Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: gaccia    16/12/2013    11 recensioni
«Sono Emanuele Mancini e sono un coglione» forse dirlo ad alta voce mi avrebbe aiutato a venire a patti con la mia coscienza, sempre che ne avessi una e che in quel momento sembrava essere andata a farsi una vacanza al Polo.
Mattia, il mio migliore amico, mi aveva affidato la sua ragazza in quei maledetti quindici giorni ed io che facevo? Dopo anni, mi prendevo una cotta con i fiocchi per la bionda Lily.
«Sono un coglione» ripetei.
Forse, se mi costringevo a rivolgere le mie attenzioni alla sua amica...
quello che successe dopo non lo avrei mai immaginato, quello che posso dire è che la mia vita cambiò, definitivamente e in modo sorprendente…
Sequel di “AAA OFFRESI DICIOTTENNE VERGINELLO – NO TARDONE”
Genere: Comico, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 

Ciao a tutti!

Eccomi qui, tornata con questo altro capitolo di “fidanzato in prova”.

La volta scorsa abbiamo lasciato Lele a una conferenza dal titolo impossibile. Adesso ci gusteremo quello che gli è successo.

 

Ringraziamenti a chi recensisce. Nick nuovi sono presenti nella storia. Grazie a chi ha inserito questa storiella nelle preferite, ricordate, seguite e chi ha letto.

Grazie, infine, a Elenri per i banner che alternativamente posto. Alla fine dovrete votare quello che vi piace di più tra i quattro postati.

 photo banner4_zps38094815.jpg

E ora... BUONA LETTURA!

---ooOoo---

 

Era un convegno. Mi aveva portato a un convegno.

Non sarebbe stato drammatico, se non fosse stato per il titolo dell'argomento trattato:

Il rapporto tra le muffe della Patagonia sud occidentale e i licheni geneticamente modificati trovati nello stomaco delle renne della Lapponia.

Si prospettava una serata davvero divertente.

 

Andammo al guardaroba a lasciare i nostri piumini.

In effetti, per una volta non era vestita malissimo: i pantaloni neri scendevano morbidi lungo le gambe e una maglia dolcevita azzurro pallido accarezzava dolcemente il busto evidenziando la curva generosa dei seni e la vita stretta.

La osservai stupito e lei se ne accorse perché mi rispose piccata «Beh? Ormai hai visto come sono, posso anche vestirmi così, ti pare?».

Ridacchiai «Che onore!».

 

Mi riprese la mano e mi tirò verso la sala del convegno.

«Gloria, non è divertente» dissi indicando il cartellone, lasciando così la sua mano.

Lei mi guardò stupita, poi si voltò e si diresse verso un tipo bassino, pelato, con un completo giallo ocra a righe verticali completato da una cravatta rossa con teste di renne ricamate sopra. Il naso rubicondo completava questa figura ridicola.

Avrei scommesso la ruota di scorta della mia Mito che quel tipo assurdo era l'amico che aveva invitato Glee, oltre che essere il relatore di questo convegno dall'argomento tanto interessante.

 

«Ciao, Michel» disse lei abbassandosi per baciare le guancie del bassotto rubicondo. Michel! Stz! Francese, che cazzo di nome da gay! Ma tutti lei li conosceva?

«Oh! Glorya, ma cher! Come va? Sei riuscita a venire questa sera! Vuoi fare un intervento anche tu? Sono ansioso di leggere i nuovi dati sui funghi che stai studiando» pigolò con accento tipico transalpino.

Quali sarebbero stati i risultati dei suoi studi sui funghi, già li sapevo! Facevano sballare e baciare ragazze impegnate, riempiendo la mente di seghe e problemi.

«Mi dispiace, Michel, ma sono venuta con un amico e ho solo intenzione di sentire te. Sono sicura che i tuoi studi saranno illuminanti» risponde solare.

Illuminante? Lo studio delle muffe e dei licheni? E che ci devono fare? L'insalatona?

«Grazie, cherie, adesso andate ad accomodarvi, ci vediamo dopo al rinfresco» disse il bassotto prima di allontanarsi tutto soddisfatto.

 

Glee si avvicinò alla prima fila di sedie e si sedette proprio davanti al relatore. Ma non poteva trovare un posto più nascosto? Io non riuscivo a stare sveglio se l'argomento era noioso e per questo convegno ci mettevo la mano sul fuoco che mi sarei addormentato in un paio di minuti. A me dei licheni geneticamente modificati dalle muffe della Patagonia non interessava proprio niente.

«Michel è proprio contento questa sera. Non si aspettava tutta questa affluenza» disse Glee gioiosa. Mi voltai e guardai la sala. Del centinaio di sedie a disposizione, ne erano occupate si e no una decina. Decisamente una folla!

Mi sentivo come il coglione di turno e tutti quelli che erano in giro per divertirsi erano molto più furbi di me. Guardai Glee tutta felice e soddisfatta e sperai che la serata migliorasse una volta finita questa specie di scherzo.

