Carissima Dira,
Lo confesso, sono giunto qui su segnalazione: se non mi fosse stato detto di tutto questo, probabilmente non sarei mai finito sulla tua pagina, e avrei mai saputo della strana storia di Thomas Dursley e della sua faticosa strada per trovare un posto nel mondo.
E sì, sarebbe stato decisamente un peccato.
Ma torniamo alla segnalazione. La mia gentile companion, una tua enorme fan (e quando dico enorme, intendo che un'ammiratrice così te la invidio con sano trasporto e onesta ammirazione), mi suggerisce questa tua storia. Perché è scritta bene, ci sono bei personaggi, e per quanto le riguarda questa serie è la leggittima continuazione di quei "diciannove anni dopo" che ci hanno messo il cuore in pace e invaso il resto di una sordida e bruciante malinconia.
Eh già. Senza mezzi termini, e senza un minimo di dubbio, mi sei stata presentata come l'erede della signora Rowling. (Brutta storia, eh?)
Quindi ti pare, ecché non la vado a leggere?
E così ho letto. Con qualche pausa, con velocità sempre più spedita, mi sono fatto prendere per mano, ho vinto la confusione per gli Albus, i James, le Lily, i Malfoy grifondoro, i Potter Serpeverde, ho osservato questa Seconda Generazione all'opera e ho tratto le mie conclusioni.
Domanda fatidica, dunque: sei o non sei l'erede di J. K. Rowling?
Onestamente? Non lo so. Ma ho capito perfettamente perché qualcuno ha deciso di conferirti questo incredibile titolo. Perché sei brava. Merlino (cit.), se sei brava.
Vuoi sapere perché? Mettiti comoda: ho come l'impressione che ci vorrà un po'.
Innanzitutto: sono cinquantadue capitoli. Parecchi, decisamente, ma non quel parecchio da "non ho idea di come finire, vado avanti e prego il cielo che prima o poi qualcuno mi sopprima": quel parecchio che rivela dedizione, talento, e una grande passione per la propria creatura. Perché non è tanto iniziare una storia, il problema, quanto portarla a compimento. Andare avanti, con la continua tentazione di aggiustare tutto, di ricominciare da capo, di cambiare questo o quello a pagina trentadue e sconvolgere tutti i diciassette capitoli dopo, con il rischio di perdere la voglia, l'inventiva, la gioia di buttare su foglio, vero o elettronico che sia, tutto quel casino che chiacchiera e ronza in testa. E a quanto ho visto, dopo questa storia ne hai scritte altre due, con relativi racconti stand-alone: una cosa del genere, ad esempio, io non sono stata ancora in grado di farla. Quindi complimenti, davvero, per essere riuscita a scrivere la parola fine senza esserti persa per strada.
Ma dopotutto, uno può sempre finire una storia, farla durare parecchio, e poi non lasciarci dentro nulla se non il vuoto più totale (o peggio, come testimoniano le recenti classifiche di vendita libraria): non è il caso di questa storia (e non sono certo il primo a dirlo, in caso non ti fidassi della mia opinione). C'è un mistero, c'è un ragazzo che cerca disperatamente se stesso (ignorando, come quasi sempre accade, che la risposta è proprio davanti ai suoi occhi), c'è un cattivo, ci sono cose che si muovo nell'ombra, vecchi campioni e nuovi eroi, punch corretto e odore di thé. E c'è Hogwarts, la meravigliosa, struggente Hogwarts, con i suoi caminetti, le sue scale, le sue lezioni e i suoi passaggi segreti. Te lo dico, forse avrei voluto più momenti puramente Hogwartsiani, ma solo perché, in quei momenti in cui la neve fiocca fuori dalla finestra, o le ultime braci del camino si spengono nella quiete della stanza, ho sentito sorprendentemente forte quel senso di dolce e struggente malinconia che solo certi luoghi che esistono sulla carta (e che a cui sai di appartenere, anche se non hai la minima idea del perché) possono regalarti.
Che buffo: ero convinto che avrei dovuto aspettare Natale, e la tradizionale rilettura della saga di Harry Potter, per rivivere quelle sensazion. E quindi niente, grazie, dal profondo del cuore.
C'è un mistero, dunque, come ogni buon libro potteriano che si rispetti: e io, che non resisto al mistero e al suo frusciante mantello giallo, non ho potuto che apprezzare. Un mistero in fondo semplice, non troppo intricato ma non per questo ovvio, in pieno stile Row: un ragazzo nato dagli istinti più neri, pronto per sorgere come nuovo Signore Oscuro. Tutti lo cercano, tutti lo vogliono: ma l'unica cosa che vuole e cerca il povero diretto interessato, è solo vivere tranquillo e un po' sfigato come ogni giovane che rispetti. Perché come gli viene detto (e a noi ripetuto, ché non fa mai male), sono le scelte che facciamo a renderci quello che siamo. E come ci insegna Harry, anche con un pezzo del male dentro di te puoi essere uno stramaledetto eroe, se lo desideri.
