It's raining cats and dogs

di elyxyz
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** It's raining cats and dogs ***
Capitolo 2: *** Piovono gatte (da pelare) ***
Capitolo 3: *** Piovono cani (dell’esercito) ***
Capitolo 4: *** La gatta sul tetto che scotta ***
Capitolo 5: *** Qui gatta ci cova... ***
Capitolo 6: *** My name is... Tigercat ***
Capitolo 7: *** Cani dell’esercito in guerra: azioni di disturbo ***
Capitolo 8: *** Cani da bastonare e ferite da leccare ***
Capitolo 9: *** L'Aristogatto ***
Capitolo 10: *** Non dire gatto... se non l’hai nel sacco! ***
Capitolo 11: *** Un gatto non chiede, prende. ***
Capitolo 12: *** Kiss the rain ***
Capitolo 13: *** Can che abbaia... non morde ***
Capitolo 14: *** Frozen November Rain ***
Capitolo 15: *** Cuore di cane ***
Capitolo 16: *** Mai svegliare il can che dorme! ***
Capitolo 17: *** Gattamorta (a volte... ritornano) ***
Capitolo 18: *** Quando adotti un cucciolo, preparati ai suoi guai… (omake n°1) ***
Capitolo 19: *** M.I.A.O. ! ***
Capitolo 20: *** Quando adotti un cucciolo, preparati ai suoi guai... (omake n°2) ***
Capitolo 21: *** Lische di pesce e scheletri nell’armadio ***
Capitolo 22: *** Quando adotti un cucciolo, preparati ai suoi guai... (omake n°3) ***
Capitolo 23: *** Litigi fra cuccioli (Far Cagnara) ***
Capitolo 24: *** Quando adotti un cucciolo, preparati ai suoi guai… (omake n°4) ***
Capitolo 25: *** Gatto nero, gatto bianco. Al buio, tutti i gatti sono neri. ***
Capitolo 26: *** Quando adotti un cucciolo, preparati ai suoi guai… (omake n°5) ***
Capitolo 27: *** Da cane a cane: abbaio ufficioso ***
Capitolo 28: *** A day without rain ***
Capitolo 29: *** Rain Man ***
Capitolo 30: *** Fire Man (I parte: Il gatto delle nevi) ***
Capitolo 31: *** Fire Man (II parte: L’uomo del Fuoco) ***
Capitolo 32: *** Fire Man (III parte: Attorno al Fuoco) ***
Capitolo 33: *** Fire Man (IV parte: Il tartufo (con)gelato) ***
Capitolo 34: *** Fire Man (V parte: Calori canini ed estri improvvisi) ***
Capitolo 35: *** Fire Man (VI parte: Latrati stonati, guaiti e uggiolii) ***
Capitolo 36: *** Fire Man (VII parte: Non si possono raddrizzare le zampe ai cani) ***
Capitolo 37: *** Fire Man (VIII parte: Torna a casa, Lassie!) ***
Capitolo 38: *** Come cane e gatta ***
Capitolo 39: *** Chi si addormenta coi cani, si alza con le pulci ***
Capitolo 40: *** Sleepy Dog ***
Capitolo 41: *** Le ferite di guerra di un cane dell’esercito ***
Capitolo 42: *** Cosa vuol dire ‘addomesticare’? ***
Capitolo 43: *** L’orgoglio ferito di un cane dell’esercito ***
Capitolo 44: *** La gatta frettolosa fa i gattini ciechi ***
Capitolo 45: *** Agility Dog ***
Capitolo 46: *** Stelle a quattro zampe e medaglie di riconoscimento ***
Capitolo 47: *** Another Rainy Night (Without You) ***
Capitolo 48: *** Black Rain – Pioggia Sporca ***
Capitolo 49: *** Cane amoroso, sempre velenoso ***
Capitolo 50: *** Cane ‘stecchito’ e Gatto ‘a stecchetto’ ***
Capitolo 51: *** Dog Therapy ***
Capitolo 52: *** Weekend al canile (I parte: Zampino canino) ***
Capitolo 53: *** Weekend al canile (II parte: Piovono principessi bagnati e fagioli magici) ***
Capitolo 54: *** It's raining - The Prequel ***
Capitolo 55: *** Dog, Cat & Blue Moon ***
Capitolo 56: *** Cane da riporto ***
Capitolo 57: *** Canini felini ***
Capitolo 58: *** Tanto va la gatta al lardo... ***
Capitolo 59: *** ...che ci lascia lo zampino! ***
Capitolo 60: *** Essere cane vuol dire fedeltà ***
Capitolo 61: *** I cani ci insegnano ad amare; i gatti ci insegnano a vivere. ***
Capitolo 62: *** Rainy Day Man ***
Capitolo 63: *** Cat Therapy ***
Capitolo 64: *** Cane Lupo ***
Capitolo 65: *** Lingue di Gatto e Biscotti di Nonna Papera ***
Capitolo 66: *** Rainy Memories ***
Capitolo 67: *** Pesce gatto ***
Capitolo 68: *** The Family Dog ***
Capitolo 69: *** The Rainmaker ***
Capitolo 70: *** Un osso duro da rosicchiare ***
Capitolo 71: *** Puppy’s Name ***



Capitolo 1
*** It's raining cats and dogs ***


Gattino roy ed dopo ep 13

Un’interpretazione alternativa al finale dell’episodio n°13,Fuoco contro Acciaio’.

Note: il seguente scritto contiene lievi riferimenti yaoi.
Per ulteriori spiegazioni, vi rimando alla conclusione della fic.

Ragazzi/e, sono davvero commossa! Ç___ç
Non avrei mai creduto che SSS potesse piacervi tanto… le vostre recensioni e le analisi accurate sono state una botta di vita per la mia autostima di writer.
Grazie di cuore!! (_ _) (Ely si inchina profondamente).
Questa raccolta la dedico a voi,

Arkadio, Desy, Yoko_chan, Kayra, Yuki, Setsuka, Nacchan, _Ale2_, Be Mine, Fuuma, MiLiKa, Melchan, Onda, Rizafromkeron e Vocedelsilenzio.
Come sincero ringraziamento.

 

 

It's raining cats and dogs

 

-Piovono gatti e cani, letteralmente-

 

 

 

(ovvero: Piccoli Randagi Trovano Casa)

 

 

by elyxyz

 

 

 

 

 

Ed avanzava veloce nell’oscurità. Una ciotolina di plastica in tasca. Mezzo litro di latte nascosto tra le pieghe dell’impermeabile, e già sentiva quello spiacevole pizzicore allergico prudergli persino sulla mano metallica.

Si guardava attorno, smarrito, provando a ricordare la strada fatta qualche ora addietro.

Aveva ripreso a piovere, come quella mattina, e sentiva l’umidità entrargli fin nelle ossa.

 

Era sgattaiolato fuori dal dormitorio militare di nascosto. Al voleva stare un po’ da solo, triste perché avevano abbandonato il gattino.

E la responsabilità era sua, ma che altro potevano fare?

Si sentiva in colpa, ed era per questo che adesso era lì, sotto quel diluvio.

A cercare tra i viottoli di East City, tra mille vie tutte uguali, quel vicolo anonimo, un po’ più buio degli altri, perché ricordava di aver notato il lampione rotto riverberare le luci della sera.

D’un tratto, quando stava cedendo allo sconforto, scorse la carrozzina, col micetto tutto intirizzito. Nel momento in cui lo riconobbe, la bestiolina si mise a miagolare.

 

Edward si intenerì, ma lo sgridò ugualmente. “Shhh! Smettila, o sveglierai il quartiere…”

Gli fece una carezza sulla morbida testolina e questo si zittì, quindi posò la scodella sul lenzuolo, versandoci in fretta un po’ di latte, e poi nascondendo il contenitore come se fosse un tabù. “Per la colazione di domani… se hai fame…” gli spiegò, pazientemente, accarezzandolo un’ultima volta.

Il gattino annusò le sue dita sporche di latte, e gliele leccò con la linguetta ruvida.

Ed sorrise. Dispiaciuto.

Prese un piccolo telo cerato, e lo adagiò sul tettuccio, perché lo coprisse.

Era ora di un altro addio.

Deglutì a vuoto. Uno strano nodo in gola.

Si chiese perché fosse tornato lì. In fondo, era stata una decisione sua, quella di abbandonarlo al suo destino, seppur a malincuore. Non avevano altra scelta, lui ed Al. Non potevano tenerlo. Non sapevano a chi darlo. Qualche vecchina buon’anima si sarebbe intenerita, e si sarebbe presa cura del cucciolo, che adesso piagnucolava in modo straziante…

Fece per andarsene, ma il piccolo aumentò il miagolio.

 

Una delle finestre, sopra la sua testa, s’aprì cigolando.

Si sporse una figura, preceduta da delle colorite lamentele. “E allora? La smettiamo?! Qui c’è… Fullmetal?!

 

Edo alzò il viso in alto, ma la pioggia gli entrò negli occhi e fece fatica a vedere…

“Colonnello!, che diavolo ci fa, lei, qui?!”

 

“Dovrei chiedertelo io!” replicò seccato Roy Mustang, sbattendo l’infisso con poca grazia.

 

Elric guardò la carrozzina e il suo occupante. “Ci mancava solo questa…”

E si ritrovò il suo superiore di fianco, nel portone d’entrata che – Edward non l’aveva notato – era poco oltre a dove si trovava lui.

 

“Entra, muoviti!” gli ordinò, sporgendosi con un ombrello verso di lui.

 

Acciaio lo guardò stranito. Fece qualche passo e poi ricordò perché era lì.

“E lui?” chiese, indicando l’ingombrante carrozzina per neonati dietro di sé.

 

Roy sembrò accorgersene solo ora. Nella penombra, Ed vide i suoi occhi dilatarsi. “Non ci sarà mica un bimbo?!

 

“No. Un gatto.” Replicò il biondo, starnutendo.

 

Per un istante, l’Alchimista di Fuoco credette che lo stesse prendendo in giro. Ma Fullmetal non sembrava essere in vena di scherzi. E, visto come stava piovendo a dirotto, lui non era certo dell’umore da spiritosaggini.

 

“Prendilo e muoviti.” Gli intimò, precedendolo dentro.

 

Edward afferrò l’animaletto per la collottola e trasmutò il resto. Poi lo seguì, chiedendosi come cavolo c’era finito in questo guaio.

“E così… lei abita qui…” constatò, senza troppa enfasi. Giusto per riempire quell’imbarazzante silenzio. Se l’avessi saputo, col cavolo che...

 

“Solo finché non tornerò a Central City.” Spiegò il militare, senza scomodarsi a guardarlo.

 

Salirono le due rampe di scale, che introducevano in un piccolo appartamento.

Ed fu immediatamente colpito dall’essenzialità del locale. Semplice, quasi spartano.

Non si aspettava certo questo, da un uomo borioso e megalomane come Taisa Mustang, quanto invece architetture fastose e arredi sfacciatamente appariscenti.

 

Fu invitato ad accomodarsi, quindi si sedette sul divano del salotto col gattino in braccio, mentre il padrone di casa scompariva chissà dove, col suo impermeabile zuppo.

 

Ricomparve poco dopo, con due asciugamani. Uno glielo offrì, lanciandoglielo con poca gentilezza in testa, perché si asciugasse almeno un po’, e l’altro lo strofinò delicatamente sull’animaletto infreddolito, che non sembrava particolarmente felice d’essersi bagnato.

Roy sorrise. “Anche tu odi l’acqua, eh?!

 

Edward si ricosse dai suoi borbottamenti per quei modi cafoni, credendo che il più grande si stesse rivolgendo a lui, ma ben presto capì che non era così.

Lo vide raccogliere la soffice palla di pelo e sedersi accanto a lui, tenendolo sul grembo.

Una veloce grattatina, e l’animale si mise a ronfare piacevolmente.

 

“Non è un cane.” Disse, serio.

 

“No. Non è un cane.” Ripeté Edo, ironico.

 

“Stamattina, il Sergente Maggiore Fury ne ha trovato uno… Cos’è?! Oggi piovono cani e gatti?” ipotizzò, tra il polemico e il divertito. “E’ la Giornata del Randagio e nessuno me l’ha detto?!

 

“Ho sentito che il Tenente Hawkeye si è offerta di prendersene cura.

 

“Mi piacciono i cani.” Ribadì Mustang, come se parlasse da solo. “Già. Mi si addicono. Sono fedeli, servizievoli, intelligenti. Si confanno alla mia scalata al potere.”

 

Edward si chiese se fosse serio o meno. O, semplicemente, pazzo. Come, del resto, lui credeva da tempo. Tanto valeva dargli spago…

“Ma i gatti hanno nove vite.” Obiettò. “Sono indipendenti, fieri, calcolatori, subdoli, maestosi…”

 

“Uhm. Stai parlando di me o di loro?” s’interessò il Colonnello, ghignando sarcastico.

 

“Io non le farei mai un complimento!” s’inalberò Acciaio, stizzito. E l’altro preferì non infierire.

 

“Era questo l’animale che avrei ricevuto, se avessi perso il nostro scontro?”

 

“Da chi l’ha saputo?” domandò Ed, sorpreso.

 

“Io so sempre tutto. Anche quando parli male di me, alle mie spalle…” precisò, con un vago tono di avvertimento velato. Neanche poi tanto velato.

 

Il giovane Elric deglutì a vuoto.

 

Mustang scrollò le spalle, giocherellando col micio, e riprendendo gioviale: “In ogni caso, ha poca importanza. Tuttavia… perché non mi hai chiesto di tenerlo? Io ho effettivamente perso la sfida.” Chiarì, senza rammarico. “E mettiamo in chiaro una cosa: non ti dirò il perché… ma sappi che non ti avrei mai dato il colpo di grazia.

 

Edo scosse la testa. “Mi ha già dato informazioni preziose su Marcoh, quindi non potevo chiederle anche questo… va contro il Principio dello Scambio Equivalente…”

 

“Fiero, calcolatore e maestoso.” Ripeté Roy, ignorando il ragazzo. Fissò il gatto, sollevandoselo all’altezza degli occhi. Ricevette in risposta un lento miagolio di protesta. “Questa palla di pelo non mi sembra niente di tutto questo. Ma mi piace pensare che potrebbe diventarlo, col mio aiuto, ovviamente. Saprò pazientare…”

 

“Vuole dire che…” non osava sperare tanto. Al ne sarebbe stato entusiasta!

 

“Significa che io prendo in consegna questo sacco di pulci, ma – per la sopraccitata Legge, che entrambi conosciamo -, ogni mese detrarrò personalmente dal tuo stipendio le spese per il suo mantenimento. Concluse, serafico.

 

“Dannato Taisa!” s’infervorò il più giovane, masticando un paio di improperi. “Credo di non avere altra scelta…”

 

“Ottimo! Allora è deciso. Adesso io vado a farmi un bagno, si sta facendo tardi.

 

“Scusi. Ora tolgo il disturbo...”

 

Alphonse sa che sei qui? Non sarà in pensiero?” chiese il Colonnello, guardando l’ora.

 

Ed si stupì di quella premura inattesa.

“Non sa che sono venuto.” Si giustificò. “Era triste e arrabbiato con me, per il gattino. Quando fa così è meglio stargli alla larga per un po’. Domani mattina sarà tutto come prima...”

 

“Lo conosci davvero molto bene…” ravvisò.

 

“E’ mio fratello. Non c’è giorno che io ricordi d’aver passato senza di lui.” Sorrise, e Roy riconobbe che addolciva lo sguardo, quando parlava di lui.

 

Se ne scoprì irrazionalmente geloso. E di desiderare, almeno una volta, quel sorriso per sé.

“Se non hai fretta, puoi restare qui finché la pioggia non cesserà o, almeno, diminuirà. Gli suggerì sbrigativo, con l’impellente urgenza di non averlo più così vicino, di ristabilire le loro distanze. “…e di’ a tuo fratello che può venire a vedere il gatto quando vuole…”

Quindi scomparve verso il bagno e le stanze private, senza attendere un ringraziamento.

 

Acciaio si riaccomodò sul divano. Il micio gli zampettò contro, pronto a ricevere una buona dose di coccole.

Non s’era accorto di quanto fosse stanco. In fondo, era stata una giornata pesante, quella. Il viaggio per arrivare a East City. La prova annuale. La ristrutturazione del piazzale delle esercitazioni. Il vagabondaggio con Al, e poi da solo.

 

Per una volta, avrebbe ringraziato la sua buona stella per averlo messo sulla strada di quell’insopportabile Taisa. Bastava non farci l’abitudine, però.

Finché era sotto la doccia, poteva anche rilassarsi. Due minuti, comunque. Solo due minuti.

 

 

Mustang uscì dalla vasca da bagno quasi un’ora dopo. Era distrutto.

Lo scontro con Acciaio e il rifacimento della piazza senza l’uso dell’Alchimia erano stati massacranti. E forse s’era appisolato un po’, nel tepore dell’acqua calda.

Sbadigliando, tese l’orecchio. Dal salotto non proveniva alcun rumore.

Non si aspettava certo di sentire quel marmocchio chiacchierare animatamente col felino, ma sembrava non ci fosse più anima viva. Per fortuna.

A volte, gli uscivano strani pensieri su quel nanerottolo piantagrane. Pensieri pericolosi. Per la sua pace mentale, almeno.

 

Ad ogni modo, se n’era andato. Perciò il problema non si poneva neppure.

Uscì quindi con calma. S’asciugò con lentezza e precisione, poi s’infilò un paio di pantaloni del pigiama e si diresse scalzo in sala.

Le luci erano ancora accese.

Edward dormiva saporitamente, raggomitolato sul divano, e il gattino acciambellato contro di lui.

 

Roy stiracchiò le labbra, in un qualcosa che sapeva di tenerezza.

Prese un plaid leggero e li coprì, poi spense la luce.

 

Nella penombra che giungeva dal corridoio, cercò la bottiglia di vino da degustazione e il calice panciuto adagiati sulla mensola, prima di quel fuori programma.

Si sedette, sospirando, sulla poltrona davanti al sofà.

Era stanco, ma poteva regalarsi qualche minuto di pace.

Un raro momento, in cui quel vulcano alto un metro e uno sputo se ne stava zitto e quieto.

E a lui piaceva avere compagnia senza dover intrattenere nessuno.

Lo faceva sentire meno solo.

Verrà mai il giorno in cui desidererai stare con me... e non sul mio divano?

 

Finì anche l’ultimo sorso. Gli augurò una silenziosa buonanotte.

E se andò a dormire, dove il suo letto lo reclamava.

 

 

Fine

 

 

Disclaimers: I personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.

Note: è la prima volta che mi cimento in una raccolta e questo è il primo di tre capitoli. Ma non ne escludo altri, in futuro.

Il titolo è una locuzione inglese comunemente usata, che equivale al nostro ‘piove a catinelle’, ma il nostro Roy ci dà una valenza letterale, come abbiamo visto. ^___^

Poiché mi è stato chiesto, è bene chiarire (grazie, Desy!) che la scritta rossa iniziale sugli accenni yaoi riguarda anche le storie che sono catalogate shonen-ai, in quanto NON etero. Per precisa richiesta dell’amministrazione di EFP, applicata qualche anno fa, ma che molti, soprattutto tra i neofiti del sito, non sanno.

PS x Rizafromkeron: in SSS non ci vedo un rapporto d’amore tra Roy e Maes. Non era mia intenzione dare questa sfumatura. In questa particolare storia, li ho immaginati molto legati, come amici, quasi come fratelli. E credo si possa dire “Ti voglio bene, mi manchi” anche ad un amico, senza doppi significati. Accetto cmq la tua interpretazione e i tuoi leciti dubbi al riguardo.

Genesi della storia: l’episodio 13 è forse quello che ho visto più volte, finora. Mi piace particolarmente, che ci posso fare?! >.<
Però il finale è tristissimo, il gattino nella carrozzina che viene abbandonato, mentre il cagnolino trova una casa… da tempo ci pensavo, e ora mi sono divertita a dare corpo a quest’idea.


Come sempre, sono graditi commenti, consigli e critiche.

Grazie (_ _)

elyxyz

 

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Capitolo 2
*** Piovono gatte (da pelare) ***


Doppio drabble

Doppio drabble. 200 parole esatte.

Ambientata qualche mese dopo il primo cap.

 

Il seguente scritto contiene lievi riferimenti yaoi.

 

Dedicata a chi ha commentato il primo capitolo della raccolta.
Con sincero affetto.

 

 

 

 

Piovono gatte (da pelare)

 

 

by elyxyz

 

 

 

 

 

Una carezza umida, sul collo, seguita da tanti piccoli bacetti veloci.

Roy uscì dalle maglie del sonno, per vagare nel limbo del dormiveglia.

Ricordava ancora abbastanza distintamente la bionda prosperosa con occhioni da cerbiatta, che aveva sedotto al bar, la sera prima. Possedeva due labbra che chiedevano solo di… di…

E lui aveva cercato disperatamente qualcosa o qualcuno che non lo facesse pensare, almeno per un po’, ad un’altra testa bionda, a due occhi dorati… ad un desiderio proibito.

 

Si era quindi consolato come poteva, e le sue arti amatorie lo avevano allietato sin quasi all’alba… ma, evidentemente, quella micetta in calore non era ancora sazia…

Piacevole. Il dolce peso sul suo torace, sentiva la sua bocca mordicchiargli l’orecchio, con i suoi denti inaspettatamente affilati. Un morso e una leccata ruvida sul pomo d’Adamo.

Ma lui era stanco. Aveva ancora sonno. Affondò le dita sulla chioma vaporosa, allontanandola bruscamente da sé.

“Non ora, Sandy... opsMandy…” si corresse.

 

Un attimo di pausa. Poi sentì solo un acuto dolore.

 

 

“Colonnello, che ha fatto al naso?”

 

“Sembra… sembra un morso!”

 

“E quei graffi sul collo?!

 

Ed sghignazzò tra sé, quindi lo guardò ipocritamente carezzevole: “Ha scordato la colazione del suo gatto, stamattina?”

 

 

Fine



Disclaimers: I personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.


Come sempre, sono graditi commenti, consigli e critiche.

Grazie (_ _)

elyxyz

 

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Capitolo 3
*** Piovono cani (dell’esercito) ***


Edward, stretto nell’impermeabile fradicio, percorse lentamente il vicolo buio e si fermò

Drabble. 100 parole esatte.

 

Il seguente scritto contiene lievi riferimenti yaoi.

 

Dedicato a chi ha commentato i precedenti capitoli della raccolta.
Con sincero affetto.

 

 

 

 

 

Piovono cani (dellesercito)

 

 

by elyxyz

 

 

 

 

Pioveva.

Edward, stretto nell’impermeabile fradicio, percorse il vicolo, fermandosi poi contro il palazzo.

Congiunse le mani e comparve un’altra carrozzina.

La guardò con tristezza e disagio.

Niente latte, stavolta. Tanto non sarebbe servito.

Un basso miagolio si elevò, dapprima timidamente, quindi sempre più forte, disperato.

 

Una luce s’accese, al secondo piano dello stabile, l’unico abitato.

Roy Mustang fece capolino dalla finestra, con aria alquanto seccata.

“Insomma! Un’altra volt-” s’interruppe. “Fullmetal! Che diavolo ci fai, lì dentro?!

 

Ed abbassò il tettuccio della culla, bagnandosi il naso di pioggia.

“Ho litigato con Al, e mi serve un posto dove passare la notte…”

 

 

Fine



Disclaimers: I personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.

Che dire… i commenti al capitolo precedente mi hanno un po’ sorpresa… soprattutto quelli in pvt: tutte/i a massacrare il povero Roy, che – per quanto deprecabile – sta già male di suo, perché non può avere Ed… ad ogni modo, il micio lo ha punito a dovere… avete presente quanto possono essere affilati e appuntiti i dentini e le unghiette di un cucciolo?! ^____^ Soffri, Roy, soffri… è_é
Ho sghignazzato un sacco immaginando la sua faccia, quando in ufficio i suoi sottoposti gli hanno chiesto cos’avesse fatto… e poi Ed gli dà la stoccatina finale… ^____^

Non so se vi farà piacere, ma questo (che in origine chiudeva la trilogia) non sarà l’ultimo capitolo di It’s raining. Mi sono venute tante ideuzze da scrivere, tristi e comiche, magari romantiche…
Ma vi avverto già da ora che non seguirò una successione cronologica nella storia. Sennò, che raccolta è?!
E quella sguald… bionda procace… non tornerà, ma altre tettone sì, quindi preparatevi…

Come sempre, sono graditi commenti, consigli e critiche.

Grazie (_ _)

elyxyz

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 4
*** La gatta sul tetto che scotta ***


La gatta sul tetto che scotta

Comincio chiedendo perdono per il ritardo, abbiate pazienza, ma sto lavorando per voi! ^__=

Anche se già anticipato, è bene ricordare che questa raccolta non segue un ordine cronologico degli eventi, (altrimenti sarebbe stata una semplice storia a capitoli! ^__^) e che quindi, se vi rimangono dei dubbi, saranno chiariti… prima o poi… ^^’

Un’ultima cosa: questo capitolo si svolge più o meno un anno dopo l’inizio della vicenda, in quel famoso ‘what if?’, Mustang è di stanza stabile a East City e ci rimarrà ancora per parecchio, …e non credo che Roy e Edward siano OOC. Semplicemente, in questi mesi hanno avuto modo di smussare qualche spigolo fra loro, ma neanche tanti… restano comunque due testoni! >.<

 

Il seguente scritto contiene lievi riferimenti yaoi.

 

Dedicata a voi,

    che avete letto e commentato.

 

Un grazie di cuore.

 

 

 

La gatta sul tetto che scotta

 

by elyxyz

 

 

 

 

Taisa… ma dov’è finito Tora?” chiese Ed, guardandosi intorno distrattamente, dopo avergli consegnato il plico da recapitare.

Generalmente trovava quel pacifico gattone acciambellato sul divano, sopra il suo cuscino preferito, intento a sonnecchiare saporitamente.

 

“Credo sia entrato nello studio. Vai a vedere, se vuoi.” Gli consigliò il Colonnello, reprimendo a fatica la gioia per quell’improvvisata.

Ok. Acciaio gli aveva portato dell’odioso lavoro a casa, scartoffie da controfirmare entro le 8 del mattino successivo, ma era troppo contento che Edward fosse lì, per rammaricarsene.

 

“Non c’è!” lo sentì dire, dalla stanza in fondo al corridoio. Quindi decise di seguirlo.

Lo trovò rannicchiato davanti all’imponente libreria che conteneva i tomi dei suoi anni di studio, sull’Alchimia, soprattutto, ma non solo.

 

“Ma non stavi cercando il gatto?!” gli domandò, sorridendo, con una punta di ironia.

 

“Non c’è!” si difese Ed, piccato. “…e questo libro non l’ho mai letto…” sussurrò, sfilando con l’indice ogni testo del primo scaffale, senza distogliere gli occhi dalla fila di volumi. “E neanche questo.” Considerò fra sé, sottovoce.

 

“Potrei…” prestarteli? “Potresti venire qui a leggere quando e quanto ti pare, nessuno ti disturberebbe…” si corresse, modulando, per quanto possibile, la propria voce in un tono disinteressato.

 

Edo sollevò di scatto la testa verso di lui. “Davvero?!” chiese, speranzoso, con candida ingenuità.

 

Roy si sentì dannatamente bastardo, per quello che stava facendo… ma si prospettava un’occasione più unica che rara, per poter stare un po’ con lui, e magari aver la possibilità di conoscersi un pochino meglio… quindi sollevò le spalle per schernirsi: “Beh, te l’ho appena proposto… ma sono molto geloso dei miei manuali, sono rari e costosi… non devono uscire da questa casa.” Chiarì, sentendosi in colpa; perché era vero, sì, ma non del tutto.

Possedeva tomi ricercati, se non addirittura introvabili, e li custodiva con cura, ovviamente; ma non ci perdeva certo il sonno, se uno si sgualciva un po’. Quando Elycia aveva rigurgitato la pappa sopra alla sua copia originale del ‘Trattato Alchemico: Compendio Arcano’, Maes aveva passato un brutto quarto d’ora, ma poi c’aveva messo una pietra sopra…

Tuttavia, quell’espediente poteva rivelarsi un buon alibi, anche se si sentiva sempre più meschino.

 

“L’ultima volta che ho prestato uno dei miei libri, è rimasto irrimediabilmente rovinato, a causa dell’incuria del Tenente Colonnello Hughes. Quindi mi sono ripromesso che nulla più sarebbe uscito da quella porta. E indicò una simbolica uscita.

 

Inaspettatamente, Ed gli diede ragione. Da grande estimatore di rarità, e ammuffito topo di biblioteca, non poteva che convenire con lui, sul rispetto religioso che si doveva portare ad ogni opera cartacea di valore, soprattutto se poteva ampliare il suo Sapere.

 

“Beh, te l’ho detto… vieni quando vuoi…” ribadì Mustang, improvvisamente in imbarazzo.

Era addestrato a discutere con Acciaio fino allo sfinimento, era avvezzo a stuzzicarlo per fargli perdere le staffe… ma non era abituato a vederlo così mansueto, e concorde.

 

Si guardò quindi attorno, in cerca di un qualsiasi, possibile diversivo… in quel mentre gli sovvenne il loro obiettivo primario. “Stavamo cercando il gatto…” ricordò al giovane, che si rialzò pigramente, faticando a staccare gli occhi bramosi dallo scaffale delle meraviglie.

 

“Eh? Ah! Già…” rispose, infatti, distratto.

 

Roy sollevò gli occhi al cielo, sbuffando divertito per le reazioni dell’altro. E fu in quel momento che capì.

“E’ uscito dal lucernario.” Disse, additando la botola semiaperta che conduceva al tetto.

 

Edward si riscosse definitivamente dalla sua passione, per dargli retta.

“Non l’avevo notato.” Ammise. “Ci va spesso?” s’interessò.

 

“Mai stato, che io sappia.” Rispose l’uomo.

 

“Non lei! Il gatto!!” s’infervorò Edo, esasperato.

 

“Appunto! E io che ho detto?!” si difese, risentito. “Vai a controllare…” gli ordinò.

 

“Perché io?!” protestò il biondo, contestando il comando.

 

“Perché lassù è stretto e tu sei più picc-” riprese. Mossa infelice.

 

“CHI E’ COSI’ MINUSCOLO DA PASSARE PER LA CRUNA DI UN AGO?!” sbraitò il giovane Elric, e Mustang non poté far altro che osservare, inerme, la sua sfuriata.

 

La cosa non stava prendendo una bella piega. Ritentò, più democratico, ma senza dare l’impressione di voler cedere. “Perché sei più agile di me…” lo lusingò “E perché sono un tuo superiore e i miei ordini non si discutono!” chiarì, asciutto. Imponendosi un contegno doveroso che ristabilisse i ranghi.

 

Edward sbuffò seccato. Ma non replicò, stavolta.

Forse perché si era ricordato della preziosa libreria di poco prima, o forse solo perché, in quanto militare, doveva rispetto al suo superiore.

Attese quindi che Roy s’allungasse per catturare la scaletta pieghevole in metallo che permetteva la risalita, indi s’inerpicò piolo per piolo.

Sbucò direttamente sul tetto. “WOW!!” si lasciò sfuggire, assurdamente meravigliato da quello spettacolo. Il cielo era una coperta blu, incredibilmente puntinata d’oro. Forse grazie alla mancanza della luna, ma non ricordava neppure più l’ultima volta che aveva visto uno scorcio così bello da mozzare il fiato.

 

“Lo hai trovato?” gli chiese la voce del Colonnello dal basso, attutita dalle pareti.

 

“Non ancora…” temporeggiò, sondando i comignoli e le tegole. Affinò l’udito, e gli parve di sentire il miagolio familiare provenire dalla parte sul retro del tetto, oltre la cima, e che quindi non poteva vedere. Riusciva però a riconoscere che era un lamento strano, in qualche modo urgente, come un richiamo. Non certo uno di quei ronfare d’apprezzamento che gli regalava, quando faceva le fusa.

“Lo sento piagnucolare, ma non so raggiungerlo…” decise di informarlo, stabilendo su come procedere.

 

“E che diamine aspetti?!” lo sentì protestare. “Potrebbe essere in pericolo, oppure non sa come scendere!” lo redarguì, con una punta di preoccupazione.

 

Anche se in parte infastidito dal rimprovero, Ed riconobbe la sincera ansia di Mustang. Nel corso di quei lunghi mesi, s’era davvero affezionato a Tora… quindi soprasedette. “Vedo cosa posso fare!”

 

Edward?” lo richiamò il Colonnello.

 

Nh?!”

 

“Vai in perlustrazione? …stai attento a non scivolare…” si raccomandò.

 

Edo abbozzò un sorriso, per questa sua premura. Si poteva criticare Taisa Mustang su infiniti fronti, ma non si poteva certo dire che non si preoccupasse dei suoi sottoposti.

 

Si arrampicò sui lamierini, saggiandone la scivolosità. Quindi procedette adagio, per non slittare.

Qualche minuto dopo, la testa mora di Roy fece capolino poco dietro di lui.

“Allora? Pensi di farcela?” l’incalzò, impaziente.

 

“Vuole per caso venire lei quassù, al posto mio?!” replicò, in una finta provocazione.

 

“Non ci penso nemmeno! Manco morto!” reagì il Colonnello, con fin troppa foga.

 

Sul viso di Ed si spalancò un gigantesco ghigno, l’irritazione passata di botto.

“Non mi dica che soffre di…”

 

“Vertigini, sì. E adesso che lo sai, muoviti!” lo sollecitò, energico.

 

“Scherza?! E perdersi una vista così stupenda e rara?” lo provocò il biondo, con una punta di sadico piacere, ripensando un po’ ai vecchi tempi...

 

“Non sono in vena di romanticherie!” protestò il militare, lievemente isterico.

 

“Suvvia, Colonnello…” tentò Acciaio, mellifluo. “Sfoderi il suo proverbiale coraggio da Ufficiale e mi raggiunga…”

 

“Scordatelo!”

 

“Vuole che tutta la sua Unità venga a saperlo?” rincarò, addolcendo subdolamente il tono. “Perché è quello che avverrà se non-”

 

“Piccolo bastardello, aspetta che ti acchiappi, e ti incenerisco!”

 

Edo sorrise di gusto. Erano sempre così stimolanti i confronti col suo Taisa...

“Animo, Colonnello! Vengo a darle una mano…” e rifece il breve percorso in senso contrario.

 

Roy lo attendeva, adirato, con solo il busto a spuntare dalla botola.

“Non ci salgo.” Ripeté cocciuto.

 

“Sì che può farlo.” Lo corresse Elric, stavolta con tono gentile, senza ironia.

Gli allungò la mano sinistra, che l’altro fissò tentennando, poi la afferrò di scatto. Come se fosse una competizione.

Con Fullmetal, tutto era una sfida. E – per la miseria! – perché quel moccioso aveva tanto ascendente su di lui?!

…era il suo punto debole, oramai.

Si maledì per il suo orgoglio, ma non cedette e, anzi, rafforzò la stretta.

 

“Ecco, bravo.” Lo lodò Edward. Come se improvvisamente avesse a che fare con un bambino spaventato. “Avvicinati con cautela, un passo piccolo alla volta... Ed egli eseguì.

Non s’era quasi accorto del cambio di registro, improvvisamente confidenziale. Ma ormai era cosa fatta.

 

“Allunga fuori prima un piede, e poi l’atro.

Edo percepì i muscoli dell’altro fremere per la tensione, sotto il leggero strato della camicia.

Quando si staccò definitivamente dalla scala, lo sentì tremare.

 

“Siediti sul laminato... ecco… bravissimo. Lo gratificò nuovamente, accomodandosi al suo fianco.

 

Roy emise un lunghissimo sospiro di momentaneo sollievo. Aveva vinto. Ma, come era ovvio, non riusciva a rilassarsi. I sensi vigili e pronti al pericolo. Pericolo che non era reale, ma solo una sua innata fobia.

 

Solamente allora s’accorse che la mano di Ed era ancora nella sua. E anche l’altro se ne rese conto.

Arrossirono, per un qualche atavico pudore violato.

E dovette separarsi da lui, a malincuore.

 

Inspirò a lungo, cercando di calmare il battito furioso del suo cuore, per quel doppio fuori-programma.

Il tepore che ancora avvertiva a scaldargli le dita. E quella scalata titanica sul tetto.

 

“Distenditi sulla schiena, chiudi gli occhi e aspetta un po’. Gli suggerì Elric, pacato. “Ci sono qui io, non scivolerai.”

E lui attuò quanto richiesto.

Si concentrò sul frinire delle cicale, in quella notte di fine estate, e sull’improvviso miagolio in sottofondo, che gli ricordò perché erano finiti lì.

 

Spalancò gli occhi di scatto: “Il gatto!”

 

Tora sta benissimo, sta giocando con un altro gatto. Lo rassicurò Edward, sdraiandosi a sua volta, fianco contro fianco, come se bastasse ad instillargli un’infantile idea di protezione.

 

“E allora perché mi hai trascinato fin quassù?”

 

“Perché una notte così bella meritava di esser vista.

 

“…già.”

 

E per la prima volta Roy si concesse di respirare liberamente, lasciando vagare lo sguardo sulla volta celeste, e percependo il gradevole tepore dei lamierini tiepidi sotto la sua schiena, quel calore che attraversava la stoffa della sua camicia e che, in contrasto con la brezza fresca della tarda sera, lo faceva rabbrividire piacevolmente.

 

“Si sta bene, qui.” Sussurrò piano, quasi temendo di rompere l’incanto.

S’arrischiò a voltare piano il capo verso il compagno. Edo fissava rapito il firmamento puntinato.

Probabilmente non l’aveva nemmeno sentito.

 

“…sono solo mucchi di gas caldissimo… ma sono così belle.” Replicò invece l’altro, con lo stesso tono sereno.

 

“Sì, ognuna di esse è una sfera di plasma in equilibrio idrostatico, che genera energia nel suo interno attraverso dei processi di fusione nucleare. E l’energia che viene prodotta viene irradiata nello spazio sotto forma di onde elettromagnetiche e neutrini

…ma è affascinante.”

 

Allargò il palmo della mano sul laminato, cercando ancora quel calore, così simile alla stretta di Ed, ma nello stesso tempo così diversa. Il sole cocente di quella canicola si era impresso nel rivestimento, e forse solo all’alba si sarebbe stemperato, in attesa di un nuovo bagno arroventato.

 

Una scia luminosa attraversò la volta.

“Una stella cadente!” rimarcò Fullmetal, indicandola vagamente.

 

“Non l’ho vista… ma tu puoi esprimere un desiderio…” lo sollecitò, accondiscendente.

 

“E’ estremamente irrazionale affidare le proprie ambizioni ad una scia luminosa di particelle rocciose sgretolate nell’atmosfera. Fu la replica glaciale del più giovane, che si era riaggrappato alle sue certezze scientifiche, anche per ristabilire inconsciamente le distanze tra loro, in quella notte così strana.

 

“Esprimi un desiderio e basta.” Ripeté invece il Colonnello.

Ma non venne ascoltato.

 

“Si sta facendo tardi, vado a prendere Tora…” lo informò Edward, risollevandosi.

 

Mustang fu lesto ad aggrapparsi alla sua maglia. “Non penserai di lasciarmi qui da solo!”


“E che alternative ho?”

 

Roy dilatò le pupille.

“Vengo con te!”

 

E, girandosi prono, strisciò con lui verso la sommità, finché non individuarono i due felini.

Il Flame Alchemist si gustò la scena per un momento, poi esclamò divertito. “E’ arrivata la primavera anche per il nostro amico!”

 

“Ma se siamo a fine estate?!” lo contraddisse il suo sottoposto, chiedendosi se la paura dell’altezza non l’avesse traumatizzato più del dovuto. “E poi cosa c’entrano le stagioni?!” lo interrogò, scettico. “Vede: stanno giocando, lui e quell’altro gatto!”

 

“Ed… si stanno accoppiando…” lo corresse, senza impedirsi di far fiorire un ghigno malizioso. “Ma è pur sempre un gioco piacevole, se vogliamo metterla in questi termini…”

 

Edward arrossì di botto, sentendosi un maniaco guardone.

 

Roy si ritrasse, senza apparire turbato. “E’ la natura, lasciamo che faccia il suo corso…” dichiarò filosofando. “Rientriamo in casa. Ritornerà da solo.”

 

Racimolando tutto il suo coraggio e un pizzico di follia, fu lui a trascinarsi dietro un Elric deliziosamente imbarazzato.

E, mentre la notte seguiva il suo cammino, i due scomparvero nella botola.

 

 

Fine



Disclaimers: I personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.


Note:
per le definizioni scientifiche di stella e stella cometa, ho ripescato diverse fonti nel web, in particolare Wikipedia, l’enciclopedia libera.

Il titolo del capitolo è un omaggio all’omonima opera teatrale e ai seguenti film remake.
L’ho scelto perché, oltre a sposarsi perfettamente con la mia idea della trama, l’intera vicenda originale ruota attorno ad un amore gay represso.
Si pensi che, per non incorrere nella censura, la trama venne completamente stravolta, per nascondere questo ‘piccolo’ cardine della vicenda.

Tutto questo mi ha fatto pensare a Roy, e al suo difficile amore one-side per Edward. Alle mille difficoltà di accettare questo sentimento, e ciò che esso comporta.

Credo ormai sia chiaro che ogni titolo di questa raccolta va preso alla lettera! ^___^

Come sempre, sono graditi commenti, consigli e critiche.


Grazie (_ _)

elyxyz

 

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Capitolo 5
*** Qui gatta ci cova... ***


500 parole esatte

500 parole esatte.

Flash-fic ambientata circa un paio di mesi dopo il capitolo IV.

 

Il seguente scritto NON contiene lievi riferimenti yaoi. Ma il resto della trama sì. ^^

 

A Setsuka, per aver vinto un inesistente concorso a ‘Indovina il prossimo titolo e la trama’.

 

E a Mistica, per la fedeltà.

E a ciascuno di voi, miei lettori.  Che siete il sale delle mie giornate.

 

 

 

Qui gatta ci cova...

 

by elyxyz

 

 

 

Ufficio del Colonnello Mustang.

 

 

 

Ed bussò due volte, quindi entrò nella stanza.

“Mi ha fatto chiamare?”

 

“Sì, Fullmetal. Accomodati. C’è una questione che devo discutere con te.

 

Il giovane Elric si sedette di fronte al Colonnello Mustang, dall’altra parte della scrivania di mogano.

 

“Stamattina, all’alba, è venuta a farmi visita la signorina Rottherwall, che abita quattro case dopo la mia… hai presente?!

 

Un brivido freddo corse lungo la schiena dell’Alchimista d’Acciaio.

 

“Sì, è la simpatica vecchina che ti ha preso a bastonate, perché credeva volessi scipparla…” gli ricordò, mentre un sorrisetto divertito gli sfiorava le labbra.

 

Edo arrossì imbarazzato. Ma Roy ebbe il buon cuore di non infierire.

 

“Ad ogni modo, si è presentata a casa mia, asserendo che Tora abbia compromesso la sua illibata gattina Minù. Attese che Edward assorbisse la notizia. “Le prove a suo carico sono inconfutabili. Nel cesto che ha portato con sé, c’erano una gatta color perla e due micini tigrati, troppo simili a qualcuno di nostra conoscenza…”

 

“E… e quindi?”

 

“La signorina ritiene che, data l’onta subita, io debba prendere le mie responsabilità. Le nostre responsabilità.” Si corresse. “A chi regaliamo i cuccioli, una volta svezzati?”

 

“Non può rifilarli a qualcuno dei suoi sottoposti?”

 

“A te, per esempio?” Ironizzò.

 

Ma Ed lo fulminò con lo sguardo. “Ma che simpatico...”

 

“Vivono tutti negli alloggi, e siamo a capo di prima.

 

 

In quel momento squillò il telefono. Il Colonnello fissò con odio l’apparecchio e rispose, sbuffando seccato per l’interruzione.

“No, Maes, ora non ho tempo di sentire quanto è bella tua figlia. Richiama dopo.” E posò il ricevitore con un tonfo secco.

 

Edward lo guardò stupito per quei modi poco gentili. E l’altro si sentì in dovere di difendersi.

“Era il Tenente Colonnello Hughes, che voleva... bah! Lasciamo perdere…” e scosse la testa, come a dire che dovevano riconcentrarsi sul problema principale, e non sulla straordinaria bellezza infantile della sua figlioccia…

 

Hughes!!” ripeté, sbattendo con forza la mano aperta sul tavolo.

 

“Intende dire…” azzardò il più giovane.

 

“Potremo regalare i micetti ad Elycia!”

 

“Ma il suo compleanno è in pieno inverno, fra molti mesi…” fu la contestazione.

 

“Però ci vuole un mese e mezzo per il divezzamento, quindi potrebbe fare al caso nostro… e se anche non lo fosse… ogni occasione è buona per farle un regalo… Maes non rifiuterà, vedrai…” spiegò, più sereno. “E poi… quel disgraziato mi deve ancora un favore!”

 

“Benissimo, allora!” decretò Edward, risollevandosi, pronto a congedarsi.

 

“Ci vai tu a chiarire con Miss Rottherwall?” s’interessò Roy, facendo rifiorire un ghigno bastardissimo. “Così appianate il malinteso precedente... gli suggerì, falsamente amabile.

 

Lo sguardo torvo del suo sottoposto lasciava chiaramente intendere come la pensasse al riguardo.

“Manco morto.”

 

Mustang scosse la testa divertito. “Lascia perdere. Ci penso io.

E poi faremo due chiacchiere con quel gatto…”

 

“Ah!, Taisa…”

 

Mmh?”

 

“Preferirei che Al non sapesse dei micini, altrimenti…” lasciò cadere il discorso, allusivo.

 

Roy sorrise nuovamente ammiccando, in un modo che, se Ed fosse stato più smaliziato, avrebbe definito lascivo.

“Va bene. Sarà il nostro piccolo segreto.” Acconsentì.

 

 

Fine



Disclaimers: I personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.


Note: Credo ormai sia chiaro che ogni titolo di questa raccolta va preso alla lettera! ^___^
E… anche se le gatte non covano… questa di sicuro ha scodellato!

Come sempre, sono graditi commenti, consigli e critiche.


Grazie (_ _)

elyxyz

 

 

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Capitolo 6
*** My name is... Tigercat ***


È una gatta

 

Note: il seguente scritto contiene lievi riferimenti yaoi.

Ambientata la sera dopo il primo capitolo.
Con la partecipazione straordinaria di: Maes Hughes.


Per ulteriori spiegazioni, vi rimando alla conclusione della fic.

 

 

 

 

 

My name is... Tigercat

 

by elyxyz

 

 

 

 

Roy spalancò la porta del suo appartamento, facendosi da parte, per far entrare il giovane Edward Elric carico come un mulo e palesemente provato.

“Non si scomodi ad aiutarmi, sa?” lo biasimò, infastidito, posando a terra un enorme scatolone.

 

“Mi sembrava te la stessi cavando alla grande!” si giustificò il Colonnello, con finta innocenza. “O preferivi che ti dessi una mano… come si fa coi bambini…?” lasciò cadere lì, con altrettanta sfacciataggine.

 

“IO NON SONO-”

 

Shhh…” lo zittì Mustang, indicando il divano. “Il micio sta dormendo.”

 

Ed lo fulminò con un’occhiataccia tremenda, ma, quasi miracolosamente, non terminò la sua sfuriata. Si chinò sul contenitore, elencandone il contenuto mentre lo estraeva.

 

“E’ tutto ciò che mi ha chiesto di acquistare: una lettiera per fare i bisogni… e questo glielo insegnerà lei. Fu il suo turno di ghignare contro il suo superiore. “Una spazzola per curare il pelo, qualche giochino, le ciotole…” e le posò a terra, in un angolo. “Ecco qui il brrlatte, i croccantini, e le scatolette…

Guardi che la tengo d’occhio! Se vedrò che è denutrito, o triste o…”

 

“Io mangio regolarmente, Edward, e sono felicissimo, ma grazie dell’interessamento. Lo canzonò, divertito.

 

“Fosse per me, lei potrebbe anche essere sul punto di tirare le cuoia, non potrebbe importarmene di meno…” lo freddò, accompagnando il commento con un’aria disinteressata.

 

“Ahi!” si lamentò l’uomo, incassando il colpo, e posandosi una mano sul petto “così mi spezzi il cuore…”

 

“Se fa un’altra battuta simile, le spezzo le braccia!” lo avvertì, minaccioso.

 

No. Decisamente non avrebbe mai avuto speranze con lui.

“Ma come siamo permalosi, stasera…” borbottò Roy, dimostrandosi teatralmente ferito. Ma l’altro non si diede pena di dargli retta.

 

Merda! ho scordato la sabbia per la cassettiera!” lo sentì infatti imprecare, rovistando nervosamente nella grande scatola. Sbuffò seccato. “Intanto usi dei giornali… gliela porterò domani sera…”

 

Cerchi una scusa per venirmi a trovare?” Insinuò nuovamente Mustang, che si divertiva un mondo a metterlo in difficoltà, anche se quel piccoletto sapeva controbattere egregiamente.

 

“Certo che no! Meno la vedo, e meglio sto! Tuttavia ho commesso un errore, e riparerò. Perché ho preso seriamente quest’impegno. E dovrebbe farlo anche lei! …e, in ogni caso, è in prova! Non se lo scordi!”

 

“In che senso, scusa?” insinuò, dimostrandosi sospettoso.

 

“Nel senso che, glielo ripeto, se non fa il suo dovere… le tolgo la custodia del gatto e me lo porto via.

 

“Sembriamo un coppia di coniugi separati, con l’affidamento congiunto del loro pargolo…” scherzò Roy, facendolo arrossire.

 

Edward borbottò un paio di cose assai poco carine al suo indirizzo, che lui preferì ignorare, rimandando la sua stoccatina al momento opportuno. Occasione che non tardò ad arrivare…

 

Edo si risollevò da terra, sbattendosi le mani dalla polvere.

“Le ho portato le scorte di latte per una settimana, così non potrà rifilarmi spese inesistenti sul mio conto personale.

 

Il Flame Alchemist assottigliò lo sguardo, in modo malevolo. Piacevole, tremenda vendetta.

“Ma il mio gatto beve solo latte fresco! Vorrà dire che glielo recapiterai personalmente ogni mattina…”

 

Le pupille di Ed si dilatarono di sorpresa e sdegno. “Sta scherzando, vero?!” lo assalì, adirato.

“Dovrei attraversare mezza East City per dell’odiosissimo latte?! Se lo può scordare!!

 

“Potrei ordinartelo…” gli ricordò il suo Taisa, bastardamente.

 

 “Mi rifiuto.” Replicò Fullmetal, deglutendo a vuoto.

 

“Non si discutono gli ordini.” Gli rinfacciò, serio.

 

“Quelli stupidi, sì.” Lo contraddisse il più giovane, tenendogli impudentemente testa.

 

“Potrei spedirti alla Corte Marziale per insubordinazione. Lo minacciò.

 

“E poi dovrà spiegare il perché, ai suoi superiori. Lo sfidò Ed, con spirito dissidente. “E non credo che ordinare casse di latte rientri nel curriculum per diventare Comandante Supremo…” lo infastidì.

 

“Ogni due giorni.” Propose il moro, diffidandolo dal contestarlo.

 

“Cinque.” Il tentativo di estorsione.

 

“Tre.” Concesse, riluttante.

 

“Tre.” Ripeté Edward, annuendo.

 

“Bene.”

 

“Benissimo. Affare fatto.” Rifece Acciaio, intestardito nell’avere l’ultima parola. Ma anche Mustang con lui.

 

“Alla mattina.” Riprese questi, infatti. Sfidandolo a contraddirlo.

 

“Pausa pranzo.” Rilanciò il più giovane, tenendogli testa. Forse stava davvero consumando la sua buona stella.

 

“La sera.” Decretò Mustang, e dava davvero l’impressione di non voler cedere nulla di più, per principio.

 

“…di sera.” Capitolò.

 

Uno a uno. Pari. Un buono scontro.

La tensione si dissolse all’istante, come se, fino a pochi istanti prima, quei due non stessero facendo scintille. Ma quello stato di grazia durò poco, difatti il micio si risvegliò miagolando, attirato dai loro strepiti.

“Guarda! lo hai svegliato!” lo accusò il Colonnello, polemico.

 

“E’ stato lei!” Lo incolpò a sua volta, sollevandosi sulle punte, per sembrare più minaccioso.

 

Ma al gattino non sembrava importare poi tanto, perché si mise a strofinarsi contro le gambe di Roy, e poi contro quelle di Ed, che lo raccolse.

“Gli ha già dato un nome?” s’interessò, accarezzandogli il pelo sotto la gola.

 

“Veramente no. Non ne ho avuto tempo. Sono rincasato poco prima che arrivassi tu, e stamattina siamo usciti di corsa… a proposito… Alphonse era ancora arrabbiato con te, stamane?”

 

“No. Gli era già passata. E poi ha detto di ringraziarla da parte sua, per aver accolto il gatto. Disse, controvoglia.

 

“Lui sì, che sa cosa sia la gratitudine!” gli rinfacciò. “Non come qualcuno di mia conoscenza…” e lo squadrò, allusivo.

 

Tzè!”

 

“Tuttavia… hai qualche nome da suggerire?” gli domandò il moro, accomodandosi sul divano, e cercando di sotterrare l’ascia di guerra. L’altro rimase in piedi, giocherellando con l’animale.

 

“Dovremmo anzitutto verificare cosa sia.” Suggerì Ed, saggiamente.

 

Roy scoppiò a ridere: “Di sicuro non è un cane!” ma l’altro non sembrò gradire il suo umorismo. “Ti riferisci al sesso?” ne parve francamente stupito.

 

Edo divenne deliziosamente scarlatto e annuì, imbarazzato, distogliendo lo sguardo dal suo comandante: “Sì, quello.

 

“Guarda che non è mica una parolaccia!” lo prese in giro, ma ottenne l’effetto opposto, facendolo inalberare ancor di più. “E comunque credevo lo sapessi! Continuavi a dire ‘il gatto di qua’,il gatto di là’…”

 

“Se non lo potevo tenere, che senso aveva…?!” rispose, piccato, sollevando il micio davanti a sé. “Ad ogni modo, è una gatta. Non ha i…” e lasciò la frase a metà, imporporandosi nuovamente. Quindi riabbassò in fretta la bestiolina.

 

“Si chiamano testicoli.” Concluse Mustang per lui, godendosi il suo imbarazzo. “E non è sufficiente, per esserne certi. Nei cuccioli di quest’età, devono ancora scendere. gli spiegò, serio.

 

“Mi rifiuto di continuare.” Decretò Edward, lapidario.

 

Roy sbuffò, un misto d’impazienza e sarcasmo.

“Dai qua, controllo io.” S’offrì, allungando le braccia nella sua direzione.

 

“No!” Acciaio si scostò, anche se era ancora fuori dalla sua portata. “Ci sarà un altro modo!”

 

“Tipo... aspettiamo che ci scodelli la prima cucciolata?!” ironizzò, divertito.

 

“Cuccioli!” Ed parve ricordare qualcosa, e s’avviò allo scatolone. “Mi hanno dato un opuscolo sui cuccioli, al negozio…” lo prese e glielo porse.

 

Il Flame Alchemist lo scorse velocemente. “Qui dice solo che le gatte hanno otto mammelle, per allattare… mentre i maschi solo sei.

 

“Ottimo! Questo è più semplice da verificare…” e sedette accanto al militare, stendendo il gattino sulle ginocchia. I due s’avvicinarono, incuriositi.

 

“Due, quattro, sei… Taisa… sono sette!”

 

“Non è possibile!” sbottò l’uomo, incredulo, fissando la pancia pelosa.

 

Il piccolo felino non sembrò gradire particolarmente quell’ispezione, e iniziò ad agitarsi, soffiando in modo comico.

 

“E’ un neo, Fullmetal. Sono sei.” Decise.

 

Elric sollevò la mancina e accarezzò la pelle del ventre. “Ma è in rilievo! Ed è identico agli altri!” lo contraddisse, cocciuto.

 

Fu in quel mentre che il gatto si stancò delle loro disquisizioni e sgusciò via, nascondendosi sotto lo zoccolo della massiccia credenza.

 

Taisa Mustang non mancò di farglielo notare.

“Te lo sei fatto sfuggire…”

 

“Non ha mica tutti i torti, povera bestia…” si limitò a controbattere il più giovane, chiedendogli poi: “Non conosce qualcuno che abbia esperienza e che ci potrebbe dare qualche indicazione?”

 

Ed egli parve riflettere.

“Forse qualcuno ci sarebbe…” e si allungò per prendere la cornetta del telefono dal mobile di fianco a sé. Compose un numero e attese che rispondessero dall’altro capo.

 

“Buonasera, Glacier! Sono Roy.
Maes è in casa? Potrei parlare con lui? ...sì, grazie.”

 

Edward lo vide attendere l’arrivo del suo interlocutore.

 

“Ciao, Vecchio Mio! Senti… no. Non ti ho chiamato perché ho saputo che a tua figlia è spuntato un nuovo dentino… sì, Maes. Ne sono immensamente felice anche io, ma ascolta… aspetta!... sì, mi manderai la foto, va bene… senti… hai presente tua nonna Bertha?… pace all’anima sua… lo so che mi voleva più bene di te, ma cosa c’entra adesso?!... Maes, che diamine! Fammi parlare!... Ti ricordi che aveva quella mania di raccattare tutti i gatti randagi del quartiere… bene, ecco… bravo. Vorrei sapere come si fa a sapere con certezza se un gatto è maschio.

Acciaio sghignazzò di gusto, vedendo il suo superiore così in difficoltà, ma si preoccupò lievemente, quando lo vide sogghignare al suo indirizzo, come a promettere rappresaglia.

 

“Benissimo. Ho capito. Aspetta un secondo. Ho qui, casualmente, il Maggiore Elric. Ripetilo anche a lui…” e gli passò il ricevitore.

 

Edo fissò interdetto Mustang mentre, confusamente, si sentiva il Tenente Colonnello Hughes che urlava un indistinto “Eh!, bravo Roy!”

 

“Pronto?! Buonasera, signor Hughes…” si fece riconoscere Ed.

E l’altro riferì anche lui, che arrossiva man mano che accoglieva la notizia.

Roy se la godette tutta.

 

Quando il suo sottoposto gli ridiede la cornetta, si congedò in fretta dall’amico, prima che ripartisse in quarta a tessere le lodi della sua magnifica erede.

 

“Quindi...?” rilanciò, indirizzandogli uno sguardo allusivo.

 

Qui-quindi…” ripeté Edo, ancora in parte scosso.

 

“Io lo acchiappo e tu soffi…”

 

“Se lo scordi!” replicò secco e granitico.

 

“Tu non ci arrivi a prenderlo…” gli fece notare, insinuando sottilmente che le sue braccia fossero troppo corte.

 

“Ma io posso usare l’Alchimia!” reagì il minore, sfidandolo a suggerire un’idea migliore. Ma non ebbe l’effetto sperato.

 

“Scordatelo! Vuoi distruggermi casa?!” e non attese altre soluzioni, perché andò a scomparire sotto l’imponente mobile. “Micio-micio…”

 

Se di lì a poco non avesse dovuto compiere un atto così drammatico, Edward avrebbe certamente riso di una situazione così assurda.

 

L’Alchimista di Fuoco se ne uscì un po’ malconcio, impolverato e graffiato; ma teneva il cucciolo reticente per la collottola, come un trofeo.

 

“Su! forza!” e sbatté con malagrazia il suo pancino verso la faccia semisconvolta di Acciaio. “Senza malizia e senza remore. Tu sei innocente e ingenuo. Manda fuori un po’ d’aria!!

 

Non ebbe modo di pensare se doveva offendersi o meno, per quanto gli era stato appena detto. Ed eseguì e basta, forse intimidito dal tono di comando che non ammetteva repliche.

 

“Un… maschietto. Ora ne sono certo.” Dichiarò, sospirando, qualche istante dopo. “Ha il cosino.” Precisò, infatti, lanciando all’uomo di fronte a sé un’occhiataccia torva.

 

Taisa Mustang ebbe la decenza di non infierire. Forse perché capiva che Ed aveva già oltrepassato la soglia della sua pudica sopportazione.

 

“Perfetto. Ora basta decidere un nome adeguato al cosino.” Si lasciò sfuggire comunque, perché gli pizzicava troppo sulla lingua.

 

“Se lo chiama Mame-chan, la strozzo. Giuro.”

 

Roy lo fissò, sarcastico. Ma il giovane Elric non attese replica. “E poi mi mandino pure in Corte Marziale, ma almeno mi toglierò questa soddisfazione!” e si aspettò un’adeguata risposta pepata.

 

Ma in fondo avevano litigato a sufficienza, quella sera, realizzò il moro.

E gli sembrava quasi impossibile che, neanche 24 ore prima, quel moccioso insolente stesse dormendo così pacificamente su quello stesso divano, dove ora riposava lui.

 

“Niente nomi strani.” Propose, coscienzioso. “Né zuccherosi, per carità.”

 

L’altro annuì, per la prima volta davvero concorde. E intanto il micetto si era finalmente calmato, lasciandosi coccolare. Fintanto che pensava, Edward gli accarezzò il soffice pelo della schiena, percependo sulla propria pelle la sua morbidezza.

“Ha davvero un bel colore…” realizzò, come se se ne fosse accorto solo in quel momento.

 

“Già. Tigrato.” Ne convenne Roy, osservando le sfumature con attenzione.

 

Ed sollevò lo sguardo verso di lui.

“Potrebbe fare al caso nostro…”

 

“…Tora?”

 

“Non è male.”

 

“Sì. Non è male…” concordò.

 

Fullmetal si risollevò, lasciandogli cadere il caldo fagottino in braccio.

“Allora è deciso.
Ma si è fatto davvero tardi, Al sarà in pensiero.” E si avviò verso l’uscita.

 

“Acciaio?” lo richiamò, seguendolo a distanza.

 

Edo si girò verso di lui.

Mmmh?”

 

“Grazie della serata stimolante.”

 

Ed sorrise. Un sorriso sincero.

“Con lei non c’è mai il rischio di annoiarsi!”

 

Il Colonnello stiracchiò le labbra in modo sensuale, avvicinando il proprio viso al suo.
“Il latte…” gli ricordò. Bastardamente amabile.

 

“Domani sera, Taisa.

Ritornerò.” E chiuse la porta dietro di sé.

 

 

Roy sospirò stancamente, osservandolo dalla finestra, di nascosto, sgattaiolare via.

“Quel ragazzo mi farà perdere la testa, prima o poi…”

 

 

Fine



Disclaimers: I personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.

Nota tecnica: fra un paio di giorni, manderò il mio pc a riparare (con la speranza che ritorni a casa presto! >.<) ed è un modo gentile per dirvi che non so quando aggiornerò^^’’
Alcuni lettori si sono lamentati della brevità di alcuni capitoli.
Mi scuso, ma essendo una raccolta, ho scelto volontariamente questa modalità.

E chiarisco: i cuccioli di Tora verranno entrambi regalati ad Elycia. E no, non troverete Roy o Ed nel cesto con loro >.< (altrimenti me li tenevo io! ^____^)


Note: so che avrei dovuto dirlo prima, ma non volevo anticipare nulla, poiché avevo previsto di scrivere un capitolo a riguardo.
Il nome del gatto, Tora, in lingua giapponese significa ‘tigre’.
Molti di voi lo sapranno già, se avete seguito l’anime e/o il manga ‘Ushio e Tora’.
E Mame-chan vuol dire ‘fagiolino’. Soprannome affibbiato a Edward da molte persone, per la sua mastodontica altezza. ^__=


Le tecniche pseudoscientifiche ^^’’ per conoscere con certezza il sesso dei cuccioli di gatto, invece, è frutto di imbarazzantissime discussioni con amiche che li posseggono. ^____^
Soprattutto ‘sta cosa di soffiare sulla pancia… ù_ù

Mi rendo conto che è un capitolo un po’ surreale, (probabilmente mi è sfuggita la tastiera >.<) perché, insomma… bastava guarda bene ^///^, ma questi due tordi sanno ‘tenere palchi’ ben peggiori, credo^^.

Grazie di cuore ai lettori affezionati e a quelli nuovi, per le vostre adorabili recensioni.
Come sempre, sono graditi commenti, consigli e critiche.


Grazie (_ _)

elyxyz

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 7
*** Cani dell’esercito in guerra: azioni di disturbo ***


Allora

Note: il seguente scritto contiene lievi riferimenti yaoi.

Per ulteriori spiegazioni, vi rimando alla conclusione della fic.

 

 

Dedicato ad Ale,

perché il suo portatile mi ha permesso di non andare in astinenza.

 

E a chi ha commentato i precedenti capitoli della raccolta.
Con immensa gratitudine.

 

 

 

Cani dellesercito in guerra: azioni di disturbo

 

 

by elyxyz

 

 

 

 

 

Edward attese di ottenere il permesso, prima di varcare la soglia dell’ufficio di Mustang.

Gli consegnò il resoconto pressoché inesistente dell’ultimo incarico svolto. Aspettò che il suo superiore lo sfogliasse velocemente, e che rivolgesse di nuovo l’attenzione su di lui.

“Direi che va bene. Come sempre, hai il dono della sintesi, eh?” lo canzonò, divertito.

 

Fullmetal sorrise sornione, stando al gioco. “Così le evito di affaticarsi gli occhi in lunghe letture noiose. Tanto so che sa già tutto.”

 

L’altro annuì, controfirmando distrattamente il rapporto.

“Puoi andare.” Lo congedò, riprendendo annoiato il proprio lavoro.

 

“Colonnello?

Tora sta bene?”

 

“Direi che ha sentito la tua mancanza…” e anche io, ammise. Ma non glielo disse. “Ha passato le prime tre sere a fare la posta all’entrata, aspettando che arrivassi… poi si è rassegnato.

 

Ed annuì, l’espressione sul viso dispiaciuta, ma anche un pochino lusingata.

 

“Allora... posso venire da lei, domani sera?” chiese, speranzoso.

 

“E scommetto che non ha nulla a che fare con quel settimo capitolo lasciato in sospeso prima della missione, eh?” insinuò malizioso.

 

“Io riesco a coccolare il gatto anche mentre leggo!” si difese Edo, colto in flagrante.

 

Roy sorrise bonariamente. Non era carino da parte sua infierire. Anzi. Poteva anche ritorcerglisi contro.

“Certo che puoi venire. Alla solita ora.” Si accordò. Gioendo interiormente di quel fuori programma che esulava dai loro lunedì, mercoledì e venerdì canonici.

 

Ma quando Acciaio aveva già quasi varcato la soglia, l’occhio gli cadde sul promemoria che spuntava dal fermacarte.

 

Dannazione! L’indomani era previsto, nel tardo pomeriggio, un Consiglio di Stato a cui doveva presenziare per forza, e non aveva la più pallida idea di che ora avrebbero fatto…

Del resto, era un privilegio esservi stato invitato, e aver forse la possibilità di conoscere in anticipo certi giochi di astuzia da sfruttare, prima o poi, nella sua scalata al Potere. Inutile dire che mancare sarebbe stata una follia.

 

Edward!” Lo richiamò, rovistando nel primo cassetto della sua scrivania. “Io mi fermerò al Quartier Generale fino a tardi… Tieni! Questa è una copia delle mie chiavi di casa.

 

L’Alchimista d’Acciaio l’afferrò al volo e fece girare il portachiavi nell’indice metallico.

“Perché  tiene un duplicato in ufficio?”

 

“Perché io non ho un fratello che mi apre la porta quando me la dimentico!” lo rimbeccò.

 

E l’altro si limitò ad annuire, salutandolo.

 

“Dai da mangiare a Tora, quando arrivi.” Gli raccomandò Roy, con solerzia. “Se vuoi portare Al con te, può giocare col gatto, mentre studi.” Gli suggerì, gentilmente.

 

Ed lo ringraziò della proposta, ma si capiva che non aveva nessuna intenzione di parlarne al fratello.

Mustang si era fatto un’idea in proposito. Probabilmente Edward stava compiendo studi particolari per riavere quanto perso, e – sempre per sua ipotesi - Alphonse non ne condivideva del tutto i mezzi, o forse non voleva dargli false speranze.

Probabilmente era per questo che non lo seguiva mai a casa sua; lui, che era la sua seconda ombra.

 

Quei loro strani rendez-vous erano cominciati pochi giorni dopo la fuga amorosa di Tora sul tetto, in quella sera di fine estate.

Edo iniziò a far visita regolarmente a casa Mustang, dapprima chiudendosi per delle ore nello studio, senza metter neppure il naso fuori dalla porta, se non per congedarsi.

Talvolta Roy lo sorprendeva sul tetto, che era sgattaiolato fuori, per distrarsi un attimo, per svagarsi.

Raramente lo raggiungeva, un po’ per non disturbarlo, e un po’ perché quel tetto lo metteva ancora in soggezione.

A volte lo trovava chino sulla sua scrivania, addormentato, crollato sotto il peso dello studio con Tora in grembo che fuseggiava, e ancora con un libro aperto a fargli da cuscino.

E capitava allora che rimanesse lì, accanto a loro, semplicemente guardandolo dormire.

Ore e ore, talvolta notti intere.

Notti fatte di sguardi rubati e silenzi quieti.

Passate a chiedersi se non potesse avere di più.

Poi Roy aveva casualmente fatto scomparire la morbida poltrona dello studio, sostituendola con una scomoda sedia, ma non sembrò sortire l’effetto sperato.

Acciaio poteva leggere per infinite ore anche in piedi, o steso sul freddo pavimento per dei tempi indefiniti, oppure rannicchiato in pose scomode, che gli erano del tutto indifferenti.

Ogni tanto lo trovava raggomitolato per terra, un testo in mano. Con o senza tappeto, faceva poca differenza. E lui si divertiva a ricordargli che era sì un cane dell’esercito, ma non c’era bisogno di comportarsi da tale, anche quando non era in servizio.

Ma solo di rado le sue frecciatine andavano a segno.

E ciò non era dovuto ad un improvviso innalzamento della soglia di sopportazione del giovane e irruente Elric; quanto più, - in gran parte - al fatto che, quando leggeva, Ed si estraniava completamente dal mondo. Con immensa, angustiata insoddisfazione del Colonnello innamorato.

Averlo così vicino, e nel contempo così inarrivabile, non aveva un buon effetto sui suoi nervi provati.

 

L’approssimarsi della stagione delle piogge gli aveva offerto il pretesto per rendere l’aria dello studio più stantia e insalubre.

Nella sua mente geniale di stratega di guerra, l’Eroe di Ishbar si aspettava di stanare il suo Fagiolino da lì.

Tuttavia, l’unica persona che sembrava non gradire questa sua bizzarra iniziativa era stata la sua donna delle pulizie.

Acciaio, anche con l’odore viziato di chiuso, non aveva battuto ciglio, da ammuffito topo di biblioteca qual era.

Anzi. Mentre il pulviscolo s’andava accumulandosi sugli scaffali della sua libreria, Taisa fu colto dal dubbio, diventato via via certezza, che Fullmetal amasse quella puzza di carta vecchia e polvere.

Forse era un odore che aveva imparato a riconoscere come familiare, come gradevole.

 

Con l’arrivo dei primi freddi, e con buona pace dei suoi sensi di colpa, Mustang aveva giocato sporco, arrivando ad abbassare la temperatura di quella stanza – solo di quella stanza – con la speranza di ottenere un qualche risultato.

Effettivamente, dopo qualche giorno, una risposta c’era stata da parte del suo giovane ospite, che tuttavia non si era mai lamentato della penuria di calore e degli spifferi particolari di quella camera. 

Molto più autonomamente, s’era equipaggiato con un maglione più grosso, di lana calda e grezza, e una sciarpa che gli scaldava il naso gelato, con smisurato rincrescimento del padrone di casa, che s’era visto boicottato il piano e s’era anche scontrato con la sua coscienza, che raramente gli faceva sconti.

 

Alla fine la cosa venne da sé. Inaspettata. Come la prima neve.
Una sera di fine autunno, Edward uscì dallo studio con un volume in mano, e si accomodò sul divano accanto a lui.

“La disturbo?”

 

“No. Certo che no.” Si sorprese a farfugliare, stupito.

 

“Si è bruciata la lampadina, di là. E poi la luce è migliore, qui.”


Da allora, per tacito accordo, sedevano uno accanto all’altro, senza parlare, ciascuno immerso nella propria lettura.

La situazione aveva preso da sola una piega imprevista, piacevolmente imprevista. E, senza particolari accordi formali, era divenuta quotidianità.

 

Roy non aveva cambiato la luce guasta, se non parecchi mesi dopo. Un po’ per scaramanzia, e un po’ perché in fondo non serviva più. Nessuno si andava a rintanare ancora là dentro.

Adesso c’era un caldo divano comodo. Un gatto che ronfava. Due tazze di cioccolata calda da sorseggiare, girando pagina. Ognuno col proprio libro. Ognuno col proprio spazio.

E un silenzio diverso.

Vissuto. Condiviso.

Intimo e accogliente.

Un passo alla volta, come quel delirio nato per caso.

Quello di confrontarsi su un manuale appena finito. O sullo stralcio particolarmente ostico di una qualche teoria astrusa.

Ed era bello.

Anche litigare, anche mettersi alla prova.

Roy lo ascoltava paziente e attento, e poi esponeva il proprio pensiero al riguardo, o i propri dubbi, talvolta i ricordi.

Ed Edward s’animava genuinamente e partecipava coinvolto; e intanto imparava, piano piano, che da quel borioso, arrogante Colonnello potevano uscire considerazioni simili alle sue, o diametralmente opposte, ma comunque interessanti.

Scontri e diatribe esaltanti. E il tempo volava. Il tempo sembrava non bastare mai.

E allora correva a perdifiato per le vie di East, oppure telefonava ad Alphonse, per tranquillizzarlo, e rimanevano lì a parlare, anche fino all’alba.

Quando Ed si accorse di quanto queste conversazioni fossero diventate importanti per lui, realizzò anche che, ormai, non poteva più farne a meno.

 

 

Fine



Disclaimers: I personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.

Nota tecnica: sono tornata! avete sentito la mia mancanza? ^__^
Il mio pc è ancora in convalescenza, ma questo capitolo era pronto da tempo, quindi ho potuto postarlo.
Mi rendo conto che lo stile è un po’ diverso dai precedenti, ma narra un momento di transizione, e spero vi piaccia comunque. E grazie per le recensioni al cap VI ‘My name is... Tigercat’!



Come sempre, sono graditi commenti, consigli e critiche.

Grazie (_ _)

elyxyz


Storia partecipante al Contest 100 Prompts

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Capitolo 8
*** Cani da bastonare e ferite da leccare ***


Quando Roy avvertì la chiave girare nella toppa della porta d’entrata, si risollevò dal guanciale,

 

Note: il seguente scritto contiene lievi riferimenti yaoi.

Per ulteriori spiegazioni, vi rimando alla conclusione della fic.

 

 

Dedicato a chi ha commentato i precedenti capitoli della raccolta.

(Con particolare menzione ai nuovi arrivati!)
Con immensa gratitudine.

 

 

 

Cani da bastonare e ferite da leccare

 

 

 

by elyxyz

 

 

 

 

 

Quando Mustang avvertì la chiave girare nella toppa della porta d’entrata, si risollevò dal guanciale, incuriosito dall’inatteso arrivo.
Il Tenente Hawkeye se n’era andata da poco, e la sua infermiera personale, e stagionata donna tuttofare, sarebbe giunta solo l’indomani, per la colazione.

Attese quindi qualche istante, immaginando che il visitatore si sarebbe fatto riconoscere da sé e lanciò un’occhiata a Tora, che continuava a sonnecchiare indisturbato sulla coperta in fondo al suo letto, e fece una smorfia ironica. Che bel ‘gatto da guardia’ si ritrovava!

Ma, come a smentirlo, nello stesso istante in cui i passi si fecero più vicini, il micio si destò, zampettando velocemente nella direzione in cui proveniva l’ospite, che lo accolse con piacere.

 

“Ho scordato la luce accesa, ieri sera?” chiese, divertito, all’animale.

 

Roy riconobbe immediatamente quella voce, come avrebbe mai potuto confonderla? e il suo battito cardiaco aumentò a dismisura, assieme ad una improvvisa ansia mista a timore e aspettativa.

 

Edward giunse in quella stanza solo qualche minuto dopo, con Tora felicemente appollaiato in braccio.

Lo vide sussultare, impreparato. “Ta-taisa…?”

 

“Buonasera, Fullmetal.” Lo accolse lui, sorridendogli gentile.

 

Ed si guardò intorno, improvvisamente a disagio. “Non… non sapevo che fosse stato dimesso dall’ospedale… oggi.”

 

“Sono rincasato poche ore fa.” Gli spiegò, amabile.

 

Edo fuggì il suo sguardo. Certo che quel tono garbato sottintendesse un ‘E lo avresti saputo, se fossi venuto anche solo una volta a trovarmi.

 

Strinse quindi la mani in un moto nervoso, e Tora miagolò contrariato, sgusciando via.

 

Erano da soli, adesso.

Davvero soli.

 

“Grazie per esserti preso cura del gatto, in questo mese…” incominciò Mustang, cercando di imbastire un dialogo che superasse l’imbarazzo.

 

“Era mio dovere.” Precisò secco l’altro, recidendo la conversazione.

 

“…e grazie per aver annaffiato le mie piante…” riprese Roy, ignorando volontariamente la ritrosia di Acciaio, che annaspò, arrabbiato. “Lei non ha piante, in questa casa!, e la smetta di essere gentile! Mi fa sentire ancora peggio!” gli urlò contro, come un fiume in piena.

 

“Edward…” lo chiamò.

 

Ma il ragazzo abbassò il capo, nascondendosi infantilmente alla sua vista.

 

“Edward, avvicinati…” lo sollecitò, con pazienza.

 

“…no.” Mormorò, incassando le spalle cocciuto.

 

“Ed, per favore… non mi posso muovere…” e lo vide sussultare, come se l’avesse schiaffeggiato. E si maledisse, perché non era quello che voleva “Intendevo dire che rimango più comodo così…” ritentò, insicuro. Aveva la precisa sensazione di camminare sul ghiaccio con un cesto di uova in mano, e che sarebbe caduto da un momento all’altro, sfracellando tutto.

 

“Edward…” ripeté, regolando la voce in maniera benevola. “Ti prego, dobbiamo parlare…” lo supplicò, allungando la mano sana nella sua direzione.

 

“No.” Ribadì il giovane Elric, scuotendo il capo in modo furioso.

Ma Roy ebbe la netta impressione che stesse combattendo con se stesso e non con lui.

 

Fu per quello che si sollevò dal giaciglio, reprimendo a fatica il dolore, le bende del torace che spuntavano dal pigiama.

Un gemito strozzato gli sfuggì ugualmente dalle labbra.

Acciaio lo udì e azzerò le distanze, precipitandosi al suo capezzale. “Taisa!” lo chiamò, preoccupato.

Ma ormai era troppo tardi per tornare indietro.

 

L’Alchimista di Fuoco catturò la sua mano sinistra con la propria, e lo fissò serio. “Sto bene, Ed, davvero. Solo qualche doloretto… ma io e te dobbiamo parlare, è chiaro?”

 

“Edo annuì, riabbassando il capo per nascondere nuovamente il proprio sguardo. Non era pronto ad un confronto, non così.

 

Inspirò a fondo, per cercare di calmare il battito impazzito del suo cuore, ma era tutto davvero troppo. Troppo in fretta, troppo di sorpresa.

Dannato Havoc! Avrebbe potuto avvertirlo, no?! E suo fratello… suo fratello di sicuro sapeva qualcosa, e lo aveva tenuto allo scuro di proposito… Stupido Al! Stupido, stupido…

 

“Ed?!” la voce di Roy lo riportò al presente.

 

“Taisa, io… io le chiedo scusa, è colpa mia... è solo colpa mia… è tutta colpa mia…” si mise a ripetere, profondendosi in inchini impacciati dalla mano che il moro gli teneva ancora.

 

“Che sciocchezze vai dicendo, Fullmetal?!” rispose Mustang, sorpreso.

 

Edo sollevò lo sguardo su di lui, gli occhi incredibilmente lucidi, le lacrime trattenute a stento.

“La smetta di essere gentile! Lei… lei dovrebbe essere furioso con me!

Se io… se io non avessi scordato il latte, quella sera… lei non sarebbe… non sarebbe uscito di casa senza guanti, e non sarebbe stato aggredito…” balbettò, colpevole e infuriato con se stesso.

 

Il Colonnello sciolse con gentilezza le loro dita, per posare la mano sana sulla testa bionda, che di colpo smise di incurvarsi.

 

Sorrise, in modo dolce. Ma Edward non lo vide.

“Non è stata colpa tua…” gli spiegò, con serenità.

 

“Sì, invece.” Lo contraddisse Elric, rimanendo tuttavia fermo in quella posizione.

 

“No.” Ribadì il militare, stavolta con tono duro. “Chi diavolo ti ha messo in testa queste sciocchezze?!”

 

“Ma io…” tentò il più giovane, prendendo finalmente il coraggio di guardare il suo viso.

Un po’ più pallido ed emaciato del solito, ma era pur sempre il solito stronzo, narcisista Roy Mustang.

 

Il Colonnello sospirò, stavolta fiaccamente, come se la testardaggine di Acciaio fosse particolarmente dura da scalfire.
Come poi, di fatto, era. Ma probabilmente era lui ad essere fuori allenamento.

 

“Quella sera, sarei potuto uscire per altre mille ragioni, dimenticando i miei guanti e la pistola d’ordinanza, e avrei potuto incontrare quella banda di reazionari balordi in qualsiasi altro posto…”

 

“Questo è vero, ma…”

 

Roy non lo lasciò obbiettare. “Quel che conta davvero, anche se un po’ mi infastidisce, è che io sono stato un loro bersaglio casuale… probabilmente, sotto l’effetto di alcool e droghe non pensavano di arrivare a tanto… o forse è perché io ho reagito… non lo saprò mai… ma l’importante è che siano stati tutti arrestati e che verranno processati…”

 

“Ma allora non lo sa?” chiese Ed, stupito.

 

“Sapere cosa?”

 

“Sono stati tutti giustiziati due giorni fa, secondo la pena capitale. Al Quartier Generale non si parlava d’altro, ieri.”

 

Mustang ne rimase turbato, ma non lo diede a vedere, per non gravare sull’emotività di Edward.

“Evidentemente il tribunale ha deciso secondo le leggi.” Tagliò corto, facendogli capire che non gradiva entrare nel merito.

Però sperava, in cuor suo, che tutto si fosse svolto in modo regolare, e che quei disgraziati non fossero semplici pedine di un gioco più grande di loro, o vittime inconsapevoli e capri espiatori di un meccanismo perverso di rappresaglia.

