nomina Merlin davanti a
Linette sono tanti, quelli detti nello scorso capitolo erano alcuni. Il resto
uscirà direttamente nella storia.
- Sono contenta che il senso di familiarità si senta. È
vero: Arthur si sente libero di lagnarsi perché adesso si fida di Linette e può
abbassare le proprie difese ed essere se stesso con lei.
- ‘La figaggine di Arthur è sacra!’ Ma… LOL! Concordo.
- Per come la vedo io, l’unica uguaglianza tra Linette e Gwen è che sono entrambe serve di umili origini. Punto. Dal
mio punto di vista, è Merlin (nella temporanea forma di Linette) l’altra metà
della medaglia di Arthur, la sua anima gemella, il suo destino. Non Gwen.
- Concordo: è ammirevole come Merlin si sia adattato ad
essere donna in poco tempo. Ma le sue priorità sono
sempre state la vita e il benessere di Arthur, quindi (da bravo masochista) lui
ha sempre messo in secondo piano le proprie necessità.
Comunque, se escludiamo quando è preda degli ormoni, lui non ha mai smesso di
sentirsi un maschio né di considerarsi tale.
- Arthur è vanitoso da morire, avevate qualche dubbio?
- No, io non vedo Merlin e Lin
come soggetti separati. Per me sono sempre un tutt’uno. Quando muovo lei,
immagino contemporaneamente il comportamento di Merlin e le sue possibili
azioni-reazioni.
- Come richiesto, Morgana farà la sua comparsa nel prossimo
capitolo. Ho cercato di accontentare chi mi chiedeva che lei fosse più presente
nella fic.
Vi metto BEN QUATTRO anticipazioni
del prossimo capitolo:
“Linette, mia cara, vuoi dunque
essere la mia valletta per una sera?” chiese Lady Morgana, rivolgendosi
direttamente al mago, che era rimasto immobile come una statua di sale.
(...)
“Merlin! Hai
visto mia sorella nuda!” gli avrebbe
rinfacciato Arthur, scandalizzato, un giorno. Un giorno lontano. Nel
futuro. Semmai – mai – fosse riuscito a tornare in sé.
Ma intanto il mago si sarebbe
accontentato di sopravvivere a quella serata, senza morire di vergogna, e
l’ultimo dei suoi problemi erano le rimostranze immaginarie dell’Asino Reale.
(...)
“In tutta sincerità, Mia Signora, trovo più semplice bardare
il principe con l’intera armatura piuttosto che lottare con queste stringhe e
laccetti!” confessò, con una smorfia di scusa e d’insofferenza.
Morgana sorrise all’immagine riflessa dietro di sé.
“Credo sia solo una questione di dimestichezza… Con un po’
di esercizio, persino Merlin potrebbe agghindarmi alla perfezione per un
Banchetto!”
A quelle parole, le mani dello stregone furono colte da un
tremito di sorpresa, che la nobildonna non riconobbe, mentre continuava: “Ai
primi tempi del suo arrivo qui, si raccontava che avesse cercato di infilare
uno schiniere a protezione del gomito di Arthur e che il mio adorato fratello, per punizione, lo
avesse mandato alla gogna per tre giorni di fila…”
Lo scudiero avvampò al cocente ricordo di quell’umiliante
rievocazione. Perché la gente doveva spettegolare rammentando
le sue disgrazie?
(...)
“Devi proteggerlo”, riprese Morgana, come se non avesse mai interrotto il suo
ragionamento. “Dagli intrighi di palazzo, che prima o poi
arriveranno. Persino da se stesso e dalla sua idiozia, perché sarà necessario. Lui
tiene in grande considerazione i tuoi consigli. Guidalo, perché molti sono
interessati al suo potere. Restagli accanto”.
Merlin sbatté le palpebre, stranito,
assorbendo quella che aveva il sapore di
una profezia. Cosa diamine poteva sapere Morgana?
“Non si sfugge al proprio Destino.
Lo sai, vero?” domandò la strega, con
retorico sarcasmo, ultimando i preparativi, mentre la serietà delle sue
affermazioni veniva annullata dalla frivolezza di una
piroetta. “Allora? Come sto?”
pretese di sapere, lasciandosi ammirare dal mago frastornato.
Se siete interessati, ho postato una nuova shot della raccolta comica, Spoiler! Post 5x13, “The Once and Future… Prat.”
(capitolo 6).
Campagna di Promozione Sociale -
Messaggio No Profit:
Dona l’8‰
del tuo tempo alla causa pro recensioni.
Farai felici milioni di scrittori.
(Chiunque voglia
aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio
crede) Come sempre, sono graditi commenti,
consigli e critiche costruttive.
Approfittando
delle prime due ore libere e calme, ho sistemato il capitolo.
Buona lettura!
SPOILER FREE: Ricordo che questa storia NON
contiene/conterrà volutamente alcuno
spoiler della quinta stagione; eventuali
coincidenze sono appunto casuali coincidenze (è già successo e
succederà in capitoli che ho già pronti).
Linea temporale: Un anno esatto dall’arrivo di Linette a Camelot;
seguito diretto del capitolo precedente e giorni successivi.
Riassunto generale: Merlin
è abituato a salvare la vita all’Asino Reale senza che questi se ne accorga, ma
stavolta non tutto va per il verso giusto. Colpito dall’incantesimo del
malvagio Ardof, il nostro mago farà i conti con una
sconvolgente novità: egli si risveglia trasformato in una donna.
Solo Gaius conosce il suo segreto e, finché non troverà il modo di tornare
normale, dovrà inventarsi delle scuse plausibili e prendere
il posto di se stesso al servizio del principe. Come riuscirà a conciliare
questa ‘nuova situazione’? Come si evolverà il suo rapporto con Arthur?
Riassunto delle
ultime puntate: Il malvagio stregone Ardof è
morto, ma la sua maledizione non si è sciolta.Merlin, perciò, fa credere ad Arthur di essere partito alla
ricerca del padre mai conosciuto. Al principe non resta che subire questa sua
scelta, mentre il tempo passa inesorabile. Con l’arrivo del primo anno di
Linette a Camelot, i due
festeggiano il finto compleanno della valletta e il loro legame va saldandosi
sempre più. Nel frattempo, anche l’augusto genetliaco di Morgana è imminente e
al castello non c’è mai tempo di annoiarsi…
Dedico l’aggiornamento a chi ha
recensito il precedente capitolo e invito i lettori silenziosi, se lo
desiderano, a lasciare un segno (che è sempre gradito).
E a quanti commenteranno (SE vi
va di recensire anche dei capitoli più indietro di questo, il vostro parere non
andrà perduto!).
Ai vecchi e ai nuovi lettori.
Grazie.
TheHe in theShe
(l’Essenza dentro l’Apparenza)
Capitolo LXXIII
Merlin avrebbe conservato il ricordo felice di quel
non-compleanno per molto tempo.
Dopo il pranzo col principe, in cui avevano scherzato e chiacchierato
amabilmente com’era loro consuetudine, Arthur aveva deciso di boicottare i
propri doveri pomeridiani e aveva affidato a Leon gli allenamenti delle reclute
per quel giorno.
Benché il tempo non fosse dei migliori, infatti, l’erede al trono aveva
proposto alla sua valletta personale di fare una breve passeggiata a cavallo
nei dintorni del castello, offrendole l’occasione perfetta per sfoggiare il
nuovo regalo ricevuto.
Il mago non se lo era fatto ripetere due volte e, dopo
essere corso a cambiarsi con i propri abiti maschili, aveva raggiunto il suo
signore nelle scuderie, dove lo attendevano la propria giumenta e lo stallone
reale con l’Asino già in sella.
***
In quell’anno in cui era rimasto a palazzo sotto le mentite spoglie
di Linette, erano accaduti un sacco di eventi, belli e
brutti, con cui lui aveva dovuto fare i conti. Ma, pian piano, tutto era stato superato e lui e
Arthur avevano ricostruito ogni volta un nuovo equilibrio.
In particolare, dalla Festa di Yule di due mesi
prima, altre barriere erano cadute.
Il principe aveva fatto in modo che lei potesse assaggiare
alcuni dolci tipici di quella festività – anche se a Camelot non veniva commemorata, nei villaggi d’intorno
l’umile gente celebrava i rituali propiziatori –, forse per combattere quella
che lui credeva fosse la nostalgia di casa di Linette, o forse per riaccendere
un po’ il nostalgico ricordo di quando, sei mesi addietro, alla locanda del
Giglio Bianco avevano goduto di un momento di pace nel piccolo borgo, mangiando
le frittelle alla rosa e sambuca, i dolci al miele, la frittata al timo e
cipolle…
Merlin aveva accettato quelle premure con il cuore gonfio di
gratitudine, perché comprendeva la dolcezza di quelle intenzioni nascoste sotto
all’ironia altezzosa dell’erede al trono.
Arthur si era scoperto fin troppo in quelle gentilezze, e il mago accettava
volentieri dei punzecchiamenti che lo proteggessero dal sentirsi troppo
vulnerabile agli occhi della sua serva.
C’era anche da dire che, dopo gli allenamenti per sviluppare
maggiormente la propria autodifesa (che Lady Morgana gli aveva propinato contro
la sua volontà, su decisione dell’amato fratello),
il principe aveva un po’ allentato la corda del suo protezionismo.
Certo, c’erano voluti
dei mesi. Ma con l’andar del tempo alcune questioni – e
altrettante paure – erano state superate. Adesso Lin
poteva muoversi di nuovo con più libertà, il ricordo doloroso del suo rapimento
era, appunto, solo un ricordo.
Con l’arrivo dell’anno nuovo, e con altrettanta ponderata
cautela e maltempo permettendo, il nobile Pendragon e
la sua valletta avevano anche ripreso ad andare a caccia da soli, come un tempo.
Come prima del
fattaccio.
Merlin non avrebbe mai dimenticato la propria sorpresa allorché, una mattina all’alba – e il fiato congelava
letteralmente appena fuori dalle labbra e sentiva freddo persino in posti che
non credeva più di avere, da che era diventato donna –, giunto nella piazza
dove abitualmente si radunavano i cavalieri e i battitori in partenza, aveva
trovato solo il principe e le loro cavalcature impazienti ad attenderlo.
“Non possiamo sempre aspettare i tuoi comodi, Lin-Lin”, l’aveva apostrofata
Arthur, ghignando per nascondere un sorriso davanti alla sua espressione
sbigottita.
“E… e gli altri?” aveva soffiato lo scudiero, meravigliato,
mentre il principe si issava in sella.
“Gli altri chi?”
aveva fatto eco il suo signore, con una scrollata di spalle, lasciando Merlin
imbambolato. “Andiamo a caccia, non a fare una scampagnata! Non serve una
delegazione!” aveva rimarcato, facendo partire il proprio cavallo. “Ti
muovi o no?” l’aveva poi sgridato, con finto disinteresse.
E lo stregone non aveva chiesto altro: caricate in fretta le
armi e le bisacce, gli era corso dietro con un sorriso
ebete stampato in faccia – non importava più il vento freddo che lo faceva
lacrimare né le dita dei piedi e delle mani che perdevano sensibilità –, e lo
raggiunse, affiancandolo, senza potersi togliere l’espressione beota che sapeva
di stare indossando, ma che, stranamente, il principe ebbe l’incredibile
buongusto di non commentare.
Quella battuta di caccia aveva procurato solo un fastidioso gocciolio al
naso e tanti sorrisi sciocchi, ma neppure l’Asino Reale si era lamentato – non
tanto, almeno – per la mancanza di
prede come bottino.
Come anche le volte successive, in quel mese di gennaio, che non erano andate
poi tanto meglio – tuttavia era colpa dell’abbondante neve caduta, di Linette
che finiva sprofondata nella neve alta e bisognosa di aiuto, delle bestie
ancora in letargo, di Linette che scivolava sul ghiaccio e spaventava i pochi animali
disposti a sacrificarsi, di Linette che lo colpiva a tradimento con una palla
ghiacciata mentre prendeva la mira…
Erano le stesse cose che faceva Merlin, solo che lei non poteva spedirla alla gogna.
In fondo, ad Arthur
andava bene così.
Aveva avuto tempo, per un intero autunno, per esibire il suo
indiscusso valore come cacciatore a tutta la Corte reale.
Aveva primeggiato e raccolto elogi a sufficienza, quindi il suo orgoglio poteva
anche dimostrarsi generoso e accogliere quelle sortite come semplici scampagnate
fra la neve...
E poi… e poi c’erano i
sorrisi di Linette, i suoi occhi vivaci, il nasino arrossato e infreddolito, le
sue battutacce irriverenti, la confidenza che si prendeva quando erano solo loro due – lontani dal castello, lontani da tutti
– che gli erano mancate da morire, anche se non l’avrebbe mai confessato a
nessuno, tantomeno a lei.
***
Un’altra cosa che Merlin avrebbe annoverato, fra i suoi
ricordi più imbarazzanti di quell’anno, ebbe inizio
una mattina, appena dopo il suo non-compleanno, nel momento in cui – mentre
egli rassettava il letto e Arthur faceva colazione – qualcuno bussò alla porta
degli appartamenti del principe.
Ritrovarsi davanti Lady Morgana a quell’ora così inconsueta
lasciò entrambi di stucco, anche se l’Asino Reale aveva dissimulato abbastanza
bene la propria sorpresa.
“Domani sera ci sarà il Banchetto in mio onore e la povera Guinevere, che si è presa un’infreddatura coi fiocchi, non è ancora guarita!” esordì la protetta del
re, mentre il suo prezioso abito svolazzava al ritmo delle sue braccia
irrequiete.
“Difficile dimenticarlo, poiché è da quasi un’intera luna
che ci ammorbi con i preparativi, Morgana cara”, le appuntò il
fratellastro, con un ghigno di derisione che ella
finse di non cogliere.
“È tutta colpa di Geoffrey e del suo dannato Cerimoniale!” si discolpò lei, puntando i polsi sottili sui
fianchi, facendo tintinnare i bracciali dorati. “E Uther
gli dà corda!”
“Dannato?” le fece
il verso il principe, sollevando ironicamente un
sopracciglio biondo. “Una dama non dovrebbe usare siffatto linguaggio, Milady”.
In risposta, Morgana sbuffò, ruotando
gli occhi al cielo e ingoiando una rispostaccia a modo.
“Mi presteresti Linette per domani sera?” sputò quindi, a
bruciapelo. “Necessito di qualcuno che mi aiuti a
prepararmi come si conviene alla
festeggiata…”
Il boccone che Arthur stava ingoiando gli andò di traverso e
Merlin, nello stesso momento, fece cadere lo straccio che teneva in mano e con
cui fingeva di spolverare mentre origliava la loro discussione.
“Il castello pullula di servitori e valletti, e a te serve proprio Linette?!”
sbottò il nobile, senza darsi pena di dissimulare il proprio disappunto.
“Cos’è? Un capriccio
di compleanno?”
“Se non serve a te…” civettò la castellana, con uno
sguardo ammiccante, a cui Arthur, incredibilmente,
distolse gli occhi per primo.
“Uhmmm…” bofonchiò l’erede al
trono, pasticciando con gli avanzi della colazione, visto che
gli era passata la fame. “Se a lei sta bene, io non ho nulla in contrario”, capitolò infine, facendo spuntare un sorriso
felino sulle labbra della nobildonna.
“Linette, mia cara, vuoi dunque
essere la mia valletta per una sera?” chiese Lady Morgana, rivolgendosi
direttamente al mago, che era rimasto immobile come una statua di sale.
“M-ma… ma Mia Signora!” balbettò
il servo, sentendo un rivolo gelido corrergli lungo la spina dorsale. “Io sono
la persona meno indicata per prepararvi ad un evento
così importante! Non so nemmeno da dove iniziare!” sfogò,
cercando di dissuaderla.
“Non ti devi preoccupare, riceverai da me precise
istruzioni…” rassicurò la nobildonna, con un’espressione compiacente. “Avevo
già scelto con Gwen l’abito che indosserò e i
gioielli più adeguati, dovrai solo prepararmi il bagno, assistendomi-”
“Ba-bagno?” tartagliò lo stregone,
interrompendola, mentre le sue enormi orecchie andavano a fuoco per la vergogna
e una sfilza di possibili immagini di nudità imbarazzanti gli sfilava davanti
agli occhi. “Oh, no! No!” rantolò, mulinando le mani a
mezz’aria per corroborare l’obiezione. “Non posso!”
“Suvvia!” sbuffò la protetta del re, canzonandola. “Non ti
facevo così pudica! Siamo
tra ragazze!”
Per poco, Merlin non si strozzò col suo stesso respiro.
Raffazzonando in fretta una scusa decente, ebbe come unico
risultato un pietoso pigolio.
“Ho… ho… ho un- un-” farfugliò,
scandalosamente. “Un fungo! Qui, sulle mani!” squittì, animandosi e spiccando i palmi in alto.
“È infettivo, contagiosissimo! Non
voglio rischiare di trasmettervelo, non posso toccarvi né assistervi!”
Alla parola ‘fungo’, il principe sputò il pezzo di pagnotta
che stava sbocconcellando, scrutando il vassoio del cibo con aria sconvolta e
schifata.
“Linette!” guaì poi, spalancando gli aristocratici occhioni celesti.
“No, Sire. Voi no”, lo rassicurò prontamente lo scudiero, liquidando in fretta
la questione, come se fosse di secondaria importanza. “Il vostro cibo
non è contaminato e non vi aiuto di certo a fare il bagno…”
“E i miei abiti, il mio letto?” insistette il Babbeo Reale,
per nulla persuaso.
“Siete al sicuro, fidatevi”.
“Sono certa che anch’io sarò al sicuro”, s’intromise fra loro Lady Morgana, esprimendo quella che
sembrava una decisione definitiva. Senza appello.
Merlin imprecò mentalmente. Dannazione! Avrebbe dovuto trovare un’altra scusa...
“… E poi mi aiuterai nel vestirmi e, ovviamente,
nell’acconciatura dei capelli…” aveva elencato la dama, incurante del suo
turbamento.
“I capelli?!” eruppe nuovamente lo
stregone, con l’unico desiderio di mettersi le mani nei propri, di capelli. E poi
strapparseli per disperazione. “Ma io non so fare
acconciature! Non so neppure fare una treccia decente!”
“Questo è vero!” confermò Arthur, annuendo con fare saputo.
“Linette è completamente impedita, sono
più bravo io di lei. Non è forse vero, Lin-Lin?”
domandò, retorico, guadagnandosi un’occhiata fulminante dalla valletta reale.
“E, di grazia, vi fate spesso le treccine vicendevolmente?”
li stuzzicò la Veggente,
con zuccherosa ironia, facendoli irrimediabilmente arrossire entrambi.
“Morgana!” “Milady!” sbottarono all’unisono, strappandole
una risata divertita.
“D’accordo. Non
indagherò oltre”, accettò ella, rimboccandosi la
veste di prezioso broccato, avviandosi all’uscita. Ma quella fu l’unica concessione che accordò. “Ti attendo
domani, nei miei appartamenti, al rintocco del vespro. Linette,
siamo intese?”
E al povero mago non
rimase che chinare il capo e annuire.
***
Merlin era amico di Gwen, quindi
ebbe il buon cuore di non incolparla delle proprie disgrazie.
In fondo, la valletta personale di Lady Morgana non aveva
buscato un’infreddatura per sua scelta e quindi non le si
poteva imputare alcuna colpa volontaria.
L’unica cosa che lo stregone aveva fatto, appena aveva avuto
un attimo libero dai suoi doveri, era stata quella di farle visita, portandole
un sacco di cibo sgraffignato dalle cucine e altrettanti medicamenti che
potessero – forse miracolosamente –
farla guarire in tempo per il Banchetto dell’indomani.
Purtroppo per lui, nessuno dei rimedi di Gaius era così
portentoso e il suo mentore gli aveva tassativamente vietato l’uso della magia
taumaturga, su cui il mago non si era ancora esercitato a sufficienza.
Esprimendo a Guinevere i propri
crucci, Linette si era vista snocciolare una serie di consigli utili e
indicazioni varie che avrebbe dovuto attuare nei
confronti della castellana, e di cui aveva preso mentalmente nota.
Quando, però, Gwen si era offerta
di mostrarle la realizzazione pratica di una pettinatura straordinariamentegraziosa,
ma non troppo elaborata, il mago aveva rifiutato categoricamente di fare da
cavia, congedandosi da lì, con la scusa – peraltro ragionevole – che lei
dovesse assolutamente stare a riposo e che Lin aveva già abusato della sua precaria salute e della sua
ospitalità.
Rassegnandosi ad una notte insonne,
allo stregone non restò altro che cercare un incanto adeguato e provarlo
all’infinito su di sé, fino a giungere ad una parvenza di accettabilità.
Poi, soppesando il rischio, se fosse stato troppo disperato, lo avrebbe usato come soluzione estrema anche in presenza di Morgana.
***
“Merlin! Hai
visto mia sorella nuda!” gli avrebbe rinfacciato
Arthur, scandalizzato, un giorno.
Un giorno lontano. Nel futuro. Semmai
– mai – fosse riuscito a tornare in sé.
Ma intanto il mago si sarebbe
accontentato di sopravvivere a quella serata, senza morire di vergogna, e
l’ultimo dei suoi problemi erano le rimostranze immaginarie dell’Asino Reale.
Ad onor del vero, Morgana si era
dimostrata estremamente gentile e paziente con lui, cercando di non creargli
motivo di imbarazzo gratuito.
Ella si era spogliata al di là del
paravento e, coperta da un telo di lino, si era immersa nella vasca intanto che
Linette le dava rispettosamente le spalle.
La nobildonna non le aveva chiesto di detergerle la pelle né
di lavarle i capelli – cosa per cui Merlin aveva ringraziato ogni divinità
dell’Antica Religione – e, una volta che il bagno fu completato, la dama si era
asciugata il corpo da sé.
Ovviamente, lo stregone non avrebbe potuto procrastinare
all’infinito i propri doveri, e fu con gli occhi socchiusi che egli allacciò le
stringhe del corsetto della nobildonna, cercando di non indugiare nel contatto
sulla sua pelle di velluto né con lo sguardo fra le curve di quel corpo
attraente.
Benché egli non
provasse alcun tipo di attrazione verso la castellana, era innegabile che
Morgana possedesse un fisico invidiabile da qualunque principessa o regina dei
Cinque Regni.
Qualunque uomo sarebbe
rimasto incantato dal suo fascino conturbante, qualunque menestrello avrebbe
potuto tessere infiniti elogi a cotanta beltà.
Eppure, considerò
Merlin, abbottonando le asole di seta sulla schiena nuda di Morgana, anche Arthur possedeva un corpo da ammirare
e invidiare.
Forte e tornito,
possente ed armonioso al contempo. Le cicatrici che lo
costellavano non ne deturpavano la magnificenza, erano parte di lui come ogni
muscolo e tendine allenato alla fatica, alla danza letale della guerra, allo scontro
e alla vittoria.
“Ti vedo pensierosa…” rifletté la nobildonna, incrociando lo
sguardo di Linette attraverso lo specchio che era davanti a loro.
Lo stregone si riscosse dai propri pensieri, arrossendo,
colpevole, per aver indugiato in quelle riflessioni.
“Cercavo di concentrarmi per non sciuparvi l’abito, Milady”,
mentì, perché davvero, davvero non
avrebbe potuto dare voce ai propri ragionamenti.
“Finora sei stata bravissima, Linette”, la lodò, per
rassicurarla, e il mago si rilassò impercettibilmente.
“In tutta sincerità, Mia Signora, trovo più semplice bardare
il principe con l’intera armatura piuttosto che lottare con queste stringhe e
laccetti!” confessò, con una smorfia di scusa e d’insofferenza.
Morgana sorrise all’immagine riflessa dietro di sé.
“Credo sia solo una questione di dimestichezza… Con un po’
di esercizio, persino Merlin potrebbe agghindarmi alla perfezione per un
Banchetto!”
A quelle parole, le mani dello stregone furono colte da un
tremito di sorpresa, che la dama non riconobbe, mentre continuava: “Ai primi
tempi del suo arrivo qui, si raccontava che avesse cercato di infilare uno
schiniere a protezione del gomito di Arthur e che il mio adorato fratello, per punizione, lo avesse mandato alla gogna per
tre giorni di fila…”
Lo scudiero avvampò al cocente ricordo di quell’umiliante
rievocazione. Perché la gente doveva spettegolare rammentando
le sue disgrazie?
“Eppure, con l’esercizio ha imparato anche lui e ritengo,
allo stesso modo, che apprenderesti anche tu come stare al servizio di una
gentildonna”.
Merlin le rivolse uno sguardo turbato.
“Milady, cosa…?”
“Rasserenati, mia cara. Le mie erano solo considerazioni
ciarliere. Sei qui unicamente in prestito, e non intendo sottrarti al tuo
padrone. La tua devozione, tuttavia, è rimarchevolmente
encomiabile”.
Lo stregone, che non sapeva bene come ribattere, preferì
rimanere zitto, in attesa.
“Io sono fortunata ad avere Gwen
accanto. Oltre ad essere efficiente, è anche una buona amica”,
rifletté la dama, allungando una mano in direzione del portagioie intarsiato.
“Mi prenderesti le collane, nell’ordine in cui sono disposte?” diede istruzioni,
cambiando apparentemente discorso; poi infatti riprese,
come se non avesse mai interrotto il precedente disquisire: “Ma, alla stessa
maniera, Arthur è stato doppiamente favorito dalla Sorte, incontrando Merlin e
te. La dedizione con cui lo servi è cosa assai rara”.
“Il principe è un buon padrone, Milady”, si sentì in dovere
di difenderlo, fingendosi completamente concentrato mentre chiudeva i ganci di
tutti i gioielli richiesti; fu per questo che si perse
l’annuire della Veggente.
“Gradirei gli orecchini pendenti e i bracciali nello scomparto
a destra dello scrigno”, chiese quindi, e prontamente il servo eseguì,
giungendo – ahilui! – ad una
nota dolente.
“E per i vostri capelli, Mia Signora?” l’interrogò
ansioso, ripassando mentalmente l’incanto che aveva scelto come piano di fuga.
“Li lasceremo sciolti sulle spalle, raccogliendo solamente
un paio di ciocche sulla sommità della nuca, con un fermaglio; poiché mi è
giunta voce che il regalo di Uther sarà una tiara
tempestata di pietre preziose, ovviamente dovrò rendere onore al suo dono,
indossandolo durante la cena”.
L’ancella rilasciò un sospiro di consolazione.
“Eri davvero preoccupata per l’acconciatura?” la prese
bonariamente in giro la castellana, ed il servitore
annuì, imbarazzato.
“Sono altre le
cose per cui vale la pena preoccuparsi, Linette”,
filosofò la Veggente,
con tono leggero ed espressione spensierata, mentre sceglieva tra due boccette colorate
e si cospargeva con del costoso profumo l’incavo dei polsi e la pelle sotto i
lobi degli orecchi agghindati.
Certo!, ne convenne Merlin, ironicamente. Stoffe preziose, gingilli e…
“Devi proteggerlo”, riprese Morgana, come se non avesse mai interrotto il suo
ragionamento. “Dagli intrighi di palazzo, che prima o poi
arriveranno. Persino da se stesso e dalla sua idiozia, perché sarà necessario. Lui
tiene in grande considerazione i tuoi consigli. Guidalo, perché molti sono
interessati al suo potere. Restagli accanto”.
Merlin sbatté le palpebre, stranito,
assorbendo quella che aveva il sapore di
una profezia. Cosa diamine poteva sapere Morgana?
“Non si sfugge al proprio Destino. Lo sai, vero?” domandò la strega, con retorico sarcasmo,
ultimando i preparativi, mentre la serietà delle sue affermazioni veniva annullata dalla frivolezza di una piroetta. “Allora? Come sto?” pretese di sapere,
lasciandosi ammirare dal mago frastornato.
Alla luce tremolante
delle candele, Morgana appariva come una creatura meravigliosa, al pari di una
dea.
“Siete splendida e incantevole, Milady”, confermò,
strappandole un sorriso compiaciuto.
“Bene, allora possiamo andare!” dichiarò la castellana, avviandosi
per prima. “Ah! Dimenticavo un’ultima
cosa…” parve ripensarci, deviando verso il canterano.
Merlin la seguì distrattamente con la vista, concedendosi
finalmente di rilassarsi, lasciando vagare lo sguardo nell’appartamento della
principessa, mentre rimaneva in attesa. E una considerazione gli sorse
spontanea.
Anche se Gwen era assente da giorni, nella camera regnava l’ordine
più assoluto. Tutto era pulito e sistemato, ogni cosa al suo posto.
Quando invece lui
mancava da appena qualche ora, Arthur riusciva – chissà come – a creare il caos
più assoluto. Quell’Idiota arrivava a dare il peggio di sé, come un bambino
viziato e capriccioso. Come diamine ci riuscisse, rimaneva un mistero…
“È per te. Per
ripagarti dei tuoi servigi…” le spiegò la nobildonna, porgendole della stoffa
ripiegata.
Linette, che inizialmente aveva allungato le mani per
istinto, le ritrasse di scatto. “Ma non potete! Milady, non dovete sentirvi obbligata a farmi alcun dono!” protestò
vivacemente, imporporandosi imbarazzata.
“Non è nulla di speciale, ma servirà a ripararti dal freddo”,
insistette la dama. “Ti piace?”
Per un terribile istante, il mago temette che la nobildonna
volesse fargli dono di qualche stola ricavata da qualche bestia morta e
rabbrividì con orrore, poi lo colse il dubbio che fosse qualche pezzo di seta
trasparente di cui non avrebbe saputo che farsene.
E invece si ritrovò tra le mani uno scialle morbidissimo, di
calda lana pregiata. Non era certo il tipo di accessorio che
una serva poteva permettersi. Persino drappeggiato sulle spalle di Lady Morgana non avrebbe sfigurato, tanto era bello.
“Io e Gwen avevamo pensato di fartene
dono per il tuo compleanno; poi, però, lei si è ammalata e…”
Merlin accarezzò la stoffa con devozione, saggiandone la
soffice consistenza.
“Non avreste dovuto scomodarvi per me…” si schermì, mentre il suo sguardo
dimostrava la propria gratitudine al posto delle parole.
“Ti servirà a combattere gli spifferi del castello!” sorrise
la protetta del re, insistendo per farglielo indossare, all’istante, come prova.
Lo stregone cedette arrendevole, accontentandola, e poi
arrossì ancor di più sotto ai suoi apprezzamenti
civettuoli. “Vedrai che anche Arthur lo
apprezzerà!”
Il resto della serata si svolse senza intoppi, Lady Morgana
ricevette le dovute attenzioni dall’intera Corte e uno stuolo di doni e presenti.
Dopo averla aiutata a coricarsi, ed essersi assicurato che
anche il suo padrone avesse raggiunto il proprio letto – “Quello scialle ti dona, Lin-Lin!” le
aveva detto l’Asino – anche Merlin era crollato, sfinito dalla tensione, nella
sua brandina.
Chiudendo gli occhi, il mago aveva ringraziato gli dèi per
la fine di quel giorno e aveva pregato che Gwen
guarisse presto, per non ripetere quell’esperienza.
Continua...
Disclaimer:I
personaggi di Merlin, citati in questo racconto, non sono miei; appartengono
agli aventi diritto e, nel fruire di
essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.
Ringraziamenti:
Un abbraccio alla mia kohai che subisce le mie
paranoie. X°D
Note:La Festa di Yule
celebra il solstizio d’inverno.
Come a suo tempo per Litha, i cibi che ho elencato
fanno tuttora parte di questa tradizione celtica.
Ecco un capitolo Morganacentrico,
come richiesto (tempo fa) da molti di voi. E spero sia stato di vostro
gradimento. Ne avremo ancora, ma non tanto presto…
Precisazione cronologica: del compleanno di Morgana non si è
mai fatto accenno prima d’ora, in questa storia.
Tecnicamente, Linette avrebbe dovuto essere presente al
banchetto anche l’anno precedente, all’inizio della fic,
appena dopo la sua trasformazione.
Invece, a suo tempo, accennai solo al banchetto privato in
onore di Geoffrey, lo scrivano reale.
Del resto, non ho mai raccontato né del compleanno di Uther né di quello di Arthur, oppure del matrimonio di Lady
Theresa e Sir Martin, perché li ho ritenuti ininfluenti nell’economia della
storia. Se li ritenessi in qualche utilità, in futuro, potrei sempre
rimediare.^^
Il regalo di Morgana e Gwen lo
ritroveremo prestissimo… in mano ad Uther! XD
Credo che alcune frasi di Morgana offrano spunti
interessanti… E voi, cosa ne pensate?
Precisazioni al
capitolo precedente e domande varie: (a random)
- Grazie per le parole di conforto e incoraggiamento nei
commenti. Ormai sono praticamente guarita del tutto.^^
- Sono contenta che abbiate apprezzato l’idea del
compleanno, anche se era finto.
- E ora… dite la verità: in realtà
vi piace gufare, eh? XD
Sembrate quasi più cattive di me, con ‘sta
cosa della disgrazia dietro l’angolo e venti
funesti!
Come accennato, abbiamo un paio di capitoli ‘leggeri’ e
spero divertenti, poi sì, arriverà qualcosa di sconvolgente… ma non dirò se in
bene o in male…
- Sì, Merlin è innamorato perso. Ce lo
siamo giocato! XD
- Arthur, sotto sotto, è un cuore
di panna. <3
Anche se fa il burbero per conservare una parvenza di amor
proprio, in verità è uno da gesti gentili e pensierini… Vi ricordate di quando
disse a Linette che anche Merlin doveva mangiare di più e lui lo avrebbe
costretto a pasti più regolari? Ecco, dietro a queste prepotenze si può leggere
quanta premura ci metta…
- Merlin non si è accorto subito della delusione di Arthur,
perché in quel momento era troppo concentrato a nascondere i propri sentimenti.
- Arthur, poverino, ha solo un neurone in testa e lavora
part-time. Come potete pretendere che capisca presto:
a) che Merlin e Linette sono la stessa persona.
b) che lui è follemente innamorato di Merlin?
Gli ci vuole del tempo… e un tot di eventi, ecco.
- Ovviamente sia Merlin sia Linette sono
arrivati a Camelot di mercoledì… non potevo non
farlo! *_*
- Interessante… riflessione che mi è stata posta da due
utenti.
Per me, Arthur ha regalato il fazzoletto a Linette perché credeva fosse un dono
gradito, ma in parte lo fa anche per egoismo… rivuole vederle addosso *quel*
fazzoletto, perché lei è così simile a Merlin.
Vi metto BEN QUATTRO anticipazioni
del prossimo capitolo:
Accantonando le
proprie remore, lo stregone si lasciò coccolare dalle morbide lenzuola, dal
tepore della stanza riscaldata e, ancor più, dal brivido d’aspettativa
che lo aveva colto al pensiero di quando i suoi piedini gelidi avrebbero
trovato conforto fra quelli reali.
… E forse il suo corpo
sarebbe finito fra le braccia del principe.
Con un sorriso
arrendevole, il mago si lasciò cullare dal respiro familiare di Arthur accanto
a sé.
E considerò che,
dopotutto, con la primavera alle porte, non sarebbe stato male organizzare
qualche altro viaggio per Gaius, ogni tanto, se quelli erano i risultati.
(...)
“Arthur!”
Fu una voce imperiosa a districare Merlin dalle maglie del
sonno e dal corpo del principe troppo vicino al suo.
“Pa-padre?...
Padre!” sentì esclamare suddetto
principe – il suo principe, l’altra
metà della sua medaglia – mentre realizzava con orrore che no, non stava
sognando un incubo e che il re – in persona! – si trovava in quella stessa
stanza, appena oltre i tendaggi che li separavano.
(...)
Uther chinò la schiena quel tanto
che bastava per sfiorare la lana pregiata di uno
scialle, negligentemente abbandonato a terra. Poco lontano, era stata
dimenticata una scarpetta inequivocabilmente femminile e almeno un altro capo
di vestiario giaceva sparso sul pavimento.
“Ho… interrotto
qualcosa?” domandò poi, lasciandosi scappare quelle parole, mentre
aggrottava la fronte e la sua cicatrice appariva in rilievo.
Uno squittire femminile gli diede la conferma, mentre il principe,
involontariamente, tirava i capelli di Merlin ed egli si lasciava sfuggire un lamento, un istante prima di riuscire a trattenerlo.
A nulla valse lo sguardo dolente che indirizzò al suo
padrone, mentre questi cercava di rendersi presentabile.
(...)
Arthur che dormiva a
torso nudo era uno spettacolo di cui Merlin non si sarebbe mai saziato a
sufficienza.
Avrebbe voluto
accarezzargli la pelle in punta di dita, sfiorare gli addominali scolpiti, la
linea della mascella volitiva, arruffargli i capelli appiccicati alla fronte
dal sudore notturno, avrebbe desiderato morderlo e sentire la consistenza di
ogni lembo e anfratto, e farlo rabbrividire e poi concedersi a lui, e…
Taaanto cliché in arrivo! ^_=
Campagna di Promozione Sociale -
Messaggio No Profit:
Dona l’8‰
del tuo tempo alla causa pro recensioni.
Farai felici milioni di scrittori.
(Chiunque voglia
aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio
crede) Come sempre, sono graditi commenti,
consigli e critiche costruttive.
SPOILER FREE: Ricordo che questa storia NON contiene/conterrà
volutamente alcuno spoiler della quinta stagione; eventuali coincidenze sono
appunto casuali coincidenze (è già successo e succederà in capitoli che ho già
pronti)
SPOILER FREE: Ricordo che questa storia NON
contiene/conterrà volutamente alcuno
spoiler della quinta stagione; eventuali
coincidenze sono appunto casuali coincidenze (è già successo e
succederà in capitoli che ho già pronti).
Linea temporale: 12-18
mesi dall’arrivo di Linette a Camelot;
riferimenti al capitolo precedente.
Riassunto generale: Merlin
è abituato a salvare la vita all’Asino Reale senza che questi se ne accorga, ma
stavolta non tutto va per il verso giusto. Colpito dall’incantesimo del malvagio
Ardof, il nostro mago farà i conti con una
sconvolgente novità: egli si risveglia trasformato in una donna.
Solo Gaius conosce il suo segreto e, finché non troverà il modo di tornare
normale, dovrà inventarsi delle scuse plausibili e prendere
il posto di se stesso al servizio del principe. Come riuscirà a conciliare
questa ‘nuova situazione’? Come si evolverà il suo rapporto con Arthur?
Riassunto delle
ultime puntate: Il malvagio stregone Ardof è
morto, ma la sua maledizione non si è sciolta.Merlin, perciò, fa credere ad Arthur di essere partito alla
ricerca del padre mai conosciuto. Al principe non resta che subire questa sua
scelta, mentre il tempo passa inesorabile e – tra finti e veri compleanni da
festeggiare – il suo legame con Linette va saldandosi sempre più. A Camelot, in ogni caso, gli
imprevisti sono dietro l’angolo e al castello non c’è mai tempo di annoiarsi…
Dedico l’aggiornamento a chi ha
recensito il precedente capitolo e invito i lettori silenziosi, se lo
desiderano, a lasciare un segno (che è sempre gradito).
Un
grazie speciale va a melleth, per una maratona di
commenti che mi ha commossa!
A LaAngol, DevinCarnes, crownless, chibimayu,
chibisaru81, rekale, Burupya,
miticabenny, tigretta95, Hamlet_,
aria, Luna Senese, saisai_girl, WildBlueMoon, sixchan, strangerinthistown, RavenCullen, Morganalastrega, mekbul, Orchidea Rosa, katiaemrys e _Jaya.
E a quanti commenteranno (SE vi
va di recensire anche dei capitoli più indietro di questo, il vostro parere non
andrà perduto!).
Ai vecchi e ai nuovi lettori.
Grazie.
The He in the She
(l’Essenza dentro l’Apparenza)
Capitolo LXXIV
Anche se Merlin fosse riuscito a cancellare le nudità di
Lady Morgana – indelebilmente incise nelle retine dei suoi occhi innocenti –, c’erano ancora un sacco di avvenimenti, assurdamente
vergognosi, che avrebbero per sempre macchiato i suoi ricordi di quel primo
anno trascorso come Linette, e nel tempo a seguire.
Ogni anfratto del castello avrebbe potuto raccontare qualche
aneddoto imbarazzante sulla valletta reale; ma, senza dubbio alcuno, gli
appartamenti privati dell’erede al trono si contendevano il primato indiscusso.
Come la volta in cui, per una somma di coincidenze, re Uther avrebbe potuto mandarla alla forca per direttissima –
per circuizione di erede al trono,
anche se loro non avevano combinato niente – scorgendola semiaddormentata
nel letto che condivideva con il pupillo reale.
Che diamine ci faceva,Uther, nelle stanze del
figlio all’alba?!
… Tutto era cominciato la sera prima, al momento del congedo.
Merlin aveva fatto in modo che gli sguatteri, dalle cucine,
rifornissero con abbondante legna il focolare degli alloggi del suo signore,
perché l’improvvisa nevicata di quel pomeriggio aveva reso l’aria frizzante di
metà marzo nuovamente gelida e la stanza andava
riscaldata adeguatamente per l’intera notte.
Mentre il principe, sorseggiando pigramente l’abituale
calice di sidro prima di andare a dormire, osservava il piazzale imbiancarsi, il
mago aveva sovrinteso ai lavori dei garzoni, stretto nel suo scialle – da che
l’aveva ricevuto in dono al compleanno di Lady Morgana, Linette gli aveva reso
onore godendosi il suo piacevole calduccio e le coccole di quella morbidezza
avvolgente.
Quando, finalmente, anche l’ultimo dei servi si congedò da
lì, con un sospiro lo stregone chiuse il portone d’entrata e considerò fra sé che
l’operazione aveva richiesto più tempo del previsto. La campana del cambio di
guardia gli diede ragione.
“Si è fatto davvero molto tardi”, osservò Arthur, come
conferma degli altrui pensieri, distogliendo lo sguardo dalla finestra per
rivolgerlo alla sua valletta. “Gaius potrebbe essere in pensiero…”
Merlin fece spallucce, approfittandone per accomodare la
mantella, drappeggiandola anche come una sciarpa sul collo.
“Gaius non c’è. Quindi
non può preoccuparsi, se ritardo un pochi-” l’espressione sorpresa e
sconcertata del principe bloccò la sua frase a metà. “Che avete?”
“Che vuol dire: ‘Gaius
non c’è’?!” l’investì invece il nobile padrone, animandosi.
“Significa esattamente
questo, Sire”, gli appuntò il servo, con un’inflessione di canzonatura. “Il mio
maestro non è a casa, quindi difficilmente noterà la mia assenza!”
“E dov’è andato, di grazia?!”
pretese di sapere l’erede al trono, facendosi scuro e pensieroso.
“Dopo aver ottenuto il permesso del re, vostro padre, egli è partito all’alba, stamattina, per recarsi in
un villaggio che dista ad un giorno di viaggio. Lì vi
abita un guaritore, che ha richiesto la sua presenza, e il mio mentore dovrebbe
fare ritorno domani, prima del tramonto, ma temo che la neve lo rallenterà…”
“E perché io non ne sapevo nulla?” s’indispettì l’Asino
Reale, imbronciandosi.
“Io… mi sono scordata di riferirvelo; ed,
evidentemente, vostro padre ha ritenuto superfluo informarvene”.
A quella replica sensata, il principe tacque per qualche
istante, meditabondo, per poi ripartire all’attacco, con un pensiero che lo
aveva alquanto turbato.
“Quindi… adesso, tu intenderesti
tornartene a casa di Gaius, dove non c’è nessuno che ti attende”.
“Beh, l’idea era
quella”, sorrise Merlin, con ironia.
“Non se ne parla neppure!” ruggì il nobile, improvvisamente,
facendo sussultare Linette per la sorpresa. “Chiunque può avere libero accesso
al laboratorio del guaritore reale!”
“Ma io dormo nella mia cameretta…”
gli ricordò il mago, cercando inutilmente di rabbonirlo. “E posso chiuderla col
chiavistello”.
“Oh, sì! Sprangare quell’inutile pezzetto
di legno tarlato, che tu osi chiamare ‘porta’!” sbraitò il principe, sbattendo
sul legno del canterano il calice ormai vuoto. “Basta un soffio di fiato
per buttarla giù!”
Benché lo scudiero apprezzasse sinceramente il genuino
interesse del suo padrone – e le sue esagerate e immotivate paure e precauzioni
–, la sua pazienza stava per finire.
“Dubito fortemente,
Sire, che qualcuno abbia stabilito di attentare alla mia virtù giusto stanotte,
mentre dormo da sola…”
Ma, le sue parole, anziché tranquillizzare il cavaliere, lo allarmarono ancor di più.
“Chi altro sa della partenza del medico di
Corte?” volle sapere, strofinandosi stancamente la base del naso stretta tra
pollice e indice.
“Ehm… Tutta la
Corte?” azzardò lo scudiero, ben sapendo – purtroppo – che
quella era la risposta più sbagliata da dare.
Mentre Arthur induriva la mascella per non imprecare, lo
stregone si sentì in dovere di difendere l’operato del
suo mentore: “Gaius ha dovuto avvisare i suoi pazienti abituali e consegnare
preventivamente alcuni medicinali da assumere durante la sua assenza…”
“D’accordo”, si risolvette il cavaliere, dopo un tempo che a
Merlin era parsa un’eternità. “È fuori questione che io ti conceda di fare
ritorno in quella casa buia e fredda-”
“Ma…” tentò di interromperlo
l’ancella.
“Non è forse così?!” Il nobile la
sfidò a contraddirlo. “Hai passato il pomeriggio e la serata qui, e nessuno,
presumibilmente, si è preso la briga di riattizzare il focolare di un archiatra
assente”.
Merlin sbuffò, impaziente, eppure fu costretto ad annuire.
“Ma, soprattutto, non riuscirei a riposare
bene sapendoti là da sola. E tu non vuoi che il tuo Signore passi una notte angustiata, nevvero?”
le chiese, retorico.
“Veramente non vi ho chiesto nul-”
ritentò, invano.
“E poiché escludo a priori che la mia nobile persona si
trasferisca temporaneamente in quel tugu-in quell’umile dimora” si corresse
all’ultimo, per non offendere la sua suscettibilità, “ritengo che l’unica
soluzione sia offrirti ospitalità qui, nelle mie stanze”.
“Ma, Sire!” contestò il mago.
“Non è neppure la prima volta che accade, perciò la cosa non
dovrebbe scandalizzarti tanto”.
“Apprezzo il vostro interessamento, ma vi assicuro che non serv-”
“Ormai ho deciso”, stabilì il principe, con tono definitivo.
Poi, prevedendo che Linette avrebbesnocciolato altre obiezioni, con una
mossa fulminea la afferrò per le spalle, conducendola forzatamente verso il
baldacchino. Nel fare ciò, le sfilò senza particolare riguardo lo scialle dalla schiena, lasciandolo cadere con noncuranza
a terra, come faceva sovente con i propri abiti.
“Ehi!” si lamentò il mago, torcendo il collo all’indietro malgrado l’avanzata forzosa, per verificare l’ingiusta sistemazione
della sua preziosa stola.
“Sotto alle coperte, non ti servirà”,
chiarì il Babbeo Reale, senza dimostrarsi particolarmente dispiaciuto, mentre
le levava a tradimento anche il grembiule annodato in vita e lo lanciava per
aria, lasciando che ricadesse a caso, a fare compagnia al resto.
“Sì, però-” mugugnò il servo, che aveva compreso che non
restava che arrendersi.
Vedere il suo prezioso dono bistrattato gli strinse il cuore
e quindi tentò di fare marcia indietro per andare a raccoglierlo.
Ma, nel fare ciò, egli incespicò
nel tappeto che circondava il letto e perse una scarpa che gli si era sfilata
nell’inciampo, – se Arthur non l’avesse tenuto con ferma gentilezza per le
spalle, egli sarebbe inevitabilmente caduto a terra.
“Domani”, ordinò
Sua Maestà, ponendo fine alla questione, spingendo Lin
a sedere sul letto.
Merlin si strinse nervosamente le dita in grembo.
“E se qualcuno dovesse entrare?” sfogò infine, pensieroso,
mentre il suo padrone si dimostrava eccezionalmente indaffarato.
“Con questo freddo, dici? Sono già
tutti nel mondo dei sogni! Prima dell’alba, non verrà nessuno
a disturbarci”, considerò il nobile, slegando da sé i tendaggi raccolti ai
quattro lati del baldacchino e distendendo le tende Rosso Pendragon
affinché trattenessero maggior calore notturno fra le coltri.
Scalciando via l’unica scarpa che le era
rimasta, Linette si rassegnò a cedere a quell’imposizione.
La parte più egoista
di Merlin – quella innamorata follemente di Arthur – era
stata più che felice di assecondare l’indiscutibile ordine di Sua Maestà, ma la
sua parte più assennata non lesinava dubbi e timori che lo inquietavano.
Ogni notte trascorsa lì dentro era pericolosa quanto
giocare col fuoco. Avrebbe finito col bruciarsi?
“Puoi sfilarti gli indumenti che ti impicciano
e il mio vaso da notte è a tua disposizione”, la informò il principe, prima di
prendere posto accanto alla fanciulla, dimostrando un buonumore e una
generosità fin troppo sospette. “Buonanotte, Lin-Lin”,
le augurò, nella semioscurità.
Pochi minuti più tardi, dopo essersi preparato, anche Merlin
lo raggiunse, ricambiando l’augurio.
Accantonando le
proprie remore, lo stregone si lasciò coccolare dalle morbide lenzuola, dal
tepore della stanza riscaldata e, ancor più, dal brivido d’aspettativa
che lo aveva colto al pensiero di quando i suoi piedini gelidi avrebbero
trovato conforto fra quelli reali.
… E forse il suo corpo
sarebbe finito fra le braccia del principe.
Con un sorriso
arrendevole, il mago si lasciò cullare dal respiro familiare di Arthur accanto
a sé.
E considerò che,
dopotutto, con la primavera alle porte, non sarebbe stato male organizzare
qualche altro viaggio per Gaius, ogni tanto, se quelli erano i risultati.
***
“Arthur!”
Fu una voce imperiosa a districare Merlin dalle maglie del
sonno e dal corpo del principe troppo vicino al suo.
“Pa-padre?...
Padre!” sentì esclamare suddetto
principe – il suo principe, l’altra
metà della sua medaglia – mentre realizzava con orrore che no, non stava sognando
un incubo e che il re – in persona! – si trovava in quella stessa stanza, appena
oltre i tendaggi che li separavano. “Padre!” strillò Arthur, nuovamente, un’ottava
sopra il normale tono, condensando in quell’unica parola la propria sorpresa e
lo sconcerto, coprendo così l’esclamazione sbigottita sfuggita a Linette. “Shh…” le bisbigliò, ponendole un indice fra le labbra
socchiuse, ad occhi sgranati, cercando di sbrogliarsi
fra le coltri aggrovigliate. “Arrivo, padre, un istante!” temporeggiò, lottando
col lenzuolo e il brusco risveglio che l’aveva frastornato.
“Non volevo spaventarti, figliolo”, lo rassicurò con burbera
premura il sovrano, lasciando vagare lo sguardo nella
penombra della stanza. “Ma stanotte la spalla non mi
ha dato tregua e ho riflettuto su una questione importante e-” e il suo
cervello realizzò una cosa che inizialmente gli era sfuggita.
Uther chinò la schiena quel tanto
che bastava per sfiorare la lana pregiata di uno
scialle, negligentemente abbandonato a terra. Poco lontano, era stata
dimenticata una scarpetta inequivocabilmente femminile e almeno un altro capo
di vestiario giaceva sparso sul pavimento.
“Ho… interrotto
qualcosa?” domandò poi, lasciandosi scappare quelle parole, mentre
aggrottava la fronte e la sua cicatrice appariva in rilievo.
Uno squittire femminile gli diede la conferma, mentre il
principe, involontariamente, tirava i capelli di Merlin ed egli si lasciava
sfuggire un lamento, un istante prima di riuscire a trattenerlo.
A nulla valse lo sguardo dolente che indirizzò al suo
padrone, mentre questi cercava di rendersi presentabile.
Oh, se solo i capelli
di Lin non si fossero impigliati nei ganci della sua
casacca!
“Padre, sto per-!, lasciate che-” farfugliò incoerentemente l’erede al
trono, il cui unico timore era che il genitore provvedesse da sé a scostare le tende,
scoprendo Linette. Per questo, egli non s’avvide che
le proprie parole risuonavano alquanto equivoche.
“Ah, fai con calma! Però renditi almeno presentabile, Arthur”, gli appuntò il monarca, mordicchiandosi
le labbra.
Un istante dopo, tuttavia, il principe uscì dai tendaggi –
nel separarle, il re intravide fugacemente il profilo di un’esile fanciulla dai lunghi capelli, stagliato nella penombra – e
si presentò dinanzi al sovrano, tutto scarmigliato e con gli abiti ancora in
disordine, convinto di doversi sorbire una delle prediche paterne. Una di quelle che non avrebbe mai
dimenticato.
Grande fu la sua sorpresa, allorché
il genitore, tutt’altro che irritato, gli si parò davanti fin troppo ghignante.
Con un sorriso di malcelato orgoglio, Uther
gli passò un braccio attorno alle spalle, e con fare cospiratore gli si
accostò, bisbigliando al suo orecchio.
“La virilità dei Pendragon va
sempre assecondata, figliolo”, dichiarò, a mo’ di benedizione paterna, sussurrando
fra loro perché la dama non sentisse, ammiccando alla volta
dei cavallo dei pantaloni del principe, dove un imbarazzante orgoglio mattutino reclamava il suo
spazio, incurante della vergogna cocente del suo padrone. Arthur non avrebbe mai potuto confessargli che era stata l’agitazione e
non l’eccitazione a risvegliarlo.
“Ora vi lascio soli. Il nostro
discorso non era poi così urgente…” specificò il re, compiacente. “Ma mi raccomando prudenza, intesi? Niente complicazioni o
mariti che pretendono regolare soddisfazione, mh?”
gli ricordò, con un’altra gioviale pacca sulla spalla.
“Ci vediamo più tardi… più tardi”, precisò,
accordandogli forse una veglia di libertà in un impeto di generosità.
Guardandolo avviarsi all’uscita, Arthur non fece neppure in
tempo a tirare il fiato, credendo che il peggio fosse passato, allorché il monarca ritrattò, tornando suoi propri passi.
“No. Ho un’ultima cosa…” gli comunicò il
genitore, perdendo l’aria gioviale e riacquistando il solito tono autoritario.
“Quando la tua valletta arriverà a portarti la colazione,”
– Merlin ansimò involontariamente, tremando sotto al lenzuolo, sentendosi
nominare, e il gemito oltrepassò attutito le barriere di stoffa, ma
fortunatamente solo il principe lo colse; – “mandala da me. È
pur sempre l’assistente del guaritore reale, saprà curare una dannata spalla
indolenzita!” ruggì, strofinandosi la zona malandata da una vecchia ferita di
guerra.
“Oh, non così in
fretta, figliolo”, lo dissuase il re, ammiccando alla volta del letto, dove
immaginava l’aspettasse la sua dama impaziente. “Milady,
chiedo perdono per la mia presenza inopportuna”, si scusò il sovrano, alzando
la voce a beneficio della sconosciuta ospite, continuando a credere che il suo
erede si fosse intrattenuto con qualche nobildonna compiacente. “Ora tolgo il
disturbo”.
E, uscendosene da lì, bofonchiò
qualcosa che suonava come un invidioso “Beata
gioventù!”
Appena rimasti soli, l’apprensione che li aveva colti
evaporò all’istante e Arthur si lasciò cadere a peso morto sul materasso,
accanto alla sua valletta che lo imitò, spossata dalla violenta emozione.
“Credo di aver perso almeno dieci anni di vita”, ammise il
principe, inspirando lentamente per calmarsi, strofinandosi incredulo la fronte
imperlata di sudore freddo.
“E io ho ancora la testa attaccata
al collo!” realizzò il mago, sfiorandosi la gola, ancora sconvolto dallo
scampato pericolo.
I due si scambiarono uno sguardo d’intesa complice, prima di
scoppiare inevitabilmente a ridere per sciogliere la tensione.
“E per fortuna che nessuno
sarebbe venuto a disturbarci, eh?” lo pungolò il servo, maledicendosi per non
aver pensato di chiudere la porta a chiave.
“Che ne potevo sapere?!” si difese
il nobile, discolpandosi. “Mio padre non è mai venuto a farmi visita a
quest’ora del mattino!”
“E cosa voleva di così urgente?”
“In realtà… non lo so. Quando ha capito che non ero solo, ha
accantonato i discorsi”.
“Quindi il re ha creduto che-”
“Che fossi occupato in dolce compagnia, sì”, confermò
Arthur, godendosi l’imbarazzo che stava fiorendo sulle gote di Linette.
“Uhm…”
“La cosa ti turba?”
“Perché… perché dovrebbe?” esitò l’ancella, distogliendo lo
sguardo e fingendosi incredibilmente interessata a spianare una piega del
lenzuolo sgualcito. “L’importante è che non si sappia che qui dentro c’ero io,
no?” considerò con praticità.
“Giusto”, ne convenne il cavaliere. “Hai la mia parola che
non accadrà”.
Merlin gli regalò un timido sorriso di gratitudine.
“Ma, magari, la prossima volta-”
“Non ci sarà ‘una prossima volta’”, lo freddò Lin,
perentoria, anche se non poteva sapere che si stava sbagliando.
Il principe, in risposta, preferì
accantonare la faccenda e si allungò, piuttosto, per afferrare una delle
coperte ammucchiate contro la pediera del letto e la
stese in un unico gesto su entrambi.
“Comincia a fare freddo, fuori dalle lenzuola”, motivò,
preferendo ignorare il mugolio di soddisfazione che Linette si era lasciata
sfuggire. “Meglio?” tirò a indovinare, vedendo il nasino di
lei scomparire oltre l’orlo cucito del copriletto.
“Mmhhh…” apprezzò il mago,
rilassandosi, e il principe fece altrettanto.
Per tacito accordo, anche
se non avrebbero potuto dormire ancora – chi sarebbe mai riuscito ad addormentarsi, dopo un risveglio così?–, si sarebbero presi ugualmente qualche
istante per loro, indugiando a poltrire nel silenzio, godendo
della pigrizia dell’alba e della reciproca, silenziosa compagnia…
***
Un altro risveglio imbarazzante lo si
aveva avuto circa un anno e mezzo dopo l’arrivo di Linette a Camelot, quando ormai il principe aveva abbassato le
proprie difese e i due si trattavano quasi con fin troppa familiarità – familiarità che Linette si era presa, e che
lui, per amor di precisione, non le aveva mai concesso. E quindi, per ripicca,
a volte l’Asino si divertiva a tiranneggiarla, anche se in diverse occasioni
era stato lui quello ad uscirne più malconcio tra loro
due.
Quella mattina d’estate, per esempio, l’ancella aveva raccolto
come sempre le tende del baldacchino ai quattro supporti e, dopo aver posato la
colazione del Babbeo Reale sul tavolino accanto al letto, aveva addentato una
mela succosa che si era messa in tasca prima di scappare di
fretta da casa di Gaius e, non avendo ottenuto risposta al suo “Buongiorno,
Sire!”, anziché continuare i propri lavori, ella si era arrestata, scrutando l’altra metà della sua medaglia beatamente
assopita.
Arthur che dormiva a
torso nudo era uno spettacolo di cui Merlin non si sarebbe mai saziato a
sufficienza.
Avrebbe voluto
accarezzargli la pelle in punta di dita, sfiorare gli addominali scolpiti, la
linea della mascella volitiva, arruffargli i capelli appiccicati alla fronte
dal sudore notturno, avrebbe desiderato morderlo e sentire la consistenza di
ogni lembo e anfratto, e farlo rabbrividire e poi concedersi a lui, e…
Inghiottendo a vuoto un bolo di saliva, egli cercò di
ricomporsi.
“Svegliatevi, Arthur!” lo incitò poi, a malincuore, avvicinandosi al bell’addormentato, ma l’unica risposta del
nobile fu un lamento di protesta.
Merlin aveva
dimenticato com’era trovarselo così.
Indisponente già di prima
mattina.
Scrocchiando un morso alla mela succosa prima di agire, il
mago non si perse d’animo e con una mossa fulminea – in ricordo dei bei, vecchi
tempi – lo privò a tradimento del cuscino e delle coperte in simultanea, di
modo che il principe non potesse trovare altro rifugio né ulteriori
scuse.
Fu a quel punto che l’aristocratico Babbeo si stiracchiò
pigramente, sbadigliando senza riguardo alcuno, stropicciandosi i regali occhioni assonnati e levandosi a sedere sul materasso, con
uno sguardo sperso.
“Avete i postumi del Rituale
del Mercoledì?” lo canzonò la serva, ben consapevole che la
sua era solo una provocazione gratuita.
“Nh…” mugugnò il futuro sovrano, in risposta, lanciandole un’occhiata distratta prima di fare
una smorfia disgustata verso la propria colazione: pane, uova e carne affettata
ben disposta sul vassoio.
“Mela!” brontolò poi, laconico.
“Non ci sono mele nel vostro pasto, Sire.
Questa è la mia colazione”, gli rese noto il mago, con un ghigno.
“Offrimene un pezzo!” ingiunse l’Asino Reale, mettendo su un
adorabile broncio da bambino viziato.
“Col cavolo!” negò Merlin, addentando un altro pezzetto per
ripicca.
“Ogni mio desiderio non
è forse un ordine?!” sfidò il principe, visto
che ormai era una questione di principio.
“Dovrebbe, ma…” ghignò
il servo, sentendosi vittorioso; eppure, non ebbe neppure completato la frase
né assaporato la soddisfazione che, con un’insospettabile mossa fulminea,
l’erede al trono si sporse verso di lui e gli rubò dalle mani il frutto
rosicchiato a metà. “Ehi!” s’indignò lo scudiero, lanciandosi sul letto per riconquistare
il maltolto, in barba all’Etichetta e al buonsenso.
Il fatto che il cavaliere fosse molto più alto della sua
serva non dissuase Linette dal tentare il recupero, usando anche mezzi meschini
come il solletico che sapeva il
principe soffrisse nei punti più impensati.
Ovviamente l’Asino Reale aveva reagito ai suoi attacchi con
la stessa grazia di una mandria di tori alla carica, e i due si ritrovarono ben
presto nel mezzo di una battaglia all’ultimo sangue, fra lenzuola sfatte e
coperte ammonticchiate.
Quando il pomo della
discordia sfuggì di mano al principe, per riprenderlo Arthur si sbilanciò
istintivamente oltre il bordo del letto, trascinandosi dietro le coperte
infagottate in cui Linette era intrappolata.
Come risultato disastroso, entrambi caddero con un tonfo sul
tappeto e la mela – che sembrava farsi beffe di loro – era rotolata via, fin
sotto l’armadio dove non sarebbe stata mangiata mentre
loro, impotenti, non poterono che osservare la sua fuga per la salvezza.
“Ti… sei fatta male?” le chiese il cavaliere, preoccupato,
cercando – per quanto poteva – di non gravare sul corpo esile della sua serva
che era finito sotto di lui nella caduta. Purtroppo per lui, le lenzuola si
erano aggrovigliate strette attorno ai loro corpi, impedendogli ogni movimento nonché la libertà.
“N-no…” balbettò il mago, scombussolato
da quell’indecente vicinanza che lo turbava oltre il consentito. Sentiva il fisico possente di Arthur
plasmato contro il proprio, in un incastro perfetto.
Solo pochi minuti prima aveva sognato ad occhi aperti di
accarezzare quegli stessi muscoli a cui ora si era
aggrappato e si chiese, incoerentemente,
dove avrebbe trovato il coraggio di staccarsi da lui.
Vedendola così stranamente silenziosa e scombussolata, il
nobile ritentò.
“Non… non è che hai battuto la testa, vero?” si impensierì, memore di disgrazie passate.
“No, Sire. Sto solo cercando di capire come liberarci senza
dover stracciare le lenzuola…”
“Penso di capire come si sentono i bruchi dentro ai bozzoli. È un po’ strettino
qui”, ghignò, strappando a Linette una breve risata che lo confortò.
“I bruchi non stanno mica in due dentro al
bozzolo!” lo corresse, per pignoleria, concedendosi di accarezzarlo con
finta noncuranza mentre cercava di scostare una coperta dalla sua spalla nuda.
“H-hobu-bussato…”
si giustificò la voce esterrefatta di Guinevere, intromettendosi
fra loro, mentre – con espressione sconvolta – la serva di Morgana assisteva a
quella scena indubbiamente compromettente.
Agli occhi di tutti,
sarebbe sembrato che Arthur fosse nudo e la posizione equivoca, poiché col suo
corpo egli copriva la sua serva fra le lenzuola, dava ad intendere che anche
lei fosse stata svestita.
“Non è come pensi, Gwen!” le urlò
dietro Merlin, ma lei era già corsa fuori, bofonchiando qualcosa su un
messaggio di Lady Morgana che avrebbe recapitato più tardi.
“Ecco! Avete visto in che guaio mi avete cacciata!”
mugugnò Linette, perdendo ogni interesse passionale. “Tutta colpa della vostra
ingordigia per la mia mela!”
“Sta’ zitta! Se tu
me l’avessi offerta spontaneamente,
non saremmo ridotti così…” brontolò il principe, di rimando. “E adesso
chissà cosa dirà quella strega!”
L’unica soluzione
sarebbe stata parlarne con Guinevere e persuaderla a
tacere.
Ma chissà se lei avrebbe mai creduto a
quell’assurdità?
Continua...
Disclaimer:I
personaggi di Merlin, citati in questo racconto, non sono miei; appartengono
agli aventi diritto e, nel fruire di
essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.
Ringraziamenti:
Un abbraccio alla mia kohai che subisce le mie
paranoie. X°D
Note: Come vi
avevo anticipato, questo capitolo è infarcito di
cliché. Lo sapete che sono una cosa ricorrente in questa fic,
perché li adoro. XD
Al momento non saprei citare nessun titolo, ma sono certa che esitano frotte di
film e libri in cui si fraintendono situazioni imbarazzanti, generalmente a
letto e a sfondo sessuale.
Qui non c’è niente di volgare, ma se credete di cogliere un sottinteso/doppiosensoad un paio di frasi
che ho disseminato… sì, sappiate che la cosa è voluta. XD
La reazione d’inaspettato orgoglio paterno fa il verso alla
puntata 3x10 “Regina di cuori” quando Uther scopre
Arthur e Gwen al pic-nic e, credendo che lei sia solo
uno svago del principe, non lo biasima e, anzi, lo approva.
Precisazioni al
capitolo precedente e domande varie: (a random)
- Il capitolo Morgana-centrico è
piaciuto molto! Grazie, ne sono felicissima! *_*
Seguendo le vostre richieste, la nostra Veggente avrà un ruolo più importante,
rispetto alla mia idea iniziale di semplice comparsa.
- In questa storia, lo ripeto,
Morgana non diventerà cattiva. Ma la domanda giusta è:
i suoi poteri sono/saranno una minaccia? E i nostri eroi… uhm… non posso ancora
spoilerarlo!
- Il prossimo capitolo sarà l’ultimo ‘relativamente tranquillo’ prima della grande svolta.
- Per curiosità: mi è stato chiesto
cosa, secondo me, farà Merlin per prima cosa quando tornerà uomo. Premesso che
non dirò cosa ho scritto di quel momento (perché sì, è già scritto), posso dire
che probabilmente farebbe un bel falò di tutti i suoi vestiti femminili. XD
E voi? Sono curiosa di sapere cosa
ne pensate! ^^
- Quando MerLin parla del fungo
come scusa, Arthur ha una reazione esagerata, sì.
Mi piace pensare che sia un po’ fifone con le malattie,
anche se lui è un cavaliere pronto a morire in guerra senza batter ciglio.
Anche quando (un secolo fa XD), nel cap21, si è ritrovato a decidere se rischiare la vergogna
o restare vicino al povero Sir Leonard, malato di una strana febbre, lui ha
battuto in ritirata. XD Poverino… l’Asino e le ‘possibili’ malattie non vanno
d’accordo… uhm… forse, sotto sotto, è ancora convinto
che anche il Buffone sia un mezzo malanno… per questo è stato suscettibile sulle questione?
- Direi che sì, un po’ Arthur è geloso di Lin e non vuole prestarla a Morghy,
ma conoscendo quella strega, voi lo fareste? Forse il principe ha un po’
ragione ad essere prevenuto! XD
- È vero: i fratelli Pendragon
hanno rivestito Merlin! Tra fazzoletto e scialle, da ora starà al caldo! XD
- Sì, Morgana ha avuto pietà
di Linette. Sebbene, poi, il povero mago finisca in mezzo alle beghe fra fratelli.
- Morgana è l’unica, oltre a MerLin,
a saper mettere in imbarazzo Arthur, credo sia una dote magica! XD
- Le cose che Arthur ama in Linette sono le stesse che amava
in Merlin. E le ama in lei proprio per
questo. Perché gli ricordano lui.
Vi metto BEN QUATTRO anticipazioni
del prossimo capitolo:
“Ecco, vedrai che con questo sarai come nuova!” esclamò
fiducioso, passandole il bicchiere fra le mani.
Il servo bevve avidamente il rimedio tutto d’un sorso, annuendogli riconoscente.
E, un istante dopo, egli sgranò gli occhi azzurri, come se
avesse ricevuto un contraccolpo dal medicamento.
“Tempo due tacche di candela e sarai di nuo-”
Arthur non ebbe modo di finire la frase, che Lin
stramazzò all’indietro sul materasso, senza vita, lasciando cadere il calice
che tintinnò nel silenzio della stanza fino a terra, rotolando sul pavimento.
“Linette!” la chiamò il principe, sconvolto. “Linette!”
ritentò, avvicinandosi al corpo privo di sensi, scuotendolo appena, senza
ricevere risposta. “Non fare scherzi, dannazione!” urlò il nobile, realizzando
– con suo sommo sconcerto – che no, lei non si stava prendendo gioco di lui.
(...)
“Oh, certo!” eruppe perciò, interrompendolo, allargando le braccia esasperato. “Non è niente di
grave! Nella peggiore delle ipotesi, avrei solo potuto avvelenarla!” polemizzò, sbraitando.
“Ad essere pignoli, Maestà, voi l’avete avvelenata”, precisò il
guaritore, perdendo l’aria gioviale per recuperare quella professionale e
lapidaria: “Sbagliare le dosi di un medicamento può portare alla morte”.
(...)
Poi sul più bello, giusto quando stava ormai cedendo
all’agognato sonno, Arthur sentì un improvviso peso addosso, il peso di Linette
che gli si aggrappava senza consenso, infilando di prepotenza i piedini gelidi
fra i suoi, la testa che finiva adagiata sulla sua spalla tornita.
Il principe rimase un istante immobile, inerme, stupito
oltremisura.
“Oh, fai pure!” sbottò quindi, grondando ironia.
E, incredibilmente, ricevette dalla fanciulla
un mugugno insoddisfatto di risposta, mentre ella, ancora addormentata,
sembrava cercare invano una posizione più confortevolmente congeniale.
(...)
Una parte di lui – quella che,
stranamente, aveva la stessa inflessione di suo padre nei ricordi delle sue
ramanzine d’infanzia, – gli rammentava che non
era bene familiarizzare così con la
propria serva, con una donna.
Il fatto che, vederla felice e serena, soddisfacesse anche
lui era di secondaria importanza; lo era, quando si aveva
puntati contro gli occhi di tutto il castello e i pettegolezzi si espandevano
più velocemente degli incendi di sterpaglie mentre tirava forte il vento.
Ogni piccolo sgarbo che le faceva lo feriva sempre un
pochino – come se colpendo lei, per assurdo, la ferita rimbalzasse quasi su se
stesso, come contraccolpo; come se non
fossero due entità separate e distinte, ma due parti
di un’unica sostanza. Eppure vi era costretto – per scelta forzata o per
necessità – anche se poi veniva da Lin puntualmente
perdonato. Ed era anche peggio.
Colgo l’occasione e ringrazio i 220 utenti che hanno messo
nei preferiti, 365 seguiti e i 40 da ricordare di
questa fic, numeri sempre in crescita.
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del tuo tempo alla causa pro recensioni.
Farai felici milioni di scrittori.
(Chiunque voglia aderire
al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio crede) Come sempre, sono graditi commenti,
consigli e critiche costruttive.
SPOILER FREE: Ricordo che questa storia NON contiene/conterrà
volutamente alcuno spoiler della quinta stagione; eventuali coincidenze sono
appunto casuali coincidenze (è già successo e succederà in capitoli che ho già
pronti)
SPOILER FREE: Ricordo che questa storia NON
contiene/conterrà volutamente alcuno
spoiler della quinta stagione; eventuali
coincidenze sono appunto casuali coincidenze (è già successo e
succederà in capitoli che ho già pronti).
Linea temporale: 18 mesi dall’arrivo di Linette a Camelot;
riferimenti al capitolo precedente.
Riassunto generale: Merlin
è abituato a salvare la vita all’Asino Reale senza che questi se ne accorga, ma
stavolta non tutto va per il verso giusto. Colpito dall’incantesimo del
malvagio Ardof, il nostro mago farà i conti con una
sconvolgente novità: egli si risveglia trasformato in una donna.
Solo Gaius conosce il suo segreto e, finché non troverà il modo di tornare
normale, dovrà inventarsi delle scuse plausibili e prendere
il posto di se stesso al servizio del principe. Come riuscirà a conciliare
questa ‘nuova situazione’? Come si evolverà il suo rapporto con Arthur?
Riassunto delle
ultime puntate: Il malvagio stregone Ardof è
morto, ma la sua maledizione non si è sciolta.Merlin, perciò, fa credere ad Arthur di essere partito alla
ricerca del padre mai conosciuto. Al principe non resta che subire questa sua
scelta, mentre il tempo passa inesorabile, e il suo legame con Linette va
saldandosi sempre più. A Camelot,
in ogni caso, gli imprevisti sono dietro l’angolo e – tra situazioni
imbarazzanti, incidenti e fraintendimenti – al castello non c’è mai tempo di
annoiarsi…
Dedico l’aggiornamento a chi ha
recensito il precedente capitolo e invito i lettori silenziosi, se lo
desiderano, a lasciare un segno (che è sempre gradito).
E a quanti commenteranno (SE vi
va di recensire anche dei capitoli più indietro di questo, il vostro parere non
andrà perduto!).
Ai vecchi e ai nuovi lettori.
Grazie.
TheHe in theShe
(l’Essenza dentro l’Apparenza)
Capitolo LXXV
Dopo essere miracolosamente scampato ad
un letale, mortalmentevergognoso confronto col re e aver
convinto Gwen che no – non si era immaginata tutto, ma che tutto aveva frainteso – e l’amica
si era lasciata persuadere a dimenticare il fattaccio senza farne parola con la
sua padrona, Merlin aveva comunque trovato il modo per non perdere l’abitudine
di frequentare il regale baldacchino, volente o nolente, come la volta in cui,
alla fine del diciottesimo mese dal suo arrivo a Camelot,
Linette s’era nuovamente ritrovata a fare i conti con la sua amata indisposizione mensile…
Mancava ormai poco al tramonto e Arthur, stanco morto per la
lunga giornata di allenamenti, si era trascinato, piano, verso il paravento per
asciugarsi dopo il meritato bagno.
Lin, che completava in quel mentre
i propri doveri, rassettando le ultime cose, mugugnò un verso di lamentazione,
sollevando la schiena curva sorreggendosi con le mani posate sui fianchi, come
gli anziani decrepiti.
Un istante dopo, massaggiandosi le reni, ella
brontolò qualcosa sottovoce imprecando su
maledizioni e Buffoni.
Arthur, particolarmente sensibile
(e suscettibile) al secondo argomento, drizzò le orecchie e spalancò gli occhioni preoccupati.
La sua serva, senza degnarlo di un’occhiata, riprese a
lavorare, borbottando altri lamenti e improperi, che salivano di tono a mano a
mano che il tempo passava.
Al che, l’erede al trono ritenne opportuno prendere la
situazione di petto – era un uomo coraggioso, lui! – e le si parò di fronte, con la
stessa faccia di quando si sentiva in torto verso suo padre.
“Sei stai così male, sospendi tutto e finirai doman-”
“Domani arriverà il
Buffone e col cavolo che mi vedrete!” sbottò lei, sollevando un pezzo
dell’armatura che stava lucidando come se fosse un’aggravante della minaccia.
“O lo finisco adesso, o domattina andrete alla Cerimonia senza corazza!”
Arthur sussultò e non osò dire nient’altro.
“Co-come desideri…” sussurrò
conciliante, prendendo il largo per non essere oggetto della sua ira.
“Ecco, bravo. Andatevene
a mangiare!” lo sollecitò Lin, con il tono esasperato
di una madre indaffarata e poco paziente.
Il principe preferì (saggiamente) tacere e consumare il pasto in religioso silenzio, se non fosse stato
per l’intervallare continuo delle lamentele della sua ancella.
“Lo vuoi un po’ di Agnocasto, eh? Eh?” le suggerì, lasciando a metà un cosciotto di pollo per
dirigersi verso il canterano dove si conservavano alcune scorte di medicinali.
“Sì, grazie”, concesse Linette, che in quel momento aveva
finito di lustrare l’elmo, ma non tutti i pezzi dell’armatura, ancora sparsi a
terra. Ella lo raggiunse accanto al baldacchino,
mentre una fitta all’addome particolarmente infida la costrinse a piegarsi in
due per contenere il crampo e Arthur, premuroso, le suggeriva di sedersi un
istante, fintanto che la polverina di Agnocasto non fosse andata in infusione
nell’acqua calda che aveva preso dal paiolo.
Seguendo il consiglio di Sua Maestà, Merlin si lasciò cadere
sul letto, esausto e irritabile.
Distrattamente, egli osservò il proprio padrone armeggiare
sui cassetti del comò e sui sacchetti delle erbe officinali, poi il principe
gli diede le spalle, mentre recuperava un cucchiaio dalle posate del tavolo e
versava tre generose dosi di medicamento in un calice pulito.
“Ecco, vedrai che con questo sarai come nuova!” esclamò
fiducioso, passandole il bicchiere fra le mani.
Il servo bevve avidamente il rimedio tutto d’un sorso, annuendogli riconoscente.
E, un istante dopo, egli sgranò gli occhi azzurri, come se
avesse ricevuto un contraccolpo dal medicamento.
“Tempo due tacche di candela e sarai di nuo-”
Arthur non ebbe modo di finire la frase, che Lin
stramazzò all’indietro sul materasso, senza vita, lasciando cadere il calice
che tintinnò nel silenzio della stanza fino a terra, rotolando sul pavimento.
“Linette!” la chiamò il principe, sconvolto. “Linette!”
ritentò, avvicinandosi al corpo privo di sensi, scuotendolo appena, senza
ricevere risposta. “Non fare scherzi, dannazione!” urlò il nobile, realizzando
– con suo sommo sconcerto – che no, lei non si stava prendendo gioco di lui.
Così egli si chinò a controllarle il respiro, come aveva
imparato da Gaius e sospirò, quando comprese che era solo svenuta.
Che la sua
indisposizione fosse stata così grave?, si domandò, sconcertato.
Dopodiché, fece l’unica cosa sensata: ordinò ad una guardia appostata in corridoio di andare a chiamare
il guaritore reale e di farlo venire al più presto, poiché era richiesta
immediatamente la sua presenza dal principe in persona.
***
Quando il povero cerusico comparve negli appartamenti
dell’erede al trono, il vecchio ansimava come il mantice nella fucina di un
fabbro in piena attività e la guardia, incurante del fiatone, gli consegnò la
sacca dei medicinali senza tante cerimonie e scomparve per riprendere il suo
turno di sentinella.
Arthur, nel vederlo in quello stato, si pentì un pochino di
averlo spaventato a tal punto. Ma solo poco.
“Si tratta di Linette”, esordì quindi, quando – sotto
l’occhiata penetrante dell’uomo che l’aveva fatto nascere – si ritrovò a
spiegare che no, l’urgenza non era per sé, ma per la sua valletta.
Gaius aveva sollevato un cespuglioso sopracciglio nella
consueta espressione perplessa, eppure aveva atteso ulteriori
ragguagli.
“È lì”, Arthur indicò il letto dove
la sua ancella sostava immobile, con le gambe ancora a penzoloni. “Poco fa, si
sentiva un po’ indisposta e ha bevuto l’abituale pozione di Agnocasto… solo che
dopo qualche istante si è accasciata perdendo i sensi”.