Ma il mistero non è che una parte della storia: perché a muoverlo, dopotutto, ci sono loro: i nostri, anzi, i tuoi, personaggi.
E te lo dico subito, sono dei signori personaggi.
Ti dico soltanto questo: io non sono un ammiratore dello slash. Trovo che qualche volta sia il risultato del fraintendimento di quel particolare e inossidabile legame che spesso si viene a creare in un'amicizia maschile (qualcuno direbbe virile, ma grazie al cielo non siamo più negli anni cinquanta), più spesso sia un'equivalente femminile dei porno lesbo che tanto sono graditi dai miei compatrioti (e in entrambi i casi è cosa buona e giusta, perché per quanto mi riguarda nella lista dei luoghi comuni che andrebbero abbattuti subito dopo "sei un maschio, quindi non puoi piangere" c'è "sei una femmina, quindi devi essere atterrita e quasi disgustata da tutto ciò che riguarda il sesso e la sessualità") e ancora più spesso che sia una semplice ed effimera moda.
Ecco, dopo questa presentazione, ti chiederai: che cosa ci fai ancora qui, losco figuro?
La risposta è semplice, mia cara Dira: perché quello che c'è in questa storia, nonostante tutte le leccate, gli ansimi e le camicie sollevate, non è slash. È amore.
Perché come hai detto in qualche risposta a qualche recensione, prima di essere quello che sono, James, Ted, Albus e Tom sono degli esseri umani. Non sono un'etichetta, ne' in un senso ne' nell'altro: sono un perfetto esempio del perché incasellare le persone in ruoli predefiniti, ordinandogli chi detestare, chi ammirare, di chi innamorarsi e di chi avere paura, semplicemente non funziona. Nonostante questo, però, ne siamo così assuefatti e abbiamo un così disperato bisogno di avere dei punti fissi che spesso ci sembra il contrario: e ricordarci che sbagliamo, in questa condizione, non è affatto facile. Occorre essere bravi, dosare attentamente i sentimenti e le situazioni con il contagocce, per poi accelerare improvvisamente, ridure la velocità e ricominciare da capo, sempre attenti a non sbagliare una mossa, o è la fine. Esattamente come hai fatto tu.
Perché una che porta un campione veterano ed invitto dell'het più noioso e buonino ad eleggere come sua scena "feelings" preferita la dichiarazione di James a Ted in ospedale dev'esse pefforza una parecchio brava. Perché altrimenti, se no, non si spiega.
E non si spiegherebbe neanche la meravigliosa chiarezza con cui tutti i personaggi sono presentati e portati alla vita: Harry, a cui inspiegabilmente manca Privet Drive (credo sia stato questo il momento in cui ho capito che avevi una marcia in più, perché una cosa impossibilmente azzeccata come la nostalgia di casa Dursley poteva venire in mente solo ad una che ci vede lungo), Ron, infaticabile e incrollabile compagno di avventure, Hermione con il suo cipiglio di rimprovero (Merlino, io amo Hermione, e la tua è semplicemente perfetta), il meraviglioso Trio che quando si riunisce la lacrimuccia è inevitabile; e poi l'ingenuo e impulsivo James, il piccolo grande Albus (un Potter a Serpeverde, per le lodi spassionate vedi parentesi di Harry), la maliziosa e sincera Lily, la splendida Rose (è la vera figlia di Ron ed Hermione, e io non posso non amarla), l'incorreggibile, insospettabile, soprendente Scorpius (un Malfoy a Grifondoro, vedi parentesi di Albus che rimanda a parentesi di Harry), quel meraviglioso cacasotto di Teddy... e Tom, quel Tom che ci dimostra ancora una volta che l'uomo è fabbro del proprio destino.
Sì, li ho adorati tutti. Forse all'inizio non mi faceva impazzire l'affare Rose/Scorpius -tutti quei dolcezzazuccherino e quei "lo odio, ma credo di amarlo" mi suonavano un po' troppo Dramione- (tu guarda, la coppia che mi piaceva di meno era quella het: te l'ho già detto di quanto mi hai fregato?), ma con il tempo tutto si è spiegato, aggiustato, completato e ho potuto amare anche loro come giustamente meritavano.
Che dire, dunque: penso sia la mia recensione più lunga di sempre, ma dopotutto non avevo mai letto una fanfiction di tale durata, e di tale spessore. Hai creato un mondo sulle basi di quello precedente, rispettandone appieno i contenuti, l'atmosfera, i messaggi; ma al tempo stesso, hai aggiunto qualcosa di assolutamente tuo e personale, rendendo questa fanfiction quasi un'opera originale.
Quindi, alla fine, la domanda è sempre quella: sei o non sei l'erede di zia Row?
Onestamente, non me ne potrebbe importare di meno. Perché quel che conta è che sei Dira: e Dira va forte, e va lontano.
Grazie per avermi regalato questa storia: è stato un vero piacere leggerla.
Alla prossima, dunque, perché ho tutta l'intenzione di continuare, tante carissime cose e a presto! |