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Autore: Dira_    13/06/2011    20 recensioni
“Mi chiamo Lily Luna Potter, ho quindici anni e credo nel Fato.
Intendiamoci: niente roba tipo scrutare il cielo. Io credo piuttosto che ciascuno di noi sia nato più di una volta e che prima o poi si trovi di fronte a scelte più vecchie di lui.”
Tom Dursley, la cui anima è quella di Voldemort, è scomparso. Al Potter lo cerca ancora. All’ombra del riesumato Torneo Tremaghi si dipanano i piani della Thule, società occulta, che già una volta ha tentato di impadronirsi dei Doni della Morte.
“Se aveste una seconda possibilità… voi cosa fareste?”
[Seguito di Doppelgaenger]
Genere: Azione, Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Albus Severus Potter, Lily Luna Potter, Nuovo personaggio, Rose Weasley, Scorpius Malfoy
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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- Questa storia fa parte della serie 'Doppelgaenger's Saga'
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Capitolo XXXIV

 


 
Sometimes I think that I think too much
And that it’s all in my head and I can’t touch
‘And I’m chasing all my cares away
Fighting for freedom for one day
(The View, Beautiful¹)


13 Dicembre 2023

Londra, Ministero della Magia.
DALM, Ufficio Auror, Mattina.

 
Harry era un tipo piuttosto mattiniero.
Non sempre, ad onor del vero. Solo quando c’era un caso che lo teneva impegnato. Ed essendo il Capo dell’Ufficio auror, ormai erano pochi i casi che passano direttamente sotto le sue mani.
Quella mattina era il primo auror a timbrare il cartellino. Infatti l’enorme stanzone compartimentato erano sgombro, silenzioso e soprattutto privo di promemoria che svolazzavano ovunque. 
Salì di buona lena la rampa di scale a chiocciola che lo portava al suo ufficio e aprì la porta dell’anticamera augurando un buongiorno frettoloso alla sua segretaria, l’unica che lo battesse sul tempo.
“Signore, c’è una persona che la sta aspettando.” Esordì quella con tono sorpreso. Quasi non si capacitasse che alle sette in punto qualcuno oltre a loro fosse lì.
In effetti…
“Dove?” Chiese un po’ stupidamente; ma del resto non aveva ancora preso il suo caffè.
La strega indicò la stanza. “È straniera.” Aggiunse incerta. “Ha insistito per accomodarsi, ed io…”
Harry capì che si trattava del famoso agente di collegamento americano.
Speravo di avere ancora un po’ di margine di autonomia…
Strinse appena le labbra, cercando al tempo stesso di rasserenare la sua segretaria. “Hai fatto bene.” Le sorrise. “La aspettavo.”
Purtroppo.

Sorvolò sul fatto che non avrebbe voluto che si sedesse nel suo ufficio prima del suo arrivo:  dopotutto  era meglio così, se la sarebbe sbrigata velocemente.
Le darò le informazioni che vuole. Un intero fascicolo da trecento pagine di informazioni. Dovrebbe tenerla impegnata per un po’.
La squadra di Ron era partita cinque giorni prima con una passaporta per l’Islanda, direzione ‘Riserva’ – nome eufemistico per definire la struttura di massima sicurezza dove venivano tenuti i Dissennatori – per parlare con i sorveglianti.
C’è voluta una settimana per ottenere le passaporte. 
Maledetta burocrazia magica. Merlino, vorrei davvero che Hermione la smettesse di scherzare, quando dice che potrebbe candidarsi a Ministro. Perché potrei finire per proporla io.
In ogni caso, come immaginava, non era venuto fuori molto. I sorveglianti erano stati affatturati – alcuni di loro si trovava ancora in ospedale – e la barriera magica di contenimento, disattivata. Le testimonianze raccolte parlavano dell’arrivo improvviso di una nebbia nera e di lumos inefficaci.
Come al Torneo. Hanno usato lo stesso modus operandi. I guardiani non hanno neppure visto da dove arrivavano gli incantesimi.
In ogni caso, i Dissennatori non erano andati in Scozia motu proprio. Qualcuno doveva averli indirizzati.
Hohenheim. La Thule. Anche se non hanno rivendicato come avrebbe fatto Voldemort, la traccia è chiara.
È il loro modo di fare le cose.
Entrò nel proprio ufficio chiudendosi la porta alle spalle. Quelle riflessioni l’avevano messo di cattivo umore, e quindi non si premurò neanche di stamparsi in faccia un sorriso cordiale.
La donna che si voltò alla sua entrata era senza dubbio l’agente di collegamento, dato che indossava l’uniforme del DALM americano. Però ad Harry fece un’impressione diversa rispetto ad Ethan Scott.
La strega doveva essere all’incirca sua coetanea. Era una creola dai lineamenti morbidi e capelli leonini ad incorniciare un viso attraente.
Ma fanno un casting per scegliere gli agenti del DALM?
Non era però scattata in piedi al suo arrivo, si era semplicemente alzata.
“Sergente Eleanor Gillespie.” Si presentò. “Ho preferito aspettarla qui. La sua segretaria sembrava non avere la minima idea di cosa farne di me.”
Harry odiava i convenevoli farciti di giri di parole a quell’ora del mattino: fu felice di non trovarne nelle parola dell’americana. “Harry Potter. Prego …” Le fece cenno, e la donna obbedì sedendosi. Lo seguì però con lo sguardo mentre si accomodava dietro la scrivania.
Harry capì che lo stava studiando: era abituato ad essere osservato, da più tempo di quanto ormai ricordasse, ma quello era uno sguardo analitico. Lo stava pesando.

Un punto a lei.
Chi perdeva tempo a capire se c’era qualcosa oltre la leggenda del Prescelto, per Harry meritava immediatamente credito.
“Mattiniera…” Osservò con un mezzo sorriso, per rompere il ghiaccio.
“Sono arrivata con la passaporta angloamericana delle quattro.”
“Ha già trovato dove stare?” Poteva pur concederle dei convenevoli, pensò un po’ imbarazzato. Dopotutto sembrava aver passato una notte in bianco.

Come me.
“Sì, mi sono accomodata ad una locanda a Diagon Alley. Il Paiolo Magico?”
“La conosco molto bene. Vecchia, ma dal servizio eccellente.”
Esauriti le formalità rimasero brevemente in silenzio. Harry si chiese se non dovesse chiamare Grace e farsi dare il faldone dell’indagine, ma la donna lo precedette.