Gaius si avvicinò immediatamente a lei e le
tastò il polso, poi le sollevò delicatamente le palpebre socchiuse per
verificare lo stato delle pupille con l’ausilio di una candela.
In risposta, Merlin si mise a
russare leggermente, aggravando la sua espressione scettica.
“Potrei vedere il medicamento?” chiese l’archiatra, mentre
il principe cercava il calice rotolato chissà dove.
Una volta che il medico di Corte ebbe annusato la coppa – “Questo
non è Agnocasto, Sire”, gli rese noto –, pretese di vedere anche il borsellino che
conteneva la polverina, avvicinandosi a sua volta al canterano.
“È il sacchetto marrone col laccio nero!” gli spiegò il giovane
Pendragon, afferrandolo e passandoglielo. “Tre
cucchiai colmi, in mezzo calice d’acqua tepida...”
snocciolò, come a dimostrare che ormai era pratico della faccenda.
Anziché aprire il cartoccio, Gaius allungò una mano rugosa
dentro il cassetto, sollevando un altro pacchetto, lasciandolo penzolare a
mezz’aria.
“Temo che abbiate fatto confusione…”
“Eh?!” si sbalordì il cavaliere, in
una smorfia così meravigliata che arricciò le labbra a tal punto da far
spuntare i canini sporgenti. “Non può essere, non-” si difese, gesticolando astioso
alla volta dei medicamenti, e fu certo che Gaius non gli avesse dato dell’idiota – se lo sarebbe meritato, sì, ma
quella era un’altra faccenda –, solo perché gli portava il rispetto dovuto al
suo rango, rispetto di cui i suoi pupilli sembravano immuni.
“Questo” disse
l’archiatra, sventolando l’involucro incriminato fra loro “è un potente
sonnifero, che va diluito in gocce d’acqua: ne
bastano assai poche. Se ben ricordate, esse vi vennero
somministrate dopo l’incidente del Torneo, lo scorso anno…”
Arthur sussultò, colpevolmente, in
risposta.
“… E questo è l’Agnocasto”, concluse il medico di Corte,
sollevando un sacchetto simile, con il laccio smaccatamente grigio, stavolta, dopo
aver ostentatamente aperto e annusato il contenuto per puntiglio.
“Dannato laccio!” sbottò il principe, allora, preferendo
incolpare un pezzo di corda imbroglione
che la propria disattenzione.
“È stato solo un incidente, Sire”, tentò il vecchio,
conciliante. “Per la fretta, o forse a causa della penombra della stanza, avete
frainteso il colore e-” anziché sgravarlo della sua colpa, il tono comprensivo
di Gaius lo indispettì ancor di più.
“Oh, certo!” eruppe perciò, interrompendolo, allargando le braccia esasperato. “Non è niente di
grave! Nella peggiore delle ipotesi, avrei solo potuto avvelenarla!” polemizzò, sbraitando.
“Ad essere pignoli, Maestà, voi l’avete avvelenata”, precisò il
guaritore, perdendo l’aria gioviale per recuperare quella professionale e
lapidaria: “Sbagliare le dosi di un medicamento può portare alla morte”.
A quelle parole, l’erede al trono spalancò gli occhi,
sussultando.
“La sua vita è in pericolo?!”
domandò, allarmato, azzerando le distanze fra loro e stringendo le braccia del
vecchio in una presa ferrea.
“No, Vostra Altezza, non temete!” fu la lesta
rassicurazione. “In questo caso specifico… l’effetto curativo diviene solo
eccessivo…”
“Ovvero?” l’incalzò il nobile,
sollevando a sua volta un sopracciglio perplesso.
“Ovvero…” temporeggiò l’anziano archiatra, lanciando una
lunga occhiata al suo protetto che russava leggermente, incurante di tutto, a
pochi passi da loro. “Linette dormirà come un ghiro almeno… – tre cucchiai, avete detto? – almeno fino
a domani sera, temo”.
“Ah!” sospirò il principe, strofinandosi la fronte con
sollievo. “Tutto qui? Intendo dire…
n-non ci saranno altri effetti
collaterali?” tenne a precisare, visti i precedenti incresciosi in cui
erano già incappati in passato.
“No, Sire. È tutto qui”, confermò il
vecchio, mettendosi la sacca dei medicinali a tracolla, prima di guardare
nuovamente Merlin. “Ma dovrete predisporre il suo trasporto…”
“E perché mai?” domandò il giovane Pendragon,
inalberandosi.
“Non la devo portare via?” chiese a sua volta il cerusico,
stupito.
“Non… non alimenteremmo inutili pettegolezzi, trasportando
il suo corpo svenuto per il castello?” rifletté il principe, considerando che
quello era l’ultimo dei suoi desideri e la prima delle sue preoccupazioni. “Non
mi dà fastidio, puoi lasciarla anche lì”, notificò, quasi che il fisico di
Linette fosse stato un soprammobile inerte. Poi, come colto
da un’idea fulminante, il nobile arrossì e, balbettando quasi, egli
riprese: “Ma ti giuro che io non- o meglio, le mie intenzioni sono-”
Gaius prevenne ulteriori
dichiarazioni d’intenti onorevoli bloccandolo con una mano a mezz’aria.
“Mi fido ciecamente di voi, Sire, come ho già fatto in passato; e non ho mai
avuto modo di pentirmene. So che qui, con voi, Linette è al sicuro e vi sono
grato dell’ospitalità che le darete…”
Beh, era il minimo,
dopo il guaio che aveva combinato.Ma Arthur ebbe
il buonsenso di tenerselo per sé.
***
Solo una volta rimasto solo con lei, il principe realizzò
appieno il problema.
Anzitutto, non poteva lasciarla tutta la
notte con le gambe a penzoloni come un sacco di farina in procinto di essere
scaricato da un carro, quindi, facendo due calcoli veloci su come fosse meglio
metterla, egli girò attorno al baldacchino, scostando il copriletto e le
lenzuola per farle posto, poi – chinatosi che fu – le tolse le scarpe e quello
che ritenne un probabile impaccio; infine, inveendo contro la propria idiozia,
Arthur la prese in braccio e la adagiò sul materasso, rincalzandole le coperte
a dovere. Fu a quel punto – con ancora la sua treccia mezza sfatta fra
le mani – che l’Asino Reale, colto da un pensiero improvviso, realizzò la
radice di quel male: il Buffone.
Dopo aver imprecato per almeno un’intera tacca di candela, egli si rassegnò all’idea che ormai il danno
era fatto: anche se lei era impura, l’aveva appena toccata e il letto si era
già contaminato.
Ma, ancor più, egli
sperò vivamente che Linette fosse attrezzata al riguardo, perché di certo lui non sarebbe andato ad
elemosinare l’aiuto di Gwen per cambiarla – ancora
gli bruciava la volta in cui l’ancella di sua sorella li aveva scoperti in atteggiamenti
equivoci su quello stesso letto – e men che meno
sarebbe tornato da Gaius a chiedere aiuto.
Nessuno doveva sapere.
E nessuno avrebbe saputo.
Avrebbe bruciato le
lenzuola all’indomani. Ecco. E poi si sarebbe annegato con le abluzioni.
Dopo aver tirato da sé i tendaggi per nasconderla al resto
del mondo, l’erede al trono aveva ordinato ad uno dei
servi, di passaggio fuori dalla sua porta, di consegnargli il pasto serale.
Fu strano cenare da
solo, anche se non era solo.
Se si concentrava
affinando l’udito, poteva sentire il brontolio del respiro di Linette anche da
lì. E la cosa gli strappò quasi un irrazionale sorriso… perché sì, era una cosa
buffa.
E poi, qualcosa di buono c’era in quel guaio: quel sonnifero era davvero così
potente da annullarle ogni dolore della sua indisposizione, quindi Lin avrebbe potuto riposare bene...
***
Molto prima dell’ora consueta – che altro avrebbe potuto fare per temporeggiare, ingannando il tempo,
prima di coricarsi? – il principe aveva già indossato gli abiti da notte e
bevuto il calice di sidro che avrebbe dovuto conciliargli il sonno (cosa di cui
dubitava ardentemente).
In seguito, quando procrastinare
divenne impossibile nonché imbarazzante, Arthur scostò le tende del letto per trovare
una sistemazione e – boccheggiando, al colmo dello stupore – egli realizzò che
la sua serva aveva preso possesso dell’intero materasso, piazzandosi nel bel mezzo
e spalancando braccia e gambe a raggiera, occupando praticamente tutto lo
spazio disponibile.
Con uno sbuffo del naso e quanta più delicatezza poté racimolare,
il cavaliere la spinse di lato, facendola rotolare nella metà sinistra del
giaciglio, dov’era stata deposta originariamente.
Forse s’era aspettato una qualche
forma di protesta da parte sua o una qualunque complicazione – ce n’erano
sempre quando c’era di mezzo Linette, perché lei non gli rendeva mai la vita
semplice – e invece la sua serva s’era accoccolata dove era stata indirizzata,
senza lamentele né segni di risveglio.
Sospirando rincuorato, egli corse a chiudere la porta a
chiave – memore della disattenzione dell’altra volta –, poi spense le candele
e, distendendosi nel lato che gli spettava, il principe si rassegnò infine a
trascorrere la notte con lei.
In fondo… Gaius non
gli aveva forse assicurato che Lin avrebbe dormito
come un ghiro fino all’indomani? Se ne sarebbe rimasta ferma e immobile e…
Sarebbe stato quasi
come riposare da solo, no?,
si convinse, sbadigliando, cercando di rilassarsi.
Poi sul più bello, giusto quando stava ormai cedendo all’agognato
sonno, Arthur sentì un improvviso peso addosso, il peso di Linette che gli si aggrappava senza
consenso, infilando di prepotenza i piedini gelidi fra i suoi, la testa che
finiva adagiata sulla sua spalla tornita.
Il principe rimase un istante immobile, inerme, stupito
oltremisura.
“Oh, fai pure!” sbottò quindi, grondando ironia.
E, incredibilmente, ricevette dalla fanciulla
un mugugno insoddisfatto di risposta, mentre ella, ancora addormentata,
sembrava cercare invano una posizione più confortevolmente congeniale.
Così, sbuffando a mezza via tra rassegnazione e divertimento,
l’erede dei Pendragon se la tirò contro, avvolgendola
con un braccio per offrirle stabilità.
Come replica, Linette allungò una mano gelata nello scollo della
maglia regale, sprimacciandogli il petto come se fosse stato un cuscino,
borbottando disturbata dai lacci della casacca da notte, e questo gli strappò
un risolino, anche se preferì convincersi che era colpa dei capelli
di lei che gli facevano il solletico.
Dopo un altro paio di spostamenti e accomodamenti, a cui Arthur si era rassegnato a sottostare, la valletta
reale parve finalmente appostata per i comodi suoi.
“Spero che ora la sistemazione sia di tuo gradimento, Lin-Lin!” canzonò il principe, mentre Merlin, finalmente
soddisfatto, iniziava a russare…
***
A volte, soprattutto
ai primi tempi, Arthur ci aveva provato davvero a porre dei paletti fra loro.
A trattarla con cortese, ma fermo distacco; a cercare di rimetterla al
proprio posto – quello di valletta, non di amica.
Una parte di lui – quella che,
stranamente, aveva la stessa inflessione di suo padre nei ricordi delle sue
ramanzine d’infanzia, – gli rammentava che non
era bene familiarizzare così con la
propria serva, con una donna.
Il fatto che, vederla felice e serena, soddisfacesse anche
lui era di secondaria importanza; lo era, quando si aveva
puntati contro gli occhi di tutto il castello e i pettegolezzi si espandevano
più velocemente degli incendi di sterpaglie mentre tirava forte il vento.
Ogni piccolo sgarbo che le faceva lo feriva sempre un
pochino – come se colpendo lei, per assurdo, la ferita rimbalzasse quasi su se
stesso, come contraccolpo; come se non
fossero due entità separate e distinte, ma due parti
di un’unica sostanza. Eppure vi era costretto – per scelta forzata o per
necessità – anche se poi veniva da Lin puntualmente
perdonato. Ed era anche peggio.
A volte, il principe
si sentiva indegno di quella fiducia malriposta.
A volte, ripensando a
ciò che aveva fatto, si vergognava delle sue azioni.
A volte, si
riprometteva di farne tesoro, per migliorare. Ma nel
suo animo di cavaliere, certe memorie restavano pecche, eppure lui sapeva di
non avere scelta, e continuava a sbagliare…
***
Quel pomeriggio, Arthur era entrato nei propri appartamenti
con una certa fretta: doveva lavarsi, cambiarsi e accogliere con suo padre la
delegazione di dignitari che sarebbe giunta a Camelot di lì a poco.
Il principe si guardò attorno, stupito, perché la stanza era
stranamente silenziosa. Di solito Linette a quell’ora faceva un gran baccano
mentre puliva, ma almeno eseguiva egregiamente i propri doveri.
Quindi... dov’era finita?
Fu così che la scorse, raggomitolata sul tappeto davanti al
baldacchino, la testa posata sopra alle braccia incrociate sul copriletto. Dormiva.
A volte anche Merlin lo faceva. Si appisolava in quella
medesima posizione, quando aveva portato a termine i propri compiti e attendeva
il suo ritorno.
Di solito, il giovane Pendragon non
usava metodi affabili con lui; si divertiva a svegliarlo spaventandolo con un
frastuono improvviso – possibilmente molto vicino ai suoi enormi orecchi – o
punzecchiandolo giocosamente nei fianchi con la punta degli stivali, fino a che
il suo scudiero non si fosse destato.
E invece, in quel momento, per un assurdo istante, vedendo
Linette aveva pensato di coprila con una coperta e di
andarsene da lì per lasciarla riposare.
Si rammaricò di non poterlo fare – i delegati in arrivo non
aspettavano certo i suoi comodi – e poi si rammaricò di essersene rammaricato – lei era solo una serva, che diamine! Avrebbe
dormito in tempi e luoghi più consoni di quello.
Fu così che decise un veloce dietro-front, uscendo dalla
camera. Attese un momento (controllando che le guardie appostate non lo
notassero) e poi rientrò, spalancando la porta e sbattendola con vigorosa
energia.
Linette sobbalzò per il colpo e si guardò attorno smarrita.
Poi si accorse che lui era lì, a guardarla, e lei in fretta si scusò,
alzandosi, pronta a servirlo.
Arthur preferì
ignorare quella cosa che gli stringeva lo stomaco.
***
Poiché il secondo appellativo di Arthur Pendragon
era ‘Coerenza’, v’erano
alcuni momenti in cui il principe si sforzava di essere gentile con la sua
ancella, magari per raddrizzare certi sgarbi che le aveva fatto, oppure per farsi
perdonare certe sfuriate gratuite ai danni di lei. Per riequilibrare le cose, insomma.
A volte, invece, l’Asino si dimostrava semplicemente curioso, e desideroso di capire la meccanica di quel cervello femminile che
lo stuzzicava – così diverso dai consueti che popolavano il palazzo reale e con
cui era stato avvezzo a regolarsi fin dalla più tenera età.
Nella maggior parte dei casi, manco a dirlo, la cosa si rivelava
per lui controproducente – bisognava riconoscergli, ad
ogni buon conto, una certa dose di eroicità e masochismo nel perseverare –, e
Linette se ne usciva spesso con qualche battuta insospettabile che finiva per
metterlo in scacco.
Come un pomeriggio di metà primavera, quand’egli – facendo ritorno,
fischiettando, da una Riunione del Consiglio particolarmente indolore –, aveva
trovato la sua valletta affacciata alla finestra, intenta ad
osservare accuratamente qualcosa all’esterno, anziché pulire i vetri lerci,
come si presumeva dovesse fare, visto lo straccio che era stato abbandonato sul
davanzale.
Il principe, scavalcando i pezzi dell’armatura sparsi sul
tappeto (e non ancora lucidati) e i mucchi di biancheria nella cesta (non
ancora riposta), cercò di raggiungerla.
“Cosa stai guardando, Lin-Lin?” le domandò, ostentando una certa noncuranza per
non apparire troppo interessato.
“La Natura che fa il suo corso, Sire”, fu l’insolita
risposta di lei. “È affascinante”.
Arthur la affiancò, stavolta apertamente curioso di capire,
e vide due passerotti – in una rientranza della torre alla loro destra – che si
stavano accoppiando.
“Ah! E da quant’è che sono lì?” pretese di
sapere.
Merlin sorrise: “È la decima volta
che lui tenta di montar-”
“D’accordo. Hai
visto a sufficienza”, decretò e, con un gesto di stizza, il cavaliere tirò la
tenda, oscurandole la visuale.
“Ma, Sire!” protestò il mago, accigliandosi.
“Fila a lucidare i miei stivali!” ordinò Arthur, non volendo
sentir ragioni, e convincendosi che no,
non era normale essere così impudenti; e sì, sì lei doveva godere nel metterlo
in difficoltà.
Continua...
Disclaimer:I
personaggi di Merlin, citati in questo racconto, non sono miei; appartengono
agli aventi diritto e, nel fruire di
essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.
Ringraziamenti:
Un abbraccio alla mia kohai che subisce le mie
paranoie. X°D
Note: Ed ecco che
il Buffone fa nuovamente la sua comparsa, per la gioia di Arthur! XD
So che, apparentemente, il comportamento del principe potrebbe sembrare un
controsenso, soprattutto dopo il discorso al Giglio Bianco, ma per me non lo è.
Per come la vedo io, è passato un sacco di tempo da allora –
da quando condivisero il letto, malgrado
l’indisposizione di Linette.
Ma lui, ogni volta, deve scendere un po’ a compromessi tra
la sua educazione rigida (e tutto il contorno di impurità
e abluzioni) e il momento contingente.
Il fatto, poi, che Lin fosse
svenuta, lo imbarazza parecchio, all’inizio, perché il suo animo da cavaliere
vede tutto questo come una forzatura, un’imposizione a cui
lei non può sottrarsi.
Tuttavia, Merlin l’ha inconsciamente aiutato; perché,
mettendosi comodo e approfittando del suo nobile
cuscino personale, ha fatto sentire Arthur meno in colpa. ^_=
La seconda parte del capitolo è un excursus sull’evoluzione
del rapporto Arthur-Linette nel corso del tempo. Credo
fosse doveroso offrirvi anche un punto di vista del principe, su come egli si sente relazionandosi alla sua valletta.
L’ultimo pezzo, Giuls l’ha
chiamato medieval!porn. E mi ha
fatta morire dal ridere. XD
Precisazioni al
capitolo precedente e domande varie: (a random)
- Sono rimasta francamente stupita di tutto il vostro
entusiasmo per il precedente capitolo! Grazie, ne sono felicissima! *_*
- Sì, Merlin ha un autocontrollo di ferro! Io non so se
sarei riuscita e contenermi dal molestare il principe bell’addormentato se ce l’avessi a
disposizione! XD
- Arthur assonnato e mezzo nudo è…
*togliere la bava e inserire parola sensata qui*
No, davvero, è una mezza via tra un cucciolo arruffato e un
dio greco! *ç*
- Gwen non farà la spia, in questa
fic è una brava ragazza. ^^
- Uther, oh! Uther…
mi sono divertita da matti a renderlo così ossequioso di fronte a Merlin – ad un servo! – anche se lui non lo sapeva… direi che sì, lo
scialle di Morgana li ha salvati! (Santa Morgana, veglia su di loro!)
- Riguardo al minisondaggio: noto che la maggioranza ha
detto che Merlin brucerà tutte le cose riguardanti il Buffone. XD (Ma se volete
rispondere, siete ancora in tempo!)
- Io adoro i cliché. *_*
Per me, scrivere cliché non è una pecca, anzi. Mi piace scrivere di scene già
conosciute, ma facendolo a modo mio. Mi piace anche leggere quando lo fanno gli
altri, purché siano stereotipi ben gestiti.
- Anche se Arthur è un asino, sotto sotto
è stato premuroso a prendersi cura di Linette, e lo fa in modo contorto, ma si
vede che ci tiene a lei.
- Sono contenta che l’ansia nel baldacchino si sentisse
tutta! *_* Fino all’ultimo, Uther avrebbe potuto
sbirciare, no?
- Ah, la mela… ^_________________^
Passiamo oltre…
Allora… come vi ho annunciato più volte negli scorsi aggiornamenti,
con questo capitolo si chiude la parentesi serena (se così si può dire). Dal
prossimo, succederà qualcosa di fondamentale, uno di quegli eventi che segnano
un punto di non-ritorno nella storia.
Ero indecisa se darvi un assaggio della BOMBA che esploderà, oppure no. Alla
fine, ho deciso di non rovinarvi la lettura, perciò… vi do solo un’imboccata di
assaggio.
Vi metto, quindi, solo
due anticipazioni del prossimo capitolo:
Quell’idiota poteva
essere ovunque, nel mondo, ed era chiaro che non gli fosse facile comunicare.
Arthur preferiva darsi quella spiegazione assennata,
piuttosto che sentire il peso del tradimento che gli gravava al centro della
schiena e quindi in mezzo al petto.
A volte, lui e Linette ne avevano parlato. Spesso, ai primi tempi, e poi sempre meno.
Arthur non si spiegava il perché, ma percepiva che lei era a
disagio di fronte a quell’argomento, come se si sentisse in qualche modo in
colpa per l’assenza di suo cugino, o per la sua partenza, o per l’averlo
sostituito al suo servizio quasi usurpandogli il posto – quando lei, in realtà,
gli aveva fatto solo un favore.
Per una qualche forma di gentilezza, quindi, l’erede al
trono aveva smesso di parlarne con lei, ma
questo non significava che avesse anche smesso di pensarlo.
(...)
La valletta reale era corsa da lui, mentre la battaglia
imperversava – tra urla disumane e clangori di metallo e fiotti di sangue – e i
cavalieri di Camelot
lottavano con strenuo coraggio per non lasciarsi sopraffare.
Aiutandolo a sollevarsi a sedere, lo scudiero si sincerò che
il suo signore non fosse gravemente ferito, ma Arthur
non fece in tempo a rassicurarlo – non
fece in tempo a dire niente, in realtà –, poiché intravide a poche iarde da
loro un arciere avversario pronto ad incoccare una freccia, prendendo la mira. E la direzione del ferale dardo era
inequivocabile.
Nell’istante in cui il colpo fu scagliato anche Merlin se ne accorse e, intuendo le intenzioni dell’Asino,
egli lo prevenne, facendo l’unica cosa che era in suo potere: sacrificarsi per salvarlo.
Lo stregone spinse nuovamente il principe a terra con un
gesto brusco e disperato, sovrastandolo col proprio corpo, per fargli da scudo
e proteggere i suoi organi vitali.
Mentre già il sibilo della freccia giungeva ai suoi orecchi,
Linette socchiuse gli occhi, sussurrando un incanto dettato dalla disperazione
e poi si preparò a ricevere il colpo.
Se siete interessati, ho aggiornato la raccolta comica, Spoiler! Post 5x13 “The Once and Future… Prat.” col capitolo 7.
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Dona l’8‰
del tuo tempo alla causa pro recensioni.
Farai felici milioni di scrittori.
(Chiunque voglia
aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio
crede) Come sempre, sono graditi commenti,
consigli e critiche costruttive.
SPOILER FREE: Ricordo che questa storia NON contiene/conterrà
volutamente alcuno spoiler della quinta stagione; eventuali coincidenze sono
appunto casuali coincidenze (è già successo e succederà in capitoli che ho già
pronti)
SPOILER FREE: Ricordo che questa storia NON
contiene/conterrà volutamente alcuno
spoiler della quinta stagione; eventuali
coincidenze sono appunto casuali coincidenze (è già successo e
succederà in capitoli che ho già pronti).
Linea temporale: Un
anno dalla lettera di addio di Merlin, poi 20 mesi dall’arrivo
di Linette a Camelot.
Riassunto generale: Merlin
è abituato a salvare la vita all’Asino Reale senza che questi se ne accorga, ma
stavolta non tutto va per il verso giusto. Colpito dall’incantesimo del
malvagio Ardof, il nostro mago farà i conti con una
sconvolgente novità: egli si risveglia trasformato in una donna.
Solo Gaius conosce il suo segreto e, finché non troverà il modo di tornare
normale, dovrà inventarsi delle scuse plausibili e prendere
il posto di se stesso al servizio del principe. Come riuscirà a conciliare
questa ‘nuova situazione’? Come si evolverà il suo rapporto con Arthur?
Riassunto delle
ultime puntate: Il malvagio stregone Ardof è
morto, ma la sua maledizione non si è sciolta.Merlin, perciò, fa credere ad Arthur di essere partito alla
ricerca del padre mai conosciuto. Al principe non resta che subire questa sua
scelta, mentre il tempo passa inesorabile, e il suo legame con Linette va
saldandosi sempre più. A Camelot,
in ogni caso, gli imprevisti sono dietro l’angolo e – tra situazioni
imbarazzanti, incidenti e fraintendimenti – al castello non c’è mai tempo di
annoiarsi…
Dedico l’aggiornamento a chi ha
recensito il precedente capitolo e invito i lettori silenziosi, se lo desiderano,
a lasciare un segno (che è sempre gradito).
E a quanti commenteranno (SE vi
va di recensire anche dei capitoli più indietro di questo, il vostro parere non
andrà perduto!).
Ai vecchi e ai nuovi lettori.
Grazie.
TheHe in theShe
(l’Essenza dentro l’Apparenza)
Capitolo LXXVI
Era trascorso un anno da quando Arthur aveva ricevuto la
lettera di Merlin – l’unica lettera di Merlin – e da allora non erano più arrivate
sue notizie.
Certo, era stato un
messaggio d’addio, ma…
In cuor suo, il principe aveva sperato di ottenere ancora
sue informazioni, in qualche modo.
Niente di prolisso o
complicato, giusto un cenno per fargli presente che era ancora vivo, ecco.
Ma ovviamente questo non era
avvenuto.
Quell’idiota poteva
essere ovunque, nel mondo, ed era chiaro che non gli fosse facile comunicare.
Arthur preferiva darsi quella spiegazione assennata,
piuttosto che sentire il peso del tradimento che gli gravava al centro della
schiena e quindi in mezzo al petto.
A volte, lui e Linette ne avevano parlato. Spesso, ai primi tempi, e poi sempre meno.
Il nobile non si spiegava il perché, ma percepiva che lei era a
disagio di fronte a quell’argomento, come se si sentisse in qualche modo in
colpa per l’assenza di suo cugino, o per la sua partenza, o per l’averlo
sostituito al suo servizio quasi usurpandogli il posto – quando lei, in realtà,
gli aveva fatto solo un favore.
Per una qualche forma di gentilezza, quindi, l’erede al
trono aveva smesso di parlarne con lei, ma
questo non significava che avesse anche smesso di pensarlo.
Merlin, dal canto suo, non sapeva se essere contento che
l’Asino non lo nominasse più, aggravando le sue colpe – ogni giorno di falsità,
aggiunto ai precedenti, non faceva che accrescere un divario che forse non
sarebbe più riuscito a colmare –, o se dovesse sentirsene ferito, perché – in
qualche modo – significava che il loro legame non era così unico e speciale
come gli era stato raccontato dal drago, se Arthur
aveva accettato la loro separazione e lo aveva dimenticato, andando avanti con
la propria vita.
Ma la verità era che
la vita andava avanti davvero, incurante dei loro crucci, di una
maledizione che il giovane stregone non sapeva come sciogliere – forse non ci
sarebbe neppure mai riuscito – e i mesi scorrevano veloci, come l’acqua sotto ai ponti dopo una pioggia torrenziale, e l’autunno aveva
sostituito l’estate, con le temperature più miti e le giornate più corte, e
l’uva matura e i campi mietuti, e l’aria di festa sui volti degli abitanti di Camelot.
Da venti mesi, Linette affiancava l’erede al trono in ogni
incombenza legata al suo ruolo. Era una cosa assodata fin da subito e
consolidatasi nel tempo; e quasi nessuno, fra i domestici del castello, si
chiese più se il servo precedente del giovane Pendragon
sarebbe mai tornato.
Lin era una brava ragazza, gentile
e disponibile, che cercava di andare d’accordo con tutti, e poi aveva
l’indiscutibile pregio di riuscire a sopportare le paturnie di Sua Maestà, e
tanto bastava a garantirle la simpatia della maggior parte della servitù e
persino quella di alcuni nobili della cerchia personale del
principe.
Fu per questo che, una mattina di metà ottobre, quando anch’ella si presentò alla partenza della comitiva, nessuno trovò
strana la cosa.
Arthur, qualche giorno addietro, aveva comunicato alla sua
ancella che si sarebbe assentato per una breve perlustrazione dei confini
settentrionali del regno, per verificare talune voci di razzie ai danni di
alcuni villaggi di frontiera.
Sembrava una cosa innocua e poco
impegnativa, un’assenza di appena qualche giorno, e lui le aveva
proposto di seguirla, com’era ovvio che facesse un valletto reale.
A quell’idea, Merlin non aveva potuto che sorridere
entusiasta, perché aveva già preventivato di dover litigare con il nobile
Babbeo per convincerlo a trascinarsi dietro anche Linette. E invece…
Evidentemente, se il principe le offriva quell’opportunità
spontaneamente, significava che per lui non c’erano rischi in preventivo né
ragionevoli pericoli.
Era una missione noiosa, di consuetudine. Niente
più che una scampagnata autunnale fra i poderi dei mezzadri da godersi a cuor
leggero.
***
L’agguato dentro la
foresta era stato improvviso e veloce.
Quella non era una banda di ladruncoli, ma un gruppo di mercenari
prezzolati che sapeva fare bene il proprio mestiere.
Arthur era partito con una scorta leggera, presa per pura
precauzione – pochi uomini e una manciata di servitori
– perché completamente convinto che quella spedizione non avrebbe avuto
imprevisti. E invece… Non sarebbero
mai arrivati a destinazione.
Quello che doveva essere un normale giro di
ispezione, per verificare lo stato dei pascoli e dei raccolti del
confine a Nord, si era tramutato in un piccolo massacro, una battaglia in piena
regola.
I servi stavano giusto finendo di predisporre l’accampamento
per la notte, dopo aver viaggiato per ore, quando erano stati attaccati alle
spalle, all’improvviso, da una masnada urlante e terribile, che brandiva armi
mortali con cui, prima ancora che i cavalieri di Camelot potessero rendersene conto e reagire, avevano
già mietuto le prime vittime.
Merlin, che in quel mentre stava cucinando la cena per tutti
loro, era stato costretto a rischiare anche lui, usando la magia davanti a
tutti, per difendersi e difendere il suo padrone da
morte certa.
Urlandole di andare a nascondersi, di scappare, Arthur era
corso nella direzione di Linette per proteggerla – incurante di se stesso e
della propria incolumità –, ma lo stregone non l’avrebbe mai lasciato da solo e,
disubbidendo, gli aveva salvato la vita per tre volte.
Nel momento in cui – per parare un fendente al fianco
sinistro e neutralizzare il bandito con cui lottava, – il principe si era sbilanciato
e un colpo d’alabarda avrebbe potuto trapassarlo mortalmente, perforando la sua
cotta di maglia in un punto esposto, il mago era riuscito a malapena a deviarne
parzialmente la direzione rendendolo doloroso ma innocuo.
Tuttavia, non aveva fatto a tempo a rallegrarsene quando, un
secondo nemico – spuntato da chissà dove – aveva calato una pesante mazza
ferrata sul corpo del cavaliere ancora stordito dal precedente impatto.
“Arthur!” l’aveva chiamato Merlin, per avvisarlo del
pericolo dietro di lui e il nobile padrone, rallentato nei riflessi, aveva solo
potuto attutire il colpo troppo vicino, preparandosi all’urto.
Era stato un incantesimo dello stregone a far inciampare il
nemico, su una radice comparsa magicamente, evitando il peggio.
La mazza ferrata si era comunque abbattuta sull’erede al
trono strappandogli il respiro, ma egli aveva ugualmente ucciso l’assalitore
con un pugnale e poi, boccheggiante, era rimasto a terra a rantolare, affannato.
La valletta reale era corsa da lui, mentre la battaglia
imperversava – tra urla disumane e clangori di metallo e fiotti di sangue – e i
cavalieri di Camelot
lottavano con strenuo coraggio per non lasciarsi sopraffare.
Aiutandolo a sollevarsi a sedere, lo scudiero si sincerò che
il suo signore non fosse gravemente ferito, ma Arthur non
fece in tempo a rassicurarlo – non fece in
tempo a dire niente, in realtà –, poiché intravide a poche iarde da loro un
arciere avversario pronto ad incoccare una freccia, prendendo la mira. E la direzione del ferale dardo era
inequivocabile.
Nell’istante in cui il colpo fu scagliato anche Merlin se ne accorse e, intuendo le intenzioni dell’Asino,
egli lo prevenne, facendo l’unica cosa che era in suo potere: sacrificarsi per salvarlo.
Lo stregone spinse nuovamente il principe a terra con un
gesto brusco e disperato, sovrastandolo col proprio corpo, per fargli da scudo
e proteggere i suoi organi vitali.
Mentre già il sibilo della freccia giungeva ai suoi orecchi,
Linette socchiuse gli occhi, sussurrando un incanto dettato dalla disperazione
e poi si preparò a ricevere il colpo.
Fu doloroso. E bruciante
come le fiamme dell’inferno. Come la
lama di una spada arroventata.
Ma il sortilegio aveva funzionato e il dardo non le si era conficcato nella schiena. Era là, piantato nel terreno, poco oltre a loro.
***
Il bilancio dei caduti era stato disastroso, ma i soldati
dei Pendragon avevano combattuto con lealtà e
coraggio malgrado l’evidente svantaggio numerico.
Avevano appena dato degna sepoltura alle cinque guardie e ai
tre cavalieri periti nello scontro. E poi si erano
occupati anche dei corpi degli avversari, per pura pietà.
Linette aveva osservato il principe assistere in prima fila
all’estremo saluto dato ai suoi sottoposti, fermo, rigido e impettito. Orgoglioso
e composto nel dolore. Grato per il sacrificio altrui, che li aveva mantenuti
in vita. Poi si era ritirato nella sua tenda.
E da allora Arthur si
era chiuso in un mutismo angosciante.
Sembrava persino che mal tollerasse la sua presenza vicino a
lui.
Aveva avuto un moto di fastidio – ribrezzo? – quando lo
aveva sfiorato per staccargli le cinghie della corazza.
Merlin cercò di non sentirsi ferito per quel rifiuto, era
certo che l’Asino si addossasse la colpa di tutto quello che era successo,
benché chiaramente non fosse stato un errore suo. Nessuno avrebbe potuto ragionevolmente prevedere quell’attacco. I
racconti dei Barbari che stanziavano a Nord erano sembrati lontani e
inconsistenti, fino a quel momento.
Con gesti quanto più delicati possibile,
lo scudiero sfilò la cotta di maglia dal suo signore, e poi i vestiti, denudandolo
fino alla cintola, verificando lo stato dell’ematoma che gli copriva l’intero
fianco.
Era davvero una brutta ecchimosi, tuttavia l’armatura aveva
fatto il suo dovere e, parando il colpo, aveva salvato la vita del principe.
Mentre gli tastava la pelle cercando eventuali fratture nelle costole, Arthur
stringeva i denti ma rimaneva in silenzio, cupo e greve, perso con i pensieri
altrove. Non protestò neppure, quando Linette lo aiutò a lavarsi di dosso lo
sporco e il sangue dei nemici.
Quando la vide armeggiare in una delle sacche, la fissò a
lungo, scuro in volto.
La valletta estrasse una boccetta d’unguento che avrebbe
facilitato il riassorbimento del livido e forse gli avrebbe placato il dolore.
“Provate a fare un lungo respiro”, gli ordinò, con lo stesso
tono che avrebbe usato il suo mentore se fosse stato presente.
Ne uscì un rantolo spezzato a metà. Il principe si teneva il
fianco ferito, boccheggiando.
“È necessario che vi bendi il costato, potrebbe esserci una
costola incrinata”, gli spiegò, cercando delle garze improvvisate. “Purtroppo,
non ho l’esperienza necessaria per capirlo. Dovreste farvi
visitare da Gaius appena ritorneremo”.
Arthur le lanciò l’ennesima occhiata in tralice.
Lin ricambiò lo sguardo,
esibendogli le garze fatte di stracci – probabilmente un vecchio lenzuolo
appartenuto a chissà chi – che teneva in mano come per dimostrargli che erano
innocue.
L’erede al trono sbuffò, sollevando stancamente le braccia
per facilitarle il lavoro.
Quand’ebbero finito, Merlin gli disse: “Vado a vedere se Sir
Leon ha bisogno d’aiuto per medicare gli altri…”
“No”, ripose il nobile, fissando gli occhi azzurri nei suoi.
“Resta”.
Linette lo squadrò scettica. “Avete forse biso-”
“Spogliati”, le ordinò sbrigativo.
“Sire?” Merlin boccheggiò. “Ma cosa…?”
“Ora”, precisò. “Subito”.
Il servo ansimò sconcertato, senza capire le sue intenzioni.
“Togliti quella dannata casacca e fammi vedere la tua
schiena!” gridò allora il principe, perdendo la pazienza.
Lo stregone esalò un sospiro di sollievo.
Per un attimo aveva temuto che l’altro
fosse impazzito.
“Non serve, Maestà”, lo tranquillizzò, voltandosi a
rassettare. “È solo un graffio”.
“Lascialo decidere a me”, replicò il nobile, che fissava il
sangue rappreso all’altezza della scapola della ragazza.
“Non…”
“Ubbidisci!” ingiunse, irato.
Merlin fece sciogliere i legacci della maglia e cercò di
sfilarsela. Un gemito di dolore lo tradì.
I lembi della ferita si erano incollati alla stoffa,
rendendo dolorosissima la svestizione.
Arthur si appressò e, intuendo il problema, intinse una
delle bende rimaste in un catino.
Inumidendo con la pezzuola la parte della lesione, riuscì a
separare la pelle coagulata col sangue dalla veste.
Tuttavia, il suo silenzioso scrutare innervosì il mago. “Era
una freccia presa di striscio, non può essere così brutta!” sbottò, per schermirsi.
“Sei stata fortunata”, rispose invece egli, serio. “Potevi
morire”.
“I rischi del mestiere!” sbuffò Linette, con voluta
leggerezza, trattenendo la treccia perché non infastidisse l’operato
del principe.
“Stupida che non sei altro!” la rimproverò lui, all’opposto,
con tono aspro, strattonandola. “Se avesse avuto appena un’inclinazione un po’
diversa, ti avrebbe perforato un polmone!”
“Sire?!” squittì lei, spaventata
dal gesto improvviso.
“Te ne rendi conto?!” la aggredì,
furibondo. Poi la lasciò, come se si fosse scottato, e si passò nervosamente
una mano tra i capelli, tentando di dominarsi.
“I medicamenti?” domandò, cercando con lo sguardo la sacca
che Gaius preparava sempre per precauzione, quella che anche lei aveva usato
poco prima.
“Lì, sulla destra”, rispose l’ancella, indicandogliela. “Il
flacone verde”, suggerì.
Le sue mani callose vagarono sulla pelle di Merlin con
straordinaria gentilezza.
Mentre ripuliva la ferita e la cospargeva di unguento,
mentre la fasciava facendo attenzione a non procurarle dolore, percepiva il
tocco delicato del principe e il suo respiro caldo sulla nuca.
Aveva la pelle d’oca,
e rabbrividiva. Sentendo improvvisamente le bende che legavano il seno al posto del bustino terribilmente strette – lo stavano
quasi soffocando, dannazione! – non poté impedirsi di ansimare.
Sapeva che era impossibile che l’altro non lo notasse, ma
sperava almeno che ne fraintendesse la ragione. Che desse la colpa al dolore.
“Lascia a riposo la spalla”, le ordinò, pulendosi le dita
dalla pomata.
“Grazie, Sire”, bisbigliò la
valletta, cercando di rivestirsi. Poi ricordò che la casacca era perforata e
sporca di sangue, e il suo cambio d’abiti era altrove. Chissà dove, nella
confusione.
Arthur le lanciò ancora un volta un
lungo sguardo, in un secondo tempo raccattò una delle proprie camicie e non
volle sentir proteste, mentre la aiutava ad infilarla, almeno nella parte
malata.
“Raduna le cose”, le ordinò infine, abbracciando idealmente
l’intera tenda. “Sto per dare l’ordine di smontare
l’accampamento. Ritorniamo immediatamente a Camelot”.
Merlin si limitò ad annuire, certo che l’altro avrebbe
continuato.
“Mio padre deve sapere ciò che è accaduto; riorganizzeremo
la truppa e tornerò a stanare quei bastardi, nel caso ce ne fossero ancora
nascosti in questi boschi!”
Il mago assentì nuovamente.
“Linette?” chiamò Arthur, mentre aveva già una mano sulla
tenda scostata.
“Sì, Sire?”
Il principe la sondò a fondo. L’espressione marmorea che non
lasciava trapelare i suoi pensieri.
“Non hai niente da dirmi?”
“Non credo, Milord”, balbettò ella,
stupita. “Cosa dovrei…?” Ma Arthur era già andato via.
***
Viaggiare di notte non era mai stata
una buona idea, eppure Merlin comprendeva la voglia del principe di mettere
quanta più strada possibile fra se stesso e il luogo della battaglia.
Facendo scricchiolare il collo indolenzito, il mago
risollevò le spalle dalla posizione accasciata sulla sella; a quel gesto, però,
il dolore alla ferita si riacutizzò, strappandogli una smorfia sofferente.
Forse l’aveva un po’ sottovalutata, ma
Arthur l’aveva ripulita e Gaius l’avrebbe rimesso in sesto. Oppure avrebbe
usato la sua magia di guarigione; tuttavia, solo dopo esser giunto al castello.
L’erede al trono comandava la piccola carovana, dettando il
passo – un’andatura sostenuta quanto gli permettevano
le tenebre e la presenza dei commilitoni malconci.
Arrivarono al maniero l’indomani,
di primo mattino.
I feriti vennero fatti portare dal
medico di Corte e il principe si era rinchiuso con il re a parlare dei fatti
accaduti e di strategie future.
Non ebbero più modo di vedersi, fino all’ora di pranzo. Arthur l’aveva congedata subito, nel
piazzale, appena smontati da cavallo. Le aveva raccomandato di farsi vedere
la spalla dal cerusico e, quando lei si era offerta di preparargli un bagno e
un minimo di ristoro, lui aveva rifiutato, dicendole che avrebbe chiesto a
qualche altro servo e che lei doveva riposare e rimanere a disposizione nella propria
stanza, sino che non fosse stata nuovamente convocata personalmente da lui.
Gaius, dopo essersi fatto raccontare ogni cosa, l’aveva
visitato e aveva giudicato buono il lavoro che aveva compiuto il principe: la
ferita, infatti, benché sgradevole alla vista, non si era infettata.
Poi aveva dato il permesso a Merlin
di usare la magia, per accelerare il processo di guarigione.
***
Mezzogiorno era
suonato. Ma, del principe, neppure l’ombra.
Lin sbuffò e sistemò nuovamente le
posate accanto al piatto, ripetendo l’incantesimo per mantenere caldo il cibo.
Fu in quel mentre che l’erede al trono fece il suo ingresso.
Si stupì quasi di trovarla lì.
Effettivamente, Arthur non l’aveva ancora fatto chiamare, ma
Merlin aveva pensato che fosse troppo occupato con altre faccende e perciò
aveva licenziato di sua iniziativa l’altro servo, aveva rassettato tutta la
stanza con la magia e poi si era procurato il nutrimento dalle cucine per il
suo Asino Reale.
“Linette”, la salutò, con una lunga occhiata.
Merlin corrugò la fronte.
“Sire”, rispose, con un inchino
superfluo.
Sembrava come se Arthur
avesse davanti un’estranea di cui essere diffidente.
“Il vostro pasto, Maestà”, gli rese noto,
additando il coperchio del portavivande.
“Non ti avevo fatta convocare”, le
appuntò, in tono piatto, registrando l’espressione sconcertata di lei.
“Io… Sire, io pensavo che…” farfugliò lo stregone,
interdetto.
Il cavaliere si avvicinò al tavolo, lasciandosi cadere stancamente
sullo scranno.
“Come sta la spalla?” le chiese, evitando di guardarla.
“Benissimo, Milord. Era giusto una
sciocchezza”, rispose per schernirsi, come il giorno addietro. “E sono felice
che le vostre costole siano solo ammaccate!”
Il principe indurì la mascella, mentre le puntava gli occhi
azzurri addosso.
“Gradirei vedere la ferita”, le disse, ma era chiaramente un
ordine.
Merlin sussultò, perché era in un grosso guaio. L’aveva
guarita ore prima, con il giusto incantesimo.
“Non serve, non…” farfugliò, arretrando d’istinto. “È… è
bendata!”
Arthur si risollevò, dimentico della stanchezza,
avvicinandosi a Lin come se fosse stato un predatore
in caccia e lei la preda designata.
“Spogliati”, le sussurrò, glaciale e imperioso come dentro alla tenda.
Merlin deglutì a vuoto, a corto di parole, scuotendo il
capo.
“Cosa mi nascondi, Linette?” sussurrò lui, carezzevole e
letale, accorciando le distanze.
Il mago finì contro l’armadio, ma quando se ne accorse fu troppo tardi, perché il nobile l’aveva
intrappolato tra il legno e il proprio corpo.
La furia di Arthur sembrava a stento trattenuta e, quando il
servo lo vide alzare le mani, si limitò a chiudere gli occhi. Non avrebbe mai potuto usare la magia contro
di lui. Neanche per difendersi.
Il principe, tuttavia, aveva solo posato le dita sulle sue
spalle, facendo scivolare la stoffa verso i gomiti. Il tessuto leggero scese e
si arricciò docilmente, scoprendo la pelle chiara di Linette.
Con garbo ma risolutezza, la voltò di schiena.
Merlin strinse le palpebre e si morse a sangue l’interno
della guancia.
Sapeva cosa Arthur avrebbe
visto.
Niente.
La traccia lasciata della freccia era completamente
scomparsa. E no, non c’era alcuna inutile
fasciatura a proteggerne il segreto.
Sulla sua scapola restava solo il segno sbiadito del primo giorno
che si erano incontrati.
Quel mazzafrusto con cui il principe lo aveva colpito e che
Gaius gli aveva medicato.
Era rimasta la
cicatrice. E Merlin avrebbe potuto facilmente cancellarla, ma non l’aveva
mai fatto.
Aveva scelto dinon farlo.
Tuttavia ora si malediva, perché se Arthur l’avesse riconosciuta sarebbe stata la fine.
Il principe non conosceva il suo, però sapeva di quello
sfregio sul dorso del suo servo, anche se non era consapevole
di esserne stato la causa. Ma l’aveva vista diverse
volte… Quanto ci sarebbe voluto perché
ricollegasse le due cose? Erano troppo, troppo identici.
Merlin, per un eterno istante, e per la seconda volta nella
sua giovane esistenza, si pentì di non poter fermare il tempo e di non poter
riavvolgerlo, il drago aveva avuto
ragione. Questo momento era molto più grave e forse ora, non allora, avrebbe dovuto usarlo per
cancellare il fatto e i ricordi di Arthur.
“Questa non è la
ferita di ieri”,disse il nobile.
E la toccò lieve, a lungo. Le dita quasi tremarono.
Rabbrividendo, Merlin trattenne un ansito a
cui non voleva dare significato.
Poi di colpo, con un gesto sbrigativo, Arthur risollevò le
spalline dell’abito e si allontanò da lui.
Passarono appena pochi secondi, ma furono un’eternità.
Il mago riaprì gli occhi e decise di voltarsi ad affrontare
la realtà.
L’espressione del suo signore era travagliata e tumultuosa.
Dentro di lui si stava combattendo una battaglia dall’esito
incerto. Poteva percepirne la tensione fin da lì, osservando i pugni stretti
dell’erede al trono.
“Sei guarita con la magia, vero?” le chiese, ma era
un’affermazione.
“N-no,
Maestà, non… non è come…” tartagliò Linette, agitata.
“Non mentirmi!” la sgridò. “È stato Gaius… oppure tu?”
tagliò corto il cavaliere, accostandosi al tavolo dove il pranzo si era completamente
raffreddato.
Lo stregone si allarmò, non poteva
permettere che altri venissero coinvolti.
“Gaius non c’entra! Sire, lui è innocente! Non sa niente! Vi prego, non…”
“Quindi, non resta altri che-”
“Un guaritore di passaggio. È stato lui! Era a Camelot, stamattina, e…”
Arthur scosse i capelli biondi, facendo capire che non
credeva a nessuna parola di ciò che stava dicendo. Erano tutte palesi falsità.
E il mago non si era
illuso del contrario.
Non si aspettava, però, quello che sarebbe accaduto poco
dopo.
“Non mi lasci altra scelta”, aveva esordito l’erede al
trono, afferrando il lungo coltello affilato con cui avrebbe dovuto tagliare la
grossa bistecca dimenticata.
Merlin boccheggiò, spaventato. Sarebbe morto così? Era questo il suo destino?
Ma si sconvolse ancor di più, nel
momento in cui il principe puntò l’arma verso di sé, sfiorando la pelle sottile
del polso, dove la vita scorreva nel flusso del suo sangue.
“No!” urlò Linette, allungando le mani verso di lui.
“Non mi lasci altra scelta”, le ripeté egli, incidendo
lievemente le carni. Un piccolo rivolo cremisi fece capolino, gocciolando a
terra.
“Sire! Vi prego,
smettetela!” lo supplicò, con la voce intrisa d’angoscia.
“Prova a fermarmi, se ti riesce!” la provocò, allargando la
ferita.
“ARTHUR, NO!” gridò il servo, nuovamente, e di colpo il
coltello volò via dalle mani del nobile e andò a conficcarsi nel legno del
canterano.
Il principe si guardò la palma vuota, dove una straordinaria
forza aveva divelto la stretta delle sue dita, strappandogli l’arma.
Lin corse a bendargli il polso
sanguinante, indifferente alla sua ira, incurante del suo possibile ribrezzo.
Ma Arthur la lasciò fare, docile e
arrendevole.
“Dunque… sei una
strega”, esclamò, come se fosse la cosa più normale del mondo, restando
stranamente calmo e incatenando lo sguardo di lei al
suo.
Disclaimer:I
personaggi di Merlin, citati in questo racconto, non sono miei; appartengono
agli aventi diritto e, nel fruire di
essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.
Ringraziamenti:
Un abbraccio alla mia kohai che subisce le mie
paranoie. X°D E un grazie a Tao, per il betareading.
Note: D’accordo.
Vi avevo avvisati, per tempo, che in questo capitolo
avremmo avuto un punto di svolta, no? E cosa ne pensate? Ve l’aspettavate?
Ora non ci resta che scoprire la reazione completa del
principe!
Detto tra noi, mi ha sempre stupita
che, in ben 75 capitoli, nessuno mi avesse mai fatto la fatidica domanda: “Ma
Arthur… scoprirà i poteri di Linette?” però me lo sono tenuta per me, sperando
che potesse essere un buon colpo di scena. ^^
Anche perché questo (con il seguente) è uno dei capitoli che
ho scritto nel 2009, quando ho elaborato la bozza di Linette, essendo uno dei
momenti cardine della storia.
A quel tempo, avevo un’idea mia di come sarebbe stato il ‘Momento della Verità’, ma ovviamente non potevo sapere se
sarebbe stata IC rispetto a quella del telefilm (anche se, pur temendo che
Arthur bandisse Merlin, ho sempre sperato invece che il principe ci avrebbe
saputo stupire in positivo).
Detto questo, c’è da dire che in questa storia molte cose
sono diverse rispetto al TF, l’accettazione o la non-accettazione di Arthur e
la sua posizione verso la magia è diversa, perché qui Morgana non è mai
diventata cattiva, Arthur non ha mai parlato con Morgause,
non ha vissuto molti dei travagli visti nello show, quindi, a suo modo, è
normale che lui reagisca diversamente e questa, semplicemente, è la reazione
del ‘mio’ Arthur. Chiarisco che non sto cercando di
giustificarlo, ma solo di spiegare come mai l’ho immaginata così.^^
Ah, sto evitando volutamente di citare spoiler, per rispetto
di chi non l’ha ancora visto e attende l’edizione italiana.
Ci sono tre cose che ho ripetuto più volte nelle note finali
di questa fic, ma è molto che non lo faccio, quindi
provvedo ora (per pararmi il culo) per
pignoleria:
1) prima della fine, amerete e odierete Arthur. Sì, fatevene
una ragione. Se lo dico, c’è un perché.
2) prima della fine, Merlin ritornerà in sé.
3) l’amore merthur deve
necessariamente passare attraverso Linette. Nel bene e nel male.
4) sì, lo so che erano tre le cose, ma questo è un avvertimento
generico: non date niente per scontato. XD
Nel capitolo vi è un richiamo diretto alla puntata 1x01 “La
chiamata del drago”, all’incontro-scontro tra Arthur e Merlin.
Il Mazzafrusto è un’arma medievale con un bastone rigido,
una catena e una palla chiodata alle estremità (il numero di palle può variare
da 1 a
4).
Documentandomi, ho scoperto che quasi
sempre nei film si usa in modo scorretto, e anche Merlin non fa
eccezione. XD
Precisazioni al
capitolo precedente e domande varie: (a random)
- Sì, Arthur ha davvero l’incubo
del Buffone.
Ma almeno adesso cerca di rendersi
utile… anche se non va tutto secondo i suoi piani. X°D
- Figurarsi se Merlin fa mai le cose facili! Per stare una
notte abbarbicato su Arthur, deve prima farsi avvelenare, sennò non c’è gusto!
- Mi piace pensare a Merlin che ‘sprimaccia’ Arthur *ç*
- Sono davvero contenta che lo scorso capitolo via sia
piaciuto! E se vi ha strappato una risata, ho raggiunto il mio scopo!
- Tendo a maltrattare i personaggi in modo direttamente
proporzionale al mio amore per loro. Più li amo, più soffrono. XD
- Gaius è troppo buonoU.U
- Sì, Arthur è idiota, ma è un idiota
premuroso, dai!
- Direi che sì, Arty ha un kink per i capelli di MerLin. XD
- A domande specifiche, ho risposto direttamente sotto la recensione.
Vi metto solo un
assaggio (ma importante!) del prossimo capitolo, perché non voglio rovinarvi la
lettura:
Linette riprese: “Molti studiano la magia,
la imparano col tempo.
Ma alcuni esseri speciali nascono
già magici. Io sono uno di essi. E…” tentennò, ma capì che
quello era il momento di vuotare il sacco o lo avrebbe perso per sempre.
“…anche Merlin lo è”.
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del tuo tempo alla causa pro recensioni.
Farai felici milioni di scrittori.
(Chiunque voglia
aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio
crede) Come sempre, sono graditi commenti,
consigli e critiche costruttive.
Ci ho messo quattro ore per preparare l’aggiornamento
Ci ho messo quattro ore per preparare l’aggiornamento. Sento che sto
invecchiando. U.U
Ma è il più lungo capitolo postato finora,
quindi ne valeva la pena!
SPOILER FREE: Ricordo che questa storia NON
contiene/conterrà volutamente alcuno
spoiler della quinta stagione; eventuali
coincidenze sono appunto casuali coincidenze (è già successo e
succederà in capitoli che ho già pronti).
Linea temporale: Un
anno dalla lettera di addio di Merlin, poi 20 mesi dall’arrivo
di Linette a Camelot. Seguito diretto del capitolo
precedente.
Riassunto generale: Merlin
è abituato a salvare la vita all’Asino Reale senza che questi se ne accorga, ma
stavolta non tutto va per il verso giusto. Colpito dall’incantesimo del
malvagio Ardof, il nostro mago farà i conti con una
sconvolgente novità: egli si risveglia trasformato in una donna.
Solo Gaius conosce il suo segreto e, finché non troverà il modo di tornare
normale, dovrà inventarsi delle scuse plausibili e prendere
il posto di se stesso al servizio del principe. Come riuscirà a conciliare
questa ‘nuova situazione’? Come si evolverà il suo rapporto con Arthur?
Riassunto delle
ultime puntate: Il malvagio stregone Ardof è
morto, ma la sua maledizione non si è sciolta.Merlin, perciò, fa credere ad Arthur di essere partito alla
ricerca del padre mai conosciuto. Al principe non resta che subire questa sua
scelta, mentre il tempo passa inesorabile, e il suo legame con Linette va
saldandosi sempre più… fino a quando, durante un agguato, lui non scopre che la
sua serva è una strega. Come reagirà?
Dedico l’aggiornamento a chi ha
recensito il precedente capitolo e invito i lettori silenziosi, se lo
desiderano, a lasciare un segno (che è sempre gradito).
Chiedo perdono per avervi
sconvolto un po’, e vi ringrazio per avermi raccontato le vostre reazioni! A Encha, melleth,
Burupya, katiaemrys, LaAngol, Hayley Cullen96, crownless, Rosso_Pendragon, DevinCarnes, strangerinthistown, __Shiroi, paffy333,
ginnyred, RavenCullen, principessaotaku97, aria, miticabenny,
mindyxx, Deb, Morganalastrega, cloelia133, chibimayu,
Barby_Ettelenie_91, sixchan, Orchidea Rosa, saisai_girl, WildBlueMoon,
misfatto e Catnip95.
E a quanti commenteranno (SE vi
va di recensire anche dei capitoli più indietro di questo, il vostro parere non
andrà perduto!).
Ai vecchi e ai nuovi lettori.
Grazie.
TheHe in theShe
(l’Essenza dentro l’Apparenza)
Capitolo LXXVII
Mentre l’eco della parola ‘strega’ si spegneva nel silenzio irreale della stanza, mille altre
ne vorticarono nella mente impazzita di Merlin.
Arthur avrebbe potuto rovesciargli addosso
una cascata di sentimenti. Eppure
gli disse l’ultima cosa che Merlin si sarebbe mai aspettato.
“E quando me l’avresti detto, di grazia?”
“Probabilmente… mai”,
confessò Linette, esalando un sospiro.
Il nobile si accigliò a quella risposta.
“Mettetevi nei miei panni!” sbottò lei, infervorandosi. “A
fatica mi avete accolto al posto di Merlin, ho persino dovuto litigare con voi, perché mi teniate al
vostro servizio!”
Il principe fece una smorfia di concessione al ricordo.
“Non-”
“Cos’altro avrei dovuto fare?
Presentarmi a voi con un ‘Salve, sono la cugina di
Merlin e sono una strega!’?”
“Ti ho accolto nella mia casa! Una traditrice!” inveì.
“Io non vi ho mai tradito, Maestà. Darei la vita per voi”.
Arthur si zittì di colpo, scrutandola sin nel profondo.
Sì, lo sapeva. Non
l’aveva appena salvato, del resto? Tuttavia...
“Mi hai mentito”, la accusò.
“No”, precisò la giovane. “Vi ho nascosto la verità, ma sono
stata costretta a farlo. E per una buona ragione”.
L’erede al trono cambiò improvvisamente registro. “È stato
Gaius ad insegnartela?”
La domanda spiazzò Merlin. “Niente affatto. Benché anch’egli la usasse al servizio di vostro padre, prima che
fosse bandita dal regno”.
“Ma allora chi…?”
“Io non l’ho imparata”, ammise il mago, con semplicità.
“Prima ancora di camminare o parlare, io sapevo spostare gli oggetti e compiere
piccoli incantesimi. La magia è parte di me, è nel sangue che mi scorre nelle
vene.
Quelli come noi sono rari, ma esistono”.
Arthur si fece zitto e attento ancor di più.
Linette riprese: “Molti studiano la magia,
la imparano col tempo.
Ma alcuni esseri speciali nascono
già magici. Io sono uno di essi. E…” tentennò, ma capì che
quello era il momento di vuotare il sacco o lo avrebbe perso per sempre.
“…anche Merlin lo è”.
“Merlin?! Oh, figuriamoci! No, non può essere, non…” Il principe
faticava a crederle, e anche se c’era qualcosa di profondamente stonato in
tutto quello, era più facile pensare che lei mentisse, come tutti gli stregoni
che aveva incontrato e che suo padre aveva
giustiziato.
Merlin scosse la testa, smentendolo. “No, non lo è”.
“Provamelo!”
“La magia può guarire, essa può
salvare!”
“Ma può anche uccidere e creare dolore!”
contestò.
“Esatto!” disse lo stregone, conducendolo nel discorso
esattamente dove voleva. “La magia non è né buona né cattiva. È l’uso che se ne
fa a condurla verso il Bene o al Male. Chi la pratica, ne
decide lo scopo!”
“E quale sarebbe il
tuo scopo?!” lo sollecitò, aizzandolo. “E niente
più raggiri!” intimò, accigliandosi in un modo impressionante.
Merlin fece un profondo respiro. Poi decise che non poteva sperare di convincerlo rabbonendolo, né con ulteriori
menzogne, e arrivò al punto.
“Il mio destino è
proteggervi, anche a costo della morte”, esordì, terribilmente serio.
Arthur non si scompose. Sembrava accogliere ogni parola e
soppesarla.
“Ho preso il posto di Merlin per
difendervi dai pericoli”, continuò Linette, certa che l’altro avrebbe colto la
verità nelle sue parole. “Il vostro futuro è scritto, Sire: voi regnerete, un
giorno, con saggezza e rettitudine e le ingiustizie finiranno.
Voi siete l’unico che potrà riunire le
terre di Albion.
Ma oggi… oggi molte persone odiano i Pendragon
per le iniquità commesse da vostro padre e molti vi vorrebbero
morto per vendetta!” gli ricordò, con dolore. Ardof non era forse l’ultimo di essi, in ordine di
tempo?
Il cavaliere s’incupì al pensiero di quanta gente aveva
visto giustiziare in quegli anni – stregoni o presunti tali, per Uther non faceva differenza.
“Io sono qui per impedirlo,Sire. Io
sono qui per voi.
Non ho mai usato la magia a vostro danno, né mai lo farò.
E così è stato anche per Merlin, fin dal primo giorno: con
la strega che voleva accoltellarvi fingendosi Lady Helen, con Sir Valiant e i serpenti magici, con Lady Sophia
e Aulfric, con il mago Edwin, con la Bestia Errante…”
Man mano che snocciolava gli esempi inoppugnabili, una nuova
consapevolezza si faceva largo nell’espressione dell’erede al trono.
Quand’ebbe finito di elencare gli eventi, Merlin sapeva di
averlo convinto. O, almeno, ci sperava.
“E tu… durante la nostra prima caccia, e quando… anche
durante il Torneo con gli scorpioni, mi hai salvato?”
“Ho aiutato e… beh… sareste morto,
dopo il Torneo, se non vi avessi curato con degli incantesimi; persino la
vostra guarigione è stata miracolosa soltanto perché vi era un intervento
magico”, confessò.
“E ieri… Nella battaglia, c’era il tuo…!”
“Sì”, completò, per lui. “E in molte altre occasioni di cui
non siete a conoscenza”.
“Sono strabiliato”, riconobbe il principe, passandosi una
mano sul viso stravolto. “Ma ti credo”.
Il mago sorrise.
“Hai… hai detto che anche Merlin è…?”
Linette annuì.
“Sì, lo è”, confermò. “È nato già con i suoi poteri”.
“E presumo che in realtà non sia tuo cugino”, insinuò,
sarcastico.
“No. Il nostro legame è molto più forte e complesso. È difficile da…” Scosse la testa, come segno di diniego.
“Non riesco a spiegarvelo”.
“Non puoi o non vuoi spiegare di più?”
“Non posso, Sire. Davvero”.
“D’accordo”, concesse, incuriosito da altro. “Ma anche Hunith è una maga?”
“No”, poi riprese: “Probabilmente… Merlin ha ereditato i
suoi poteri dal padre”.
“Quello che non ha mai conosciuto?”
“Esatto”.
Ad Arthur sembrò bastare.
Curioso, si disse
la valletta, che d’informarsi su di lei
non fosse altrettanto di primaria importanza per
l’Asino.
“Ho un’altra domanda”, riesordì il
giovane Pendragon, titubando su una risposta che
bramava e temeva al contempo. “A questo punto, Merlin… tornerà mai?”
Gli occhi di Linette si fecero lucidi.
“Onestamente, non lo
so”.
“D’accordo. Ma… ma non è mai esistita nessuna epidemia a Ealdor e neppure Hunith si è
ammalata… non è partito per cercare suo padre, vero?”
“Vero”.
“Quindi… lui sta bene?”
“Sì”.
“Sai dov’è?”
“No”.
“Ma allora… come…?”
Lo stregone fece spallucce.
“Percepisco la sua
presenza”.
“Potete comunicare?”
“No. Però… lui capisce quello che
dite. Sono una specie di… portale”.
“Anche ora?”
“Esatto”, rafforzò. “Parlate come se io fossi lui… non potrà
rispondere, ma egli vi capirà”.
Arthur non attese neppure un secondo, afferrò
il tessuto sulle spalle di Lin con entrambi i pugni e
le si appressò col viso a un palmo dal naso.
“Dannato, stupido, idiota! Cerca di riportare quel tuo culo ossuto a Camelot al più
presto, oppure ti manderò alla gogna per il resto dei tuoi giorni!”
Linette sorrise, un sorriso agrodolce.
“Credo abbia capito, Sire”, gli disse, allungando le mani
sui suoi avambracci per staccarlo da sé con delicatezza.
Arthur la guardò, incerto.
“Può… può anche provare quello che…
che provi tu?”
Al suo annuire, il principe ritornò alla carica,
abbracciandola stretta.
“Non mi manchi,
perciò non farti strane idee, intesi?”
Lin ricambiò l’abbraccio con
trasporto.
“Sono certa che anche lui vorrebbe essere qui, Arthur”.
Quando il momento passò e l’imbarazzo crebbe, il giovane Pendragon le fece giurare di non tenergli nascosto più
nulla. E in cambio le promise che ciò che era stato detto in quella stanza
sarebbe rimasto tra loro, per sempre.
“C’è un’ultima cosa che ho
l’obbligo di mantenere celata”, sussurrò lei, cincischiando con il vestito, a
disagio.
L’erede al trono la squadrò come se fosse sciocca.
“Se devi tenerla nascosta, perché me lo dici?”
“Perché ho giurato di essere sincera con voi. E vi chiedo di fidarvi di me”.
“Ho altra scelta?”
“Purtroppo no. Ma
vi giuro che non vi danneggerà mai, in alcun modo. Ora non
abbiamo più segreti”, e si sentì incredibilmente leggero, come un aquilone
trasportato dal vento.
“Avrebbe dovuto dirmelo”, esordì d’un
tratto il nobile. “Perché non l’ha fatto?”
Il servo capì al volo il sottinteso. “Non poteva”.
Arthur e Linette si scambiarono una lunga occhiata.
“Forse non si fidava abbastanza di me”.
“Non pensatelo neppure!”
Il principe fece una smorfia amara. “Cos’altro
dovrei supporre?”
“Potrei dirvi che ha taciuto per non crearvi dolore, o per
non mettervi in condizione di dover scegliere tra lui e vostro padre…” deglutì,
raschiando il fondo della gola. “Ma la verità è che
cercava il momento migliore per dirvelo e quello non è mai arrivato. E ora, che
lo sapete, è già troppo tardi. E Merlin se ne rammaricherà”.
“Gli farò passare un brutto quarto d’ora, parola mia!”
rincarò l’erede al trono.
Lo stregone sorrise. “Mi sembra un giusto scotto da pagare”.
Arthur ghignò, premeditando il momento.
“Ho anch’io un quesito per voi”, disse ella,
interrompendo il flusso dei suoi pensieri. “Come mi avete scoperta?”
“La freccia di ieri”, spiegò il
cavaliere. “Ne ho vistoletteralmente centinaia di migliaia colpire i più svariati
bersagli… So valutarne la traiettoria e il punto d’impatto con precisione. Ma
nessuna, mai, sarebbe deviata come è successo con te. Era
assurdo che avesse rimbalzato come su uno scudo.
La tua casacca non era di metallo; se tu
avessi indossato il corsetto e la punta avesse colpito le stecche d’osso, al
limite… avrebbero potuto sviarla un po’, ma so che tu non porti bustini quando
sei vestita da maschio…” e incredibilmente il principe arrossì, rendendosi conto
troppo tardi che stava disquisendo sulla biancheria intima della sua serva.
Anche Merlin lo realizzò, arrossendo di rimando.
“Ehm…” si schiarì la voce l’Asino,
cercando di ricomporsi. “E poi l’alabarda che mi ha colpito... Doveva essere un colpo mortale, però non lo è
stato. La mia corazza è buona, ma non così tanto”,
le appuntò. “E la mazza ferrata...” enumerò. “Troppe
coincidenze, troppa fortuna. E vicino a me c’eri solo tu, quindi mi è venuto il sospetto… ma
quel dardo mi è stato di conferma… quello, e
il luccichio che ho scorto nei tuoi occhi, quando mi hai salvato la vita”, la
smascherò. “Erano d’oro fuso”.
“Ma avevo chiuso le palpebre!” si
difese Linette.
“Non così in fretta”, sorrise lui, indulgente. “Ma grazie. Non ti ho
ancora espresso la mia riconoscenza, e ti
devo la vita”.
“Avreste fatto lo stesso per me, Sire”, si sminuì lei,
imbarazzata.
“Ovviamente sì, perché quello è il mio compito di cavaliere!
Difendere le fanciulle inermi…”
“Ma io non sono
un’inerme fanciulla, Arthur. È
dal primo giorno che ve lo dico!” rise Merlin, scuotendo il capo. “Io
sono… sono la vostra guardia del corpo!”
“La mia… cosa?!” guaì il nobile, sconcertato.
“La vostra protettrice, la vostra custode, la vostra-”
“Ehi!” sbottò quindi, interrompendola. “Così fai sentire me l’inerme fanciulla!”
s’accalorò, indignato. “E io non mi faccio difendere
da una donna, donna!”
“Mi dispiace, Sire”, lo rabbonì il servo, senza fingere
davvero di essere rammaricato. “Ma non credo abbiate
voce in capitolo, perché è stato il Destino a scegliermi per voi e, credetemi, a quello non si sfugge!”
Il giovane Pendragon mugugnò
qualcosa sull’orgoglio e la virilità ferita.
“Che lo vogliate o no, io vi proteggerò”, gli ripeté il
mago, battendo il ferro finché era caldo, per inculcare quello scomodo concetto
in quella nobile testaccia. Ma sapeva che le parole, da sole, non sarebbero
bastate e difatti l’Asino lo costrinse a dargliene una
prova.
“Oh, dai! Avanti!” la provocò, scettico,
spalancando le braccia. “Come potresti, tu, che pesi come un pulcino e sei-” Arthur non finì mai la frase,
perché le sue parole si persero in un urlo soffocato, mentre il suo corpo veniva sollevato di peso e scaraventato sul materasso,
facendo tremare e cigolare il baldacchino per il contraccolpo.
Boccheggiando, l’erede al trono si risollevò sui gomiti, per
scrutarla ad occhi spalancati. “Wow!” si lasciò
sfuggire. “È impressionante!”
“Sire, il mio potere è nelle vostre mani.
Al servizio di Camelot”, dichiarò
Merlin per bocca di Linette, inchinandosi con solennità, perché il momento lo
richiedeva.
Arthur la osservò, come
se in parte la vedesse per la prima volta.
“Ecco cosa c’era in te – cosa c’era anche in Merlin – che sentivo, ma mi sfuggiva”, ammise. “Era la magia”.
Il mago abbassò pudicamente lo sguardo, sentendosi
incredibilmente nudo e vulnerabile sotto quell’osservazione minuziosa.
“Avvicinati”, chiese il principe, sedendosi per primo al
tavolo dove giaceva il pranzo dimenticato. “E accomodati”.
Merlin eseguì docilmente l’ordine, prendendo
posto sulla sedia libera accanto a lui.
“Tu comprendi… comprendi che mi
serve tempo per…” egli sfarfallò le mani a mezz’aria, in cerca di parole
adeguate. “Per accettare tutto questo, vero?”
“Sì, Sire”, concordò lo scudiero.
“Bene. Perché ho un mucchio di domande che mi frullano in
testa e-”
“E io sarò felice di rispondere a
ciascuna di esse”, lo prevenne, compiacente.
“Allora… Tu, prima…” egli cercò di raccogliere i pensieri.
“Prima, hai parlato di regnare in futuro – e io so che
è quello che mi attenderà un giorno, prima o poi, quando mio padre non ci sarà
più… perché sì, insomma, io sono un erede al trono – ma… che cosa è Albion? Lo hai visto nel futuro?”
“Io non sono Veggente, Arthur. È un dono che non mi appartiene”, premise il mago, accarezzando
l’assurdo desiderio di rivelare al principe che invece Morgana sì, lo era, e
andava protetta e aiutata per questo.
Ma non era quello il momento propizio; ogni
cosa a suo tempo, si disse.
“Io non riesco a prevedere ciò che sarà.
Ma chi ha un immenso potere me lo ha rivelato, in
parte.
Con il mio aiuto, voi regnerete in pace e prosperità. A Camelot
e oltre. Tutte le terre unite sotto al vostro
dominio si chiameranno Albion”.
“Caspita!” esclamò il cavaliere, impressionato. “Il Destino
ha in serbo un futuro un filino impegnativo, eh?”
scherzò, per smorzare la tensione di quella rivelazione.
“Un passo alla volta, Sire”, lo consolò il servo,
riconoscendo la paura nascosta dietro quella battuta leggera. “Insieme. Un passo alla volta”, ripeté, ottenendo l’effetto sperato.
“Mi faresti vedere qualche altra magia?” le chiese il
nobile, inaspettatamente.
Lo stregone, sinceramente, non si sarebbe aspettato una
richiesta così, ma era un bene che il principe volesse familiarizzare con il
suo Dono senza esserne spaventato. In
fondo, era tipico di lui voler sbattere la testa contro le cose per poi
comprendere.
Raccogliendo la concentrazione, Linette sussurrò quindi
alcune parole che lui non intese; vide però gli occhi
di lei colorarsi d’oro.
Sul tavolo davanti a loro, una candela si accese da sé con
una piccola vampata, e poi la sua fiamma si divise in molte altre, che
danzarono nella stanza creando un’atmosfera surreale.
Successivamente, Lin si avvicinò al caminetto che ardeva pigramente.
“Draca!”
disse, e delle faville si staccarono dai ciocchi e disegnarono lo stemma dei Pendragon in uno stendardo immaginario.
“Arthur Pendragon!” comandò infine, e il viso
di lui comparve, in mille piccole scintille, sorridente e maestoso.
Merlin sorrise al principe vero e, di
rimando, alla sua effigie, soffiando poi con delicatezza, disperdendo i lapilli
e l’incanto. La magia si era
esaurita.
“Quindi… tu potresti compiere
qualsiasi sortilegio. Qualunque
cosa”, considerò il nobile, affascinato dallo spettacolo. “Come…
funziona il tuo potere?” domandò, all’improvviso. “Puoi fare ciò che vuoi?”
“La magia è, di per sé, illimitata.
Ma la cosa si scontra con i miei limiti. Non posso produrre incantesimi con magie che non conosco”, spiegò
il mago.
“Ah, ecco la fregatura”.
Merlin fece una smorfia.
“Il mio potere è tecnicamente infinito. Ma
in realtà è ancora poco”, ammise. “Serve esercizio per padroneggiarlo,
per arricchire di conoscenze le potenzialità latenti, ma a Camelot la magia è vietata, perciò non mi sono potuta
esercitare come avrei voluto…”
“Direi che sei come un cavaliere che si è allenato poco con
la spada…”
Lo stregone si morse il labbro, sentendosi in difetto.
“Ma ci sono un sacco di cose che so
fare!” esclamò, cercando disperatamente di farsi apprezzare.
“Ditemi cosa desiderate…”
“Uhm…” mugugnò il principe, lasciando vagare lo sguardo
tutt’attorno, sulla tavola imbandita, in cerca d’ispirazione.
“Magari è meglio se non mi chiedete di far comparire qui
dentro il vostro cavallo o un cinghiale”, scherzò il mago.
“Bene”, esclamò Arthur, dopo averci pensato su. “Voglio delle fragole”.
“Fragole?” ripeté
l’altro, credendo di aver capito male.
“Esatto”, confermò il nobile. “Fragole. Rosse, profumate. E commestibili, magari”.
Il valletto lo scrutò, impressionato dalla domanda sciocca.
Ma in fondo non lo era. Lui sapeva che l’Asino
Reale adorava le fragole ed esse erano completamente fuori stagione da un pezzo.
“Fragole. E sia”, concesse, concentrandosi, per poi ripensarci: “Uhm…
Potreste spalancare i vostri palmi all’insù?”
Appena il principe si mise in posizione, lo stregone fece
scrocchiare le dita, applicandosi nuovamente con un: “Blostma!”
Fra le mani di Arthur comparve un bellissimo bocciolo di
rosa. Ed egli scoppiò a ridere divertito.
“Oh, senza dubbio è rosso e profumato!” celiò, annusando la
corolla fra i petali cremisi. “Ma sul commestibile,
credo che dovremmo soprassedere!” rise nuovamente.
Merlin s’imporporò di vergogna.
“Devo aver sbagliato la cadenza…” bofonchiò, cercando una
scusa. “Ora ci riprovo…” promise.
“No, lascia stare…” contraddisse il principe, porgendo a
Linette il fiore con un gesto galante. “Spero solo che tu non debba mai
invocare delle fragole per salvarmi la vita!” scherzò, di buonumore.
“Magari sarebbero un’arma a sorpresa!” rispose il servo,
stando al gioco. Si sentiva così felice e
leggero, ora che Arthur sapeva, e aveva accettato il suo Dono, da esser certo
che nulla avrebbe potuto scalfire quello stato di gioia perfetta.
“Credo che le tue fragole mi abbiano messo appetito!” lo
canzonò nuovamente il giovane Pendragon, adocchiando
il pranzo ancora intonso. “Anche se quella bistecca fredda perde gran parte del
suo valore”.
“Lasciate fare a me”, si propose, allungando le dita sul
vassoio, prima che il nobile potesse protestare.
“Non mi avrai avvelenato il cibo, vero?” domandò,
almeno un pochino in ansia.
E il ghigno di Linette era tutt’altro che rassicurante.
“Oh, se solo sapeste quante
volte l’ho usato!” lo pungolò, mentre un piacevole aroma di cibo caldo, come
appena fatto, si spandeva nell’aria.
Addentando il primo, succulento boccone, l’erede al trono
sollevò la forchetta indicando il paravento.
“Ora capisco perché l’acqua del bagno è sempre della
temperatura ideale!” riconobbe, in quello che, a tutti gli effetti, era un
complimento.
Merlin arrossì, giocherellando con un acino d’uva.
“Beh, ha i suoi indubbi vantaggi…” riconobbe. “Ma sappiate che Gaius mi ha vietato di usare la magia! Solo in casi estremi e di vitale importanz-”
“Il mio bagno è di vitale importanza, Lin-Lin”, le appuntò l’aristocratico Babbeo. “Perciò ti
ordino di continuare così”.
“Sì, Sire”, annuì il servo,
scrupolosamente.
“Ma per il resto… Gaius ha ragione.
Non cacciarti nei guai”.
“Sì, Sire”, ripeté lo scudiero,
sollecito.
“Non fingere di essere accondiscendente.
Tanto so che farai di testa tua”, la smascherò in
fretta. “Anche Merlin era un tale testardo…” si lasciò sfuggire, azzittendosi
di colpo. Troppo tardi.
Un’improvvisa malinconia cadde fra loro.
Come se, d’un tratto, il solo
nominarlo avesse riaperto certe ferite.
Il mago sperava ardentemente che Arthur capisse perché gli
aveva mentito per tutto quel tempo.
Anche se probabilmente il principe aveva sentito troppe cose, per quel giorno,
e non le aveva ancora digerite tutte. La scoperta della sua magia aveva
oscurato altre faccende, ma prima o poi – ne era certo
– l’Asino Reale avrebbe chiesto conto delle sue azioni e delle sue bugie.
Quasi come se avesse letto nella sua mente, fu il principe a
riprendere il discorso.
“Prima hai accennato ad un… portale?” domandò, cercando un
chiarimento. “Almeno adesso so perché sapevi sempre
tante cose su di me! Ti confesso che, talvolta, era alquanto inquietante!”
Merlin stiracchiò le labbra, ma il sorriso non gli raggiunse
lo sguardo.
“È… una via di comunicazione fra di
voi?” ritentò il nobile.
Lo scudiero tacque un istante. Poi prese una decisione.
“Sì, lo è”, rafforzò. “Vi devo però avvertire che più passa
il tempo e meno spesso si apre”.
“Come mai?”
“Non lo so”.
“Significa che forse arriverà il momento in cui non potrete
più comunicare?”
“Esatto. Forse sì”.