 

«... Per questo è assolutamente certo che la composizione del DNA delle muffe presenti su...» tentai di tenere gli occhi aperti, ma era un'impresa decisamente titanica. In più, se il bassotto sembrava un entusiasta quando eravamo arrivati, adesso parlava con un tono da encefalogramma di un morto, ossia piatto. L'unica cosa positiva di questo momento erano le poltroncine, decisamente comode. Mi sistemai meglio e incrociai le braccia, cercando di concentrarmi per ascoltare.

«... pertanto ci troviamo di fronte alla domanda del secolo: come possono i licheni geneticamente modificati avere la stessa struttura molecolare delle muffe presenti negli intestini...». Dio santo! Ma come si poteva ascoltare delle cose simili? Domanda del secolo? Gliela facevo io la domanda del secolo? Ma questo qui non aveva niente di meglio da fare che rotolarsi tra muffe e licheni?

 

Il tempo stava passando e la mia testa era sempre più pesante. Glee osservava ed ascoltava attentissima. Quasi sembrava voler prendere appunti...

Che schienale morbido sotto la mia guancia, sembrava quasi un cuscino...

Caddi nell'incoscienza, probabilmente addormentato, come temevo sin da quando avevo letto il titolo di quel cartellone nefasto.

Sobbalzai quando una potente gomitata mi fece perdere il respiro e mi tirai seduto sbattendo gli occhi. Davanti al mio naso c'era un florido decolté di una donna matura che si era seduta accanto a noi e, visto come era stropicciata la stoffa che le conteneva il seno, mi ci ero addormentato sopra.

«Ragazzo, era da tanto che un giovane come te non mi avvicinava in questo modo!» sorrise ammiccando la donna.

 

Mi voltai preoccupato verso il lato dal quale era arrivata la gomitata al costato. Glee mi guardava furente.

«Cosa credevi di fare sbavando sulle tette della madre di Michel? Sei il solito porco!» sibilò arrabbiatissima. I suoi occhi mandavano lampi e promesse di ore di inferno per la mia persona. Cominciai a sudare freddo e a maledire il momento in cui avevo accettato di passare questa serata con lei.

«Scusami... è che non è un argomento... ti prego, non volevo...» balbettai cercando di imbastire una qualche storia plausibile. La verità ti renderà libero, diceva un detto, perciò tentai quella carta. «Gloria, l'argomento di questo convegno è pessimo e io mi sono addormentato. Neanche mi sono accorto che fosse arrivato qualcuno e si fosse seduto accanto a noi».

«Vorresti dire che i miei interessi non sono degni di nota per il grande Emanuele Mancini?». Ecco perché mio padre diceva di non contraddire mai una donna. Riuscivano a rigirare il discorso come se fosse stata una frittata. Chi mai aveva detto che i suoi interessi erano noiosi? Io mi riferivo solo a Michel! Probabilmente se fosse stata lei a parlare delle muffe mi sarei messo ad ascoltarla rapito dalla sua conoscenza.

 

«Glee, conosci questo bel giovanotto?» chiese la signora sporgendosi per guardarla.

«In realtà sono il suo ragazzo» intervenni prima che Glee mi smentisse e mi relegasse al ruolo di semplice tassista portaborse.

«Oh!» la signora spalancò gli occhi sorpresa... eh, lo so, un tipo così affascinante come me... «Che peccato, speravo che tra te e il mio Michel potesse nascere qualcosa. Sei così bella, ragazza mia. Invece ti sei accontentata di questo qui. Non capirò mai i gusti di voi giovani». E qui la vignetta più giusta sarebbe stata io con una incudine che mi cadeva in testa, e facevo la fine di un limone spiaccicato. Più o meno come la mia autostima.

Che avevo che non andava? Che Glee fosse una bella ragazza era assodato, ma io ero uno dei ragazzi più ambiti dell'intera università, avevo file di ragazze che avrebbero fatto di tutto per una serata con me (o per farmi fare un sonnellino sulle loro tette) e questa diceva che ero peggio di quella specie di bassotto pelato e rubizzo del suo figliolo?

È proprio vero che il figlio di ogni madre è il più bello di tutti, con buona pace della realtà.

 

«Signora, è stato un amore fulminante... sono talmente frastornata da questo sentimento che è come se ci fossimo messi insieme da pochissimi giorni» rispose ironica Glee.

«Ma tu, amore, hai rapito il mio cuore» rincarai la dose rivolgendole uno sguardo adorante che ebbe l'effetto di farla leggermente arrossire, poi le presi la mano e le baciai leggero l'incavo del polso dopo aver spostato le maglie di un braccialetto. Glee trattenne il fiato prima di togliere repentina la mano dalle mie.

Si era imbarazzata, una vittoria se vogliamo dirla tutta.

Non rispose più a nessuno e riprese a stare attenta e a bersi tutte le castronate che diceva il bassotto pelato, monocorde mentre spiegava i mutamenti dei licheni. C'era da esserne così convinti?