 

Di una cosa era certo. Sentire l’alito freddo della Morte sul collo, gli aveva dato modo di riflettere su molte cose. Sulle priorità della sua inconcludente vita, ad esempio.

 

“Ma allora... davvero non ce l’ha con me?” si sentì chiedere, in un misto di speranza e incredulità.

 

Si lasciò sfuggire un ghigno.

“Devo prenderti a randellate, per fartelo entrare in quella tua zucca vuota?” lo sgridò, sarcastico, per alleggerire il momento e per farlo reagire, pungolando il suo lato polemico. Ma non ottenne esattamente l’effetto sperato.

 

Ed lo abbracciò d’istinto.

E Roy rimase inerme, a subire quell’imprevisto gesto d’affetto.

Non era da lui. E lo sapeva.

Ma quel ragazzino aveva perso e visto morire troppe persone, nella la sua giovane vita.

Ed era naturale che si sentisse meravigliosamente libero, ora, e incredibilmente più leggero, dopo il suo perdono.

Dopo la terribile aggressione, nei momenti in cui la vita del Colonnello era rimasta per un eterno attimo in bilico tra la vita e la morte, e poi dopo, nei giorni successivi, mentre andava lentamente riprendendosi, Ed aveva avuto modo e tempo per riflettere su quanto la presenza di Taisa Mustang contasse per lui.

Di quanto la sua opinione su di lui gli importasse. E importasse davvero.

E si era trovato a pregare – non sapeva che Dio - perché gli lasciasse quell’uomo indisponente e arrogante ancora a lungo.

Senza chiedersi il perché. Lo desiderava e basta.

Non negava che, sera dopo sera, la presenza del Flame Alchemist era diventata una piacevole costante, ad inframmezzare il binomio simbiotico che lo legava a suo fratello Alphonse.

Ed era proprio nel momento in cui s’era accorto di non voler, - di non poter - fare a meno di lui, che tutti i suoi sensi di colpa gli erano franati addosso, convincendolo che Mustang non l’avrebbe mai perdonato, e che anzi, difficilmente avrebbe voluto ancora avere a che fare con lui.

Probabilmente lo avrebbe fatto trasferire, per non doverlo sopportare ogni giorno in caserma.

E, di sicuro, poteva scordarsi le loro silenziose serate passate insieme. A condividere un niente. Ad assaporare un tutto.

Ed era solo colpa sua, dannazione! Solo. Colpa. Sua.

 

Non era vero che non si era interessato a lui. Ogni giorno, dall’incidente, continuava a stressare Al, affinché raccogliesse ogni più piccola informazione riguardante la sua salute. Quel piccolo traditore di latta!

E ci era andato, a trovarlo, sì. All’ospedale militare.

Ma sempre quando era praticamente certo che Roy stesse dormendo. Senza farsi beccare dalle infermiere di guardia. Né tanto meno da lui.

Con che coraggio lo avrebbe guardato in faccia, dopo che aveva rischiato di lasciarci le penne a causa sua?

Ed rabbrividì, un nuovo peccato mortale si sarebbe aggiunto a gravare sulla sua anima dannata.

E strinse più forte, perché non avrebbe mai più ritrovato il coraggio di un simile gesto sconsiderato d’affetto.

 

“Ahi! Mi stai schiacciando… non stringere!” si lamentò il malato, mescolando la lagna - per le costole rotte - ad un tono divertito.

 

“Io… mi scusi!” replicò svelto, e si allontanò di scatto, arrossendo e stropicciandosi lesto un occhio, dannatamente fastidioso.

 

“Smettila di scusarti, Fullmetal.” Lo redarguì.

 

Edward si ricompose d’istinto. “Sì, signore!”

 

“Soldato, sei congedato. Presentati domani sera, ore venti e zero-zero.” Gli disse, in tono ufficiale.

 

“Signorsì, signore!” e batté seccamente i tacchi e fece il saluto militare al suo superiore.

 

Mustang allungò lentamente la mano sinistra verso la tempia e contraccambiò il gesto.

La destra appoggiata mollemente sul lenzuolo, ricoperta dal gesso.

 

Poco prima che uscisse, Roy lo richiamò. “Maggiore Elric?”

 

“Sì, Taisa?” s’interessò Acciaio, ritornando sui propri passi.

 

“Non dimenticare il latte.” Gli ordinò.

 

Edo annuì felice, come non faceva da tempo.

“Sarà fatto, signore.” E fece per andarsene.

 

“Ed…?” lo chiamò nuovamente, faticando a separarsi da lui, dopo un lungo – interminabile - periodo che non lo vedeva.  Si morse l’interno della guancia, improvvisamente non più così sicuro che fosse stata una buona idea, quella di richiamarlo.

 

“Hai fatto compagnia a Tora, ogni sera. E… verrai a fare compagnia anche a me, in questo mese di degenza?” Ecco. L’aveva detto.

 

Il giovane Elric ne parve sorpreso. E questo non fece che acuire le paure del Colonnello.

Che sciocco che era stato! Ma come gli era saltato in testa di domandargli una cosa simile?!

 

Deglutì a fatica, mentre si aspettava una grossolana risposta che avrebbe bastonato a dovere questo suo ardire.

E invece Edward sorrise. Per la prima volta in quella sera.

E, Dio!, come gli era mancato, quel sorriso...

 

“Certo che verrò!” Replicò, vivacemente. “Verrò a portarle lavoro a casa!” Lo minacciò, divertito.

 

Roy sbuffò, impostando una comica smorfia che dimostrava la sua allergia alle attività burocratiche.

 

L’Alchimista d’Acciaio ne rise, contento almeno che certe cose non cambiassero mai.

Ma fu in quel momento che vide una pistola, seminascosta sul comodino, che prima non aveva notato.

L’allegria si smorzò all’istante.

Probabilmente quella protezione era solo un’eccessiva premura del Tenente Hawkeye… tuttavia non poté fare a meno di sentire il cuore, nuovamente, un po’ più pesante.

 

“Buonanotte.” Si congedò, quasi senza attendere la replica. Ed uscì dalla casa.

 

 

Fine



Disclaimers: I personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.

Nota tecnica: teoricamente dovrei riuscire a postare un nuovo capitolo prima di partire per le mie lunghe e meritate ferie… restate sintonizzati! ^___^
E chiarisco: non racconterò l’aggressione subita da Roy. Non avrebbe senso ai fini del racconto.
E il primo che mi dice che vuole vedere Ed in succinta divisa da infermierina, lo strozzo! è__é
Da qui in poi, si alterneranno momenti in cui Ed e Roy hanno una certa familiarità ad altri, in cui sono ancora simpaticamente nemici.


Grazie di cuore ai lettori affezionati e a quelli nuovi, per le vostre adorabili recensioni.
Soprattutto a chi ha commentato la mia ultima one-shot:
Come una moglie tradita (Gelosia)

Come sempre, sono graditi commenti, consigli e critiche.


Grazie (_ _)

elyxyz

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Capitolo 9
*** L'Aristogatto ***


Note: il seguente scritto contiene lievi riferimenti yaoi

Note: il seguente scritto contiene lievi riferimenti yaoi.

Per ulteriori spiegazioni, vi rimando alla conclusione della fic.

 

 

Dedicato a chi ha commentato i precedenti capitoli della raccolta.

(Con particolare menzione ai nuovi arrivati!)
Con immensa gratitudine.

 

 

 

L'Aristogatto

 

by elyxyz

 

 

 

 

Edward Elric suonò al campanello di casa Mustang, sbuffando spazientito.

Il Colonnello comparve sulla soglia qualche istante dopo, senza più divisa.

Fullmetal osservò distrattamente il suo abbigliamento informale, prima di allungargli un plico color crema.

“Carte da firmare.”

 

Il sopracciglio destro di Roy scattò verso l’alto, precursore del suo innato sarcasmo.

“Stai diventando monotono, lo sai, Acciaio? Con questa continua scusa di portarmi scartoffie dimenticate!…”

 

La vena sulla tempia di Ed si mise a pulsare pericolosamente.

“Se non puoi resistere senza contemplare la mia magnificenza,” continuò, incurante del rischio, “bastava dir-”

 

“Dannato Taisa, si muova! Il Tenente Hawkeye è ancora in ufficio ad aspettarle e ha ancora molto lavoro da portare a termine al posto suo, perché è un lavativo!… e io sono stanco di fare i comodi suoi!”

 

“E perché non è venuta lei?” chiese, un misto di finto stupore e sottintesi velati.

“Mi ha chiesto di farle un favore…” bofonchiò Edo, guardando altrove.

 

E Roy sorrise. Dare una licenza-premio a Riza, si appuntò.

 

“Entra, su!” gli disse, facendosi da parte.

“Non occorre, resto qui.” Declinò il più giovane, fissando con improvviso interesse la punta delle sue scarpe.

 

“Non era un invito, Fullmetal.” Puntualizzò. “Era un ordine!”

 

Elric strinse i pugni per contenere una risposta ben condita. E si morse anche la lingua, giusto per scrupolo. Mustang se ne accorse, ma non lo diede a vedere.

 

“Ho appena iniziato a cenare, e non ho intenzione che si raffreddi. Oltretutto, se il Tenente ha ancora parecchio daffare, un tuo ritardo di mezzora sarà ininfluente. Gli spiegò, precedendolo nel vestibolo. “Togliti il cappotto e seguimi.” Gli suggerì, posando la busta sulla mensola vicino all’entrata.

 

“Dov’è Tora?” chiese invece il suo sottoposto, guardandosi attorno.

 

“In cucina. Mi sembra di averti detto che ci eravamo appena messi a tavola…” ripeté Roy, varcando la soglia del piccolo, accogliente cucinino.

 

Edward scrutò il tavolo da pranzo, rigorosamente apparecchiato per due. Non ebbe modo di chiedersi come mai, visto che il felino tigrato era appollaiato sopra alla tovaglia, nel posto che gli era stato riservato. Davanti a lui, una ciotolona di croccantini e una scodellina con del... brrr… latte.

 

Si rivolse verso il Colonnello, con uno sguardo schifato. “Non è igienico, lo sa?” ma l’altro si limitò a fare spallucce, scoperchiando una pentola da cui uscì un profumino delizioso.

 

Edo deglutì un bolo di saliva.

“Gli animali dovrebbe mangiare a terra.” Lo sgridò. Sua madre sarebbe stata orgogliosa di lui.

 

“Il mio coinquilino mangia dove vuole, in casa sua. Lo difese Mustang, sfidando Ed a contraddirlo. Poi si avvicinò al gatto, annuendo sollecito. “Vero, socio?”

 

Maaooo.”

 

Le pupille dorate si dilatarono di genuino stupore, per l’improvvisa incredulità.

Tora aveva risposto?! Macché, figurarsi! Era stato solo un caso… anche se il dubbio rimaneva.

“Sta per caso traviando il mio gatto?” lo accusò, cercando di darsi un contegno, per quella domanda che era assurda di per sé.

 

“Il nostro gatto.” Lo corresse amabilmente. “E comunque, io ho un comportamento irreprensibile. Fa tutto da solo.”

 

Edward ne parve poco convinto; tuttavia soprassedette, cercando di distrarsi guardandosi intorno e tentando di tenere buono il suo stomaco affamato.

Dannazione!, se lo avesse lasciato ad aspettare sul divano in salotto, non sarebbe stato costretto ad annusare tutte quelle fragranze stuzzicanti…

Per sadica coincidenza, la domanda di rito giunse a fagiolo.

 

“Vuoi fermarti a cena da noi?”

 

Il micio sollevò il muso dal piatto, come se anche lui fosse interessato alla sua risposta.

“Abbiamo ancora qualche lisca avanzata da ieri… e un paio di sardine.

 

“No. Grazie.” Rispose oltraggiato. “Sono a dieta.”

 

Ma l’altro si mise a trafficare comunque nell’angolo cottura, per tornare con un invitante piatto fumante, avendo l’accortezza di farglielo passare sotto al naso.

 

“Che non diventi un’abitudine!” lo ammonì; anche se Roy, in quel preciso momento, si augurava l’esatto contrario.

 

Al giovane non rimase altro che accantonare le proprie remore e, accomodatosi tra il gatto e il padrone di casa, diede fondo al suo appetito. Si accorse, con una certa meraviglia, che il sapore rendeva giustizia all’odore, e che – tutto sommato – Taisa Mustang se la cavava discretamente in cucina.

 

Immerso in quelle riflessioni, non s’accorse delle occhiate furtive di cui era bersaglio.

Il Colonnello tratteneva a stento la sua contentezza, per la piega che aveva preso, inaspettatamente, quella serata.

 

Forse doveva semplicemente arrendersi agli imprevisti. E magari ordinare al Tenente Hawkeye di chiedere regolarmente quel genere di favori al Maggiore Elric...

 

 

Fine



Disclaimers: I personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.

Nota tecnica: Ok. non era questo il capitolo da postare prima di partire. Ma era lì, e mi son detta che forse vi avrebbe fatto piacere… ^__^

Note: Non si può proprio dire che Roy non tratti Tora come un pascià! ^___^

Il titolo, come ovvio, si rifà all’omonima produzione Disneyana “Gli Aristogatti”, magico cartone della mia infanzia.

Per inciso: ricordo che la ‘fidanzata’ di Tora si chiama Minù. E non è un caso. (Anche se andava scritto Minou)^^ Minou, Matisse e Bizet sono i tre micetti protagonisti del lungometraggio.


Grazie di cuore ai lettori affezionati e a quelli nuovi, per le vostre adorabili recensioni.

Come sempre, sono graditi commenti, consigli e critiche.


Grazie (_ _)

elyxyz

 

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Capitolo 10
*** Non dire gatto... se non l’hai nel sacco! ***


Non dire gatto… se non l’hai nel sacco

Note: il seguente scritto contiene riferimenti yaoi.

Per ulteriori spiegazioni, vi rimando alla conclusione della fic.

 

 

Dedicato a chi ha commentato i precedenti capitoli della raccolta.

(Con particolare menzione, stavolta, ai lettori di vecchia data.)
Con immensa gratitudine.

 

 

 

Non dire gatto... se non lhai nel sacco!

 

 

by elyxyz

 

 

 

 

 

“Roy… mmm… Roy… ahhh…” le labbra di Mustang percorsero la pelle delicata del suo collo, soffermandosi poi a stuzzicare il pomo d’Adamo con gli incisivi.

Ed miagolò nuovamente, voltando il capo di lato, quando il fiato caldo del compagno giunse a lambirgli il padiglione auricolare, mentre le sue mani esperte vagavano altrove…

 

“Roy!” lo invocò, “ROY!” alzando il tono con urgenza, e il Generale di Divisione Mustang si beò di quei gemiti. Come sapeva essere rumoroso, il suo Fagiolino...

 

“ROY!!” ripeté, allontanandolo di scatto da sé.

 

L’uomo si bloccò stupito, adocchiando l’espressione allarmata del suo amante, che tuttavia fissava altrove.

“Credevo ti stesse piacendo…” gli disse, tra lo sconcerto e il fastidio. Ma l’altro si ostinava a guardar via. Gli ci volle qualche istante per capire che il Colonnello Elric gli stava indicando qualcosa. Si volse quindi in quella direzione, faticando ad ignorare l’incipiente rigonfiamento sotto il puntovita.

 

Il loro felino troneggiava sopra la specchiera, qualche metro da loro, e sembrava li contemplasse attentamente. Il Flame Alchemist ghignò. “Abbiamo compagnia, stasera!” disse, riprendendo il lavoro lasciato a metà.

 

Edward lo cacciò via malamente, frapponendo un braccio teso tra i loro corpi seminudi.

“No, Roy. Tora ci sta guardando…” protestò, arrossendo.

 

L’altro scoppiò a ridere per la sua espressione deliziosamente imbarazzata.

“Uhm… ci ha sempre tenuti allo scuro di questo suo lato voyeuristico… ma non è più un cucciolo da anni… è un gatto vaccinato, ormai! Lasciamolo guardare…” e ritentò l’assalto alla sua rocca personale.

 

“No che non possiamo!” s’alterò il più giovane. “Non ci riesco! Mandalo via!”

 

Sollevandosi dall’accogliente corpo del biondo, trattenne a stento un’imprecazione, realizzando che la loro serata romantica sarebbe finita ancor prima di cominciare, se non si fosse sbrigato.

S’alzò malvolentieri a sedere, cercando di darsi un contegno.

 

“Vecchio mio,” lo chiamò gentilmente “potresti lasciarci soli?”

 

Il micio mosse la coda, sferzando l’aria in un gesto secco, come a dar l’impressione di aver capito. Tuttavia non si mosse da lì.

 

Al moro non rimase altro che abbandonare, a malincuore, il caldo giaciglio, anche se l’eccitazione pulsava pressante e dolorosa al di sotto della cintola.

Fingendo di non sentire questo suo bisogno impellente, si diresse verso il mobile, anticipando le sue intenzioni. “Su, lasciaci un po’ di privacy…”

 

La bestia tigrata parve udirlo, perché si risollevò. Ciò nonostante, anziché uscire dalla camera, con un agile balzo scattò sulla bassa poltroncina ai piedi del letto, alle sue spalle.

 

Tora, via di qui!” gli ordinò, improvvisamente infastidito, andandogli dietro per prenderlo. Quando gli fu vicino, il gatto saltò sull’alto armadio di noce, accucciandosi lì.

Ed si mise a ridere di gusto, alla faccia seccata del compagno.

 

“Allora se ne occupi lei, Taisa Elric, visto che ci tiene tanto alla sua riservatezza!” lo redarguì Mustang, con quel tono imperioso con cui sferzava le reclute indisciplinate.

 

Fullmetal sorrise affettuosamente tra sé. Forse aveva toccato il tasto dolente dell’orgoglio, e lui sapeva - oh, se sapeva! quant’era permaloso e vendicativo il suo uomo. Soprattutto se si disattendevano i suoi ordini… tuttavia stette al gioco, perché fu più forte di lui.

 

“Signornò, signore. Lascio a Voi questo gravoso compito, mio Generale, poiché sono certo che, col Vostro immenso genio militare, abbiate la situazione perfettamente sotto controllo!” lo canzonò, pur mantenendo un tono ossequioso e deferente.

 

A quelle parole, Roy fece un ghigno assai poco rassicurante. “Poi faccio i conti anche con te.” Lo avvisò, e suonava un po’ come un’intimidazione. Quindi si riconcentrò sul suo obiettivo primario.

Sembrava che Tora lo stesse aspettando, producendo il caratteristico ron ron’ che emetteva solo quando faceva la lotta col suo topolino meccanico.

 

“Stasera vuol giocare!” intercedette Edo indulgente, dando voce al desiderio felino.

 

“Anche io, ma con te!” ringhiò l’altro, fulminandoli a turno con lo sguardo. “Tora! Scendi! Giù, dannazione, GIU’!!” lo chiamò, gli ordinò, lo supplicò. Ma l’animale non sembrava intenzionato a dargli retta. Nemmeno le sue braccia alzate verso di esso, in un inequivocabile invito, sortirono l’effetto agognato. Tentò persino di dissuaderlo dal rimanere lì, tirandogli la prima cosa che aveva adocchiato: il tubetto di vaselina ancora intonso. Ma fu inutile. Perché la bestiola non si scompose minimamente. E perché, nella concitazione, aveva clamorosamente sbagliato mira, ma Edward ebbe il buon cuore di non rinfacciarglielo.

Quindi non gli rimase altro che prendere la sedia dello scrittoio come sgabello, e si inerpicò alla sua altezza. Issatosi che fu, cercò di acchiapparlo con le mani. Ma in quell’istante il felino saltò giù fino ad atterrare sul morbido tappeto con una elegante parabola discendente e lui perse l’equilibrio, cadendo disastrosamente sul letto.

 

“Roy! Ti sei fatto male?!” gli chiese Acciaio, spaventato.

 

E lui gemette, più per frustrazione che per vero dolore.

“Solo la mia dignità ne è uscita malconcia. Brontolò, infastidito. “Ma non mi farò mettere nel sacco da uno stupido ammasso di pelo!” giurò, risollevandosi incolume.

 

Tora li scrutava ancora, dal basso, stavolta, passandosi la linguetta ruvida sugli esili baffi.

 

“Forse pensa che sia una caccia…” suggerì Ed, preoccupandosi quando Roy fece schioccare le dita in un riflesso condizionato, e ringraziando mentalmente che non indossasse i suoi guanti, in quel momento.

L’Alchimista di Fuoco, però, trovò la soluzione ugualmente.

 

“A noi due, gattastro! Stavolta ti scuoio!” e, con un movimento lesto, prese la coperta sfatta in fondo ai loro piedi e la lanciò sul gatto, come trappola. Velocemente lo raccolse, a mo’ di sacco.

Tora, da dentro, miagolava e soffiava furiosamente.

 

“Ecco qua!” gongolò, soddisfatto di sé, sbatacchiando il bottino come se fosse stata spazzatura da portar fuori. Con la stessa disinvoltura, rivolse a Fullmetal il suo trofeo di cacciagione.

 

“Ma sei impazzito?!” gridò invece questi, alzandosi di scatto e attraversando la camera in larghe falcate, ricomponendosi la camicia sbottonata. “Gli farai male! Potrebbe soffocare!”

 

“Macché! Ha ancora quattro o cinque vite da consumare… è peggio di un homunculus!” Scherzò, senza tuttavia accennare a liberarlo.

 

“Non mi dirai che non è la prima volta che lo maltratti!!” ringhiò, facendo scricchiolare l’auto-mail in modo sinistro.

 

Roy lo guardò ma non rispose. Il suo silenzio parlò per lui.

 

“Deficiente di un Taisa!” ruggì Edo, battagliero, strappandogli l’involucro dalle mani. “E che non succeda più!” e si apprestò ad uscire da lì, liberando un Tora assai indispettito.

 

Ed era quasi ironico, che Acciaio lo chiamasse con il suo vecchio, nostalgico grado, solo quando era preda dell’estasi dell’eccitazione o solo se era altrettanto fortemente furibondo con lui. E di sicuro doveva scartare la prima ipotesi…

 

“Ma… Ed… e la nostra serata?!” sbottò, sbigottito dalla piega improvvisa che avevano preso gli eventi.

 

“Io e Tora andiamo a dormire sul divano.” Lo punì. “Così avrai modo di riflettere sulla tua condotta deplorevole!” e sbatté la porta, uscendo dalla camera da letto.

 

Roy sospirò affranto. La scatoletta vuota di vaselina che lo fissava beffarda, sopra le lenzuola sfatte, a ricordargli che, quella sera, sarebbe andato in bianco…

 

E gli sfilò davanti agli occhi il ricordo degli anni della repressione forzata. Gli anni della continenza auto-imposta e del vitale self-made, giusto per non soccombere. Fino a quando il suo Mamechan non aveva ceduto al suo corteggiamento paziente e sfiancante e alla fine aveva capitolato offrendogli il suo cu- …ore immacolato.

E allora era iniziata la seconda fase della sua personale sofferenza, una mortificazione che avrebbe poi temprato il suo spirito – ma soprattutto il suo corpo – nell’attesa sfibrante che il suo Fagiolino biondo si decidesse a donargli, oltre che il suo amore, anche la sua parte più fisica.

E adesso, che un brivido freddo gli solcava la schiena alla reminiscenza di tanta tribolazione, ci si metteva di mezzo anche quella tigre malcresciuta a rompergli le uova nel paniere!

 

Lui aveva diritto – diritto! – a del buon, sano sesso quotidiano!

Era il suo scambio equivalente, per la miseria!

 

Osservò distrattamente il disordine che regnava nella stanza, maledicendo quel mangia-crocchette-a-tradimento e il suo koibito, che forse già dormivano, oltre quel muro che li separava.

Però anche Edward aveva avuto un bel coraggio a lasciarlo lì, così!

 

…Niente tiepido calore di Ed, quella sera.

Niente coccole e sospiri affannati.

Niente sesso bollente e visceralmente bramato…

…E pensare che l’aveva fatto per lui!!

 

Fu in quel momento che cercò disperatamente di ricordare gli ingredienti per quel preparato antico e ormai perduto, che aveva sentito tramandare oralmente, in modo distratto anni addietro, quando, non ancora Maggiore, era di stanza in una provincia dispersa tra i monti, al confine Nordest di Amestris… quel segreto che, se non sbagliava, si chiamava ‘Gato in tecia’… perché – e rimpianse che i suoi guanti alchemici fossero in soggiorno – se non poteva incenerirlo, se lo sarebbe almeno cucinato, quel traditore!

 

 

Fine



Disclaimers: I personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.

Nota tecnica: Ok. Ditelo, dai!, che è un capitolo col botto!! Non ve lo aspettavate, eh?! ^____^
Ambientato tre anni  mezzo dopo l’inizio, quindi Ed è abbondantemente maggiorenne! *ç*

Questo capitolo è per quelli di voi che hanno detto che Roy è troppo buono con Tora e lo tratta troppo bene. ^___^
Come promesso, questo è l’ultimo prima di partire per ferie… ci rivedremo dopo metà agosto, miei cari.

 

Note varie: Koibito, per chi non lo sapesse, in lingua giapponese significa ‘innamorato, amante’.

Riguardo all’ultimissima parte del capitolo…
Ehm… chi conosce i miei natali, è anche al corrente dell’infelice usanza dei miei conterranei.
Generalmente, a chi ama fare dell’ironia con me, vado ripetendo che personalmente io adoro i cani, e non amo i gatti. Assolutamente no. Sono grassi e stopposi. ^___=

 

Spunto di riflessione: Premetto che questo discorso NON vuol assolutamente essere polemico, e spero che sia ben chiaro.
Il fatto è che ho notato, a malincuore, un considerevole calo di letture e recensioni negli ultimi capitoli che ho postato. Spero sia solo un calo fisiologico dovuto alle vacanze e alla gente che è partita giustamente per la villeggiatura, e che i miei lettori abituali, al ritorno, mi faranno dono delle loro impressioni su tutti i capitoli che ho postato di recente.

Tuttavia, non posso fare a meno di chiedermi come mai, paradossalmente, in questi stessi giorni di diminuzione, le mie storie siano state inserite in modo vorticoso tra le fanfictionpreferiti’ delle varie personal page.
Alcuni dei lettori che dimostrano di stimare e apprezzare le mie storie, di fatto non hanno mai lasciato nemmeno una recensione, o un commento (e non parlo assolutamente solo di It’s raining). Non pretendo necessariamente un’analisi minuziosa di una storia di cui conosco già tutto, visto che l’ho scritta io, ma mi farebbe molto piacere – in ogni caso – sentire anche opinioni nuove, anche dubbi o – perché no? – qualche critica costruttiva.
E’ possibile farlo anche in privato, via mail, se vi disturba mettere in pubblico i vostri pensieri.
Quindi mi appello a voi, lettori nell’ombra, vorrei avere modo di capire cosa vi piace delle mie storie. E vi invito quindi a lasciare traccia del vostro passaggio, come dice Yuki. ^^’’
Mi scuso, se può sembrare in qualche modo una coercizione, e non vorrei passare per un’ingrata. Non ho mai obbligato nessuno a commentare (tranne forse Voce, ma lui non fa testo ^___^), e spero comprendiate la mia ‘frustrazione’ come autrice.

Torno a ringraziare di cuore ai lettori affezionati e a quelli nuovi, per le vostre adorabili recensioni.


Come sempre, sono graditi commenti, consigli e critiche.


Grazie (_ _)

elyxyz


PS: Buone vacanze a chi parte e a chi resta.

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Capitolo 11
*** Un gatto non chiede, prende. ***


Note: il seguente scritto contiene lievi riferimenti yaoi

Note: il seguente scritto contiene lievi riferimenti yaoi.

Per ulteriori spiegazioni, vi rimando alla conclusione della fic.

 

 

Dedicato a chi ha commentato i precedenti capitoli della raccolta.

(Con particolare menzione ai coraggiosi che sono usciti dall’ombra.)

E agli adorabili recensori delle mie ultime one-shot: Le Bugie...  e Golden Bet.
Grazie.

 

 

 

 

Un gatto non chiede, prende.

 

(© by Garfield)

 

 

by elyxyz

 

 

 

 

 

“TORA!!” l’urlo risuonò dalla camera da letto fin nel salotto.

 

Ed sollevò gli occhi dal libro che stava leggendo, comodamente sdraiato sul sofà.
A volte capitava che Taisa Mustang s’arrabbiasse con il suo coinquilino, soprattutto se questo combinava qualche guaio, come talvolta avveniva.

Talvolta spesso, puntualizzò mentalmente, con pignoleria.

E, come sempre accadeva quando Acciaio era presente, il gatto sarebbe corso da lui, per cercare riparo dalle ire del Colonnello.

Difatti, un lesto zampettare sul parquet gli confermò che non si stava sbagliando.

Tora trotterellò velocemente verso di lui, e saltando agilmente andò a nascondersi al suo fianco, nell’anfratto stretto tra il suo corpo e il divano.

 

“Credo che il nostro amico abbia urgentemente bisogno di una compagna. Decretò Roy, tallonando a distanza l’animale.

 

Edward chiuse il pesante volume con un piccolo tonfo, prima di prestargli attenzione.

“E perché è giunto a questa conclusione?” chiese, scettico.

 

“Perché?!” ripeté l’uomo, tra l’ironico e lo schifato. “Perché ha appena violentato il mio maglione preferito!” sbottò, sollevando tra pollice e indice, con espressione disgustata, un ammasso informe di lana, palesemente macchiato e rovinato.

 

Quando Ed realizzò, scansò il gatto da sé, come se improvvisamente fosse stato un barattolo di latte; le sue guance s’imporporarono deliziosamente, ripagando Roy – almeno in parte - per il capo rovinato.

 

“Cattivo, Tora!” lo rimproverò a distanza, cercando di darsi un contegno. “Così non si fa!” riprese a sgridarlo, per dissimulare l’imbarazzo.

 

La bestia tigrata li scrutava dal tappeto, e non aveva certo l’aria di sentirsi particolarmente colpevole.

 

“Che ne dici se combiniamo un incontro galante con la micia di miss Rottherwall?” propose il Colonnello, improvvisamente divertito.

 

Acciaio lo fulminò con un’occhiataccia. “Col cavolo!”

E poi sospirò. Accantonando per quella sera la sua avvincente lettura.

“E con questo, a quanto stiamo?”

 

“Dunque… se escludi lo zoccolo anteriore destro e quello sinistro della libreria, il mese scorso; le tende in bagno, due settimane fa; il tappeto in entrata, i lacci delle mie scarpe…”

 

“Dovrebbe educarlo meglio, sa?”

 

“Non mi sembra che tu stia facendo molto, per tirarlo su come si deve! Passi tutto il tempo a grattargli la pancia!”

 

“Ma quando ci sono io, lui si comporta bene!”

 

“Ah! Adesso sarebbe colpa mia?!

 

“…forse si sente solo, e deve occupare il tempo…”

 

“E, secondo te, dovrei chiedere una riduzione d’orario per paternità?” l’apostrofò, polemico.

 

Il giovane Elric distolse lo sguardo. In fondo, anche lui avrebbe potuto dimostrarsi meno indulgente…

“Senta… che ne direbbe di andare a prenderne uno nuovo?” e indicò il maglione maltrattato che lo fissava dal pavimento, dove Mustang l’aveva gettato. “Il Sottotenente Havoc mi ha parlato di un buon negozio all’incrocio tra Main Street e Dahlia Place. Dopodomani, finito il turno, la accompagno e lo pago io, così siamo pari.

 

“Non se ne parla nemmeno.” Tagliò corto.

 

“Perché no?”

 

“Perché non è stata colpa tua…”

 

“Insisto!”

 

“Mi basta che mi accompagni.”

 

“E glielo pago.” Ripeté, cocciuto.

 

“Acciaio, smettila!”

 

Edward stava per ribattere, quando decise che doveva cambiar tattica, se voleva spuntarla con lui.
Taisa…”

 

Nh?”

 

“Tra qualche giorno compirà gli anni, giusto?” s’interessò, conciliante.

 

“Sì, ma cosa…?”

 

“…allora…” Fullmetal abbassò di scatto il capo, sentiva le guance improvvisamente più calde. Dannazione!, forse non era stata poi un’idea così geniale... ma ormai era tardi per ritrattare, no?

“Allora… sarà il mio regalo di compleanno per lei…”

 

Mustang spalancò un enorme sorrisone mentale.
Perché, se fosse stato reale, Acciaio - senza dubbio - ne sarebbe rimasto sconcertato.
“Va bene. Accetto.” Accondiscese e, decidendo di sfruttare la scia della sua buona stella, rilanciò: “Però lascia che dopo ti inviti a cena!”

 

“A cena?”

 

“Sì.” Fece spallucce. “E’ uno scambio sufficientemente equivalente.

 

Ok. Ci sto.” Ed era stranamente di buonumore, come non succedeva da tempo. “Non si rifiuta mai un’abbuffata a scrocco!”

 

“Perfetto!” replicò, sarcastico, l’Alchimista di Fuoco. “Tanto lo metterò in conto all’esercito!” e gli fece l’occhiolino, come a dire che ormai erano complici.

 

Edo sbuffò, scuotendo la testa in un pacato rimprovero. “Lei non cambierà mai…”

 

Roy sorrise malandrino, puntando lo sguardo prima su di lui e poi su Tora, che li ignorava, giocando con un nuovo regalo di Ed. “Io cambierò… quando tu smetterai di viziarlo!” lo provocò.

 

“Sarebbe ardua…” ammise Fullmetal, valutando l’ascendente che quella bestia godeva su di lui.

 

Quale bestia? Gli sussurrò una vocina malevola.
Tora?... oppure Taisa? Che parimenti gli faceva fare sempre – e comunque - ciò che voleva?

 

Senza dubbio, si era scelto una bella gatta da pelare…

Eppure, contro ogni logica apparente, stava sorridendo.
E si sentiva felice.

 

 

Fine



Disclaimers: I personaggi citati in questo racconto e la frase su Garfield non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.

Note varie: chiedo perdono, per la lunga (e seppur preventivata) assenza.
Mi auguro che il capitolo vi sia piaciuto. Il prossimo sarà più lungo…^^’’
La cosa buona è che ho concretizzato idee per almeno altri 10 capitoli. Ma la cosa brutta è che mi manca il tempo per scriverli ç__ç (e da domani si ritorna a lavorare >.<)
La trama di questo, in particolare, è presa da una puntata del programma ‘Forum’ (e la mia ispirazione non ha alcuna forma di lucro nei suoi confronti). Qualche anno fa, due amici coinquilini finirono davanti al giudice (allora c’era solo Santino! ^__^) perché il gatto di uno dei due aveva utilizzato il maglione del malcapitato come oggetto sessuale e la maglia era stata lavata di corsa, con dentro – in una tasca interna - una considerevole quantità di denaro e… ok. a voi non interessa come sia finita, no? ^__=

 

Spunto di riflessione: (parte 2^) Ringrazio i lettori che hanno compreso le mie parole, in particolare quelli che hanno deciso di cominciare a recensire questa e altre mie storie.
Ne approfitto anche per salutare chi ha preferito togliermi dal proprio angolo dei ‘preferiti’. Ognuno è libero di fare come meglio crede. Ma forse è sintonizzato lo stesso… quindi magari facciamolo sentire in colpa! ^__=

Un’ultima cosa…

Nella prima parte delle mie vacanze, in montagna, ho passato una settimana con due gattine (?). Dico ‘gattine’, perché malgrado ci abbia provato diverse volte, non mi è tuttora chiaro cosa siano in realtà, anche se memore della saggezza di Maes. Tutto questo per dirvi che mi sono rasserenata non poco, dopo questo fatto. Credevo di aver scritto un’enorme boiata in quel capitolo, invece i fatti reali supportano pienamente la mia tesi. (Anche quella preventiva che il problema non sia mio, ma io! >.<)



Torno a ringraziare di cuore i lettori affezionati e quelli nuovi, per le vostre adorabili recensioni.


Come sempre, sono graditi commenti, consigli e critiche.


Grazie (_ _)

elyxyz

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Capitolo 12
*** Kiss the rain ***


Kiss the rain

Note: il seguente scritto contiene riferimenti yaoi.

Per ulteriori spiegazioni, vi rimando alla conclusione della fic.

 

 

Dedicato a chi ha commentato i precedenti capitoli della raccolta.

Avete una vaga idea dell’emozione che mi dà ogni vostra recensione?
Grazie.

Grazie davvero.

 

 

Kiss the rain

 

 

by elyxyz

 

 

 

 

 

Roy chiuse il parapioggia gocciolante e lo infilò nel portaombrelli.

Il Tenente Hawkeye aveva insistito per riaccompagnarlo con l’auto, dato il tempo inclemente, e lui aveva percorso a piedi solo un centinaio di iarde, dal negozio all’angolo fino a casa, eppure si era inzuppato per bene ugualmente.

Il pacchetto che teneva tra le dita, in equilibrio precario, rischiò quasi di cadere; ma grazie ai suoi ottimi riflessi aveva evitato un piccolo guaio.

Osservò la carta leggermente rovinata dalle gocce dell’acquazzone e sorrise tra sé.

Mame-chan andava matto per quei dolcetti.

 

Perso nei suoi pensieri, s’inerpicò per le scale, accelerando l’andatura senza quasi accorgersene.

Aveva già la mano libera in tasca, a frugare in cerca delle chiavi, come d’abitudine, ma ci ripensò.

Suonò il campanello, e attese.

E’ bello avere qualcuno a casa, che attende il tuo ritorno e ti accoglie sulla soglia.

Il borbottare seccato di Edward non poté che renderlo ancor più di buonumore.

 

“Arrivo! ARRIVO!!” Lo sentì ciabattare, e far scattare la serratura. “Ma perché continua a dimenticarsi le chiavi in ufficio?” lo accolse sull’uscio, brandendo un mestolo con aria fintamente infastidita, grembiule deliziosamente gigantesco per lui, e uno sbruffo bianco sul naso.

Capitava, a volte, che il Colonnello Mustang si dovesse fermare al Quartier Generale più a lungo del normale orario, per delle riunioni improvvise o per questioni di rilevante importanza… e se ciò accadeva in uno dei loro rendez-vous habitués, Fulmetall aveva preso l’abitudine di precederlo, e di imbastire una cena in attesa del suo arrivo. Poi, come di consueto, s’immergevano in una lettura, o in un confronto stimolante sulle più recenti scoperte alchemiche.

 

“Perché ho una cameriera che mi apre!” ghignò Roy, adocchiando ironicamente la sua mise.

 

Ed s’inalberò. “Baka Taisa! Io non sono-”

 

“Pensierino!” esclamò, sventolandogli davanti al naso la scatolina della pasticceria e, approfittando di quell’espediente per distrarlo, svicolò dentro.

 

Quando il giovane Elric s’accorse del raggiro, l’altro era già all'interno. “Ma prego!” ringhiò. “Faccia come se fosse a casa su-”

 

“Hai il naso sporco di farina.” Lo interruppe, e allungò un dito verso la sua faccia.

 

Per un istante, Acciaio pensò che stesse per ripulirlo. Per toccarlo. Indietreggiò appena, forse spaventato. Di sicuro impreparato.

Ma l’uomo si era limitato ad indicarglielo, accantonando poi il tutto, con un semplice “Vado a cambiarmi.

Tora gli zampettò accanto, dandogli il suo personale bentornato.

 

Edo lo osservò sparire verso la camera da letto, dopo essersi tolto in fretta gli stivali imbrattati e l’impermeabile zuppo, nell’anticamera.

E si ritrovò a sospirare.
Ma che cavolo gli era preso?

Si sentiva quasi… quasi… deluso.

 

Si diede dello sciocco. Che razza di pensieri gli venivano in mente?

Un familiare sfrigolio gli ricordò che la cena era ancora sul fuoco, e reclamava la sua attenzione.

 

Taisa! E’ pronto fra cinque minuti!” lo avvisò, urlando in direzione del corridoio. Non aveva ricevuto risposta, ma difficilmente Roy avrebbe potuto ignorarlo.

Erano quasi le 21, e il suo stomaco brontolava impaziente. A stento, quello del suo superiore si sarebbe comportato più stoicamente.

 

Nel momento in cui spense l’ultimo fornello, coprendo la pentola perché non si freddasse, il campanello di Casa Mustang trillò.

 

Ma chi poteva essere a quell’ora?

Guardò d’istinto verso la finestra del cucinino. Fuori era buio, e pioveva ancora a dirotto.

 

Edward! Puoi aprire tu?!” si sentì chiedere, da lontano. Di certo il Colonnello era ancora in bagno.  

 

Un secondo squillo impaziente lo indispose inconsciamente.

Sbuffò, pulendosi le mani con uno straccio, e dirigendosi all’entrata. Non senza brontolare all’indirizzo del seccatore di turno, che indubbiamente avrebbe ritardato la loro meritata cena.

Quando aprì, si trovò dinnanzi un’avvenente moretta sulla trentina, avvolta in una vistosa pelliccia, un po’ prematura per quella stagione.

Non ebbe il tempo di chiedersi cosa indossasse al di sotto,  - SE indossasse qualcosa sotto -, perché lei prese la parola, salutandolo.

 

“Ciao, ometto!” e allungò una mano affusolata, dalle appariscenti unghie smaltate, per accarezzargli con materno affetto la testa.

Roy-chan è in casa?” domandò, dall’alto del suo metro e ottanta, tacchi compresi.

Tacchi. Che eufemismo!

 

Se non fosse stato troppo intento a chiedersi come quella donna riuscisse a rimanere in equilibrio su quei trampoli, avrebbe certamente dimostrato il suo quieto dissenso per quell’appellativo ingiurioso.

 

“Ho visto le luci accese…” ritentò lei, con una vocina dannatamente zuccherosa. “Allora? Roy-chan è in casa…?”

 

Non seppe il perché, ma la odiò.
Raramente Edward Elric aveva provato un odio così viscerale e immotivato verso una persona sconosciuta. Ma non poté – e non volle – impedirselo.

 

“Acciaio, ma chi è?”

 

Giusto quando stava per mandarla al diavolo, il Colonnello Mustang comparve alle sue spalle, bloccandolo tra di loro.

 

“Ah! Ehm…” esalò, sorpreso, vedendola.

 

Emily, sì…” miagolò lei, languidamente, fraintendendo la smemorataggine dell’uomo. “Sono tornata in città, e mi sono chiesta se…” ammiccò “avevi voglia di passare la serata con me…”

 

Non si chiese per quale ragione, ma Edo sperò di cuore che la cacciasse via al più presto. Possibilmente in malo modo.

 

Dopotutto… era un loro venerdì, quello, no?!

Ed era un sacro rituale, quello che avevano… lui si impegnava sempre per rispettarlo, talvolta anche trascurando Alphonse, e non poteva accettare niente di meno dal suo superiore. E l’Alchimista di Fuoco si era sempre dimostrato fedele a quel patto implicito. Fino a quel momento. Quindi che si muovesse a liquidarla in fretta, dannazione!

E invece, quei due rimanevano imbambolati, senza che Mustang ponesse fine a quella spiacevole visita.

Sgradevole.

…per lui era sgradevole, ma per Roy?

E se avesse preferito di gran lunga l’improvvisata di quell’oca sui trampoli, invece che stare con lui?

Ad essere onesti, aveva ben cognizione che il Taisa avesse sempre avuto un via vai di presenze femminili ad allietare le sue notti. Era risaputo in tutto il Quartier Generale, e lui lo aveva sempre accettato. Biasimandolo, certo. Non gli andava giù che una di quelle sgualdrinelle potesse affezionarsi a Tora, magari riuscendo addirittura a convincere il Colonnello a regalarglielo…

Solo per Tora, ben chiaro. Senza nessun interesse personale...

Gli rivoltava lo stomaco e provava disgusto, pensando alle donne che cambiava con la stessa frequenza con cui Jean si accendeva una sigaretta nuova. Però…

 

Da parecchi mesi, invero, si vociferava che Mustang avesse improvvisamente adottato una condotta morigerata, tanto da lasciare orde di femmine in lacrime. Ma Ed non ci aveva mai creduto del tutto.

Perché imporsi un’astinenza forzata, se non aveva giurato fedeltà a nessuna?

E di sicuro non l’aveva fatto. Altrimenti il Sottotenente Havoc avrebbe appeso i festoni in ufficio, se il temibile rivale fosse uscito dal mercato.

Lui, di striscioni, non ne aveva visti. E quella tizia lì davanti confermava la sua ipotesi iniziale.

In fondo, Taisa Mustang non sarebbe mai cambiato.

E perché gli desse così fastidio, a tal punto da sentire un nodo stretto allo stomaco, lui non voleva saperlo. Era solo fame. Fame e antipatia.

Quella gallina truccata sarebbe sembrata odiosa persino ad Al, si disse, che notoriamente trovava simpatiche anche le ortiche.

 

“Con… te?” ripeté Roy, colto alla sprovvista; riportandolo al presente.

 

Ma s’era rincoglionito? Edward gli diede una forte gomitata, per svegliarlo, ma richiamò l’attenzione su di sé.

 

“E’ il tuo fratellino, questo?” chiocciò lei, fingendosi interessata, per ingraziarselo. “Oh… forse non vi assomigliate poi tanto… è il tuo nipotino?” aggiustò il tiro, sorridendo come una compassata incantatrice mangiauomini.

 

Questo era troppo.

Davvero troppo.

 

“Si diverta con lei! Io me ne vado!!” sbraitò, spintonandoli da parte per rientrare. Si limitò a calzare gli stivali, senza tirare le stringhe. E poi corse giù per la tromba delle scale.

 

Roy bestemmiò tra sé, cercando di fermarlo.

“Ed, aspetta! Aspetta, non…” ma il giovane Elric era già in fondo.

 

Oh, dannazione!
A che cazzo era servito allontanarsi dal mondo del piacere, se poi Acciaio travisava tutto, e lo credeva ancora un farfallone impenitente?

Come avrebbe potuto fidarsi di lui, se lo reputava nuovamente così superficiale?

Maledizione! Non ci pensò neppure su, spinse Emily di lato, richiamandolo. Ma ormai era oltre il portone.

E allora infilò le prime scarpe sull’uscio e un soprabito cerato e gli corse dietro. Perché doveva chiarire quella situazione. E farlo subito.

Che diamine gli era preso? Fare quella scenata da amante tradito… quella fuga da film di terza classe, sotto quel dannato tempo da lupi!

Gliene avrebbe dette quattro, ecco perché lo rincorreva. Ed era uscito anche senza impermeabile, quel testone!

Non ricordava neppure se aveva chiuso la porta di casa. Sperava in cuor suo che Tora avesse un po’ di senno e non decidesse di uscire, e magari scappare, proprio quella sera.

Gliene bastava uno, di piantagrane!

 

Aumentò la corsa, fiducioso di poterlo raggiungere in fretta. Se Fullmetal avesse avuto un minimo di buonsenso, non avrebbe mai scelto la via più corta e meno raccomandabile a quell’ora, per tornare agli alloggi militari, dove credeva stesse andando.

Ma Acciaio non sapeva nemmeno dove stesse di casa, il buonsenso!

Non era solo alto come un fagiolo, a volte quell’idiota aveva anche il cervello grande come quel legume!

E Roy non avrebbe mai dormito, senza essersi accertato che fosse al sicuro.

Non che quel nanerottolo non fosse in grado di difendersi, però sembrava sconvolto!

E non poteva certo chiamare nei dormitori degli Ufficiali, e spaventare Al, nel caso non fosse ancora tornato.

Ma, perché diamine era scappato?!

E, - accidenti a lui! – avrà avuto pure le gambe corte… ma sapeva correre dannatamente veloce!
 

L’Alchimista d’Acciaio avanzava rapidamente, incurante della pioggia scrosciante, con una rabbia burrascosa che non riconosceva come propria.

Si sentiva tradito. Ferito e tradito.

E più cercava di raccapezzarsi, più sentiva un grosso mal di testa scuotergli il cervello.

Che razza di figura aveva fatto!

Di sicuro, in quel momento, il Colonnello e la sua amichetta stavano ridendo di lui, della sua sparata infantile.

Non voleva neppure prendere in considerazione l’idea che fosse qualcosa di diverso dallo sfogo di un bambino capriccioso, a cui avevano sottratto un giocattolo.

…in fondo, Roy… era questo, per lui?

Era solo questo?

Un adulto che gli dedicava un po’ del suo tempo. Che lo trattava da pari, che lo incoraggiava e lo aiutava, nell’approfondire i suoi studi?

Era affezionato al Taisa… solo per quello?

Per semplice egoismo?

Rabbrividì a quel pensiero, o forse per il freddo che gli era penetrato fin nelle ossa.

Cosa diamine era diventato, per lui, Roy Mustang?

 

Ma soprattutto... quando era diventato così bravo a mentirsi?

 

E l’Alchimista di Fuoco intanto correva, anche se rallentato dall’ingombrante impermeabile, nelle orecchie il sangue che pulsava veloce, e un peso all’altezza del cuore.

Sarebbe mai riuscito a raggiungerlo?

 

Quando ormai non ci sperava più, riconobbe la familiare treccia bionda sfrecciare nella traversa di fronte a lui.

E commise l’errore di chiamarlo, cercando invano di fermarlo. E lo vide infilarsi in un vicolo semibuio, a destra, senza rallentare mai e poté solo inseguirlo.

Ma perché cazzo non si fermava?!

 

Con un ultimo scatto, quasi disperato, lo raggiunse, bloccandolo a ridosso di una casa diroccata, evitando per miracolo di cadere.

Il sollievo lasciò posto alla rabbia, e lo sbatté contro il muro con malagrazia.

Edward, che fino a quel momento aveva evitato in tutti i modi di guardarlo, si volse, per fronteggiarlo.

Sembrava furioso, ma perché? Era lui, semmai, a doversi sentirsi furente!

 

“Perché diavolo te ne sei andato a quel modo?!” lo aggredì a parole.

 

“Era ovvio che fossi io, quello sgradito. Sibilò, tenendogli testa. “E volevo togliere il disturbo per la sua serata con quella… quella. Replicò, con disprezzo.  

 

Roy, accecato dall’ira, non ci vide più

“TU! …Piccolo, brutto bastardo!” ringhiò, afferrandogli la giacca all’altezza delle spalle e strattonandolo. Anche l’auto-mail di Fullmetal compì un gesto simile, scattando sulla difensiva, artigliando l’impermeabile sullo sterno. “Che cazzo ne sai, tu, di me! Eh?! Cosa ne vuoi sapere?!” Sembrava un fiume in piena, mentre ringhiava quelle parole, sbatacchiandolo sulla parete ad ogni frase, per rafforzare il concetto.

 

Per un istante, Acciaio pensò seriamente che fosse impazzito.

Taisa... la prego, la smetta…” tentò, soffiando quelle parole direttamente in faccia all’altro. Ma era troppo tardi. Il fiume in piena aveva rotto gli argini.

 

Che ne sai di me?” ripeté Mustang, stavolta quasi con voce incrinata. Lo sguardo da invasato. “Dei miei sentimenti… che ne sai?”

 

Ed sussultò, per l’improvvisa disperazione che percepiva. Ma la stretta che lo inchiodava rimaneva ferma, salda. “Ti sogno ogni notte. E ti penso ogni giorno. Ti desidero ogni maledettissimo istante della mia giornata! Come cazzo pensi che stia, a vederti in ufficio e dovermi trattenere… a casa mia, e non poterti mai sfiorare… sono un uomo, dannazione! Ma mi sono innamorato di te!!” deglutì a fatica, scuotendo la testa per calmarsi, quindi puntò nuovamente lo sguardo, smarrendosi in quell’oro fuso, i loro respiri che quasi si fondevano, tanto erano vicini. “Io… io… fermami, prima che faccia una sciocchezza. Il tono era duro. Ma era una supplica.

 

“E se io… se io non volessi fermarti?” sussurrò Edo, perdendosi a sua volta in quel nero lucido.

 

Roy tremò. Se d’aspettativa o di rabbia non era dato saperlo.

“Non prendermi in giro, ragazzino!” lo ammonì furibondo.

 

Ma Edward non attese oltre.

Azzerò le distanze contraendo la mano che teneva il soprabito verso di sé, tirandoselo addosso.

E fu solo un cozzare di labbra e denti e amore e disperazione. Inesperienza. Eppure resistette. E divenne bacio.

Quando respirare si fece necessità, rimasero le loro fronti a contatto, gli occhi dell’uno fissi nell’altro.

“Non. Giocare. Con. Me.” Ripeté l’uomo, greve. Ma la voce gli tremava.

 

Oh, sì...

...a giocare col fuoco ci si brucia...

 

Ed ansimava ancora, affannato. E lo fissò. E fu l’unica risposta che riuscì a dargli.

Perché qualsiasi parola sarebbe sembrata una promessa vana.

 

A Roy sembrò bastare. E se lo strinse contro, trascinandoselo dietro, quando le forze e la tensione lo abbandonarono. Se lo abbracciò stretto, inginocchiato in quel vicolo sudicio. Sotto il diluvio scrosciante. Come a proteggerlo da tutto. Perché non aveva la minima intenzione di farselo scappar via.

E riprese a baciare le sue labbra bagnate.

Sulle guance accaldate. Il naso gelato. Le palpebre abbassate.

Il collo, su cui scorrevano rivoletti d’acqua.

E infine, baciò anche la pioggia.

 

 

Fine



Disclaimers: I personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.

Il capitolo prende il titolo dall’omonima canzone di Billie Myers, che io adoro. (Prima o poi ci farò una song-fic! *__*)

Note varie: scrivere questo capitolo è stata una sofferenza. Nella mia testolina filava che era una meraviglia, ma poi stenderlo si è rivelata un’impresa ardua! Ç__ç
Però ci tengo in modo particolare, perché è il clou della storia stessa. Siamo ad un punto di non-ritorno, (anche se noi sappiamo che la raccolta fa dei salti cronologici), è il giro di boa...

Sono un po’ titubante, lo ammetto. Perché avrei potuto renderlo diversamente, o forse vi aspettavate che Roy si dichiarasse comodamente sdraiato sul divano, con Ed al fianco e Tora in braccio… ma è nato così. E non me la sentivo di cambiarlo.
Perdonatemi, se vi ha deluso. Ç__ç

 

Detto questo,baka’ significa stupido, per chi non lo sapesse. E risveglia in me antichi ricordi, su un certo Do’aho e una Baka Kitsune che mi hanno fatto battere il cuore per lungo tempo…

Chi mi conosce da tempo, sa che la mia pignoleria è leggendaria. Prima di scrivere qualcosa, ne valuto la veridicità, controllo le fonti e così via.

Parecchio tempo fa, ho incontrato una song-fic intitolata appunto ‘Kiss the rain’.
L’autrice in questione sosteneva in breve quanto segue:
Una locuzione gergale è ‘kiss the rain’, che però – a dispetto della somiglianza - ha poco a che fare con romantici eventi atmosferici, in quanto si traduce con un efficace ‘baciami il culø’, ‘leccami le scarpe’… ‘ciucciami il calzino’! (per dirla come Burt Simpson) …non esattamente poetico, eh? ^____^

Adesso non ascolterete più la canzone di Myers con lo stesso trasporto… ^__=

 

Mi sono documentata ovunque, chiedendo a persone più esperte di me, nella lingua inglese.

Ma nessuna di loro ha saputo darmi conferma di quest’affermazione.
Sarebbe quindi semplice trattarla come una bufala.

Tuttavia… se ricordate nel video che accompagna questa canzone, Billie sta cantando e sfasciando - e vado a ricordi - una camera intera, mentre fuori scende un acquazzone tremendo, sembrando un tantino incazzata/disperata. Il che mi fa dubitare un pochino del valore romantico che le viene attribuito… perché fare un video così, altrimenti?


In sintesi: chiunque possegga informazioni sicure su quest’argomento (tranne la traduzione che gira nel web, che già posseggo) avrebbe la mia gratitudine, se mi chiarisse il dilemma. (Soprattutto in funzione di una mia eventuale song-fic).

 

In ogni caso, ho fatto in modo che il titolo si potesse interpretare sia in modo letterale, che secondo l’ipotesi ‘scurrile’. Difatti, sia Roy che Ed erano un tantino incazzati

 

 

PRECISAZIONI AL CAPITOLO PRECEDENTE.

Molti di voi mi hanno chiesto che collocazione temporale avesse. (Ad alcuni, ho già risposto in pvt). Io immagino sia inserita dopo che i mici sono nati. Per capirci, quando Ed va da Roy, la sera, e legge sul divano con lui.

Per il titolo, forse è bene chiarire: in pratica, si gioca sul 'prendo', nell’accezione sessuale del termine, (povero maglione stuprato! >.<) e in quella del prendere senza chiedere, fare il maleducato. Tora 'vive' la casa come vuole, e fa parecchi danni, perché 'prende' ciò che gli serve, quando vuole, e non domanda... (le tende strappate, i lacci rosicchiati... i graffi sul legno…)
Ok. credo sia tutto…^^’’ perdonate il trattato infinito! >.<

 

 

Torno a ringraziare di cuore i lettori affezionati e quelli nuovi, per le vostre adorabili recensioni.


Come sempre, sono graditi commenti, consigli e critiche.

Grazie (_ _)

elyxyz

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Capitolo 13
*** Can che abbaia... non morde ***


Note: il seguente scritto contiene lievi riferimenti yaoi

 

Note: il seguente scritto contiene lievi riferimenti yaoi.

Prima che leggiate, è bene ricordarvi ancora che questa NON è una long-fic, bensì una raccolta.
Non cercate per forza un nesso tra i capitoli, a meno che non sia chiaramente specificato da me.

Alcuni avranno una datazione cronologica, da me precisata all’inizio, se sarà necessario.

Anche perché, se dovessi impostare i cap seguendo un ordine logico-cronologico, (diverrei pazza >.<) dovrei buttar via alcune idee carine, che invece hanno un loro senso nell’ottica di una raccolta, appunto.

Questo capitolo, per esempio, è ambientato circa 6/7 mesi dopo il cap 5, quando Roy e Edward scoprirono la cucciolata di Tora.


Per ulteriori spiegazioni, vi rimando alla conclusione della fic.

 

 

Dedicato a chi ha commentato i precedenti capitoli della raccolta.

E agli adorabili recensori delle mie ultime ficcine: Ritorno a te (Casa) e Sensual2.
Grazie.

 

 

 

Can che abbaia... non morde

 

 

by elyxyz

 

 

 

 

 

“Ed, ma che è successo?!” Chiese Mustang, osservando l’incipiente bernoccolo sulla sua fronte. “Hai fatto a botte?!

 

“La signorina Rottherwall.” Bofonchiò Edo, tra il risentito e il vergognoso, entrando in casa e accomodandosi sul divano.

 

“E cos’hai combinato, stavolta?”

 

“Io? IO?!” sbraitò, accalorandosi tutto. “Quella vecchiaccia isterica mi ha aggredito, mentre venivo qui! Sembrava un’ossessa! Strillava frasi sconnesse sui maschi che non riescono a tenere i pantaloni chiusi…”

 

Minù dev’essere nuovamente incinta.”

 

“Lo credo anch’io.” E si girarono a fissare Tora che sonnecchiava beato, ignaro di tutto.

 

“Beh, Maes ha tanto di quel posto… e ha sempre sognato un allevamento di gatti!” sorrise, serafico. “Andranno anche questi, sotto scorta, fino a Central.

 

“Uhm! Per me va benone! Se il Tenente Colonnello è d’accordo…”

 

“Sai, Fullmetal, stavo pensando…” e si fece meditabondo. “Abbiamo adottato l’unico gatto monogamo di East City!” rise.

 

“Di tutta Amestris!” lo corresse Ed, unendosi alla sua risata, riscoprendo il buonumore.

 

Edward…” Mustang si risollevò dal sofà, indossando le pantofole.

 

Mh?”

 

“Sei stato picchiato nuovamente da una vecchina… non è molto onorevole, ne sei conscio?”

 

“Ma che altro potevo fare? Difendermi?! Lo sa anche lei che non picchio le femmine… se posso

…e se non sono Homunculus travestite… e se non sono perfide streghe come Winry, e…

…ma quella Miss Rottherwall è una strega! Una vera megera! Mi sento autorizzato a renderle il favore!” decretò, vendicativo, alzando la voce; per informare il Colonnello che intanto era sparito in cucina, a fare chissà che.

 

“Intanto, eroe, mettiti del ghiaccio!” e gli porse un piccolo sacchetto gelato. “Vado a cercare una pomata…”

 

“Lasci perdere, è una sciocchezza! DAVVERO!” cercò di sminuire l’accaduto.

 

“Dunque, non serve vendicarsi, se è una sciocchezza…” sottilizzò Roy, tornando dal bagno, divertendosi un pochino a metterlo in difficoltà.

 

“Beh, sì, però…” farfugliò Edo, “quella è pazza! Se si ritrovasse il nostro Tora tra le mani, non oso pensare…”

 

L’oggetto delle loro preoccupazioni s’era svegliato, a causa del trambusto, e in quel momento si stava prodigando in un’accurata sessione d’igiene personale.

 

Lo sguardo che i due militari si scambiarono fu eloquente, così come le reazioni prevedibili.

Mentre Acciaio arrossiva pudicamente, il ghigno ironico dell’Alchimista di Fuoco s’andava allargando sempre più.

 

“Non gli succederà nulla, fintanto che rimarrà qui… non credo che Miss Rottherwall si diletti in arrampicate notturne sui tetti…” scherzò, anche per sdrammatizzare un po’.

 

Edward mugugnò il suo assenso, a denti stretti. Ma dannazione se non bruciava, quel ghiaccio!

Si tolse l’impacco. “Com’è?”

 

“Grosso, gonfio e viola.”

 

“Scherza?!”

 

“No-no! Ha un suo fascino artistico, sai? Crea un piacevole contrasto cromatico coi tuoi capelli biondi…”

 

Taisa! Grrr…” ringhiò, fulminandolo.

 

Ma l’altro non si diede pena di difendersi, e anzi gli si avvicinò.

“E’ ora di mettere la pomata, altrimenti Alphonse penserà che sia stato io a malmenarti…” e gli mise un po’ di unguento sul bozzo dolorante.

 

“Uhm… sa che non è mica una cattiva idea?!” fece finta di pensarci su. “Il mio fratellino è di indole dolce e buona; ma è molto forte, e sa essere pericoloso, quando serve… e non è neppure un militare, quindi non le deve obbedienza…” sogghignò, in modo assai poco raccomandabile.

 

“Parla, parla!

Tanto… il can che abbaia non morde!” filosofò Roy, tenendosi concentrato sulla medicazione.

 

“Quella vecchiaccia ha abbaiato e ha anche morso!” lo contraddisse, polemico. “E lei ha sempre ringhiato, chi mi dice che non morderà?!

 

“Cos’è? Mi vuoi far espiare le colpe del passato?” insinuò, senza però smettere di spalmare la crema, di modo che penetrasse sotto la pelle. “Dov’è finito il nostro armistizio?”

 

“Le tregue sono stipulate per essere infrante!” disse allegramente, con una punta di furbizia.

 

“Non da me.” Replicò, improvvisamente serio. E gli appiccicò sbrigativo un grande cerotto, perdendo inaspettatamente la gentilezza dei gesti precedenti.

 

Edward sussultò. Forse per il dolore, forse per la sorpresa. Lo fissò, smarrito.

Occhi improvvisamente insondabili si distolsero per primi, e mani indaffarate raccoglievano tubetti, tappi, ghiaccio e scappatoie.

 

“Ho finito. Puoi andare a casa.”

 

 

Fine



Disclaimers: I personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.

Note varie: ringrazio Shatzy, che mi offre l’opportunità di chiarire a tutti una cosa su questa saga…
La raccolta non è SOLO sui gatti. Non è Tora-centrica.
Il titolo del 1° cap dice tutto: It’s raining cats & dogs. Il verbo piovere; gatti e cani.
L’intera odissea deve avere una di queste tre colonne portanti.
Di fatto, nel primo cap è la pioggia che fa da padrona.
Nel secondo le gatte da pelare
Nel terzo Ed che è un ‘cane’ (dell’esercito).
In origine, la raccolta finiva lì.
Ma ho presto deciso di proseguirla. Avevo accarezzato l’idea di alternare sempre ogni cap riferito ai tre: pioggia, cane, gatto, pioggia, cane, gatto… ma non potevo sacrificare l’ordine della storia in funzione di un titolo, e ho deciso di rinunciare.
Ho pronti almeno 3 cap con il titolo sulla pioggia, ma ho dovuto dare spago ai gatti e cani, perché questi cap necessitano che i lettori abbiano un tot di ‘argomenti già letti’ per capirli e gustarli appieno.
Tutto questo per dirvi che non sempre Tora comparirà, più avanti. E’ un elemento che do per assodato, come uno ‘sfondo integratore’, che si sa che c’è, anche se non si vede.


Note al cap precedente:
sono rimasta sinceramente sorpresa, che nessuno dei commenti avesse puntato l’attenzione sul rapporto Roy/pioggia.
Stiamo parlando di Roy -odio la pioggia- Mustang!
Nell’inizio della fic, si vede un Roy zuppo, eppure felice, che si è fatto accompagnare perché ha insistito Hawkeye. Eppure sorride, perché c’è Ed a casa che lo aspetta...
Poi, quando Edo fugge, cito testualmente: "E allora infilò le prime scarpe sull’uscio e un soprabito cerato e gli corse dietro. Perché doveva chiarire quella situazione. E farlo subito."
Poco importa se fuori c’è un odioso temporale, acquazzone, il diluvio. Lui va.
Infine, quel baciare Ed e anche la pioggia... è il culmine. L’aver chiarito con Ed gli dà così gioia, così serenità, da esser disposto ad un armistizio persino con la sua nemica naturale: l’acqua.
Come a dire che -quel momento- è talmente grato al mondo, da esser grato pure a lei... che è lì con loro, come testimone...
Ecco^^’’ mi sembrava carino chiarire la mia visione… di solito siete tutti bravissimi da soli, a sviscerare le mie idee…


Ringraziamenti:
ne approfitto qui per ringraziare quanti hanno letto e commentato la mia nuova fic su Inuyasha e quanti hanno recensito la storia su Slam Dunk, che ho postato in questi giorni.



Se siete interessate/i alle mie produzioni nel complesso, tenete d’occhio il mio account. Di questi tempi sto spaziando molto, su vari fandom.
E, visto che molti di voi mi hanno scritto in pvt, per sapere qualcosa su di me… dopo 6 anni, ho messo uno straccio di bio, nella mia personal page.

Grazie di cuore ai lettori affezionati e a quelli nuovi, per le vostre adorabili recensioni.
Soprattutto a chi mi sta seguendo anche in altri fandom. Non essendo loggati, non ho altri modi per ringraziarvi…



Come sempre, sono graditi commenti, consigli e critiche.


Grazie (_ _)

elyxyz

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Capitolo 14
*** Frozen November Rain ***


Roy mustang vagava per i corridoi dell’alloggio ufficiali come

EDIT: sia nella mia anteprima che aprendo il capitolo, il titolo della fic si vede: è color azzurro-neve contornato di nero.

Per cortesia, avvisatemi se non lo vedete! Grazie.

 

Note: il seguente scritto contiene lievi riferimenti yaoi.

Guest stars: Alphonse Elric & Jean Havoc.

 

No, non sono così smemorata da non ricordare di aver già postato un’altra storia, una song-fic (Novembre Rain) su questo stesso fandom.

Anzitutto, è bene precisare che questa non è una song-fic; però tre strofe e il titolo stesso rientravano nella raccolta, ed erano perfetti per questo capitolo, in particolar modo. Mi sembrava uno spreco rinunciarvi.

Per ulteriori spiegazioni, vi rimando alla conclusione della fic.

 

 

Dedicato a chi ha commentato lo scorso capitolo.
Con immensa gratitudine.

 

 

 

Frozen November Rain

 

by elyxyz

 

 

 

 

Roy Mustang vagava per i corridoi dell’Alloggio Ufficiali sembrando un’anima in pena.

 

“Buonasera, Colonnello!” lo salutò, come sempre educatamente, il minore degli Elric.

 

“Ciao, Alphonse. Come sta tuo fratello?”chiese, cercando, per quanto possibile, di mantenere un tono incolore.

 

“La febbre non è ancora scesa… e lo fa delirare, ogni tanto. Rispose, non nascondendo una punta d’ansia. “Il dottore ha detto che deve riposare molto, ma quel testone non sente ragioni, per questo va tenuto d’occhio. Scosse le spalle, sferragliando. “Il Sottotenente Havoc era fuori servizio, e ha insistito perché andassi a distrarmi un po’… anche se non devo dormire o…”

 

“Hai bisogno di svagarti un attimo anche tu. Concluse l’altro, comprensivo.

 

Probabilmente, se avesse potuto, sarebbe arrossito.   

 

“Da quanto è dentro, il Sottotenente?” s’interessò.

 

“Più o meno un paio d’ore. Stavo proprio per dargli il cambio.”

 

“Prenditi ancora un po’ di tempo, resto io con lui. S’offrì.

 

Taisa, senta…” le orbite vuote brillarono un istante. “…io volevo ringraziarla…”

 

“E per cosa? Devo ancora entrare!” si schernì, con quel sorriso strafottente con cui si proteggeva quando sentiva che forse stava sforando in un terreno minato, e quindi pericoloso.

 

“No, Colonnello. Non mi riferivo alla sua visita di cortesia… almeno, non solo a quella…” specificò, tentennando leggermente, scrutando guardingo il corridoio deserto. “Grazie. Per tutto quello che sta facendo per Ed.”

 

Nh?”

 

“Per lui è davvero difficile affezionarsi a qualcuno, però ci tiene a lei, ed è una cosa bellissima. Disse, con genuina gioia. “Io lo so che Nii-san viene da lei, quelle sere in cui sparisce per delle ore.

 

“Non succede niente di particolare… non capisco perché non venga anche tu…”

 

L’armatura fece oscillare l’elmo, in senso di diniego. “No. Non voglio.

…è uno spazio vostro. E mi va bene così. E’ giusto che Edward abbia degli interessi che non mi coinvolgano.

 

Do you need some time... on your own            Hai bisogno di un po’ di tempo... per conto tuo?
Do you need some time... all alone                  Hai bisogno di un po’ di tempo... da solo?
Everybody needs some time... on their own     Tutti hanno bisogno di un po’ di tempo per conto loro
Don’t you know you need some time...            Non sai che hai bisogno di un po’ di tempo...

All alone                                                          Da  solo?

 

“Non dobbiamo star sempre appiccicati più di quello che già siamo; io desidero che stia un po’ per conto suo …o con lei. Perché quello zuccone si sente responsabile per me, e a volte è fin troppo premuroso…”

 

Asfissiante, eh?” gli venne incontro.

 

Inclinò un po’ di lato il pennacchio, imbarazzato. Era un’ammissione.

“Anche se so che mi vuole bene e lo fa per me…” ribadì, quasi a scusarsi. “Il punto è che il mio fratellone non sa mentire, e per venire da lei inventa delle pessime bugie.

 

“Bugie?” ripeté incuriosito, inarcando un sopracciglio.

 

“Sì,” la corazza annuì. E Roy avrebbe giurato che stesse sorridendo. “Tipo che deve recapitare documenti urgenti che lei si è scordato di firmare…”

 

“Ma ogni tanto succede davvero!”obiettò Mustang.

 

“Uhm… con quella di mercoledì scorso, fanno 85… no, 87 volte…” lo informò, ironico.

 

“Io ho davvero una pessima memoria, e Fullmetal si offre sempr-

 

“Non lo giustifichi, Taisa. Non serve.” Sventolò i palmi sferraglianti davanti a sé, come a dire che bastava. “Glielo ripeto: sono immensamente felice che il mio fratellone si sia finalmente affezionato a qualcuno. E la pazienza che lei dimostra è ammirevole, perché nessuno – meglio di me – sa quanto può essere snervante Ed, a volte. Perciò, grazie di cuore.” E si inchinò profondamente, accompagnando le sue parole.

 

“Ma io… davvero… non mi devi dimostrare gratitudine… lui legge solo… chiacchieriamo un poco e litighiamo un tantino, non… io non ho meriti particolari. Fu il turno del Colonnello di spiegarsi. “E poi sto bene con lui, anche se è un asino cocciuto.

 

Alphonse rise. “Fortuna che adesso si è un po’ ammorbidito!”

 

“Dici?! Il fatto è che ci rimbecchiamo ancora spesso…”

 

“Io credo… se mi è permesso dirlo… che voi due vi assomigliate tanto.

 

Sorrise amaro. Sì, a volte rivedeva in lui se stesso, prima di Ishbar.

 

“Ho come l’impressione che Edward abbia sempre fatto fatica a sopportarla, perché in realtà siete molto simili, voi due.”

 

Forse hai ragione. E forse se n’è reso conto anche lui...

 

“Ma non lo ammetterà mai!” scosse la testa di latta, semidivertito.

 

“No, mai!” ripeté, fintamente esasperato.

 

“Ciò non toglie che sia più sereno, adesso…” riprese Al, facendosi serio.

 

“Allora dovresti dirgli che lo sai. Così smetterà di inventarsi scuse patetiche e improponibili, e di sentirsi – magari – in colpa, mentendoti.

 

“Adesso che so come stanno le cose, lo farò al più presto. Promise, rinnovando la sua riconoscenza e allontanandosi verso la Sala Ricreativa degli Ufficiali.

 

Roy entrò piano, senza bussare.

Il Sottotenente Havoc lo accolse scattando sull’attenti. L’immancabile sigaretta tra le labbra, incredibilmente spenta.

 

Mustang lasciò vagare lo sguardo, finché non si posò sul letto dove riposava Fullmetal.

“Come sta?” chiese, sottovoce.

 

“Si è addormentato da poco. Ho mandato via Al, perché la smettesse di fissarlo preoccupato.”

 

“Lo so. Ci siamo incrociati qua fuori.”

 

“E’ solo una brutta influenza, ma questo freddo polare ha scatenato un’epidemia!”

 

“Già! Siamo a corto di personale e l’infermeria è stracolma di malati, tanto vale che trascorra la sua convalescenza qui, senza essere disturbato.

E ripensò a Falman, Fury e Breda, a cui aveva fatto visita in mattinata, e che non stavano certo meglio di lui.

 

Jean si stiracchiò la schiena indolenzita, sospirando stancamente.

 

“Quando inizia il tuo turno di guardia?”

 

“Fra meno di 20 minuti.”

 

“Vai a fumarti una sigaretta, resto io con lui.

 

Il suo sottoposto annuì, riconoscente, sollevandosi dalla sedia accanto al giaciglio.

“Ah, Colonnello?”

 

Nh?”

 

“Potrebbe rinfrescargli la benda, ogni tanto? Quando la temperatura si alza, tende anche a vaneggiare…”

 

Roy annuì. “Mandami qui Alphonse fra un’ora. Mi trattengo io.”

 

L’altro si congedò, pregustando una meritata boccata di nicotina.

Ma fu solo quando se ne uscì, che Mustang realizzò di esser rimasto solo con Ed.

Lo osservò, a disagio. La benda a rinfrescare la fronte ardente. Le gote arrossate dalla febbre. E il respiro affrettato. Non sembrava affatto che stesse riposando.

 

Prima di sedersi, si tolse la giacca della divisa e accostò la seggiola al materasso. Nel prendere la stoffa umida, sfiorò inavvertitamente la pelle sulla fronte di Edo. Bollente. Un vago senso di inquietudine, di malessere, lo colse. Era solo un’influenza particolarmente fastidiosa, e quel fagiolo era forte, aveva visto cose ben peggiori… ma allora perché gli si stringeva il cuore a vederlo così, inerme e provato?

D’impulso avrebbe voluto abbracciarlo e stringerselo contro ma, all’ultimo, la sua ragione glielo impedì.

Però capiva come poteva sentirsi Alphonse. Ad accudirlo giorno e notte, e vederlo star così male, se non peggio.

Acciaio era un vulcano in continua eruzione. Ed era logorante stare lì ad osservalo, piegato da una stupida malattia, che lo sottometteva così, rendendolo inoffensivo.

 

Afferrò la garza con forza, sentendosi impotente, e quindi arrabbiandosi con se stesso. E la cosa peggiore stava proprio nel fatto che non poteva fare nulla per lui.

Proprio come Al, come i dottori.

Doveva solo aspettare e pazientare, che tutto questo facesse il suo corso.

E prima di quanto avrebbe creduto, si sarebbe trovato di nuovo quel marmocchio presuntuoso tra i piedi. Sorrise a fior di labbra.

Gli era mancato, in quelle sere di solitudine. E probabilmente la sua assenza era pesata anche a Tora, che sembrava più insofferente del solito.

Era egoista, lo sapeva.

Ma il girovagare di quel ragazzo per casa sua era diventato fondamentale, per lui.

Come parte integrante di quell’amore sublimato che doveva rimanere nascosto.

 

Intinse la stoffa nella bacinella sul comodino e la strizzò leggermente. Fece per riposizionarla, ma all’ultimo si fermò e attese. Con dita tremanti scostò delicatamente la frangia, i sottili fili dorati, umidi, appiccicati alla pelle.

Si perse ad accarezzarne i contorni, mentre i suoi polpastrelli registravano il calore della cute superiore al proprio.

La temperatura stava salendo.

Adagiò la benda piano, con lentezza, e si volse a guardare altrove, intossicato da quel contatto troppo ravvicinato, troppo intimo.

Si sollevò di scatto, dirigendosi verso la finestra.

La neve cadeva ancora, silenziosa e insistente, ricoprendo East City e le sue brutture.

E stava calando la sera, realizzò, quando il lampione di fronte a lui s’accese pigramente, illuminando il piazzale delle esercitazioni del Quartier Generale, che prima appariva solo una landa incontaminata.

Se strizzava gli occhi, poteva vedere le orme di qualche ora addietro, di qualche soldato che era sprofondato in più punti, mentre si dirigeva al cancello d’entrata.

Roy Mustang odiava la neve. Non quanto la pioggia, beninteso - anche se in fondo era pioggia ghiacciata.

La odiava per il suo essere fredda e bagnata, palesemente in antitesi con il suo elemento naturale: il fuoco.

E il suo essere così dannatamente candida e immacolata, era ogni volta uno schiaffo in faccia per lui, un monito a ricordargli quanto fosse un peccatore. Dall’anima sporca e rovinata.

Sì. Odiava la neve. Senza dubbio. E adesso odiava anche quell’inverno precoce. Perché aveva fatto ammalare Edward. Lui, sempre così vivace e solare. Ridotto ad uno straccio febbricitante.

Ma no. In fondo non poteva. Era stato in un giorno come quello – gli era stato detto -, che il giovane uomo che amava era venuto al mondo.

Il suo compleanno sarebbe stato il giovedì seguente, ricordò, figurandosi mentalmente il pacco rettangolare che aveva nascosto nella cassettiera in camera da letto. L’unica stanza in cui aveva la certezza che Mame-chan non sarebbe mai entrato.

Sorrise, pregustando la faccia sorpresa di Acciaio, quando avrebbe scartato il suo regalo. Un tomo ricercatissimo che, Fullmetal gli aveva confidato mesi addietro, era quasi introvabile. Aveva speso un’eresia per scovarlo, ma ne valeva la pena, ne era certo.

Il suo stupore, forse un po’ di gratitudine, lo avrebbero ripagato ampiamente del tempo e delle energie adoperate nella ricerca.

Adesso doveva solo sperare nella sua pronta guarigione… perché l’anniversario della sua nascita era un traguardo importante!

E d’improvviso realizzò quanti salti la sua mente aveva fatto in pochi secondi, così come le sensazioni vissute, e le emozioni contrastanti.

All’esterno, pioggia mista a neve continuava a cadere, in quella fredda sera di novembre.

 

Tirò la tenda, per non vederla, e fu attirato da un flebile lamento proveniente dal letto. Vi si appressò, sollecito.

Edo si muoveva, in un sonno agitato. Roy ribagnò la garza, detergendo anche i rivoli di sudore che imperlavano le tempie del ragazzo. In quel momento lo sentì biascicare qualcosa di incomprensibile. Stava certamente delirando di nuovo, come era stato avvertito.

Però lui non era pronto a vederlo così tormentato, la mano sana e quella con l’auto-mail strette al lenzuolo, un ansito sofferente e mezze parole masticate con urgenza, quasi in un piagnucolare spaventato.

Di questo mugolio inarticolato e inintelligibile, sapeva riconoscere soltanto il nome di Al, ripetuto quasi con disperazione.

Era in momenti come quello, che in Taisa si conficcava la certezza che Alphonse, solo ed esclusivamente lui, era l’unica persona davvero importante per Edward.

E questa convinzione era seguita dalla persuasione che, malgrado tutti i suoi sforzi e la sua infinita pazienza, Edo non avrebbe mai calcolato lui, Roy Mustang, se non come un diversivo e nulla più.

Una piacevole, divertente variante della quotidianità simbiotica dei fratelli Elric.

 

Gli sfiorò una mano artigliata, con quella greve consapevolezza nel cuore.

E deglutì il groppo amaro della sconfitta. E una parte di lui se lo rinfacciò. Che sì, era una battaglia persa in partenza, la sua. Ma strinse un po’ di più la presa.

Anche se adesso Ed invocava il nome della madre scomparsa, e non più quello del fratello, e chiedeva perdono per il suo peccato. Le sue colpe.

Ma non sarebbe servito…

Roy cercò di parlargli, sussurrando infantili parole di conforto e rassicurazione, anche se era consapevole dell’inutilità dell’azione. Non ci credeva nemmeno lui, per primo, nemmeno mentre uscivano dalle sue labbra. Però rafforzò ancora la stretta, le dita dell’altro con le sue. E il giovane alchimista sembrò calmarsi. E allora, tanto valeva continuare.

Il respiro si fece un po’ più regolare e, per un istante, Edward tacque. Come se fosse sprofondato in un sonno profondo e senza sogni.

 

L’Alchimista di Fuoco sospirò, tranquillizzandosi. Lanciò un’occhiata all’orologio da parete e realizzò che Alphonse sarebbe tornato da lì a poco, perciò era il caso di ricomporsi e di prepararsi ad andarsene.

Si accinse a sciogliere la piccola mano tra le sue, ma le palpebre del malato fremettero, risollevandosi a stento su di lui.

Taisa…” sussurrò appena, inumidendo le labbra riarse. “Taisa, mi aspetti…”

 

Il cuore di Roy perse un lungo, infinito battito. Lo sguardo spiritato impresso a fuoco nella sua mente.

“Sono qui, Ed. Non ti lascio…” rispose concitato, e improvvisamente quasi sopraffatto dall’emozione. “Ti ho sempre aspettato, Ed.

E continuerò a farlo…” lo rassicurò, quasi con urgenza.