“E se Merlin tornasse?”
“Me ne andrei io. È la
regola”.
Lo stregone non sapeva cosa Arthur avesse visto in fondo ai
suoi occhi, ma non insistette e di questo gliene fu grato.
“Perché quella volta, alla locanda, non ti sei guarita con
la magia?” domandò invece il nobile, seguendo un filo di pensieri noto solo a
lui.
Linette sbatté le palpebre, col dubbio di aver frainteso il
senso del quesito.
“Cosa…?”
“Se hai guarito me, perché non curi il Buffone ogni mese,
invece di patire tutte quelle pene?” s’impuntò il principe.
Ma perché diamine si interessava a quello?!
“Ve l’ho già detto a suo tempo, Sire”, tagliò corto la
valletta, intenzionata a porre fine a quel vergognoso e personale argomento.
“Perché l’arrivo del Buffone non è essere malati!” si alterò quasi. “È uno stato fisiologico
normale e non un morbo da curare!”
“Uhm… Beh, sì. Giusto”,
ne convenne. “E perché, quando ti hanno rapito, non ti sei liberata con
la magia?” pretese di sapere, saltando nuovamente ad
un argomento scollegato dal precedente, ma evidentemente lineare nella sua
testa. “Hai seriamente rischiato di morire e-” egli si pentì di aver posto la
domanda, quando vide il volto della sua ancella incupirsi al ricordo. “No,
lascia stare, non importa”, si affrettò a smentire, per trarla d’impaccio. Ma
la fanciulla parlò ugualmente.
“Quelli da cui mi avete liberata
erano ceppi magici e la febbre che mi ha posseduto combatteva un veleno
stregato che aveva annullato il mio Potere”, rispose ella. “Ero completamente
inerme”.
“Quindi neanche tu sei invincibile”,
considerò. “I poteri magici non sono una garanzia”.
Merlin parve un po’ smarrito. “N-no”, ammise, a malincuore.
“Beh, non importa. Per questo ci sono io a difenderti!”
sorrise Arthur, incoraggiante e, senza sapere bene come, s’era
ritrovato a stringere la mano di lei con la sua. “Tu guarderai le spalle a me, e io farò altrettanto. Mh?”
Il mago annuì semplicemente, siglando l’accordo.
E quello sarebbe stato
un nuovo inizio insieme.
Continua...
Disclaimer:I
personaggi di Merlin, citati in questo racconto, non sono miei; appartengono
agli aventi diritto e, nel fruire di
essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.
Ringraziamenti:
Un abbraccio alla mia kohai che subisce le mie
paranoie. X°D
E un grazie a Tao, per il betareading.
Note: D’accordo. Merlin
ha vuotato il sacco (quasi su tutto), e – come vi ho già anticipato nello
scorso capitolo – la reazione del ‘mio’ Arthur è
dettata da una serie di circostanze diverse dal telefilm (niente Morgause o Morgana cattiva, per esempio), visto che dopo la
prima serie ci siamo diretti altrove, rispetto allo show. Per questo, le cose
non potevano collimare.
Tuttavia, il principe ha avuto un giorno intero di travaglio
interiore, in cui ha soppesato i meri eventi e tutto il corredo della sua
educazione contro la magia. Ma credo che il fatto che
lei gli abbia salvato così palesemente la vita abbia contato tanto per lui.
Se vi sembra che Arthur abbia accettato i poteri di MerLin troppo facilmente, posso dirvi che, in realtà, deve
ancora digerire il tutto e che ho scelto di non calcare troppo la mano angst qui, visto che presto arriveranno nuovi nuvoloni
all’orizzonte.
Ho un’altra cosa da farvi notare. Nella nostra ottica, il ‘silenzio’ di Lin e quello di
Merlin possono avere un peso diverso. Ma non dimentichiamo che, nella storia, in
realtà il tempo che Linette sta trascorrendo con Arthur sta superando quello
che, a suo tempo, il principe ha condiviso con Merlin, quindi, in un certo
modo, per l’Asino è quasi più grave il ‘tradimento’ di
Linette.
Nel capitolo vi è un richiamo alla puntata 1x07 “Le porte di
Avalon”. L’incantesimo con cui Merlin fa volare
Arthur verso il letto prende spunto da quello della puntata con Lady Sophia.
È da molto che non lo dico: gli
incantesimi usati sono presi dal telefilm, per la trascrizione mi sono affidata
ai sottotitoli inglesi, quindi io li ho stilati nel modo in cui si scrivono,
non come si pronunciano.
“Draca”
(pron. Dreyka) cita la puntata 1x10 “Il momento della
verità” quando, con le scintille del fuoco, Merlin fa comparire
nostalgicamente il drago o lo stemma dei Pendragon (a
vostra libera, slashosa
interpretazione^_=)
“Blostma!” dalla puntata 2x09 “La
signora del lago”, quando Merlin fa apparire la rosa invece delle fragole.
Vi sono documenti storici che attestano l’uso di aquiloni
come gioco fra i bambini. Quelli che ho letto risalgono al 1300 d.C, ma niente vieta di pensare
che fossero in uso anche prima. ^^
Vi metto qui un’immagine che ho modificato (un po’
grossolanamente, abbiate pazienza), perché rende bene il momento in cui Merlin
fa l’incantesimo evocando l’immagine di Arthur.
(Ovviamente la fanart originale
non mi appartiene^^)
Precisazioni al
capitolo precedente e domande varie: (a random)
- Sono contenta di essere riuscita
a stupirvi (è una cosa che sto leggendo in molti commenti), anche se l’infarto
non era contemplato! XD
- Ha un suo senso che Arthur abbia preferito ferirsi
piuttosto che ferirla...
1) perché le è affezionato. Non l’avrebbe mai attaccata a
sangue freddo. (Anche se l’affetto e il tradimento facevano a pugni dentro di
lui).
2) ha testato la fedeltà di lei. Se
davvero non è un nemico, lei avrebbe reagito aiutandolo.
3) e più di tutto: l’ha messa alle strette per farla
confessare.
- Dal mio punto di vista, sarebbe
stato peggio se Arthur avesse usato una forma di violenza su Lin per costringerla a uscire. Invece ha preferito ferire
se stesso, anche se questo è un ricatto emotivo. (In realtà fa tanta scena, ma mica si è sgozzato XD).
- Preciso quindi che Arthur non si è certo tagliato le vene.
XD Le ferite erano superficiali… e, com’è noto,
tagliarsi le vene è tutt’altro che facile. Se non lo fai in modo corretto,
soffri come un cane e ci metti un secolo a dissanguarti. XD
- Concordo nel dire che Arthur è stato molto duro, ma c’è
sotto più di quello che Merlin ha capito. Il principe non è solo spaventato da
quello che poteva accadere a Lin, sta proprio
combattendo una guerra interiore quando l’ha sgridata!
- Sì, Arthur aveva capito che la ferita non ci sarebbe
stata, ma voleva una prova inconfutabile (anche se, una parte
di lui, vorrebbe comunque credere di essersi sbagliato U.U). E, in un certo senso, vuole anche offrire a Linette
la possibilità di spiegarsi, e non è poco.
- Sì, effettivamente si poteva intuire
che Arthur covava qualcos’altro oltre la rabbia e lo spavento, ma in pochi
l’hanno notato. Forse avevo messo troppa roba che distraeva. ^^’’
- Ero tentata di uccidere uno dei nostri ‘amati’ cavalieri,
ma poi non ho avuto coraggio e ho sacrificato i soliti
ignoti. XD
Quindi Duncan è salvo!^^
- E sono davvero contenta che tutta l’agitazione e l’ansia
del momento drammatico nella battaglia si senta! *_*
- Arthur è incazzato, perché si
sente tradito da ciò che crede di aver visto. E per il fatto
cheLin ha taciuto finora, malgrado la
rispettiva fiducia.
È ferito nell’animo, e noi
sappiamo che lui reagisce così, no?
- Abbiamo imparato che all’Asino, di solito, serve tempo per
digerire le cose. Qui, per esempio, ha meditato dal momento della battaglia,
per tutta la notte durante il viaggio, fino al mezzogiorno successivo. Per
questo ha allontanato Linette, perché non poteva pensare con calma alla
faccenda e masticare il boccone amaro. XD
- Mi dispiace, ma non posso dire se le parole di Linette
aiuteranno o ostacoleranno il ritorno di Merlin in se stesso... non resta che
vedere. ^^
- Niente cambi di memoria, stavolta. Tutte le scoperte
rimarranno e muoveranno le cose per il proseguo della
storia.
- A domande specifiche, ho risposto direttamente sotto la
recensione.
Vi metto BEN QUATTRO anticipazioni
del prossimo capitolo:
Come Merlin si era aspettato, il mattino seguente, Arthur –
dopo una notte di digestione pesante
(se avesse avuto un cinghiale sullo
stomaco, sarebbe stata meno travagliata, considerò il mago) – era tornato
alla carica, pretendendo altre spiegazioni.
Lo aveva un po’ tampinato e pressato con dubbi e diffidenze
varie – anni di retaggi contro la magia erano duri a morire, e lo stregone non si sarebbe aspettato
niente di meno, da lui.
(...)
L’erede al trono non sapeva se avrebbe mai potuto
ricompensare il suo servo a dovere – o anche solo rivederlo ancora e
riabbracciarlo –, ma cullava la speranza che un giorno, prima
o poi (anche se Linette lo aveva avvertito che il collegamento, che li
univa, si era quasi esaurito) gli sarebbe stato dato un mezzo per dirgli tutto
quello che pensava al riguardo, e magari anche per scusarsi con lui – a modo
suo, beninteso – per tutto il male
che gli aveva arrecato in passato e per ringraziarlo per la devozione con cui
lo aveva servito e lo stava servendo.
Benché non ne avesse fatto parola con la sua ancella, Arthur
si era fatto l’idea che la sparizione di Merlin fosse stata in qualche modo
legata alla sua protezione, in vista della futura Albion.
Egli si era persuaso che l’assenza del suo scudiero fosse una specie di
missione a lungo termine – necessaria, benché sgradevole – che lui solo poteva
compiere, in virtù dei suoi poteri.
(...)
Tra tutti gli ospiti che avevano soggiornato fra le mura del
castello, in ordine di importanza e pericolosità, dopo
il Troll, Arthur e Linette avrebbero sempre rammentato quel nobile distinto che
si era rivelato essere un orribile vampiro.
(...)
“Oh, andiamo! Come puoi trovare affascinante quel damerino?!”
aveva sbottato Arthur, quella sera, mentre gli occhi della sua serva si
perdevano nell’osservare il loro ospite conversare con il re. “Non è neppure il
genere di uomo che fa per te!”
“E quale sarebbe ‘l’uomo che fa per me’?” gli aveva chiesto
Merlin, di colpo, voltandosi inaspettatamente verso di lui per fronteggiarlo.
L’erede al trono era rimasto paralizzato, con la bocca
spalancata, completamente colto alla sprovvista.
“E… e che ne so?!” si era difeso, con una smorfia disgustata, prima di
ribadire: “Ma sicuramente non uno
così!”
Sentite odore di guai, sì?
Se siete interessati, ho aggiornato con una nuova oneshotmerthur AU, “Handshake (Tre metri sopra il cielo)”, e mi
piacerebbe sapere cosa ne pensate. ^^
Campagna di Promozione Sociale -
Messaggio No Profit:
Dona l’8‰
del tuo tempo alla causa pro recensioni.
Farai felici milioni di scrittori.
(Chiunque voglia
aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio
crede) Come sempre, sono graditi commenti,
consigli e critiche costruttive.
Avviso di servizio: In questo momento, dovrei essere seduta sopra la mia
valigia, sudando per cercare di chiuderla
Avviso di
servizio: In questo momento, dovrei essere seduta sopra la mia valigia, sudando
per cercare di chiuderla. XD
Ma non avevo cuore di lasciarvi a bocca
asciutta per altre due settimane, quindi ecco l’aggiornamento – in anticipo! –
giusto prima della mia partenza.
Volevo assicurarvi che leggerò avidamente ogni commento che mi lascerete,
ma le risposte alle recensioni ritarderanno forse un po’, perché dal mio
cellulare è una croce scrivere e vorrei rispondervi per bene, con la dovuta
considerazione.
Un’altra cosa: non so come abbiate scoperto la data, ma
grazie mille per tutti gli auguri di compleanno che mi sono arrivati anche
tramite i commenti! Mi sono sciolta! *O*
SPOILER FREE: Ricordo che questa storia NON
contiene/conterrà volutamente alcuno
spoiler della quinta stagione; eventuali
coincidenze sono appunto casuali coincidenze (è già successo e
succederà in capitoli che ho già pronti).
Linea temporale: Un
anno dalla lettera di addio di Merlin, poi 20 mesi dall’arrivo
di Linette a Camelot. Seguito diretto del capitolo
precedente.
Riassunto generale: Merlin
è abituato a salvare la vita all’Asino Reale senza che questi se ne accorga, ma
stavolta non tutto va per il verso giusto. Colpito dall’incantesimo del
malvagio Ardof, il nostro mago farà i conti con una
sconvolgente novità: egli si risveglia trasformato in una donna.
Solo Gaius conosce il suo segreto e, finché non troverà il modo di tornare
normale, dovrà inventarsi delle scuse plausibili e prendere
il posto di se stesso al servizio del principe. Come riuscirà a conciliare
questa ‘nuova situazione’? Come si evolverà il suo rapporto con Arthur?
Riassunto delle
ultime puntate: Il malvagio stregone Ardof è
morto, ma la sua maledizione non si è sciolta.Merlin, perciò, fa credere ad Arthur di essere partito alla
ricerca del padre mai conosciuto. Al principe non resta che subire questa sua
scelta, mentre il tempo passa inesorabile, e il suo legame con Linette va
saldandosi sempre più… fino a quando, durante un agguato, lui non scopre che la
sua serva è una strega e lei gli rivela che anche Merlin lo è: questa
sconvolgente confessione, ovviamente, cambia le carte in tavola.
Dedico l’aggiornamento a chi ha
recensito il precedente capitolo e invito i lettori silenziosi, se lo
desiderano, a lasciare un segno (che è sempre gradito).
E a quanti commenteranno (SE vi
va di recensire anche dei capitoli più indietro di questo, il vostro parere non
andrà perduto!).
Ai vecchi e ai nuovi lettori.
Grazie.
The He in the She
(l’Essenza dentro l’Apparenza)
Capitolo LXXVIII
Come Merlin si era aspettato, il mattino seguente, Arthur –
dopo una notte di digestione pesante
(se avesse avuto un cinghiale sullo
stomaco, sarebbe stata meno travagliata, considerò il mago) – era tornato
alla carica, pretendendo altre spiegazioni.
Lo aveva un po’ tampinato e pressato con dubbi e diffidenze
varie – anni di retaggi contro la magia erano duri a morire, e lo stregone non si sarebbe aspettato
niente di meno, da lui.
Di buono c’era che il principe non aveva rimesso in
discussione la sua fiducia nei confronti di Linette.
Certo… l’aveva
sgridata per avergli taciuto tutto quello, per le montagne di bugie (su se stessa
e Merlin) che aveva costruito – e con cui lo aveva ferito, ma questo non avrebbe potuto dirlo –, tuttavia una parte di lui capiva che lei era stata costretta a farlo, in
nome di un Compito Superiore di cui era stata investita, volente o nolente, e
questo lo accettava. A denti stretti, ma
così era.
Arthur avrebbe potuto reagire molto diversamente – moltopeggio –
quindi a Merlin andava bene essere torchiato un po’ e cercare in quel modo,
dimostrandosi docile e disponibile, di farsi perdonare per il dolore che gli
aveva causato.
Anche se sapeva che
non avrebbe potuto vuotare del tutto il sacco, questo era già molto. Per il suo
animo tormentato e la sua pace mentale sembrava essere un traguardo
irraggiungibile anche solo poche settimane prima; pertanto no, non si sarebbe
mai lamentato di tutto quello.
“Quindi… quella lepre selvatica con cui ci sfamammo nella
grotta…”
“Fu evocata dalla mia magia”, confessò, annuendo.
“Infatti mi pareva così bizzarra
quella storia della civetta messa in fuga e della lepre ferita…” osservò,
scavando nella memoria.
“Beh, non vi siete lamentato tanto,
una volta che vi ha riempito la pancia!” gli appuntò il servo, con un ghigno di
ironia. Anche se, in verità, a suo tempo l’Asino gli aveva fatto un predicozzo
sull’imprudenza, prima di rendere onore al pasto.
“Umpf!” sbuffò il principe. “Vai
avanti…”
“E ho curato Antrax, quando me lo
avete affidato. Non volevo che restasse menomato a
causa della nostra escursione”, ammise Merlin, ancora dispiaciuto.
“Hai usato spesso la tua magia di guarigione?” s’interessò
il nobile, incuriosito e affascinato dalla cosa.
“Meno di quello che vorrei”, riconobbe il mago, a
malincuore. “Ci sarebbe così tanto da fare, tante
persone da sanare! Per esempio, tutti i bisognosi del
villaggio, la povera gente che non può permettersi di pagare un guaritore… con
la magia potrebbero ristabilirsi…” gli prospettò, animandosi.
“Purtroppo, però, la mia conoscenza in campo medico è ancora assai limitata…
non potendo esercitarmi come vorrei con gli incanti, Gaius ha insistito perché
apprenda almeno i rudimenti della medicina e della botanica… anche questo può
aiutare chi è disperato”, osservò.
Un istante dopo, lo stregone sentì ciò che non avrebbe mai
creduto fosse possibile udire per bocca di un Pendragon.
“Mio padre ha
sbagliato a bandire la magia”, considerò l’erede al trono, facendosi cupo e
serio. “Anziché debellarla, egli non fa altro che attirarla a Camelot, come una disgrazia”.
“Rammentate quello che ci dicemmo mentre eravamo alla festa di Litha al villaggio?” gli chiese lo scudiero, diventando
serio anch’egli. “Quando parlammo dei roghi… e voi dichiaraste di disapprovarli?”
“Sì, lo ricordo”, annuì il cavaliere.
“Io penso ancora, esattamente, quello che vi
dissi allora”, gli occhi di Merlin brillarono d’aspettativa e fiducia. “Arthur…
quando un giorno voi sarete re, le cose potranno cambiare. Potrà esserci un
altro tipo di giustizia, dove punire solo chi pratica veramente il Male, che
sia mago o meno, e non indiscriminatamente…”
“E tu mi aiuteresti a discernere… tutte le questioni magiche?”
“Sarebbe un privilegio”, Merlin sentì sulle spalle il peso di quella
consapevolezza, eppure lo accettò. “Se voi vorrete, lo farò. Sarò
al vostro fianco e vi guiderò”.
“Sembra una cosa così lontana… e così difficile”, ammise “…
anche solo da immaginare”.
“È una lunga strada”, concordò Linette, annuendo. “Ma
voi siete già in cammino, Mio Signore”, lo confortò, lusingandolo poi con la
promessa di ciò che sarebbe stato. “Con l’avvento di Albion,
la magia tornerà liberà. Vivremo in pace e prosperità”.
“Sembra tutto talmente…”
Arthur gesticolò con una mano, in cerca della parola più adeguata.
“… strano?” gli
venne incontro il mago, sorridendo. “Beh, lo è”, concesse. “Apprezzo il vostro
atto di fede, credetemi”.
Anche il principe gli sorrise di
rimando.
“Sono contento che tu stia apprezzando, perché tutto questo mette a dura prova
i miei nervi e la mia sanità mentale!”
“Oh, temo che quella ce la siamo
giocata da un pezzo!” rise l’ancella, prendendosi gioco di lui.
“Impudente!” la sgridò il nobile, con una smorfia,
chiedendole poi di riprendere la narrazione dei momenti in cui, con la sua
magia, Linette aveva influito in qualche modo sugli eventi di Camelot.
“Ho anche fatto in modo che l’amabile Lady Aurelia vi lasciasse in pace…” sghignazzò lo stregone,
ammiccando. “Non vi siete chiesto come mai, d’un
tratto, ella avesse perso l’interesse amoroso nei vostri confronti?”
“Oh, grazie al cielo!” esclamò il cavaliere, rabbrividendo
ancora al ricordo di quella sanguisuga. “In verità, no! Tale
era il mio sollievo, quando seppi che se n’era andata che-” Arthur si bloccò,
mentre un altro pensiero soppiantava il resto. “Hai usato questa tecnica
anche con qualche servo del castello?” le domandò, fingendosi disinteressato.
“Hai dissuaso qualche garzone con qualche trucchetto?”
“Oh, no. Per quello, siete bastato voi!” Merlin scoppiò a ridere. Arthur arrossì,
bofonchiando qualcos’altro sulla sfrontatezza.
“Ad ogni modo, questo discorso ci porta a considerare un
fatto…” riprese poi l’ancella, pensierosa, picchiettando l’indice sul mento.
“Quest’anno, lei e suo padre, non si sono ancora presentati per l’annuale
rinnovo dei Trattati di Pace fra i vostri regni!”
“L’abbiamo scampata!” sorrise il principe a tuttotondo.
“Poiché la principessa non sembra più interessata a cedermi le sue grazie, Lord Hertis ha
evitato uno scomodo viaggio fin qui e ha mandato una piccola delegazione, alcuni
mesi fa, per un tacito rinnovo dei Trattati”.
“E perché io non ne sapevo nulla?”
Il principe fece spallucce. “È stata una cosa breve e
indolore. Una prassi informale tra mio padre e il loro
rappresentante”.
“Ah”.
“Comunque, grazie.
Senza saperlo, dissuadendo Aurelia… hai reso un ottimo servizio a Camelot!”
“Oh, è stato un onore contribuire alla Causa del regno; ma,
prima di tutto, era per la vostra virtù
che ero in pensiero!”
A quelle parole, anziché indignarsi, il principe scoppiò a
ridere di cuore, trascinato dal clima confidenziale. “Confesso che ho temuto
anch’io di finire adescato e circuìto da lei, ogni volta era parecchio determinata!”
rammentò, con un’espressione di raccapriccio. Poi, seguendo un filo di pensiero
tutto suo, riprese: “A proposito di virtù
insidiate…”
Merlin, scattando sulla difensiva, perse gran parte dell’aria
gioviale, diventando sospettoso e preparandosi ad un
argomento che, quantomeno, lo avrebbe imbarazzato. Dove sarebbe andato a parare, quell’Asino?
“Come sono andate veramente le cose, tra te e il mediatore,
alla locanda del Giglio Bianco?”
Il mago non si aspettava davvero quella domanda e ne rimase
colpito. “Ah! Si sono svolte come vi ho
raccontato!” gli confermò. “Beh… più o meno”, concesse, infine. “Quell’uomo
era davvero un povero diavolo, ed era sotto l’effetto di un sortilegio.
Non sapeva neppure per chi stesse lavorando… mi ha consegnato il gioiello
rubato senza volere nulla in cambio, perché mi ha ritenuta
essere l’acquirente designato. Ovviamente, io gliel’ho lasciato credere e poi,
prima di congedarlo, ho cercato di aiutarlo con la mia magia. È tutto qui”, si risolvette,
alleggerendosi anche di quel fardello, mentre il nobile padrone annuiva,
chiudendo la questione.
Era meglio evitare di
raccontargli di tutte le cose accadute la notte di Litha
e dell’incanto d’amore che li aveva quasi condotti all’irreparabile…
Il mago fu tentato di
dirgli persino di Ardof, ma era troppo pericoloso.
La sua maledizione era imprescindibilmente legata a doppio
filo con quello stregone, anche se adesso era morto, e inevitabilmente avrebbe
dovuto tirare in ballo anche Merlin, e la battaglia che avevano
sostenuto – l’inizio della sua personale disgrazia – e sentiva che avrebbe
toccato un nervo scoperto.
Quindi preferì tacere.
***
La rivelazione del proprio Dono, da parte di Linette, aveva
gettato le basi per una neonata complicità – ancor più vera e più sincera –, e
per nuovi livelli di stima e fiducia.
Poiché i pericoli a Camelot
non scarseggiavano mai, quello era indubbiamente un vantaggio che adesso il
mago era ben intento a voler sfruttare.
Un tempo, se Merlin o Linette gli avessero detto che
ravvisavano qualcosa di strano in un ospite
di riguardo del re, oppure che stavano avvenendo cose eccentriche nel castello,
Arthur avrebbe riso loro addosso. Ora invece ci credeva.
C’era stata la volta del Troll usurpatore – una fetida
creatura che aveva preso le sembianze di un’elegante nobildonna – che aveva
tentato di prendere il trono di Camelot
per soddisfare la propria avidità di potere e di denaro.
E, anche se non era stato facile sventare il piano di quell’essere
deforme, che voleva il regno per sé e aveva sedotto il re con la magia, loro ce l’avevano fatta.
Lo avevano costretto alla verità con una pozione, prima che
l’irreparabile fosse compiuto: ad un passo dal matrimonio tra Uther e la mostruosa matrigna, Arthur aveva fatto rinsavire
il padre, smascherandola – Morgana era rimasta sconvolta per giorni, a tal orrorifica
visione – e Merlin aveva ucciso la ripugnante creatura usando i propri poteri.
E quando una bestia magica – un enorme ragno con tre teste e
un’infinità di zampacce pelose – si era annidato nelle segrete del castello,
Arthur non si era opposto alla spedizione. Aveva assecondato le richieste della
sua valletta e insieme, con spada e magia, avevano
neutralizzato quel mostro magico che si nutriva di carne umana.
Disfarsi del carapace e di tutte le
ragnatele filanti era stato abbastanza disgustoso – e mai, come allora, il
servo aveva ringraziato la sua buona stella di poter usare dei sortilegi
davanti al principe.
C’era stata poi la volta del malvagio stregone Conn, il quale voleva anch’egli appropriarsi di Camelot e aveva risvegliato degli
scheletri magici nelle catacombe del castello, per impiegarlo come suo esercito
personale.
Combattere un assalto all’interno delle mura era stato
difficile e complicato – perché quelli non erano guerrieri umani e mortali.
Tuttavia, mentre i cavalieri dei Pendragon
difendevano strenuamente il maniero, Merlin era riuscito a trovare la fonte
dell’incanto nefasto e a porre fine a quella lotta impari.
Aveva poi combattuto contro il negromante, vincendolo e riportando la pace sul
regno.
Arthur, vedendo Linette riapparire dai sotterranei tutta
malconcia e ferita, si era preoccupato da morire; ma, dopo averla soccorsa e
portata da Gaius, e dopo averla rimproverata a dovere, aveva gioito con lei per
la buona riuscita dell’azione e per l’ennesima salvezza del regno.
Merlin vedeva l’orgoglio dentro agli occhi
del suo signore, quando poteva essere artefice attivo del loro destino, quando
potevano agire consapevolmente e schiettamente, senza sotterfugi.
Arthur era grato a Linette di quella nuova consapevolezza, e
in cuor suo le era riconoscente per tutto quello che lei faceva – che fosse un
suo incarico o meno, ella rischiava costantemente la
vita per la sopravvivenza Camelot – e per tutto
quello che aveva fatto in passato, tenendolo all’oscuro per proteggerlo.
E, ancor prima di lei, il principe realizzava ora il
sacrificio di Merlin, le ingiustizie che aveva patito
– molte delle quali, lui stesso gli aveva inflitto – e comprendeva, adesso,
quelle sue misteriose sparizioni, le stranezze che accadevano in sua presenza, la
buona sorte che spesso li accompagnava, e che invece aveva un nome preciso, il suo.
L’erede al trono non sapeva se avrebbe mai potuto
ricompensare il suo servo a dovere – o anche solo rivederlo ancora e
riabbracciarlo –, ma cullava la speranza che un giorno, prima
o poi (anche se Linette lo aveva avvertito che il collegamento, che li
univa, si era quasi esaurito), gli sarebbe stato dato un mezzo per dirgli tutto
quello che pensava al riguardo, e magari anche per scusarsi con lui – a modo
suo, beninteso – per tutto il male
che gli aveva arrecato in passato e per ringraziarlo per la devozione con cui
lo aveva servito e lo stava servendo.
Benché non ne avesse fatto parola con la sua ancella, Arthur
si era fatto l’idea che la sparizione di Merlin fosse stata in qualche modo
legata alla sua protezione, in vista della futura Albion.
Egli si era persuaso che l’assenza del suo scudiero fosse una specie di
missione a lungo termine – necessaria, benché sgradevole – che lui solo poteva
compiere, in virtù dei suoi poteri.
Se il Destino aveva deciso di metterlo al suo fianco e poi di sostituirlo con
Linette, vi era certamente una buona ragione; ed il
principe, per quanto potesse storcere il naso, era consapevole di non poter
pretendere di conoscerla. Doveva rassegnarsi ad accettare tutto quello e
sperare di sapere, prima o poi, quello che Lin era stata costretta a tacergli.
Nel frattempo, nella quotidianità, non restava altro che
allenarsi, cercando di diventare un cavaliere sempre migliore e un degno erede
al trono, imparando a destreggiarsi nelle sottigliezze degli Affari di Stato e
a salvare la pellaccia davanti ad ogni minaccia – e le minacce non scarseggiavano mai, a Camelot.
***
Tra tutti gli ospiti che avevano soggiornato fra le mura del
castello, in ordine di importanza e pericolosità, dopo
il Troll, Arthur e Linette avrebbero sempre rammentato quel nobile distinto che
si era rivelato essere un orribile vampiro.
Il poveruomo – un gran bel giovane, in verità –, in viaggio
per questioni di Stato come rappresentante del proprio re, era stato aggredito pochi
giorni prima dell’arrivo a Camelot
(dove aveva chiesto asilo per ristabilirsi), ed egli non era consapevole di
esser divenuto un mostro sanguinario.
La sua parte demoniaca prendeva il sopravvento solo nell’oscurità
della notte, obnubilando la mente sua e delle sue vittime, soggiogandoli al proprio
volere, senza lasciarne memoria diurna.
Ma quando, durante la sua
permanenza, i nobili e i servi del maniero avevano iniziato a dimostrare
inspiegabili pallori, svenimenti improvvisi, confusione mentale e segni misteriosi
sul collo – fino al pervenire delle prime vittime –, Merlin e Gaius si erano
dovuti documentare nei vari Bestiari, giungendo a trovare l’amara risposta al
loro quesito.
Ad onor del vero, Lady Morgana
aveva fatto un bizzarro sogno su un pipistrello dagli occhi scarlatti, ma
nessuno le aveva prestato la dovuta attenzione, liquidando la faccenda come il
consueto incubo troppo fervido.
E persino Linette, inizialmente, aveva subìto il suo fascino
oscuro (una specie di morbosa lusinga che aveva fatto arricciare il nobile naso
del principe), dimostrandosi attratta da lui e dai suoi atteggiamenti
seducenti.
Ella, in qualità di assistente del
medico di Corte, aveva avuto numerosi, fugaci contatti col nobile ferito, per consegnargli
i medicamenti prescritti da Gaius e assistere il suo mentore nelle medicazioni
delle lesioni dovute all’aggressione, talvolta sostituendolo nell’eseguirle.
Merlin, forse
scioccamente, non si era chiesto come mai sentisse tutta quell’empatia
improvvisa per uno sconosciuto.
Il loro ospite era una persona straordinariamente gentile e
a modo; per essere un aristocratico, si era dimostrato fin troppo cortese con Linette,
dispensandole ringraziamenti calorosi e sorrisi a profusione, ogni volta che lei
raggiungeva le stanze a lui assegnate per compiere il suo dovere.
E poi appariva così malconcio e pallido, fra quelle lenzuola Rosso Pendragon, che il mago l’aveva preso in istantanea simpatia,
e si era occupato volentieri di lui, per facilitare la sua guarigione.
Ad Arthur, al contrario, quel tizio non era mai andato a
genio, fin dal primo momento in cui aveva messo piede – un piede zoppicante,
d’accordo – dentro nel suo castello per chiedere
ospitalità e cure.
C’era un’istintiva
diffidenza in lui, qualcosa che sussurrava al suo animo di cavaliere e di
guerriero di non abbassare la guardia, qualcosa che neppure Lin
aveva percepito.
Quando il re aveva accolto lo straniero riconoscendogli il
suo ruolo di emissario reale, e quindi degno di ogni onore, il principe non
aveva potuto dissentire.
Benché egli provenisse da un piccolo regno assai lontano,
non era mai stato saggio negare ospitalità a chicchessia di tal rango.
E successivamente, allorché suo
padre aveva stabilito che Gaius e, soprattutto, Linette gli offrissero le cure
migliori, nuovamente egli aveva dovuto tacere e ubbidire.
Ma la sua nobile (scarsa) pazienza
doveva aver raggiunto il culmine la sera in cui, a guarigione ormai avvenuta,
il sovrano aveva indetto un Banchetto per festeggiare l’ospite come si
conveniva, e sfruttare secondariamente l’occasione per gettare le basi di un
nuovo, insperato sodalizio politico.
Quando aveva saputo le paterne intenzioni, l’erede al trono aveva
solo anelato che quella fosse anche una cena di addio, sebbene il nobiluomo non sembrasse affatto intenzionato ad accomiatarsi da Camelot tanto presto.
Più e più volte, Sua Maestà aveva interpellato la sua
ancella, chiedendole se con i propri poteri ella non
cogliesse qualche anomalia in quel delegato reale.
Ma Merlin aveva sempre sbuffato
scuotendo il capo, facendo spallucce, liquidando in fretta la cosa.
Eppure, in appena
pochi giorni, qualcosa era cambiato.
Arthur lo sentiva, anche
se non sapeva spiegarselo.
Tutti erano strani…
Tutti. Persino
Linette.
Bastava solo guardare
come anche lei… come lei… beh, non la riconosceva più. Ecco.
“Oh, andiamo! Come puoi trovare affascinante quel damerino?!”
aveva sbottato Arthur, quella sera, mentre gli occhi della sua serva si
perdevano nell’osservare il loro ospite conversare con il re. “Non è neppure il
genere di uomo che fa per te!”
“E quale sarebbe ‘l’uomo che fa per me’?” gli aveva chiesto
Merlin, di colpo, voltandosi inaspettatamente verso di lui per fronteggiarlo.
L’erede al trono era rimasto paralizzato, con la bocca
spalancata, completamente colto alla sprovvista.
“E… e che ne so?!” si era difeso, con una smorfia disgustata, prima di
ribadire: “Ma sicuramente non uno
così!”
Linette aveva riso di lui: “Grazie del
parere, Sire. Ma…” Con un gesto vago della mano, aveva
chiuso la faccenda, torcendo nuovamente il collo verso l’oggetto delle loro
riflessioni, come se si sentisse inspiegabilmente attratta da quel punto e non
potesse rimanerne privata troppo a lungo.
“Oh, dannazione! Hai messo persino le forcine!” aveva traboccato l’Asino Reale, a
quel punto, ristabilendo l’attenzione di Lin su di
sé.
“Eh?” aveva chiesto l’ancella, con l’impressione di essersi persa il senso del discorso.
Ma giusto in quel momento il
principe aveva allungato una mano, sfiorandole il collo fino all’attaccatura
dei capelli dietro l’orecchio.
“Sono i fermagli che ti ho regalato io, per la nostra missione al Giglio!” insistette. “Dicevi sempre
che erano troppo vistosi!
Che ti metteva a disagio portarli!” la biasimò, senza rendersi conto che quella era una scenata di
gelosia bella e buona e che – soprattutto – non erano gli unici in sala e che qualcuno
avrebbe potuto udire quello scambio, mettendoli nei guai.
“M-ma… io…” aveva balbettato Lin, in risposta, sotto quello
sguardo accusatore. “Ero stanca di vederli ammuffire in un sacchetto chiuso e
impolverato e… e ho pensato che stasera fosse l’occasione buona per metterli!”
si difese, animandosi in assonanza con l’umore dell’Idiota Reale.
“Di’ piuttosto che speravi che quel damerino ti notasse!” le rinfacciò, con un grugno da schiaffi.
“Ma che state dicendo?!” sbottò la
fanciulla, scandalizzandosi. “Avete forse bevuto troppo sidro?!”
“Beh, dai discorsi che fate, non sembrate del tutto savio!”
rincarò Linette, con una certa, sottile cattiveria.
“Sai? Forse hai ragione”, convenne il
cavaliere, inaspettatamente. “È bene che io mi ritiri prima che possa scoppiare
un incidente diplomatico. Vado ad informare mio padre
di un’emicrania dolorosissima”, la informò, senza diritto di replica. “Poi
lasceremo il Banchetto”.
Arthur preferì ignorare lo sguardo deluso della sua
valletta, mentre chinava il capo e, con fin troppa remissività, obbediva ai
suoi ordini.
Per il resto della sera, Linette aveva parlato il minimo
indispensabile. Lo aveva preparato per la notte e poi era stata riaccompagnata,
sotto scorta, a casa da Gaius, come sempre.
Quella notte, durante una ronda abituale, due fanciulle vennero trovate morte, esangui.
Due vallette, che avevano servito fino a tardi al Banchetto.
Pur cercando di non mettere in allarme l’intera Camelot, Gaius aveva esaminato i
due cadaveri, constatando che entrambi erano stati dissanguati, e la faccenda
era grave.
A quel punto, Merlin aveva guardato in faccia la realtà. Con
il suo maestro aveva rimesso insieme i pezzi di quel mosaico fatto solo di
dubbi e piccole tracce, cercando di ricollegare ogni indisposizione sospetta e ogni
malore occorso alla gente, di cui loro avevano avuto cognizione.
A malincuore, lo stregone aveva realizzato
che l’inizio dei primi sintomi coincideva esattamente con l’arrivo del nobile
ambasciatore.
E, se anche questa non era una prova schiacciante, tanto
bastava per levare su di lui il sospetto.
Non avrebbero mai
potuto parlarne col re, non senza avere delle dimostrazioni inconfutabili in
mano; ma con Arthur sì, ponderò Merlin, rimboccandosi le gonne per
dirigersi negli appartamenti del suo signore. Arthur avrebbe creduto o, quantomeno, avrebbe preso in considerazione i
loro leciti dubbi.
Anche se le loro ricerche avevano consumato tutto il giorno,
e il tramonto era calato da un pezzo, il principe – lo stregone ne era certo –
non avrebbe voluto rimandare all’indomani. Prima
sapeva e meglio era.
Con questi pensieri in testa, il servo accelerò il passo.
Fu strano trovarsi davanti l’oggetto
delle loro indagini, proprio in mezzo ad uno dei corridoi più bui del castello.
Merlin finì quasi per scontrarsi con l’affascinante
delegato, apparso come dal nulla da una nicchia discosta, dopo che lo stregone
aveva svoltato l’angolo.
“Cercavo proprio te, dolce
Linette”, sorrise lui, affabile e lusinghiero, allungando una mano pallida
per accarezzarle il viso. Eppure il suo
sguardo no, quello non era più rassicurante.
Forse era solo suggestione, forse era tutto un abbaglio. Ma gli avvertimenti del principe riecheggiarono nella
mente di Merlin, mentre il mago indietreggiava d’istinto.
Continua...
Disclaimer:I
personaggi di Merlin, citati in questo racconto, non sono miei; appartengono
agli aventi diritto e, nel fruire di
essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.
Ringraziamenti:
Un abbraccio alla mia kohai che subisce le mie
paranoie. X°D
E un grazie a Tao, per il betareading.
Note: Nel
capitolo, si accenna ad un Troll.
Come ho detto più volte, anche se questa storia è un ‘whatif?’
innestato dopo la prima stagione, potrei impiegare qualche espediente qua e là
dal telefilm, se può collimare con le mie idee, e
usarlo con altri scopi.
Ad ogni modo, questo
non è un riferimento alle puntate 2x05-2x06 “La Bella e la Bestia”, semplicemente
perché gli eventi sono diversi. Uther, nella mia
storia, non l’ha sposata. È solo uno spunto da essa, altrimenti sarebbe stato
troppo dispersivo e, per mia scelta, non ho volutamente nominato Catrina.
Stesso discorso per gli scheletri nelle
catacombe in “Le lacrime di UtherPendragon
3x01-3x02”.
Qui non c’è la mano di Morgause e
Morgana, quindi non è un vero
riferimento, è solo uno spunto alla puntata.
Conn, il malvagio stregone, è un
mio personaggio originale. Il suo nome deriva dal gaelico e significa ‘Leader’.
Un piccolo assaggino
sui pensieri di Arthur per suo servo scomparso… che ne dite?
Molto tempo fa, mi era stato chiesto di raccontare una
possibile ‘sbandata’ di Linette per qualcuno.
Ecco, l’ho fatto. Anche se è un vampiro! XD
Ah, presto arriverà anche un pretendente umano a farle la
corte (come mi era stato chiesto da uno di voi lettori, secoli fa XD). Immaginate
l’Asino Reale, mh?
Vorrei precisare che, quando ho scritto la bozza di questo
capitolo, non era ancora mai stata trasmessa la puntata 4x08 “Lamia”.
Tuttavia, nel mondo magico di Merlin le bestie e i mostri
non mancano, e mi piaceva l’idea di inserire un vampiro.
Quando ho visto la puntata inglese, lo ammetto, ho sorriso
di gusto, perché ci sono delle analogie, anche se lei era una manipolatrice che
succhiava energia dagli uomini che seduceva... Forse non tutti lo sanno ma,
nella mitologia orientale, ilLamia
è un vampiro.
Precisazioni al
capitolo precedente e domande varie: (a random)
- Qualcuno è stato felice della reazione di Arthur alla
scoperta, qualcun altro si aspettava qualche strepito in più, ma quello che mi
rende contenta è che nessuno pensava fosse un delirio assurdo. XD
- Soprattutto, mi sento gratificata che abbiate gradito il fatto che Arthur dà tempo a Merlin di spiegarsi
per bene!
- Noto che la modalità ‘Arthur-bambino-curioso’ è molto in voga nei commenti. Mi
piace! *_*
- Il portale. Le spiegazioni di Merlin, benché improvvisate,
non sono superflue.
Quando si definisce ‘un portale’,
fa capire che è così che ha saputo tante cose, ma al contempo vuole permettere
ad Arthur un contatto col il suo sé maschile. Non si aspettava, forse, l’abbraccio
del principe, ma gli sembrava un regalo da fare all’uomo che amava. Al
contempo, però, non sapendo ancora se tornerà mai in sé, Merlin gli racconta
che la comunicazione sta svanendo. Lo fa per proteggersi, nel caso in cui le
cose finissero male e lui rimanga nel corpo di una donna per sempre e per
preparare eventualmente Arthur al peggio.
Non da ultimo, con le sue parole tranquillizza il principe
sulla salute di Merlin che è lontano, chissà dove.
- Il legame spiega le somiglianze fisiche e caratteriali,
sì. Un motivo ci stava, visto che ha ammesso la mancanza di parentela.
- Merlin ha voluto essere sincero con Arthur, dicendogli che
non era partito per cercare suo padre.
Ora che la motivazione vera è uscita, non avrebbe avuto
senso continuare quella menzogna, tanto più che la questione ‘genitori
mancanti’ è un tasto delicato per il principe.
- Merlin è rimasto vicino ad Arthur per più di tre anni, e
questo, per lui, era il momento di spiegare la missione che il Drago gli ha
affidato, a prescindere dal suo corpo di donna. Per questo è stato solenne e
serio, perché l’argomento lo meritava.
- Anche io ho amato la puntata con Freya. ç_ç
- La fanart modificata è uno
scempio. X°D I capelli sembrano quelli di una medusa,
ma non avevo tempo e voglia di fare di nuovo tutto...
- Sì, Arthur ha reagito bene… vi avevo detto che avrebbe
saputo stupirci in positivo!
- È interessante l’ipotesi che Arthur si sia trattenuto
nella sua reazione perché Linette è una donna. Ma io
credo che, se fosse stato Merlin, al massimo l’avrebbe mandato alla gogna! XD
No, seriamente: se il principe avesse cacciato Linette a
causa della sua magia… con che coraggio, poi, lei gli avrebbe mai rivelato la
verità su Merlin?
- È vero: a volte servono delle spinte
forti per fare un salto gigante. Se non ci fosse stato qualche evento
drammatico, se non fossero stati messi alle strette, quei due non si
muoverebbero mai.
- Arthur ci tiene tantissimo al suo ruolo di maschio alpha, quindi sentirsi dire che Linette – una donna! – deve
proteggerlo, è un grosso rospo da mandar giù per il suo orgoglio. Ricordate la
prima volta che lei gli salvò la vita dal serpente? Era andato fuori di testa! Pensate a quanta strada abbiamo
fatto da allora, a quanto è maturato l’Asino!
- Arthur e il Buffone non andranno mai d’accordo! XD Non so se lo odi più lui o Merlin! XD
- È vero che, dal punto di vista di Linette, tacere sulla
magia era inevitabile, se lavori per il figlio di un re che ti vuole morta.
Ma Merlin e Arthur sono anche
amici, ed è per questo che il principe è ferito dal suo silenzio e dalle sue
bugie. La cosa va vista da più angolazioni.
Soprattutto se si pensa che Arthur, combattendo tutto ciò che gli è stato
insegnato, è diventato amico della sua serva, ha
abbattuto i muri, si è dimostrato vulnerabile con lei, ha condiviso tutto di
sé.
- Le fragole ritorneranno in un momento molto HOT della
storia. Yep! ^_=
- Aahaha! No, Merlin poverino non
deve farsi i regali da solo. Quella rosa non era programmata, anche se Arthur è
stato un vero galantuomo!
- Sì, la riflessione sul fatto che ad Arthur interessino più
le ‘radici magiche’ di Merlin che quelle di Linette dovrebbe
far capire la scala di priorità del principe. In una sola frase, volevo far intuire
che, malgrado tutto, per Arthur, Merlin è ancora più
importante di Lin.
- A domande specifiche, ho risposto direttamente sotto la
recensione.
Vi metto BEN QUATTRO anticipazioni
del prossimo capitolo:
Ma sapere che il
principe non avrebbe chiuso occhio, per vegliarla, aveva fatto sentire Linette
terribilmente in colpa e quindi non aveva riposato neppure lei, malgrado le nobili proteste dell’altro. Alla fine, si erano
tenuti compagnia, chiacchierando di sciocchezze per tutta la notte.
(...)
Ad ogni buon conto, a Camelot non giungevano solo disgrazie, anche se – per sicurezza – bisognava partire un po’ prevenuti.
A volte capitavano notizie confortanti, che rinfrancavano lo
spirito.
Come quando il principe Edmund – figlio primogenito di re Liam, che aveva sostituito al trono il cugino Alined, prematuramente morto senza lasciare eredi – era
giunto nel maniero dei Pendragon per rinnovare i
Trattati di Pace fra i loro regni, dopo il cambio del monarca designato.
(...)
Linette, che era presente al loro arrivo in
quanto valletta personale del principe Arthur, fattasi più accorta, si
era avveduta fin da subito che Lady Iseree – tale era
il nome della novella sposa – era dotata di poteri magici. Sì, era una strega.
Merlin pregò in cuor suo di non dover combattere anche
contro di lei, perché non voleva scatenare una guerra fra i loro regni; ma – se
ella si fosse rivelata una minaccia –, non avrebbe
esitato a difendere Camelot e i Pendragon.
Fu per questo che, sotto allo sguardo stupito del suo
signore, l’ancella reale si era offerta spontaneamente di prendersi cura delle
necessità della loro ospite.
Arthur aveva adocchiato Linette chiedendosi cosa mai le
passasse per la mente, eppure aveva acconsentito, fidandosi di lei.
Quello che lo stregone avrebbe scoperto, tuttavia, andava al di là di qualsiasi ipotesi.
(...)
[Infine… nei tempi di pace… pulizie
di primavera con imprevisti…]
Il bel Rosso Pendragon – simbolo
della Casata e orgoglio della sua Stirpe – era divenuto un
bel Rosa Porcellino. Arthur lo
avrebbe ucciso.
Oh, sì.
Se il principe avesse scoperto quel… quel… massacro, come minimo l’avrebbe spedita
alla gogna, donna o non donna.
Dèi
del cielo!, aveva
imprecato lo stregone, perché era stato
così idiota da non pensare che l’acqua bollente avrebbe stinto il colore?!
Colgo l’occasione e ringrazio i 240 utenti che hanno
messo nei preferiti, 380 seguiti e i 40 da ricordare
di questa fic, numeri sempre in crescita. Grazie
della fiducia!
Campagna di Promozione Sociale -
Messaggio No Profit:
Dona l’8‰
del tuo tempo alla causa pro recensioni.
Farai felici milioni di scrittori.
(Chiunque voglia
aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio
crede) Come sempre, sono graditi commenti,
consigli e critiche costruttive.
Scusate il leggero ritardo. Per farmi perdonare, questo è il capitolo più
lungo postato finora.
SPOILER FREE: Ricordo che questa storia NON
contiene/conterrà volutamente alcuno
spoiler della quinta stagione; eventuali
coincidenze sono appunto casuali coincidenze (è già successo e
succederà in capitoli che ho già pronti).
Linea temporale: La
prima parte è il seguito diretto del capitolo precedente.
Poi, quattro mesi
dopo (20 mesi dall’arrivo di Linette). Seconda
primavera a Camelot e tempo
successivo, fino all’autunno del secondo anno.
Riassunto generale: Merlin
è abituato a salvare la vita all’Asino Reale senza che questi se ne accorga, ma
stavolta non tutto va per il verso giusto. Colpito dall’incantesimo del
malvagio Ardof, il nostro mago farà i conti con una
sconvolgente novità: egli si risveglia trasformato in una donna.
Solo Gaius conosce il suo segreto e, finché non troverà il modo di tornare
normale, dovrà inventarsi delle scuse plausibili e prendere
il posto di se stesso al servizio del principe. Come riuscirà a conciliare
questa ‘nuova situazione’? Come si evolverà il suo rapporto con Arthur?
Riassunto delle
ultime puntate: Il malvagio stregone Ardof è
morto, ma la sua maledizione non si è sciolta.Merlin, perciò, fa credere ad Arthur di essere partito alla
ricerca del padre mai conosciuto. Al principe non resta che subire questa sua
scelta, mentre il tempo passa inesorabile, e il suo legame con Linette va
saldandosi sempre più… fino a quando, durante un agguato, lui non scopre che la
sua serva è una strega e lei gli rivela che anche Merlin lo è: questa
sconvolgente confessione, ovviamente, cambia le carte in tavola e li porta ad un nuovo sodalizio per combattere i cattivi, come il
nobile vampiro ospite al castello...
Dedico l’aggiornamento a chi ha
recensito il precedente capitolo e invito i lettori silenziosi, se lo
desiderano, a lasciare un segno (che è sempre gradito).
E a quanti commenteranno (SE vi
va di recensire anche dei capitoli più indietro di questo, il vostro parere non
andrà perduto!).
Ai vecchi e ai nuovi lettori.
Grazie.
The He in the She
(l’Essenza dentro l’Apparenza)
Capitolo LXXIX
“M-milord…” balbettò il mago,
cercando di scansare quel contatto senza dimostrarlo palesemente.
“Ti ho forse spaventata?” chiese il
nobile, apparendo sorpreso. “Me ne rammarico! Non era mia intenzione farlo”, si scusò, con un inchino di
galanteria.
“Avevate bisogno di qualcosa, Mio Signore?” domandò Linette,
a sua volta, per trarsi d’impaccio.
Il delegato reale sorrise affabilmente verso di lei, con uno
scintillio sinistro negli occhi.
“Mi chiedevo se ti andasse di accompagnarmi a-”
“Linette!” s’intromise fra loro una voce fin troppo conosciuta.
Merlin e il suo interlocutore si voltarono entrambi, contemporaneamente, verso
il principe di Camelot che
avanzava a passo spedito.
Quando Arthur li raggiunse, non finse nemmeno di sembrare
conciliante.
“Linette!” ripeté, con tono iracondo. “Spero tu abbia una buona ragione per
motivare il tuo ritardo, altrimenti io-”
“Sire, stavo giusto venendo da voi”, lo interruppe il mago,
grato in realtà di quell’ingerenza.
“Orbene, seguimi!” la incalzò,
spiccio, degnandosi appena di un cenno del capo come commiato all’illustre
ospite.
Merlin colse il momento per eseguire l’ordine, correndo
dietro al suo padrone a testa china.
Eppure, mentre si allontanava, sentiva lo sguardo del
delegato fisso sulla sua schiena e un brivido freddo gli corse lungo la spina
dorsale.
“Dimmi che è lui”,
sussurrò Arthur, quando furono ben oltre la portata d’orecchi indiscreti, senza
tuttavia girarsi a guardarla.
“C-cosa?” tartagliò il servo,
distratto dai suoi pensieri.
“Dimmi che è lui… l’origine di questo male”.
“Temo di sì”, ammise il mago, a malincuore. Ma, contrariamente a quanto si sarebbe aspettato, non vide
il principe esultare per quella vittoria personale.
“Mi dispiace per come ti ho trattata
poco fa”, si scusò. “Mi premeva portarti via da lì”.
“Oh, non importa. Anzi, vi sono grata per avermi tolto da
quella situazione spinosa…”
“Cosa voleva da te?”
“Probabilmente voleva… beh… mangiarmi”, ammise lo stregone, con un ghigno che nascondeva il
raccapriccio.
L’erede al trono sussultò a quella risposta.
“Ti ha molestata?!” pretese di
sapere, giusto quando stavano oltrepassando la soglia dei propri appartamenti
privati. “Perché, in tal caso, io-”
“No, Sire”, lo tacitò. “Intendo proprio dire che lui avrebbe voluto
nutrirsi di me!” gli spiegò, aggiungendo anche tutte
le delucidazioni del caso, comprese le deduzioni di Gaius e le proprie.
“Quindi… uhm… questoUpyr’ diventa tale solo di notte…”
considerò, meditabondo.
“Temo che lui non rammenti nulla delle sue azioni durante il
giorno”, concordò lo scudiero. “La sua trasformazione è stata recente, il mio
maestro ritiene che sia avvenuta durante la sua aggressione, pochi giorni prima
di giungere qui… E sospettiamo che i suoi poteri
potrebbero evolversi, sviluppandosi ulteriormente”.
“Significa che diventerà, quindi, ancor più pericoloso?”
“Sì, Maestà. È esatto”.
“E non vi è modo di… guarirlo?
Di annullare questo maleficio?”
Lin scosse il capo, costernata.
“Purtroppo no. Egli si è tramutato in una creatura maledetta, un non-morto
destinato ad alimentarsi dell’altrui linfa vitale. Senza il sangue delle sue
vittime, questo mostro morirebbe di inedia… Ma, quando
è affamato, diviene incontrollabile e – nella brama di sfamarsi – può uccidere,
come è già accaduto. Potrebbe anche creare altri suoi simili,
non sappiamo come avviene il contagio”.
“Dobbiamo intervenire al più presto!” deliberò il cavaliere.
“Ma come fare?”
“Fra i libri del mio mentore, abbiamo trovato la soluzione
poco fa”, confessò infine Linette, dispiaciuta per ciò che stava per rivelare,
benché fosse inevitabile. “Per neutralizzarlo, non vi è altro modo che
sopprimerlo. È necessario conficcargli nel cuore un paletto ricavato dal legno
di frassino. Gaius cercherà di procurarselo domattina, per prima cosa. Poi… poi lo sorveglieremo e, se avremo conferma che si tratta di
lui, agiremo di conseguenza”.
“Ma la cosa potrebbe protrarsi per giorni
e giorni! E la gente di Camelot
sarebbe sempre in pericolo!” obiettò il giovane Pendragon,
preoccupato per i suoi sudditi.
“Ci impiegheremo poco, poiché vi sono dei segnali a cui prestare attenzione”, lo rassicurò il mago. “UnUpyr’ odia
profondamente l’odore dell’aglio-”
“Anch’io lo odio, e parimenti la metà dei nobili che conosco!”
contestò il principe, procurando una smorfia all’ancella.
“E dell’aconito”, concluse ella,
ugualmente. “La sua repulsione è ben più grave della vostra, credete a me”, lo rassicurò. “Direi che,
blandamente, può essere paragonabile alla vostra scenata sulle indisposizioni avvenuta al Giglio Bianco”,
gli appuntò, con una punta di rivincita, quando Sua Maestà arrossì,
vergognandosi nel rinvangare l’umiliante ricordo.
“Umpf… D’accordo”, cedette infine. “Seguiremo le tue istruzioni”.
***
Quella notte nessuno
dei due dormì bene.
Arthur, temendo che il mostro potesse rinnovare le proprie
mire sulla sua valletta, aveva preteso che ella
rimanesse con lui, sorvegliata a vista.
Merlin, ovviamente, aveva giurato e spergiurato che stavolta non si sarebbe fatto cogliere
impreparato e che avrebbe tappezzato la sua cameretta di aglio e aconito, che
si sarebbe difeso persino con la sua magia (se fosse
stato necessario), ma non era riuscito a
spuntarla.
Alla fine, avvisato Gaius con un breve messaggio, si era
rassegnato a pernottare dall’Asino Reale.
Ma sapere che il
principe non avrebbe chiuso occhio, per vegliarla, aveva fatto sentire Linette terribilmente
in colpa e quindi non aveva riposato neppure lei, malgrado
le nobili proteste dell’altro. Alla fine, si erano tenuti compagnia,
chiacchierando di sciocchezze per tutta la notte.
E l’indomani, con dolorosa ineluttabilità, servo e padrone avevano confermato i propri sospetti sul loro ospite.
All’imbrunire, seguendo i suggerimenti di Gaius, gli avevano
teso un agguato.
Lin si era offerta di fare da esca
e, benché l’erede al trono fosse stato vivamente contrario, quella era stata la
soluzione migliore per una verifica certa, lontano da pettegolezzi e possibili altre
vittime ignare.
Di fronte ad un’inequivocabile reazione del nobile delegato
– i suoi canini aguzzi non erano stati di
certo un bello spettacolo – e dopo un rocambolesco inseguimento, con la
magia del mago e la forza del cavaliere, lo avevano catturato e ucciso.
Mentre il suo corpo si dissolveva in un mucchietto di
polvere indistinta sotto il loro sguardo incredulo, Merlin invocò una breve
prece per la sua pace eterna affidandolo agli dèi; poiché, in fondo, egli non era
stato altro che la vittima di un maleficio oscuro, e non aveva mai scelto di divenire quell’essere mostruoso.
Con un principe stranamente silenzioso accanto, Linette
rivalutò tutti quei giorni appena passati, comprendendo che era stata la magia
del vampiro ad irretirla, non dei veri sentimenti, e
Merlin si diede dello sciocco per aver agito così imprudentemente.
Arthur aveva avuto ragione a sgridarlo, sebbene in quel
momento avesse avuto l’insperato buongusto di non infierire sull’infatuazione della sua valletta.
Quello che lo scudiero non poteva sapere era che il
principe, in quello stesso istante, provava un incredibile sollievo – per la
minaccia scongiurata su Camelot,
ma ancor più per lei.
Il giovane Pendragon aveva saputo
fin da subito che Lin si stava comportando in modo
troppo strano con quell’uomo; la sua ancella non avrebbe mai agito
spontaneamente così.
Ed era felice che lei
fosse tornata alla normalità e non fosse più una sciocchina svenevole, dopo
aver spezzato definitivamente quell’influenza nefasta.
Ma, ugualmente, gli
sembrava crudele rinfacciarle quell’attimo di debolezza che Linette aveva avuto,
perciò non ne avrebbe più fatto menzione con lei.
Quando una folata di vento sollevò i resti polverosi
disperdendoli nell’aria della sera, entrambi
compresero che era finalmente finita.
***
Dopo la storia del vampiro, Merlin aveva imparato ad essere più diffidente e circospetto con tutti.
Poiché, anche se la sua natura spontanea e generosa ne
soffriva, egli comprendeva da sé che non poteva correre un altro rischio
simile. Non poteva permettere che
risuccedesse. Ne andava della sua vita, ma soprattutto ne andava del loro
Destino. Di Albion
e di tutta la baracca.
Tra un Banchetto pomposo, un’Annuale Festa di Investitura e
un Torneo da vincere, le minacce, poi, non scarseggiavano mai e non v’era modo di annoiarsi.
Quando non giungevano al castello stregoni assetati di vendetta, compariva
ugualmente qualche bestia magica, mortalmente spaventosa e letale, ad infestare le loro terre.
C’era stato persino
un licantropo assassino, che aveva seminato il panico tra la gente del regno.
Ad ogni luna nuova, quell’essere
deforme mangiava alcune vittime nei villaggi. Il principe e il mago ci avevano
impiegato quattro mesi per scovarlo, poiché la sua trasformazione in belva aveva
una durata assai limitata e non era semplice venirne a capo, ma alla fine lo
avevano ucciso.
Sorvolando sulla pericolosità della missione, all’erede al
trono non era dispiaciuto allontanarsi un po’ da Camelot, in quelle sortite programmate – di
plenilunio in plenilunio –, e Linette si era adeguata volentieri, assieme ai cavalieri
che componevano la loro scorta.
***
Ad ogni buon conto, a Camelot non giungevano solo disgrazie, anche se – per sicurezza – bisognava partire un po’ prevenuti.
A volte capitavano notizie confortanti, che rinfrancavano lo
spirito.
Come quando il principe Edmund – figlio primogenito di re Liam, che aveva sostituito al trono il cugino Alined, prematuramente morto senza lasciare eredi – era
giunto nel maniero dei Pendragon per rinnovare i
Trattati di Pace fra i loro regni, dopo il cambio del monarca designato.
Re Liam si era dimostrato fin da
subito più saggio e oculato del suo predecessore, che era stato un uomo avido,
vile e codardo, ma intelligente nell’ottenere i propri
vantaggi, anche torchiando i propri sudditi.
Sotto la sua autorità, il suo popolo stava rivivendo un
nuovo periodo di armonia, e le recenti nozze dell’erede al trono avevano
portato gioia in tutto il regno.
Uther aveva accolto festosamente
la coppia di sposini, predisponendo un fastoso Banchetto in loro onore.
Linette, che era presente al loro arrivo in
quanto valletta personale del principe Arthur, fattasi più accorta, si
era avveduta fin da subito che Lady Iseree – tale era
il nome della novella sposa – era dotata di poteri magici. Sì, era una strega.
Merlin pregò in cuor suo di non dover combattere anche
contro di lei, perché non voleva scatenare una guerra fra i loro regni; ma – se
ella si fosse rivelata una minaccia –, non avrebbe
esitato a difendere Camelot e i Pendragon.
Fu per questo che, sotto allo sguardo stupito del suo
signore, l’ancella reale si era offerta spontaneamente di prendersi cura delle necessità
della loro ospite.
Arthur aveva adocchiato Linette chiedendosi cosa mai le
passasse per la mente, eppure aveva acconsentito, fidandosi di lei.
Quello che lo stregone avrebbe scoperto, tuttavia, andava al di là di qualsiasi ipotesi.
Il primo giorno di permanenza, Lady Iseree
si era comportata con Lin in modo cortese,
ma distaccato.
E il mago aveva cercato di compiere i propri doveri
studiandola, senza darlo a vedere.
Con suo enorme stupore, la principessa non aveva dimostrato
alcuna vezzosità, né capricci di sorta. Ella aveva
preteso, fin da subito, una certa autonomia nel ricevere i servigi, compiendo
da sé il bagno, così come la vestizione.
Si vedeva che non era neppure abituata alle acconciature
elaborate (cosa di cui Merlin avrebbe ringraziato in eterno) poiché ella lasciava sempre i lunghi capelli sciolti, ad
incorniciare il viso minuto.
Non si poteva certo dire che Iseree
avesse una bellezza sfolgorante, ma possedeva una delicata forma del viso che
la rendeva simpatica e piacente.
I suoi occhi, aveva notato il mago, erano di un tenue
castano senza malizia.
I suoi modi, gentili e affabili, non la facevano sembrare
pericolosa. Il suo animo, tuttavia, non appariva
completamente limpido.
***
Fu la sera del terzo giorno, da che erano arrivati, che
Merlin scoprì la verità.
Mentre stava svuotando la tinozza, dove la donna aveva
appena fatto il bagno, Linette – con le braccia occupate dai
secchi d’acqua sporca – era scivolata sul pavimento bagnato con un urlo
di sorpresa e inevitabilmente sarebbe finita a terra, se un’improvvisa,
inspiegabile forza magica non l’avesse sostenuta, permettendole di riacquistare
l’equilibrio, salvandola dalla rovinosa caduta.
Merlin aveva guardato, esterrefatto, la dama che ritraeva la
mano ingioiellata, allungata nella sua direzione, mentre ella
abbassava il capo dove lo sguardo brillava ancora, quasi mortificata
dall’evento.
“Milady!” s’era lasciato sfuggire,
posando i secchi a terra. “Voi…?”
“Ti prego! Ti prego, non dirlo al tuo padrone!” supplicò la donna, avvicinandosi
all’ancella e afferrandole le mani per corroborare la sua preghiera.
“Conosco la posizione di re Uther riguardo la magia, e non voglio scatenare una guerra fra i nostri
regni!” le disse, con ansia affannosa. “Ma non potevo lasciare che cadessi, e…
e…”
Il mago ricambiò la stretta delle loro dita, sorridendole.
“Se i vostri propositi sono onorevoli, il vostro segreto sarà al sicuro con me,
Milady”, la rassicurò. “E vi ringrazio di avermi soccorsa”.
Improvvisamente, Iseree si calmò,
espirando rumorosamente, suscitando in Merlin spontanea empatia.
“Davvero, Mia Signora. Se il vostro Dono è per la pace, non
avete a che temere…”
“Ora sì, ora lo è”,
ammise la dama, confidandole la verità. Un’incredibile
verità.
E fu così che raccontò di come, assoldata dallo zio del suo
amato, re Alined, ella avrebbe
dovuto ucciderne il fratello e il nipote, poiché egli temeva (ingiustamente)
che loro stessero tramando alle sue spalle per ottenere il suo trono.
La fanciulla era stata assegnata come
serva del principe affiancando il suo valletto personale, per volere diretto di
Alined.
Come avevano concordato fra loro, dopo un breve periodo di
quiete per non dettar sospetti, Iseree avrebbe agito,
completando il loro piano.
Ma le cose non erano andate come lui aveva
previsto.
Considerato che, anziché agire come
sicario, una volta che ella ebbe modo di avvicinare il principe, invece di
ucciderlo, se ne era involontariamente innamorata e aveva iniziato a proteggere
il suo amato di nascosto, con la propria magia, da ogni tentativo di morte per
opera dello zio corrotto.
Alined non era stato in grado di
smascherarla senza risultare a sua volta colpevole,
perciò lei aveva potuto rimanere al castello, sebbene quello fosse un covo di
traditori.
Un’altra cosa, che il malvagio sovrano non avrebbe potuto
sapere, era che il Destino bizzoso aveva già stabilito il suo fato, ed egli –
malgrado tutte le sue macchinazioni e gli intrighi ignominiosi di cui era stato
artefice – s’era coricato una sera per dormire e non
s’era levato più.
Una volta che lo spietato monarca era stato seppellito, Iseree non era più riuscita a tacere la verità e aveva
raccontato a Lord Liam e al figlio Edmund ogni
macchinazione del defunto sovrano ai loro danni.
Anche se le si sarebbe spezzato il
cuore, ella s’era aspettata di venir cacciata per aver inizialmente contribuito
al malefico piano, e invece il principe aveva trovato il coraggio di
confessarle il proprio amore, un amore
che non credeva fosse da lei ricambiato.
E re Liam l’aveva generosamente ricompensata,
per l’insperata devozione e la protezione offerta, accogliendola in famiglia.
Divenendo la moglie dell’erede al trono, Iseree
aveva solennemente giurato di mettere il suo Dono al servizio del regno, e per
chiunque si fosse trovato nel bisogno, senza mai più compiere malvagità.
***
“Una serva strega che salva il suo principe dalla morte. Questa dove l’ho già sentita?” aveva
ironizzato Arthur, allorché Linette aveva finito il
resoconto della faccenda, lanciandole però, al contempo, uno sguardo strano.
Lin aveva fatto un’espressione incerta
di fronte a quell’osservazione, poiché non capiva dove l’altro volesse
arrivare. Che sottinteso voleva
trasmetterle?
“Non credo che vostro padre mi dimostrerebbe gratitudine, se
sapesse che vi ho sempre soccorso con la mia magia…” gli rispose Merlin,
scegliendo deliberatamente di ignorare la fine del racconto e le implicazioni ad esso legate.
Escludendo il movente omicida, c’era ben più di un’analogia
tra la storia di Iseree con Edmund e la loro.
Anch’egli, appena giunto Camelot, aveva disprezzato quel principino boriosetto, ma poi era entrato
al suo servizio e lo aveva protetto mille e mille volte, aveva imparato a
vedere oltre le apparenze, dietro cui l’altro si nascondeva, e quindi se ne era
irrimediabilmente innamorato.
Peccato che quell’Asino Reale non avrebbe
mai ricambiato i suoi sentimenti.
Non ci sarebbe mai
stato un lieto fine, per loro.
“… Camelot non è il regno di Iseree”,
concluse quindi il mago, cercando di nascondere l’amarezza nella voce.
“Chi altri sa del suo Potere?”
chiese il nobile, inaspettatamente.
“Solamente noi due, re Liam,
e ovviamente il principe Edmund”, elencò il servo. “Re Alined era stato ben attento a non farne parola con
nessuno, affinché il suo piano avesse successo. Ed egli si è
portato il segreto nella tomba”.
“Mio padre non deve saperlo”, rifletté il giovane Pendragon, dando voce ai suoi pensieri. “Liam si sta dimostrando un buon alleato e, da quanto ho
capito, la magia di Iseree non è pericolosa. In futuro, quest’alleanza potrà esserci favorevole”, deliberò.
Merlin sorrise, concorde.
Accettando la
principessa-strega, Arthur stava compiendo l’ennesimo atto di fede verso la
magia e un altro piccolo passo del cammino verso Albion.
***
Ovviamente, se non c’erano eventi esterni a movimentare la
vita del principe, anche Linette, ogni tanto, combinava qualche piccolo guaio.
V’era stata la volta in cui la
valletta aveva deciso che era tempo di lavare tutte le coperte, le tende e i
tendaggi negli appartamenti del suo signore, poiché nell’Asino persisteva uno
strano raffreddore, forse cagionato dall’eccessiva polvere accumulatasi nei
tessuti.
Il Babbeo Reale non aveva visto di buon occhio quelle pulizie di primavera fuori programma,
tuttavia si era rassegnato alle bizzarrie della sua serva.
Con encomiabile senso del dovere, Merlin si era caricato
come un mulo di ogni tessuto, diretto alla volta della lavanderia, quando –
probabilmente in un attacco di pazzia – aveva deciso che quella sarebbe stata
un’inutile faticaccia.
Adesso che il suo padrone conosceva il suo piccolo segreto, lo stregone si sentiva
autorizzato ad usare qualche incanto più
frequentemente – lontano da occhi e orecchie indiscrete.
E così, cambiando idea, egli aveva deciso di riempire la
tinozza (dove l’erede al trono faceva solitamente il bagno), con abbondante
acqua bollente e di lanciare in ammollo tutte le stoffe da lavare.
In seguito ad un paio di incantesimi
che insaponassero, strofinassero e risciacquassero il tutto al posto suo, egli
s’era messo a cambiare le lenzuola e a spolverare il mobilio e tutti i
soprammobili nella stanza attigua, per guadagnare tempo.
Dopo essersi reso conto di quanta sporcizia
s’era accumulata sui vari oggetti – e sentendosi vagamente un pochino in colpa –, lo stregone aveva realizzato che forse i tendaggi sporchi erano il male
minore e che l’allergia del principe poteva essere colpa della sua
disattenzione. Per questa ragione, Merlin ci aveva messo il doppio dell’impegno
e dell’attenzione, tirando tutto a lucido come le prime giornate di Linette al servizio
dell’Asino, quando lui aveva apprezzato la sua solerzia e l’impeccabile
risultato.
Tanta era stata la sua concentrazione, che il rintocco delle
campane di mezzodì lo aveva fatto sussultare, spaventandolo.
Rimproverandosi per aver perso la cognizione del tempo – a
quell’ora, infatti, le tende avrebbero dovuto essere
stese al sole ormai da un pezzo, e il pranzo di Sua Maestà avrebbe già dovuto
campeggiare sulla tavola imbandita –, il mago era corso verso la vasca e,
raggiuntala, si era lasciato sfuggire un urlo sgomento.
Il bel Rosso Pendragon – simbolo
della Casata e orgoglio della sua Stirpe – era divenuto un
bel Rosa Porcellino. Arthur lo
avrebbe ucciso.
Oh, sì.
Se il principe avesse scoperto quel… quel… massacro, come minimo l’avrebbe spedita
alla gogna, donna o non donna.
Dèi
del cielo!, aveva imprecato
lo stregone, perché era stato così idiota
da non pensare che l’acqua bollente avrebbe stinto il colore?!
Cercando di calmare l’ansia – anche se il tempo stringeva e
Arthur avrebbe fatto ritorno a momenti –, egli aveva cercato l’incanto migliore
per riparare il danno e, dopo un numero imprecisato di tentativi disperati –
verde rospo, nero cornacchia, giallo vomito e blu
cianotico – sembrava esserci riuscito.
Asciugandosi la fronte imperlata di sudore, Merlin aveva lanciato
uno sguardo a tutti i tessuti sparsi a terra, ancora zuppi
d’acqua e stropicciati, ma quantomeno, nuovamente,dannatamente Rosso Pendragon.
Provando a mantenere la calma e a sfruttare i pochi istanti
ancora a disposizione, prima dell’inevitabile arrivo del principe, tentando di
concentrarsi sull’incanto più utile, il mago aveva fatto volare le tende per la
stanza, di modo che tornassero al loro posto originario
appese alle finestre e sulla struttura spoglia del baldacchino, compreso il
copriletto con lo stemma reale e, infine, con un ultimo sortilegio, egli aveva fatto
asciugare magicamente ogni cosa.
Proprio mentre stava per rilasciare un sospiro
di sollievo, per aver riparato il colossale guaio senza intoppi, l’erede al trono aveva fatto la sua comparsa,
guardandosi attorno meravigliato dal fatto che tutto fosse stato lucidato a
dovere e riconoscendo che la rinfrescata
aveva indubbiamente giovato alla salubrità dell’ambiente.
“Ho una fame da lupi, Lin-Lin!”
aveva poi esordito, dopo la breve ispezione. Tuttavia, vedendo il tavolo
miseramente vuoto, il suo buonumore si era sgonfiato. “Ma non c’è il mio pranzo”,
aveva quindi constatato con ovvietà. “Hai spazzolato anche quello?” le aveva
appuntato, con un ghigno d’ironia.
“Corro immediatamente nelle cucine, Maestà!” s’era scusata la valletta, incamminarsi verso la porta,
guadagnandosi un cenno d’assenso.
Eppure aveva fatto appena pochi passi nel corridoio del
castello, quando la voce allarmata del suo signore, che l’invocava incollerito, l’aveva fatta
ritornare indietro di corsa.
“Le ho solo toccate,dannazione! Solo sfiorate!” stava urlando il principe, sgomento, davanti ai
suoi tendaggi che svolazzavano rumorosamente, come se un vento immaginario li
gonfiasse e si divertisse a tenerli in un movimento d’ondeggiare continuo.
“Si sono animate!” aveva sfogato avvampando, ancora sconvolto,
mentre la sua ancella, al contrario, impallidiva. “Che diamine hai combinato?!”
“I-io… io… sistemo tutto!” aveva
garantito lo stregone, allungando un mano affusolata e
bisbigliando un controincantesimo, il primo che la
sua mente agitata gli aveva fatto venire alla memoria.
Tutti i tessuti erano parsi perdere vita
istantaneamente e simultaneamente. Ogni
cosa era ricaduta, come morta. Immobile.
“Fiu!” aveva ansimato Merlin, contrastando
la faccia truce dell’Asino Reale con un sorrisino di scuse. “Piccolo
incidente…” aveva motivato, chiedendo implicitamente perdono. “…risolto!”
“D’accordo, per questa vol-” ma l’erede
al trono non aveva fatto a tempo a finire, che tutte le stoffe, nuovamente, avevano
ripreso a muoversi da sole, e il copriletto, sfuggendo al materasso, svolazzava
libero per la stanza.
“Oh, maledizione!” aveva ululato il nobile, fulminandola con
lo sguardo, ma Linette non aveva colto, poiché s’era precipitata
a chiudere la porta a chiave.
***
Quel giorno, Arthur aveva saltato il pranzo e Merlin aveva
dato fondo ad un numero imprecisato di tentativi
magici, prima che la rivolta fosse sedata
e l’inconveniente, finalmente,
risolto.
Ovviamente, lo stregone s’era poi sorbito una fervente
ramanzina, da parte del principe, sui pericoli dell’uso della magia – “E se qualcuno fosse entrato in quel
momento?” –che avrebbe fatto
impallidire persino i sermoni di Gaius.
E quando, quella sera, il mago s’era
coricato nel suo lettuccio, chiudendo le palpebre poteva ancora vedere il Rosso
Pendragon danzare davanti agli occhi. Per molte notti a venire, ahilui!, quello sarebbe stato un
suo incubo ricorrente…
Continua...
Disclaimer:I
personaggi di Merlin, citati in questo racconto, non sono miei; appartengono
agli aventi diritto e, nel fruire di
essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.
Ringraziamenti:
Un abbraccio alla mia kohai che subisce le mie
paranoie. X°D
E un grazie a Tao, per il betareading.
Note: Dunque… upyr’
(dal russo antico) mi sembrava più interessante che il
classico inglese ‘vampire’.
Ovviamente ho preso
quello che mi interessava dal mito classico (aglio,
aconito, paletti…), e poi ho fatto modo mio. XD
L’accenno al licantropo… stavolta non da Harry Potter, non
sopporterei che si pensasse male di Remus. Ç_ç
La descrizione di Alined è quella
che fa Gaius su di lui nella puntata 2x10 “SweetDreams”.
All’interno della stessa, quando il suo servo dice che tutte le ragazze del
regno sono attratte da Arthur, il re risponde enfaticamente che persino lui
stesso lo è quasi.
In Merlin wikia, per questo, vi è un accenno alla sua
presunta omosessualità. Mi sono aggrappata a questa ragione per motivare la sua
assenza di figli, e quindi eredi legittimi.
Mooolto tempo fa, avevo promesso
che avrei spiegato, con un pezzo ad hoc, il perché del maiuscolo in ‘Rosso Pendragon’, dicendo che è
una cosa vivente con volontà propria. Ed ecco il perché. XD
Allora. Nei precedenti capitoli e in questo, in parte, volevo
far trasparire il potere e la positività della magia di Merlin, che vince ragni,
troll, vampiri, licantropi… ma non va mai tutto liscio e, come nel telefilm,
anche Merlin pasticcia con gli incantesimi, ottenendo un risultato diverso da
quello voluto. La seconda parte e i prossimi, servono
giusto a questo. A raccontarci qualche
divertente e imbarazzante pasticcio magico. ^_=
Precisazioni al
capitolo precedente e domande varie: (a random)
- Arthur poteva infierire sulla sbandata di Lin e ha scelto di non farlo.
Questo perché, nella mia decisione, ho voluto rimarcare la
maturità raggiunta dal principe. In certi frangenti (non pretendiamo miracoli,
eh!), sa dimostrarsi maturo e sensibile, ecco. E questo era uno di quei momenti
da sfruttare, ma non temete: l’Asino Reale, che è in lui, non ci abbandonerà
mai!! XD
- Sono positivamente sorpresa che l’idea di usare un vampiro
vi sia piaciuta. *_*
E noto con piacere che anche Arthur geloso è molto quotato!
^_=
- Sì, almeno con se stesso, Arthur ammette che Merlin è
importante e gli è grato per ciò che fa. Questo, tuttavia, se lo tiene stretto
e riservato. In questa cosa, poi, il tempo non gioca certo a loro favore...
- Sì, lo confermo, l’inizio è
volutamente un richiamo ad un noto digestivo. XD
Quando stavo abbozzando il cap, mi
sono immaginata la scena (la trovo simpaticissima, lo so, sono pazza U.U) e non ho resistito
immaginandomi Arthur in quei panni e la magia da digerire in mezzo.
- È vero, fa un po’ strano vedere il principe e il servo che
parlano tranquillamente di magia, ma sono felice di
questo. Quando ho pensato la fic, non sapevo se e
quando ci sarebbe stato il ‘momento della verità’
nello show, ma vedere sempre Merlin bistrattato e costretto a rischiare nell’ombra
mi stringeva il cuore, e siccome le fic servono
proprio a soddisfare quello che non ci garba nel TF, mi sono arrangiata a
dargli un po’ di consolazione.^^
- Sono contenta che gradiate i miei agganci al telefilm,
anche per me rendono tutto più ‘verosimile’, ecco.
