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Autore: Isidar Mithrim    15/03/2016    5 recensioni
“Pensava solo al letto a baldacchino che lo aspettava nella Torre di Grifondoro: chissà se Kreacher gli avrebbe portato un panino lassù.” [Harry Potter e i Doni della Morte]
È proprio da questa frase, quella con cui JKR ci ha lasciati un attimo prima dell’Epilogo, che ha inizio questa breve storia, che vorrebbe raccontare emozioni, sensazioni e incontri inaspettati del giorno dopo la Battaglia di Hogwarts, il tutto nel modo più 'canonico' e realistico possibile.
§ I personaggi presenti (dai protagonisti alle comparse) sono Harry, Andromeda, Lyall Lupin, Kreacher, Ron, Hermione, Luna, Ginny, Hagrid, Minerva McGranitt, Neville, famiglia Malfoy, famiglia Weasley, famiglia Delacour, ES
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Andromeda Black, Harry Potter, Hermione Granger, Lyall Lupin, Ron Weasley | Coppie: Arthur/Molly, Harry/Ginny, Ron/Hermione
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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- Questa storia fa parte della serie 'La quiete dopo la tempesta'
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Capitolo Due – 2 maggio 1998

Whiskey Incendiario

Harry non poteva credere alle proprie orecchie. Remus non aveva mai – mai – accennato di avere un padre e ora eccolo là, in piedi davanti a lui. Aveva la stessa espressione rassicurante del figlio, che ormai giaceva rigido nella camera ardente.
Andromeda aveva perso la sua compostezza e guardava Lyall Lupin a occhi sgranati. Evidentemente, neanche lei sapeva della sua esistenza.
“Signor Lupin, ci vediamo più tardi” salutò la McGranitt dopo aver fatto le presentazioni. “Temo di avere troppe faccende di cui occuparmi per potermi trattenere ancora. È stato un piacere conoscerla.”
Mentre la professoressa rientrava, Lyall si avvicinò ad Andromeda con un sorriso incerto, allungando una mano per carezzare Teddy, che vagì soddisfatto.
“È bellissimo” mormorò, commosso.
All’improvviso, i capelli azzurri del neonato divennero viola e Lyall ritrasse la mano, sorpreso.
“Già compie magie accidentali?” chiese con stupore.
“È un Metamorfomagus, come mia figlia” spiegò Andromeda con una nota d’orgoglio.
Lyall sembrava estasiato.
“Un Metamorfomagus!”
Andromeda annuì e fece un respiro profondo.
“Vuole prenderlo in braccio?”
Harry capì che le stava costando molto fare quell’offerta, ma era chiaro che Lyall morisse dalla voglia di tenere il nipote.
L’uomo lo cullò tra le braccia con un sorriso incredulo. Cominciò a canticchiare a mezza bocca una ninna nanna babbana e Harry rimase di stucco quando Andromeda si unì al padre di Remus. All’improvviso si sentì a disagio, come se stesse assistendo a qualcosa di intimo e privato.
“Ted la cantava sempre” mormorò la donna quando la canzoncina terminò.
“Immagino che sia un Babbano come la mia Hope, allora, oppure un Nato Babbano.”
“Era” lo corresse istintivamente Andromeda. Per la prima volta, Harry ebbe l’impressione che avesse la voce incrinata. “È stato ucciso qualche mese fa.”
“Mi dispiace” le disse Lyall, sincero.
“Abbiamo perso tutti qualcuno” tagliò corto lei, cercando di ritrovare un certo contegno.
Lyall annuì, il volto contratto. “Immagino che dobbiamo ringraziare questo ragazzo, se ora è tutto finito” commentò poi, guardando Harry con gentilezza. “Assomigli tanto a tuo padre. Voleva… voleva molto bene a mio figlio” aggiunse con voce rotta. “Ogni tanto è venuto a trovarlo a casa, durante l’estate. Gli ultimi anni di scuola lui e i suoi amici insistevano per venire a fargli compagnia proprio quando c’era la luna piena, ci credi?”
Harry non riusciva a trovare le parole giuste da dire. Pensare alla gioventù di Remus era terribilmente doloroso.
“Sa… sa che Sirius era cugino della Signora Tonks?” buttò lì.
“Davvero?”
Lei annuì. “Da nubile ero Andromeda Black.”