 

Edward richiuse gli occhi febbricitanti, come se tenerli aperti gli costasse un enorme sacrificio, e risprofondò nell’oblio.

 

Al Colonnello non rimase altro che restare lì, a vegliarlo.

Imponendosi di non pensare. Di non rivivere l’attimo appena trascorso.

Aveva il sacro terrore di realizzare l’ovvio… quella frase era di certo un delirio, una follia momentanea, come le precedenti.

Probabilmente Acciaio si credeva al centro di una delle tante azioni militari a cui avevano partecipato insieme.

Quella supplica non aveva nessun significato particolare, si disse.

Niente sciocche illusioni, si ammonì.

 

Ma allora... perché sentiva le palpebre pungere di cocente gratitudine, le gote in fiamme, la testa leggera e il cuore scoppiare d’insperata felicità?

 

Quando Al giunse a dargli il cambio, riusciva a stento a contenere la sua gioia.

 

 

….

 

 

Due ritmici colpi di nocche sulla porta, e il viso gioviale del Sottotenente Havoc fece capolino nella stanza.

“Colonnello? Si può? C’è una visita per lei…” Entrò, accompagnato dall’Alchimista d’Acciaio.

“Sto per iniziare il mio turno… ha bisogno prima di qualcosa, signore?” gli chiese, premuroso e deferente, anche se Roy non stava capendo niente di ciò che diceva, a causa dell’emicrania atroce che si ritrovava, della febbre alle stelle e di un’infreddatura colossale.

 

“Ad ogni modo, la lascio in buone mani!” concluse, congedandosi.

 

“In buone mani, sì.” Ripeté Ed, ironico, facendo scricchiolare sinistramente le dita dell’auto-mail, quando furono soli. “Non è stato forse lei a farmi recapitare una torta di azuki, farcita di anko, per il mio compleanno?! Lei ha preso in giro me, e adesso si è ammalato!” sghignazzò, in una visione dello scambio equivalente parecchio contorta. “Se credessi in Dio, direi che l’ha punita!” infierì, crudele.

 

Ma l’uomo si limitava a fissarlo, lo sguardo vacuo di chi non è completamente in sé. Ragion per cui Edward perse in fretta la sua baldanza iniziale.

 

Taisa… ma sta davvero così male?” domandò, avvicinandosi al letto dove lui riposava, adagiato sui guanciali.

Visto da vicino, effettivamente, non aveva una bella cera.

 

“Non ha mangiato proprio niente, eh?” constatò, annuendo al brodino intonso, sul comodino lì affianco. “Dovrebbe almeno bere, sa?” lo sgridò, ma con poca convinzione.

Per un attimo, ebbe il dubbio di essere nel bel mezzo di un monologo, se non fosse stato per l’indistinto rantolare proveniente dal giaciglio.


“Non riesce a mandar giù niente?” tirò ad indovinare.

 

Mustang assentì, lentamente. Aveva le tonsille grosse come due uova di piccione, qualsiasi cosa dovesse passare per la trachea era uno strazio. Persino emettere il fiato era una pena, figurarsi parlare!
E se anche c’avesse provato, s’era ritrovato completamente afono, giusto per sfizio.

 

“Senta… ho un’idea! Lei resti lì e non…” smise di blaterare, rendendosi conto dell’assurdità dell’avvertimento.

Il celebre Flame sembrava così spossato, da non riuscir nemmeno a far schioccare le dita per accendere un fiammifero.

 

Il giovane Elric borbottò qualcosa, svanendo chissà dove, mentre a lui non restava altro che far riposare almeno gli occhi stanchi.

Eppure tornò, fin troppo presto. Aveva corso?

 

“Le ho portato un ghiacciolo dalla Mensa Ufficiali. Limone o menta?” gli offrì. “Hanno solo questi due gusti… pazienza.” Continuò nel suo soliloquio, accostando uno sgabello al letto. “Menta?” propose, mimando il gesto di passargli lo stecco. Il Colonnello rifiutò, aggrottando la fronte. Eppure Ed capì. “Limone. Ottima scelta.” Lo canzonò quasi, aprendo l’incarto. E solo allora s’accorse che, nella posizione distesa in cui versava, non avrebbe potuto mangiarlo.

 

Si premurò quindi d’aiutarlo a sollevarsi, posizionando due cuscini immacolati dietro la sua schiena e poi rifece il gesto di porgerglielo, sorridendo incoraggiante, come si fa con un bambino diffidente e una medicina amara.
“A 4 anni, sono stato operato alle tonsille. Lo informò, tra una leccata e l’altra. “La mamma me ne ha fatti mangiare a quintali, era l’unica cosa che sopportassi. E poi rinfrescano, no?”

 

L’Alchimista di Fuoco - la cui gola stava letteralmente andando a fuoco -, assentì con un cenno breve, grato. Di tutto. Del gelato. Della compagnia di Acciaio. Un po’ meno per quelle chiacchiere inutili e per l’influenza, ma almeno non doveva lavorare…

 

“Ah! Sono andato a dar da mangiare a Tora, anche se le strade sono quasi impraticabili, sembrano una palude di pantano e melma. Del resto, piove ininterrottamente da due giorni e si è sciolta tutta la neve, questo novembre fa schifo! Ma non si angusti, me ne occuperò io, fintanto che rimarrà qui in infermeria.” Lo aggiornò, continuando giusto per fare conversazione. “Però è bizzarro, non crede? Tutto questo, dico. Quando tutti sono guariti, lei si è ammalato… doveva stare lontano da chi era infetto, no?

Lei è privo di buonsenso, creda a me.”

 

Piacevole, certo, la predica di Acciaio.

Ma non stava già male abbastanza? Quel ragazzo era senza pietà!
Perché non metteva su uno di quei suoi adorabili bronci, e non se ne stava zitto?

…ogni parola gli rimbombava nella testa, come un flipper impazzito…

 

Taci, Ed.

Per carità!

 

“Ad ogni modo, poiché credo lei si stia annoiando molto, tutto il giorno senza far niente, le ho portato qualcosina con cui distrarsi… proprio per non perdere l’abitudine…”

 

Ecco. Poteva sentire il ronzio basso e indistinto, quello che precede perdita dei sensi.

Il suo cervello stava per esplodere, nemmeno Kimblee avrebbe saputo fare di meglio.

La febbre stava salendo, lo sentiva; e intanto Edward parlava e parlava…

 

“…in nome dell’auspicato Spirito di Squadra, il Tenente Hawkeye le ha fatto un regalo… effettua straordinari al suo posto, quando può. Perciò basta solo firmare, domattina; li ha già controllati lei. E sbatté sul ripiano del comodino un’enorme pila di fascicoli e scartoffie.

 

A quel tonfo sordo, una stilettata gli trapassò il cranio.

 

Che bel regalo!

Realizzò la sua ironia morta e resuscitata.

Forse aveva toccato il fondo, ma stava cominciando a desiderare ardentemente almeno un po’ di pace e solitudine. Silenzio.

Il silenzio era d’oro, no?

 

Per favore, Ed.

Per. Favore.

Chiudi il becco, per cinque secondi.

 

Sometimes I need some time... on my own       A volte ho bisogno di un po’ di tempo... per conto mio
Sometimes I need some time... all alone          A volte ho bisogno di un po’ di tempo... da solo
Everybody needs some time... on their own    Tutti hanno bisogno di un po’ di tempo per conto loro
Don’t you know you need some time...            Non sai che hai bisogno di un po’ di tempo...

All alone                                                          Da solo?

 

“La vedo stanco, Taisa. Meglio che adesso riposi; io vado.” Biascicò, mordicchiando il legnetto del gelato.

 

Mustang rese Grazie.

Amava Mame-chan, ma quand’era troppo, era troppo!

 

Eppure si sorprese, della mano gentile di Acciaio che gli sfilava il bastoncino dalle dita, per gettarlo nel cestino all’angolo. E di quella stessa mano, che gli sprimacciava il guanciale perché stesse più a suo agio, e potesse dormire un po’, accompagnandolo premurosamente supino.

Gli tirò le coperte fin sotto al mento, con cura.

Come aveva fatto a desiderare che se ne andasse, solo pochi istanti prima?

Deglutì un boccone di rammarico. Assieme alla gratitudine.

 

Aprì la bocca, per dirgli qualcosa. Per salutarlo, per ringraziarlo, per scusarsi…

Ma non ne uscì nulla, se non un sospiro affranto. Quindi stiracchiò le labbra in una smorfia contrita.

 

Tuttavia il giovane Elric gli sorrise di rimando, comprensivo, non uno di quei ghigni ironici o bastardi, tipo quello con cui era entrato.
“Cerchi di non sforzarsi a parlare, o la voce non tornerà tanto presto.” Gli raccomandò, risistemando lo sgabello in un cantuccio. “Che non c’è mica gusto a provocarla, se non può rispondere!” ammiccò, malandrino. “Farò un salto a trovarla anche domani.”

 

Don’t ya think that you need somebody         Non credi di aver bisogno di qualcuno?
Don’t ya think that you need someone           Non credi di aver bisogno di qualcuno?
Everybody needs somebody                           Tutti hanno bisogno di qualcuno
You’re not the only one                                  Non sei l’unico
You’re not the only one                                  Non sei l’unico

 

E si congedò, lasciandolo a cullarsi in quell’espressione confortante, finché il sonno non lo colse.

 

 

Fine



Disclaimers: I personaggi e la canzone citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.

Genesi del capitolo: Questo il capitolo è forse un po’ diverso dagli altri (ma spero neanche tanto!) …è pronto da giugno,
scritto su carta quando ero senza pc. Lo scrivere a mano ha risvegliato la mia innata prolissità (chiedo scusa a _Mame_ se questo cap è troppo lungo! >.<) di un tempo, che ho accantonato per uno stile più immediato, prediligendo brevità e incisione. Ci ho messo più tempo a limarlo, per non farlo apparire troppo scostato rispetto agli altri, che rifarlo tutto! >.<

Se vi chiedete perché non sia stato postato prima… dovevo far accadere un po’ di eventi, per giustificare la frase di Alphonse, sulle presunte consegne di documenti urgenti a Casa Mustang… il che è un po’ vero… ne ho fatto menzione in cap precedenti, e succederà ancora... ma non così tanto!

Ed ecco perché Alphonse – la seconda ombra di Edward Elric – non compare mai nelle mie seratine a casa di Roy! ^_____^

 

Note tecniche: Azuki= fagioli di soia rossi giapponesi, comunemente usati in Giappone per l’impasto di dolci, molto frequentemente adoperato è un dolce(=wagashi) farcito di Anko, la marmellata di Azuki.

Per inciso: La teoria della ‘neve candida, odio, peccatore’, è già stata usata in altri racconti. Ma sinceramente non ricordo se li ho letti prima o dopo aver scritto questo.
E, in ogni modo, non credo di aver rubato idee…^^’’

 

Uhm… che il compleanno di Ed si festeggi in novembre, è una mia completa invenzione. Di fatto, l’unica cosa certa su di lui è che compie gli anni nella stagione invernale.

Novembre non è in inverno, però fa lo stesso… è una licenza narrativa ai fini della storia.

 

Precisazioni al capitolo precedente: come ho già detto a qualcuno, non svelerò perchè Roy si sia arrabbiato scrivendo un capitolo apposito. Credo sia abbastanza chiaro perché sia successo.

(Quanto conti per lui un armistizio che Ed tratta con tanta leggerezza…)

 

Potrebbe succedere, in futuro, quando parlerò di questi nuovi cuccioli, che si accenni al fatto, ma non ai perché.
Nella mia testa, Roy è rimasto ferito dalla facilità con cui Ed gli ha detto che non esiterebbe a rompere un patto di fiducia (l’armistizio immaginario fra loro). Lo so, che il tono di Ed era allegro, e quindi non lo pensava davvero. Però ha ferito Roy, perché (non dimentichiamolo) è innamorato di lui. Quindi è ovvio che reagisca così, in malo modo, no?
Come poi ha detto qualcun altro, nei commenti:

“Il finale, come già detto, lascia un po’ basiti, amareggiati, esattamente come si sente Ed, giusto? E’ lì che ci volevi portare? A sentire lo smarrimento di Edward?”
Sì. E’ lì che vi volevo portare. A sentire l’amaro in bocca che sente lui.

Offrendovi comunque la possibilità di...
“interpretarla come vogliamo: Ed se ne sarà andato? Magari triste? Oppure si è opposto?, hanno discusso ancora?, hanno ‘fatto pace’ in qualche modo? E’ un finale più complesso di quel che sembra...”

Mi ha dato soddisfazione che la sostanza sia stata colta così bene, anche se il numero delle recensioni del 13 è improvvisamente calato di brutto.
Mi rendo conto da sola che è impensabile ottenere tutto il consenso del 12, che era un capitolo a forte impatto emotivo, tuttavia… mi auguro che i lettori abituali se ne siano semplicemente scordati, e che non sia un assenteismo frutto di delusione. Vi siete fatti scrupolo a dirmelo? In tal caso, preferirei comunque saperlo, piuttosto che il silenzio.



Grazie di cuore ai lettori affezionati e a quelli nuovi, per le vostre adorabili recensioni.

Come sempre, sono graditi commenti, consigli e critiche.


Grazie (_ _)

elyxyz

 

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Capitolo 15
*** Cuore di cane ***


“Fullmetal

Note: il seguente scritto contiene lievi riferimenti yaoi.

Per ulteriori spiegazioni, vi rimando alla conclusione della fic.

 

 

Dedicato a chi ha commentato i precedenti capitoli della raccolta.

Grazie.

 

 

 

Cuore di cane

 

 

by elyxyz

 

 

 

 

 

Edward Elric suonò per la seconda volta il campanello, senza che anima viva venisse ad aprire. Aveva atteso cinque minuti buoni, lì fuori, e nessun dannato Taisa s’era degnato di farlo entrare. Eppure aveva visto le luci accese, dalla strada, prima di introdursi nel palazzo! Guardò l’orologio, col dubbio d’aver sbagliato momento; ma no, lui si presentava a Casa Mustang sempre a quell’ora, come concordato. Decise perciò di utilizzare le chiavi di scorta che gli aveva dato il Colonnello, tempo addietro, casomai fossero servite. E se gli fosse successo qualcosa?

Un lampo d’improvvisa ansia lo trapassò, mentre forzava la serratura con troppa foga.

Ciononostante, quando fu nel vestibolo, realizzò che qualcosa d’anormale c’era, ma non quello che aveva immaginato lui…

 

Un allegro canticchiare stonato proveniva dal fondo del corridoio, probabilmente dal bagno.

 

Tora gli zampettò incontro, miagolando festoso per salutarlo.

Lo accarezzò distrattamente, deciso più che mai a scoprire quella stranezza.

 

Roy tracannò l’ennesimo sorso di quella meravigliosa sostanza medicamentosa.

Doveva ringraziare quella buon’anima di Maes, che gliel’aveva mandata al momento giusto.

Il suo vecchio cuore di cane dell’esercito, rattoppato a fatica, faceva più male del solito.

…e tutto per quel cucciolo rognoso e indisciplinato…
Settimana
di merda, giornata di merda, serata di merda. Gelosia di merda.

Quindi perché non farsi un bel bagnetto rilassante e non affogare i propri dispiaceri in un goccetto di quella cosa portentosa? Magari poteva fare miracoli!

 

Taisa! Ma che diamine succede?!” chiese Ed, varcando la soglia del bagno senza bussare, visto che era già aperta.

 

Ecco! L’aveva detto, lui, che forse faceva prodigi! Quella era senza dubbio un’apparizione!

La sua attrazione repressa per quel nanerottolo cominciava a dargli alla testa, e se lo vedeva in casa anche quando non c’era! Del resto, Acciaio gli aveva domandato due giorni di ferie, per stare con quella ragazzina, la sua meccanica, che sarebbe giunta in città per far visita ai fratelli Elric e occuparsi della manutenzione dei suoi auto-mail, gli era stato detto.

E lui si sentiva più depresso del solito. Gelosia di merda. Era venerdì sera. Ed era solo in casa.

E ci mancava il fantasma del suo amore sfigato a tormentarlo!

“Che casso - hic! - sci fai, tu, quii? Ehhh?!” lo apostrofò, infastidito.

 

Edward sussultò, incassando la villania ricevuta.

“Ho visto le luci accese, ho suonato ma non mi ha sentito, allora sono entrato…” si sentì in dovere di chiarire, rimanendo impacciato sull’uscio. “Taisa... ma è ubriaco?” constatò, sconcertato.


Mustang guardò altrove, borbottando frasi sconnesse, come se parlasse da solo, dondolando pericolosamente la bottiglia oltre il bordo della vasca.

E lui si sentì in diritto di avanzare, per prevenire un guaio assicurato. “La dia a me, su!” gli ordinò, gentile ma fermo, allungando l’auto-mail verso di lui.

 

Gno!” negò questi, abbracciando il bottiglione.

Edo si sporse ancora, e nel farlo spinse col piede un altro recipiente di vetro, che tintinnò, rotolando poco oltre. “Ma quanto ha bevuto?!” esclamò, indignato.

 

Ottenne solo un rutto assai poco signorile, in risposta.

Ma come diavolo aveva potuto ridursi così?!
D’accordo, tutti erano a conoscenza – persino lui che non era in servizio! - che quella mattina era arrivata per l’Alchimista di Fuoco una notifica di richiamo, da parte del Generale Hakuro, per una delicata missione che il Taisa non era riuscito a portare completamente a termine. Ma era altrettanto certo che quel demerito non avrebbe pregiudicato in alcun modo la sua carriera militare, perché prendersela tanto, a tal punto da degradarsi così?

L’uomo davanti a sé non era il militare che ammirava e rispettava, - anche se non gliel’aveva mai detto apertamente -, era solo un ubriacone nauseante!

Decise perciò di passare alle maniere forti. “Colonnello Mustang, le ordino di darmi quel fiasco!”

 

Noscignore!” biascicò, muovendo in qua e in là il capo.

 

“E da quando si disertano gli ordini?!” contestò il biondo, meravigliato.

 

Taanto tuu non scei quii…” lo canzonò Roy, ghignando in modo ebete.

 

Il giovane Elric ne aveva abbastanza. Gli strattonò via di mano la preziosa bevanda, scrutando scandalizzato l’etichetta sul vetro. Un’immagine di Elycia tutta circondata da cuoricini. Annusò controvoglia il contenuto. Un intruglio alle prugne esageratamente alcolico, prodotto dal signor Hughes, senza ombra di dubbio.

 

Roy osservò la cosa che teneva tra le dita, e poi osservò lui, come se li vedesse per la prima volta.

 

Eddaih-hic!” singhiozzò, protendendo le mani come un marmocchio incontentabile e particolarmente lagnoso. 

 

“Chi è questa Edda?” fraintese. “Io sono Ed-ward.” Sillabò. In tono esagerato, come se l’altro fosse stato scemo.

 

Eppure il Flame Alchemist sembrò ritornare in sé.

Fullmetal?”

 

“Acciaio, sì.” Sorrise, confortato dal riconoscimento.

 

“Mi piaci, Fullmetal.” Soffiò l’altro, guardandolo fisso.

 

“E’ talmente ubriaco che potrebbe piacerle anche il Maggiore Armstrong!”

 

“No, mi piaci tu!... da morire…” biascicò, con espressione istupidita. “Sme - hic!- ttila di scoodinzoo-lare dietroo a que-ellaaa…”

 

“Ma per caso è rimasto sott’acqua? Le si è allagato anche il cervello?”

Roy si mise a ridere scioccamente, senza un vero motivo.

 

Taisa! Venga via di lì, forza! Adesso!”

 

Gno! S-to beene quì!” Replicò il moro, capriccioso, sorridendogli beota.

 

Ed fece un grosso sospirone. Quindi immerse una mano sotto la schiuma. L’acqua era gelata.

“Fuori! Immediatamente! Vuole prendersi una polmonite?! Si dimostri responsabile, ed esca dalla vasca!”

 

Gno-o.” Ripeté, cocciuto e strascicato, come un bimbo viziato.

 

Edo intrappolò un’imprecazione tra i denti, prima di chiedergli “Dov’è il tappo dello scarico?”

 

L’altro fece spallucce, facendo debordare un po’ di liquido. “E chi lo scià?”

 

Non gli rimase altro che andare a tentoni, mentre il Taisa sghignazzava, divertito.

Quel maledetto coperchio e la sua catenella non si trovavano! Quindi dovevano per forza essere dietro la schiena di Mustang, e – maledizione a lui! -, non sarebbe stato facile da levare.

Roy si mise a ridere, quando la sua treccia gli fece il solletico, mentre lui si allungava oltre la schiena del moro, in una posizione fin troppo scomoda e sconveniente, a ben vedere. Perché diavolo quell’ubriacone gli stava alitando in faccia?!

 

U-hu! Sci proovi coon mhe?” ammiccò lascivo.

 

Edward inorridì. “Colonnello!

E si sposti, per la miseria!” lo sgridò, spingendolo di lato, spazientito. L’uomo fece quanto richiesto, aggrottando però le sopracciglia, infastidito. Uno strano brillio nello sguardo, che però lui non captò. La cordicella… l’aveva quasi presa… c’era quasi…

Il Flame gli catturò la mano che vagava nel fondo della vasca, e gliela strinse fin quasi troppo forte. Merda! L’aveva sbagliata per un pelo!

Fulminò con un’occhiataccia il suo superiore. Che si fece altrettanto serio.

 

“Acciaio, io ti am-

 

“Sì, sì… mi ammazzerà domani.”

 

“NO! Io ti amo!!” sorrise languido.

 

Ed non smise di fare il suo lavoro, sgusciando via e setacciando ancora il fondo. “Certo! Come no? Me l’ha detto anche Havoc l’altro giorno, quand’era sbronzo perché l’ultima biondina della sua vita l’ha lasciato…” e si chiese come mai, questi uomini che venivano definiti adulti, in realtà si comportassero peggio dei bambini.

 

Roy lo fissò, affranto. E Edward ebbe compassione di lui.

“Domattina ricorderà solo una colossale emicrania... lo rassicurò, paterno, esultando per aver sfilato il piccolo coperchio.

L’acqua gorgogliò via velocemente, giù per lo scarico, lasciando il Colonnello ricoperto, per buona parte, di schiuma.

Il giovane Elric non ebbe nemmeno bisogno di pensarci su; chiedere la collaborazione, o addirittura l’autonomia di quell’asino ubriaco, era fuori discussione.

D’altra parte, non aveva neppure motivo di sentirsi a disagio.
Non dopo che, al tempo in cui Taisa aveva trascorso il mese di convalescenza a causa dell’aggressione subita, lui gli aveva accidentalmente versato l’intera zuppa addosso, ed era stato costretto ad aiutarlo a ripulirsi e a cambiarsi completamente.

E doveva ammettere con se stesso di aver superato brillantemente l’imbarazzo. Anche se un conto era aiutare un suo coetaneo, e un altro paio di maniche era aver a che fare con un superiore. Con il proprio superiore...

Tirò la tenda di nailon circondando la vasca e si protese verso i rubinetti, impugnando il getto dell’acqua, regolando potenza e calore.

“Se osa lamentarsi, la strozzo!” lo avvertì, spazientito, mentre l’altro lo scrutava incuriosito, come se stessero facendo un gioco strano. Ed effettivamente si lamentò solo quando lo spruzzo, un tantino troppo caldo, lo scottò. Per il resto lasciò fare.

Sembrava fin troppo semplice, visto che in due minuti scarsi era riuscito a risciacquarlo dalla testa ai piedi, detergendolo dal sapone.

Riattaccò la cornetta del getto in alto, nella sua sede. Arricciò il tendone e andò a recuperare l’accappatoio bianco, appeso dietro la porta, poi lo invitò ad uscire da lì.

Al primo tentativo, l’uomo scivolò paurosamente all’indietro, ridacchiando sguaiatamente, malgrado – Edward ne era convinto – avesse preso una gran bella botta alla schiena.

Alla seconda prova, si rifiutò semplicemente di venire fuori, anche se rabbrividiva per il freddo; quindi Acciaio dovette trascinarlo via di peso. Lo sollevò in piedi, dentro la base, mentre il Colonnello si reggeva in equilibrio precario, un po’ per la viscidità della superficie, un po’ per la sbronza eclatante.

 

“Si appoggi a me, ed esca piano, un piede alla volta, ok?” l’altro annuì, sghignazzando. Ma eseguì.

Il peggio era andato, pensò Edo, ingenuamente. Ma non aveva fatto i conti col secondo piede, o con Mustang inaffidabile, perché barcollarono entrambi, e Roy non trovò altro appiglio che la manopola del miscelatore, aprendola.

Una risata divertita e un’imprecazione colorita riecheggiarono nella stanza.

Erano entrambi bagnati fradici, per quella doccia fuori programma.

Intanto Tora si era avvicinato, attirato dal chiasso, e si godeva lo spettacolo da sopra il tappeto del lavandino.

“Tu non fiatare!” lo mise in guardia Ed, prendendosela anche con lui, visto che, se si fosse arrabbiato maggiormente col Taisa, avrebbe ottenuto solo altre risate irritanti.

 

Depositò Mustang sullo sgabello all’angolo, tra il lavabo e il water, e prese due asciugamani dall’armadietto, con cui si deterse alla meno peggio; e, visto che l’accappatoio zuppo era inutilizzabile, asciugò poi i capelli e il corpo dell’altro.

Inoltre corse in camera da letto, dove raccattò i pantaloni del pigiama e una maglietta bianca.

Lo aiutò ad infilarseli, mentre – caso strano – Roy non si lamentava più.

Anzi… era fin troppo silenzioso ed arrendevole.

 

“Come si sente?” gli chiese sospettoso, infilandogli i piedi nelle pantofole.

 

“Sto per vomitare l’anima.” Ruminò, lamentoso.

 

“Non su di me!” gli intimò, accompagnandolo giusto in tempo a ridosso della tazza.

Ed effettivamente sì, se mai l’Eroe di Ishbar avesse posseduto ancora un’anima, adesso poteva vederla nel fondo del suo wc, coi succhi gastrici e la cena, e il liquore.

 

Almeno adesso sarebbe stato meglio. Considerò Acciaio, prima di vederlo sbattere la testa sulla ceramica, per la troppa foga con cui si era chinato al secondo conato.

 

Ci mancava solo che gli svenisse in bagno!

 

Al terzo tentativo lo sostenne, sorreggendogli la fronte. Casomai gli venisse in mente di cadere giù per lo scarico.

Lo aiutò a sciacquarsi il viso, e poi collassarono entrambi a terra, a ridosso della porta.

C’era però una cosa che lo impensieriva.

Non era un grande esperto di postumi di sbornie, ma non era eccessivo dar di stomaco così tanto?

Forse… era rimasto troppo in ammollo nell’acqua gelida della vasca e aveva anche un’enorme indigestione… ecco! Ci mancava questa!

Addio lettura del IV capitolo di quel libro che lo interessava tanto…

Oh, ma l’indomani gliele avrebbe cantate lui!!

 

S’arrischiò a sbirciare il compagno al suo fianco. Roy aveva la testa reclinata all’indietro, gli occhi chiusi, e un’espressione malconcia.

Giusto quando Edo stava per proporre di accompagnarlo in camera, un ennesimo attacco lo colse, facendolo arrivare a malapena al bidet, riaccasciandosi infine sul pavimento, addossandosi al più giovane.

Rimasero lì una decina di minuti, in silenzio. Spalla contro spalla, mentre Tora giocava facendo rotolare la bottiglia dei loro guai davanti al loro naso.

 

“E’ passata?” chiede Edward, cercando di scuoterlo perché non si addormentasse.

 

“…forse.” Sussurrò il moro, a corto di energia, e scivolò col capo contro la sua clavicola. Il maglione bagnato di Acciaio doveva essere fastidioso, eppure non vi badò.  

 

Taisa…” ritentò. “Non può dormire qui, lo sa, no?” gli spiegò con pazienza, quasi con gentilezza.

Ma l’ufficiale non dava segni d’averlo inteso. Se non altro, non stava russando! Realizzò Ed, con avvilimento. Gli pareva di star seduto con un sacco di patate…

 

Taisa…” rifece, cercando di scrollarselo di dosso. Ma Roy era tutt’altro che collaborativo.

Sbuffò sonoramente, ergendosi, e se lo trascinò contro, un braccio intorno al collo, convinto che la cosa migliore fosse portarlo a letto. Non potevano di certo passare la notte seduti sulle fredde mattonelle del bagno… arrancò nel corridoio, pochi passi e sarebbero giunti alla meta…

...certo che il Colonnello non pesava mica poco!

E i suoi capelli neri lo vellicavano sotto la gola, ad ogni movimento, fastidiosi.

Eppure erano morbidi, realizzò irragionevolmente, e avevano un buon profumo. Tanto che, per istinto puerile, si concesse d’annusarli mentre gli adagiava il capo sul cuscino, prima di ricoprire il suo corpo col piumino e di sedersi un attimo sulla sponda, a riprender fiato.

Successivamente si diresse in cucina, con l’intenzione di preparare un po’ di the caldo.

Mentre l’acqua bolliva, tornò a ripulire alla bell’e meglio il disastro del bagno, e a cacciar via Tora che si divertiva un mondo a far tintinnare il vetro, rimbalzandolo contro la ceramica delle piastrelle.

Padrone idiota. Gatto stupido.

 

Fece capolino nella stanza da letto con una bella tazza fumante, e lo chiamò piano.

Mustang aprì lentamente gli occhi, strizzandoli infastidito dalla seppur tenue luce dell’abat-jour sul comodino.

 

Fullmetal? Ma che diavolo ci fai, qui?!” gli fu chiesto all’improvviso, mentre Roy lo scrutava sorpreso.

 

Come, che ci faccio qui?!” sbottò stupito, strizzando la treccia gocciolante. “Winry ha preso l’ultimo treno oggi pomeriggio…” spiegò, paziente. Meditando tra sé che forse all’altro neppure importava di sapere quei particolari futili, probabilmente era ancora sotto l’effetto della sbornia, ecco il perché di quella domanda sconclusionata, e andava assecondato. “Oggi è venerdì, no? Se lo è forse scordato?”

 

“Venerdì?” ripeté questi, infatti, con aria smarrita. “E tu sei qui?”

 

Non gli rimase che annuire, sembrando convincente, mentre optava per una sostituzione d’abiti, prima che l’infreddatura cogliesse pure lui.

 

“Dove vai?” si sentì chiedere, improvvisamente allarmato.

 

“A cambiarmi. Sono fradicio, grazie a lei!”

 

“E dopo, dove vai?”

 

“Resto qui, dove vuole che vada?

E’ talmente sbronzo che potrebbe morire soffocato nel suo vomito. Chiamo Al per avvertirlo che rimango a dormire a casa sua...”

 

Roy attese che tornasse, anche se le palpebre pesavano quintali, anche se la lampadina da venti Watt sembrava una deflagrazione nucleare contro le sue retine.

Edward si adagiò nella parte libera del letto, facendo cigolare la rete.

“Se resto sul divano, non garantisco di poterla sentire, nel caso in cui lei avesse bisogno di aiuto. Chiarì, pratico.

 

Mustang chiuse gli occhi, di colpo più sereno, anche se lo stomaco gridava ammutinamento, e la testa era una mina inesplosa. Percepiva solo quel calore rassicurante al suo fianco. E quella gentilezza premurosa, dissimulata in buonsenso.

Non importava perché Mame-chan fosse lì, però c’era. E tanto bastava.

 

 

Fine



Disclaimers: I personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.

Idem il libro “Cuore di cane” e il relativo film.

Note varie: il titolo di questo capitolo è preso dall’omonimo libro e dal film ad esso ispirato.
Non perché vi siano particolari legami nella trama, ma perché – curiosamente – nell’opera originale si parla di Homunculus, ed esperimenti uomo/animale.

Se siete interessati, vi consiglio di cercare su Wikipedia il riassunto della trama, inquietante ma ironicamente interessante.

Ecco, se questa fosse stata una fic a capitoli, credo avrei fatto molta fatica a trovare una collocazione a questo capitolo, con un Taisa che si dichiara in modo così imbarazzante, anche se i suoi sentimenti sono sinceri. Diciamo che si sarebbe segato le gambe da solo! >.<
Mi piace che sia Ed, stavolta, a dimostrare una certa maturità, a prendere in mano la situazione…

Mi auguro che i dialoghi strascicati di Roy fossero credibili… non è stato semplice renderli!^^’’


Grazie di cuore ai lettori affezionati e a quelli nuovi, per le vostre adorabili recensioni.


Come sempre, sono graditi commenti, consigli e critiche.


Grazie (_ _)

elyxyz

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Capitolo 16
*** Mai svegliare il can che dorme! ***


Note: il seguente scritto contiene lievi riferimenti yaoi

Note: il seguente scritto contiene lievi riferimenti yaoi.

 

Questo capitolo è il diretto seguito del precedente,Cuore di cane’.

 

Non era previsto, ma il commento di Sephiria mi ha fatta sorridere, con un modo poco consono ma alla fine Ed nel suo letto ce l'ha fatto andare!” ed è nato questo.

Sto annotando le vostre idee su possibili scene; non prometto nulla, ma se l’ispirazione mi è favorevole, cercherò di soddisfare le vostre richieste.

 

NB: Non credo che Roy sia OOC, semplicemente… non è ancora completamente in sé, anche se sembra che faccia pensieri coerenti. Il mio dopo-sbronza, di solito, è così. ^^’’

Per ulteriori spiegazioni, vi rimando alla conclusione della fic.

 

 

Dedicato a chi ha commentato i precedenti capitoli della raccolta.

Grazie.

 

 

 

 

Mai svegliare il can che dorme!

 

 

by elyxyz

 

 

 

 

 

Edward attese a lungo, dopo aver spento la luce dell’abat-jour, perché aveva capito che infastidiva il riposo del Colonnello. Mentre questi s’addormentò quasi subito, stremato, a lui non rimase che giocherellare, facendo e disfacendo la propria treccia; oltre ad aver fatto mente locale sulla porta d’entrata chiusa a chiave e che Tora fosse nella cesta.

Sarebbe stato più saggio aggiungere una coperta, casomai avessero avuto freddo. Quel piumino leggero non gl’ispirava tanta fiducia… ma avrebbe nuovamente fatto cigolare le molle della rete, e forse avrebbe svegliato il Taisa, quindi vi rinunciò.

Alla fine, smise semplicemente di annoiarsi, - l’intrecciatura mezza sfatta -, e cedette al sonno.

 

All’alba, il primo tenue raggio di sole colpì, fastidioso, la fronte di Mustang, destandolo di malumore.
Perché s’era scordato di chiudere le imposte, la sera precedente?

Si girò dall’altra parte, con stizza, troppo pigro per pensare – anche solo per sbaglio, e di striscio – di alzarsi per andare a chiudere gli scuri. E si trovò un corpo tiepido, accanto al suo. Raggomitolato, forse per il freddo. Un corpo che non ricordava, di primo acchito. Capelli lunghi e biondi (erano biondi? Strizzò gli occhi, per vederci meglio) spuntavano appena, da sotto le coperte.

Eppure non ricordava, non ricordava nulla… ma era certo di non essersi portato a letto alcuna donna! Se lo era ripromesso da tempo, e poi… e poi… da quando le delicate fanciulle ronfavano in quel modo?!

Cercò di raccapezzarsi, ma non vi riuscì. Allungando una mano esitante, andò a sfiorare quello che - senza dubbio - era un innesto di auto-mail, quindi ritrasse l’arto di scatto, come se si fosse scottato.

La realtà dei fatti gli sbatté contro, come un treno in corsa, lasciandolo tramortito.

Rifletté. O almeno ci provò.

Anche se un attacco di panico, così inconsueto per lui, stava avanzando a passo di carica.

Che diavolo ci faceva Fullmetal nel suo letto?

In nome di qualunque Dio, che diamine avevano combinato?!

E soprattutto… perché accidenti non se lo rammentava?!

…non stava, per caso, ancora sognando?

No, decisamente no. Il mal di testa che sentiva era fin troppo reale.

…però Edward Elric russava angelicamente a una spanna da lui!

 

Si maledisse, tentando invano di rievocare qualcosa – qualsiasi cosa – della sera precedente.

Avevano... avevano fatto l’am-? Non osò neppure completare quel pensiero, dai risvolti così pericolosamente mortali.

Non potevano aver fatto un passo così importante… e non ricordarselo!

Serbava memoria solamente della sua vasca piena di schiuma, e delle bottiglie che quel debosciato di Maes gli inviava, di tanto in tanto… ma dove si incastrava la presenza di Acciaio, in questa sua reminiscenza?

 

Respirò a fondo un paio di volte, razionalizzando il tutto.

 

Se Mame-chan dormiva lì vicino, e non lo aveva ucciso lentamente, torturandolo con sadico piacere, non doveva aver combinato nulla d’imbarazzante e d’irrecuperabile, no?

C’era ancora quel piccolo, minuscolo particolare sul perché Ed fosse lì, invece che sul divano, come sempre accadeva, quando si fermava da lui. Girò intorno ai suoi pensieri, rivoltandoli come un calzino usato. Poi ci rinunciò. Inutile. Avrebbe dovuto attendere che il bell’addormentato si destasse, e chiedere a lui chiarimenti, con i rischi inclusi, ovvio.

 

Di primo acchito, ponderò la possibilità di risvegliarlo, e di avere le risposte che tanto bramava. Ma subito escluse quell’eventualità, lanciando un’occhiata distratta alla sveglia, che indicava un orario impietoso. Non sarebbe stato esattamente saggio, discutere con un Fullmetal scontroso e irritato dall’ora antelucana…

Era cosa nota in tutto l’Alloggio Ufficiali, che Edward Elric amasse dormire, e sapesse farlo anche piuttosto bene… recuperando con gli interessi le ore piccole fatte studiando o in missione.

Non era quindi nelle sue priorità avere a che fare con lui – in veste di orso inselvatichito, riavutosi anticipatamente dal letargo -, per una questione così vitale e spinosa, da affrontare.

 

Non gli rimase che decidersi a dormire un altro po’, approfittando magari di quell’inusitata fortuna. L’ultimo sogno di un condannato?

…se doveva morire di lì a poco, tanto valeva che si gustasse appieno i momenti terminali che gli restavano, giusto?

S’appressò al corpo di Edo, stringendoselo contro, beandosi del suo calore e del suo profumo.

Piccola, dolce morte.

 

Era quello il Nirvana?

Il fiato di Ed a solleticargli il collo? Il piede d’acciaio e quello di carne, intrecciati ai suoi?

 

Sì, decisamente. Nessun miracolo gli avrebbe permesso di assaporare quello stato di atarassia, così perfetto da fargli quasi male.

Nessuno scambio equivalente gli avrebbe mai permesso di sentire quell’organismo pulsare vivo, contro il suo petto, così vicino. Si costrinse a respirare piano, quasi timoroso di rompere quell’equilibrio che sentiva fragile come una bolla di sapone.

Non poteva essere vero, no.

E allora meglio chiudere gli occhi, e lasciarsi cullare da quell’illusione.

 

Quando Mustang riaprì le palpebre, il sole era già alto nel cielo da un pezzo; la camera da letto, illuminata a giorno, non dava spazio a fraintendimenti.

Per un istante, credette davvero d’aver fatto un lungo, luuungo sogno.

Eppure Ed era ancora tra le sue braccia, nella medesima posizione assunta all’alba, e russava ancora saporitamente, facendo da contraltare ai suoi respiri lievi.

Si sciolse a malincuore da quella stretta.

Sapeva di non poter abusare della sua fortuna improvvisata, quindi stabilì di dare avvio a quella giornata.

Tuttavia, non sapeva decidersi a scostare il piumino leggero e ad andarsene da quel nido soffice e caldo. Fuori faceva freddo, si disse, imparando improvvisamente anche a mentirsi in modo credibile. Raccolse quella poca determinazione che aveva, e si allontanò un po’ di più, rimanendo però a guardarlo riposare, non più semiaffogato dalle coltri.

A volte lo faceva, anche quando Edward dormiva sul sofà. Roy rimaneva lì, accoccolato sulla poltrona a vegliarlo, per un tempo infinito, un tempo senza tempo. Ma poi si riscuoteva, preoccupato di farsi pescare in quell’atteggiamento, che poteva creare imbarazzo.

E allora andava a preparare la colazione, per sé e per Acciaio, e la ciotola di Tora, che da bravo osservatore studiava tutte le loro mosse, e non parlava mai.

 

Anche in quel momento, con tutta probabilità, se ne stava proprio lì fuori dalla stanza, ad attendere che quei due indegni padroni si ricordassero di sfamarlo.
Il Colonnello sorrise. Una delle poche regole su cui si era dimostrato intransigente era che il gatto non dovesse mai entrare nella sua camera da letto. E così era stato.
Solo che… certe volte era più semplice farsi rispettate da una guarnigione di soldati, che da quel sacco di pulci a strisce!

E adesso uno dei suoi militari era lì, fulcro di contesa tra i suoi vincoli e i suoi affetti… obblighi o emozioni?

Spasimò affranto, raccattando a forza il suo senso del dovere, e mise i piedi a terra, infilando le ciabatte. Non si poteva semplicemente congelare il tempo in quel momento?

Ricoprì Edo con gentilezza, indossò la propria vestaglia e varcò la soglia che lo immetteva nel corridoio, dove effettivamente il suo coinquilino sostava, giocherellando con un tappo di sughero che non riconosceva.

Lo chiamò piano, facendosi seguire in cucina, dove provvide a riempire le scodelle di acqua fresca e cibo.

Si preparò il caffè, amaro e forte, come aveva imparato ai tempi degli estenuanti turni di guardia, al fronte: al mattino, nero e consistente; poi quelli durante la giornata potevano anche annacquarsi ed essere zuccherati da diabete... ma il primo no, quello era un rituale a cui sarebbe sempre rimasto fedele.

Mise sul bollitore l’acqua del the per Acciaio, prese i biscotti e lo zucchero dalla credenza, e il bricchetto del latte, giusto per spirito di provocazione.

Ghignò, perché anche quello era uno dei loro gesti abituali, quando il suo Fagiolino restava lì, da lui. E immancabilmente finivano sempre allo stesso modo, tra l’indignazione e le minacce del giovane Elric.

Però quel mattino decise di strafare. Perché non portargli la colazione a letto? Un gesto di cortesia poteva magari tornare a suo vantaggio, predisponendo benevolmente l’altro al dialogo…

E poi era quasi mezzogiorno, e di sicuro quel dormiglione non avrebbe pranzato a breve, quindi…

 

Afferrò il vassoio di buonumore e lo imbandì a dovere. Il recipiente del latte gli ammiccò complice, ma per una volta non se la sentì di sfruttarlo.

Agguantò il portavivande e si diresse alla volta della sua personale croce e delizia.

Tenendo in equilibrio precario il tutto, aprì la porta, e poi lo posò sul comodino, affianco al letto.

 

Edward…” chiamò, dapprincipio quasi troppo piano.

Non ottenne alcun risultato.

 

“Ed!” ritentò, alzando parecchio la voce.

 

“Due minuti, Al… ancora due minuti…” lo sentì supplicare, da sotto le coperte.

 

Roy sollevò il sopracciglio destro, contrariato.

Forse, dopotutto, non era ‘sta grande idea… certo che scambiarlo per Alphonse

 

Il suo amor proprio prevalse, dissipando i suoi dubbi. Doveva pur ottenere qualcosa!

Fullmetal! Non sono tuo fratello!” lo sgridò, direttamente a una spanna dal suo condotto uditivo.

 

Un urlo di dolore invase la casa, seguito da frasi irripetibili.

Il giovane Elric s’era svegliato, sì, ma nell’impeto del momento l’aveva colpito col suo auto-mail dritto dritto sull’orbita sinistra.

Il Colonnello si ritrovò col sedere a terra, colazione e teiera miracolosamente illesi.

 

Aveva ottenuto qualcosa, sì. Ma non quello che voleva...

 

“Diamine, Taisa! Mi dispiace!” esclamò, raggiungendolo concitato sul pavimento. “Ma lei non doveva… non sa che…?”

 

Oh, sapeva che Acciaio era difficile da svegliare, sì; ma non immaginava che fosse anche pericoloso!

 

“Faccia vedere, su!” lo invitò, accucciandosi al suo fianco.

 

Roy mugugnò la sua sofferenza, mentre la mano gentile del biondo scostava la sua dalla parte contusa.

 

Un bell’occhio nero. Senza dubbio.

“Caspita!” si lasciò sfuggire, il sonno passato d’incanto. “Vado a prenderle il ghiaccio, si stenda…” gli ordinò, pratico.

 

Edward sparì e tornò, posizionandogli l’impacco.

Sentiva la zona pulsare ritmicamente, e maledisse la sua genialata della colazione a letto.

No. Decisamente non era stata una grande idea.

 

“Come va?” si sentì chiedere.

 

Dolore bestiale.

Quanta cazzo di forza aveva, in quell’arnese?

Gli uscì solo un suono inarticolato, mentre adocchiava Ed che mangiucchiava un biscotto, distrattamente.

 

Un discreto mal di testa stava rapidamente diventando un’emicrania feroce, senza contare il male atroce al suo occhietto nero, da adesso ancor più nero.

 

“Passerà…” minimizzò, cercando di sorridere per sdrammatizzare. Gli uscì solo una smorfia semi-tragica. “Penseranno che abbia fatto a botte con qualcuno…” scherzò, per alleggerire il momento.

 

“O che abbia sbattuto contro qualcosa, dopo la sbronza di ieri sera!”

 

“Sbronza?” gli fece eco, sorpreso.

 

“Non ricorda nulla?” chiese Edo, altrettanto meravigliato, biscotto a mezz’aria.

 

“No.” Scosse la testa, con rammarico. “Cos’ho combinato? Ho detto qualcosa? Ho fatto qualcosa di sbagliato?” l’interrogò, ansioso, col timore che i suoi freni inibitori fossero andati a farsi benedire.

 

“Sì, ha allungato le mani dove non avrebbe dovuto!” lo rimproverò il suo sottoposto, ricordando la doccia fuori programma.

 

Il Flame impallidì, figurandosi un assalto, in grande stile, all’integrità di Fullmetal.

 

“E tu… non ti sei opposto?”

 

“Quando il danno era fatto? Mi sono limitato ad imprecare…”

 

“Non mi hai picchiato?”

 

“Non era in sé! Che cavolo la picchiavo a fare?!

 

Mmh… quella magnanimità non gli faceva tornare i conti…

 

“Ad un certo punto,” riprese Acciaio “ha detto un mucchio di cose senza senso, che mi amava, o giù di lì…”

 

Roy sussultò. “E tu… come hai reagito?” Non riuscì a resistere.

Magari adesso lo odiava… lo considerava un maniaco… si sentì in colpa, e incolpò Maes per quel liquore traviatore.

 

“Si figuri!, anche Havoc mi si è dichiarato!” ridacchiò il Fullmetal Alchemist, svalutando l’evento.

 

Il sangue nelle sue vene ribollì.

“Come ha osato!” ringhiò, oltraggiato.

 

“Macché! Mi ha scambiato per la ragazza che l’ha piantato! Martedì scorso, mentre era in licenza… ha visto la sua bella amoreggiare con un altro tizio e si è ubriacato per disperazione… poi, mentre andava nei bagni del secondo piano, ha incrociato me, e mi stavo rifacendo la treccia… e ha frainteso… ma poi abbiamo chiarito! Mercoledì ci siamo fatti una gran risata!”

 

Annotò mentalmente: punire Jean.

 

“Perciò… qualsiasi cosa sia successa ieri sera… che io abbia detto o fatto… non ce l’hai con me?” precisò, nascondendosi coraggiosamente dietro alla borsa del ghiaccio.

Quindi si perse il sorriso indulgente del biondo.

 

“Lasci perdere… erano una valanga di sciocchezze. Decretò, rosicchiato l’ennesimo frollino.

 

“Bene. Concordo.” Ne convenne. “Me ne passi uno?”

 

Taisa?”

 

Mh?”

 

“Ha imparato la lezione?”

 

“Quella sul non ubriacarmi?” immaginò.

 

“No! Quella che dice: Mai svegliare il can che dorme!’” rise, divertito.

 

E si misero a consumare il resto della colazione sul letto sfatto, tra ghiaccio e briciole.

 

 

Fine



Disclaimers: I personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.

Note varie: il titolo è un proverbio popolare molto conosciuto… chissà che anche Roy abbia imparato a non svegliare il suo cucciolo dell’esercito! ^__=

 

Facendo una carrellata dei vostri commenti, c’è una cosa che mi ha fatta sghignazzare di gusto, perché è successo in diversi capitoli. Per la stessa fic, c’era chi scriveva:

“Povero Roy!” ma due commenti dopo: “Ben gli sta! Roy se l’è andata a cercare!”;

“Oh, cucciolo Ed… ç___ç” e magari il successivo: “Certo che Edo poteva risparmiarsela!”;

Tora è proprio viziato!” “Povero gatto, se la prendono anche con lui!”
E’ così buffo, e al contempo piacevole, che ciascuno di voi sia indulgente o severo, di fronte al medesimo fatto. Mi piacciono le vostre interpretazioni personali, e mi immagino che dopo questo cap le amanti del Taisa mi rimprovereranno di essere troppo cattiva con lui… Mie care, io AMO Roy *ç*, ciò non toglie che mi serva come oggetto di tortura, e il peggio deve ancora arrivare! *____*

Curiosità: le ciabatte di Roy Mustang.

Non so come mai, ma sono in molti a voler sapere come io mi immagini le pantofole di Roy…

Beh, io credo ne abbia due paia: quelle invernali, di panno, con dentro il rivestimento morbido in lana, color blu oltremare, tendente al nero.  

Per il resto dell’anno, delle ciabatte in pelle, taglio classico da camera, color castagna. Soddisfatte? ^___^

 

Precisazioni al capitolo precedente: io non ce lo vedo Roy in stile ‘sbronza triste’, secondo me se è malinconico, beve. Ma non fino ad ubriacarsi. Quella bellissima e tristissima scena di lui col bicchiere in mano, che guarda fuori dalla finestra, con la foto di Maes nello sfondo, mi fa pensare a questo.

Poi ho scelto di non far imbarazzare Ed, anche se le circostanze potevano offrirmi questa possibilità. Proprio perché, come già detto, avevo bisogno di delineare un Edward che fosse maturo, per tutto un capitolo. Finora non era mai successo, nei 14 precedenti. In qualche modo, facevo affiorare il suo infantilismo, ma – per scambio equivalente – toccava a Roy fare ilbambino’ e a Ed la parte dell’adulto coscienzioso. E poi… Mustang non era in sé, quindi non è come aver a che fare con lui davvero, come quando è ironico, presuntuoso e arrogante.



Grazie di cuore ai lettori affezionati e a quelli nuovi, per le vostre adorabili recensioni.
E a Voce, per la supervisione improvvisata! (Bacione.)

Come sempre, sono graditi commenti, consigli e critiche.


Grazie (_ _)

elyxyz

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Capitolo 17
*** Gattamorta (a volte... ritornano) ***


Note: il seguente scritto contiene lievi riferimenti yaoi

Note: il seguente scritto contiene lievi riferimenti yaoi.

Per ulteriori spiegazioni, vi rimando alla conclusione della fic.

 

 

Dedicato a chi ha commentato i precedenti capitoli della raccolta.

Grazie.

 

 

 

Gattamorta (a volte... ritornano)

 

 

by elyxyz

 

 

 

 

 

Edward canticchiava allegramente a mezza voce, terminando di condire l’insalata. Roy avrebbe finito di farsi il bagno di lì a cinque minuti, e poi avrebbero cenato, e poi… poi… uhm. Ma come poteva ancora arrossire, pensando a queste cose?

Sospirò, stappando il vino rosso e dandosi dello sciocco. Poi decise di preparare la ciotola per Tora, che lo teneva d’occhio da sopra il ripiano della credenza.

Mentre stava versando i croccantini, il campanello della porta trillò.

Se ne stupì, perché non attendevano ospiti, per quella sera.

Uscì quindi dalla cucina e tese l’orecchio, l’acqua della doccia non scorreva più.

Pulendosi le mani sul grembiule, fece scattare la maniglia.

 

Una donna impellicciata lo guardava stupita, dall’altra parte della soglia.

E un improvviso senso di dejà vu lo colse, facendolo irrigidire.

Oh, ma stavolta le cose sarebbero andate diversamente!

Adesso si sentiva autorizzato a sbattere la porta in faccia alla prima sgualdrina che tornava in cerca di revival nostalgici!

E se quella gattamorta era particolarmente testarda, non si sarebbe certo risparmiato; come con certi, molesti venditori porta a porta…

 

Desidera…?” sibilò, cercando di non saltarle al collo.

 

Roy-kun non abita forse qui?” chiese lei, quasi seccata.

 

Ma quanti anni aveva? Trentacinque? Quaranta?Com’era caduto in basso...
“Spiacente, signora,” incominciò, cercando di apparire intimorente per scoraggiarla, malgrado il grazioso grembiule a fiorellini, “il Generale di Brigata Mustang non è-”

 

Margareth?!” chiamò Roy dal salotto.

Tempismo perfetto, eh?

 

Ed si girò verso di lui, arrostendolo con un’occhiataccia. Altro che guanti alchemici!

Ma il suo compagno non colse, avanzando verso di loro, stringendosi meglio l’accappatoio, in un impeto di atavica pudicizia. L’espressione sconvolta di chi ha appena visto un fantasma.

Oba-san Margareth!” ripeté, “ma non dovresti essere…” defunta?

Tenne per sé quell’infelice domanda, sfoderando quel sorriso tipico da ‘ogni donna cadeva ai miei piedi’.

 

Edward sussultò, sorpreso. “Zia?” gli fece eco, squadrando il corpo di fianco a sé.

Arrossì, mentre la sua maleducazione di poc’anzi gli lampeggiava in testa, a monito futuro.

 

“Entra, Oba-san, ti prego!” la sollecitò, dimostrando un compassato savoir faire. “A cosa devo quest’inattesa, ma piacevolissima sorpresa?”

 

“Inattesa?” rifece lei, addentrandosi nell’ingresso. “Nipote smemorato!, non hai ricevuto i miei due telegrammi?”

 

La sua faccia parlava da sola.

 

“Eppure ho conferma che siano stati consegnati al tuo ufficio, al Quartier Generale!” si lamentò, rammaricata.

 

Le menti dei due militari giunsero alla medesima conclusione; ad una scrivania, per la precisione, quella dove risiedeva la posta in arrivo per Mustang, perennemente da smistare, in arretrato da settimane.

 

“Ci sarà stato un malinteso col mio staff, zia cara, non ti preoccupare…”

 

Eppure lei sfoderò un’austera espressione contrariata.

“Potresti chiedere a questo ragazzo di andar a prendere le mie valigie di sotto, in entrata?” ma il tono sembrava tanto un ordine, non una richiesta.

 

Edo ebbe il buonsenso di non protestare; non attese oltre e s’incamminò al piano inferiore, incrociando di sfuggita lo sguardo con quello di Roy. E non prometteva decisamente niente di buono.

 

Mentre lei si sfilava con affettata lentezza i sofisticati guanti in pelle e li appoggiava nella mensola in entrata, Ed fu di ritorno, carico di bagagli.

 

“Ma quanto hai… intenzione di restare, zia cara?” si sforzò di assumere un’inflessione educata, che mascherasse lo sconcerto di fronte a quell’invasione.

 

“Chi è questo giovanotto?” chiese invece lei, additando il biondo con alterigia.

Un piglio indagatore. Lungo. Che metteva a disagio.

 

“Lui è…”

Il mio amante? Un mio subordinato? Il mio compagno? Un commilitone?

 

“Lui è il Tenente Colonnello Edward Elric, zia Maggie.

 

“L’Alchimista d’Acciaio?” s’interessò stupita, ma non quanto loro… e quindi sorrise, benevola. “La tua fama ti precede, giovane soldato che aiuti il nostro Paese.

 

“E lei è…” riprese l’uomo, rivolgendosi a Fullmetal.

 

“Mi so presentare da sola!” lo zittì, accompagnando con uno sguardo severo. Poi si dedicò a Edo, che assisteva basito. Era abbastanza raro che qualcuno facesse tacere Roy così velocemente.

 

“Lady Margareth Mustang, vedova del compianto Generale Middleshield. Precisò, rimarcando il titolo nobiliare acquisito, seppur decaduto molti anni addietro.

 

Una Lady di Ferro, da come si presentava.

 

Gli porse il palmo destro, per un compassato baciamano che rimase disatteso. Edward strinse appena le dita, più per dovere che per reale convinzione, osservando che la mano era affusolata e curata, eppure segnata dal passare degli anni.

E allora notò anche le rughe sul suo viso, abilmente nascoste da un sapiente trucco, sotto la pelliccia un elegante tailleur di alta sartoria.

Si era sbagliato alla grande. Quella signora poteva avere all’incirca cinquant’anni, se non di più.

 

“La zia si diletta a vendere prodotti cosmetici. Gli fu spiegato, mentre l’Alchimista di Fuoco la aiutava a togliersi il cappotto pregiato e lo sistemava sull’attaccapanni.

 

“Se conducessi una vita sola e noiosa come la mia, troveresti anche tu un passatempo…” si giustificò, motivando la presenza di tanti beautycase che affollavano l’ingresso.

 

“Signora, mi perdoni… ha già cenato?” le domandò, per pura cortesia, dirigendosi in cucina per controllare che il pollo in forno non si carbonizzasse.

 

Non si aspettava certo che lei lo seguisse, entrando dietro di lui, tallonata a sua volta da un Mustang assai inquieto.

Fece appena in tempo ad afferrare in mano la ciotola di Tora, posata sulla tovaglia, prima che lei la vedesse e si scandalizzasse.

 

“Sono appena giunta dalla stazione, non ho avuto il tempo di sfamarmi. Rispose la donna, osservando con occhio vigile l’intero cucinino: l’ordine perfetto, le pentole sul fornello, la tavola imbandita per due…

 

Mentre Roy spostava con finta noncuranza il candelabro dal centrotavola, - la loro cenetta a lume di candela era saltata, no? - Edo grattò il fondo della sua buona educazione, prima di spegnere il forno e di girarsi verso di lei, prendendo in mano la situazione: “Per cortesia, si metta a suo agio in salotto per qualche istante, fintanto che il Generale di Brigata Mustang non si sarà reso presentabile…” e gli lanciò un’occhiataccia.

 

“Vado a cambiarmi, zia Maggie!” squittì in fretta questi, svanendo in corridoio.

 

“Dopodiché, si potrà mangiare in santa pace. Il cibo è pronto.” Si tolse quell’assurdo grembiule che solo in quel momento ricordava d’indossare. “Mi segua, prego.” La invitò, sottintendendo però un’ingiunzione. E si avviò in salotto, sedendosi sul sofà dove la fece accomodare, in attesa di Roy.

 

Ringraziò mentalmente la sua buona stella, dopo aver reclinato la cornice della foto di loro due abbracciati sul divano, prima che la vecchia facesse un infarto.

Accidenti!, doveva avere il tempo di rendere la casa innocua, prima che lei scoprisse tutto!

Il che voleva dire far sparire tutti i suoi oggetti personali, che non fossero spacciabili per quelli del suo partner.

…forse era per questo che il suo uomo-quasi-morto non era ancora di ritorno?

Perché aveva avuto l’assennatezza di riordinare?

 

Nah! Non che ci sperasse poi troppo.

 

“Allora, Tenente Colonnello… posso darti del tu, vero?” chiese la donna, improvvisando uno stile inaspettatamente gioviale.

 

“Prego?” si stupì lui, infatti. Rimanendo basito qualche istante… “Oh, sì. Ce-certo che può…” arrossì, colto alla sprovvista.

 

“Come procede la tua carriera, figliolo?” s’interessò lei, sinceramente partecipe.

 

Be-bene, direi…” tartagliò, confuso. Ma dov’era finita l’arcigna vecchiaccia di poco prima?

 

“Bravo!, Sei un Alchimista di Stato! Hai il grande privilegio di servire la nostra Patria!” s’infervorò, battendo le mani laccate sulla sua coscia, con entusiasmo.

 

Edward si sentì a disagio. Assurdamente, molto più adesso, che prima; mentre era inflessibile e austera.

 

“…hai mai sentito parlare dell’Alchimista del Vento?” l’interrogò, amichevolmente. Come se si conoscessero da sempre.

 

“Certo! Chi non conosce il Wind Alchemist?!” replicò, animandosi, perché era un terreno a lui familiare. “Le sue imprese sono note a tutti, nell’esercito!”

 

La signora si asciugò una lacrima col bordo di un fazzoletto di pizzo, spuntato chissà da dove.

“Le tue parole riempirebbero d’orgoglio il mio povero Bernie…” sussurrò, emozionata.

 

Ro-” si corresse, “il Generale di Brigata Mustang non mi aveva mai detto di essere il nipote del Generale Bernard Middleshield. Le rivelò, un po’ smarrito.

 

“Non mi stupisce!” dichiarò lei, imbastendo un sorriso indulgente. “Non è una cosa facile a dirsi…” lo difese. “Roy-kun era ancora molto piccolo, quando successe… e poi… beh…” gli lanciò un’occhiata supplichevole, come a dirgli che preferiva non continuare.

 

Il Flame ricomparve, finalmente, unendosi ai due. Un sorriso scanzonato sul volto, che strideva palesemente col rammarico che aleggiava su di loro.

 

Eppure la donna si riprese prima di quanto lui credesse, sfoderando una grinta fuori dal comune.

“Nipote sciagurato! E’ così che tratti l’unica parente che ti è rimasta?”

 

Ed sussultò, a quell’affermazione. Anche se sapeva tutto. Pur conoscendo il passato di Roy.

C’era stato un tempo in cui Mustang gli aveva confessato cose dolorose del suo passato, prima di Ishbar, prima della guerra.

Discorsi che riguardavano i suoi genitori, tristi e agri. Ferite mai guarite del tutto. C’era voluto del tempo, ma alla fine s’era confidato con lui, quel giorno lontano in cui erano rimasti intrappolati in casa, per colpa di quella nevicata assurda…

 

“Tu e i ragazzi siete la mia famiglia. E quell’idiota di Maes. Il miglior fratello che potessi avere.”

Gli aveva detto, un sorriso dolceamaro, mentre gli sfilava dalle mani una foto troppo vecchia e sbiadita di un Roy bambino accanto a due figure adulte.

 

“Per fortuna che questo baldo giovanotto mi intrattiene!” lo sgridò, soffiandosi il naso per l’ennesima volta. “Hai un gatto?” investigò, guardandosi di colpo intorno, alla ricerca di un felino.

 

Tora, che aveva già cenato da tempo mentre loro s’intrattenevano in inutili convenevoli, ronfava beato nella sua cesta, seminascosto dalla sua piccola coperta di lana.

 

“Ehm…” temporeggiò. “Sì, zia Maggie… perché?” osò domandare, camminando sulle uova.

 

“E’ un problema!” decretò lei, con cipiglio. “Io sono allergica ai gatti! Lo sai bene!” lo rimproverò, cercando di farlo sentire in colpa.

 

“Ma, veramente…” tentò, senza sapere bene cosa dire.

 

Ed intanto se la godeva tutta, gustandosi quell’insperata fortuna.

Se esisteva un Dio - il Dio dei Gatti – andava benedetto.

 

Roy-kun, mi trovo costretta, a malincuore, a rinunciare alla tua ospitalità. Decise, starnutendo sonoramente.

 

“Oh, zia!” esclamò, fintamente contrito.

 

“Stasera è troppo tardi, per cercare una locanda adeguata…”

 

“Però, forse veramen-” obiettò.

 

“Dormirò sulla poltrona letto dello studio, come l’ultima volta, e poi domattina mi aiuterai a traslocare altrove, per i pochi giorni in cui rimarrò in città. Decise irrevocabile.

 

“Come vuoi, Oba-san Margareth…” capitolò.

 

“Mi perdoni, signore…” s’intromise Edward, rivolgendosi al suo superiore con un tono falsamente deferente “di quale poltrona letto stiamo parlando?” s’interessò, mentre il suo sguardo prometteva rappresaglia.

 

Roy deglutì a fatica.

“Vuoi scusarci un attimo, zia cara? Approfitterò della gentilezza di Elric-san per aprire le molle arrugginite del tuo giaciglio, ma vedrai che sarà come nuovo…” le spiegò, mentre un Fullmetal alquanto alterato lo precedeva nel corridoio.

 

“E da quando tu hai una poltrona letto?!” gli ringhiò contro, una volta che furono oltre la portata d’udito. “Eh, Generale Mustang?!” ripeté, sarcastico. “Perché diamine non me l’hai mai detto e mi hai sempre costretto a dormire su quel divano picc- stretto e scomodo?!

 

Mame-chan, ti prego…” lo supplicò, congiungendo le mani in segno di supplica “Basta già lei, a complicarci la vita, no?”

 

“No. Non basta!” lo contraddisse il compagno, che voleva andare a fondo della faccenda.

 

“Beh…” tentennò.

Come poteva confessargli che gliel’aveva tenuto nascosto, nella speranza che fosse il suo, di letto, quello che – lui desiderava - Edward avrebbe usato?  

“Tu sei picc-” la vena sulla tempia destra di Ed iniziò a pulsare in modo preoccupante. “Tu sei giovane,” raddrizzò il tiro “e mi sembrava che ci stessi comodo ugualmente!, non è poi così stretto, il divano del salotto, sai? Altrimenti non avremmo fatto quello che tu ben sai, l’altra notte…” lo provocò, ammiccando in modo lascivo.

 

Ottenne l’effetto sperato, perché il suo Fagiolino arrossì, squisitamente imbarazzato, sfiorandosi di riflesso un succhiotto seminascosto dalla maglietta scollata.

“Uhm… è solo che…”

 

“Aiutami ad aprire questo coso,” tagliò corto il moro, strattonando lo schienale effettivamente indurito dal tempo. “E torniamo di là, prima che quella vecchia volpe s’insospettisca!”

 

“Perché la tua ‘cara zia’ ci è capitata tra capo e collo?!” lo aggredì, recriminando. “Potevi avvisarmi di queste sue incursioni!”

 

“E che ne sapevo?! Sono almeno due anni che quella gatta spelacchiata non si faceva vedere; credevo fosse morta, passata a miglior vita, puf!” esclamò, in un crescendo di esasperazione.

 

Acciaio sospirò, riponendo le armi. “Andrò a chiedere ospitalità ad Al, per stanotte.” Lo avvisò.

 

La trovarono che fissava malevola, a debita distanza, il loro micio che sonnecchiava felice, e la invitarono ad avviarsi con loro in cucina. Tuttavia, lei chiese prima di potersi riordinare in bagno, qualche istante. A malincuore, dovettero concederle il permesso.

 

“Hai nascosto il mio spazzolino da sopra la mensola del lavandino?” sibilò Edward, direttamente ad una spanna dall’altro, per paura di farsi sentire. Il Flame annuì, “anche i tuoi elastici, la spazzola, quello che era in vista l’ho fatto sparire; se non si mette a rovistare, non troverà nulla…”

 

“E il mio accappatoio?!” riprese ugualmente il giovane, mentre figuracce scandalose e scuse sempre più improbabili gli sfilavano davanti agli occhi. “La cesta della biancheria usata, l’hai chiusa? Ci sono le mie mutande!”

 

“Non credo che mia zia si senta autorizzata a rovistare tra i panni sporchi…” ironizzò, per cercare di sdrammatizzare un po’ e nascondere la propria preoccupazione.

 

“E se trovasse qualcosa che non è tuo? Le mie magliette sono più corte, i pantaloni più stretti…” lo provocò il biondo, imprecando mentalmente.

 

“Potrei…” sospirò “potremmo… non mi chiederà nulla, vedrai. In passato ha già trovato, per casa, tracce delle mie compagne occasionali, quelle con cui uscivo a quel tempo, quando lei capitava qui…” lanciò la bomba, attendendosi una legittima scenata di gelosia.

 

Eppure Fullmetal lo ascoltava; infastidito, sì, ma senza dare in escandescenze. Gli puntò l’indice con l’auto-mail contro, perentorio. “Dirai che è roba di una fantomatica fidanzata. E domattina leverà le tende. Non morirai, nel frattempo.” Tagliò corto il giovane alchimista, giusto qualche istante prima che la donna facesse il suo ingresso in cucina.

 

Edward riempì loro i piatti, prima di esordire con un: “Bene, è ora che io tolga il disturbo. Ci rivedremo domattina in ufficio, signore.

Ed è stato un vero piacere conoscerla, Lady Middleshield. Buona cena!”

 

Ricevette un doppio sguardo sorpreso, anche se per ragioni diverse.

“Al tempo in cui Bernie era in servizio, i suoi sottoposti non venivano certo a preparargli la cena, mi sembra di ricordare…” esordì Margareth, posando la forchetta ancora intonsa. “Tuttavia, mio caro, mi auguro che tu voglia tenerci compagnia, per stasera…” lo invitò, riacquisendo però il tono di comando con cui aveva esordito al suo ingresso.

 

Ed non osò fiatare.

 

“Credo che zia Maggie abbia ragione, Elric-san…” le diede man forte Mustang, approntando un piatto e delle posate in più, anche per lui.

 

La signora sorrise soddisfatta, quando egli si arrese, accomodandosi al fianco del suo uomo.

 

“Deliziosa cenetta, Edo-kun.” Si complimentò, addentando il terzo boccone di pollo. “Nevvero, Roy-kun?”

 

Il moro sorrise incoraggiante, dandole ragione; faticando a nascondere una punta di dolcezza e orgoglio. Senza averlo preventivato davvero, finì con l’elogiare le straordinarie capacità di Fullmetal, non solo in campo culinario; dilungandosi sul suo coraggio come soldato, sapendo che era un terreno fertile per ottenere la benevolenza di lei.

In breve, la conversazione smise di languire, per farsi avvincente e ricca di aneddoti.

 

La vedova del Generale attese che finissero, ascoltando educatamente i due uomini che bisticciavano allegramente su alcuni pezzi discordanti dei loro ricordi comuni, mentre il cibo veniva spazzolato via.

Quindi abbozzò un sorriso, adagiando sul piatto coltello e forchetta, secondo l’etichetta del galateo.

“Sei fortunato, nipote debosciato!, Edward sarebbe un’ottima moglie, ed è anche meglio delle sgualdrine che frequentavi un tempo…” lasciò cadere lì, con noncuranza.

 

Eppure Roy sputò sulla tovaglia il vino che stava bevendo, mentre Ed stava soffocando con un boccone andato di traverso.

 

Margareth si pulì con minuzia una traccia di salsa pressoché inesistente al lato della bocca, senza scomporsi, come se niente fosse.

“Adesso che ti so in buone mani, posso anche morire in pace.

Avete perciò la mia benedizione.”

 

 

Fine



Disclaimers: I personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.


Note varie: il titolo di questo capitolo è preso da un’espressione del linguaggio comune.

Gattamorta, per chi non lo sapesse, sta ad indicare una persona che nasconde la sua vera indole, litigiosa o malevola, dietro a comportamenti zuccherosi e mansueti.
Anche questo, va comunque preso alla lettera… ^__=

 

Oba-san: in lingua giapponese, significa ‘zia’.

 

Prima che me lo chiediate, arriverà la nevicata colossale di cui accennato nel capitolo, era già in programma! *__*

 

Precisazioni al capitolo precedente: ecco la mia interpretazione degli eventi, (come già accennato a qualcuno.)

Roy, in qualche modo, si sente ‘autorizzato’ a fare ciò che fa, dando la colpa/merito alla sbronza.
Un po’ < 'carpe diem', perché da sobrio non potrei!!^^'' >

Tora finora è entrato in due occasioni in camera di Roy: quella in cui ha ‘interotto un momento intimo’, e quando Ed va a casa di Mustang che è appena rientrato dall’ospedale, e quel gatto ‘da guardia’ dorme ai piedi del suo letto, in camera.
Ci sarà un cap di spiegazione a ciò, al perché Tora adesso si sente autorizzato ad entrare lì, ed è quello della nevicata.
Ad un certo punto, Roy è convinto che Tora gli ubbidisca, ma è solo una pia illusione.
In realtà lui non entra quando Roy è a casa, ma poi ‘balla’ quando è da solo! ^___=

E poi... anche la ripetizione della veglia sul divano è voluta, (una breve ripresa c’è anche nel cap 7) proprio per dare piccoli messaggi di conferma/quotidianità al lettore.
Uno non può mica scrivere che spesso si fermava a vegliarlo, e  poi non inserirlo mai nei propri scritti! E’ questione di coerenza di stile!

Mi piace che Edward picchi Roy, con un pugno post-risveglio. (Anche se è un po’ scontato, lo so).
Io lo vedo come uno uno ‘scambio equivalente’, nel cap prima - direttamente legato a questo- Ed ‘salva Roy’, lo aiuta; qui, invece, è proprio lui a cagionargli il danno, seppur non volendo.
E poi, cosa non da poco, mi dà il pretesto perché Roy si faccia coccolare un po’, e lo salvi da una sgridata assicurata, sul suo comportamento irresponsabile della sera precedente.
Havoc non subirà conseguenze, malgrado le ire funeste di Mustang.
Maes, invece... mi fa sorridere anche questo: nel 15, Roy dice: ‘quella buon’anima di Maes’; nel 16, lo maledice e si maledice... ^__________^

 

Ultima cosa: non è un caso, se ho scelto di fare colpire l’occhio sinistro di Roy, non è una questione di 50% di possibilità! XD

Niente Roy ciecati, in questa fic… però è da notare che anche King Bradley ha la benda sull’occhio sinistro (e noi sappiamo perché…) ma che sia un requisito essenziale per diventare Comandante Supremo?! ^__=

Oki, credo sia tutto.

 

 

Ringraziamenti: spulciando quella cosetta meravigliosa che è la sezione ‘preferiti’ del proprio account, giusto in questi giorni mi trovo a festeggiare (e a ringraziare, per la fiducia) le 50 persone iscritte al sito, che mi hanno inserita tra i loro autori preferiti.

E quei 30 readers, in particolare, che hanno inserito tra le loro preferenze ‘It’s raining cats and dogs.

A questo punto, vorrei strafare… covo l’insano desiderio di arrivare alle 300 recensioni, con questo cap.

Ovviamente, solo voi, miei cari lettori in humbra, mi potete aiutare a realizzarlo…

Su!, fatemi felice, chissà che allora non sia invogliata ad aggiornare prima! ^__^

Anche perché… potrebbe essere una minaccia!  è_é (scherzo! ^__=, forse… *_*)

 

Mettetevi una mano sul cuore e l’altra sulla tastiera, e recensite. ^*^.

 


Grazie di cuore ai lettori affezionati e a quelli nuovi, per le vostre adorabili recensioni.


Come sempre, sono graditi commenti, consigli e critiche.


Grazie (_ _)

elyxyz

 

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Capitolo 18
*** Quando adotti un cucciolo, preparati ai suoi guai… (omake n°1) ***


Doppio drabble (200 parole esatte)

Doppio drabble (200 parole esatte)

 

Note: il seguente scritto contiene lievi riferimenti yaoi.

Per ulteriori spiegazioni, vi rimando alla conclusione della fic.

 

 

Piccolo omake, il primo di tre.

Dedicato a chi ha commentato i precedenti capitoli della raccolta.

Grazie.

 

 

 

Quando adotti un cucciolo, preparati ai suoi guai...

 

 (omake n°1)

 

 

by elyxyz

 

 

 

 

 

Roy indossò la sua alta uniforme di gala, per la cerimonia cui doveva presenziare; e sorrise, piacevolmente stupito.

La signora Nismet era ammalata, ed Edward si era offerto di stirare personalmente la piega di pantaloni e giacca, già perfetta di suo.

Il Colonnello si specchiò, soddisfatto. Doveva pur riconoscere che il colletto della camicia era bello rigido, al punto giusto, come piaceva a lui.

Che bravo ometto si era accasato!

Aveva addirittura pensato anche agli accessori!

Si era premurato di lustrare il copricapo, l’orologio d’argento a simboleggiare il suo status, gli stivali tirati a lucido… i suoi guanti alchemici di scorta, in bella mostra sul letto, accanto a Tora, che lo osservava incuriosito.

Se li infilò con cura, ed erano davvero immacolati e ben piegati, il paio che teneva per le grandi occasioni, in cui voleva apparire impeccabile.

 

“Di’ che sono figo!” esclamò, facendo schioccare le dita, più per abitudine che per altro.

 

E un’improvvisa fiammata pericolosa arrivò quasi a lambire il soffitto; per poco non s’era ritrovato arrostito da solo!

Le sopracciglia puzzavano un po’ di bruciato, in effetti.

 

EEEddd!!” ringhiò, al compagno che riassettava casa, preso dal sacro fuoco delle pulizie domestiche. “Hai inamidato anche i miei guanti?!

 

 

Fine



Disclaimers: I personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.


Note varie: questo è il primo di tre doppi drabble, da alternare ai cap più corposi, per ravvicinare il postaggio e diminuire l’attesa degli aggiornamenti, come ringraziamento per il superamento dei 300 commenti che, giuro, mi hanno davvero commossa.

Vi bacerei uno ad uno, ma non credo che le mie bave vi interessino, no? XD

 

La signora Nismet è già comparsa in un’altra mia fic,Come una moglie tradita (Gelosia), ma amo i miei personaggi-fantasma originali, quelli che nomini ma non compaiono mai! ^___^

 

Prima che me lo chiediate: mi scuso, ma avevo dimenticato di chiarire che la nevicata colossale, di cui accennato nel capitolo scorso, è sì in programma, ma devono accadere alcuni fatti, prima di giustificare la sua presenza. Abbiate pazienza! ^^’’

 

Precisazioni al capitolo precedente: sono felice che, quella vecchia gattamorta della cara zia, abbia riscosso tutto questo successo! ^___^ (Comunque non è in vendita… sorry… volete qualche altro mio parente compic- uhm… particolarmente simpatico? ^__^)

Ovviamente l’omonimia con l’inflessibile Lady di Ferro è un tributo alla vecchia Margaret Thatcher, un tempo primo ministro britannico, soprannomina esattamente così, indovinate un po’ perché?

Forse non dovrei dirlo… ma adoro Roy e Ed di questo chappy: sono goffi, innamorati, e fanno tanta tanta tenerezza…

 

Riguardo ai dubbi sollevati: considerazione alla poltrona, è proprio così. Il punto è che Roy la sostituisce, come detto, con una sedia meno comoda. Però poi, quando Ed si abitua a condividere con lui il divano, in salotto, la poltrona ritorna nella sua sede originaria.
Non credo nemmeno che Ed ci abbia fatto tanto caso, a dire il vero. Lui non è tipo da accorgersi se sparisce una montagna, quanto più se manca un tomo dalla sua ricchissima libreria! ^_____^
Mi sa che, visto che successivamente non ci sta tanto tempo nello studio, non se ne sia proprio curato; invece prima, come diceva Roy in quel cap, Ed studiava dappertutto, senza mai lamentarsi o curarsi di cambiamenti...

Riguardo la zia... io ho fatto in modo che, quando lei si presenta per intero, Ed non colga l’effettivo legame col generale zio e Roy, perché è così stordito dal suo arrivo che non ci bada.
Invece poi, sul divano, i due ne parlano. E lui realizza e si stupisce.
Oki. Credo sia tutto… in caso, sapete come contattarmi… ^____^



Grazie di cuore ai lettori affezionati e a quelli nuovi, per le vostre adorabili recensioni.
E per aver accolto il mio appello. Ç___ç (me emozionata!)

Come sempre, sono graditi commenti, consigli e critiche.


Grazie (_ _)

elyxyz

 

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Capitolo 19
*** M.I.A.O. ! ***


L’anello

Note: il seguente scritto contiene lievi riferimenti yaoi.

Per ulteriori spiegazioni, compreso il titolo, vi rimando alla conclusione della fic, dopo la lettura.

 

 

Questo capitolo è tutto dedicato a chi spende il proprio tempo leggendo le mie storie,

ma in particolare a chi si ferma un attimo, e si prende la briga di recensire.

E’ grazie a voi, se questo capitolo vede la luce oggi.

Sono felice che l’omake vi sia piaciuto.

Grazie.

 

 

 

M.I.A.O. !

 

by elyxyz

 

 

 

 

 

Edward sollevò il naso dalla pagina, attirato dal movimento di fronte a sé.

Da qualche settimana, Tora si comportava in modo strano. Si fermava davanti ai suoi piedi e si grattava sotto al collo, oppure dietro ai padiglioni auricolari, come se soffrisse di un forte prurito.

Che fosse il caso di andare a farlo vedere? Si era chiesto più volte. Magari si era preso qualche herpes sul pelo, oppure era allergico a qualcosa, forse al nuovo shampoo con cui lo lavava…

A dire il vero, aveva costretto Mustang ad aiutarlo in una visita accurata della pelliccia del loro gatto, ma sembrava sanissimo. Eppure Tora non smetteva, non smetteva mai!

Roy minimizzava quei momenti, probabilmente era lui che si preoccupava per nulla, tuttavia… quella sera, più del solito, il loro micio aveva cessato di giocare di colpo, e si era arrestato innanzi a lui; si era sfregato con la zampa posteriore dietro l’orecchio e  poi era saltato sul divano, per farsi grattare da Ed.

Di pulci non ne possedeva; aveva verificato di persona, più che scrupolosamente.

 

“MIAO!” lo supplicò quasi, saltandogli agilmente sulla pancia, chiedendogli attenzione.

 

Fullmetal lo accolse tra le braccia, non prima di aver dato una gomitata all’uomo seduto accanto a sé.

“Visto?!, ancora lo stesso rituale!” gli fece presente, quasi a colpevolizzarlo per la scarsa apprensione che dimostrava.

 

Mustang non si diede particolare pena, sostenendo che fosse una sua fissazione, un’inutile preoccupazione. E che Tora stava benissimo. Perciò cambiò discussione: “E’ venerdì.” Roy sollevò momentaneamente gli occhi dal libro, puntandoli su Edo che leggeva affianco a lui, gatto in grembo. “Ti fermi a dormire qui?”

 

“Non so… non l’avevo programmato, dovrei avvisare Al…” replicò impensierito, accantonando il tomo, per occuparsi della bestia tigrata che fuseggiava in attesa, pregustando le coccole.

 

Lo accarezzò piano, con cura, lisciando la folta e morbida peluria, giocando con le vibrisse.

“Ma c’è qualcosa, qui!” esclamò Acciaio, afferrando con le dita un filo trasparente di nailon, che faceva da collare alla bestiola.

 

Il Colonnello li osservò di sfuggita, con la coda dell’occhio, senza smettere di leggere.

 

Ed non perse tempo, seguì con i polpastrelli il percorso circolare, fino a che non si trovò tra le mani un piccolo cerchietto di metallo, appeso al guinzaglio improvvisato.