 

La nenia del relatore, stava di nuovo facendo effetto e Glee mi prese per mano ed iniziò a pizzicarmi il palmo senza togliere lo sguardo dal bassotto. Così presi a carezzarle una falange con il pollice. A un occhio esterno potevamo sembrare due fidanzatini che si scambiavano coccole senza voler farsi notare.

«... E' per questo che possiamo dire che questa straordinaria scoperta potrà essere fondamentale per i prossimi studi». Concluse? Aveva finito?

Passò un minuto circa prima che Glee staccasse la mano dalla mia ed iniziasse un timido applauso, seguito poi dalla giunonica madre del bassotto e da quelli che, stoicamente, avevano resistito a questa palla stratosferica.

«E adesso vogliate accomodarvi al rinfresco in fondo alla sala» invitò Michel ed io mi alzai di getto, subito seguito da Glee.

 

«Lele, ti spiace se ti lascio un attimo solo? Devo parlare con Michel... tu intanto vai avanti» le sue parole erano dolci e gentili. Sembrava quasi strano che non mi urlasse contro, non ci ero abituato.

Acconsentii subito, non avevo alcuna voglia di ascoltare ulteriormente il bassotto pelato, e cominciai a camminare verso il fondo della sala.

Una tavola da otto posti dove, su un lato, erano posizionati due piatti in vetro con delle tartine strane sopra, verdi.

Ero il primo ad essere arrivato al tavolo e avevo decisamente fame, perciò mi avventai sul primo piatto e presi quella specie di kracker scuro con della salsa verde sopra. Oltre a essere scuro era pure bruciato, visto che sapeva di legno, più di tappo.

Di sicuro non era il massimo di un rinfresco e mi ripromisi di fermarmi alla prima pizzeria per una quattro stagioni.

 

In quel momento arrivò un cameriere e posò due piatti di pizzette e panini e posizionò un cartellino davanti a ognuno dei primi due piatti che coprì con dei coperchi di vetro.

Quando lessi i biglietti mi venne un conato di vomito. “CORTECCE DI PINO CON MUSCHIO E MUFFA. PATAGONIA” in uno, “LICHENI NATURALI E GENETICAMENTE MODIFICATI” nell'altro.

«Lele, eccomi...» annunciò allegra Glee, poi mi guardò più attentamente «Stai male? Sei verde come un pisello».

«Lasciami stare... ho lo stomaco sotto sopra a sentire parlare di muffe».

Lei si guardò intorno poi mi fissò inarcando il sopracciglio e incrociando le braccia scettica. Forse aveva intuito quello che era successo? Feci buon viso a cattivo gioco, dopo essermi scolato due bottigliette di acqua che erano arrivate nel frattempo e anche un bicchiere di intruglio alcoolico non meglio identificato. Se non altro avevo disinfettato lo stomaco.

 

Nella sala eravamo rimasti in sei, contando anche il bassotto pelato e la sua mammina.

«Glee, sono davvero felice che tu sia venuta ed abbia portato il tuo amico. Studia con te?» Michel si era riavvicinato. Per carità, era alto un metro e un tappo, ma non mi piaceva lo stesso. Era una sensazione a pelle... o a muffa.

«No, lui fa legge... lui è il mio, ehm, ragazzo». Dalla faccia che stava facendo la mia ragazza mentre mi presentava, sembrava le stessero strappando un dente senza anestesia, ma alla fine mi aveva definito correttamente.

«Oh» rispose solo il bassotto, stupito più o meno come sua madre.

 

«Comunque, Michel, i tuoi risultati sono estremamente interessanti e aprono nuove prospettive all'evoluzione e alla deriva dei continenti. Sono ansiosa di leggere qualcosa altro in merito. Adesso però dobbiamo andare, ci stanno aspettando dall'altra parte della città» disse Glee, prendendomi per un braccio e tirandomi verso l'uscita con mia grande gioia.

 

«Mamma mia, non ce la facevo più. È un argomento di una noia mortale... è come andare a cercare il granello di polvere quando hai davanti un masso da studiare. È semplicemente assurdo» borbottò irritata mentre prendevamo i piumini. Ma come? Era lei che voleva sentire questa conferenza e adesso veniva fuori che non gli interessava?

«Mi prendi in giro? Perché mi hai portato qui se non ti interessava?» adesso la cosa iniziava a farmi arrabbiare.

«Beh» sembrava indecisa poi prese coraggio «In realtà volevo sentire Michel ma non volevo andarci da sola e nessuno mi avrebbe accompagnata a una cosa simile... poi te l'ho chiesto e tu hai detto di sì».

«Non mi avevi detto di cosa si trattava» le feci notare. Nel frattempo eravamo usciti dall'hotel.

«Ops... avevo paura che non mi avresti accompagnato... però, anche tu! Addormentarsi sul seno di un'altra! Potrei essere gelosa» e si mise a ridere allegra.

«Di una così non potresti mai essere gelosa» risposi prendendola per mano.

 

In quel momento sentii scivolare una catenella e cadere qualcosa.