“Quei due sono stati la cosa migliore mai capitata al mio Remus” sostenne Lyall. “Prima… prima di Ninfadora e Teddy, s’intende…”
Silenziose lacrime cominciarono a scorrergli sulle guance, così Andromeda si apprestò a riprendere in braccio il nipote.
“Credo… forse dovrei vedere Remus…”
Harry deglutì, capendo cosa fosse necessario fare.
“La accompagnerò io, Signor Lupin.”
“Io… sì, grazie, Harry.”
Il ragazzo fece un sorriso tirato in risposta. In realtà non aveva alcuna voglia di entrare nella camera ardente, ma sapeva di non avere molta scelta. Per un attimo fu grato di non aver ancora mangiato.
Mentre si stavano separando da Andromeda, tre figure bionde comparvero nell’atrio.
“Meda…”
Andromeda si girò di scatto verso la sorella, dando le spalle a Harry e Lyall. Rimase immobile a fissarla per qualche secondo, quindi entrò nella Sala Grande senza dire una parola.
Calò il silenzio tra Harry e i Malfoy, mentre Lyall li osservava perplesso.
Draco guardava ostinato il pavimento e Lucius lasciava vagare lo sguardo, ma Narcissa fissava Harry con disprezzo.
“Andiamo” disse infine a marito e figlio, senza staccare gli occhi dal ragazzo. Lucius si apprestò a seguirla, a disagio, ma Draco esitò e fece un respiro profondo.
“Mi… mi hai salvato la vita, Potter” disse a bassa voce, gli occhi ancora puntati per terra. “Due volte” aggiunse in un sussurro.
Harry lo guardò stupito. Non si aspettava che Malfoy l’avrebbe ringraziato, seppur a modo suo.
“Non mi devi nulla. Tua madre ha già saldato ogni debito.”
Draco alzò la testa, guardando perplesso ora Harry, ora la madre. Lucius deglutì.
“Mi chiedo perché non hai ancora raccontato a tuo figlio del gesto più eroico che tu abbia mai compiuto” disse Harry, rivolgendosi alla donna.
Dal volto di Narcissa trapelò stupore, presto sostituito da un’espressione altezzosa.
“Non illuderti che l’abbia fatto per te, Potter” disse con astio.
“L’hai fatto per amore. E questo mi basta.”
Lei lo scrutò con rabbia, come se si fosse sentita oltraggiata da quella specie di complimento. “Andiamo” intimò un attimo dopo ai suoi uomini, che si apprestarono a seguirla.
All’improvviso Harry si ricordò di un’ultima faccenda da risolvere.
“Malfoy” chiamò.
Si girarono tutti e tre e Harry fissò Draco. Nonostante sembrasse ancora a disagio, Malfoy annuì per fargli capire che stava ascoltando.
Harry si limitò a estrarre la bacchetta di biancospino dalla tasca del mantello e a porgergliela.
“A me non serve più.”
Malfoy prese la sua bacchetta, sorpreso e riconoscente. Fece a Harry un piccolo cenno di ringraziamento, poi seguì i genitori verso il punto dove fino al giorno prima si trovava il portone di quercia dell’ingresso e scomparve nel parco.
Harry si scusò con Lyall per l’inatteso intramezzo, quindi lo guidò verso la camera ardente.
“Così, questi sono i Malfoy” commentò l’uomo. “Credevo fossero dalla parte di Tu-sai-chi.”
“È una lunga storia” si limitò a dire Harry, che non era affatto in vena di entrare in dettagliate spiegazioni.
“Perché la Signora Tonks ha reagito così?”
Harry sospirò.
“Narcissa Malfoy è sua sorella. Andromeda si è allontanata dalla famiglia molti anni fa. E… avevano un’altra sorella. Bellatrix Lestrange.”
“I Tonks sono imparentati con i Lestrange?” esclamò Lyall. Anche quello era un cognome tristemente conosciuto. Poi sembrò realizzare qualcosa. “Aspetta… non è stata lei a uccidere Sirius?”
“Sì.”
“Ma era suo cugino!” s’indignò Lyall.
“Ha ucciso anche Tonks… Ninfadora” mormorò il ragazzo.
Lyall lo guardò basito.