 

Fu il suo turno di lanciare un’occhiata al Colonnello, che tuttavia sembrava interessato ad altro, mentre un Tora, fin troppo collaborativo, si lasciava slegare da quell’impiccio.

 

“Ma è…” deglutì a vuoto.

 

Un anello in oro bianco, con un’elegante incisione all’interno.

 

Brucio per Te ’   

 

Emozionato e sorpreso. Edward non sapeva come, ma Roy s’era inchinato ai suoi piedi, facendosi serio.

“Vuoi venire a vivere con me?” sussurrò, con trepidante imbarazzo e un sorriso incoraggiante.

 

Una casa.

Una casa di nuovo per lui.

Roy gli stava offrendo una casa.

Ecco come farlo piangere, dannazione.

 

Perché aveva bruciato la sua tanti anni prima, e poi era rimasto un cane randagio…

“Sì.” Pigolò, abbassando il capo perché la frangia celasse la sua debolezza.

 

Eppure il suo compagno gli aveva sfiorato il mento con gentilezza, sollevandogli la testa, perché i loro occhi potessero incontrarsi.

 

“Non ti prometto una vita serena e piena di felicità.

Ma ti affido il mio amore e ti giuro che affronteremo insieme tutto quello che verrà…

…hai la mia fedeltà.”

 

E per uno come Roy Mustang, beh, non era forse tutto?

Si ritrovò le braccia di Ed attorno al collo, stretto stretto; il viso nascosto nell’incavo della clavicola. Tora era sgusciato via con discrezione, quando i loro corpi avevano occupato il divano.

Si limitò ad acciambellarsi nella cesta, a debita distanza; rassegnato al fatto che le coccole fossero finite, per lui, quella sera.

Ma forse era anche lui soddisfatto del suo lavoro di cupido… oppure, più semplicemente, sperava che il suo padrone, quello moro, avrebbe smesso di stressarlo con il suo addestramento e le prove generali, da adesso in poi.

 

 

Fine



Disclaimers: I personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.

 

Il titolo: è un acronimo, e nella visione di Tora, che deve fare illavoro sporco’, sta per:

M.I.A.O.! = Muoviti. Infila. Anello. Ora!

 

Il colore richiama malamente l’oro bianco. Ma non sono riuscita a renderlo. Se usassi WordArt per renderlo meglio, qualcuno di voi non riuscirebbe a vedere il titolo.


Note varie: questo capitolo è breve, lo so. Ma è uno di quelli a cui tengo particolarmente, perché segna una delle tappe fondamentali di questa coppia.

Non ha una collocazione temporale precisa. Qualche tempo dopo la dichiarazione di Roy, dopo un periodo ‘di prova’, di rodaggio, Mustang offre a Edward la possibilità di maturare come coppia, e lo fa rimarcando i suoi intenti, quasi con una seconda dichiarazione…

Spero che nessuno sia svenuto per il mostruoso quantitativo di zucchero, ma me lo ero immaginato così, e così è rimasto.

Ed ecco finalmente svelato il perché – nel lontano cap 12 – non ho voluto far dichiarare Roy comodamente seduto sul divano, bensì sotto la pioggia. Perché era questo, il capitolo dolcioso, a cui spettava il divano e Tora-cupido. Non so voi… ma a me sembra tanto il pargolo che porta gli anelli all’altare ai suoi genitori *__*

 

 

Le Vibrisse sono i baffi del gatto, ma non solo quelli ai lati del naso; e sono importantissimi, in quanto sono sede dell’equilibrio di un felino.

 

 

Ecco, ho mantenuto la mia promessa e ho aggiornato prima del solito. Tra qualche giorno, il secondo omake, come già anticipato.

Mi auguro troviate il tempo di lasciarmi le vostre impressioni. Anche nel caso in cui vi prendeste in arretrato.

Oki. Credo sia tutto… in caso, sapete come contattarmi… ^____^



Grazie di cuore ai lettori affezionati e a quelli nuovi, per le vostre adorabili recensioni.

Come sempre, sono graditi commenti, consigli e critiche.


Grazie (_ _)

elyxyz

 

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Capitolo 20
*** Quando adotti un cucciolo, preparati ai suoi guai... (omake n°2) ***


Doppio drabble (200 parole esatte)

Doppio drabble (200 parole esatte)

 

Note: il seguente scritto contiene lievi riferimenti yaoi.

Per ulteriori spiegazioni, vi rimando alla conclusione della fic.

 

 

Piccolo omake, il secondo di cinque. (Ebbene sì, sono cresciuti! ^^)

Dedicato a chi ha commentato i precedenti capitoli della raccolta.

Grazie.

 

 

 

Quando adotti un cucciolo, preparati ai suoi guai...

 

 (omake n°2)

 

 

by elyxyz

 

 

 

 

Edward imprecò tra . Aveva rotto l’accendigas facendolo cadere; tuttavia doveva avviare il fornello per riscaldare la cena, mentre il suo uomo si dava una sistemata.

Uhm… poteva trasformare l’auto-mail in una pietra focaia? Oppure… lanciò un’occhiata distratta ai guanti di Mustang, dimenticati sulla mensola.

Oh, che diamine! Aveva o no il suo personale Fuoco?!

Ne indossò uno, con attenzione, per non rovinarlo. Chi lo sentiva, poi, quel pignolo di un Taisa?

Fece il primo tentativo, ma andò a vuoto.

Eppure non poteva essere così difficile, no? Roy faceva i suoi giochetti pirotecnici ogni giorno!

Ritentò una, due, tre volte… finché una discreta fiammetta non si materializzò sul fornello.

Solo che ci aveva preso gusto, e mentre il cibo si stemperava, lui si divertiva coi guanti alchemici, realizzando scintille e piccole vampate di varia grandezza.

 

“Ehi!” fu richiamato all’improvviso.

 

Acciaio sussultò di colpo, spaventato, e il fuoco senza controllo creò una pira discretamente pericolosa.

 

“Non vorrai incendiare anche questa casa, spero! Non ti è bastato brucia-”

 

Gli occhi lucidi di Ed lo fecero zittire. Dannazione a quel cucciolo!

 

Come resistere a quello sguardo colpevole e contrito?

“Oh, al diavolo! Brucia tutto se vuoi, mio piccolo piromane, poi ricostruiremo ogni cosa…”

 

 

Fine



Disclaimers: I personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.


Note varie: ho scelto di postare quest’omake, tra quelli già pronti, perché è direttamente collegato in qualche modo al capitolo precedente ‘M.I.A.O.!’, per sdrammatizzare un po’ la serietà degli argomenti trattati, e magari sorriderci su. (Come dice Shatzy; grazie, tesoro! ^*^)

 

Precisazioni al capitolo precedente: l’inizio del cap precedente è volutamente senza un chiaro riferimento cronologico. Non volevo che sapeste subito se Ed e Roy stavano insieme o no. Difatti ho strutturato la frase di Edward di modo che non usasse né iltu’ né il ‘lei’, che mi avrebbero tradita.

NB: nessun Tora è stato realmente maltrattato per la realizzazione dello scorso capitolo. (Per cortesia, non chiamate la protezione animali! >.<) E’ un gatto intelligente, lui; e abbiamo rispettato il contratto sindacale! ¬_¬

E nessun lettore è morto per zuccherosi acuta. XD

Alcuni di voi mi hanno detto che si sarebbero aspettati una reazione diversa da parte di Ed, quando vede il gatto con il collare (che avrebbe potuto soffocarlo), per le estenuanti prove (che deve essersi sorbito), per la preoccupazione (inutile) che ha avuto in quelle settimane, credendo che Tora fosse malato.

In parte, beh, ci avevo pensato. Ma una scenata, da parte sua, avrebbe inevitabilmente dato un taglio diverso al cap. E, come ho già detto, così me l’ero immaginato, e così e nato.

Del resto, io credo che Ed sia così sorpreso ed emozionato che non ha realizzato le implicazioni secondarie… ciò non toglie che, dopo le coccole ^///^, poi non l’abbia fatta pagare a Roy! ^___^

La dedica sull’anello è la sintesi di un pensiero: “Brucio (d’amore) per Te” ma avevo a disposizione un anello, appunto, non un salvagente, mica potevo scrivere una frase intera, no? ^__=

Oki. Credo sia tutto… in caso, sapete come contattarmi… ^____^



Grazie di cuore ai lettori affezionati e a quelli nuovi, per le vostre adorabili recensioni.

Come sempre, sono graditi commenti, consigli e critiche.


Grazie (_ _)

elyxyz

 

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Capitolo 21
*** Lische di pesce e scheletri nell’armadio ***


Note: il seguente scritto contiene lievi riferimenti yaoi

Note: il seguente scritto contiene lievi riferimenti yaoi.

Per ulteriori spiegazioni, compreso il titolo, vi rimando alla conclusione della fic, dopo la lettura.

 

 

Dedicato a chi ha commentato i precedenti capitoli della raccolta.

Sono felice che il secondo omake vi sia piaciuto.

Tutte quelle recensioni entusiaste mi hanno fatto venire voglia di aggiornare prima!

Grazie. E buona lettura. ^__^

 

 

 

Lische di pesce e scheletri nellarmadio

 

 

by elyxyz

 

 

 

 

Edward Elric venne accolto sull’uscio di Casa Mustang da un Roy alquanto adirato e inconsuetamente abbigliato.

Disabbigliato sarebbe stato il termine migliore. Visto che il celebre Flame Alchemist indossava la parte superiore della propria divisa militare in modo impeccabile, ma difettava dei pantaloni, che stava tenendo in mano, con discreto ribrezzo.

Guardandolo allontanarsi dalla porta d’entrata scalzo, con i soli boxer e calzini – rigorosamente blu -, Acciaio ebbe il buonsenso di soddisfare la propria curiosità in modo obliquo, senza sembrare indelicato.

 

“Perché, Taisa, ha mezza uniforme bagnata e stropicciata?”chiese, sforzandosi di apparire serio, mentre posava le buste della spesa come di consueto, come avevano concordato mesi addietro.

 

“Il tuo gatto ha pensato bene di farmi la pipì addosso. Ringhiò, e sarebbe bastato il suo sguardo ad incenerirlo, senza lo schiocco di dita.

 

“Il nostro gatto.” Lo corresse Fullmetal, evidenziando il possesso, e imitando il modo in cui lo faceva sempre il Colonnello. “E’ un maschio. Starà marcando il territorio…”

 

Roy s’incupì ancor di più.

“Io non sono un suo territorio!” abbaiò, nero come un temporale estivo.

 

Tora s’era nascosto sotto l’imponente credenza, e seguiva da lì - molto attentamente - la loro discussione.

 

“Evidentemente il suo coinquilino non la pensa così. Obiettò ragionevolmente, godendo sadico dell’umore lugubre del suo superiore. E calcò bene su quel suo, per ottenere la soddisfazione di avere l’ultima parola.

 

“Non fa altro che pisciare ovunque!”

 

“E lei lo sgridi!” sbottò Edo, accalorandosi.         

 

“La fai facile, tu!”

 

“Lo punisca!” suggerì, ma sembrava più una sfida.

 

“Lo confinerò agli arresti domiciliari!” minacciò il militare, risoluto.

 

“Ma se non esce mai da questa casa!” contestò Edward, razionalmente, sorridendo un po’ sotto i baffi, per l’assurdità della discussione stessa.

 

“A pane e acqua!

Anzi, no! A lische e acqua, per punizione!” rincarò il Colonnello, partendo per la tangente.

 

“Le lische sono pericolose, potrebbero piantarglisi in gola e farlo soffocare…” lo ammonì, giudizioso.

 

“Non voglio che muoia, per carità! Ma almeno gli andranno di traverso!” esclamò Mustang, con vendicativa soddisfazione.

 

Ed sollevò un sopracciglio, sorpreso e un po’ infastidito dalle implicazioni di quel malaugurio.

“Farò finta di non averla sentita, Taisa… perché se mai succederà, dovrà fare i conti con me!” lo avvertì, improvvisamente serio.

 

“Ma ti rendi conto della gravità del fatto?”

 

“E lei si rende conto della gravità della sua affermazione?” lo rimbeccò, tenendogli resta.

 

“E poi mi morde!” recriminò di colpo il moro. “E ruba le mie cose dall’armadio!” cambiò discorso, indispettito, come talvolta fanno i marmocchi quando litigano tra loro. “Me le ritrovo in giro per casa, dove non dovrebbero essere!”

 

Il micio tigrato saettò tra loro, stanco di rimanere nascosto sotto la credenza; si diresse in prossimità di un altro mobile, non prima di aver afferrato il suo topino meccanico per strada. Edward lo seguì con lo sguardo, scuotendo le spalle come a dire che bisognava sopportare.
Quindi si rivolse all’uomo, reprimendo a fatica un sorrisetto sfacciato, perché vederlo così in difficoltà aveva un che di malvagio divertimento.

 

“I cuccioli sono come i bambini piccoli: rovistano dappertutto!”

 

“Sapere questo non mi aiuta…” lo schernì, sbuffando spazientito.

 

“Le strade sono due: o lei si adegua, con stoica rassegnazione, oppure gli fa capire chi comanda qua dentro, no?!

“E ti pare una cosa semplice?!” gridò, un’ottava al di sopra del suo tono abituale.

 

Il giovane Elric non si tenne più, facendo fiorire un piccolo, strafottente ghigno.

Non dovrei essere io, a ricordarle che lei passa la vita a comandare gli altri, signore.

Scandì bene, con lentezza, godendo di questa sua gratificante rivincita sull’Alchimista di Fuoco.

 

Roy imprecò sottovoce, arrabbiato con se stesso, con quel Fagiolo indisponente e con quel gatto screanzato.

“Sentiamo, Sapientone, dammi qualche consiglio!” sibilò, carbonizzandolo.

 

Ed non perse tempo a mettersi comodo, meglio approfittare delle rare occasioni in cui poteva cazziare il suo superiore, no?

“Primo” enumerò, sollevando l’indice dell’auto-mail, “è ancora picc- giovane,” si corresse “quindi si può educare, non è un caso disperato!”

 

Quello lì” e indicò un Tora ipotetico, visto che non sapeva dove s’era cacciato in quel frangente la bestiaccia “è ancora un cucciolo solo quando gli fa comodo!”

 

“Secondo,” tagliò corto il biondo, elevando anche il medio “andiamo con ordine!”

 

Mustang si ritrovò ad annuire, visto che non poteva fare altro.

 

“Non tutti i felini sono uguali, se Tora la morde, è perché ha un’indole indipendente, e quindi può sembrare scontroso. Altrimenti è lei che non sa relazionarsi in modo corretto.

 

Roy corrugò la fronte, contrariato dal velato rimprovero.

 

“Ciò non toglie” riprese Edo, con aria saputa “che lei possa renderlo più rispettoso nei suoi confronti.”

 

“Ma come?” s’interessò, davvero incuriosito.

 

“Eviti che quella tigre malcresciuta salga troppo in alto sui mobili, così non avrà la convinzione di possedere la supremazia territoriale…”

 

“E poi?”

 

“Lo ignori, ogni tanto. Lo rimetterà nei ranghi.”

 

Mh.”

 

“Non lo provochi, innescando la sua aggressività.

 

“E’ lui che mi provoca!” si difese il Flame, piccato.

 

“Potrebbe… usi il cibo come arma di ricatto.

 

“Questo no. Non posso farlo…”

 

Allora non si lamenti se in questa casa comanda il suo animale domestico!”

 

“Ma potrei sapere da dove ti deriva tutta questa Scienza Infusa?” lo punzecchiò.

 

“Ho preso seriamente il mio ruolo, io.” Rispose, con sussiego. “Mi sono informato. Ho letto.”

 

Tuttavia sappi, mio caro Fagiolino,” e calcò molto sul nome e sulla congiunzione, per farlo irritare e per tenergli testa “che neppure io sono rimasto con le mani in mano! Mi sono documentato!” esclamò, per non sentirsi inferiore.

 

Edward non si diede pena di sembrare sorpreso, per non dargli soddisfazione.

 

“E c’è un’enorme falla, nel tuo ragionamento!” aggiunse Mustang, sfoderando uno dei suoi soliti ghigni irritanti. “I gatti, a differenza dei cani, non hanno una struttura sociale, anche se possono vivere in colonie. Ne consegue che non hanno né gerarchie né rituali di dominanza!”

 

“E allora si tenga Tora così com’è.” Si risolvette Edo, imperturbabile.

 

“Non se ne parla proprio…”

 

“Indi per cui, s’ingegni lei!”

 

Tzè! Scaricabarile…”

 

“Non starà pensando di rivolgersi ad un esperto perché lo educhi!”

 

“E’ un gattino, non un neonato! Non sarà poi così-”

 

“Se lei è incapace di farsi rispettare da un cucciolo, non oso pensare a quando diverrà padre…” malignò, di proposito.

 

Il Colonnello incassò, muto. Ma Ed non poteva sapere che...

 

“Anzi! Le dirò di più! Con la vita sregolata che fa, è ovvio che il micio ne risenta!” e in quelsregolata’ ci aveva messo tutto il suo disprezzo per la condotta disdicevole del Taisa, a partire dal suo scarso impegno sul lavoro – quel suo essere così sfacciatamente un lavativo lo mandava letteralmente in bestia!; alla rosa sempre fresca delle sue conoscenze femminili, con cui amava sollazzarsi, senza un minimo di decenza né discrezione.

Il suo sguardo di biasimo parlava da solo.

 

Giusto in quel mentre, il micetto zampettò da sotto il divano, trascinandosi dietro un piccolo indumento di cotone.

Edo lo raccolse.

Uno slip microscopico. Tutto rosa, pizzo e merletti.

 

Il suo sopracciglio destro s’acuì.

“Lei ha una sorella?” s’interessò, ironico. Sottilmente sprezzante.

Senza scenate. Fin troppo pacato.

 

Roy gemette di frustrazione. Che cazzo di scusa poteva inventarsi?

Ogni giustificazione sarebbe parsa un insulto alla sua intelligenza.

 

Sepolto sotto quintali di letame. Ecco come si sentiva.

 

“Me ne vado. Forse la proprietaria sta per tornare.” E non attese replica.

Se ne uscì piano. Senza sbattere la porta. Ma era come se l’avesse fatto.

 

 

Fine



Disclaimers: I personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.

 

Note varie: so che il finale è un po’ una provocazione… per chi parteggerete? Roy? Ed? …o Tora? XD
Capitolo ambientato qualche mese dopo l’inizio, è certamente prematuro pensare ad una possibile gelosia inconscia di Edward… oppure no? Mah.

 

La storia della pipì di gatto addosso a Roy, per rimarcare il territorio, è tratto da uno scorcio di vita vissuta. (Non da me, altrimenti non sarei qui a riderci su^^ …e avrei fatto pelliccia di quello sfrontato! è_é)

 

La cazziata è una sequela di rimproveri e improperi, specialmente nel gergo delle caserme e pubblici uffici. Da cui il verbo ‘cazziare’.

 

La parte sulle teorie e consigli esposti da Ed e Roy è presa da manuali di allevamento di felini e interventi di veterinari comportamentisti. Ciò non toglie che io abbia voluto fare un gran minestrone di tutto, quindi non applicateli sulle vostre bestiole. Non so quanto siano effettivamente efficaci!

 

Il titolo: va interpretato sia in senso letterale che figurato, per campi semantici.

Le lische sono comunemente associate al cibo dei gatti, anche se (come giustamente afferma Ed) è solo una diceria che i gatti amino le lische di pesce. Sono pericolose! Si possono piantare in gola e farli soffocare…

Gli ‘scheletri nell’armadio’ lo sapete che cosa sono, ma mi piace pensare che i segreti del Taisa vengano fuori per colpa di Tora… che sia per questo che Roy si è poi rifiutato di farlo entrare in camera da letto?! XD Non è mica piacevole vedere i propri ‘scheletri nell’armadio’ uscire da suddetto armadio e vagare per casa, giusto?

Senza contare che la mia testolina malata ha fatto un’associazione alquanto bizzarra: gli scheletri sono fatti di ossa à le ossa sono il cibo associato a loro volta ai cani (altra convinzione non del tutto corretta: certi ossi non vanno dati, tipo quelli di pollo, perché si spezzano e potrebbero conficcarsi in gola), ossa à cani à cani dell’esercito àquei due testoni.

Non chiedetemi come mi sia uscita ‘sta cosa O__O.

Credo di avere disperatamente bisogno di un weekend di riposo! >.<

 

Il colore richiama malamente l’avorio delle spine di pesce e ‘lo scheletro’ rosa, di pizzo. ^^


Precisazioni al capitolo precedente:

Per Chiara: se avessi saputo come contattarti in pvt, ti avrei scritto, comunque la casa a cui si riferisce Roy è quella natia di Ed, che lui è Al hanno bruciato, quando hanno deciso di entrare nell’esercito e riavere quanto perso.

 

Per Ayako: sono felice che il tuo ‘in the mood’ giusto sia arrivato, vediamo cosa dice di questo cap! ^__^

 

A Dimea ho già risposto in pvt, non credo vi interessi quanto sono vecchia, no? XD

 

Ecco, ho aggiornato prima del solito. Tra qualche giorno, il terzo omake, come già anticipato.

Oki. Credo sia tutto… in caso, sapete come contattarmi… ^____^



Grazie di cuore ai lettori affezionati e a quelli nuovi, per le vostre adorabili recensioni.
Con particolare gratitudine a chi si è preso la briga di commentare anche gli arretrati.
Io vado avanti a postare, poi voi vi metterete in pari, ok? ^__=

Come sempre, sono graditi commenti, consigli e critiche.


Grazie (_ _)

elyxyz

 

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Capitolo 22
*** Quando adotti un cucciolo, preparati ai suoi guai... (omake n°3) ***


Doppio drabble (200 parole esatte)

Doppio drabble (200 parole esatte)

 

Note: il seguente scritto contiene lievi riferimenti yaoi.

Per ulteriori spiegazioni, vi rimando alla conclusione della fic.

 

 

Piccolo omake, il terzo di cinque.

Dedicato a chi ha commentato i precedenti capitoli della raccolta.

Grazie.

 

 

 

Quando adotti un cucciolo, preparati ai suoi guai...

 

 (omake n°3)

 

 

by elyxyz

 

 

 

 

“EEEdwaaard!!” l’ululato disumano fendette l’aria, dalla lavanderia in cantina fin dentro l’appartamento del secondo piano, passando per la tromba delle scale.

Mustang s’inerpicò per la rampa, procedendo come una furia a passo di carica, cesto della biancheria pulita sottobraccio.

I guanti!

I SUOI GUANTI!!

I suoi splendidi guanti alchemici finiti nella stessa lavatrice con l’impermeabile rosso, per colpa di quell’incosciente!

E adesso erano diventati di un orrido rosa antico; sbiadito, per giunta.

 

“Cosa c’è?!” ruminò Ed, sorpreso dal tono irritato, interrompendo la tritatura delle cipolle.

 

- Frattanto Tora giocava, rotolando un bulbo ancora integro sul ripiano accanto. -

 

Acciaio si girò verso il compagno, coltello ancora in mano; e mentre le palpebre bruciavano incredibilmente, tirò su col naso.

Dannati ortaggi irritanti!

 

Roy deglutì a vuoto, osservandolo dalla soglia della cucina.

L’espressione affranta, i lucciconi che gli rigavano le guance arrossate.

E a dirla tutta… anche la lama affilata che brandiva… era un ottimo deterrente.

 

“Credo… credo di aver sbagliato a smistare i capi della lavatrice…” sussurrò, nascondendo i guanti dietro la schiena, decidendo di custodire il suo malumore per sé. “E spero che la signora Nismet guarisca presto…” desiderò, stabilendo che fosse più saggio girare al largo per un po’.

 

 

Fine



Disclaimers: I personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.


Note varie: parto dal colore del titolo. Al di là dell’accostamento orrido, palesemente senza gusto estetico, la seconda parte voleva richiamare il color rosa antico sbiadito. ^__=

 

Precisazioni al capitolo precedente: avete ragione quando dite che Roy e Ed sembrano un po’ due bimbi che bisticciano. Mi mancavano un po’ le scenette pre-dichiarazione!

Dal canto mio, ho dubitato che la scentata-non-scenata di Edo puzzasse troppo di gelosia inconscia. E invece sono contenta che abbiate pensato che Ed si può comportare benissimo così, deprecando il comportamento di Roy, a prescindere da un’eventuale coinvolgimento emotivo.

Come ho già detto ad alcuni, il finale sa di ‘non-finito’ e il rimanere lì, davanti allo schermo un po’ frastornati dagli eventi, è esattamente ciò che volevo. Con quel retrogusto amaro che dovrebbe sentire Roy in bocca.

Forse, se Edward avesse sbattuto la porta, uscendo, sarebbe stato meglio. Senza il ‘forse’, sarebbe stato DI CERTO meglio.

Volevo che il lettore assaporasse lo smarrimento di Roy, a cui gli eventi sono sfuggiti di mano.

Detto questo, il cap. 23 sarà la continuazione, (non diretta) dell’evento… e vedremo cosa succederà! ^__^

Riguardo alla domanda sul comportamento di Tora: il comportamento del gatto può anche rimanere latente per un certo tempo. La storia del micio che morde, per esempio, è tratto da un articolo che ho letto, e il felino in questione aveva 10 mesi. Poi ho riportato alcuni consigli del veterinario, esposti in merito...
Ad ogni modo... non è che Tora prima fosse un santo, è che Ed è capitato in un momento in cui il Taisa è uscito dai gangheri!! XD

 

Dimenticanza: nel cap. 19, MIAO!, ho scordato di precisare che Roy è in ginocchio non solo per sfacciata romanticheria, ma anche per essere al livello di Ed… lui chinato sul pavimento e l’altro seduto sul divano… che almeno riuscissero a guardarsi negli occhi! ^__^

E la cosa dolce, sempre nella mia testa, è che Mustang non glielo fa pesare… cioè… aveva deciso quasi inconsapevolmente di piegarsi perché fossero sullo stesso piano, perché gli occhi di Ed potessero specchiarsi nei suoi… ohhh… Dio! Che smieloneria acuta…>.<

 


Oki. Credo sia tutto… in caso, sapete come contattarmi… ^____^



Grazie di cuore ai lettori affezionati e a quelli nuovi, per le vostre adorabili recensioni.
Una particolare menzione a Shatzy, per la consulenza preziosa.^*^

Come sempre, sono graditi commenti, consigli e critiche.


Grazie (_ _)

elyxyz

 

Storia partecipante al Contest 100 Prompts

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Capitolo 23
*** Litigi fra cuccioli (Far Cagnara) ***


“Taisa…” lo chiamò Havoc,

Note: il seguente scritto contiene lievi riferimenti yaoi.

 

Questo chappy è la continuazione (non diretta) del capitolo 21,Lische di pesce e scheletri nell’armadio’.

 

Per ulteriori spiegazioni, compreso il titolo, vi rimando alla conclusione della fic, dopo la lettura.

 

 

Dedicato a chi ha commentato i precedenti capitoli della raccolta.

Sono felice che il terzo omake vi sia piaciuto.

Grazie.

 

 

 

Litigi fra cuccioli (Far Cagnara)

 

by elyxyz

 

 

 

 

Taisa…” lo chiamò Havoc, mordicchiando pensoso il filtro della sua immancabile sigaretta. Roy sollevò stancamente le iridi nere dal fascicolo che stava leggendo.

 

“Signore, mi scusi…” si trattenne quasi, fissandolo.

Mustang aveva uno sguardo sfatto e due profonde borse scure sotto gli occhi, segno che non aveva dormito granché la notte precedente e probabilmente nemmeno quella prima. Una nuova fiamma? “Mi può dire perché Edward è così nervoso? Lei ne sa niente? Avete litigato?” domandò, sondando la sua espressione.

 

In un altro frangente, avrebbe ricordato al Sottotenente che sarebbe stato più saggio coltivarsi il suo orticello di cavoli propri, anziché curiosare nelle rogne altrui. Tuttavia…

L’Alchimista di Fuoco si limitò ad esalare un lungo respiro, sperando che il suo sottoposto non osasse insistere. Speranza vana.

 

“In mensa mi è sembrato che la evitasse di proposito… cioè, non che mi riguardi, beninteso, ma l’occhiataccia che le ha lanciato era degna di lei, l’avrebbe incenerita di sicuro!” chiocciò, in vena di pettegolezzi. “Al è venuto da me – un tantino preoccupato - a chiedermi se avete discusso più del solito, voi due…”

 

Dove avrebbe trovato una risposta politicamente corretta?

Posò la sua stilografica a lato del foglio, incrociando le dita sotto al mento, con voluta lentezza, prendendosi il tempo di farlo aspettare.

“Sono felice che tu sia diventato il confidente del giovane Alphonse, Sottotenente Havoc. Ciò non toglie che gli screzi disciplinari tra me e il Maggiore Elric non rientrino tra le vostre disquisizioni o competenze.” Precisò, dannatamente serio e letale.

 

Ci mancava solo che le loro discussioni private divenissero di dominio pubblico all’interno del Quartier Generale!

 

“Ti pregherei, se non interrogato, di tenere per te le tue elucubrazioni sui possibili tormenti di Acciaio, intesi?” lo freddò, impugnando nuovamente la penna.

 

Jean imbrigliò il proprio disappunto, piantando gli incisivi nella slim. Anche il malumore del Taisa era peggiorato!

Eppure la faceva facile, lui! Al era davvero addolorato per l’umore nero di suo fratello, e a tutti dispiaceva che quei due testoni avessero litigato.

Persino il Tenente Hawkeye era un po’ impensierita, dalla piega che avevano preso gli eventi.
Era risaputo, tra l’équipe del Colonnello, che l’allevamento congiunto di quel gattino randagio aveva giovato sia al Maggiore che al Taisa.
Come sosteneva Alphonse, Edward aveva bisogno di un adulto che lo guidasse, una figura paterna di riferimento, e il Flame Alchemist, suo malgrado, incarnava quella presenza.

E a Mustang, senza dubbio, dimostrarsi più adulto e responsabile non avrebbe fatto di certo male, no?

Del resto… non era stato forse lui, in quel giorno lontano di tanti anni addietro, ad andare fino a  Resembool da Edo-kun, e a convincerlo ad unirsi a lui?

Inutile dire che i ragazzi avevano sempre tifato di nascosto perché quei due muli andassero maggiormente d’accordo, per il bene di tutti, ovviamente. Per quei due, in primis, e per la pace in ufficio, come piccolo tornaconto personale.

 

Intesi, Sottotenente?” ripeté l’Ufficiale, infastidito per non aver ottenuto pronta risposta.

 

“Signorsì, signore. Non nominerò più il malumore di Edward Elric, signore!” e scattò sull’attenti.

 

E, come evocato, dal nulla comparve l’oggetto della loro discussione. Non prima di aver bussato con due colpi secchi - Jean avrebbe giurato che fossero stati provocatori -, spalancato la porta dell’ufficio del Colonnello, e sbattuto di malagrazia il suo ultimo rapporto sulla ronda che aveva compiuto fuori città; senza degnarli di un minimo saluto, perlomeno doveroso, al suo diretto superiore.

 

“Il resoconto che voleva.” Chiarì lapidario, e girò sui tacchi, pronto a congedarsi privo di permesso.

 

Mustang raccolse tra le mani il dossier, e lo posizionò tra le carte ancora da visionare, senza fiatare.

 

Havoc li osservò, zitto, mentre la cenere grigia gli sporcava la divisa.

Quando Edward mise la mano sul pomolo d’ottone, per uscire, si risvegliò di colpo.

Non sapeva perché quei due asini – col dovuto rispetto – fossero arrivati ai ferri corti, ma di certo non si sentiva a suo agio in quella stanza dove la tensione si tagliava col coltello.

 

“Ed, aspetta!” lo richiamò d’istinto, sollevando una mano nella sua direzione. Elric si voltò, sorpreso, verso di loro. “Ehm…” deglutì.

E adesso che cazzo s’inventava? “Vorresti…” lasciò vagare lo sguardo per la stanza, in cerca di qualunque appiglio. L’orologio sulla parete batté le cinque. “Un the!” gridò quasi, gioendo interiormente. “E’ l’ora del the. Lo sai che il Colonnello beve sempre il suo the, a quest’ora. Vuoi un po’ di the anche tu?” Ripeté, infilando per la centesima volta la parola the, nelle sue frasi.

 

Fullmetal assassinò la sua timida sbirciata speranzosa.

“Ti ringrazio, Jean.” Si sforzò di essere educato, impostando un tono civile. “Ma la trovo un’usanza da vecchie signore. Malignò, scoccando al Flame un’occhiataccia che la diceva lunga. “E non credo che Taisa Mustang trovi di alcuna utilità bere del the in compagnia di un altro uomo.”Articolò a denti stretti, sprezzante.

 

Havoc scosse la testa, esasperato. Beh, almeno ci aveva provato...

 

“E chi ti dice che invece io non voglia la tua compagnia?!” sbraitò Roy, sbattendo i palmi guantati sul ripiano liscio dello scrittoio, alzandosi in piedi di scatto. La sedia si rovesciò all’indietro, con un tonfo sordo.

 

Edward girò su se stesso, per affrontarlo.

“Lo dico IO!” sibilò, ma nel suo intento lo stava gridando.

 

Havoc! Vattene! Io e il Maggiore dobbiamo chiarire un paio di cose!” ordinò, imperioso, senza però levare gli occhi da Ed.

 

“Sottotenente resti! Io e il Colonnello non abbiamo nulla da dirci!” lo contraddisse un istante dopo Fullmetal, ritornando però sui suoi passi e fronteggiando l’Alchimista di Fuoco da sotto in su.

 

“Io ho detto che può andare…” ringhiò Mustang, a una spanna da Edward.

 

“E io che deve rimanere…” soffiò il biondo, col medesimo tono.

 

“Qui dentro comando io!” latrò.

 

Acciaio esplose in una risata sarcastica e falsa. “Oh, sì! Qui forse comanda lei!, visto che a casa non riesce a farsi ubbidire neanche dal suo gatto!”

 

Havoc valutò se la scrivania fosse sufficiente o meno per separarli abbastanza, poi uscì di soppiatto dall’ufficio, senza farsi vedere.

Non che ci volesse poi molto, erano così immersi a sputarsi addosso recriminazioni a vicenda, che non avrebbero notato nemmeno la presenza della Pietra Filosofale, se fosse stata per caso nella stanza.

Quando chiuse la porta dietro le proprie spalle, esalò un lungo sospiro. Che fosse saggio lasciarli lì, da soli?

Non che lui si sentisse poco coraggioso, beninteso, ma se dovevano scannarsi, e poi ci scappava il morto, lui non voleva dover testimoniare contro uno dei suoi due superiori… e che si sfogassero, per la miseria! Così avrebbero smesso di tenersi il broncio, come i pivelli delle elementari…

 

Jean si riprese da queste sue elucubrazioni, si accese un’altra sigaretta e iniziò ad origliare. Ma solo per dovere morale, ovvio. Nel caso in cui fosse dovuto intervenire, per dividerli, ad esempio.

Alphonse in quel momento era nell’altra ala del Quartier Generale, quindi troppo lontano per chiamare i rinforzi.

E non c’era mica da scherzare tanto! Il Colonnello indossava i suoi guanti e Edo-kun poteva trasmutare il suo auto-mail in un’arma contundente in ogni momento!

Sì, senza dubbio era un suo dovere spiare quelle due teste calde.

 

“Smettila di fare il bambino!” stava sbottando Mustang, esasperato.

 

“E lei sarebbe l’adulto della situazione?!” fu l’ironica risposta.

 

“Ti eri accollato un impegno, e invece l’altra sera non sei venuto!” si risentì, polemico.

 

“Aveva del cibo di scorta. Non sarà sicuramente morto di fame!” Precisò, caustico.

 

“Il punto è che hai mancato ad un tuo preciso impegno!”

 

“Io non ho firmato nessun contratto con lei, mi pare!” lo avvertì, quasi sul punto di rottura.

 

“Questo vuol dire che il nostro accordo è infranto? Che non verrai da me, stasera, a portare il latte fresco?”

 

“Al si è offerto di recapitarglielo al mio posto, io ho un impegno. Mentì, e neanche tanto bene.

 

“Non hai più intenzione di venire a casa mia?” Mustang arrivò al dunque.

 

Acciaio boccheggiò, senza sapere che dire.

 

“Cosa dirò a Tora, quando non ti vedrà più?” domandò, con espressione ferita e disillusa.

 

“Non avevo cognizione che lei sapesse parlare il felinese.” Ironizzò acre, per non biasimarsi.

 

Eppure non ci riuscì, anche se si era convinto di essere nel giusto. Cercò quindi di far sentire in colpa anche Roy, benché sapesse che era una mossa alquanto meschina.

 

“E’ venuta, poi, la sua amichetta a riprendersi le sue cose?” si informò, un misto di falso interesse e risentimento.

 

Havoc fu costretto ad interrompere l’ascolto, perché dei passi veloci si stavano avvicinando.

Si mise di guardia, come un bravo piantone. Fece il saluto militare al Generale di Brigata Vattelappesca e, quando questi svoltò l’angolo, riprese a sorvegliarli.

 

“A casa mia, faccio ciò che voglio!” sentì gridare il Colonnello. Ma come erano arrivati a quel concetto?

 

“Mai detto il contrario! Ma se a me dà fastidio, non può obbligarmi a venire!”

 

Ahi, ahi! Le cose si stavano mettendo male...

 

“Avevi promesso che lo avresti allevato con me! Ti rimangi la parola data?”

 

Se Mustang stava giocando la carta dell’orgoglio, erano arrivati alla frutta. Realizzò, rimpiangendo la quiete delle settimane addietro… finora era andato tutto troppo liscio…

 

Un’inserviente passò con lo scopettone, perciò si riposizionò di vedetta, a malincuore. Anche perché i discorsi andavano avanti, là dentro, senza aspettare i suoi comodi.

 

“Non mescoliamo il mio onore e il suo gatto!” precisò Edo, fuori di sé.

 

“Ah! Perché adesso hai deciso che non è più…” tuo?

 

La loro ultima discussione era partita esattamente così, qualche sera addietro. E a cosa aveva portato?

 

“Mi dispiace.” Sussurrò l’uomo, chinando il capo.

Di cosa rammaricarsi, esattamente, non lo sapeva neppure lui.

 

Edward aprì e chiuse la bocca. A corto di parole.

“Anche a me.” Esalò alla fine di un silenzio che gli era parso eterno.

 

“Non avremmo dovuto-”

 

“No. Non avremmo dovuto.” Ripeté Ed. Come se quella frase condensasse tutte le loro colpe e le cattiverie che si erano lanciati contro.

 

Giusto pochi istanti dopo che aveva ripreso ad ascoltare, dei nuovi passi obbligarono Jean ad assumere una posizione congeniale al suo essere una recluta.

Il Maggiore Armstrong si avvicinò imponente, accompagnato dalla sua leggendaria massa di muscoli.

“Salve, Sottotenente! Splendida giornata, non trova?” lo salutò, come sempre gioviale.

 

Il biondo pensò con ironia alla guerra che si stava combattendo oltre il muro che aveva alle spalle, e non trovò nulla di splendido, in quel dì.

Tuttavia annuì, per evitare che l’Alchimista Nerboruto lo subissasse di domande.

 

“Devo consegnare questi documenti al Taisa Mustang,” lo avvisò. “Potresti spostarti dalla porta, per cortesia?”

 

La sigaretta gli cadde di bocca,  non riuscì a catturarla con le labbra.

Scosse la testa, in segno di diniego, prima di inventarsi l’ennesima bugia della giornata.

“Il Colonnello è molto impegnato; mi ha espressamente chiesto di non far entrare nessuno, signore. Si scusò, sembrando quasi contrito, ma irremovibile.

 

“Capisco, tuttavia sono molto urgenti, ed è stato Mustang-san in persona a richiederli, appena fossero stati pronti.”

 

Jean si frappose con un gesto fulmineo tra il legno dell’entrata e il suo superiore.

“La prego, Maggiore! Mi metterà nei guai, se entrerà adesso!”

 

Armstrong parve rifletterci. Poi gli porse il plico di fogli, dandogli un’amichevole manata sulle spalle che lo fece abbassare di tre centimetri buoni.

“In tal caso, consegnaglieli tu, appena sarà possibile. Si lisciò i baffoni e scomparve da dove era venuto.

 

Lo osservò per qualche istante, la gola secca.

Accidenti! Aveva mentito! Aveva deliberatamente ingannato un suo superiore!!

Poteva finire sotto Corte Marziale! E per che cosa? Per quelle due capre?

Sperava ardentemente che almeno fosse servito a qualcosa…

 

Appoggiò l’orecchio sul legno. Ma dall’interno non proveniva più alcun rumore.

Ma che cavolo...?

Si chinò di più, sbirciando attraverso la serratura.

 

“Sottotenente Havoc!” fu richiamato.

 

Il soldato sussultò impreparato, sgamato nientemeno che dal Primo Tenente del suo Colonnello.

Maledì la sua camminata così leggera e letale, e ringraziò che non fosse un suo nemico. Molti uomini erano morti, ancor prima di accorgersi anche solo della sua presenza.

Riza Hawkeye sostava davanti a lui, un vassoio con teiera fumante e tazzine in mano.

 

“Stanno ancora litigando?” gli chiese, come se fosse un’informazione burocratica. E lei come faceva a sapere che...?

 

“Non sento più nulla!” si trovò a confessare, con una punta di panico.

 

“Mi apriresti la porta? Devo entrare.” Gli suggerì, ma era un comando.

 

“Veramente, non è prudente…” tentò di dissuaderla.

 

Lei sorrise, uno di quei rari sorrisi che concedeva solo nei momenti da festeggiare.

“E’ stato il Taisa a chiamarmi con l’interfono, pochi istanti fa. Lo tranquillizzò, annuendo in direzione della maniglia. “Mi ha chiesto di servire il the per sé e per il suo ospite.

 

A lui non rimase altro che spostarsi di lato, facilitandole l’ingresso. E solo quando gli passò accanto, notò che le tazze erano due, una con latte e l’altra senza.

 

Sorrise tra sé. Almeno quella burrasca era passata.

 

 

Fine



Disclaimers: I personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.


Note varie: parto dal colore del titolo.
Il rosso è il colore dell’ira, comunemente risaputo. E in questo capitolo quei due sono particolarmente irosi.

Il titolo riassume la parte infantile di quei due. Per buona parte della litigata, si sono rinfacciati le cose come i bambini quando bisticciano.

 

‘Far cagnara’ e ‘pomolo’ sono due termini della lingua italiana e non dialettali, benché possa sembrare il contrario. Il primo sta ad indicare uno stato di profonda confusione, dovuta a festeggiamenti o litigate; il secondo, invece, è sinonimo di ‘pomello’, oggetto di forma tondeggiante da impugnare, fissato all’estremità di una cosa. Tipo la maniglia, (che, ho controllato, nell’anime le porte del Quartier Generale dell’Est  hanno il pomolo! ^__^); si dice anche pomolo di una spada, giusto per completezza. ^_________^

 

La frase in cui Roy invita Ed a prendere un the con lui è ispirata direttamente ad una medesima scena del vol.2 del manga originale.

Da canto mio, resto convinta che una cosa così succeda anche nell’anime, ma (come ben qualcuno sa), malgrado le ricerche non ne sono venuta a capo. Prima o poi mi rivedrò le 51 puntate e la scoverò! >.<

 

Precisazioni al capitolo precedente: Io credo che Roy sia stato un tontolone… dopo la sua urlata furiosa, ha visto Ed coi lucciconi e il coltello in mano. E credo non si fosse reso conto che Mame-chan non ce l’aveva con lui, ma fosse solo colpa delle cipolle! XD

sempre meglio essere comunque prudenti e stare alla larga, no?! ^__=)

 

Rispondendo a Chiara: no, non è un caso. Tutti i cinque omake sono ‘guantocentrici’. Mi stavo giusto chiedendo quando qualcuno se ne sarebbe accorto! ^___^

Riguardo alla domanda sulla frase: “- Frattanto Tora giocava, rotolando un bulbo ancora integro sul ripiano accanto. – ” è messa esattamente così perché è un inciso. (Un pezzo a sé stante, che potrebbe anche non esserci, all’interno di un periodo più lungo). E’, nella fattispecie, un frammento di contemporaneità: mentre Ed lavora, Tora gioca lì vicino. Spero di essermi spiegata^^’’

 

Se volete ridere... la vendetta della lavatrice mi ha colpita!!!

Ho steso una lavatrice di jeans, e dentro c’erano dei miei slip dimenticati dal lavaggio ‘di bianco’ precedente. Ora sono blu slavato >_________<

Roy starà ghignando di me!


Oki. Credo sia tutto… in caso, sapete come contattarmi… ^____^



Grazie di cuore ai lettori affezionati e a quelli nuovi, per le vostre adorabili recensioni.
Una particolare menzione a Shatzy, per la consulenza preziosa.^*^

E ringrazio chi mi ha espresso le proprie impressioni dopo aver visitato il mio blog neonato, (i lavori sono in corso).
Se lasciate un parere o un saluto, non mi offendo mica! ^__=

http://foxelyearth.spaces.live.com/default.aspx


Come sempre, sono graditi commenti, consigli e critiche.


Grazie (_ _)

elyxyz

 

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Capitolo 24
*** Quando adotti un cucciolo, preparati ai suoi guai… (omake n°4) ***


Doppio drabble (200 parole esatte)

Doppio drabble (200 parole esatte)

 

Note: il seguente scritto contiene lievi riferimenti yaoi.

Per ulteriori spiegazioni, vi rimando alla conclusione della fic.

 

 

Piccolo omake, il penultimo.

Dedicato a chi ha commentato i precedenti capitoli della raccolta.

E per ringraziare le 40 persone che hanno messo questa storia nei loro ‘preferiti’.

Grazie.

 

 

 

Quando adotti un cucciolo, preparati ai suoi guai...

 

 (omake n°4)

 

 

by elyxyz

 

 

 

 

Roy indossò la divisa d’ordinanza nella penombra della camera da letto, per non svegliare Edward che ancora riposava saporitamente, perché avrebbe iniziato il proprio turno solo più tardi.

Sorrise con tenerezza, era sempre bello ascoltare il suo Fagiolino dormire.

 

Accarezzò i rilievi alchemici sul palmo, come sempre faceva d’abitudine. Eppure…

Ripassò con maggior attenzione il contorno sul guanto sinistro, e qualcosa non gli tornava…

Si avviò alla finestra del salotto per appurare meglio, mentre un Tora assonnato lo adocchiava dalla cesta.

Al posto del suo simbolo abituale, ne risultava una brutta copia approssimativa, con vaga sembianza di un cuore stilizzato, inscritto nel cerchio alchemico; e il classico animaletto, la salamandra di fuoco che lo rappresentava, non aveva più quattro zampe, ma sei! Sostituito da quella che sembrava tanto una formichina malridotta…

 

Una vena pulsò pericolosamente sulla sua tempia, mentre si avviava a chiedere spiegazioni al bell’addormentato.

 

Mentre stava per svegliarlo bruscamente, rammentò quell’infelice pugno che s’era beccato, tempo addietro.

Chiamò quindi Edo da una distanza di sicurezza, finché non ottenne un’attenzione decente da parte sua.

 

“Ho scucito il disegno per errore,” borbottò, sbadigliando “perché il filo s’è impigliato nell’auto-mail, e ho rimediato.” Si giustificò, risprofondando poi nel sonno. Argomento chiuso.

 

 

Fine



Disclaimers: I personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.


Note varie: Parto dal colore del titolo. Al di là dell’accostamento nuovamente orrido, la prima parte accomuna ogni titolo dei cinque, e non si tocca è_é; il rosso è il pezzo sui guanti di Roy, (talvolta i suoi simboli sono neri, talaltra rossi) e poi il nero alternato al giallo è il colore proprio della salamandra, anche se ne esistono numerose varianti.

 

La salamandra, per chi non lo sapesse, è un piccolo anfibio simile a una lucertola, creduto capace di vivere nel fuoco. Nell’antichità si attribuiva loro la facoltà di poter passare indenni attraverso le fiamme. Povere bestiole! >.<

 

Anche nel tatuaggio sulla schiena di Riza, in basso, compare il medesimo animale, se ne deduce quindi che rappresenti l’Alchimia di Fuoco, di cui ora Roy è l’ultimo custode.

 

Per quelli di voi che hanno l’impressione che, alla fine, sia sempre Eda vincere’… beh, avete ragione! XD Ma le cose potrebbero cambiare presto! *__*

 

Precisazioni al capitolo precedente: Sono felice che Havoc abbia avuto la sua parte di gloria! ^__^

Per Tao:The’ è una forma meno usata, variante del più comune ‘tè’, ma non scorretta. In origine era un francesismo, derivante da ‘thé’.

‘Tea’, invece, è inglese.

Per Chiara: A me non dispiace se, oltre ai commenti, esprimete qualche domanda.

Il punto è che la cosa sarebbe a vostra discrezione: se è un quesito che potrebbe interessare un po’ tutti, vale la pena chiedere nella recensione, e ottenere risposta.

Se è una curiosità o un dubbio personale, allora forse è il caso di contattarmi in pvt: elyxyz@alice.it

 

Oki. Credo sia tutto… in caso, sapete come contattarmi… ^____^



Grazie di cuore ai lettori affezionati e a quelli nuovi, per le vostre adorabili recensioni.
Una particolare menzione a Shatzy, per la consulenza preziosa.^*^

Come sempre, sono graditi commenti, consigli e critiche.


Grazie (_ _)

elyxyz

 

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Capitolo 25
*** Gatto nero, gatto bianco. Al buio, tutti i gatti sono neri. ***


Note: il seguente scritto contiene riferimenti yaoi

 

Note: il seguente scritto contiene riferimenti yaoi.

Per ulteriori spiegazioni, compreso il titolo, vi rimando alla conclusione della fic, dopo la lettura.

 

 

Siamo arrivati a metà strada. Da qui è tutta discesa, verso il 50° capitolo.

Questo chappy è pronto da mesi, tenuto in caldo per il giro di boa,

...e per ricordarvi che l’emozione non è finita.

 

E’ tutto dedicato ad ognuno di voi:

A chi segue dall’inizio,

A chi si è perso per strada,

A chi si è aggiunto dopo, ma ha recuperato.

Grazie.

 

 

 

Gatto nero, gatto bianco. Al buio, tutti i gatti sono neri.

 

by elyxyz

 

 

 

 

 

Edward era diverso, da un po’ di tempo.

Mustang se n’era accorto già da qualche giorno, ma continuava a fare finta di nulla, in attesa che fosse il biondo a decidersi a parlarne con lui, qualunque cosa fosse a preoccuparlo.

 

Anche quella serata era strana. Ed che studiava la stessa pagina per ore, senza cambiare mai. Con un’aria così assorta da solidificarsi davanti al suo naso.

 

Roy sbadigliò, informandolo che stava per andare a letto.

 

“Finisco di leggere questa facciata.” Gli aveva risposto, concentrato, quasi fosse stato vero.

 

E a lui non era rimasto altro che adempiere alle solite cose di routine, prima di coricarsi.

Controllò che il gas fosse disattivato, diede un’occhiata d’abitudine a Tora, che era già nel mondo dei sogni felini, testimoniato dal suo beato “Ron-ron”, e ispezionò tutte le porte e le finestre di casa, sincerandosi che fossero chiuse, anche se dubitava fortemente che qualsiasi ladro sano di mente avrebbe mai avuto l’ardire di svaligiare un’abitazione in cui risiedevano due Alchimisti di Stato...

 

Quando varcò la soglia della camera da letto, s’accorse con stupore che Edo era già lì, sotto le coperte.

 

Si cambiò in fretta, svestendo l’abbigliamento da casa e limitandosi ad una pratica canotta e pantaloni del pigiama.

Quell’estate anticipata aveva colto un po’ tutti di sorpresa, ma non che fosse cosa sgradita.

Le belle giornate, tiepide o addirittura calde, invogliavano i suoi uomini nelle esercitazioni, e lui era stanco di pioggia. Sentiva ancora l’umidità, della primavera appena passata, nelle ossa.

 

Lascio la finestra socchiusa?” domandò, anche se nella stanza la temperatura era ideale.

 

“Io sto bene. Vedi tu.” Si sentì dire, mentre Edward spegneva la luce dal proprio lato del letto.

 

Roy scosse la testa rassegnato.

Lui stava benone, così. Ma era Ed che si ostinava a portare sempre una maglia a maniche lunghe, da quando dormivano assieme.

No. Non da quando dormivano assieme. Ma dopo.

Da quando si erano messi assieme.

 

Acciaio aveva l’assurda convinzione che il suo auto-mail potesse dargli fastidio nel sonno, o che la sensazione di freddo che emanava fosse sgradevole per lui.

A nulla erano valse le sue rassicurazioni.

Perché quando Edward Elric s’intestardiva, niente lo smuoveva più.

 

Mustang s’addentrò sotto le coltri leggere, diminuendo la distanza tra loro. Eppure non era la lontananza fisica a spaventarlo, bensì quel muro sottile ma pericolosissimo che sentiva ergersi attimo dopo attimo, sempre più saldo.

 

“Posso abbracciarti?” si ritrovò a chiedere in un sussurro, quasi temendo un rifiuto.

 

Un rifiuto preannunciato dalla quiete opprimente e da una risposta che non arrivava.

 

“Certo.”

 

L’uomo riprese a respirare, eppure sentiva il sangue pulsargli in gola, accelerato dalla paura.

Se Edward si fosse interessato davvero a lui, in quel momento, sarebbe stato impossibile nascondergli il battito impazzito del proprio cuore.

Ecco il potere che quel ragazzino aveva su di lui.

Il potere di annientarlo con una parola o un silenzio.

 

Attese che le palpitazioni si normalizzassero, e se lo strinse addosso, torace contro schiena.

E a volte ancora si stupiva di come i loro due corpi combaciassero così alla perfezione.

Neanche un frammento a dividerli, almeno in quell’illusione fisica in cui tutto andava bene.

 

“Buonanotte.”

 

Non ottenne risposta. Anche se sapeva che Mame-chan era ancora sveglio e sembrava irrequieto.

 

“Roy…” si sentì chiamare, in un bisbiglio incerto “non è che prima o poi ti stancherai?”

 

“Di cosa?”

 

“Di aspettare…”

 

“Che cosa?”

 

“…me.”

 

Ah! Era quello, dunque, a tormentarlo tanto? Eppure... eppure ne avevano già discusso a lungo...

Sospirò. “Attenderò… finché non sarà il momento.”

 

“E se il momento fosse adesso?”

 

Unclic’ ad anticipare la discreta luce aranciata dell’abat-jour.

Gli occhi dorati di Ed non gli erano mai sembrati così grandi, e spaventati, e risoluti.

 

“Credevo dovessimo deciderlo insieme…” disse, offrendogli una via di fuga.

 

“Ma… se attenderemo in eterno, non cambierà mai nulla.

 

Roy chiuse gli occhi, sembrando di colpo stanco.

“Devi esserne sicuro, indietro non si torna. E io so aspettare…”

 

E non gli disse del barattolo di vaselina, comprato e nascosto nel secondo cassetto del comodino di fianco al letto, che aspettava da mesi, anni, secoli, di essere usato.

 

“Io sono pronto.” Esclamò Fullmetal, con quel cipiglio di quando lo sfidava a contraddirlo, nelle loro interminabili litigate.

 

“Beh, sono io a non essere pronto!” sbottò.

Anche se era pronto da una vita, lui.

Aveva perso il conto delle volte in cui aveva fantasticato su quel momento.

Oh, sì. Quando ancora dormiva da solo, o in bagno la mattina, nella pausa caffè, in mensa mentre lo vedeva sbrodolarsi con la minestra, in…

Dannazione!, era pronto, sì. Ma non così.

 

Quello che il suo Fagiolino pretendeva adesso, era andare ben oltre le innocenti carezze e i piccoli piaceri che si erano donati reciprocamente fino a quel momento. Si poteva dire che la loro ‘sessualità di coppia’ fosse ancora ad uno stadio primitivo, larvale, in un certo qual modo.

 

Del resto, l’esperienza erotica di Edward Elric era pari allo zero assoluto.

Così pure la sua preparazione affettiva, ad essere puntigliosi.

 

Era completamente a digiuno da qualsiasi cosa vagasse nella sfera della fisicità.

Della sensualità. Dell’intimità.

Tutto questo era un tabù, per lui.

 

I bambini normali, fin dalla più tenera età, avevano la possibilità di vedere i propri genitori scambiarsi affettuosità e baci.

Lui, invece, ricordava a malapena che faccia avesse suo padre.

La madre, ormai, una figura eterea da santificare.

Zia Pinako, Winry e Alphonse - la miglior famiglia surrogata che potesse avere -, non era però esaustiva. Non su quel versante, perlomeno. Assolutamente asessuato.

E lui aveva sempre dedicato il proprio tempo allo studio, chino sui libri. L’eccitazione biologica che si risvegliava con l’adolescenza, lui l’aveva sublimata in quintali di carta ammuffita e polverosa.

Tutt’al più s’era fatto qualche sega mentale su dove potesse essere la Pietra Filosofale, e non sulla ragazzina di turno che - a dirla tutta -, a parte la manesca e maschiaccia Win, scarseggiava pure.

 

Per i suoi 18 anni, Mustang aveva fatto in modo che gli fosse organizzata una festa di compleanno a sorpresa, facendo arrivare da Resembool le due Rockbell, perché partecipassero ai festeggiamenti.

 

Per toglierlo dall’imbarazzo, gli aveva fatto chiaramente capire che, anche se era diventato maggiorenne, non gli sarebbe di certo saltato addosso da un momento all’altro, anche se adesso sarebbe stato lecito farlo.

 

E come mai, tutto ad un tratto, Edo voleva recuperare il tempo perso, con una fretta disperata e di sicuro sfavorevole?

 

E se poi se ne fosse pentito?

Perché diamine non potevano fare le cose con calma?

Perché doveva essere sempre tutto una competizione, per lui?

 

Quell’improvviso cambio d’umore del compagno l’aveva spiazzato.

Non sapeva se esserne contento o spaventato.

Di sicuro sapeva gestire meglio un Fullmetal provocatorio, che angosciato.

Anche se gli rimaneva perennemente il dubbio di essere lui, l’eterno perdente, tra i due.

 

Acciaio sfoderò un’irritante espressione strafottente, sgusciandogli sotto.

“Dovrei essere io quello che ha paura. In fondo, è la mia-”

 

“E come credi mi senta, io?” lo interruppe il moro. “E’ come se fosse... beh, è la prima volta anche per me…” Confessò. Eppure le sue mani smentivano quell’affermazione. Quel tocco sapiente che, se avesse voluto, li avrebbe portati verso un punto di non ritorno. “So che voglio arrivare alla meta, ma non so quanti passi devo fare… quindi… io…” si avvicinò per sentire meglio. “Hai qualche idea?”

 

“Potrei essere la deviazione del tuo percorso?”

 

Edward approfittò del suo stupore e, con un colpo di reni, ribaltò le loro posizioni, sovrastandolo.

 

“Saresti disposto, Roy Mustang, a cedermi il tuo corpo?” gli chiese, seduto a cavalcioni sopra il suo stomaco, mimando l’approssimarsi dell’auto-mail all’insenatura tra le sue natiche. L’aspettativa che diveniva sfida.

 

Il che, di per sé, era sciocco. Visto che entrambi erano ancora completamente vestiti.

Eppure Mustang deglutì a vuoto. Sbattendo le palpebre per destarsi, come se fosse nel bel mezzo di un sogno assurdo o, peggio, di un incubo.

Si chiese se quella fosse la punizione divina per i suoi pensieri impuri… perché allora sì, esisteva un dio in cui non aveva mai creduto, - il dio dei fagioli? - ed era meglio non farlo irritare…

 

“Tu non puoi vedere tutto nero o tutto bianco. Il mondo è fatto di mille sfumature…” esalò, cercando di farlo ragionare.

 

“Ricorda che, al buio, tutti i gatti sono neri…” lo contraddisse il biondo, citando un noto proverbio.

 

Tora non è un gatto nero o un gatto bianco, è tigrato!” contestò l’Alchimista di Fuoco, confutandolo. “Per la miseria, Ed, non devi pretendere che ogni cosa sia come la vuoi tu!”

 

Appena fuori dalla camera, Tora origliava educatamente, anche se forse sarebbe stato legittimo per lui sentirsi un po’ seccato, per esser stato escluso da una discussione riguardante anche lui… in fondo… sui gatti bianchi e neri… ne sapeva più di loro, no?

 

“Smettila di temporeggiare, Generale di Brigata. Ti ho fatto una domanda, ed esigo una risposta: saresti disposto, Roy Mustang, a cedermi il tuo corpo?” ripeté, scandendo bene il quesito.

 

I loro occhi s’incontrarono e si fusero, a metà strada.

Era una questione di mera sottomissione fisica? Di dominanza dell’altro?

 

“Voglio essere parte di te. Un tutt’uno con te.

Come avverrà non importa.”

 

Eppure la risposta era sempre stata lì, realizzò. Perché aveva indugiato tanto, a formularla?

 

Vide lo stupore spuntare sul viso di Edward, assieme a qualcosa di… di… erano lacrime?

 

Il giovane Elric si chinò fino a sfioragli le labbra con le proprie, e il bacio prese vita innescando un meccanismo che non avrebbe avuto freni, non quella volta.

 

 

Da che aveva avuto il dono della parola, - bave e dentini compresi - aveva sempre parlato di tutto, con Al. Ma no, di questo no.

Era fuori discussione. Troppo imbarazzante.

 

Eppure alla fine se la stavano cavando comunque, no?

E anche discretamente bene, a dirla tutta.

 

Come mai aveva avuto così il terrore di non dimostrarsi all’altezza?

Perché Roy aveva avuto un miliardo di donne, prima di lui?

Perché il suo uomo era universalmente riconosciuto come un esperto amatore?

Oh, al diavolo!

 

Edo si staccò da lui, ansimando per la carenza d’ossigeno e per l’eccitazione prorompente.

“Cos’è? Sei così vecchio che ti ci vuole un preavviso obbligatorio per prepararti spiritualmente?” malignò, provocatorio, ricambiando innocentemente una carezza lasciva.

 

“Piccolo Fagiolo impudente! Ti farò godere finché non mi implorerai di smettere!” lo minacciò, punto sull’orgoglio, riprendendo il comando dell’impresa.

 

“Alla buonora!” sorrise. E stavolta era sincero.

 

 

Fine



Disclaimers: I personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.


Note varie: Parto dal titolo. “
Gatto nero, gatto bianco” è tratto da un film del 1998. Ma non ha nulla in comune con trama. Va interpretato in senso letterale, ad un certo punto.

Mi dava l’idea della fissità mentale, del contrasto cromatico, senza contare la frase, appunto, sul non avere mezze misure.

‘Al buio, tutti i gatti sono neri’ è un detto popolare, anche Samantha in Sex & the City amava ripeterlo, riferito ai suoi tanti amanti.

 

Prima che protestiate per l’assenza della lemon, vi ricordo che questa raccolta è a rating giallo, e tale rimarrà. (Quindi questo è il massimo che potrete ricevere.)

Senza contare che, per mia scelta, io non ne scrivo.

Il mondo delle fan-fiction ne è già pieno, e non sentirà di certo la mancanza delle mie.

 

La riflessione estemporanea sul rapporto Ed-sessualità, mi dà finalmente il modo di chiarire perché Edo si sia incollerito tanto nei capitoli precedenti, trovando ‘i famosi slip della discordia’.

Questa sua mancanza di rapporto sereno con il sesso pregiudicava in qualche modo anche la sua tolleranza ad esso. Non è solo questione di essere ‘puritani’, Edward s’è incazzato col Taisa perché considerava deplorevole e inconcepibile il suo comportamento.

Tutto questo va chiarito ora, per l’ultima volta, dato che avete in mano tutti gli elementi del caso.

 

Piccolo chiarimento sul:Piccolo Fagiolo’. Nella quotidianità, Ed si è rassegnato a farsi chiamare così.

Per questo non s’arrabbia neanche più.

Affondando nelle mie radici storiche, è un po’ come quando la Kitsune chiamava Hana ‘Do’aho’, che significa all’incirca ‘grandissimo idiota’. Alla fine, è diventato il suo nomignolo, che – a seconda dell’inflessione – poteva essere un insulto, un appellativo affettuoso, ironico, malizioso…

Idem perMame-chan’ o ‘Piccolo Fagiolo, Fagiolino’. Credo sia stata una delle poche concessioni che Ed abbia mai fatto al Taisa, da che sono insieme! XD

 

Per inciso. Oggi, 10 novembre, è il RuHana Day. Buon anniversario, a chi ci crede ancora.

 

Nota per Ale2: sì, era in Cruel Illusions che avevo scorto una certa affinità emotiva con Oceano Mare. Non di trama, ma forse di sentimenti, seppur alla lontana… ma io mi faccio tanti problemi per niente…^^’

 

Oki. Credo sia tutto… in caso, sapete come contattarmi… ^____^



Grazie di cuore ai lettori affezionati e a quelli nuovi, per le vostre adorabili recensioni.
E per la calorosa accoglienza di ‘Cruel
Illusions!
Me commossa! ç__ç

NB: restate sintonizzati! A breve posterò altre tre ficcine. ^__^


Come sempre, sono graditi commenti, consigli e critiche.


Grazie (_ _)

elyxyz

 

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Capitolo 26
*** Quando adotti un cucciolo, preparati ai suoi guai… (omake n°5) ***


Ok

Ok. Sono incazzata. è_é

Sì. Sono incazzata con voi. Non con tutti, beninteso.

Ma con quelli che non si degnano mai di commentare.

Alla fine, sono sempre le stesse persone a farlo e, se per qualche ragione loro smettono, le recensioni calano di brutto.

Nella mia ingenuità, ho creduto che ravvicinare i postaggi sarebbe stata cosa gradita, ma i fatti mi dicono il contrario.

Ho continuato a farlo per rispetto di quelle anime belle che recensiscono sempre.

Ma dopo aver tirato le somme delle ultime settimane, mi sento sinceramente intristita, incazzata e un po’ usata. Perché sì, è facile trovare una fic bella calda, appena caricata, magari piacevole, a nostro uso e consumo, no? Per di più, EFP è gratis… cosa volere di più?

Però c’è gente che dietro quel capitoletto ci ha messo ore, impegno e fatica. E il minimo che si aspetta da voi è un feed-back, su quello che avete letto.

Vi ho sempre chiesto pareri sinceri (anche critiche). Non pretendo incensamenti gratuiti.

Se ve lo state chiedendo, la gloria non mi ha dato alla testa. (Semmai è la febbre, visto che sono ancora ammalata >.<)

Non voglio passare per un’ingrata che non sa accontentarsi. Ma, se lo pensate, siete liberi di farlo, (soprattutto se siete tra quelli che commentano da sempre e credono che questo sia un delirio senza senso). Ma, se non avete mai recensito e lo pensate ugualmente, beh… siete un pochino ipocriti, no?

Dopo la cazziata, (perché sono giorni che ci sto male, e dovevo dirvelo), sappiate che oggi ho aggiornato per rispetto di quei ‘soliti famosi di cui sopra’, ma non so se nel weekend posterò. I 24 caps hanno le trame, ma NON sono già stati scritti.

Chissà… forse un maggior tempo tra un postaggio e l’altro vi darà modo e l’occasione per rileggerla tutta e magari di fare il vostro dovere di lettori, che nella foga della prima volta avete scordato.

Nel frattempo mi dedicherò ad altro, finché la delusione non mi sarà passata.

Adesso voi avete due possibilità. O chiudere la pagina (e mandarmi allegramente in un posto sgradevole), oppure leggere l’ultimo omake, ma con la nuova consapevolezza.

Io, dal canto mio, adesso vado a farmi un piantino liberatorio o a mangiarmi una stecca di cioccolato. Forse aiuterà…

 

 

Doppio drabble (per  scelta, di 222 parole, il limite consentito ad un doppio drabble, leggendo capirete perché.) 

 

Note: il seguente scritto contiene lievi riferimenti yaoi.

Per ulteriori spiegazioni, vi rimando alla conclusione della fic.

 

 

L’ultimo omake di questa tranche. Ma ne arriveranno altri, in futuro.

Dedicato a chi ha commentato i precedenti capitoli della raccolta.

Grazie.

 

 

 

Quando adotti un cucciolo, preparati ai suoi guai...

 

 (omake n°5)

 

 

by elyxyz

 

 

 

 

Eeedd!!” sbraitò il Colonnello Mustang sul piede di guerra, comparendogli accanto.

 

Il giovane Elric sollevò la testa dal libro avvincente che stava leggendo. Aveva pulito casa per ore, quel sabato mattina, e ora meritava un po’ di riposo, no?

 

“Cosa diavolo è successo ai miei guanti, stavolta?!

 

“Io-”

 

“E non venirmi a dire che volevi solo provare a giocarci,” lo interruppe, infastidito “perché le scintille ti affascinano!” lo scimmiottò, con cattiveria.

 

“Ma io-”

 

“Non li avrai messi ancora in lavatrice con i capi colorati, voglio sperare!” lo accusò, senza mezze misure. “Magari è la volta buona che diventano azzurri, così almeno s’intoneranno con la divisa!” malignò, sprezzante.

 

“Veramente, io-”

 

“E non puoi nemmeno fare finta di dormire per non sentire la mia predica, furbastro!” lo colpevolizzò, puntandogli un dito contro, per consolidare il concetto.

 

“Però, io-”

 

“Non li avrai mica portati da una sarta perché me li ricucia nuovamente, mi auguro!”

 

“Roy, ascolt-

 

“Non li avrai nascosti perché li hai inamidati di nuovo…” investigò, e senza attendere risposta, lo incolpò. “Li hai stirati!!

 

Ed si limitò a chiudere il volume con un colpo secco, per interrompere gli sproloqui del compagno.

Quindi indicò l’angolino del salotto, dove Tora si godeva un mondo a mordicchiare la stoffa d’accensione.

 

“Un mese d’astinenza, Roy Mustang. Così forse sarai più gentile, in futuro.” E riprese la lettura.

 

 

Fine



Disclaimers: I personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.


Note varie: Parto dal colore del titolo. Al di là dell’accostamento nuovamente orrido, la prima parte accomuna ogni titolo dei cinque, e non si tocca è_é; il resto è l’insieme dei colori e dei disastri dei precedenti omake. Il nero finale è l’accostamento che io do alla punizione. (Anche se forse andare in bianco era meglio! ^__^)

La lunghezza maggiore di quest’omake, come è ovvio, è dovuta al fatto che riassume i quattro precedenti. Dopo tanti guai combinati da Ed, mi sembrava carino che almeno una volta fosse innocente. (Anche se Roy ci rimette comunque! ^__=)

 

Precisazioni al capitolo precedente: un Roy si è quasi fatto uke, merita un minimo di considerazione, no?

Con chi raccoglie i miei sfoghi, ne ho già parlato a lungo. Non so se devo darvi la mia interpretazione personale dell’evento (rischierei di riscrivere il capitolo! >.<), oppure tenermela per me… resta comunque il fatto che molti hanno centrato il punto.

Quello che poteva sembrare strano, è il comportamento di Edward.

Se devo dirla tutta, a me Ed in questo pezzo sembra stronzo. Quando gli chiede se è disposto a cedergli il suo corpo, sembra quasi dirgli: “SE mi ami così tanto come dici, allora prenditelo tu nel cu**!” è un po’ questo, ciò che gli dice!
Di prove dell’amore vero da parte di Roy ne ha avuto tante, ma sembra quasi che - per esserne certo - voglia un’ulteriore prova finale. E le sue insicurezze giocano tanto su questo, sì; ma non posso impedirmi di pensarlo anche come un piccolo bastardo, in quel frangente!^^''

 

Come ha detto Desy, la maglia con cui Ed si infagotta è come la ‘coperta di Linus’.
La maglietta è un modo per nascondere se stesso, le sue brutture. Perché credo che la nudità affascini e spaventi chiunque (escludendo a priori qualsiasi interpretazione religiosa di base, visto l’ateismo degli Alchimisti). E a maggior ragione un adolescente come Ed, col complesso dell’altezza e col corpo rovinato da mille segni.

Ciò non toglie che creda davvero che il freddo dell’acciaio possa essere fastidioso.

E nello stesso tempo è una barriera ‘fisica’ tra il suo corpo e quello di Roy.


L’improvvisa ‘aggressività’, l’intraprendenza nasconde - come è opinione di chiunque abbia un’infarinatura di psicologia/etologia - un animo insicuro e spaventato.

E’ atavico in qualsiasi animale spaventato e/o braccato. E Edo si sente ‘braccato’ dalla situazione, dallo scorrere del tempo e della paura che Roy si stanchi di aspettare lui e i suoi ‘comodi’.

 

Ci sarebbe molto altro di cui parlare, tipo le frasi che ho disseminato con interpretazione letterale o simbolica, ma confido nelle vostre capacità interpretative. Altrimenti chiedete. Non mordo mica.

 

 

Oki. Credo sia tutto… in caso, sapete come contattarmi… ^____^



Una particolare menzione a Shatzy, per la consulenza preziosa.^*^

 

Grazie a chi ha commentato la mia ultima ficIl calore del ghiaccio  sul fandom di Inuyasha.

 

 

 

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Farai felice milioni di scrittori.

 


Come sempre, sono graditi commenti, consigli e critiche.


Grazie (_ _)

elyxyz

 

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Capitolo 27
*** Da cane a cane: abbaio ufficioso ***


27

Note: il seguente scritto contiene riferimenti yaoi.

Per ulteriori spiegazioni, vi rimando alla conclusione della fic.

 

 

Dedicato a chi ha commentato i precedenti capitoli della raccolta.

Grazie.

 

 

 

Da cane a cane: abbaio ufficioso

 

by elyxyz

 

 

 

 

“Colonnello! COLONNELLO HUGHES!” un cadetto, fresco d’Accademia, accedette nell’ufficio di Maes, senza quasi bussare e, di sicuro, prima di ottenere il permesso d’entrare.

 

L’uomo sollevò gli occhi dal dispaccio che stava controllando, per prestargli curiosa attenzione.

 

“Mi scusi, signore!” si discolpò il soldato, tutto trafelato. “Ma è appena giunto un telegramma urgente da East City, per lei!” anticipò, fremente d’eccitazione. “Dicono sia criptato…” squittì quasi, con fare cospiratore.

 

Hughes allungò una mano, per ottenere il fascicolo che la recluta gli porse con così tanta solennità, che sembrava quasi dovesse incoronarlo a momenti con medaglia al valore.

 

“Ti ringrazio, Asami-kun, suggerirò il tuo nome per una promozione. Scherzò, con fare paterno. Ma l’altro lo squadrò in adorante gratitudine, senza comprendere l’ironia di sottofondo. “Grazie, signore!”

 

Maes sbuffò, scotendo il capo semirassegnato. L’Accademia non sfornava più giovani svegli come un tempo!

 

“Sei congedato, soldato.” Lo avvisò, tagliando corto. E l’altro scattò sull’attenti, compiendo un impettito saluto militare.

 

Attese che fosse uscito e, non prima di aver mandato un bacetto alla foto della sua adorata Elycia, si dedicò all’esame del file che aveva davanti a sé.

La cartellina color crema, con su stampato il suo nome Maes Hughes, SSI – Servizi Segreti Investigativi. E poi un intimorente timbro rosso, nel bel mezzo del frontespizio: CONFIDENTIAL

 

Urgente. Importante e Riservato.

Che fossero finalmente arrivate le informazioni su quell’Homunculus mutaforma, che stava mettendo nel sacco tutto l’esercito?

 

Aprì il dossier, di carta bianca, stavolta.

 

Scorse le poche parole, rileggendole un paio di volte, per raccapezzarsi.

 

“Volpe entrata tana coniglio W STOP Entrambi vivi et sani W STOP Festeggiamo W STOP RM”

 

“La volpe è finalmente entrata nella tana del coniglio. Evviva. Siamo entrambi ancora vivi e sani e quindi non mi ha ucciso. Evviva. Festeggiamo il momento storico. Evviva. Roy Mustang.”

 

Hughes scoppiò in una grossa risata divertita, sbattendosi una manona in fronte.

 

Il suo zelante leccapiedi di guardia rientrò una seconda volta senza chiedere, ma si ricompose davanti alla sua scrivania.

“Colonnello? E’ successo qualcosa d’importante?”

 

Maes sorrise a tuttotondo. “Sì, una svolta epocale per la pace e la stabilità del nostro Paese!” esclamò. “Prendi carta e penna e rispondi con rapidità: “Felicitazioni STOP Buon pranzo volpe et coniglio STOP”

 

Il giovane si eccitò per quel compito importantissimo e segretissimo.

“Volo, signore!”

 

“Non dimenticare: è questione di vita o di morte!” lo ammonì.

 

“Signorsì, signore!”

 

Quando fu nuovamente solo, si concesse di gioire per quei due testoni, che alla fine si erano decisi al grande passo.

Beh, di sicuro ammirava la costanza di Roy. Questa sua tenacia era lodevole.

Da quanti anni sognava di scoparsi Ed?

 

Probabilmente Havoc stava raccogliendo le vincite delle scommesse nella sua bisca clandestina.

Accidenti! Gli doveva la sua parte…

Che fosse il caso di mandar loro una scatola di fuochi d’artificio e champagne?

 

 

 

****

 

 

 

Dillo, dai! Dillo, che per un istante hai pensato che saresti stato fottuto.

Sì, ti sei visto fottuto. In senso figurato e anche letterale.

 

Edward è collassato, languidamente sopraffatto dalla stanchezza.

Tu invece sei lì. Con l’adrenalina così alta che respiri a denti stretti, per paura che il cuore schizzi via.

 

E’ che hai atteso quasi tre anni – era geologica in più, secolo in meno - ma ne è valsa la pena.

 

L’amore è una brutta bestia, Roy Mustang, e tu sei già stato mangiato. Finito dritto dritto nella sua pancia!

 

Accarezzi la sua cute, i peli radi, le cicatrici. E ti rendi conto che nessuna pelle liscia, nessun seno sodo era mai così bello.

Hai perso il conto delle donne con cui sei stato. E neanche una è riuscita a portarti così in alto come quel Fagiolino che tieni stretto. Hai paura che scappi via?

 

E’ quasi l’alba. Ma non riesci a dormire.

Ed invece è crollato, esausto, tra le tue braccia. Nudo.

Voleva rivestirsi.

E tu hai minacciato di dar fuoco a quella sua dannata maglia.

 

E ripensi che, mentre raggiungeva l’apice, chiamava te. Sì, ma.

La prima volta, è stato un mugolio indistinto. La seconda, un gemito strozzato.

Al terzo orgasmo, però, ne sei stato sicuro. Lo hai sentito gridare.

Ma niente “Roy”, “Amore mio”, “Mustang-san” o “Dannato vecchio bastardo muoviti!”

 

Ti ha chiamato “Taisa”.

Se non ne fossi stato così sorpreso,  - e beh, anche impegnato, sii onesto! – saresti scoppiato a ridergli in faccia.

 

Il tuo vecchio grado.

Ha invocato il tuo vecchio grado di Colonnello!

 

Ti sfiora il dubbio che subisca il fascino della divisa. E non puoi fare a meno di ghignare sornione, mentre ti gratti distrattamente un fianco.

Hai la schiena sfregiata. Peggio delle unghie laccate delle tue gattine, quell’auto-mail!

E senti male in posti che non credevi neanche d’avere.

 

Forse sei fuori allenamento. Ti riduci a pensare persino questo, nella carrellata senza senso delle riflessioni che invadono la tua testa. Sono ore che non riesci a mettere in fila un pensiero decente. Figurarsi a parlare.

Ma di dormire non se ne parla. Hai lo stomaco così leggero che potresti decollare a momenti.

E non ti resta altro che spararti nel cervello quel filmino hard, che ti ha eccitato tanto, e riviverlo e rivederlo, da ogni angolazione possibile e impossibile.

 

Ti viene il dubbio che fosse lotta libera anziché sesso.

Sesso. Che brutta parola...

Tu lo sai che non è stato solo quello.

Sì, splendido sesso. Ma non solo.

Non puoi. Non vuoi ridurre l’incontro di due anime ad un semplice scambio di fluidi.

 

Sesso è non ricordare il nome della tizia con cui hai scopato la sera prima.

Invece, di lui, tu sai… tu sai.

Sai quanti minuti vuole il the in infusione.

Sai quanti biscotti mangerà a colazione.

Sai come gli piace l’insalata di pollo.

E del neo che ha dietro l’orecchio.

O qual è la sua maglia preferita.

Sai cosa lo fa arrabbiare. Sai cosa lo rende felice.

Sai delle tacche in cantina, su cui segna di nascosto la sua bassezza. Ops! Pardon. La sua altezza.

Sai che a diciott’anni suonati spera ancora di crescere…

Sai che rimarrà per sempre un bambino. Forse perché non ha mai potuto esserlo davvero.

E sai che gli affideresti la tua vita, in ogni momento.

E lui farebbe lo stesso.

 

No. Non mentirti. Questo non è sesso. E’ amore.

 

…un amore nato per colpa di un gatto… beh, per merito di un gatto.

 

Ad un tratto realizzi una variante che ti era sfuggita.

Tora aveva miagolato fuori dalla porta, forse attirato dai vostri gemiti.

Per fortuna che Mame-chan non se n’era accorto, altrimenti sarebbe stato capacissimo di piantarti lì – sul più bello – per andare a rassicurare il vostro micio.

 

Pure adesso, forse è lì.

Manca poco all’ora del risveglio, anche se quel tuo ghiro personale dormirebbe in eterno.

 

Gli fai il solletico, consapevole che stai rischiando la vita.

Ma, del resto, hai appena messo un piede in paradiso, di che ti penti?

 

Ed mugugna, strofinando il musetto contro la tua spalla. Poi apre gli occhi.

 

- Sì, non ti ha colpito. E’ un miracolo. -

 

E ti sorride con quel modo semplice e autentico che ti strizza il fiato in gola.

 

“E’ stato bellissimo.” Gli confessi, al colmo di una gratitudine che ti sta per sopraffare. “E tu sei stato fantastico.” Lo lodi, sfiorandogli le labbra con le tue.

 

Ma... per la miseria! Non era quello che dicevano tutte le tue donne a te? Da quando hai smesso di fare l’uomo?

 

Adesso lui arrossirà, imbarazzato. Ti darà del maniaco, e tu lo prenderai in giro…

 

“La verità è che ti sarebbe andato bene anche il buco della serratura, se solo fosse stato abbastanza largo.” Sbadiglia Fullmetal.

 

Ammutolisci. Non sai se dimostrarti scandalizzato per quest’improvvisa scurrilità del tuo pudico Mame-chan o se riderci su.