«Il mio bracciale!» gridò Glee mentre iniziava a guardarsi attorno. Eravamo ai bordi del giardinetto dell'hotel e stavamo andando a recuperare la macchina.

«Ti prego, Lele, aiutami a cercarlo. Era di mia nonna e ci tengo davvero tanto» disse con voce accorata. Subito iniziammo a guardare ma era buio e non si vedeva a un palmo dal naso. Oltretutto era piovuto e la terra era scura come la notte.

«Vado a prendere una torcia». La mia ossessione per l'auto mi aveva fatto mettere tutti gli oggetti che potevano servire in caso di necessità nel bagagliaio, compresa la luce di emergenza.

 

Tornai dopo pochi istanti e iniziammo a scandagliare l'aiuola vicino al sentiero che avevamo appena percorso. Piccole pozze d'acqua stagnante intervallavano la terra molle. Per essere inverno, non era ancora ghiacciato e quindi il bracciale poteva essere stato sommerso.

«Eccolo!» esclamò Glee dopo poco tempo. Era finito dentro a una pozzanghera limacciosa, come volevasi dimostrare.

«Dammi la torcia, te la reggo mentre me lo recuperi» ordinò lei tendendo la mano.

«Perché devo essere io a mettere le dita nel fango?» chiesi polemico.

«Perché altrimenti racconterò di come ti sei mangiato un pezzo di legno ammuffito» sorrise sorniona. Allora mi aveva visto!

«Ricattatrice! Come lo hai capito?».

«Erano disposti in modo simmetrico, e si vedeva che ne mancava uno, poi tu eri l'unico lì vicino ed eri sul punto di vomitare l'anima, quindi ho pensato che l'avessi mangiato... per errore, si intende» e iniziò a ridacchiare.

 

«Occhio che adesso ti bacio e poi ti accarezzo con le mani infangate» minacciai sorridendo. Che figura da imbecille che avevo fatto. Eppure non mi spiaceva se a riderne era lei.

«Non oserai» fece un passo indietro, divertita mentre io recuperavo il braccialetto e mi ripulivo la mano con un fazzoletto.

«Certo che oso... così saprai com'è la fragranza di legno ammuffito e fango fresco di stagione» e mi slanciai ad abbracciarla mentre lei si voltava e correva per sfuggirmi.

Dopo un paio di scatti e finte, riuscii ad imprigionarla contro un pino... ironia della sorte, e mi avventai sulle labbra che mi stavano piacendo così tanto.

Per la prima volta, non si ritrasse, nonostante fossimo completamente soli ed io mi sentii autorizzato a chiedere di più stringendola più forte e invitandola ad aprire la bocca.

 

«Ah, siete voi... mi sembrava di aver sentito qualcuno» una voce arrivò al mio orecchio.

Ecco il nostro pubblico, dunque, e il motivo per cui non si era ribellata alla mia intrusione ma mi aveva messo le braccia al collo e le dita tra i capelli.

«Oh... ehm. Ciao, Michel. Stavamo andando a prendere l'auto» balbettò Glee dopo avermi spinto via per poter rispondere. Il bassotto fece un gesto come aver capito e si allontanò velocemente.

 

«Possiamo andare» dissi seccato. Mi rompeva il fatto che fosse sempre e comunque per recita. Okay, d'accordo. Questi erano i patti ma se davvero era così, perché quando ci baciavamo lei partecipava? La sentivo e non era una statua passiva.

Questa cosa era irritante.

«Cosa succede adesso?» mi chiese Glee notando il mio cambiamento di umore.

«Niente. Mi ero scordato che potevo avvicinarmi a te solo con qualcuno presente. Scusami, non accadrà più» risposi secco stringendo i denti ed entrai in macchina.

Se Glee fosse rimasta perplessa per la mia risposta non lo diede a vedere, dopo pochi istanti si sistemò sul sedile del passeggero ed io avviai l’automobile.

 

Rimanemmo in silenzio per diversi minuti, poi mi costrinsi a parlare. Era ancora presto, appena le dieci di sera e si poteva ancora andare da qualche altra parte per passare degnamente il sabato sera.

«Dove andiamo adesso?» chiesi.

«Se non vuoi passare altro tempo con me, portami pure a casa» rispose lei secca. Ecco che si prospettava un'altra discussione dai toni poco pacati.

«Non ho detto questo, anche perché altrimenti non ti avrei accompagnato o quanto meno sarei scappato urlando non appena avessi letto il tema trattato» le feci notare mentre attendevo che il semaforo diventasse verde.

«Okay, allora che ne dici di andare da Sara e gli altri? Così stiamo tutti insieme» propose lei e io ghignai prendendo la palla al balzo.

«Così avremo del pubblico e potrò coccolarti».

«Non ti allargare, Lele. Per questa sera mi hai coccolato abbastanza» rispose lei incrociando le braccia sul petto.

 

Voltai a destra e mi diressi verso il locale dove sapevo che i miei amici si erano ritrovati.

Era una specie di sala da the, dove, in una stanza apposita attigua, si tenevano dei concerti per piccole band e solisti.