- Sì, la cotta di Lin è colpa della magia del
vampiro, quindi non è ‘sincera’.
- È vero: un abbraccio da parte di
Arthur vale molto più che mille parole vuote.
- Sono d’accordo quando dite
che nel telefilm abbiamo perso un sacco di cose.
- Sì, con la magia rivelata c’è meno suspance,
ma ci sarebbero state tante altre strade da percorrere, plot
da sviluppare… nel mio piccolo, voglio farlo con questa storia e spero che
continui a piacere.
E poi Merlin merita un minimo di riconoscimento, povera
bestia. Ç_ç
- Sì, Arthur, di suo, non sarebbe stato contro la magia, ma Morgana e Uther lo hanno
rovinato…
- Riguardo la scenata di gelosia…
nei banchetti c’è sempre tanto baccano e gente ubriaca… secondo me, lì dentro
sono abituati a vedere il principe e la sua serva battibeccare e non ci hanno
fatto caso… ma Lin e Arthur hanno rischiato. XD
- Ok, è vero che per una volta Arty
ha ragione e Merlin torto. Ma.
Ma vorrei far notare (come ha già
detto qualcuno nel commento) che i sospetti di Arthur sono soprattutto legati
alla sua gelosia. A pelle, sente che quel tizio è come una calamita per Lin e allora non lo sopporta.
Il fatto ‘intuizione geniale’ è decisamente
un effetto collaterale, per l’Asino! XD
- È vero, Arthur sta dimostrando il suo cammino interiore. È
più saggio e maturo, per certi versi. La vicinanza di MerLinlo ha fatto crescere, ma per altri versi rimarrà
sempre un Asino Reale, e presto capiremo perché! XD
- È un peccato che nel tf Arthur
non abbia mai condannato apertamente le ingiustizie di suo padre, ma in questa fic mi sono presa un po’ di soddisfazioni!
- Sì, è proprio la parola giusta: Merlin è il
*catalizzatore* delle grandi scelte di Arthur. XD
- L’Asino Reale, poverino, manco s’accorge di quanto è
comico quando fa il gelosone!
- Un’utente mi ha esposto un interessante ragionamento che
vorrei condividere con voi ed, eventualmente, mi
piacerebbe sapere cosa ne pensate: sostanzialmente il concetto è che, forse, era Destino che Merlin diventasse
Linette, per un valido motivo. Che ne dite, voi?
- A domande specifiche, ho risposto direttamente sotto la
recensione.
Vi metto BEN QUATTRO anticipazioni
del prossimo capitolo:
Da che aveva scoperto la verità sul suo Dono, Arthur aveva
trovato modo di rimproverare Linette per la sua magia in tante piccole
occasioni – perché l’aveva usata, o perché non
l’aveva usata.
Era il suo modo personale – e asinino, beninteso – di preoccuparsi per lei, e per la sua (e la
propria) incolumità.
(...)
Come la sera in cui l’erede al trono, già pronto di tutto
punto per partecipare all’evento più fastoso dell’anno – il Banchetto per
festeggiare l’augusto genetliaco del re, suo padre – s’era
ritrovato con un attacco di singhiozzo proprio quando stava per uscire dai
propri appartamenti, e la cosa lo aveva indispettito non poco, poiché egli
riteneva quell’inconveniente da marmocchi
una cosa disdicevole per un uomo fatto e finito come lui, mentre Merlin godeva nel sentirlo squittire almeno
dieci volte ogni tacca di candela consumata.
Secondariamente, se la cosa non fosse cessata in fretta,
avrebbero accumulato un certo ritardo, indispettendo il nobile sovrano – e
questa era l’ultima delle intenzioni dell’aristocratico Babbeo.
Ma, ovviamente, di presentarsi in quello stato
non se ne parlava neppure, lui non sarebbe diventato lo zimbello della Corte reale!
(...)
Arthur si ritrovò
improvvisamente nudo, dalla testa ai piedi, sotto lo sguardo spalancato della
sua serva paralizzata.
(...)
Rannicchiato dentro la tinozza, Arthur la guardava
esterrefatto, con occhi e bocca spalancati.
Dopo un istante di lecito smarrimento, l’ancella gli buttò
le braccia al collo, stringendoselo contro incurante di bagnarsi tutta la
camicia, mentre il principe, troppo stordito per reagire,
subiva inerme quella dimostrazione d’affetto.
“Grazie al cielo, grazie al cielo!”
farfugliava lei, contro la nobile spalla umida, forse anche per causa sua.
“Siete tornato!” gli disse, separandosi per
riconquistare compostezza, strofinandosi velocemente le palpebre e tirando su
col naso, anche se era poco dignitoso.
[Preparatevi ai disastri di Merlin! ^_=]
Se siete interessati, ho postato con una nuova long-fic (12 caps, completa) merthur AU, “Waitingforyou”,
e mi piacerebbe sapere cosa ne pensate. ^^
Campagna di Promozione Sociale -
Messaggio No Profit:
Dona l’8‰
del tuo tempo alla causa pro recensioni.
Farai felici milioni di scrittori.
(Chiunque voglia
aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio
crede) Come sempre, sono graditi commenti,
consigli e critiche costruttive.
Scusate il leggero ritardo. Lavoro, impegni vari e imprevisti mi
complicano la vita, ma (come forse avete già notato) sto cercando di aggiornare
ogni settimana con una fic di Merlin diversa.
Nel frattempo, siamo giunti all’80°capitolo
di Linette. Ne mancano solo 10alla fine, e continuo a
ricevere suggerimenti e speranze molto diverse, fra loro, su questa
conclusione. Adoro leggere le vostre speculazioni, ma probabilmente non
riuscirò mai a soddisfare tutti e qualcuno rimarrà deluso, perciò – ancora una
volta – vorrei consigliarvi di godere il viaggio rimanente con i nostri eroi,
piuttosto che pensare già alla meta.
SPOILER FREE: Ricordo che questa storia NON
contiene/conterrà volutamente alcuno
spoiler della quinta stagione; eventuali
coincidenze sono appunto casuali coincidenze (è già successo e
succederà in capitoli che ho già pronti).
Linea temporale: Riferimenti
al capitolo precedente.
Excursus del secondo
anno dall’arrivo di Linette a Camelot,
fino all’autunno del secondo anno.
Riassunto generale: Merlin
è abituato a salvare la vita all’Asino Reale senza che questi se ne accorga, ma
stavolta non tutto va per il verso giusto. Colpito dall’incantesimo del
malvagio Ardof, il nostro mago farà i conti con una
sconvolgente novità: egli si risveglia trasformato in una donna.
Solo Gaius conosce il suo segreto e, finché non troverà il modo di tornare
normale, dovrà inventarsi delle scuse plausibili e prendere
il posto di se stesso al servizio del principe. Come riuscirà a conciliare
questa ‘nuova situazione’? Come si evolverà il suo rapporto con Arthur?
Riassunto delle
ultime puntate: Il malvagio stregone Ardof è
morto, ma la sua maledizione non si è sciolta.Merlin, perciò, fa credere ad Arthur di essere partito alla
ricerca del padre mai conosciuto. Al principe non resta che subire questa sua
scelta, mentre il tempo passa inesorabile, e il suo legame con Linette va
saldandosi sempre più… fino a quando, durante un agguato, lui non scopre che la
sua serva è una strega e lei gli rivela che anche
Merlin lo è: questa sconvolgente confessione, ovviamente, cambia le carte in
tavola e li porta ad un nuovo sodalizio: fra magiche soluzioni e imbarazzanti
guai, per i nostri eroi non c’è mai pace…
Dedico l’aggiornamento a chi ha
recensito il precedente capitolo e invito i lettori silenziosi, se lo
desiderano, a lasciare un segno (che è sempre gradito).
E a quanti commenteranno (SE vi
va di recensire anche dei capitoli più indietro di questo, il vostro parere non
andrà perduto!).
Ai vecchi e ai nuovi lettori.
Grazie.
The He in the She
(l’Essenza dentro l’Apparenza)
Capitolo LXXX
Da che aveva scoperto la verità sul suo Dono, Arthur aveva
trovato modo di rimproverare Linette per la sua magia in tante piccole
occasioni – perché l’aveva usata, o perché non
l’aveva usata.
Era il suo modo personale – e asinino, beninteso – di preoccuparsi per lei, e per la sua (e la
propria) incolumità.
Merlin gli riconosceva un sincero interesse, ma anche una
certa parte di diffidenza residua.
Ad onor del vero, a seguito di certi piccoli incidenti, chiunque si
sarebbe un po’ risentito al riguardo, anche
se non si fosse chiamato Arthur Pendragon.
Dopo il caso dei tendaggi Rosso Pendragon
– di cui Merlin aveva avuto incubi per settimane: si era sognato, infatti, di
doverli rincorrere mentre svolazzavano per tutto il castello, con Arthur che lo
inseguiva e Uther che gli gridava dietro delicate frasi di condanna –, c’erano
state le volte in cui il principe stesso, vittima inconsapevole, era divenuto
l’oggetto dei suoi incidenti.
Come la sera in cui l’erede al trono, già pronto di tutto
punto per partecipare all’evento più fastoso dell’anno – il Banchetto per
festeggiare l’augusto genetliaco del re, suo padre – s’era
ritrovato con un attacco di singhiozzo proprio quando stava per uscire dai
propri appartamenti, e la cosa lo aveva indispettito non poco, poiché egli
riteneva quell’inconveniente da marmocchi
una cosa disdicevole per un uomo fatto e finito come lui, mentre Merlin godeva nel sentirlo squittire almeno
dieci volte ogni tacca di candela consumata.
Secondariamente, se la cosa non fosse cessata in fretta,
avrebbero accumulato un certo ritardo, indispettendo il nobile sovrano – e
questa era l’ultima delle intenzioni dell’aristocratico Babbeo.
Ma, ovviamente, di presentarsi in quello stato
non se ne parlava neppure, lui non sarebbe diventato lo zimbello della Corte reale!
Allorché Arthur aveva chiesto a
Linette un possibile suggerimento per risolvere la faccenda – era o non era l’assistente del guaritore
reale? – la valletta era stata costretta ad ammettere che non conosceva
nessun efficace rimedio né terapeutico né magico, quindi valeva la pena tentare
con le dicerie che si tramandava la gente fin dalla notte dei tempi.
Con uno sguardo alquanto scettico, l’Asino Reale aveva
acconsentito, seguendo le sue istruzioni.
“Trattenete il respiro più che potete!” aveva esordito Merlin,
con serietà.
Ma, quando il Babbeo stava diventando di un
preoccupante blu cianotico, rassegnato, gli disse di smettere.
“Provate a respirare a testa in giù!” ritentò, sembrando
convincente.
E Arthur, benché sospettoso, acconsentì.
Ma niente.
“Mi-hic! gira la hic! testa…”
si lagnò, dopo un paio di squittii più soffocati dalla posizione chinata.
“Provate con tre respiri lunghi e poi trattenete molto il
fiato!” suggerì ancora il mago, infervorato. “Oppure proviamo con del miel-”
“No-hic!” l’interruppe
il principe, alzando l’indice destro fra loro, tappandosi la bocca dopo
l’ennesimo singulto involontario. “Ver-hic-sami
da bere hic!” ordinò, indicando la caraffa del vino
speziato che sorseggiava abitualmente prima di addormentarsi.
Fu la volta di Merlin di sembrare scettico, poiché tracannare
a stomaco vuoto un calice l’avrebbe fatto solo
ubriacare, ma non osò contestare la decisione, poiché un discreto bussare e la
voce di un valletto reale ricordavano al suo signore l’imminente inizio della
cena e la sua presenza richiesta.
A quel richiamo, l’inquietudine del cavaliere crebbe,
assieme ai sussulti. E lo stregone, contagiato dalla sua ansia, si precipitò
col calice verso di lui, che sostava davanti al letto.
Nella foga di raggiungerlo, Linette inciampò sull’orlo del
tappeto che circondava il baldacchino, mentre il vino compiva una parabola a
mezz’aria dalla coppa direttamente contro il nobile padrone, rovesciandosi sul
torace del principe, colando in fretta verso i suoi pantaloni.
Arthur era così sconvolto che – per i primi istanti – si
limitò a boccheggiare, incapace di proferire verbo.
Sollevatosi in fretta da terra, il mago realizzò la portata
del suo madornale guaio,
impallidendo. “Giuro che sistemerò tutto, Sire! Lo
giuro!” strillò con urgenza, prima che l’ira di Sua Maestà si abbattesse su di
lui.
“Un incanto, vi ci vuole un incanto
che pulisca per intero!” lo rabbonì, parlando freneticamente, intanto che
rovistava nel suo cervello in cerca della magia più adatta. “Ritornerete come nuovo!” ripeté, girando in tondo, sotto
lo sguardo furente dell’altro.
Un secondo colpo alla porta fece
sussultare entrambi.
“Vostra Altezza!” lo chiamò un valletto dall’esterno. “Il
Banchetto sta iniziando!”
“Il principe arriverà fra qualche istante!” rispose Linette per lui, aprendo
appena uno spiraglio sull’uscio.
“Muoviti!” l’incalzò il nobile,
gesticolando verso le macchie gocciolanti.
“Oh, al diavolo!” sbottò lo stregone, accostandosi, improvvisando
il primo incantesimo che gli era venuto alla mente e che doveva rientrare tra
quelli per riportare le cose all’origine.
“Dai!” sollecitò
ancora il Babbeo, mettendogli fretta.
E Merlin lo ripeté, ad alta voce, allungando una mano verso
di lui, fin quasi a sfiorarlo.
Arthur si ritrovò
improvvisamente nudo, dalla testa ai piedi, sotto lo sguardo spalancato della
sua serva paralizzata.
Anch’egli, per un eterno istante, era rimasto di pietra,
tanto era stato il suo sgomento. Poi, ritrovata la favella, cercò di coprire
con le mani le proprie pudenda, ululando.
“L-linette! Buon Dio, vòltati!”
Ma, poiché Linette ci stava
mettendo troppo anche solo a capire –
figurarsi a coprirsi la vista con le mani! –, egli arraffò il primo oggetto a
disposizione – un cuscino sul suo letto – mentre le ordinava nuovamente di girarsi
o, quantomeno, di guardare altrove.
Quella non era certo
la prima volta che Merlin vedeva il principe nudo, ma l’ultima volta era
stata prima di capire i suoi sentimenti per lui, un sacco di tempo prima. Anni
prima. Secoli prima. Sicuramente in
un’altra vita.
E ora Arthur aveva appena un quadrato di stoffa col il ricamo dei dragoni – lo stemma dei Pendragon – a nascondere i gioielli di famiglia.
C’era da riderne per
decenni. Ma Merlin aveva solo la gola secca e le dita che gli prudevano, quelle
stesse dita che un istante addietro erano praticamente
tese ad un palmo dalla sua virilità.
“I-io…” balbettò la valletta
deglutendo a fatica, arrossendo, costringendosi a dire qualcosa per uscire da
quella situazione imbarazzante.
“Adesso che ti sei rifatta lo sguardo, potresti trovare una
dannata soluzione?!” sbraitò il nobile, preferendo dar
sfogo alla collera piuttosto che alla propria cocente vergogna. “Dove accidenti sono finiti i miei vestiti?!” riprese il cavaliere, e mentre l’ancella si guardava
attorno, con fare convulso, egli strisciò – con quanta più noncuranza e dignità
poteva racimolare – dietro al paravento, che offriva maggiore riservatezza di
un misero cuscino.
Vedendo gli stivali dell’erede al trono esattamente dove li
aveva presi prima di farglieli indossare, allo stregone venne un sospetto.
Scoprirono così che
l’incanto aveva funzionato realmente, ma in un’accezione diversa. Ogni cosa
era tornata alle origini, sì, ovvero al suo posto.
Dentro l’armadio v’erano il
mantello e la casacca e i pantaloni da cerimonia, tutto pulito come se
l’incidente non fosse mai accaduto.
La cosa buona della faccenda era una sola: quell’emozione
violenta era stata così forte che, per lo spavento, il singhiozzo di Arthur era
magicamente scomparso. Ma l’imbarazzo e l’arrabbiatura no; con quelli, Merlin
avrebbe fatto i conti dopo il Banchetto, perché il pudico principe era
tutt’altro che intenzionato a fargliela passare liscia.
E pensare che, neanche
tre clessidre prima, la sua più grande preoccupazione era stata
solo la vergogna per un singhiozzo da marmocchi…
***
Evidentemente, spogliare il nobile padrone dei propri abiti
era un bisogno inconscio del povero mago, che doveva sopperire come poteva a ‘certi
bisogni’.
Ma riuscire a rivederlo come la regina Ygraine lo aveva fatto… beh, quello era un altro paio di
maniche.
Merlin guardava, sconsolato, una manciata
di piume che fluttuavano nell’aria fino a ricadere sofficemente a terra.
Poi un verso stridulo lo fece sussultare, spaventato e
preoccupato.
Egli osservò il volo dell’uccello che dalla spalliera dello
scranno andava ad appollaiarsi in cima al canterano.
“Cercate di rimanere calmo, vi ho detto!” lo supplicò, sul
punto di una crisi di nervi.
L’unica riposta che ebbe fu uno stridio ancora maggiore.
Gaius lo avrebbe
ucciso, se fosse andato da lui per un consiglio, raccontandogli il guaio che
aveva combinato?
Forse Gaius no, ma se
Arthur non si fosse presentato alla riunione del Consiglio entro mezza veglia, Uther avrebbe spennato e arrostito lui allo spiedo!
Lanciando un’altra occhiata di sottecchi al rapace che lo
fissava palesemente in modo torvo, egli tentò di riordinare le idee e i fatti,
per capire ogni suo errore.
Tutto era iniziato quando, mentre Linette compiva gli usuali
doveri, rassettando e pulendo gli appartamenti del suo signore, questi era
seduto alla sua scrivania, intento a rivedere il discorso che avrebbe dovuto
leggere di lì a poco al Concilio dei Nobili.
Arthur aveva avuto la brillante idea di chiederle un parere
riguardo ad un passo particolarmente ostico da esporre e l’ancella,
volenterosa, era stata ben felice di rendersi utile; se non
che, avvicinandosi, ella aveva colpito col piede la gamba del tavolo,
facendo ondeggiare pericolosamente la boccetta d’inchiostro nero colma fino
all’orlo.
Il principe, che in quel mentre stava giocherellando con la
sua penna d’oca, reagì d’istinto ma, anziché sottrarre i fogli dalla possibile
sventura, egli pensò bene di afferrare l’ampollina, cozzando contro le mani
della sua serva, che aveva avuto il medesimo pensiero.
Finirono così per rovesciare l’intero contenuto sul prezioso
documento – i numerosi fogli sovrapposti, in verità – che divenne irrimediabilmente
illeggibile.
Arthur ingoiò una sfilza di imprecazioni
solo perché davanti a lui v’era una fanciulla che sarebbe rimasta irrimediabilmente
segnata a vita da quello sfogo, ma
nulla gli impedì di fracassare il fermacarte – dono di qualche re lontano –
contro il muro di fronte a lui.
“Come diamine farò a riscrivere tutto entro mezza veglia?!” sbottò, infine, contro Linette, che teneva lo sguardo
basso e mortificato, torcendosi le dita. “La tua goffaggine è… è… Bontà Divina!” si trattenne, vedendola
farsi piccina piccina, in
risposta alla sua sfuriata.
“Sono desolata, Sire”, pigolò lei, curvando
le spalle ancor di più, sotto il peso della sua disattenzione.
“Quantomeno, stavolta l’inchiostro non è finito contro di
me!” sfogò il nobile Babbeo, rinfacciandole l’episodio del singhiozzo. “Però potevi anche usare il tuo Dono per impedire questo
guaio!”
“Ma posso provare a ripulire ora le pergamene con la magia!” si offrì
il mago, zelante, con un’occhiata supplice che chiedeva solamente di potersi
sdebitare, rimettendo le cose a posto.
Davanti a quell’espressione così contrita, il principe si
sentì stringere le viscere e non poté che cedere.
“Oh, dannazione. Provaci!” le diede il permesso. “Che cos’ho da perdere? È già tutto inutilizzabile!” considerò, allontanandosi però dal
tavolo, dove Linette avrebbe agito con la sua magia, per precauzione.
***
I primi tre tentativi erano andati semplicemente a vuoto.
Il quarto sforzo aveva tinto le macchie nere di rosso – un
bel Rosso Pendragon che, per carità!,
faceva pendant con l’arredamento, ma era pur sempre un lavoro impresentabile.
Il quinto sforzo aveva trasformato di bianco le macchie
nere, rendendo ugualmente illeggibile il tutto.
Il sesto aveva lacerato leggermente un bordo del primo
foglio, facendo quasi tracimare la scarsa pazienza dell’erede al trono.
A mano a mano che la sabbia cadeva dalla clessidra, i
borbottii di malcontento del principe aumentavano di intensità,
così come la disperazione del povero mago che non sapeva più che pesci
pigliare.
“Non riesco a concentrarmi! Potreste
smetterla di gridare come un’aquila?!” sbottò infine lo
stregone, distratto dal suo tono querulo, interrompendo a metà la recita di un
incantesimo per sgridarlo, esasperato.
Fu questione di un
istante.
Un attimo prima Arthur era lì, oltre il tavolo che era fra
loro, impettito, con le braccia incrociate e un grugno da schiaffi mentre
blaterava lamentele, e l’attimo dopo non c’era più.
Merlin si lasciò sfuggire un
piccolo urlo di sorpresa, sporgendosi a guardare oltre la scrivania, dove un
mucchio di abiti – gli abiti del principe – erano appallottolati sul pavimento
e si contorcevano come se avessero vita propria.
Dallo scollo della casacca, un momento dopo spuntò il becco
aguzzo di un’aquila – un’aquila reale – e due stupefacenti
occhi azzurri, che lo scrutavano spaesati.
“Sire!” sussurrò il mago, correndo a soccorrerlo,
inginocchiandosi accanto a lui, per aiutarlo, con delicatezza, ad uscire dai propri abiti.
Arthur si lasciò liberare da quella costrizione, poi si lisciò le piume arruffate e, gonfiando il petto, egli si
erse in tutta la sua nobile maestosità.
Persino così quell’Idiota
era spettacolare.
“Oh, Maestà…” gemette però lo stregone, con le lacrime nella
voce, affranto per quel guaio supplementare a tal punto che si coprì il viso
con le mani tremanti.
Forse il cavaliere non si era ancora reso conto della
gravità della faccenda – presentare un discorso macchiato sembrava giusto una
sciocchezza, adesso – perché, anziché sgridarla come avrebbe dovuto – e ne
avrebbe avuto i mezzi anche in quello stato, come avrebbe scoperto Merlin di lì
a poco – aveva zampettato verso Linette, mordicchiandole il lembo del grembiule
per distrarla, o richiamare la sua attenzione.
La serva aveva quindi sollevato lo sguardo su di lui, mentre
con una mossa buffa l’aquila piegava di lato la testolina,
scrutandola a sua volta.
Poi, stranamente docile, s’era
lasciata accarezzare il capo dalla mano esitante della fanciulla.
Le dita di Merlin affondarono nel morbido piumaggio sulla
nuca e il servo avrebbe giurato che mai,
mai niente, prima d’allora, era stato altrettanto morbido.
Anche se quello non era il momento, egli si perse a
contemplare il becco giallo, la punta curva di un argento vivo e brillante. E i suoi occhi erano azzurri, non ambrati.
Il colore marrone del corpo piumato assumeva via via
sfumature rosso-dorate sul capo e sul dorso, inframmezzate alle macchie bianche
sulla coda e sulle ali, che testimoniavano la sua giovane età.
Quasi non si accorse di averlo fatto, ma quando Lin indugiò un po’ troppo lisciando le penne della coda,
l’aquila si girò di scatto e le morse col becco la falange più comoda.
“Ehi! Il mio dito
non si mangia!” aveva protestato il mago, scuotendo l’arto dolorante e
ficcandoselo in bocca per attutire il bruciore.
In realtà, se Arthur
avesse voluto fargli davvero del male, gliel’avrebbe staccato di netto con quel
becco aguzzo. Invece l’aveva pizzicato piano, a suo modo quasi con gentilezza.
“Sire, ma capite quando vi parlo?” domandò perplesso.
Come unica risposta, l’aquila piegò la testa come un gufo, e
Linette si ritrovò – contro ogni logica – a sorridere, mentre si risollevava da
terra e il rapace, imitandola, spiccò un balzo breve,
sufficiente a farlo atterrare sulla sua spalla. Avrebbe potuto graffiarla con i
suoi artigli acuminati, e invece si era posato con leggerezza, arpionando
solamente la stoffa del suo vestito, anziché la pelle.
“Vi sembra di stare abbastanza comodo, così?!” ironizzò lo stregone. “Perché, sapete, siete un po’ troppo grasso per la mia povera spalla magr-” Merlin non finì la frase, perché si ritrovò il becco
dell’aquila schiacciato contro il suo naso e, l’istante dopo, l’uccello gli
pizzicò l’orecchio destro, con tanti piccoli colpetti.
Perché diamine Arthur
gli mordicchiava l’orecchio?,
si chiese distrattamente il mago, cercando invano di sottrarsi a quella
provocazione. Erauna piccola soddisfazione che voleva prendersi?
Una vendetta? Una ripicca?
“Le mie orecchie non sono un animale morto!” sbottò infine,
indignato, coprendosi la parte arrossata.
Avrebbe potuto giurare di averlo visto roteare gli occhi. E forse sbuffare.
Ma le aquile non sbuffavano. No?
Arthur allora si levò in volo e sbatté addosso alle pareti,
perché la sua apertura alare era troppo ingombrante in quello spazio interno, ma Merlin non avrebbe potuto liberarlo. Qualsiasi arciere di Camelot l’avrebbe ucciso in meno di un battito di
ciglia.
Frullando scompostamente e spargendo piume qua e là, il
rapace guadagnò lo schienale del suo scranno, a mo’ di trespolo.
“D’accordo…” abbozzò lo scudiero. “Non mi è del tutto chiaro
se riuscite a capirmi o no; ma, se non potete aiutarmi, vi prego almeno di non
ostacolarmi, intesi?”
L’aquila rilasciò uno stridio basso, come replica. E Merlin
lo colse come un buon segnale, così allungò una mano verso l’animale,
concentrandosi su un sortilegio. Se
avesse usato lo stesso incanto d’origine
che aveva adoperato per l’incidente del singhiozzo, avrebbe riportato Arthur
indietro, oppure l’avrebbe trasformato in un uovo di aquila reale?
Preoccupato dalle possibili ripercussioni, egli decise di
non utilizzarlo, variando piuttosto su un controincantesimo
che contenesse la radice magica del sortilegio primario. Con ragionevole buonsenso, sarebbe partito dal suo errore, per
rimediare.
Sperando che fosse indolore, lo stregone pronunciò una
formula in direzione dell’aquila, ma essa – colpita dall’incanto – reagì allarmandosi e spalancando le ali, soffiando come contro una
minaccia invisibile.
“Cercate di rimanere calmo, vi ho detto!” lo supplicò, ritentando.
Delle piume caddero dalla bestia, mentre questa cercava
nuovamente di opporre resistenza.
“Se continuate così, resterete calvo!” lo avvisò,
preoccupato.
Ma Arthur sembrava aver perso la
pazienza e dall’armadio aveva spiccato il volo verso il baldacchino; ma, poiché
i tendaggi sembravano delle reti, il suo istinto primordiale doveva averlo
messo in guardia, perché virò improvvisamente, dirigendo la traiettoria verso la
stanza attigua, quella dove c’era la tinozza in cui faceva il bagno.
Merlin, che gli corse dietro, invocando una raffica di incantesimi – uno più disperato dell’altro –, lo vide
drizzato sul bordo della vasca e scagliò l’ultima magia che rammentava, pregando che fosse adatta allo scopo.
All’improvviso, sotto a quell’assalto
finale, il pennuto parve vacillare, come colpito da una vera freccia, e il mago
lo vide – con suo sommo orrore – sbilanciarsi e cadere all’indietro, a peso
morto, nella tinozza riempita, con un sordo plop.
Mentre il cuore le si fermava dallo
spavento e si gettava nell’acqua per salvarlo dall’annegamento, Linette si
accorse troppo tardi che non stava stringendo un piumaggio inzuppato, ma calda
pelle e solida carne.
Rannicchiato dentro la tinozza, Arthur la guardava
esterrefatto, con occhi e bocca spalancati.
Dopo un istante di lecito smarrimento, l’ancella gli buttò
le braccia al collo, stringendoselo contro incurante di bagnarsi tutta la
camicia, mentre il principe, troppo stordito per reagire,
subiva inerme quella dimostrazione d’affetto.
“Grazie al cielo, grazie al cielo!”
farfugliava lei, contro la nobile spalla umida, forse anche per causa sua.
“Siete tornato!” gli disse, separandosi per
riconquistare compostezza, strofinandosi velocemente le palpebre e tirando su
col naso, anche se era poco dignitoso.
Il principe piegò la testa di lato – come quando era stato
un uccello – e la guardò scettico, come se fosse stata un’insana di mente.
“Temo di essermi perso qualcosa…” le comunicò, guardandosi
attorno confuso. “Perché diamine sto facendo il bagno?
Ma… non me l’ero già fatto, stamane? E soprattutto:
che diamine ci fai, tu, qui?!” le domandò, anche se
sembrava più un’accusa.
“Io, io beh… uh, niente… avevate
caldo e… e allora avete pensato di fare un bagno con l’acqua fredda, ecco…” accampò,
come prima scusa arraffata in fretta.
Qualcosa parve infastidire il nobile Pendragon,
poiché egli allungò una mano nell’acqua, estraendo un paio di penne e di piume color
nocciola.
“E queste cosa sono?!” pretese di
sapere, scrutando Linette come se lei avesse tutte le risposte che cercava.
“Quelle?”
temporeggiò Merlin, con la mente svuotata di ogni possibile risposta. “Oh,
quelle… quelle sono penne e piume!”
“Questo lo vedo anch’io, Lin-Lin…”
le appuntò, come se fosse stata tonta.
“E… beh… le piume… le piume e le penne d’aquila contengono
un ottimo balsamo curativo!” improvvisò su due piedi e, di fronte
all’espressione dubbiosa dell’altro, ella si finse
ancor più sicura. “Aggiunte ad un bagno, donano vigore
e tonicità alla muscolatura!” recitò, fingendosi competente. “Un giorno di
questi potrete chiedere a Gaius di documentarvi sulle loro innumerevoli proprietà
medicamentose, se lo vorrete”.
“Ah, no. Grazie. Mi
fido”, tagliò corto il nobile. “E se adesso tu volessi cortesemente
andartene di là, io dovrei uscire da qui”, le fece notare, additando se stesso
e muovendo le sopracciglia con palese sottinteso.
“Oh, oh! Certo,
sì, certo!” convenne la valletta, allungandogli un telo di lino e facendo poi
un veloce dietrofront.
Quando però Merlin tornò nell’altra stanza, vide sul tavolo il
discorso rovinato e l’inchiostro irrimediabilmente secco sulla pergamena e
questo cancellò il suo sollievo.
Egli comprese anche un’altra cosa, però, dandosi da solo
dello sciocco.
Mentre Arthur si asciugava dietro al paravento e si
rivestiva con degli altri abiti, lamentandosi del fatto che non trovava la sua
abituale cintura, lo stregone sussurrò piano l’incanto d’originesui fogli imbrattati e subito,
magicamente, la chiazza iniziò a rimpicciolirsi fino a scomparire, mentre la boccetta
vuota tornava a riempirsi di nero inchiostro.
Muovendosi lesta, Linette arrotolò le pergamene, fermandole
poi con un laccio di cuoio, giusto quando un valletto reale bussò alla loro
porta, informando il principe che il Consiglio stava per iniziare.
L’erede al trono le si avvicinò, di
buonumore, almeno fino a che non vide decine di piume e penne sparse ovunque
sul pavimento.
“Hai spennato l’aquila qui dentro?!”
domandò alla sua ancella, mentre ella gli porgeva il rotolo delle loro
disgrazie.
Merlin fu sul punto di raccontargli un’altra menzogna, e
chiudere per sempre la questione.
Ma la sua coscienza – o forse il
suo cuore – gli rammentò che aveva giurato ad Arthur che non ci sarebbero stati
più segreti fra loro.
Preparandosi spiritualmente all’inevitabile ramanzina che ne
sarebbe conseguita, il mago guardò il principe dritto negli occhi.
“Dopo la riunione, Sire, dovrò raccontarvi una piccola
storiella divertente…” lo preavvertì “o forse non tanto divertente, ma almeno con un lieto fine”.
“Uhm, d’accordo”, considerò l’erede al trono, con
un’espressione curiosa appena trattenuta, che divenne manifesta allorché egli notò un piccolo particolare sulla sua
valletta: “Ma che cos’hai fatto all’orecchio? Sei tutta arrossata”,
le appuntò, allungando una mano per controllare da vicino.
Linette arrossì all’istante, ritraendosi da quel contatto.
“Non è niente, Mio Signore! E ora andate all’incontro, si sta facendo tardi!” E, seguendo il
suo suggerimento, il cavaliere se ne andò.
Rimasto solo, Merlin esalò un sospiro stremato.
D’accordo. Si
disse, toccandosi il lobo dove il principe lo aveva mordicchiato. Andava bene essere sinceri. Ma non occorreva per forza raccontargli proprio tutto, no?
Continua...
Disclaimer:I
personaggi di Merlin, citati in questo racconto, non sono miei; appartengono
agli aventi diritto e, nel fruire di
essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.
Ringraziamenti:
Un abbraccio alla mia kohai che subisce le mie
paranoie. X°D
E un grazie a Tao, per il betareading.
Note: Comincio
col dire che avevo scritto la bozza di questo capitolo molto prima di vedere la
quarta stagione inglese di Merlin e, per questa ragione, la mia Linette non
conosce l’incantesimo ‘Fordwinwamm!’ che
invece Merlin usa nella puntata4x01 “L’ora più buia – parte I” per
smacchiare la camicia di Arthur.
Per lo stesso motivo, quando ho visto, nella puntata 4x06 “Un servo di due padroni”, l’immagine di Arthur nudo
col famoso cuscino a nascondere i
gioielli di famiglia, mi è nato spontaneo un parallelo tra Linette e Gwen che mi ha fatto ghignare. Come sapete, non è la prima
volta che succedono coincidenze come questa fra la mia fic
e il telefilm e ce ne saranno altre in futuro.
L’aquila reale (Aquila chrysaetos)
è un uccello appartenente alla famiglia degli accipitridi.
I colori descritti nel capitolo sono veri, presi nel web da
siti specializzati, (da qui l’appellativo di reale e di chrysaetos,
che in greco significa ‘dorata’) e in particolare ho descritto un’aquila
giovane per trasformare Arthur, altrimenti i colori sarebbero stati lievemente
diversi.
Lo confesso: questo è uno dei miei capitoli preferiti,
perché mi sono divertita molto a scriverlo.
E poi in questa stramba storia non poteva mancare il furry, no?
E così abbiamo assaggiato anche questo: Arthur trasformato
in animale. Ho altre fic abbozzate con questo tema, e
prima o poi troverò il tempo di postarle. *_*
Precisazioni al
capitolo precedente e domande varie: (a random)
- Sono contenta che Lady Iseree vi
sia piaciuta! Finalmente un’alleata magica senza doppi fini!
Siccome mi è stato chiesto, posso dirvi che, in qualche
modo, aiuterà i nostri eroi entro breve.
- La verità è che le tende del letto di Arthur volevano
gonfiarsi solo per fare a gara con l’ego dell’Asino Reale! Chi si gonfia di
più, secondo voi? XD
- Merlin avrà sempre seri problemi a farsi le trecce. U.U proprio nungnafà.
- Di solito Merlin cerca (e quasi sempre
riesce) ad aggiustare tutto, ma col vampiro non ce l’ha fatta. Ho scelto così
per dare più realismo alla storia. Non sempre tutto ha una soluzione facile,
anche se sappiamo che non è la prima volta che Merlin ha ucciso per salvare
Arthur e i suoi cari.
- Se Arty avesse visto le tende
rosa porcellino… gli sarebbe venuto un colpo! E addio Re in Eterno! XD
- “Magnifico Duo” è una definizione che mi piace tantissimo!
*__*
- Lo scopo che mi ero prefissa era proprio questo: far vedere Merlin col suo
potere e i suoi pasticci.
- Mi ero scordata che anche ne “La bella e la bestia”
ci sono le tende svolazzanti, è vero!
- Sì, il rapporto tra Merlin e Arthur va saldandosi con
costanza; ora che ci sono meno bugie, Merlin può
sciogliersi di più e lui e il principe sono ancor più uniti!
- “Lord Canini” è una definizione meravigliosa per il nostro
povero, defunto vampiro! XD
- Una caccia alle tende in giro per il castello? Qualcuno ci
sarebbe rimasto secco! (Una Linette a caso… ¬_¬)
- È vero: il nostro povero Arty,
che si trattiene per non allungare le zampe sull’ingenuo Merlin, non può
permettere che la prima Zanzara Malcresciuta di
passaggio lo faccia al posto suo, no? XD
- Giustissimo: per quei due, ogni
scusa è buona per passare una notte insieme! ^_=
- Forse Arthur ritiene ‘poco virile’ ammettere che ha
accarezzato le tende del suo letto, perché dice: “Le ho solo sfiorate!”
- A domande specifiche, ho risposto direttamente sotto la
recensione.
Vi metto BEN QUATTRO
anticipazioni del prossimo capitolo:
Avrebbe ricordato a
lungo lo sguardo luminoso di Linette, mentre con le dita sottili accarezzava le
copertine impolverate quasi con devozione e timore reverenziale, e sfogliava
avidamente le prime pagine, per colmare almeno in parte una fame di conoscenza
infinita.
Nessun gioiello prezioso
o vestito pregiato l’avrebbero mai resa così contenta.
Che lei non fosse una
donna comune, il principe l’aveva capito fin da subito, ma era
proprio grazie a queste stranezze che le si era affezionato e non avrebbe mai
più potuto fare a meno di lei.
(...)
Arthur e Linette non
avevano mai più parlato di come il nobile aveva trovato la sua ancella,
quand’era stata rapita da Fenrir – Il Lupo. Ma l’ultimo dei suoi desideri era riaprire quelle vecchie
ferite.
“Mi dispiace. Mi dispiace, io…” farfugliò la serva,
abbassando lo sguardo, mortificata. “È meglio che vada…”
(...)
Di fronte a quella gentilezza inattesa, Merlin cedette,
posando la guancia rovente contro il suo palmo aperto, caldo e ruvido – la
pelle di un guerriero, l’odore familiare del cuoio – e si lasciò consolare,
docile.
“Non volevo ferirti…” le bisbigliò fra i capelli,
scusandosi. “O ridestare dolorosi ricordi…”
(...)
“Arthur… Morgana è una strega!”
rivelò, infine, con tono grave, preparandosi ad un
nuovo, piccolo finimondo.
[Piccola bomba, eh?! ^_=]
Ringrazio i 255 utenti che hanno messo Linette fra i ‘preferiti’, i 42 ‘da ricordare’ e i 400 ‘seguiti’.
Su, non siate timidi! Mi piacerebbe davvero sapere cosa ne
pensate! ^_=
Avviso di servizio
(per chi segue le altre mie storie):
Aggiornata
la long-fic (12 caps,
completa) merthur AU, “Waitingforyou” col cap. 3.
Scusate il ritardo. Lavoro, impegni vari e imprevisti mi complicano la
vita, ma (come forse avete già notato) sto cercando di aggiornare ogni 8-10
giorni con una fic di Merlin diversa.
SPOILER FREE: Ricordo che questa storia NON
contiene/conterrà volutamente alcuno
spoiler della quinta stagione; eventuali
coincidenze sono appunto casuali coincidenze (è già successo e
succederà in capitoli che ho già pronti).
Linea temporale: Riferimenti
al capitolo precedente.
Excursus
autunno-inverno del secondo anno dall’arrivo di Linette a Camelot, fino alla primavera del terzo anno.
Riassunto generale: Merlin
è abituato a salvare la vita all’Asino Reale senza che questi se ne accorga, ma
stavolta non tutto va per il verso giusto. Colpito dall’incantesimo del malvagio
Ardof, il nostro mago farà i conti con una
sconvolgente novità: egli si risveglia trasformato in una donna.
Solo Gaius conosce il suo segreto e, finché non troverà il modo di tornare
normale, dovrà inventarsi delle scuse plausibili e prendere
il posto di se stesso al servizio del principe. Come riuscirà a conciliare
questa ‘nuova situazione’? Come si evolverà il suo rapporto con Arthur?
Riassunto delle
ultime puntate: Il malvagio stregone Ardof è
morto, ma la sua maledizione non si è sciolta.Merlin, perciò, fa credere ad Arthur di essere partito alla
ricerca del padre mai conosciuto. Al principe non resta che subire questa sua
scelta, mentre il tempo passa inesorabile, e il suo legame con Linette va
saldandosi sempre più… fino a quando, durante un agguato, lui non scopre che la
sua serva è una strega e lei gli rivela che anche Merlin lo è: questa
sconvolgente confessione, ovviamente, cambia le carte in tavola e li porta ad un nuovo sodalizio: fra magiche soluzioni e imbarazzanti
guai, per i nostri eroi non c’è mai pace…
Dedico l’aggiornamento a chi ha
recensito il precedente capitolo e invito i lettori silenziosi, se lo
desiderano, a lasciare un segno (che è sempre gradito).
E a quanti commenteranno (SE vi
va di recensire anche dei capitoli più indietro di questo, il vostro parere non
andrà perduto!).
Ai vecchi e ai nuovi lettori.
Grazie.
The He in the She
(l’Essenza dentro l’Apparenza)
Capitolo LXXXI
Dopo l’incidente con l’aquila, il principe aveva ordinato a
Linette di limitare l’uso della magia allo stretto necessario, per casi di
estrema gravità o importanza, e possibilmente
non in sua presenza.
Per di contro, l’erede dei Pendragon
le aveva dato il suo benestare affinché ella
migliorasse il controllo del suo Potere, concedendole – per esempio – di
ottenere alcuni vecchi testi di magia che erano scampati alla Grande Purga, di
cui lui era stato informato quasi per caso e di cui nessuno ricordava
l’esistenza, neppure Gaius.
Arthur le aveva dato il permesso di
conservarli nei propri appartamenti, in un cassetto chiuso a doppia mandata, in
cui a nessuno sarebbe venuto in mente di cercare né sarebbe stato autorizzato
ad aprire.
Quando Merlin si era ritrovato tra le braccia quei grossi
tomi polverosi, gli aveva dimostrato una gratitudine
fin quasi commovente, ma il nobile padrone, vergognandosi un po’ di ricevere
tutta quella riconoscenza straripante dalla sua valletta, s’era schermito
rinfacciandole che lo stava facendo anche per un suo tornaconto personale: se
lei avesse padroneggiato meglio la propria stregoneria, avrebbero evitato altri
spiacevoli incidenti a suo danno.
Ma la verità era che,
vedendola così raggiante, Arthur s’era sentito
riempire di orgoglio – si sentiva felice di esserne stato la causa.
Avrebbe ricordato a
lungo lo sguardo luminoso di Linette, mentre con le dita sottili accarezzava le
copertine impolverate quasi con devozione e timore reverenziale, e sfogliava
avidamente le prime pagine, per colmare almeno in parte una fame di conoscenza
infinita.
Nessun gioiello
prezioso o vestito pregiato l’avrebbero mai resa così contenta.
Che lei non fosse una
donna comune, il principe l’aveva capito fin da subito, ma era
proprio grazie a queste stranezze che le si era affezionato e non avrebbe mai
più potuto fare a meno di lei.
Nei successivi lunghi mesi invernali, quindi, mentre fuori
nevicava e l’unica cosa da fare era trascorrere il tempo a sonnecchiare, gozzovigliare
o ad ubriacarsi, mentre l’erede al trono poltriva stravaccato
sul suo scranno, l’ancella reale se ne stava accoccolata sul tappeto davanti al
focolare, col naso affondato in un libro, bisbigliando sottovoce incantesimi da
mandare a memoria.
***
Con l’arrivo della primavera – la terza che Linette
trascorreva a Camelot –, il
principe e la sua serva avevano ripreso ad uscire regolarmente a caccia come
svago e, quando erano sicuri di essere ben lontani dal castello, a volte Sua
Maestà le concedeva di provare qualche nuovo incanto, che necessitava di
esercizio pratico per essere ben acquisito.
Ogni volta, Merlin non vedeva l’ora di dimostrargli i suoi
progressi, anche se questo non lo esentava da eventuali cocenti figuracce, che
poi si sentiva rinfacciare per veglie e veglie
dall’Asino Reale.
Per esempio, c’era stata la volta in cui lui era inciampato
(ma questa non era una novità) su una radice nodosa, finendo nel bel mezzo di
un cespuglio fitto fitto.
Quando il principe era andato a recuperare la sua ancella,
Linette aveva iniziato a sentire ovunque prurito, persino nelle zone coperte
dagli abiti. Tuttavia, più ella si grattava e più il
pizzicore aumentava.
Dopo aver escluso la presenza di pulci o altri insetti,
Arthur le aveva chiesto quale fosse il nome di quel dannato cespo urticante, ma
l’assistente del medico di corte aveva dovuto ammettere, a malincuore, di non
saperlo. Non ricordava di averla mai vista, prima, su uno qualsiasi dei libri
del suo mentore.
E quando l’erede al trono le aveva suggerito di usare un
qualche incanto guaritore su se stessa, Lin non aveva
avuto cuore di dirgli che era un azzardo tentare così, alla cieca, senza
neppure sapere esattamente cosa avesse scatenato quella reazione.
Per non deluderlo, tuttavia, il mago aveva cercato
mentalmente un sortilegio che fosse un lenitivo generico, poi – mentre lo
pronunciava, sotto lo sguardo ansioso del suo signore – egli incrociò le dita,
sperando di non peggiorare la situazione…
Ad onor del vero, il prurito era scomparso
all’istante, con suo enorme sollievo. Ma Arthur non aveva neppure fatto in tempo a
congratularsi con lei, che Linette aveva iniziato a starnutire a raffica, senza
quasi neppure prender fiato tra un attacco e l’altro.
Dopo un altro incantesimo riparatore (molti altri, in verità, ma Merlin aveva dissimulato), gli starnuti erano
diminuiti considerevolmente, eppure non scomparsi del tutto.
Il giovane Pendragon, provando
pietà per la sua condizione, aveva suggerito di rientrare affinché Gaius
potesse trovare il giusto rimedio; tuttavia, lo scudiero si era intestardito a
voler continuare la battuta di caccia.
“Allora, di grazia, non potresti fare starnuti
silenziosamente?!” le aveva sibilato, con i muscoli
tesi, poiché – malgrado i buoni propositi – Lin
sembrava eccezionalmente brava a starnutire nei momenti in cui bisognava fare
maggior silenzio: quando si stavano avvicinando ad una bestia, o quando il
cavaliere stava prendendo la mira.
Dopo aver fatto fuggire cinque prede di fila, Arthur aveva
decretato che perseverare in quella caccia – in quelle condizioni – sarebbe
stato inutile (nonché lesivo per i suoi nervi) e
quindi avevano fatto ritorno al castello, dove lo stregone si era sorbito una
ramanzina dal suo mentore, sul fatto che gli incantesimi di guarigione non
andavano mai usati a caso, ma almeno era stato curato.
***
Un’altra strapazzata, stavolta da parte di Arthur, Merlin se
l’era sciroppata quando era avvenuto quello spiacevole incidente nelle stalle…
Alla fine dell’inverno, siccome Antrax
si era preso una brutta infreddatura, che lo aveva debilitato
alquanto, il principe aveva incaricato la sua valletta di controllare
personalmente lo stato di salute del cavallo, tenendolo aggiornato sui suoi
progressi o sulla mancanza di miglioramenti.
Generalmente, Linette gli faceva un resoconto quasi ogni
sera, a cena; ma quel dì, dopo gli allenamenti, al cavaliere era venuta voglia di sincerarsi di persona sulla situazione del
suo fedele stallone e quindi, lasciata l’arena dei combattimenti, anziché
tornare nei propri alloggi e riposare, egli aveva deviato nelle stalle, dove –
a quell’ora, con l’approssimarsi del vespro – era certo di trovare anche la sua
ancella, così poi sarebbero rincasati assieme.
Come sempre, appena entrato, egli fu accolto con inchini e
saluti deferenti dai maniscalchi e dagli stallieri affaccendati. Arthur
ricambiò con un cenno del capo, soddisfatto che tutti s’impegnassero
dando il massimo, poiché ognuno di loro sapeva quanto i Pendragon
ci tenessero al perfetto ordine delle scuderie reali.
Avviandosi, poi, nelle zone più discoste e buie – i recinti
dove venivano messi i cavalli malati, o che
necessitavano di maggior riposo e quiete – egli sorrise, allorché udì
l’inconfondibile voce della sua serva che brontolava qualcosa, lamentandosi.
Quando comprese un concitato “Lasciami!
Ho detto: lasciami!”
assieme allo sbuffare sonoro del suo cavallo, egli stiracchiò le labbra nuovamente,
ricordando la volta in cui – apparendo in un’occasione simile a quella – aveva
frainteso tutto.
Svoltando l’angolo per raggiungerla, però, il principe non
si era aspettato di trovare ciò che vide.
Un uomo, uno stalliere probabilmente, stava strattonando la
sua serva nella penombra di un recinto.
“Altolà!” urlò Arthur, sguainando la spada e il garzone, sorpreso
dal suo grido, lasciò immediatamente la presa,
voltandosi irritato verso di lui, prima di capire con chi stava parlando.
Fu allora che sbiancò.
“Cosa diamine credevi di fare?!”
sibilò il cavaliere, rinfoderando la spada per afferrargli il colletto della
casacca, fronteggiando l’uomo con furia a stento trattenuta.
“I-io…” balbettò lo stalliere,
livido.
“Sire…” s’intromise Linette, attirando la sua attenzione per
impedire che accadesse il peggio.
“Ti ha fatto del male?” le chiese
preoccupato e Merlin fu lesto a negare, ma al principe non era sfuggito
che Lin si stava massaggiando il polso con cui era
stata trattenuta e, persino nella scarsa luce di quel posto, egli poté scorgere
un grosso livido che si stava formando.
“Guardie!” urlò allora, attirando l’attenzione, e subito
comparve mezza dozzina di scudieri e palafrenieri, primo fra tutti Blaise, il capostalliere.
“Maestà?” lo chiamò l’uomo, condensando nel suo titolo
onorifico una domanda e tutta la sua confusione per quella scena inaspettata.
“Chiama le guardie, Blaise!” ruggì
il principe, con inflessione perentoria. “Quest’uomo ha molestato la mia serva
personale e va punito!”
“Sì, Vostra Altezza”, concordò l’uomo, annuendo alla volta
di due giovani che presero in consegna il colpevole del misfatto, che non aveva
neppure tentato di difendersi.
“Cosa dobbiamo farne di lui?” osò
chiedere il capostalliere, con accento grave.
Arthur non parve neanche pensarci, mentre decideva della sua
sorte. “Dodici frustate e tre notti in cella. Questa
punizione dovrebbe fargli passare certe idee malsane”, considerò, come monito.
“E ovviamente non deve mai più mettere piede qui dentro.
Sono stato chiaro?” precisò, retorico.
Blaise fece un inchino col capo, dimostrando
la sua più completa obbedienza.
Ma Linette non era dello stesso
avviso.
“Sire, vi prego… in fondo non è successo nulla di grave…
dodici frustate sono eccessive e-” raramente
Merlin aveva visto Arthur così arrabbiato: la sua espressione era terrificante.
Istintivamente, persino lui indietreggiò, zittendosi. Ma se anche non l’avesse fatto da solo, ci avrebbe pensato
la sprezzante replica del suo signore a tacitarlo.
“Fa’ silenzio!” le ruggì contro, con un tono duro che eccezionalmente
aveva usato da che si erano conosciuti, e sicuramente non era più accaduto da
che avevano raggiunto certi livelli di familiarità. “E
va’ da Gaius a farti medicare!” le ordinò tonante.
Poi, senza neppure attendere una replica né aggiungere altro, l’erede dei Pendragon se n’era andato, lasciandola lì.
Merlin chinò il capo, sconsolato, mentre altri scudieri,
accorsi per il trambusto, borbottavano fra loro,
commentando il fatto e la punizione.
“Come stai?” gli chiese Marcus, preoccupato dal suo pallore.
Anche Vincent si appressò a loro, per sincerarsi delle sue condizioni.
“Mi dispiace! Mi
dispiace che sia successo tutto questo…” sfogò il mago, contrito.
“Linette, ma non è stata colpa tua!” la consolarono i due,
assieme ad altri che concordarono all’istante. A modo loro, si erano tutti affezionati a lei, quindi non esitarono a
prendere le sue parti.
“Mi rammarico solo di non essermi accorto di niente”, considerò
Blaise, che si sentiva doppiamente responsabile per
l’accaduto. “Avrei dovuto tenerlo d’occhio maggiormente!
Quel Buffley era nuovo, e non mi ha
fatto una bella impressione fin dall’inizio… ma volevo dargli una possibilità”.
“Forse non conosceva il veto del principe!” s’azzardò
a dire qualcuno, un giovane che Merlin non conosceva bene.
“Questo non lo giustifica di certo”, lo freddò Tobias. “Se l’è meritato e basta. Invece di Linette, poteva
esserci una delle nostre donne, o mia sorella… oppure tua figlia, Bills! Pensi che faccia differenza?”
Molti degli uomini presenti annuirono concordi, benché
desolati per l’accaduto, e la discussione e l’attenzione si
spostarono altrove – con sommo sollievo di Merlin.
Ma essi si misero a rammentare che,
una volta, l’erede al trono aveva scoperto un palafreniere mentre maltrattava
un cavallo e gli aveva inflitto sei frustate come punizione esemplare.
E poi, in un’altra occasione…
Lo stregone si chiese,
dolente, se anch’egli sarebbe diventato un aneddoto da raccontare a monito
futuro e si rimboccò le gonne e sgattaiolò via, perché
ne aveva avuto abbastanza per quel giorno.
Gaius si era fatto raccontare tutto; successivamente
gli aveva spalmato un unguento puzzolente e gli aveva bendato il polso. Vedendo
il suo protetto così mortificato, egli non ebbe cuore di rimproverarlo, benché
fosse stato convinto che, se Arthur non fosse intervenuto, le cose sarebbe potute finire molto peggio di così.
Ovviamente, se con il suo maestro gli era andata di lusso,
il mago non si era illuso che il miracolo potesse ripetersi anche con l’Asino
Reale e difatti, una volta che lo ebbe raggiunto nei propri appartamenti, il
principe era partito a briglia sciolta con una sequela di rimbrotti infiniti.
“Perché diamine non ti sei protetta con la magia?!” le aveva gridato ad un certo punto.
“Va usata solo in casi estremi!” si difese Linette, cercando
di tenergli testa.
“E questo non era abbastanza estremo?!”
la sfidò a contraddirlo, piantandole uno sguardo arrabbiato dritto in faccia.
Quello che Merlin non poteva sapere era che Arthur si era
davvero spaventato per lei, e tale era stato il suo panico, vedendola
aggredita, che per un breve istante egli non aveva saputo che fare.
Forse non le sarebbe
successo nulla, ma se invece Linette…
E così quella paura annichilente
era sfociata in quella reazione eccessiva – no, non si pentiva della punizione
scelta, tutt’altro – però si dispiaceva di averla trattata tanto bruscamente,
anziché consolarla – lei, che in fondo era l’unica vittima di quella brutta
faccenda.
Senza fare sconti a nessuno, il cavaliere aveva rimproverato
aspramente anche se stesso, perché avrebbe dovuto
accorgersi che il tono di Lin era spaventato e i
rumori del suo cavallo indicavano che era agitato e nervoso…
Lui invece aveva
abbassato la guardia, e se fosse arrivato troppo tardi?
Come leggendogli nella mente, la fanciulla
cercò di farlo ragionare.
“Non era una piacevole situazione, su questo concordo con
voi”, premise, nel tentativo di placarlo. “Ma, in fondo, quell’uomo è stato
solo un po’ troppo insistente e-”
“Ti ha afferrato il polso”, le ricordò, con una smorfia,
annuendo alla volta della fasciatura.
“Perché io non gli davo retta, facendolo spazientire e-”
“E nel passo successivo ti avrebbe spinto fra i covoni!” sfogò
il nobile, incapace di credere che lei stesse quasi difendendo il suo
aggressore. “Dannazione! Cosa c’è che non va in te?!”
sbottò, incurante di ferirla con la sua indelicatezza. “Non ti accorgi nemmeno quando
sei in pericolo!”
“Non mi trovavo drogata, legata e bendata!
E lui non ha cercato di strapparmi i vestiti di dosso!” sfogò allora il mago,
mentre il vigore sfumava lasciando un penoso tremolio nella voce, e il dolore
del ricordo della tentata violenza riemergeva dal piccolo anfratto oscuro dove l’aveva rinchiuso, facendogli sgranare gli occhi
con orrore, mentre una mano schiacciata sulle labbra soffocava un singulto.
Il principe sussultò in risposta, azzittendosi
impotente.
Arthur e Linette non
avevano mai più parlato di come il nobile aveva trovato la sua ancella,
quand’era stata rapita da Fenrir – Il Lupo. Ma l’ultimo dei suoi desideri era riaprire quelle vecchie
ferite.
“Mi dispiace. Mi dispiace, io…” farfugliò
la serva, abbassando lo sguardo, mortificata. “È meglio che vada…”
“No, resta!” la supplicò lui, stupendosi per primo di
quell’uscita fatta di slancio, senza riflettere. “Per favore…” aggiunse poi,
incerto. Non voleva lasciarla andare, non
così.
Ma, siccome il principe non era mai
stato bravo con le parole, seguì piuttosto l’istinto, allungando una mano per
asciugarle le lacrime che stavano tracimando inesorabili.
Di fronte a quella gentilezza inattesa, Merlin cedette,
posando la guancia rovente contro il suo palmo aperto, caldo e ruvido – la
pelle di un guerriero, l’odore familiare del cuoio – e si lasciò consolare,
docile.
“Non volevo ferirti…” le bisbigliò fra i capelli,
scusandosi. “O ridestare dolorosi ricordi…”
Come unica risposta, Linette premette la gota contro di lui
un po’ di più. Eppure Arthur sentiva che, se avesse desistito adesso, qualcosa
di sporco e cattivo sarebbe sempre rimasto in sospeso fra loro.
“Non ti sei mai sfogata? Non… non ne hai mai parlato neppure con Gaius… o con Gwen?” le domandò esitante.
A quelle parole, l’ancella si era scostata in modo brusco da
lui e aveva scosso il capo, negando silenziosamente.
“Però servirebbe… per chiudere la
questione una volta e per sempre…” le consigliò. “Vuoi…?”
Lin agitò nuovamente la testa,
rifiutando.
Arthur rilasciò un sospiro dolente, cedendo. “D’accordo”.
Ma come fece per allontanarsi da lei e lasciarla in pace,
egli si accorse che la fanciulla s’era aggrappata alla
sua casacca e la stringeva forte nel pugno chiuso. E allora se la portò contro,
azzerando le distanze e abbracciandola piano, con delicatezza, offrendole quel
conforto. “D’accordo”.
***
Quella primavera, Morgana – volente o nolente – aveva dato
parecchi grattacapi al principe ereditario e, di riflesso, anche alla sua
valletta personale.
La verità, però, era una sola: benché Arthur proclamasse ai
quattro venti che lei era un’insopportabile pettegola, frivola oca, le voleva
bene e le era sinceramente affezionato, come se fossero stati veramente
fratelli; e più volte, nel corso del tempo, Morgana aveva dimostrato di
ricambiare quell’affetto in molti modi.
Linette, poi, aveva a cuore la protetta del re per il suo
debito di gratitudine – senza di lei, Arthur non avrebbe mai potuto salvarla
dal suo rapimento – e perché, a discapito degli avvertimenti del drago, considerava
la strega un’amica da aiutare e da proteggere. Non avrebbe mai permesso che il suo potere
di chiaroveggenza la conducesse alla perdizione.
La quiete cambiò un pomeriggio come tanti altri, quando il
principe fece ritorno da uno dei suoi consueti colloqui privati col padre.
Vedendo la sua espressione estremamente
cupa e angustiata, Merlin aveva capito all’istante che qualcosa di grosso stava
bollendo in pentola e difatti il nobile padrone, accasciandosi sul proprio
scranno, vuotò il sacco sotto al suo sguardo in attesa.
“Il re sta pensando di organizzare il matrimonio di Morgana”,
sputò, senza giri di parole. “Il mese scorso, per il suo
compleanno, le sono stati recapitati diversi doni e alcune proposte indirette,
ma molto vantaggiose.
Mio padre ha chiesto il mio parere su alcuni candidati, poiché
sta valutando i vari, possibili pretendenti… qualcuno che torni utile al regno
di Camelot, ovviamente, per rinnovare
un sodalizio fruttuoso tra i nostri reami”.
“E siete preoccupato perché, dopo
di lei, toccherà a voi?” lo pungolò il servo, per cercare di sdrammatizzare con
una battuta la sua preoccupazione. Ma il giovane Pendragon non colse.
“No. Non è questo”, sospirò, strofinandosi
stancamente una mano sul viso. “Conosco Morgana da quando sono nato e
avrei dovuto avercela con lei fin da allora…” motivò, seguendo il filo dei
ricordi. “E non è un’esagerazione: la mia balia un giorno mi confidò che, quando
avevo appena pochi giorni di vita, mio padre, in un impeto di pazzia – non so come altro definirla –, mi
consegnò fra le sue braccia e, nel momento in cui io mi misi a piangere, lei mi
lasciò cadere a terra…”
“Ah, ecco! Questo spiega alcune vostre tare mentali, Sire”, ironizzò il mago,
strappandogli – con sollievo – un ghigno.
“Impudente!” la sgridò il cavaliere, senza reale convinzione.
E poi riprese: “Ma la verità è che – e se tu glielo
confidassi, ti taglierei la lingua, sappilo! – beh… è che le sono legato. Lei è un pezzo della mia
famiglia…” confessò, stringendo le nocche contro i braccioli. “E
un’unione con Lord Fartes di Grilvonia…”
Merlin sussultò a quel nome, poiché era noto persino a lui
che quel Signore della Guerra – un alleato potente, fedele alla causa contro la
magia – odiava la stregoneria quanto Uther stesso, se
non di più.
“Oh, no!” inorridì. “Se andasse in sposa ad
un uomo così, sarebbe la sua fine! Voi non potete
permetterlo!” esclamò l’ancella, avvicinandosi a lui con foga e lasciandosi cadere
in ginocchio davanti allo scranno, i loro occhi alla medesima altezza.
“Sire, non potete! Un’unione con Lord Fartes la
ucciderebbe!”
“La penso esattamente come te”, concordò l’erede al trono,
cupo. “Ma mio padre lo ritiene un’ottima scelta
strategica. È il primo della lista”.
“No, voi non capite la gravità della cosa!” lo contraddisse
il mago, disperato. “Perché lei- lei è…” s’interruppe e deglutì, combattuto da
un lacerante dubbio: parlare adesso o
tacere ancora?
Merlin scrutò il suo signore di fronte a sé, l’espressione
preoccupata e il sincero tormento che provava per quella che riteneva – a tutti
gli effetti – una sorella.
E rammentò anche che il loro rapporto avrebbe dovuto basarsi sulla sincerità. E
che il principe non l’avrebbe deluso, mai,
anche se la faccenda era spinosa. Perciò, lo stregone compì un atto di fede
verso di lui e, con un grosso sospiro, eruppe.
“Arthur… Morgana è una strega!”
rivelò, infine, con tono grave, preparandosi ad un nuovo,
piccolo finimondo.
Continua...
Disclaimer:I
personaggi di Merlin, citati in questo racconto, non sono miei; appartengono
agli aventi diritto e, nel fruire di
essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.
Ringraziamenti:
Un abbraccio alla mia kohai e a Laura, che subiscono
le mie paranoie. X°D
E un grazie a Tao, per il betareading.
Note: Sì, sono
cattiva e mi interrompo sul più bello (e nelle
anticipazioni non dirò nulla su questo), perché è un discorso delicato che
verrà ampiamente sviscerato nel prossimo capitolo e tagliare le cose a metà
sarebbe stato un disastro.
Questo è l’inizio dell’ultimo arco narrativo, che
comprenderà al suo interno altri sotto-eventi, e che porterà tutti i nodi al
pettine per la conclusione della storia. Posso assicurarvi che non farò nulla
di fretta, è stato tutto pianificato con cura.
Di questo capitolo ho poco da dire.
Come promesso, l’argomento del rapimento è tornato a galla,
proprio perché era una cosa in sospeso fra loro.
Ah, non è quest’uomo il pretendente per Linette che avevo assicurato sarebbe comparso.
Mi piacerebbe sapere cosa ne pensate delle reazioni opposte
di Arthur e Merlin, soprattutto per come ha reagito il principe. La mia spiegazione
l’ho già data per bocca sua, ma secondo voi poteva fare diversamente?
Poi… anche se non sembra, tutto il rapporto Merlin-magia-Arthur ha un suo
perché. Negli ultimi capitoli, si è visto il bene e il male del potere del
nostro mago. Si è visto l’immenso aiuto offerto negli anni, e i suoi limiti (in
modo serio o scherzoso). Nel prossimo, capiremo perché.
Solo come promemoria: ricordo che questa fic
è innestata dopo la fine della prima stagione, quindi non si saprà mai che
Morgana è davvero la sorellastra di
Arthur. Nella mia storia, lei rimane solamente la protetta del re.
L’accenno all’episodio delle stalle fa riferimento al cap. 35 di questa fic.
Lord Fartes di Grilvonia
è un personaggio originale che ho creato per quest’occasione. Ne arriveranno
altri.
Precisazioni al
capitolo precedente e domande varie: (a random)
- Non volevo rattristarvi col mio annuncio. Dai, su. Ricordate che poi ci sarà Linette 2 – La Raccolta? Ecco. Faremo ancora taaanta strada
insieme, se vorrete sostenermi. (Se invece non
interesserà a nessuno, mi terrò i caps pronti nel pc e pace amen! XD)
- Sono contentissima che il precedente vi abbia fatto
ridere! *O*
Lo scopo era proprio quello, divertirci un po’ con le loro
disavventure. XD
- A suo modo, Arthur è davvero paziente con i guai di
Linette, sì. Del resto, ha un debito di riconoscenza non da poco!
- Visto che mi è stato chiesto: piume
e penne non sono sinonimi. Hanno due funzioni diverse.
Le penne sono sulle ali e sulla coda e servono per volare.
Le piume sono un po’ ovunque, e servono per scaldare il corpo del pennuto e
proteggerlo.
Le prime sono lunghe e affilate (come la penna con cui
scrive Arthur, per capirci...) e le piume sono piccole, corte e tozze, morbide
(e sono usate anche per imbottire i nostri piumini invernali, e i cuscini fatti
di piume sono soffici...).
- Ho un amico falconiere e ho potuto accarezzare un’aquila
reale. Posso dire con certezza che è Arthur reincarnato! Non c’è niente che gli
somigli di più! *_*
- Riguardo alla trasformazione... mi piace pensare che Arthur-aquila, lasciando libero l’istinto animale, stesse
un po’ flirtando con Merlin... si sa che l’orecchio è
un punto erogeno, no? XD
E poi è tutto delicato con Linette... non la graffia, non morde forte...
insomma... l’Asino è meno asino, da aquila! XD
- No, il povero Merlin non
è diventato più imbranato del solito con la magia;
semplicemente, sotto pressione sbagliamo tutti di più, no? È colpa dell’Asino
che gli mette ansia!
- Arthur-frittata? Ma poverino! No, dai, alla fine tutto si è sistemato… anche
se… come pulcino d’aquila sarebbe stato adorabile! *_*
- Rispondendo ad un’altra domanda: sì,
il sesso ci sarà. Ho sfruttato appieno tutto il rating arancione. ^///^
- No, questoArthur-aquila
non è Anacleto. Arriverà, però, come promesso!
- A domande specifiche, ho risposto direttamente sotto la
recensione.
Vi metto BEN TRE
anticipazioni del prossimo capitolo:
Nel marzo di quell’anno, seguendo il suggerimento della sua
valletta personale, Arthur aveva intrattenuto una fitta corrispondenza con la
moglie dell’erede al trono che fu di re Alined.
Lady Iseree aveva offerto a Merlin
e al giovane Pendragon due liete novelle per le quali avevano gioito di cuore: l’annuncio di un
primogenito in arrivo per sé e la possibilità concreta di aiutarli – ella si
era infatti rivelata una grande alleata e un’insperata risorsa nella
pianificazione del loro obiettivo.
(...)
Arthur raggiunse il culmine della sopportazione il giorno in
cui, aprendo un cassetto del canterano, per prendere una delle proprie cinture,
vide qualcosa che lì non doveva esserci.
“Linette!” sbottò allora, arrossendo, afferrando l’oggetto
incriminato. “È vero che passi più tempo qui che a casa da Gaius, ma questo… questo non dovrebbero
stare tra i miei vestiti!” si lamentò, sbatacchiando a mezz’aria un
inequivocabile involto di pezza rettangolare.
“Le tue cose sono tue,
in tutti i sensi!” rincarò il nobile. “E poi tu non ci sei mai, qui, quando arriva il Buffone!”
“Difatti, Sire”, lo interruppe il mago, puntando i pugni sui
fianchi. “Quello non è mio. È di vostra sorella, Lady Morgana”.
A quelle parole, Arthur lasciò cadere la stoffa assorbente
come se fosse stato scottato da essa. Poi, scrutandola sconcertato dall’alto al
basso, balbettò un “M-ma... ma…”
“Guinevere mi ha
gentilmente consegnato alcune vostre camicie asciutte dalla lavanderia, e
quell’involto è caduto dalla cesta, per errore, fra i vostri abiti.
Poiché non ritenevo opportuno lasciarlo in
bella vista e in quel momento stavo riordinando quel cassetto, ho pensato di
riporlo lì dentro per il tempo necessario fino alla restituzione”, motivò, con
buonsenso, godendo l’imbarazzo che stava divampando sulle regali gote.
(...)
Ormai, quell’unione
sembrava inevitabile.
“Hai fatto un buon lavoro, figliolo”, lo lodò Sua Maestà,
con una pacca sulla spalla e uno dei suoi rari elogi.
Arthur gli sorrise, quasi
impacciato, senza sapere bene cosa dire. Ma ovviamente
la questione non era finita.
“E tu, figlio mio? Tu, che sei il mio erede… Quando pensi di iniziare a programmare il
tuo matrimonio?” lo interrogò, serio.
Avviso di servizio
(per chi segue le altre mie storie):
Aggiornato
il cap9 della
raccolta ‘The Once and Future… Prat’ (spoiler! post
5x13).
Il cap 4 dellaficModern!AU ‘Waiting for you’.
La one-shot ‘Royal Baby’ (spoiler!
post 5x13).
Campagna di Promozione Sociale -
Messaggio No Profit:
Dona l’8‰
del tuo tempo alla causa pro recensioni.
Farai felici milioni di scrittori.
(Chiunque voglia
aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio
crede) Come sempre, sono graditi commenti,
consigli e critiche costruttive.
Scusate il ritardo, sono stata così assorbita dalla real life da non
accorgermi che è già passato un mese dall’ultimo capitolo
Scusate il ritardo, sono stata così assorbita dalla real
life da non accorgermi che è già passato un mese dall’ultimo capitolo. Se può
consolarvi in qualche modo, questo è il più lungo scritto finora.
Il prossimo aggiornamento sarà una fic
natalizia che ho preparato a settembre; è stata già betata,
ma poi non ho più avuto tempo di sistemarla.
Sono in fase tinteggiatura/pulizia-casa-sorella-trasloco-preparto,
quindi potrei ritardare nelle risposte, ma giuro che
leggo e amo ogni commento, e risponderò a tutto!
SPOILER FREE: Ricordo che questa storia NON
contiene/conterrà volutamente alcuno
spoiler della quinta stagione; eventuali
coincidenze sono appunto casuali coincidenze (è già successo e
succederà in capitoli che ho già pronti).
Linea temporale: Seguito
diretto del capitolo precedente.
Excursus dalla
primavera a fine aprile del terzo anno dall’arrivo di Linette a Camelot (accenno al Torneo
Annuale).
Riassunto generale: Merlin
è abituato a salvare la vita all’Asino Reale senza che questi se ne accorga, ma
stavolta non tutto va per il verso giusto. Colpito dall’incantesimo del
malvagio Ardof, il nostro mago farà i conti con una
sconvolgente novità: egli si risveglia trasformato in una donna.
Solo Gaius conosce il suo segreto e, finché non troverà il modo di tornare
normale, dovrà inventarsi delle scuse plausibili e prendere
il posto di se stesso al servizio del principe. Come riuscirà a conciliare
questa ‘nuova situazione’? Come si evolverà il suo rapporto con Arthur?
Riassunto delle
ultime puntate: Il malvagio stregone Ardof è
morto, ma la sua maledizione non si è sciolta.Merlin, perciò, fa credere ad Arthur di essere partito alla
ricerca del padre mai conosciuto. Al principe non resta che subire questa sua
scelta, mentre il tempo passa inesorabile, e il suo legame con Linette va
saldandosi sempre più… fino a quando, durante un agguato, lui non scopre che la
sua serva è una strega e lei gli rivela che anche Merlin lo è: questa
sconvolgente confessione, ovviamente, cambia le carte in tavola e li porta ad un nuovo sodalizio: fra magiche soluzioni e imbarazzanti
guai, per i nostri eroi non c’è mai pace… Soprattutto quando il matrimonio di
Morgana sembra inevitabile e Linette confessa ad Arthur che anche sua sorella è
una strega…
Dedico l’aggiornamento a chi ha
recensito il precedente capitolo e invito i lettori silenziosi, se lo
desiderano, a lasciare un segno (che è sempre gradito).
A Delfino97,
Emrys3103, Grinpow, chibisaru81, RavenCullen, chibimayu, paffy333,
misfatto, DevinCarnes, FlameOfLife,
crownless, Burupya, elfinemrys, Barby_Ettelenie_91, sixchan,
Hamlet_, Tappoluna98, strangerinthistown,
Draviran, mindyxx, melleth, aria, crazyclever_aveatquevale,
katiaemrys, Orchidea Rosa e saisai_girl.
E a quanti commenteranno (SE vi
va di recensire anche dei capitoli più indietro di questo, il vostro parere non
andrà perduto!).
Ai vecchi e ai nuovi lettori.
Grazie.
The He in the She
(l’Essenza dentro l’Apparenza)
Capitolo LXXXII
“Arthur… Morgana è una strega!”
La frase vibrò, gravida
di significato, fra le pareti silenziose della stanza, prima di dissolversi.
Ma, anziché mettersi a sbraitare,
dando di matto come Merlin si era aspettato che facesse, il principe sbatté
appena le palpebre.
“Oh, che novità! Io
l’ho sempre detto!” sbuffò il nobile.
“No, Maestà… Io intendo dire… che lei è proprio
una strega! È dotata di poteri magici!”
“Così offendi la mia intelligenza, Lin-Lin”,
puntualizzò lui, facendole un cenno affinché si risollevasse da terra, dov’era
ancora inginocchiata, e prendesse posto sulla sedia
accanto.
“Che… che volete dire?” s’insospettì lo stregone, eseguendo
l’ordine tacito.
“Intendo dire che l’ho sempre saputo! O meglio... non da sempre… ma da un bel po’ di
tempo…” precisò l’erede. “I sogni di Morgana sono sempre stati un po’ troppo
simili agli eventi che li hanno seguiti e… beh, da lì ho intuito che ci fosse
qualcosa di bizzarro in lei. L’importante, però, è che mio padre non si sia mai accorto della
verità”.
Fu il turno del mago di sembrare genuinamente sbigottito
dalla piega presa dagli eventi.
“E perché non me ne avete mai parlato?” domandò, francamente stupito.
“Ho aspettato che lo facessi tu, quando sarebbe stato il momento più opportuno”.
Merlin si sentì in colpa per aver taciuto così a lungo,
soprattutto ora che – nuovamente – il principe gli dimostrava la sua completa
fiducia.
“Mi dispiace di non averlo fatto prima d’oggi… Ma io temevo
che voi… che voi poteste cambiare opinione su di lei…”
Inaspettatamente, Arthur si fece contrito.
“Immagino temessi la mia reazione legata all’uso della sua
stregoneria…” motivò. “E in fondo, mi duole ammetterlo, mi
andava bene così. Tacendo, mi offrivi la possibilità di non pensarci.
Non è molto onorevole, e sapevo che procrastinare il
problema non l’avrebbe migliorato. Ma, per quieto vivere,
ho finto di dimenticare tutto. Mi sono imposto di scordare ogni suo sogno
troppo vivido, a partire da tutti quelli che mi
confidava durante la nostra infanzia, quando le asciugavo le lacrime di paura.
A furia di minimizzare i suoi sfoghi, lei ha semplicemente
smesso di condividerli con me, ma non per questo mi illudo
che siano cessati. Tutt’altro.
Ciò nondimeno, come accadde con te o Merlin, anche lei aveva
qualcosa di strano, qualcosa che non
riuscivo a spiegarmi, ma sentivo che
c’era…”
Fu allora che il mago
comprese. Oltre le parole non dette. Oltre le paure taciute.
Il principe aveva accettato tutto di Morgana – con o senza
poteri –, in nome dell’affetto fraterno che li univa fin dalla nascita.
Ma l’educazione repressiva che gli
era stata impartita – istruito fin da che era in fasce a temere e odiare la
magia – non era semplice da accantonare. Arthur
si era protetto a quel modo. Accogliendo l’eccentricità della sua sorellastra senza darle
il nome che le spettava. Stregoneria.
Perché questo sarebbe stato troppo da sopportare.
Per salvaguardare la sua pace mentale, quel veto era durato
fino a quel momento. Fino all’istante in cui lui, davanti a Linette, aveva dato
un termine a tutto quello. Adesso che i nodi erano venuti al pettine, la verità
gli era stata sbattuta in faccia. E non
si poteva più tornare indietro.
Merlin sentì un nodo stringersi nello stomaco.
Ma allora perché
scoprire Linette lo aveva mandato così in bestia? Cosa
c’era di diverso fra lei e Morgana?
Era colpa del segreto taciuto? La consapevolezza che lei gli
aveva mentito deliberatamente? La fiducia che Arthur sentiva tradita?
L’effettiva pericolosità del suo Potere?
D’accordo… Morgana non
avrebbe mai ucciso nessuno con i suoi incubi, ma…
Forse il principe lesse il turbamento riflesso nei suoi
occhi, poiché, schiarendosi la voce, egli riprese, esitante, come se si
sentisse in dovere di chiarire una cosa importante.
“Prima… prima di scoprire di te… mi ripetevo che la sua non era vera magia… dopotutto, erano solo sogni! Cioè… sogni magici, ma lei
era diversa da tutti i maghi e le streghe che ho veduto fino a quel momento”, motivò. “Poi, dopo la tua rivelazione, ho iniziato… beh, mi sono sforzato di rivalutare un po’ le
cose, piano piano…”
Arthur si era mentito.
Per stare bene. Per venire a patti con se stesso con gli unici mezzi che
possedeva.
Come avrebbe mai
potuto, Merlin, fargliene una colpa?
“Come sai, ho cercato di dissimulare, di sminuire i suoi incubi.
L’ho fatto per proteggerla.
Se avessi dato retta ai deliri di Morgana, avrei attirato
l’attenzione su di lei; ciò nonostante, sapevo che non stava dicendo
sciocchezze…”
“Ma allora… anche con la Bestia Errante, voi…?”
“Non potevo assecondarla, non davanti a tutti.
Ci si aspettava che io partissi per quella missione, e la
sua scenata non poteva cambiare le cose. Se mi fossi spaventato, sarei stato un
codardo. Avrei perso la mia credibilità con tutti e la
fiducia dei miei uomini”.
“Ma avete rischiato di morire!” lo sgridò il servo,
rammentando la propria angoscia e l’atto disperato che aveva compiuto per
salvarlo.
“Rischio di morire ogni giorno, Lin-Lin.
Vivo con la consapevolezza che potrebbe accadere in battaglia, o per mano di un
traditore. È uno scotto inevitabile da pagare”.
“Io non lo permetterò”, dichiarò l’ancella, perentoria.