 

Fullmetal è anche questo, no?

Orgoglioso e indisponente. Sfacciato.

Ma se cambia pelle, e lascia lì la sua sfrontatezza, ritorna ad essere solo Edward, e vedi semplicemente un ragazzo tormentato, insicuro e sfuggente. Quello con le cicatrici fuori e dentro al cuore.

 

Osservi i vostri corpi pigramente adagiati sul letto sfatto. Poi guardi lui.


“Come ti senti?” chiedi, con una punta d’ansia.

 

“Bene.” Risponde. “Ho una tempra d’acciaio, io.” Ironizza.

 

Protendi una mano lungo il suo corpo, compiendo una lieve pressione all’altezza dei reni.

E lo senti mugugnare di dolore.

 

Ho una tempra d’acciaio, io!” lo scimmiotti, ma il sarcasmo non riesce a nascondere del tutto l’affetto che gronda dalle tue parole.    

 

Gli baci una tempia con premura, massaggiandolo un po’ ovunque.

 

Edo ti lascia fare, arrendevole. Stranamente cedevole.

 

“Puoi restare a casa, oggi.” Gli proponi, dopo l’ennesima coccola. “Io però ho una riunione importante, adesso devo prepararmi. E non sai quanto mi spiace. Rimarrei qui con te per sempre.”

 

“Due minuti, Roy… ancora due minuti!” ti supplica il giovane Elric, miagolando per il piacere di quelle attenzioni.

 

“Ed?” squittisci, d’un tratto.

 

Mmmhhsìì?” biascica lui.

 

Il tuo auto-mail dev’essere impazzito, perché sta giocando col mio inquilino del piano di sotto.”

 

Le labbra di Edward si stendono in un pigro, bellissimo sorriso malizioso.

 

“Io non c’entro. Lo giuro. Fa tutto da solo.”

 

“Se cominci così, non arriverò neppure per la fine della riunione…” protesti debolmente.

 

“Dovevi pensarci prima di insegnarmi quella cosetta carina…” ti ammonisce, suadente.

 

“Ma non sapevo che avrei risvegliato un insaziabile assetato di sesso!” ti difendi, “Mmmahhhfi-finirò per a-arrivahhhh…”

 

“Un giro solo sul cavallino, promesso! Uno solo!” frigna Ed, con lo stesso tono di un bimbo capriccioso e viziato.

 

Non hai modo di controbattere, troppo intento a respirare e a contenere l’eccitazione incipiente.

“Quasi quasi, ti preferivo prima… inesperto e virtuoso. Questa parte lussuriosa di te mi spaventa, lo sai?!

 

Il ghigno, che fiorisce sulle labbra del tuo biondino, è degno del Mustang dei tempi migliori. Non promette niente di buono.

“Non tema, Generale di Brigata Mustang. Avremo un sacco di tempo per le esercitazioni. E recupereremo il tempo perso!”

 

 

Fine



Disclaimers: I personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.

 

Note varie: Parto dal colore del titolo. Il blu richiama le divise dell’Esercito di Amestris, il rosso è il timbro di “Riservato”. Ne avete mai visto uno? E’ abbastanza intimorente, dentro a quel rettangolo rosso.

 

Scusate se non vi ho messo la noticina cronologica all’inizio, specificando che questo cap è legato al 25, ma avrei rovinato l’effetto sorpresa. Perdonata? ^__^

 

Per chi di voi che si è chiesto/a come mai Maes è qui, ricordo che l’essenza stessa delwhat if?’ è un binario che scorre parallelo alla storia originale. No?

Cerco di mescolare elementi dell’anime e del manga (sperando che non sfori nell’incoerenza>.<)
Non ho ancora deciso, per es, se dirò mai che il Comandante Supremo è un Homunculus. Se sarà utile ai fini della fic, sì. Altrimenti è un dato inutile.

Non so neppure se Al riprenderà mai un corpo. Ci devo pensare....

Di sicuro, Maes non morirà. Non in una cabina sporca e puzzolente.

 

Riguardo al telegramma… ne avevo preparato anche una versione decisamente più volgare ^__^; poi però ho scelto questa, anche perché Roy incarna l’astuzia e la pazienza tipiche della volpe, e Ed ha l’ingenuità tipica del coniglietto...

A proposito del coniglietto che è diventato mandrillo…

Non è improvvisamente impazzito. Niente border-line o bipolarismo^^' (anche se potrebbe benissimo esserlo, visti tutti i traumi della sua giovane esistenza. XD)
Il punto è che, mentre io vedo Roy coerente a livello comportamentale... (Roy è un gatto che casca sempre in piedi, qualsiasi cosa succeda); Edward ha un carattere ambivalente.
E’ testardo, orgoglioso, irriverente Fullmetal.
E’ introverso, impacciato,traumatizzato’ e impreparato come persona.

Come molta gente che reprime a lungo, ora a Edo è stato tolto il tappo. Ed è come un fiume in piena... ^______^

Bisogna capire se sta lasciando spago alla sua parte ‘Ed’, o alla parte ‘Fullmetal’... ^__=



Spendiamo due parole sul discorso emerso nel capitolo precedente.

In questi giorni, mi sono letta e riletta i vostri commenti e le vostre impressioni.

Ringrazio ognuno di voi, sia per l’eventuale sostegno, sia che abbiate trovato il tempo e la voglia di dirmi la vostra.

Non starò qui a rispondere ad uno ad uno. (Anche perché con qualcuno c’è stato modo di chiarirsi in pvt, anche se spero che le mie mail siano giunte a tutti… di alcuni non ho ricevuto neppure ricevuta di consegna. Mah.)

Quello che mi preme dire è sono rimasta sinceramente stupita a veder gente – che di solito commenta quasi sempre – chiedermi scusa. Forse le mie parole sono state fraintese, o forse volevate chiarire la vostra posizione personale, non so, ma il mio sfogo non era rivolto a voi.

In secondo luogo, c’è chi ha detto che è uno scoppio legittimo, e chi lo ha considerato un eccesso.

Ognuno è libero di pensarla come vuole, ma come io non so – e non posso giudicare le vostre giornate, gli impegni e il resto – voi non potete sapere come mi sono sentita. E quanto ci abbia rimuginato su, per settimane. Se starmene zitta o parlare. Non è la scenata da ‘5 minuti storti’, per capirci. Il punto è che ho sempre creduto (correggetemi se sbaglio) di aver un buon rapporto coi miei lettori. Tengo molto in considerazione quello che mi dicono, i consigli che mi danno… sempre se compatibili con le mie idee di base.

Qualcuno dice che ho del talento. Che scrivo bene da quando metà di voi non aveva neppure il suo primo dentino da latte. Senza falsa modestia, credo sia un’esagerazione.

Forse ho un dono. Perché negarlo? Quello che so di certo è che sono migliorata, in questi anni. Grazie soprattutto alla gente che mi ha detto come e dove sbagliavo. Ecco perché i commenti sono importanti.

Io scrivo anzitutto per me stessa, per soddisfazione personale. L’ho sempre fatto. Molto prima di approdare nel 2001 in EFP, prima del tracollo famoso che cancellò tutto.

Il punto è che, se ho deciso di pubblicare in un sito in cui è possibile recensire, è perché ci tengo ad essere giudicata, lodata o ammonita, a seconda dei casi.

Se lo facessi sempre e solo per me stessa, perché perdere tempo a caricare le fic? Le manderei via mail ai miei amici, e basta.

Se qualcuno si sente ‘costretto’ a recensire, beh, la cosa in questi termini mi intristisce.

Non ho mai puntato una pistola contro nessuno, intimando di commentare. (Dea, abbassa la mano, sei quasi mio cognato, tu non fai testo!)

Io immagino le recensioni come la possibilità di votare. E’ un diritto, ma anche un dovere ‘morale’.

Non ti puoi lamentare se le cose vanno male (leggesi: l’autore si scazza), se non dai mai il tuo parere.

Attraverso le recensioni, voi esercitate un potere. Io la vedo così. A volte, riuscite addirittura a cambiare le sorti di una storia. Vi pare poco?

E con questo chiudo. Pietra sopra.
Se volete discuterne con me, in privato, mi trovate al solito divano blue navy: elyxyz@alice.it

 



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Farai felice milioni di scrittori.

(Chiunque voglia aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio crede)


Ringrazio sinceramente per le recensioni a ‘FULL METAL DETECTOR
Non mi aspettavo tutto questo entusiasmo! >////<

Come sempre, sono graditi commenti, consigli e critiche.


Grazie (_ _)

elyxyz

 

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Capitolo 28
*** A day without rain ***


Note: il seguente scritto contiene riferimenti yaoi

Note: il seguente scritto contiene riferimenti yaoi.

Per ulteriori spiegazioni, compreso il sottotitolo, vi rimando alla conclusione della fic, dopo la lettura.

 

 

Dedicato a chi ha commentato Guns N’ Kisses e ‘Peccato d’amore (il mio ponte con l’altro mondo)
(Sono felice che abbiate apprezzato questo mio divagare).

E stavolta anche a me e al mio cucciolo. Quando sarà.

Grazie.

 

 

 

 

A day without rain

 

(Pseudociesi di un cane dellesercito)

 

 

by elyxyz

 

 

 

 

 

Mustang varcò il portone del palazzo, infilando l’ombrello - stranamente asciutto - al suo posto. Finalmente, dopo più di un mese passato sotto umidi temporali e nubifragi scroscianti, un giorno senza pioggia!

Quella era, senza dubbio, una sua giornata prediletta. Un dì che rasentava la perfezione. Bisognava festeggiare, si disse, ammirando il mazzo di rose che teneva sottobraccio. Anche perché...

Salì l’ultima rampa di scale e, fischiettando, si fermò sul pianerottolo. Avrebbe potuto suonare e farsi accogliere sull’uscio dal suo Fagiolino, come tanto amava fare. Ma era meglio non affaticarlo, non adesso che...

Prese le chiavi dalla tasca dell’impermeabile ed entrò in casa.

Il profumino delizioso della cena pronta vezzeggiò le sue narici, ma egli corse direttamente verso il divano, dove risiedeva il compagno.

“Bentornato, Koi.” Gli sorrise Ed, con dolcezza; e Roy gli incorniciò il viso stanco con le mani, accarezzandolo; gli scostò una ciocca sfuggita alla treccia morbida, sfiorandogli il collo, e poi scendendo con le dita sul pancione prominente.

 

“Come ti senti?” gli chiese, nascondendo a fatica l’ansia mista a contentezza.

 

Edward sorrise indulgente. “Bene!”

 

“Ma il medico che ha detto?” insistette, premuroso.

 

“Il dottore ha detto che sono tre maschi!” esclamò, svelando la gioia che aveva trattenuto, per fargli una sorpresa.

 

“TRE MASCHI?!” ripeté Mustang, tra esultanza, stupore e lieve vertigine.

 

Il giovane Elric annuì, un sorrisone a tuttotondo che esprimeva il suo gaudio. “Sì. Tre sanissimi gattini maschi!”

 

 

Roy si svegliò di soprassalto, con un lamento strozzato tipico di chi esce da un incubo.

Due inquietanti occhi gialli lo fissavano ad una spanna davanti a sé.

 

Gemette, cercando di fermare il battito impazzito del proprio cuore.

Poteva gridare o imprecare, ma a che sarebbe servito?

Accese la lampada sul comodino, e Tora ancora lo scrutava, comodamente appollaiato sopra il suo stomaco.

 

“Dannato sacco di pulci!” ringhiò. “Stavolta ti castro!”

 

Lo spinse via malamente, ma il micio non si scompose più di tanto e, miagolando seccato, si raggomitolò poco oltre, addosso al suo padrone biondo.

 

Ed mugugnò nel sonno, prima di destarsi a sua volta.

“Che c’è?” sbadigliò, emergendo dalla montagna di coperte.

 

“C’è che le scappatelle di questo… questo… insomma! Ho sognato di gatti in arrivo…” mentì, per non sembrare più idiota di quanto già si sentisse.

 

Edward sorrise paziente, lo stesso sorriso che gli aveva visto fare in quel delirio che si rifiutava di catalogare come ‘sogno’.

“D’accordo, si avvicina l’ora del parto…” gli concesse. “Ed è normale che tu ti senta partecipe… e responsabile,” chiarì, grattandosi il fianco con una certa difficoltà. “Ma l’essere agitato non aiuta!” lo rimproverò, ma con dolcezza. “Che ne sarebbe della tua reputazione, se sapessero che il famoso Flame Alchemist, il grande Generale Mustang, l’Eroe di Ishbar…” lo canzonò, semiserio, lasciando di proposito la frase in sospeso.

 

Ok, ok. Taglia. Ho capito l’antifona.”

 

“Quello che voglio dirti, yaahwnn-oy…” sbadigliò, - Mustang sussultò, aveva detto Roy… o Koi? Ed non lo chiamava mai così! Diamine! Quell’incubo… che fosse profetico? –  “è che la nuova gravidanza di Minù ti sta stressando troppo!”

 

Mhm… forse hai ragione…” concesse, controvoglia, restio a continuare quell’assurda discussione.

 

“Guarda Tora, lui mica si fa prendere da inutili isterismi!

Avanti, su. Ora vieni qui e dormi.” Lo incoraggiò Edo, facendogli capire che voleva essere abbracciato, nella posizione in cui s’assopivano meglio, da sempre.

 

L’uomo se lo strinse addosso, petto contro schiena, cingendogli con un braccio il fianco. Eppure non resistette e, benché fosse sciocco, lasciò scivolare una mano in basso, verso l’addome. Per sincerarsi che…

 

“Che cosa hai sognato?” bisbigliò Fullmetal, percependo la sua inquietudine.

 

Il pancione enorme del suo Mame-chan gli si piantò in mezzo alla fronte, così vivido e reale, e turgido e sodo, che non poté fare altro che irrigidirsi d’istinto, reprimendo un sussulto.

 

Allora?” insistette il biondo, accoccolandosi meglio nella sua stretta.

 

“Eri… era…” Mustang deglutì “turgido e sodo…” espirò a fatica “enorme!”

 

Una risata lieve scosse il letto, Edward sorrise malizioso, fraintendendo le sue parole.
“Se non levi la mano da lì,” lo avvertì suadente, intrecciando però le dita con le sue “non ci vorrà molto perché diventi sul serio rigido e teso!”

 

Roy trasalì.

 

“Ma non è che, in realtà, è proprio ciò che vuoi?” insinuò Acciaio, strusciandoglisi contro.

 

“No! NO! Anzi, sai che ti dico?! Una settimana di astinenza. Sì. Ci serve una settimana di astinenza per ridimensionare le cose nella giusta prospettiva. Lo contraddisse, concitato.

 

“Roy? Ma sei impazzito?!

 

Mustang sollevò di scatto le coperte, balzando giù dal letto e afferrando per la collottola un povero Tora semiaddormentato.

 

“Io vado a dormire con lui sul divano!” squittì, con un’agitazione così inusuale per lui. “Prima mi faccio un goccetto di whisky, ma tu riposa, ok?”

 

Mentre la bestiola tigrata soffiava e si dimenava, il Flame Alchemist lasciò la stanza, scalzo. Aveva così fretta d’andarsene, che s’era scordato pure le pantofole.

 

Il giovane Elric lo guardò scomparire, frastornato. Eppure fece ritorno, subito, con la testa a fare capolino dalla soglia.

 

“Ed?” chiese, rimanendo a debita distanza.

 

Mh?”

 

“Ma… tu lo vorresti, un figlio?”

 

“Oh, sììì! Certo! Lo facciamo subito?!” esclamò ironico, fingendo un’innocente euforia. Ma ottenne solo di farlo fuggire, se possibile, ancor più agitato di prima.

Edward sbuffò, cercando di schiarirsi le idee. Aveva pensato che quell’ultima scenata di Roy fosse solo uno scherzo, e invece... sembrava scosso per davvero!

 

 

“Domattina, io e te, ce ne andiamo dal veterinario!” lo avvisò il moro, irremovibile, ad un palmo dal suo muso.
Tora lo scrutò malevolo, per quei modi poco gentili con cui era stato trattato, e perché non lo lasciava sonnecchiare in pace.

 

“Se stai male,” intervenne Edo, posato contro lo stipite della porta “esiste ancora l’ospedale militare!” celiò.

 

Per l’ennesima volta in quella nottata, Mustang sobbalzò.

“Ma Ed… ti avevo detto di stare a letto!, non è nulla… mi è solo passato il sonno...”

 

“Quindi, se non è niente, torna di là. Mi manchi. O,” e si sedette, facendosi posto accanto a lui, “resto qui. A farti compagnia. Non sarà niente di così pericoloso, no?” sorrise, incoraggiante. “Forza, dai! Cos’è che ti spaventa tanto? Hai paura… di diventare padre? Non credo che rimarrò incinto tanto facilmente!” scherzò, per alleggerire l’atmosfera. “Oppure temi l’ira di Miss Rottherwall a lunga distanza? Se vuoi insidiare le sue grazie, hai la mia benedizione!” lo prese in giro, trasmutando il piccolo cuscino sul divano in un ampio e morbido plaid, con cui ricoprì se stesso e il compagno, che lo lasciò fare, arrendendosi docile a quelle premure.

 

Fuori pioveva, come ogni giorno da un mese a questa parte.

Così in contrasto con quel suo giorno onirico, così perfetto. Senza pioggia.

Ed era forse la prima volta, in vita sua, che a Roy Mustang non dispiaceva.

No, non gli dispiaceva. Lasciarsi cullare dall’abbraccio di Mame-chan, e dal ticchettio ritmico sul vetro. Una bella ninna-nanna.

 

 

Fine



Disclaimers: I personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.
Così pure il titolo del capitolo, che si rifà ad una canzone meravigliosa di Enya che è senza testo, solo base musicale.


Note varie:
Non vi avevo avvisato?

Questa è la mia “settimana della maternità” – “Andate e moltiplicatevi, no?” ^__=

Non a caso, ho postato tre diverse fic, che ruotano tutte sulle gravidanze, sul divenire o essere genitori.

E’ il mio primissimo (rimarrà unico?) contributo alla causa Male-Pregnacy. Non me n’ero mai resa conto, dopo tanti anni a scrivere fic simil-yaoi... O_O anche se poi - di fatto - non è una M-Preg. Ragion per cui, non ho messo l’avviso. Spero, dato il tema delicato, di non aver offeso la sensibilità di nessuno. In tal caso, mi scuso.



La gravidanza isterica o falsa gravidanza (Pseudociesi) è un disturbo di natura psicosomatica per cui la donna accusa sintomi del tutto simili a quelli di una vera gravidanza, a tal punto di essere veramente persuasa di essere incinta. Tale fenomeno è raro ed è legato all’esasperato desiderio, irrealizzato per sterilità presunta o accertata, di avere dei figli o da esagerate pressioni psicologiche esterne. Spesso si hanno sintomi e manifestazioni apparentemente oggettivi. L’unico trattamento di questo disturbo è di tipo psicoterapeutico. Talvolta, anche se molto raramente, il maschio assimila i sintomi gestazionali della compagna, facendoli propri.
(Definizione presa da diverse ricerche nel web)

 

La Pseudociesi è presente anche nei gatti (più frequente nei cani).

Il capitolo, in origine, doveva intitolarsi: “La gravidanza isterica di un cane” ma mi sarei bruciata l’effetto sorpresa. Credo. >.<

 

Koi = amore.

Koibito = amante, amato, innamorato.

 

Concludo con la riflessione sul comportamento di Ed e Roy.
Di Edward, continuiamo a veder alternata la sua parte Hyde-Fullmetal o quella Ed. In questo chappy ci sono entrambe, e ben distinte. Roy, invece, mi fa tenerezza così spaurito e smarrito. Ma non credo sia OOC. Avete mai fatto un sogno così reale e sconvolgente che, appena risvegliati, vi sentite scombussolati e strani per un po’? Beh, è quello che accade a lui…

La sua ‘coerenza comportamentale’ è confermata dal fatto che – pur essendo in balia di assurde visioni – prende in mano la situazione, beh, scappando in salotto, ma lo fa! XD

C’è da precisare che, nella pseudo-coerenza tipica dei sogni, Ed fa quella battuta legittima sui “Tre gatti maschi”; altrimenti, per quanto assurdo ipotizzare una M-Preg, sia nel loro mondo che nel nostro, in pieni anni Venti, era impossibile anche solo immaginare un ecografo o strumenti simili diagnostici.

 

Precisazioni al capitolo precedente: ho riletto tutti i vostri commenti, non mi sembrava che ci fosse bisogno di chiarire nulla. Ho visto con gioia che apprezzate tutti/e la presenza di Maes – vivo e vegeto – e sappiate che di tanto in tanto farà la sua comparsa. ^____^
Il post-lemon (che non c’è stata) è un cap dolce, sì. Ma caratterizzare Ed così mi ha dato modo anche di renderlo un po’ meno scontato, no? ^__=
Vi aspettavate tutti che, alle sdolcinatezze di Roy, lui rispondesse a tono, e invece… *__*
Noto con piacere che anche il telegramma ha avuto il suo successo. E sì, senza essere falsi puritani, mi immagino i dialoghi Roy-Maes così, senza filtri. Del resto, sono come fratelli e sono uomini fatti, non educande da collegio! XD (Leggasi: aspettatevi di peggio! ^__=)

 

 

 

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Come sempre, sono graditi commenti, consigli e critiche.


Grazie (_ _)

elyxyz

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Capitolo 29
*** Rain Man ***


RAIN MAN

 

Vorrei festeggiare con voi il sesto mesiversario (ricorso l’altro giorno) di questa ficcina.

Da un lato, mi sembra ieri di aver postato il primo capitolo, in un giorno di caldo bestiale, col the ghiacciato per non morire disidratata… e contemporaneamente mi sembra sia passato un secolo, adesso che il the è bollente, vicino alla tastiera, a scaldarmi i ditini intirizziti da questo freddo polare.

 

 

Note: il seguente scritto contiene lievi riferimenti yaoi.

 

Questo capitolo non è legato al precedente per trama, ma per un parallelismo in diversi punti. Vorrei che cercaste di coglierli. Alla fine del cap, comunque, vi illustrerò la mia interpretazione.

 

Per ulteriori spiegazioni, compreso il titolo, vi rimando alla conclusione della fic, dopo la lettura.

 

 

Dedicato a Dea, il mio fratellino mancato e quasi cognato. Buon Compleanno!

E a chi ha commentato i precedenti capitoli della raccolta.

Grazie.

 

 

 

 

Rain Man

 

by elyxyz

 

 

 

 

Edward aveva varcato l’ingresso con una faccia lugubre e occhiaie profonde.

Mustang se n’era accorto subito, ma si era guardato bene dal chiedere spiegazioni, anche se gli dispiaceva vederlo così cupo; soprattutto perché era da almeno due giorni che non aveva modo di scambiarci due parole assieme. Impegni reciproci li avevano tenuti separati, tra giri di ronda e scartoffie varie.

 

Fullmetal andò a riporre la spesa, molto più silenzioso del solito. Non si lamentò neppure quando dovette riempire la ciotola di Tora col latte fresco.

 

No. Decisamente qualcosa non andava.

 

E si era a malapena limitato ad una grattatina distratta al loro micio, che invece premeva per le coccole che gli spettavano di diritto, fatte dal suo padrone biondo.

 

A malincuore, la serata era trascorsa in un mutismo sgradevole. Roy aveva cercato di intavolare un minimo di discussione, ma non aveva ricavato chiacchiere, quella sera.

E neppure risposte alle provocazioni, a dirla tutta.

 

E non certo perché Edo fosse  particolarmente concentrato su un capitolo avvincente di Alchimia.

Sembrava così preso dal suo umore nero, che – Mustang ne era certo – aveva letto meno della metà di quanto sapeva studiare di solito.

D’altra parte, le giornate storte capitavano a tutti, quindi il Colonnello preferì soprassedere. Chiuse il libro che stava leggendo, alzandosi dal divano.

 

“Ti andrebbe una tazza di the?” domandò, per educazione e per spezzare quel silenzio opprimente.

 

“E’ ora che me ne vada.” Rispose Acciaio, lanciando un’occhiata distratta all’orologio da parete.

 

“Ti sei accorto che sta piovendo?” replicò il moro, annuendo alla volta della finestra.

 

Ed si lasciò sfuggire una mezza imprecazione.

No. Non se n’era accorto, evidentemente.

 

“Puoi restare qui, se vuoi.” Gli offrì. In lontananza un tuono rimbombò. “Non credo cesserà tanto presto.” E la sua smorfia la diceva lunga.

 

Ok, accetto.” Si risolvette il ragazzo, sprimacciando il cuscino del divano e sdraiandovisi sopra, escludendo a priori altre possibilità.

 

Il Colonnello represse a fatica la sua delusione.

 

Dalla notte della sua sbronza colossale di qualche settimana addietro – infelice trascorso che né lui né il suo occhio amavano rivangare –, tra lui e Ed s’era chiarito che la parte destra del letto era libera, e quindi utilizzabile.

Giusto la settimana prima, il suo Fagiolino non s’era mica fatto pregare tanto, approfittando dell’occasione. E adesso, invece, - con suo enorme disappunto - sembrava avessero fatto un’abissale retromarcia.

 

“Non credi di riposare meglio su un comodo materasso?” gli chiese, un misto di gentilezza e desideri egoistici.

 

Non si preoccupi. Sto comodissimo, qui.” Tagliò corto Edo. Ma, nella foga di dimostrare il suo agio, si girò con troppa energia, rotolando giù dal sofà, con un tonfo sordo e un improperio colorito.

 

“Vedi? Non ci stai. Sei cresciuto…”

 

“Davvero?!” esclamò di colpo, stupito e speranzoso.

 

“No.” Ghignò.

 

Baka Taisa! Come osa-”

 

“Oh!, Bentornato, Fullmetal! Cominciavo a temere che fossi quell’Homunculus mutaforma, in una giornata particolarmente incazzosa!”

 

“Dannato fiammifero…” masticò tra i denti.

 

“Forza, dai! Andiamo a letto!”

 

“Non ci penso nemmeno!” si oppose, per nitido spirito di contraddizione.

 

“Potrei ordinartelo!”

 

“Questa minaccia comincia a stufarmi!

E non siamo in servizio, lei non mi può comandare un bel niente!” lo sfidò.

 

“Sai che un ordine non si discute?”

 

“Sa che potrei ucciderla nel sonno?”

 

Roy fece spallucce. “Non credo tu abbia così urgenza di finire sotto Corte Marziale! Correrò questo rischio!”

 

“Ci tiene talmente poco a vivere?!

 

“Hai ancora bisogno di me, Acciaio. Non mi elimineresti tanto facilmente…”

 

“Troverei qualcun altro che mi passerebbe le informazioni sulla Pietra Filosofale!” Lo disse, per pura ripicca, ma lo sapeva per primo che non era vero.

Perché, per quanto a volte Taisa Mustang fosse insopportabile, lavativo e sobillatore nei suoi confronti, Ed doveva riconoscere che gli spettava parecchia riconoscenza da parte sua.

 

L’Alchimista di Fuoco lo fissò con supponenza.

Lasciarlo stare o istigarlo?

Sembrava quasi che con quel testone fossero necessarie le maniere forti!

 

“Smettila di sparar stronzate, piccolo Mame-chan!”

 

 “CHI SAREBBE IL MICROB-”

 

Mustang se n’era andato dalla stanza, lasciandolo solo a vaneggiare la sua indignazione. Quindi non gli rimase altro che andargli dietro, per dirgli il fatto suo.

 

Il Flame sorrise tra sé. Aveva raggiunto il suo scopo.

 

“EHI!” entrò, sbraitando, e l’uomo chiuse la porta dietro di loro. “…PULCE! HO DETTO CHE NON SONO UNA PULCE!! MI ASCOLTI QUANDO LE PARL-”

 

“Buonanotte, Fullmetal.” Lo interruppe, sfilando l’abbigliamento da casa per indossare il pigiama.

 

“Ma io non avrei-”

 

Buonanotte.” Ribadì, come se il discorso fosse chiuso.

 

Edward sbuffò, seccato. Eppure smise di lamentarsi, cercando a sua volta nell’armadio il cambio, che aveva imparato a lasciare lì a Casa Mustang.

 

“Non dovresti avvisare Alphonse? Altrimenti si preoccuperà…” gli ricordò il Colonnello, spegnendo la luce, dopo aver scostato le coltri.

 

“Non è necessario che lo avverta.” Reagì acre. “Al non c’è.” S’ingrugnì.

 

Alla fine, il marrone era uscito da sé.

 

“E dov’è finito?” chiese spontaneo.

 

“A Resembool. Abbiamo litigato. Lui voleva tornare, per commemorare la morte di nostra madre. Io ero contrario… e ci è andato da solo.”

 

Ecco il perché di quel broncio nero nero...

E adesso? Dovevano parlarne? Doveva far finta di niente?

 

“Vuoi che…?”

 

“Buonanotte, Taisa.” Stavolta fu Edo a recidere la conversazione, voltandosi di schiena.

 

Aveva faticato ad addormentarsi. Poi un sonno agitato. Roy lo aveva sentito rigirarsi a lungo.

E aveva capito molte cose. Le stranezze del suo comportamento, per esempio. E anche il fatto che non gli avesse detto tutto.

Perché l’anniversario della scomparsa di Trisha Elric coincideva anche – seppur a distanza di tempo – con la fallita trasmutazione che avevano tentato, per riportarla indietro. Il tutto inciso nel suo Orologio d’Argento, per non dimenticare.

 

Mustang comprendeva che non fosse facile per nessuno dei due fratelli; ma Alphonse, tornando a casa, dimostrava di aver iniziato un seppur minimo processo di accettazione della tragedia. Ed, invece, non aveva mai rielaborato il lutto e combatteva ancora contro i propri fantasmi. E Roy non poteva fare molto, al riguardo.

Rimase a lungo ad ascoltare la pioggia cadere, tuoni in lontananza e strali che luccicavano attraverso le tende.

Dopo aver perso il conto del tempo, s’addormentò anche lui.

 

Un urlo sommesso lo svegliò di colpo. Gli ci volle qualche istante per realizzare che il lamento proveniva da Ed, affianco a lui, che era vittima di un incubo.

Cercò di chiamarlo piano, di svegliarlo, ma sembrava che il giovane fosse preda dei suoi deliri, in un crescendo parossistico di piagnucolii e gemiti.

 

Fullmetal! Acciaio! Che cos’hai?!” gridò spaventato, prendendolo per le spalle.

 

Un lampo illuminò lo sguardo alienato di Edward. Sembrava non fosse neppure in sé.

Il ragazzo s’aggrappò alla sua maglia con l’auto-mail con tutta la forza che aveva, così forte che quasi strappò la stoffa del pigiama.

Si udì un singulto.

 

E fu come uno sparo, nel silenzio della camera.

Malgrado il temporale fuori.

Come quel lontano giorno d’ottobre.

Ed sbatté la testa contro il suo torace e rimase lì a singhiozzare.

 

Il pensiero che forse sarebbe stato meglio accendere la luce colse il moro, ma lo scartò.

Meglio il buio. Perché offriva quell’illusione di riservatezza.

Altrimenti Edo non si sarebbe sfogato. Non si sarebbe mai fatto vedere così debole. Non davanti a lui.

 

Roy lo trascinò contro di sé.

Sussurrandogli flebili parole di rassicurazione.

 

L-la trasmutazione non-non è riuscita…” lo sentì balbettare. “Al… Al era diventato un mostro! Ho riportato indietro un mostro!!” piagnucolò. “Io... io…  dovevo ucciderlo, dovevo uccidere Al!”

 

L’uomo non smise di cullarlo.

E di coccolarlo. Una dolce nenia che Edward non riusciva a capire; non capiva cosa gli stesse sussurrando.

Ma sapeva che faceva bene al cuore.

 

Un bambino. In fondo, era ancora solo un bambino.

 

“Mi lasci.” Sussurrò tempo dopo, direttamente contro la stoffa della casacca.

 

Roy sciolse l’abbraccio, con una punta d’imbarazzo.

Eppure Ed non si allontanò da lui.

 

Lo sentì respirare, cercando di raccattare i pezzi di una dignità infranta.

 

“Colonnello, se lo racconta a qualcuno, soprattutto ad Al, la uccido con le mie mani.” Ed era mortalmente serio.

 

Non rispose subito.

Si limitarono ad un lungo sguardo silenzioso.

“Non capisco di cosa tu stia parlando, Fullmetal. Questa notte non è mai esistita.”

 

 

Fine



Disclaimers: I personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.

 

Note varie: Parto dal titolo ‘Rain Man’ che, come la trama, si rifà al lungometraggio con Tom Cruise e il premio Oscar Dustin Hoffman.

Il titolo omonimo s’ispira al fatto (spoiler sul film) che Charlie (Tom Cruise) ha un vago ricordo di uno strano personaggio, che gli cantava le canzoncine da bambino e piccole storie a letto, che lui chiamava Rain Man, l’immaginario ‘uomo della pioggia’.

 

In origine, questa doveva essere la prima volta in cui Roy e Ed dormono assieme. Ma il post-sbronza mi ha scombinato i piani!! >.<

 

E ammetto che è stato un parto riuscire a far collimare le informazioni e renderle plausibili, soprattutto rispettando - ma non abusando - del ‘grado di confidenza’ che i nostri due disgraziati potevano avere a quel tempo.

 

Il parallelismo col cap precedente si ha in diversi punti. Lo scambio equivalente. Anzitutto.

Nel precedente, era Roy ad essere in difficoltà. Qui è Edward.

Ed consolava Roy, qui avviene il contrario. C’è uno ‘scambio di ruoli di maturità’. Per come la vedo io.

Prima c’era un Roy che arrivava a casa (in un’onirica giornata di sole e buonumore), qui è Edward che arriva a Casa Mustang, con un umore sotto le scarpe.

Non da ultimo, nello scorso cap si partiva dalla camera da letto per arrivare al divano. Qui si fa il percorso contrario.

Il collante (come in tutta la fic, ricordatelo!) è la pioggia. Piove nel cap 28, piove anche qui. Ma prima era una pioggia che ‘cullava’ come una ninna-nanna. Qui invece è un temporale, con fulmini e tuoni. Un po’ a simboleggiare la serenità che Roy aveva raggiunto sul divano; e questo ‘cuore in tempesta’ di Edo.

 

L’espressione ‘Alla fine, il marrone era uscito da sé.’ E’ tipica della mia zona, ma ho scoperto che si usa anche altrove.
Pur significando ‘la verità viene sempre fuori’, l’ho scelta perché – sempre dalle mie parti – il marrone, la grossa castagna, indica anche ‘un grosso peso’,una preoccupazione nascosta che ci fa star male’ e direi che è calzante.

 

Precisazioni al capitolo precedente:

Vorrei tranquillizzare Neverwinter. Questa fic andrà avanti ancora per molti mesi. Purtroppo, però, improrogabili impegni lavorativi mi impediscono di potermici dedicare con l’assiduità che vorrei…
Spesso, quando finisco davanti al pc, sono così stanca da non aver la lucidità mentale per produrre qualcosa di decente.
Mi auguro di riuscire a mantenere un aggiornamento a settimana. Sarebbe già qualcosa ^^’’

 

Do il benvenuto a Faust tra i miei seguaci ^__=. Non ti devi scusare assolutamente! La tua interpretazione del capitolo mi ha colpita molto. Davvero interessante.

In generale, ammetto che mi ha molto stupita sentirmi dire da persone (dichiaratamente filo-yaoi) che non amano le M-Preg. Non entro nel merito delle preferenze personali. Dicevo solo che sono sorpresa. Una reazione del genere me l’aspettavo da chi, pur non amando lo yaoi, segue It’s raining ugualmente.

Siete una fonte continua di sorprese! ^___^

 

Chiarimento: l’uso dell’alchimia. In questa fic, l’alchimia è stata usata solo tre volte. Nel primo cap, quando Edo trasmuta la culla per Tora. In uno dei primi, in cui Ed si offre di trasmutare la credenza per acchiappare il micetto e capire di che sesso fosse, e infine nello scorso cap, mutando il cuscino in coperta.

La spiegazione ufficiale sta nel fatto che Roy gli ha vietato l’uso dell’alchimia a casa sua, sbottando – a suo tempo - con un “Non vorrai distruggermi casa!” e Edward lo prende in parola, per tacito accordo.

La spiegazione ufficiosa, invece, sta nel fatto che la povera autrice avrebbe cestinato la maggior parte delle gags e dei vari incidenti occorsi (e futuri) ai protagonisti, poiché il ‘potere’ di Edo è così vasto e multiforme da risolvere pressoché ogni inconveniente, a ben vedere.

Ciò non toglie che ne verrà fatto uso anche in futuro, ma sempre con parsimonia.


Ringrazio sinceramente per le recensioni a ‘
Maple Café.
Non mi capita tutti i giorni di vincere un contest, e sono felicissima che condividiate con me questa gioia!
Lo dico anche qui, perché mi sono resa conto che, scrivendo quella fic, ho attinto al rapporto fraterno/amicizia che lega Roy e Maes presente qui, inIt’s raining’.
Benché sia una storia a sé, potremmo considerarla una sorta di prequel/spin-off della nascita dell’amore di Maes e Glacier, col contributo irrinunciabile di Mustang ^^.
Lunedì (credo) posterò il terzo cap.

 

 

 

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Grazie (_ _)

elyxyz

 

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Capitolo 30
*** Fire Man (I parte: Il gatto delle nevi) ***


L’ho già detto: il capitolo 16, quello ‘post-sbornia’ per capirci, mi ha scombinato tutto

Credo che, se avessi fatto apposta, non ci sarei riuscita. Ieri sera ho finalmente sviluppato quasi tutta la trama della famosa ‘Grande Nevicata’ che tanto attendevate. (Manco fosse lo Sbarco in Normandia! ^//^’’)

E stanotte ha nevicato, qui da me. Niente di eccezionale, ma fuori è tutto bianco! Non so perché, ma questa coincidenza mi ha fatta sorridere. Ma veniamo a noi…

 

L’ho già detto: il capitolo 16, quello ‘post-sbornia’ per capirci, mi ha scombinato tutto. Incastrare questo chappy, dunque, sarebbe impossibile, di per sé. Ma è uno di quelli di cui ho scritto la trama fin dagli esordi, e di cestinarlo non se ne parla. Quindi sarebbe il momento di: gioco il jolly ‘è una raccolta, non una long-fic’.*__*

In realtà, non posso fare neppure questo >.<, perché l’attuale capitolo è così lungo e così ricco di eventi e diversi stati emotivi, che mi sono vista costretta a dividerlo in parti, per non farvi fare indigestione, o risultare troppo frettolosa nella successione degli eventi.

Decidete voi dove va inserito a livello cronologico: di sicuro dopo il capitolo 4 (‘La gatta sul tetto che scotta’) e abbastanza prima della dichiarazione di Roy (cap. 12,Kiss the rain’).

 

Il titolo, per correttezza: non contiene il concetto ‘pioggia e similia’, ma si aggancia al precedente ‘Rain Man’, perché è il suo opposto ‘Fire Man’, e sempre di Roy si parla.

 

Note: il seguente scritto contiene lievi riferimenti yaoi.

 

 

Beh, e siamo già al 30° capitolo... e 600 recensioni!! *___*
(Ely sta facendo danza di gioia, spaventando la vicina impicciona alla finestra)

Dedicato a chi ha commentato i precedenti capitoli della raccolta.

Grazie.

 

 

 

 

Fire Man

 

(I parte: Il gatto delle nevi)

 

 

by elyxyz

 

 

 

 

Dopo un autunno dannatamente piovoso, che aveva messo a dura prova i nervi del Flame Alchemist, era giunto un inverno al par suo, incredibilmente rigido e improvvisamente nevoso. Cosa straordinaria, per la gente dell’Est, abituata al clima secco e alle miti temperature.

 

Edward sbuffò rassegnato, scostando le tende della finestra del salotto.

Roy sollevò gli occhi dal libro che stava leggendo: “Nevica ancora?”

 

“No! Cadono semplicemente quintali di acqua ghiacciata!” ironizzò caustico, riaccomodandosi al fianco dell’altro e riprendendo a leggere a sua volta.

 

“Perciò, come ti ho suggerito, è meglio che tu dorma qui. Stanotte la temperatura scenderà e smetterà, vedrai.

 

Edo annuì, borbottando. La cosa, dopotutto, sembrava sensata.

 

 

Il mattino seguente fu Tora a svegliarlo, poiché ebbe l’ardire di mordicchiargli il piede che fuoriusciva dalla coperta sul divano.

Il giovane Elric si stiracchiò pigramente, coccolando un po’ il suo micio. L’orologio da muro gli concedeva ancora un paio di minuti d’ozio; quindi si risollevò, decidendosi a controllare la situazione atmosferica.

 

Di primo acchito, sbatté più volte le palpebre, convinto di stare sognando. In seguito, sibilò un’imprecazione colorita.

Ad occhio e croce, c’era almeno un metro e mezzo di distesa bianca, sulla strada e sui tetti di fronte a lui.

Corse in direzione della camera da letto, ma represse subito l’istinto di bussare, spalancando la porta com’era solito fare in ufficio.

 

“Colonnello! Si alzi, forza, su!”

 

Mustang trasalì, scattando a sedere sul materasso.

Eeeddd…” si lamentò, tetro “ti sembra il modo di svegliare una persona?”

 

Edward separò i pesanti tendaggi, per mostrargli il paesaggio immacolato.

“Mi rinfreschi la memoria, Taisa! Chi è che ha detto che avrebbe smesso, stanotte?”

 

Roy mugolò il suo disappunto, scendendo dal letto e infilando la vestaglia per raggiungerlo.

 

Spalancò la bocca, a sua volta sorpreso.

 

“Allora?” lo incalzò Acciaio, seccato.

 

“Io non ho mai garantito che avrebbe smesso! Vengo dal profondo Est, che cavolo vuoi che ne sappia?!

 

“Dannato Colonnello dei miei stivali!” lo insultò, lasciando la stanza.

 

Eppure Roy sorrise tra sé, stranamente di buonumore.

“E’ meglio che chiami il Quartier Generale…” lo avvisò, riguadagnando il distacco. “Tu prepara la colazione per tutti… Ciao, Tora!” esclamò gioviale, salutando il loro gatto.

 

“Mi piacerebbe capire perché, con un imprevisto fastidioso come questo, lei è così in allegria!” brontolò il ragazzo, dalla cucina.

 

“Non sono mica tutti musoni come te, di prima mattina!” replicò.

 

Il micio gli zampettò incontro, strusciandoglisi all’altezza delle caviglie ed egli lo prese in braccio, avviandosi al telefono. Si sedette sul sofà, successivamente afferrò la cornetta e compose il numero del centralino.

 

Al quinto squillo, una voce familiare rispose. “Ufficio del Colonnello Mustang, desidera?”

 

Havoc! Sono io!”

 

“Ah, buongiorno Taisa!”

 

“Ma io non ho telefonato al centralino?”

 

“Le chiamate vengono dirottate direttamente qui. La Caserma è chiusa, signore. La Piazza d’Armi è impraticabile, così come tutte le strade della città. Il Generale Hakuro ha stabilito che funzioneranno solo i servizi indispensabili, data la straordinarietà dell’evento… io avevo del lavoro arretrato, e sono qui. Gli altri del Dormitorio Ufficiali si stanno rendendo utili altrove.

Ritorneremo a pieno regime solo giovedì; intanto arriveranno i gatti delle nevi richiesti dal Nord. Nel frattempo è sconsigliato uscire di casa...”

 

“Bene, ho capito. I ragazzi sono stati avvisati?”

 

“Sì, signore. E Alphonse è con me; rassicuri Edward, per cortesia.

 

“Lo farò immediatamente, ed è il caso che io senta anche Hawkeye…”

 

“Il Tenente è qui, Colonnello. Ieri sera s’è attardata per delle scartoffie, e ha dormito negli Alloggi femminili.

 

“Cioè… fammi capire: manchiamo solo io e Acciaio?” precisò.

 

“Signorsì, signore. Ma non si preoccupi, Taisa. Manderemo avanti la baracca ugualmente! Si goda la sua vacanza e mi saluti il Maggiore Elric.

 

“D’accordo, Sottotenente Havoc. Ma non mettetevi in testa strane idee…”

 

Jean assunse un tono falsamente deferente. “Non oseremmo mai, signore.”

 

Roy ripose la cornetta, ghignando a tuttotondo. Edo, in risposta, sollevò un sopracciglio perplesso.

“Quindi?”

 

“Siamo in libera uscita fino a giovedì!”

 

“Ma se siamo sequestrati da una valanga di neve!” lo contraddisse il biondo, polemico.

 

Uhf! E’ solo un modo di dire…”

 

“Ma… giovedì?!” ripeté di colpo, come se avesse momentaneamente smarrito quel particolare.

 

Sììì!” sorrise a quarantadue denti. “Chi non risiede negli Alloggi degli Ufficiali può restarsene a casa! L’ufficio è chiuso per calamità naturale!”

 

“E io come ci torno da Al?”

 

Alphonse sta benissimo. Sta dando una mano ad Havoc. Sa che rimarrai qui, ma puoi comunque telefonargli, se ti va…”

 

“No! Cioè, non è questo il punto… io dovrei restare qui, fino a giovedì?” chiarì.

 

Mustang fece spallucce. “Vuoi che ti cacci?”

 

“Certo che no! Ma, Taisa, lei ha la possibilità di farmi tornare prima!”

 

“Come, prego?” lo fissò dubbioso, facendo finta di non capire. “Certo… sono bello come un Dio…” fu la sua premessa, atteggiandosi a gran figone. - Acciaio lo fulminò malamente. - “Ma io non volo e non faccio miracoli!”

 

“Ma lei potrebbe sciogliere la neve coi suoi guanti!”

 

“Potrei. Ma non voglio!”

 

Ed lo guardò boccheggiando, semincazzato.

 

“Quando mi ricapitano due giorni di permesso-ferie spesati, regalati e non previsti?” precisò il moro, con una linearità che coincideva perfettamente con la sua indole scansafatiche.

 

“Lei è un fannullone egoista, lo sa?”

 

“E il tuo voler tornare in Caserma, a tutti i costi, non è altrettanto un filino egoistico?” lo provocò, tenendogli testa.

 

“Ma io, io…” Edward sospirò. Sì, lo era.

 

“Se vuoi rischiare, io non ti trattengo…” precisò, simulando disinteresse. “Ma finirai sepolto, Fagiolino!”

 

“Chi sarebbe piccolo come un- ahi! Tora non mi graffiare!” il micio s’era aggrappato alla sua gamba sana, piantandogli involontariamente gli artigli nella carne. “Ho capito! Hai fame! Mollami, MOLLAMI!”

 

La bestiola miagolò rafforzando il suo intento, finché Roy non decise d’intervenire, separandoli.

Ebbe il buonsenso di non commentare, mentre portava l’animale affamato in cucina e gli versava la pappa che gli spettava.

 

“Il the si è freddato!” esclamò, avvisando il giovane Elric che intanto verificava la tibia scorticata.

 

“Non si aspetti che la ringrazi!” sbottò, infastidito. Ma prese un biscotto dalla confezione e si mise a sgranocchiare, riscaldando la sua colazione sul fuoco.

 

Il padrone di casa preferì saggiamente lasciare che Mame-chan digerisse la novità, e si occupò di sfamarsi a sua volta, poi lavarono e asciugarono le tazze, con una strana lentezza data dalla singolarità del momento. Di solito, capitava che se la prendessero comoda il sabato mattina, ma in quel caso la sveglia non suonava neppure, soprattutto se avevano fatto l’alba a discutere di formule alchemiche e teorie sperimentali. Invece quel martedì mattina era una cosa insolita in ogni senso.

 

Mustang accese la radio e una squillante voce maschile stava aggiornando la situazione meteo della regione.

Mai caduta così tanta neve nell’ultimo secolo. Aveva precisato, con una gaiezza quasi sospetta.

 

“Ci vuol convincere che sia una cosa buona…” criticò Ed, con espressione infastidita.

 

“Perché? Non lo è?” lo pungolò Roy, che quasi non stava più nella pelle, da quando aveva realizzato che avrebbe trascorso ben quarantotto ore in compagnia del suo Fagiolino.

 

“No, che non lo è!” lo contraddisse il ragazzo.

 

“Cercate di procurarvi delle coperte e del cibo di scorta, perché non sappiamo quanto durerà!” li interruppe lo speaker, incurante dei loro battibecchi.

 

“Fantastico!” ironizzò Elric, cupo.

 

“Delle candele e forme alternative di riscaldamento. Alcune zone di East City sono già isolate…”

 

“Ma quanto è catastrofico!” lo sgridò, come se  il conduttore potesse sentirlo.

 

“Invece ha ragione…” rifletté l’uomo, approssimandosi al ripostiglio.

 

“Che cosa fa?”

 

“Ci sono delle faccende che devo sistemare, prima che venga buio. Gli spiegò.

 

“Devo darle una mano?”

 

“Dobbiamo organizzarci, anche solo per precauzione…” spiegò, pratico ma serio.

 

Edo ebbe l’impressione che l’Alchimista di Fuoco stesse delineando un piano di battaglia.

 

“La torcia è nello sgabuzzino e le candele nel terzo ripiano in cucina.

 

“Ma…” tentò di obiettare.

 

“Prima di sera, il traliccio della corrente salterà. E’ passato più di un mese, da che ho segnalato quel pilone marcio. Tutto il quartiere rimarrà al buio.”

 

“Il che vuol dire…”

 

“Sì, anche senza il riscaldamento dei termosifoni. Il mio impianto è nuovo, e ha un sistema di sicurezza che si blocca se non c’è la fiamma prodotta da un pilota automatico…”

 

“Che tradotto in soldoni…”

 

“Significa che dobbiamo arrangiarci con altri mezzi. Io non ho una stufa a legna o un focolare…”

 

“Oh, fantastico!”

 

“Ma ho una stufetta di emergenza, te ne parlerò poi. Un problema alla volta.”

 

“E quale sarebbe il più urgente?” s’interessò.

 

“Il lucernario dello studio.” E si incamminò in fondo al corridoio.

 

“Eh?! Vengo con lei…” Acciaio faticava a capire il ragionamento del suo Comandante. “Ma che c’entra la botola?”

 

“La neve non è più farinosa, se è bagnata pesa molto di più. Potrebbe sfondare il coperchio. Sai che guaio?”

 

“Ma la botola è in verticale, scivolerà via!”

 

“Temo non sia sufficiente.” Rifletté, osservando la situazione.

 

“Come facciamo?”

 

“Adesso, prima di tutto, andiamo a prepararci il pranzo. E magari anche la cena, finché si può.” Uscì, facendosi seguire.

 

Ispezionando dispensa e frigorifero, dovettero ringraziare la lungimiranza del Taisa, che - convertita in pratica - consisteva nella spesa settimanale fatta dalla signora Nismet con ogni ben di Dei possibile ed immaginabile.

 

“Il ramen precotto ci salverà nei tempi di carestia…” ironizzò Ed, afferrando la confezione.

 

“Non scherzarci troppo…” lo ammonì il suo superiore, controllando la presenza di cibi mangiabili anche freddi: pane, affettati, formaggio… biscotti, verdure, tonno… “E comunque quello mi serve per quando sono di fretta!” e gli rubò la scatola, riponendola nella madia.

 

Prepararono un pasto sostanzioso; mentre Edo lavava le verdure, Roy aveva cucinato le patate per l’insalata di pollo e un buon piatto di pasta come primo, col sughetto che Nismet-san amava tanto creare e regalargli… quella deliziosa signora di mezza età, che aveva preso Mustang sotto la sua ala protettrice, un po’ come il figlio mancato che non aveva mai avuto, e aveva per lui un affetto che sforava nella venerazione, come ogni donna sana di mente ad Amestris, a dirla tutta.

 

Dopo pranzo, - Edward aveva insistito per mangiare doppio, casomai una catastrofe fosse imminente, e il Flame aveva scherzato sul fatto che magari poteva sfamarsi di lui, tanto si era rimpinzato come un maialino -, si vestirono a dovere – stivali compresi - e tornarono nello studiolo.

 

“Riscalderò il vetro, così la neve si scioglierà,” gli spiegò il Colonnello “appena possibile, apriremo l’abbaino e usciremo sul tetto, giusto per verificare anche la situazione lassù. Copriremo la botola esternamente, con del lamierino che ho preso in cantina, per rinforzarla… così terrà più a lungo. Nel frattempo, mi auguro smetterà di nevicare… altrimenti ripeterò la cosa tra un paio di giorni. Detto questo, calò la scaletta pieghevole e indossò i guanti alchemici.

 

“Sa che sta rischiando che il vetro esploda, per lo sbalzo termico, vero?” puntualizzò Acciaio, osservandolo intiepidire l’aria giusto sotto la lastra.

 

“Certo che lo so. E’ per questo che vado piano. Una pioggia di schegge non mi entusiasma particolarmente.

 

“Il punto è che sappiamo entrambi che lei odia restare lassù, a penzoloni… non vorrei che si lasciasse prendere dalla smania di finire prima…” malignò Elric, di proposito; nel suo primo spunto istigatore della giornata.

 

L’Alchimista di Fuoco gli lanciò un’occhiataccia ardente, che prometteva rappresaglia.

Era risaputo che non amava si parlasse della sua fobia per l’altezza…

 

“Vado a prendere dei giornali!” e scomparve, tornando poco dopo con dei vecchi quotidiani dell’‘East Times’ e vari strofinacci che dispose a raggiera sotto la scala.

 

“Ottima idea. Quando apriremo, cadrà inevitabilmente della neve per terra…”

 

Ci misero più tempo del previsto, anche perché il freddo e il tempo avevano irrigidito le cerniere del coperchio.

Quando alla fine riuscirono nel loro intento, un’infarinata gelida piovve loro addosso, infradiciandoli da capo a piedi, finendo giù per il collo... facendoli rabbrividire e imprecare.

Tora si scansò appena in tempo, saltando sullo scrittoio. Però s’incuriosì, scendendo e recandosi ad annusare quella polverina bianca, gelata e inconsistente.

 

“E’ la prima neve di Tora!” constatò Ed, osservando le strane acrobazie prodotte dal gatto.

I due uomini si presero un momento per contemplarlo, divertiti dal suo sbuffare contro un mucchietto farinoso che gli ricadeva di proposito sul naso.

 

Di seguito salirono sul tetto; Edward in testa, ad incoraggiare un reticente Mustang.

La scivolosità del laminato aveva fatto sì che dei cumuli cadessero in strada, però la situazione richiedeva un ragionevole intervento.

 

“Potrei trasmutare l’auto-mail in badile…” stava suggerendo il biondo.

 

“Scordatelo!” lo sgridò il Colonnello, deciso. “Se per caso lo rompi, io come ti ci porto dalla tua meccanica a Resembool? In primavera, col disgelo?!

 

“Ma io volevo rendermi utile!”

 

“Qui, mi arrangio io.” Stabilì, liberando un’enorme fiammata di grandezza impressionante che fece calare sensibilmente la coltre.

Del resto, se aveva incendiato intere città... cos’era, per lui, un misero tetto?

 

In breve, la superficie fu pressoché sgombra. Fullmetal recuperò il lamierino che avrebbe protetto il vetro del lucernario ma, in quel mentre, il loro gatto ebbe la geniale idea di raggiungerli, assaporando una boccata d’aria fresca e l’agognata libertà.

Il felino si mise a pasticciare con le zampine sopra la melma e la fanghiglia disciolta, saltellando per catturare i fiocchi di neve che svolazzavano, trascinati dal vento come se fossero stati farfalle, allontanandosi verso la tettoia di Casa Rottherwall.

 

“TORA!!” lo richiamò Mustang, urlando. Il micio girò la testa verso di lui, eppure non ritornò sui propri passi. “Dannato sacco di pulci! Torna qui!”

 

Edo li osservava, senza intervenire.

 

“STAVOLTA TI TAGLIO LE PAL-”

 

“Ehm… Coff! Coff!” il ragazzo tossicchiò, ricordandogli la propria presenza e vicinanza.

 

L’Alchimista di Fuoco s’arroventò, di vergogna e d’ira.

 

“Oh, non si preoccupi! Anch’io minaccio ogni giorno Al di privarlo degli attributi, peccato sia un’armatura!” scherzò per smorzare la tensione, rendendosi conto che davvero il Colonnello era sul punto di scoppiare. L’essere in bilico sul tetto, a svariati metri d’altezza, mentre continuava a nevicare senza tregua, con Tora che faceva i capricci… in fondo sì, poteva anche avere pietà di lui e soprassedere.

 

In un altro frangente, Mustang avrebbe sicuramente apprezzato il suo sforzo. Ma non lì, non adesso.

“Digli qualcosa, per la miseria! Se scappa, chi lo riprende?!” lo sgridò, aspro.

 

“E che dovrei dirgli?” protestò, scettico.

 

Roy imprecò tra i denti. “Croccantini! TORA! CROCCANTINI! CROCCANTINI!!”

Sembrava un venditore al mercato rionale.

 

Ed scoppiò in una grossa risata divertita.

Taisa, ma è impazzito?!

 

Il Flame Alchemist ripeté un improperio. Eppure non smise di gridare “CROCCANTINIII!!” e la bestiola fece dietro-front, come se fosse stata una parola magica.

 

Edward emise un fischio di stupita ammirazione. “Gli ha fatto il lavaggio del cervello? Oppure sono i metodi avanzati d’addestramento, imparati in Accademia?!” lo canzonò, al limite della sfrontatezza.

 

Roy si precipitò ad accalappiarlo per la collottola, sbattendogli poi l’animale in braccio, non prima di aver adocchiato ed odiato – a debita distanza - la discesa della botola. Quindi simulò uno schiocco di dita come avvertimento. “Portalo TU giù in salotto, e richiudi la porta dello studio. Qui non abbiamo finito!” gli ordinò, perentorio.

 

Acciaio sapeva che non era il momento buono per impuntarsi, quindi se ne stette zitto, però non riusciva a togliersi dalla faccia quel sorrisetto divertito.

 

 

Continua...



Disclaimers: I personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.

 

Note varie: il titolo di questa prima parte si rifà algatto delle nevi’, cioè ai mezzi cingolati che servono a sgombrare la neve in inverno, che devono arrivare dal Nord. Ovviamente va inteso anche in senso letterale, con Tora sul tetto.

 

Beh, sull’impianto elettrico e del gas di Casa Mustang, mi sono concessa un po’ di licenza letteraria. Ok, è un altro mondo, ma negli anni Venti, dubito fortemente che i sistemi di sicurezza fossero già presenti, per quanto Roy sottolinei che l’impianto è nuovo. Del resto, se non c’è fiamma, come detto, niente caldaia e pure il gas si blocca. Ne vedremo ancora delle belle! *__*

 

Ho ricordato casualmente un appunto fatto da Setsuka, qualche capitolo fa, quando Edward chiama HavocJean’. E’ vero che né nel manga né nell’anime accade, (almeno che io ricordi). Tuttavia, in questa fan-fiction Ed e Al, pur compiendo missioni e viaggi in ricerca della Pietra Filosofale, passano molto molto più tempo a contatto con Mustang e la sua squadra, ritengo quindi che abbiano sviluppato un ‘grado di confidenza’ ben maggiore, rispetto alle opere originali.



Precisazioni al capitolo precedente:

Per Aduah: sì, di certo si sa che la data nell’orologio è quella di quando hanno bruciato la loro casa; ma, siccome questo fatto avviene alcuni anni dopo la fallita trasmutazione materna, nulla vieta che la data possa coincidere, anche perché le immagini di contorno fanno presumere la stessa stagione. E, se lo fosse, (la stessa data, intendo) acquisirebbe ancor più valore implicito per i due fratelli.

 

 

Ringrazio sinceramente per le recensioni alla conclusione di ‘Maple Café, e per le altre ficcine che ho postato in questi ultimi giorni:I’ve given up (su fandom HP) e la RoyAiWould you like...?

’. Grazie ^____^

 

 

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Capitolo 31
*** Fire Man (II parte: L’uomo del Fuoco) ***


II parte: L’Uomo del Fuoco

Sperando che EFP non abbia un nuovo tracollo… Buona lettura! ^__^

 

Note: il seguente scritto contiene lievi riferimenti yaoi.

Per ulteriori spiegazioni, compreso il sottotitolo, vi rimando alla conclusione della fic, dopo la lettura.

 

 

Dedicato a chi ha commentato i precedenti capitoli della raccolta.

Grazie.

 

 

 

 

Fire Man

 

(II parte: Luomo del Fuoco)

 

 

by elyxyz

 

 

 

 

Quando risalì, il suo superiore aveva praticamente concluso l’operazione di sgombero, anche nel tetto del vicino e della simpatica Miss Rottherwall. Però erano entrambi intirizziti e infradiciati.

Asciugarono il pavimento dello studio, gli stracci e i quotidiani s’erano rivelati insufficienti.

 

Edward aveva già ripulito anche il pelo e le zampe del gatto, che s’era lasciato sistemare brontolando, per la mancata libertà e per l’assenza dei bocconcini promessi – oltre il danno, pure la beffa.

 

“Poi me la deve spiegare,sta storia dei croccantini…” lasciò cadere lì, strizzando il nevischio in un secchio.

 

Roy mugugnò. “Più tardi… si sta quasi facendo buio… alle quattro del pomeriggio, e già è quasi buio. Accendi la luce!” brontolò, passando lo strofinaccio con fin troppa foga. E starnutì.

 

Fullmetal premette l’interruttore, ma la lampadina rimase morta.

 

“Si è bruciata!” rese noto, ritentando.

Ma l’uomo sospirò, sollevandosi a sua volta, e accendendo la lampada a stilo sullo scrittoio. Niente.

 

“Invece temo che le previsioni catastrofiche si siano avverate. Decretò, andando alla finestra.

Il traliccio penzolava in malo modo, semidivelto dal peso di un grosso blocco ghiacciato.

 

“Addio corrente?”

 

“Già! Addio corrente…”

 

“Non me n’ero reso conto!”

 

Roy starnutì nuovamente. “Rispetto a fuori, qui è caldo, per questo non abbiamo realizzato che i termosifoni già non vanno più.” Allungò una mano, erano a malapena tiepidi.

 

“Che si fa?”

 

Ok, senti: adesso tu vai a farti una doccia veloce. Sei fai presto, nel boiler c’è acqua calda a sufficienza per entrambi.

 

Edward lo osservò, mentre raccattava spugne e pezze e starnutiva ancora.

 

“Non se ne parla neppure! Vada prima lei a lavarsi, è più bagnato di me e rischia di ammalarsi!”

 

Stranamente il Colonnello non protestò, forse perché davvero sentiva il gelo nelle ossa, e residui di nevischio dentro al colletto del maglione.

Raccattò in fretta dei vestiti dalla camera da letto, e in bagno si premurò di cercare un paio d’aspirine dalla cassetta dei medicinali. Ci mancava solo un raffreddore o peggio un’influenza!

Provò a sprecare meno acqua che poté, almeno quanto gli permisero le sue membra intirizzite, quindi offrì un cambio d’abiti al ragazzo, che prese il suo posto.

 

Un paio di minuti dopo che si fu rinchiuso in bagno, mentre egli sorseggiava del the caldo, lo sentì gridare ed inveire.

 

Bussando, gli chiese se andasse tutto bene.

 

“Il getto è ghiacciato!” ringhiò Ed, battendo i denti.

 

 Con suo enorme disappunto, aveva calcolato male la portata del serbatoio dello scaldabagno.

“Sei riuscito a lavarti?” domandò, al di là del legno.

 

“Certo che no!” si sentì rispondere.

 

“Acciaio, senti…” fissò la porta che li divideva, sentendosi un idiota. Ma solo perché... “posso entrare?”

 

“Ma certo! Si figuri!” ironizzò il biondo, “si accomodi!”

 

Mustang preferì ignorarlo, varcando la soglia.

Al di là della tenda, Edo lo sbirciava malevolo.

 

“Esci di lì.” Gli ordinò, lanciandogli il proprio accappatoio che l’altro indossò, anche se gli era enorme.

Sembrava un gigantesco fiocco di neve, tra candore del tessuto e il suo pallore naturale.

E era anche buffo, perché toccava quasi a terra e gli cadeva da tutte le parti, mentre lui cercava inutilmente di stringerselo addosso.

Roy represse un sorriso di dolcezza, perché sentiva crescere dentro di sé l’irrefrenabile desiderio di abbracciarlo e scaldarlo, e di dirgli quello che sentiva…

Scosse la testa, rimproverandosi. Quindi si organizzò le idee.

 

“Aspettami qui.” Disse, aprendo le manopole della vasca da bagno perché si riempisse; e scomparve, inghiottito dal buio del corridoio.

 

Edward, di riflesso, si premette contro la stoffa di spugna, intirizzito, i capelli sciolti che gli colavano lungo la schiena. Si strofinò il cappuccio dell’accappatoio contro la testa, nella speranza vana che assorbisse un po’ di gocce fastidiose.

E il profumo del Colonnello arrivò alle sue narici, lo colse distintamente. Lo shampoo al muschio bianco - a volte, ne aveva approfittato pure lui.

Chiuse i lembi all’altezza del collo, e annusò. L’odore del suo dopobarba, l’acqua di colonia.

Era una stranissima sensazione. Sentire il profumo di Taisa Mustang su di sé.

Strano, sì. Ma non sgradevole. E non sapeva dire il perché.

Non si pose neppure il problema, e smise completamente di pensare, quando l’oggetto delle sue riflessioni tornò con un guanto indossato; non lo stesso adoperato prima, uno nuovo, pulito.

Dopo un paio di gesti veloci, l’acqua nella vasca fumava che era una meraviglia.

Il Flame s’avvicinò e armeggiò intorno allo scaldabagno e alle tubature sottili: “Hai circa un minuto d’acqua corrente per risciacquarti. Di più non posso fare. Qua, rischio di colare tutto.”

 

Sa,” annotò Ed “per una volta tanto, la sua inutile Alchimia serve a qualcosa!” sorrise.

 

“Devo farti il bagnetto, piccolo Mame-chan?!” lo provocò il moro, facendo finta di arrotolarsi le maniche.

 

Edo arrossì. “Ma co-come s-si permette!!” inveì, balbettando e indietreggiando lievemente.

 

Roy giocò ad ignorare il suo imbarazzo, nell’attesa che la vasca si stemperasse al grado di calore ottimale.

“La tua più grande fortuna, mio giovane sprovveduto, è l’essere rimasto intrappolato con l’Uomo del Fuoco!”

 

L’Uomo del Fuoco?” ripeté, sarcastico, recuperando arroganza.

 

“Sì, perché la tua decantata abilità di trasmutazione serve a ben poco, a quanto vedo!; a meno che tu non riesca a costruirmi una stufa in maiolica con annessa canna fumaria – cosa di cui dubito fortemente.”

 

“E se invece ci riuscissi?” reagì, punto sull’orgoglio.

 

“Uhm… in tal caso… visto che non ho intenzione di distruggere i mobili di casa per farne legna da ardere… credo sarò costretto a sacrificare buona parte della mia preziosa libreria…”

 

Il ragazzo inorridì, rabbrividendo. E non certo di freddo.

“Lei non oserebbe… non oserebbe mai… vero?!” sbottò allarmato, come se stesse subendo un’ingiustizia. “C’è una marea di volumi che non ho ancora neppure sfogliato…” piagnucolò quasi, al colmo dell’incredulità.

 

Gli fece pena. E tenerezza.

Un Fullmetal pressoché intimorito da quest’eventualità.

“No.” Lo rassicurò. “Non lo farei mai.”

 

Lo sentì sospirare e tranquillizzarsi.

E rabbrividire, ma stavolta per il freddo.

 

Allungò una mano oltre il bordo. “La temperatura è perfetta.” Lo avvertì. E uscì dal bagno, prima di commettere qualcosa per cui pentirsi tutta la vita.

 

 

Se lo ritrovò di fianco, appoggiato allo stipite della camera da letto, intento ad arrotolarsi l’orlo dei pantaloni che gli aveva prestato, e che ovviamente gli erano giganti.

Non osava neppure immaginare come se l’era cavata coi suoi boxer.

Oppure se l’immaginava fin troppo bene… ed era per questo che preferiva tenere la mente e le mani occupate altrove.

 

“Sa che tengono davvero caldo, questi calzoni?”

 

“Campo Invernale.” Rispose Mustang, sollevando la testa dal mucchio di giornali che stava distribuendo per terra.

 

“Eh?”

 

“Pantaloni leggeri, pratici, ma felpati dentro. Il segreto per sopravvivere alle esercitazioni di un Campo d’Addestramento Invernale.

 

“Ah! Non lo sapevo…”

 

“Penso che, col vostro peregrinare, tu e Alphonse stiate facendo dei Campi a ‘Quattro Stagioni’, invece. Scherzò.

 

La testa bionda sbucò dal maglione che stava infilando.

“E com’è che questo invece mi calza a pennello?”

 

“Il mio primo esperimento di lavaggio lana a 90°.

 

Edo si raccolse nuovamente i capelli bagnati nell’asciugamano che si era portato dietro, creando un turbante improvvisato.

“Quindi dovrei ringraziare la sua imbranataggine?” 

 

“In realtà, lo tengo sempre lì di scorta, casomai Elycia si sporcasse un giorno in cui è qui… sai? E’ perfettamente della sua taglia…” malignò di proposito.

 

“LEI STA INSINUAND-” 

 

“Ma vedo che ti sta d’incanto. Te lo regalo!”

 

Sgrunt! Crede di comprare il mio silenzio?”

 

“Chi? Io?” recitò con fare compassato, alzandosi da terra e raggiungendolo.

 

Edward si ritirò appena, inconsciamente, come aveva fatto anche poco prima, in bagno.

 

“Ti ammalerai, se giri per casa coi capelli ancora fradici.

 

“Ha un’idea migliore per asciugarli?!” esplose, rendendosi perfettamente conto che la sua reazione era esagerata e immotivata.

Se il Colonnello si fosse arrabbiato con lui, lo capiva, ne avrebbe avuto anche le ragioni.

Tuttavia il moro soprasedette, chiedendogli con gentilezza il copricapo rabberciato.

Lo scaldò, modulando la concentrazione tra fiamma e ossigeno. E quindi glielo fece riporre in testa, riuscendo ad evaporare la maggior parte dell’umidità residua.

 

“Io… credo di doverla ringraziare…” farfugliò, imbarazzato.

 

Mustang fece spallucce. “L’importante è trarre giovamento dai propri errori. Gli passò anche un altro maglione più largo da sovrapporre al primo, che egli indossò, seppur a disagio.

 

“Sentiamo! Da quest’esperienza, per esempio, hai capito che…”

 

“…che, se nevica, me ne devo restare in Caserma!” finse sicurezza.

 

“Ma no! Che devi portare un cambio d’abiti e lasciarlo qui di scorta!”

 

Si guardò da capo a piedi. Comicamente infagottato e buffo. “L’avevo intuito.”

 

Roy fece altrettanto e scoppiò a ridere allegramente. Senza cattiveria.

Edward si ritrovò ad unirsi a lui, in un raro momento di auto-ironia.

 

“A dire il vero,” e indicò il tessuto blu che spuntava dal secondo scollo “quello era uno dei miei dolcevita preferiti. L’abbiamo scelto insieme io e il Tenente Colonnello Hughes, tempo fa… ma mi fa piacere se lo tieni tu. A me non serve più.”

 

Edo allungò una mano sotto al primo strato. Doveva essere di alta qualità, perché si era rimpicciolito, sì, ma non infeltrito. La lana si era conservata morbida e soffice.

 

“Non vorrei abusare della sua ospitalità…” bofonchiò.

 

“Vorrà dire che ripulirai casa, dopo che la tormenta sarà finita!” ghignò, inventando lì una risposta plausibile. “Adesso però vai a prendere le ciotole e la cesta di Tora. Io, qui, ho finito.”

 

Il giovane Elric osservò con occhio critico l’angolino allestito con carta di giornale e un vecchio maglione che aveva visto tempi migliori.

“Credo mi stia sfuggendo qualcosa…” appuntò, incerto.

 

“Ti sfugge il fatto che ci accamperemo qui per almeno un giorno!” spiegò Roy, con quel velo di sarcasmo che, ahilui!, gli veniva tanto naturale.

 

“EH?!”

 

Il Flame sollevò gli occhi al soffitto, sbuffando teatralmente. “La vedi, quella?” e indicò una piccola stufetta a gas, che sostava in un angolo della stanza. “Insieme a questi,” e innalzò le sue mani al cielo, mostrandogli i guanti alchemici “sono il massimo del riscaldamento che abbiamo.”

 

“E con ciò?” sbottò, infastidito dal tono supponente.

 

“E con ciò dobbiamo economizzare spazio!”

 

Ed lo scrutò, dubbioso.

“Sarebbe a dire?”

 

“Sarebbe a dire che-”

 

“Ma la smette di ripetere quello che dico?!” abbaiò, perdendo la calma.

 

Mustang sollevò l’angolo della bocca, in modo irritante. “Nervosetti, eh?”

 

“Solo se sto con lei! Mi indispone, ecco!” agitò le mani, gesticolando ampiamente.

 

“Bene! Almeno non ci annoieremo…” stabilì, soddisfatto. “Ma ritorniamo al problema originario.”

 

Elric, suo malgrado, gli diede attenzione; incrociando però le braccia, in chiaro segno di scarsa pazienza e disponibilità ad ascoltarlo a lungo.

 

“Questa stufa va a gas e consuma ossigeno. Senza contare che non ho cartucce infinite con cui ricaricarla.

Quindi ho scelto di istallarci qui.

Il salotto sarebbe comodo, ma il calore si disperderebbe in corridoio.

A conti fatti, la camera da letto è la stanza che possiamo sfruttare meglio. Stabilì.

 

“Perché non la cucina?”

 

“Hai intenzione di dormire sul tavolo? Io no, di sicuro. Possiamo mangiare anche qui.”

 

“Lo studio e il bagno li escludiamo a priori, ovviamente. Evidenziò, per non sembrare meno brillante.

 

“Sempre che tu non voglia dormire nella vasca!” lo sfotté.

 

“Solo se lei dorme sul tappeto!” lo canzonò. “Ah, no! Mi scusi… lei dorme in piedi, come i suoi simili, giusto?”

 

Tzè! Le allusioni di un fagiolo non mi tangono. Chiarì, con aria di superiorità.

 

“Oh, non ci provi… non la carta delfagiolo’! Ho vinto io! 1 a 0 per me!”

 

Mustang emise un lento espiro. “Acciaio. Ma perché devi sempre complicare tutto?”

 

“Non è stato forse lei a dire che non ci dobbiamo annoiare?!

 

“Adesso sei tu a ripetere ciò che dico io?”

 

“…e se anche fosse?” lo sfidò.

 

L’Alchimista di Fuoco sollevò i palmi, in segno di resa. “Tregua! O non combineremo niente!”

 

Effettivamente, avevano perso un sacco di tempo in stupide ciance, realizzò.

“Vado a prendere le cose di Tora.” Si offrì, come da piano originario.

 

“La lettiera no!”

 

Edo si fermò, voltando il capo verso il suo interlocutore.

“Lo faremo uscire dalla camera a intervalli regolari, ci sono anche i giornali… ma la sabbietta non è igienica in camera…” si sentì ribadire.

 

Per una volta, non trovò da obiettare. “Concordo.”

 

Tornò con cibo in scatola e odioso latte, mentre il Taisa allestiva un angolo di vivande per loro e tirava fuori tutte le coperte disponibili.

Al terzo giro, inciampò quasi sul tappeto in cucina, perché s’era fatto davvero buio e rovesciò il cibo che teneva sul vassoio.

Imprecando, pulì meglio che poté, appuntandosi mentalmente di provvedere il mattino successivo, quando sarebbe stato meno complicato distinguere la punta del proprio naso.

 

Ritornato che fu, sgranò gli occhi, trovandosi davanti un’inaspettata scena: una sfilza di candele sparse ad illuminare in punti strategici; ma non candele bianche, bensì colorate e di vari aromi, forme e grandezze.

 

Il tutto dava un’impressione accogliente, romantica e molto… sensuale.

 

“Giuro che non cercherò di sedurti… ma è tutto quello che avevo in casa.” Si scusò il Colonnello, sollevando anche quattro ceri nivei, degni di tale nome, che posizionò tra gli altri, per stemperare il quadretto languido e dare un’aura di casualità alle posizioni. “Roba vecchia, non la uso da un secolo…”

 

Oh, sì. Come no? Ma si divertiva a prenderlo per fesso?

Chissà quante volte aveva ricreato quell’atmosfera sdolcinata ad hoc, per sedurre le sue amanti!

 

Ed gli rivolse una gelida occhiata disinteressata, posando sopra la specchiera il vassoio delle vivande.

“La cosa non mi riguarda.”

 

Non si chiese neppure come avrebbe reagito l’uomo. Gli voltò le spalle di proposito, quindi andò a sedersi sul letto. E non lo fece apposta, ma fissò le lenzuola che spuntavano dalla trapunta. “Sicché dovrei dormire qui?” sputò, con malcelato astio.

 

Forse Mustang indovinò i suoi pensieri, non che ci volesse un mago, in verità, ma si affrettò a precisare: “Sono pulite da quella parte. Le ho cambiate ieri.

Non ci ha dormito nessuno lì.”

 

“Per quello che me ne importa!” Eppure gli dava fastidio, quell’idea. Poteva negarlo, persino a se stesso, ma lo irritava saper di dover dormire dove stavano le sgualdrine con cui s’intratteneva il Taisa. Non era mai stato un mistero il fatto che deprecasse questo suo smodato libertinaggio.

 

Non gliene fregava un accidente che fosse scortese, tanto più se stava eccedendo nella pazienza del padrone di casa; ed era un sollievo, invece, sapere che lì non c’era stato nessuno a ravvoltolarsi… che non avrebbe trovato… trovato… alcuna traccia altrui.

 

D’altro canto, non sempre Roy sapeva come contrastare questi suoi sbalzi d’umore improvvisi. Talvolta capitava che una risata e una scenata s’alternassero a ritmo vorticoso, ed era di sicuro impegnativo rimanere accanto e tener testa a quel Fagiolo. Tutto ciò gli richiedeva un sacco di energie… si era messo in discussione più volte, come persona. Aveva modificato radicalmente le proprie abitudini, per amor suo; ma Edward sembrava non accorgersene, o forse faceva solo finta… come poteva saperlo, lui?

 

E, in tutto quel parapiglia, volente o nolente, s’infilava il loro gatto, e quello che combinava oppure non combinava.

 

Tora aspettava, infatti, seduto esattamente sul confine della soglia.

Il Taisa lo invitò inutilmente ad entrare. Era sciocco lasciar uscire il calore della stufetta dalla stanza, tanto più che - di lì a poco - l’avrebbero spenta per andare a dormire, e non viziare troppo l’aria con carenza d’ossigeno.

 

La bestiola miagolò, perché si sentiva chiamata; ma non varcò la linea di demarcazione. Quasi a competere con lui.

Eppure, quando lo fece Ed, corse tutto festoso verso il suo padroncino biondo.

 

L’uomo ebbe un moto di stizza. Sapeva fosse un comportamento infantile, perché era necessario che il gatto stesse lì, con loro, tuttavia…

“Ecco! Mesi di addestramento, passati ad insegnargli che qui non si entra mai, andati in fumo!” si lamentò Mustang, che aveva combattuto una dura battaglia, a suo tempo, perché il felino non lo seguisse anche lì. Soprattutto, doveva essere onesto, quando – nei primi tempi – si portava a letto la tizia di turno. E poi gli aveva comprato una cesta, no? Trovarsi pelo di gatto ovunque, soprattutto tra le lenzuola, non rientrava nelle sue più rosee aspettative…

 

E adesso quel traditore non ci aveva pensato due volte, ad entrare. Ma solo perché era stato chiamato da Mame-chan!

Di tanto in tanto, aveva persino il dubbio che lo facesse apposta… che sfidasse la sua autorità… o che si giocasse implicitamente un combattimento, sul predominio virtuale del ragazzo.

E a malincuore doveva riconoscere che quel sacco di pulci era in netto vantaggio su di lui, che agli occhi di Elric contava di più, e che poteva fargli mangiare polvere a sufficienza, nella scala delle priorità di Acciaio.

 

Mangiacrocchette a ufo!” ringhiò tra i denti, con una punta di sana gelosia.

 

“Uhm! Può sempre provare con croccantiniii…” ironizzò Fullmetal, riacquisendo allegria.

 

“Zitto, Fagiolino!” lo avvertì.

Ma Ed era così convinto di aver segnato una tacca nell’orgoglio del suo Comandante che non si curò neppure di arrabbiarsi.

 

 

Cenarono abbastanza presto, quella sera. Un pasto intiepidito dall’Alchimista di Fuoco, e una scatoletta per gatti. Poi lessero un pochino, a lume di candela e torcia; ma quando la luce si fece più fioca, considerarono fosse meglio risparmiare la lampada per le emergenze, visto che le batterie di scorta erano al freddo, nello studio. Discussero al buio per una buona ora, soprattutto su di un’ipotesi elaborata da Fullmetal, in seguito ad un viaggio andato a vuoto, nel Sud del Paese, compiuto una decina di giorni prima.

 

Dopo una breve sortita in bagno – lavarsi i denti con l’acqua gelata era uno strazio -, si risolvettero ad andare a dormire, delimitando ben bene gli spazi di ognuno.

A Tora era stato affidato un vecchio maglione di Roy, in cui il micio s’era infilato senza tante cerimonie, trovandolo di suo gradimento.

D’altra parte, prima di spegnere le ultime candele, la stufetta era stata disattivata, quindi la temperatura, nel corso della notte, sarebbe scesa di sicuro.

Ammucchiarono strati di coperte e, vestiti di tutto punto, lasciarono che il sonno li cogliesse.

 

 

Continua...



Disclaimers: I personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.

 

Note varie: eccoci al pezzo che dà il titolo a questo capitolo sminuzzato nelle sue sottoparti.
Tutto il 30° capitolo ruota attorno all’Alchimia del Fuoco, e quindi al potere di Roy.

Ma perché, vi chiederete, non l’hai intitolato ‘Flame Man’?

E’ vero che Mustang, l’Alchimista di Fuoco, è chiamato (anche nei fandom esteri) sempre Flame Alchemist, e non Fire Alchemist, però… sarà una mia puntigliosità, ma qui non adopera solo ‘il fuoco’, in quanto tale, ma anche i suoi derivati (la concentrazione d’ossigeno, per esempio; o la disgregazione molecolare…), e quindi non solo ‘fiamme libere’, come si suol dire.

Tra parentesi, giusto un mesetto fa, ho avuto uno scambio d’opinioni con RizaFK, che purtroppo non legge questa fic, ma pazienza.