“So bene che non mi vuole qui.” Esordì. Aveva un’espressione determinata, di chi non aveva tempo da perdere e voleva subito mettere le carte in tavola.
Un piacevole cambiamento dopo quel damerino da fotoromanzo… Non so se l’abbia scelta Malfoy, ma se fosse, devo proprio mandargli un cesto di frutta.
“Non mi fraintenda…” Replicò, non sapendo bene come metterla per non suonare sgarbato. Del resto non aveva motivo di avercela con lei per principio.
Anche se fin’ora ho avuto solo pessime impressioni dagli americani.
“Non lo sto facendo.” Ribatté la strega. “È stato chiaro. L’agente Scott è tornato a Boston su tutte le furie. Mi ha detto di essere stato più volte umiliato dal capo dell’ufficio auror, oltre che da una selva di ragazzini sfrontati …”
“Cioè da me e dai miei figli.” Convenne senza battere ciglio. 

Se si aspetta che mi scusi o giustifichi…
La strega inarcò le sopracciglia, poi scoppiò inaspettatamente in una risata. Era solida e piacevole. “Mi avevano detto che lei era un uomo senza mezze misure, Signor Potter… a quanto pare ciò che si dice degli inglesi è veritiero. Sapete combattere le vostre battaglie.”
“E ci riusciamo anche piuttosto bene.” Annuì tranquillamente. “Mi ascolti, Miss Gillespie…”
Nora.” Lo corresse. “Niente formalismi. Li trovo stupidi.”
“Vale lo stesso per me.” Si sentì sorridere Harry. Tentò di ricordarsi che quell’agente sarebbe stato una spina nel fianco, ma la realtà era che la trovava piuttosto interessante. “Nora, devo parlarle chiaramente. Non sono abituato a essere frenato, quando indago. È vero, ormai sono più che altro un timbra - carte con un sacco di trofei sulla scrivania…” Fece una pausa, quasi a sottolineare che non fosse veramente così. “… ma questa indagine mi sta a cuore. E la seguirò personalmente.”
“Per via del suo figlioccio.” Soggiunse l’altra andando al succo della questione. Doveva essere una sua qualità. “Sa, dalle mie parti lei sarebbe stato tenuto fuori. Troppo coinvolto.”
“Per fortuna siamo in Inghilterra.” Ribatté. “E per fortuna, questa indagine la conduco io.”
La strega fece un lieve cenno di assenso. “Sì, è una fortuna.” Ed Harry intuì quello che non aveva capito durante il primo colloquio con Malfoy. C’era un motivo per cui improvvisamente il viscido Scott aveva deciso di dargli informazioni tramite Draco, nello specifico, sull’arrivo dei Dissennatori.

Voleva che mi immischiassi.
Non sapeva se esserne se provare un certo compiacimento – la sua fama serviva qualcosa oltre a essere seguito neppure fosse una superstar – o allerta.
Mi considerano utile. Ma vogliono collaborare … o usarmi?
“C’era una strategia dietro l’improvvisa voglia di chiacchierare dell’agente Scott?” Chiese alla donna. “Mi avete fatto avere le informazioni sull’arrivo dei Dissennatori per coinvolgermi?”
Quella fece un sorriso. “Sì.” Disse senza mezzi termini. “L’anno scorso ha messo le mani su John Doe. Comunque sia andato alla fine, lei è il primo ad averlo arrestato. È un risultato notevole. Molti dei miei erano contrari al coinvolgimento dell’Ufficio Auror. Ma io sono una di quelle che ha votato pro.” Accavallò le gambe e assunse una posa indubbiamente rilassata.  Il suo esame era finito: lo riteneva idoneo.

Ma non è finito il tuo, Nora…
Harry passò un dito sulla scrivania. Neppure un grammo di polvere, registrò distratto. “Dovrei ringraziarla?” Certe uscite gli uscivano da un recesso del suo Io. Probabilmente dove a lungo aveva soggiornato Voldemort.
La strega non si scompose. “No.” Era da apprezzare per le risposte trancianti. “Harry, vogliamo la stessa cosa. Hohenheim in prigione, che sia inglese o americana, e che la Thule sparisca per sempre dalla faccia della terra. Lei è un mago di valore, e ci serve il suo aiuto.”
Harry non rispose. Fece invece una domanda che lo angustiava ormai da mesi. “Scott era particolarmente insistente nel voler parlare con Thomas. Lo ha invitato a studiare da voi, una volta terminata la scuola.”
“Abbiamo ottime accademie di sperimentazione magica.” Rispose la donna stringendosi nelle spalle. “Mi pare di capire che uno dei motivi principali della sua sfiducia verso di noi sia la convinzione che il governo americano voglia… prendere il suo figlioccio.” Usò il termine con piena cognizione di causa. “Per via delle sue particolarità.”

“Non è così?” Decisamente l’anfratto-Voldemort.
“Le faccio una domanda, Harry. Se il suo figlioccio venisse di sua sponte, lei lo fermerebbe?”

Harry fece una smorfia: se la metteva in quel modo la sua risposta non poteva che essere una sola.
“No.” Mormorò. “Se fosse quello che vuole, certo che no.”
“Allora non vedo il problema. Il mio governo investe, ed è sempre alla ricerca di nuovi talenti. Ma non rapisce giovani maghi.”
Harry si sentì piuttosto stupido. E frustrato parimenti, visto che era stato trattato come un adolescente irragionevole. La strega parve intuirlo, perché fece un lieve cenno, come a scacciare qualcosa di molesto.

“Non sono qui per questo, ma per aiutarvi a prendere il cattivo.” Sorrise. “A Boston hanno pensato che, dopo l’esperienza con l’agente Scott, avrebbe preferito collaborare con qualcuno di più informato. Quel qualcuno sono io. La nostra task-force ha cinque anni. Io seguo la Thule da dieci.” Spiegò, e non c’era compiacimento, semplicemente attestazione.
“Capisco.” Replicò, forse freddamente. Poteva essere fissazione che affondava le radici nella sua adolescenza, ma era meglio andarci coi piedi di peltro.
Vedendo però l’espressione perplessa dell’altra, si spiegò. “Il suo governo non è mai sembrato troppo propenso alla trasparenza, Nora. Pensi ciò che vuole, ma per me non è semplicemente questione di prendere il cattivo…” Si tolse gli occhiali. Se già cominciavano a pesargli, significava che la giornata era iniziata in modo impegnativo. Li pulì. “… piuttosto di mettere fine a questa storia ed assicurare a Thomas la serenità.”  
“Harry…” La donna di sporse sulla scrivania. “Mi creda, se c’è una cosa che voglio fare prima di morire, è sbattere quel figlio di puttana in una cella.” Il tono era duro, improvvisamente privo di ogni orpello educato. Harry notò in quel momento che la donna indossava due fedi nuziali, non una. Quel gesto era tristemente universale, purtroppo.

Chi portava l’altra fede non ne ha più bisogno…
“È una vendetta personale?” Chiese pacatamente.
L’espressione della donna si fece guardinga: era chiaro fosse combattuta sul dirgli la verità o meno. Si raddrizzò, prendendo evidentemente una decisione. “Se lo fosse?” Chiese. “Le causerebbe qualche problema?”
Gli occhi azzurri sembravano acciaio. Harry pensò che non avrebbe voluto trovarsi per nulla al mondo dall’altro lato della sua bacchetta.