Una volta c'ero andato per sentire una ragazza che voleva mettersi a cantare. Non era molto brava, se non altro era intonata, ma a letto era davvero grandiosa.

«Sai quale sarà il genere?» chiesi.

«Sara non mi ha detto niente, anche perché non pensava che andassimo da loro e onestamente io non ho chiesto» rispose lei rilassandosi leggermente.

Non parlammo sino a quando non parcheggiai a più da un isolato di distanza dall'House In. Non andai ad aprirle la porta, non ero dell'umore giusto e lei non mi chiese niente e neanche aspettò.

Arrivammo al locale camminando fianco a fianco, attenti a non sfiorarci. Sembravamo arrabbiati tutti e due, io per essermi sentito usato e preso in giro, lei... non avrei saputo dire.

 

Quando entrammo, ci dirigemmo subito alla sala della musica, ordinando prima una birra, l’unica cosa alcoolica decente che servivano in quel locale tutto verde e fiorellini.

Non appena aprii la porta scoppiai a ridere e moltissime persone si voltarono e mi fecero segno di stare zitto, arrabbiati.

Anche Glee sorrise. Beh, almeno coglieva il senso ironico della situazione: era musica da camera. Avrei scommesso su Mozart oppure Brahms, quello che mia zia adorava e della quale rifiutavo sempre gli inviti per non sorbirmene opere intere.

Nella penombra cercai le figure dei miei amici e li trovai seduti attorno a un tavolo accanto alla parete e non distante dall’esecutore seduto al pianoforte.

Un posto ottimale dall’acustica perfetta.

 

Non potei esimermi dal continuare a ridacchiare mentre precedevo Glee attraverso quei tavolini.

Mentre Sara era assorta e attentissima ai virtuosismi del suo amico, Gian era accasciato sul tavolo e continuava a sbattere la fronte sul piano, Mattia picchiettava la sua spalla per consolarlo con una faccia contrita e Lily guardava i due ragazzi con una mano sulla bocca per cercare di non ridere.

Era l’immagine dell’allegria. Bellissima.

 

Arrivammo al tavolino e spostammo due sedie per accomodarci.

«Oh, Lele, come sono felice che sei arrivato anche tu!» esclamò Gian con più enfasi del dovuto. Poi fece un gesto come a spararsi in bocca, nascondendo subito la mano sotto il tavolo ed esibendo un enorme splendente sorriso, quando Sara si voltò a salutare.

«Avete già finito? Doveva essere una festa noiosa» commentò Mattia, felice di avere una distrazione più consistente di un Fassi in agonia da classica.

«A essere sinceri, non era una festa» risposi a denti stretti, mostrando un sorriso tirato.

A questo punto Glee fu costretta ad intervenire «Era un convegno tenuto da uno studioso: Michel Poulet» cercò di darsi un tono, ma a questo punto fu Sara a mettersi a ridere.

«Il Pollo? Hai portato Lele a sentire il Pollo? E di cosa ha parlato questa volta? Delle amebe dell’artico o del muschio sulle rive del Mar Giallo?».

«Muffe della Patagonia e Licheni geneticamente modificati» mormorò Glee, facendo letteralmente scoppiare la cinesina ed attirando gli improperi di mezza sala per il nostro schiamazzo.

 

«Glee, ma perché lo odi tanto?» chiese tenendosi la pancia e indicando... me?

Tutti guardammo la mia ragazza finta. Mi odiava? Ma cosa le avevo fatto di così terribile?

Lei era arrossita e balbettò: «Non... non lo odio... non ho motivo per odiarlo».

«Portarlo da Pollo è una punizione che non affibbierei neanche al mio peggior nemico! È come l'anticamera del purgatorio». Okay, avevamo capito che il bassotto pelato era il peggio che mi poteva capitare di ascoltare (tranne forse il docente di diritto privato alla facoltà di giurisprudenza).

 

«Però è stato divertente! Pensa che si è addormentato sul seno della madre di Michel!» riferì impietosa e scoppiò a ridere scatenando di nuovo le ire degli spettatori del concertino.

«No! Giura!» rise Sara, quasi dimentica di essere in una sala dove stavano suonando.

«Abbi pazienza ma quella conferenza, con il bassotto che parlava come uno zombie... mi sono addormentato!» mi giustificai ridendo.

«Argomento? Muffe? Farebbe addormentare anche uno che ha bevuto tre ettolitri di caffè» disse Lily ed io le regalai un gran sorriso riconoscente.

«Io sono più interessato al cuscino dove ti sei addormentato» intervenne Mattia e Gian annuì energicamente.

 

«Beh, sono crollato e non mi sono reso conto di dove mi sono appoggiato».

«Eh?» incitò Gian ed io sorrisi malizioso.

«Direi una sesta, soda se si considera l'età» e qui ricevetti una sberla sul braccio da Glee.

«Gloria! Ahi! Che vuoi che ti dica? Erano due mel...» provai a dire mimando una strizzatina all'aria con entrambe le mani ma fui bloccato da una occhiataccia della mia finta ragazza.