Il succo dei nostri discorsi è che lei riteneva Flame più figo di Fire; e che, anche a livello di pronuncia,Flame Alchemist’ sia più semplice da dire.

Sarà che nella mia testa traduco in automatico (tipo quando leggo ‘Taisa’, e penso: ‘ah! Colonnello’) ma l’Alchimista di Fiamma non mi piace! >.<

E poi ci stava bene, ripeto, col precedente “Rain Man”).

Perdonate le mie bizzarrie. (_ _)

 

 

Precisazioni al capitolo precedente: eh, sì… ilpiccolo’ Tora che scopre la neve fa quasi tenerezza! ^__^ (In stile: guarda il nostro pargolo!!) C’è da dire che è comprensibile l’arrabbiatura di Roy, che odia i tetti e l’altezza! Giuro che ridevo come una scema, immaginandomelo a gridare in quel modo! *__* Per fortuna che Ed sa sdrammatizzare!

Il riferimento velato a Ishbar è voluto, non tanto per rattristare, ma per dare realismo. Mustang, per quanto io tenda a divinizzarlo, è un uomo con i suoi difetti, i suoi peccati, le sue colpe da portarsi dietro, e nella pseudo-realtà è bene ricordarlo, ogni tanto.

 

 

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elyxyz

 

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Capitolo 32
*** Fire Man (III parte: Attorno al Fuoco) ***


Note: il seguente scritto contiene lievi riferimenti yaoi

Note: il seguente scritto contiene lievi riferimenti yaoi.

Per ulteriori spiegazioni, compreso il sottotitolo, vi rimando alla conclusione della fic, dopo la lettura.

 

 

Ci tenevo a regalarvi un capitolo dolce, come dono di Natale.

Dedicato a voi tutti, che seguite questa raccolta.

Con la speranza che siano giorni di gioia e serenità, accanto a chi amate.
Tanti Auguri.

 

 

 

 

Fire Man

 

(III parte: Attorno al Fuoco)

 

 

by elyxyz

 

 

 

 

Edward si destò, senza un motivo preciso. Aveva la sensazione d’aver dormito solo poche ore, che fosse ancora notte; ma quando sbatté le palpebre, stordito, s’accorse con sorpresa che la camera non era completamente immersa nel buio. C’era un lieve lucore aranciato, in fondo ai piedi del letto, che proiettava ombre fin quasi sul soffitto. Si girò piano, ingombrato dagli strati di vestiti e dalle coltri pesanti, verso il Colonnello. Ma, con suo stupore, il letto era vuoto.

Non seppe il perché, eppure sentì una fitta di irrazionale delusione e un misto d’ansia, di smarrimento.

Taisa?” bisbigliò, quasi con timore, sollevandosi a sedere.

 

Mustang si voltò, con lentezza, per quanto gli era concesso, data la posizione rannicchiata.

“Sono qui, Ed. Torna a dormire.”

 

Ma Elric fece esattamente il contrario, gattonando sul piumone fino al confine tra letto e divanetto, dove Roy stava raggomitolato, avvolto in un plaid, che aveva sottratto ai mucchi di coperte.

“Torna a dormire.” Gli ordinò di nuovo, con voce gentile.

 

“Cosa fa?” domandò, rabbrividendo. Solo in quel momento s’accorse che la finestra era socchiusa.

 

“Lo stato termico si è abbassato eccessivamente. Ho riacceso la stufa per un po’, ma mi sono accorto d’aver bruciato troppo ossigeno, con la fiammata dei guanti. Non voglio un’emicrania, se posso evitarlo. Quindi applico un ricambio d’aria, mantenendo la temperatura. Mi ci vorrà una mezz’oretta. E poi verrò a dormire. Abbiamo ancora molte ore di sonno davanti. Fissò il fuoco. “Dormi.” Suggerì, per la terza volta. Una premura maldissimulata.

 

“Mi fa un po’ di posto? Le tengo compagnia.” Disse, e scavalcò la spalliera, abbarbicandosi sul divanetto, che era fin troppo stretto per due, e s’infilò sotto la coperta. La sua coperta. Quella bianca a macchioline con colore e forma di azuki, che s’era ritrovato per scherzo sul divano, quand’erano cominciati i primi freddi, regalo ironico del Taisa.

‘Non puoi negare! E’ perfetta per te, Mame-chan!’ aveva ghignato una sera, lanciandogliela addosso.

E lui aveva sbraitato per principio, offeso. Anche se era morbida, incredibilmente soffice. E teneva caldo in modo delizioso.

Non lo aveva neppure ringraziato. Anzi, lo aveva minacciato – neanche tanto scherzosamente – di stare attento, perché gli aveva inconsapevolmente fornito il mezzo per soffocarlo, nel sonno.

 

Edward sorrise, ricordando. E si strinse un po’ di più in quel calduccio.

A Roy non sfuggì quell’improvviso buonumore del suo Fagiolino, anche se erano scomodi e stretti e, se avesse voluto essere stronzo, bastava far notare che non ci sarebbe stato più posto neppure per un fagiolo, in quel piccolo sofà. Ma non era masochista e non voleva infrangere quella breve parentesi di quiete, e se ne stette zitto.

Ma perché Ed s’era rintanato lì, di sua iniziativa... lui, che cercava di stargli più lontano che poteva?

 

“Mi piace guardare il fuoco che brucia nei focolari. Mi affascina.” Mormorò il giovane, mentre lo sguardo fissava rapito le fiamme che danzavano oltre la griglia di protezione, dentro quella specie di strato di lanugine color sabbia. Lingue arancioni, scarlatte e gialle, in costante movimento, come se avessero vita propria.

 

E solo in quel momento, ottenendo risposta, Roy s’accorse d’aver dato voce ai propri pensieri; talmente stupito da non cogliere del tutto i riferimenti impliciti di un’affermazione così, anche se – data l’ingenuità di Edward – si potevano escludere a priori dei sottintesi.

Mi piace guardare il fuoco che brucia nei focolari. Mi affascina.

 

Una frase così, innocente, aveva un potere allusivo spaventoso, per uno che si chiamava Flame Alchemist. Ma non era il momento. Non era l’ora. E il rischio di rovinare tutto, di frantumare quell’armonia, gli stringeva il cuore.

 

Mi piace guardare il fuoco che brucia nei focolari. Mi affascina.

Accarezzava quelle parole con le dita della mente, vezzeggiandole in un limbo solo a lui concesso, fino a che…

 

“Ma non è un focolare!” annotò, trattenendo una risata divertita.

 

“E’ la cosa che più si avvicina ad un caminetto… riesce a stregarti, a rapirti coi suoi movimenti sinuosi e improvvisi, imprevedibili.

 

Non stava parlando di lui, vero?

 

“Giovanotto, fila a letto!” lo sgridò, un tono fintamente severo. “Il monossido di carbonio ti sta dando alla testa!”

 

Edo si riscosse, come se fosse stato svegliato di colpo. “Co-cosa?!”

 

“Tu straparli e io sto stretto e scomodo. E c’è un letto dietro di te. Usalo!” lo cacciò, burbero, avvertendo la pressante necessità di aumentare le distanze tra loro.

 

“Ma io… io credevo…” balbettò confuso e poi si zittì un breve istante. “Col cavolo! Resto finché resta anche lei!”

 

“Dannato moccioso!”

 

“Vecchio Taisa artritico!” inveì, inciampando sulle ‘ti’.

 

Roy scoppiò in una bassa risata. “Vedi, Mame-chan!, non riesci neppure più a parlare correttamente! I marmocchi sono già nel mondo dei sogni da un pezzo…”

 

In fondo bastava poco per ristabilire le proporzioni e farsi passare certe idee... non occorreva mica cacciarlo via, bastava farlo arrabbiare un po’...

 

“IO NON SONO UN MAR-”

 

Miaoooo…”

 

Tora si stiracchiò, azzittendolo. Fuoriuscì dal maglione che aveva assurto come tana, brontolando il proprio dissenso per quei rumori notturni che avevano interrotto il suo sonno felino.

Osservò i suoi due padroni da sotto in su, zampettando flessuoso davanti alla fonte di calore.

 

“Miao…” ripeté, forse a chiedere il permesso o a pretendere spazio e posto, perché saltò agile su di loro, atterrando sul grembo di Ed, che si vide costretto a schiacciarsi contro Roy.

Uno dei travetti di legno scricchiolò sinistramente. I due soldati si scambiarono un’occhiata.

 

“Ancora una briciola di pane, e finiamo col sedere a terra tutti e tre!” profetizzò il padrone di casa, tra il preoccupato e il divertito.

 

Tora, incurante della sua invasione, si mise a fare le fusa, in cerca di coccole. Ed lo fece accomodare un po’ sotto la coperta. Il piccolo sofà cigolò nuovamente.

 

“Smettila di muoverti…” suggerì Mustang, grondando buonsenso.

 

“Devo anche smettere di respirare?” domandò Edward, artificiosamente serio.

 

“Se ti riesce….” Rispose a tono.

 

“Oh, ma si figuri… ho già il torcicollo e non sento più un piede…”

 

“Quello con l’auto-mail?” malignò il Colonnello.

 

“Ma quant’è simpatico…” ringhiò tra i denti il biondo, facendo crocchiare un’articolazione.

 

“Ed? Non è che mi resti anchilosato per davvero?” si preoccupò.

 

“Tanto non mi scanso di qui… è questione di principio!” lo avvertì, eppure non negò il disagio.

 

“Mulo testardo!” abbaiò Mustang, trascinandoselo contro, con una semplicità che lo stupì.

 

Adesso poteva allungare le gambe, e appoggiare la nuca sulla spalla dell’altro. Il suo collo avrebbe ringraziato a lungo. Malgrado ciò, però, non era una posizione confortevole, per Edo. Forse perché si ritrovava praticamente in braccio al suo Comandante, il che non era particolarmente consono né comodo.

L’unico che sembrava guadagnarci da tutta questa situazione era il gatto, che ronfava con piacere, già scivolato – nuovamente – nelle sue cacce oniriche ai topolini meccanici.

 

Roy s’era aspettato un minimo di protesta, fisica o verbale, o uno spostamento; invece Fullmetal se ne stava lì, zitto e muto, a ridosso di lui, la testa contro la sua scapola, i capelli sciolti sparsi su entrambi.

 

Acciaio… ma ti sei addormentato?” bisbigliò, dopo un tempo che gli parve un’eternità.

 

“Ma non può starsene almeno due minuti in silenzio e basta?!” si sentì sgridare, ed era così raro, che fosse Edward, ad invocare il silenzio!

 

“Scusa…”

 

Lo sentì sospirare, spazientito. “Non stavo dormendo, stavo pensando.”

 

“A cosa?” osò chiedere, incerto se fosse sbagliato insistere.

 

“Diamine, ma quant’è curioso!”

 

Mortificato, non rispose.

 

Edo si accomodò meglio, rischiando il tracollo definitivo dell’intera struttura.

“Ad un ricordo lontano. Pensavo ad un ricordo lontano.” Disse, in tono remoto. “In casa Rockbell c’era un focolare, una volta. Zia Sarah ci faceva sempre sedere sul tappeto che gli stava davanti, e ci raccontava delle storie… a me,Winry ed Al. Potevamo rimanere fermi per delle ore, ad ascoltarla. Era bravissima, un modo di narrare coinvolgente, sapeva fare mille vocine diverse, a seconda dei personaggi. O forse eravamo solo noi dei bambini ingenui…” Chiuse la bocca, accarezzando distrattamente il pelo tigrato.

 

Roy attese, senza sapere bene cosa aspettarsi.

 

“Voglio una casa che abbia un caminetto.” Riesordì all’improvviso, come se non avesse mai smesso di parlare. “Un giorno o l’altro, quando Al riavrà il suo corpo. Breve pausa. “E un tappeto gigante e folto, su cui sdraiarsi senza prendere freddo, e ammirare le fiamme senza che nessuno mi dica che è ora di andare a letto. Un caminetto tutto mio.

…tutto mio.”

 

Le lingue di fuoco continuarono indisturbate la loro coreografia.

 

“E’ solo uno sciocco desiderio infantile, lasci perdere. Si schernì, vergognandosi forse d’essersi lasciato andare a confidenze così private.

 

“Non è sciocco, né infantile.” Lo contraddisse. “Mi dispiace solo che tu debba pazientare… il Dormitorio Ufficiali non è certo il posto più indicato per-”

 

“Non ci starebbe neppure. E poi io voglio una casa, Taisa. Una casa vera. Non un domicilio di passaggio.”

 

“Giusto.”

 

“Davvero? Davvero non lo considera stupido?” richiese, titubante.

 

“Assolutamente no. Anzi, mi piace questa tua idea. Io non ho mai avuto un focolare, ma se tu resti affascinato persino da questo surrogato di stufa, sono curioso di sapere come dev’essere bello dal vero: uno autentico, grande, colmo di legna scoppiettante e fragranza di abeti, o larici…”

 

“E un tappeto morbido e folto, non dimentichi!” lo redarguì, quasi eccitato.

 

“E un tappeto morbido e folto.” Concesse.

 

Il basso ronzio della stufetta li cullò ancora un poco. Il tempo era trascorso senza che se ne accorgessero. Edward sbadigliò.

 

“Credo sia caldo a sufficienza,” lo avvertì Roy, prima che si assopisse lì, “possiamo spegnere tutto e tornarcene sotto le lenzuola. Dovrebbe bastare fino a domattina.”

 

Quasi a malincuore si separarono; mentre l’uno chiudeva la finestra e spegneva l’apparecchio di riscaldamento, l’altro cercò di posare delicatamente Tora nella cesta, coprendolo col maglione. Ma il micio non era dello stesso avviso e, destatosi, gli trotterellò dietro, saltando sul materasso e acciambellandosi addosso a lui.

 

Fullmetal scambiò uno sguardo dubbioso col suo superiore.

“Può restare qui, per stavolta.” Accondiscese, generosamente, il Flame Alchemist, coprendosi a sua volta.

 

Taisa?” lo chiamò, tra uno sbadiglio e l’altro, spegnendo la torcia sul comodino.

 

Mh?”

 

“Si è tolto i guanti, vero?”

 

Mmmhhh… perché?”

 

“Se s’addormenta e magari si gratta nel sonno… saltiamo per aria?”

 

Una risata cristallina riempì la stanza, assieme ad un brontolio di indignata protesta.

 

“E’ meglio che dormi, Ed. Il tuo cervello di notte lavora part-time.

 

Baka Taisa! E io che mi preoccupavo per lei!”

 

“Buona notte, Ed.” lo salutò, come a dire che la conversazione era finita.

 

Uno sbuffo. “’Notte.”

 

 

Continua...



Disclaimers: I personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.

 

Note varie: il titolo di questa parte ‘Attorno al fuoco’ è un omaggio ad un libro di narrativa per ragazzi, suo eponimo. Ce ne sono a migliaia, intitolati così, di racconti intorno ad un fuoco, ma il mio si rifà a quello degli Indiani d’America, antica rimembranza di scuola, visto che Roy e Ed sono seduti sul divano come indiani, attorno al loro fuoco. ^__^

 

Ricordo che gli azuki sono i fagioli rossi, tipici di molti piatti giapponesi, soprattutto dolci.

 

 

Precisazioni al capitolo precedente: spendo due parole sulla scena(ta) delle candele.

Roy si sente davvero mortificato, perché – malgrado la battuta per dissimulare l’imbarazzo – sa che Edward non è scemo, ed è un po’ come se sventolasse un drappo rosso davanti ad un toro… si è davvero ridotto ad avere solo quelle in casa, sennò non lo avrebbe indisposto volontariamente nei suoi confronti. Che poi debba anche contenere i propri bollori, in questa scenetta equivoca, beh, questo è di secondo piano.

Il suo maglione regalato e il cambio d’abiti, per me, significano molto.

Come è stato detto, Roy glielo regala di buon cuore, con generosità. Ciò non esclude, (un po’ più egoisticamente) che gli faccia piacere sapere che Ed ha/indossa qualcosa che gli è appartenuto.

Il cambio d’abiti potrebbe anticipare una pre-convivenza. In realtà, al momento, evidenzia solo un rapporto che si sta solidificando sempre più, tanto che Ed va regolarmente a Casa Mustang, e quindi la richiesta di Roy - di lasciare un cambio lì - è legittima, oltre che sensata. Se poi sa odore di intimità, di confidenza, siamo libere/i di pensarlo… io, come RoyEd fan, lo annuso benissimo! ^__=

La piazzata di Edo sulle lenzuola non la trovo affatto infantile. Darebbe fastidio anche a me dover dormire dove sono certa qualcun altro abbia fatto i comodi suoi… qui non c’entra una gelosia implicita, o forse sì, ma solo inconscia! ^__^

 

 

Riflessione estemporanea:

Giusto ieri, questa raccolta ha raggiunto le 50 preferenze, tra gli utenti registrati di EFP.

Anche se mi resterà sempre il dubbio del perché alcuni di loro non mi abbiamo mai detto perché o cosa amino di It’s raining, vorrei condividere con voi questa mia soddisfazione personale, e ringraziare (rigorosamente in ordine alfabetico):

aduah AtegeV Ayako_Chan Bad Girl boll11 chamaedrys chibimayu Dark_angel Ed92 Edward Son eLiSeTtA Envuccia Faust Fed Feda fedar fullmetalQUEEN giuly89 grethy inuyasha94 Kaguya Kayra LadyKokatorimon lake last exile lelith Lynliss Melisanna_ Mikayla MiLiKa Minerva Bellatrix mua nacchan NekoRika Neverwinter Nii_san onlykitsune SangoHachiko Seiko Sephiria Setsuka Sghergy Shinji Sparrow Tao tsunade22 Vocedelsilenzio Yumi  _ALE2__ pEaCh_

 

 

 

Mi rendo conto che questi saranno giorni impegnati, ma vi ricordo che a Natale siamo tutti più generosi, quindi:

 

 

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Come sempre, sono graditi commenti, consigli e critiche.


Grazie (_ _)

elyxyz

 

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Capitolo 33
*** Fire Man (IV parte: Il tartufo (con)gelato) ***


Note: il seguente scritto contiene lievi riferimenti yaoi

Note: il seguente scritto contiene lievi riferimenti yaoi.

Per ulteriori spiegazioni, compreso il sottotitolo, vi rimando alla conclusione della fic, dopo la lettura.

 

 

Dedicato a voi tutti, che seguite questa raccolta.

Che sia un 2008 ricco di cose belle.

Tanti Auguri.

 

 

 

 

Fire Man

 

(IV parte: Il tartufo (con)gelato)

 

 

by elyxyz

 

 

 

 

Si svegliò perché sentiva il naso ghiacciato. L’unica sporgenza che non poteva infilare sotto le coperte, dannazione a lui!

 

Doveva essere mattina presto.

Lo pensò in modo coerente, anche se aveva tirato a caso. Sprofondato nell’ozio dei sensi ottenebrati, aveva la convinzione che, se avesse aperto anche solo un pochino la palpebra, anche una sola, sarebbe stato più difficile riaddormentarsi.

Sapeva dov’era. La camera del Taisa, no?

Dannata nevicata.

 

Strofinò il naso contro il lenzuolo, ma non ottenne l’effetto sperato.

Cercò di nasconderlo, almeno qualche istante, ma la mancanza d’ossigeno si fece essenziale.

 

S’avvicinò una mano al viso, piano, frizionando la cute; ma non doveva esser poi molto sveglio, perché aveva adoperato l’auto-mail. Si diede dell’imbecille da solo. Ma fu solo quando tentò di sollevare l’altra, quella di carne, che s’accorse che gli era impossibile spostarla, perché un peso non suo glielo impediva.

Il braccio del Colonnello, che gli attraversava il costato, gli impediva ogni spostamento sul lato sinistro del corpo.

 

Di colpo realizzò quella vicinanza calda. Quanto fosse una vicinanza calda.

Trattenne il respiro, aprendo per davvero gli occhi. Il fiato di Roy Mustang non gli arrivava in faccia solo perché – almeno con se stesso poteva ammetterlo – era più alto di lui e quindi andava a sollevare i suoi capelli e la sua antennina bionda. Arretrò la testa di scatto, imbarazzato.

 

Non era sua consuetudine dormire con un’altra persona così vicino. Anche se era un uomo.

Neppure Al gli rubava così tanto spazio vitale! E poi Al era suo fratello, non faceva nemmeno testo!

 

...che situazione disdicevole...

Ecco, come la pensava il suo cervello, mentre fissava Mustang come se fosse stato il lupo cattivo.

Il problema era che, se si fosse scostato, probabilmente avrebbe svegliato l’altro… e poi? Cosa gli avrebbe detto? Che si vergognava a dormire così schiacciato ad un altro uomo? Che si sentiva a disagio? Che era scomodo?

Un lungo corteo di sfottimenti del Taisa gli sfilò davanti, molto più vergognosi di qualsiasi sua vergogna.

 

Esalò un sospiro affranto; e, arrendendosi agli eventi, chinò il capo, in senso metaforico e fisico.

Fu allora che il suo naso andò a sbattere contro quella spalla calda, quel tepore che gli permetteva di scaldarsi senza soffocare, perché l’aria entrava e usciva dalla bocca.

 

Si appellò con le unghie e coi denti al suo Credo. Invocando il Principio dello Scambio Equivalente, abbandonò ogni remore e infilò il naso tra la spalla e il collo del moro, mentre - nell’ultimo barlume razionale - si domandava se si potesse finire sotto Corte Marziale per una cosa così.

 

 

Cercava il suo calore.

Scusa patetica o pretesto ragionato, poco importava.

Se l’era ritrovato addosso, il peso di Tora schiacciato sulla schiena e quello di Ed contro lo sterno.

In cerca di caldo.

La testa bionda incassata nell’incavo della sua spalla.

I suoi capelli sciolti gli facevano il solletico, sotto al mento.

Avrebbe desiderato scansarli.

Ma per scansarli era previsto un movimento, e lui si era riscoperto pigro. Pigro pigro. Pigrissimo.

Chiuse gli occhi e rimase lì, centellinando ogni istante, ogni prezioso istante, finché il sonno non lo colse.

 

 

Continua...



Disclaimers: I personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.

 

Note varie: il titolo di questa parte ‘Il tartufo (con)gelato’ si riferisce ovviamente al naso freddo del nostro cucciolo dell’Esercito, in quanto il tartufo è il nome tecnico del naso dei cani, per chi non lo sapesse.

E poi c’è questo maldestro gioco di parole sul gelato (il dolce) al tartufo, che è sì dolce, ma con quella polverina amara sopra, un po’ come questo momento coccoloso, che però non durerà in eterno, e quindi dal retrogusto amarognolo.

 

Chiedo scusa per la brevità di questo capitolo, lo so da me che magari vi aspettavate qualcosa di più.

In realtà dovevano essere 500 parole esatte, una flash-fic per concludere le prime 24 ore della ‘Grande Nevicata’ e invece ho sforato per una manciata di parole. Pazienza.

Avrei anche dovuto postarla prima, però ho ritardato nella speranza (vana >.<) che i commenti aumentassero, visto che da quasi un mese sono in costante calo.

Per di contro, oggi ho conquistato la 55ª preferenza tra gli utenti, e quindi ringrazio le nuove cinque persone (Giulieeettaa, Chiby, Dimea, Roby chan e Roy Mustang sei uno gnocco) che mi hanno permesso di raggiungere questo mio record personale; anche se – mio personalissimo gusto opinabile – io preferisco unpreferiti’ di meno e un commento in più, perché le statistiche non le guardo quasi mai, mentre le vostre recensioni vengono da me lette e apprezzate in tempo reale, e perciò hanno più valore. Per questo  ringrazio: Setsuka, nacchan, Tao, Chibimayu, Chiara, _mame_, Ed 92, NekoRika, Red Robin, Dimea, Yuki, inuyasha94, Desy, Aduah, Saїx e Shatzy, per essersi presi il tempo di esprimere un parere sul capitolo precedente, malgrado gli impegni delle festività. Grazie.

 

 

Precisazioni al capitolo precedente: la scena sul divanetto l’ho immaginata molto intima, nel senso che ti invoglia a fare confidenze che di solito non faresti. E’ un insieme di circostanze che fanno sciogliere la lingua di Edo-kun, e Roy - che quasi non ci crede, tanto è straordinaria la cosa -, comprende il suo sforzo e lo valorizza, benché si senta un po’ maldestro a gestire la conversazione.

D’altro canto, il senso di cameratismo era inevitabile, e quei due si stanno sciogliendo! ^__^
Tora, poi, con la sua felina invadenza, è un ottimo collante! ^_=

Per Chiara: sì, ogni capitolo ha diverse chiavi di lettura, da quella letterale a quella coi significati impliciti… pensa te, a quanto il mio cervello fonde, mentre scrivo! XD
E poi Mustang sta riempiendo il suo Fagiolino di regali-provocazioni, e non è ancora finita! ^__=

 

 

Bene. La prossima parte racconterà le successive 24 ore, e capiteranno diversi eventi. In particolare, un Taisa dal lato nascosto, con nuove doti da scoprire e un passato travagliato…

 

 

 

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Grazie (_ _)

elyxyz

 

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Capitolo 34
*** Fire Man (V parte: Calori canini ed estri improvvisi) ***


Note: il seguente scritto contiene lievi riferimenti yaoi

Note: il seguente scritto contiene lievi riferimenti yaoi.

Per ulteriori spiegazioni, compreso il sottotitolo, vi rimando alla conclusione della fic, dopo la lettura.

 

 

Dedicato a chi ha commentato i precedenti capitoli della raccolta.

Grazie.

 

 

 

 

Fire Man

 

(V parte: Calori canini ed estri improvvisi)

 

 

by elyxyz

 

 

 

 

Quella mattina, la sveglia non suonò neppure.

Si destarono che era quasi mezzogiorno, richiamati da un Tora che – da buon gatto educato qual era – aveva sentito la necessità impellente di riottenere la propria cassetta igienica, e magari un po’ di privacy, cosa carente in quella stanza.

 

Mentre la stufetta riaccesa compiva il suo dovere, prepararono la colazione. Uno schiocco sapiente di dita, e l’acqua bolliva nelle tazze, il the in infusione.

“Mi spiace per il suo caffè amaro…” si rammaricò Ed.

 

“Pazienza. Sarebbe un casino con la moka, ma se proprio volessi, potrei. E’ che non ne vale la pena.” Giocò col filtro della bustina, che colorava tutto di un bel rosso cupo.

 

Tora grattò sul legno, per farsi riammettere nella camera. Restarono entrambi sbalorditi dall’improvviso buonumore del loro micio. Evidentemente era stata una seduta proficua.

 

Dopo aver terminato di sbocconcellare il pane secco e marmellata, si spostarono a scaldare il bagno, per darsi una sistemata veloce.

L’acqua era davvero gelida, e procrastinarono un’eventuale doccia a tempi più favorevoli.

Eppure l’impeccabile Flame Alchemist appariva, riflesso nello specchio, alquanto trasandato.

 

“Me lo potevi anche dire che sembro un naufrago!” sbottò, sfregandosi con la mano la barba di due giorni.

 

Edo smise di strofinarsi i denti, sputacchiando saliva e sbrodolando dentifricio un po’ ovunque.

“Ha qualche impegno galante?” ironizzò, sciacquandosi in fretta, per via dell’acqua gelata.

 

Mustang sollevò un sopracciglio. Con te, magari?

“Lo sai che ci tengo ad essere quanto meno presentabile.

 

“Io non mi formalizzo!” ghignò il biondo, spazzolandosi i capelli. “E poi in missione l’ho vista anche messo peggio di così!”

 

Roy mugugnò il proprio dissenso e poi, ottenuta la sua attenzione, indicò vagamente il lavabo, water e bidet. “Fai con comodo, io ci metterò di più.” S’incamminò verso l’uscita.

 

“E adesso cosa fa?” si sentì urlare dietro.

 

“Controllo se almeno la linea telefonica è stata ripristinata, vorrei sentire come vanno le cose al Quartier Generale!”

 

Edward chiuse la porta dietro di sé, per i suoi primi cinque minuti di intimità nelle ultime due ere glaciali.

Non che stesse male in compagnia del Taisa, ma.

Anzi! Questa loro convivenza forzata gli stava pesando meno del previsto, tutto sommato.

 

 

Il padrone di casa – appurato che le comunicazioni erano ancora interrotte - ottenne l’accesso alla toilette una decina di minuti più tardi, per poter passare al doveroso restauro della propria, vanitosa persona. Senza contare che, al di là del commento caustico di Ed - e della completa noncuranza di Mame-chan riguardo alla sua possibile immagine -, Roy sapeva che l’aspetto contava.

 

Ritornato rasato di fresco, lo trovò sdraiato a pancia in giù sul letto, col naso infilato in un libro.

Deglutì a vuoto, alla visione di quella novella Lolita inconsapevole.

“Potremmo…” fare l’amore fino allo sfinimento? “leggere un po’?”

 

“E’ quello che sto già facendo!” replicò, senza darsi pena di staccare gli occhi dalla pagina.

 

E fu un bene, perché altrimenti avrebbe visto quello sguardo affamato.

 

Mustang rimase a contemplarlo, basito.

Rendendosi improvvisamente conto che sentiva caldo, un caldo infernale.

 

In quello stesso istante, Edward accantonò il tomo e si sfilò i due maglioni, rimanendo a torso nudo, quasi gli avesse letto nella mente, frugando nei suoi pensieri poco casti. Si sentì avvampare.

 

Ed lo fissò, arrossendo a sua volta. Si sollevò dal letto, avvicinandosi a lui.

Roy ingoiò aria.

 

“Credo… credo di aver rotto il termostato della stufa…” sussurrò, colpevole. “Non sente che caldo?”

 

E d’improvviso il Flame realizzò che non era lui ad andare a fuoco, ma era la stanza stessa che aveva una temperatura esagerata.

Si riscosse, come se avesse ricevuto una secchiata ghiacciata.

Anche se le mani gli tremavano un po’, finse un contegno che in realtà non provava, realizzando che sì, il termoregolatore del rubinetto era bloccato, forse rotto.

Quindi avrebbero patito o un caldo ishbaliano oppure un freddo nordico. E, seppure lui avesse un pessimo ricordo delle regioni a Nord, era esattamente quello che gli serviva, per farsi passare i propri bollenti spiriti.

 

Con una scusa anche abbastanza approssimativa, se ne andò via, farfugliando qualcosa sulla cassetta degli attrezzi nel ripostiglio.

 

Dopo aver inspirato ed espirato a lungo varie volte – e raccattato il primo arnese a caso -, fece ritorno nella camera. Il soggetto dei suoi pensieri peccaminosi non aveva ripreso a leggere, lo attendeva accucciato davanti al calorifero: sudava leggermente, piccole gocce trasparenti imperlavano la sua fronte e il collo, e poi correvano giù verso l’incavo della clavicola, tra pelle e innesto d’acciaio.

 

Mustang boccheggiò, maledicendosi in tutte le lingue che conosceva, raggiungendo solo al terzo tentativo la zona da aggiustare.

 

“Lei se ne intende, Taisa?” si sentì chiedere, un mormorio vicino, troppo vicino.

 

“NO!” strepitò, sollevandosi eretto. “Anzi, sai che ti dico? Che è pericoloso! Qui abbiamo una fiamma libera e del gas, con una cartuccia quasi piena. E’ meglio che tu esca, prendi anche il gatto e aspettami in cucina!” gli spinse i maglioni infagottati in mano.

 

“Ma Colonnello! Non la lascio qui da solo!” protestò Fullmetal, interdetto e preso in contropiede. “Magari ha bisogno di aiuto!”

 

“Insisto, Maggiore Elric! Questo è un ordine!!

 

Ed masticò il suo dissenso, condendolo con una vaga recriminazione votata all’ingiustizia e alla prepotenza. Ma non gli rimase che cedere. “Davvero non c’è nulla che possa fare?”

 

Sì, che puoi. Ti prego, ti prego,vattene via!

Qualsiasi cosa, ma vattene!

Il celebre Eroe di Ishbar strinse con furia il giravite, facendosi persino sbiancare le nocche, cercando di infilarlo correttamente. E lo odiò, e lo maledì. Perché non ci riusciva. Ma non tutto il male veniva per nuocere…

 

“Acciaio, per cortesia, il cacciavite non entra nel cilindretto metallico di supporto. Andresti nello sgabuzzino a prendere quello con punta a stella, non a scalpello, precisamente la n°6?”

 

Il ragazzo annuì volenteroso, rivestendosi e uscendo di lì, seguito dal loro felino tigrato.

 

Roy sospirò, per l’ennesima volta in quella mattinata.

Si sentiva un po’ bastardo, sì.

D’altra parte, la situazione di crisi andava affrontata di petto, no?

 

Diede una sbirciatina in basso, ringraziando il provvidenziale maglione ampio e coprente, che aveva mascherato la sua eccitazione.

Rimase accovacciato a lungo, seduto sul pavimento, a farsela passare. Anche perché Edward non sarebbe tornato tanto presto.

 

Difatti ricomparve solo parecchio tempo dopo, abbastanza contrito.

“Ce n’erano di varia misura,” esordì “e ho ravanato ovunque, mi creda. Ma non ho trovato quello che cercava lei. Si scusò.

 

Certo che non l’aveva trovato. Semplicemente perché in Casa Mustang non c’era un cacciavite n°6. E Roy lo sapeva bene.

 

“Non importa. Ho risolto comunque.” Spiegò, issandosi da terra. “E’ un rattoppo provvisorio, ma spero che tenga.

 

Arieggiarono l’ambiente e d’improvviso si trovarono a corto d’argomenti con cui intrattenersi.

Edo riagguantò il libro che stava studiando, senza decidersi a riprendere seriamente la lettura, come se fosse distratto da qualcosa. L’altro se n’era accorto, e tanto valeva chiarirsi, giusto?

 

“Avanti, sputa il rospo!” lo incitò, prendendo il toro per le corna.

 

Taisa… io, prima… ho visto…” tentennò Elric, incerto se continuare.

 

L’uomo sbarrò gli occhi sconvolto dalla rivelazione inaspettata, mentre sentiva il cuore esplodere in gola.

E adesso cosa gli diceva? Come si giustificava??

 

“Cioè…” s’imporporò, come se fosse stato colto con le mani nel barattolo della marmellata. “Non avrei dovuto curiosare, ma… lei suona?”

 

“EH?!” esclamò, più stordito che impaurito.

 

“La custodia, nel ripostiglio… non contiene forse una chitarra?”

 

La chitarra? LA CHITARRA??

Stava morendo d’infarto per quel dannato cimelio d’anteguerra?!

 

S-sì. C’è la mia vecchia chitarra classica…” gli spiegò, dopo che il cuore s’era disincagliato dal pomo d’Adamo ed era tornato in sede. “Vecchia, vecchissima, non la uso da un secolo…” si giustificò, motivando così anche il fatto che s’era completamente dimenticato della sua esistenza.

 

Aveva imparato a suonarla da ragazzo, per fare dispetto a Maes.

E doveva riconoscere che quell’attrezzo sgangherato gli aveva reso parecchi favori…

…fare impazzire Hughes, con interminabili ore di solfeggio, per esempio; e, non da ultimo, la possibilità di cuccare a tutto spiano, perché due note messe in croce e un accordo particolarmente sdolcinato era sempre utile: sembrava far sciogliere anche la ragazza più difficile.

 

“Non immaginavo sapesse suonare uno strumento!” la voce sinceramente stupita - e lievemente eccitata - di Mame-chan lo distolse dai suoi ricordi di gloria.

 

“E’ un modo un po’ contorto per chiedermi di strimpellarti qualcosa?” tirò ad indovinare sogghignando, perché aveva riacquisito il controllo della situazione.

 

“Beh, io… uhm… no. Non oserei…” farfugliò, a disagio. “E’ che abbiamo un sacco di tempo libero…”

 

Roy sorrise, indulgente. Questa era di sicuro la peggior scusa che sentiva da... da quando, neanche mezz’ora prima, pensava di esser stato scoperto.

“Vai a prenderla, vediamo che si può fa-”

 

Non aveva neppure terminato la frase, che quel zelante Fagiolino era schizzato via, alla volta dello sgabuzzino, sollecitamente pronto e servizievole.

 

L’uomo rise sarcasticamente tra sé. Mai una volta che sia così solerte con me, eh?

 

Sfilò la custodia imbottita, facendo riemergere lo strumento musicale, ugualmente impolverato.

Lo ripulì con cura, con uno straccio di lana, controllandone lo stato.

“La mia vecchia Betsy…” mormorò, con un sospiro votato ai tempi andati.

 

“Ma che razza di nome è?!” celiò l’altro, stupito.

 

“E’ la marca!” girò il legno verso di lui, indicandogli un marchio inciso a fuoco sul legno pregiato.

 

“Oh, che peccato! Ha una corda spezzata!” si rammaricò Edo; osservandolo, curioso, trafficarle attorno.

 

“Non è mica un problema.” Decretò il moro, levando da una taschina interna una corda di scorta. E si mise ad armeggiare con le chiavi, sulla paletta, e poi sul ponte.

 

Ci mise un po’, ma alla fine la corda fu sostituita.

 

“E’ completamente scordata.” Si lamentò, improvvisando un paio di accordi. Partendo da un LA alto, aiutato dal diapason, regolò il suono in modo accettabile.

“Sono fuori allenamento, ma così può andare. Stabilì, dopo varie prove.

 

E d’improvviso, come dal nulla, prese vita un dolce melodia. Un giro armonico semplice, a dirla tutta, che però aveva un suo fascino.

 

Edward si accoccolò meglio sul letto, mentre sul piccolo divano Taisa Mustang spolverava ricordi lontani, di note che – inaspettatamente - riemergevano da reminiscenze di infinite ore sul DO maggiore, e calli sulle dita e testardaggine e soddisfazione.

Improvvisò, dove la memoria difettava, con un risultato apprezzabile.

 

“Caspita! E per fortuna che non suonava da anni!” esordì Acciaio, piacevolmente sorpreso.

 

Le labbra di Roy si distesero in una smorfia impacciata. “E’ un po’ come andare in bicicletta… quando hai imparato, non te lo scordi mai. Ammise, carezzando la cassa armonica con la premura di un amante. “Peccato non sappia dove ho messo il libricino dei canti.

 

“Quello con la copertina gialla?”

 

Nh… sì, ma come…?”

 

“Scaffale a destra della radio, accanto al tomo di Fisica Comparata. Precisò, come se fosse stato un esperto bibliotecario.

 

Il Colonnello lo fissò incredulo. “Ma hai fatto l’inventario di tutta casa mia?!

 

Edward tentennò, frenandosi. “Tutta-tutta, nooo. Un pochina, sì. E poi… quello l’ho scovato per caso, era finito dentro la custodia rigida di Chimica Organica volume IV.

 

“Andresti a prenderlo?”

 

Non se lo fece ripetere due volte. In men che non si dica, era ricomparso col libretto consunto tra le mani e glielo porse.

Si ritrovò a sfogliarlo, riesumando note e accordi e appunti, e disegnini idioti da adolescente segaiolo. Maes è scemo, io sono più figo’. Lo schizzo di una faccina occhialuta accanto ad un’altra vispa, col segno di vittoria.

Ridacchiò sghembo, riemergendo da un passato che sembrava così lontano…

‘Il Manuale del Seduttore’, come amava chiamarlo un tempo. Madre Natura era stata generosa con lui. Senza dubbio, lo aveva fornito di numerosi attributi nei posti giusti.

E sapeva di possedere una voce pacata e profonda. Sensuale, all’occorrenza.

Lanciò un’occhiatina veloce al suo Fagiolino in attesa.

...che fosse il caso di strafare?  

 

 

Continua...



Disclaimers: I personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.

 

Note varie: il titolo di questa parte si riferisce, in zoologia, al momento migliore per l’accoppiamento al fine procreativo, detto in termine tecnico ‘estro’ e comunemente ‘calore’.

Premesso che riguarda solamente le femmine; (i maschi non vanno in calore, sono sempre allupati! >.<) ho giocato sulla doppia interpretazione di calore, inteso sia nell’eccitazione che Roy sente sia come ‘sentire caldo’ edestri improvvisi’, in quanto estro significa – tra le altre cose - anche ‘stimolo artistico, ispirazione’.

 

 

Precisazioni al capitolo precedente: credo ci sia voluto un bel po’ di coraggio a Edo-kun, per fare quello che ha fatto, ma si è sentito legittimato grazie al suo Credo. Se lo abbia fatto per reale convinzione o pretesto inconscio, lascio deciderlo a voi. Dal canto mio, io credo che lo pensasse davvero. Ritrovarsi scompostamente schiacciato dal peso di Roy, con le braccia del Taisa ad invadere il suo spazio… al di là dell’imbarazzo, lui si sente in diritto di approfittare del suo superiore: scomodità per scomodità, no? ^__=

L’impostazione, come qualcuno ha intuito, è vagamente sconnessa, un po’ come i pensieri nel dormiveglia. Che notoriamente è un momento in cui i nostri sensi sono meno vigili, e quindi meno inflessibili… io credo che conti molto l’iniziativa di Ed, è un avvicinarsi spontaneo, sfrutto di una maturazione millimetrica nella distanza chilometrica del loro rapporto.

E non dimentichiamo che Roy se n’è accorto… diamo un po’ di soddisfazione a quella povera bestia! >_<

E poi adoro i nomignoli che state affibbiando al Colonnello! *__*

 

 

 

Campagna di Promozione Sociale - Messaggio No Profit:

 

Dona l’8‰ del tuo tempo alla causa pro recensioni.

Farai felice milioni di scrittori.

(Chiunque voglia aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio crede)



Come sempre, sono graditi commenti, consigli e critiche.


Grazie (_ _)

elyxyz

 

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Capitolo 35
*** Fire Man (VI parte: Latrati stonati, guaiti e uggiolii) ***


Note: il seguente scritto contiene lievi riferimenti yaoi

Note: il seguente scritto contiene lievi riferimenti yaoi.

Per ulteriori spiegazioni, compreso il sottotitolo, vi rimando alla conclusione della fic, dopo la lettura.

 

 

Dedicato a chi ha commentato i precedenti capitoli della raccolta.
Non posso che gioire, per l’inattesa impennata di recensioni del precedente capitolo.

Grazie!

 

 

 

 

Fire Man

 

(VI parte: Latrati stonati, guaiti e uggiolii)

 

 

by elyxyz

 

 

 

 

Si schiarì la gola con un colpetto di tosse, più per fare scena, che per reale necessità.

Edward attendeva, indugiando con trepidante educazione. Se giocava bene le sue carte, magari...

Prese un lungo respiro, introducendo un ritornello azzardato. Ma era un pezzo che sapeva eseguire alla perfezione, che gli avrebbe garantito di fare una bella impressione.

 

“Ti amo…
un soldo,

ti amo…
in aria,

ti amo…
se viene testa

vuol dire che basta

lasciamoci.

Ti amo…

io sono

ti amo…

in fondo,

un uomo
che non ha freddo

nel cuore nel letto

comando io
ma

tremo

davanti al tuo-”

 

“Eh, no! Ha preso una stecca!” lo interruppe Acciaio, incurante di aver frantumato l’atmosfera.

 

Roy lo scrutò con tanto d’occhi. “NO! Non ho sbagliato.”

 

“Sì, che ha stonato!” lo contraddisse, caparbio.

 

“Ti assicuro che fa-”

 

“Che non ha freddo

nel cuore nel letto

comando io
ma

tremo…”  intonò Ed, abbassando di un’ottava buona. E lanciandogli un’occhiatina in stile “E allora? Ho ragione io!”

 

“Uhm…” concesse il moro, strimpellando a casaccio. “Forse.” Ammise, mentre il suo ego si sgretolava inesorabilmente. “Quindi il nostro più giovane Alchimista di Stato è anche un provetto vocalist!” annotò, semiserio.

 

“Beh… me la cavo… perché? Non dovrei?!” scattò, sulla difensiva. “Chi crede cantasse le ninnananne ad Al, quando la mamma stava male?” e di colpo si zittì, pentendosi d’aver detto quella cosa. “Lasciamo perdere, ok? Mi suoni qualcos’altro.”

 

“Girasoli a testa in giù,
avviliti come me…
come posso immaginare
tutta la vita senza te?

Per averti…
farei di tutto,
tranne perdere la stima di me stesso…
e se è questo
che tu mi chiedi,
io ti perdo, ma stavolta resto in piedi…
anche se qui dentro me qualcosa muore.

Sì per averti - per averti,
farei di tutto
ma rinuncio con dolore,
sì per averti - farei di tutto,
ma non ti voglio, non ti voglio
senza amore…”

“Sembra il testo di uno che cerca la Pietra Filosofale…” appuntò Elric, cogliendo a modo suo il significato, in modo alquanto libero e discutibile.

 

Roy fu tentato di spiegarglielo, ma desistette.

“Perché? Tu saresti disposto a fare davvero di tutto, per trovarla?” gli chiese, accantonando il piccolo musichiere in bilico sul bracciolo, facendosi serio.

 

“Non è forse quello che sto già facendo? Sì, farei di tutto. Se servisse a riportare indietro il corpo di Al.”

 

“Anche calpestare i tuoi principi? E perdere la stima che hai di te stesso?” lo provocò, temendo però la risposta.

Fullmetal resse il suo sguardo indagatore, prendendosi il tempo di rispondere.

“Non posso risponderle adesso. Se mi trovassi dinnanzi alla Pietra, e la potessi usare… non so. E’ assurdo concepirla ora, una soluzione. So solo che ho messo il corpo di mio fratello davanti ad ogni mia priorità e scrupolo, questo sì.

 

“E credi che Alphonse ne sarebbe contento? Che sarebbe d’accordo di riottenere quanto perduto, ad un tale compromesso?!

 

Acciaio rimase zitto, riflettendo sulle implicazioni di quella replica.

“Potremmo evitare di pensarci ora? Tanto… non capiterà così presto…” temporeggiò, con un tono che in realtà chiedeva di smetterla con quei discorsi.

 

Mustang sembrò non capire, oppure ignorò deliberatamente la sua richiesta.

“Io invece credo, o almeno credevo, tu avessi ben chiari in testa i tuoi obiettivi e i limiti da non varcare nuovamente. Il fatto che tu abbia travalicato un tabù non ti dà il diritto di rifarlo. E di sicuro io non ti offrirò né informazioni né mezzi per assecondare idee folli. Non voglio un altro pazzo in giro per Amestris, a cui dare la caccia.”

 

“Mi sta dicendo che non vuole più aiutarmi nella ricerca?!” sbraitò, accalorandosi.

 

“Io non ho mai detto questo.” Precisò il Flame Alchemist, pacatamente. “Tuttavia, credevo tu avessi dei capisaldi irrinunciabili, dei fondamenti diversi dai miei, ma comunque costruttivi e idealistici.

Sentirti parlare in modo così egoistico mi intristisce, se devo essere sincero. Mi sembra di parlare con un estraneo. Una persona che si fa ben pochi scrupoli, pur di ottenere ciò che brama.

 

L’espressione ferita di Ed non lo impietosì. Lo pugnalò, invece, nel profondo. Ma era suo dovere avvisarlo e metterlo in guardia. Da tutto, persino da se stesso.

 

“Sono diventato un Cane dell’Esercito, uno State Alchemist, pur di avere i mezzi. Ma non sono un assassino. E non andrò di città in città ad uccidere la gente, per ottenere vittime sacrificali atte alla creazione di nuova Pietra Rossa, se è ciò che teme. Sibilò, sprezzante.

 

“Promettimelo.”

 

“COSA?!” guaì, semisconvolto e incredulo.

 

“Promettimi che non ti caccerai in guai più grossi di te.

Che non farai cazzate in nome dell’amore fraterno che ti lega ad Al, soprattutto se si tratta di sacrificare ancora il tuo corpo, in un diabolico Scambio Equivalente, che scambio non è.

E che mi chiederai aiuto, qualsiasi cosa passi per il tuo cervello bacato. Altrimenti giuro che verrò a rimetterti il guinzaglio, dovessi cercarti anche in capo al mondo, e poi ti prenderei a bastonate fino a casa. Intesi?!”

 

Edward sorrise maldestramente, captando le parole intrise di preoccupazione del suo superiore. Annuì, mugolando il proprio impegno. “Taisa…”

 

Mh?”

 

“Lei è il più gran rompicoglioni dell’Esercito, lo sa?”

 

“Non ho scelto io di avere subordinati così indisciplinati e piantagrane!” si lamentò teatrale, gesticolando. A tal punto che il libretto cadde a terra, sparpagliando foglietti sul pavimento.

 

Si chinarono contemporaneamente a raccoglierli. Il giovane Elric, intrigato, ne aprì uno tra i più grandi e logori, ingialliti dal tempo.

Era uno spartito, scritto a mano con una grafia nervosa. A margine c’erano delle annotazioni tecniche, alcune cancellature. Il testo melodico sembrava incompleto.

 

Roy sbirciò sopra le sue mani.

“L’ho composta secoli fa.” Ammise con difficoltà.

 

“Cioè?! L’ha scritta lei?!

 

“Già.”

 

“Me la suona?!” fu la sua richiesta, così genuina che sembrava avesse già dimenticato la discussione di poco prima.

 

“E’ meglio di no.”

 

“E perché mai?! Suvvia! La prego!” lo implorò, in tono fastidiosamente assillante.

 

Cedette a malincuore, intonando testo e musica.

L’introduzione la sussurrò appena.

 

“Let me be your hero…

Would you dance, if I asked you to dance?
Would you run, and never look back?
Would you cry, if you saw me crying?
Would you save my soul, tonight?

Would you tremble, if I touched your lips?
Would you laugh? Oh, please tell me this.
Now would you die, for the one you loved?
Hold me in your arms, tonight.

I can be your hero, baby.
I can kiss away the pain.
I will stand by you forever.
You can take my breath away.

Would you swear, that you'll always be mine?
Would you lie? Would you run and hide?
Am I in to deep?
Have I lost my mind?
I don't care… you're here, tonight.

I can be your hero, baby.
I can kiss away the pain.
I will stand by you forever.
You can take my breath away.

Oh, I just want to hold you.
I just want to hold you…
Am I in too deep?
Have I lost my mind?
Well I don't care you're here, tonight.

I can be your hero, baby.
I can kiss away the pain.
I will stand by you forever.
You can take my breath away.

I can be your hero…
I can kiss away the pain.
And I will stand by you forever.
You can take my breath away…

You can take my breath away…
I can be your hero.”

 

Concluse con un giro armonico, mentre le note e la voce sfumarono lentamente.

 

“WOW!” esclamò Edo, “E’… è… non può averla scritta lei!” lo accusò, scettico.

 

Un sopracciglio dell’uomo s’acuì, “E perché no? Fa così schifo?”

 

“No!, anzi, tutt’altro! E’ romantica da far paura, ma è davvero bella!”

 

“Indi per cui, disprezzi e sottovaluti le mie capacità di compositore?”

 

Taisa…” lo rimproverò. “Non allarghiamoci! Non è mica un cantautore!”

 

“Se anche lo fossi stato, hai appena castrato la mia vena ispirativa…” si lamentò, con espressione affranta.

 

“Il mondo non perderà granché!” lo punzecchiò, compiaciuto. “E poi non le serve più!” parve riflettere. “Chissà a quante donne ha sciroppato questa serenata!” appuntò, con tono ironico e sprezzante, sfidandolo a contraddirlo.

 

“Veramente… è la prima volta che la faccio sentire a qualcuno. Lo smentì. “Non mi convinceva del tutto, e poi sono stato trasferito di stanza a Central, e credevo di aver perso il foglio e infine me ne sono scordato del tutto. Se non fosse stato per te, non l’avrei neppure mai riesumata.

 

“Quindi vale la pena che dia un’occhiata più approfondita al testo, non sia mai che poi diventi famoso, una volta in pensione.” Scherzò, incuriosito.

 

“La strada per diventare Comandante Supremo è ancora lunga…” precisò Roy, passandogli il foglietto ingiallito dal tempo. Edward iniziò traducendo il titolo:

 

“Lascia che io sia il tuo eroe…”

 

Sbuffò, sollevando momentaneamente gli occhi sul suo Comandante: “Certo che, come titolo, le si addice molto! Lei, e le sue manie di strafare!” lo canzonò. “E non dimentichiamo la voglia di protagonismo!”

 

Mustang scosse la testa, divertito, aspettando che continuasse.


“Balleresti, se ti chiedessi di ballare?
Correresti, senza mai guardare indietro?”

 

“Intendevo chiedere a quest’ipotetica persona se fosse stata disposta a condividere i momenti belli e quelli difficili…”

 

“Ballare indica la festa? Il correre invece pericolo e quindi la fuga?” ipotizzò Acciaio, interessato.

 

“Giusto, ma non solo. ‘Senza mai guardare indietro’. Senza rimpianti, decisi ad andare avanti anche quando le cose diventano difficili.


“Piangeresti, se mi vedessi piangere?”

 

Edward la lesse ad alta voce. “Sembra scontata, come idea. Invece presuppone un coinvolgimento quasi simbiotico, un amore così forte da condividere tutto. Non attese replica.


“Salveresti la mia anima, stanotte?”

 

“Oh, guardi! Qua ci sarebbe da lavorare parecchio, sa?” lo prese in giro, sorridendogli complice.


“Tremeresti, se toccassi le tue labbra?
Rideresti? Oh, ti prego, dimmi di sì.”

 

“Ma le sta facendo il solletico?” domandò, sorpreso.

 

Fullmetal, basta! Stai dissacrando uno dei ricordi più privati che ho!” lo rimproverò, allungando una mano per farselo restituire, ma non ottenne ciò che voleva, perché Elric si scansò oltre, riprendendo a scorrere.

 

“Ora moriresti, per la persona che ami?
Tienimi fra le tue braccia, stanotte.

 

“Morire per chi si ama…” sussurrò, pensieroso. “Per un’amante o un famigliare?” l’interrogò, distraendosi.

 

Con una mossa lesta, il Colonnello gli sfilò la carta, riappropriandosene.

“Pensala come vuoi.” Tagliò corto, piegando il biglietto sgualcito.

 

“Eh, no!” protestò Ed, “non può lasciarmi così, sul più bello! Voglio sapere come continua!”

 

Mustang sospirò, traducendo al momento, in tono assai poco romantico.

“Posso essere io il tuo eroe, piccola. Posso far sparire il dolore. Ti starò vicino per sempre. Tu riesci a togliermi il respiro.”

 

“So leggere da solo, sa?” appuntò, con sussiego. “Dalla sua cadenza, sembrava la lista della spesa! Così ammazza il romanticismo…” Lo sgridò, accostandoglisi, per vedere dalle sue mani.

 

“Giureresti che sarai per sempre mia?
Mentiresti, correresti a nasconderti?
Ci sto troppo dentro, ho perso la testa?
Non m'interessa, sei qui stanotte.

 

“Quindi…”

 

“Stai zitto, e vai avanti.” Gli ordinò il moro, perentorio.

 

Se sto zitto, non posso andare avanti.” Evidenziò, con umorismo e sottile presunzione.

 

Il Flame mordicchiò tra i denti una rispostaccia. Prendendo poi il comando:

“Io posso essere il tuo eroe, baby.
Posso far sparire il dolore.
Ti starò vicino per sempre.
Tu sai come togliermi il respiro.


Ohhh, voglio solo stringerti.
Voglio soltanto stringerti, oh sì.
Ci sto troppo dentro, ho perso la testa?
Beh, non m'interessa, sei qui stanotte.

 

E d’improvviso realizzò quanto fossero vere e attuali, quelle sue parole di allora. Una profezia dal retrogusto amaro.

Ne avrebbe riso, se qualcuno, a quel tempo, avesse detto al giovane Mustang che si sarebbe impantanato in un amore folle e disperato. Che avrebbe perso la testa per un Fagiolino biondo, irascibile e manesco, con la fissa dei guai.

“Posso essere io il tuo eroe, piccola.
Posso far sparire il dolore.
Ti starò vicino per sempre.
Tu sai come togliermi il respiro.”

 

Eppure… eppure avrebbe fatto di tutto per alleviare le sue sofferenze, quelle del corpo e quelle dell’anima. Se solo Ed glielo avesse permesso, era disposto a rimanergli accanto per sempre, per amarlo e aiutarlo. Non gliene fregava più nulla di essere un eroe; cosa gli aveva portato, divenire il glorioso combattente di Ishbar?

La fama? La celebrità? L’onore? Una promozione?

 

Di tutto questo, lui ricordava solo notti insonni e incubi da sveglio. Un’anima dannata, la voglia di morire, per non far morire di nuovo.

Ciononostante respirava ancora, anche se aveva pregato un Dio in cui non credeva, perché smettesse di farlo. Ma che senso aveva, tutto quello? Che ragione c’era?

 

“Non capisco. Che c’è scritto, qui?” Edward indicò l’inizio dell’ultima strofa. “Scrive peggio di una gallina!”

 

“Non era previsto che qualcuno, oltre a me, lo intercettasse mai!” si difese, a tono. “Comunque riprende il ritornello, e fine.


“Io posso essere il tuo eroe.
Posso far sparire il dolore.
E ti starò vicino per sempre.
Tu sai come togliermi il respiro.
Tu sai come togliermi il respiro.
Posso essere io il tuo eroe.

 

Quel ragazzino era la sua redenzione?

Quegli occhi dorati? Un peccatore con l’anima più innocente che avesse mai conosciuto?

Sapeva togliergli il respiro, sì. Senza dubbio.

Ed era per questo, che non ne era stato privato prima?

Per imparare cos’era la mancanza d’aria, quando lui mancava?

Poteva essere, lui, il suo eroe?

Una figura buona, capace di aggiustare le cose e diffondere bontà?

 

Sorrise triste. Accantonando sciocchi desideri irrealizzabili.

Piegò la carta, stavolta definitivamente.

 

Elric osservò in silenzio questo suo rabbuiarsi. Si chiese se non avesse detto, per caso, qualcosa di sbagliato, qualcosa che forse aveva dissotterrato ricordi infelici. Quindi si sentì in dovere di smuovere quella situazione di stallo; si alzò in piedi, porgendogli la custodia della chitarra affinché la riponesse.

 

“Bella musica, ottima canzone.” Giudicò, secco. “Ma ora ho fame. Si pranza?”

 

Roy parve uscire dalle trame di un pensiero noto solo a lui. Sussultò quasi, richiamato al presente.

S-sì, certo. Andiamo a toglierci la polvere dalle mani e mangiamo. Infilò il foglio nel libretto, chiudendo la questione.

 

Consumarono il resto dei cibi preparati in precedenza, discutendo del più e del meno. Ed s’era tenuto alla larga appositamente da tutto ciò che era accaduto poco prima.

Ma non riusciva a togliersi dalla mente quell’espressione infelice, forse malinconica, che gli aveva scorto di sfuggita.

Magari non era vero che il Colonnello non l’aveva mai cantata a nessuno… forse la tizia - per cui l’aveva scritta, quella di cui era innamorato - l’aveva tradito, e per questo era diventato un maledetto puttanier- uhm… un inguaribile dongiovanni.

Peccato, però. Si disse. Perché, se detti con sincerità e cognizione, quei versi erano davvero una bellissima dichiarazione d’amore. Per quel poco che ne sapeva.

Gli affari di cuore non avevano un capitolo apposito, nel Manuale del Piccolo Alchimista.

Ma ci voleva una persona di sicuro speciale, per conquistare Taisa Mustang. Di questo era certo.

E quel pezzo era toccante. A lui sarebbe piaciuto riceverne uno così. Con le dovute modifiche, beninteso.

 

“A cosa stai pensando?” Roy gli passò una mano di fronte agli occhi, per richiamarlo.

 

“Eh?!”

 

“Hai la testa sulle nuvole, Fullmetal. A cosa pensavi?” s’interessò, con aria pettegola.

 

A-a ni-niente. Davvero.” Sviò. “Che ne dice di una partita a carte?”

 

Sorrise. “Ti straccerò!”

 

“Questo è da vedere…” replicò, riacquisendo baldanza.

 

….

 

Alla terza vittoria consecutiva di Acciaio, il padrone di casa insinuò un’ipotetica truffa, un inganno ben architettato ai suoi danni.

 

Edo rise, compiaciuto nell’averlo messo in difficoltà, e per essere palesemente in vantaggio.

 

“Mescola lei?” fece dello spirito. “Chissà che non vinca!”

 

Mustang raccolse le carte sparse sulla trapunta, facendogli la linguaccia in modo puerile. Ma una di queste scivolò oltre il bordo, tra i guanciali e la testiera del letto. Forse era caduta sul pavimento.

 

Edward s’allungò per raccoglierla, ma non ci arrivava.

 

“Hai le braccine corte, tu.” Lo prese in giro l’uomo, con infantile rivalsa. La cosa gli si ritorse contro, perché neppure lui riusciva a recuperarla.

 

“Hai le braccine corte, tu.” Il ragazzo gli fece eco, scimmiottandolo.

 

Se l’era andata a cercare, quindi non replicò. “Mi passeresti la torcia sul comodino?” propose, come armistizio.

 

Il biondo acchiappò il faretto e glielo porse; ma, quando si fu infilato sotto al letto, la luce si spense debolmente.

 

“Morta. E’ finita la batteria.” Il lamento uscì attutito dalle coltri.

 

“Resti lì. Se mi dice dove cercare…?”

 

“Le pile di scorta sono nel terzo cassetto dello scrittoio, nello studio.

 

Ok.” Sì infilò un maglione, ed uscì.  

 

 

Continua...



Disclaimers: I personaggi e le canzoni citati e in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.

In particolare:Ti amo’ di U. Tozzi,Per averti’ di A. Celentano e ‘Hero’ di E. Iglesias.

 

 

Note varie: il titolo di questa parte non credo abbia bisogno di chiarimenti, si spiega da sé.

Se vi state chiedendo come mai io abbia scelto proprio queste tre canzoni… beh, il motivo è semplice: sono andata a pelle.

La trama della nevicata è stabilita da molti mesi, sapevo cosa sarebbe successo, ma non mi ero imposta di scegliere per tempo quali canzoni mettere. Sono state le prime tre che mi sono venute in mente e, benché avessi potuto preferire altri pezzi, magari più calzanti, d’istinto mi sono fidata. E il risultato mi soddisfa abbastanza.

C’è da dire che mi sono divertita a rendere Roy il più romantico possibile, e Edo-kun che, con la sua ingenuità uccide il suo romanticismo! XD

Senza contare che – quei due – non possono proprio fare a meno di litigare! ^__=

 

 

Precisazioni al capitolo precedente: Sono felicissima che la maggior parte di voi condivida con me un’ipotetica visione di Mustang-con-chitarra. ^___^

 

Ringrazio Tao, per la bellissima immy che mi ha mandato, che condivido con voi. *ç*

 

http://img166.imageshack.us/my.php?image=016fmaeq3.jpg

 

(Senza dubbio, assomiglia molto a come me lo sono immaginato io ^////^)

 


X Beat: ho scelto di chiamare la chitarra Betsy per diverse ragioni, mi fa piacere che tu ne abbia colta una, e cioè un velato omaggio a Robin Hood, perché un po’ il Taisa io lo vedo così! (Difensore degli indifesi *_*, figo da paura*ç*, ecc…).

Vuoi una curiosità? In un noto Musical su Robin Hood, Betsy è il nome della dama di compagnia di Marian, che nella versione Disney si chiamava Lady Cocca ^_^

Comunque l’ho scelto perché è un nome femminile disimpegnato, lo collego vagamente a quelle ‘ragazze facili’ nei saloon del far west, se devo dirla tutta.

Eppure è un nome che ispira familiarità, come una vecchia cugina o un’amica d’infanzia, potremmo azzardare che sia il diminutivo stagionato di Elizabeth, perché no? (Io l’avevo pensato^^’’)

 

X Chiara: amo tanto le tue supposizioni/interpretazioni *__* quindi, ti prego, non ti scusare e continua a farle!
Non ho descritto il risveglio perché ne ho già raccontati due, e questo non sarebbe stato molto diverso. Senza contare che non volevo sforare: le prime 24 ore avevano 4 parti e anche le ultime 24 - che chiudono la nevicata – sono divise in 4 pezzi.

 

X Chibimayu: no. A Edward non dava fastidio essere visto senza una maglia a coprire gli auto-mail, lo infastidiva solo il contatto fisico. E comunque non da sempre, come avevo detto a suo tempo, è una sua mania manifestatasi dopo che sono finiti coinvolti sentimentalmente.

 

Per le vostre richieste di continuare questa saga all’infinito… credo sia un tantino impossibile, e prima o poi vorrei dedicarmi anche ad altro. ^^’’
Ma, per la vostra gioia, ho contato le trame più vecchie e quelle che ho buttato giù nelle vacanze natalizie e arriveremmo a 85 capitoli… quasi quasi mi vien voglia di approdare ai 100! *__*
Comunque vedremo. Io non mi pongo dei limiti anzitempo. Ovviamente smetterò, quando mi renderò conto che sto scadendo nella banalità o se la storia vi sarà venuta a noia e i commenti caleranno drasticamente. Fino ad allora… rimanete sintonizzati! ^__=

 

 

Per chi fosse interessato, ho postato una fic nel fandom di Harry PotterOltre il Velo”.

Non avendo altri mezzi, ringrazio fin da ora chi l’ha commentata ieri.

 

 

 

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Farai felice milioni di scrittori.

(Chiunque voglia aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio crede)



Come sempre, sono graditi commenti, consigli e critiche.


Grazie (_ _)

elyxyz

 

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Capitolo 36
*** Fire Man (VII parte: Non si possono raddrizzare le zampe ai cani) ***


Note: il seguente scritto contiene lievi riferimenti yaoi

Note: il seguente scritto contiene lievi riferimenti yaoi.

Per ulteriori spiegazioni, compreso il sottotitolo, vi rimando alla conclusione della fic, dopo la lettura.

 

 

Oggi non è giornata.

La prima notizia che ho appreso, appena sveglia, è di aver perso il terzo posto di un Concorso per 3 centesimi di punto.

Addio podio virtuale. Ai quarti non arriva nulla.

Di umore uggioso, ho scritto un capitolo che vi farà piangere, tra qualche mese, quando lo posterò.

Sul più bello, taglio-incollo il capitolo di oggi, il 36, e per mia idiotissima distrazione salvo il word senza incollare.

Tradotto: ho perso tutte le pagine.
Se non l’avessi spedito a Shatzy tempo fa, in bozza, avrei dovuto riscriverlo daccapo.

Piuttosto avrei fatto Harakiri, poiché questo è uno dei capitoli a cui sono più legata in assoluto.

Di tutta la saga, ma non solo. C’è un pezzo di me, qua dentro. E mi sono davvero imposta di accorciarlo, altrimenti l’avrei allungato all’infinito, con altri ricordi. Leggendo capirete di che parlo.

 

Lo dedico a Shatzy, mia salvatrice inconsapevole.

Niente monumento, ma almeno la mia gratitudine.

 

 

 

 

Fire Man

 

(VII parte: non si possono raddrizzare le zampe ai cani)

 

 

by elyxyz

 

 

 

 

Da che aveva iniziato a frequentare Casa Mustang, Edward aveva avuto modo di entrare in ogni stanza, dal solaio alla cantina – passando per il tetto -, a seconda delle diverse necessità contingenti.

Su una cosa, però, non aveva mai fatto caso, se non in quel momento, con quel pezzo di carta stampata che forse non avrebbe dovuto trovare.

 

Lo prese tra le mani, e s’incantò ad osservare le tre persone raffigurate.

 

Taisa Mustang aveva diverse fotografie sparse per l’appartamento: quelle ingrandite in salotto, ad esempio; con Maes, Glacier e un’Elycia appena nata. Oppure quella in cui compariva da solo, con la sua figlioccia in spalla, in una giornata di sole, - giusto davanti ad Elric, lì sulla scrivania, vicino ad una scolaresca, il giorno del Diploma all’Accademia Ufficiali. Quella appesa al muro del soggiorno, che lo ritraeva il giorno del suo Giuramento allo Stato di Amestris, o ancora quella in cui il Comandante Supremo in persona gli conferiva il grado di Colonnello.

In camera da letto, sul suo comodino, teneva una foto vecchia, di un Roy ed un Maes bambini, abbracciati ad una signora di mezza età. E poi c’erano quelle della sua truppa, più o meno recenti. Persino una in cui comparivano anche lui e Al, scattata in una ricorrenza che adesso neppure ricordava.

 

Ma la fotografia che teneva nell’auto-mail non aveva cornice, era consunta, con gli angoli un po’ ingialliti.

 

Un Roy Mustang approssimativamente di sette o otto anni, in piedi tra una coppia abbastanza giovane. Una posa rigida, quasi austera; tutti seri a fissare l’obiettivo fotografico.

Ed non aveva dubbi, perché l’uomo era pressoché identico al Taisa e la donna, minuta e straordinariamente bella, aveva gli stessi capelli neri ma gli occhi chiari, che lui non riusciva a distinguere completamente.

Una foto di famiglia. L’unica, a ben vedere, in tutta la casa.

L’unica che raffigurasse il Flame Alchemist con i suoi genitori. E giaceva in un cassetto, dimenticata, forse nascosta…

 

“Hai trovato le pile?!

 

Edo sussultò, spaventato dall’improvvisa comparsa del suo superiore, e l’immagine gli sfuggì di mano, svolazzando a terra, dopo aver volteggiato qualche istante.

 

Quando Roy la vide, s’irrigidì, incupendosi. Avanzò di scatto, afferrò il pezzo di carta e lo gettò nel cassetto, richiudendolo infastidito.

 

Taisa, io… io non volevo curiosare, lo giuro!” esclamò, concitato e contrito. “Era lì, sotto le pile, e…”

 

“Ti pregherei di non toccarla mai più e di dimenticartene. Dichiarò, gentile ma perentorio.

 

Edward ebbe la nitida impressione che si stesse contenendo, e fosse lì per sgridarlo.

“Mi dispiace davvero…” si scusò nuovamente, senza sapere esattamente che dire, afferrando le batterie che aveva posato sul ripiano di legno, prima di scovare la cosa incriminata.

 

Roy parve farsi di colpo triste e il suo sguardo vagò remoto, per qualche istante. Edo attese, rispettando quel momento di debolezza.

 

“Ecco.” Disse secco, andando a colpo sicuro e sfilando una grande custodia di cuoio. “Se vuoi vedere.” Aprì la scatola con cura, svelando un album. Glielo porse, ma non attese. Giratosi, tornò in camera da letto, a recuperare la carta persa, con le ricariche che aveva ottenuto dal ragazzo.

 

Il giovane Elric lo seguì, anche perché lì dentro faceva davvero freddo.

Posò il raccoglitore sulle coperte, incerto se sfogliarlo o meno.

Gliel’aveva dato, sì. Ma sembrava quasi una provocazione, quasi ad istigarlo, per vedere se ne aveva il coraggio o la sfrontatezza.

Si limitò ad osservare la copertina, anch’essa di pregiato cuoio.

 

L’Alchimista di Fuoco raccolse quel due di picche, e ripose tutto il mazzo nella sua scatolina.

“Se te l’ho dato, è perché tu possa guardare. Chiarì, versandosi un bicchiere d’acqua, per nascondere i residui del turbamento.

 

Quindi non poteva più tornare indietro, no?

Lo aprì con cautela. Le prime foto riguardavano la famiglia Hughes, decine di scatti, di sicuro regalati dal Tenente Colonnello, che era un patito del genere.

A mano a mano che proseguiva, s’accorse che erano divise per argomento, ma non per ordine cronologico.

Ce n’era una che raffigurava la signora Glacier in abito da sposa, accanto ad un Maes molto più giovane, anch’egli vestito da cerimonia; un’altra, evidentemente fatta lo stesso giorno, ma stavolta accanto allo sposo c’era il Colonnello, intento a sistemargli la cravatta.

 

“Ho fatto il testimone di nozze a quell’idiota. Disse il moro, di punto in bianco. “Ho dovuto persino vestirlo, tanto era agitato. Lo disse quasi con scherno, ma si capiva che era un ricordo tenero.

 

La successiva istantanea mostrava tutti e tre, seduti ad un tavolo lungo, in un locale… forse un bar.

Riflessa al contrario, sulla vetrata, appariva una grande foglia color ruggine.

 

“Noi tre, al nostro angolo preferito, dentro al Maple Café. Era un bar gestito dagli zii di Glacier.”

 

“E’ qui ad East City?”

 

“No. Era a Central. Ma è stato demolito l’anno scorso, credo.

 

“E’ una foglia di un acero, quella?” chiese, annuendo verso la rifrazione sulla lastra.

 

“Sì, dava il nome al locale. Ma ora prosegui.”

 

Ed vide un’istantanea che lo emozionò: la signora Hughes, con un grande pancione.

Tutta sorridente si accarezzava il ventre gonfio. Mancava poco alla nascita di Elycia… e lui c’era stato. La conservava ancora, quella che il Tenente Colonnello gli aveva rifilato in mano, per ricordo, mentre svolazzava di gioia per la stanza.

 

E poi le fotografie della bimba, a tutte le età, ad ogni compleanno: da sola, con i genitori o con lo zio Roy.

Un Roy Mustang sempre sorridente, felice.

 

In una, in particolare, il Colonnello dava il biberon alla neonata, accoccolati su una sedia a dondolo. Una scena dolcissima, che gli fece spuntare un sorrisone di tenerezza.

 

Quasi metà dell’album era riservato a loro.

E poi, quasi di colpo, il soggetto mutò. Due ragazzini pieni di lividi e graffi, con le canne da pesca e il bottino in mano, orgogliosamente messo in mostra: due miseri pesciolini, due trote fario.

 

“Abbiamo scalato la briglia, perché Maes era certo che fosse il posto migliore per pescare. Scemo io, a dargli retta. Ci siamo quasi rotti l’osso del collo.” Brontolò.

 

Le seguenti raffiguravano ancora i due bimbi, anche se d’età diverse. Ma Roy era sempre il più basso, tra i due. Edward glielo fece notare.

 

“Stai zitto, nano!” rispose stizzito, “Maes beveva vagonate di latte, peggio di un vitellino!, non riuscivo a stargli dietro…”

 

Una signora, la stessa di un’altra foto che il Colonnello teneva incorniciata, apparve dinnanzi, girando pagina.

Un Mustang bambino la abbracciava stretto, nascondendo il musino contro la crocchia di lei.

 

L’Alchimista non commentò.

 

Ma anche la consecutiva li ritraeva, con Hughes, stavolta. Enormi sorrisoni sdentati, rivolti verso l’obiettivo fotografico.

I visetti sporchi della merenda appena fatta, che spuntava da un angolo della carta stampata: un tavolo e un barattolo di marmellata e del pane. Due bicchieri colmi. Era latte, quello?

 

Rabbrividì d’istinto, benché fosse nel dubbio. Lo stesso dubbio, di aver sentito l’uomo accanto a sé sussurrare un nome.

Obaa-chan.”

 

“Era sua nonna?” s’azzardò a chiedere.

 

“No. Era la nonna di Maes. Ma mi voleva un bene dell’anima; mi ha allevato, praticamente.

 

Moriva dalla voglia di chiedergli come mai.

Non ce l’aveva, lui, una famiglia?!

 

Un piccolo Roy piangente gli si parò davanti, la donna lo consolava invano.

 

Edward si limitò a sbirciarlo di soppiatto, ma non fu abbastanza lesto, perché si sentì dire:

“Ero caduto sopra un cardo in piena fioritura e mi sono ritrovato le mani piene di spine. E lei, con pazienza, me le tolse una ad una. Si fissò il palmo destro, quasi aspettandosi di vedere la pelle infilzata dagli aghetti. “E quel mentecatto immortalò l’evento, come se si potesse mai dimenticare una disavventura così!” bofonchiò, voltando la pagina per lui.

 

“Tutta la famiglia Hughes.” Chiarì, indicando ciascuno.

 

La mamma del Tenente Colonnello gli assomigliava tanto, e portava gli occhiali come lui.

 

In un’altra figura ingiallita, un giovane Mustang suonava la chitarra seduto in quella che doveva essere una cucina. Era stato ritratto di sorpresa, a tradimento.

 

Anche nelle successive immagini, Roy compariva sempre, nei momenti più disparati.

 

“So che te lo stai chiedendo.” Sputò fuori, evitando di proposito di incrociare il suo sguardo. “Ti domandi perché sono con loro.”

 

“No, io non…” tentò di discolparsi, ma non era vero. “Sì.” Ammise.

 

‘L’amore di tua madre non devi meritarlo, mentre devi meritarti quello di tuo padre’. Affermò una volta un grande poeta. Ma se, per quanto tu faccia, non ottieni né l’uno né l’altro?” lo provocò, ma non attese risposta. “Il motivo è semplice, Fullmetal. Loro mi volevano bene; soprattutto Obaa-chan. Mi adorava.

E io cercavo di passare quanto più tempo potevo, in loro compagnia. Perché mi sentivo accettato, e amato.

Ovviamente venivo puntualmente punito, quando rincasavo. Ma era un buono Scambio Equivalente.” Sospirò, stavolta non per gioco. “Victor Mustang, mio padre, …non gradiva essere contraddetto. E aveva una concezione piuttosto personale di ‘educazione’”. Fissò di sfuggita la fibbia della cintola che pendeva dai pantaloni della sua divisa, appesa al portabiti, nell’angolo della camera. “Pretendeva che facessi ciò che voleva lui, e come lo voleva lui… e, per quanto mi sforzassi, non ci sono mai riuscito. Il suo unico figlio è stato per lui una completa delusione. Su ogni fronte.”

 

“Ma, Taisa, non può essere… la chitarra, per esempio. Come può non averla lodata?”

 

Sorrise acre. “Semplice. Non l’ha mai saputo! Non avrebbe mai approvato quest’inutile perdita di tempo… me la regalò la madre di Maes, e io andavo a casa sua, ad esercitarmi con Betsy di nascosto. Ecco perché la odia ancora adesso!” 

 

“Poi… vi siete chiariti?”

 

“Chi? Io e Victor? No, direi proprio di no. Anche perché è morto parecchi anni fa.

 

“Caspita! Mi dispiace…”

 

“Perché dovrebbe dispiacerti? A me non dispiace affatto…”

 

“Ma Taisa!” s’indignò.

 

“Tu non c’eri, Ed.

Tu non puoi sapere.” Sibilò. “E poi anche tu odi Van Hohenheim, sebbene per ragioni diverse.

Un padre troppo presente, e un padre completamente assente.

A volte è ironico il Destino, non credi?”

 

Si ritrovò ad annuire, perché in fondo sì, lo poteva capire.

 

“Abbiamo raggiunto il culmine, quando lui decise che io avrei mandato avanti l’attività commerciale di famiglia. E io mi opposi, per la prima volta.

Volevo rendermi utile per gli altri, volevo imparare l’Alchimia, arruolarmi, servire il mio Paese. A quel tempo, prima di Ishbar, credevo ancora in tante cose, credevo in un mondo più giusto. E lui, nel suo egoismo, non comprese. La cosa buffa è che sia stata l’unica occasione in cui lui aveva ragione, e io torto. Ma era mosso dal suo amor proprio, non mi dissuase per il mio bene.

Quindi me ne andai, per sempre. E lui mi diseredò.

Mi sono pentito di tante cose, in questi anni, ma mai di essermene andato.

Oggi invece, voglio diventare Comandante Supremo, perché gli orrori che ho vissuto non accadano mai più. E non mi importa di quanti culi dovrò leccare, o quanta merda dovrò spalare. Io ci riuscirò. Peccato non possa più sbattergli in faccia la mia soddisfazione!” uno sguardo cattivo accompagnò le sue parole iraconde. “E invece non mi toglierò mai questo sfizio! Quel bastardo s’è addormentato una sera, e non si è più svegliato. Non sono neppure stato avvisato del funerale, per sua preventiva – ed esplicita – disposizione.

Mia madre, invece, s’è lasciata morire; l’ha raggiunto sei mesi dopo. Concluse, con freddezza, come se la cosa non lo toccasse neppure.

 

Forse aveva odiato quella donna di riflesso: una figura evanescente, succube del marito violento e prepotente. Si disse Edo, provando non pietà, ma compassione, per lui. E per questa ragione... aveva un costante rapporto superficiale con le donne?

Senza coinvolgimenti? Senza impegno? Per sfuggire al fantasma di una mamma così? Una compagna che non arrivasse a conoscerlo, per non ferirlo? Avrebbe voluto chiederglielo, ma capiva da solo che si sarebbe spinto troppo oltre, davvero troppo.

 

Aprì una nuova pagina, v’era un’unica foto, nel centro. Un uomo dall’età difficile da definire, seduto oltre una possente scrivania, uno sguardo severo e intelligente, un viso vagamente familiare.

 

Hawkeye Sensei. Devo a lui la mia conoscenza dell’Alchimia di Fuoco.

 

“Ah! Ma che combinazione! Ha lo stesso cognome del Tenente!”

 

“Non è una coincidenza. Il mio maestro era suo padre.”

 

Edward boccheggiò, a corto di parole.

“Ma allora… perché il Tenente non la pratica? Non l’ha studiata?”

 

Roy parve riflettere, perché non era giusto metterlo al corrente dei segreti di lei, eppure non voleva rispondere con una menzogna. Si risolvette per una mezza verità. “A suo modo, Riza possiede l’Alchimia del Fuoco.

 

Parve bastargli quella spiegazione, perché Elric non chiese oltre.

 

“Quindi… ha vissuto a casa Hawkeye per lungo tempo?”

 

“Abbastanza, sì.” Annuì.

 

“Perciò, il padre del Tenente è stato come un padre anche per lei?”

 

Ghignò amaro. “E’ stato un maestro esigente, questo sì. Ma non un padre. Credo non lo sia mai stato, nemmeno per lei, a conti fatti.

 

“La signorina Riza le ha messo a disposizione la sua efficienza, la sua preparazione, per volere paterno?”

 

Ne fu sorpreso. “No. Per una serie di ragioni che non sto qua a snocciolare. Cose vecchie, risalenti a Ishbar, e forse anche prima. Potrai chiedere a lei, se mai vorrai.” Tagliò corto. “Di certo, però, noi tre siamo stati alquanto sfortunati, con i padri che ci sono toccati in sorte.

 

“A lei andrà meglio, vedrà.” Lo consolò.

 

“Io? Genitore?!” Oh, non se ne parla neppure! Sono a malapena in grado di allevare un gatto!” si schernì, fissando il micio tigrato che dormicchiava nella cesta.

 

“Ma lei potrebbe essere migliore di suo padre, e non ripetere gli stessi sbagli!” lo incitò, sostenendo con vigore la propria tesi.

Insomma!, era risaputo che Taisa Mustang fosse un incurabile lavativo, accanito sostenitore del fancazzismo ad oltranza, però… però era altrettanto innegabile che fosse una figura paterna per tutti i suoi subordinati. Una persona di riferimento, un uomo da seguire. I ragazzi avevano sposato il suo ideale, e avevano cieca fiducia in lui. Erano pronti a perdere la vita, per il suo sogno!