Fortunatamente Harry scampò il compito di aggiungere altro, perché ormai erano arrivati davanti alla porta della camera ardente.
Quando si fermarono, il padre di Remus fece un profondo respiro e abbassò la maniglia.
Harry sentì un enorme peso opprimergli il petto, entrando nella stanza. Per terra c’erano svariate file di bare in legno contenenti i corpi dei caduti. Cercò di non posare lo sguardo su nessun altro, mentre si dirigeva verso l’angolo dove si trovavano Fred, Tonks e Remus. Accanto al corpo del gemello sedevano in silenzio George, Arthur e Percy. Quando li sentirono arrivare alzarono lo sguardo e fecero un piccolo cenno di saluto a Harry, che ricambiò. Lacrime pungenti gli infastidirono gli occhi alla vista dei suoi amici defunti. Il dolore era intollerabile, dilaniante.
Lyall si accasciò a fianco a Remus, stringendogli la mano in preda al pianto. Harry deglutì immaginando quanto dovesse essere fredda al tatto. Rimase immobile ad assistere alla disperazione dell’uomo e quasi non si rese conto delle lacrime salate che solcavano le proprie guance.
Dopo minuti che parvero ore, Lyall, terribilmente scosso, posò un bacio sulla fronte del figlio e si rialzò.
“È lei?” domandò quindi con voce tremante, indicando Tonks.
Harry confermò, realizzando solo in quel momento perché Lyall si fosse sorpreso del fatto che Teddy era un Metamorfomagus: non aveva mai visto Tonks prima d’ora. Un senso di profondo scoramento lo invase, mentre osservava Lyall posare un bacio anche sulla fronte dell’Auror. Era orribile pensare che quello sarebbe stato l’unico ricordo che Lyall avrebbe avuto di lei.
Mentre uscivano, cercò con gli occhi il volto di Colin. Tornò con la mente a quella mattina, quando Dennis era arrivato a Hogwarts e aveva salutato Harry come un eroe, mentre la madre l’aveva guardato con distacco. Harry aveva avuto la sensazione che tutto ciò che lei vedesse in lui fosse la causa della morte del figlio maggiore, ma non poteva biasimarla, perché immaginava che il suo nome dovesse essere uscito fuori spesso nei racconti dei fratelli Canon. Probabilmente la madre, una Babbana, non sarebbe mai riuscita a capire fino in fondo il perché del coinvolgimento del figlio in quella guerra, anche se Harry sapeva che la McGranitt stessa aveva tentato di spiegarle le motivazioni di Colin.
Harry uscì dalla camera ardente devastato e provò un enorme sollievo quando vide arrivare Ron e Hermione.
Lei notò subito il suo stato d’animo e lo abbracciò di slancio, stringendolo forte. Anche se era un po’ imbarazzato da quell’irruenza, Harry ricambiò la stretta, grato.
Solo quando si separarono si ricordò della presenza di Lyall.
“Signor Lupin, loro sono i miei amici Ron Weasley e Hermione Granger. E lui è Lyall Lupin, il papà di Remus.” I ragazzi lo fissarono stupiti. “È venuto a conoscere Teddy.”
“Teddy è qui?” domandò Hermione, illuminandosi.
Harry annuì. “È in Sala Grande con Andromeda.”
“E io farò bene a tornare da mio nipote” disse Lyall con un sorriso mesto. “Grazie di tutto, Harry. Ron, Hermione.”
Si congedò con cenno di saluto, prima di avviarsi verso l’ingresso della Sala.
“Il padre di Remus?” chiese subito Ron.
“In carne e ossa” confermò Harry. “Non ne sapevo niente neanche io. Immagino non si vedessero molto. Non… non aveva mai visto Tonks” aggiunse in un sussurro. Hermione si portò una mano alla bocca, inorridita.
“Sembra un tipo a posto, però…” commentò Ron.
“Anche a me. Forse Remus non voleva essere un peso per lui” ipotizzò Harry con voce triste.
“Be’, sono contenta che almeno potrà veder crescere suo nipote” disse Hermione. “Vorrei tanto conoscerlo anche io, però. Andiamo in Sala Grande?”
“A proposito, com’è la situazione, dentro?” domandò Ron.
“C’è una marea di gente.”
“E immagino che il tuo ingresso passerà del tutto inosservato” scherzò Ron.