E pensò anche che aveva finalmente trovato un alleato, oltremare.
Rimase in silenzio per un attimo. “Dipende. Non avrò obiezioni finché terrà la bacchetta nel fodero e non prenderà iniziative senza prima avermi consultato.” Disse. “Ma deve essere una promessa. Perché so quanto questo sentimento può consumare… e mi creda, non sarei qui se gli avessi dato ascolto.”
La donna non disse nulla, né Harry si aspettava che lo facesse. Essere un reduce di guerra – orrenda parola, ma calzante – ti insegnava a non giudicare le crociate altrui.

Solo a prevenirle se vanno fuori controllo.
Preferiva comunque un agente simile, ad un ragazzetto che cercava solo la prossima promozione .
“Si fida se gli dico che ho intenzione di mantenerla?” Chiese, e sembrava seria. 
“Dobbiamo fidarci l’uno dell’altro, Nora. Ed apprezzo la sua sincerità. Quindi sì.”
Si strinsero la mano. Ad Harry piacque la stretta. Aveva sempre pensato che si potevano capire molte cose da quel semplice convenevole. La mano della donna era forte, salda. Ne aveva strette molte: quella mano non avrebbe vacillato al momento opportuno.

Si accomodò di nuovo, imitando inconsciamente lo stesso movimento che la strega aveva fatto prima.
“Che altro posso dirle? Benvenuta in squadra, sergente.”
 
****
 
Londra, Regent’s Street. Mattina inoltrata.
 
“Ma non era un quartiere malfamato questo?”
“No, tu parli dell’East End. Questo è il West End. E ci stiamo dirigendo verso Mayfair.”
“… sono confuso.”
Tom alzò gli occhi al cielo, chiedendosi se non avrebbe dovuto afferrare la mano di Al per tenerselo affianco: l’altro ragazzo si guardava attorno, rischiando di sbattere contro i tanti indaffarati londinesi che sfrecciavano bevendo caffè, sbocconcellando sandwich e parlando agli auricolari.

“Forza ragazzi!” Li apostrofò sua madre, già a dieci passi da loro. Era incredibile come riuscisse a sgusciare tra la folla. In effetti la statura minuta aiutava. “Voglio portarvi in un posto delizioso per pranzo, ma rischiamo di trovarlo pieno se ritardiamo con la nostra tabella di marcia!”
Sorrideva però, e sorrideva ad Al che aveva l’aria del pesciolino fuor d’acqua e un gran sorrisone da bambino in un negozio di giocattoli.

Almeno ha lasciato quell’orrendo berretto ad Hogwarts…
Portare Al in mezzo alla Londra babbana era piuttosto divertente, comunque.    
Ho idea che non volesse accompagnare Lily e Rose per scegliere il loro vestito.
Lo tirò da parte prima che fosse investito da una signora impellicciata con tanto di cocker spaniel.
“Non eri mai stato da queste parti?” Gli chiese.
“Mno…” Borbotto l’altro distratto, agganciando gli occhi all’insegna di uno Starbucks. “Cioè, sì… sono stato da queste parti, ma di notte. D’estate, con Mike, per night-club. È diverso.”
“Night-club…” Si rabbuiò, poi lo vide sorridere sotto i baffi. “Cosa?

“Non è vero Tom, dai!” Appena captò il suo sollievo, aggiunse, veloce come un serpente. “Erano gay-club!” E poi trotterellò in direzione di Robin, prendendola a braccetto.
Sbuffò, raggiungendoli. Era comunque … piacevole… vedere sua madre e il suo ragazzo interagire cordialmente. Robin ci aveva messo un po’ a perdonare il Mondo Magico e Al, al suo ritorno, era stato il primo mago verso cui mostrare freddezza. Adesso però sembrava tutto a posto, da come la donna si stava lanciando in appassionati anatemi contro il junk-food.
“Mamma, temo proprio che vorrà provarlo, con o senza la tua approvazione.” Osservò, vedendo come l’altro ragazzo guardava cupidamente le varie insegne colorate di pub e caffè.
La donna scacciò l’eventualità con uno sbuffo energico. “Sciocchezze! Al è abituato a mangiare cibi di campagna, cose sane! Lo troverebbe disgustoso.”
Al, diplomaticamente, fece uno di quei suoi sorrisi adorabili. “Non so zia Robbie. Mi piace l’insegna di quella Star… Stabu…”
Starbucks. Sì, abbiamo afferrato il concetto. Dopo ci andiamo.” Sospirò, facendo ridacchiare gli altri due.

Era un momento di quiete. Presto avrebbe dovuto affrontare il carico multiforme dei suoi problemi.
Ma non oggi.
Quel giorno avrebbe preso le misure per il suo vestito, avrebbe evitato che Al ne acquistasse uno orrendo e avrebbe trascorso il pomeriggio con sua madre. Tutto lì. Una cosa normale.
Arrivarono alla boutique che dove aveva preso il superbo completo del processo.
Salive Row²…

Tom non si riteneva un amante dello shopping. Comprare libri e musica erano semplicemente coronamento dei suoi interessi. Ma lì era un altro discorso.
L’insegna recitava ‘Gieves & Hawkes³’ e poco sotto ‘abiti su misura’.
Tom sorrise. Sua madre condivideva con lui un viscerale amore per gli abiti di alta sartoria.  
Siamo gli unici in famiglia a capire la differenza tra un completo da tre pezzi e uno da due. 
Così, quando in una lettera ad Alicia aveva accennato casualmente al Ballo del Ceppo… in una manciata di ore si era visto arrivare una risposta tramite Kafka, con le coordinate per ora, giorno e luogo in cui dovevano incontrarsi per acquistare l’abito perfetto.
Certo, aveva già il vestito che aveva usato per l’udienza…
Ma non puoi usare lo stesso completo per due occasioni tanto diverse, Tom!
“Sai, non mi aspettavo che tua mamma fosse tipa da negozio di lusso.” Sussurrò Al, guardandosi attorno con deferenza. L’unico negozio del genere in cui era mai entrato era Madama McClan.
E confeziona delle grosse sottane, checché ne dicano tutti. Abiti da cerimonia? Sono sottane.
“Da chi credi abbia preso il mio buongusto? Non certo da mio padre o tantomeno dal tuo…” Replicò, evitando la conseguente gomitata micidiale in direzione costole.
“Tom, Al, venite qui!” Li apostrofò Robin, già in compagnia del sarto. Tom vide Al guardare malissimo il suddetto, colpevole probabilmente di essere giovane, carino e di avergli sorriso.
Ah, è lo stesso dell’altra volta. Quello del ‘Thomas, hai una figura così slanciata’.
Si tolse il cappotto e lo passò ad Al, che lo prese docilmente.
“Ti metterà le mani addosso?” Chiese questo con falsissima indifferenza.
“È la procedura.” Replicò con lo stesso tono. “Non ci sono metri che si librano da soli qui.”
“Se usa troppo le mani se ne troverà una in più. Per magia.” Fu la risposta .