«Stai parlando di una signora matura».

«Che, se ben ricordi, è rimasta molto delusa quando le ho detto che ero il tuo ragazzo, perché, probabilmente, voleva impalmarmi». Rabbrividii.

«Lele, non sapevo che avessi alzato le tue mire comprendendo anche le mature!» esclamò Mattia.

«Sei il mio idolo! Un grande!» ridacchiò Gian guadagnandosi un'occhiata scura di Sara.

«Se un vecchio si interessa di un minorenne si chiama pedofilo, se un giovane si interessa di una vecchia come si dice?» chiese Glee.

«Beh, se si parla di una bona si dice che è un figo, se è una incartapecorita che serve solo per i soldi, allora è uno schifo» rispose Gian mostrando la sua enorme saggezza.

Onore alla profondità di pensiero!

 

La musica incalzava e le birre erano arrivate. Rimanemmo finalmente in silenzio ad ascoltare la nenia che si levava lamentosa dal pianoforte. Dopo una conferenza sulle muffe e licheni di una vivacità stile funerale, questa fine serata era quanto di meglio potevo aspettarmi.

Quando finì il pezzo un applauso affettato scaturì dal pubblico e noi ci adeguammo battendo le mani (Gian battendo il tavolo come un bongo).

Il ragazzo si alzò e si inchinò per ringraziare, poi fece il suo annuncio: «Qualche anno fa era in classifica nelle vendite della Corea del Sud, questa canzone... io l'ho adattata in questa nuova versione per piano... si intitola hinata_in_love» e si accomodò alzando il naso all'aria e chiudendo gli occhi in un atteggiamento ispirato (e leggermente ridicolo).

 

«Il titolo mi ispira poco» mormorò Mattia.

La musica iniziò sfornando una cacofonia di suoni vagamente orientali mischiati con virtuosismi degni di Chopin... insomma, il classico insieme dei cavoli a merenda.

«Grandioso hip pop!» borbottò Gian, sull'orlo di una crisi di nervi.

«Da quanto siete qui?». Una cosa che mi era sfuggita.

«Due ore». La voce del Fassi sembrava uscire da una tomba vecchia di secoli. Era davvero distrutto!

«Che ne dite di andare da un'altra parte finita questa... straordinaria opera?». Non volevo offendere la cinese, ma era davvero terribile! Quasi al pari del bassotto pelato detto Pollo.

 

«Prima devo salutare Claire e poi possiamo andare» rispose Sara alla nostra proposta.

«Dove è seduta? Puoi cominciare a salutarla adesso» rispose impaziente Gian, pregustando la fuga da quel concerto di musica giurassica.

«Veramente Claire è quello che suona» rispose lei.

Ci voltammo tutti a guardare meglio il ragazzo che stava suonando agitando la chioma sparata come in ogni cartone animato che si rispetti.

«Eh? E' una ragazza?» in quel momento il Fassi era il più stupito di tutti, se per sorpresa poteva esserci una classifica.

«E' un po' più complicato di così, ma non sono cose di cui posso parlare» rispose tranquilla la cinesina.

 

Continuai ad osservare il pianista senza far caso alla musica. Era un ragazzo con i lineamenti delicati, effeminati quasi... possibile?

«E' un ragazzo» disse convinta Lily.

«Come fai a dirlo?» chiesi. Magari lei era più sensibile e riusciva a capire cose che a me sfuggivano.

«E' deciso, spavaldo, ha le braccia forti e il tocco deciso. Anche se si sente una donna è cresciuto come un uomo. Se si chiama Claire vuol dire che si sente donna ma per ora è un ragazzo» concluse.

«Accidenti, amore, sei decisamente una osservatrice acuta» si complimentò Mattia stampandole un bacio sulle labbra.

«Con quello che ci hai messo per metterti con lui che in realtà era cotto di te, osservatrice sto cazzo... scusa il termine» sbottò Gian, facendo sghignazzare tutti gli altri, tranne Sara che era abbastanza scandalizzata. Probabilmente dal suo linguaggio così signorile.

Anche Lily stava ridendo, per niente offesa dall'osservazione. Era leggera e coinvolgente.

 

Mi persi a guardarla per alcuni secondi pensando a quando ci eravamo trovati nella sua stanza, strafatti di funghi... era stato davvero comico, un racconto da narrare ai nipoti.

In quel momento mi arrivò una potente gomitata nel costato che mi fece mancare il fiato. Ma se era per trovarmi una finta ragazza, non potevo trovarmela più dolce?

«Dimmi, amore» sibilai a denti stretti. Quella ragazza era peggio di un battipanni e il tappeto sembrava che fossi io.

«Che ne dici di andare? Vorrei passare al pub, devo incontrare una persona» mi disse a bassa voce. Chi doveva trovare? Assottigliai gli occhi a meditare. Magari era il bassotto pelato che voleva parlare con lei delle sue altisonanti scoperte.

«Va bene» acconsentii alzandomi subito.