“Già, continuano a ignorarmi” ironizzò Harry. Poi tornò serio. “Sentite, prima di rientrare… vi andrebbe di aiutarmi a fare una cosa?”
Gli occhi di Harry erano rivolti in particolare a Ron. Sapeva di stargli chiedendo di rimanere ancora lontano da buona parte della sua famiglia, ma sentiva davvero il bisogno di mettere in pratica l’idea che gli ronzava in testa da quando aveva posato gli occhi su Colin.
Annuirono entrambi, proprio come sperava.
“Vorrei ringraziare l’ES” spiegò. “Potreste radunarli e portarli davanti alle cucine?”
“Alle cucine?” chiese Hermione, sorpresa e sospettosa. “Non vorrai mettere gli elfi domestici a lavorare!”
“Certo che no, Hermione” ribatté Harry, tralasciando il fatto che qualche ora prima aveva chiamato Kreacher con quel preciso scopo.
“Be’, magari hanno qualche avanzo, no?” chiese speranzoso Ron. Hermione lo fulminò con lo sguardo e Harry non poté fare a meno di sorridere.

Harry individuò la solita natura morta e stuzzicò la grossa pera verde fino a quando non si trasformò in una maniglia, quindi entrò nelle cucine. Erano decisamente malridotte, ma ogni cosa era già tornata al suo posto.
“Padron Harry!” gridò Kreacher, precipitandosi ad accoglierlo. Gli altri elfi domestici, intenti a lavorare, furono distratti dall’esclamazione di Kreacher.  Appena riconobbero Harry lasciarono le loro occupazioni e si avvicinarono a lui, inchinandosi commossi.
“Il Salvatore è venuto a trovarci!” disse qualcuno, grato.
“Cosa possiamo fare per lui?” chiesero altri.
Harry sorrise imbarazzato davanti a quelle manifestazioni d’affetto e cercò di far rimettere in piedi gli elfi più vicini, che si erano inchinati fino a sfiorare il pavimento con il naso.
“Vi prego, non serve che vi inchiniate. Non volevo disturbarvi.”
“Nessun disturbo, Harry Potter!”
“Io… sono venuto a ringraziarvi per aver combattuto con noi e a porgervi le mie condoglianze per gli… amici che avete perso.”
“A noi bastava che ha mandato il suo elfo a ringraziarci, ma Harry Potter è sceso da noi di persona!” esclamò un’elfa, scoppiando in lacrime.
Poi Kreacher afferrò Harry per una mano e lo portò in fondo all’enorme cucina. Lì giacevano alcune piccole figure, coperte da lembi di stoffa puliti molto simili alle tuniche degli elfi domestici. Harry sentì gli occhi diventare lucidi mentre guardava quei piccoli sudari, che sembravano nascondere bambini.
“Chiederò alla professoressa McGranitt di farli seppellire vicino alla tomba di Silente” garantì ad alta voce.
Gli elfi si prodigarono in ringraziamenti, increduli ed entusiasti per quell’onore inaudito.
“Prenda qualcosa da mangiare, Padron Harry” gli raccomandò Kreacher, quando si furono allontanati da quei corpicini senza vita. “La professoressa McGranitt ha detto che non dovevamo sentirci obbligati a preparare qualcosa, ma noi ha deciso di fare da mangiare per i nostri ospiti!”
“Allora mangerò dopo con gli altri, Kreacher. Ti ringrazio.”
“Come lei desidera, Padrone.”
“Harry…”
Lui si voltò, riconoscendo la voce di Hermione, che lo guardava con un sorriso gentile, un po’ commossa. Il ragazzo si chiese da quanto lo stesse osservando.
“Signorina Hermione!” la salutò Kreacher con calore. “Che piacere rivederla!”
“Il piacere è mio, Kreacher. Grazie per aver combattuto al nostro fianco. Siete stati molto coraggiosi.” Poi si rivolse a Harry. “Ci siamo tutti” gli disse con dolcezza. “Ho immaginato che ti avrei trovato qui dentro.”
Harry annuì.
“Kreacher, potremmo avere del Whiskey Incendiario, per favore? Hermione, tu invece puoi procurare un po’ di bicchieri, per piacere?”
Entrambi si apprestarono a esaudire la richiesta. Hermione fece levitare dei calici mentre Harry prendeva due bottiglie dalle mani di Kreacher.
