Recensioni per
Dopo il dio, l'uomo
di Blackvirgo

Questa storia ha ottenuto 86 recensioni.
Positive : 86
Neutre o critiche: 0


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Recensore Junior
29/08/20, ore 11:17
Cap. 32:

Arrivo il 29 agosto 2020...con un poco di ritardo!
Non so nemmeno se leggerai questo mio commento, ma ci tenevo a farti sapere che questa storia è in assoluto la mia preferita su questo fandom. Ci sono frasi, parole, meravigliose e che ti entrano nell'anima.
E il fatto che questa interiorità esca proprio da un Cavaliere come Shaka (non troppo avvezzo alle emozioni umane, diciamolo!) è ancora più bello!
Non mi è dato sapere se terminerai mai questa storia, ma in ogni caso è già perfetta!

Complimenti!

Recensore Master
11/08/18, ore 22:34

Così Shaka crede al bluff di Shion e degli altri.
È bello vedere come lui si sia fermato a notare il grande assente, quell'Aiolos di Sagittarius che non ha preso parte alla scalata. Gli altri, se non ricordo male - l'età avanza, abbi pazienza - tirano dritto e si spendono in reprimenda su Saga e gli altri, dal "Come avete potuto?!" in poi. Ma nessuno - nessuno - che noti come Aiolos manchi all'appello. Sì, Kurumada tira dritto per la sua strada, ché a lui interessa raccontare altro; però, questi piccoli tocchi concorrono a rendere più piacevole la tua storia. Ti sei fermata a ragionarci sopra. L'hai visto. E non hai tirato dritto, affidando a Shaka l'onere - l'onore - di farci affacciare da questa finestra. D'altro canto, chi, se non una Vergine fatta e finita come lui, non avrebbe potuto spaccare il capello in quattro?
Bellissimo capitolo anche questo, complimenti.

Recensore Master
11/08/18, ore 22:27

A costo di sembrare un disco rotto, quest'uomo, questo Shaka che mostra le fragilità dell'essere mortale, mi piace un sacco. Le rendi più comprensibile e vicino a noi, comuni mortali, perché anche lui ha paura. E se proprio non si parla di paura, quel brivido che gli scorre sulla pelle profuma di tante cose: contezza, eccitazione, attesa. I giochi sono fatti, signori e signore, e iniziano le danze.
Poi sì, sarà quello risoluto che indicherà ad Athena la via per vincere Ade; ma mi piace - mi piace davvero tanto - pensare che anche la sua anima, per un un istante solo, si sia increspata. Di paura, contezza, eccitazione, attesa.

Recensore Master
11/08/18, ore 22:20
Cap. 18:

Ecco qualcosa che non avevo mai visto. Un desiderio puramente carnale e umano e figlio del Samsara, in Shaka. Intendiamoci: di storie in cui il nostro biondissimo santone la fa da padrone con donzellette e donzelletti ce ne sono quante ne vuoi; basta avere la pazienza di metterti lì a spulciare i vari archivi, siti contenitore, blog, forum, profili Facebook.
In tutti questi racconti Shaka ha già preso coscienza, posizione e, diciamocelo pure, nemmeno si ferma a chiedersi come possa essere. Tu, invece, lo fai: ci mostri l'uomo in un momento di assoluta intimità con se stesso e i suoi desideri, le sue curiosità. Come sarà? Una domanda che noi stessi ci siamo posti, da adolescenti, prima di farci coraggio e di saltare la barricata, e che ci fa apparire meno perfetto quest'irreprensibile, poderosissimo Santo. Ti fa quasi tenerezza quella mano che esplora il corpo a cui appartiene, facendo finta che non sia il suo.

Recensore Master
11/08/18, ore 22:15
Cap. 17:

Quando lessi che Shaka era indiano, ricordo di essere rimasta di sasso. Ma come? Indiano uno come lui, biondo come Barbie e chiaro come l'alabastro? E invece, no. Invece solo l'India, terra di profondi contrasti, è l'humus perfetto per uno come Shaka, umano e divino allo stesso tempo; e fa sorridere vedere che casa manca anche a lui, che non si ritrova in quella che è - o che dovrebbe essere - casa sua da quanto? Tredici anni, almeno, giusto?
La nostalgia è una canaglia che sa dove affondare i denti.

Recensore Master
11/08/18, ore 22:13

È come un gatto che vede la preda dalla finestra, questo Shaka: vorrebbe e non vorrebbe allo stesso tempo. Vuole essere vicino all'umanità - così da capirla, così da comprenderla e non trattarla come fosse una cosa aliena - ma dall'altra parte c'è il distacco che si ritiene necessario per uno come lui.
Il tentennare - l'indecisione, semmai - non dovrebbero far parte del vocabolario di uno come lui; ma, come dicevi tu stessa un paio di capitoli indietro, Shaka è stato marchiato a fuoco. Ci ha sbattuto la faccia contro. E a Mu, da bravo amico, non resta che rassicurarlo, dicendogli la verità.