Tom dovette trattenersi mentre si dirigeva in camerino: se si fosse messo a ridere Albus l’avrebbe affatturato, Statuto di Segretezza o meno.
Una mezz’ora dopo, e con tutte le misure fatte, il suo ragazzo era dello stesso colore dei garofani che erano disposti sul bancone vicino alla cassa. E stava torcendo il suo cappotto.
“Abbiamo finito, Thomas… puoi andare a rivestirti.” Gli annunciò il sarto con un sorriso seducente. Tom si chiese se non avrebbe finito per fargli scivolare il suo numero in tasca. Per la seconda volta.
Il tipo non doveva aver notato Al. C’era da dire che, infagottato in un maglione Weasley e con i capelli arruffati per colpa dell’umidità londinese non era particolarmente degno di attenzioni sofisticate.
Tranne delle mie.  
Rientrò nel camerino, un largo ambiente delimitato da una tenda di pesante tessuto navy.
Il flusso dei suoi compiaciuti pensieri fu interrotto però dallo scostarsi furioso della tenda.
Conseguentemente venne spinto contro il muro opposto e baciato a morte da un Al che, lo dimenticava sempre, aveva una presa da boa constrictor e geni Potter.
Mi chiedevo quanto ci avrebbe messo… lui e i suoi gay-club estivi con Zabini… così impara.
Tom lo distanziò per evitare che gli strappasse le labbra. Era piacevole, ma un po’ doloroso. “Al?”  
“Io … quello… dov’è la mia bacchetta?” Borbottò, innervosito dalla sparizione. “L’ho persa!”
“Non fare il James.” Lo ammonì, beccandosi un’occhiata luciferina. “Non l’hai persa. Te l’ho presa mentre dormicchiavi sull’Espresso o l’avresti persa.” Ghignò, parando un colpo alla spalla. “Perché sei arrabbiato?”
“Quel tipo ti ha toccato il sedere! Ci stava provando con te! E tu eri tutto soddisfatto!”
“Mi ha preso le misure per i pantaloni… nel mondo babbano si fa così, te l’ho già detto.” Obbiettò. L’altro gli lanciò un’occhiata livorosa, perché aveva capito che lo stava rabbuffando come un cagnetto.

“Ti diverte che voglia strozzarlo?”
“Forse…” Concesse. “Abbiamo finito, comunque. Mia madre passerà a ritirare il vestito la settimana prossima e me lo spedirà via gufo. Ora possiamo andare a cercare il tuo.”
Al si imbronciò senza neppure tentare di nasconderlo. “Non ne ho voglia.” Si ficcò le mani in tasca. “Odio il mondo babbano. Mi comprerò un abito da cerimonia!”
Tom afferrò i due lembi della sciarpa che penzolava sul maglione per tirarselo contro. “Non te lo posso permettere. E comunque, mi sembra, odi solo i sarti babbani…”
“Stronzate.”

“Sei geloso.” Constatò mentre l’altro giocava con il colletto della camicia di prova. Avrebbe dovuto togliersela, visto che fuori c’erano ben due persone ad attenderlo. Ma…
Al lo tirò giù per arrivare alla sua altezza. “È ovvio. Stronzo vanesio.” Disse, e poi lo baciò.
Sicuramente tutta la faccenda dei cosiddetti ‘ormoni adolescenziali’ era esagerata, ma Tom in quel momento pensò che i fautori di tale teoria avessero qualche punto. Specie perché Al si stava facendo largo tra la porzione di pelle e la cintura in modo delizioso. E ultimamente, poi, aveva il vizio di baciarlo sul punto più sensibile dietro la curva dell’orecchio. Era una cosa che lo faceva impazzire.
Okay. Ragione. Ormoni. Adolescenti.
Tom soffocò un gemito, sentendosi un idiota senza che la cosa lo preoccupasse poi molto. Infilò le dita sotto il maglione dell’altro e ovviamente, perché dopotutto erano in un negozio pieno di gente
“Tom, hai finito? Al, tesoro, gli dici di sbrigarsi?”
Al si staccò con disinvoltura, con le guance solo appena rosate. Perché stava ghignando?
La consapevolezza lo raggiunse con una forza di uno schiantesimo.
L’ha fatto di nuovo. Come in infermeria, dopo la prova… Si è controllato, mentre io…

Mentre lui, al momento attuale, non sapeva come diavolo allacciarsi i jeans senza evirarsi.
L’altro gli sorrise amorevolmente. “Sta venendo!” Aveva fatto davvero un gioco di parole degno solo di quella sciagurata di Lily? “Non provarci mai più, a farmi ingelosire, Signor Figura Slanciata…” mormorò, prima di scostare la tenda e piantarlo lì.
 
****
Scozia, Hogsmeade. Pomeriggio.
 
“Come diavolo ha fatto Albie ad andare a Londra? Dannazione!”
Lily, pensò Rose con un sospiro, era tendenzialmente una ragazza allegra e di buon carattere. Però si tramutava in una valchiria quando si trattava di shopping.

“Te l’ho già detto Lils. È maggiorenne, ha la possibilità di assentarsi una mezza giornata per motivi…”
“… gravi e comprovati!” Concluse l’altra, incedendo come una regina per la High Street. Il rosso accecante dei suoi capelli faceva pari col suo stato d’animo. Aveva già visto un paio di persone, maghi fatti, cederle il passo. “Ma quali?”
“Penso abbia detto che doveva fare una visita al San Mungo… e che la stessa scusa l’abbia usata anche Tom.”
“Serpeverde…” Brontolò Hugo, che aveva assunto un’aria remotamente patibolare da quando gli era stato detto che sì, avrebbero visitato negozi.

Povero fratellino. Maschi: allergici allo shopping. Tranne quel vanesio di Jam.
Lily fece una smorfia. “Non capisco come il loro Direttore ci sia cascato.” Fece mente locale. “Oh, giusto, Al è il cocco della sua Casa e Tom pure.”
“Quanti negozi dovremo visitare?” Pigolò Hugo, due passi dietro a loro. “Non tanti, vero?”
“Moltissimi.” Replicò impietosa Lily, poi sospirò. “Beh… chapeau alle loro facce di bronzo. A me Neville non avrebbe mai creduto.”
“No, non sei minimamente verosimile a due settimane dal Ballo… e poi hai quindici anni.”