Uscirono dalle cucine ringraziando a loro volta e quando furono nel corridoio Harry si trovò davanti a una piccola folla, disposta a formare un cerchio disordinato.
I suoi occhi si posarono subito su George e i suoi vicini, Lee e Ron. Ginny era accanto al fratello più piccolo e a fianco a lei c’erano Neville, Luna e Dean. Seamus era vicino al suo migliore amico e sosteneva una pallidissima Lavanda, al cui fianco si trovavano Calì e la gemella Padma. Vicino a lei c’erano gli altri Corvonero: Anthony Goldstein e Terry Steeval, Micheal Corner e Cho Chang. A seguire venivano i quattro Tassorosso: Ernie, Justin, Susan e Hannah, che aveva avvolto un braccio sulle spalle del piccolo Dennis. Infine, gli occhi di Harry scivolarono sulle sue vecchie compagne di squadra, Katie, Alicia e Angelina, che stava vicino a Lee e George. Harry era contento che a loro si fosse unito anche Oliver, nonostante non fosse mai stato un membro dell’ES.
Li salutò intimorito e orgoglioso al tempo stesso, quindi fece cenno a Hermione di distribuire i bicchieri e passò a versare del Whiskey in ognuno di questi. Quando tutti ebbero il calice pieno, lui e Hermione si fecero spazio tra Ron e Ginny e Harry si schiarì la gola.
“Ecco, sapete che non sono molto bravo con i discorsi… però vi ho chiesto di trovarci qui perché, be’, non potevo vedervi tornare a casa prima di… di dirvi grazie. Grazie per aver creduto in me, anche quando tutti dicevano che ero un bugiardo e un pazzo. Grazie per avermi dato fiducia e avermi permesso di insegnarvi qualcosa, quando non avevo nessuna qualifica per farlo. Grazie per l’impegno che ci avete messo nell’ascoltare tutto quello che vi dicevo, senza se e senza ma.”
Harry fece una pausa e i suoi occhi indugiarono su Neville, Ginny e Luna.
“Grazie per esservi riuniti e aver continuato a resistere, quest’anno, nonostante tutto quello che vi è costato. Sono stato… sono stato orgoglioso e sorpreso di scoprire che eravate tutti qui ad aspettarci, pronti a combattere non appena io ve lo avessi chiesto. O forse dovrei dire… nonostante io non ve l’abbia chiesto.”
Harry guardò Neville e ricambiò il suo sorriso sornione.
“Grazie, per avermi fatto più volte capire che non dovevo fare tutto da solo. Senza di voi questa vittoria non sarebbe mai stata possibile. È stato… mi sono commosso quando… quando avete deciso di combattere, di rischiare la vita pur di non consegnarmi, e ancora di più quando avete continuato a combattere anche se eravate convinti che fossi morto, che fosse finita…”
Sentì la mano di Ginny stringere la propria, mentre gli occhi gli si inumidivano.
“Vedete, io tante volte mi sono odiato e mi sono sentito – mi sento – in colpa per chi è morto a causa mia, ma solo adesso ho capito che non è mai stato davvero per me, cioè, sì, anche, ma il motivo per cui tanti hanno combattuto e sono morti era perché credevano che un mondo migliore fosse possibile, fosse giusto. A volte mi sono comportato come se fosse solo la mia battaglia. Be’, per certi versi lo era, però troppo spesso ho dimenticato che non ero l’unico ad aver perso qualcosa, qualcuno, per colpa di Voldemort…”
Incrociò gli sguardi duri e orgogliosi di Neville, Susan, Hannah.
“A volte ho dimenticato che non ero l’unico a desiderare la sua sconfitta, non ero l’unico disposto a rischiare la vita per vedere la fine della guerra, né l’unico convinto che potessimo farcela, che c’era ancora speranza. Offenderei la memoria dei nostri defunti dicendo che sono morti per me, quando è per il bene di tutti noi, di tutto il mondo magico e non, che hanno combattuto, è per quello che si sono sacrificati. Quindi… vi ho chiesto di venire anche per rendervi, per renderci onore, perché la verità è che… è che siamo solo una banda di ragazzini, ma abbiamo combattuto con il coraggio e la convinzione di un veterano e siamo riusciti là dove adulti molto più in gamba di noi hanno fallito. Io… non c’è Auror che avrei voluto al mio fianco al vostro posto, e vi prometto che farò in modo che tutti sappiano che senza di voi non saremmo qui a festeggiare questa vittoria. Farò in modo che quando le persone sentiranno il vostro nome, sappiano di avere davanti un eroe, sappiano che se sono ancora vivi, probabilmente è proprio grazie a voi.”