Recensore Master
11/08/18, ore 22:02
Cap. 15:

Il paragone tra le nuvole e le illusioni lo trovo non solo calzante, ma anche poetico. Le nuvole si vedono, senz'altro. Non possiamo toccarle per ovvii motivi, primo tra tutti il fatto che loro se ne stanno lassù e noi quaggiù, ma si vedono eccome. E, cosa pericolosa (ma tutte le cose belle non hanno in loro un aspetto pericoloso?), possiamo vederci quello che più ci pare e piace, dai contorni dell'Inghilterra al profilo del nostro cane, gatto o vicino di scrivania. Facciamo tutto da noi. Ce la cantiamo e ce la suoniamo, scordandoci, come faceva dire Pasolini a Totò in un certo film, che siamo un sogno dentro un sogno.

Recensore Master
11/08/18, ore 21:44
Cap. 14:

lento pede, torno ad affacciarmi e a ficcare il mio nasino in questa raccolta interessante. Ti ho già detto che hai compiuto un miracolo, facendomi interessare a Shaka? Ti ho già detto che ne hai compiuto un ulteriore (e ben più complicato) facendomi trovare interessante Mu?
La fenice è pericolosa, sì, ché oltre che lasciare un marchio a fuco vivo sulla pelle (altro che le cicatrici da ustioni!), ha costretto l'Uomo più vicino a Dio a scendere dal piedistallo su cui si trovava. Sottoscrivo ogni singola parola, immagine, suggestione. Virgole comprese.

Recensore Master
07/03/18, ore 11:13
Cap. 13:

Forse è un bene che ad un bodhisattva sia concesso temere la morte. Sì, è vero: per Shaka la morte è una porta, un momento di passaggio, quello che gli permetterà di ascendere e raggiungere il Nirvana, ché il buddhismo - quello vero - punta al superamento del dolore che la vita porta con sé: morte, pianto, rabbia, fame, solitudine e compagnia cantante.
Però Shaka è anche vivo. Ed ogni essere vivente teme la morte, perché significa la fine dell'esistenza. Foss'anche per un banale - ma poi mica tanto - istinto di sopravvivenza, Shaka teme la morte. Anche se non dovrebbe, anche se questi sentimenti contrastanti lo portano ad essere una contraddizione ambulante. Tuttavia, l'accettazione dei propri limiti (mortali) è un primo, piccolo passo.
E Mu nel ruolo di levatrice dell'anima di Shaka ci sta di un bene, ma di un bene...

Recensore Master
07/03/18, ore 11:01

Apprezzo moltissimo come lasci e riprendi fili, come li intrecci e ce li ricordi, senza essere ridondante. Li preannunci, e poi mantieni, mostrandoceli. Come in questo caso. L'essere una cosa sola, un gruppo, un'entità, un'ameba coi suoi pseudopodi (tanto per toccarla piano) è quello che ha permesso ai Santi di Bronzo di vincere la casta più alta. Mi piace come, almeno in questa istantanea, il fatto che Athena fosse al loro fianco non conti, o, almeno, non tanto quanto l'agire come se si fosse una cosa sola.

Recensore Master
07/03/18, ore 10:54
Cap. 11:

Come si addice a chi sta per perdere tutto, fai dire al tuo Shaka; e in quella frase non posso non tradurre quel "tutto" come gli orpelli, le maschere, le zavorre e le menzogne che ci portiamo appresso, in questa vita, e che costituiscono quello che siamo - quello che crediamo di essere - e l'immagine di noi che vogliamo rimandare ad altri, per tutta una serie variegata di motivi.
Questa è una raccolta sulla presa di coscienza, sulla guarigione, sull'autoanalisi. Sulla crescita, potremmo dire, e, passo dopo passo, seduta dopo seduta, ci mostri il personalissimo Purgatorio del protagonista, e come ci siano degli echi negli altri: non è solo. Questo, almeno, sembrerebbe averlo capito.

Recensore Master
07/03/18, ore 10:39
Cap. 10:

La Scalata delle Dodici Case è anche detta "La Mazzata". Simpaticamente parlando, s'intende. Il giorno dopo, o quando la polvere s'è posata e si può fare un po' di posto a quel confronto inevitabile - e che si vuole, ad un certo punto, per ritirare i fili di un'esistenza andata a ramengo senza che noi ce ne accorgessimo - uno deve fare i conti con se stesso e con gli altri. Deve dire "Okay, e adesso?". Forse è il momento che più piace ai fan, e che Kurumada ha saggiamente tenuto fuori scena (o ci è andata di lusso, vallo a capire!); se durante la scalata i Santi d'Oro hanno risposto all'appello del Sacerdote, lo hanno fatto agendo come singole entità, non come corpo, non come gruppo. Durante la reggenza di Saga, chiamiamola così, il Sacerdote li ha divisi, così da poterli manovrare meglio; adesso, invece, è come se i nostri sopravvissuti volessero essere un corpo unico, un gruppo, una squadra. Per farlo, come ci mostri tu, devono abbattere i muri, le ostilità, aprirsi l'uno all'altro. Devono abbattere l'indifferenza con cui l'uno guardava all'altro.
E, allo stesso tempo, fa male e fa bene vedere come questi sentimenti tocchino anche Shaka di Virgo. L'uomo più vicino a Dio, senza dubbio; ma pur sempre un uomo, un uomo che scopre le proprie fragilità, i propri limiti che non sono poi tanto diversi e dissimili dai suoi compagni. Questa drabble mi ha lasciato un senso di simpatia (pura, purissima) per quest'uomo, in cui quasi mi dispiace per lui e per le sue convinzioni sballate; ma questo è anche un percorso di guarigione, e le medicine migliori sono quelle più amare.
A costo di ripetermi, mi stai facendo provare empatia per qualcuno che, fino a poco tempo fa, suscitava in me lo stesso interesse che avrebbe potuto generare un cartoncino Bristol.

Recensore Master
23/02/18, ore 10:37
Cap. 9:

Sorridi: la discrezione e la capacità di Aries di arrivare dritto al sodo sono ammirabili.
Non potrebbe essere diversamente. Se (quando) ripari le armature (che sono una cosa viva) devi poter intervenire con precisione, ma anche con delicatezza. Proprio perché osno una cosa viva. E il nostro intervento deve essere il più preciso possibile, senza far sfoggio di una forza non necessaria: a buttar giù tutto, è bravo chiunque, persino il più fesso del reame, persino una scimmia ammaestrata, con buona pace delle scimmie ammaestrate. È il giusto mezzo, dosare la giusta quantità di energia (né troppa, né troppo poca), la vera sfida. Altroché.
E con la stessa delicatezza, in punta di piedi, come una ballerina, ma deciso, come un colpo di scalpello, Mu chiede. Perché tra amici si fa, in una conversazione che nasce per caso, spontanea, buttato lì tra i vari "Quanto tempo!" e "come stai". Ed è questo che l'Ariete chiede: a quale conclusione ti ha condotto il tuo rimuginare?, solo che lo fa in maniera più elegante e meno brutale.
Ma chiede, ché questo è ciò che si fa con gli amici: ci si sincera della loro salute. Fisica, mentale, ed emotiva, lo scalpello e una parola buona sempre pronti alla bisogna.

Recensore Master
23/02/18, ore 10:28

Adesso io me ne partirò per sentieri tutti miei, ma questo titolo casca a fagiulo con questa data. Il 18.05 di quell'anno era un lunedì, quello successivo al mio matrimonio. E, in questo caso, come in tutti quei casi che trattano di relazioni interpersonali a più livelli - siano essi d'amicizia, d'amore, di lavoro, quello che ti pare, insomma - servono sia la costanza che il cambiamento.
La costanza, ché le persone si scelgono, ogni giorno. Non si è amici di qualcuno perché lo si è deciso in un pomeriggio di tanti - troppi - anni fa, ché le persone cambiano, la vita ti prende e ti conduce per sentieri che tu nemmeno avevi ipotizzato potessero esistere (tipo la sottoscritta che si accalora per le vicende di Barbie motociclista e quasi vuol adottarlo, 'sto poveretto, e vuol saperne di più!).
E il trucco - la magia - sta proprio nel saper riconooscere il cambiamento nell'altro e capire se ci piace, oppure no; e magari nell'accettarlo a prescindere. Ed è bello, quando ci si rincontra dopo qualche tempo, vedere che quel guizzo nello sguardo è rimasto lo stesso, anche se di acqua, sotto ai ponti, ne è passata una quantità imbarazzante.

Recensore Master
23/02/18, ore 10:06
Cap. 7:

Tutto da solo, sempre da solo.
Logico, ché un dio in terra dove lo trova un suo pari?
Tra i comuni mortali?
Certo che no!
Magari è stato abituato così da piccolo, ad essere tenuto a distanza, e Shaka ha ritenuto giusto, opportuno, decoroso, magari, attenersi a questa regola della separazione tra l'eccessivamente mortale e lui stesso. Pazienza, tutti compiono errori, anche i bodhisattva. E la preziosa, preziosissima lezione che Shaka ha imparato è che no, non si può fare tutto da soli, anche se l'attitudine è quella, ché il lupo perde il pelo, ma non certo il vizio (e qui mi concedo una grandissima risata sotto i baffi, ché è proprio quello di cui Milo e Aiolia lo accuseranno all'Inferno, dopo che avrà provato a spazzare via il Muro del Pianto colla sua sola forza, ricavandone meno di un ragno dal buco!).
Con questa raccolta monotematica stai compiendo un piccolo miracolo. Sappilo!!

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