 

“Io penso che…”

 

“Lascia perdere, credimi. Tora mi basta e mi avanza!” spinse oltre la pagina, svelando foto risalenti appunto alla Grande Guerra dell’Est: immagini del Fronte, sabbia e sabbia ovunque. E ancora sabbia.

 

Le seguenti rappresentavano ancora momenti nell’esercito. Alcune dell’Accademia, come l’ingrandimento appeso, altre al poligono di tiro o durante una partita di scacchi, qualcuna ancora con Mustang in divisa, in mimetica, mentre era serio o faceva lo sciocco con dei commilitoni. Infine, c’erano le istantanee della sua truppa: un Havoc coi capelli più lunghi e l’immancabile sigaretta; un Breda più magro, ma meno gioviale, un Fury pressoché identico al presente, così come Falman, in uno dei rari momenti in cui sorrideva.

C’era persino Black Hayate, con e senza Riza, l’impeccabile Tenente Hawkeye, che – cosa eccezionale – accennava timidamente ad un sorriso. Talune la ritraevano più giovane, coi capelli lunghissimi, e poi corti e ora di nuovo lunghi, nelle più recenti.

E ancora i ragazzi, in pose serie o buffe, in ufficio o chissà dove – lo sfondo non era distinguibile.

 

“Talvolta, ho come l’impressione di aver sempre vissuto in una Caserma. L’ordine intransigente e la disciplina ferrea del mio vecchio, prima; e la scelta di entrarci per davvero, poi.

Quello che so per certo, è che l’Esercito è la mia casa.

Tu e i ragazzi siete la mia famiglia. E quell’idiota di Maes. Il miglior fratello che potessi avere.” Confessò, abbozzando una smorfia impacciata.

 

“Non ha più… nessun parente in vita?”

 

Non c’era poi da rifletterci su molto. Gli restava quella vecchia gatta spelacchiata, sorella di suo padre, la zia Margareth; che meno vedeva e meglio stava. Cosa che, per fortuna, accadeva assai di rado. Perciò scosse la testa in senso di diniego.

 

Il ragazzo s’intristì suo malgrado per lui, distogliendo lo sguardo a disagio.

 

Nelle ultime immagini c’era anche Edward, da solo o assieme ai ragazzi, o con Al, in molte più rappresentazioni di quante avesse immaginato. E anche qualcuna di Tora, da cucciolo, e poi via via più grande.

Nessuna ragazza, nessuna donna – tra le miriadi di conquiste vantate dal Flame Alchemist – neppure una campeggiava in quella raccolta. Nessuna che fosse stata degna, nessuna così importante da avere il diritto ad entrarvi.

Lo constatò quasi di sfuggita, eppure era rilevante, una cosa essenziale. Perché quello era sacrario personale di Roy Mustang.

 

Restavano pochi fogli bianchi, e poi l’album sarebbe stato completo.

Fu chiuso con un piccolo tonfo, e la magia fu rotta.

 

Il Colonnello s’alzò dal letto, e uscì dalla stanza, portando con sé quel tuffo nei ricordi, dolorosi e piacevoli.

 

Edward si stropicciò le dita del piede di carne intirizzite, quando il Taisa avesse fatto ritorno, gli avrebbe chiesto di alzare un po’ la stufetta.

Si sfilò il calzino, cercando di riattivare la circolazione con la mano sinistra, perché sentire il freddo acciaio su di sé era alquanto sgradevole.

 

“Che stai facendo?” si sentì chiedere, da un Roy tornato parecchio baldanzoso, con uno spuntino sul vassoio.

 

“Alza il riscaldamento? Ho un arto assiderato.”

 

“Perché non porti i calzini?!

 

“L’ho fatto, ma è freddo lo stesso… Non è che posso strofinarli uno con l’altro!” si difese, piccato.

 

Avrebbe potuto usare l’Alchimia del Fuoco, intiepidire un panno e consegnarglielo. Invece si chinò a strofinargli l’arto con le proprie mani, massaggiando con vigore e precisione.

“Ritiro tutto: tu non sopravvivresti ad un Campo Invernale!” lo prese in giro.

 

Ma non ricevette la replica pepata che ci si aspettava dal suo Fagiolino. Era troppo imbarazzato, per reagire a tono. Sentiva le guance arrossarsi ed arroventarsi. Ma non poteva certo cacciarlo via, no?

 

“Devo scaldarti anche il naso?!

 

Ed sussulto. Che sapesse...?

L’immagine nitida di quella mattina gli passò davanti, assieme al Portone d’accesso del Tribunale Militare.

 

“Non… non mi dica che lei sa…” deglutì.

 

“Certo che lo so!” lo contraddisse il moro, sorridendo sornione. “Di solito, chi ha i piedi freddi ha anche il naso congelato… è indice di una cattiva circolazione. Lasciò la presa. “Va meglio?”

 

Fu lesto a ritirare il piede, quasi fosse stato imprigionato e liberato da una tagliola. “S-sì, grazie. Benissimo.” Squittì. “Vado in bagno un attimo.” Non attese il permesso e si dileguò.

 

Quando tornò, Mustang stava leggendo un libro di narrativa, e Tora sbocconcellava la sua parte di merenda. Sospirò. Alla fine, il Colonnello non aveva capito un bel niente, e lui era salvo. Anche se il dubbio l’avrebbe accompagnato a lungo…  

 

 

Continua...



Disclaimers: I personaggi citati e in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.

 

Note varie: il titolo di questa parte è un proverbio popolare: non si possono raddrizzare le zampe ai cani’. Chiaramente indica l’impossibilità (da parte del padre del Taisa) di cambiare la natura, il carattere di Roy, che io ritengo abbracci l’indole delmi spezzo ma non mi piego’.

 

E poi il riferimento di Roy all’aver sempre vissuto in Caserma, prima con la rigidità e inflessibilità paterna, e poi nell’Esercito.

Di primo acchito, sembra una contraddizione. Cioè… se ha odiato così tanto il comportamento del genitore, perché scegliere una vita improntata così?

In realtà, la cara vecchia psicologia descrive ampiamente questo comportamento, tipico di chi ricerca e attua l’unico modus vivendi che ha conosciuto.

E’ il caso di donne che hanno vissuto un’infanzia con padri violenti e magari dipendenti da alcool e droghe, che finiscono per scegliere un compagno che si rivela altrettanto manesco e inaffidabile.

Magari cambiando più partners nel corso della vita, ma sempre incarnanti questo archetipo, perché la voglia di rivalsa e di rifarsi una vita migliore non basta.

Chi, ad esempio, ha vissuto in famiglie di stampo militaresco, tende a voler far carriera in un Corpo dell’Esercito, per un inconscio richiamo alle proprie radici anche se – di facciata - potrebbe aver odiato apertamente e rinnegato quel periodo della propria esistenza.

Non è quindi casuale, io credo che Roy ricostruisca il suo archetipo: famiglia severa + amore degli Hughes ßà Esercito + truppa (famiglia surrogata). E’ UN SILLOGISMO IMPECCABILE.

 

La frase di Roy: “Tu e i ragazzi siete la mia famiglia. E quell’idiota di Maes. Il miglior fratello che potessi avere.” Non ve la siete sognata, non è un déjà vu. L’ho scritta identica nel lontano capitolo “Gattemorte (a volte ritornano)” il n°17.
Siccome la trama della nevicata era pronta già da allora, ho inserito il richiamo al passato.

Ovviamente le riflessioni di Ed non sono precisamente quanto accaduto, ma il ‘riassunto’ di quell’evento: la foto ritrovata, i ricordi amari, la frase.
Sempre in quel capitolo, avevamo fatto la conoscenza di Magareth Mustang. Ricordate? ^__=

 

Sacrario: è un luogo in cui raccogliere oggetti importanti, sacri, di culto, figurativamente indica l’intimo dell’animo o la sfera degli affetti e dei sentimenti più privati e riservati.

 

All’interno ho inserito una autocitazione, il primo omaggio alla mia ficMaple Café”, come promesso.


“L’amore di tua madre non devi meritarlo, mentre devi meritarti quello di tuo padre. E’ una frase del poeta Robert Lee Frost.

 

Avevo forse preparato altre riflessioni, perse col word di stamattina. Nel caso sopravvenissero, le inserirò nel prossimo postaggio.

 

 

Precisazioni al capitolo precedente: Pur ritenendo Al un personaggio buono, anche a me spesso e volentieri sta sulle scatole.

Quando scrivo una RoyEd, devo sempre inventarmi qualcosa di plausibile, perché non stia sempre tra i piedi a loro due e a me! è_é

 

Rispondendo a Dimea: no. Io non suono la chitarra, ma la cosa è alquanto una tragedia greca. Sono secoli che desidero imparare e, quando ho avuto una chitarra, mi è venuta la tendinite e quindi ho smesso, appena dopo qualche accordo. Per problemi al polso mi è stato sconsigliato di usarla. Resta uno dei miei sogni. Magari in futuro… per adesso so solo accordarla e cambiare le corde rotte… ^^’

X Sparrow: no. Non ho già scritto fino all’85° capitolo. Ho scritto le trame, sì; e alcune delle scene coi dialoghi, ma non ho tutti i capitoli pronti! >.<

X Chamaedrys: gongolo sempre quando sento che una mia fic ha contribuito alla Causa a cui sono votata, quindi le tue parole mi riempiono di gioia, sia per la tua neonata passione al RoyEd, che per l’avvicinamento al mondo shonen-ai/yaoi. Grazie di avermelo detto! ^__^

 

 

 

Per chi fosse interessato, ho postato un’altra fic nel fandom di Harry PotterUn amore di zucca”.

Non avendo altri mezzi, ringrazio fin da ora chi l’ha commentata.

 

 

 

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Grazie (_ _)

elyxyz

 

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Capitolo 37
*** Fire Man (VIII parte: Torna a casa, Lassie!) ***


Note: il seguente scritto contiene lievi riferimenti yaoi

Note: il seguente scritto contiene lievi riferimenti yaoi.

Per ulteriori spiegazioni, compreso il sottotitolo, vi rimando alla conclusione della fic, dopo la lettura.

 

 

Dedicato a chi ha commentato i precedenti capitoli della raccolta.

E a chi ha aggiunto ‘It’s raining’ tra le proprie letture preferite. Siamo arrivati a 60.
Non posso che gioirne.

Grazie!

 

 

 

 

Fire Man

 

(VIII parte: Torna a casa, Lassie!)

 

 

by elyxyz

 

 

 

 

Nel tardo pomeriggio, la luce comparve da sé, quasi per miracolo. Guardarono alla finestra e alcuni operai, con le ruspe e spartineve, ripulivano l’inizio della via, dove c’era un rattoppo provvisorio alla rete elettrica e a quella telefonica.

 

“Chiama Alphonse!” disse il padrone di casa, consapevole che l’altro se ne sarebbe andato.

 

Non se lo fece ripetere due volte, prese la cornetta e compose il numero.

“Al!, stai bene? …sì, anch’io. Glielo riferirò.” Dialogò. “Visto che non ci sono problemi, ci vediamo domattina!” salutò e riappese il ricevitore. “Il Quartier Generale riapre alle otto; il briefing degli Ufficiali è alle nove punto zero-zero.” Precisò, rivolgendo l’attenzione al Colonnello.

 

L’uomo sbatté le palpebre, confuso. “Come hai detto?”

 

“Che domani si torna al lavoro!”

 

“No. Prima…”

 

Edo fece spallucce. “E’ quasi buio. Le strade sono un disastro. Ho pensato che tanto valeva che restassi qui e le dessi una mano a riordinare, come aveva suggerito ieri... A lei, do fastidio?”

 

Roy boccheggiò, in cerca d’ossigeno.

Davvero, un tale comportamento, non se l’aspettava proprio!

Quasi non ci credeva.

Era così gongolante, che per poco non si chinò a baciarlo. Lì, in quel momento, e ‘fanculo tutto il resto.

Si fece violenza, reprimendo quell’insano istinto.

 

“In fondo, è mercoledì.” Palesò Elric, precisando un’ovvietà. “Io, tutti i mercoledì sera, sono qui!”

 

“Non so se riesco a sopportarti ancora, dopo queste quarantotto ore. Non vorrei fare indigestione!” recitò, melodrammatico. “D’altra parte, è il giorno delle coccole di Tora. Magari sennò si offende.”

 

“Giusto. Allora resterò per Tora.” Si risolvette, accomodante.

 

Mustang s’avviò in cucina. “Vado ad imbastire una cena calda! E poi, intanto…”

 

Edward e il loro micio lo seguirono. La catasta di piatti sporchi e posate incrostate campeggiava gloriosa nel lavello.

 

“Io lavo e tu asciughi?” propose il moro, indossando il grembiule.

 

“Ma non ero qui solo per Tora?” lo prese in giro, di buonumore.

 

Tora non scappa mica; invece i protozoi che stanno crescendo nell’acquaio, sì!”

 

 

 

Dieci giorni dopo la nevicata…

 

 

 

Edward arrivò, saltellando, a Casa Mustang.

La missione lo aveva tenuto lontano da East per più di una settimana, e lui odiava lasciare una lettura in sospeso.

Già pregustava di terminare quelle 280 pagine del tomo di Chimica Organica...

 

Aprì la porta, e si trovò dinnanzi un salotto completamente stravolto e riorganizzato: il divano e la poltrona, la lampada a lungo stelo; al posto della credenza, un enorme caminetto troneggiava nell’angolo, dove sempre c’era stata la radio.

 

Un bel focolare scoppiettante e un tappeto soffice steso davanti.

 

Taisa…?” bisbigliò, al colmo dell’incredulità.

 

Roy sorrise.

“Te l’ho detto... Ero curioso di vedere com’era.

 

Lo vide sbattere le palpebre, a corto di parole, e fiondarsi verso la fonte di calore.

 

“Alt!” si frappose fra il ragazzo e la meta. “Togliti le scarpe!” lo sgridò, ridendo a fior di labbra.

 

Non se lo fece ripetere due volte, lanciando scompostamente in aria gli stivali e correndo scalzo sul pregiato arazzo. “La costringerò ad accenderlo fino a primavera!” lo minacciò, scherzoso, senza distogliere la vista dalla danza delle fiamme.

 

“Vuol dire che ti trascinerò con me nei boschi a raccattar legna!” lo avvertì a sua volta, nel medesimo tono leggero.

 

Era così entusiasta che annuì ancor prima di parlare. “Si può fare!”

 

“Ti piace?”

 

“Se mi piace?! E’… è…” farfugliò, eccitato.

 

Mustang rise nuovamente. “Ok, ok. Ho capito! Sei così elettrizzato che potresti fare scintille!” si burlò, divertito.

 

Abbozzò una smorfia colpevole, accarezzando la cappa calda con la punta delle dita, l’arabesco disegnato sull’architrave e i piedritti di mattoni rossi, smaltati di vernice ignifuga.

Giocherellò con gli alari, per ravvivare un ciocco; mentre l’uomo si beava di quel suo entusiasmo quasi infantile, staccandosi dall’angolo da cui aveva assistito alla scoperta. Era il momento di concludere al meglio, anche se lasciava a lui la scelta finale.

Si abbassò a prendere i due libri, postati sul basso tavolinetto davanti al divano, quello che Mame-chan doveva finire e una raccolta di fiabe di Elycia, che la bimba aveva dimenticato lì, l’ultima volta che era venuta a trovarlo.

“Cosa preferisci?” domandò, sventolandogli davanti al naso, a turno, i due tomi.

 

Nella concitazione della novità, Edward aveva completamente accantonato e rimosso Chimica Organica dalla sua testa.

E poi... beh, aveva aspettato quasi dieci giorni, cosa cambiava se...?

 

Ma Roy fraintese quel suo silenzio, forse l’aveva messo a disagio? Gli avanzò un’offerta mascherata da provocazione. “Vuoi che ti legga la fiaba della buonanotte?” domandò retorico, certo che l’altro avrebbe dato in escandescenze, e avrebbero ristabilito un equilibrio della situazione.

 

Edo inclinò la testa di lato, in modo ingenuo.

“Mi suonerebbe qualcosa?” chiese invece, puntandogli due pozze d’ambra in attesa.

 

Non avrebbe mai capito se gli aveva reso pan per focaccia, o se fosse stata solo una richiesta innocente.

Però fu il suo turno di restarsene imbambolato, fintanto che il ragazzo - stiracchiandosi pigro e voluttuoso, come un felino sazio – non si sollevò agile per prendere dallo scaffale il canzoniere e posarglielo davanti, in chiaro invito, per poi riaccoccolarsi a gambe incrociate al centro del tappeto, con Tora in grembo, già pronto a farsi grattare il pancino.

 

Come avrebbe potuto dirgli di no?

Betsy, che tanto a lungo aveva riposato nello sgabuzzino dimenticata, difficilmente vi sarebbe ritornata tanto presto.

 

 

Fine



Disclaimers: I personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.

 

Note varie: il titolo di questa parte è tratto dall’omonimo, celeberrimo film (il primo di sette), che ha come protagonista una cagna: una famiglia molto povera è costretta a vendere l’amatissima Lassie, una femmina collie. La cagna, però, compie un avventuroso viaggio per tornare da loro.

 

Una curiosità: cercando gli estremi del film, mi sono imbattuta in una canzone di Ivan Graziani, intitolata anch’essa “Torna a casa, Lassie!”. Il link qui sotto vi porterà a leggerne il testo, perché… beh, ci sono punti in cui rivedo molto Edward, in questa canzone, anche se alla lontana.

http://angolotesti.leonardo.it/I/testi_canzoni_ivan_graziani_2718/testo_canzone_torna_a_casa_lassie_92455.html

 

Briefing è una riunione di lavoro (all’interno di un’azienda o più spesso tra le gerarchie militari), per ottenere ragguagli, indicazioni e ordini da eseguire, fare il punto della situazione.

 

Se siete curiosi, o non avete ben chiara la forma di un focolare, mi sono permessa di inserire (senza alcuno scopo di lucro o appropriazione) la struttura base di un caminetto:

http://www.climarte.com/pagine/camino.htm


I protozoi sono organismi unicellulari; popolano attualmente in numero sterminato i mari, acque salmastre e dolci, i terreni umidi. Attecchiscono e si diffondono rapidamente ovunque, specialmente su materiali in decomposizione, sono sovente parassiti (infettuosi) di altri organismi vegetali e animali, conducono spesso vita in simbiosi. (Da Wikipedia, l’Enciclopedia Libera)

 

 

E con questo cap si conclude ‘La Grande Nevicata e un po’ mi dispiace, perché mi ci ero affezionata ç___ç

Dal prossimo, si ritorna a vagare nell’asse temporale della loro storia: tra gatti, cani e pioggia.
Ancora Buon Viaggio! ^__=


Precisazioni al capitolo precedente:

Il due di picche è la carta ritrovata sotto la letto da Roy. Se lo sia davvero o no, se ‘il due di picche’ sia solo una nota metafora… lascio sceglierlo a voi. Vi confesso che ero indecisa con il re di cuori ^__=

 

- Ringrazio di cuore Sparrow, per aver messo nella sua recensione il link:

http://img174.imageshack.us/img174/9378/6pxdhyrx4.jpg

per vedere una bellissima serie di immagini che assomigliano molto al risveglio con naso (con)gelato del nostro Fagiolino! (peccato le immy siano piccole, ma – se salvate l’immagine - potete ingrandirla a piacere con un qualsiasi programma di Adobe Photoshop o Paint, ecc…)

 

Altra immy che ho scelto io, stavolta:

http://img521.imageshack.us/img521/8808/fa53jp9jw1.jpg

non sono coccolosi?? *__*

 

 

- Vorrei ringraziare (in particolare) Nacchan e Mua, che – pur odiando Roy – si stanno ‘appassionando’ alle sue disgrazie in questa raccolta.

Come ha detto Mua, riferendosi allo scorso capitolo, scoprire che qualcuno ha trovato cose molto personali di te, senza il tuo permesso, è alquanto sgradevole.

Lei ha dato un’interpretazione perfetta di quello che volevo esprimere:

“Quando ha dato a Ed l’album... beh, sembrava quasi che volesse dire "hai scoperto quella foto... tieni, con questo riceverai le risposte alle domande che sicuramente ti sei posto", ma potrebbe anche voler dire "tieni, curiosa ancora un po’ nel mio passato!" ci potrebbero essere varie interpretazioni di quel gesto... naturalmente, però, questo è solo il mio punto di vista^.^!”

Corrette entrambe, perché da un lato abbiamo un Roy che ama a tal punto Ed da consegnargli lo scrigno dei suoi più intimi affetti, dall’altro non può non essere infastidito dal ritrovamento. Persino Edo-kun ha il dubbio che lo stesse sfidando, quando gli ha consegnato l’album in mano.

- Le riflessioni di Hokori sul perché Roy abbia conservato una foto di famiglia, malgrado la odi e la rinneghi, mi ha fatta riflettere. Lei stesa ha dato delle ottime ipotesi verosimili; ma io, sinceramente, quando l’ho scritta, ho pensato più ai ‘come’, non ai ‘perché’. Nel senso: è l’unica foto separata dalle altre nell’album, è l’unica ingiallita, con gli angoli rovinati, senza una cornice o la pellicola trasparente dell’album a proteggerla dal tempo, dalla polvere. E’ buttata alla rinfusa in un cassetto. Tutto questo stride con la cura con cui conserva e apre il raccoglitore, il suo sacrario.

E finora, come giustamente dice Chiara, abbiamo sempre pensato a Edward senza casa, una casa che gli sarà offerta dal Taisa, sì. Ma il Colonnello otterrà una famiglia tutta sua da amare, non un surrogato. Non è un perfetto Scambio Equivalente?! *__*

- Ringrazio Dimea, e spero comunque che questo capitolo non abbia riaperto vecchie ferite.

- E Chibimayu per la pubblicità sfrontata! XD (chissà che le recensioni aumentino! ^__=)

- Do il benvenuto a Mala_Mela, sia nel fandom RoyEd che come nuova lettrice. ^___^

 


Ringrazio sinceramente per le recensioni a ‘
What’s happiness? (In our shoes)’, la seconda storia della raccolta ‘Like a Paradise.
(Ambientata a Resembool, durante l’infanzia spensierata dei nostri eroi).

 

 

 

Campagna di Promozione Sociale - Messaggio No Profit:

 

Dona l’8‰ del tuo tempo alla causa pro recensioni.

Farai felice milioni di scrittori.

(Chiunque voglia aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio crede)


Come sempre, sono graditi commenti, consigli e critiche.


Grazie (_ _)

elyxyz

 

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Capitolo 38
*** Come cane e gatta ***


win manut

 

Note: il seguente scritto contiene riferimenti yaoi.

Per ulteriori spiegazioni, vi rimando alla conclusione della fic.

 

 

Dedicato a chi ha recensito i precedenti capitoli della raccolta.

E a chi ha aggiunto ‘It’s raining’ tra le proprie letture preferite.

Siamo arrivati a quota 66 in pochi giorni!

E adesso... su, non fate i timidoni e commentate! ^__=
Grazie!


 

 

Come cane e gatta

 

by elyxyz

 

 

 

 

Roy mordicchiò l’orecchio a Ed, sussurrandogli tenerezze e sconcezze.

Acciaio, che stava mescolando la zuppa sul fuoco, sollevò minaccioso il mestolo, sbrodolando un po’ ovunque; ma in realtà non disprezzava affatto le attenzioni del compagno.

 

“Se continui a distrarmi,” bofonchiò, burbero “non finirò mai di cucinare la cena!”

 

Il moro gli circondò la vita con le braccia, senza smettere di vezzeggiarlo.

Edo si lasciò andare, posando la schiena contro il suo torace largo, i baci scesero lungo la carotide e avrebbero vagato – con buona probabilità, assieme alle mani – verso la succlavia, se lui non avesse prontamente placcato quelle dita vogliose e quelle labbra curiose con le proprie.

 

Il bacio durò un istante, giusto un assaggio. – “Sai di fagioli!” – ma le loro mani rimasero allacciate.

 

“Ho una fame…”

 

“E’ quasi pronto!”

 

“Ma io ho fame di te.”

 

“Smettila di stuzzicarmi, o succede come l’altra sera e-” sarebbe finito lui, sul tavolo, al posto del tacchino...

 

“E che ci sarebbe di male?!” Roy ghignò sornione. “Non ho mica grandi pretese culinarie, io! So vivere anche solo con un fagiolino!”

 

“Sarebbe un po’ come dire che ti accontenti?!” Edward sollevò un sopracciglio indispettito, forse l’aveva presa come un’offesa personale.

 

“Sarebbe come dire” lo imbeccò “che perdi troppo tempo a cucinare, invece che occupare i nostri momenti liberi in attività più divertenti e gratificanti del cibo…” le sue mani ripresero a vagabondare, desiderose di conoscere. “Ahi!” Si massaggiò il palmo arrossato dalla cucchiaiata che aveva preso.

 

“Così impari. Quando dico ‘no’, è no!” chiarì Fullmetal, e con la scusa di mescolare nuovamente la minestra nascose un sorriso divertito.

 

Mustang si rassegnò, mugugnando il proprio dissenso - come un bimbo viziato che non può avere il giocattolo che desidera -, mentre finiva di disporre il pane e le posate sulla tavola.

Ed lo sentiva brontolare ‘quanto una pentola di fagioli scoppiettanti’, come spesso amava dire, con una neonata auto-ironia. Picc- uhm… ristretta concessione che aveva fatto al suo uomo: a furia di sentirsi chiamare ‘Mame-chan’, ormai lo canzonava spesso e si prendeva in giro persino da solo. Anche perché era cresciuto – con suo sommo gaudio e smodata soddisfazione; e, sebbene non fosse decisamente una stanga, un nanetto non era più, e quel nomignolo – nato come oltraggio alla sua persona - adesso aveva assunto una colorazione affettuosa e non aveva più ragione di infastidirlo.

 

Sorrise nuovamente, spegnendo il gas e girandosi verso il compagno, che stava versando una scatoletta nella ciotola di Tora, mentre il micio aspettava, festoso, di consumare la sua pappa.

 

“Perché hai acceso le candele?” domandò, giusto per stuzzicarlo. Un candelabro a due bracci illuminava piacevolmente la cucina ed egli fece finta di pensarci su. “Ho forse dimenticato qualche ricorrenza importante?”

 

“No, no! E’ solo per tener vivo il romanticismo, in vista del postcena…” ammiccò.

 

Edward sbuffò, a metà strada tra l’esasperato e il divertito. “Una cosa per volta, ok?”

 

L’espressione da amante ferito del moro sortì solo l’effetto di farlo ridere ancor di più.

Il sentimentalismo era svanito del tutto, ma non il buonumore.

 

Si sedettero a tavola, la zuppa scodellata fumava che era un piacere.

Con la prima cucchiaiata, imbastirono la solita conversazione serale.

“Hai controllato la scadenza delle bollette?”

 

“I croccantini e i cereali stanno finendo, domani devo uscire prima e fare la spesa…”

 

“Ha telefonato Maes, oggi. Ti saluta.”

 

“Giusto! Quasi dimenticavo…” Esordì Elric, d’un tratto, ricordando la posta ritirata. “Sulla mensola in ingresso, c’è un biglietto per te.”

 

Roy fermò il cucchiaio a mezz’aria, stupito e interessato.

 

“La cara zia Margareth ti manda i suoi auguri di buon compleanno.”

 

“Ma se è tra…”

 

Quella sarebbe anche capace di piombar-”

 

Il campanello di casa trillò in quel preciso istante.

Il loro scambio di sguardi parlò da sé.

 

“Tu porti iella!” si sentì dire Edward, che stava diventando allergico anche al ‘dover aprire la porta’, oltre che al latte.

 

Regolarmente – puntuali come le tasse – arrivavano le vecchie fiamme del Flame Alchemist in cerca di lui. Il che, anche a distanza di anni dall’inizio della loro relazione, aveva tempestivamente il potere di mandarlo fuori dai gangheri, soprattutto se la tizia di turno era una recidiva.

Adesso che era legittimato, non si premurava più di nascondere la sua più che lecita gelosia nei confronti di quell’ex dongiovanni da strapazzo.

 

E ora ci mancava solo una geniale improvvisata della cara zia Maggie!!, che – da quando aveva dato loro la sua benedizione – sentiva di poter avvalorare il suo interesse materno per la coppia, con lettere calorose e telefonate di sollecito interessamento.

Ma lei non sarebbe giunta di nuovo così, su due piedi. Senza avvisare. E quel bigliettino d’auguri non preannunciava nessuna visita domiciliare, per la miseria!

 

Ed si appellò con ardore alla convinzione che l’adorata vecchietta, così ligia alle severe regole del Bon Ton, non si sarebbe mai permessa un’intrusione immotivata nel loro nido d’amore, come amava definirlo con vomitevole dolcezza.

Quindi, scegliendo il male minore, sperò quasi che fosse una delle ex di Roy.

 

Ripassando a memoria la sequela di cose poco carine e maleducate da snocciolare, aprì la porta.

Non avrebbe mai saputo dire il perché, ma la sua mente registrò prima una voluminosa valigia, poi la bionda proprietaria.

Ad occhi spalancati, gli ci vollero alcuni istanti per realizzare.

 

“Winry!”

 

“Eh, già!” sorrise lei, facendo spuntare due deliziose fossette ai lati della bocca. “Disturbo? Oppure vuoi semplicemente lasciarmi sul pianerottolo?” buttò là, condensando una confidenza dettata da anni e anni di conoscenza.

 

“Sì, no! Cioè… entra, entra! Mi fa piacere che tu sia qui… ma non me lo aspettavo!” si fece da parte, per far passare lei e il bagaglio gigante che conteneva i suoi inseparabili attrezzi.

 

Roy fece capolino dal corridoio, con lo stesso entusiasmo con cui andava dal dentista.

“Cosa ti porta qui a East, miss Rockbell?” chiese, scordando – forse volutamente - di salutarla.

 

“Buonasera, Generale Mustang!” esclamò lei, con falsa cortesia, usando il medesimo tono dell’accoglienza.

 

L’uomo non si diede pena di approfondire i convenevoli e, sbuffando, si appoggiò allo stipite della porta, con l’arroganza di chi ostenta di essere nel proprio territorio.

 

Lei non si fece intimorire, decidendo bellamente di ignorarlo, rivolgendosi direttamente a Ed.

“Il treno per Resembool, partito da Rush Valley, è guasto e non ripartirà prima di domattina.” Spiegò, slacciandosi il cappotto perché cominciava a soffrire per la differenza termica tra fuori e lì. “Dovendo pernottare qui ad East, mi sono recata alla vecchia locanda. Ma è stata demolita!” li informò, palesando il suo fastidio per questa seccatura. “E’ piuttosto tardi, per cercare un’altra sistemazione…”

 

Edward fissò di riflesso l’oscurità oltre le finestre del salotto.

 

“Mi spiace essere piombata qui, in questo modo, Ed. Ho anche provato a chiamare, ma la linea risulta difettosa.”

 

I due militari pensarono alla spina del telefono staccata. Pratica consolidata nel tempo, per quando volevano lasciar fuori il mondo e il suo tran tran da momenti che erano solo loro.

 

“Chissà perché? E’ guasto?” s’interessò lei, pensierosa.

 

Un’occhiata tra i due uomini. Addio coccole.

 

“Non lo so, Win-chan.” Edo scosse le spalle, come a dire che avrebbero verificato poi. “Gradisci qualcosa da bere? Hai cenato?”

 

Lei si prese il tempo di lanciare un’occhiatina di sfida a Roy, prima di rispondere con un bel ‘no’, che aveva mangiato solo un panino, qualche ora addietro, ma che non voleva disturbare oltre.

“Mi basta sapere dove poter dormire stanotte, un qualsiasi albergo o locanda vicino alla stazione. Di sicuro siete più informati di me, su questa città. Il tassista mi sembrava un tipo strano, poco affidabile.”

 

“Non se ne parla nemmeno!” esordì Elric, indignato. “Tu rimani qui, e domani ti accompagneremo al treno!”

 

“Ma…”

 

“Roy! Diglielo anche tu!” esclamò, coinvolgendo nella loro discussione l’uomo che, fino a quel momento, era rimasto a bollire in silenzio.

 

Se Winry preferisce non abusare della nostra ospitalità, Mame-chan, noi non possiamo costringerla.” Precisò, con molto buonsenso e altrettanto egoismo.

 

“ROY!!” abbaiò, come fosse stato un rimprovero.

 

Mustang fece spallucce. “Posso chiedere a Riza di ospitarla, oppure c’è quell’alberghetto carino nei pressi di Dahlia Place, a due passi dalla stazione.”

 

“Ma non è questo il punto!” s’infervorò, gesticolando ampiamente per dimostrare il proprio malcontento. L’auto-mail scricchiolò, quando lui strinse le dita a pugno e la indicò. “Winry rimarrà qui, c’è la poltrona letto nello studio: se ci stava tua zia, può dormirci anche lei!”

 

“Edo!” ruggì la ragazza, stavolta, avanzando a larghe falcate “fa’ vedere!”
Gli afferrò la protesi con malagrazia, studiandola con movimenti e gesti accorti e concentrati. Avanzò verso il gomito, sollevando la manica senza delicatezza.

“Ma sono un disastro!” Lo sgridò, dandogli una manata sulla nuca. “La manutenzione, Edward Elric, la ma-nu-ten-zio-ne!! Quante inutili volte te l’avrò ripetuto?? Se non li curi, non funzioneranno mai a dovere…” Lo rimproverò, regolandogli la presa della mano, con un cacciavite che era spuntato da chissà dove, forse lei lo teneva in tasca, per abitudine.

 

Entrambi gli uomini pensarono che comunque facevano più che discretamente bene il loro lavoro… Edo arrossì.

“Scu-scusa, Win…” bofonchiò, contrito.

 

“Sei una testa di rapa!” lo offese, dedicando la sua attenzione ad un bullone malfilettato. “Ti offro la revisione, un check-up completo, per ripagare il disturbo e sdebitarmi.” Propose, senza distogliere gli occhi dal lavoro.

 

Persino Roy era certo che, in quel momento, stesse parlando l’esperta meccanica, la più brava costruttrice di auto-mail dell’Est, e non l’amica d’infanzia che lui odiava tanto.

 

La odiava. Per un sacco di buone ragioni.

E sapeva di essere ricambiato in ugual misura.

Forse Winry Rockbell aveva i suoi buoni motivi per farlo.

Le aveva strappato Ed e Al, ciò che restava della sua famiglia.

Era un militare, e uccideva la gente per lavoro; mentre i suoi genitori erano morti, per salvare le vite che lui cercava di assassinare.

E probabilmente credeva che anche Edo si fosse sporcato le mani, per causa sua.

Senza contare la loro relazione.

Quanto poteva averlo denigrato, per dissuadere Ed da quel rapporto malsano?

Non era uno sciocco.

Aveva una nitida consapevolezza che – nella scala di valori di Winry – lui valeva meno di zero.

Un essere abbietto, un sicario, un’arma umana. Che ora si prendeva gioco di un ragazzo, circuendolo per il proprio piacere, plagiandolo al proprio volere. Come se si potesse mai piegare uno come Edward Elric a fare qualcosa contro la sua volontà!

Beh, se mai fosse esistito qualcuno, lui avrebbe voluto conoscerlo e farsi spiegare i segreti, perché – anche ad anni e anni di distanza -, Mame-chan faceva sempre e solo ciò che voleva, e come lo voleva, senza mai sentir ragioni.

 

Quel che era certo era che l’astio provato dall’Alchimista di Fuoco era di ugual misura.

E benché sapesse di essere, nel presente, in netto vantaggio su di lei, difficilmente riusciva ad archiviare pensieri scomodi e fastidiosi.

E comunque la detestava perché era autorizzata a mettere le mani addosso a qualcosa che apparteneva a lui. Edward era una sua proprietà. Quindi non che facesse i salti di gioia, quando la incontrava.

E poi era un’amica d’infanzia.

Magari aveva ancora qualche insana cottarella, un amore platonico e perciò irrisolto, nei suoi confronti.

Per fortuna che Ed la considerava solo una manesca meccanica, alla stregua di una sorellina, che non aveva mai avuto.

 

Masticò tra i denti il proprio disappunto, sorvegliando la loro attività.

 

E adesso il suo dispotico Fagiolino l’avrebbe invitata a restare a cena da loro, per farle gli onori di casa, dimostrando le sue doti in cucina, da perfetto padrone di casa.

 

A Roy non andava bene, ovviamente; ma sopportava, per amor suo.

Lui e quella tizia non erano mai andati d’accordo.

Si erano sempre cordialmente detestati. E sempre lo avrebbero fatto.

 

“Prova a estendere, Edo-kun.” Gli stava ordinando, mentre lo palpeggiava indisturbata lungo tutto l’avambraccio.

 

“Più di così non è che riesco!” protestò il biondo, flettendo la protesi.

 

“Ancora un po’!”

 

“Winry! Me lo stai riparando o vuoi solo vendicarti di me?!” chiese, preoccupato, eseguendo tuttavia il comando, prima di ritrovarsi una chiave inglese piantata in fronte.

 

“Ancora un attimo…”

 

“Perché non ceniamo?!” s’intromise Mustang, ricordando loro la sua presenza nella stanza.

 

Si voltarono entrambi a guardarlo: Ed quasi con gratitudine, lei con palese fastidio.

 

“Ha ragione Roy, potremmo continuare dopo, eh?” Edward appoggiò l’idea, un po’ perché gli dispiaceva che nessuno avesse ancora cenato; ma ancor più perché, ogni volta che faceva la manutenzione, la sua amica d’infanzia non perdeva occasione per cazziarlo di brutto, per come non curava le protesi, per come non oliava bene le articolazioni, per come erano piene di graffi o ammaccature.

 

Sospirò, forse con fin troppo sollievo, perché Win lo adocchiò, perplessa.

 

“Vieni a lavarti le mani, ti accompagno!,” si offrì, improvvisamente sollecito e desideroso che lei riponesse il cacciavite dall’incavo del suo gomito. “E’ proprio un peccato che Al non possa raggiungerci!” rimpianse, facendole strada in corridoio.

 

“Dov’è Al?!” chiese lei, stupita.

 

“E’ andato a Central con Havoc e Fury, per una missione. Sai, ogni tanto fa comodo avere una guardia del corpo così imponente…” scherzò, senza riuscire a nascondere del tutto l’orgoglio di un fratello maggiore.

 

Anche lei sorrise, intenerita. “Sono felice che si renda utile in qualche modo.”

 

“Lo sai che va pazzo per i gatti! Ma è l’ultima cucciolata di Minù che Maes si accolla… dice che deve fare gli straordinari per mantenerli tutti…”

 

Risero entrambi.

 

“Ma non è che zia Pinako potrebbe adottarne qualcuno? C’è un sacco di posto, a Resembool!”

 

“Non credo che Den approverebbe la cosa.” Appuntò, divertita. “Era Al, quello con la fissa di raccattare tutti i randagi attorno all’officina, facendolo ingelosire.

Però mi spiace proprio! Avrei voluto rivederlo…” si amareggiò, asciugandosi le dita affusolate.

 

“Se ci avessi avvisati per tempo, sarebbe rimasto!”

 

“Pazienza. Non avevo previsto di fermarmi, come ti ho già detto. E poi ci siamo sentiti anche l’altro giorno…”

 

La faccia sorpresa di Acciaio parlava da sola.

 

“Io e Al ci telefoniamo almeno una volta a settimana… non te l’ha mai detto?!”

 

“NO!” guaì, offeso. “Dannato pezzo di latta traditore!”

 

Winry fece un’espressione indulgente. “E allora che rimanga un segreto, ok?”

 

Edward mugugnò un sì, realizzando che comunque non poteva pretendere di sapere sempre ogni cosa. Oltretutto, ora aveva una sua vita con Roy, e – malgrado avesse a cuore sia il suo Nii-chan, che Winry o zia Pinako – le sue nuove priorità erano dentro a Casa Mustang, adesso.

 

“Giusto! Perché torni a Resembool?” s’interessò, varcando la soglia della cucina da dove Roy aveva teso le orecchie per origliare, senza perdersi neppure un loro respiro.

 

“La nonna ha bisogno del mio aiuto per un lavoro urgente, un innesto particolarmente complesso, e così…” lasciò cadere il discorso, quando osservò la tavola imbandita, i piatti ancora mezzi pieni di zuppa. “Che buon profumo!” esclamò. “Ma ho interrotto qualcosa?” La colata dalle candele mezze consumate sembrava una beffa ai danni di Mustang, che non le diede anche quest’ultima soddisfazione.

 

“Niente che non potremo riprendere una volta che avrai ricominciato il tuo viaggio…” malignò, soffiando sul candelabro con fin troppa energia. La cera macchiò il candido lino, e lui imprecò sottovoce.

 

“Roy!” lo sgridò il biondo, arrossendo d’imbarazzo e d’ira.

 

“Pulirò io, Mame-chan, non ti preoccupare.” Si difese, scrutando malevolo la macchia perlacea sopra il ricamo a punto croce.

 

“Non mi riferivo a quello! Non essere sgarbato con Win-chan!”

 

Fece finta di cadere dalle nuvole. “Sgarbato?! Ma non mi sembra! Lei ha chiesto, e io ho risposto.”

 

“Lascia stare, Edo.” Si frappose la ragazza. “Non sarei dovuta venire.”

 

“Invece hai fatto benissimo!” la contraddisse. Sfidando il compagno ad obiettare il contrario, con un’occhiataccia che presagiva dolorose ripercussioni.

 

Il Generale di Brigata aprì e chiuse la bocca. Sconfitto.

 

Cenarono in un’atmosfera inconsueta.

I due amici d’infanzia chiacchierando del più e del meno: dei lenti - ma costanti - studi per ridare ad Alphonse il suo corpo originario, di alcune missioni a cui avevano partecipato, di come stesse la zia Pinako, delle ultime sperimentazioni di auto-mail extralusso a Rush, di qualche aneddoto divertente da raccontare…

Roy rimase in silenzio per la maggior parte del tempo, masticando a viva forza per tenere occupata la bocca, prima di farsi sfuggire qualcosa di sgradevole.

 

Il caffè fu servito in salotto, dove la conversazione continuò e anche Tora ricevette le attenzioni da quella gentile signorina. Si vedeva che era brava: mentre gli lisciava il pelo, aveva una presa molto più delicata dei suoi due padroni.

Ebbe persino modo di studiare meglio la situazione, che stuzzicava la sua curiosità felina.

 

“Giacché sono qui, tanto vale che dia una controllata seria allo stato dei tuoi auto-mail, no?” ribadì l’ospite, un bel momento, facendo scendere il micio dal suo grembo e sistemandosi la gonna stropicciata. Si capiva che non aspettava altro da che era arrivata.

 

Edward impallidì di colpo.

 

“Dovresti stenderti, sarebbe meglio.” Lo invitò, andando a raccattare il valigione. “Ti sdrai sul letto?”

 

“Il divano andrà benissimo!” s’intromise Roy, tenendo a freno - a stento - la sua gelosa possessività.

 

Lo stava facendo per farlo incazzare. Poteva metterci la mano sul fuoco!

Ma lui era stanco di farsi prendere per i fondelli da quella ragazzina, in casa sua e di fronte al suo uomo, per giunta! E se Ed non aveva le palle per arrangiarsi, avrebbe preso lui in mano la situazione, per la miseria!

 

Tora, che non era un gatto scemo, aveva deciso di restarsene accucciato nella cesta, buono buono; perché aveva comunque un’ottima visuale e l’aria lì dentro era diventata veramente pesante.

Certo, però, che non capiva proprio gli umani...

Era chiaro persino a lui che il suo padrone moro odiasse la tipetta bionda - anche lei con la coda troppo alta. Eppure, fin da quando era cucciolo, aveva visto passare un sacco di femmine per quella casa e non capiva perché proprio lei, e solo lei, lo indisponesse; lei che - al contrario - attirava le simpatie del padroncino biondo, facendolo irritare ancor di più.

Quella femmina pareva esserne consapevole?, eppure sembrava quasi miagolare (come quando Minù era in calore) e faceva capire perfino a lui che era disposta al corteggiamento. Ma, se lei l’avesse fatto in quel momento - Tora ne era certo -, avrebbe rischiato grosso. (Aveva sentito parlare, dai gatti randagi di passaggio, di occhi persi e zampe zoppe, e a lui sarebbe dispiaciuto.)

Per poco il padrone moro - la bestia più anziana di Casa - non sguainava gli artigli, soffiando e rizzando il pelo contro di lei!

Cosa che lui, sinceramente, non comprendeva. Perché quella femmina era chiaramente disponibile, i suoi sensi felini lo recepivano bene.

Che non gradisse il suo pelo lungo, così simile a quello del padroncino biondo?

Impossibile.

Li aveva scoperti più volte ad accoppiarsi tra loro (forse per penuria di femmine?) – il rituale era molto simile al suo. E adesso che gli capitava l’occasione… ma con che maschi era finito?!

Sembrava quasi che lei fosse un problema anziché una soluzione.

Forse era il suo odore ad infastidirlo?

Era parecchio forte, sì, ma non sgradevole.

Ad un bel momento, si era quasi aspettato che Taisaroy – così lo chiamava l’altro, no? – alzasse la sua zampa umana e rimarcasse il proprio territorio di fronte a lei.

Ma dov’era finita la lotta virile per la supremazia? Erano peggio dei cuccioli!

Quei due sembravano litigare in continuazione per delle sciocchezze e ora, per le cose serie, non muovevano una vibrisse?!

Tora miagolò il proprio disappunto, certo – come non mai – che se fosse stato per quei due, la Conservazione della Specie sarebbe andata a rotoli.

 

Il controllo degli arti artificiali di Acciaio fu eseguito in religioso silenzio, perché Winry pretendeva la massima concentrazione.

Mustang rimase appollaiato come un avvoltoio pronto a calare sulla sua vittima, in caso fosse stato necessario e Fullmetal subiva, non completamente consapevole della sua delicata posizione di perno degli equilibri.

 

La sera scivolò via, anche se a Roy sarebbe sempre parsa infinita e interminabile.

La poltrona letto nello studio cigolò il proprio disappunto, ma fu riaperta, per permettere a miss Rockbell di riposare. E lui si strinse contro il suo Mame-chan, sotto le lenzuola, e anche se nel mezzo della notte non sentiva più la sensibilità del braccio destro, non si sognò neppure di lasciarlo e cambiare posizione.

Geloso. Era geloso e non gliene fregava un accidente di sembrare infantile.

 

Il mattino successivo, il suo caffè amaro non gli era mai apparso così dolce, pregustando l’imminente partenza della scocciatrice.

Anche se si era svegliato di umore nero (avere intrusi per casa non era la sua più alta aspirazione), si offrì di sua spontanea volontà di accompagnarla in stazione, perché si levasse dalle pal- scatole quanto prima.

Suo malgrado, invece, il telefono aveva miracolosamente ripreso a funzionare e fu Edward - che quella mattina poteva arrivare in ufficio con più calma – a chiamare un taxi per scortarla fino al treno.

L’idea di obbligarlo a presenziare ad un inesistente briefing col Generale Hakuro lo sfiorò, suadente; ma l’ira a posteriori del suo suscettibile compagno non lo allettava particolarmente.

 

Se fosse stato per lui, non si sarebbe neppure preso la briga di salutarla; ma – a conti fatti – poteva anche sprecare la sua preziosissima voce, a patto che la sua sgradita figura evaporasse dalla sua vista.

 

Fu anche tentato di seguirli – andare con loro o pedinarli, a debita distanza – ma era abbastanza tranquillizzato dal fatto che nulla di sconveniente potesse accadere in un luogo pubblico come era l’affollatissima stazione di East City, e – benché avesse una infima considerazione delle bassezze e trucchi gretti a cui la biondina poteva ricorrere (le donne le conosceva bene, lui) - poteva contare ciecamente sulla fedeltà del suo Fagiolino, troppo ingenuo per captare sottigliezze che solo le sue orecchie e i suoi occhi da seduttore consumato potevano cogliere.

 

Regalando un appassionato bacio di congedo al suo Mame-chan, - “Smettila, Roy, non stai partendo per la guerra!” – salì fischiettando sull’auto che l’inflessibile Hawkeye aveva condotto fin sotto casa.

 

“Se mi è concesso, signore… perché è così di buonumore?”

 

Mustang sorrise, e il vetro della vettura gli rimandò un ghigno soddisfatto.

“Hai presente quanto è fastidiosa una zecca, Riza?”

 

La donna lo osservò, dallo specchietto retrovisore.

“Fastidiose, sì. Ma Tora è un gatto molto curato, Generale. Non capiterà molto spesso.”

 

“Certo. Non capitano spesso. Ma, quando le gatte rognose vengono a farti visita, non vedi l’ora che se ne vadano!”

 

 

Fine



Disclaimers: I personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.

 

Note varie: il colore del titolo richiama il nero di Roy e il biondo di Winry; mi sono rifatta al conosciutissimo detto popolare: “essere come cane e gatto”.


Per ovvie ragioni, questo capitolo è molto in là col tempo, forse qualche mese dopo il capitolo 17, “Gattamorta (a volte… ritornano)” ed è un po’ il suo Scambio Equivalente.

Abbiamo visto spesso Edward alle prese con la sua gelosia, più o meno palese.

Ma Roy non è da meno.

Nella mia testa, l’odio che ha per Winry è viscerale, quasi a pelle.

Ed è completamente ricambiato, anche se lei lo dà meno a vedere.

Credo di aver addotto motivazioni ragionevoli, perché sinceramente la trovo una cosa più che plausibile.

Ricordate quando Roy si è ubriacato, perché lei era in città, e non sapeva come sfogare il suo astio?

 

Mi piacerebbe sapere cosa ne pensate voi. So che alcune fans del RoyEd vorrebbero Winry al rogo, ma come vi sembra che lei ne sia uscita da questo loro confronto?

 

Il POV esterno di Tora è una sperimentazione. Gradirei sapere se vi è piaciuta oppure no, per regolarmi in futuro.

 

Che Edward abbia imparato a ‘giocare’ col suo nomignolo, non mi sembra un’eresia, quanto più un chiaro indice della profonda complicità che lo lega a Roy e – cosa non secondaria – che l’altezza non sia più così un handicap che lo rende suscettibile, visto che è diventato finalmente più grande.

 

La carotide è un’arteria importantissima che passa per il collo; mentre la succlavia – anch’essa arteria - irrora la regione del cuore, partendo però dalla zona della clavicola, da cui prende il nome.

La trovo una cosa molto dolce… *___*

(Non le arterie, ma che il Taisa parta a disseminare baci dal collo per arrivare al cuore!)

Se pensavate che invece le attenzioni di Roy arrivassero più in giù, avrei parlato di altre arterie, ma siete degli hentai! ^__=

 

Come avevo chiarito a suo tempo, questa raccolta attinge sia dall’anime che dal manga, a seconda dei casi.

Quindi, per l’omicidio dei Rockbell mi sono rifatta al manga, perciò è stato Scar, non Roy, a ucciderli. Per non compromettere il già difficile cammino tra lui e Edo.

(Staresti mai con l’assassino dei genitori della tua migliore amica?!)

 

Roy la definisce, alla fine, ‘gatta rognosa’. Anche se è partito attribuendole delle ‘metaforiche’ pulci, ha un suo senso anche in un’ottica di ‘persona complicata, sgradevole, fastidiosa’.

Rognosa, per l’appunto.

 

 

Precisazioni al capitolo precedente: chi si aspettava l’uso di Betsy, in questo capitolo, forse è rimasto deluso. Tornerà sì, ad allietarci, ma non tanto presto.
La scena davanti al caminetto, però, era bella, eh?! ^__=

Mi sono spalmata sulla tastiera, mentre la scrivevo! ^////^
Purtroppo non posso offrire in comodato d’uso né il tappeto né il focolare… sorry.


Do il benvenuto a Micchan (per il compleanno di Ed, vedremo... ^^).

Mi è piaciuta molto l’interpretazione di Mua, riguardo al testo della canzone di Graziani.
Il particolare che mi ha colpita di più è “
ritorna a casa Lassie, la tua cuccia è sempre vuota” perché Ed a Al sono come due randagi, e la loro casa non c’è più, e non tornano neppure spesso a Resembool. E quel continuo scappare, l’essere braccati, gli auto-mail, che come i tatuaggi hanno ‘cambiato’ per non dire ‘deturpato’ il corpo di Ed. E altro ancora, ma mi fermo qui.

 

 

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Come sempre, sono graditi commenti, consigli e critiche.


Grazie (_ _)

elyxyz

 

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Capitolo 39
*** Chi si addormenta coi cani, si alza con le pulci ***


Gatto pulci sul pancino

 

Note: il seguente scritto contiene lievissimi riferimenti yaoi.

Per ulteriori spiegazioni, vi rimando alla conclusione della fic.

 

 

Dedicato a chi ha recensito i precedenti capitoli della raccolta.
Grazie!


 

 

Chi si addormenta coi cani, si alza con le pulci

 

 

by elyxyz

 

 

 

 

Edward allungò l’auto-mail verso il campanello, lanciando uno sguardo assassino ad Alphonse, lì, accanto a lui.

Si capiva chiaramente che avrebbe preferito essere altrove, in qualsiasi altro posto. Ma altrove.

Spostò il peso del corpo da una gamba all’altra, come per decidersi a premere, o semplicemente per perdere tempo.

 

“Avanti, Nii-san!” l’infantile voce rimbombò all’interno dell’armatura, ma non perse il suo tono di gentile pressione. “Il Colonnello è stato fin troppo gentile, quindi togliti quel muso lungo dalla faccia, per favore, e suona. Le bottiglie del latte tintinnarono, vetro contro metallo.

 

Acciaio sbuffò, seccato. Eppure eseguì l’ordine, ma a modo suo.

Il malcontento si trasformò in sottile vendetta, quando il suo indice meccanico, casualmente, s’era bloccato sul piccolo pulsante.

Il lungo, fastidioso trillare si percepiva fin da lì, malgrado la pesante porta di legno.

Nii-san! Smettila!”

 

“Buonasera, Fullmetal!” lo accolse il suo superiore. “I tuoi modi garbati sono sempre ineccepibili!” lo canzonò, per non dargli soddisfazione.

 

Taisa, lo perdoni, la prego!” intercedette Al, scusandosi per lui.

 

“Non ti preoccupare, Alphonse.” Lo rassicurò l’uomo, facendoli entrare in casa.

 

Il cucciolo smise di giocare con il piccolo gomitolo che si divertiva a far rotolare, incuriosito dalle nuove presenze.

 

La pesante corazza squittì di puerile gioia, vedendolo; e, a dispetto della considerevole mole, gli corse velocemente incontro, inginocchiandosi per prenderlo in braccio.

 

Edo e Roy sorrisero, loro malgrado, inteneriti dalla spontaneità del piccolo Elric.

 

“Sei stato davvero fortunato, sai, micetto?!” Al si rivolse direttamente alla piccola palla di pelo che gli stava comodamente in una mano sola. “Io non ti volevo abbandonare, ma non ti potevamo neanche tenere…” si discolpò, grattandogli con affetto dietro alle piccole orecchie e sotto al mento. “Il Colonnello Mustang si prenderà cura di te e io costringerò il mio fratellone a fare altrettanto, va bene?”

 

Il gattino fece le fusa, per il piacere che quelle attenzioni gli provocavano.

 

Nii-san! Tora è d’accordo!” dichiarò, voltando il pesante catafalco verso il punto in cui i due militari sostavano.

 

“Non avevo dubbi, Al.” Ironizzò Edward, stiracchiando però le labbra in una smorfia che sapeva di felicità e orgoglio. Ricordava più che bene il suo dolore e la tristezza, per ciò che si erano imposti di fare.

Dal canto suo, rimaneva persuaso che quella fosse una sfortuna bella e buona: di tutte le case, proprio davanti a quella del Flame Alchemist dovevano finire?!

Certo… piuttosto che una sorte randagia, fatta di stenti e privazioni, oppure con un padrone sconsiderato, magari manesco… il Taisa era sicuramente meglio: una persona conosciuta, e lui avrebbe avuto modo di controllare l’evolversi della situazione in tempo reale. Anche se questo voleva dire avere a che fare, ancor di più, con quel dannato Colonnello che lui odiava tanto.

Ma, per amore di Al e del suo stato di fratello maggiore – doveva dare il buon esempio, lui! – si sarebbe sacrificato. Di certo, però, non aveva alcuna intenzione di facilitare le cose al suo superiore.

 

L’oggetto dei suoi pensieri lo scrutava divertito, anche in quel momento. Avrebbe tanto voluto togliergli quell’espressione strafottente dal grugno!

 

Fullmetal! Te ne stai lì in piedi, impalato, perché speri ancora di crescere?!” lo punzecchiò, senza prendersi il disturbo di cambiare quel ghigno insopportabile.

 

“E’ colpa sua, signore.” Replicò a tono. “Non mi ha ancora invitato ad accomodarmi!” precisò, sprezzante. “Forse non ricorda più le regole della buona educazio-

 

“NII-SAN!” intervenne Alphonse, di colpo allarmato.

 

“No, Al! E’ una cosa tra me e lui!” rispose secco, senza togliere gli occhi dal moro.

 

“Aspetta, Nii-san, non hai capito! Guarda!!” l’armatura indicò il micio.

 

Edo accantonò in fretta il battibecco e lo raggiunse.

“Cos…? Ma sono…”

 

“Sì, ha le pulci sul pancino!”

 

Taisa! Lei se n’era accorto?!” gli domandò, in tono d’accusa, come se fosse stata una sua colpa.

 

“Certo che no! Altrimenti avrei provveduto! In ogni caso, contavo di portarlo domani dal veterinario, per le vaccinazioni e tutto il resto...

 

“Potremmo fargli un bagnetto, no?” propose Al, scrutando quei minuscoli puntini neri, quasi invisibili ad occhio nudo.

 

“E’ una buona idea, Alphonse.” Riconobbe il padrone di casa, senza tuttavia prendere l’iniziativa dell’azione sgradevole.

 

“Ci pensa lei?!” insinuò Ed, ostentando un sottile appagamento, ricavato da quell’ingrato compito che il Flame avrebbe dovuto portare a termine di lì a poco.

 

“Spiacente, Fullmetal. Ma, come vedi,” e indicò una catasta di plichi affastellati in un angolo, in entrata “il Tenente Hawkeye si è premurata affinché io mi rimetta in pari, entro domattina, con alcuni dossier urgenti da controfirmare.”

 

Il ghigno sulle labbra di Edo svanì all’istante.

Per uno strano gioco dello Scambio Equivalente, spuntò simultaneamente sulla bocca di Roy, che rincarò la dose, pur mantenendo un tono gioviale.

“Oltretutto, mi sembrava che il patto stipulato - non più di due giorni fa, tra noi - prevedesse che io offrissi una residenza al micio, e che tu ti occupassi dei suoi bisogni fisici. E credo che un bagno rientri tra questi…” Non attese la contestazione che, sapeva, sarebbe giunta con l’invettiva. “Prego, seguimi. Ti mostro la strada.”

 

Acciaio masticò un’imprecazione colorita. Non era l’idea del bagnetto, in sé, a dargli fastidio. Quanto più la concezione stessa che il Taisa avesse vinto un’immaginaria battaglia contro di lui.

 

“Al? Potresti pensarci tu?” domandò, sapendo che forse il fratellino avrebbe gradito occuparsene.

 

Ma l’elmo si mosse, in chiaro segno di diniego. “Mi spiace, Nii-san, ma non posso! Lo sai anche tu che con quest’armatura non sento se l’acqua è calda o fredda, potrei scottarlo!” si preoccupò, come sempre fin troppo sollecito.

 

Edward sbuffò, arrendendosi all’evidenza.

Mustang ebbe il buongusto di non infierire, mentre conduceva lui e la palla di pelo pulciosa lungo il corridoio, riempiva con un po’ d’acqua saponata la vasca e gli porgeva una salvietta per asciugarlo, dopo.

“Pensi di arrivare con le braccia sul fondo?” lo sfotté, immaginando che – una volta chino sul tappeto, accucciato oltre il bordo – non sarebbe stata una posizione comoda, per quel Tappo che attirava fin troppo le sue attenzioni.

 

“Sta insinuando che sono così microscopico da fare concorrenza alle pulci che sono sul pancino di Tora?!” urlò, arroventandosi.

 

L’Alchimista di Fuoco preferì ignorarlo, lasciando che sproloquiasse, com’era abituato fare in ufficio. Se gli si dava spago, la tiritera di Acciaio poteva durare anche all’infinito; se invece si tendeva a fingere di non vedere né sentire questi suoi deliri, assolutamente folli e fuori luogo, perlopiù il giovane Elric smetteva poco dopo, spegnendosi come una miccia inzuppata.

 

Prese lo sgabello situato in un angolo della stanza e glielo adagiò davanti alla vasca, con la speranza che servisse.

 

“Crede che mi serva come scalino per entrarci dentro?!” ringhiò però il biondo, fraintendendo la sua gentilezza.

 

“NO!” si giustificò immediatamente, realizzando che le manie d’altezza del Fullmetal erano sfociate irrimediabilmente in paranoia. “Siediti, per la miseria!”

 

Lo vide boccheggiare, a corto di parole. Con sua enorme soddisfazione.

E prima che potesse travisare nuovamente qualsiasi altra cosa detta o non detta, fatta o non fatta, chiuse la porta del bagno dietro di sé e tornò in salotto, dove Alphonse stava educatamente attendendo, seduto sul divano.

 

“Ti offrirei volentieri qualcosa da bere, ma…”

 

L’armatura sferragliò, come a dire che era tutto apposto. “Non si preoccupi, Taisa. Grazie comunque.”

 

“Ti dispiace se lavoro? Ho davvero una marea di fogli da leggere!”

 

“Certo che no! Spero che la mia presenza non la disturbi…” si scusò.

 

“Nessun disturbo, credimi.” Sorrise, iniziando a leggere un file riservato. Eppure la testa vagava altrove… più precisamente lungo il corridoio, verso l’ultima porta in fondo a sinistra.

C’era fin troppo silenzio, il che non era necessariamente un buon segno, per un tipo vulcanico come Edward Elric.

“Credi che se la caverà?” si ritrovò a chiedere, giocherellando con la stilografica.

 

“Garantito!, il mio fratellone sa fare un mucchio di cose… ha infinite risorse.”

 

Mustang fu quasi persuaso di cogliere una nota di divertita ironia, in quella voce attutita dall’eco. Sorrise anche lui. “Questo è poco ma sicuro! E’ così testardo, peggio di un asino cocciuto!”

 

“Sì, è molto caparbio.” Ne convenne, grattandosi l’elmo con imbarazzo, come se fosse stata la sua testa.

 

Roy riprese a lavorare, cercando di concentrarsi.

Non seppe esattamente quanto tempo era passato, ma gli era parso un’infinità.

Tora riemerse dal buio corridoio, seguito a distanza da un Acciaio alquanto irritato che, pantaloni zuppi, gocciolava copiosamente per terra.

Il micio corse da Al, cercando quasi di nascondersi dentro la sua armatura cava, come aveva fatto solo un paio di giorni prima.

Mustang attese fino all’ultimo, prima di sollevare gli occhi dal foglio e fissare lui.

“E’ andato tutto bene, Fullmetal?”

 

“Benissimo!” ringhiò, raccattando il suo inseparabile cappotto rosso. Era di spalle, quindi non poteva vedere la sua faccia arrabbiata.

 

“Ha ancora le pulci, Nii-san?” chiese Alphonse, premuroso, coccolando il micetto un tantino stravolto.

 

“Un altro po’, e non avrà più neppure il pelo!” minacciò.

 

“C’è stato qualche problema?”

 

“Problemi?!” guaì, infilandosi gli stivali con le zeppe, ostinatamente voltato di schiena. “Tutti i gatti odiano l’acqua, ma quella è una tigre malcresciuta!” sbraitò, additandolo con rabbia senza più poter procrastinare l’inevitabile.

 

La sua mano di carne e il volto erano pieni di graffi, più o meno evidenti.

Edward, con espressione comicamente oltraggiata, era uno spettacolo irresistibile.

 

Mentre Roy rideva, Al controllava lo stato delle abrasioni - niente di preoccupante, a conti fatti.

“E’ stato così tremendo, Nii-san?!” gli fu chiesto, sembrava quasi dispiaciuto e colpevole.

 

“E’ stato poco collaborativo.” Specificò.

 

“Hai tentato di affogare il mio gatto?!” domandò il Colonnello, mezzo scandalizzato e mezzo divertito.

 

“Mi è solo scivolato sott’acqua!” si difese prontamente, ma suonava come un’ammissione di colpa, persino ai propri orecchi. “Lui ha lottato, e anch’io.”

 

“Ma Fratellone!” lo sgridò Alphonse, stavolta arrabbiato con lui. “E’ solo un cucciolo spaventato e indifeso!”

 

“E tu volevi affogarlo…” il moro rincarò la dose.

 

“Non volevo affogarlo, volevo lavarlo!!” si difese. “E la prossima volta ci penserà lei!” lo minacciò, leccandosi un taglio all’altezza del polso.

 

Mustang andò a prendere la cassetta del pronto soccorso, e si premurò di medicarlo.

Il che non andava a genio al suo sottoposto ma aveva già fatto una figuraccia, e non voleva sembrare infantile di fronte al suo fratellino.

 

“Dica la verità: lei lo sapeva, eh?!” sibilò piano, direttamente contro il viso sbruffone dell’uomo.

 

“Che Tora aveva le pulci, o che tu ne saresti uscito così malconcio?” chiarì.

 

“Che si sarebbe preso gioco di me!” borbottò, storcendo il naso perché il disinfettante bruciava.

 

“Puoi tranquillamente anche non credermi, ma non avevo premeditato nulla. Ciò non toglie che la tua faccia sia un spasso, mio caro Mame-chan!”

 

“IO NON SONO-”

 

Gli appiccicò un cerotto sopra al naso, ed egli guaì di dolore, ma almeno smise di lamentarsi.

 

“La prossima volta andrà meglio, vedrai…”

 

Sbirciando Al che giocava col micio, di nuovo inoffensivo, realizzò che il suo Nii-chan era felice, Mustang non era stato più insopportabile del solito, e alla fine non aveva distrutto i suoi auto-mail, di cui avrebbe dovuto render conto a Winry.

Ne era uscito un po’ malconcio. Vero.

Ma era un buono Scambio Equivalente, no?

 

“Oh, sì. Per forza! Perché sarò io a ridere di lei.” Profetizzò.

 

 

Fine



Disclaimers: I personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.

 

Note varie: ambientata proprio agli esordi, il terzo giorno di Tora a Casa Mustang. Questa era la trama del lontano capitolo VI e mi sono ridotta a postarlo ora! >_<

Se vi suona un po’ familiare è perché, in qualche modo, è lo scambio equivalente del capitolo due, quello in cui Tora graffia Roy nel dormiveglia, e Edward lo prende in giro.

Avrebbe avuto più senso postarli ravvicinati (come da piano originario) ma tant’è. ^^’’

 

Il colore del titolo richiama l’arancio del pelo di Tora e il nero delle pulci; mi sono rifatta ad un proverbio popolare italiano, che ha entrambe le versioni con gatti e con cani, il significato non cambia.

(Chi si addormenta coi cani, si alza con le pulci / Chi si addormenta coi gatti, si alza con le pulci)

E’ un po’ la variante delchi va con lo zoppo, impara a zoppicare’.

Preso letteralmente, come buona parte dei titoli di questa raccolta… e traslitterandolo un po’, perché abbia senso… Tora si è preso le pulci perché ha dormito con un cane.

Che poi il cane sia Edo nel primo capitolo della fic; o Roy, la seconda notte trascorsa da Tora a Casa Mustang... beh, lascio al lettore decidere.

 

C’è da chiarire che, tra Ed e Roy, Edward è sempre stato quello più comprensivo, finora, nei confronti di Tora. Ciò non toglie che gli inizi non siano stati tutti idilliaci anche per lui. (E credo che una buona ramanzina di Al l’abbia reso più indulgente… ^___^)

 

 

Precisazioni al capitolo precedente: sono proprio contenta che il POV di Tora vi sia piaciuto. Quindi lo userò ancora, fra un po’ di tempo.

Quasi tutti voi avete ritenuto che il comportamento di Roy fosse plausibile; ovviamente ognuno è libero di vederla come crede.

Nella mia personale interpretazione, non lo trovo OOC, anche se ho calcato molto, lo ammetto.
Ma la mia esperienza quotidiana parla di 30enni (imprenditori, insegnanti, manager d’azienda) incredibilmente infantili quando si tratta di incontrare l’ex del/la proprio/a partner.
E un po’ Roy vede Winry così. Una minaccia che lo ha fatto penare (seppur involontariamente) e credo che la sua sia una sorta di rivalsa/vendetta dilazionata nel tempo.

Jess mi ha fatto riflettere, meditando sul fatto che Roy si sarebbe potuto comportare così in presenza di un rivale maschio, ma non di Win, cioè una donna.

Io credo invece che il punto sia proprio questo. Mustang non la vede come donna, ma solo come ‘nemico’.

Devo confessare che ci ho messo molto di me nella sua caratterizzazione in questo cap. Forse è per questo che non sono parecchio obiettiva. ^^’’

Ciò che conta davvero (ora, ma anche in futuro) è che Edo-kun è così ingenuo da non aver colto completamente questa ‘guerra fredda di trincea’ che capita sotto al suo naso.

Capisce solo che Roy e Win non vanno d’accordo, ma quell’anima semplice non ha carpito né le allusioni né le ragioni implicite…

 

X My Pride: Grazie dei complimenti. Rispondendo alla tua domanda, (forse ti è sfuggito, perché l’ho scritto giusto qualche capitolo fa) spero di arrivare ai 100 capitoli. Di sicuro a 85, poi vedremo. (Mi aiuterà anche il tuo incoraggiamento!)

 

 

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Grazie (_ _)

elyxyz

 

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Capitolo 40
*** Sleepy Dog ***


Flash-fic di 500 parole esatte

 

Flash-fic di 500 parole esatte.

 

Il seguente scritto contiene lievi riferimenti yaoi.
Per ulteriori spiegazioni, vi rimando alla conclusione della fic.

 

 

E siamo arrivati ad un grande traguardo: 40 capitoli.

Dedicato a chi ha recensito i precedenti capitoli della raccolta.

E a quanti commenteranno.

Ai vecchi e ai nuovi lettori.

 

 

Sleepy Dog

 

by elyxyz

 

 

 

 

A volte, ti accoccoli al suo fianco, sul tappeto. E ti vergogni.

Ti senti meschino. Perché lo desideri. Ma hai anche paura di sporcarlo.

E lui non cercherà il tuo calore, stasera.

C’è il (fuoco del) suo camino, il suo tepore.

Ed è una sottile ironia agrodolce, che lui cerchi il fuoco, un fuoco che non sei tu.

 

 

 

 

Quando Roy uscì dal bagno, si diresse in camera da letto e indossò un morbido pigiama, chiedendosi se quel Fagiolo da Biblioteca avesse finito di leggere il capitolo o meno.

Lo trovò spaparanzato davanti al caminetto, addormentato. Il tomo a fargli da cuscino, qualche pagina lievemente stropicciata, ma pazienza.

Si chinò con l’intento di svegliarlo, ma alla fine scostò Tora che sonnecchiava addosso al ragazzo. Lo ripose nella cesta e il micio non protestò, riacciambellandosi in fretta.

Accoccolatosi che fu, gli scosse lievemente la spalla, chiamandolo piano, per non spaventarlo. “Acciaio? …Acciaio! ED!!”

Premura inutile, la sua, visto che Mame-chan sembrava propenso al letargo.

Sospirò contrariato. Se lo avesse lasciato dormire lì tutta la notte, l’indomani avrebbe avuto la schiena spezzata.

Ritentò con uno scossone un po’ più forte, ma ottenne solo un leggero spostamento da parte dell’altro, che si era allontanato dall’oggetto fastidioso – la sua mano -, appallottolandosi un pochino più in là.

Ghignò sadico. Poteva punzecchiarlo sistematicamente, fino a farlo rotolare in camera?

Scosse la testa, divertito.

No, non avrebbe cavato un ragno dal buco.

Si prese quindi un po’ di tempo, per osservare quei lineamenti infantili che stavano lentamente cambiando, malgrado tutto.

Gli scostò l’antennina bionda che gli solleticava il naso, portandogliela dietro all’orecchio.

Si permise di fargli una lieve carezza sulla gota intiepidita dal calore del focolare.

Le fiamme danzavano sinuose, il lento crepitio a scandire il loro tempo.

Ombre proiettate, curiosi arabeschi sulle loro pelli, che sembravano quasi odorare di larice.

Sarebbe rimasto all’infinito così, ma non poteva.

Si accovacciò quindi sui talloni e, rischiando tre ernie al disco, lo sollevò in braccio, trasportandolo in camera per adagiarlo sul letto.

Piccolo, sì. Ma quanto pesava!

Riprese fiato e valutò la situazione. La felpa poteva andare, ma non quel paio di jeans scomodi.

Gli sfilò i pantaloni con una pazienza infinita. L’unica sua fortuna era la mania di Edo-kun per gli abiti giganti, il suo cappotto rosso in primis.

Gli allungò le gambe sotto le coperte; ma, quando piegò il ginocchio sinistro, l’auto-mail cigolò protestando.

Sbuffò, rassegnato al poco rispetto che il ragazzo aveva del suo corpo.

Aprì il cassetto dove Edward teneva le proprie cose e si prese cura della protesi, lubrificando l’articolazione meccanica a colpo sicuro. Gliel’aveva visto fare decine di volte, ma sempre troppo poche, a detta della sua meccanica.

Si appuntò di fargli una sgridata, il mattino successivo.

Gli tirò le coltri fin sotto al naso, sfilando l’elastico che teneva unita la treccia, perché stesse più comodo.

Si concesse di stropicciargli i capelli con paterno affetto, prima di spegnere la luce dalla sua parte del comodino e decidersi a raggiungerlo nel mondo dei sogni.

 

 

Fine



Disclaimers: I personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.

 

Non mi scuserò per il ritardo di questo capitolo, perché è voluto. Ho atteso un po’ più del solito, per dar modo ai ritardatari di leggere e magari commentare il precedente. Speranza vana.

So che alcuni miei lettori sono impegnati in questo periodo e hanno giustamente accantonato la fic, ma il numero delle letture è pressoché rimasto invariato, eppure It’s raining ha raggiunto il minimo storico di recensioni, e la cosa mi intristisce.

Ringrazio doppiamente quanti si sono presi la briga di darmi un loro parere, e invito nuovamente tutti a lasciare un’opinione, dopo aver letto. (Se non vi è troppo di disturbo, ovvio).

 

 

Note varie: il colore del titolo richiama il blu della notte e il biondo di Edo; ed è un omaggio all’omonimo libro ‘Sleepy Dog’, di Harriet Ziefert, libro per bambini, distribuito da Random House Books for Young Readers, la copertina del volume mostra un cucciolo di cane e un gattino (l’ho scoperto solo poi: è identico a Tora!), addormentati su di un lettone.

Probabilmente non vi interesserà; comunque narra di questi due animali, un cane e il suo ‘gatto da compagnia’ che condividono baci della buonanotte e giocosi sogni, fino a quando il mattino non li sveglia, in questa storia della ninnananna, per i lettori più giovani che si apprestano alle loro prime letture.

 

Volutamente non ho chiarito il tempo cronologico in cui si svolge questo capitolo. Dopo la nevicata, certo. Ma se stiano già assieme, oppure no, decidetelo voi.

 

 

Precisazioni al capitolo precedente: La presenza di Al era indispensabile, almeno una volta. Credo che fosse giusto dargli spazio, anche se abbiamo già conosciuto le sue motivazioni, tempo fa, la sua decisione di lasciare a Ed dei momenti indipendenti, solo suoi. Ma, nell’ombra, ritengo abbia contato molto, soprattutto i primi tempi, quando Edo non era esattamente felice di recarsi a Casa Mustang.

 

 

 

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Capitolo 41
*** Le ferite di guerra di un cane dell’esercito ***


Il seguente scritto contiene lievissimi riferimenti yaoi

Il seguente scritto contiene lievissimi riferimenti yaoi.
Per ulteriori spiegazioni, vi rimando alla conclusione della fic.

 

 

Dedicato a chi ha recensito i precedenti capitoli della raccolta.

E a quanti commenteranno.

Ai vecchi e ai nuovi lettori.

 

 

Le ferite di guerra di un cane dellesercito

 

by elyxyz

 

 

 

 

Edward bussò educatamente, prima di entrare nella stanza.

Ad eccezione del Tenente Hawkeye - la prima, a fargli visita, quella mattina - c’era tutta la truppa, attorno al letto del Colonnello, e scherzava con lui animatamente, per risollevargli lo spirito, o perché erano degli inguaribili pagliacci, in fondo.

 

Fu in quel mentre che un’infermiera, tonda come il mondo e decisamente stagionata, fece il suo delicato ingresso, ricordando loro, gentilmente, che quello era un ospedale e non la sala ricreativa degli ufficiali; e quindi invitandoli – sempre gentilmente – a togliersi dai piedi per far riposare in pace chi stava male per davvero.

Solo in quel momento s’accorsero di lui, seminascosto dalla mole della donna e lo salutarono sbrigativamente, spinti a viva forza fuori dalla camera dalla dolce infermierina, che si premurò di accompagnarli all’entrata sotto scorta, casomai decidessero di far ritorno troppo presto a far baldoria, malgrado Fury non la finisse più di balbettarle scuse per la loro condotta disdicevole.

 

Il giovane alchimista attese che la carovana fosse lontana, prima di avvicinarsi al suo superiore per salutarlo. Osservò l’uomo adagiato tra le lenzuola candide - sembrava pallido come un cencio - la flebo che gocciolava accanto al letto, e un sacco di mazzi di fiori sul comodino, pensiero dei tanti visitatori – o visitatrici? - che lo avevano preceduto.

Taisa, come si sente?”

 

Mustang abbozzò un sorriso sbilenco. “Sono stato anche meglio, ma ho la pellaccia dura.

 

Anche Ed sorrise. “Sì, dicono che l’erba cattiva non muoia mai!”

 

A quella risposta, ghignò con ironia.

“Che si dice in giro?”

 

“Riguardo al suo ricovero?”

 

Ah-ha, immagino che i ragazzi abbiano scommesso sulle varie possibilità, e moriranno dalla voglia di sapere cos’ho. Ti hanno mandato in avanscoperta?”

 

“Certo che no!” replicò, quasi offeso. “Sono venuto a portarle dei documenti urgenti da controfirmare! Prevedendo che lei rimarrà assente qualche giorno, il Tenente li ha già preparati per lei… ma siccome è già venuta a trovarla, mi sono offerto di passare io.

 

“Gentile da parte tua portarmi il lavoro anche qui!” malignò sbuffando e risollevandosi dai guanciali per ricevere il plico di scartoffie.

Ma, una volta ottenuti, riprese il suo interrogatorio, incuriosito: “Io li firmo, ma tu mi aggiorni sui pettegolezzi!” mercanteggiò, accantonandoli momentaneamente.

 

Fullmetal si fece pregare un pochino, giusto per tenerlo sulle spine, ma alla fine cedette, con sottile soddisfazione.

“Il Sottotenente Havoc sostiene che lei si sia beccato qualche strana malattia venerea dall’ultima bionda con cui è stato. Finse di pensarci su. “Susy?”

 

“No. E’ un secolo che non ci esco assieme.

 

Amy?”

 

No-o. Non era bionda… almeno che io sapessi.

 

Mindy? Mi sembra avesse nominato anche lei…”

 

L’uomo strabuzzò gli occhi esasperato. “Mindy era rossa, e sono passati due anni!”

 

“Come a dire ‘qualche secolo’, eh?” lo canzonò, mettendosi comodo.

 

Il Taisa preferì ignorare la sua provocazione. “Vai avanti…”

 

“Giù, in Sala Mensa, dicono che lei abbia mangiato qualche particolare schifezza non ben definita.

 

L’Alchimista di Fuoco rise di gusto, immaginandosi la faccia seccata del cuoco.

 

“Al centralino, dove notoriamente hanno molto tempo da perdere, hanno tracciato una mappa dei suoi ultimi spostamenti, e propendono per una malattia tropicale, latente dalla sua ultima missione a South City, di tre settimane fa. Enumerò. Ma Roy non commentò.

 

“Ovviamente, c’è chi ritiene lei voglia solo farsi un paio di giorni di ferie pagate, visto che ha già consumato quelle previste…” lo calunniò. “Oppure che ci sia stata la resa dei conti con un fidanzato o marito geloso.

 

Il Flame spalancò le orbite oculari. “Ma manco da meno di un giorno, e tutti non avete altro da fare che sparlare su di me?!

 

“In piena estate, la gente tende ad avere voglia di chiacchiere… sarà colpa della bella stagione. Li discolpò. “E’ utile per intessere relazioni sociali.

 

Alle mia spalle??” rimbeccò.

    

“Davanti alla macchinetta del caffè sono uscite troppe idee, non le ricordo più nemmeno tutte…” proseguì il biondo, fingendo di non averlo sentito.

 

Ok, ok. Grazie. Può bastare.” Tagliò corto, mettendo su un broncio delizioso. Ma non resistette. “E… tu? Che idea ti sei fatto?”

 

“Che sono tutte stronzate!

Si è fatto male, ma non vuole dircelo. Quindi dev’essere qualcosa di altamente idiota o profondamente vergognoso. Lo vide arrossire, per questo fu certo di aver centrato il punto.

 

“Di una cosa sono sicuro: quando ritornerò a casa, Tora diventerà il rivestimento interno dei miei guanti invernali!” sibilò, iracondo.

 

“E’ stato Tora?!

 

“Sì, quel figlio di-” si trattenne “buona gatta!”

 

“Oh, suvvia! Non può aver fatto nulla di così grave!” sdrammatizzò Elric, che per principio parteggiava sempre per il loro micio, facendo perdere le staffe all’altro.

 

“NULLA DI GRAVE?! MI HA QUASI CASTRATO!” si lasciò sfuggire, pentendosi all’istante della confidenza.

 

Co-cosa?” balbettò Ed, arrossendo a sua volta.

 

Roy sospirò affranto. Ormai la frittata era fatta, no?

“Quasi ogni mattina” da che sono in astinenza e non faccio sesso per causa tua! “Prima che suoni la sveglia, il mio… inquilino del piano di sotto fa… l’alzabandiera, non è che mi chieda il permesso, beninteso, è una sua iniziativa indipendente!” si sentì costretto a discolparsi.

 

Edward scosse il capo rassegnato, sbattendosi una mano in fronte, preventivamente non l’auto-mail. “Quindi? Per farla breve?!” sibilò.