Arthur non le avrebbe mai concesso di sacrificarsi al posto
suo, ma le sorrise, annuendo con una strana pacatezza accondiscendente. Poi, di
colpo, cambiò argomento.
“Sai che ha profetizzato la tua guarigione, quando hai avuto
quella febbre magica?”
Linette rimase stupita di quella rivelazione, e si fece
raccontare ogni cosa.
E mentre il principe le riferiva di quella visita notturna e
delle parole confortanti della Veggente, Merlin ricordò anche tutte le altre
volte in cui la castellana aveva predetto qualcosa. Non da ultimo, l’erede di Arthur, la bimba primogenita – con i capelli neri come la notte e gli occhi
azzurri – che tanto l’aveva turbato.
Il mago avrebbe voluto dirgli che Morgana, in realtà, sapeva
molte più cose di quante lei fosse, effettivamente, consapevole di conoscere. Ma preferì tacere.
“Parlami del suo Potere…” l’invitò
il giovane Pendragon, strappandolo alle sue
riflessioni, dando voce ad una curiosità trattenuta da troppo tempo.
“Il suo Dono-” iniziò Merlin, ma fu interrotto subito.
“Non lo definirei propriamente un ‘dono’, Linette”, appuntò il nobile, con una smorfia. “Lei esce
sempre distrutta dai suoi incubi…”
“Ma non è colpa del Dono!” ripeté
il mago. “Le sue visioni, le premonizioni, non sono che
una minima parte del suo potenziale inespresso”, premise, condensando in quelle
parole molte delle discussioni avute col suo mentore al riguardo. “Gaius dice che lei, negando a se stessa la sua vera natura, vive
un contrasto interiore logorante. Ella, che è
stata educata a temere la magia, si rifiuta di accogliere una parte
fondamentale di sé. Morgana non ha scelto di avere questo Dono. Come me, essa è nata così.
Se a Camelot
la magia fosse tollerata, potrebbe accogliere il suo Potere, dominandolo
anziché rimanerne soggiogata. Potrebbe vivere più serenamente
e riuscirebbe a sviluppare anche eventuali altre sue capacità prodigiose”.
“Capisco”.
“Ma qui al castello rischierebbe la vita, se il re lo
venisse a sapere…”
“Prima o poi, potrebbe farsi scoprire”, ne convenne
Arthur, pensieroso. “Da tempo rimando questa scelta,
ma la cosa più saggia sarebbe allontanarla da qui. Dopotutto, la volontà di
maritarla potrebbe offrirci l’occasione propizia. Tuttavia, dovrò convincere il
re a darla in sposa a qualcuno che non tema la magia. E non la ostacoli qualora
il suo segreto venisse svelato. Qualcuno che vive
molto lontano da Camelot e
da mio padre…”
“Potremmo scrivere una missiva a Lady Iseree,
chiedendole un consiglio. La sua discrezione non ci tradirebbe… lei e il suo
consorte conoscono sicuramente meglio di noi i regni in cui la stregoneria è
più tollerata”, propose il mago, speranzoso.
“Ritengo sia un’idea utile”, concordò l’erede al trono.
“Trovare un pretendente di larghe vedute ma che sia anche alleato di Camelot e nel frattempo tenere
buono mio padre… e tramare alle spalle di mia sorella… Uh! non
sarà affatto semplice”, ghignò, attingendo alla sua spavalderia, perché non era
da lui compiangersi. “Ci sarà da divertirsi!” annunciò, ammiccando alla sua
valletta. “La cosa buona è che ci vorranno mesi per le trattative… Il tempo è
dalla nostra! Anche se sarà una faccenda estenuante… Alla fine, però, troveremo
un valido sostituto a Lord Fartes!”
Merlin gli sorrise incoraggiante,
annuendo.
“Ce la faremo! Purché Morgana non preveda
anche questo…”
“Se ci rompe le uova nel paniere, la strozzerò personalmente
con le mie mani; così eviteremo inutili roghi e imbarazzanti spargimenti di
sangue”, minacciò l’erede al trono, fingendosi serio e il mago, concordando,
gli offrì il suo aiuto per coprire il misfatto.
***
Nel marzo di quell’anno, seguendo il suggerimento della sua
valletta personale, Arthur aveva intrattenuto una fitta corrispondenza con la
moglie dell’erede al trono che fu di re Alined.
Lady Iseree aveva offerto a Merlin
e al giovane Pendragon due liete novelle per le quali avevano gioito di cuore: l’annuncio di un
primogenito in arrivo per sé e la possibilità concreta di aiutarli – ella si
era infatti rivelata una grande alleata e un’insperata risorsa nella
pianificazione del loro obiettivo.
Una buona occasione per stabilire i primi contatti proficui sarebbe
stata l’annuale Festa di Investitura e il Torneo che ne sarebbe conseguito.
Il principe si era intestardito a tal punto – nel voler
dimostrare di saper gestire i rapporti diplomatici con i regni alleati – che
aveva persuaso suo padre a concedergli l’organizzazione della cosa, come banco
di prova per un futuro governo, sotto lo sguardo scettico del nobile Geoffrey
di Monmouth, il Cerimoniere Reale.
Pur non potendo ragionevolmente escludere alcun cavaliere che
avesse voluto partecipare alla competizione, Arthur e Linette
avevano scelto con cura gli invitati che
loro avrebbero voluto veder presenti.
Certo, tutto questo si era rivelato un ulteriore
aggravio per gli oneri dell’erede al trono, che – per gestire tutto l’allestimento
– non aveva ottenuto paterni sconti sui propri, abituali impegni legati al suo
ruolo di futuro sovrano, cavaliere e capo delle guardie reali.
Merlin, dal canto suo, non poteva usare la sua magia per
alleggerirlo di qualche incombenza, e l’unica cosa in suo potere era assisterlo
in ogni azione e consigliarlo come poteva, sobbarcandosi la regale stanchezza a fine giornata e, alquanto frequentemente, gli asinini
malumori.
“Dubito che Morgana ci ringrazierà mai per aver cercato di sottrarla
ad una vita d’inferno…” considerò Arthur, una sera,
accasciandosi stremato sulla scrivania dopo aver letto l’ennesima missiva di
diniego, da parte di un aristocratico rampollo che lui aveva corteggiato affinché fosse presente alla Giostra. “Questa
cosa mi sta sottraendo anni di vita…”
“Non serve che lei lo sappia. A noi
resterà comunque la soddisfazione di aver compiuto una buona azione!” lo blandì
il mago, raggiungendolo alle spalle. “Se vostra sorella lo venisse a
sapere, ci sopprimerebbe con le sue manine curate, Sire. Ella
porta sempre uno stiletto nascosto
fra le stecche del corsetto, lo sapevate?” minacciò scherzosamente. “Oppure ci
costringerebbe a partecipare ai suoi incontri di ricamo come punizione e, credetemi, quelli sono anche peggio
della morte!” inorridì, allungando le dita sulla nobile schiena per sciogliere
la tensione accumulata con un massaggio. “Adesso vi preparo un buon bagno
ristoratore e-”
“No, ti prego, continua”,
lo supplicò il principe, mugolando di piacere sotto al suo
tocco esperto.
Felice di potersi rendere utile per lui, Merlin si lasciò
sfuggire un sorriso, mentre con rinnovata energia
cercava di dargli sollievo.
Forse ci mise fin
troppo impegno, perché alla fine l’Asino Reale, esausto, si addormentò.
***
Quel che Arthur non avrebbe mai confidato a Lin era che, a furia di pianificare la vita di Morgana in
ogni loro minuto libero, la cosa aveva cominciato a ritorcerglisi
contro, perché aveva iniziato a sognarsela anche di notte.
I suoi incubi lo vedevano talvolta
protagonista di improbabili salvataggi in favore della castellana, tal’altra di
scontri all’ultimo sangue contro pretendenti con fattezze mostruose o, peggio
ancora, egli finiva per sottrarla all’ultimo istante da roghi e pire ardenti,
sotto lo sguardo folle del re, suo padre.
Nella vita reale, però, dove permaneva la sopportazione
reciproca, i loro rapporti si limitavano alle consuete schermaglie e ai
fraterni battibecchi, a cui il principe non si sarebbe
mai sottratto (probabilmente per una qualche forma di masochismo congenito od
orgogliosa asineria), benché – la maggior parte delle volte – fosse la
nobildonna ad uscirne vincitrice su di lui.
Arthur raggiunse il culmine della sopportazione il giorno in
cui, aprendo un cassetto del canterano, per prendere una delle proprie cinture,
vide qualcosa che lì non doveva esserci.
“Linette!” sbottò allora, arrossendo, afferrando l’oggetto
incriminato. “È vero che passi più tempo qui che a casa da Gaius, ma questo… questo non dovrebbero
stare tra i miei vestiti!” si lamentò, sbatacchiando a mezz’aria un
inequivocabile involto di pezza rettangolare.
“Le tue cose sono tue,
in tutti i sensi!” rincarò il nobile. “E poi tu non ci sei mai, qui, quando arriva il Buffone!”
“Difatti, Sire”, lo interruppe il mago, puntando i pugni sui
fianchi. “Quello non è mio. È di vostra sorella, Lady Morgana”.
A quelle parole, Arthur lasciò cadere la stoffa assorbente
come se fosse stato scottato da essa. Poi, scrutandola sconcertato dall’alto al
basso, balbettò un “M-ma... ma…”
“Guinevere mi ha
gentilmente consegnato alcune vostre camicie asciutte dalla lavanderia, e
quell’involto è caduto dalla cesta, per errore, fra i vostri abiti.
Poiché non ritenevo opportuno lasciarlo in
bella vista e in quel momento stavo riordinando quel cassetto, ho pensato di
riporlo lì dentro per il tempo necessario fino alla restituzione”, motivò, con
buonsenso, godendo l’imbarazzo che stava divampando sulle regali gote.
“Ad ogni caso, Milord, questa
stoffa era appena stata lavata – anche se ora non è più pulita, grazie a voi! –
e non è certo impura!” gli appuntò,
chinandosi a raccoglierlo e sventolandolo verso di lui ma, incredibilmente,
Arthur arretrò, con diffidenza mista a sgomento.
“Non morde mica, sapete?” lo prese in giro, sorridendo.
E il principe mugugnò qualcosa, e tuttavia persistette nel
rimanere lontano da qualsiasi contatto.
“Fallo sparire!” ordinò l’Asino, arroccandosi. “Subito!”
precisò. “Posso tollerare il tuo
Buffone, ma non anche quello di… di
Morgana, per la miseria!” sbraitò, uscendosene
dalla stanza anche se in realtà non doveva andare da
nessuna parte.
Nascondendo l’oggetto dello scandalo, Merlin ghignò tra sé.
Arthur rimaneva un
idiota.E certe cose non sarebbero
mai cambiate.
Sinceramente, lo stregone non capiva come mai, se fosse
stato suo, il principe avrebbe fatto meno storie e, saputo che era di Morgana,
aveva reagito così vivacemente.
Forse la cosa
affondava le radici nel loro passato, considerò il servo. Che fosse stata Morgana a traumatizzare per
sempre il suo fratellastro nei riguardi del Buffone?,ma lui, con buona pace della sua
curiosità, non ritenne opportuno investigare.La Veggente
stava già occupando troppe delle loro energie. Niente nuovi vespai sollevati,
per carità!
***
Quando anche l’ultima delle carovane se n’era andata, a Camelot era tornata finalmente la
pace.
E, benché gli fosse costata una fatica immensa, il principe
poteva ritenersi soddisfatto dell’esito raggiunto nel suo piano strategico.
Anzitutto, aveva primeggiato in ciascuna gara del Torneo,
confermando il proprio valore ad ogni spettatore – fra
tutti, a suo padre – e conseguentemente aveva accompagnato la castellana al
Banchetto d’Onore come Campione, prendendosi una notevole rivincita personale
su di lei.
Secondariamente (ma solo per il suo orgoglio), egli aveva avuto
l’occasione di conoscere (e affrontare) di persona alcuni dei candidati che gli
erano stati suggeriti da Lady Iseree e, sebbene
ancora non potesse sapere l’esito finale delle sue
trame, egli poteva sentirsi ragionevolmente positivo al riguardo.
La rosa dei pretendenti si riduceva a tre soli elementi, tre
giovani uomini d’alto lignaggio che vantavano una discreta abilità fisica (se
comparata alla sua, ovviamente), una soddisfacente flessibilità mentale (lui
aveva accettato di avere una sorella strega,
loro avrebbero dovuto fare altrettanto, che diamine!), e – ma questo non era un
criterio soggetto a prioritaria valutazione – una sufficiente bellezza effettiva,
il che non guastava mai (gli aveva ricordato Linette).
Manco a dirlo, Lord Fartes difettava in
ognuno di quei parametri di giudizio.
Ad ogni buon conto, Arthur doveva
riconoscere che Morgana, in tutto il suo fulgido splendore, gli aveva
facilitato non poco il compito di farsi apprezzare.
Ciascun uomo presente al Torneo era rimasto folgorato dalla
sua irresistibile bellezza, mentre ella, compiendo il
suo dovere di castellana, intratteneva gli ospiti con qualche parola cortese,
ricevendo elogi e ammirazione a profusione.
Negli anni passati, l’erede dei Pendragon
aveva disdegnato quel suo modo di pavoneggiare le proprie grazie civettando,
quasi che lei fosse stata una rara mercanzia messa in mostra, ma era giunto il
tempo di fare di necessità virtù, ed egli stesso favorì, in vari modi,
l’avvicinamento e l’avvicendamento dei tre ignari candidati alla sua amata
sorellastra, per saggiarne poi le reazioni.
Dal canto suo, il cavaliere non aveva perso tempo e, prima
del loro commiato definitivo dal castello, aveva invitato – in separata sede –
i tre uomini a tornare presto a Camelot,
per un soggiorno di piacere e un’allettante battuta di caccia da fare tra
gentiluomini.
Insperatamente, suo padre non aveva mai obiettato nulla a
riguardo del suo agire.
Certo, se Arthur aveva creduto che al re fosse sfuggito il suo tentativo di lisciamento, aveva peccato di ingenuità.
Infatti, già all’indomani della conclusione dei
festeggiamenti e delle partenze, il sovrano lo aveva convocato per un lungo
colloquio privato.
Uther non aveva neppure atteso che
il suo erede prendesse posto accanto a lui, e aveva
esordito: “Dunque, hai trovato un pretendente, di tuo gusto, che sia degno di
Morgana?”
Il principe – che pure immaginava che quell’argomento
sarebbe emerso, nel corso del loro incontro – non si era aspettato,
però, quella domanda a bruciapelo.
“Padre…” esalò, preso alla
sprovvista, perché tutto il discorso d’introduzione, che si era mentalmente
preparato, era miseramente saltato.
“Non sono cieco, Arthur”,
lo rimproverò il sovrano, quasi con indulgenza. “Ho compreso fin da subito il movente
celato dietro alla tua richiesta di organizzare personalmente il Torneo di
quest’anno, ed ho acconsentito per metterti alla prova, come tu
stesso hai suggerito di fare”, motivò francamente, per poi riprendere: “Lo
confesso: mi sfugge un’unica cosa, ovvero il perché della fitta corrispondenza che
hai intrattenuto con il principe Edmund, il nipote di quel vile di Alined!” Uther lanciò una lunga
occhiata, ma il figlio cercò di rimanere impassibile. “Egli non è venuto al Torneo,
giusto? E, se non ricordo male, è già
fuori lizza. Non abbiamo persino conosciuto la sua graziosa consorte?”
“Sì, padre. Lady Iseree ci ha
onorato della sua visita lo scorso anno ed ora è in dolce
attesa del loro primo erede”, lo informò.
“Or dunque?” l’incalzò Uther.
“Il principe Edmund ha declinato l’invito di
presenziare alle gare; tuttavia, egli mi ha offerto un vasto resoconto di
valorosi e nobili cavalieri che ho valutato di preziosa utilità”.
“Arriva al punto, Arthur”.
“Ritengo che il Duca Brayden di Blackwood, Lord Heron di Wertheria e il Principe Alec di Drumburgh
possano essere tre ottime scelte a cui offrire la mano
di Morgana”, considerò, impostando nel proprio tono fermezza d’intenti e
ragionevolezza.
Uther parve riflettere attentamente
su queste possibilità, prima di annuire, concorde.
“E tu… su quale punteresti maggiormente l’attenzione?”
Arthur parve stupito di quella domanda, ma in cuor suo aveva
già meditato a lungo la risposta.
“Alec di Drumburgh, senza dubbio”.
“Ma è il più lontano fra i tre luoghi in cui Morgana si
recherebbe a vivere…”
“Tuttavia è un’unione perfetta, padre. Un alleato che difenda i nostri interessi a Nord, oltre il
Vallo Adriano, è ciò che maggiormente serve a Camelot; soprattutto ora, che i Barbari sembrano
intenzionati ad invadere anche le zone limitrofe alla nostra”.
“Sono felice che il tuo affetto per
Morgana non abbia oscurato il tuo senso del giudizio, figliolo.
Gli affari di cuore e gli affari di Stato
sono legati da un fragile equilibrio; ma, quando anche tu siederai su un trono,
capirai quanto – a volte – le scelte più ardue siano le uniche soluzioni”.
Arthur strinse i pugni nascosti sotto al
tavolo, forse per la prima volta
in vita sua, infelice del complimento paterno.
Lui lo faceva per
Morgana, non per il regno.
Se da ciò fosse scaturito qualche altro vantaggio, andava benissimo.
Ma il suo obiettivo primario era un altro. Era la felicità di chi amava.
“Non hai valutato la possibilità di un pretendente più… maturo?” gli chiese il re,
intromettendosi nelle sue riflessioni. “Qualcuno che sappia contenere il carattere esuberante di
Morgana con la propria esperienza…”
“L’unico ammissibile, padre, è re Beyard di Mercia, rimasto
recentemente vedovo della quarta moglie.
Onestamente, non comprendo come mai le sue
spose non sopravvivano mai a lungo…” lasciò cadere nel discorso il principe,
quasi meditando tra sé, ma il suo nobile genitore colse perfettamente
l’allusione.
Malgrado Uther non fosse stato
particolarmente felice di vedersi scartare l’opportunità di avere Lord Fartes come genero e alleato, da buon
stratega qual era aveva riconosciuto che l’operato diplomatico del figlio si
era svolto a regola d’arte e che il principe – lungi dal deluderlo – aveva
intessuto nuovi legami amichevoli che sarebbero stati di beneficio per il
regno.
“Sono propenso a credere che il nobile Alec accetterà di
buon grado un nostro accordo. Mi è parso di notare un pregevole
interesse reciproco fra lui e Morgana”.
Ovviamente non gli avrebbe mai rivelato che –
contemporaneamente alle sue mosse – anche Linette aveva investigato per suo
conto, attraverso le confidenze di Gwen,
sull’opinione che l’ignara principessa di Camelot
nutriva verso i futuri mariti.
“E così lei… se ne andrà talmente lontano…” esalò di colpo
il re, con un’inusuale commozione nella voce. “Non
sarà facile avere sue notizie, né potremo rivederla spesso…”
Arthur non poteva dirgli che, oltre al coraggio e alla bontà
d’animo, era proprio quello il motivo principale per cui la sua preferenza era
caduta sul principe Alec.
Ma il giovane Pendragon
sapeva che, a suo modo, il padre aveva amato e amava sinceramente la sua
sorellastra.
Prova ne era il fatto che lei fosse
ancora con loro.
Molte fanciulle nobili, anche parecchio
più giovani di lei, venivano cedute quanto prima dalla famiglia d’origine con
doti cospicue in cambio di vantaggiosi patti.
Uther non aveva mai sfiorato quel pensiero, e
Arthur gliene dava atto.
Ma se il re di Camelot
avesse atteso ancora a darla in sposa, nei regni vicini ci si sarebbe chiesto il
perché. Si sarebbe iniziato a sparlare di lei, a dubitare cose spiacevoli.
Ormai, quell’unione
sembrava inevitabile.
“Hai fatto un buon lavoro, figliolo”, lo lodò Sua Maestà,
con una pacca sulla spalla e uno dei suoi rari elogi.
Arthur gli sorrise, quasi impacciato,
senza sapere bene cosa dire. Ma ovviamente la
questione non era finita.
“E tu, figlio mio? Tu, che sei il mio erede… Quando pensi di iniziare a programmare il
tuo matrimonio?” lo interrogò, serio.
“Abbiate pazienza, padre. Scoverò la persona perfetta per regnare
al mio fianco a Camelot…” lo
rassicurò. “Allora, solo allora, mi
sposerò”.
Continua...
Disclaimer:I
personaggi di Merlin, citati in questo racconto, non sono miei; appartengono
agli aventi diritto e, nel fruire di
essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.
Viceversa, i personaggi originali
inseriti in questa fic – in passato, ora e in futuro
– sono esclusivamente miei. In particolare, nel prossimo capitolo ne troveremo
un paio che amo come la signora Rosy del Giglio Bianco. *commozione materna*
Ringraziamenti:
Un abbraccio alla mia kohai e a Laura, che subiscono
le mie paranoie. X°D E un grazie a Tao, per il betareading.
Note: D’accordo. Credo,
ragionevolmente, che non molti di voi si aspettassero una reazione così da
parte di Arthur, ma – come ho detto più volte – in questa fic
il principe saprà stupirci in positivo e in negativo, perché è umano come
tutti, e quindi non perfetto, anche se ci piace pensare il contrario.
Ecco, le mie motivazioni verso questa scelta sono già
spiegate dentro al capitolo (per bocca sua o nei
ragionamenti di Merlin), perciò non mi dilungo oltre.
Solo come promemoria: ricordo che questa fic
è innestata dopo la fine della prima stagione, quindi non si saprà mai che
Morgana è davvero la sorellastra di
Arthur. Nella mia storia, lei rimane solamente la protetta del re (quindi solo Uther sa la verità).
Io ho sempre sostenuto che Uther abbia
amato davvero i suoi figli – anche se nel modo sbagliato, il più delle volte.
La sua sofferenza era straziante quando la vita di Arthur o
Morgana è stata in pericolo, e basti pensare che è impazzito
di dolore al tradimento della figlia. Infine, è morto sacrificandosi per
salvare Arthur. Ha commesso i suoi errori, non nego ciò, ma in questa fic ho cercato di lasciare un po’ di umanità in lui. Come
quando ha permesso ad Arthur di riposare con Linette dopo la grande febbre, ora
si commuove, intristito, al pensiero di doversi separare da Morgana.
Nel capitolo c’è un riferimento all’episodio 1x13 “La morte
di Arthur” e alla Bestia Errante.
E al lontano cap. 26, al sogno di
Morgana.
Lord Fartes di Grilvonia
è un personaggio originale che ho creato per quest’occasione.
Anche i nomi dei tre pretendenti li ho inventati di sana
pianta, mentre la localizzazione di Drumburgh è un
dato storico. Era uno dei luoghi dove sorgeva un castrum
romano lungo la linea del Vallo Adriano, per difesa
dai nemici. L’ho scelto perché, stando alla localizzazione topologica del mito
arturiano, è molto lontano da Camelot.
Precisazioni al
capitolo precedente e domande varie: (a random)
- Arty e la gelosia non andranno
mai d’accordo, ma qui è soprattutto paura che chi si ama possa soffrire.
Arthur, oltre che geloso, era spaventato a morte che qualcosa potesse accadere
a Lin, per questo ha reagito così fortemente.
- Qualcuno l’ha notato: ho ripescato dai vecchi capitoli il nostro Blaise, ennesimo tributo ad HP.
- Il legame tra Arty e Lin è sempre più forte, ma non smetteranno mai di litigare
un po’. XD.
- Riguardo la reazione di Linette, ci
sono più considerazioni da fare a riguardo:
1. Merlin ha visto la morte in faccia durante il
rapimento e in altri momenti, per lui un alterco dentro a Camelot
non ci si avvicina minimamente ad un pericolo estremo.
2. Merlin ragiona ancora come un uomo. Non ha capito il pericolo reale, anche
se ha un corpo di donna. Al contrario di Arthur (che era terrorizzato dalle
possibili conseguenze di ciò che poteva accedere o era appena accaduto), il
mago credeva di poter aggiustare tutto da solo.
3. Merlin è troppo ingenuo. U.U
- Sono contenta che Arty vi sia
sembrato IC! *_*
- Leggendo i vostri commenti, noto che allo stalliere
poteva andare ben peggio di così! XD
Mi sa che 10 minuti con voi
sarebbero una punizione molto più terrificante che stare con l’Asino Reale
infuriato!!
- A domande specifiche, ho risposto direttamente sotto la
recensione.
Vi metto BEN QUATTRO
anticipazioni del prossimo capitolo (che sembrerà un filler, e invece ci darà
molti assaggi e spiegazioni fondamentali):
Maggio era ormai alle porte, quando il principe e la sua
valletta personale – prendendo una meritata pausa dalle trame nuziali per
Morgana – avevano deciso che potevano concedersi una lunga battuta di caccia –
un intero giorno lontani dal castello, da obblighi e
doveri, da allenamenti e missive e pretendenti. Un giorno di agognata libertà.
(...)
Quando anche un pezzetto di formaggio galleggiò a mezz’aria
fra loro, egli sorrise divertito.
Fu il rumore di un ramo secco calpestato – a pochi passi dal
luogo in cui erano – a rompere l’incanto e, mentre il formaggio cadeva a terra
e Arthur si girava di scatto, capirono entrambi di non essere soli.
Quello che li stupì
più di tutto fu scoprire chi fosse
l’inatteso incontro.
Due bambini li stavano fissando a qualche iarda di distanza,
immobili come loro, e forse altrettanto stupiti.
Fu il piedino del bimbo più piccolo – non poteva avere
certamente più di cinque primavere – che, spezzando un altro ramo con le
scarpine, ruppe la stasi.
La ragazzina di poco più grande – la sorellina,
probabilmente – lo teneva per mano, scrutando guardinga il principe di Camelot.
Poi, inaspettatamente, quando i suoi occhietti da cerbiatto
si posarono su Linette, la valletta la vide distintamente sussultare,
spalancando la bocca incredula.
‘Emrys!’ si sentì chiamare mentalmente, con un
tono di sorpresa ed entusiasmo genuino.
(...)
“È un gufo-”
“Kaley mi ha detto che si chiama
Anacleto e ritengo che starebbe bene impagliato nella Sala del Trono!” lo
interruppe Arthur, stimando l’immaginario scenario.
“…magico…”
“Eh?” Il principe fece una smorfia, adocchiando scettico il
pennuto.
“… e capisce quello
che gli dite”.
“Ah!”
Il gufo, infatti, emise un bubolio
seccato.
“E non gli siete simpatico!” terminò Merlin, ridacchiando.
“Pretende le vostre scuse…”
“Le mie… cosa?!” saltò su il Babbeo Reale, innervosendosi. “Manco morto!”
(...)
“Il popolo druido si rivolge al Venerabile con l’appellativo
che gli spetta, giovane cavaliere”, s’intromise la vecchia, sorprendendoli.
“Chiedo perdono per non avervi salutato come si conviene al vostro rango,
nobile Pendragon. Ma dovete
comprendere che io sono in attesa di questo giorno, di questo incontro, sin dal mio concepimento e l’emozione ha
confuso il mio vecchio cuore”, gli confidò, discolpandosi, concentrandosi poi
su Merlin: “Emrys, l’Immortale”, lo chiamò la donna, con solennità. “Il vostro
nome è scritto nelle stelle: Colui che guiderà il
Prescelto verso Albion”.
“Ma io non sono immortale! Ho rischiato la morte più volte e-” farfugliò lo scudiero,
affrettandosi a smentire, confuso e spaventato dalle implicazioni che una sola
parola sbagliata avrebbe potuto portare, sconvolgendo il suo equilibrio nel
rapporto con Arthur. Dannazione,
non sarebbero mai dovuti arrivare lì.
“Non sottovalutate il vostro Potere,
giovane mago. Il Destino non può sbagliarsi sullo stregone più potente
al mondo; eravate atteso fin dalla notte dei tempi…”
lo redarguì l’anziana, con la stessa inflessione – e parole dannatamente simili
a quelle – del drago.
Avviso di servizio
(per chi segue le altre mie storie):
Postata la one-shot ‘Brotherhood’ (preserie/prequel, kid!fic).
Il cap 5 dellaficModern!AU ‘Waiting for you’.
Campagna di Promozione
Sociale - Messaggio No Profit:
Dona l’8‰
del tuo tempo alla causa pro recensioni.
Farai felici milioni di scrittori.
(Chiunque voglia
aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio
crede) Come sempre, sono graditi commenti,
consigli e critiche costruttive.
SPOILER FREE: Ricordo che questa storia NON contiene/conterrà
volutamente alcuno spoiler della quinta stagione; eventuali coincidenze sono
appunto casuali coincidenze (è già successo e succederà in capitoli che ho già
pronti)
SPOILER FREE: Ricordo che questa storia NON
contiene/conterrà volutamente alcuno
spoiler della quinta stagione; eventuali
coincidenze sono appunto casuali coincidenze (è già successo e
succederà in capitoli che ho già pronti).
Linea temporale: Riferimenti
diretti al capitolo precedente.
Fine aprile del terzo
anno dall’arrivo di Linette a Camelot.
Riassunto generale: Merlin
è abituato a salvare la vita all’Asino Reale senza che questi se ne accorga, ma
stavolta non tutto va per il verso giusto. Colpito dall’incantesimo del
malvagio Ardof, il nostro mago farà i conti con una
sconvolgente novità: egli si risveglia trasformato in una donna.
Solo Gaius conosce il suo segreto e, finché non troverà il modo di tornare
normale, dovrà inventarsi delle scuse plausibili e prendere
il posto di se stesso al servizio del principe. Come riuscirà a conciliare
questa ‘nuova situazione’? Come si evolverà il suo rapporto con Arthur?
Riassunto delle
ultime puntate: Il malvagio stregone Ardof è
morto, ma la sua maledizione non si è sciolta.Merlin, perciò, fa credere ad Arthur di essere partito alla
ricerca del padre mai conosciuto. Al principe non resta che subire questa sua
scelta, mentre il tempo passa inesorabile, e il suo legame con Linette va
saldandosi sempre più… fino a quando, durante un agguato, lui non scopre che la
sua serva è una strega e lei gli rivela che anche
Merlin lo è: questa sconvolgente confessione, ovviamente, cambia le carte in
tavola e li porta ad un nuovo sodalizio: fra magiche soluzioni e imbarazzanti
guai, per i nostri eroi non c’è mai pace… Soprattutto quando il matrimonio di
Morgana sembra inevitabile e Linette confessa ad Arthur che anche sua sorella è
una strega…
Dedico l’aggiornamento a chi ha
recensito il precedente capitolo e invito i lettori silenziosi, se lo desiderano,
a lasciare un segno (che è sempre gradito).
E a quanti commenteranno (SE vi
va di recensire anche dei capitoli più indietro di questo, il vostro parere non
andrà perduto!).
Ai vecchi e ai nuovi lettori.
Grazie.
The He in the She
(l’Essenza dentro l’Apparenza)
Capitolo LXXXIII
Maggio era ormai alle porte, quando il principe e la sua
valletta personale – prendendo una meritata pausa dalle trame nuziali per
Morgana – avevano deciso che potevano concedersi una lunga battuta di caccia –
un intero giorno lontani dal castello, da obblighi e
doveri, da allenamenti e missive e pretendenti. Un giorno di agognata libertà.
Partendo da Camelot
alle prime luci dell’alba, non avevano stabilito un percorso preciso o una meta
designata: si erano limitati a razziare un po’ di cibo dalle cucine reali e poi
erano fuggiti al galoppo verso la strada che conduceva nella foresta.
Dopo aver cavalcato per quasi una veglia intera, il nobile Pendragon ritenne che fosse giunto il momento di continuare
a piedi, poiché sembravano essersi allontanati a sufficienza da casa.
Linette, che non aveva nulla da obiettare, si caricò in
spalla la propria sacca e le armi; poi, dopo aver legato i cavalli al pascolo, si inoltrarono nei boschi verso quella che, a tutti gli
effetti, era iniziata come una normale, tranquilla escursione che non avrebbe
riservato sorprese.
***
Fu durante una delle
loro soste che avvenne l’incontro imprevisto.
Arthur si era lasciato cadere ai piedi di un grosso tronco e
Merlin si era accomodato accanto a lui, dissetandosi dalla propria borraccia,
con l’intenzione di godersi la fresca brezza che arieggiava il sottobosco.
“Desiderate qualcosa da mangiare?” chiese poi, con le mani
già sulla sacca dei viveri.
Il principe, con le palpebre socchiuse, gettò una sbirciata
distratta alla posizione del sole che filtrava tra i rami.
“Non manca molto a mezzodì”, rifletté. “Ma
effettivamente non sento molto appetito… potremmo pranzare alla prossima pausa.
Riesci a resistere o la fame ti ammazzerà prima, miopiccolo mucchietto d’ossa?”
le domandò, con un sorriso sfrontato a cui Linette
rispose con un’irriverente linguaccia.
“Nel caso io svenissi, potreste sempre portarmi in-”
“Shh!” la interruppe il nobile, sollevandosi
di colpo e allontanandosi dal tronco, lanciando un’occhiata guardinga tutt’attorno
a loro mentre estraeva la propria spada. “Mi pareva di aver udito qualcosa…” le
bisbigliò. Ma non v’era
nulla di sospetto.
“Vi sarete sbagliato!” considerò il
mago, facendo spallucce, prima di cambiare idea e di estrarre dalla bisaccia un
tozzo di pane. “Sicuro che non ne volete neppure un pezzetto?” offrì,
sventolando il cibo fra loro.
“Beh, un morso non mi ucciderà!” concesse il principe,
rinfoderando l’arma, mentre la sua ancella, con un piccolo incantesimo, faceva
fluttuare verso di lui metà della pagnotta che egli afferrò al volo, addentandola
con gusto.
Quando anche un pezzetto di formaggio galleggiò a mezz’aria
fra loro, egli sorrise divertito.
Fu il rumore di un ramo secco calpestato – a pochi passi dal
luogo in cui erano – a rompere l’incanto e, mentre il formaggio cadeva a terra
e Arthur si girava di scatto, capirono entrambi di non essere soli.
Quello che li stupì
più di tutto fu scoprire chi fosse
l’inatteso incontro.
Due bambini li stavano fissando a qualche iarda di distanza,
immobili come loro, e forse altrettanto stupiti.
Fu il piedino del bimbo più piccolo – non poteva avere
certamente più di cinque primavere – che, spezzando un altro ramo con le
scarpine, ruppe la stasi.
La ragazzina di poco più grande – la sorellina,
probabilmente – lo teneva per mano, scrutando guardinga il principe di Camelot.
Poi, inaspettatamente, quando i suoi occhietti da cerbiatto
si posarono su Linette, la valletta la vide distintamente sussultare,
spalancando la bocca, incredula.
‘Emrys!’ si sentì chiamare mentalmente, con un
tono di sorpresa ed entusiasmo genuino.
Grande fu lo stupore di Merlin, quando anche il bimbo, impiegando
pochi istanti più di lei, ripeté ugualmente entusiasta: ‘Emrys!’ trascinandola di peso verso di lui,
incurante del nobile Pendragon che a malapena si era
accorto del turbamento della sua ancella, ancora troppo sorpreso che quei due
marmocchi fossero riusciti ad avvicinarsi a tal punto senza che lui se ne
accorgesse.
L’uomo d’arme che era si stava rimproverando di non aver
colto il possibile pericolo con i suoi sensi allenati.
“Emrys!” lo chiamò di nuovo la bimba –
stavolta con la voce –, appena arrivati davanti a loro, in un misto di deferenza
ed incredula eccitazione, sotto lo sguardo sgomento
dello stregone.
Senza dubbio, erano
entrambi dotati di poteri magici, ma come diamine avevano fatto a riconoscerlo?, si chiese
Merlin, fermo come una statua di sale.
“Stanno parlando con te?” l’interrogò
il cavaliere, sollevando un aristocratico sopracciglio, preoccupandosi poi del
pallore della sua valletta.
“Linette, ti senti be-?”
“Venerabile Emrys!” ritentò la ragazzina, compiendo un maldestro inchino
davanti allo scudiero, imitata dal fratellino. “Vi prego!
Vi prego, venite con noi!” lo supplicò, allungando le manine per aggrapparsi ad un lembo della sua manica e Merlin, ancora così turbato,
si lasciò afferrare.
“Ma che dia-!” Arthur soffocò un’imprecazione all’ultimo istante,
dopo aver incrociato l’espressione basita della sua serva, o forse per rispetto
dei fanciulli presenti.
E, poiché sembrava che la sua valletta avesse perso la
lingua, prendendo in mano le redini della faccenda, egli si rivolse
direttamente alla bambina.
“Senti, tu”, l’apostrofò, senza sapere bene come proseguire.
“Mi chiamo Desmedia, signore”, gli venne incontro lei,
presentandosi. “E quello è il mio fratellino Kaley”, chiarì,
annuendo alla volta del piccino che se ne stava timidamente in disparte.
“Beh, Desmedia”
riprese il principe, un po’ infastidito dall’essere stato interrotto. “Lei è Linette, la mia servitrice personale, e non è Emrys – o come diavolo l’hai
appena chiamata –, mi hai capito?”
Ma la ragazzina, nient’affatto
turbata dalla cadenza perentoria dell’Asino Reale, alzò il naso lentigginoso
verso di lui.
“Siete in errore, signore”,
lo corresse, stringendo nuovamente, con più forza, la stoffa che la univa ancora
al mago. “È Emrys,
non posso sbagliarmi!”
Fu allora che, con un brivido di terrore, Merlin comprese il
pericolo in cui si era cacciato. Arthur
non avrebbe mai dovuto sapere di lui! No, non così!
“S-sire…” balbettò,
intromettendosi fra loro, richiamando l’attenzione di entrambi. “È una questione complicata… legata
alla mia magia! Ve lo
spiegherò dopo!” motivò, lanciandogli uno sguardo speranzoso, con la flebile
illusione che l’altro desistesse dal perseverare e, nel
contempo, chiese mentalmente alla bimba di non chiamarlo ancora così. Inaspettatamente, come se quello fosse stato
un ordine perentorio, ella ubbidì.
“E dove sono i vostri genitori, di grazia?!” pretese di sapere il nobile
Babbeo, anch’egli seguendo insperatamente l’invito dell’ancella.
“Sono al nostro accampamento!” spiegò Desmedia,
come se fosse ovvio. “Dove volevamo condurre l’OnorabileEmrys e voi!”
L’erede di Camelot
e lo scudiero si confrontarono silenziosamente, con un’unica occhiataccia.
“Non dovremmo lasciarli qui da soli… potrebbero perdersi…”
appuntò lo stregone, con buonsenso, ma assai poco desiderio. “D’altra parte,
Maestà… questi sono bambini druidi e anche la loro famiglia lo è…” gli appuntò,
preparandolo spiritualmente a quello che avrebbero dovuto affrontare, poiché talvolta
la magia era ancora un terreno franoso nella mente dell’Asino Reale.
“Linette… non dobbiamo per forza seguirli…” rispose il principe,
quasi incerto. “Sono sicuro che sapranno ritrovare la strada che hanno appena percorso…”
‘Venerabile Emrys, vi prego, venite!’ lo
incalzò la bimba, pressandolo col pensiero, in tono supplice. E anche il
fratellino si accodò al muto appello.
Con un sospiro rassegnato, di fronte a quei due visetti
speranzosi, Merlin capitolò.
“D’accordo”, esalò infine, strappando loro un enorme sorriso
sdentato e un grido d’infantile esultanza.
“Lin-Lin… credo di essermi perso
qualcosa…” le fece notare il nobile Somaro, grattandosi la nuca.
“Sire, li accompagneremo dai loro parenti e poi proseguiremo
la nostra caccia…” gli rese noto il mago, aspettandosi
di dover combattere di fronte la sua contrarietà.
E difatti il Babbeo spalancò le braccia
sbottando: “Oh! Hai già deciso tutto! Ogni tanto, serva impudente, ti farebbe bene
rammentare chi comanda fra noi due!”
rilevò risentito, per consolare l’amor proprio. Eppure, un istante dopo,
egli raccolse le proprie cose e si adattò a seguire quei due marmocchi. “Avanti, andiamo”.
Linette gli sorrise, grata, sopprimendo con
quel gesto ogni suo nuovo tentativo di protesta.
Poi, scortata con una solennità tutta speciale, ella si vide affiancare dai due bambini che, afferratala per
mano, con le loro gambette svelte e gesti eccitati, la invitavano a seguirli.
***
L’accampamento non era altro che un ammasso confusionario, una manciata di tende piantate alla rinfusa al limitare di
un piccolo ruscello che scorreva placido accanto ad una stretta radura immersa
nella foresta.
Merlin dovette riconoscere che la scelta del luogo era
perfetta: incassata fra due fronti collinari, era nascosta eppure confortevole.
Se non ci fossero stati i piccoli druidi a guidarli, probabilmente lui e Arthur
non si sarebbero neppure accorti di quella presenza e, senza dubbio, era anche
merito di un potente incanto di camuffamento.
La prima persona che videro, approssimandosi,
fu una vecchia seduta ricurva su un ceppo, intenta a scaldarsi davanti al fuoco
del bivacco.
Ancora di lontano, ella parve
scorgerli, poiché sollevò stancamente il viso rugoso verso di loro.
“Nonna! Nonna!”
urlarono i bambini, notandola.
“Grande Madre!” esclamò ella, con
voce antica e quasi polverosa. “Le stelle mi avevano rivelato il vostro
arrivo…” e, quando il mago e il principe furono abbastanza vicini, l’anziana –
che si era levata in piedi per accoglierli – piegò le stanche ginocchia,
inchinandosi davanti a loro.
L’erede dei Pendragon, gonfiando
il petto, pensò che la vecchina l’avesse riconosciuto e lo stesse omaggiando, poiché non capitava tutti i giorni di trovarsi
davanti ad un principe.
“Venerabile Emrys…” disse invece la
donna, con una strana commozione intrisa nelle parole. “Oh! Potente stregone!È un
privilegio avervi qui”.
A quel punto, mentre Lin
impallidiva trasalendo, l’Asino Reale strabuzzò gli occhi, ritenendo che quella
vecchia fosse pazza. Come poteva, anche
lei, confondere Linette con…
Solo dopo che l’anziana ebbe alzato il capo, entrambi videro
che aveva le pupille lattee. Era cieca.
“Onorabile mago, venite, venite ad
accomodarvi! Voi e anche il vostro compagno…” li
invitò, arrancando, per colpa della senilità, in direzione di un tronco
piallato poco distante.
“Desmedia, Kaley:
richiamate la nostra gente”, ordinò poi, fintanto che il cavaliere afferrava la
sua valletta per un braccio e, senza tanta delicatezza, confabulava con lei,
comunicandole i propri dubbi.
“Lin, costei parla come se tu
fossi un maschio!”
“È perché… perché si rivolge al mio spirito, al mio Dono, non al mio corpo!” smozzicò
lo stregone, con la prima scusa che gli era passata
per la mente, sperando di risultare convincente.
“Mmmhh…” mugghiò difatti
l’aristocratico padrone, dubbioso. “E perché diamine anche lei ti chiama con
quel nome strano?”
“Il popolo druido si rivolge al Venerabile con l’appellativo
che gli spetta, giovane cavaliere”, s’intromise la vecchia, sorprendendoli.
“Chiedo perdono per non avervi salutato come si conviene al vostro rango, nobile
Pendragon. Ma dovete comprendere
che io sono in attesa di questo giorno, di
questo incontro, sin dal mio concepimento e l’emozione ha confuso il mio
vecchio cuore”, gli confidò, discolpandosi, concentrandosi poi su Merlin: “Emrys, l’Immortale”,
lo chiamò la donna, con solennità. “Il vostro nome è scritto nelle
stelle: Colui che guiderà il Prescelto verso Albion”.
“Ma io non sono immortale! Ho rischiato la morte più volte e-” farfugliò lo scudiero, affrettandosi
a smentire, confuso e spaventato dalle implicazioni che una sola parola
sbagliata avrebbe potuto portare, sconvolgendo il suo equilibrio nel rapporto
con Arthur. Dannazione, non sarebbero
mai dovuti arrivare lì.
“Non sottovalutate il vostro Potere,
giovane mago. Il Destino non può sbagliarsi sullo stregone più potente
al mondo; eravate atteso fin dalla notte dei tempi…”
lo redarguì l’anziana, con la stessa inflessione – e parole dannatamente simili
a quelle – del drago.
‘Vi supplico,
chiamatemi Linette!’ la implorò mentalmente, benché gli stesse a cuore
capire come mai, pur essendo stato riconosciuto, la sua maledizione non si fosse
spezzata. ‘Oppure finirò nei guai! Il
principe non sa la verità!’
Mentre la druida annuiva, condiscendente, all’improvviso una
decina di persone spuntò dal nulla, chi con della legna in mano, chi con delle
erbe medicinali in un cesto, chi con un bambino in braccio.
“L’Immortale! È davvero l’Immortale?!” sussurrava la gente e squittivano i bimbi tutti, avvicinandosi come le api richiamate dal
miele, secondo Arthur.
“Non credevo di vivere con una persona così illustre!”
borbottò allora, guardandosi attorno meravigliato.
“Neanch’io sapevo di essere tanto
celebre…” ammise Merlin, frastornato da tante attenzioni richieste in
simultanea.
“Vi diamo il benvenuto nella nostra famiglia, Onorabile Emrys”, esordì, con orgoglio, un uomo che – di primo
acchito – avrebbe potuto ricoprire il ruolo di capovillaggio.
Al suo inchino, la piccola comunità druida si zittì e lo
imitò, facendo imbarazzare oltremodo il povero Merlin.
“Vi prego, no! Non
serve!” si schermì lui, pregandoli di rialzarsi.
“Ora che ciascuno di voi ha veduto, fratelli, tornate alle vostre occupazioni”, intervenne la vecchia
matriarca, e tutti si dispersero all’istante, seguendo il suo pacato ordine.
Un momento prima, il mago e il principe erano al centro dell’attenzione e l’attimo dopo rimanevano solamente
l’anziana, l’uomo che aveva parlato, Desmedia e Kaley, tenuti per mano da una donna – sicuramente la loro
madre.
“Mio figlio Kleen, sua moglie Mistral
e i miei nipoti, che voi avete già conosciuto”, espose,
additandoli. “Il mio nome invece è Dhara”, si
presentò infine. “E saremmo lieti di condividere insieme il nostro umile pasto
di mezzodì, se vorrete onorarci della vostra presenza”.
Arthur lasciò un’occhiata interrogativa alla sua valletta e
Merlin non ebbe dubbi.
“Devo parlare con lei, Sire. Di Albion. Del futuro. Devo capire”, lo supplicò quasi e, poiché anch’egli era
ragionevolmente coinvolto nella cosa, acconsentì a rimanere.
***
Non v’era stata carne al loro desco
– poiché i Druidi consideravano sacra la vita di ogni animale e non avrebbero
mai ucciso una bestia per cibarsene –, eppure furono omaggiati con i migliori
frutti della terra e con ciò si sfamarono a sazietà.
Fu così che le due metà della stessa medaglia vennero a
sapere che quella comunità era in viaggio – e avrebbe attraversato le terre dei
Pendragon – per giungere verso Merciaed unirsi ad un altro gruppo molto più numeroso e
festeggiare così la
Ricorrenza di Beltane – quell’anno
straordinariamente propizia, poiché avrebbe coinciso con il plenilunio a
mezzanotte.
Merlin sentì divampare il calore sulle guance, ricordando
un’altra festa dell’Antica Religione e quel soggiogante potere, mentre il suo
corpo ancora rammentava il ruggire della magia nelle sue vene e l’effetto
inebriante – delizioso e deleterio – che aveva vissuto tre anni addietro.
Quella Festa di Litha sarebbe stata indimenticabile, per molte ragioni. E
questa, che coincideva col plenilunio, sarebbe stata ancor più forte. Come
sarebbe stato lasciarsi andare e concedersi ad essa?
Per un lungo istante, il mago invidiò quei Druidi e la
libertà che avevano. Poi, pentendosene, si distolse dai
suoi pensieri, e ascoltò di come il piccolo gruppo viaggiasse sotto copertura: essi
dissimulavano con degli incanti la loro presenza e, quando era inevitabile, chi
non aveva poteri magici li vedeva come una semplice carovana nomade di
passaggio. Nelle città, essi si fingevano mercanti di stoffe e questo concedeva
spostamenti tranquilli.
Mancava solo un paio di giorni all’inizio del quinto mese e perciò
avrebbero concluso presto quella tappa del loro
viaggio.
Dopo che Kleen e Mistral ebbero
chiarito questo, soddisfacendo la loro curiosità, la vecchia Dhara si risollevò stancamente dal legno su cui era seduta
e fece un cenno allo stregone, con la sua mano rugosa.
“Venerabile”, abbozzò. “Vorrei mostrarvi alcuni amuleti di
guarigione che ho prodotto. Vorreste cortesemente seguirmi, per pochi istanti,
nella mia tenda?”
Merlin gettò un’occhiata preoccupata al principe, ma egli –
benché vagamente a disagio – le accordò con uno sguardo il permesso di
assentarsi.
E appena furono lontano da orecchi indiscreti, egli non
perse tempo e diede voce allo strazio che lo tormentava fin dal primo istante
in cui i bimbi lo avevano chiamato col suo nome, riconoscendolo.
Le chiese come mai, prima
di quel momento, altri stregoni non l’avessero identificato per ciò che era e, se
lei e tutti i Druidi presenti potevano vedere la sua reale natura, perché la
sua maledizione non era stata spezzata?
Dhara si fece raccontare ogni cosa
e gli rivelò che, lungo i loro spostamenti fra i Cinque Regni, avevano udito
voci incerte sulla morte del malvagio Ardof, uno
stregone che aveva concesso al Male il proprio cuore.
Ma nessuno aveva saputo realmente come fossero andate le
cose, poiché a Camelot la
magia era bandita e loro non si avventuravano mai volentieri in quei territori.
Ella raccontò anche di come Fenrir
avesse torturato alcuni Druidi – così le era stato detto – per ottenere una
guarigione miracolosa del negromante. Ma a quel
maleficio mortale non vi era rimedio, così come ai suoi effetti riflessi sul
corpo del servo che era divenuto una donna.
Secondariamente, per rispondere alla sua domanda, la vecchia
disse che bisognava essere favoriti da un grande Dono per cogliere l’essenza di
una persona tramutata; perciò pochi maghi avrebbero potuto farlo e, in quella
comunità, si praticava una vita mistica e lo spirito di alcuni, fra essi, risultava con ciò particolarmente sensibile.
“Non tutte le persone presenti oggi, Onorabile Emrys, vi hanno visto realmente per ciò che siete. Ma hanno colto impercettibilmente la verità che, ve lo posso
assicurare, rimarrà fra noi. Nessuno dei miei fratelli vi tradirà mai”, giurò. “Tuttavia,
non siamo in grado di guarirvi”.
Allorché Merlin le riferì le parole
del drago, ella inaspettatamente concordò.
Poiché era stata la magia a rivelare loro la natura dello
stregone, essi non avrebbero potuto rompere il sigillo.
La matriarca era convinta che vi fosse un’unica persona – una persona
speciale – in grado di compiere quel miracolo.
“Una persona che non possegga la stregoneria, figliolo...” gli disse, dimostrandosi improvvisamente materna,
anziché deferente con lui. “Poiché, in questo caso, il nostro Dono è un
ostacolo, non un aiuto”.
“Voi dite che il mio Potere è così grande; ma come è possibile, se io non riesco neppure a ritrasformare
me stesso?” sbottò lui, amaro.
“Io vedo ciò che sarete un giorno: il più grande mago di
tutti i tempi!” ribadì la donna, con solennità.
“Abbiate fede, poiché la strada è lunga e insidiosa…” lo avvertì. “Ma al momento propizio… ogni cosa si aggiusterà”.
Stranamente rincuorato, il mago le
sorrise.
“Ora è tempo che io vada, altrimenti il principe si
spazientirà!” si scusò, quasi contrito.
La matriarca, tuttavia, parve riflettere ancora.
“Andategli incontro, se lo desiderate. Ma
aspettate ancora qualche attimo a congedarvi. Vorrei farvi un
dono… tuttavia, devo prima raccogliere la concentrazione”.
Egli allora uscì dalla tenda, e raggiunse il giovane Pendragon che scrutava con interesse un gufo appollaiato
poco sopra la sua testa, che lo esaminava – a sua volta – in modo torvo.
“È un gufo-”
“Kaley mi ha detto che si chiama
Anacleto e ritengo che starebbe bene impagliato nella Sala del Trono!” lo
interruppe Arthur, stimando l’immaginario scenario.
“…magico…”
“Eh?” Il principe fece una smorfia, adocchiando scettico il
pennuto.
“… e capisce quello
che gli dite”.
“Ah!”
Il gufo, infatti, emise un bubolio
seccato.
“E non gli siete simpatico!” terminò Merlin, ridacchiando.
“Pretende le vostre scuse…”
“Le mie… cosa?!” saltò su il Babbeo Reale, innervosendosi. “Manco morto!”
“Date retta a me…” gli bisbigliò allora, con fare
cospiratore. “Non è il caso di irritare un essere prodigioso come questo…
potrebbe trasformarvi in un topolino… o in uno scoiattolo dal pelo rosso e poi
mangiarvi!”
Arthur fulminò la bestiaccia che lo fissava di rimando con i
vividi occhi gialli, in attesa.
“Vi porgo le mie più sentite…”
L’animale non attese che finisse il discorso e spiccò il
volo, scomparendo tra i folti alberi.
“Non voleva le mie scuse?!”
s’alterò allora il nobile Somaro.
Linette nascose un sorrisetto divertito. Non gli avrebbe mai detto cosa in realtà
aveva pensato il gufo di lui.
“Beh… Forse ha apprezzato l’intento!”
“Venerabile!,” s’intromise fra loro
una delle donne intraviste prima. “Oh, Venerabile, potreste invocare la Buona Sorte sui miei
figli?” supplicò, mettendo sotto al naso due bimbetti
ricciuti.
E, seppur con imbarazzo, Merlin, non sapendo dire di no, lo
fece, imponendo le mani sul capo di entrambi, pronunciando una formula
beneaugurante che colmò la madre di felicità.
“Venerabile”, lo richiamò la vecchia cieca, prima che tutto
il clan chiedesse ulteriori consacrazioni. ‘Emrys’.
Con Arthur al seguito, Merlin le si
accostò, un istante prima di congedarsi, per ricevere l’offerta che lei
gli aveva promesso.
Ma la strega, con un’agilità sorprendente per la sua età, gli
afferrò la mano sinistra, sollevandola a mezz’aria fra le sue, sfiorando, con
l’indice rugoso della destra, il suo palmo mancino, come se lo
stesse ispezionando.
“Sei… no, sette”, si
corresse. “Sette virgulti sbocceranno. È il vostro dono al mondo”, dichiarò, sollevando gli occhi vuoti su
di lui; e Arthur, che gli era giusto di fianco, sussultò, come se fosse stato
trapassato dallo sguardo della vecchia. Ma era
cieca e non sarebbe potuto accadere. Se
l’era certamente immaginato.
“Cosa… significa?” chiese Merlin, turbato.
“A tempo debito, capirete”, rispose ella,
sibillina. “Ed ora benedite anche me, Venerabile Emrys. Affinché io possa raggiungere e
oltrepassare le Porte di Avalon, quando sarà giunta
la mia ora”.
La Veggente
non aveva ancora lasciato la sua mano che era tra le proprie, e così il servo
sovrappose anche l’altra, stringendogliele con affetto e poi, colto da un
improvviso istinto, si chinò sull’anziana donna, abbracciandola. “Che la pace
sia con voi”, le bisbigliò all’orecchio.
Ed ella pianse silenziose lacrime
di gratitudine.
“Che la
Grande Madre vi assista”, li congedò, voltando loro le
spalle.
E finalmente partirono per tornare a casa.
Continua...
Disclaimer:I
personaggi di Merlin, citati in questo racconto, non sono miei; appartengono
agli aventi diritto e, nel fruire di
essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.
Viceversa, i personaggi originali
inseriti in questa fic – in passato, ora e in futuro
– sono esclusivamente miei; a parte Desmedia, che
voglio regalare alla miakohai!
<3
Ringraziamenti:
Un abbraccio alla mia kohai e a Laura, che subiscono
le mie paranoie. X°D
E un grazie a Tao, per il betareading.
Note: L’unico 7 che commenterò è che mancano 7 capitoli alla fine. XD
Sono davvero, davvero curiosa di
leggere le vostre interpretazioni a riguardo e si raccolgono (illecite)
scommesse, ma – mi dispiace – non posso chiarire tutto, come faccio di solito.
Una profezia è sempre nebulosa e come tale va accettata…
Da qui in avanti, potrei avvalermi del ‘no
comment’ nel caso in cui dovessero uscirmi spoiler
troppo grossi come risposta. Non prendetevela a male, è solo che non voglio
rovinarvi la sorpresa, ora che manca così poco alla fine!
Come ormai sapete dai capitoli precedenti, la festa di Beltane cade il 1° maggio.
L’inserimento del gufo Anacleto mi fu chiesto da asche nel lontano cap. 16.
Credo che lei non segua più questa fic,
ma ci tenevo ad accontentare lei e altri che mi chiesero di Anacleto, quando
citai Semola e la ‘Spada nella Roccia’.
Per puntiglio: il verso del gufo è bubolare,
non gufare. XD
Ho scritto la bozza di questo capitolo anni fa, durante la
seconda stagione inglese di Merlin, prima che avessimo a che fare con i tanti Druidi
delle successive stagioni.
In particolare, mi colpì molto come il
piccolo Asa (Mordred
bambino) riuscisse a comunicare mentalmente con Merlin.
Successivamente, il fatto che i Druidi
pronunciassero ‘Emrys’ e lo trattassero con riverenza
mi ha avvalorato l’idea di questo capitolo (riferimenti nella 4x04 “Aithusa”, nella 4x07 “The Secret Sharer”,
nella 5x10 “The KindnessofStrangers”, ecc…); mi piaceva raccontare di qualcuno
che finalmente riconoscesse pubblicamente il suo valore.
Non do spoiler ma, come immagino
saprete, al nome “Emrys” viene dato comunemente il
significato di ‘immortale’ e lì mi sono fissata.
Come detto, il capitolo è stato scritto secoli prima della
5x12-5x13, ma penso possiate cogliere paralleli e discrepanze
su: immortalità, magia non-magia, poteri illimitati e non.
Questo concetto dell’immortalità sarà ripreso anche nel
seguito “Linette 2”.
Credo che nel capitolo tutto si spieghi, compreso perché non
si sia rotta la maledizione, anche se Merlin è stato riconosciuto.
Nel caso vi siano rimasti dubbi, chiedete pure! ^^
Precisazioni al
capitolo precedente e domande varie: (a random)
- Sono davvero contenta che la reazione di Arthur vi abbia
stupito in positivo! *_*
- In questa fic ci tengo
particolarmente a continuare il legame fraterno di Arty
e Gana, sono felice che anche voi lo apprezziate!
- E sì, anche Uther, a suo modo,
ha un cuore…
- Forse Merlin non avrebbe dovuto rivelare il segreto di
Morgana, ma l’ha fatto a fin di bene, per aiutarla, quindi è anche difficile
fargliene una colpa.
- Arty non si rassegnerà mai al
Buffone! XD
- Vorrei scusarmi se vi ho messo ansia, il discorso sul
matrimonio di Arthur era generico, così come la domanda di Uther.
Per ora, concentriamoci solo sulle nozze di Morgana. ^^
- In questa fic, le uniche volte
in cui Merlin è stato egoista... si sono rivelate un danno (tipo cancellare i
ricordi dell’Asino, ricordate?) quindi... prepariamoci ai guai!
- A domande specifiche, ho risposto direttamente sotto la
recensione.
Vi metto BEN TRE anticipazioni
del prossimo:
Merlin si trovava
chissà dove, nel mondo, e Arthur non aveva potuto neppure dirgli addio.
E assurdamente, più lui guardava Linette e più riusciva
ancora a scorgere in lei quelle stesse somiglianze con
il suo servo idiota che, agli albori della loro conoscenza, ne avevano
decretato l’indiscutibile parentela.
Pur sapendo ora che tutto quello non era vero, pur
riconoscendo che loro due erano effettivamente
due persone distinte, e non legate da vincoli di sangue, ancora adesso si
meravigliava di come il sorriso di Lin fosse identico
a quello di Merlin, di come lei lo canzonasse allo stesso modo –
quell’irriverenza inaccettabile che si era, ahilui!, aggravata negli anni – e di come fosse così dannatamente
semplice perdersi in quegli occhi del medesimo colore.
Ma quella somiglianza gli faceva male. Certi
giorni era un dolore assurdo.
Era come avere Merlin
accanto, ma non era Merlin. Non davvero.
(...)
Nel momento esatto in cui aveva capito l’interessamento del
principe per Linette, le parole del drago gli erano rimbombate, incessanti,
nella mente.
Arthur era quella
persona che aveva visto oltre le apparenze, che aveva imparato ad accettare
e infine ad amare la sua valletta al di là delle
convinzioni sociali dettate dal loro rango – serva e padrone, popolana e nobile
–, l’amava anche se era una strega che praticava la magia e, per fare questo,
l’erede dei Pendragon aveva sfidato tutti i suoi
convincimenti. Tutte le certezze che gli erano state inculcate fin dalla
nascita.
Questo era un segno,
senza dubbio, si disse il mago.
Arthur, amandolo in modo totale e assoluto, avrebbe rotto la
maledizione. Ne era certo.
(...)
Merlin non avrebbe mai saputo come, ma prima di capire cosa
stesse succedendo davvero, si era ritrovato steso sotto al
principe, con le mani callose di Arthur che vagavano sulla sua pelle
nuda, incendiandola, accompagnate da altrettanti baci roventi e un’insospettabile
delicatezza nei gesti.
Il mago quasi non si accorse di star tremando per l’aspettativa e il timore – non si era mai spinto tanto in là
con nessuno, e sicuramente non avrebbe mai immaginato che la sua prima volta
sarebbe stata così – ma aveva donato la propria vita ad Arthur molto tempo
addietro, perciò in quel momento non gli sembrava così strano offrirgli anche
il proprio corpo.
E allora finalmente
sarebbe tornato in sé, pensò, e
avrebbe potuto vivere accanto al suo principe per sempre.
Fu l’ultima riflessione coerente, poi la frenesia ebbe il
sopravvento soverchiando ogni pensiero razionale.
[Cercherò di aggiornare poco dopo
il compleanno di Linette, impegni permettendo.]
Avviso di servizio
(per chi segue le altre mie storie):
Aggiornato
il cap. 6 della ficModern!AU ‘Waitingforyou’.
Con una settimana di ritardo, ma eccomi a festeggiare con voi il 4°
compleanno di Linette
Con una settimana di ritardo, ma
eccomi a festeggiare con voi il 4° compleanno di Linette!
Grazie infinite a tutti voi, che
seguite e amate questa storia, molti addirittura dal primo capitolo!
Grazie per i vostri pareri, grazie
per il sostegno e l’affetto che dimostrate a me e alla mia fic,
siete davvero preziosi e vorrei abbracciarvi tutti, anche quelli con cui non ho
mai interagito direttamente, ma so che mi seguono.
Avrei voluto offrirvi un pezzetto
tutto gioia e festeggiamenti, ma siamo qui… poco prima della fine, e questo è,
in ogni modo, un capitolo cruciale.
SPOILER FREE: Ricordo che questa storia NON
contiene/conterrà volutamente alcuno
spoiler della quinta stagione; eventuali
coincidenze sono appunto casuali coincidenze (è già successo e
succederà in capitoli che ho già pronti).
Linea temporale: Riferimenti
al capitolo precedente.
Fine estate del terzo
anno dall’arrivo di Linette a Camelot.
Riassunto generale: Merlin
è abituato a salvare la vita all’Asino Reale senza che questi se ne accorga, ma
stavolta non tutto va per il verso giusto. Colpito dall’incantesimo del
malvagio Ardof, il nostro mago farà i conti con una
sconvolgente novità: egli si risveglia trasformato in una donna.
Solo Gaius conosce il suo segreto e, finché non troverà il modo di tornare
normale, dovrà inventarsi delle scuse plausibili e prendere
il posto di se stesso al servizio del principe. Come riuscirà a conciliare
questa ‘nuova situazione’? Come si evolverà il suo rapporto con Arthur?
Riassunto delle
ultime puntate: Il malvagio stregone Ardof è
morto, ma la sua maledizione non si è sciolta.Merlin, perciò, fa credere ad Arthur di essere partito alla
ricerca del padre mai conosciuto. Al principe non resta che subire questa sua
scelta, mentre il tempo passa inesorabile, e il suo legame con Linette va
saldandosi sempre più… fino a quando, durante un agguato, lui non scopre che la
sua serva è una strega e lei gli rivela che anche Merlin lo è: questa
sconvolgente confessione, ovviamente, cambia le carte in tavola e li porta ad un nuovo sodalizio: fra magiche soluzioni e imbarazzanti
guai, per i nostri eroi non c’è mai pace… Soprattutto quando il matrimonio di
Morgana sembra inevitabile e Linette confessa ad Arthur che anche sua sorella è
una strega…
Dedico l’aggiornamento a chi ha
recensito il precedente capitolo e invito i lettori silenziosi, se lo desiderano,
a lasciare un segno (che è sempre gradito).
E a quanti commenteranno (SE vi
va di recensire anche dei capitoli più indietro di questo, il vostro parere non
andrà perduto!).
Ai vecchi e ai nuovi lettori.
Grazie.
The He in the She
(l’Essenza dentro l’Apparenza)
Capitolo LXXXIV
Quello fu un periodo
strano.
Da che avevano parlato con la vecchia Dhara,
lui e Arthur avevano aggiunto un nuovo tassello alla consapevolezza che il loro
destino – Albion e il futuro leggendario che sembrava
inciso nella storia del mondo – non era solo una folle visione della valletta
reale ma un progetto immenso – glorioso e spaventoso al contempo – che loro non
avrebbero potuto ignorare.
Tutti quei Druidi, inginocchiati per rendere omaggio a
Linette e al suo Potere, avevano impressionato il principe e forse lo avevano
anche un po’ intimidito, ma al contempo avevano reso reale tutto quello, compreso il suo ruolo cardine, volente o nolente, in quel piano eroico.
Quando era stata Lin a
parlargliene, lui aveva compiuto una specie di atto di fede.
In lei. Nei suoi
discorsi visionari e idealistici. MaAlbion era rimasto solo un concetto bellissimo e lontano. Immaginario.
Tuttavia, dopo le parole della Veggente, era divenuto
certezza.
Irrevocabile.
Dhara e la sua gente gli avevano offerto la
conferma che inconsciamente cercava fin da quel primo momento in cui aveva
udito la pianificazione del suo futuro per bocca dell’ancella reale.
Costruire Albion era il suo destino. E lui sapeva che non avrebbe potuto sfuggirgli.
E se fosse stata Linette a condurlo ad
esso, non si sarebbe opposto.
Perché era un cavaliere, un futuro re, un uomo d’onore.
Eppure, questa nuova consapevolezza aveva portato il
principe a riflettere, a riaprire certe porte – che la sua mente aveva sprangato
con catenacci arrugginiti, pur di proteggersi dal dolore. E il suo cuore aveva
ritrovato vecchie ferite mai del tutto rimarginate.
Vi era una parte di lui che ancora
sperava nel ritorno di Merlin, – il servo idiota e devoto, il primo stregone
che lo aveva salvato e aiutato, il primo amico che il Fato gli aveva messo
accanto per quella sua vitale missione.
Merlin, che se n’era
andato un giorno qualunque di tre anni addietro.
Merlin, che da allora
non aveva più dato sue notizie.
Merlin, che forse non
sarebbe mai più tornato da lui.
Come Linette aveva ipotizzato, con l’andar delle stagioni,
quel portale di comunicazione fra i due maghi si era assottigliato sempre più,
fino a scomparire.
Merlin si trovava
chissà dove, nel mondo, e Arthur non aveva potuto neppure dirgli addio.
E assurdamente, più lui guardava Linette e più riusciva
ancora a scorgere in lei quelle stesse somiglianze con
il suo servo idiota che, agli albori della loro conoscenza, ne avevano
decretato l’indiscutibile parentela.
Pur sapendo ora che tutto quello non era vero, pur
riconoscendo che loro due erano effettivamente
due persone distinte, e non legate da vincoli di sangue, ancora adesso si
meravigliava di come il sorriso di Lin fosse identico
a quello di Merlin, di come lei lo canzonasse allo stesso modo –
quell’irriverenza inaccettabile che si era, ahilui!, aggravata negli anni – e di come fosse così dannatamente
semplice perdersi in quegli occhi del medesimo colore.
Ma quella somiglianza gli faceva male. Certi
giorni era un dolore assurdo.
Era come avere Merlin
accanto, ma non era Merlin. Non davvero.
Andandosene, quell’idiota gli aveva regalato un fardello
enorme con cui convivere. Era come se gli avesse lasciato un pezzo di sé, un
ricordo di com’era.
In ogni gesto che compiva Lin, il cavaliere
poteva ancora rammentare i movimenti goffi del suo scudiero. Ed ogni cosa che lei sapeva fin dall’inizio,
d’accordo, gliele aveva spiegate e insegnate Merlin, ma questo non alleggeriva
il peso della sopportazione dell’erede al trono. Arthur era sinceramente affezionato a
Linette, eppure avrebbe dato qualsiasi cosa fosse stata in suo potere per
riavere anche Merlin accanto a sé.
Il principe aveva passato giorni, settimane, mesi cullandosi
in false speranze e delusioni, arrovellandosi in questo tormento interiore e
segreto, poiché non avrebbe potuto sfogarsi con nessuno.
Era Linette la sua confidente e con lei parlava di tutto, certo. Ma questa volta lei era parte in causa della
faccenda e l’oggetto della questione era troppo delicato per evisceralo insieme.
***
Poi, semplicemente, le
cose erano cambiate.
Pian piano, l’attesa aveva lasciato posto alla rassegnazione
nella sua mente, e le primavere che si erano succedute avevano fatto il resto.
Merlin rimaneva ormai un sottile, costante dolore che gli
pungeva il cuore, a tradimento, nei momenti più impensabili – nel profilo
assorto di Linette, o in una frase di lei che Arthur
avrebbe giurato sarebbe stata sua.
Ma Merlin era divenuto anche un ricordo. E
Linette era la sua quotidianità.
Il giovane Pendragon non avrebbe
mai saputo dire come, o quando, le cose erano cambiate. Eppure, dentro di lui,
era nata una nuova consapevolezza ed una nuova battaglia
era iniziata.
***
L’erede al trono sbadigliò pigramente.
Nel bel mezzo della foresta, Linette se ne stava
semisdraiata contro un tronco, in un momento di pausa dalla calura del pomeriggio.
Quella caccia era stata provvidenziale,
contro l’afa che attanagliava Camelot.
Accanto a lei, Arthur sbadigliò di nuovo.
“Non avete dormito neppure stanotte”, disse la serva, e non era una domanda.
Il principe si limitò ad
un’occhiata veloce e non rispose.
“Potete riposare un po’, farò io la guardia!” gli propose
allora e stranamente l’Asino non protestò; posò la sua nobile testaccia dura
contro la corteccia dell’albero e chiuse gli occhi pesanti.
Poco dopo, il mago lo sentiva già respirare in modo
profondo, segno che aveva ceduto all’agognato sonno.
Tuttavia, sapeva che Sua Maestà non dormiva mai in modo
composto e, a conferma di ciò, la zazzera scivolò sulla sua spalla ossuta e
Merlin si rilassò, sapendolo più stabile.
Ma il principe si mosse ancora,
perdendo l’appoggio, il capo calò verso il suo seno.
Fu allora che l’ancella ne accompagnò gentilmente la caduta,
fino al suo grembo.
Arthur si lasciò guidare docilmente, senza destarsi.
Quella cosa stava
andando avanti da un po’ e il mago non sapeva cosa tormentasse, da diverse
notti, il sonno del suo signore, e se ne dispiaceva.
Osservava pensieroso quella testa bionda, quasi potesse
leggervi dentro, e fu allora che si accorse di come i capelli fossero particolarmente
arruffati, come se fossero stati in sintonia con i
pensieri ingarbugliati del loro padrone.
Il servo ripensò con una fitta di nostalgia a come, durante
ogni bagno del Babbeo, era toccato a lui occuparsene.
Da quando era arrivata Linette e
Arthur si lavava da solo, i suoi capelli erano ridiventati ribelli e crespi.
E pensare a quanto
tempo aveva sprecato, lui, per districarli!, rimuginò con rammarico, infilando
per istinto le dita tra le ciocche sottili e sciogliendone gentilmente i nodi.
Perso in quei pensieri, non smise neppure quando il lavoro
poteva dirsi concluso. Solo quando s’accorse
che il movimento delle sue dita era diventato una semplice carezza, si fermò di
colpo. In quell’istante esatto egli incontrò gli occhi del principe, che
sembravano – ma non osavano – chiedergli perché avesse smesso.
Il cavaliere mosse le labbra sussurrando un qualcosa che
Merlin non colse.
“Cosa?” domandò allora, curvandosi in avanti per favorire la
comprensione della risposta e Arthur in quel mentre si allungò di scatto verso
di lui e lo baciò così, a tradimento.
Fu solo uno sfiorarsi
di labbra e poi la testa del principe ricadde sul suo grembo.
I loro sguardi si fusero, entrambi increduli e scombussolati
da ciò che era accaduto.
“Ecco perché non dormo di notte”, soffiò allora il nobile,
un misto di affetto e rassegnazione.
E Merlin gli afferrò il viso e si chinò di nuovo e lo baciò
lui, stavolta. Un bacio vero.
“Ecco perché siete un Asino!” lo rimproverò, inframmezzando
le parole a gentili tocchi fra le loro labbra. “Dovevate dirmelo prima…”
Il sorriso di Arthur –
che sembrava quasi imbarazzato, se non fosse che un Pendragon
non si imbarazzava mai – divenne grande come il mondo.
***
Da quel momento, era stato tutto un susseguirsi di piccole
premure, di fiori regalati e labbra depredate negli anfratti bui dei corridoi
del castello.
E occhi sognanti, tenere
parole e irrinunciabili battibecchi.
“Questi stivali hanno una soletta troppo rialzata, Sire”, borbottò
la valletta, alzandosi sulle punte dei piedi per sistemare meglio il colletto della
casacca del principe, in paziente attesa davanti a lei.
“Oppure sei tu che sei piccolina”, la punzecchiò,
benché sapesse che non era vero. Linette era più alta della media, anche se di
poco.
Pur facendogli la linguaccia in
risposta, quando la serva ebbe finito la vestizione, indugiò quasi casualmente
sulle spalle del nobile, in una affettuosa carezza.
Arthur intercettò la sua mano destra con la propria, e con
un gesto delicato se la portò alle labbra, per baciarne il palmo, osservando il
delizioso rossore che si colorava sulle gote di lei.
Merlin non lo deluse, sentendosi avvampare fin sulle
orecchie, eppure non ci avrebbe mai rinunciato. No, per niente al mondo.
***
Innamorarsi di Arthur,
per Merlin, non era stato affatto difficile. Il grosso
era stato accettarlo.
Una parte di lui aveva perfino il
sospetto che fosse accaduto sin dal loro primo incontro. Da quella prima,
memorabile litigata in cui si erano azzuffati e lui l’aveva chiamato Asino
Reale.
C’era voluto poco, per capire che il Babbeo era uno
sbruffone dal cuore d’oro; un po’ viziato, forse sì. Ma fondamentalmente
nascosto da una facciata dietro cui proteggersi.
E poi lo stregone si era rimboccato le maniche, per limare
con pazienza e costanza tutti gli spigoli mentali e caratteriali di quel Somaro
coronato. Era il suo dovere, il suo
compito. La sua missione.
Il mago non avrebbe
mai saputo dire come, ad un certo punto, le cose
fossero cambiate.
Era stato un processo graduale, ma
incessante.
Preparargli l’acqua calda per il bagno non era più un
dovere, ma un piacere.
Fargli trovare i suoi dolci preferiti non era
più un dovere, ma un piacere.
Accompagnarlo in ogni dove, persino a caccia, non era più un
dovere, ma un piacere.
Rimbeccarlo per ogni cosa non era più- uhm, no, quello era sempre stato un piacere.
Merlin non sapeva quand’era successo. Ma la sua devozione era diventata amore. O forse lo era sempre stato.
E se anche alla Locanda del Giglio Bianco egli aveva trovato
il coraggio di dargli un nome, non significava affatto
che le cose si sarebbero evolute in suo favore.
Il mago si era persuaso che il suo padrone non l’avrebbe mai
ricambiato. Ci aveva sperato, sì. Ma non si era mai illuso su questo.
Ed ora che tutto ciò era reale – un
piccolo, grande miracolo ai suoi occhi –, egli era del tutto intenzionato a
goderne a piene mani.
Il processo d’innamoramento di Arthur era stato assai
diverso dal suo, nei tempi e nei ritmi, ma altrettanto tormentato. Capire e
accettare di provare certi sentimenti per la sua serva non era stato facile per
il principe. Non con l’ombra di Merlin
che pesava su di loro.
Eppure, alla fine,
anch’egli aveva ceduto all’inevitabile.
***
Fino a quel momento, nei pochi giorni in cui avevano disvelato reciprocamente la loro affezione, Arthur e Merlin si erano scambiati solo baci fugaci e sfuggevoli tenerezze
rubate, concordando tacitamente di non affrettare alcunché; ma forse,
ingenuamente, non avevano fatto i conti con la fame dell’uno per l’altro che stava
crescendo inesorabilmente.
Di veglia in veglia, entrambi cercavano di ignorare – quel
formicolio che sentivano sulla pelle, ogni volta che
entravano in contatto – quella tensione che scorreva fra loro sempre più.
Poi, una sera, divenne
semplicemente troppo forte. Come una diga scricchiolante, che aveva ceduto sotto
la pressione di una forza inarrestabile.
Era bastata una carezza, un bacio
della buonanotte, un pretesto banale. E
la scintilla aveva innescato l’incendio.
Arthur – intuendo l’inevitabile epilogo e imponendosi
contegno – aveva cercato di mandarlo via, ma Merlin si era rifiutato di
andarsene. E da lì, le cose erano
precipitate.
Nel momento esatto in cui aveva capito l’interessamento del
principe per Linette, le parole del drago gli erano rimbombate, incessanti,
nella mente.
Arthur era quella
persona che aveva visto oltre le apparenze, che aveva imparato ad accettare
e infine ad amare la sua valletta al di là delle
convinzioni sociali dettate dal loro rango – serva e padrone, popolana e nobile
–, l’amava anche se era una strega che praticava la magia e, per fare questo, l’erede
dei Pendragon aveva sfidato tutti i suoi
convincimenti. Tutte le certezze che gli erano state inculcate fin dalla
nascita.
Questo era un segno,
senza dubbio, si disse il mago.
Arthur, amandolo in modo totale e assoluto, avrebbe rotto la
maledizione. Ne era certo.
Lui non l’aveva programmato per quella sera, tutto era
successo troppo in fretta. Forse... forse
era stata quasi opera di un incantesimo.
Merlin non avrebbe mai saputo come, ma prima di capire cosa
stesse succedendo davvero, si era ritrovato steso sotto al principe,
con le mani callose di Arthur che vagavano sulla sua pelle nuda, incendiandola,
accompagnate da altrettanti baci roventi e un’insospettabile delicatezza nei
gesti.
Il mago quasi non si accorse di star tremando per l’aspettativa e il timore – non si era mai spinto tanto in là
con nessuno, e sicuramente non avrebbe mai immaginato che la sua prima volta
sarebbe stata così – ma aveva donato la propria vita ad Arthur molto tempo
addietro, perciò in quel momento non gli sembrava così strano offrirgli anche
il proprio corpo.
E allora finalmente
sarebbe tornato in sé, pensò, e
avrebbe potuto vivere accanto al suo principe per sempre.
Fu l’ultima riflessione coerente, poi la frenesia ebbe il
sopravvento soverchiando ogni pensiero razionale.
Mentre si aggrappava alle spalle del nobile, circondandolo
con le gambe nella smania del momento, Merlin si perse nei meandri del piacere.
***
Mancava almeno un’altra veglia all’alba, quand’egli si
risvegliò.
Tra le lenzuola – le stesse che tante volte aveva lavato,
stirato e cambiato, improvvisamente così estranee da scombussolarlo –
riemersero i ricordi della sera precedente, fino al punto in cui entrambi erano
crollati, esausti.