“Non. Ricordarmelo.” Sibilò la ragazzina, affilando lo sguardo.
Rose ridacchiò, alzando le mani in segno di resa.   
Stava… meglio. Perlomeno non aveva più voglia di gettarsi dalla Torre di Astronomia.
Certo, ogni volta che rivolgeva la parola a Scorpius sentiva un orrendo magone all’altezza del petto, ma il peggio era passato.
Dopotutto, quella pausa si stava rivelando quasi benefica. Scorpius aveva più tempo da dedicare a sé stesso e al Torneo, e lei per la preparazione dei MAGO …
… ma chi voglio prendere in giro…
Si strinse la sciarpa al collo, mentre vento misto a nevischio sbatté loro impietosamente in faccia.
Scorpius le mancava, ma non riusciva a trovare il coraggio di avvicinarlo per parlargli di quello.
Il biondo, del resto, sembrava vivere la loro pausa in modo sereno. Non la ignorava, no, ma la teneva a distanza, al di là di battutine e gran sorrisi da fotomodello.
Rose sapeva di dover fare qualcosa per sbloccare la situazione, ma non aveva idea di cosa.
Cioè, sì, lo sapeva, ma non era facile.
Papà non fa che far rispondere la mamma alle mie lettere, dicendo che è ‘occupato’ con le indagini. Sarà pur vero, ma non vuole parlarmi.
Per andare avanti, per riavviare la situazione – pausa dannata – doveva mettere un punto con suo padre.
Dovrò appostarmi fuori dal Ministero per sorprenderlo?
Presa da quei pensieri si accorse a malapena che erano entrati ai Tre Manici per incontrare Roxanne: Lily non si muoveva senza di lei quando faceva shopping.
La ex-corvonero venne loro incontro salutandoli allegramente. Era stata appena passata alle regolari nelle Harpies, e questo giustificava il suo inconsueto buon’umore. Lily e Hugo si lanciarono nei complimenti d’occasione e Rose, dopo averli imitati per non sembrare disinteressata, diede un’occhiata al locale.
Anche Scorpius dovrebbe  essere qui … figurati se rifiuta la possibilità di una libera uscita extra.
E infatti Scorpius c’era. In compagnia di Violet Parkinson - Goyle.
Rose non notò che con loro era seduto anche l’assistente di Dom. Registrò soltanto che parlavano in francese, e Miss Capelli D’Ebano stringeva il braccio di Scorpius con familiarità.
Vanno al Ballo assieme – realizzò – Vanno al Ballo assieme.
Quasi si scontrò con la porta nel tentativo di aprirla e lanciarsi fuori. Il trillare di un milione di campanellini natalizi – perché diavolo Hannah li metteva ogni anno? – fece voltare parecchie persone, compresi i suoi cugini e, naturalmente, Malfoy e compagna.
Rosie!” Esclamò il ragazzo, o almeno sembrò lo dicesse. Del resto era già scappata fuori con le lacrime agli occhi di ordinanza.
Vanno al Ballo assieme. Non mi ha neanche chiesto con chi ci andavo. Va bene, siamo in pausa, ma perché ci deve andare con la sua fottuta promessa sposa?!
Era umiliante e voleva solo materializzarsi in camera sua e scoppiare a piangere. O uccidere Malfoy. Entrambe le possibilità erano allettanti, ma materialmente infattibili.
Quindi, corse nella prima direzione in cui il suo dolore adolescente la indirizzò. Poi venne afferrata per un braccio da qualcuno che neanche aveva il fiatone per la corsa.
“Fiorellino!” Sbottò Scorpius, prima di rendersi conto che non era il momento di dar nomignoli. “Okay… Rose. Aspetta, ti…”
Brutto stronzo!” Gli urlò a pieni polmoni, prima di tirargli una spinta. Non le interessava che fossero in mezzo ad una via trafficata. “Ipocrita!”

Scorpius la guardò sbalordito, e anche imbarazzato. Diede un’occhiata attorno e poi l’afferrò per un braccio, trascinandola nel primo vicolo disponibile.
Rose lo lasciò fare, perché capiva nebulosamente fosse meglio così.
“Di che diavolo stai parlando, Weasley?” Chiese poi con quella sua faccia da schiaffi. Fu tentata di tirargliene uno, in effetti.
“Lo sai benissimo!” Sapeva che la sua voce era stridula e poco piacevole ma… ‘fanculo. “Blateri di pause, che riprenderemo, e appena volto la testa ti trovo avvinghiato ad un’oca!”
Il ragazzo le lanciò uno sguardo dapprima confuso, poi incredulo. Se si fosse messo a sorridere l’avrebbe ucciso. “No, ascolta, hai frainteso…”
Frainteso un cazzo!” Benissimo, anche la scurrilità. Rose capiva che non era una buona idea fare una scenata ad una persona che stava valutando se riprenderla nella sua vita, ma non le interessava. Voleva solo soffocarlo in un quintale di neve. “Quella stronza è la tua promessa sposa, lo sanno tutti, e appena mi molli, cominci ad uscire con lei? Dove avrei frainteso esattamente?!”
Scorpius inspirò. Sembrava piuttosto arrabbiato anche lui, ma era evidente che si stesse trattenendo per fare il ragionevole dei due. “Non sto uscendo con Violet.” Disse, pacatamente. “E dico sul serio.” Aggiunse alla sua espressione riottosa. “E per quella roba del matrimonio combinato… sono cose che hanno caldeggiato le nostre famiglia, ma non siamo obbligati. Penso che Violet preferirebbe buttarsi da un ponte, piuttosto che sposarmi.”
“Sì, si vede da come ti guarda.” Sputò fuori malmostosa.
Scorpius fece una smorfia esasperata. “È tutta scena, ti assicuro che proprio non le interesso!” Scandì con attenzione. Rose lo fissò confusa. Sbuffò di nuovo. “Non le interesso per quello che sono.” 
“Biondo?”
Scorpius lo guardò incredulo, poi non ce la fece, scoppiò a ridere. “Merlino, Rosie, solo tu potevi uscirtene con una battuta del genere!” Ridacchiò, rivolgendole un sorriso affettuoso. Come se sapesse che era mezza matta, ma che lo trovasse un pregio.

Si fissarono per un attimo, imbarazzati. Rose si sentì una cretina.
Scenata in mezzo alla strada. Da oca cretina.
“Però al Ballo ci vai con lei.” Esordì, cercando di mantenere la voce su un tono saldo.
Scorpius fece spallucce. “Devo avere una dama, e lei… beh. Diciamo che il cavaliere prescelto non è… convenzionale.” Fece un mezzo sorrisetto tra sé e sé. Rose si sentì esclusa, ma ingoiò il rospo.
“Se non avessi avuto Al…” Mormorò invece, pianissimo. “… mi avresti invitata?”
Voglio saperlo. Devo saperlo. Ci vado con Al solo perché avevo paura che non mi avresti invitata.
Giocare in anticipo. Forse a volte è una cazzata.
Scorpius non disse nulla, ma le si avvicinò. Le alzò il viso con le dita, una mossa da Casanova, ma che addosso a lui era carina. “Tu mi avresti detto di sì?” Le chiese serio. “Perché so che i tuoi genitori e tuo zio saranno lì come invitati.” Non le lasciò il tempo di rispondere. “Se te l’avessi chiesto, avrei preteso tutti i balli e ti avrei baciato in mezzo alla pista. Di fronte a tutti.”
Rose a quel punto lo baciò. Lei, che due anni prima si sarebbe lanciata in una lunga riflessione sulle implicazioni e i rischi possibili di quel gesto.