Li guardò tutti, uno per uno, e si riempì il cuore dei loro sguardi audaci, fieri o commossi.
“Ma non è a noi, non è all’ES che vorrei brindare, o almeno, non adesso. Ci sarà tempo per festeggiare, ma ora… ora vorrei levare insieme i calici per quelli di noi che non possono più farlo.”
Alzò il bicchiere in alto.
Guardò prima Dennis, quindi George.
“A Fred e Colin” disse con voce incrinata. Questa volta fu lui a stringere saldamente la mano di Ginny.
“A Fred e Colin” ripeterono tutti, lasciandosi scaldare dal Whiskey Incendiario.
Avevano bevuto appena un sorso, quando Cho ruppe il silenzio.
“A Cedric.”
Gli altri annuirono e sollevarono nuovamente i calici.
“E a Lupin” aggiunse Neville con convinzione, prima che facessero in tempo a bere.
“A Tonks” mormorò Ginny.
“E a Ted Tonks” completò Dean.
“A Dobby, un elfo libero” disse Luna con voce sognante.
“E a Sirius, perché se ne è andato prima che potesse tornare libero”
Harry rivolse a Ron uno sguardo riconoscente e non poté non fare il nome dell’uomo che aveva odiato il suo padrino quanto aveva amato sua madre.
“A Severus Piton.”
“E a Regulus Black” brindò Hermione.
“A Malocchio” aggiunse George, controllando con estrema fatica la voce rotta dal pianto.
“A mia mamma” disse Hannah timidamente.
“Ai miei zii e ai miei cugini” rincarò Susan.
“Ai miei genitori” disse Neville.
“E ai miei” aggiunse Harry.
Calò di nuovo il silenzio.
Questa volta fu Hermione a romperlo, facendo il nome della persona a cui tutti stavano pensando.
“Al miglior Preside che Hogwarts abbia mai avuto, Albus Silente.”
Tutti ripeterono il suo nome e altro Whiskey Incendiario andò a bruciare le loro gole.

**************

Ed eccomi qua con il secondo capitolo… Spero vi sia piaciuto ^^
Come al solito, ho un po’ di note, oltre alle segnalazioni degli spin off.
-    non ho inserito Winky tra gli elfi domestici perché anni fa – prima che la Row dicesse che anche lei ha combattuto – mi ero creata un headcanon un tantino diverso ^^’ (se vi interessa lo trovate qua *)
-    non ho voluto inventare altri morti rispetto a quelli certi (anche Lavanda è sopravvissuta al morso di Fenrir). Justin –  Nato Babbano – potrebbe arrivato dopo o durante la battaglia: d’altronde nel libro non abbiamo visto arrivare nemmeno Colin; Susan non viene mai citata nel settimo libro, ma certamente non è una Nata Babbana, quindi ho immaginato che abbia continuato a far parte dell’ES anche durante il settimo anno, e che abbia combattuto a propria volta.
-    Mi rendo conto che il doppio elenco di nomi (quello delle persone dell’ES e quello dei caduti) possa risultare pesante, ma ci tenevo a ricordarli uno per uno… spero abbiate apprezzato!

Per quanto riguarda gli spin off del capitolo:
-    *Pensieri di combattenti dimenticati: Pensieri di un elfo domestico
-    ‘2 Maggio 1998 – Mrs Canon’
-    ‘2 Maggio 1998 – Lyall Lupin’ (ve l’avevo già linkata alla fine del primo capitolo)
-    ‘Biancospino’  → da qui ho tratto quasi para para la parte dell’incontro con i Malfoy; è una flash che ho scritto anni fa e l’ho riciclata perché proprio non potevo non inserire questa scena in un immediato post guerra ^^

Grazie a tutti per la lettura, ovviamente sarei più che felice di sapere cosa ne pensiate ;)
Al prossimo capitolo!

   
 
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