Merlin percepiva il corpo rassicurante di Arthur stretto al
suo, il respiro quieto che gli solleticava il collo, i suoi piedi grandi che
gli trasmettevano tepore, scaldando i propri, intirizziti; le mani del principe
– quelle stesse mani che lo avevano riempito di
attenzioni e godimento – abbandonate mollemente sul suo fianco ossuto e sul suo
seno.
Merlin deglutì l’amaro boccone, mentre scostava da sé, con
delicatezza, le braccia dell’amante e si risollevava seduto sul materasso.
I lunghi capelli sciolti andarono ad accarezzargli la
schiena nuda, mentre egli nascondeva il viso tra le ginocchia raccolte e
soffocava il pianto e le lacrime.
Tanto più aveva sperato che quella notte di passione fosse
la soluzione al suo problema, quanto più ora cadeva nel baratro della
disperazione.
Allora non era vero.
Il drago, Merlin lo sapeva, non poteva essersi sbagliato.
Perciò… restava una sola risposta.
Egli strizzò gli occhi, incassando il colpo.
Era tutta una bugia.
Era una menzogna che Arthur amasse Linette, che l’accettasse per quello che era!
Merlin si fece scappare un singulto, mentre si tappava la
bocca a forza per non urlare la sua dilaniante sofferenza. Si morse a sangue le
labbra, ma il sapore metallico non aiutò. Tuttavia, non avrebbe mai tollerato
che il principe si svegliasse proprio in quel momento. Non aveva la forza per
affrontare un confronto con lui. Si sentiva prosciugato di ogni energia.
Persino la magia dentro di lui sembrava imbrigliata,
stordita dagli eventi.
Lo stregone allontanò piano le coperte, scivolando giù dal
letto a baldacchino.
Sussurrò un incantesimo e il suo abito si risollevò da
terra, indolente, con una lentezza quasi esasperante.
Con docilità, Merlin si lasciò vestire dal suo incanto.
Mancava però all’appello il nastro con cui doveva legare la treccia. Con la
vista appannata dalle lacrime, nella penombra della camera, egli cercò sul
pavimento, nel caos che avevano generato la sera prima, intanto che si
spogliavano incuranti di tutto fuorché di se stessi.
Aveva rinunciato a scovarlo, in quel mentre non ricordava
alcun incantesimo d’appello.
Egli sgusciò via dalla stanza, rincuorato dal fatto che il
principe dormiva ancora.
***
Appena il portone si fu richiuso fra loro, Arthur spalancò
gli occhi.
L’aveva sentita piangere, erano state le sue lacrime a
destarlo.
Ma, pur sentendosi un codardo, non
aveva avuto il coraggio di dirle che era sveglio.
La reazione di Linette lo aveva così scosso che si era
ritrovato impreparato e sconcertato.
Credeva che quella notte passata assieme fosse stata voluta anche da lei, ma quelle lacrime di rammarico
potevano avere un’unica motivazione.
A malincuore, il
principe si persuase che la fanciulla si fosse pentita
di essersi concessa a lui.
Arthur scostò le lenzuola, dove una
macchiolina cremisi testimoniava quella sua perduta verginità, il loro peccato.
Poi si passò una mano sugli occhi, con stizza e rabbia. E
impotenza. E amarezza.
Non sarebbero più potuti tornare indietro. Egli non sarebbe
riuscito a restituirle l’innocenza che le aveva sottratto, anche se avesse
voluto farlo con tutte le sue forze.
Una parte di lui sentì anche il
peso della delusione, in fondo allo stomaco, pesare come un macigno.
Arthur sentiva d’amarla davvero, si era unito a lei perché
lo trovava giusto e bello, ma forse Linette non era realmente pronta, forse… forse non lo ricambiava altrettanto
intensamente.
Raccogliendo, tra le coperte, la fettuccia che le aveva
tolto sciogliendole i capelli, rievocò il loro profumo, la morbidezza. Li aveva
accarezzati a lungo, quando lei si era addormentata. Li aveva vezzeggiati,
pettinati con le dita, si era illuso
di poterne sentire l’odore ancora e ancora, da quel momento in poi.
Rammentò anche le parole di suo padre, benché dette anni addietro, con sadica precisione.
‘Incapricciarsi di una
serva porta solo a guai.E tu sei un
uomo d’onore, non fare idiozie’.
A quel tempo, c’era mancato poco che ridesse in faccia al
vecchio Uther.
Ma non l’aveva fatto, poiché gli doveva rispetto, e dato che in fondo il genitore parlava nei propri interessi,
in quelli suoi, e soprattutto in quelli del regno.
Arthur gemette il proprio sconforto.
Perché dannazione non
gli aveva dato retta?
Perché se ne ricordava
solo ora, che il danno era fatto?
Si sentì vile e meschino.
Con che temerarietà
l’avrebbe guardata negli occhi?
Non voleva allontanarla, ciò nondimeno… Se separarsi fosse
servito a risparmiarle almeno un’umiliazione, era pronto a dispensarla dai suoi
servigi in quello stesso istante. Tuttavia, se il Destino di
lei era quello di proteggerlo per il bene di Camelot,
Linette avrebbe fatto qualsiasi cosa per portarlo a termine, lo sapeva.
Sapeva che era
cocciuta e testarda. Niente l’avrebbe dissuasa.
Perciò, non rimaneva
che un’unica cosa da fare.
***
Anche Gaius dormiva ancora, quando Merlin scivolò nella
propria stanzetta senza fare rumore.
Il suo lettuccio non gli era mai parso così freddo e
desolante, ma egli vi si abbandonò sopra, spossato. Adesso che nessuno poteva
sentirlo, lasciò che il pianto sfogasse, stringendosi contro il cuscino.
Non sarebbe mai più
tornato normale. Questa nuova certezza gli stritolava il cuore, facendogli
mancare il respiro.
Se neppure Arthur c’era riuscito, non ci sarebbe mai stato
nessun altro, al mondo, che avrebbe potuto cogliere l’essenza dentro l’apparenza insita in lui.
E il peggio era che il suo amore per il principe, che aveva
percepito vivo e palpitante, rimaneva ancora, benché
altrettanto forte e doloroso. Non poteva
smettere di amarlo, malgrado tutto.
Con tutta probabilità, invece, l’altra metà di quella
dannata medaglia provava solo dell’attrazione carnale per Linette, un’infatuazione
prepotente che aveva seguito, lasciandosi travolgere. E questo desiderio di Arthur era stato sincero,
sì. Ma mancava tutto il resto. Mancava la parte più importante.
E il senso di tormento
e quello di affetto litigavano dentro di lui, frantumandogli l’anima.
Merlin si nascose al mondo, coprendosi con un braccio gli
occhi.
E d’improvviso lo sentì. Forte. Prepotente.
Sulle mani. Sui polsi.
Nell’incavo dei gomiti. Sulla sua spalla chiara. Tra i seni.
L’odore di Arthur. Sulla pelle. Su di sé. Ovunque.
Molto più forte, molto più familiare di come lo ricordava.
Di come aveva imparato a riconoscerlo.
Come se fosse inciso sulla carne.
Il dolore era
insopportabile.
E il mago pianse. Ancora, e ancora.
Dopo un tempo infinito, Merlin respirò a fondo, cercando di
calmarsi.
Gli sarebbe rimasto al
fianco, decise. Lo avrebbe amato comunque, non poteva impedirselo.
Ma a questo punto non avrebbe mai detto
la verità al principe. Non voleva rischiare di perdere anche quel poco che
aveva.
Linette aveva vinto.Su tutti i fronti. Merlin decise che avrebbe rinunciato ad ogni ulteriore tentativo. Avrebbe vissuto nei suoi panni femminili fino
alla morte.
***
L’alba era sorta da un pezzo, quando Merlin si diede una
sistemata veloce ed uscì per prendere in mano i cocci
della propria vita.
Bastò una sola occhiata perché Gaius capisse che qualcosa
non andava.
Ma ebbe la delicatezza di non chiedere.
Se il suo figliolo
avesse voluto parlarne con lui, l’avrebbe fatto a tempo debito.
Fecero così colazione in silenzio, il mago in realtà
sbocconcellò solo, distrattamente, due pezzetti di pane, e poi, con la scusa
che si era già fatto tardi, era corso via.
Irrazionalmente, sperava che Arthur fosse ancora
addormentato, anche se non accadeva più da un sacco di tempo.
Il punto era che non sapeva che dire.
Linette era lì, davanti al portone da cui era fuggita
qualche ora prima, con il caos più totale in testa e la certezza che il
principe non le avrebbe fatto sconti.
Chissà come aveva
preso la sua fuga? Merlin sperò ardentemente che Sua Maestà non si fosse
offeso, perché – francamente – era consapevole che la sua ritirata era stata
assai poco dignitosa, ma non avrebbe retto all’ironia dell’Asino Reale. O, peggio, il suo disprezzo.
Stringendo il vassoio della colazione come se fosse stato
uno scudo di protezione, egli sussurrò un “Torspringe”, e la porta si aprì
magicamente.
Si era aspettato di trovare la solita penombra, e forse
l’aria ancora intrisa dei loro odori.
E invece le finestre erano state già aperte, l’ambiente già
arieggiato. Il letto mestamente vuoto.
Linette si girò verso sinistra, e due occhi azzurri
incontrarono i suoi.
Arthur se ne stava seduto sul suo scranno, puntellato sui
gomiti, vestito di tutto punto.
“Lin”, la
chiamò.
Merlin deglutì solamente, annuendo.
“Dobbiamo parlare”, le comunicò, inflessibile.
Continua...
Disclaimer:I
personaggi di Merlin, citati in questo racconto, non sono miei; appartengono
agli aventi diritto e, nel fruire di
essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.
Ringraziamenti:
Un abbraccio alla mia kohai e a Laura, che subiscono
le mie paranoie. X°D
Note: Sentite odore di guai all’orizzonte, sì?
Per favore, posate le armi. ^^’’
Ricordate che, se fate del male all’autrice, non vedrete mai
la fine di questa eterna pappardella…
Seriamente… era ovvio che ‘sta cosa non potesse andare per
il verso giusto! (Ma Merlin tornerà, sì).
Come ho detto più volte, il merthur
deve passare necessariamente attraverso Linette, nel bene e nel male. Beh, intendevo proprio questo.
Arthur ama Linette perché in lei vede ciò che amava di
Merlin.
Ma i pochi momenti, in cui Merlin è
stato egoista, si sono rivelati un guaio.
Il nostro mago potrebbe aver fatto la cosa giusta, ma per il
motivo sbagliato!
Ovviamente ci sarà la spiegazione del perché la maledizione
non si è sciolta. Ma solo a tempo debito.
Nel frattempo, mi piacerebbe sapere le vostre idee al
riguardo.
Secondo voi, Merlin ha sbagliato tutto?
Oppure… è colpa di Arthur?
Ci saranno, qui e nel prossimo capitolo, frasi e concetti
volutamente ripetuti, per riprendere i due pov.
So che probabilmente avreste voluto una scena d’amore più
descrittiva, ma ho scelto di raccontarla, tramite i loro ricordi, nel prossimo
capitolo (assaggi nelle anticipazioni).
La loro prima volta è un cliché. Rassegnatevi.
Abbandonando un attimo le fredde statistiche in cui si dà
quasi per certo che no, la prima volta non è così speciale e no, nessuna donna prova
affatto quell’assoluto piacere sconvolgente, e che è solo la seconda o la terza
volta ad andare meglio… io credo che due facce della stessa medaglia, due anime
gemelle che sono destinate a stare insieme, possano trovare quella magia unica
fin dal primo momento.
Si dice che molto conti l’affinità, la fiducia tra i
partner, l’affiatamento. Beh, Merlin si è completamente affidato ad Arthur,
quindi almeno lì ci siamo, no? XD
Il seguito della prima volta è un po’ meno cliché, o forse
lo è anche di più. Ma così è.
Non picchiatemi, vi prego. U_U
Ah, ho voluto accorciare ‘il corteggiamento’ proprio perché
volevo che si capisse che non potevano stare lontani, che la cosa è sfuggita loro, in un certo senso.
Quando ricuciranno la cosa, e andranno più calmi, avremo modo di farli
corteggiare un po’. ^^
Nel caso vi siano rimasti dubbi, chiedete pure! ^^
Precisazioni al
capitolo precedente e domande varie: (a random)
- Prima di tutto: non volevo stroncare metà delle lettrici
con l’anticipazione! Ma mettiamola così: vi ho
rinforzato le coronarie! XD
- Poi: non aspettavo tanto successo per Anacleto! Sono
felice che vi sia piaciuto averlo in questa storia!
- Ho letto tutte le ipotesi sulla profezia e il 7. Premesso che non posso dire se (e quanto) avete
azzeccato, vi ringrazio per averci provato scrivendomelo nel commento o in
privato. Ho letto alcune cose davvero divertenti, ma no, non avremo i 7 nani e Biancaneve con noi. XD
Al momento, le idee più quotate sono:
ü7 figli come prole
ü7 regni/stati riuniti
ü7 città da fondare
ü7 poteri speciali per Merlin
E poi vedremo!
- Merlin è un animo umile e lui si accontenta di servire il
suo Arthur, ma mi sembrava giusto dargli un po’ di meritata gloria!
- Tutti i profeti/veggenti sono sadici e incomprensibili.
Credo che il grande Drago abbia fatto scuola! XD
- Se Merlin fosse tornato uomo lì, in mezzo al bosco, davanti
al principe… ci saremmo giocati Arthur, e addio merthur
e destino!
- Qualcuno ha fatto un paragone tra la scena del bosco
durante il rapimento di Lin e questo. Amo quando
ricollegate le cose! *_*
- A domande specifiche, ho risposto direttamente sotto la
recensione.
Vi metto BEN TRE
anticipazioni del prossimo:
Se Merlin chiudeva gli occhi, veniva
investito da tutti i frammenti dei ricordi, ancora troppo vividi nella sua
mente.
Sentiva sulle labbra i baci leggeri di Arthur. Le sue rassicurazioni sussurrate bocca contro bocca.
La tenerezza dei suoi gesti, l’affiatamento che li aveva
coinvolti, le mappe immaginarie che avevano tracciato in punta di dita sui
rispettivi corpi, l’intimità che avevano condiviso…
Rammentava con dolorosa precisione la consistenza dei suoi
muscoli sodi e scattanti sotto le proprie mani, lo sguardo con cui gli chiedeva
una conferma, prima dell’irreparabile passo, il modo in cui l’aveva distratto
dal bruciore, l’ondeggiare del suo bacino contro il proprio, i suoi versi rochi
e sensuali, il guizzo della sua lingua insolente e scandalosamente lussuriosa…
(...)
Pur nella sua evidente inesperienza, Linette era riuscita a
donargli un godimento così intenso che neppure la più esperta delle meretrici
aveva mai ottenuto.
I suoi tocchi – se il principe non fosse stato certo del
contrario – sembravano sapere già come condurlo verso le vette del piacere più
assoluto o nel baratro più profondo.
E il corpo di lei sembrava essere
nato solo per accoglierlo, in un’armonia di movimenti così perfetta che pareva
frutto di infinita esperienza insieme.
(...)
“Che cos’ha mio figlio?” aveva esordito il sovrano, senza
tanti preamboli, sondando l’ancella con malcelato astio.
“Cosa intendete, Sire?”
“Chiunque può notare quanto sia nervoso, stanco, irritabile,
distratto… Ha delle occhiaie da far spavento ad un
orso!”
“Il principe si applica duramente per assolvere
ai suoi doveri di erede al trono, Mio Signore. Forse è solo un po’ di
stanchezza accumulata, a causa dell’eccessivo impegno. Provvederò
a chiedere a Gaius un buon ricostituente per lui…” suggerì, conciliante.
“Ma… cosa lo turba?” domandò
inaspettatamente il re.
Merlin parve sconcertato.
“I-io non… non c’è nulla, Maestà”.
“Oh, avanti! Sono suo padre e non sono cieco!” sbottò il
sovrano, stringendo i pugni fino a fare scricchiolare la pelle dei guanti che
indossava. “Capisco quando qualcosa preoccupa mio figlio!”
Avviso di servizio
(per chi segue le altre mie storie):
SPOILER FREE: Ricordo che questa storia NON contiene/conterrà
volutamente alcuno spoiler della quinta stagione; eventuali coincidenze sono
appunto casuali coincidenze (è già successo e succederà in capitoli che ho già
pronti)
SPOILER FREE: Ricordo che questa storia NON
contiene/conterrà volutamente alcuno
spoiler della quinta stagione; eventuali
coincidenze sono appunto casuali coincidenze (è già successo e
succederà in capitoli che ho già pronti).
Linea temporale: Seguito
diretto del capitolo precedente.
Fine estate del terzo
anno dall’arrivo di Linette a Camelot.
Riassunto generale: Merlin
è abituato a salvare la vita all’Asino Reale senza che questi se ne accorga, ma
stavolta non tutto va per il verso giusto. Colpito dall’incantesimo del
malvagio Ardof, il nostro mago farà i conti con una
sconvolgente novità: egli si risveglia trasformato in una donna.
Solo Gaius conosce il suo segreto e, finché non troverà il modo di tornare
normale, dovrà inventarsi delle scuse plausibili e prendere
il posto di se stesso al servizio del principe. Come riuscirà a conciliare
questa ‘nuova situazione’? Come si evolverà il suo rapporto con Arthur?
Riassunto delle
ultime puntate: Il malvagio stregone Ardof è
morto, ma la sua maledizione non si è sciolta.Merlin, perciò, fa credere ad Arthur di essere partito alla
ricerca del padre mai conosciuto. Al principe non resta che subire questa sua
scelta, mentre il tempo passa inesorabile, e il suo legame con Linette va
saldandosi sempre più… fino a quando, durante un agguato, lui non scopre che la
sua serva è una strega e lei gli rivela che anche
Merlin lo è: questa sconvolgente ammissione, ovviamente, cambia le carte in
tavola e li porta ad un nuovo sodalizio in cui, finalmente, i due si confessano
reciproco amore e cedono alla passione… Ma la gioia è breve, perché Merlin –
contrariamente a quanto sperato – non è tornato in sé dopo essersi unito ad
Arthur e quindi cede alla disperazione…
Dedico l’aggiornamento a chi ha
recensito il precedente capitolo e invito i lettori silenziosi, se lo desiderano,
a lasciare un segno (che è sempre gradito).
E a quanti commenteranno (SE vi
va di recensire anche dei capitoli più indietro di questo, il vostro parere non
andrà perduto!).
Ai vecchi e ai nuovi lettori.
Grazie.
The He in the She
(l’Essenza dentro l’Apparenza)
Capitolo LXXXV
“Dobbiamo parlare”, le comunicò, inflessibile.
La frase colpì la valletta come una sferzata in pieno viso, e le fece scendere
un brivido freddo lungo la schiena.
Qualunque cosa Arthur avesse
avuto da dirgli, Merlin era certo che non gli sarebbe piaciuta.
Lo capiva dal tono di voce, che non era arrabbiato, ma
terribilmente serio.
E dall’espressione granitica, dai lineamenti contratti del volto.
Linette posò cautamente il vassoio della colazione sul
tavolo, il principe non si curò neppure del gesto. Era come se quel cibo non
esistesse, egli non prestò nemmeno attenzione al fatto che si sarebbe
inevitabilmente raffreddato.
“Accomodati”, le ordinò, additando una sedia vuota, messa a
distanza di sicurezza tra loro.
Lo stregone si chiese se l’erede al trono l’avesse
predisposta appositamente lì, in quella posizione
distaccata, solo per lui.
E, anche se la cosa lo aveva istintivamente ferito, poi ne
fu quasi sollevato: era ancora smisuratamente forte il tumulto dentro al suo cuore e non avrebbe sopportato una vicinanza fisica
ad Arthur; erano trascorse appena poche veglie e il corpo del principe era una
presenza troppo vivida nella sua mente.
“Preferirei rimanere in piedi…” rifiutò, stringendo
nervosamente le mani sul grembiule, lanciando uno sguardo di sottecchi per
sondare le regali reazioni dell’Asino di fronte a quel diniego.
Arthur aveva una
faccia lugubre.
Era ovvio che si fosse arrabbiato con Linette, trovandosi
solo al suo risveglio. E forse l’avrebbe sgridata per quella che – ai suoi
nobili occhi – era stata una fuga immotivata, ma…
Ma Merlin non era pronto a sentire quello che
uscì dalla bocca del principe.
“Abbiamo commesso un errore”, prepose il giovane Pendragon, gonfiando il petto e raddrizzando le spalle, con
un’inflessione simile a quando doveva comunicare una missione fallita a suo
padre, il re. “E me ne dolgo”.
Il mago si era arenato alla parola ‘errore’. E tale fu il suo stupore che le frasi seguenti sembrarono
solo un ronzio indistinto che rimbombava nella sua testa senza vera
comprensione.
“Gradirei che dimenticassimo entrambi ciò che è accaduto
stanotte. È stato solo un madornale sbaglio”, continuò
l’altra metà della sua medaglia, senza neppure attendere una sua qualche
reazione. “È più saggio archiviare tutta la faccenda; se riprendessimo dall’inizio…”
“Co-cosa?!” farfugliò lo stregone, strozzandosi col proprio respiro.
No! Doveva aver
frainteso, doveva…
Arthur non poteva fare
una colossale marcia indietro!
“Ti sto dicendo che, per me, la scorsa notte non è mai avvenuta.
Abbiamo sbagliato a cedere al momento… perché in fondo non significava davvero
niente. Niente di importante”.
Merlin sentì un nodo stringerlo in gola così forte da
sentirsi soffocare, mentre le palpebre bruciavano come se la stanza fosse stata
invasa dal fumo e le prime lacrime minacciavano di tracimare dalle ciglia.
Quindi aveva ragione.
Arthur si era
incapricciato di Lin, e si era lasciato travolgere da
quel sentimento; ma non l’amava e si era pentito di
quello che avevano condiviso. In fondo… non si erano mai chiariti al riguardo.
Il suo signore non gli aveva fatto né promesse né dato certezze.
Anche il mago non gli
aveva detto “Ti amo”. Però gliel’aveva dimostrato e al principe era sembrato
sufficiente.
E invece no. I fatti avvaloravano
il contrario.
E i fatti avevano
sempre ragione.
E tale era il proprio, sbigottito dolore che non si accorse
di come, in realtà, anche il principe stentasse a contenersi, la voce roca, le
mani strette a pugno così forte che le nocche erano illividite.
“Riconosco che per te le implicazioni della faccenda siano
un po’ diverse. Ma fingeremo che non sia mai accaduta.
Concorderai con me che questa sia l’unica strada percorribile”.
Questa scelta era annichilente. Ma Arthur sapeva che un giorno sarebbe stato
re, e in quanto tale era consapevole che certe
decisioni, pur facendo soffrire, andavano prese e portate a compimento.
Eppure la sua determinazione quasi vacillò, nel momento in
cui i suoi occhi incrociarono quelli sconvolti di lei.
Le stava facendo un
favore, quindi avrebbe dovuto sentirsi lui ferito e arrabbiato. Non il
contrario.
Ma la verità era che il nobile la
preferiva adirata piuttosto che triste. E quella faccia smarrita e dolorosa di Linette
era una cosa insopportabile per lui, gli stringeva le viscere aggiungendosi al
proprio dolore.
Invece doveva farla
reagire, a costo di mentire, a costo di farle saltare
i nervi.
Se si fosse sfogata,
forse sarebbe stato meglio. Lei avrebbe trovato la via per buttare fuori la
vergogna e il dispiacere, no?
“Gradirei che ti degnassi di rispondermi”, la rimproverò,
imponendosi durezza. “Sei diventata improvvisamente sorda?!”
la provocò, attingendo all’antica altezzosità.
“No, Arthur, no!” sbottò, esasperata, la valletta.
“Sire”, la corresse lui. “Sire, oppure Maestà, o Vostra Altezza”,
precisò. “È così che ti devi rivolgere a me. Non ‘Arthur’”.
Merlin boccheggiò, preso in contropiede.
E pensare che, neppure
un giorno addietro, quell’Idiota si era beato nel sentir gemere il proprio nome
dalle sue labbra, gliel’aveva ansimato più e più
volte, mentre raggiungevano il punto di non ritorno. Ma in quel momento andava
bene, ora non più.
Era assurdo. Assurdo.
“Oh, suvvia!” eruppe quindi il mago. “Non fate l’Asino!”
L’espressione imperturbabile del principe lo stordì ancor di
più.
“Ebbene? Fatemi capire: non posso chiamarvi per nome, ma
posso darvi impunemente del somaro?”
“Sì, esatto. Puoi. Perché lo facevi prima
che…” succedesse quello sbaglio.
“L’hai sempre fatto, del resto. Insolente sin dall’inizio”, si
corresse. “Dubito che tu riesca ad imparare le
buone maniere adesso”.
“Ma io…”
Linette non gli stava
certo rendendo le cose più facili.
“Ti sto chiedendo – ti sto
ordinando” rettificò “di tornare come allora. Al punto esatto in cui sei
entrata nella mia vita. Potrebbe essere un inizio”.
“È pura follia”.
“Puoi scegliere di andartene”.
Merlin indurì lo sguardo. “Sapete che non lo farò”.
Anche Arthur rafforzò l’espressione stentorea, sollevandosi
in piedi per rendere più formale la propria affermazione.
“Allora non hai altra scelta”.
“Voi!” ruggì il mago,
azzerando le distanze. “Stupido, arrogante Asino! Voi non capite!” gli urlò contro,
afferrandogli la casacca all’altezza del cuore per strattonarlo e farlo
rinsavire.
“Vi ha dato di matto il cervello?!”
ritentò lo scudiero, alterato. “Siete uscito di senno!”
“Sei tu, quella
che sta facendo la sciocca!” la
sfidò, conducendola esattamente dove voleva che Lin
arrivasse. “Avanti, sfogati! Colpiscimi! Così, forse, certe frivole idee ti passeranno di mente!”
Si era aspettato l’ira di lei. E quando vide i suoi occhi di cielo
diventare d’oro, seppe di aver fatto centro.
“Avanti, che aspetti?!Piagnucolona!” rincarò.
Di solito le donne reagivano strepitando un po’ – aveva
assistito egli stesso a qualche scenata isterica, oppure gli era stato
raccontato di qualche moglie infuriata – e se la sarebbe cavata con qualche
graffio, al massimo un manrovescio dato per sfogo, o qualche pugnetto che il suo torace avrebbe sopportato con stoica
rassegnazione.
Non era pronto al
gancio destro che ricevette, improvviso e imprevedibile, e volò a gambe
all’aria.
Massaggiandosi la guancia contusa con gli occhi sgranati
dallo sconcerto, egli vide Linette rassettarsi la gonna stropicciata e poi
rivolgersi a lui.
“Questo ve lo dovevo fin
dal nostro primo incontro e spero che sia stato di vostro gradimento, Sire”, sibilò, con disprezzo.
Raccogliendo i cocci del suo orgoglio e del suo cuore
infranti, Arthur si risollevò dal pavimento.
“Bene. Ora che ti sei presa la tua
soddisfazione, siamo pari”.
Pari?, ripeté fra sé il mago,
sarcastico. Un pugno non compensava certo
la sua vita andata in pezzi. Neppure se avesse ucciso quell’idiota a suon di
ceffoni, avrebbe trovato la giusta soddisfazione.
“Ma c’è un’ultima cosa da
chiarire…” riprese Sua Maestà, distogliendolo dai propri, amari pensieri.
“Cos’altro?” buttò fuori, come se la misura fosse
colma.
“Come ho detto poc’anzi, esigo
che questa notte venga cancellata e quando… quando sarà
il momento, riparerò al mio torto, esercitando il mio IusPrimaeNoctis…”
Merlin spalancò la bocca, sconvolto. “Ma a Camelot non-”
Eppure Arthur continuò a parlare, come se l’altro non avesse
fiatato.
“Ovviamente lo insceneremo solamente, però così non avrai
leso il tuo onore di fronte all’uomo che sposerai. Non è usanza di Camelot, lo so, ma faremo
un’eccezione”.
Lo stregone fremette, senza sapere se doveva essere più
sconvolto, o indignato, o ferito, o Diosolosapevacosa.
“Hai qualcosa da dire, prima di chiudere questa storia?”
concesse l’erede, scrutando la sua valletta.
Quale storia?, considerò
Merlin, con sadica ironia.
“Sì. Una cosa ce
l’ho”, sputò. Grattando poi il fondo della gola, perché la voce gli era
uscita roca. “Con questa vostra gentilezza,
mi avete appena fatto sentire come la più lurida
delle puttane – e scusate se ho
utilizzato un linguaggio a cui siete poco avvezzo,
Milord”, lo sfidò, fingendo un inchino sarcastico. Poi riprese, prima che il
principe replicasse. “Ma giuro su tutti gli dèi dell’Antica Religione che io” –
Arthur sussultò, vistosamente, a quell’invocazione della
serva – “rimarrò alle vostre costole fino alla fine dei miei giorni, o dei vostri. Prima, non vi libererete
di me. Siatene certo!” ringhiò, sfidandolo ad affermare il
contrario.
Era un patto solenne.
Suo malgrado.
“Così sia”, cedette il futuro re, chinando il capo.
“Bene”, stridé il
mago, con cinica soddisfazione. Poi si prese il tempo di guardarsi attorno,
come se quella stanza fosse diventata improvvisamente un luogo mai visto prima.
Lo fece per riprendere possesso di sé, per cercare di calmare il battito
forsennato del suo cuore impazzito, per tentare di placare quella nausea
violenta che minacciava di fargli vomitare anche l’anima lì, sul pavimento, da
un momento all’altro.
“Pulirò come sempre i vostri appartamenti.
Ora intanto vado a fare il bucato”, disse Merlin, con finta
calma, rendendogli noti i suoi progetti.
Pur essendo consapevole che l’altro stava sorvegliando ogni
suo movimento e reazione, non si aspettava una vera risposta dal nobile padrone;
quindi lanciò appena un’occhiata distratta alla colazione ormai immangiabile e
si diresse al baldacchino, vittima incolpevole della sua ira.
Appena l’incantesimo fu pronunciato, le lenzuola si sradicarono violentemente dal letto e si
appallottolarono con impetuosità tra le sue braccia.
Spesso Linette aveva usato la magia davanti al principe, per
divertirlo, o fargli vedere che era innocua o positiva. Ma non oggi, oggi no. Oggi sembrava quasi una sfida. Una
dimostrazione di forza. Un’imposizione.
La cesta vuota del bucato fluttuò a mezz’aria verso la
strega ed ella lanciò dentro i tessuti, i ricordi, i
sentimenti di quella notte – della loro
prima volta – trattandoli come se non fossero stati nient’altro che ciarpame.
Poi, sbattendo fragorosamente la porta dietro di sé, uscì
dagli appartamenti reali e andò a vomitare.
***
Fu una fortuna che quel giorno non vi fossero state in
programma Riunioni del Consiglio.
Il principe dedicò ogni minuto e ogni oncia di energia all’addestramento dei
suoi uomini, sfogando sui cavalieri e sulle reclute dei Pendragon
il suo tormento interiore.
Sir Leon, suo fidato Braccio Destro, pur comprendendo presto
che qualcosa non andava – l’erede al trono aveva lo stesso umore nero di un
temporale estivo – non osò chiedere nulla.
In qualche modo, Arthur gliene fu grato, poiché quella fu
l’unica concessione che quel giorno gli avrebbe donato.
Forse la mente no, ma
almeno avrebbe tenuto il corpo occupato, si disse il giovane Pendragon, falciando sfidante su sfidante,
stremando il proprio fisico.
Si era illuso che l’esercizio lo avrebbe aiutato…
Ma Arthur credeva di impazzire.
Se smetteva di concentrarsi sugli assalti e le parate,
appena abbassava la guardia della sua ragione, la fantasia tornava raminga là, sempre là. A quella pelle bianca e
morbida, a quei sospiri rubati, ai gemiti di piacere che le aveva strappato,
che lo avevano inorgoglito e gonfiato d’amore per lei.
Rammentava le sue parole bisbigliate ad un passo dal precipizio.
E poi ricordava l’intraprendenza di Linette mentre lo
svestiva.
Aveva ridacchiato della sua impudenza “Che ragazzaccia impaziente!” l’aveva blandita, mentre lei si
muoveva veloce ed esperta – era il suo lavoro da anni, e sapeva farlo bene – ma
in quel momento gli sembrava fosse passata un’intera vita e non solo poche ore.
Linette gli aveva fatto la linguaccia, sbarazzina e
sfacciata come sempre, e poi si era lasciata ricambiare il favore e lui ne
aveva approfittato, per far crescere la tensione, indugiando di proposito su
ogni asola, su ogni bottone, sulle stringhe da allentare del corsetto, mentre
la lambiva e la portava verso il limite.
Come avrebbe fatto a
vivere, d’ora in poi, senza averla?
Pur nella sua evidente inesperienza, Linette era riuscita a
donargli un godimento così intenso che neppure la più esperta delle meretrici
aveva mai ottenuto.
I suoi tocchi – se il principe non fosse stato certo del
contrario – sembravano sapere già come condurlo verso le vette del piacere più
assoluto o nel baratro più profondo.
E il corpo di lei sembrava essere
nato solo per accoglierlo, in un’armonia di movimenti così perfetta che pareva
frutto di infinita esperienza insieme.
E invece quella prima
volta sarebbe rimasta l’unica.
Incisa nella sua
mente. Così dolorosamente perfetta.
***
Merlin ringraziò ogni divinità del cielo per
il fatto che Gaius non fosse stato presente a casa, quando vi fece
ritorno.
Appena oltre la soglia, il mago lasciò cadere malamente la cesta della biancheria, che si riversò sul pavimento, ma
egli non se ne avvide, mentre correva verso la propria stanzina e, insonorizzate
le pareti con un incanto, liberava lo stomaco quasi vuoto nel catino e poi si
accasciava sul proprio letto soffocando i singhiozzi contro il cuscino.
Se Merlin chiudeva gli occhi, veniva
investito da tutti i frammenti dei ricordi, ancora troppo vividi nella sua
mente.
Sentiva sulle labbra i baci leggeri di Arthur. Le sue
rassicurazioni sussurrate bocca contro bocca.
La tenerezza dei suoi gesti, l’affiatamento che li aveva
coinvolti, le mappe immaginarie che avevano tracciato in punta di dita sui
rispettivi corpi, l’intimità che avevano condiviso…
Rammentava con dolorosa precisione la consistenza dei suoi muscoli
sodi e scattanti sotto le proprie mani, lo sguardo con cui gli chiedeva una
conferma, prima dell’irreparabile passo, il modo in cui l’aveva distratto dal
bruciore, l’ondeggiare del suo bacino contro il proprio, i suoi versi rochi e
sensuali, il guizzo della sua lingua insolente e scandalosamente lussuriosa…
Quella stessa lingua
che aveva pronunciato quelle terribili frasi. Stiletti conficcati nel suo cuore
sanguinante.
E il piacere andava a
mescolarsi al fiele delle parole crudeli del principe.
Arthur aveva rinnegato ogni cosa. Aveva sminuito e dissacrato
la loro unione.
Come aveva fatto, Merlin, a non accorgersene per tempo? Perché aveva
voluto essere così cieco?
Per tutta la giornata, appena abbassava la guardia, appena
la mente perdeva la concentrazione di quello che stava facendo, essa – malefica – tornava là, ad attingere alle
memorie dolorose di quella notte maledetta.
***
Quando Arthur fece ritorno dagli allenamenti, trovò il letto
perfettamente rifatto e il bagno caldo che lo attendeva, ma di Linette non v’era traccia.
Fu Gaius stesso a venire ad avvisarlo che la sua valletta
personale era indisposta e che non poteva presentarsi al suo servizio.
Comprendendo le reali motivazioni di quella defezione, il
principe non fece una piega.
Non si chiese neppure se il medico di Corte sapesse la verità
dei fatti, o se si fosse semplicemente limitato a mentire per coprire l’assenza
della sua protetta.
Il giovane Pendragonle fu quasi grato per quella bugia – che forse, invero, del
tutto bugia non era.
Probabilmente
Lin stava male realmente, ma il suo male non era
fisico. Semplicemente, non
voleva vederlo.
Ugualmente, anch’egli sentiva il bisogno di starle lontano, di avere il tempo
per ricucire le ferite del proprio animo e averla sott’occhio come sempre
avrebbe reso impossibile la sua guarigione.
Arthur sapeva di aver usato parole dure con lei e quasi
certamente di averla ferita, ma se Linette si era pentita di essersi concessa a
lui – come egli riteneva –, la cosa migliore da fare era assecondare la scelta
della sua valletta, facendole credere che anche lui si era pentito, e sminuendo
il tutto, di modo da farla sentire meno colpevole.
Il principe la
conosceva abbastanza da sapere che quella era l’unica via percorribile.
Se le avesse detto quanto il suo ripensamento – quell’assurdo voltafaccia, il
pentimento, le lacrime sul letto – lo aveva ferito, la strega ne sarebbe uscita
mortificata e i suoi sensi di colpa non le avrebbero mai, mai dato pace.
E lui, che ugualmente l’amava con
tutto se stesso, non voleva cagionarle questo.
Il suo animo di cavaliere era pronto al sacrificio e, per il
bene di Linette, avrebbe cercato di dimenticarla, uccidendo, a poco a poco, i
sentimenti che provava per lei.
***
Quando l’erede al trono aveva congedato l’archiatra,
ambasciatore della propria figlioccia, le aveva concesso cinque giorni di permesso.
Un tempo che riteneva ragionevole per
entrambi.
Ma allorché essi finirono, subentrò
la scusa della sua infermità mensile – che sembrava essere giunta con un’esattezza
quasi sospetta.
E dopo che anche il Buffone se ne fu andato, del ritorno di
Linette non v’era traccia.
Per i giorni a venire, l’ancella risultava
ufficialmente indisposta – questo gli era stato riportato da un contrito Gaius
–, ma ella andava ugualmente a cogliere erbe per il suo mentore, consegnava per
lui le medicine ai vari pazienti del castello, lo aiutava in qualità di sua assistente
come aveva sempre fatto, e come Merlin, prima di lei.
Lei era malata solo
per Arthur e come valletta reale.
I primi dì, il nobile Babbeo aveva giustificato quel comportamento
come un atto lecito da parte della sua serva.
Forse Lin voleva punirlo a modo
suo, ma anche a lui andava bene quel temporaneo distacco. A volte egli si
mentiva convincendosi che, non vedendola, sentiva meno i crampi di sofferenza
dentro al cuore e allo stomaco. Ma non era vero.
Con l’andare dei giorni, però, le cose non
erano affatto migliorate e la mancanza di lei – dei suoi sorrisi, della
sua impudenza, della sua sola presenza – erano un dolore costante a cui si
imponeva di non cedere.
Ad ogni buon conto, il principe riconosceva
a Linette la straordinaria abilità dell’essersi resa invisibile.
Forse lei aveva usato qualche incanto, ma dal giorno del
loro infausto colloquio non era più riuscito ad
incrociarla, neppure per sbaglio, né fra i corridoi del maniero né nei luoghi
che abitualmente entrambi frequentavano.
Ovviamente, egli s’era ben guardato
dal correre alla fonte del problema: il laboratorio di Gaius era considerato
dall’erede alla stregua di un terreno paludoso e infido, una trappola mortale
in cui non avrebbe mai messo piede di sua iniziativa.
Il fatto che lei si negasse lo feriva, ma piuttosto che
risolvere la cosa egli preferiva crogiolarsi nel
proprio tormento e sfogare il conseguente malumore sui suoi sottoposti,
dedicando ogni energia ai propri regali doveri.
***
“L’acqua del bagno era a malapena tiepida e la mia corazza
non era lucida! Voglio che ci si possa specchiare, idiota!”
ruggì il principe, esprimendo il proprio malcontento verso il povero valletto
che lo assisteva nei suoi bisogni, lanciandogli contro un fermacarte a portata
di mano. “E ora vattene, o ti farò fustigare!” minacciò.
“S-sì, Maestà!
S-subito, Maestà! S-scomparirò all’istante, Maestà!” Il
giovane fece un mezzo inchino che quasi gli costò un capitombolo e si precipitò
alla porta, verso la salvezza.
Un istante dopo, tuttavia, Arthur sentì la soglia riaprirsi,
col familiare cigolio.
“Che diamine hai dimenticato, ancora?!”
ululò quindi, ingoiando il resto degli insulti quando si avvide che no, non era
la testa dello scudiero quella che spuntava dall’uscio, bensì quella della sua
sorellastra.
“Abel stava correndo come se avesse avuto un’orda di Barbari
alle calcagna!” gli appuntò, fingendosi impressionata, annuendo alla volta del
corridoio.
“Si chiama Anton”, la corresse il principe, per puntiglio.
“Oh, no!” Morgana non si sforzò neppure di trattenere un
sorriso saputo. “Anton era il valletto di due giorni fa. E Brian quello di tre
giorni fa. E Steven era il precedente, e prima ancora-”
“D’accordo. Ho capito l’antifona”, tagliò
corto l’erede al trono, sbuffando. “Sono molto impegnato; quindi ti
pregherei di essere celere nel riferirmi il motivo della tua inattesa visita”.
“Hai spaventato Abel a morte…” considerò la dama, ignorando
volutamente l’ordine implicito del principe.
“È un incompetente!” si difese il nobile, afferrando la
penna d’oca con fin troppa energia, scribacchiando qualche parola a caso su un
pezzo di pergamena, per corroborare la sua farsa sull’essere impegnato. “Forse
è pretendere troppo, in questo castello, che un servo sappia fare il proprio
lavoro?!”
“Dov’è Linette?” gli chiese sua
sorella a tradimento, mentre lui si fingeva impegnato con un altro scritto.
“È a casa sua, da Gaius”, replicò il principe, senza
guardarla.
“E perché mai…?”
“Dev’essere indisposta… o una cosa
del genere…” aveva liquidato in fretta.
“Il suo male non è fisico, Arthur. Che diamine le hai fatto?” s’infervorò la nobildonna, sbattendo le
dita ingioiellate sul tavolo, affinché il fratello le dimostrasse la giusta attenzione,
senza svicolare.
“Gwen mi ha riferito che è molto
preoccupata per lei… Linette è triste, pallida, sembra persino smagrita…”
Il nobile sussultò, a quelle parole, mentre il suo sguardo
tormentato e colpevole si specchiava in quello verde di Lady Morgana.
“E tu non sta meglio di lei. A quanto vedo”, considerò la donna.
“Morgana…” soffiò il principe, come se gli costasse
un’infinita energia di cui non disponeva.
“Non mi devi spiegazioni, Arthur”, lo tacitò. “Solo…”
tentennò. “Solo, risolvi questa cosa con lei, d’accordo? È
per il bene di entrambi…”
Dopo averlo visto annuire, la castellana se ne andò.
***
Ma lei non poteva sapere che, in
quello stesso momento, Linette era stata convocata dal re in persona, nelle
proprie stanze private.
“Che cos’ha mio figlio?” aveva esordito il sovrano, senza
tanti preamboli, sondando l’ancella con malcelato astio.
“Cosa intendete, Sire?”
“Chiunque può notare quanto sia nervoso, stanco, irritabile,
distratto… Ha delle occhiaie da far spavento ad un
orso!”
“Il principe si applica duramente per assolvere
ai suoi doveri di erede al trono, Mio Signore. Forse è solo un po’ di
stanchezza accumulata, a causa dell’eccessivo impegno. Provvederò
a chiedere a Gaius un buon ricostituente per lui…” suggerì, conciliante.
“Ma… cosa lo turba?” domandò
inaspettatamente il re.
Merlin parve sconcertato.
“I-io non… non c’è nulla, Maestà”.
“Oh, avanti! Sono suo padre e non sono cieco!” sbottò il
sovrano, stringendo i pugni fino a fare scricchiolare la pelle dei guanti che
indossava. “Capisco quando qualcosa preoccupa mio figlio!”
“Beh…” lo stregone si sentì in colpa a mentire, ma era
l’unica occasione per uscirne vivo da lì. “I delegati in arrivo lo preoccupano molto, così come il destino di Lady Morgana e il suo
imminente matrimonio…”
Uther non parve sorpreso che lei
sapesse i particolari di una questione tanto delicata.
Ma tacque e annuì.
“È molto legato a lei, anche se non lo dà a vedere”.
“Sì, Maestà”, assentì l’ancella.
“Bene. Puoi andare”, la licenziò. “Ma se notassi dell’altro, avvisami immediatamente”.
“Sarà fatto, Vostra Altezza”, rispose Merlin, con un
inchino, uscendo da lì.
Ma la faccenda era
tutt’altro che risolta…
Continua...
Disclaimer:I
personaggi di Merlin, citati in questo racconto, non sono miei; appartengono
agli aventi diritto e, nel fruire di
essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.
Ringraziamenti:
Un abbraccio alla mia kohai e a Laura, che subiscono
le mie paranoie. X°D
Note: D’accordo.Penso sia chiaro che stiamo toccando
il fondo, perché la medaglia si è incrinata. Di buono c’è che l’agonia sarà
breve, visto che manca poco alla fine, no? XD
Ok. Quindi qui capiamo che l’amore del principe è sincero e
profondo per Lin (anche se, va ribadito,
Arthur ama Linette perché in lei vede ciò che amava di Merlin). Solo che, a
causa del malinteso, anch’egli deve fingere. È un idiota, ma un idiota cavalleresco!
S’è capito il perché del pugno di Merlin, vero?
Sullo Iusprimaenoctis ho trovato notizie discordanti.
L’espressione Iusprimaenoctis (dal latino,
letteralmente diritto della prima notte) indicherebbe il diritto di un
signore feudale di trascorrere, in occasione del matrimonio di un proprio servo
della gleba, la prima notte di nozze con la sposa.
Questa era una pratica utilizzata in diverse civiltà
antiche, come quella mesopotamica e tibetana, ed esistono varie leggende al
riguardo. Tuttavia, non vi sono fonti storiche certe che garantiscano la consuetudine
in epoca medievale.
Se e quanto lo iusprimaenoctis fosse
effettivamente diffuso, e in quale misura i signori feudali ne facessero uso, è
stato argomento molto discusso. (Info prese da Wikipedia
e siti vari).
Ehmm… non è molto lusinghiero che
Arthur paragoni l’abilità di Linette considerandola migliore di una scafata meretrice. XD
Ma, dal suo punto di vista, era una
apprezzamento sincero. È segno di una chimica profonda.
So che sembra strano ma, diciamocelo, è risaputo che un
maschio sa come dare piacere ad un altro maschio… quindi Merlin, benché da tre anni sia
in un corpo diverso, non ha scordato come adempiere a certi doveri. XD
Il rating arancione non permette una lemon
esplicita. Ad ogni modo, e in tutta sincerità, ho preferito aspettare per dare
la giusta importanza al vero merthur, cioè quando
entrambi sapranno esattamente chi hanno di fronte e chi stanno amando.^^
Nel caso vi siano rimasti dubbi, chiedete pure! ^^
Precisazioni al
capitolo precedente e domande varie: (a random)
- Allora… sono contenta di avervi stupiti
con la scena del bacio! A suo tempo, avevo detto che avrei cercato di non
essere scontata!
- È interessante che metà di voi fosse convinta che la
maledizione si sarebbe sciolta con la ‘notte di
passione’ e l’altra metà era certa di no. *_*
- Se Merlin fosse tornato in sé lì, nel letto, ci saremmo
giocati la sanità mentale dell’Asino! XD Immaginate che shock?!
- Merlin è consapevole di non essere stato solo ‘un divertimento’ per Arthur, ma crede che per il principe
ci sia solamente una forte attrazione, una sbandata colossale, se vogliamo, ma
non vero amore, o quantomeno… non forte come il suo.
- Sono due idioti, sì, perché hanno rotto tutto su un
malinteso!
Arthur è innamorato di Merlin, da un sacco. Solo che non lo
ammette. E amare Linette è come amare Merlin, per lui,
perché sono dannatamente uguali, e in più lei è una donna e lei è lì con lui,
mentre Merlin è chissà dove e forse non lo ricambierà...
Ma è Merlin che ha frainteso le
parole del drago, e quindi si aspettava una cosa impossibile. Manca un
passaggio fondamentale che Merlin ha saltato. Senza questo,
anche se lui potrebbe aver avuto la giusta intuizione, la maledizione non si
romperà!
- A domande specifiche, ho risposto direttamente sotto la
recensione.
Vi metto BEN QUATTRO
anticipazioni del prossimo:
Le mani di Arthur. La
bocca di Arthur. La virilità di Arthur.
...Arthur...
“Arthur...” gemette Merlin, risvegliandosi di colpo, ansante e
madido.
Si mise una mano sulla bocca, spaventato dall’intensità
delle emozioni che provava. Non sapeva neppure se aveva urlato quel nome solo
nella sua testa o se gli aveva dato voce per davvero.
Ma quel dannato sogno – quel
dannato ricordo – era così reale,
maledizione!
(...)
Gaius si era ormai persuaso che il suo figliolo e l’erede al
trono fossero destinati a qualcosa di unico e irripetibile
– al di là delle convenzioni, al di là del perbenismo –, a qualcosa che,
probabilmente, neppure loro avevano ancora capito, o accettato, appieno.
Forse era per questo che avevano
litigato in modo così devastante.
Quando due facce della
stessa medaglia si allontanano, l’equilibrio si spezza. Ma una metà non può
rimanere senza l’altra; una da sola non ha ragione d’esistere, si disse,
lanciando uno sguardo desolato alla porticina dietro cui
stava il suo figlioccio e, contemporaneamente, indirizzando un pensiero
altrettanto sconfortato al principe, ovunque egli fosse.
Che la strada verso Albion fosse
lunga e tortuosa, l’anziano medico lo sapeva. Ma si
dispiacque ugualmente per quei due giovani cuori, ancora una volta,
ingiustamente, messi a dura prova dal Destino.
(...)
Erano mani curate, ma callose. Segno che era abituato al duro lavoro.
“Lei lo sa?” chiese Arthur, a bruciapelo.
Carl sbatté le palpebre, smarrito, ritrovandosi libero dalla
presa del nobile.
“Co-cosa?” tartagliò, incapace di
raccapezzarsi.
“Linette lo sa?” insistette Sua Maestà, spazientito. “Sa che
vuoi frequentarla?”
“Beh, n-no.
Non ancora…” incespicò il servo, preso in contropiede.
“Ho ritenuto giusto chiedere prima a voi…” motivò.
“E cosa ti fa credere che lei ti contraccambi?” lo
interrogò, ancora.
Un inaspettato sorriso fiorì sulle labbra dello staffiere.
(...)
Arthur sussultò ugualmente, poi strinse i denti ordinandosi di non arretrare.
Chiudendo gli occhi,
si lasciò invadere la mente da quel tocco lieve e gentile, dal profumo di lei – quanto gli era mancato! – dalla sua
vicinanza.
Anche Merlin si sentiva turbato, ma si impose
di non fuggire, mentre gli sussurrava un incantesimo di guarigione e la pelle
martoriata guariva miracolosamente.
Solo alla fine, il mago si accorse che il principe gli aveva
afferrato un lembo della gonna.
Come avrebbe fatto un
bambino spaventato, temendo di essere abbandonato da sua madre.
“Mi dispiace. Non vi colpirò mai
più”, si scusò, a sua volta, prendendosi finalmente il tempo di specchiarsi
negli occhi che tanto amava, ora così lucidi e vulnerabili.
“Potremmo… ritornare ad essere
amici? Sarebbe un buon inizio”, offrì il principe, come
proposta di pace.
Ed egli annuì.
Per egoismo. Per
necessità.
E perché gli accordi
per il matrimonio di Morgana andavano conclusi prima dell’inverno.
Avviso di servizio
(per chi segue le altre mie storie):
Ho trasformato la
oneshotmerthurmodern!AU Mpreg “That’swonderful (Our Little Miracle)”
in una raccolta di momenti fluffosi tra Arthur,
Merlin e il loro bambino e ho postato il cap. 2.
(Se vi va di darmi un parere, lo apprezzerei molto!)
Campagna di
Promozione Sociale - Messaggio No Profit:
Dona l’8‰
del tuo tempo alla causa pro recensioni.
Farai felici milioni di scrittori.
(Chiunque voglia
aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio
crede) Come sempre, sono graditi commenti,
consigli e critiche costruttive.
Probabilmente non vi interessano le mie
motivazioni, ma vorrei dirvi che non mi sono dimenticata di voi. Semplicemente…
sono troppo impegnata e stanca in questi ultimi mesi. Non riesco neppure a
portare avanti nuove storie in corso come vorrei, o a concentrarmi per
sistemare un capitolo in bozza. E quando mi siedo al pc,
cerco solo di distrarmi e riposare prima che il cervello si frigga.
Ad ogni modo, questo è un capitolo molto più lungo rispetto al solito,
forse intercederà per me.
SPOILER FREE: Ricordo che questa storia NON
contiene/conterrà volutamente alcuno
spoiler della quinta stagione; eventuali
coincidenze sono appunto casuali coincidenze (è già successo e
succederà in capitoli che ho già pronti).
Linea temporale: Fine
estate del terzo anno dall’arrivo di Linette a Camelot.
Seguito diretto del
capitolo precedente e settimane seguenti.
Riassunto generale: Merlin
è abituato a salvare la vita all’Asino Reale senza che questi se ne accorga, ma
stavolta non tutto va per il verso giusto. Colpito dall’incantesimo del
malvagio Ardof, il nostro mago farà i conti con una
sconvolgente novità: egli si risveglia trasformato in una donna.
Solo Gaius conosce il suo segreto e, finché non troverà il modo di tornare
normale, dovrà inventarsi delle scuse plausibili e prendere
il posto di se stesso al servizio del principe. Come riuscirà a conciliare
questa ‘nuova situazione’? Come si evolverà il suo rapporto con Arthur?
Riassunto delle
ultime puntate: Il malvagio stregone Ardof è morto,
ma la sua maledizione non si è sciolta.Merlin,
perciò, fa credere ad Arthur di essere partito alla ricerca del padre mai
conosciuto. Al principe non resta che subire questa sua scelta, mentre il tempo
passa inesorabile, e il suo legame con Linette va saldandosi sempre più… fino a
quando, durante un agguato, lui non scopre che la sua serva è una strega e lei
gli rivela che anche Merlin lo è: questa sconvolgente ammissione, ovviamente,
cambia le carte in tavola e li porta ad un nuovo
sodalizio in cui, finalmente, i due si confessano reciproco amore e cedono alla
passione… Ma la gioia è breve, perché Merlin – contrariamente a quanto sperato
– non è tornato in sé dopo essersi unito ad Arthur e quindi cede alla
disperazione…
Dedico l’aggiornamento a chi ha
recensito il precedente capitolo e invito i lettori silenziosi, se lo desiderano,
a lasciare un segno (che è sempre gradito).
A Delfino97,
DevinCarnes, chibimayu,
Tappoluna98, chibisaru81, Draviran, Carmen_PS, paffy333, Hamlet_, Ishimaru, Orchidea Rosa, principessaotaku97,
Rosso_Pendragon, saisai_girl,
sejamerthurshipper, elfinemrys, Barby_Ettelenie_91, Little Fanny, RavenCullen, YukiEiriSensei, Burupya,strangerinthistown,
Sana e Akito, melleth, aria, katiaemrys, Morganalastrega, mindyxx e giulia194.
E a quanti commenteranno (SE vi
va di recensire anche dei capitoli più indietro di questo, il vostro parere non
andrà perduto!).
Ai vecchi e ai nuovi lettori.
Grazie.
The He in the She
(l’Essenza dentro l’Apparenza)
Capitolo LXXXVI
Le mani di Arthur. La
bocca di Arthur. La virilità di Arthur.
...Arthur...
“Arthur...” gemette Merlin, risvegliandosi di colpo, ansante e
madido.
Si mise una mano sulla bocca, spaventato dall’intensità
delle emozioni che provava. Non sapeva neppure se aveva urlato quel nome solo
nella sua testa o se gli aveva dato voce per davvero.
Ma quel dannato sogno – quel
dannato ricordo – era così reale,
maledizione!
Con il polso sottile si asciugò un rivolo di sudore dalla
fronte, rendendosi immediatamente conto che non sarebbe bastato, e difatti non
avvertì alcun sollievo.
Lo percepiva ancora, caldo e umido, viscoso.
Quel piacere
insoddisfatto che pulsava insistente dentro di lui e lo supplicava di venir appagato.
Merlin se ne stava sdraiato sul letto, cercando di regolarizzare il respiro affannato e chiedendosi se dovesse
impazzire di desiderio.
Non voleva cedere, non
voleva dargliela vinta.
Lo sapeva che altrimenti si sarebbe assuefatto; e quella
smania sarebbe tornata, notte dopo notte, a reclamare
il suo sonno, a popolare i suoi incubi di lussuria.
Non poteva mai più
avere Arthur, ed era masochistico sognare di essere da lui posseduto.
Merlin deglutì a vuoto, spostandosi con stizza una ciocca
appiccicata alla tempia.
Si impose di pensare ad altro, e
lanciò un’occhiata distratta alla finestra.
Dal buio nero oltre gli scuri, s’intuiva che l’alba era
ancora lontana.
Egli sbuffò allora, girandosi su un fianco per trovare una
posizione più confortevole e riprendere a dormire.
Ma nell’esatto istante in cui lo
fece, la camiciola strofinò il proprio tessuto sui suoi seni turgidi
paralizzandolo, lasciandolo lì a boccheggiare per diversi istanti. Il dolore e
il piacere si erano fusi in un’unica scarica che aveva travolto i suoi sensi
acuiti, riaccendendo la frenesia, facendolo contorcere...
Merlin si sentì terribilmente sporco e colpevole, ma il
demone della lussuria quella notte avrebbe vinto.
“Arthur...”
***
Credere che il passare del tempo avrebbe giovato fu solo una
pia illusione.
Dal momento in cui Gaius, a mezzodì di quel maledetto giorno dopo il colloquio,
lo aveva trovato ridotto in quello stato pietoso, il suo martirio si era solamente
aggravato.
Il vecchio mentore, vedendolo così stravolto e inappetente –
con la voce gracchiante, naso che colava, occhi
lacrimanti e arrossati –, aveva creduto che quelli fossero i sintomi di un
inconsueto attacco di allergia – particolarmente aggressivo, fra l’altro.
Merlin non si era neppure dato pena di smentirlo. Lo aveva
pregato di somministrargli un potente sonnifero e, lamentando una forte
emicrania, gli aveva chiesto di riferire al principe la propria indisposizione.
Quel sonno forzato aveva portato un po’ di requie all’animo
martoriato dello stregone, ma al suo risveglio, quella sera, la realtà gli era
piombata nuovamente addosso con tutto il suo insopportabile peso.
Rifiutandosi di consumare la
propria cena – aveva un nodo indissolubile nello stomaco chiuso –, egli comprendeva
che avrebbe fatto preoccupare il suo maestro, ma sinceramente non sapeva che
altro fare.
Non era pronto a dare spiegazioni né a condividere il
proprio dolore. Peggio ancora, non avrebbe retto al
giudizio o al disprezzo di colui che reputava come un padre.
Gaius lo aveva dissuaso fin dall’inizio, lo aveva messo in
guardia sulla pericolosità di un legame d’affetto tra Linette e l’erede al
trono.
Ma il vecchio guaritore non poteva
capire – non poteva neppure immaginare – la portata della forza di quel
sentimento.
Anche se Merlin avesse
voluto resistergli, in tutta coscienza, non ci sarebbe riuscito.
Come un guscio di noce non avrebbe mai
potuto sopravvivere indenne ad una tempesta marina, così piccolo si
sentiva lui: una goccia d’acqua in balìa della vastità dell’oceano.
Anche se Merlin avesse
voluto confessarglielo, in tutta coscienza, non avrebbe trovato le parole.
Perché nessun concetto o esempio si sarebbe – seppur
lontanamente – avvicinato al paradiso e all’inferno che aveva vissuto in quella
manciata di veglie. Nessun nome gli
rendeva giustizia.
Ma Gaius, bontà sua, non era
sciocco.
Inizialmente, il cerusico si era spaventato e preoccupato
oltremodo, per quel morbo oscuro fuori stagione che aveva colpito il suo
figlioccio in maniera così grave.
Però, poi, gli ci erano volute solo
tre veglie per capire i veri sintomi e formulare una diagnosi; decretando che –
quel morbo oscuro – tanto oscuro non era,
e anzi, aveva un nome ben preciso: quello
era mal d’amore.
Assodato ciò (e la faccia tormentata del principe incrociato
nei corridoi ne era una palese conferma), egli decise che la cosa migliore era un discreta pacatezza.
Non avrebbe preteso una spiegazione da Merlin, avrebbe
rispettato il suo silenzio e il suo dolore, offrendo comprensione e un
abbraccio consolatorio, qualora il suo pupillo avesse voluto condividere con
lui quello che provava o quello che era accaduto.
Gaius si era ormai persuaso che il suo figliolo e l’erede al
trono fossero destinati a qualcosa di unico e irripetibile
– al di là delle convenzioni, al di là del perbenismo –, a qualcosa che, probabilmente,
neppure loro avevano ancora capito, o accettato, appieno.
Forse era per questo che avevano
litigato in modo così devastante.
Quando due facce della
stessa medaglia si allontanano, l’equilibrio si spezza. Ma una metà non può
rimanere senza l’altra; una da sola non ha ragione d’esistere, si disse,
lanciando uno sguardo desolato alla porticina dietro cui
stava il suo figlioccio e, contemporaneamente, indirizzando un pensiero
altrettanto sconfortato al principe, ovunque egli fosse.
Che la strada verso Albion fosse
lunga e tortuosa, l’anziano medico lo sapeva. Ma si
dispiacque ugualmente per quei due giovani cuori, ancora una volta,
ingiustamente, messi a dura prova dal Destino.
***
Anche per Arthur, il trascorrere del tempo fu solo una vana
illusione di ripresa.
Le ferite che portava incise interiormente avevano un’unica
forma e un’unica firma e ogni cosa del suo mondo gli ricordava lei: a partire dal letto in cui dormiva – in cui avevano dormito,
insieme, più volte, e in quell’unica
notte così diversa – passando per il suo equipaggiamento – le armi e la
cotta che lei puliva, lucidava e affilava –, per giungere alla sua presenza
fantasma in ogni luogo del castello e della città, dove abitualmente
passeggiavano insieme.
Fu all’incirca verso il decimo giorno dalla diserzione della
sua serva, che il principe ebbe il contraccolpo peggiore.
Giunto nei pressi delle stalle – poiché sentiva l’impellente
bisogno di sfogarsi con una cavalcata scavezzacollo, per buttare fuori tutta la
tempesta di sentimenti che litigavano dentro di sé – egli trovò un garzone, che
non conosceva, ad occuparsi di Antrax.
Il giovane, appena lo vide, gli fece un rispettoso inchino, mentre
riceveva l’ordine di preparare il necessario per la sortita.
“Sire…” incominciò questi, impacciato, e forse intimorito
dalla presenza dell’erede al trono. “Perdonate l’ardire… ma… come sta Linette? È
da parecchi giorni che non la si vede qui e…”
“Riprenderà i suoi doveri fra qualche dì”, tagliò corto il
cavaliere, stringendo la mascella, allungando una mano guantata
per farsi consegnare le redini e chiudere così la spinosa questione.
Lo scudiero gliele porse immediatamente, eppure, prendendo
coraggio, egli risollevò lo sguardo sull’erede, facendogli chiaramente
intendere che aveva altro da dire.
“Maestà?” lo apostrofò, infatti, mentre il giovane Pendragon stava già per dargli le spalle.
Probabilmente l’occhiata torva, che il nobile gli lanciò,
non bastò a mortificarlo.
“Mio Signore… mi è stato riferito che, per vostro ordine
diretto, a nessuno è concesso di intrattenersi con lei e-”
“Arriva al punto”, lo incalzò, benché il tono sembrasse dire
l’esatto contrario: avrebbe zittito all’istante anche il più temerario dei
fuorilegge.
“Beh, Sire… I-io…” titubò il servo,
gonfiando poi il petto, dimostrando un inusuale ardimento.
“Io vorrei chiedere il vostro permesso per corteggiarla…”
“Qual è il tuo nome?” pretese di sapere Arthur, prestandogli
l’attenzione che prima non gli aveva dato, sondandolo a fondo, come se avesse
improvvisamente avuto davanti un insospettabile nemico.
“C-Carl, Sire”, balbettò questi,
preso in contropiede. “Mi chiamo Carl”, completò, con un altro inchino.
“Perché non mi ricordo la tua faccia?” lo interpellò
nuovamente, pressandolo come se quello fosse l’interrogatorio di un
prigioniero.
“Forse… perché sono nuovo, Maestà. Lavoro nelle scuderie da poco…”
motivò il ragazzo, sentendosi come se avesse combinato
un guaio tremendo senza esserne consapevole. “Provengo da uno dei villaggi a
Est del regno. Mio zio Blaise mi
ha-”
Improvvisamente, l’erede dei Pendragon
rievocò mentalmente che il Capostalliere gli aveva
parlato della questione, più di una luna addietro.
Gli aveva chiesto il permesso di assumere tra i garzoni quel nipote – un
ragazzo senza esperienza, ma volenteroso di imparare – rimasto orfano da
poco.
Arthur ricordava di avergli dato distrattamente il suo
consenso, accettando la parola dell’uomo e il suo buonsenso come garanzia, perché
in quel periodo i suoi pensieri erano rivolti altrove. Con ironia, egli rammentò che, per altre vie, erano ugualmente rivolte
a Lin.
Ed ora, questo Carl pretendeva di
corteggiarla…
Il principe scandagliò il suo sguardo, un castano caldo e
corposo, come la terra fertile dopo l’aratura.
Era limpido e innocente, eppure quegli occhi avevano
conosciuto il dolore. Il dolore della
perdita.
“Fammi vedere le tue mani!” gli ordinò di colpo, facendolo
sussultare, impreparato.
Lo stalliere le allungò prontamente e il nobile gliele
afferrò senza garbo, studiando brevemente il palmo e il dorso.
Erano mani curate, ma callose. Segno che era abituato al duro lavoro.
“Lei lo sa?” chiese Arthur, a bruciapelo.
Carl sbatté le palpebre, smarrito, ritrovandosi libero dalla
presa del nobile.
“Co-cosa?” tartagliò, incapace di
raccapezzarsi.
“Linette lo sa?” insistette Sua Maestà, spazientito. “Sa che
vuoi frequentarla?”
“Beh, n-no. Non
ancora…” incespicò il servo, preso in contropiede. “Ho ritenuto giusto
chiedere prima a voi…” motivò.
“E cosa ti fa credere che lei ti contraccambi?” lo
interrogò, ancora.
Un inaspettato sorriso fiorì sulle labbra dello staffiere.
“Linette è sempre così gentile e disponibile con me… mi è
stata molto vicina, quando sono arrivato a Camelot e non conoscevo ancora nessuno – nessuno…
tranne mio zio, ovviamente – e non era tenuta a farlo, perciò credo di piacerle
e-”
“Lei è gentile e disponibile con tutti.
Questo non fa testo”, lo freddò il nobile Pendragon,
senza riguardi, ma il servitore, anziché avvilirsi, allargò la sua espressione
innamorata.
“Se permettete, Sire… lasciate che sia lei a deciderlo. Voglio solo una possibilità”.
“E tu pensi seriamente che funzionerà? Sai
già cosa dirle?”
“Non ancora, ma spero che mi dirà di sì”, sorrise il
giovane, con quella spensieratezza tipica dei cuori conquistati.
Arthur sentì lo stomaco attorcigliarsi ancora una volta.
Lo invidiava.
Invidiava la facilità con cui quell’uomo umile poteva stare con lei. E forse renderla felice come lui non era
riuscito a fare.
Se Linette avesse accettato la sua corte, forse si sarebbe
distratta dalle sue colpe e dai suoi tormenti.
E loro, in qualche modo, avrebbe
ricucito quel loro rapporto lacerato.
Certo. Dare quel
consenso gli strappava il cuore brandello per brandello.
Ma era per il bene di lei, no?
E quel ragazzo sembrava davvero un tipo perbene, le sue
intenzioni parevano onorevoli.
Oltretutto, Blaise non avrebbe mai
tollerato uno scavezzacollo, parente o non parente.
“D’accordo. Hai il mio permesso”, concesse
infine, con solennità. E mentre il giovane spalancava un’espressione di
pura gioia, egli si sentiva sprofondare nella disperazione più cupa.
“Ma bada bene!” gli intimò, serio,
prima di andarsene – non si era neppure accorto del nervosismo di Antrax, finché non notò come il cavallo stava sbuffando
impaziente per quell’imprevista attesa. “Resta inteso che, se la farai soffrire,
farai i conti con me!”
Ma il ragazzo sorrise ancora, i
lineamenti del viso presero una forma ebete, quella caratteristica di chi era
innamorato perso. “È lei che mi spezzerà il cuore, se mi dirà di no!”
In tutta onestà,
Arthur non seppe cosa augurarsi. Se sperare di vederla riprendere la
propria vita, felice, con qualcun altro accanto… O se essere egoista, e sapere
che lei avrebbe rifiutato Carl perché, in qualche modo, il suo ricordo era
ancora in lei.
***
Cosa gli avrebbe
consigliato di fare, Merlin?,
si chiese il principe. Cosa – dannazione
– cosa?, si
arrovellò, lanciando al galoppo il suo fedele stallone, con disperazione,
appena oltre le mura di cinta.
Ma Merlin non c’era. Non c’era più. Non era
più suo consigliere da troppo tempo.
Lo avrebbe picchiato, con quelle sue braccine
magre e i suoi modi goffi? Oppure gli avrebbe riversato contro la sua rabbia,
lo sdegno, la delusione, la magia che possedeva, per punirlo in qualche modo
per ciò che aveva fatto con Linette? Gli avrebbe palesato il suo senso di
tradimento? O invece, ancora una volta, avrebbe trovato un amico in lui, e parole sagge e conforto?
Merlin avrebbe mai
capito il sentimento viscerale che provava per Lin?
Sì, l’avrebbe fatto. Perché quell’idiota – anche se un po’
gli costava ancora ammetterlo – lo conosceva a fondo, lo conosceva
anche più di se stesso.
Ma, alla fine, lui con chi si sarebbe
schierato? Avrebbe parteggiato per lei?
Qualcosa disse al principe che, scoprirlo, lo avrebbe fatto soffrire ancor di
più e preferì rimanere nella mite ignoranza.
Da molto non si interrogava sul suo
vecchio servo, benché il suo ricordo rimanesse dentro di lui, quotidianamente
sopito, perché più il tempo passava e più l’erede si era rassegnato a non
rivederlo mai più e, per proteggersi, Arthur si era raccontato tante piccole
bugie che acquietassero il cuore e l’animo dolorante.
Quello non era il
momento buono per ripensare al suo abbandono. No, non ora, che l’inossidabile
rapporto con Linette si era incrinato –forse per sempre? – e tutte le sue
certezze stavano vacillando.
E dannazione a quel
Carl!,
imprecò il cavaliere, piantando i talloni nei fianchi di Antrax
e lanciandolo in una corsa ancor più disperata, con la vana illusione di
dimenticare tutti i suoi mali, almeno per un po’.
***
Passarono appena un paio di giorni, – di Linette non v’era ancora traccia, benché lei compisse molteplici doveri
che non fossero direttamente collegati alla sua nobile persona – quando il
principe incrociò Carl, lo stalliere, appena fuori dalle scuderie reali.
La prima cosa che colpì il giovane Pendragon
fu l’aria mogia del servo, così concentrato a trasportare della biada a testa
china che subito non s’accorse di lui.
Quando lo staffiere finì quasi per sbattergli contro,
sollevò lo sguardo da cane bastonato e lo salutò, sorpreso dell’incontro, con
un mezzo inchino deferente.
“S-Sire!” smozzicò il giovane, riprendendo la giusta
distanza fra loro.
“Hai parlato con la mia serva?” gli chiese Arthur, senza
convenevoli, perché quella domanda gli pizzicava la lingua da troppe veglie.
“Sì, Maestà”, rispose questi, torturandosi le labbra coi denti.
“E…?” l’incalzò, incurante di
essere indelicato, soffocando il dolore che sentiva in fondo allo stomaco,
temendo la risposta che non voleva udire.
“Mi ha lanciato contro la spazzola con cui stava strigliando
Antrax e mi ha minacciato, dicendo che staccherà la
testa a morsi a qualunque uomo tenterà di avvicinarsi a lei…” confessò il
ragazzo, imbarazzato e deluso.
Incredibilmente, la veemenza di Linette, e ancor più il suo
rifiuto, strapparono un breve sorriso al principe. Poi
però egli sentì pena per quel pretendente rifiutato, maltrattato principalmente
per causa sua.
“Comprendo, comprendo…” lo consolò,
per maschile solidarietà. “Ti eri illuso che fosse dolce e pacata,
ma Linette è una brutta gatta da pelare!” lo canzonò, con una punta di
vittoria nella voce. Solo io so com’è
davvero.
Eppure – gli
ricordò amaramente la sua nobile coscienza – se lui non poteva più averla, Carl era sicuramente il pretendente
migliore per lei. Meglio affidarla a questo giovane, che a qualsiasi
scavezzacollo di cui si sarebbe potuta invaghire.
“Lascia passare un po’ di tempo.
Poi ritenta. Forse sarai più fortunato”, gli consigliò quindi,
contro ogni suo interesse, dandogli una virile pacca sulla spalla.
Il servo sollevò di colpo lo sguardo su di lui, stupito di
quelle parole.
“Grazie del consiglio, Sire!”
Arthur stiracchiò le labbra in un sorriso dolceamaro.
Anche se amava Linette
alla follia, per il bene di lei avrebbe dovuto accettare
di vederla contenta e serena con qualcun altro che non era lui. E Carl, col
tempo, avrebbe potuto renderla felice.
***
Tutti i suoi nobili propositi naufragarono in fretta, quando
la mancanza di Lin divenne insopportabile e Arthur
decise che aveva procrastinato abbastanza ogni decisione, e che era ora di
prendere in mano la situazione e di farla convocare per l’indomani mattina, con
la sua colazione.
E così fu.
Ma, benché egli fosse stato sveglio
da molto prima dell’alba, si era a malapena alzato dal letto, poiché aveva
perso tempo arrovellandosi su cosa dire e cosa fare con lei, una volta che Lin fosse stata finalmente al suo cospetto.
Eppure, appena ella varcò la
soglia, tutto quello che aveva premeditato era scomparso dalla sua mente.
Vederla entrare, con una circospezione che lei non aveva mai
avuto prima d’allora, lo ferì enormemente.
Linette sembrava quasi
un animale in gabbia. Braccato.
Anche da lontano, anche nella penombra del sole nascente che
filtrava dalle tende ancora tirate, Arthur si accorse di quando fosse sciupata.
E una parte di lui si rammaricò nel
vederla così, pallida e smagrita.
Eppure, un’altra voce dentro di lui si alterò, indignata. Perché diamine lo aveva assecondato nella
sua follia, se in realtà lei non lo voleva e si stava sfinendo dal rammarico?
“Mio padre paga così poco Gaius da farti patire la fame?!” la provocò, anche se quella, in realtà, era l’ultima
delle sue intenzioni.
Merlin sussultò, sorpreso e impreparato di fronte a
quell’attacco inatteso.
“Forse siete voi a pagarmi troppo poco!” ribatté, per
difendere istintivamente il suo mentore.
“Non pago per dei
servigi che non mi sono stati resi”, si
tutelò il principe, piccato, maledicendo poi la propria impulsività. “No, senti, io-”
Fu un bussare urgente che li interruppe, e la testa di un
valletto che faceva capolino scusandosi dell’intromissione.
“Sire!” salutò, deferente, preferendo ignorare la tensione fra loro. “Linette! Gaius ha urgente necessità del tuo aiuto con un
paziente grave! Mi ha mandato a chiamarti!” le comunicò,
dileguandosi.
Con quella scusa, il mago si congedò, con lo stomaco in
subbuglio e una pressante voglia di piangere, di urlare o di rompere qualcosa. Possibilmente in testa all’Idiota Reale.
***
Fu solamente a tardo pomeriggio che Linette ricomparve,
ancor più stanca e pallida. Arthur ebbe compassione di lei. Per
questo, non osò chiederle nulla e, invero, l’ultimo dei desideri di Merlin era
fare conversazione con il nobile Babbeo e finire per litigarci di nuovo.
Lo stregone gli preparò il bagno in religioso mutismo e,
mentre il principe si lavava, egli riordinò gli appartamenti reali compiendo
alcune faccende che quel giorno nessun sostituto aveva portato a termine per
lui.
Era un silenzio
irreale quello che gravava fra quelle mura.
Una quiete solo
apparente, un’atmosfera cupa.
Aria tesa, e musi
lunghi.
Merlin aveva scelto la linea del silenzio, rivolgendosi
all’erede il minimo indispensabile, non avendo idea di dove incominciare, e
Arthur non lo aiutò a superare questo scoglio fra loro, in realtà perché anche lui non sapeva come fare.
Erano consapevoli entrambi del fatto che fingere che tutto
fosse normale era folle, eppure quella era ugualmente
una fragile tregua o un punto d’inizio.
Fu forse per questo che, all’ora di cena, quando Lin tornò col vassoio delle vivande, il principe si
sconcertò.
“Perché il pasto è di una sola porzione?” le chiese Arthur,
allungando d’istinto una mano verso di lei per sfiorarla e, a quel gesto,
Linette s’era ritratta impulsivamente, amareggiandolo.
“Non ho fame, Sire. Mi dispiace. Non mi sento bene”, aveva sussurrato Merlin, evitando accuratamente
di guardarlo. Se l’avesse fatto,
avrebbe visto lo sguardo ferito del principe.
Ma, un secondo dopo, il nobile s’era
ricomposto, stringendo la mascella.
“Bene. Puoi andare. Non mi servono più i
tuoi servigi per oggi”.
L’ancella se n’era andata con un inchino, senza neppure
augurargli la buonanotte.
***
Il giorno dopo, se
possibile, fu anche peggio.
Poiché dal cielo cadeva un’incessante pioggia, l’erede dei Pendragon aveva trascorso la mattinata a smistare della
corrispondenza seduto alla propria scrivania, mentre la valletta reale, usando
la magia per sbrigare in fretta i lavori di modo da stare il meno possibile con
lui, come il dì addietro aveva cercato di non guardarlo, di fingere che non
fosse lì, nella stessa stanza.
I tempi delle
confidenze e dell’affiatamento sembravano ormai lontani, quasi dimenticati.
E c’era il tormento, lo
stesso tormento, nei loro occhi. Se solo si fossero
guardati…
Quando giunse l’ora del pranzo, nuovamente la serva porse i
piatti al principe e fece per congedarsi.
Ma lui, con una mossa fulminea, le
afferrò un polso sottile, trattenendola.
“Resta. Ti prego”,
le disse, con un tono ansioso e disperato al contempo, che strinse il cuore di
Merlin.
“Sire…” protestò debolmente.
“Non puoi fingerti indisposta tre settimane in un mese, Lin-Lin”, tentò lui, con un piccolo sorriso. “Se non hai
fame, puoi sempre tenermi compagnia…” propose esitante, porgendole però una
scodella con dei frutti di cui sapeva lei era ghiotta,
anche se non poteva permettersi di prenderli al mercato perché troppo costosi.
Era un’offerta di
pace. E potevano ricominciare da lì.
Merlin lo comprese, annuì e si sedette, benché rigido,
accanto a lui. Da lì, iniziò un pasto
strano.
Fatto di imbarazzo, e voglia di riavviare quel meccanismo perfetto
che si era inceppato.
Forse entrambi non si
erano ancora leccati le ferite a sufficienza, ma se volevano continuare verso
il loro Destino, era tempo di interrompere quella pausa forzata e di riprendere
il cammino.
Incredibilmente, fu Arthur ad
iniziare, inghiottendo il proprio orgoglio.
“Ieri… non ti ho convocata per
litigare. Non era mia intenzione farlo”, si scusò, a modo
suo.
Linette rimase ferma, attenta. Quasi stordita da quella rivelazione. Ma
poi il principe vide il suo corpo rilassarsi impercettibilmente contro lo
schienale della sedia.
“Potresti… riprendere tutti i tuoi doveri?” le propose Sua
Maestà, malcelando la speranza intrisa nella voce.
“Oh, temo sia inevitabile”, sbuffò Merlin, fingendo
accondiscendenza. “State facendo ammattire tutti i valletti che mi hanno
sostituito! Malcom è venuto a supplicarmi, perché interceda per lui preso di voi…
teme di finire al rogo, o una cosa così”.