Lo voleva e se l’era preso. Tutto lì.
Scorpius comunque lo ricambiò, passandole le braccia attorno alla vita e spingendosela contro.
Riflessi condizionati? Forse, ma Merlino, chi se ne importa…
Si staccarono, e Scorpius fece un mezzo sorriso. “Non era nei patti.” Disse, ma non sembrava dispiaciuto. A dirla tutta, aveva una strana espressione addosso, quasi estremamente concentrata.
Assurdo stronzetto.
“Non sono in pausa dai miei sentimenti, cretino.” Borbottò sentendosi le guance scottare.
“Neppure io.”  
“Allora perché diavolo continuiamo a starci lontani?” Sbottò incredula. Non era uno stupido, né un insensibile, doveva aver capito che quella situazione era uno schifo. “Sì, okay, ho ancora quella situazione tra il non detto e il non risolto con i miei, ma…”
Beh, dici poco – Considerò impietosa una voce nella sua testa.
“Corteggiami.” Le disse, riattirando la sua attenzione.
“… scusa?” La sua espressione doveva essere tragicamente buffa, perché l’altro soffocò un sorrisetto con un tic alla mascella.

E poi Rose comprese la strategia di quella serpe travestita da leone.
Vuole mettermi alla prova. Dopo la mia presa di parte con mio padre, vuole vedere se sono disposta a rincorrerlo…
Se fosse stato qualcun altro, l’avrebbe mandato sontuosamente a quel paese, ma era Malfoy.
Ha una parte di ragione, per quanto me lo stia dimostrando in modo contorto.
“Tu sei…” Inspirò cercando di frenarsi dall’istinto di prenderlo a schiaffi e baciarlo di nuovo. Si risolse ad appoggiarsi al muro del vicolo e sbuffare.  
“È più facile di quanto pensi … sono un ragazzo credulone.” Si sporse per darle un bacio sulla guancia. “Devo tornare. Ci vediamo a scuola?”
Rose lo ascoltò a malapena. “Sì… a scuola.” L’avrebbe ucciso, era decisamente un Malfoy.
E lei si era innamorata di quel Malfoy.
Vuoi la scopa, mia cara? Ora impara a voltare.
Doveva decisamente scovare suo padre.
 
Dieci minuti dopo, ai Tre Manici…
Scorpius si arruffò convulsamente i capelli. “Volevo baciarla! Volevo baciarla e dirle che era tutto dimenticato!” Piagnucolò sottovoce, che era pur sempre il Campione di Hogwarts.
Violet, dall’alto della sua esperienza decennale in Weasley, sebbene d’Oltre Manica, roteò gli occhi al cielo. “Scorpius, sei patetico. Ti dice niente la parola strategia?”
“Sì, è quella cosa che dovrà fare Dursley per me.” Mugugnò distratto, appoggiando la guancia contro il legno del tavolo. Si tirò su, quando lo trovò appiccicoso. “Tenerla a distanza.” Ripeté diligente, strofinandosi la guancia. “So che sta funzionando, e so che è la direzione giusta per avere un rapporto funzionale ed equilibrato in futuro… ma quando mi ha baciato non le sono saltato addosso solo perché sono un Occlumante e mi sono tappato!”
Mael gli diede una pacchetta sulla spalla. “Beh, ma… se il punto è farle trovare il coraggio per uscire fuori e farla in barba a suo padre…”
“Sta funzionando.” Proclamò Violet. “Tieni duro.”

Rosiiee…”
Violet gli rivolse una smorfia disgustata. “E poi mi si chiede perché preferisco le donne.”
 
****
 
Londra, Piccadilly Circus. Pomeriggio inoltrato.
 
Albus aveva insistito per andare ad ordinare non appena messo piede dentro lo Starbucks.
Tutto contento, dopo essersi fatto ripetere tre volte le loro ordinazioni, si era diretto verso il bancone.  
Tom gli lanciò un’occhiata poco convinta dal divanetto in cui si era accomodato con la madre.
“Finirà per sbagliare a contare i penny…”
“Dagli un po’ di fiducia, dopotutto Harry ha vissuto con… i babbani.” Fece una risatina divertita. “Scusa, ma è un modo così buffo per definirci! Comunque. Ci ha vissuto per anni. Avrà insegnato ai suoi figli a contare le sterline!”
“Al fa fatica a dare il resto persino con la valuta magica.”
Sua madre sbuffò, scacciando con un gesto evasivo la possibilità. Lanciò poi un’occhiata alla grossa busta di Burton ai loro piedi. “Però su una cosa hai ragione… ha un gusto tremendo. Dio, quel completo a coste che voleva comprarsi…” Fece una nuova risata, nascondendola in una mano. “Ma nel mondo magico sono tutti così?”
“Amano i colori vivaci. Motivi vistosi…” Convenne raccogliendo con la punta delle dita dei granelli di zucchero sul tavolo. Lanciò un’occhiata all’altro mago: stava borbottando tra sé e sé le ordinazioni. Gli venne da sorridere. “… ma effettivamente lui è particolare.”
“È vero…” Sua madre fece uno strano mezzo sorriso che Tom le aveva visto solo quando beccava lei ed Alicia a confabulare in giardino di ‘segreti tra donne’.

Che poi l’ho sempre saputo. Parlavano di ragazzi. Sai che segreti…
“Comunque è una fortuna aver trovato un gilet dello stesso esatto colore della tua cravatta… il lavanda è proprio il vostro colore.” Osservò, ancora con la stessa espressione, mentre Al intanto scandiva entusiasticamente i nomi delle loro ordinazioni ad una divertita ragazza al bancone. “Sarete così carini, coordinati. Si usa anche ad Hogwarts coordinare i vestiti per un ballo?”
Tom cominciò ad intuire dove voleva andare a parare. Solo, gli sembrava impossibile. Non aveva mai parlato a sua madre di certe cose, e lei, stranamente visto quant’era impicciona, non aveva mai chiesto.