 

«Andate già via?» chiese Gian preoccupato. Che caro ragazzo! Non sopportava più gli strimpelli della Claire non meglio identificata ed era così partecipe con noi.

«Gloria deve andare al pub perché deve incontrare una persona» risposi io indicando la ragazza al mio fianco.

«Veniamo con te» asserì Sara alzandosi e tendendo la mano a Gian che sembrava adorante come se avesse visto Padre Pio e la Madonna nello stesso momento.

«Io ti amo!» disse attirandola verso di sé e baciandola di getto lasciandoci tutti basiti e shoccati.

Pochi istanti dopo si staccò e come se niente fosse, prese le giacche ed aiutò la cinesina ad infilarla, poi si sbracciò a salutare il pianista e si diresse deciso verso l'uscita.

 

Se voleva lasciare tutti a bocca aperta e in assoluto silenzio, aveva fatto le scelte giuste, perché nessuno di noi riuscì a spiccicare una parola o fare un gesto per qualche minuto.

«Era Giancarlo Fassi quello?» chiese Mattia indicando con l'indice la schiena del gemello dal comportamento anomalo.

«Direi che se non è lui gli somiglia davvero molto» risposi io.

«Di sicuro non è Jake anche perché Consuelo lo avrebbe ucciso se lo vedeva baciare così qualcuno che non fosse lei» specificò Lily.

«Quindi? Io sono più preoccupata per Sara. Pensavo avesse più buon senso!» borbottò Glee infilandosi il piumino e incamminandosi verso l'uscita.

«Non è che tu abbia avuto molto più fiuto, visto che ti sei messa con lui... perdonami, Lele, sai quanto ti voglio bene, ma come fidanzato non hai un bel curriculum» rispose Lily.

Era così, dunque? Mi pensava come uno vuoto, uno che non era capace ad avere dei sentimenti?

«Guarda che io non mi sono messa con lui. Lele è in prova e io lo sto valutando» rispose leggermente piccata Glee.

«Grazie» borbottai. Io ero presente!

«E fino ad ora, devo dire che si sta comportando molto bene» aggiunse poi.

«Oh!». Questo sì che mi spiazzava. Ero un bravo ragazzo? Ero un bravo fidanzato? Non mi aspettavo una dichiarazione del genere. Ero piacevolmente sorpreso.

 

«Basta adesso, andiamo tutti a tirarci su!» incoraggiò Mattia, prendendo per mano la sua ragazza e trascinandola fuori dal locale.

Lily però era imbarazzata e si fermò appena fuori dalla porta «Glee, non ti arrabbiare, sono felice per voi se state bene e vi auguro il meglio» cercò di spiegare.

«Non preoccuparti, ho capito... in fin dei conti io lo chiamo “scopatore universale”» e scoppiò a ridere, subito seguita dalla bionda. Ecco che tornavo a essere il dileggio di turno.

 

Appena fuori, io e Glee ci dirigemmo alla macchina mentre gli altri prendevano il pandino giallo di Mattia che era parcheggiato davvero vicino.

«Grazie per avermi difeso prima» dissi mentre salivo in auto.

«Lascia stare. Piuttosto, smettila di fissare Lily sbavando come una lumaca in calore. Se faccio finta di stare con te è per pararti il culo ma se continui a farmi sembrare una cornuta non sarà valso a niente! Perciò piantala di fare il cascamorto». Sembrava arrabbiata e mi domandai se per un ipotetico caso non fosse un pochino gelosa del sottoscritto.

Meglio non indagare con domande esplicite o rischiavo l'amputazione di qualche arto di fondamentale importanza.

 

Sembrava che andassimo a mendicare una serata: non eravamo ancora riusciti a trovare qualcosa di vagamente passabile o lievemente divertente.

Il pub ci accolse con il suo tepore, scaldandoci dopo i pochi passi fatti sotto zero per la strada. Quella sera era davvero pieno e mi domandai perché Glee avesse proprio bisogno di incontrare questa fantomatica persona il sabato sera, quando poteva passare un'altra serata decisamente più tranquilla.

Appena arrivati ci mettemmo in un angolo, aspettando che un tavolo sufficientemente grande per tutti si liberasse e potessimo sederci e ordinare.

 

«Ragazzi, cosa vi porto?» chiese il cameriere una volta che trovammo il posto.

Ognuno di noi ordinò il suo beverone preferito (coca cola per me... incredibile ma vero... no, è che dovevo guidare e i vigili erano impestati in quel periodo...).

«Un sunburn1985 per me» disse Gian.

Ci guardammo tutti perplessi, chissà cosa aveva ordinato il gemello.

Fummo ancora più stupiti quando il cameriere arrivò con una bottiglia di vino rosato dall'aria raffinata e costosa.

Stappò la bottiglia, annusò il tappo, versò un goccio di vino nel calice flùte, fece girare un pochino il vino nel bicchiere, annusò e poi, finalmente assaggiò un piccolo sorso.