“Alla gogna, non
al rogo…” biascicò l’Asino Reale, vergognandosi un po’ delle proprie minacce e
prepotenze. “Ma non era certo colpa mia se lui-” non era te “era un tale incompetente!”
Merlin sollevò un sopracciglio come il suo maestro.
“Allora posso rassicurarlo del fatto che domani avrà ancora
salva la vita?” lo incalzò.
E d’improvviso, l’erede comprese che Lin
si stava prendendo gioco di lui.
“Solamente se io e te andremo a
caccia, domattina. Solo noi due. Come ai vecchi tempi”.
“Accetto”, acconsentì il mago, su
due piedi, d’impulso.
Eppure, inaspettatamente il principe assottigliò lo sguardo,
sondando la sua faccia.
“No, aspetta… fammi capire… fai tutto questo per quel…
quel Malcom?”
indagò, sembrando sospettoso – e forse
geloso.
Anziché rispondergli, Merlin sbuffò
nuovamente.
“Giù, nelle cucine, si fanno scommesse… su
quanto durerà il prossimo valletto. La più quotata è mezza veglia. Lo
sapevate?” gli rese noto, con una smorfia sarcastica.
Arthur, sentendosi umiliato, s’indignò.
“Sono solo un branco di incompetenti
e-”
“E voi fate i capricci come un bambino viziato”, gli appuntò
il servo, con tono leggero, per poi ridivenire serio: “Non mi avevate forse
promesso di rendere Camelot
un luogo migliore? Niente più prepotenze né ingiustizie?” gli
rammentò, pungolandolo nell’onore.
“E tu non mi avevi forse giurato che non avresti mai usato
la tua magia contro di me?”
Merlin sussultò, colpevole, notando che – malgrado
i molti giorni trascorsi – vi è ancora una discreta traccia del livido sul
nobile volto. A causa della penombra nella stanza, il giorno addietro, quando
lo aveva rivisto dopo tanto, non se n’era reso conto subito.
Bugia. Era perché
aveva cercato di guardare in faccia Arthur il meno possibile.
“Mi avete chiesto voi di colpirvi…” si giustificò, ingoiando
i sensi di colpa. “Perché non lo avete fatto curare?”
“Era solo una sciocchezza…” si schernì il cavaliere,
distogliendo lo sguardo, a disagio.
“Una sciocchezza non impiega più di mezza luna a guarire…”
lo contestò Merlin, sollevandosi dalla sedia per accostarsi a lui.
Vedendolo da vicino, comprese che sarebbe servito un buon
unguento per aiutare l’assorbimento dell’ematoma, ma probabilmente l’Asino era
stato troppo orgoglioso per chiedere aiuto, e dover
magari giustificare il perché di quel livido.
Arthur sarebbe morto,
si disse, piuttosto che rivelare di
essere stato colpito da una donna.
Ma, in verità, avrebbe potuto
mascherare quella percossa come un incidente occorso durante gli allenamenti o
una distrazione fatale. E il suo smisurato amor proprio ne sarebbe uscito
intatto…
“Dovevate farvi visitare da Gaius…” considerò, con occhio
clinico. Probabilmente aveva esagerato
con la propria forza magica. “Forse lo zigomo si è fratturato”.
“Me lo meritavo”.
Arthur non le confessò
che il dolore di quel livido non era niente, se paragonato alla voragine che
sentiva dentro.
E che la considerava
una giusta punizione. Una – benché minima – espiazione per il dolore di lei.
“Su questo non v’è dubbio”, concordò lo scudiero, e tuttavia
egli allungò, lentamente, le proprie dita sulla zona ferita, sfiorandola con
delicatezza.
Arthur sussultò ugualmente, poi strinse i denti ordinandosi di non arretrare.
Chiudendo gli occhi,
si lasciò invadere la mente da quel tocco lieve e gentile, dal profumo di lei – quanto gli era mancato! – dalla sua
vicinanza.
Anche Merlin si sentiva turbato, ma si impose
di non fuggire, mentre gli sussurrava un incantesimo di guarigione e la pelle
martoriata guariva miracolosamente.
Solo alla fine, il mago si accorse che il principe gli aveva
afferrato un lembo della gonna.
Come avrebbe fatto un
bambino spaventato, temendo di essere abbandonato da sua madre.
“Mi dispiace. Non vi colpirò mai
più”, si scusò, a sua volta, prendendosi finalmente il tempo di specchiarsi
negli occhi che tanto amava, ora così lucidi e vulnerabili.
“Potremmo… ritornare ad essere
amici? Sarebbe un buon inizio”, offrì il principe, come
proposta di pace.
Ed egli annuì.
Per egoismo. Per
necessità.
E perché gli accordi
per il matrimonio di Morgana andavano conclusi prima dell’inverno.
Continua...
Disclaimer:I
personaggi di Merlin, citati in questo racconto, non sono miei; appartengono
agli aventi diritto e, nel fruire di
essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.
Ringraziamenti:
Un abbraccio alla mia kohai e a Laura, che subiscono
le mie paranoie. X°D
Note: Nel lontano
capitolo 26,
mi si chiedeva di vedere Linette alle prese con uno
spasimante. Beh, eccolo.
Dopo il vampiro, s’intende. XD
Fin da subito, sapevo che questo pretendente non avrebbe
realmente minato il rapporto fra i nostri eroi (perché
MerLin non è come una certa Banderuola di nostra
conoscenza ¬.¬), ma mi ha
dato modo di lavorare sulla caratterizzazione di Arthur, da un lato pronto a
farsi da parte, dimostrando la sua maturità accresciuta, dall’altro pur sempre
egoista verso chi ama.
C’è anche uno scorcio padre-figlio sul rapporto fra Gaius e
Merlin, come chiesto.
Vi è anche un riferimento al cap. 58,
quando Merlin rammenta ad Arthur la sua promessa di rendere Camelot
un luogo migliore, senza più prepotenze né ingiustizie da parte di chi comanda.
Nel caso vi siano rimasti dubbi, chiedete pure! ^^
Precisazioni al
capitolo precedente e domande varie: (a random)
- Non ho molto da dire, perché ho già risposto sotto ai commenti.
Qualcuno ha diviso la colpa a metà, qualcun altro ha detto
che non ci sono colpevoli.
La maggior parte di voi ha parteggiato per Merlin.
Personalmente, credo che sia Arthur ad avere avuto la peggio, perché lui è due
volte massacrato. Ha sempre ‘subito’ le scelte di Merlin in questa storia e
ora, anche se ama Linette, fa la scelta più dura per quello che, lui crede, sia
il bene di lei.
È ovvio che dire – e sentirsi dire – quelle parole crudeli fosse terribile, ma lo è stato per entrambi.
- Ora che si è toccato il fondo, non ci resta che risalire e
moltoci
aspetta prima della fine.
- La cosa del capire “l’essenza dentro l’apparenza” è un
cammino interiore di accettazione.
Arthur deve capire (e accettare) che Merlin e Linette siano
la stessa persona.
Una parte di lui l’ha fatto
incredibilmente in fretta: Arthur ama Lin proprio
perché lei è così identica a Merlin.
Ma Merlin, con le sue bugie, lo ha
depistato, anziché aiutarlo a fargli capire la coincidenza esatta fra loro.
- Ancora una volta, Morgana e Uther,
a modo loro, hanno dimostrato il loro affetto, sono contenta che lo abbiate
apprezzato.
- A domande specifiche, ho risposto direttamente sotto la
recensione.
Vi metto BEN QUATTRO
anticipazioni del prossimo:
Come spesso accade, i grandi eventi nascono da piccole cose.
Ed enormi disastri sono generati da
minime distrazioni.
Le cose precipitarono un giorno come tanti altri, a metà di
un mite ottobre, quando re Uthervenne
salvato da morte certa dalla sua pupilla.
(...)
Dopo il sollievo iniziale e aver punito il colpevole, il
monarca si era interrogato a lungo su quella vicenda. Ed era rimasto fortemente turbato da quella rivelazione di Morgana.
Un conto erano i suoi
incubi un po’ troppo vividi, e delle coincidenze talvolta bizzarre, un altro
paio di maniche erano delle premonizioni precise e minuziose.
Arthur si era aspettato quasi che, prima o
poi, suo padre pronunciasse la fatidica parola. Stregoneria.
Per questa ragione, dopo averne parlato con Merlin, il
principe stabilì che – per il bene della sua sorellastra – ella
avrebbe dovuto lasciare Camelot il prima possibile.
(...)
Gwen sarebbe andata con Morgana,
ovviamente, mantenendo il suo ruolo di valletta personale della principessa.
Anche per lei, lasciare Camelot era un grande passo. Ma,
in fondo, la sua signora era la sua
famiglia.
Guinevere aveva perduto tempo
addietro i propri affetti più cari – la madre e un fratello di cui non parlava
mai volentieri – e, con la morte del padre, niente la teneva davvero legata
alle terre dei Pendragon.
Eppure, anche per lei il
Destino aveva in serbo qualcosa.
(...)
“È proprio somigliante a suo cugino, non trovi?” sottolineòGwen, facendo le
presentazioni fra loro, nello studio del medico di Corte, dove lo aveva
trascinato per rincontrare anche Gaius.
Lance osservò il mago per un
lunghissimo istante, mentre uno strano lampo gli attraversava lo sguardo, come
se avesse ricevuto un’improvvisa, soprannaturale intuizione.
Avviso di servizio
(per chi segue le altre mie storie):
Eccomi. Fra qualche giorno partirò – ho davvero bisogno di staccare la
spina –, ma prima volevo regalarvi l’aggiornamento di Linette, uno dei capitoli
più lunghi finora.
SPOILER FREE: Ricordo che questa storia NON
contiene/conterrà volutamente alcuno
spoiler della quinta stagione; eventuali
coincidenze sono appunto casuali coincidenze (è già successo e
succederà in capitoli che ho già pronti).
Linea temporale: Autunno
del terzo anno dall’arrivo di Linette a Camelot,
fino a novembre.
Riassunto generale: Merlin
è abituato a salvare la vita all’Asino Reale senza che questi se ne accorga, ma
stavolta non tutto va per il verso giusto. Colpito dall’incantesimo del
malvagio Ardof, il nostro mago farà i conti con una
sconvolgente novità: egli si risveglia trasformato in una donna.
Solo Gaius conosce il suo segreto e, finché non troverà il modo di tornare
normale, dovrà inventarsi delle scuse plausibili e prendere
il posto di se stesso al servizio del principe. Come riuscirà a conciliare
questa ‘nuova situazione’? Come si evolverà il suo rapporto con Arthur?
Riassunto delle
ultime puntate: Il malvagio stregone Ardof è
morto, ma la sua maledizione non si è sciolta.Merlin, perciò, fa credere ad Arthur di essere partito alla
ricerca del padre mai conosciuto. Al principe non resta che subire questa sua
scelta, mentre il tempo passa inesorabile, e il suo legame con Linette va
saldandosi sempre più… fino a quando, durante un agguato, lui non scopre che la
sua serva è una strega e lei gli rivela che anche
Merlin lo è: questa sconvolgente ammissione, ovviamente, cambia le carte in
tavola e li porta ad un nuovo sodalizio in cui, finalmente, i due si confessano
reciproco amore e cedono alla passione… Ma la gioia è breve, perché Merlin –
contrariamente a quanto sperato – non è tornato in sé dopo essersi unito ad
Arthur e quindi cede alla disperazione. La medaglia sembra spezzata, ma le due
facce devono riunirsi per salvare Morgana da un tragico destino.
Dedico l’aggiornamento a chi ha
recensito il precedente capitolo e invito i lettori silenziosi, se lo desiderano,
a lasciare un segno (che è sempre gradito).
E a quanti commenteranno (SE vi
va di recensire anche dei capitoli più indietro di questo, il vostro parere non
andrà perduto!).
Ai vecchi e ai nuovi lettori.
Grazie.
TheHe in theShe
(l’Essenza dentro l’Apparenza)
Capitolo LXXXVII
Quelli furono settimane e mesi frenetici.
Dopo un primo momento di riavvicinamento, il pretesto del
matrimonio di Morgana divenne per entrambi la scusa perfetta per accantonare
dissapori e incomprensioni.
Arthur e Linette, a mano a mano che i giorni passavano, avevano
lacerato definitivamente quel velo di imbarazzo e
malessere che era calato fra loro – nei piccoli momenti di vita quotidiana e
nell’intimità forzata di certe mansioni –, e avevano perfezionato i loro
progetti iniziali sulla nobildonna da impalmare, riscoprendo l’antico
affiatamento momentaneamente sopito.
L’erede al trono, in particolare, su consiglio dell’ancella
reale, aveva assolto in parte alla promessa fatta in primavera e aveva invitato
formalmente principe Alec di Drumburgh a Camelot, per godere del clima
autunnale di settembre attraverso una buona battuta di caccia e il giovane
ospite, che non era immune al fascino della castellana, aveva accettato
l’offerta di buon grado, portando gli onori del suo Casato.
Morgana, tutt’altro che sciocca, avendo colto le intenzioni
del fratellastro, si era dimostrata eccezionalmente benevola nell’intrattenere
l’illustre visitatore.
Poiché non vi era fretta di concludere
le trattative entro breve, forse ella si era aspettata che Arthur avrebbe
convocato a palazzo, in un secondo tempo, anche gli altri due candidati che
erano spiccati durante il Torneo di qualche mese prima, per poi concederle di
fare una scelta definitiva.
In realtà, il vaglio era già stato compiuto da tempo, senza interpellarla, e quella visita di cortesia
serviva unicamente per darle modo di accettare l’inevitabile, oltre che gettare
le basi per i futuri accordi da sancire tra i due regni.
Col senno di poi, Merlin aveva compreso che la strega
avrebbe preferito maggiormente ricevere la corte di Lord Heron
di Wertheria, il più affine a lei fra i tre uomini in
lizza.
Gliel’aveva confidato Gwen,
riportando a Linette, in modo riservato, le opinioni espresse dalla sua signora
quand’ella fu informata dell’arrivo del principe Alec.
Purtroppo per lei, il nobiluomo su cui aveva messo i suoi
occhi smeraldini era già stato scartato senza possibilità d’appello.
A torto o a ragione,
le priorità di Arthur erano la sua sicurezza, non la sintonia che sarebbe nata
col tempo.
L’unica cosa su cui aveva avuto inizialmente ragione la
protetta del re erano stati i tempi.
Le nozze non avrebbero dovuto celebrarsi prima della primavera
seguente – forse addirittura in concomitanza del suo augusto genetliaco – ma,
ancora una volta, il Fato aveva deciso diversamente…
***
Come spesso accade, i grandi eventi nascono da piccole cose.
Ed enormi disastri sono generati da
minime distrazioni.
Le cose precipitarono un giorno come tanti altri, a metà di
un mite ottobre, quando re Uthervenne
salvato da morte certa dalla sua pupilla.
Qualcuno aveva pensato bene di avvelenare il sovrano di Camelot per vendicarsi del suo
odio contro la magia. Ma questo nemico oscuro del regno non aveva fatto i conti
con i sogni premonitori della castellana ed ella – una
volta che il pericolo era stato scongiurato – non aveva saputo come motivare le
sue conoscenze miracolose dell’evento e si era ritrovata costretta a confessare
al re la sua visione, nitida e reale, di un Uther
morto per mano di una potente sostanza letale a lui destinata.
Dopo il sollievo iniziale e aver punito il colpevole, il
monarca si era interrogato a lungo su quella vicenda. Ed era rimasto fortemente turbato da quella rivelazione di Morgana.
Un conto erano i suoi
incubi un po’ troppo vividi, e delle coincidenze talvolta bizzarre, un altro
paio di maniche erano delle premonizioni precise e minuziose.
Arthur si era aspettato quasi che, prima o
poi, suo padre pronunciasse la fatidica parola. Stregoneria.
E, quantunque non l’avesse fatto,
qualcosa nella fiducia del re verso la sua protetta s’era inevitabilmente
rotto.
Si era trattato di un piccolo tarlo che rosicchiava la sua
mente. E lo portava indietro nel tempo, a quando anch’egli si avvaleva
dell’aiuto di veggenti, vati e profetesse.
Per questa ragione, dopo averne parlato con Merlin, il
principe stabilì che – per il bene della sua sorellastra – ella
avrebbe dovuto lasciare Camelot il prima possibile.
***
Cambiando le carte in tavola di propria iniziativa, il
giovane Pendragon avrebbe scombinato i piani di
tutti, e poi – si disse – ne avrebbe pagato le conseguenze. Ma intanto le cose si sarebbero compiute a modo suo.
“Linette, corri alla voliera e scova il miglior piccione
viaggiatore di cui disponiamo. E poi scegli l’incanto più adatto perché possa
aiutarlo a sopportare la fatica e a viaggiare veloce; abbiamo poco tempo!” le
mise premura, porgendole un piccolo rotolo da fissare alla zampa del volatile,
mentre formulava il pensiero successivo: “Se i miei conti sono esatti, ed Alec manterrà quanto concordato, egli starà giusto organizzando
la propria partenza, che avverrà fra pochi giorni”.
Il mago non ebbe bisogno di altri chiarimenti.
Comprendeva le intenzioni del suo signore: con quel
messaggio, Arthur voleva avvisare il principe di Drumburgh
delle nozze anticipate, chiedendone il benestare.
Alla fine di ottobre, egli avrebbe dovuto presentarsi a Camelot per ufficializzare il
fidanzamento, discutere con re Uther della dote da
ricevere in dono, e siglare gli accordi solenni fra i loro regni… in vista
della primavera successiva.
Questo cambio di
programma era una mossa azzardata, benché necessaria.
Mentre la gente si preparava a festeggiare Samhain, loro – anziché un fidanzamento – avrebbero
celebrato direttamente una cerimonia nuziale.
Certo… sarebbero nate delle malelingue al riguardo. Perché affrettare così i tempi? Che fosse un
matrimonio riparatore? Forse vi era già un erede in arrivo?
Il Cerimoniale di Corte sarebbe stato in gran parte ignorato
– e il maestro di Etichetta, Geoffrey di Monmouth,
probabilmente sarebbe morto di crepacuore, per causa loro –, ma questo non
avrebbe fermato né Arthur né Merlin dal portare a termine la loro missione.
La cosa buona di tutto quel guaio era una sola: con così
scarso preavviso, poche teste coronate (tra tutti i regnanti alleati, che
sarebbe stato scortese non invitare alla solenne circostanza) si sarebbero
effettivamente presentate al lieto evento.
La cosa meno buona era fare un ragguaglio al re sulle ultime
novità e uscirne indenni; la cosa peggiore era sopravvivere all’ira di Morgana,
quando metterla al corrente di quel piccolo particolare – ovvero che avrebbe
dovuto presenziare alle proprie nozze organizzate a sua insaputa – sarebbe
divenuto improrogabile.
Per fare l’una e l’altra azione, l’erede al trono aveva
prima atteso una risposta dal principe Alec, il quale –
forse impazzito d’amore per la dama, o semplicemente rivelatosi un buono
stratega – non solo aveva accolto positivamente l’offerta d’anticipo, ma se ne
era pure fatto carico (cosa di cui Arthur, pur non ammettendolo ad anima viva,
lo avrebbe ringraziato in eterno).
A ridosso della fine di ottobre, era infatti
giunto un messaggero a Camelot, proveniente da Drumburgh, il quale aveva l’ordine tassativo di consegnare
una missiva reale unicamente al principe Pendragon.
Quella lettera, che precedeva colui che
l’aveva scritta solo di una manciata di giorni, conteneva una proposta formale
di unione, un contratto a pieno titolo che aspettava solo di essere vergato
dalle due controparti dopo i giuramenti solenni.
Il principe Alec di Drumburgh si
era assunto l’onere dell’iniziativa per acquietare preventivamente le voci più
fastidiose, risparmiando ad Arthur l’umiliante imbarazzo di dover rivelare come
si erano in realtà svolte le trattative fra loro.
Con una serie di ragionevoli considerazioni, il nobile futuro
genero elencava a re Uther gli indubbi vantaggi di
una cerimonia anticipata. E giacché sembrava che l’interesse da entrambe le
parti fosse il medesimo, procrastinare all’anno
seguente sarebbe stata un’inutile perdita di tempo.
Poiché i diretti
interessati si sarebbero trovati assieme entro poche veglie, perché rimandare?
Perché firmare un
accordo preventivo, quando lo si poteva portare a
compimento?
Assennatamente, il nobile Alec sottolineava
anche il dispendio di tempo ed energie per i lunghi, sfiancanti viaggi a cui si
era sottoposto e che forse avrebbe dovuto ripetere – dalla sua terra natia a Camelot, e ritorno –; quindi il matrimonio doveva svolgersi
prima dell’inverno, altrimenti la neve avrebbe chiuso i passi fino al disgelo e
il principe e la sua Corte non avrebbero potuto viaggiare comodamente. Per
questo, egli aveva specificato nella sua missiva di essersi
preso la libertà e la briga di portare con sé la più stretta cerchia dei
suoi familiari, per concludere l’accordo una volta per tutte, confidando in una
risposta positiva da parte del sovrano, suo futuro suocero.
Arthur, ovviamente, non aveva perso tempo e gli aveva
mandato un pronto messaggio di immediata delibera.
***
Quando Uther ebbe tra le mani la
scottante epistola e ancor più ebbe udito che Arthur aveva già risposto in vece
sua, egli sbraitò, imprecò, invocò accidenti sul futuro genero ed infine cedette.
Il monarca non era avvezzo a subire le altrui scelte – cosa
di cui suo figlio era dolorosamente consapevole – ma altrettanto non era
sciocco.
Pur rimanendo sconcertato e infastidito oltremodo per come era stato bellamente messo da parte in quelle
trattative, egli riconosceva che oramai era tardi per opporsi.
La proposta formale era giunta e necessitava
di una risposta altrettanto ufficiale. Ed era una sola.
Arrivati a quel punto delle trattative, era impossibile
procrastinare – con che scusa? – e, di fronte ad un qualsiasi diniego, il re di
Camelot avrebbe perso tutta
la sua credibilità.
Alla fine di un colloquio che aveva rubato anni di vita al
povero erede al trono, il monarca si era persino lasciato convincere da lui che
quella fosse addirittura la scelta migliore. Se Alec di Drumburgh
aveva così fretta di impalmare quella ribelle di Morgana, tanto meglio per
loro. L’inevitabile si sarebbe solo
anticipato.
Forse Uther avrebbe dovuto perfino
ringraziarlo per avergli risparmiato un tale grattacapo, ma era un uomo
orgoglioso e quella prevaricazione del sangue del suo sangue
e dell’imminente parente acquisito bruciava ancora parecchio.
Un pareggio era la cosa migliore. Niente gratitudine, niente biasimo.
***
Dal colloquio con Morgana, Merlin temette seriamente che
Arthur non ne sarebbe riuscito vivo, per questo aveva
deciso di appostarsi appena fuori dalla soglia degli appartamenti della
castellana per intervenire in caso di bisogno: la nobile strega non sembrava
possedere poteri offensivi, ma chi
avrebbe potuto prevedere lo svolgersi degli eventi, e improvvisi Doni nati sull’onda di un eccesso d’ira?
Mentre la fidata Gwen – a cui Merlin aveva dovuto fare un necessario, ma succinto
ragguaglio – condivideva la sua pena, da oltre il pesante portone giungevano
urla e invettive varie attutite dallo spesso legno, ma non sembrava volassero
anche oggetti o armi contundenti.
L’ultima frase che le due serve udirono indistintamente fu una
serie di parole irripetibili, e particolarmente
astiose, da parte della protetta del re contro il fratellastro.
Seguì poi un lungo scambio fatto di sussurri incomprensibili
da quella posizione e, quando alla fine non rimase che il silenzio, il mago
pregò solo che la morte di Arthur fosse stata veloce e indolore.
Invece Morgana lo stupì ancora una volta, urlando
esattamente il suo nome.
“Linette!” gridò infatti la
nobildonna. “So che sei lì fuori, vieni a riprenderti quest’asino!” le ordinò,
con un tono di voce imperioso, che faceva chiaramente trasparire quanto la sua
augusta pazienza si fosse già esaurita.
Dopo una fugace occhiata d’intesa con Guinevere,
Merlin spalancò prontamente la porta.
“Milady…” incominciò, con un inchino deferente, benché
superfluo.
“Sottrai questo traditore al mio sguardo”, ingiunse la dama,
che aveva gli occhi lucidi e i nervi a fior di pelle. “Ora”.
“Milord…” disse Merlin, scambiando un tacito sguardo con
Arthur.
Il principe emise uno stanco sospiro e, chinate le spalle, seguì
l’ancella senza ulteriori proteste.
Fintanto che alla povera Guinevereveniva assegnato l’ingrato compito di consolare la sua
padrona (e sorbirsi il resto dei suoi malumori), i due si rifugiarono negli
appartamenti reali dell’erede, per tirare le fila di quell’estenuante
confronto.
“Siete ancora tutto intero!” considerò Merlin, con un certo
sollievo, non appena ebbe chiuso il portone dietro le proprie spalle.
Arthur si limitò a sollevare un sarcastico sopracciglio,
prima di replicare.
“È una fortuna che Morgana non sia consapevole delle sue
doti soprannaturali! Se gli sguardi potessero folgorare, a quest’ora sarei solo
un mucchietto di nobili ceneri…”
Al mago scappò un sorriso.
“Oh, se è per questo, ringraziate che anche le invettive non
siano mortali, perché altrimenti non saremmo qui a conversare!”
“Già”, ne convenne il principe, lasciandosi cadere a peso
morto sullo scranno, come se di colpo la tensione avesse lasciato posto ad un’infinita stanchezza fisica e mentale.
Merlin accorse prontamente,
servendogli una coppa di sidro, affinché lo ristorasse.
“Volete… parlarne?” domandò, incerto.
Il giovane Pendragon fece una
smorfia, segno che la buona bevanda gli era andata di traverso a quel pensiero.
E tuttavia, accantonando le proprie remore, diede voce allo scambio avvenuto
poco prima.
“Ne è uscita una bella litigata. Una di quelle che non
facevamo da tempo”, premise, con uno strano luccichio
nello sguardo. “Peccato che l’argomento non fosse dei migliori”.
“Milady si è ribellata alla decisione presa?”
“No, in realtà no”, negò il cavaliere. “Ma,
com’era prevedibile, non ha gradito questa massiccia ingerenza da parte mia”.
“Non sarebbe stato da lei accettare tutto ciò in religioso
silenzio, Sire”.
Arthur arricciò le labbra. “Ovviamente no!” concordò. “Ma
saperlo a cose fatte l’ha fatta infuriare – forse giustamente, glielo concedo –;
tuttavia, lei non è consapevole del pericolo che sta correndo rimanendo qui a Camelot. Ogni giorno che passa,
sento che potrebbe essere quello fatale…”
“Avete ragione…”
“Io ho sempre
ragione, Lin-Lin”.
Bastò l’occhiata scettica della valletta per sopprimere ulteriori slanci autocelebrativi.
E, sentendosi un po’ come un bambino sgridato, il nobile
affondò il naso nella coppa, centellinando ogni sorso per fingersi impegnato.
“Quindi…” Merlin tirò le somme. “Alla
fine, ogni cosa è sistemata?”
“Morgana ha espresso alcune rimostranze, fra le quali il
fatto che a lei sarebbe piaciuto avere più tempo per conoscere meglio il suo
futuro marito e, anticipando la data, inevitabilmente si spettegolerà sul perché
sia stato necessario affrettare le cose…”
Merlin sentì un brivido freddo corrergli lungo la schiena,
immaginando la delicatezza indigesta
con cui il principe poteva aver replicato a quelle affermazioni.
“E… cosa le avete detto?”
Arthur fece spallucce.
“Dato che nessuno, tranne i diretti interessati, sa dei presunti accordi di
primavera, le malelingue non hanno motivo di esistere. E, se mai spunteranno, questi pettegolezzi avranno vita breve. Parola mia”.
Lo stregone non fece a tempo ad aggiungere nulla, che
l’altro riprese.
“Per quanto concerne l’aspetto sentimentale della faccenda,
il tempo è scaduto. Perciò le ho ribadito che, a cose
fatte, non le resta altro che farsene una ragione. ‘Ti darà il suo rispetto. L’amore verrà col tempo’”.
Merlin, che era ancora alquanto suscettibile su
quell’argomento, preferì non rispondere.
Se Arthur colse il suo disagio, non lo diede a vedere,
quando riprese.
“Le serviranno un paio di giorni per mettersi il cuore in
pace… e ci toccherà tollerare i suoi regali malumori, ma non farà scenate. Non quando arriverà Alec”.
“È già molto”.
“Le ho fatto notare quanto, in realtà, lei si debba
considerare privilegiata che un uomo di tale valore abbia chiesto la sua mano
e, anziché adirarsi, avrebbe dovuto rimanere lusingata
dal fatto che egli abbia voluto anticipare le nozze…”
“E come ha reagito?”
“Mi ha detto che farà in modo di essere presente il giorno
in cui, per mia somma sventura, mio padre mi imporrà
una moglie con la forza, per il bene di Camelot. Vuole vedere la mia faccia di allora e trarne godimento”.
“Non lo pensa davvero, Sire. Sono
certa che abbia detto queste parole spinta dalla
rabbia…”
“Lo so”, condivise Arthur. “E comunque ci vuole ben di
peggio per ferirmi”, dichiarò, con una punta di antica arroganza.
Anche se entrambi
sapevano che, quando lei l’aveva chiamato ‘traditore’, c’era andata vicino.
“Un giorno, forse, capirà che l’ho fatto per il suo bene e
mi ringrazierà”.
Il servo gli sorrise, per
esprimergli la propria solidarietà, e in qualche modo il principe gliene fu
grato.
“Sai Lin-Lin? Da questo ginepraio
ho avuto la conferma di una cosa…”
“Ovvero?”
“La mia sorellastra e mio padre non sono mai andati d’accordo, ma Morgana è più simile a lui di quanto non
creda”.
***
Tra mille pensieri e impegni che affollavano la mente del
mago, una mattina nacque dal nulla la consapevolezza
che, forse, lui e Arthur non stavano
regalando solamente a Morgana un destino migliore. Forse, non stavano facendo un favore solo a lei.
Dentro al suo cuore, il giovane stregone
non aveva mai dimenticato le parole con cui il drago lo aveva messo in guardia
dai poteri della strega. Kilgharrah non aveva mai
nascosto la propria avversione nei suoi confronti.
E benché Merlin avesse sempre tenuto in considerazione
quegli avvertimenti, negli anni era rimasto amico di Morgana che, numerose
volte, si era dimostrata più che degna della sua fiducia.
Gli ultimi eventi dopo l’incidente,
tuttavia, gli avevano fatto riconsiderare i fatti.
Non solo la
Veggente non era sicura a Camelot a causa del suo segreto magico, ma questo – a
lungo andare – avrebbe persino potuto corrompere il suo nobile cuore.
Morgana non aveva avuto la fortuna di avere Gaius al suo
fianco, che conosceva il suo fardello e l’aiutava –
almeno in minima parte – a sopportarlo.
Vivere in un luogo dove non si sentiva accettata, dove ciò con
cui era nata veniva considerato un sacrilegio, poteva
portare a conseguenze nefaste. Che strade
avrebbe potuto prendere l’animo tormentato della nobildonna? Si sarebbe
lasciata logorare dall’odio? E se si fosse fatta plagiare da qualche essere
malvagio per disperazione? Se avesse rivoltato la propria magia contro l’uomo
che l’aveva allevata?
Finché Uther avesse regnato e la stregoneria
fosse stata bandita e punita con la pena di morte, Camelot non le avrebbe mai dato pace.
Ma, forse, si
augurò il mago, l’amore e l’accettazione
del principe Alec l’avrebbero resa serena, e finalmente anch’ella
avrebbe potuto scendere a patti con se stessa – con la parte più intima di sé,
che aveva sempre negato di possedere.
Forse, lui e Arthur la stavano salvando dal compiere un
terribile passo falso, quello che – sibillino
– il drago gli aveva predetto anni addietro, e che l’avrebbe altrimenti portata alla rovina.
***
Mentre Arthur si preparava mentalmente a separarsi dalla sorellastra,
Merlin si era rassegnato a dire addio anche all’unica, vera amica che avesse
avuto lì.
Gwen sarebbe andata con Morgana,
ovviamente, mantenendo il suo ruolo di valletta personale della principessa.
Anche per lei, lasciare Camelot era un grande passo. Ma,
in fondo, la sua signora era la sua
famiglia.
Guinevere aveva perduto tempo
addietro i propri affetti più cari – la madre e un fratello di cui non parlava
mai volentieri – e, con la morte del padre, niente la teneva davvero legata
alle terre dei Pendragon.
Eppure, anche per lei
il Destino aveva in serbo qualcosa.
Fu proprio il giorno prima del matrimonio, e quindi della
loro partenza per Drumburgh, che ella
riabbracciò, non senza irrefrenabile commozione, il suo amato Lancelot.
Benché egli fosse stato bandito dal regno, s’era intrufolato al castello – nascondendosi nel trambusto
degli ospiti invitati alle nozze – col preciso intento di salutare i suoi
vecchi amici e, soprattutto, per chiedere in sposa la sua adorata Guinevere.
In quegli anni, lui aveva lavorato su delle navi mercantili
e aveva racimolato un certo quantitativo di denaro; non tanto,
ma sufficiente per regalarle una vita dignitosa, se ella fosse stata
ancora disposta a seguirlo per formare insieme una famiglia.
Purtroppo per loro, anche volendo, Lance non avrebbe potuto restare lì, per colpa dell’editto che re Uther aveva emanato quando aveva scoperto le sue nobili
origini falsate.
Ma Morgana fu più che felice di risolvere
la questione portandoselo appresso, nella sua nuova dimora, e il principe, ormai
consorte, fu ben lieto di soddisfare la richiesta della sua amata, quando
glielo propose.
Con un futuro così roseo all’orizzonte, l’unico rammarico di
Lancelot era stato quello di non poter rivedere Merlin,
benché fosse stato felice di conoscere Linette.
“È proprio somigliante a suo cugino, non trovi?” sottolineòGwen, facendo le
presentazioni fra loro, nello studio del medico di Corte, dove lo aveva
trascinato per rincontrare anche Gaius.
Lance osservò il mago per un
lunghissimo istante, mentre uno strano lampo gli attraversava lo sguardo, come
se avesse ricevuto un’improvvisa, soprannaturale intuizione.
Ma il momento passò, e lui non disse nulla.
“Davvero, la vostra parentela è innegabile”, concordò, allungando
una mano per salutare la fanciulla, e lo stregone
rispose con una certa indecisione alla stretta sincera di quelle dita.
Un istante dopo, però, la nostalgia ebbe il sopravvento e fu
lui a sbilanciarsi in avanti, cingendo con affetto l’amico ritrovato.
Vedendolo arrossire d’imbarazzo, quando si separarono, Linette
stiracchiò un risolino di scuse.
“Gli amici di Merlin sono anche amici
miei, e lui ti avrebbe salutato così”, motivò, ricevendo un assenso collettivo.
“E mio cugino ti raccomanderebbe di trattare bene Guinevere,
intesi?” gli appuntò, scherzando per alleggerire il peso dell’addio.
“Sul mio onore!” giurò Lancelot,
solennemente, ponendosi una mano sul cuore.
“Bravo ragazzo”, lo lodò l’archiatra, commosso, perché in
fondo li considerava un po’ tutti come figli suoi. “E tu, Guinevere,
sta’ vicina a Morgana se avrà ancora i suoi incubi…
anche se credo che l’aria di Drumburgh la guarirà…”
“Siatene certo, Gaius”, confermò l’ancella, chinandosi ad
abbracciarlo. “E invece io vi affido Linette! Ha un cuore
d’oro, ma è un po’ troppo… troppo…”
gli fece un cenno d’intesa. “Beh, fate in modo che trovi un brav’uomo da
sposare, prima o poi…”
“Ehi!” sbottò la fanciulla,
imbarazzata dalle allusioni e dal fatto che parlassero di lei come se non fosse
presente. “Grazie tante, Gwen!”
Fu una risata di coro ad alleggerire l’atmosfera del triste
commiato.
“Ho anche una raccomandazione per te, da parte della Mia
Signora”, premise l’amica stringendola stretta, perché l’indomani sarebbe stato
un gran giorno e probabilmente non avrebbero avuto tempo di dirsi addio per
bene. E piano, le sussurrò: “Morgana ha detto che devi prenderti cura del principino boriosetto,
perché senza di te lui non sa nemmeno come infilare le braghe, e rischia di
metterle a rovescio!”
Lo stregone rise, asciugandosi gli occhi umidi, mentre
scioglieva il loro abbraccio.
“Di’ alla tua padrona che il principino boriosetto è in buone mani”, la
rassicurò, accorgendosi troppo tardi di averlo detto ad alta voce.
Quindi era una fortuna, considerò Merlin, che Arthur non avesse assistito a
quell’incontro.
Ma, come a smentirlo, un
tossicchiare forzato attirò la loro attenzione.
L’erede dei Pendragon se ne stava
appoggiato contro lo stipite della porta; tuttavia, quando ebbe riconosciuto
l’ospite, il suo sorriso si allargò, dimenticando le parole di Gwen e Linette.
Fu un abbraccio fraterno – figlio del ricordo e della
gratitudine – a suggellare quel momento fra i due uomini.
Solo in quel momento, il quadro era completo.
In fondo, era giusto
che tutti si potessero dire addio.
Continua...
Disclaimer:I
personaggi di Merlin, citati in questo racconto, non sono miei; appartengono
agli aventi diritto e, nel fruire di
essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.
Ringraziamenti:
Un abbraccio alla mia kohai e a Laura, che subiscono
le mie paranoie. X°D
Note:
So cosa state pensando: “Mancano tre capitoli alla fine e questa perde
tempo sul matrimonio di Morgana?”
Beh, il fatto è che Morgana è il punto di svolta; il suo
matrimonio metterà in moto gli ultimi eventi, e tutto si incastrerà
a dovere, promesso.
All’apparenza, la mia sembra una scelta stupida, ma vi
chiedo di aver fiducia e di sostenermi fino alla fine. Come ho sempre detto
nelle vecchie note, spero di potervi stupire. Se poi il finale vi farà schifo, me
lo direte alla fine, ok? ^^
La “dote” che una donna porta come offerta nuziale al marito
è un’usanza antichissima. Risale ancor prima dell’epoca greca e romana, ma è
all’interno della civiltà romana che ebbe la sua più importante evoluzione.
L’influenza germanica ebbe il sopravvento nell’Alto
Medioevo, e vorrei annotare una specie di ‘dote’ che il marito – a sua volta –
doveva pagare alla moglie come garanzia.
Avevo abbozzato questo capitolo secoli fa, documentandomi
sulle usanze storiche, quindi non ho tenuto conto delle puntate 2x05-06 “La Bella e la Bestia (Parte I e II)”, con il matrimonio-lampo di Uther.
Fin dall’inizio vi avevo detto che Lancelot
sarebbe tornato alla fine della storia per portarsi via rendere felice Gwen.
Inizialmente, però, avevo pensato di usarlo per fingere che fosse lui a rompere
l’incanto (in quanto avvantaggiato, essendo uno dei pochi a sapere della magia
di Merlin), ma alla fine non ho avuto cuore di fare questa cattiveria.
Nel caso vi siano rimasti dubbi, chiedete pure! ^^
Precisazioni al
capitolo precedente e domande varie: (a random)
- Non ho molto da dire, perché ho già risposto sotto ai commenti.
La maggioranza di voi ha detto che era un capitolo
‘agrodolce’ e non posso che concordare. Dopo l’agonia, i nostri eroi si sono
riavvicinati, ma non come volevamo.
- Penso che Gaius sia un ottimo padre putativo, è presente e
discreto. Merlin è fortunato ad averlo.
- Arthur, a differenza di Merlin, non può esternare il
proprio dolore, perché ha un ruolo da mantenere e dei doveri da assolvere, e
forse questo è anche peggio.
- Carl, poverino, è un bravo ragazzo. Purtroppo per lui, ha
scelto la persona sbagliata nel momento peggiore. XD
- Merlin di solito è buono e gentile con tutti; per
aggredire Carl a spazzolate, doveva essere davvero fuori di sé! XD
- A domande specifiche, ho risposto direttamente sotto la
recensione.
Vi metto BEN TRE
anticipazioni del prossimo:
Merlin scosse il capo, negando. Raramente aveva visto l’uomo che amava così vulnerabile.
In fondo, era più semplice essere
sinceri quando non si era al culmine del livore.
“Non serve affatto che vi scusiate…
Sono già scesa a patti con questo, e vi resterò accanto e potrete sempre
contare sul mio appoggio, per qualunque cosa. Anche se voi
non ricambiate i miei sentimenti con uguale intensità, io continuerò a volervi
bene, Arthur”.
“No, aspetta! Tu…
cosa?” farfugliò il cavaliere,
spalancando gli occhi azzurri.
“Anche se voi non mi amate come vi amo
io, so distinguere un segno d’affetto da un gesto d’amore. Non occorre che vigiustifichia-”
“Ma che diamine vai dicendo?!”
(...)
Dopo un breve tramestio, Linette fece capolino sulla soglia,
stretta in uno scialle avvolto sulle spalle e con la treccia mezza sfatta.
“Arthur?” esclamò sottovoce, condensando nel suo nome tutto
il proprio stupore.
“Ehi…” la salutò lui, con uno di quei sorrisi che facevano
sempre tremare le ginocchia a Merlin.
“C-che succede?” sussurrò il mago.
Ma prima che potesse dire altro, si ritrovò sotto al naso una piccola, profumata violetta rubata chissà dove –
da uno dei vasi che avevano ornato il Banchetto o il corrimano del corridoio,
probabilmente.
“Avevo…” bisogno
“voglia di vederti…” confessò il principe, puntando ostinatamente lo sguardo
verso la piccola candela che illuminava lo stanzino.
(...)
“Arthur? Che
diamine fai?” domandò, forse stupidamente.
“Sono un uomo, perdìo!” sbottò,
allora, il giovane Pendragon. “E tu non devi
lasciarmi sbirciare queste cose e poi… poi… insomma!” sfogò, cercando di
stabilire una maggiore distanza fra loro, pur non volendo separarsi da lei. “Ho
anch’io dei limiti e dei desideri! Dei bisogni!” calcò. “E tu non puoi immaginare quanto ti voglio, perché-”
“Oh!,credimi, anche se ho un corpo femminile, ti capisco benissimo”, lo interruppe Merlin, deciso a vuotare il
sacco. “Non passa veglia che io non senta l’irresistibile desiderio di vederti,
o di toccarti. Ogni volta che devo spogliarti o rivestirti è un supplizio”,
confessò, portando i propri occhi ad una spanna da
quelli azzurri dell’altro, incatenandoli a sé. “Vorrei sentire le tue mani su
di me, in me. E immagino ancora la
tua bocca ovunque. E non vedo l’ora che tu mi dia sollievo, perché questa
brama, che mi brucia dentro, mi consuma e-”
Arthur deglutì rumorosamente, con le iridi sgranate e la
gola secca.
“D-d’accordo”,
balbettò. “Hai reso bene l’idea…” ammise. “E prima che… che i nostri buoni
propositi sfumino, è meglio che me ne vada”.
Fu allora che il mago si accorse dell’erezione che gli
premeva contro la coscia.
“Oh. Oh!” squittì, realizzando lo stato
d’eccitazione del principe.
Per un istante, si sentì gloriosamente lusingato di esserne
la causa.
“Ho capito, l’Orgoglio Mattutino si è svegliato!” asserì,
sornione.
[Sì, è tempo di chiarimenti^^]
Avviso di servizio
(per chi segue le altre mie storie):
Eccomi. Ho cacciato via i muratori e i pittori da casa, che sembra un
cantiere. Non ho ancora finito di preparare la valigia e fra poco devo spegnere
le mie candeline, ma eccomi.
Spero che possiate apprezzare l’impegno, perché francamente mi dispiace,
ma prima di così non ho potuto farcela ad aggiornare. Inutile dire che muoio dalla curiosità di sapere cosa ne pensate di questo
capitolo!
SPOILER FREE: Ricordo che questa storia NON
contiene/conterrà volutamente alcuno
spoiler della quinta stagione; eventuali
coincidenze sono appunto casuali coincidenze (è già successo e
succederà in capitoli che ho già pronti).
Linea temporale: Seguito
diretto del capitolo precedente.
Terzo anno dall’arrivo
di Linette a Camelot. Inizio
novembre.
Riassunto generale: Merlin
è abituato a salvare la vita all’Asino Reale senza che questi se ne accorga, ma
stavolta non tutto va per il verso giusto. Colpito dall’incantesimo del
malvagio Ardof, il nostro mago farà i conti con una
sconvolgente novità: egli si risveglia trasformato in una donna.
Solo Gaius conosce il suo segreto e, finché non troverà il modo di tornare
normale, dovrà inventarsi delle scuse plausibili e prendere
il posto di se stesso al servizio del principe. Come riuscirà a conciliare
questa ‘nuova situazione’? Come si evolverà il suo rapporto con Arthur?
Riassunto delle
ultime puntate: Il malvagio stregone Ardof è
morto, ma la sua maledizione non si è sciolta.Merlin, perciò, fa credere ad Arthur di essere partito alla
ricerca del padre mai conosciuto. Al principe non resta che subire questa sua
scelta, mentre il tempo passa inesorabile, e il suo legame con Linette va
saldandosi sempre più… fino a quando, durante un agguato, lui non scopre che la
sua serva è una strega e lei gli rivela che anche Merlin lo è: questa
sconvolgente ammissione, ovviamente, cambia le carte in tavola e li porta ad un nuovo sodalizio in cui, finalmente, i due si
confessano reciproco amore e cedono alla passione… Ma la gioia è breve, perché
Merlin – contrariamente a quanto sperato – non è tornato in sé dopo essersi
unito ad Arthur e quindi cede alla disperazione. La medaglia sembra spezzata,
ma le due facce devono riunirsi per salvare Morgana da un tragico destino.
Dedico l’aggiornamento a chi ha
recensito il precedente capitolo; mi dispiace che i commenti si siano
dimezzati, perciò ringrazio chi ha speso tempo a lasciarmi un parere (che è
sempre gradito).
Un pensiero anche a Sawa e a mrslightwood, per la
gentilezza.
E a quanti commenteranno (SE vi
va di recensire anche dei capitoli più indietro di questo, il vostro parere non
andrà perduto!).
Ai vecchi e ai nuovi lettori.
Grazie.
The He in the She
(l’Essenza dentro l’Apparenza)
Capitolo LXXXVIII
La cerimonia si era svolta con maestosa solennità, così come
il convivio che Uther aveva offerto a tutti gli
invitati.
Merlin aveva servito ai commensali un’infinità di portate prelibate
e fiumi di vino scorrevano fra le tavolate dell’aristocrazia accorsa.
Come preventivato dal principe, lo scarso preavviso aveva
ridotto considerevolmente le presenze attese, ma la Sala dei Banchetti era
ugualmente brulicante e festosa.
Mentre il valletto osservava estasiato le ghirlande colorare
di agrifoglio e biancospino, che sostituivano i fiori – inevitabilmente fuori
stagione –, doveva riconoscere che l’organizzazione di Geoffrey era stata
impeccabile, considerando la nevrosi che lo aveva colto quando aveva saputo la
fatidica data con così scarso preavviso.
“Non è meravigliosa?” aveva chiesto Gwen,
retorica, annuendo alla volta della castellana che sorrideva gioiosa al suo
novello sposo.
“Ha un vestito invidiabile…” rispose il mago, fingendosi
serio.
“Linette!” lo rimproverò Guinevere,
dandogli una gomitata come punizione.
“Sì, Gwen. Lady Morgana è semplicemente radiosa”, concordò con
l’amica.
“E ogni donna del castello la sta invidiando”, rincarò
l’ancella, sistemandosi un ricciolo che le era sfuggito dall’acconciatura. “Invece
noi siamo solo contente per lei, no?”
Merlin incrociò lo sguardo di Arthur – che giusto in quel
momento stava proponendo l’ennesimo brindisi in onore degli sposi – e si
sorrisero, con complicità.
“Esatto. Perché Morgana merita di
essere felice”.
***
All’indomani, di buonora, dopo averla salutata come si
conveniva al suo ruolo, non appena la carovana si mise in movimento e Uther ebbe dato il permesso di
rientrare dal piazzale, Arthur corse via – un passo celere, ma che non
sembrasse una fuga.
Merlin gli lasciò il tempo di digerire da solo quel momento
d’addio. Quando, però, ritenne che fosse giunto il tempo di aiutarlo, egli lo
raggiunse. Perché sapeva esattamente dove
trovarlo. Alla torre a Est, la più alta.
Il principe se ne stava testardamente con lo sguardo puntato
verso il lungo serpente di carri che arrancava nel terreno, lento e pesante, e sembrava
guadagnare a fatica ogni iarda.
Morgana era ormai solo un puntino lontano, in testa alla
processione col suo novello sposo, mentre mezza Corte reale di Drumburgh la seguiva, scortandola nella sua nuova dimora.
Linette gli si affiancò in silenzio, e il nobile padrone la
riconobbe d’istinto, senza bisogno di voltarsi.
Il mago gli accarezzò affettuosamente una spalla per confortarlo,
scendendo piano lungo il braccio, fin quasi a toccare le sue dita, e fu allora
che Arthur ricambiò, intrecciando le loro mani, per un lungo istante. Poi si
girò, finalmente rompendo il contatto con la strada, e se lo tirò contro,
abbracciandolo forte.
Era la prima volta che avevano nuovamente un contatto fisico
vero e proprio, dopo quell’unica notte d’amore.
Merlin rimase un attimo meravigliato da quell’irruenza, ma
si lasciò stringere, e mentre il respiro irregolare del suo signore si infrangeva contro il suo collo, ricambiò la presa.
“Non è davvero un addio…” provò a consolarlo.
“Fa lo stesso dannatamente male”, confessò il cavaliere,
trattenendosi a stento. “Oggi finisce un’epoca”.
“Sì, ma prima o poi potrete
riabbracciarvi”, motivò, ragionevole. “Coraggio! Basterà
pazientare…”
“È difficile lasciare andare quella brutta strega…” ironizzò
Arthur, sforzandosi di frenare le lacrime che minacciavano di tracimare.
“Ora sta a lei raggiungere la felicità. Siate
orgoglioso del futuro che le avete dato”.
Lo stregone lo sentì annuire contro la sua pelle, eppure non
uscì nessun suono dalla gola del principe.
Passò un’eternità, prima che il nobile si decidesse a
rompere il loro contatto.
Con enorme disagio, Arthur si ridistanziò
dalla sua valletta e, mentre il calore di lei si
dissipava, un fremito di rimpianto lo fece rabbrividire.
“Io… mi dispiace, Lin-Lin… non
avrei dovuto… perdonami. Non volevo crearti imbarazzo”.
Merlin scosse il capo, negando. Raramente aveva visto l’uomo che amava così vulnerabile.
In fondo, era più semplice essere
sinceri quando non si era al culmine del livore.
“Non serve affatto che vi scusiate…
Sono già scesa a patti con questo, e vi resterò accanto e potrete sempre
contare sul mio appoggio, per qualunque cosa. Anche se voi
non ricambiate i miei sentimenti con uguale intensità, io continuerò a volervi
bene, Arthur”.
“No, aspetta! Tu…
cosa?” farfugliò il cavaliere,
spalancando gli occhi azzurri.
“Anche se voi non mi amate come vi amo
io, so distinguere un segno d’affetto da un gesto d’amore. Non occorre che vigiustifichia-”
“Ma che diamine vai dicendo?!”
Fu il turno di Merlin di inalberarsi.
“Oh, suvvia! Adesso non fate l’asino!” Egli
arrossì, perché non si era aspettato di dover rivivere quell’imbarazzo così
presto. “Dopo… beh… voi sapete
cosa… avete detto che quella notte non
aveva significato niente per voi, che dovevamo
dimenticare tutto!”
“Ma io l’ho fatto per te!”
“Per me?!” gli fece eco il mago.
“Siete forse impazzito?!”
“Sei tu, quella che piangeva all’alba, dopo essersi pentita
di ciò che avevamo condiviso!” le ricordò.
Merlin sussultò, impallidendo.
“Voi non-” boccheggiò.
“Sì, ero sveglio”,
confermò il principe. “E ti ho sentita piangere…”
ammise.
“Oh, mio Dio…”
“E tutto quello che ho fatto, l’ho fatto
per te!”
“No, Arthur, no… no!”
“Sei tu quella che si è pentita!”
“Io non
mi sono affatto pentita! Non mi pentirei mai! Io ti
amo più della mia stessa vita, stupido Asino idiota!” sfogò il mago
abbandonando momentaneamente il tono formale, sostenendosi con forza alla casacca
reale, mentre il nobile, a quella rivelazione, rimaneva sbigottito.
“Oh, dannazione!” ruggì il principe, stringendola contro di
sé e aggrappandosi alle sue labbra con passione e disperazione – le stesse che
l’avevano consumato lentamente in quei mesi.
Merlin ricambiò con uguale intensità, con la medesima
veemenza.
Quando fu necessario separarsi, un identico sorriso si
dipinse sui loro volti.
Arthur se lo riaccostò addosso, come se ne andasse della sua
stessa vita e Merlin fece altrettanto.
“Siamo stati due idioti…”
“Due grandissimi
idioti…” lo corresse il mago, con affetto. “Dannazione, quanto abbiamo sofferto
inutilmente…”
Quanto tempo sprecato.
Quanto dolore!
E tutto per un dannato
malinteso!
“Shh… non importa, non importa…” bisbigliò il nobile, tempestandolo di baci sulle
guance, sulle tempie, sul collo.
Merlin si lasciò vezzeggiare a lungo, rimandando un istante il tempo dei chiarimenti che sarebbero
inevitabilmente venuti.
“Ma allora… allora perché
piangevi?” chiese Arthur, infatti, senza smettere di abbracciarlo.
“Perché…” Merlin fece un grande sospiro, per raccogliere il
coraggio. “Ricordate il giorno in cui scopriste della mia magia? Di quell’unica
cosa che non mi è concessa rivelare?”
“Lo rammento, sì”, annuì il nobile.
“Su di me pende una maledizione, Arthur”, confessò il mago,
fissando lo sguardo in quello dell’altro. “E speravo che la nostra unione avrebbe rotto quel maleficio, ma così non è stato… per
questo, al pieno dello sconforto, mi avete udita piangere…”
“Mi dispiace di non essere riuscito a… beh, qualunque cosa
fosse… ma questo non cambia il fatto che ti amo,
Linette. Ti amo con tutto il cuore e non ho mai smesso di farlo”.
Merlin si morse le labbra per non scoppiare a piangere. Questo era molto più di quanto avrebbe mai
sperato di udire dall’uomo che amava.
“Anch’io”, ammise semplicemente, perdendosi nel suo calore.
Alla fine, Morgana
aveva fatto un dono anche a loro.
***
Dopo il chiarimento sulla torre, e un altro paio di scuse
reciproche, Merlin non resistette dal chiedergli come mai Arthur avesse dato il permesso a Carl di frequentare Linette, cosa che non
era mai avvenuta, con nessun altro giovane, da che lei era lì.
“Perché ti amo, ma credevo che non potessimo avere un futuro”,
rispose il principe, semplicemente. “E quel garzone mi è
parso un brav’uomo.
Volevo che tu fossi felice, anche se questo mi è costato
incredibilmente-”
“Quindi avete soffocato i vostri sentimenti e avete pensato
bene di rifilarmi al giovane che aveva ottenuto il vostro benestare…”
“L’idea era quella…” ammise, grattandosi la nuca. “Devi
credermi, non volevo umiliarti! Pensavo fosse il meglio per
te!”
“Oh!”, lo abbracciò d’istinto. “Stupido Asino! Volevi fare l’eroe!”
“Altro che eroe!” Arthur rise di se stesso. “In realtà,
avrei voluto tirargli il collo!”
“Quindi eri geloso?!”
“Io? Geloso?Ma-ufhm”, la bugia venne tacitata
dal bacio che il mago gli strappò e che il principe fu ben lieto di
concedergli.
“Potresti smetterla definitivamente con quel tono formale,
almeno finché siamo solo tra noi?” le appuntò, gioendo inaspettatamente della
confidenza che la sua valletta si era presa, visto che questa – lo sapeva –
sarebbe diventata un’aggravante piacevole della sua impertinenza.
“Ai tuoi ordini, Mio
Signore”, lo canzonò Merlin, senza riuscire a trattenersi dall’accarezzarlo
una volta ancora.
Forse era davvero
giunto il tempo della gioia anche per loro.
***
Quelli erano stati tutti giorni frenetici, sia immediatamente
prima delle nozze sia nei seguenti, poiché Uther
aveva considerato per suo figlio un buon banco di prova il sapersi destreggiare
con tutti gli invitati – i nobili alleati – che avevano deciso di allungare il
proprio soggiorno a Camelot
di qualche dì.
Ovviamente, i Pendragon non
potevano apparire scortesi e all’erede al trono era stato dato il compito di
intrattenere parte degli illustri ospiti, mentre il re coltivava le loro
alleanze.
Ma in ogni occasione strappata al proprio dovere, Arthur
correva dalla sua ancella, per condividere un momento insieme, un briciolo di
pace, una carezza o un bacio; a volte, semplicemente godendo
della rispettiva vicinanza.
Considerato il disastroso epilogo del primo tentativo, l’accordo
implicito di non affrettare i tempi fu chiaro per entrambi, fin da subito.
Riscoprendo una complicità antica e neonata, assaporarono ambedue il gusto dei piccoli gesti, delle
coccole e delle premure vicendevoli.
Il sorriso perenne albergava sui loro volti, persino nella
quotidianità dei loro battibecchi, che costituiva la consueta, piacevole
abitudine. A questa, però, si era riaggiunta la
familiarità sopita dei gesti nati nei mesi addietro.
Ogni volta che poteva, Merlin amava accarezzare la pelle calda
del principe, i suoi muscoli tesi, adorava tracciare sentieri lungo l’arco dei
tendini.
Allo stesso modo, desiderava pungolarlo dove sapeva che
l’altro era particolarmente suscettibile.
“Sei ingrassato!” gli bisbigliava all’orecchio, mentre lo
vestiva e fingeva che gli abiti gli fossero divenuti stretti.
“Io non sono grasso, impertinente!” s’imbronciava il nobile
Babbeo.
E guerre di solletico finivano in armistizi fatti di baci.
Arthur, invece, aveva una segreta ossessione per i capelli
lunghi che Merlin non aveva mai tagliato dalla sua trasformazione in Linette – le
aveva ingiunto di non osare farlo e aveva scherzosamente minacciato di punirla,
se lei non avesse ubbidito.
Quando, la sera, nessuno ragionevolmente sarebbe più venuto
a disturbarli, a volte restavano semplicemente accoccolati sul tappeto davanti
al fuoco, e Arthur amava sciogliere quelle lunghe, morbide trecce e pettinare con
le dita i suoi capelli sciolti e, col pretesto, poi, che così era
impresentabile “Che dirà, Gaius?”, si
offriva sempre di rifare l’acconciatura – “Sei
un completo disastro, Amor Mio, anche con la magia!” – e Merlin cedeva
sempre arrendevole, sotto al suo tocco suadente.
***
Arthur maledisse Lord Lars, i suoi
compari e la loro invidiabile resistenza all’alcol, che lo avevano costretto ad infiniti avvicendamenti di boccali di birra prima di
riuscire a congedarsi da loro; quindi richiuse con cauta attenzione il portone
dietro di sé, ma gli usurati cardini cigolarono ugualmente.
Egli imprecò mentalmente, lanciando un’occhiata ansiosa nella
penombra, verso il letto dove il vecchio Gaius russava rumorosamente.
Il principe sospirò, grato che l’anziano archiatra non si
fosse destato; poi, con passo felpato, si diresse verso la porticina in cui
risiedeva la sua valletta.
Non avrebbe dovuto
essere lì, lo sapeva. Ma non aveva resistito.
Si era detto che avrebbe solamente controllato. Per scrupolo.
Per togliersi il dubbio.
Non intendeva disturbare il suo sonno e se effettivamente
Linette fosse già andata a dormire – e vista l’ora tarda, era cosa più che
plausibile – lui si sarebbe messo il cuore in pace.
Invece, con sua somma gioia, da sotto la porta della
stanzetta filtrava ancora una debole luce, segno che la sua occupante non si
era ancora coricata.
Il nobile oltrepassò il giaciglio del guaritore reale
offrendogli mentalmente le proprie scuse per quell’incursione inopportuna, ma
questo non lo fermò dall’inerpicarsi sui gradini che
lo separavano dalla sua agognata meta.
Egli batté un paio di colpi leggeri sullo stipite, con le
nocche, pregando che non fosse la persona sbagliata ad accorgersi di lui.
Dopo un breve tramestio, Linette fece capolino sulla soglia,
stretta in uno scialle avvolto sulle spalle e con la treccia mezza sfatta.
“Arthur?” esclamò sottovoce, condensando nel suo nome tutto
il proprio stupore.
“Ehi…” la salutò lui, con uno di quei sorrisi che facevano
sempre tremare le ginocchia a Merlin.
“C-che succede?” sussurrò il mago.
Ma prima che potesse dire altro, si ritrovò sotto al naso una piccola, profumata violetta rubata chissà dove –
da uno dei vasi che avevano ornato il Banchetto o il corrimano del corridoio,
probabilmente.
“Avevo…” bisogno
“voglia di vederti…” confessò il principe, puntando ostinatamente lo sguardo
verso la piccola candela che illuminava lo stanzino.
Merlin colse il suo imbarazzo e, sorridendo timidamente, gli
afferrò una mano abbandonata lungo il fianco, trascinandoselo dietro. “Vieni!”
lo invitò, lasciando Gaius al suo riposo.
“Forse… non dovrei essere qui…” mugugnò il nobile, sprofondando
nello scomodo letto della sua ancella. “Ma è da ieri
che non ti vedo…”
Merlin si lasciò sfuggire una
risatina divertita. “Decisamente sì, concordo. È stata
una pessima idea venire qui”, lo rimproverò, prima di
avvicinarsi a lui e di sedersi a cavalcioni sulle sue ginocchia. “Anche tu mi sei mancato”, sussurrò
direttamente contro le sue labbra, prima di baciarle con trasporto.
Arthur ricambiò con uguale intensità, stringendosi contro
quel corpo che amava.
Dopo che si furono saziati, si accoccolarono entrambi nella
stretta brandina, bastando a loro stessi,incuranti della scomodità.
“Stamattina, stavo per venire a chiamarti, quando Gaius mi ha
trascinato con sé per un’emergenza. Siamo rimasti nella città
bassa fino al tramonto…” gli raccontò il mago, disegnando con l’indice pigri
cerchi sul nobile torace, sopra alla casacca del principe. “E stasera ti
ho portato la cena, ma tu non c’eri… Ho aspettato un bel pezzo, e poi ho
incrociato Leon, e mi ha detto che stavi in riunione con tuo padre… E successivamente che eri atteso per una virile bevuta fra
nobiluomini e che, probabilmente, sarebbe andata per le lunghe”.
“Già…” confermò l’erede al trono, con una smorfia. “Quel Lars è senza fondo! Stavo per affogarlo nel suo boccale per
disperazione!”
L’ancella gli espresse la sua solidarietà.
“Ho provato a incontrarti altre due volte; ma, poi, mi si
sono accumulate altre commissioni da sbrigare e ho dovuto desistere…” ammise, dispiaciuta,
per completare il resoconto.
Arthur sbuffò, accarezzandole dolcemente la schiena celata
dalla camicia da notte.
“Se ti consola, io sono venuto qui
in cinque momenti e non ti ho mai trovata!”
“È possibile che le nostre vite siano così indaffarate?”
domandò lo scudiero, retorico.
Ma il suo signore rispose
ugualmente.
“A volte sì”.
“Mh…” mugolò Merlin, lasciandosi
scappare uno sbadiglio, nato dalla stanchezza e dal languore che
quell’abbraccio caldo e le coccole soporifere del principe offrivano.
“È tempo che me ne vada…” sospirò Arthur, a malincuore.
“No, resta!” lo pregò il servo, stringendo la presa su di
lui.
“Cosa direbbe, Gaius, trovandomi qui
domattina?”
“Te ne potresti andare prima dell’alba… ti desterò io…”
Era un piano rischioso, lo sapevano. Ma
tanto era il bisogno di stare insieme, che non discussero neppure.
“Me ne andrò prima del canto del gallo…” concordò il nobile,
accomodandosi meglio e stringendo lo stregone a sé. Merlin, in cambio, mormorò
un incanto e le coperte si rimboccarono magicamente tutt’attorno a loro, mentre
un piacevole tepore combatteva il gelo dell’inverno imminente.
***
“Sveglia, Merrr- uh!” Gaius si immobilizzò sull’uscio della stanzetta, con occhi e bocca
spalancata. “-coledì. È m-mercoledì!” balbettò, correggendo il
tiro a proprio unico beneficio, perché né il suo pupillo né il giovane Pendragons’erano destati dal suo
acuto richiamo. Anzi, come infastiditi dal rumore molesto, mugugnarono entrambi
rafforzando la stretta che li univa, continuando a dormire beatamente.
Il cerusico si prese un istante di tempo per calmare il suo
vecchio cuore che batteva agitato.
E non per averli scoperti in intimità, ma perché non avrebbe
mai voluto essere lui la causa di un tradimento involontario sul segreto di
Merlin.
Egli richiuse la porticina dietro le proprie spalle e sospirò
stancamente, ragionando in fretta sul da farsi.
Coprendo con uno strofinaccio la colazione pronta per il suo
figlioccio, gli scrisse un veloce appunto, adducendo un urgente impegno, per
cui (come aveva fatto altre volte) aveva preferito non svegliarlo.
In tal modo, avrebbe evitato a tutti uno spiacevole
imbarazzo.
Poi, afferrando una pagnotta, rinunciò alla propria colazione
e, con spirito di sacrificio, afferrò la sacca da medico, per portare avanti la
sua farsa.
Ma per la felicità del suo pupillo, avrebbe
fatto questo e altro, si disse, avviandosi all’uscio.
Per un istante, egli aveva anche ponderato di predisporre una
colazione un po’ più sostanziosa, di modo che Arthur, se avesse voluto, avrebbe
potuto mangiare lì, assieme con Merlin.
Poi, però, aveva desistito, anzitutto perché sarebbe stato
sospettoso offrire una gentilezza così – e lui voleva far credere di non averli
visti insieme –, e successivamente perché, tutto
sommato, sfrattare un povero vecchio da casa sua, alle prime luci dell’alba,
poteva anche bastare come pensiero premuroso.
***
Arthur si destò sotto le carezze sottili di un nasino
delicato e infreddolito, che si strusciava contro la pelle sensibile della sua
gola, in un andirivieni tra l’incavo del collo e la sua nobile spalla.
Perso nel dormiveglia, non s’accorse
subito che la fanciulla, con quel gesto, lo stava anche annusando.
E proprio quando stava per dirle che era sveglio, Linette
interruppe il movimento, fiutandolo in modo quasi comico. Il respiro
di lei gli fece il solletico e il principe sbuffò una piccola risata
roca.
“È un modo gentile per dirmi che devo farmi un bagno?” scherzò,
strofinandosi la faccia per scacciare il sonno.
Merlin sbatté le palpebre, preso
alla sprovvista.
“No. È che mi piace il tuo odore. Lo
riconoscerei fra mille”, confessò, arrossendo, nascondendo il viso nello stesso
incavo che aveva appena perlustrato. “E comunque buongiorno”, mormorò, le labbra contro la
pelle ispida di barba.
“Buongiorno a te”, sorrise
Arthur, cercando un bacio che suggellasse davvero il buondì.
E ovviamente lo stregone non glielo negò.
Il nobile mugolò soddisfatto, ma poi si rannuvolò,
anticipando l’inevitabile, infelice separazione.
“È tempo che vada…”
“È presto. Il gallo non ha ancora cantato”.
“Perché non mi hai svegliato?”
“Mi piaceva vederti dormire”.
Quella confessione così spontanea fece arrossire più il
principe del servo, anche se Arthur doveva riconoscere che Linette non aveva
mai avuto peli sulla lingua e questo non avrebbe dovuto sconvolgerlo più di
tanto.
“E poi hai russato tutta la notte, avevo bisogno di un po’
di meritato silenzio”, ritrattò il mago, vergognandosi di aver ceduto a troppa
sincerità.
“Oh! Perché, tu no?!” sbottò allora l’Asino Reale.
“Io non russo!” s’indignò l’ancella, puntando un dito ossuto
fra le nobili costole.
Il principe sollevò gli occhi al cielo.
“Certo, come no?”
concesse, con tono di palese condiscendenza.
E così Merlin si allungò su di lui, per punirlo col
solletico.
Quasi non s’accorse della posizione
equivoca, non fino a quando Arthur, smettendo di ridacchiare e di lagnarsi, si
rifece serio e, con sguardo grave, non si prese il tempo di riannodare i lacci
della sua camicia da notte, quelli che, sciolti, offrivano una generosa visuale
della sua scollatura.
Il mago, chinato il capo e seguendo con lo sguardo il suo
gesto, si rese all’improvviso conto del suo seno, senza fasce né corsetto, che
s’intravvedeva inequivocabilmente.
“Ehm…” tossicchiò il principe, mettendoci un sacco di
attenzione, affinché il nodo fosse bello saldo,
indissolubile e indivisibile. Probabilmente
Merlin avrebbe dovuto tagliarlo con le cesoie, perché disfarlo
sarebbe stato impossibile. “Ehm…”
“Arthur? Che
diamine fai?” domandò, forse stupidamente.
“Sono un uomo, perdìo!” sbottò,
allora, il giovane Pendragon. “E tu non devi
lasciarmi sbirciare queste cose e poi… poi… insomma!” sfogò, cercando di
stabilire una maggiore distanza fra loro, pur non volendo separarsi da lei. “Ho
anch’io dei limiti e dei desideri! Dei bisogni!” calcò. “E tu non puoi immaginare quanto ti voglio, perché-”
“Oh!,credimi, anche se ho un corpo femminile, ti capisco benissimo”, lo interruppe Merlin, deciso a vuotare il
sacco. “Non passa veglia che io non senta l’irresistibile desiderio di vederti,
o di toccarti. Ogni volta che devo spogliarti o rivestirti è un supplizio”, confessò,
portando i propri occhi ad una spanna da quelli
azzurri dell’altro, incatenandoli a sé. “Vorrei sentire le tue mani su di me, in me. E immagino ancora la tua bocca ovunque.
E non vedo l’ora che tu mi dia sollievo, perché questa brama, che mi brucia
dentro, mi consuma e-”
Arthur deglutì rumorosamente, con le iridi sgranate e la
gola secca.
“D-d’accordo”,
balbettò. “Hai reso bene l’idea…” ammise. “E prima che… che i nostri buoni
propositi sfumino, è meglio che me ne vada”.
Fu allora che il mago si accorse dell’erezione che gli
premeva contro la coscia.
“Oh. Oh!” squittì, realizzando lo stato
d’eccitazione del principe.
Per un istante, si sentì gloriosamente lusingato di esserne
la causa.
“Ho capito, l’Orgoglio Mattutino si è svegliato!” asserì,
sornione.
“Linette!” arrossì il nobile Babbeo.
Merlin rise. “Ti amo, stupido Asino!”
gli disse, con affetto. “Perché ti vergogni a dimostrare che ci tieni a me?”
“Questa conversazione non sta avvenendo. Non.
Sta. Avvenendo”, scandì il principe, sconcertato.
“Dimmi che sto ancora dormendo…”
“Temo proprio di non poterlo fare…” lo deluse il servo,
fingendosi dispiaciuto. “Ma posso aiutarti con
quello…” offrì, spingendo la coscia contro il rigonfiamento dei pantaloni,
smentendo quel gesto provocatorio con un velo di rossore sulle gote. “Vuoi?”
“Oh, no. Dio, no!” ansimò l’erede al trono,
diventando Rosso Pendragon. “O-omeglio… vorrei, ma no! Non ora, non così”, farfugliò, con foga. “Davvero, lo
vorrei, ma…”
“D’accordo”, la tensione si sciolse con Merlin che rideva,
stampandogli un bacio sul naso. “Ho
capito”.
Arthur rilasciò un sospiro tremulo, coprendosi con una mano
gli occhi.
“Mentre ti ricomponi, vado a vedere se Gaius sta ancora
dormendo e poi ti lascio fuggire da quest’antro di perdizione”, lo prese in
giro lo stregone, bonariamente.
Intanto che sentiva la porticina cigolare, il principe pregò
fervidamente ogni divinità disponibile ad ascoltarlo che non solo il guaritore dormisse
della grossa, ma così anche tutto il castello, perché sinceramente non sapeva
come sarebbe riuscito a tornare padrone di sé in un tempo dignitoso.
Forse la sua buona stella lo aveva benedetto, perché vide
rientrare la sua valletta con un’espressione radiosa e una ciotola di cibo per
la colazione.
“Ho una notizia buona e una meno buona”,
principiò, decidendo autonomamente di ridistendersi
al suo fianco nel lettuccio.
Arthur sollevò un aristocratico sopracciglio.
“La peggiore?” scelse, per togliersi il pensiero.
“Dev’essere un po’ più tardi di
quello che credevamo…” disse il servo, accoccolandosi contro di lui. “Non è che il gallo non abbia ancora cantato… ha cantato da
un pezzo, solo che non l’abbiamo sentito!” ammise. “Quindi
siamo in ritardo sulla nostra giornata”.
“E la notizia buona?” domandò quindi.
“Gaius se n’è andato via per una questione urgente e quindi non
saprà mai che sei stato qui…” Linette annuì, ammiccando. “Mi ha lasciato un
messaggio di là”.
“Oh, Dio. Ti ringrazio!” si lasciò sfuggire il nobile cavaliere, sentendo le membra distendersi per il
sollievo.
“Com’è che hai così tanta paura di un povero vecchio?” lo
pungolò il mago. “Temi forse un princicidio per mano sua?” scherzò.
“Uhm…”
“Lo sai anche tu che Gaius ci approva, e si fida di te...”
“È proprio questo, il punto. Lui è un
uomo all’antica e-”
“Ed è consapevole che noi due non potremmo
vivere il nostro legame alla luce del sole…” terminò lo stregone,
interrompendolo.
“Ti giuro che non sarà sempre così. Le cose cambieranno,
quando sarò re. Cambieranno per te, e per la magia. Per Albion”.
Merlin aveva gli occhi lucidi per l’emozione e Arthur
preferì rubargli un bacio, piuttosto che parlare oltre.
Poi, divisero equamente la ciotola di frutta secca come
colazione, imboccandosi a vicenda, come
due comuni, folli innamorati.
“Se non fossimo in novembre, ti rapirei con la scusa di
andare a caccia e ci saremmo solo io, te e una coperta
con dei cuscini e un cesto di cose deliziose da mangiare.
E passeremo il tempo ad oziare, in
santa pace, da adesso fino al tramonto. E al diavolo i doveri
del regno!”
“Stai solo sognando ad occhi aperti…” lo rimproverò Merlin,
con un sorriso indulgente. “E so che non resisteresti a poltrire, oziando, e
con una scusa qualunque mi trascineresti a caccia per davvero e la nostra
scampagnata finirebbe così: con me che ti arranco dietro nei boschi!”
“Donna di poca fede!” borbottò l’Asino Reale, impostando un
tono oltraggiato. Ma, poiché Linette lo conosceva
anche troppo bene, probabilmente doveva riconoscere che lei aveva ragione.
Comunque, prima di alimentare altri battibecchi, furono
costretti ad accantonare quella piacevole parentesi e ad avviarsi verso i
rispettivi doveri per quella giornata.
Continua...
Disclaimer:I
personaggi di Merlin, citati in questo racconto, non sono miei; appartengono agli
aventi diritto e, nel fruire di essi,
non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.
Ringraziamenti:
Un abbraccio alla mia kohai e a Laura, che subiscono
le mie paranoie. X°D
Note: Il princicidio è un
omaggio alla mia kohai: la prima volta che l’ha usato
riferendosi ad Arthur mi ha fatta morire! XD
La parte iniziale del capitolo fa il verso alla puntata 1x05
“Lancillotto”, quando Merlin e Gwen scherzano durante
il banchetto.
In passato, agrifoglio e biancospino, essendo piante
invernali, venivano usati per abbellire le cerimonie e
le ricorrenze di festa (come detto nel capitolo).
Una curiosità: nel Castello di Pierrefonds,
dove è girato il telefilm di Merlin, si possono ammirare otto torri difensive, ciascuna ornata dalla statua di un prode: Artù, Alessandro,
Goffredo, Giosuè, Ettore, Giuda Maccabeo, Carlo Magno
e Cesare.
Il fatto che Arthur sia affezionato alla Torre a Est è un
mio vezzo (tra l’altro, ricorrente nelle mie storie XD); purtroppo non sono
riuscita a sapere quale, fra le torri di Pierrefonds,
fosse quella intitolata a lui. Ç_ç
Forse è superfluo dirlo, ma sappiamo che Arthur non è un
piagnucolone. Nelle mie intenzioni, la separazione da Morgana lo ha segnato per davvero, e credo che questa sua umana
debolezza dica, ancora una volta, quanto lui ami sinceramente la sua
sorellastra.
Voi concordate con me, o la pensate diversamente?
Il salto dal ‘voi’ al ‘tu’ è
ovviamente voluto. ^^
Nel caso vi siano rimasti dubbi, chiedete pure! ^^
Precisazioni al
capitolo precedente e domande varie: (a random)
- Non ho molto da dire, perché ho già risposto sotto ai commenti.
- Gli addii fanno sempre male, ma Morgana non è uscita di scena per sempre, anzi! Se seguirete “Linette 2: la
raccolta”, troverete piacevoli novità! ^^
- Sono contenta che abbiate apprezzato il tempo che ho
dedicato a Morgana, mi sembrava corretto non lasciare le cose a metà e ora
anche Gwen, come promesso, si toglierà dalle
scatole sarà felice.
- Se Lancelot avesse rotto
l’incanto, io avrei dovuto emigrare in Alaska! XD
- A domande specifiche, ho risposto direttamente sotto la
recensione.
Anticipazioni del
prossimo: ero molto incerta se metterne o no, perché siamo alla fine.
Poi sono giunta ad un compromesso. È un’unica, fondamentale frase, che
potete leggero qui sotto evidenziando il testo tra le virgolette. Se invece non
volete rovinarvi la sorpresa, potete saltarla tranquillamente.
“Ti riporterò indietro,Merlin”.
Avviso di servizio
(per chi segue le altre mie storie):
Postata
la shotmodern!AU merthur “Estetico trascendentale (con)gelato”.
Aggiornata la long-fic
“Waiting
for you” cap. 10.
Ringrazio i nuovi followers!
I 284 utenti che hanno messo questa fic
fra i ‘preferiti’, i 43 ‘da ricordare’ e i 436
‘seguiti’.
Grazie della fiducia e di ogni parere che mi darete.
Campagna di
Promozione Sociale - Messaggio No Profit:
Dona l’8‰
del tuo tempo alla causa pro recensioni.
Farai felici milioni di scrittori.
(Chiunque voglia
aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio
crede) Come sempre, sono graditi commenti,
consigli e critiche costruttive.
Sono in ritardo, con l’aggiornamento, per due motivi:
Sono in
ritardo, con l’aggiornamento, per due motivi:
1 Ho
avuto una grave emergenza in famiglia, che si sta risolvendo solo da ieri,
quindi non avevo la concentrazione per sistemare un capitolo e ho cercato
distrazione altrove.
2 Sto
valutando l’ipotesi di andarmene da EFP ma, chiarisco subito, non ho avuto
alcun problema con l’Amministrazione del sito.
Non è la
prima volta che ci penso e, dal 2001, ho superato vari plagi, scopiazzamenti, arrabbiature, delusioni, amarezze. Finora
sono sempre rimasta perché consideravo gli aspetti positivi maggiori rispetto
al negativo che un sito così grande inevitabilmente porta con sé.
Ora, invece, sono solo stanca. Ultimamente ho avuto il
dispiacere di riscoprire come possano essere maleducati certi presunti ‘fans’.
Non sono
qui a piagnucolare e non voglio cercare la vostra compassione.
Ho
scritto questo messaggio semplicemente perché, quando la mia autrice preferita
ha cancellato da un giorno all’altro tutte le sue storie ed è sparita nel
nulla, ci sono rimasta terribilmente male.
Per
rispetto di chi mi ha sempre sostenuta, ho fatto
questa premessa; così, SE decidessi di andare altrove, almeno la notizia non vi
cadrà improvvisamente dal cielo.