“Se ci si va in coppia, a volte…” Si risolse a dire, guardingo.
“Beh, infatti.” Fece una delle sue disimpegnate scrollate di spalle aussie. “Ci andate assieme.”
Era una certezza. Tom le lanciò uno sguardo sicuramente sbalordito, perché l’altra rise. “Cos’è quella faccia?” Chiese osando anche essere stupita.
“Mamma, mi hai appena detto che pensi che io e Albus siamo una coppia.”
“E non è così?”

“Al ci va con sua cugina Rose.”
“Non hai risposto alla mia domanda.”
Quella conversazione stava diventa surreale.

Sua madre incrociò le braccia al petto. Era una posa piuttosto buffa ed espressiva. Ironica, anche, visto che l’assumeva solo quando doveva prendere in giro suo padre e i suoi fratelli.
“Thomas… sono tua madre.” Esordì. “Pensi che sia così stordita da non rendermi conto che ti sei innamorato?”
“Io e Al siamo sempre stati legati.” Tentò. Voleva vedere fino a che punto aveva capito.
Siamo così palesi?
“Sì, è vero.” Concesse la donna. “Ma in quest’ultimo anno è cambiato qualcosa. Siete ancora più… vicini, diciamo e non solo per quello che ti è successo.” Scosse la testa. “E poi vi siete appartati in camerino. Vecchio adagio, tesoro. L’ho fatto anch’io con tuo padre.”
Tom tacque, cercando di raccogliere le idee. Sperò ardentemente che Al non arrivasse, perché la sua presenza probabilmente non avrebbe migliorato la situazione.
Sarebbe capace di diventare paonazzo e rovesciarsi le tazze addosso.
“Non ho confermato né smentito, mi sembra.” Cercò di darsi un tono, perché essere trattato come un bambino non doveva diventare un abitudine per gli adulti della sua vita.
Ho già passato quella fase, grazie.
Robin appoggiò i gomiti al tavolo, con naturalezza. Lo scrutò con un lieve sorriso affettuoso. “Allora dimmi come stanno le cose. So che sei un tipetto pieno di segreti. Ma questo non è uno di quelli che devi mantenere con tua madre.”
Tom sospirò, facendo una smorfia irritata. L’altra aveva vinto. “Non mi piacciono i ragazzi. Mi piace Albus. Credo.” Aggiunse, perché se avesse dovuto scegliere, si sarebbe rapportato mille volte ad un ragazzo come Loki o quel biondino francese, piuttosto che a Rose o a Lily. 
“Credi che ti piaccia Al?” Lo stuzzicò, perché era ovviamente arrossito. Odiava quel genere di conversazioni a cuore aperto. Le odiava.
Sperava solo sua madre, dopo quel coming out, non avrebbe cominciato a parlargli di giornate dell’orgoglio gay, a cui peraltro partecipava attivamente, con rainbow - flag a decorare l’intero caffè in cui lavorava.
“Sì, mi piace Al.” Confermò. “È il resto degli esseri umani che non tollero.”
Robin rise di nuovo. Tom si chiese se non fosse fortunato ad avere una madre che aveva abbracciato con amore il suo sangue magico e il suo orientamento sessuale.

Probabilmente lo sono estremamente.
“È un peccato che non andiate assieme…” Prese un’espressione attenta e piuttosto combattiva. “Non è un problema di discriminazione, vero?”
“No … le discriminazioni sono sempre state di tutt’altro genere.” Scosse la testa.

E a quanto pare, io ero il più esaltato.  
Sentì una morsa spiacevole alla bocca dello stomaco. Quei pensieri gli sovvenivano random, ed era difficile scollarsi quella sensazione di disagio, dopo. Sua madre lesse la sua espressione, ma fraintese il motivo. Gli strinse la mano attraverso il tavolo.
“Dovresti chiederglielo tesoro, se vuoi andare con lui. Rose sono certa capirà.”
Tom la guardò. Una piccola, energica australiana. Lo aveva sempre cresciuto col sorriso, accettando con tranquillità tutte le sue stranezze. Che, a posteriori, erano davvero tante.
Le strinse la mano di rimando. “Non è per quello. Ci porterò Meike, al Ballo… le farà piacere, e perlomeno non sarò costretto a ballare con qualche ragazza.” 
“Allora cosa c’è?”
Al doveva davvero tornare con le loro ordinazioni. Lo vide al bancone dello zucchero, rovesciare bustine e crema dentro il suo bicchiere con la stessa concentrazione che avrebbe usato per preparare una pozione. Come non detto…

Sua madre ebbe un lampo di comprensione. Gli strinse la mano così forte da fargli quasi male. “Non è per… per quell’uomo?”
Tom esitò, poi decise di non dire niente. Non poteva parlarne, c’era lo Statuto. Ma non se la sentiva neanche di mentirle spudoratamente quando era così angosciata.

“Va tutto bene. Harry si preoccupa per me, e non mi lascia mettere un piede dove non devo.” Le sorrise rassicurante. O almeno, sperò di averlo fatto. Era inefficace in quel genere di esternazioni. “Ed ho capito la lezione.”
Sua madre annuì, con un sorriso debole, tenendogli la mano tra le sue. “Dovrei dire che ormai sono abituata a non sapere cosa fai quando sei nel tuo mondo… ma la verità Thomas, è che non mi sembra di fare la cosa giusta standoti lontana. Mi sembra di non proteggerti come dovrei.”

“Non è colpa vostra. Non potete…”
“Lo so.” Gli diede una pacchetta. “Ma… è una cosa da genitori Thomas… ci manchi molto, tutto qui.” Non era tutto lì, ma Tom non indagò oltre. Sentiva che non sarebbe stato pronto ad ascoltare il resto.

Al ha ragione. Devo ancora sviluppare come si deve la mia capacità emotiva.
“Mi mancate anche voi.” Buttò fuori, suonando quasi aggressivo. Sua madre però gli sorrise, facendogli una carezza.
“Il mio ometto…”
“Mamma, no.”

“Ecco qui, ometto!” Chiocciò Albus, con le loro tre ordinazioni su un vassoio in equilibrio precario. Tom era certo che avesse aspettato proprio il suo momento di maggior imbarazzo per entrare.
Prima in camerino… e adesso. È il mio turno.  
Albus aveva un modo tutto suo di fargli pagare le prese in giro e il fatto che lo trattasse da campagnolo quando erano nel mondo babbano. In realtà, era un gioco di ritorsioni vicendevoli.
Certo, alla fine avevano voglia di strozzarsi a vicenda, ma era anche divertente. E la versione maligna di Al piuttosto eccitante.
Ma questa è una cosa mia.  
Squadernò quindi un sogghigno che mise in evidente allarme l’altro. Prese il suo caffè americano e ne diede un sorso. Poi parlò.
“Mamma, sai che nel Mondo Magico non sanno proprio niente di prevenzione dalle malattie sessualmente trasmissibili?” Vide Al diventare bianco come un cadavere. Il sesso, per lui, era qualcosa che non si discuteva ad alta voce. Non direttamente. Si alludeva. Doveva essere un retaggio familiare, a giudicare quanto era pudico Harry; per non parlare di quel represso di Ron.
Comunque, devo ammetterlo, il mio Potter – Weasley recupera ampiamente a letto.
Sua madre abboccò all’amo. “Thomas! Vuoi dire che non usate il preservativo?”
Passarono la successiva mezz’ora a tentare di smacchiare il maglione di Al da ben due ordinazioni.