Muoveva anche le guance, quindi stava facendo girare il liquido in bocca e infine, dopo tutta questa serie di passaggi, lo inghiottì.

«Pensavo volessi farti i gargarismi» sbottai ridacchiando.

«No. Per te che sei un ignorante... è così che si assaggia un buon vino. Ci vuole fiuto, gusto e occhio! Per esempio, questo vinello aveva un gusto fruttato, con sottobosco di more e bacche di vaniglia, una nota di mirto e miele con nocciola». Gian stava declamando.

«Ti sei messo a guardare l'enciclopedia dei vegetali?» chiese Mattia tentando in tutti i modi di trattenere la risata che stava montando.

«Siete dei barbari! Io ho fatto un corso da sommellier!» rispose Gian.

«Per corrispondenza?» chiese Glee non riuscendo a trattenere oltre la risata.

Ormai era una presa in giro unica. Era troppo divertente vedere il Fassi in veste seria, non ci riusciva neanche impegnandosi a sembrare veritiero.

«Dai, Gian. Non puoi parlare in questo modo e pretendere che restiamo seri... in fin dei conti sei tu che stai parlando!» spiegai.

 

«Non prendetelo in giro. È stato molto bravo, invece. Anche mio padre è sommellier, lavora in un grande ristorante al centro di Roma e posso dire che il suo lavoro è davvero difficile» lo difese Sara.

Guardammo tutti la ragazza e poi Fassi.

Vuoi vedere che Gian si era messo a studiare qualcosa per fare colpo sulla cinesina? Alla faccia di chi deve fare qualcosa per farsi notare. Qui era un attacco alla “fortezza” in piena regola!

Io, Mattia, Glee e Lily ci guardammo pensando tutti la stessa cosa: il gemello si stava impelagando in un sentiero minato! Da cuoricini e sospiri d'amore...

 

«Dai, lasciamo stare. Piuttosto, chi dovevi incontrare qui, Glee?» chiese Mattia bevendo la sua birra alla spina.

«Un amico mi doveva portare della roba» rispose lei sul vago.

«Uhu! Della roba!» gracchiò a voce alta Gian, ancora su di giri per essere stato difeso dalla cinesina.

«Piantala, Gian. Tanto se anche fosse di quella “roba” lei non te ne darebbe» intervenni.

«Ma è “roba” buona?» chiese ancora a voce più alta per farsi sentire al di là del tavolo.

Glee scoppiò a ridere. «Se proprio vuoi te ne do un pochino, tanto per non farti andare in crisi di astinenza. Non ti lamentare se poi trovi che sia stata tagliata in modo diverso da come ti piace di solito» rispose.

 

Ci stavamo divertendo, ecco perché non  mi accorsi del movimento che cominciò dietro le spalle di Gian.

Il pub era caotico di voci e suoni come solo un locale di sabato sera, pieno di ragazzi e di vita, poteva essere.

Gian ci mostrò di nuovo come gustare un bicchiere di vino e anche Sara fece la sua parte con altre spiegazioni. Provammo anche noi ma fu più il vino che ci spruzzammo in faccia con gli sbuffi per trattenere una risata, rispetto a quello che riuscimmo ad ingerire.

Dopo mezz'ora puzzavamo di vino stantio come un barbone ubriacone che non si fa il bagno da tre mesi.

«Lunedì tutti in lavanderia! Ci faranno lo sconto comitiva!» annunciò Lily ridendo e indicando le maglie di Mattia e Glee.

All'improvviso vidi una persona che faceva capolino dalla porta di ingresso e si sbracciava verso la mia finta ragazza.

«Oh! Push è arrivato. Aspettatemi qui, torno subito» fece alzandosi.

«Ma no, veniamo anche noi. Ho proprio bisogno di un pochino d'aria» fece Mattia e corse al bancone per pagare le nostre consumazioni. Ormai era passata mezzanotte e il giorno dopo eravamo d'accordo di andare a vedere la manifestazione di Kung Fu nella nostra città, dove avrebbero partecipato Consuelo e Jake, quindi dovevamo andare a dormire.

Era stata una serata impegnativa quella e non vedevo l'ora di stendermi al calduccio tra le lenzuola e mettermi a sognare.

 

---ooOoo---

Angolino mio:

eccoci qui alla fine del capitolo, ma non alla fine della serata. Aspettatevi altro.

 

Riguardo questo pezzo, grazie a Elenri per il titolo del convegno e l'idea in sé, e a ValeR198 per la scena dei crostini (proprio come l'aveva descritta lei, era troppo bella) e per il recupero del bracciale nel fango.

 

Per Claire24 abbi pazienza ma il numero non ci stava bene, il nome sì. È inquietante leggere di un ragazzo che si fa chiamare Claire… beh, mi è uscita così, senza offesa eh?!

 

Prossimo capitolo? Vediamo se indovinate cosa succede (visto che ho già scritto metà pezzo io lo so già), magari mi fate cambiare qualcosa!

 

Per ora ringrazio per l'attenzione

alla prossima

baciotti

 

 

  
Leggi le 11 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: gaccia