Recensioni per
Dopo il dio, l'uomo
di Blackvirgo
Arrivo il 29 agosto 2020...con un poco di ritardo! |
Così Shaka crede al bluff di Shion e degli altri. |
A costo di sembrare un disco rotto, quest'uomo, questo Shaka che mostra le fragilità dell'essere mortale, mi piace un sacco. Le rendi più comprensibile e vicino a noi, comuni mortali, perché anche lui ha paura. E se proprio non si parla di paura, quel brivido che gli scorre sulla pelle profuma di tante cose: contezza, eccitazione, attesa. I giochi sono fatti, signori e signore, e iniziano le danze. |
Ecco qualcosa che non avevo mai visto. Un desiderio puramente carnale e umano e figlio del Samsara, in Shaka. Intendiamoci: di storie in cui il nostro biondissimo santone la fa da padrone con donzellette e donzelletti ce ne sono quante ne vuoi; basta avere la pazienza di metterti lì a spulciare i vari archivi, siti contenitore, blog, forum, profili Facebook. |
Quando lessi che Shaka era indiano, ricordo di essere rimasta di sasso. Ma come? Indiano uno come lui, biondo come Barbie e chiaro come l'alabastro? E invece, no. Invece solo l'India, terra di profondi contrasti, è l'humus perfetto per uno come Shaka, umano e divino allo stesso tempo; e fa sorridere vedere che casa manca anche a lui, che non si ritrova in quella che è - o che dovrebbe essere - casa sua da quanto? Tredici anni, almeno, giusto? |
È come un gatto che vede la preda dalla finestra, questo Shaka: vorrebbe e non vorrebbe allo stesso tempo. Vuole essere vicino all'umanità - così da capirla, così da comprenderla e non trattarla come fosse una cosa aliena - ma dall'altra parte c'è il distacco che si ritiene necessario per uno come lui. |
Il paragone tra le nuvole e le illusioni lo trovo non solo calzante, ma anche poetico. Le nuvole si vedono, senz'altro. Non possiamo toccarle per ovvii motivi, primo tra tutti il fatto che loro se ne stanno lassù e noi quaggiù, ma si vedono eccome. E, cosa pericolosa (ma tutte le cose belle non hanno in loro un aspetto pericoloso?), possiamo vederci quello che più ci pare e piace, dai contorni dell'Inghilterra al profilo del nostro cane, gatto o vicino di scrivania. Facciamo tutto da noi. Ce la cantiamo e ce la suoniamo, scordandoci, come faceva dire Pasolini a Totò in un certo film, che siamo un sogno dentro un sogno. |
lento pede, torno ad affacciarmi e a ficcare il mio nasino in questa raccolta interessante. Ti ho già detto che hai compiuto un miracolo, facendomi interessare a Shaka? Ti ho già detto che ne hai compiuto un ulteriore (e ben più complicato) facendomi trovare interessante Mu? |
Forse è un bene che ad un bodhisattva sia concesso temere la morte. Sì, è vero: per Shaka la morte è una porta, un momento di passaggio, quello che gli permetterà di ascendere e raggiungere il Nirvana, ché il buddhismo - quello vero - punta al superamento del dolore che la vita porta con sé: morte, pianto, rabbia, fame, solitudine e compagnia cantante. |
Apprezzo moltissimo come lasci e riprendi fili, come li intrecci e ce li ricordi, senza essere ridondante. Li preannunci, e poi mantieni, mostrandoceli. Come in questo caso. L'essere una cosa sola, un gruppo, un'entità, un'ameba coi suoi pseudopodi (tanto per toccarla piano) è quello che ha permesso ai Santi di Bronzo di vincere la casta più alta. Mi piace come, almeno in questa istantanea, il fatto che Athena fosse al loro fianco non conti, o, almeno, non tanto quanto l'agire come se si fosse una cosa sola. |
Come si addice a chi sta per perdere tutto, fai dire al tuo Shaka; e in quella frase non posso non tradurre quel "tutto" come gli orpelli, le maschere, le zavorre e le menzogne che ci portiamo appresso, in questa vita, e che costituiscono quello che siamo - quello che crediamo di essere - e l'immagine di noi che vogliamo rimandare ad altri, per tutta una serie variegata di motivi. |
La Scalata delle Dodici Case è anche detta "La Mazzata". Simpaticamente parlando, s'intende. Il giorno dopo, o quando la polvere s'è posata e si può fare un po' di posto a quel confronto inevitabile - e che si vuole, ad un certo punto, per ritirare i fili di un'esistenza andata a ramengo senza che noi ce ne accorgessimo - uno deve fare i conti con se stesso e con gli altri. Deve dire "Okay, e adesso?". Forse è il momento che più piace ai fan, e che Kurumada ha saggiamente tenuto fuori scena (o ci è andata di lusso, vallo a capire!); se durante la scalata i Santi d'Oro hanno risposto all'appello del Sacerdote, lo hanno fatto agendo come singole entità, non come corpo, non come gruppo. Durante la reggenza di Saga, chiamiamola così, il Sacerdote li ha divisi, così da poterli manovrare meglio; adesso, invece, è come se i nostri sopravvissuti volessero essere un corpo unico, un gruppo, una squadra. Per farlo, come ci mostri tu, devono abbattere i muri, le ostilità, aprirsi l'uno all'altro. Devono abbattere l'indifferenza con cui l'uno guardava all'altro. |
Sorridi: la discrezione e la capacità di Aries di arrivare dritto al sodo sono ammirabili. |
Adesso io me ne partirò per sentieri tutti miei, ma questo titolo casca a fagiulo con questa data. Il 18.05 di quell'anno era un lunedì, quello successivo al mio matrimonio. E, in questo caso, come in tutti quei casi che trattano di relazioni interpersonali a più livelli - siano essi d'amicizia, d'amore, di lavoro, quello che ti pare, insomma - servono sia la costanza che il cambiamento. |
Tutto da solo, sempre da solo. |