 
 
****
 
Hogwarts, Dormitorio di Serpeverde, Stanza del Caposcuola.
Dopocena.

 
“Sei stato veramente stronzo.”
Tom fece un sorrisetto compiaciuto mentre riponeva con la bacchetta il completo di Al – finalmente poteva usarla indisturbato –nel suo armadio. Con attenzione, che non si sgualcisse. L’altro sarebbe stato capace di impilarlo assieme ai suoi terrificanti maglioni e alle mortificanti felpe sportive.

“Mi sono solo vendicato… non vedo dove stia il problema.” Osservò neutro, voltandosi. Albus se ne stava steso sul letto, con le braccia incrociate e genericamente l’aria arruffata, imbarazzata e ostile.
Era delizioso.
“Vendicato di cosa?!”
“Forse dell’erezione che mi sono dovuto far passare in camerino…” Gli fece notare, e Al ebbe il buon gusto di ghignare.

Dopotutto erano serpeverde.
“Ma quella era per il sarto lascivo, visto che lo assecondavi.”
“Mh. Lascivo.” Se la passò sulla lingua, mentre l’altro tentava miseramente di non fissargli le labbra. “Hai imparato una nuova parola.”
“Stronzo!”
“Questa invece è sempre la stessa.”
Tom evitò per un soffio il lancio di Jenkins, parando con un braccio. La mira di Al era eccellente, ma anche piuttosto prevedibile. Almeno per lui.

Una pausa… solo una piccola pausa da tutto quello che mi sta aleggiando attorno…
Le indagini di Harry erano partite, Scorpius l’aveva ufficialmente designato suo assistente e sarebbe partito per Durmstrang. Erano tutte buone notizie in sé, ma complessivamente lo avvicinavano allo Scontro Finale, come lo aveva ribattezzato Al.
Si mise in ginocchio sul letto, raggiungendo l’altro, che tentò di scostarsi. Tentò era la parola giusta: non ne aveva difatti la minima intenzione. Ebbero una breve colluttazione, dove Tom probabilmente avrebbe avuto la peggio – l’altro era stato temprato da risse infantili con James – se il suddetto non si fosse docilmente arreso dopo circa dieci secondi.
Tom si trovò quindi sopra di lui, a tenerlo fermo con una mano sul petto.
“Per me quell’erezione puoi tenertela per tutta la notte.” Ritorse Al, ficcandogli le unghie nella pelle del braccio.
Quest’erezione.” Specificò, e ad Al tremò un sorriso sulle labbra, premendo per uscire. “Comunque ho vinto io.”
“Con l’agghiacciante conversazione sul sesso babbano che ho dovuto sostenere con tua madre, di sicuro.” Brontolò l’altro, rabbrividendo al ricordo. “Non sapevo che sapesse, comunque.”
“Non gliel’ho detto io…” Lasciò la presa sul petto, ora che sapeva che non sarebbe sgusciato via con consumata abilità da Cercatore. Gli baciò il collo, ottenendo in risposta un sospiro soffice. “L’ha intuito da sola. In effetti, a ben pensarci, davanti a lei mancava solo ci tenessimo per mano…” Gli soffiò sulla pelle.
“Non ti tengo per mano d’inverno… hai le mani come due ghiaccioli.” Mugolò Al, che in certi casi perdeva la capacità di parola spedita per diventare un piccolo cumulo di ansiti e gemiti. Non che a Tom spiacesse, beninteso.

Affatto.
Sollevò il maglione Weasley e glielo fece passare dalla testa mandandolo a morire da qualche parte sotto il letto. Al fece fare la stessa fine alla sua maglietta.
Tom pensò che avrebbero dovuto essere tutti così, i momenti della sua vita. Non perfetti, ma giusti per loro.
E ricaccerò sin nelle viscere dell’inferno Hohenheim per continuare ad averne…
Al lo tirò a sé per un bacio. “Non siamo il genere di coppia che sta avvinghiata come un polipo… per questo la gente pensa che potremo esserlo, ma non ha prove…” Interruppe il corso dei suoi pensieri. “E poi neanche andiamo al Ballo assieme.”
Tom inarcò le sopracciglia. Aveva sentito del rimpianto?
“Volevi che andassimo assieme?”
Al prese un’aria imbarazzata, fissandogli la clavicola destra con intensità. “… no.” Emise. “Cioè, ho dato da subito la mia parola a Rosie e tu l’hai data a Meike, e poi … non credo ci saranno tante coppie dello stesso sesso.”
“Più di quante immagini, secondo Nott.” Lo corresse studiandolo attentamente. “Se non hai questo desiderio… cos’è che vuoi?”

Al gli lanciò un’occhiata, ma non rispose. Preferì direttamente dargli un altro bacio. E poi Tom smise di chiederselo, ben preso da altro.
 
Quella era tutta colpa di Lily.
Sì, perché erano due settimane che non faceva che parlare di quel maledetto Ballo e, come se non bastasse, di come avrebbe volteggiato tra le braccia del suo tedesco. Il che faceva tanto principessa delle fiabe, come diceva a chiunque le chiedesse come si sentiva in merito.
Poi ci si era aggiunta Rose. Era ben determinata ad avere un ballo col suo Malfoy, cascasse il mondo. Così gli aveva confidato quella sera a cena, con aria da soldato in missione.
Ballo… Ballo… dannato, stupido Ballo del Ceppo.
Intrecciò le dita dietro la nuca, mentre accanto a lui Tom dormiva profondamente. Avrebbe potuto soffocarlo con Jenkins e non avrebbe avuto reazioni percepibili.
Cos’è che vuoi?
Voleva un ballo. In minuscolo. Un ballo con Tom.
Merda. Sono una principessa.



****

Note:
L’ordinazione di Al è un Caramel Macchiato. xD Capitolo di passaggio, ma ehi. Ogni tanto ci vuole.
1 Qui la canzone. Gruppo estremamente carino.

2. Savile Row: è la via, nel quartiere di Mayfair, dedicata interamente alla sartoria su misura. Si trovano boutique vecchie di secoli, molto prestigiose. È una passeggiata estremamente chic. xD Qua per maggiori informazioni.
3. Gieves&Hawkes: uno dei più vecchi negozi di sartoria del quartiere, con tanto di benedizione della Regina. Molto costoso. Qua per maggiori informazioni.
  
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