Sto
ancora valutando la cosa, perché si tratta di centinaia di capitoli e non
voglio fare una scelta avventata – dettata da un picco di rabbia o delusione –
e al momento non ho la serenità di farla. Di certo, non smetterò di scrivere,
anzi, ho molte cose abbozzate in cantiere.
SPOILER FREE: Ricordo che questa storia NON
contiene/conterrà volutamente alcuno
spoiler della quinta stagione; eventuali
coincidenze sono appunto casuali coincidenze.
Linea temporale: Terzo
anno dall’arrivo di Linette a Camelot,
metà novembre. Seguito diretto del
capitolo precedente.
Riassunto generale: Merlin
è abituato a salvare la vita all’Asino Reale senza che questi se ne accorga, ma
stavolta non tutto va per il verso giusto. Colpito dall’incantesimo del
malvagio Ardof, il nostro mago farà i conti con una
sconvolgente novità: egli si risveglia trasformato in una donna.
Solo Gaius conosce il suo segreto e, finché non troverà il modo di tornare
normale, dovrà inventarsi delle scuse plausibili e prendere
il posto di se stesso al servizio del principe. Come riuscirà a conciliare
questa ‘nuova situazione’? Come si evolverà il suo rapporto con Arthur?
Riassunto delle
ultime puntate: Il malvagio stregone Ardof è
morto, ma la sua maledizione non si è sciolta.Merlin, perciò, fa credere ad Arthur di essere partito alla
ricerca del padre mai conosciuto. Al principe non resta che subire questa sua
scelta, mentre il tempo passa inesorabile, e il suo legame con Linette va
saldandosi sempre più… fino a quando, durante un agguato, lui non scopre che la
sua serva è una strega e lei gli rivela che anche Merlin lo è: questa
sconvolgente ammissione, ovviamente, cambia le carte in tavola e li porta ad un nuovo sodalizio in cui, finalmente, i due si
confessano reciproco amore e cedono alla passione… Ma la gioia è breve, perché
Merlin – contrariamente a quanto sperato – non è tornato in sé dopo essersi
unito ad Arthur e quindi cede alla disperazione. La medaglia sembra spezzata, tuttavia
il matrimonio di Morgana offre finalmente ai nostri eroi l’occasione per
chiarire i propri sentimenti.
Dedico l’aggiornamento a chi ha
recensito il precedente capitolo e invito i lettori silenziosi, se lo desiderano,
a lasciare un segno (che è sempre gradito).
E a quanti commenteranno (SE vi
va di recensire anche dei capitoli più indietro di questo, il vostro parere non
andrà perduto!).
Ai vecchi e ai nuovi lettori.
Grazie.
The He in the She
(l’Essenza dentro l’Apparenza)
Capitolo LXXXIX
Era trascorsa appena una settimana dal matrimonio di
Morgana, ma a Merlin sembrava fosse passato un secolo.
Lui e Arthur, per ragioni diverse, non avevano avuto un
attimo di respiro e – a parte quel momento di pace, la notte
trascorsa abbracciati nel suo lettuccio – si poteva dire che quasi non
si erano visti.
Certo, i suoi doveri di valletto personale dell’erede al
trono offrivano loro mille piccoli momenti durante il giorno per ritrovarsi, ma
erano, per l’appunto, piccoli momenti, frettolosi e rosicchiati tra un impegno
e l’altro.
Comunemente, l’arrivo dell’inverno coincideva con un ritmo
più lento nel gestire le faccende del castello.
La brutta stagione – il freddo, la neve e i malanni –
rendevano tutti più pigri ed era tempo di godere delle
scorte accumulate nei mesi caldi e di ritemprare il corpo e lo spirito.
Quell’anno, tuttavia, rappresentava un’eccezione
considerevole. Sia per il clima ancora moderatamente mite (se rapportato al
periodo), sia per il gran daffare che le nozze avevano portato
nell’amministrazione di Camelot.
Fra tutti, il principe era stato quello maggiormente subissato
da un’infinità di impegni aggiuntivi e Merlin si era quasi
persuaso che, se il suo Asino Reale non avesse al più presto rallentato un po’
e non avesse avuto un attimo di tregua, una bella mattina si sarebbe
risvegliato morto.
Ironizzando su questo pensiero, il servo entrò negli
appartamenti dell’erede al trono e spalancò i tendaggi alle finestre, come ogni
dì.
“Buongiorno, Sire!”lo salutò poi,
avvicinandosi al letto, convinto di trovarlo già desto come sempre. Ma il nobile era fermo e immobile, placidamente
addormentato.
“Arthur?” ritentò, allungando una mano sul torace del
principe.
Niente. Nessuna risposta.
“Arthur!” riprovò
il mago, estendendo entrambe le braccia scarne sulle
spalle del suo Somaro per scrollarlo dal sonno.
In quel mentre, con una mossa fulminea a tradimento, il
giovane Pendragon lo prese per i fianchi e se lo tirò
contro, facendogli sfuggire un gridolino per la
sorpresa, mentre lo adagiava sopra di sé.
“Babbeo che non sei altro!” lo sgridò Linette, fintamente
arrabbiata. “E io che incominciavo a spaventarmi!”
Il principe sorrise, facilitandole il compito di spalmarsi
sul suo corpo.
“Buongiorno anche a te”, le rispose, pretendendo un bacio che
non tardò ad arrivare.
Ma quando l’erede al trono osò un
pochino di più, ricevette in cambio un pizzicotto sulla mano raminga e un
ghigno che la diceva lunga. “Riunione. Re”, avvisò Merlin, stringato, mettendosi a
cavalcioni per risollevarsi da lui. Dal vestito uscì un cupo “Strap!” ma ormai era l’abitudine e lui non imprecò neppure,
mentre il nobile Idiota – e con la faccia assonnata lo era
ancor di più – sghignazzava a sue spese.
“Se ridi ancora, ti tramuterò in un rospo!” lo minacciò il
mago, raccattando un briciolo di dignità.
Il sorriso di Arthur si allargò un pochino di più. “Se mi
vuoi baciare, basta dirlo!” offrì, spavaldo.
Lo stregone strabuzzò gli occhi. “Come, prego?”
“Ho udito un cantastorie, l’altro dì, giù al mercato, che
raccontava di un principe tramutato in ranocchio per colpa di un incanto: solo
il bacio del vero amore avrebbe potuto sciogliere il sortilegio…”
“Ma quanto sei asino!” sbuffò
Linette, compatendolo.
Arthur, tuttavia, non si perse d’animo.
“Propongo di saltare la parte in cui divento viscido e verde,
e di arrivare al punto interessante: baciami,
donna!” le comandò con slancio, azzerando le distanze.
Fu a quel punto che Merlin interpose un indice sollevato fra
loro, come monito.
“Sei in ritardo e il re ti aspetta”.
Bastò nominare l’ombra paterna per sgonfiare ogni velleità
amorosa del nobile cavaliere e, in qualche modo, anche quella giornata ebbe finalmente
inizio.
***
Facendo mente locale e cercando di non rovesciare il vassoio
del pranzo, lo stregone calcolò che, giusto in quel momento, il suo signore
doveva essere nel cortile esterno, in procinto di salutare la partenza degli
ultimi ospiti che si erano attardati a palazzo. E poi, forse, si sarebbe tornati all’agognata quotidianità.
Questo suo pensiero si scontrò irrimediabilmente con la
visione di tre servitori che stavano trasportando voluminosi involti delle
camere dell’erede al trono. Accodandosi a loro, anch’egli entrò e lì vi trovò
Arthur, con un gigantesco grugno e le braccia conserte.
“Mettete tutto lì!” stava sbraitando, contro altri cinque
servi con altrettanti carichi.
Ed essi obbedirono, congedandosi con un deferente inchino
prima di chiudersi il portone alle spalle.
“Che diamine succede?” gli aveva chiesto Merlin,
impensierito dal suo sguardo torvo.
“Sono gli ultimi doni di nozze di alcuni vassalli e alleati
del regno”, spiegò il nobile, sbuffando.
“Come mai non sono stati inviati a Drumburgh?”
“Poiché è una meta lontana, risulta
alquanto disagevole; così i pregiati invitati, che non hanno potuto presenziare
alle nozze, hanno mandato a Camelot i loro omaggi”.
“Ma perché non sono stati depositati
nelle vecchie stanze di Morgana?”
“Perché quelle sono già straripanti!” sbottò il principe,
inveendo mentalmente contro la sorellastra. “E mio padre esige che io scriva personalmente un’infinità di messaggi di
ringraziamento a tutti quelli che ci hanno fatto un regalo”.
Il mago lo squadrò, confuso.
Tuttavia, prima che potesse esprimere le proprie
perplessità, l’altro lo prevenne.
“Lo so. Lo so! Un compito del genere spetterebbe a Geoffrey. Ma ad una richiesta
diretta di Sua Maestà, il re, non
potevo rifiutare. Lui sa quanto io odi queste ‘incombenze
burocratiche’ e credo che sia il suo modo per punirmi di aver fatto di testa mia
in tutta questa faccenda…” spiegò, sbuffando.
“Potrei occuparmene io!” si offrì il mago, immediatamente.
“Con il giusto incantesimo, riuscirei ad imitare alla
perfezione la calligrafia di chiunque!” chiarì, con un ghigno, certo di trovare
solidarietà e gratitudine nello sguardo del principe.
Invece, per un lungo istante, il nobile squadrò la sua
valletta come se non la riconoscesse, o se un pensiero sconcertante si fosse
fatto largo nella sua mente tanto da paralizzarlo.
“Arthur?” lo richiamò, esitante.
“Linette…” disse lui, con voce turbata, afferrandola per un
braccio e trascinandola verso la propria scrivania. Egli armeggiò, convulso,
con il mazzo di chiavi che teneva alla cintura e, finalmente, dopo un paio di
tentativi falliti, riuscì ad aprire uno dei cassetti privati a
cui neppure lo stregone aveva accesso.
Certo, con i suoi poteri avrebbe potuto aprirlo facilmente,
ma in tutti quegli anni non aveva mai avuto la necessità di farlo.
Se Arthur riponeva lì
dentro cose riservate, lui avrebbe rispettato questa sua volontà.
Eppure, quando vide ciò che il principe stava estraendo, si
pentì quasi.
Un dolore sordo gli stritolò le viscere, riconoscendo la
missiva che gli aveva scritto, tre anni addietro, per congedarsi da lui.
“Ti prego. Dimmi che l’ha scritta
Merlin. Ti prego…” Fu
solo un sussurro, una preghiera gravida di disperata speranza.
Il mago sollevò lo sguardo e incrociò quello dell’uomo che
amava – Arthur aveva quasi gli occhi lucidi.
Avrebbe potuto
mentirgli. Ma con che coraggio gli avrebbe spezzato nuovamente
il cuore?
“Anche se contiene una parte di menzogna… L’ha scritta Merlin.
Di suo pugno. Te lo
giuro”.
Un istante dopo, Arthur la stava stritolando in un abbraccio
grondante sollievo e il bacio che le diede fu il preambolo delle sue scuse.
“Perdonami, se ho dubitato di te…”
Perdonami, se non è
tutta la verità. Avrebbe voluto confessare, a sua volta, ma si limitò a
stringerlo a sé.
Fu un discreto bussare alla porta a rompere quel fragile
momento.
Arthur si prese il tempo di ricomporsi un istante, prima di dare il permesso allo sconosciuto visitatore di entrare.
Due nuovi valletti consegnarono altrettanti involti e, senza
neppure fiatare, il principe indicò loro, seccamente,
la destinazione.
Strofinandosi stancamente la radice del naso con le dita,
egli calcolò mentalmente il da farsi.
“Accetto il tuo aiuto, ma lo faremo in due”, stabilì poi,
mentre Linette ascoltava le disposizioni. “Se mio padre mi obbliga a sprecare
così il mio tempo, vediamo di trovarci un lato positivo: avremo qualche veglia
in più per stare insieme, io e te, e siamo legittimati
dal volere del sovrano”, puntualizzò, ammiccandole.
Merlin gli sorrise di rimando.
“Da dove incominciamo?”
“Dal pranzo! Muoio di fame!” si lagnò il regal Babbeo. “Poi… poi bisogna fare una cernita,
pacco per pacco, e capire cosa è fragile e cosa si può
buttare e cosa va inviato davvero a Morgana. Credo che serviranno
degli elenchi”.
***
“Chi invierebbe dei profumi per un matrimonio?” domandò Arthur,
retorico, aprendo l’ennesimo dono di quel pomeriggio: un antico scrigno intarsiato
con adagiate dentro delle bottigliette di pregiato vetro lavorato. Il principe
sollevò verso la sua ancella una delle boccette, scuotendo a mezz’aria il
liquido, stappandola e annusando per curiosità il contenuto.
“Qui dice che è un’essenza afrodisiaca.
Va cosparsa sulle lenzuola del talamo nuziale e favorirà la
fertilità”, ribatté Merlin, leggendo il biglietto d’accompagnamento.
“D’accordo”, sputò il cavaliere, riponendo di malagrazia
l’ampollina e chiudendo con uno scatto il cofanetto, come se scottasse. “È meglio
se ci rimaniamo lontani, eh?”
Merlin ebbe il buon cuore di non infierire sul suo
turbamento e si dimostrò concorde.
Poi, per trarlo d’impaccio (e perché, in fondo, era una
curiosità autentica), considerò: “Non me ne intendo di matrimoni reali, ma
perché tutti questi doni?”
“Ci vogliono impressionare, mi sembra ovvio”, chiarì il
principe, affiancando Linette. “Molti, fra loro, hanno una
figlia in età da marito e sognano di poterla sistemare col sottoscritto.
Quest’ostentazione di generosità è solo un modo per irretirmi…”
A quelle parole, la serva si rabbuiò. “Ma non
sanno che io sono già stato felicemente catturato”, sviolinò, afferrandole le
dita e portandosele alle labbra per un seducente baciamano che deliziò il mago.
Come se ciò non fosse bastato, il nobile agguantò la scatola
che aveva appena scartato e ne contemplò il contenuto, poi lo passò alla sua
valletta, poiché il dono era d’indubbia qualità.
Adagiata sopra ad un panno di raso
blu, vi era una piccola, incantevole tiara tempestata di gioielli.
Merlin non avrebbe mai saputo stimarne il valore, si limitò
a constatarne l’indiscusso pregio.
“È… semplicemente
meravigliosa”.
Eppure il nobile lo sorprese, quando sfilò la corona dall’involto
e gliela pose in testa. A nulla erano valse le sue
proteste e il senso di inadeguatezza che stava esprimendo schernendosi.
Il principe trascinò ugualmente Linette davanti al grande
specchio.
“Sembri una regina…” sussurrò, ammirandolo, e Merlin arrossì.
“La mia regina”.
“Arthur, smettila!” borbottò. “Ti preferisco quando fai
l’asino irritante! Tutto questo miele mi soffocherà!”
L’erede al trono incrociò il suo sguardo attraverso lo
specchio. E poi sbuffò.
“Anni passati ad imparare l’arte
della galanteria e a profondermi in complimenti, e quando trovo la persona
giusta per farli, costei mi stronca così?” si lagnò, fingendosi deluso. Ma Merlin non fece neppure tempo a replicare, che l’altro,
sfilatogli il gioiello dalla testa, si strinse addosso a lui, sfiorandogli con
le labbra la tempia con tanti piccoli baci. “La verità è che ti adoro, perché
non fai la svenevole come le altre. Tu sei sempre stata diversa”.
Seppur distratto dai baci, il mago bofonchiò
ugualmente: “Quindi… poco fa, mi stavi mettendo alla prova?”
La bocca del principe accarezzò il suo collo.
“Tutto quello che ho detto, lo penso veramente. Ma sapevo che
non ti avrei incantato con le mie parole”.
Merlin scoppiò a ridere, mettendolo in guardia bonariamente.
“Apprezzo che tu sia romantico, ma non esagerare!”
“Mi preferisci arrogante e presuntuoso?”
Il servo si torturò l’interno della guancia. “Diciamo che
con quell’Asino so trattare, troppe
sdolcinatezze mi confondono… mi turbano”, ammise.
“Se è quello che vuoi, cercherò di tornare viziato e
prepotente”, promise il nobile Babbeo, smentendo la minaccia con piccoli,
teneri morsetti sulla pelle sensibile sotto l’orecchio. “Ti ricorderò presto
chi comanda fra noi…”
***
“Avverto l’assurdo desiderio di baciarti”, le rese noto il principe, trascinandola in un anfratto
nascosto del corridoio, lontano dallo sguardo indiscreto delle guardie
appostate.
“I desideri assurdi vanno sempre assecondati”, filosofò
Linette, in risposta, rivolgendogli un sorriso che
l’erede al trono ricambiò.
Egli le accarezzò il viso, attirandola gentilmente verso di
sé. Quando furono vicini, chiuse gli occhi e le loro labbra si sfiorarono.
Quando li riaprì, Merlin gli
sorrideva.
“Visto? Non era
poi così male come desiderio!” dichiarò furbo.
Arthur spalancò la bocca, sconvolto di trovarsi tra le mani
il suo servo e l’istante dopo il rumore della porta che sbatteva
lo destò.
Linette gli chiese cosa avesse sognato, perché aveva la
faccia stravolta dalla sorpresa.
Ma non ricordava nulla: sapeva solo che era importante,ed era una cosa strana.
“Avrai fatto degli incubi sui regali di Morgana!” scherzò il
mago, offrendogli la colazione. “Io ho sognato che delle scatole mi
rincorrevano per il castello!” gli raccontò, archiviando il fatto.
“A proposito!” riprese, poi. “Tutto questo annaspare fra i suoi
doni mi ha fatto ricordare una cosa che avevo dimenticato: poco prima di partire,
tua sorella mi ha dato un oggetto…” Il servo infilò una mano nelle tasche del
grembiule ed estrasse un piccolo sacchetto di pelle. “Mi ha detto di aprirlo
con te, in un momento di calma; ma, poi… beh, sai anche tu come sono andati i
fatti…” abbozzò, a mo’ di scusante.
Arthur fece cenno di raggiungerlo sul letto, dove ancora
stava, e Merlin gli sedette accanto sulle coperte.
Successivamente, lo stregone
disfece il nodo del laccio e lasciò cadere il contenuto sul palmo aperto del
principe.
Erano sette monete
d’oro.
“D’accordo. Sono una somma
considerevole. Ma cosa vuol dire?” considerò il nobile,
adocchiando ora i soldi ora Linette.
“Non ne ho la più pallida idea”, replicò la fanciulla, stringendosi nelle spalle. “Morgana mi ha detto
solo: ‘Ho fatto un sogno, stanotte. Riguardava te e
Arthur. Il vostro futuro. E so che dovevo farti questo dono. Non chiedermi
altro, perché non ho cognizione di cosa significhi. Ma un giorno capirai.
Capirete’”.
“Che sia una profezia?” rifletté il principe, soppesando i denari
che tintinnarono nella mano.
“Solo il tempo potrà dircelo”.
“Sette? Perché proprio sette?” valutò.
“Se rapportate alle casse del regno, che sono infinitamente più ricche, sette monete sono quasi un’inezia”.
“Forse è un modo carino per dire che scialacqueremo tutto il
tesoro di tuo padre!” scherzò il mago, per alleggerire quella strana atmosfera.
Arthur ridacchiò con lui.
“Sarebbe tipico di Morgana fare avvertimenti così idioti!” Eppure,
con una strana dovizia, egli ripose ogni soldo nel sacchetto, chiudendolo con
attenzione. “Conservalo così”, gliel’affidò, accantonando la faccenda. “E ora
muoviamoci! I suoi regali di nozze ci attendono ancora!”
***
Arthur sbuffò insofferente, entrando nelle stanze che erano
state della sua sorellastra.
Aveva trascorso più tempo chiuso lì dentro in quegli ultimi giorni, che in tutti gli anni in cui lei aveva
vissuto a Camelot e ormai non ne poteva più.
Oltretutto, suo padre l’aveva appena sollecitato affinché la questione fosse
conclusa al più presto, anche se si poteva dire che lui e Linette erano
comunque in dirittura di arrivo.
A conferma di ciò, quello che gli restituì definitivamente il
buonumore fu vedere, sopra alla scrivania, un’enorme torre di pergamene
diligentemente curate come concordato.
Mentre egli addestrava i propri soldati, la sua valletta
aveva magicamente predisposto ogni missiva, completa di regale sigillo, prima
di assentarsi per andare a raccogliere alcune rare erbe di cui Gaius aveva
assoluta necessità.
Avvicinandosi alla catasta, il principe controllò per
scrupolo uno dei ringraziamenti da inviare, e ne ammirò la presentazione.
Perfetto ed elegante.
Suo padre non avrebbe
potuto obiettare alcunché.
Quella calligrafia sembrava esattamente
identica alla propria, e Arthur considerò che il risultato non avrebbe
potuto essere migliore neppure se egli stesso l’avesse stilato di suo pugno.
Il secondo pensiero che lo colse fu di natura diversa.
Improvvisamente, egli realizzò di non conoscere
affatto la scrittura della sua serva.
Nei tre anni passati insieme, lei lo aveva aiutato più volte
a redigere discorsi e resoconti, gli aveva suggerito frasi e
corretto imprecisioni, però sempre e solo verbalmente.
Arthur sapeva che la strega prendeva regolarmente appunti
dai libri di magia che studiava anche in sua presenza, ma egli non vi aveva mai
prestato attenzione prima d’ora.
Chissà com’era la
calligrafia di Linette?
E proprio mentre stava per sopprimere questa curiosità e
andarsene, si accorse quasi casualmente di un piccolo bigliettino infilato
distrattamente fra gli elenchi dei doni ricevuti e forse dimenticato.
Poteva essere un appunto
personale che Lin-Lin aveva vergato come promemoria?
D’istinto lo prese, per leggerlo, e subito spalancò gli
occhi.
Com’era possibile?!
Il principe corse fuori dalla stanza verso i propri
appartamenti.
Doveva parlare con
Linette. Adesso. Subito. Immediatamente.
Tuttavia, entrato che fu e perlustrate
inutilmente le stanze, egli rammentò quello che fino a poco prima gli era ben
chiaro.
Le dannate erbe di
Gaius!, imprecò mentalmente, lasciandosi cadere a
peso morto sul proprio scranno, stringendo ancora il foglietto tra le dita, esaminandolo
minuziosamente e imponendosi di calmarsi.
***
Quando Linette fece ritorno, le campane dell’ora nona
avevano appena cessato di rintoccare.
Merlin sollevò un sopracciglio ironico, scrutando il
principe, appollaiato sul seggio foderato con le mani congiunte sotto al mento. Era così immerso nei propri pensieri da non
accorgersi del suo arrivo.
“Testa di Fagiolo che non sei altro!
Con tutto quello che c’è da fare, sprechi il tuo tempo stando in panciolle?!” lo pungolò con familiare sfrontatezza e un nuovo
nomignolo che sicuramente avrebbe movimentato un po’ la loro vita.
Arthur saltò per lo spavento, poi osservò lo stregone con
uno sguardo indecifrabile.
“Co-come mi hai
chiamato?!” scattò, saltando in piedi.
“Testa di Fagiolo, Vostra
Maestà?” rispose il mago, sorridendo birichino; ma
l’ombra tempestosa che passò negli occhi del principe lo stranì.
“Mi hai fatto aspettare un
secolo…” l’accusò, nella voce una strana
intonazione.
“Oh, suvvia! In realtà, non sono
stata via così tanto!” lo contraddisse Linette, con umorismo.
“…e quando torni, la prima cosa che sento è la tua
impudenza!” concluse Arthur, come se l’ancella non si
fosse intromessa. “Sai che c’è?” proruppe quindi, come se avesse preso una
decisione vitale, afferrando la valletta per le spalle e accompagnandola alla
porta. “Vai a cambiarti, indossa i pantaloni da caccia e una casacca stretta! Anzi, due!”
“Vuoi andare a caccia? Adesso?!Ma non dovev-” Merlin oppose una lieve
resistenza, bloccandosi contro il portone con le braccia tese.
“Fai quello che ti dico!”
“Ma… Arthur! La riunione! A quest’ora devi andare da tuo padre!”
“Oh, sì. Io andrò
dal re, ma tu andrai alla gogna!”
deliberò il principe. “E metti anche la bandana, non vorrei che qualche
contadino avesse lo sguardo lungo verso la tua scollatura…” si raccomandò,
geloso, affacciandosi oltre la soglia, richiamando successivamente
l’attenzione di una delle sentinelle.
“Lucius! Accompagna la mia
valletta personale dall’archiatra e poi alla gogna! Subito!”
Merlin era così sconvolto che non trovò neppure l’ardire di
protestare, mentre la povera guardia lo prendeva in consegna per eseguire
l’ordine.
“Avrei dovuto mandartici molto
tempo fa!” esclamò il nobile, osservandola allontanarsi forzatamente. “Su, Lin-Lin, vai!” la incitò, con tono leggero, che mal celava
un sentimento burrascoso.
Ma che diavolo?!, imprecò fra sé lo stregone. D’accordo: aveva scherzato con l’Idiota Reale sull’essere arrogante e
prepotente come un tempo, ma quello era davvero troppo!
…Forse Arthur era
impazzito?
***
“Sua Maestà, il principe di Camelot, esige la tua presenza immediata nei suoi
appartamenti reali!” proclamò Sir Leon, solennemente, a beneficio dei pochi
presenti, mentre una guardia faceva scattare l’apertura dei ceppi.
Era passata appena la metà della veglia prevista per la
punizione; ma, dopo tanto tempo dall’ultima volta, a Merlin era parsa
un’eternità.
L’unica cosa buona era che nessuno aveva osato tirare frutta
e verdura marcia alla valletta reale. Forse il popolo aveva avuto pietà di lei,
o probabilmente perché era benvoluta da tutti. Oppure, più prosaicamente, la
povera gente difficilmente poteva permettersi di sprecare le scorte per
l’inverno.
“Che hai combinato?” domandò Leon, sottovoce, aiutando
l’ancella a rialzarsi dalla scomoda posizione.
“Vorrei saperlo anch’io!” sbottò Merlin, a metà strada fra il
fastidio e la preoccupazione, lasciando indietro il cavaliere per correre al
castello e chieder conto all’Asino Reale della sua punizione. E poi, considerò mentalmente, se la regal
risposta non gli fosse garbata, l’avrebbe trasformato in un rospo per rappresaglia.
O forse in
qualcos’altro di ancor più viscido e disgustoso. O forse-
Forse Arthur era sotto
incantesimo, pensò Merlin quando ricomparve negli alloggi reali. Sì, doveva esserlo. Sembrava fuori di sé.
Appena arrivato, infatti, Arthur gli corse incontro, con foga,
abbracciandolo stretto; e Merlin non si raccapezzò più.
“Perché diamine mi hai fatto chiamare?!”
sbottò il mago, ancora suscettibile per la recente punizione ingiusta. “Adesso
vado a farmi un bagno!”
“No, non serve! Resta!”
lo supplicò il principe.
“Ma Gaius mi aspetta per la cena!”
protestò.
“L’ho avvisato di non attenderti...”
“Arthur, che succede?!” si preoccupò
allora, tastandogli la fronte. “Che c’è?”
“C’è che ti amo e sono uno stupido idiota…” confessò,
baciandolo di sorpresa.
Merlin rise direttamente contro le sue labbra, la rabbia
evaporata d’incanto.
“E te ne sei accorto solo adesso?”
“Sì”, Arthur rise
anch’egli, al colmo della gioia. “Sì, ti amo”, ripeté, con un altro bacio. “E ti
prego… Dimmi che il Buffone è in ritardo… Ho un bisogno disperato di te...”
Solo a quelle parole, il mago ricordò che effettivamente erano già a metà mese, a ridosso del novilunio. Con tutti
gli impegni per Morgana, se n’era scordato.
“Nessun Buffone”, confermò.
Arthur lo sollevò tra le braccia, con delicatezza, adagiandolo
poi sul letto.
“Ma-ma che…?” farfugliò Linette,
stranita.
“Ti fidi di me?” chiese il principe, serio. “Ho riflettuto. So quello che faccio, credimi. Non sono impazzito!” – Anche se la sua
strana frenesia sembrava palesare il contrario. – “Ti fidi di me?”
ripeté, accarezzando con gli indici gli zigomi affilati del mago, e una strana
espressione in volto, come se Merlin, in quel momento, avesse avuto il cuore di
Arthur in mano e il potere di frantumarlo.
“Sì”, sussurrò lo stregone. “Qualunque cosa. Sì”.
Il giovane Pendragon incatenò i
loro sguardi.
“La tua maledizione…” Merlin si irrigidì
a quelle parole e il nobile prese a strofinargli il fianco per rassicurarlo.
“Mi rende incompleto”, si ritrovò a dire, senza sapere perché.
“È mortale?”
“No, posso conviverci. Ho dovuto farlo”.
Quasi quasi glielo stava per dire. Sì, rivelargli tutto e tagliare
i ponti. Tanto… era già perduto. Non aveva speranze di tornare in sé.
“Io sono…”
Ma Arthur gli premette un dito sulle
labbra.
“Shhh… non importa. Tieni il
segreto. Per me non cambia nulla. Non cambia ciò che provo
per te”, gli rivelò. “Non mi importa cosa sei. Ma chi sei.
Ho provato a starti lontano, ma ti amo. E ti desidero sopra
ogni altra cosa. E al diavolo tutto il resto!”
Linette gli sorrise. “Già”.
Il principe la abbracciò di slancio, trascinandola sui
cuscini adagiati dietro le loro schiene.
Arthur le mordicchiò il lobo dell’orecchio e lo baciò.
“Non so nemmeno più da quanto desideravo farlo...” confessò, vezzeggiando con i denti la tenera carne.
Ricevette in risposta un mugolio.
“Ti amo”, sussurrò.
Poi scese a sfiorare con le labbra la pelle delicata del
collo.
“Ti amo. Ti amo. Ti amo”.
Con le mani callose le accarezzò i seni turgidi sopra la
stoffa della maglia e poi scese giù, giù sotto la cintola di pantaloni sempre
troppo larghi per lei.
Quasi non si stupì di non trovare vezzi da signore o
l’ingombrante biancheria intima.
Le lanciò uno sguardo obliquo, da sotto in
su, ma Lin se ne stava immobile, tremando
appena, a respirare affannata.
Arthur si avventurò fra le sue cosce, strappandole un
singulto inaspettato, ma non si fermò.
Fu quando raggiunse la piega tra i suoi glutei che si bloccò
un istante e i loro occhi s’incontrarono.
“Ti riporterò indietro,Merlin”.
Continua...
Disclaimer:I
personaggi di Merlin, citati in questo racconto, non sono miei; appartengono
agli aventi diritto e, nel fruire di
essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.
Ringraziamenti:
Un abbraccio alla mia kohai e a Laura, che subiscono
le mie paranoie. X°D
Note: Ormai penso
che sia chiaro perché il matrimonio di Morgana sia servito alla Causa Merthur (oltre che per darle maggiore spazio, come da voi
richiesto).
L’inconscio di Arthur, poverino, ha capito da tempo la verità e, dopo l’accenno alla lettera di Merlin,
ha sgomitato inutilmente. Eppure, finalmente anche Arthur ha fatto il famoso
2+2.
Per un motivo banale? Forse sì.
Ma nel prossimo capitolo ci sarà
una precisa spiegazione da parte di entrambi.
Non so se sono riuscita a stupirvi, con questa scelta,
oppure no.
Certo, mancano due parti fondamentali: l’ultimo capitolo e
l’epilogo, quindi in realtà non è tutto ancora chiaro.
Ma…
Ma io credo che Arthur avrebbe
reagito così, prima d’impulso (dando un po’ di matto) e poi ragionando,
assorbendo il colpo della notizia.
(Anche perché, poverino, non dev’essere
facile per il suo orgoglio accettare di aver sempre avuto la verità sotto al suo nobile naso).
Mi auguro che il finale vero e proprio possa ancora
stupirvi. Intanto, mi piacerebbe sapere cosa ne pensate di questo capitolo!
L’ora nona, per chi non lo ricordasse, sono le tre del
pomeriggio.
Il numero 7 e la profezia
ritornano, come promesso. E, come detto, la spiegazione avverrà nella
raccolta-seguito Linette2.
Nel caso vi siano rimasti dubbi, chiedete pure! ^^
Precisazioni al
capitolo precedente e domande varie: (a random)
- Non ho molto da dire, perché ho già risposto sotto ai commenti.
- Sono contenta che abbiate apprezzato i momenti fluffosi.
- Sì, il chiarimento si è fatto attendere, ma almeno sono
stati sinceri sui loro sentimenti in modo completo!
- Molti di voi mi hanno fatto notare come, dopo tanta
sofferenza, sia quasi ‘strano’ vedere i nostri eroi felici e innamorati senza
alcuna disgrazia imminente.
Questo mi fa capire che sono stata un po’ cattivella, ma era
necessario ai fini della trama.
- Di fronte al comportamento disinibito di Linette, come ho
già detto a qualcuno, dobbiamo ricordare che Merlin è sempre stato spudorato,
perché lì prevale la sua parte maschile... avete presente anche quando c’era
Arthur ferito dopo il Torneo, e Merlin non si scandalizzava di dirgli che “là
sotto è tutto ok”, mentre l’Asino moriva di vergogna? Ecco, lui è così:
innocente e ingenuo su certe cose, smaliziato su altre.
- Gaius è un papà/nonno che tutti vorremmo, sì.
- A domande specifiche, ho risposto direttamente sotto la
recensione.
Anticipazioni del
prossimo: sarò sincera. Non volevo metterne, perché siamo alla fine.
Poi sono giunta ad un compromesso. È un unico pezzo, un assaggio che molti attendevate e che, però, non riguarda nessun punto
fondamentale della conclusione.
Un momento dopo,
comparve magicamente un vassoio con una ciotola di fragole – rosse, succose
fragole giganti – e una piccola terrina traboccante di miele ambrato.
“Amor
Mio”, lo vezzeggiò il principe. “Apprezzo che tu
abbia pensato al dolce, ma in questo momento divorerei anche un cinghiale
intero!”
“Sì, però questo rende tutto molto, molto più interessante…” cinguettò
Merlin, intingendo un frutto nel miele con leziosità, prima di chinarsi per
disegnare una piccola scia lucida sul ventre del giovane Pendragon.
“Sei troppo grasso, Arthur, caro”,
soffiò, direttamente contro la pelle traslucida della sua erezione, mentre il
miele colava e colava. “Ti serve una nuova dieta… me
ne occuperò io…”
E, prima che l’altro potesse fare alcunché, con la lingua rifece lo stesso percorso,
strappandogli un sussulto di inatteso piacere.
Arthur amava le fragole; e
forse sì, poteva anche rinunciare al cinghiale se quello era il risultato
promesso.
Avviso di servizio
(per chi segue le altre mie storie):
Postata la shot “The morning after”, spoiler!5x13.
Nei
miei propositi, avrei voluto postare questa conclusione molte settimane fa, ma
troppi impegni e imprevisti mi hanno trascinato fino a ora.
In
qualche modo, questo è il mio regalo di Natale per il fandom, anche se è
l’addio a Linette e, poiché oggi è anche il secondo anniversario della fine di
Merlin – quel mare di lacrime e dolore che ancora ci accompagna (Grazie alla
BBC, per averci rovinato il Natale!) – credo che non ci sia data migliore per
mettere fine alla mia long più lunga e seguita, e forse consolare qualcuno in
questo anniversario, anche se qualche lacrima scapperà ugualmente *le mie, di
sicuro*.
Vi
rimando alle note finali per tutto il resto. Per ora, buona lettura!
Linea temporale: Seguito
diretto del capitolo precedente. Metà novembre del terzo anno dall’arrivo di
Linette a Camelot.
Riassunto generale: Merlin
è abituato a salvare la vita all’Asino Reale senza che questi se ne accorga, ma
stavolta non tutto va per il verso giusto. Colpito dall’incantesimo del
malvagio Ardof, il nostro mago farà i conti con una sconvolgente novità: egli
si risveglia trasformato in una donna.
Solo Gaius conosce il suo segreto e, finché non troverà il modo di tornare
normale, dovrà inventarsi delle scuse plausibili e prendere il posto di se
stesso al servizio del principe. Come riuscirà a conciliare questa ‘nuova
situazione’? Come si evolverà il suo rapporto con Arthur?
Riassunto delle
ultime puntate: Il malvagio stregone Ardof è morto, ma la sua maledizione
non si è sciolta.Merlin, perciò, fa
credere ad Arthur di essere partito alla ricerca del padre mai conosciuto. Al
principe non resta che subire questa sua scelta, mentre il tempo passa
inesorabile, e il suo legame con Linette va saldandosi sempre più… fino a
quando, durante un agguato, lui non scopre che la sua serva è una strega e lei
gli rivela che anche Merlin lo è: questa sconvolgente ammissione, ovviamente,
cambia le carte in tavola e li porta ad un nuovo sodalizio in cui, finalmente,
i due si confessano reciproco amore e cedono alla passione… Ma la gioia è
breve, perché Merlin – contrariamente a quanto sperato – non è tornato in sé
dopo essersi unito ad Arthur e quindi cede alla disperazione. La medaglia
sembra spezzata, tuttavia il matrimonio di Morgana offre finalmente ai nostri
eroi l’occasione per chiarire i propri sentimenti.
Dedico la fine di questa storia
a quanti l’hanno amata, a quelli che mi hanno accompagnato in questo viaggio
durato quasi cinque anni, chi dall’inizio e chi si è aggiunto dopo.
A quelli che mi hanno sostenuta e incoraggiata con i loro pareri, a quelli che
mi hanno offerto consigli e idee.
Grazie anche ai lettori
silenziosi. Ma c’è sempre la speranza, eh!
E come sempre, a chi ha
recensito il precedente capitolo:
A solo emrys, chibimayu,
Emrys3103, ClaryRose94, giuggi22, saisai_girl, aquizziana, xlairef,
DevinCarnes, Merlin Pendragon, Reika_Stephan, chibisaru81, Sana e Akito, Semiramide_,
SaraBianki, flysun91, Barby_Ettelenie_91, mindyxx, Sheireen_Black 22, Orchidea
Rosa, Burupya, gialia96, icaieia, Sofia_Ariel, Crystal25396, LindaMary, Yuki
Eiri Sensei, maar_jkr97 e Rosso_Pendragon.
Ai vecchi e ai nuovi lettori di Linette.
Grazie.
Elisa
The He in the She
(l’Essenza dentro l’Apparenza)
Capitolo XC ed epilogo
Quello che Merlin avrebbe ricordato al suo risveglio, e per
sempre, sarebbe stato il dolore iniziale, il calore intossicante in ogni nervo
e ogni muscolo e l’indescrivibile piacere provato prima di perdere i sensi.
Quando riprese conoscenza, avvertì distintamente l’odore
familiare di Arthur e le sue braccia che lo stringevano protettive.
Si risollevò piano, stando attento a non strapparsi i lunghi
capelli come ogni mattino a letto.
“Bentornato”, gli disse il principe, con quella tenerezza
sincera che Merlin aveva imparato ad amare.
E fu allora che il mago
realizzò davvero le sue parole.
Si guardò – con incredulo stupore – le mani virili, il torace
piatto, e cercò sulle spalle la chioma folta… ma non c’era più.
Per un lungo, irrazionale istante, fu preso da una dolorosa
nostalgia, come se avesse appena perso per sempre qualcuno che amava. Una
lacrima traditrice fece capolino dalle ciglia.
Poi, però, il sorriso incoraggiante del suo signore lo
richiamò a sé.
“Stupido idiota, mi sei mancato!” gli sussurrò direttamente
contro la pelle in quell’abbraccio liberatorio. “Anche se Lin puliva molto
meglio di te!” ghignò con tono arrogante.
“Tzé! Asino Reale!” Merlin ricambiò, curvando le labbra a
tutto tondo. “Cercherò di ricordarmi i suoi trucchetti!”
“Oh, Merlin?”
“Nh…?”
“Non farmi più scherzi del genere, intesi?” si raccomandò il
giovane Pendragon, senza riuscire a lasciarlo andare e, anzi, tirandoselo
addosso ancor di più, quasi che temesse un’improvvisa sparizione del mago sotto
ai propri occhi.
Merlin strofinò il naso contro la nobile spalla, prima di
fingere un tono ossequioso e meditativo.
“Oh, ma ponete il caso che mi trasformi in un riccio…”
“Non ho intenzione di accoppiarmi con nessun altro
all’infuori di te, perciò ti metterei in gabbia!” lo minacciò Arthur, metà
serio e metà scherzoso, prima di chinarsi per baciarlo. E baciarlo. E baciarlo.
***
“Il tuo corpo sembrava incandescente, come il metallo nel
punto di fusione”, il principe non smise un istante di accarezzargli la pelle,
di mantenere un contatto fra loro. “Era una cosa affascinante e terribile da
vedersi; ero preoccupato per te, ma non sembravi soffrire…” chiarì,
riferendogli il resoconto della sua trasformazione tra una coccola e l’altra.
“Anche all’inizio è successo così”, ricordò lo stregone. “Al
mio risveglio, ricordavo solamente di aver patito un gran caldo – un forte
febbrone, forse – e mi sono risvegliato donna”.
“…Merlin?”
“Sì?”
Arthur non finì mai di seminare piccoli, teneri baci sulla sua
tempia.
“Dimmi…” tentennò. “Dimmi perché è successo…”
Tuttavia, avvertendo istintivamente il corpo accanto al proprio
irrigidirsi di riflesso a quella richiesta, egli cercò e intrecciò le loro
mani, come a rassicurarlo.
Per un lungo,
interminabile momento, il mago aveva pensato di non rivelargli la verità.
Ed era consapevole che il principe stava fraintendendo la
propria titubanza nel parlare.
Forse egli credeva che la sua fosse paura o dolore nel
ricordare, ma l’unica cosa che invece lo stava frenando dall’essere sincero con
lui era solo il bisogno disperato di non farlo soffrire, di non lasciare che
quell’Idiota Reale, dal cuore generoso e dall’onore smisurato, si sentisse
colpevole per ciò che gli era accaduto.
In tutta questa faccenda vi era un solo responsabile. Ardof e la sua follia.
Ma proprio quando stava per aprir bocca e sciorinare due
parole di fittizia spiegazione, compì l’errore di girarsi verso di lui.
Lo sguardo del principe
gli chiedeva completa sincerità. Anche se questo avrebbe fatto male. Anche a
costo di rivelare cose spiacevoli. Di lasciare una cicatrice.
Merlin ricambiò la stretta delle loro dita e gli sfiorò la
pelle del palmo col pollice, in una lenta, muta richiesta di scusa per ciò che
stava per dire.
“È successo per proteggerti”, dichiarò poi, senza preamboli,
perché Arthur non aveva mai amato i giri di parole. Lo sentì inspirare forte
dal naso, assorbendo il colpo di quell’annuncio sconcertante. “Ma non devi
sentirti responsabile. È stata tutta colpa di Ardof. Solo sua”.
“Ardof?” Il principe aggrottò le sopracciglia bionde,
cercando di fare mente locale su dove avesse già sentito quel nome in passato,
accantonando il turbamento.
“Sì”, riprese il valletto, sospirando. “Era un malvagio
stregone che cercava vendetta contro tuo padre. La sua intenzione era quella di
distruggere la Dinastia
dei Pendragon e farlo nel modo più doloroso possibile. Era un pazzo
sanguinario! Credimi, Arthur… lui-”
“L’uomo che fu catturato e che s’uccise nelle prigioni…”
“Sì, fece il suo nome. Lavorava per lui. Era una marionetta
nelle sue mani”, spiegò. “Essendo un potente mago, accecato dalla sete di rivalsa,
egli non s’era fatto scrupolo di usare qualunque mezzo per raggiungere il suo
scopo. Anche Sir Galderth e lo Scorpius
Chamaeleo erano strumenti forzati, erano manovrati da lui…”
“E alla
locanda del Giglio Bianco? Il mediatore era una sua pedina?”
“Non ne ho le prove”, ammise lo stregone. “Ma anch’egli era
sotto il controllo mentale di qualcuno assai potente, come…”
“Come...?” l’incalzò.
“Come Fenrir, il Lupo”, esalò il mago, rabbrividendo per
tutti i ricordi connessi a quel nome. “Il bandito era stato maledetto da Ardof.
E mi aveva rapito perché credeva che, con la mia magia, io avrei potuto
liberarlo dall’anatema che pendeva su di lui”.
“Ora mi spiego molte parti oscure…”
“Oh, Arthur! Sapessi quante cose avrei voluto dirti, ma non
potevo!” si rammaricò, il dispiacere che grondava da ogni parola.
“D’accordo, ma… Merlin, come hai fatto a…” uccidere “sconfiggere questo Ardof?”
Lo stregone tacque qualche istante per raccogliere le idee,
per capire da dove partire.
“Il giorno prima che mi trasformassi in Linette, egli tentò
di colpirti con un sortilegio mortale.
Io mi misi in mezzo, difendendoti… e, beh, tu non ti eri
accorto di nulla…”
“…come sempre”, concluse per lui il nobile cavaliere.
“Esatto!” Un piccolo ghigno fiorì sulle labbra impudenti del
servo, ma presto svanì, quando riprese il racconto. “Sapevo solamente di aver
contrastato il suo assalto, ma ho sempre creduto che egli non avrebbe desistito
nel suo malvagio proposito; per questa ragione, ti supplicai di assumermi come tua
valletta personale: avevo l’assoluto bisogno di restarti accanto e di
proteggerti dai suoi futuri attacchi!”
“Oh, Merlin”, esalò
il principe, addolorato. “Mi dispiace di-”
“Arthur, non importa. Non
importa, davvero. Tu non potevi sapere…” motivò, riprendendo la narrazione.
“Neanch’io avevo piena cognizione di quanto potente e letale fosse stato il
nostro confronto! Fu Fenrir, mesi dopo, a rivelarmi i particolari successivi
sulla sua morte: in qualche modo, io ero riuscito a deviare l’incanto mortale –
destinato a te – su di lui e l’avevo ridotto in fin di vita.
Fuggito da Camelot, Ardof aveva assoggettato il Lupo e la
sua banda perché trovassero un modo per guarirlo o, in alternativa, che portassero
a termine la sua vendetta sulla tua famiglia”.
“Quindi… quell’essere abbietto è morto a causa del suo
stesso maleficio…”
“Esatto”.
“Ma… perché tu sei diventato donna?”
“Anche su questo, non ho piene certezze”, ammise. “È
successo, probabilmente, per un effetto collaterale delle nostre magie che si
sono scontrate. Il drago mi disse-”
“I-il drago?!”
“Sì, Arthur. Il drago”, ripeté Merlin, come se l’altro fosse
tardo. “Un giorno di questi faremo un giretto nei sotterranei del castello. C’è
qualcuno che ti devo presentare…” anticipò, per poi proseguire. “Quel bestione
mi ha detto che era successo perché la mia parte femminile era prevalsa. Ma non
chiedermi cosa significhi, perché non l’ho mai capito…”
“Sarebbe potuta andare molto peggio… saresti potuto morire!”
si preoccupò il cavaliere, inorridendo, rafforzando l’abbraccio che li univa.
“Ma non è successo…” lo consolò il mago.
“E perché, quando Ardof è morto, tu non sei tornato in te?”
chiese ancora il nobile, desideroso di capire.
“Incantesimi particolarmente potenti, come questo,
sopravvivono persino al loro creatore”,
recitò lo stregone, ripetendo quelle dannate parole che aveva incise nella
mente. “E non mi era concesso rivelare chi fossi realmente, altrimenti
l’incanto non si sarebbe mai rotto”, precisò. “Mi è stato detto di cercare una
persona, l’unica che avrebbe potuto capire
la mia vera essenza, quella nascosta dietro all’apparenza. L’unica che mi avrebbe riconosciuto per ciò che ero”.
“Hai mai cercato?”
“Non ho mai smesso di sperare, ma… sul cercare…” ammise con
franchezza. “Non davvero, no”.
“E perché mai?”
“Perché la mia priorità eri tu, Arthur. Sei sempre stato tu”, rivelò, con una semplicità disarmante. “La
tua vita, la sua salute, la tua salvezza. Restarti accanto. Compiere il mio
destino”.
Il principe sentì qualcosa sciogliersi al centro del petto,
caldo e palpitante come non avrebbe mai creduto di poter sentire.
“Quell’unica
persona eri tu”, disse Merlin. “Solo
tu, solo tu potevi rompere la maledizione…” disse, roco, mentre una lacrima
tracimava oltre le ciglia.
Arthur la raccolse con le labbra, con devozione.
“Mi rammarico di averci messo tanto a capire l’ovvio. Era
tutto qui, sotto al mio naso”.
“Dopo la nostra prima volta, mi ero rassegnato”, ammise Merlin,
chinando il capo. “Se non potevi farcela tu, nessun altro sarebbe riuscito
nell’impresa”, considerò. “Scusa per il mucchio di menzogne che ti ho detto, ma
sono stato costretto a farlo. Non potevo parlarne con chi non lo sapeva già
spontaneamente, come Gaius”.
“Ora comprendo”.
“Ho anch’io una domanda per te”, disse il servo, a sua volta
incuriosito. “Come diamine hai fatto a capire che Linette ero io?”
“A parte l’infinita serie di coincidenze che avrebbero
sfidato qualsiasi legge del buonsenso?” ironizzò Sua Maestà, con un piccolo
sorrisetto insolente.
“Ci hai messo tre anni,
Arthur. D’accordo, non potevo offrirti suggerimenti, ma tu hai ben poco di cui
lodarti, sai?” tenne a precisare
l’altro.
Il rimprovero fece arrossire l’Asino Reale, che non amava – e
non aveva mai amato – risultare manchevole in qualcosa.
“Anzitutto, vorrei puntualizzare che, se non mi fossi fidato
ciecamente di te e delle tue bugie, avrei sentito prima l’odore della menzogna
dietro quel mare di presunte fatalità! Mi hai depistato, ecco!” brontolò,
difendendosi.
Poi, per correttezza, egli snocciolò tutte le congetture – e
tutti i ricordi di frasi ed eventi – che avevano trovato l’incastro perfetto
solo dopo il chiarimento sulla torre, in seguito alla partenza di Morgana, ma
ancor più quando aveva capito che la scrittura di Linette e quella di Merlin
non potevano essere così dannatamente identiche, non senza l’uso della magia, ma non v’era stato motivo di usarla,
per lei, in quel frangente per un appunto privato.
“Vuoi dire che, se all’inizio di questa disgrazia avessi
lasciato sotto al tuo naso un messaggio scritto da lei, mi sarei risparmiato
anni di patimenti?” considerò il mago, sconcertato da quella ipotesi.
Arthur parve ponderare la cosa.
“In realtà… non saprei”, ammise con onestà. “Mi ci è voluto
molto tempo per accettare i miei sentimenti verso di te, sia in veste di uomo
che di donna. Amavo Linette perché sentivo
che era esattamente come te. Capisci
cosa voglio dire?”
Il mago si ritrovò ad annuire, attendendo che continuasse.
“Forse… forse le cose sarebbero andate diversamente, Merlin”,
riprese il principe. “Forse, se tu fossi tornato in te un paio di anni fa,
saremmo rimasti come servo e padrone… O come amici fidati, ma è anche possibile
che i nostri sentimenti non si sarebbero mai evoluti in ciò che sono ora: nell’amore”.
“È un’eventualità da non scartare”, rifletté lo stregone,
serio. “Quindi… in un certo senso, tutto questo era necessario?”
“Mi piace pensarla così. Attraverso questo cammino, abbiamo
raggiunto una nuova consapevolezza”.
“Forse hai ragione. Eravamo destinati. Può darsi che ci
fossero delle tappe obbligatorie da percorrere. E al Fato non si sfugge…”
“Del resto… abbiamo mai fatto le
cose in modo semplice, io e te?” rise il nobile Pendragon, baciandogli la punta
del naso.
“No, mai!” concordò Merlin, unendosi alla sua risata. “Fin dalla prima
volta… ci siamo incontrati e abbiamo litigato e tu mi hai-” s’interruppe, meditabondo.
“Questo mi fa ricordare un’altra cosa”,
scandì, piano, cambiando il tono gioviale in uno un po’ più intimidatorio: “Arthur,
tesoro, per stavolta passi; ma, se mi
rispedisci un’altra vota alla gogna, sappi che ti trasformerò in guano di
piccione per vendetta!”
“In-in… tu, cosa?!” s’inalberò l’erede al trono.
“Oppure in sterco di cavallo, a tua scelta, perché sono generoso”,
decantò con un ghigno, prima di tirarselo contro per rubargli un bacio a
tradimento. “E ora vieni qui, e cerca di essere convincente nel farti
perdonare…”
***
Era da poco suonata la mezzanotte, ma
i due amanti non se ne curarono.
La stanza era satura dei loro
respiri veloci, l’eco dei loro gemiti e sussurri ancora perso nell’aria. Ancora da spegnersi.
Arthur sciolse il groviglio dei loro
corpi illanguiditi dal piacere, e si chinò a leccare il seme caldo sul ventre
di Merlin, per ripulirlo, ricevendo in cambio l’ennesimo piagnucolio di
soddisfazione.
Sorrise contro la sua pelle
sensibile, riprendendo il proprio lavoro con solerzia ma, arrivato
all’ombelico, con le labbra premute contro la tenera carne, ricevette in cambio
un imbarazzante brontolio.
Egli sollevò la testa bionda quel
tanto che bastava per incontrare lo sguardo sgranato del suo valletto.
“Merlin!”
lo rimbrottò, fingendosi scandalizzato.
“Sono quasi quattro veglie che non
mangio! Sto per svenire, ma per la fame, stavolta!” si difese l’altro, con
prontezza, mentre le gote si imporporavano di vergogna, smentendo la sua
audacia.
“Solo tu potresti farti svergognare
dalla tua pan-!” Un gorgoglio simile al primo si udì distintamente, benché,
questa volta, la regale fonte fosse inequivocabile.
“Dicevi…?” lo pungolò il mago, con
un ghigno.
“È colpa tua. È sempre colpa tua, mi
sembra ovvio. Il mio generoso stomaco non vuol far sentire solo il tuo…”
proclamò con serietà.
Merlin scoppiò a ridere,
allungandosi per abbracciarlo e tirarselo contro in un nuovo intreccio di arti
e coccole.
“Seriamente… che si fa?” ritentò, senza
davvero smettere di torturare e succhiare il labbro inferiore del principe,
cosa che Sua Maestà sembrava gradire all’infinito.
“Potrei… uhmmm… ordinare ad una
guardia del corridoio di fare un salto nelle cucine… ma… uhmmm… francamente non
ho voglia di alzarmi… Fuori dai tendaggi si gela e, come noti, sono nudo come
un verme…”
Lo stregone gli regalò un sorriso
biricchino.
“Un gran bel verme, però!” ci tenne
a precisare.
Arthur ritenne che fosse un
complimento, e non ebbe nulla da ridire.
Così lasciò che il servo si
scostasse da lui e, aperte un po’ le tende del baldacchino, Merlin pronunciò un
“Baerne!” e subito il fuoco del
caminetto riprese a bruciare con vivide fiamme ruggenti dove, solo un attimo
prima, v’erano solo ceneri morenti.
“Ben fatto”, lo lodò.
“Oh, aspetta! Il meglio deve ancora
arrivare!” ammiccò il mago, riaccomodandosi sul letto, lisciando le coltri come
a fare posto per qualcosa.
Un momento dopo, comparve
magicamente un vassoio con una ciotola di fragole – rosse, succose fragole
giganti – e una piccola terrina traboccante di miele ambrato.
“Amor
Mio”, lo vezzeggiò il principe. “Apprezzo che tu abbia pensato al dolce, ma
in questo momento divorerei anche un cinghiale intero!”
“Sì, però questo rende tutto molto, molto più interessante…” cinguettò
Merlin, intingendo un frutto nel miele con leziosità, prima di chinarsi per disegnare
una piccola scia lucida sul ventre del giovane Pendragon. “Sei troppo grasso,
Arthur, caro”, soffiò, direttamente
contro la pelle traslucida della sua erezione, mentre il miele colava e colava.
“Ti serve una nuova dieta… me ne occuperò io…”
E, prima che l’altro potesse fare
alcunché, con la lingua rifece lo stesso percorso, strappandogli un sussulto di
inatteso piacere.
Arthur amava le fragole; e
forse sì, poteva anche rinunciare al cinghiale se quello era il risultato
promesso.
***
“Credo che il mio… – com’è che lo
chiamavi? – ‘Orgoglio Mattutino’?”
“Oppure ‘Giovanile Esuberanza’, a
seconda dei momenti…”
“Beh, credo che domattina non avrà
la forza di fare niente… Niente orgoglio
né esuberanza…”
“Bandiera a mezz’asta?” ridacchiò
Merlin.
“Più che altro… Mi sento come
un’oliva spremuta…” ammise Arthur, stiracchiandosi pigramente fra le lenzuola
sgualcite. “A proposito… abbiamo finito tutto l’olio profumato…” disse, e annuì
verso le cinque boccette desolatamente vuote sul comodino lì accanto. “E come
far-?”
Non riuscì neppure a finire la frase
che Merlin sbatté le palpebre, mentre un dorato sfarfallio gli riempiva lo
sguardo e un’enorme caraffa colma d’olio compariva accanto alle bottigliette.
Subito dopo, lo stregone ammiccò al
suo signore.
“D’accordo, vuoi la guerra? E guerra sia!” proclamò l’erede al trono. “Non sia mai che un
Pendragon si ritiri davanti ad una sfida!”
***
“D’accordo, hai vinto tu”,ammise Arthur,
una veglia dopo. “Io non ho una resistenza magica!” sbottò.
Merlin rise.
“Ma non ho usato alcuna magia per
fare l’amore con te!”
“Ah, no?”
“No, certo che no!”
“Quindi… è tutto merito nostro?”
“Dal primo all’ultimo momento”.
Arthur ne fu enormemente lusingato.
“Oh, beh, era ovvio!” esclamò, spavaldo. “Ma sappi che ho intenzione di sfruttare
i tuoi poteri per un paio di idee che mi stanno venendo in mente…” ammiccò, con
fare dissoluto.
Il mago ghignò con lui. “Ai vostri
ordini, Maestà!”
“Sai, Merlin? Ti amavo innocente e casto, ma adoro questo
demone lussurioso!”
***
“D’accordo, credo che tu ti sia
fatto perdonare lo scivolone della gogna…” dichiarò Merlin, le lucine dell’orgasmo
punteggiate dietro le palpebre chiuse, mentre Arthur riprendeva fiato con lui. “Ti
perdonerò preventivamente anche un altro paio di guai, purché non ti salti in
mente di trascinarmi a caccia, domani, perché non credo riuscirei a posarmi su
una sella… beh, né domani, né…” rifletté un istante. “Arthur, non voglio vedere
una sella per un’intera settimana!” guaì rettificando, mentre il principe separava
i loro corpi ancora incastrati.
“Desideri dell’unguento alla calendula?” offrì il nobile,
premuroso.
“Credo che da solo non basterà…” si rammaricò il servo.
“Allora penso che dovremo inventarci
qualcosa… uno scambio, magari”, meditò l’erede al trono. “Sempre che non ti
disturbi fare fatica… pigro come sei!”
Merlin lo guardò, sgranando le
pupille.
Non
avrebbe mai immaginato che l’orgoglioso e testardo Babbeo Reale avrebbe
proposto di…
“Togliti dalla faccia
quell’espressione stupida, idiota!”
lo rimproverò il giovane Pendragon. “Cosa c’è di così sconvolgente?
Vorrei
semplicemente amarti come sono stato amato. Vorrei donarmi a te, in ogni modo.
Mi hai insegnato che siamo due facce
della stesa medaglia, no? Niente ruoli, niente limiti.
Quando siamo io e te, siamo solo noi.
Non ci vedo alcuna umiliazione nel
sottomettermi a te”.
“Oh, Arthur!” sussurrò il mago,
commosso, appropriandosi delle labbra del compagno, cercando di comunicargli
come si sentiva dopo quella meravigliosa dichiarazione.
“Niente limiti,
hai detto?” ammiccò poi, intenzionato a non sprecare quel privilegio.
***
Era quasi l’alba, quando – per
l’ennesima volta – Merlin collassò su Arthur.
“Hai… hai intenzione di recuperare
tre anni in una notte?!” ansimò il principe, col fiato corto. “Perché, francamente, non credo di poter reggere
questo ritmo fino alla terza veglia!” esalò, incapace di riprendersi. “Ne
morirò! E… anche se sarà indubbiamente una splendida morte, è pur sempre una morte”, ci tenne a
precisare. “E ora che ti ho trovato, non intendo lasciarti fino alla fine dei
miei giorni… quindi-”
“Fino alla fine dei tuoi giorni?”
gli fece eco, sorpreso.
“Sì, Merlin. Dove diamine vorresti andartene, stavolta?!”
Lo scudiero sbatté le palpebre per
dissipare l’emozione.
“Da nessuna parte… sarò qui. Sempre qui”.
“Bene, quindi… io propongo una
tregua fino a pranzo…”
Il mago ridacchiò, accoccolandosi contro di lui.
“D’accordo”.
***
“Mi avete fatto chiamare, Sire?”
domandò il vecchio, osservando la stanza vuota con il consueto sopracciglio
arcuato. “Maestà, potrei chiedervi dove sia Linette? È da ieri sera che non la
vedo ed ero certo che fosse qui…”
“Beh”, sorrise Arthur. “C’è qualcuno
che vuole vederti…”
Un istante dopo, il principe fece un
cenno dietro al paravento e il mago – vestito con degli abiti del giovane
Pendragon – fece capolino a braccia allargate.
“Merlin!”
esclamò il vecchio medico, stringendoselo contro. “Oh, figliolo, sei tornato!”
“Già”.
“Ma come…?”
L’imbarazzo tinse il viso dei due
giovani che si lanciarono un’occhiata da sopra la spalla del vecchio.
“Semplicemente… l’Asino Reale ha
capito”, bofonchiò, come mezza verità.
Ma un momento dopo, Gaius stava
abbracciando anche lui, al colmo della gioia.
“Grazie, ragazzo, grazie!”
continuava a ripetere, con quel tono affettuoso che usava con lui un tempo,
quand’era ancora un bambinetto, e non gli portava ancora il rispetto dovuto al
suo ruolo.
“Non mi devi ringraziare…” si
schermì, ricambiando però la presa, perché capiva
la sincera gioia e la vera riconoscenza dell’anziano cerusico.
Dopo quei convenevoli, il passo
successivo fu decidere come presentare a tutto il castello l’addio di Linette e
il ritorno di Merlin.
Anche se la loro coscienza rimordeva, la cosa più semplice sarebbe
stata recitare un incantesimo di memoria sulla servitù e sui nobili, di modo
che ognuno, dal maniero alla cittadella, avesse il medesimo falso ricordo di
abbracci e saluti scambiati. E così fu
fatto.
Senza troppi problemi,
Merlin aveva infine ripreso il posto che gli spettava come valletto personale
dell’erede al trono e la vita, a Camelot, avrebbe continuato il suo corso.
EPILOGO
- TRE ANNI DOPO.
Arthur se ne stava zitto e solo in cima al mastio del
castello.
Le mani guantate erano strette sulla fredda roccia del
parapetto, mentre guardava il suo regno esteso a perdita d’occhio.
Le campane suonavano ancora, dal giorno precedente.
Instancabili e cupe, rintoccavano lugubri il loro dolore per la morte del
sovrano.
Uther Pendragon era infine trapassato. Ed egli era il nuovo re.
Arthur ripensò al saluto che si erano dati appena una manciata
di veglie addietro.
Come ogni sera, nelle stanze private di suo padre, avevano
discusso insieme di progetti, di accordi, di tasse e feudatari – di tutto e di
niente –, poi avevano condiviso il piacere di un calice di vino speziato e si
erano augurati la buonanotte, con l’accordo di ritrovarsi l’indomani alla
riunione del Concilio.
Ma il grande e temuto monarca si era addormentato, per non
svegliarsi mai più.
L’aveva trovato così il suo valletto personale, al momento di
destarlo per la colazione.
Gaius e il suo assistente, interpellati immediatamente,
avevano cercato di fare tutto il possibile, comunque era stato già troppo
tardi. Il suo corpo ormai freddo, le membra rigide.
L’archiatra reale lo aveva visitato con scrupolo, e non aveva
trovato una valida ragione per quell’improvvisa dipartita. Non vi era stata
alcuna avvisaglia di una possibile malattia o di un malessere latente. Semplicemente, il Fato di Uther Pendragon si
era compiuto.
L’unica consolazione del principe era stata l’espressione
serena sul volto paterno.
Uther non era perito in battaglia, con onore e sacrificio, ma
aveva avuto una buona e serena morte, come gli aveva ripetuto Merlin,
abbracciandolo per una veglia intera, cercando di consolarlo per la sua perdita
e il suo dolore.
Merlin, prezioso e insostituibile compagno, che in quello
stesso istante sovrintendeva l’organizzazione per la sua Cerimonia di Incoronazione
e si faceva carico di ogni incombenza per concedergli un po’ di pace e di
raccoglimento privato, prima che il suo dovere venisse a reclamarlo. Era il nuovo re di Camelot… il nuovo re,
si disse, mentre l’ansia gli attanagliava le viscere.
***
Fu lì che lo trovò Gaius, mezza veglia dopo.
Con un gesto compìto del capo, lo salutò quando Arthur si
degnò di riconoscere la sua presenza.
“Vi porgo nuovamente il mio più sincero cordoglio, Maestà”.
“Al più presto, è necessario scrivere un messaggio a Morgana”,
rispose egli, invece, con voce roca e senza incrociare il suo sguardo. “Devo…
metterla al corrente dei fatti…”
“Merlin stava già provvedendo in vece vostra quando, pochi
istanti prima che lo lasciassi per venirvi a cercare, è giunto alla vostra
finestra un piccione viaggiatore da Drumburgh.
Vostra sorella è assai addolorata e, data la gravidanza, non
le è possibile raggiungervi; ma ella è partecipe al vostro dolore”.
Arthur si lasciò sfuggire l’ombra di un sorriso, pensando a
quanto, lontana dal pericolo, Morgana fosse cambiata, perfezionando il proprio
Dono.
“Cosa accadrà, ora, Gaius?” chiese, poi, al fidato amico che
per tanti anni aveva consigliato suo padre.
“Piangerete il lutto, com’è giusto. E poi dovrete prendere in
mano le redini del regno, e sposarvi, Sire. Per dare stabilità a Camelot”.
“Così sia”, accettò. “Ne parlerò con Merlin. Ma mi duole…
chiedergli un tale sacrificio”.
“Tuttavia, egli è consapevole di cosa sia necessario per ottenere
la legittimazione della magia. E per
Albion”.
“Ne abbiamo già discusso all’infinito; eppure, ora che il
tempo è giunto, quelle ipotesi lontane hanno un peso diverso. Io… non voglio
separarmi da lui…”
“Non sarà per sempre… I Druidi sono favorevoli ad aiutarvi, e
con loro anche le Sacerdotesse dell’Antica Religione”.
“Sì, hanno dato la loro disponibilità; se Merlin vorrà
accettare, per il bene del reame”.
“Quindi il destino di Camelot è nelle sue mani…”
“Se lo vorrà”.
“Arthur, ragazzo mio!” lo rimbrottò il cerusico, con benevolo
affetto. “Egli vi ha mai negato qualcosa?”
No, mai, considerò,
socchiudendo le palpebre, mentre percepiva anche a distanza il loro legame indissolubile.
Merlin lo amava in un modo totale e
assoluto.
DIECI
MESI DOPO.
Le campane di Camelot
suonavano a festa.
In cielo, brillavano fontane di luce dai mille colori.
Tutti – dai bambini agli anziani – erano rimasti affascinati
dai giochi di magia e, a bocca spalancata, ammiravano quello spettacolo
meraviglioso e incredibile.
Gaius sorrideva alla coppia di giovani sposi, che salutava il
popolo festante dalla balconata reale.
Molte cose erano
cambiate dalla morte del vecchio sovrano.
In quei mesi, nuove leggi e importanti decisioni avevano
preso il sopravvento dando un nuovo corso alla storia; la magia non era più
bandita dal regno e, anzi, per dimostrare la sua buona volontà, re Arthur aveva chiesto in moglie una
bellissima principessa proveniente da un regno molto, molto lontano (talmente
lontano che nessuno, a Camelot, sapeva esattamente come pronunciarne il nome),
dove la stregoneria non era mai stata proibita, si raccontava.
Ella era stata scelta in rappresentanza del popolo magico, poiché
era una potentissima strega e Sacerdotessa dell’Antico Culto, e l’unione col
giovane Pendragon avrebbe suggellato solennemente i buoni propositi promessi
dal monarca.
Il Concilio dei Nobili si era dimostrato, inizialmente,
restio al cambiamento, ma un grande merito andava riconosciuto al medico di
Corte, il fidato Gaius, il quale aveva ricordato agli aristocratici anziani i
tempi prosperi del regno prima della Grande Purga, e li aveva quindi persuasi
dell’imminente trasformazione positiva.
Ciò che aveva fatto più scalpore era stato scoprire che
Merlin – il buon, semplice valletto
personale del principe – era anch’egli uno stregone, un mago che aveva sempre
usato il proprio Dono per aiutare il suo signore e il popolo.
Egli era stato ringraziato pubblicamente dal sovrano, ed
insignito della carica di consigliere e stregone di Corte.
Da quel momento in poi, nessuno era stato più perseguitato perché praticante di
incantesimi e sortilegi, purché essi fossero stati votati al bene.
Merlin aveva partecipato attivamente nella stesura di regole
e decaloghi, diritti e doveri, che ogni persona nelle terre dei Pendragon era
tenuta a rispettare.
E, giacché Arthur aveva dimostrato di fidarsi ciecamente di
lui, dopo aver assolto ad un insieme di incombenze, egli era partito – con la
benedizione del suo re – per scegliere la futura regina di Camelot – colei di
cui parlavano le profezie, fin dalla notte dei tempi. L’Unica, il suo destino. Merlin l’aveva scelta per lui, per sancire
in tal modo gli accordi col mondo magico.
E così era stato.
Lo stregone aveva adempiuto al proprio dovere. Due lune dopo
il suo congedo, la nuova sovrana designata era giunta in visita al castello ed
era rimasta.
Egli, invece, no. Non
aveva fatto ritorno.
A chiunque gli avesse prestato attenzione, Merlin aveva detto
che bisognava ristabilire astrusi equilibri mistici: per ogni arrivo, doveva esserci una partenza. Per avere qualcosa,
bisognava dare in cambio qualcos’altro.
E ancora aveva ripetuto che il suo compito di servitore e
consigliere sarebbe finito col matrimonio di Arthur e nessuno sapeva esattamente
dov’era andato.
In realtà, nessuno aveva creduto che quello fosse un vero
addio... D’altro canto, Merlin era famoso per le tante sparizioni e le sue
stranezze.
E forse, prima o poi, avrebbe cambiato idea, com’era accaduto
anni addietro. E sarebbe rispuntato dal nulla, in una bella mattina di sole.
Ad ogni modo, quasi nessuno – tra quelli che lo conoscevano
bene – era lì, quel giorno, a chiedersi perché lui non fosse presente al
matrimonio del suo signore.
Gwen, Lancelot, Morgana e Alec avevano espresso le proprie congratulazioni
per il lieto evento, ma erano troppo indaffarati, con le rispettive proli, per
intraprendere un viaggio così lungo.
Da molto non calpestavano la terra di Camelot – e, forse,
molto ancora li si sarebbe attesi –, ma si sapeva che erano felici, e tanto
bastava.
E ora, la nuova signora del castello, la nuova regina,
salutava il suo popolo assieme al consorte, sventolando una mano, mentre
proteggeva con l’altra il ventre celato dal prezioso vestito.
L’erede dei Pendragon scalciava già.
-
Fine -
Disclaimer: I
personaggi di Merlin, citati in questo racconto, non sono miei; appartengono
agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è
alcuna forma di lucro, da parte mia.
Ringraziamenti:
Un abbraccio alla mia kohai e a Laura, che subiscono le mie paranoie. X°D
Note: Prima le note
tecniche…
Ci sono ovvi rimandi al cap. 63,riguardo le spiegazioni su Ardof che Merlin riceve durante il suo
rapimento.
Anche re Alined era morto nel sonno, ritrovato al mattino
già spirato. (Cfr. cap. 79).
Ho scelto per entrambi questa morte senza voler creare un nesso fra loro.
Mi serviva una cosa improvvisa e veloce, e le morti nel
sonno sono statisticamente frequenti, soprattutto negli uomini di una certa
età.
Le cause più ripetute sono infarti nel sonno, o la rottura
di un aneurisma cerebrale o toracico, il punto è che le morti che avvengono nel
sonno non hanno tutte la stessa causa. Nel Medioevo, poi, non c’erano indagini
preventive a riguardo.
La grafia, benché scontata, era una delle poche cose
‘immediate’, perché col suo potere (praticamente illimitato) Linette poteva
sapere o imitare Merlin in tutto. Mi serviva un qualcosa di involontario e non
premeditato, cosicché Arthur non potesse avere dubbi.
La ‘maratona di sesso’ era una cosa su cui amo ironizzare
quando ne vedo una nelle fic, quindi beh… avrete capito che il tono era tutto
un po’ canzonatorio… e poi non avrei potuto alzare il rating all’ultimo
capitolo, quindi questi assaggi fanno intuire le cose, poi ognuno trarrà le
proprie considerazioni (periodi
refrattari e performance compresi). XD
Ah, sì. Hunith non viene citata alla fine, ma immaginate che
sia accanto a Gaius: come potrebbe mancare al matrimonio del suo unico figlio?
…E ora le note finali-finali.
Come avevo scritto qualche anno fa
alla fine di un capitolo, non avremmo avuto un happy ending in senso stretto.
Non so se la mia scelta vi sia
piaciuta, se sono riuscita a stupirvi o, come è successo con qualcuno fra voi, che
me l’ha riferito, si era immaginato già questa conclusione.
L’ho sempre detto che le bozze del primo e dell’ultimo
capitolo di Linette sono nate lo stesso giorno di dicembre nel lontano 2009 (ma
il concept ancora prima).
Fin da subito, la mia idea era che Merlin avrebbe combattuto
a lungo e sperato di tornare uomo, ma sarebbe tornato in sé solo alla fine (ed
è quello che ho sempre ribadito nelle note della storia), per poi scegliere di ripresentarsi
come donna, per compiere il suo destino.
Forse ho deluso qualcuno con questa scelta, ma sono rimasta
fedele alla mia idea.
In questa storia, (altra cosa che ho ribadito spesso), è il
viaggio che conta, non l’arrivo. E spero che almeno quello sia piaciuto. (In
parte, ho spiegato anche per bocca di Arthur, in questo capitolo, perché le
cose dovevano andare proprio così…)
Quello che non sapevo, a quel tempo, era che i 10
punti-cardine della mia long (torneo, rapimento, missione sotto copertura,
ecc…), previsti in una manciata di capitoli, si sarebbero allargati a macchia
d’olio. Poche righe sono diventate decine di paragrafi, anche se l’ossatura è
rimasta la stessa di allora. Ho dato spazio a personaggi ed eventi che avevano
mezza battuta, ho cercato di accontentare voi lettori, dove ho potuto, e mi
sono divertita da matti a scriverla, anche se ora, col senno di poi, sistemerei
alcune cose fatte nella fretta di poter aggiornare.
Ora che la conclusione del telefilm non è più spoiler in
Italia, posso aggiungere qualche considerazione e, francamente, non avrei mai
pensato che gli autori del TF avrebbero tenuto la rivelazione magica di Merlin
per l’ultima puntata dell’ultima serie. Essi hanno dichiarato di averla sempre
pensata così.
Come fan, un po’ li ho odiati per questo; come autrice,
posso capire e rispettare la loro idea.
Sarei ipocrita a non farlo, visto che è la stessa mia scelta:
90 capitoli per riavere Merlin-maschio.
Altro appunto. Ho descritto questa principessa bellissima e
potentissima strega.
Non volevo farla sembrare come una Mary Sue. Semplicemente,
doveva apparire graziosa per motivare tutta l’attrazione che fin da subito
Arthur nutre per lei, visto che la verità non la sa quasi nessuno.
E ora? Cosa ci
prospetta il futuro?
Per quelli di voi che hanno deciso di sopportarmi ancora…
Il seguito di questa fic, già in parte scritto, è una
raccolta e non una long-fic.
Ho adottato questa scelta perché i capitoli avranno
lunghezza variabile e non seguiranno una precisa sequenza cronologica.
In essa, si riempirà il buco temporale tra il ritorno di Merlin-maschio
e la sua ri-trasformazione, missing moments di questi 3 anni prima dell’epilogo,
cose che avevo eliminato nella storia di Lin.
Avremo avventure con Merlin-maschio e Arthur; capitoli sul Merthur
vero e proprio, e su come è stata fatta la scelta di ritrasformarsi e la sua
attuale descrizione fisica (per ovvie ragioni, la regina non può assomigliare a
Linette).
Ovviamente, però, ci sarà un sacco di futuro, perché la
dinastia dei Pendragon ci attende! ^_=
(Nel complesso, pochissimo angst, quintali di fluff, ironia
e comicità).
Per quelli che si fermano qui. Grazie del viaggio fatto
insieme. *abbraccia*
Per quelli che vogliono continuare…
Anticipazioni del
primo capitolo sotto spoiler. Evidenziate le righe fra gli asterischi e potrete
leggere. Chi non vuol rovinarsi la sorpresa, salti le righe qui sotto.
*Il re di Camelot entrò nei propri appartamenti, ma si
arrestò bruscamente sulla porta.
Sembrava
che nella stanza fosse passato un tifone. Secchi d’acqua, spazzoloni, spugne,
stracci, vestiti ammonticchiati…
“Merlin?!”
Arthur guardò le gambe del proprio consorte che spuntavano da sotto il
baldacchino.
Il mago
sussultò, spaventandosi. Lo si capì dal movimento scattoso dei piedi. “Sì?”
“Merlin!
Ma che diamine stai fa-” Il nobile Pendragon gli corse incontro, cercando in
qualche modo di raccapezzarsi o di aiutarlo.
La regina
di Camelot riemerse lentamente dall’angusto spazio, risollevandosi a fatica e
tenendosi l’enorme pancione prominente.
“Oh,
niente, niente!” rispose, sventolando una mano a mezz’aria
con espressione noncurante. “Stavo solo pulendo la nostra camera!”
“Tu… cosa?”
“Pulivo.
La. Camera”, scandì, come se stesse parlando con un idiota.
“Questo
l’avevo intuito, ma me ne chiedevo la ragione!” s’alterò il re. “In tanti anni,
non hai mai pulito le mie stanze decentemente!
E ti ci metti ora, ora che dovresti solo riposare?!”
Merlin
sollevò un sopracciglio, offeso.
“Forse dovrei farmi stipendiare
come allora”, ponderò, provocatorio. “Nh. Meglio di no, mi pagavi una miseria”.*
Avviso di servizio
(per chi segue le altre mie storie):
Ringrazio i 310 utenti che hanno messo questa fic fra i
‘preferiti’, i 47 ‘da ricordare’ e i 460 ‘seguiti’.
Grazie della fiducia e di ogni parere che mi darete!
Vorrei davvero sentire cosa ne pensate di questa fine!
Ultime due cose e
poi andrò a preparare per il cenone piagnucolare in un angolo sulla fine
di Linette.
1) Per quelli che
attendevano la mia decisione, volevo avvisare che ho deciso di rimanere su EFP.
Le vostre parole mi hanno aiutato molto e consolato nel momento in cui vedevo
tutto nero, anche se l’amarezza rimane, così come certi atteggiamenti deludenti
che non digerirò mai.
So anche che le mie
parole hanno aiutato altra gente a riflettere, quindi ne è valsa la pena.
2) Non ho preparato
altre fic, magari natalizie, da postare (come invece ero riuscita l’anno
scorso, con Camelot’s
Dragon Coffee Shop). Mi
dispiace, ma sono almeno 3 mesi che non metto mano ad una storia, anche se ho
centinaia di bozze ferme. Mi manca il tempo e l’energia di farlo. Troppi
impegni lavorativi e familiari e poco tempo libero uniti a troppa stanchezza.
Mi dispiace se sto rallentando gli aggiornamenti, ma le settimane volano via e
io manco me ne accorgo.
Ci risentiamo l’anno
prossimo, e il mio buon proposito è quello di regalarvi del buon merthur e
magari aggiornare qualche vecchia raccolta comica ferma da secoli.
Che siate credenti o
meno, il mio augurio è che trascorriate un bel momento accanto a chi amate.