 

“Quel Bastardo, Mangiacrocchette-a-tradimento, Dannato Sacco di Pulc-

 

Tora.”

 

Tora, sì. Beh… ha deciso di fare un agguato o di farsi le unghie sul mio tronchetto della felicità, non mi è ben chiaro. Sai… ero abbastanza impegnato a non svenire dal dolore per preoccuparmi di capire le sue motivazioni personali…”

 

Uuuhhhnnnnn!!” Stringendo gli occhi e mostrando una faccia sconcertata e tramortita, Ed si fece scappare un misto di lamento e dolore, per solidarietà virile.

 

“Ecco! Appunto!!” insistette, rincarando per chiarire il concetto, malgrado il palese ribrezzo dell’interlocutore. “C’è mancato poco che dicessi addio ai gioielli di famiglia, ma ti rendi conto?!” piagnucolò, vittimista.

 

Edo scoppiò in una risata liberatoria. “D’altra parte… lei in passato lo ha minacciato spesso di privarlo degli attributi, per cui… il micetto le ha reso il favore! Solo che non si è fermato alle intimidazioni!”

 

Si riprese fin troppo in fretta.

Micetto un cazzo! E’ una tigre travestita, quello!” Inveì.

 

Edward sorrise indulgente.

“Provvederò personalmente a punirlo.

Del resto, vedrà che la sua assenza da casa sarà già una penitenza, per lui.

 

“Non ne sono così convinto.” Protestò il Colonnello. “Hai una concezione alquanto personale di castigo e punizione, lo sai? Secondo me è pure contento di essersi sbarazzato di me!”

 

“Ma se le vuole un mondo di bene!”

 

“Sarò egoista, ma nella mia scala di priorità la mia preziosa virilità viene un filino” concesse un minuscolo spazio tra pollice e indice “un poco-poco prima di quell’infame arrotino!”

 

“Ho detto che provvederò.” Chiarì, spazientito, per metterlo a tacere.

 

“Lo porterai dal veterinario per farlo castrare?” chiese, con una punta di malefica soddisfazione.

 

“NO!” esplose Elric, indignato. “Certo che no! Ma come le viene in mente?”

 

“E’ perché mi viene fin troppo in mente, che te lo chiedo!” lo provocò.

 

“E cosa diremmo a Minù?”

“Le diremmo che deve fare la vedova affranta e inconsolabile!” parve rifletterci. “Oppure che può giustamente cercare consolazione altrove! Così Miss Rottherwall andrà a rompere le palle a qualcun altro!”

 

“Ma Tora vuole bene a quella gatta!”

 

“Mio ingenuo Acciaio, un giorno ti spiegherò come va il mondo, ok?” lo prese in giro.

 

Ed s’incupì come una tempesta d’estate. “Non mi prenda per idiota!”

 

“E poi ha già ampiamente dato il suo apporto per la conservazione della specie felina!”

 

“Ho detto no! Ci penserò io e basta.”

 

Il discorso sembrava definitivamente chiuso, perciò Mustang si accinse a firmare gli incartamenti che teneva in grembo, ma all’ultimo ci ripensò.

“Acciaio?”

 

“Sì?”

 

“Se lo racconti ad anima viva, ad alcun essere che respiri, ti degraderò a pulire i cessi della Caserma fino a che non sarai alto due metri!” lo minacciò.

 

Edward sorrise. “Non si preoccupi, Colonnello. Il suo segreto è in buone mani con me!”

 

“Bene.”

 

Taisa?”

 

Mh?”

 

“Posso raccontarlo solo ad Al?” fremette. “Solo ad Al, lo giuro!” gli fece un’espressione angelica. “In fondo non è proprio andare contro ciò che ha detto lei, perché Al non respira!”

 

Mentre stava per dirgli il fatto suo, la porta si spalancò, e fece il suo ingresso un donnone gigantesco, tirandosi appresso un carrello con i medicinali.

“Salve, Mustang-san.” Cinguettò lei, affaccendandosi tra sciroppi e compresse.

 

“Buongiorno, signorina Bertha!” sviolinò lui, accompagnando il saluto con il suo miglior sorriso da seduttore impenitente.

 

“Signor Mustang, volevo comunicarle che…” La donna si rivolse poi ad Elric, che era rimasto zitto in disparte. “Giovanotto, puoi uscire un istante?” la richiesta sembrava tanto un ordine.

 

“Può parlare liberamente, cara Bertha.” Le disse, amabile, facendola arrossire come una scolaretta.

 

“Benissimo, allora!” si risolvette. “Il dottore mi ha incaricata di informarla che verrà dimesso domani, dopo pranzo. Sappia fin da ora che, data la delicatezza della zona malata, saranno necessarie almeno due medicazioni al dì, e che non dovrà fare bagni per almeno cinque giorni.”

 

“Seguirò scrupolosamente le sue indicazioni, ne sia certa!” cantò suadente, assentendo in mistica adorazione, come se avesse appena ricevuto una Verità Assoluta. Lei fece dietrofront verso l’uscita, ancheggiando in modo grottesco, non prima di aver sbattuto le ciglia in un maldestro – orripilante? - tentativo di seduzione.

 

I due alchimisti si scambiarono uno sguardo silenzioso.

 

“Signorina! L’ha chiamata signorina!” rise Edo. “Quella è perlomeno coetanea di zia Pinako!!

 

Il Flame non apprezzò. “Se quel capodoglio dovesse medicarti almeno tre volte al giorno e la completa guarigione del tuo fagiolino dipendesse esclusivamente dalla sua bravura, diventeresti - all’istante - mostruosamente gentile con lei anche tu!”

 

L’oggetto delle loro disquisizioni riaprì la porta senza preavviso.

“Ah, mister Mustang?”

 

“Sì? Signori-”

 

La donna gli infilò il termometro in gola. “Tornerò a prenderlo tra cinque minuti.” E se ne uscì a passo d’elefante.

 

Rimasero in silenzio, anche se un basso grufolio di protesta proveniva dal letto.

 

“I cinque minuti sono passati da un pezzo,” gli fece notare Ed, scrutando l’orologio da parete. “Probabilmente vuole farglielo cuocere come vendetta. Celiò.

 

Roy sputò il termometro. “Acciaio! Devi assolutamente mandarle una doppia dozzina di rose rosse a nome mio!” lo supplicò quasi, sull’orlo di una crisi isterica.

 

“Non potrebbe cambiare infermiera?”

“Certo che no! Mi è stata assegnata direttamente! E se quella si vendicasse su di me?!” disse, mentre ipotesi catastrofiche gli sfilavano davanti agli occhi.

 

“E’ forse affezionato a ‘Manone di Fata’?!” ironizzò il biondo, reprimendo a fatica la soddisfazione di tenerlo sulle spine.

 

“Questa te la potevi anche risparmiare!” borbottò, stropicciando lenzuola e fogli. “Colpa del tuo gatto! E’ sempre colpa del tuo gatto!” lo accusò, malevolo.

 

Edward sbuffò, facendo spallucce. “Mio, suo, nostro… ormai è una tiritera già consumata!”

 

“Questo non mi risolve alcun guaio, però!” puntualizzò Roy, con espressione comicamente tragica.

 

“Una cosa per volta.” Concesse Ed, riponendo i fascicoli e mettendoli al sicuro, prima che venissero irrimediabilmente rovinati dal nervosismo del Colonnello. “Anzitutto, miss Bertha riceverà entro fine turno una valanga di fiori freschi e profumati…”

 

“E una confezione di cioccolatini.”

 

“Una confezione di cioccolatini?!

 

“Sì, cioccolatini.”

 

“Vada per i cioccolatini.” Consentì, accomodante.

 

“Bene.” Espirò Mustang, lievemente più sereno.

 

“Li vuole a forma di cuore?” precisò Elric, in un impeto di bastardaggine acuta.

 

“Dannazione, no!” imprecò il Colonnello, sussultando.

 

“Scherzavo, Taisa. Scherzavo.” Gli si stese una smorfia birichina sulle labbra.

 

“Piccoli bastardi! Tu e quel gatto! Se lo sa qualcu-

 

“Il che mi fa pensare ad un altro problema…” disse Edo, interrompendolo meditabondo. “I bendaggi e le medicazioni…”

 

“Già. L’entrata in scena della balena mi ha fatto scordare di questo.

 

“Non si preoccupi! Provvederò personalmente affinché…”

 

Le implicazioni della proposta di Edward lo colpirono ancor prima che Acciaio avesse finito di esporre il suo pensiero.

E l’idea che Ed lo medicasse - che si prendesse cura del piccolo Roy – fu troppo persino per lui. Sarebbe stato troppo umiliante, avrebbe definitivamente, irrimediabilmente castrato qualsiasi futuro approccio… se lo sentiva… non avvertiva così tanta, cocente vergogna da quell’unica volta in cui il suo Primo Tenente – a quel tempo semplicemente Riza – gli aveva lavato le mutande sporche e i calzini puzzolenti dimenticati in valigia, a casa di Hawkeye Sensei.

 

“…Havoc. Va bene?”

 

“Come, prego?” si riscosse di colpo dal suo infimo ricordo.

 

“Le manderò Havoc, due volte al giorno. La preleverà a casa sua e la porterà qui, poi la riporterà indietro. No?”

 

“Ah.”

 

“Sempre che non preferisca assumere ‘Manona di Fata’ a tempo pieno!” scherzò, scoppiando a ridere.

 

“E rischiare che mi chieda pagamenti in natura per collaudare la guarigione?!” inorridì, mentre il più giovane sogghignava ancor di più.

 

“Effettivamente, è meglio di no.” Ne convenne, asciugandosi una lacrima d’ilarità.

 

“Sono oltremodo felice che le mie disgrazie solletichino così il tuo umorismo, Fullmetal. Ne terrò conto!” sbottò, acido.

 

“Beh, tutto questo è comico! Non può negarlo! Se fosse capitato a qualcun altro, sarebbe lei a riderne, in questo momento! E pensare che mi ero quasi preoccupato per la sua salute…” si difese, arginando a fatica il buonumore.

 

“Preoccupato?” domandò, con neonato interesse, accantonando la permalosità.

 

“Beh, sì… al Quartier Generale sembrava una catastrofe! Metà delle segretarie si mostrava affranta e quasi disperata… certe cose non le capirò mai. Scrollò le spalle.

 

Ma tu eri preoccupato.”

 

“Se posso parlare liberamente, signore, dopo la sua aggressione… ho sempre il dubbio che lei sia un po’ sconsiderato…”

 

Preoccupato.” Rifece l’uomo, assaggiando la parola sulla punta della lingua.

 

“Ma è durata poco! La smette di ripeterlo? Giusto il tempo di capire che non sarebbe morto, che di sicuro aveva fatto qualche cazzata delle sue, visto che nessuno sapeva i particolari, e che non l’avrei avuto sulla coscienza…”

 

“E’ estremamente altruista da parte tua.” Ribatté accigliato.

 

“Oh, suvvia… farò in modo che nessuno faccia domande.

 

“Neanche Jean.”

 

“D’accordo.”

 

“Devi punire Tora.”

 

“Sì.”

 

“I fiori?”

 

“Provvederò.”

 

“I ciocc-

 

Taisa, la smetta! Ho capito!” esclamò esasperato e raccattò la cartella con le scartoffie, poi  s’incamminò verso l’uscita.

 

Roy non aveva aggiunto più nulla.

 

“Non lo dirò neppure ad Al. Va bene?” sembrava un’offerta di pace. “E mi occuperò di tutto.” Promise. “Lei pensi solo a guarire.”

 

Bastardissimo, adorabile Fagiolino.

 

“Acciaio?”

 

Mh?”

 

“Grazie.”

 

 

Fine



Disclaimers: I personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.

 

Note varie: il colore del titolo richiama il verde mimetico delle tute militari.

In questo capitolo volevo accantonare le scenate di gelosia. Soprattutto perché Edward, avendo intuito che il Taisa non ha combinato nulla con le sue ‘fiamme’, si dimostra meno intransigente rispetto al solito. Mi piace pensare che talvolta quei due possano sentirsi anche ‘complici’, ancor prima di stare insieme.

E le disgrazie di Roy non sono finite, ovvio.

Non so perché, ma ho la malsana abitudine di torturare il mio personaggio preferito. Non è che mi ci metto d’impegno, beninteso, mi viene spontaneo! (Difatti Kaede Rukawa e Sirius Black tremano ancora al sentirmi nominare… XD)

 

 

Precisazioni al capitolo precedente: ho definito la carezza finale di Roypaterna’, proprio perché non ci ho visto nessuna malizia di fondo. Solo un gesto genuino d’affetto.

 

Mua ha gentilmente procurato il link della copertina del libro, da cui ho preso il titolo del capitolo “Sleepy Dog” http://img.libreriauniversitaria.it/BUS/300/877/9780394868776.jpg

 

Vorrei ringraziare Shinji, in particolare, che – pur avendo gusti diversi – segue fedelmente le mie fic. Grazie^*^

 

X Setsuka: sì, l’intento della ‘favola della buonanotte’ era voluto. Ed è una flash-fic (secondo EFP, da 110 a 500 parole) oltre diventa one-shot.

 

 

Perdonate ç__ç dovevo postare prima, visto che siete stati così gentili a commentare! Ma sono stata travolta e rapita dalla saga di Twilight, e ho dedicato il mio tempo alla lettura dei tre libri e alle relative ficcine che girano in EFP.

Se qualcuno fosse interessato, ne ho postato una anch’io: Égoїste

Ne sto scrivendo anche altre, che posterò a breve.

Tra qualche giorno, sempre se vi interessa, arriverà una WolfStar con partecipazione James/Lily, nel fandom di Harry Potter.

 

Tutto questo per dirvi che sto lavorando molto, anche per voi. ^__=

 

 

 

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elyxyz

 

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Capitolo 42
*** Cosa vuol dire ‘addomesticare’? ***


Il seguente scritto contiene impliciti riferimenti yaoi

Il seguente scritto contiene impliciti riferimenti yaoi.
Per ulteriori spiegazioni, vi rimando alla conclusione della fic.

 

 

Dedicato a chi ha recensito i precedenti capitoli della raccolta.

E a quanti commenteranno.

Ai vecchi e ai nuovi lettori.

 

 

Cosa vuol dire addomesticare?

 

by elyxyz

 

 

 

 

"No", disse il piccolo principe. "Cerco degli amici. Che cosa vuol dire ‘addomesticare’?"
"E' una cosa da molto dimenticata. Vuol dire ‘creare dei legami’…"
"Creare dei legami?"
"Certo", disse la volpe. "Tu, fino ad ora, per me, non sei che un ragazzino uguale a centomila ragazzini.

E non ho bisogno di te. E neppure tu hai bisogno di me.

Io non sono per te che una volpe uguale a centomila volpi.

Ma se tu mi addomestichi, noi avremo bisogno uno dell'altro.

Tu sarai per me unico al mondo, e io sarò per te unica al mondo."
"Comincio a capire", disse il piccolo principe.

 

 

 

Se adotti un animale, finirai irrimediabilmente per ritrovarti il suo pelo per tutta la casa.

 

Ed era vero. Roy Mustang l’aveva sperimentato.

Lunghi fili dorati tra i cuscini del divano, dentro lo scarico del lavandino intasato, sulla spazzola vicino al dentifricio, dentro i libri di Alchimia, tra le lenzuola sgualcite e tra i cassetti, finiti lì chissà come.

 

E il tuo spazio diverrà il suo: ne prenderà possesso.

Parole profetiche.

 

I giochini della bestia in questione: la sua penna preferita, i fogli di appunti sparsi alla rinfusa e poi dimenticati, un cambio d’abiti qualora piovesse, una boccetta d’olio per la manutenzione… i biscotti della marca giusta, - il latte no, per carità! – le caramelle per quando è finita la farsa da intellettuale, i cioccolatini – ma non al caffè, non mi piace, che ci posso fare? Se li mangi lei!

 

Se poi le bestiacce sono due, la fatica non si duplica: si moltiplica.

 

E ciuffi di pelo tigrato sotto al letto, al divano, alla credenza. E quel dannato topolino meccanico, che rischiava di farlo inciampare ad ogni piè sospinto. Le tende rovinate dalle unghiate – perché usare il tronchetto di legno era troppo proletario, no?

 

Mustang Taisa immaginava fosse impegnativo tirar su un cucciolo, ma non sapeva quanto, finché non gli toccò.

 

 

Si chinò a raccogliere un pezzo di carta stropicciato e spiegazzato, annotazioni dell’ultima missione, schizzi e scarabocchi. Già che c’era, raccattò anche la pallina preferita di Tora e un calzino, stavolta suo, che il gatto gli aveva rubato e nascosto chissà quando.

Il campanello trillò, facendolo sobbalzare, e per poco non spalmò lo scalpo sul fondo dell’armadio, dove s’era infilato.

Eppure, anziché imprecare, non riuscì ad arginare il suo buonumore. Il suo Mame-chan era arrivato, no?

 

 

 

"Sarebbe stato meglio ritornare alla stessa ora", disse la volpe.

"Se tu vieni, per esempio, tutti i pomeriggi alle quattro, dalle tre io comincerò ad essere felice.

Col passare dell'ora aumenterà la mia felicità.

Quando saranno le quattro, incomincerò ad agitarmi e ad inquietarmi; scoprirò il prezzo della felicità!

Ma se tu vieni non si sa quando, io non saprò mai a che ora prepararmi il cuore… Ci vogliono i riti".

"Che cos'è un rito?" disse il piccolo principe.
"Anche questa è una cosa da tempo dimenticata", disse la volpe.

"E' quello che fa un giorno diverso dagli altri giorni, un'ora dalle altre ore. […]"

 

 

 

Si prese qualche istante per togliersi la polvere e lo accolse, un sorriso sornione stampato in faccia.

 

“Un bravo cane addestrato porta sempre il giornale al suo padrone. Sghignazzò, vedendo il plico in mano al giovane Elric.

 

“Veramente è un telegramma riservato!” Lo contraddisse. “E visto che dovevo venire a portare il latte a Tora, ho risparmiato al Sottotenente Havoc una scarpinata fino a qui.

 

“Ma bravo cucciolo! Vuoi un biscotto o una grattatina dietro l’orecchio?”

 

Ed trasmutò l’auto-mail in una lama affilata.

 

Ok, ok… scherzavo! Ma come siamo permalosi!!” si difese Roy, indietreggiando svelto.

 

Edo ghignò con palese soddisfazione, accingendosi ad entrare dopo aver gocciolato abbondantemente oltre la soglia. Aveva iniziato a piovere a metà strada, e lui – ovviamente – era partito senza ombrello.

 

“Alt! Pulisciti le zampe! Non vorrai inzaccherarmi casa!” si sentì rimproverare.

 

L’Alchimista d’Acciaio sbuffò malcontento.

“Esattamente… preferisce che mi accucci sul tappeto o fuori, nel pianerottolo?

Devo anche darle la zampa e scodinzolare?” chiese, tra lo sprezzante e l’ironico.

 

“Mi basta che ti sfili quei trampoli imbrattati di fango, e li metti ad asciugare sul solito straccio.

 

Edward se li tolse, come sempre faceva quando andava a Casa Mustang, poi – senza attendere il permesso – aprì la scarpiera per recuperare le consuete pianelle. Ma, al solito posto, non le trovò.

“Che fine hanno fatto le mie ciab- le pantofole degli ospiti?”

 

“Le ha distrutte Tora.” Fece una smorfia che la diceva lunga, annuendo verso il gatto che stava sfilacciando con gli artigli la tovaglietta intrecciata sottostante la lampada a stilo, nell’angolo a destra del salotto.

 

“Quindi… adesso rimarrò scalzo?” precisò Edo, infastidito.

 

“Sì. Anzi, no!” si corresse in fretta. “Tra un po’ è il tuo compleanno, giusto?”

 

“Tra un po’?” gli fece il verso, “se intende tra quasi sei mesi… sì, direi che è tra un po’.”

 

“Uhm… avrò confuso le date con quelle di qualcun altro,” mentì. “Toh, pensierino.” E gli lanciò un pacchetto colorato, preso da un cassetto dell’arredamento.

 

“Si sta prendendo gioco di me?!” insinuò diffidente, rigirandoselo fra le mani.

 

Il Colonnello sbuffò, fingendosi spazientito. “Perché devi sempre sindacare su tutto?!

 

Eppure Edward lo guardò, sembrando smarrito. Probabilmente non era abituato a ricevere regali inattesi. Ma non erano forse quelli più belli, proprio per questo?

 

Si risolvette a scartare l’involucro anonimo, ritrovandosi sotto al naso un paio di ciabatte: una con su ricamate due E  intrecciate, e l’altra con…

 

“Sono personalizzate, visto? Con le tue iniziali… lo sapevi che la sorella di Falman è una sarta?”

 

“Cos’è questo?” chiese, indicando una forma vagamente ellittica, un inconfondibile baccello color bianco e bordeaux.

 

“Te l’ho detto che avevano il tuo nome!” Lo prese in giro, ridendo di gusto. Sapeva che la cosa migliore era farlo arrabbiare, così Acciaio avrebbe superato l’imbarazzo inondandolo di sproloqui sulla sua sciagurata bassezza, sui fagioli e tutto il resto.

 

Ciononostante, la sparata classica tardava ad arrivare, mentre il giovane Elric scrutava e maneggiava le due calzature come se fossero state un oggetto astruso.

 

“Ma... ma perché l’ha fatto? Non era tenuto a…”

 

“Visto che mi stai sempre tra i piedi…” ridacchiò scrollando le spalle, come a dire che in fondo aveva fatto ben poco.

 

“Ciabatte.” Ripeté, osservandole sospettoso. Senza staccare le iridi dorate dal dono.

 

Non non aveva gli occhi lucidi, vero?

Roy deglutì a vuoto. Perché no, non voleva che…

 

“Finiranno anche queste sul mio conto-spese?” domandò, quasi riflettendo tra sé.

 

“Quale conto-spese?”

 

“I soldi che lei scala dal mio stipendio, ogni mese, per il mantenimento di Tora!”

 

“No! Certo che no!” sbottò, scandalizzato.

 

“Quindi… sono per me? …Mie-mie?” specificò.

 

“Sì, Acciaio. Sono tue, a meno che tu non veda altri Fagiolini girovagare per casa mia…”

 

 

 

"Non si conoscono che le cose che si addomesticano", disse la volpe.

"Gli uomini non hanno più tempo per conoscere nulla. Comprano dai mercanti le cose già fatte.

Ma siccome non esistono mercanti di amici, gli uomini non hanno più amici.

Se tu vuoi un amico addomesticami!"
"Che bisogna fare?" domandò il piccolo principe.
"Bisogna essere molto pazienti", rispose la volpe.

"In principio tu ti sederai un po' lontano da me, così, nell'erba.

Io ti guarderò con la coda dell'occhio e tu non dirai nulla.

Le parole sono una fonte di malintesi.

Ma ogni giorno tu potrai sederti un po' più vicino…"

 

 

 

“Lei è fortunato che io sia di fretta, altrimenti…” lo ammonì, tracciando però con l’indice sinistro il ricamo fatto a mano. Su e giù, lungo tutto il ghirigoro. Ancora e ancora, come se fosse una cosa troppo bella per crederci davvero.

Taisa! Trascriva la risposta a quel telegramma, che è urgente!” lo sollecitò, dandosi un tono. Gli era più semplice mascherare la gratitudine dietro una patina burbera, che dimostrare quanto l’avesse colpito - quanto avesse gradito - quella sorpresa.

Moriva dalla voglia di provarle… ma, poi, il Colonnello avrebbe riso di lui?

 

“Se non le indossi, mi offendo.” Lo avvisò il suo superiore, leggendogli nel pensiero, mentre replicava al dispaccio con un impegno fin troppo sospetto. “Magari non oggi, ma dalla prossima volta…”

 

Sbuffò, perché era giusto così. “Se ci tiene così tanto…” concesse, magnanimo. “Giusto per non sprecare la fatica della sorella del Maresciallo Falman, ok?”

 

L’Eroe di Ishbar nascose il proprio compiacimento, imbustando e sigillando la bozza da telegrafare al Quartier Generale.

 

...alla fine... non le aveva rifiutate, giusto? Non gliele aveva lanciate dietro...

Anzi, si era aspettato una piazzata coi fiocchi e controfiocchi, ma quel legume lunatico non gli aveva neppure dato soddisfazione!

 

 

 

"La colpa è tua", disse il piccolo principe, "io, non ti volevo far del male,

ma tu hai voluto che ti addomesticassi…"
"E' vero", disse la volpe.
"Ma piangerai!" disse il piccolo principe.
"E' certo", disse la volpe.
"Ma allora che ci guadagni?"
"Ci guadagno", disse la volpe, "il colore del grano".

 

 

Eh, sì. Riuscire ad addomesticare un cucciolo non è cosa da poco: richiede un sacco di tempo, altrettante energie, infinita dedizione e pazienza.

Grandi sacrifici e piccoli appagamenti.

E Roy Mustang lo sapeva bene.

Ma lo faceva ugualmente, perché era certo ne valesse la pena.

 

 

 

"La mia vita è monotona. Io do la caccia alle galline, e gli uomini danno la caccia a me.

Tutte le galline si assomigliano, e tutti gli uomini si assomigliano. E io mi annoio perciò.

Ma se tu mi addomestichi, la mia vita sarà come illuminata.

Conoscerò un rumore di passi che sarà diverso da tutti gli altri.

Gli altri passi mi faranno nascondere sotto terra.

Il tuo, mi farà uscire dalla tana, come una musica.

E poi, guarda! Vedi, laggiù in fondo, dei campi di grano?

Io non mangio il pane e il grano, per me è inutile.

I campi di grano non mi ricordano nulla. E questo è triste!

Ma tu hai dei capelli color dell'oro. Allora sarà meraviglioso quando mi avrai addomesticato.

 Il grano, che è dorato, mi farà pensare a te.

E amerò il rumore del vento nel grano…"
La volpe tacque e guardò a lungo il piccolo principe: "Per favore… addomesticami", disse.

"Volentieri", rispose il piccolo principe.

 

 

Fine



Disclaimers: I personaggi e gli stralci di libro citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.

 

Note varie: il colore del titolo richiama quello del grano maturo, o almeno ci ho provato! ^^’’

So che questo è un capitolo un po’ particolare, ma è il mio tributo ad una storia meravigliosa: Il piccolo principe di Antoine de Saint-Exupéry.

Perché, secondo me, Roy è un po’ volpe, un po’ piccolo principe. E così anche Edward.

Difatti, nel corso delle varie citazioni, questi due adorabili zucconi si scambiano i ruoli, addomesticandosi a vicenda.

 

Spendendo due parole sul libro… non vorrei dare rivelazioni sconcertanti… ma, se siete qui a leggere una storia yaoi, non dovrei far danni.

Il piccolo principe, eterna opera di Antoine de Saint-Exupéry, è una lettura prettamente dedicata ai bambini.

In realtà ha una chiave di lettura così profonda e personale che persino un adulto non può che rimanerne affascinato, perché il dialogo tra il Principe e la Volpe altro non è che una bellissima, toccante dichiarazione d’amore.

E la dedica del libro non è certo fatta a caso, ci mancherebbe: a Leone Werth, compagno di studi e primo, travolgente amore di Antoine. Un amore e un’amicizia che lo ha segnato profondamente.

 

Per chi non l’avesse mai letto, consiglio ‘Il principe volante’ di Barbara Alberti, che racconta appunto di questo delicato, bellissimo rapporto.

 

NB: non avevo preparato un aggiornamento di San Valentino, come invece auspicava Setsuka, visto che ad Amestris non si festeggia.

Però è un giorno in cui ci si fa regali, no? E questo capitolo lo trovo calzante.

Non so perché, ma alla fine mi sono emozionata, scrivendolo.

Forse perché il libro, la volpe e il principe hanno un significato personale fortissimo per me.

Ma il passato è passato. E non cambierà.

 

L’aggiornamento cade oggi, a metà strada tra San Valentino, San Faustino e la Giornata del Gatto, che dal 1990 si festeggia in Italia il 17 febbraio. Mi spiace per Tora, ma non riuscirò a scrivere e a postare altrettanto in fretta anche in suo onore. ^^’’

 

 

Precisazioni al capitolo precedente: sono felicissima dell’enorme successo! ^____^ Evidentemente le disgrazie del povero Taisa non piacciono solo a me, eh? ^__=

Leggendo i vostri commenti, non mi sembra ci sia nulla da chiarire, credo. In caso, chiedete, ok?

 

 

Ringrazio dei commenti alla fic su Twilight: Égoїste

 

E i preferiti che continuano a lievitare: It’s raining è stata inserita da 70 utenti nelle loro preferenze, e anche la sottoscritta, coincidenza, rientra come autrice nelle preferenze di altri 70 diversi fruitori.

Non so se è questa la sede, ma vorrei dire: Grazie della fiducia.

Soprattutto a chi non ho mai conosciuto.

 

E ungrazie’ in particolare a Mikayla, così gentile da commentare anche gli arretrati. Guarisci presto!^^

 

 

 

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Come sempre, sono graditi commenti, consigli e critiche.


Grazie (_ _)

elyxyz

 

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Capitolo 43
*** L’orgoglio ferito di un cane dell’esercito ***


Il seguente scritto contiene impliciti riferimenti yaoi

Il seguente scritto contiene impliciti riferimenti yaoi.
Per ulteriori spiegazioni, vi rimando alla conclusione della fic.

 

 

Dedicato a chi ha recensito i precedenti capitoli della raccolta.

E a quanti commenteranno.

Ai vecchi e ai nuovi lettori.

 

 

Lorgoglio ferito di un cane dellesercito

 

by elyxyz

 

 

 

 

Il telaio della finestra cigolò, richiudendosi, e il Flame Alchemist fissò per l’ennesima volta l’orologio da parete, dopo aver sbirciato – invano - lungo la strada, per vedere se quel Fagiolo ritardatario fosse in arrivo.

Cominciava a preoccuparsi un po’, a dirla tutta; benché Acciaio avesse portato a termine – e con successo – missioni ben più pericolose di quella, sapeva che Fullmetal aveva accettato di malavoglia, - tenero eufemismo per dire che vi era stato costretto. E ora, beh… gli rimordeva un po’ la coscienza.

 

Non gli rimase che sedersi, in attesa, cercando di placare un inutile – quanto mai dannoso – allarmismo e affondare in una lettura come diversivo.

 

Ma perché aveva affidato l’incarico a quella testa calda?!

 

Tora giocherellava davanti alla sua cesta, ignorando il suo turbamento. Il campanello suonò lungamente, facendolo sobbalzare, e Roy corse ad aprire, imponendosi un contegno disinteressato e magari disimpegnato.

 

Edward varcò la porta di Casa Mustang sbuffando come una ciminiera. Ci mancava poco, - davvero, davvero poco - che il fumo nero gli uscisse dagli orecchi.

 

Il Colonnello acuì beffardamente un sopracciglio, sfoderando uno dei suoi irritanti sorrisetti fastidiosi.

 

“E’ sempre colpa sua!” lo prevenne il ragazzo, puntandogli un dito contro e masticando una serie di colorite imprecazioni.

 

“Mia?!” ripeté, tra l’ironico e il perplesso, incrociando le braccia. “E perché, di grazia?”

 

“Lei c’entra sempre. Se lo ricordi!” lo ammonì, come se fosse stato un dogma.

 

“Certo, certo… la fame nel mondo, le guerre contro Xing o Drachma… le malattie che affliggono indistintamente le popolazioni…

ogni piaga, persino le cavallette… sai, le allevo di nascosto… educare Tora è solo una copertura di facciata… non mi basta essere un’arma umana, meglio tenerne alcune di scorta, non si sa mai… forse tenterò un Colpo di Stato, magari ucciderò anche il Führer, e così Amestris cadrà nel panico…” scherzò. Eppure il malumore del suo sottoposto non migliorò.

 

“La smetta di dire cazzate!” lo freddò, usando un linguaggio che solitamente non metteva in mostra.

 

“Siamo proprio nervosetti, eh?” lo punzecchiò, ghignando divertito.

 

“E vorrei ben vedere!” sbottò il giovane Elric, stravaccandosi sul divano mentre il micio tigrato gli zampettava incontro, festoso.

 

Ed lo sollevò da terra prendendolo sotto le ascelle pelose, mettendo il muso all’altezza dei suoi occhi dorati, arrabbiati.

Il felino miagolò protestando.

“Dovresti cambiare gusti, sai?!” gli consigliò burbero. “Non sarà mica l’unica gatta del quartiere, per la miseria!”

 

“Cos’ha Minù che non va?” s’intromise Roy, accomodandosi al suo fianco, curioso.

 

“Lei, niente. E’ la vecchia che rompe!” brontolò, riabbassando il gatto perché si acciambellasse sul suo grembo. “E’ peggio di una suocera bisbetica!”

 

“Ti ha trattato male?!

 

“Magari! Almeno le avrei detto il fatto suo!”

 

Il Colonnello si grattò la testa, “Qualcosa non mi torna…”

 

Edward temporeggiò, dedicandosi alla bestiola con fin troppo interesse.

 

“Non ha gradito il cesto di doni che le hai portato?” insistette l’uomo, che adesso voleva andare a fondo alla questione.

 

Edo si rabbuiò. “No, anzi. L’ha apprezzato molto. Ha frignato qualcosa sul fatto che la cavalleria non è ancora morta…”

 

“Quindi non ti ha preso a bastonate come l’ultima volta. Gli venne incontro, sperando di raccapezzarsi.

 

Nah. Se anche l’avesse fatto… Non mi avrebbe colto di sorpresa, stavolta.

 

“Tu non picchi le vecchine.”

 

“Per quella lì, ho una delega speciale!” alzò uno sguardo inquietante e fintamente sadico.

 

Il Colonnello decise di prenderla alla larga, perché sembrava che di petto non riuscisse a cavare un ragno di bu- un fagiolo dal baccello. Rise mentalmente, complimentandosi da solo per quella sua battuta. Meglio conservarla per tempi migliori, in quel momento Edo-kun sembrava abbastanza incazzato di suo, senza andare ad infierire.

 

“E Minù… come sta?” s’interessò. E aveva ragione, difatti l’altro si rilassò un po’, accarezzando il lungo pelo tigrato.

 

“Bene! E’ tonda come un mappamondo! A momenti rotola, anziché zampettare… non riesce più nemmeno a salire sul divano, bisogna prenderla in braccio. Miss Rottherwall sostiene che manchino al massimo un paio di giorni al parto. Dice che è nervosa e stanca…”

 

“Lei, o la gatta?”

 

Gli lanciò un’occhiataccia di rimprovero. “La gatta, ovvio.”

 

“Ah, beh… ma lo sarei anch’io, se dovessi portarmi dietro una zavorra del genere!” la giustificò Roy, facendo finta di interessarsi al libro abbandonato sul bracciolo del sofà.

 

“Però era bella.” Si lasciò sfuggire Ed, meditabondo.

 

“Cioè?”

 

“Era una bella scena. Anche se grossa, tutta una palla grigio perla che arrancava per casa… ha i suoi micetti dentro la pancia, no? Li sente crescere, muoversi… Diventerà mamma di nuovo… Ed era bella.

 

Forse voleva dire ‘commovente’, rifletté Mustang, nuovamente colpito dalla sensibilità del suo Mame-chan.

Probabilmente l’argomento ‘Madre’ sarebbe rimasto un tabù in eterno, per lui.

Una ferita sempre aperta, che neppure il tempo avrebbe rimarginato.

Almeno non fino a che Ed non fosse venuto a patti con se stesso e con il suo passato.

 

Quel sorriso triste, sul viso del giovane che amava, gli stringeva il cuore.

Lo preferiva mille volte arrabbiato, con lui o con chicchessia, piuttosto che amareggiato.

 

“Non mi hai ancora detto perché eri così adirato. Gli ricordò, accantonando definitivamente la lettura, nella speranza di smuoverlo da quello stato malinconico. “Se hai visto Minù, miss Rottherwall non ti ha cacciato subito dalla sua abitazione, anche perché mi sembra tu sia stato via parecchio…” Fin troppo, gli sussurrò una vocetta malevola.

 

“La vecchia voleva fare conversazione…”

 

“Non mi sembra sia un reato!”

 

“No, mi ha pure offerto the e pasticcini.

 

“C’è da dire che è una persona molto sola, da quello che so. Ha un brutto caratteraccio, certo. Ma si fa portare la spesa a domicilio dal negozio all’angolo e non esce mai di casa. Magari desiderava un po’ di compagnia…”

 

“Sì, può essere.” Concesse, riluttante.

 

“Ma se non è stata scortese…?”

 

L’Alchimista d’Acciaio sospirò, capitolando.

“Mi ha chiesto se ero stato promosso.”

 

“Di grado?”

 

“No. A scuola.” Masticò un’imprecazione. “Quella vecchia rimbambita credeva facessi ancora le elementari!”

 

Il Flame scoppiò a ridere, a tal punto che gli occhi d’onice s’inumidirono.

 

“Maledetto Taisa! La smetta!! Ha una vaga idea di quanto sia umiliante?!”

 

Roy smise a fatica, detergendosi una lacrima birichina.

“E io che mi ero immaginato chissà che!”

 

“Ma la vuole smettere?!” ringhiò il più giovane, orientando la propria rabbia su di lui.

 

Ma il torace del Colonnello sobbalzava ancora. “Scusa, Ed. Ma davvero…!” S’interruppe per un nuovo eccesso d’ilarità. “…Ti ha anche offerto le caramelle?!” lo prese in giro, allegro.

 

“Certo!, come no?!” brontolò Elric, rannuvolandosi. La sua espressione prometteva rappresaglia. “La prossima volta le regalerò a lei, ma prima le sostituirò con quelle lassative!” minacciò vendetta, riacquisendo una parte del proprio buonumore.
Oh, sì. Così anche Taisa Mustang avrebbe capito come si sentiva...

 

 

Fine



Disclaimers: I personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.

 

Note varie: il colore del titolo richiama il rosso dell’ira di Edo-kun (come già successo, in passato).

Questo è un capitolo di passaggio, vi anticipo già che sarà legato al prossimo.

Ci ho messo dentro uno dei tanti dialoghi-bisticci tra Roy e Edward, che voi amate tanto.

Forse non è niente di speciale, ma mi sono divertita a scriverlo, ed è in buona parte autobiografico.

Il riferimento di Roy alla possibile uccisione del Comandante Supremo e del Colpo di Stato, beh… ho giocato con un po’ di ironia, lo ammetto.^^’

 

 

Domanda: caccia al tesoro. Qualcuno ricorda se nei precedenti 41 capitoli ho scritto mai il nome di battesimo di Miss Rottherwall?? Non mi sembra, ma potrebbe essermi sfuggito. Se è scritto, per favore, me lo dite? Mi manca materialmente il tempo di rileggerli tutti.

Speravo di aggiornare prima, ma – scrivendo ogni capitolo in tempo reale, di volta in volta – gli impegni di vita quotidiana ogni tanto s’accumulano… creando un ritardo. E poi, sinceramente, mi piacerebbe anche dedicarmi a qualcosa di diverso… senza penalizzare i postaggi di It’s raining, ma non si può avere tutto! >.<

 

 

Precisazioni al capitolo precedente: Il Piccolo Principe è legato a due momenti fondamentali del mio passato. Quando lo lessi la prima volta nel 1992, non riuscii neppure a finirlo. Forse perché non avevo la serenità interiore per apprezzarlo e capirlo.

La seconda volta, 10 anni dopo, è stata un’epifania.

Una parte di me conserverà sempre un ricordo agrodolce di volpe e principe, ma – come ho già detto – il passato sta bene dove sta.

Detto questo, i paralleli con Roy e Edward si sprecano. Basti pensare agli incontri programmati. I rituali del lunedì, mercoledì, venerdì, che entrambi attendono con ansia, e considerano sacri.

‘Le parole sono fonte di malintesi’, dice la saggia volpe. Quante volte è accaduto che quei due testoni si fraintendessero a vicenda? Quanti litigi? E tutto il resto… mi fermo, o riscriverei il capitolo intero.

 

Ed ecco svelato perché, a suo tempo, non vi descrissi come immaginavo le ciabatte di Edo… ma solo quelle di Roy! ^__=
E la lampada a stilo, sì, è già stata citata in diversi capitoli.

 

E poi io amo le volpi! *__* (Come avrete potuto capire dal mio striminzito blog ^^’’) E un po’ volpe lo sono anch’io.^^

 

 

 

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Grazie (_ _)

elyxyz

 

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Capitolo 44
*** La gatta frettolosa fa i gattini ciechi ***


Il seguente scritto contiene impliciti riferimenti yaoi

Il seguente scritto contiene impliciti riferimenti yaoi.

 

Come avevo anticipato nello scorso capitolo, questo chappy si può leggere come legato ad esso, immaginando che i fatti che leggerete siano accaduti cronologicamente qualche giorno dopo.
E’ altresì vero che questo racconto può essere anche inserito in una delle tante gravidanze di Minù, e quindi slegato dai fatti del precedente capitolo 43.


Per ulteriori spiegazioni, vi rimando alla conclusione della fic.

 

 

Dedicato a chi ha recensito i precedenti capitoli della raccolta.

E a quanti commenteranno.

Ai vecchi e ai nuovi lettori.

 

 

La gatta frettolosa fa i gattini ciechi

 

by elyxyz

 

 

 

 

Mustang arrivò a fine capitolo, e solo in quel momento s’accorse della pioggia che tamburellava con insistenza contro il vetro della finestra del salotto.

Che tempo bizzarro!, faceva sparire il sole e faceva piovere nel giro di un quarto d’ora…

 

Corse a chiudere il lucernario dello studio e poi si preoccupò per quel Fagiolo che si sarebbe preso una bella lavata.

 

Brunilde Rottherwall - così era scritto sulla porta della sua abitazione -, quella mattina gli aveva fatto sapere che la gatta aveva avuto i primi sintomi del parto imminente. E si era raccomandata che il caro bambino biondo, che spesso vedeva gironzolare da quelle parti, andasse a farle visita, nel tardo pomeriggio, se voleva vedere i cuccioli.

 

Roy aveva generosamente sorvolato sui dettagli dell’invito con Ed, che si era dimostrato più che contento della notizia e della possibilità di vedere i micini.

E così erano usciti dall’ufficio assieme, quel mercoledì sera, e Mame-chan si era fiondato – quasi un’ora addietro, e forse per la prima volta di buonumore – dalla scorbutica vecchietta.

 

Il Colonnello sghignazzò, pregustando l’ennesima derisione ai danni del suo sottoposto.

Benché Edward amasse ripetere che la odiava, se ci passava così tanto tempo assieme non poteva essere vero… e non v’era altra spiegazione; perché, di sicuro, Minù non gli aveva concesso di toccare i micetti neonati. Le gatte puerpere, per istinto, sono davvero ostili, si sa. Ragion per cui il bassotto doveva essersi intrattenuto con l’amabile Nilde, - come si faceva chiamare da lui ora, in un impeto di concessa familiarità unilaterale.

Sì. L’avrebbe preso in giro di gusto, appena fosse tornato.

 

Ma, adesso che pioveva, era forse il caso di andargli incontro, per evitare che si buscasse un malanno.

S’infilò impermeabile e stivali e agguantò un ombrello grande abbastanza per entrambi. A volte si stupiva di come il suo atavico odio per la pioggia passasse in secondo piano, quando c’era di mezzo una pulce irritabile di sua conoscenza.

 

Quasi gli cadde addosso, aprendo il portone d’entrata e saltando il primo gradino.

Semplicemente, non se l’aspettava di trovarlo lì.

Perché Edo non doveva trovarsi lì.

Che cazzo ci faceva, rannicchiato sul primo scalino, sotto quel diluvio improvvisato?

 

“Acciaio, che hai fatto? Che è successo?” Chiese, spaventato.

 

Ma il giovane Elric sembrava non averlo neppure sentito.

Non si mosse d’un millimetro, la testa bionda incassata nelle spalle, le braccia strette attorno alle ginocchia.

La giacca leggera inzuppata, così come i capelli traslucidi di pioggia.

 

Roy lo scosse, prendendolo per le scapole. “Che diamine è successo, Ed?!

 

Le iridi dorate così vuote e inespressive incontrarono le sue, nere e preoccupate. Per un istante, parvero riacquisire determinazione, per lasciare posto ad un immenso dolore.

 

Perché sembrava che in meno di un’ora il mondo si fosse rovesciato?

 

Una morsa di apprensione gli strinse lo stomaco, mentre se lo tirava dietro lungo il pianerottolo, e su, fino al secondo piano.

 

Si sfilò sbrigativamente il soprabito e pensò a quello del ragazzo, e poi corse a prendere un asciugamano per ripulirlo almeno un po’.

 

Dopo che lo aveva guidato sino al divano, gli chiese con gentilezza, nuovamente, cosa fosse accaduto.

 

“I gattini… i sei gattini…” balbettò, mordendosi le labbra fino a sanguinare. “Quattro sono nati morti, e il veterinario ha detto che gli altri sono malati… resteranno ciechi… li vogliono sopprimere!”

 

Edo aveva pianto. Fuori, sotto la pioggia. Si vedeva, benché tentasse di contenersi.

 

Avrebbe voluto consolarlo, ma come?

 

Ed era lì, sul ciglio di una disperazione trattenuta.

 

Roy sapeva che avrebbe desiderato piangere ancora, ma Edward Elric aveva un orgoglio a cui sottostare, e non si sarebbe mai sfogato davanti a lui.

 

Dolorosamente testardo e cocciuto. Con una fierezza grande quanto il suo male.

 

Ed era in momenti come quello, che ricordava che in fondo aveva un bambino davanti a sé; un bambino, non ancora uomo.

Come aveva potuto esser così cieco?

 

“Vai nello studio, dai.” Gli passò il libro che stava leggendo in quei giorni, posato sul tavolinetto davanti al divano.

 

Acciaio sgranò le pupille, sorpreso.

Erano parecchi mesi che non si rintanava più in quella stanza a studiare.

“Ma perché? Io non ho voglia di leggere, io non…”

 

Roy insistette, poiché credeva che a lui servisse un pretesto per restare solo e magari singhiozzare in pace, di sicuro per dare sfogo al suo dolore e alla rabbia.

Ma Edo rifiutò nuovamente.

 

L’uomo sospirò, davanti a questa sua caparbietà.

Non gli stava rendendo le cose facili. Nemmeno un po’.

 

“E allora resta qui.” Deliberò il padrone di casa, “Sembri sconvolto.

 

Ed sussultò, come se l’avesse schiaffeggiato.

Ma in fondo era sciocco negare l’evidenza. Lo sapevano entrambi.

Vide Taisa Mustang afferrare la cornetta e attendere.

Prima ancora che potesse anche solo pensare di intromettersi nella conversazione, aveva udito il suo superiore inventarsi una scusa su due piedi, rassicurando suo fratello Al, e spiegandogli che l’avrebbe accompagnato lui, in Caserma, il mattino dopo.

 

Aveva boccheggiato inutilmente, senza trovare la forza per protestare.

Smise semplicemente di pensare.

C’era solo quel pulsare ritmico e violento, dentro allo stomaco.

La nausea che saliva ad ondate, come la voglia di prendere a pugni il primo a caso.

 

Roy espirò, decidendo il da farsi.

Afferrò Tora e lo adagiò sulle ginocchia di Edward, e fu lui ad andarsene in camera sua.

 

Vi rimase a lungo, a tormentarsi. A chiedersi se aveva fatto la cosa giusta. O se fosse stato un errore madornale concedergli quella solitudine.

La verità era semplice: relazionarsi correttamente con quel Fagiolo era un’impresa impossibile.

Avrebbe sbagliato comunque: sia rimanendo, sia andandosene.

Sia abbracciandolo, sia facendolo arrabbiare affinché si sfogasse.

 

Di sicuro si doveva sfogare, sì.

Quella era una strada collaudata… ma anche adesso? Era davvero il momento? Si poteva applicare anche in quell’occasione?

 

Dopo un tempo che gli era parso ragionevole, se ne uscì, andando direttamente in cucina.

Quando ritornò, la bufera sembrava passata. Ma lo era?

 

Edward accarezzava il micio tigrato, e non badò a lui.

 

Gli si sedette affianco. “Vuoi parlarne?”

 

Ed scosse la testa, in chiaro segno di diniego.

 

“E allora bevi.” Gli offrì la tisana che aveva preparato, sorseggiando per primo da una tazza gemella.

 

“E’ la vita. Lo sai anche tu.” Riprese.

 

“Questo non mi fa sentire meglio.” La smorfia che fece, disgustata, era solo l’eco del suo dolore.

 

“Forse no. Ma aiuta a capire che è nell’ordine naturale delle cose.

 

“E viene a dirlo ad uno che ha violato il più inviolabile dei tabù?” chiese aspro, sprezzante. Sembrava quasi che provasse un sadico piacere a schernirsi. “Ho già giocato a fare Dio una volta. E’ stato abbastanza, grazie.”

 

“Non avrai pensato…!”

 

“NO! CERTO CHE NO!” gridò, concitato. “Ho ancora ribrezzo per ciò che ha tentato di fare il signor Tucker, e non lo dimenticherò mai…”

 

“I folli esperimenti falliti dell’Alchimista Intrecciavite e la Selezione della Specie sono due cose ben distinte, anche se condividono una radice: entrambe puntavano a creare esseri migliori, privi di difetto. Ma il primo dava vita a degli ibridi mostruosi, la seconda opera per il bene… fa sì che chi è più debole muoia, affinché chi è forte e sano perpetui la sua discendenza…”

 

“Quindi… secondo lei… la natura ha deciso che, chi è menomato, non merita di sopravvivere?! E io, allora?” si guardò l’auto-mail con rabbia. “Perché sono ancora qui?! E Al? Lui, cos’è?!

 

“Non puoi metterla sullo stesso piano, Acciaio. Capisco la tua collera e comprendo il tuo dolore. E’ legittimo. Ma la vita di un animale e quella di un uomo non sono la stessa cosa.

 

“Giusto! Ho visto animali comportarsi molto meglio di noi umani. Lo sfidò, stringendo i pugni con sdegno. “Tutto è uno, e uno è tutto. Questo mi ha insegnato Izumi Sensei.” Lo contraddisse.

 

“Mi addolora sentirti parlare così. Ma, quando ti passerà, capirai che era l’unica strada.”

 

“Anche lei è come la signorina Brunilde! Ho cercato di farle capire che…”

 

“Hai litigato con miss Rottherwall? Capisco. Mi scuserò personalmente con le-”

 

“Non è questo il punto!” s’infuriò. “Lei davvero non capisce?!

 

“Sei tu che non capisci.

Alla prossima cucciolata…”

 

“La prossima?!” saltò su, furioso. “NO! Basta cuccioli!”

 

“Che tu lo voglia o meno, non puoi fermare la natura, Ed.”

 

Il telefono squillò. Mustang ponderò l’idea di lasciarlo suonare, ma poi rispose.

Lanciò un’occhiata furtiva a Edward, che se ne stava rannicchiato sul divano, l’espressione dura, lo sguardo fisso davanti a sé.

 

Riconobbe la voce di Brunilde Rottherwall, all’altro capo del filo, e discusse brevemente con lei.

Qualcosa era andato storto, si sentì dire, Minù era stata strana, non come nei precedenti parti. E poi era successo tutto troppo in fretta, sembrava quasi che le cose fossero precipitate. Ad un certo punto, gli confessò, la voce rotta dal pianto, aveva quasi temuto anche per la vita della gatta.

 

Si ritrovò a consolare anche lei, che - in fin dei conti - era una perfetta estranea; e poi, dopo gli ultimi convenevoli, si salutarono.

 

“Era la signorina Nilde.” Lo informò, benché non fosse certo che l’altro gli stesse prestando attenzione. “Era preoccupata per te. Voleva sapere come stavi… ci ha messo un secolo a trovare il mio numero, al Quartier Generale non volevano darglielo…”

 

Edo sbatté le palpebre, orientando brevemente il viso nella sua direzione. “E allora?” sibilò laconico e infastidito.

 

“Mi ha spiegato tutto. Chiudiamo qui la faccenda?”

 

“E Minù… come sta?”

 

“Sta bene.” Lo rassicurò. E anche se non fosse stato vero, l’avrebbe detto comunque.

Perché erano quelle, le parole che aveva bisogno di sentirsi dire.

E Roy non si sarebbe fatto scrupoli a mentire. L’aveva fatto altre volte, per proteggerlo dal dolore. E l’avrebbe fatto ancora, se fosse stato necessario.

 

 

Fine



Disclaimers: I personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.

 

Note varie: il colore del titolo richiama il pelo di Minù.

Ed è un noto proverbio popolare. 

 

Ho scritto questo capitolo così, perché mi piaceva creare un contrasto marcato, stridente, col precedente, al di là di una possibile consequenzialità storica.

Nello scorso, Edward si era arrabbiato con miss Rottherwall per una futilità, qui lo fa per una ragione ben più grave. E il fatto che anche Roy non lo capisca del tutto, mi fa credere che nella sua logica sia quasi uno scontrarsi del mondo bambino (il suo, quello emozionale, e il suo modo di pensare) e quello degli adulti (più logico e razionale).

Nel 43, Edo era felice della gravidanza, ne pregustava le gioie e la contentezza del lieto evento; qui, comprende nel peggiore dei modi che non sempre tutto va per il meglio.

In tutto questo, Roy ancora non sa come comportarsi, cosa dire, come fare.

Nuovamente si sente inadeguato, si fa un esame di coscienza. Però ci prova, cerca di attuare la soluzione che – su due piedi - gli sembra la migliore per il bene del suo Fagiolino.

 

Sinceramente, le reazioni di Edo-kun mi sembrano plausibili, non esagerate. (Se non concordate, ditemelo).

Alla luce dei pensieri già esposti su di lui nel cap 43, ho pensato che davvero per Ed sia stata ‘una piccola tragedia’. Questa mamma-gatta che perde i suoi cuccioli… gli ha riaperto vecchie ferite. Come la morte di Nina, come lui stesso ammette. E poi mi ha fatto ricordare la scena sull’isola, mentre lui e Al erano in addestramento da Izumi Sensei. Quella della volpe coi cuccioli, che gli ha rubato il cibo e lo ha morso…

(E’ colpa della volpe… quando ce n’è di mezzo una, non sono più obiettiva. ^^’’)

 

 

Precisazioni al capitolo precedente: come ho già detto, l’aneddoto è di stampo autobiografico.

In 3^ superiore (qualche era geologica fa), un’insegnante mi scambiò per una bimba di 5^ elementare e si discolpò dicendo che i bambini di oggi sono davvero alti, non come quelli di una volta! XD
Tutti mi dicono che non dimostro la mia età. E io m’incazzo come Ed per l’altezza! è un nervo sensibile >.<
Comunque, a casa mia nessuno dimostra la sua età, quindi... sarà una condizione genetica…

 

Sono felice che il capitolo vi sia piaciuto, pur essendo ‘di passaggio’. D’altra parte, è umanamente impossibile per me scrivere ogni racconto con il medesimo impatto emozionale. Senza contare che sarebbe un’esagerazione. I capitoli di transito, quelli più semplici o senza grandi eventi, hanno una loro ragion d’essere, una loro utilità. Preparano il terreno ad altro. Senza contare che mi ero imposta di toccare il maggior numero possibile di emozioni e sentimenti umani, in questa raccolta. (Dalla gioia al dolore, alla gelosia, al rifiuto, al senso di tradimento, quello d’inadeguatezza… la paura… ce n’è ancora di strada da fare!)

 

Anche l’immagine materna e dolce della gatta/donna in attesa è di stampo autobiografico. Sembra che nella mia quotidianità tutte le mie coetanee abbiano deciso di ripopolare la zona. (Me deve ancora riprendersi O_O).

Ma passiamo ad altro…

 

 

Ecco. Hokori mi ha gentilmente inviato questo grazioso pensiero che condivido con voi.
E’ ispirato alla ‘Grande Nevicata’. Vista la coda di Tora? Non è semplicemente delizioso?! *__*

 

http://img120.imageshack.us/img120/1627/royedchiaracaminettokj2.jpg

 

 

Ringrazio quelli tra voi che hanno recensito la mia RoyAi  The Dream(er)’.

Colgo l’occasione per dire che la dottoressa Shatzy ha molto apprezzato i vostri auguri e le congratulazioni a lei rivolte. ^___^

 

Grazie anche dei commenti alla mia nuova raccolta comica su Slam Dunk All-Star Game.

 

 

 

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Come sempre, sono graditi commenti, consigli e critiche.


Grazie (_ _)

elyxyz

 

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Capitolo 45
*** Agility Dog ***


“Sai, Ed

Il seguente scritto contiene riferimenti yaoi.

Per ulteriori spiegazioni, compreso il titolo, vi rimando alla conclusione della fic, dopo la lettura.

 

 

Qualcuno di voi se ne sarà accorto: It’s raining ha raggiunto e superato le 1000 recensioni.

E’ una cosa che non avrei mai neppure immaginato nei miei sogni più arditi, quando iniziai a postarla, quasi 10 mesi fa.

Eppure ci siamo, siamo qui.

La fic ha raggiunto anche le 80 preferenze tra gli utenti.

Qualcuno è con me dagli esordi, qualche altro si è perso per strada, qualcuno è arrivato dopo.

Vorrei scrivere il nome di ciascuno di voi, ma comparirebbe una cosa infinita, so che vi annoiereste.

E sarebbe un elenco più lungo del capitolo di oggi. ^__=

Dedicato a Voi.

Ai vecchi e ai nuovi lettori.

 

 

Agility Dog

 

by elyxyz

 

 

 

 

Di una cosa, Roy Mustang era certo, e lo aveva imparato a sue spese.

Impelagarsi con Edward Elric era un’impresa degna dei Titani.

Non si correva mai il rischio di tediarsi, visto che c’era sempre qualcosa di nuovo – generalmente un imprevisto – con cui dover fare i conti.

 

Se mai un giorno fosse davvero diventato Comandante Supremo, e la sua relazione con quel tenero Fagiolo d’Acciaio fosse stata oggetto di un palese conflitto d’interesse, avrebbe trovato a colpo sicuro una soluzione congeniale alla natura del suo Mame-chan: l’avrebbe sbattuto in una stanza nell’ala opposta rispetto alla sua dentro al Quartier Generale, e gli avrebbe conferito – seduta stante – la Carica di Responsabile dell’UCAS – Ufficio Complicazione Affari Semplici.

 

Sì, senza dubbio.

Non c’era modo d’annoiarsi, no.

Niente era semplice, niente da dare per scontato.

 

Se ripercorreva la strada a ritroso, partendo dalle origini, dai primordi di quel nucleo indistinto che erano i loro scambi e comunicazioni, ricordava solo litigi, arrabbiature, sfide e…

e cos’era cambiato, poi?

 

I litigi, le arrabbiature, le sfide erano continuate sempre. Anche dopo.

 

Un rapporto che prevedeva un investimento di pazienza e caparbietà a fondo perduto.

Un bilancio in rosso, a ben vedere.

 

Chi avrebbe mai scommesso su un cavallo perdente?

 

Eppure lui c’era riuscito.

Più ostinato dei testardi, più cocciuto dei muli, più innamorato che mai.

 

E adesso che raccoglieva i frutti dei suoi sacrifici, si era illuso di poter tirare il fiato, di adagiarsi in una metaforica poltrona e magari di poter sfilare le scarpe e lasciar riposare i piedi stanchi. E invece…

 

Niente era normale, con quel legume lunatico e imprevedibile.

Certo. Se l’era andata a cercare. Ma a volte temeva di essersi scelto una fonte d’espiazione con spirito un filino troppo masochistico.

 

A tratti, si vedeva ripercorre strade già fatte, - fasi date per assodate o belle che impacchettate - ma a rifarle per lui, stavolta. Con lui.

Bravate da adolescenti, menate degne dell’Accademia, scommesse azzardate nelle pause al Fronte.

 

Tipo certe cazzate… lui le aveva accantonate, alla soglia dei trent’anni, e invece…

 

Si ritrovava a fare un mucchio di fesserie. Cose inutili. Cose da maschi.

Storie di confronti, di misure e prestazioni.

 

D’altra parte, avevano entrambi una buona misura d’orgoglio – qualcuno amava definirla presunzione -, un accentuato senso della competizione – rivalità lievemente esasperata? -, e una spiccata predisposizione alle idee più malsane e improbabili, unite ad una fervida immaginazione.

 

E mentre le stelline proiettate contro il cielo nero delle palpebre chiuse offrivano uno spettacolo più appagante persino delle sue schioccate pirotecniche, Roy Mustang meditava sul fatto che certe sfide potevano anche avere risvolti non sempre sgradevoli. Come quella lì, per esempio.

 

Che ad avere per maestro un dio del sesso doveva pur avere qualche vantaggio, no?

 

A dirla in metafore…

Uno stallone rodato.

E un puledro promettente.

 

Cazzoma aveva creato un mostro?

 

“Sai, Ed…” ansimò, collassandogli di fianco. “Credo che la tua resistenza sia migliorata di molto.

 

Giocare a chi ‘dura’ di più, prima di soccombere al piacere procurato dall’altro.

 

Elric sorrise, compiaciuto. “Grazie, Generale. Questi suoi elogi mi onorano!”

 

“Avanti, sentiamo! Come fai?”

 

“…Segreto.” Ridacchiò.

 

“Secondo me, fai l’elenco degli elementi della composizione di un corpo umano: 35 litri d’acqua, 20 kg di carbonio, 4 litri di ammoniaca… e poi com’era?”

 

Ma-ma come…?”

 

Fu il turno di Mustang di sogghignare. “Io gioco con la raffigurazione mentale dell’atomo di idrogeno. Poi quello dell’azoto. A volte anche l’ossigeno.”

 

Edward sbarrò gli occhi, sorpreso. Ma dai?

 

“Ti stupiresti di scoprire quanti, tra noi Alchimisti, utilizzano lo stesso rituale: elencare la Tavola Periodica degli Elementi; riorganizzare i Gas Nobili in ordine alfabetico oppure gli Elementi di Transizione; composizione e scomposizione molecolare… giochetti vari di chimica…”

 

Lo sconcerto di Edo divenne via via maggiore.

 

“Il dottor Knox, una volta, mi disse che si faceva l’inventario completo della sala operatoria, tutto il carrello degli strumenti: una, due, tre volte…”

 

A-anche…!”

 

“Sì, Ed. E’ stato giovane pure lui, qualche secolo fa!” rise, sarcastico. “Si fa sempre tesoro di qualche dritta… poiché il discorso vale indipendentemente che il partner sia maschio o femmina.”

 

“No! Aspetta, Roy! Fammi capire… tu e Knox avete solo parlato, giusto? Mere ipotesi, scambi di consigli prettamente in fratellanza, in in… come si dice…”

 

“In nome del cameratismo, sì.” Lo rassicurò, allargando quella sua smorfietta strafottente. “Non ci sono mica andato a letto!”

 

“E vorrei ben vedere!” esclamò Acciaio, scandalizzato, prendendo le distanze da lui.

 

“Te l’ho appena detto: noi Alchimisti condividiamo medesimi segreti e trucchetti…”

 

Per tirar tardi.

 

“Tutti?”

 

“Tutti.”

 

Edward fece una comica espressione disgustata, coprendosi gli occhi con l’auto-mail.

“Ti prego! Ti prego… non ci provare neppure… se anche tu li conoscessi… Non voglio nemmeno immaginare quelli di Armstrong!”

 

 

Fine



Disclaimers: I personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.

 

Note varie: il colore del titolo richiama il bianco e nero delle bandiere di arrivo nelle competizioni. ^^

 

Bene, ovviamente la mia è una libera interpretazione dell’agility dog, eppure… provate a interpretarla sia ‘in senso proprio’ che immaginando il rapporto di questi due testoni RoyEd, e avrà un sapore diverso:


L’agility dog è uno sport cinofilo che consiste in un percorso ad ostacoli (di solito dai 18 ai 22), ispirato al percorso ippico, nel quale il cane deve affrontarli nell’ordine previsto, possibilmente senza ricevere penalità e nel minor tempo possibile.
In questa gara il conduttore deve seguire il cane comunicando con esso, dandogli dei comandi e accompagnandolo in tutto il percorso.
L’agility dog, secondo il regolamento della FCI-Fédération Cynologique Internationale (Federazione cinologica internazionale), è una disciplina aperta a tutti i cani, nella quale si affrontano diversi ostacoli con lo scopo di evidenziare il piacere e l’agilità dell’animale nel collaborare con il conduttore. Si tratta di una disciplina sportiva che favorisce la sua buona integrazione nella società.
Questa disciplina implica una buona armonia tra il cane e il suo conduttore che porta a una intesa perfetta tra i due: è dunque necessario che i partecipanti posseggano gli elementi di base d’educazione e obbedienza.

 

(Tutte le informazioni e le curiosità sono prese da Wikipedia, l’Enciclopedia Libera)

 

 

‘L’UCAS – Ufficio Complicazione Affari Semplici è una battuta ricorrente di una mia collega, che talvolta mi minaccia di farmi finire lì, ma è lei che è troppo semplicistica di natura! >_<

 

La raffigurazione mentale dell’atomo di idrogeno, poi quello dell’azoto e anche l’ossigeno sono messi in ordine di difficoltà, per gentile appunto di Shatzy.

 

La battuta di Roy sul Dr. Knox, che si fa l’inventario della sala operatoria perallungare le proprie prestazioni’, non è farina del mio sacco, bensì una confessione del dottor Carter del telefilm ER – Medici in Prima Linea, in una puntata degli esordi, non ricordo se nella I o II serie.

 

 

Precisazioni al capitolo precedente: La maggior parte dei commenti ritiene il comportamento di Edward coerente col mio pensiero, e ne sono felice.

Una cosa che non ho messo, perché speravo uscisse dalle vostre riflessioni, è che Edward – oltre al dolore per la perdita di quelle piccole vite, che lui ritiene un’ingiustizia bella e buona - si identifica con quei cuccioli ‘imperfetti’, e quindi la sua reazione è ancor più ‘marcata’. Più di tutto, mentre la scrivevo, mi ha dato da pensare quella frase in cui Ed provoca Roy, chiedendogli come mai non sopprimano anche lui, che è un essere menomato, o peggio ancora Al, che non è più umano in senso stretto.

Apprezzo comunque chi mi ha esposto anche idee divergenti, grazie! ^__^

Riguardo al comportamento di Roy, che se ne va dalla stanza per evitare dell’imbarazzo a Mame-chan… Ricordare il capCani da bastonare e ferite da leccare’? Il Taisa voleva risparmiare a Edo-kun un’umiliazione gratuita, visto che sa quanto sia grande l’orgoglio di quel suo Fagiolino… non la vedo come una fuga, la sua; pur dando come assodata la difficoltà di Mustang nel gestire questi ‘momenti particolari’ di Ed.

Noi sappiamo che si sono ‘evoluti’ nel loro rapporto, ma loro non ancora! ^__=

 

Bene… andiamo oltre…

 

Ringrazio quanti hanno commentato la mia fic sul forum di Harry PotterRosa Canterina”, Vincitrice della Sfida su Fandom Libero indetta nel ForumWriters Arena’.

(E invito chi fosse eventualmente interessato a darci un’occhiata! ^__=)

 

Ringrazio, come già detto, gli 80 utenti che hanno inserito questa fic nelle loro preferenze:

 


1 - aduah
2 - AtegeV
3 - Ayako_Chan
4 - Bad Girl
5 - boll11
6 - chamaedrys
7 - chibimayu
8 - Chiby
9 - Dark_angel
10 - Dimea
11 - Ed92
12 - eda chan
13 - Edward Son
14 - eLiSeTtA
15 - Elychan
16 - Emily512
17 - Envuccia
18 - Eril
19 - Faust
20 - Fed
21 - Feda
22 - fedar
23 - Fosuke
24 - fullmetalQUEEN
25 - Giulieeettaa
26 - giulietta117
27 - giuly89
28 - goldsaru
29 - grethy
30 - Hokori
31 - Hoshi Edo
32 - Ichigo Shirogane
33 - inuyasha94
34 - Kaguya
35 - Kayra
36 - LadyKokatorimon
37 - lake
38 - last exile
39 - lelith
40 - Lenus

41 - Lynliss
42 - Melisanna_
43 - Micchan
44 - Mikayla
45 - MiLiKa
46 - Minerva Bellatrix
47 - mua
48 - My Pride
49 - nacchan
50 - nami78
51 - NekoRika
52 - nemesi06
53 - Neverwinter
54 - nikolai
55 - onlykitsune
56 - Orchidea Rosa
57 - Red Robin
58 - RenAlchemist93
59 - roby chan
60 - Roy Mustung sei uno gnocco
61 - saku_chan the crazy dreamers
62 - SangoHachiko
63 - scheggia
64 - Seiko
65 - Sephiria
66 - SeryChan
67 - Setsuka
68 - Sghergy
69 - Shinji
70 - shiratori_chan
71 - Sparrow
72 - Tao
73 - tsunade22
74 - Vocedelsilenzio
75 - yayachan
76 - Yuki Delleran
77 - Yuki Eiri Sensei
78 - Yumi
79 - _ALE2_
80 - _pEaCh_

 


 

Do il benvenuto a Lenus e ad Eril tra i lettori!^^

 

E per finire… Buona Festa della Donna a tutte!! ^__^

 

 

 

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elyxyz

 

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Capitolo 46
*** Stelle a quattro zampe e medaglie di riconoscimento ***


Il seguente scritto contiene lievi riferimenti yaoi

Il seguente scritto contiene lievi riferimenti yaoi.

Per ulteriori spiegazioni, compreso il titolo, vi rimando alla conclusione della fic, dopo la lettura.

 

 

Dedicato a chi ha recensito i precedenti capitoli della raccolta.

E a quanti commenteranno.

Ai vecchi e ai nuovi lettori.

 

 

Stelle a quattro zampe e medaglie di riconoscimento

 

by elyxyz

 

 

 

 

Edward Elric attraversò la corsia d’ospedale a spron battuto, incurante dei richiami dell’infermiera in guardiola e dell’inserviente che stava pulendo il pavimento e l’aveva pregato di attendere qualche istante prima di… Niente. Aveva scavalcato senza remore il carrello con i secchi e il cartello di pericolo senza neanche rallentare, dribblato una barella in avvicinamento con paziente annesso e spintonato un paio di dottori, escludendo a priori la possibilità di fermarsi – di scusarsi? - come se fosse stata una corsa ad ostacoli e lui dovesse arrivare primo, per forza.

 

Entrò nella camera come un uragano. ‘Fanculo tutto il resto.

 

Sbattendo la porta dietro di sé con malagrazia, si avventò sull’unico letto presente nella stanza, lasciando da parte i convenevoli.

 

Eppure… delle mille parole che aveva in testa, delle mille che poteva dire… la prima cosa che proferì stupì pure lui.

 

“Mi danno solo cinque minuti.” Premise, in un tono urgente ma razionale. “E guarda come ti sei ridotto…” Inspirò lentamente.

“Brutto idiota di un Taisa!!” lo aggredì, per poco non saltava sul materasso, tanto era animato.

 

Il Generale di Brigata Mustang sorrise colpevole.

 

“Volevi farti ammazzare per avere tre secondi di gloria?!” Inveì, infuriato e agitato. “C’era proprio bisogno di beccarsi una pallottola per salvare la vita del Comandante Supremo?!” urlò, paonazzo.

 

“Ma veramente…” tentò. Da dove doveva partire?

 

“Come credi che mi sia sentito, io?!”

 

Lo vide stringere i pugni, giusto per contenere quell’ira che rischiava di traboccare.

 

“… Eri disteso a terra… in quel lago di sangue… Hai una vaga idea… di come mi sono sentito?” rincarò, smorzando di colpo i toni, l’orrore che ancor traspariva dalle iridi dorate, spalancate dalla paura.

 

Oh, sì che ce l’aveva! Era la stessa sensazione stritolante che aveva percepito lui, quando aveva capito che la vita del suo uomo era in pericolo mortale.

Non aveva neppure avuto il bisogno di pensarci su. Era scattato in automatico, frapponendosi tra l’assassino e Acciaio, ed era un caso che il Führer fosse in linea d’aria, sulla stessa traiettoria.

 

Beh, non proprio un caso, visto che l’obiettivo primario era il Comandante Supremo, ma per lui – nella sua scala di priorità - questo era irrilevante.

 

Quindi aveva messo a repentaglio la propria vita per salvare quella di Edward, non King Bradley, ma non glielo disse.

Non gliel’avrebbe mai detto.

 

Avrebbe rischiato una cazziata ancor più grossa, ripercussioni nei secoli a venire, inutili pare che il suo Fagiolino poteva risparmiarsi, per sé e per lui.

 

“Non mi hanno neanche fatto avvicinare a te!! Dannazione! Ho intrappolato il killer, e poi ho cercato di raggiungerti e quei… quei…!”

 

Cosa hai fatto?!” domandò, stupito.

 

“Prima o dopo che sono morto dallo spavento?”

 

Sussultò, impreparato. Mentre le molle della branda cigolavano, protestando, colte alla sprovvista quanto lui.

Non avrebbe mai saputo come, ma si era ritrovato Ed che gli incorniciava il viso smunto con le mani, come per obbligarlo a seguire meglio la sua ramanzina, ma questo se lo aspettava, e invece…

…invece lo stava baciando, con passione ed urgenza.

 

“Sei un imbecille, un idiota imbecille…” gli sussurrò direttamente sulle labbra, prima di riprendere le distanze.

 

Edward scese dal letto, cercando di darsi un contegno, osservandosi attorno, a disagio. Ponderò l’idea di occupare la sedia dimenticata nell’angolo, di fianco alla finestra, ma scartò subito l’ipotesi.

 

Roy giocherellò col tubo della flebo, forse più tramortito da quell’ultimo attacco del suo Fagiolino, che dalla paternale precedente, anche se una parte del suo scombussolamento era anche dovuta alla visuale parziale dell’unico occhio sano. Faticava ancora a percepire le distanze e a seguire le immagini in movimento.

 

“E Tora come se la passa?” chiese, cercando un terreno neutro - una zona franca di conversazione - per sdrammatizzare.

 

Scelta sbagliata.

 

“Sei fortunato che il sottoscritto non conosca il Felinese, altrimenti sarebbe qui a darti una strapazzata anche lui!!”

 

Mustang nascose una risata divertita con uno sbuffo di tosse.

 

Ma Fullmetal lo conosceva bene, e non ci cascò.

“Per poco io restavo vedovo e lui orfano! Ma ti rendi conto?!”

 

“Hai finito?”

 

“No! Non ho finito.” Lo contestò. “C’è ancora una cosa che devo dirti.” Tuttavia rimase qualche istante in silenzio, giusto per tenerlo sulle spine almeno un po’. Ma era di buon cuore, lui, e alla fine si arrese: “Congratulazioni, Generale di Divisione! Ho l’onore di essere il primo ad informarla che il suo gesto eroico, con sprezzo del pericolo, le ha fruttato una promozione immediata di grado.

Appena sarà guarito, signore, il Comandante Supremo in persona verrà ad insignirla della carica.”

 

“Dici davvero??” esclamò, illuminandosi tutto.

 

“Sì, ma sei uno stupido! Dannato zuccone… mica ti promuovono a Führer, sottoterra!!” 

 

“Ehi! Ma io sono ancora qui…” Lo consolò, allargando le braccia per accoglierlo.

 

Edward fece resistenza per un istante. Un istante appena.

E corse a rifugiarvisi.

 

Rimasero quieti per un tempo indefinito, mentre Roy cercava invano di accarezzare quella zazzera bionda scompigliata che tanto amava. Non ci riusciva, perché Ed se lo stringeva contro così forte da pensare quasi che volesse fondersi con lui.

 

“Non ci provare mai più. Ok? Potrei morirne per davvero.” Gli confessò in un bisbiglio, il respiro direttamente contro la pelle sensibile sotto la gola.

 

“Ehi! Hai pianto?”

 

“Un uomo non piange.” Replicò, imbronciato.

Separandosi e dandogli la schiena, brontolò una serie di cose incomprensibili e vaghe recriminazioni, giusto per ricomporsi.

 

Roy attese che l’altro distogliesse lo sguardo da lui, poi si sfiorò la cute, ma lo fece passare per un movimento casuale.

 

Non aveva pianto?

Eppure sentiva una scia umida lungo il collo.

 

“Mame-chan?”

 

“Nh?” la visione della nebbia fitta, oltre il vetro della finestra, sembrava improvvisamente interessantissima.

 

“E’ tutto ok?”

 

“Certo che è tutto ok.”

 

“Me la sono cavata con poco, no?” chiarì, in tono incerto, che nelle sue intenzioni voleva essere ridimensionante.

 

“Hai una vaga idea di quanto sei rimasto sotto ai ferri?!” ripartì alla carica. “Tanto spazio così, e addio! Puf!” mimò un vuoto inesistente tra due dita. “Sei qui perché il sicario ha sbagliato i tuoi organi vitali di un soffio. Un niente. Chiamala fortuna, e riprovaci!” lo sfidò, impostando il suo miglior tono da ritorsione. “Attenderò che tu sia completamente guarito e poi prenderò a calci il tuo brutto culo perfetto.”

 

Sorrise malizioso. “Sbaglio… o hai appena ammesso che ho un culo perfetto?!”

 

“Credo che l’anestesia abbia lesionato irreparabilmente il tuo cervello… non mi sognerei mai di dire una cosa così!”

 

“Sono mezzo cieco, non mezzo sordo!” precisò. “Sì, che l’hai detto!”

 

“No, che non l’ho detto!”

 

“Sì, che l’hai fatto!”

 

“No, che non l’ho fatto!”

 

“Sì-sì!”

 

“No-o…”

 

“Bene.” Concesse, fintamente magnanimo. “Ammettiamo che io mi sia sbagliato…” sillabò, calcando su ogni parola, per imprimere meglio il concetto. “Il mio culo resta divino, no?”

 

Edo si sbatté una mano in fronte, in segno di profonda prostrazione. “Cazzo. Ti hanno sforacchiato come un colabrodo, e tu vai a sincerarti delle condizioni del tuo fondoschiena?!”

 

Lo sguardo scandalizzato del compagno gli fece capire che - sotto sotto - era serio.

 

“Roy! Maledizione! Ma almeno ti sei visto?!” però... forse aveva scelto un verbo infelice...

 

“No? Perché?!” domandò, all’improvviso preoccupato. “Non avranno deturpato il mio meraviglioso profilo!” esclamò, scandalizzato.

 

Edo sorrise, ma con un ghigno poco rassicurante. “Niente che il tempo non cancellerà.”

 

“Ed, mi stai spaventando…”

 

Dopo la gioia dell’averlo ritrovato ancora tutto intero, Elric era passato alla stima dei danni.

 

“Penso che dovresti preoccuparti maggiormente per i buchi nel torace, ma – visto che ho l’esclusiva sul tuo corpo – non mi lamenterò.” Ammiccò, indicando la vistosa fasciatura che rivestiva generosamente il tronco e la spalla sinistra dell’uomo.

“La testa, invece, come va?”

 

“L’emicrania passerà.” Si toccò distrattamente le garze che avvolgevano il capo, sfiorando anche la benda che copriva l’occhio sinistro.

 

“Dimmi invece dell’occhio.”

 

“Non è niente, cadendo ho sbattuto contro uno spigolo. Appena la palpebra si sarà sgonfiata, mi toglieranno la benda. Ma non vogliono che si affatichi.”

 

“Questo mi fa ricordare un’altra cosa…” sibilò, rabbuiandosi minaccioso.

 

“Cosa, di preciso?”

 

“In questa clinica sono tutti un branco d’idioti! Mi stavano mandando via!” Guaì, concitato. “Mandavano via me! Capisci?!” calcò, esasperato. “Quella vecchiaccia continuava a ripetere: ‘Fuori orario di visite! Fuori orario di visite!’ Ma chi se ne frega del Fuori orario di visite! Dannati ospedali civili…”

 

“Parli come un Cane dell’Esercito!” lo prese in giro.

 

Fullmetal non gli diede corda. “Domani ti faccio trasferire in una delle nostre strutture, col cavolo che ti lascio qui!”

 

“E… con quale autorità?” insinuò, un tantino bastardamente.

 

“Con la delega che ovviamente mi firmerai!” stabilì, svelto. Poi l’Alchimista d’Acciaio boccheggiò. “E uhm… per amor di cronaca… hai davanti a te il più giovane Colonnello nella storia di Amestris…” enunciò, tentennando, imbarazzato.

 

L’altro scattò a sedere. “Ti hanno promosso?!”

 

Si sfilò l’impermeabile, mettendo in mostra i nuovi gradi: le stellette, i galloni, le mostrine.

 

“Caspita! Avanzamento direttamente sul campo! Non capita tutti i giorni.” Sorrise. “Sono orgoglioso di te.” Disse, facendogli cenno affinché gli si accostasse. “…Ma lo ero anche prima.”

 

“Non l’ho fatto per questo, lo sai.” Si sentì in dovere di chiarire il biondo, assumendo una deliziosa sfumatura impacciata. “Quando ti ho visto cadere, ho agito d’istinto; volevo impedirgli di fare qualsiasi altra cosa potesse nuocerti, volevo proteggerti e quindi l’ho affrontato.”

 

“Hai… hai… sei diventato Colonnello perché hai combattuto contro quel criminale?!”

 

...Dannazione a quel Fagiolo con le manie di protagonismo!

Ma allora... Per cosa si era sacrificato, lui?

 

“Combattuto e catturato, sì.” Precisò Edo. “Attentare alla vita del Comandante Supremo equivale a minare la stabilità del nostro Stato, quindi…”

 

“Sei stato un irresponsabile!” lo sgridò.
Ma, del resto, lui non aveva fatto altrettanto?

Scosse la testa, rassegnato. Era inutile. Perfettamente inutile. Lo sapeva.

 

“Quello era pazzo, te lo dico io.” Spiegò il Flame. “Un folle! Nessuna persona sana di mente avrebbe attaccato durante una Parata Militare di quelle proporzioni.”

 

“Poteva fare una strage. E, invece, alla fine ne è uscito un circo.”

 

“Un… circo?”

 

“Non mi interessava un avanzamento di carriera, tutt’altro. Ma Bradley ha insistito. Ha usato i nostri nomi per tirar su un bel palchetto sull’Amor di Patria, sulla Fedeltà alla Nazione, sull’Ardimento dei suoi soldati e menate simili… te le risparmio.”

 

“Ha beccato proprio il suo cucciolo più indisciplinato!”

 

Fece una smorfia. “Già.”

 

“Vorrei aver visto la faccia di Al, quando gliel’hai raccontato!”

 

“Veramente… non lo sa ancora…” distolse lo sguardo dorato, a disagio. “Tornerà da Rush Valley solo domani, e non gliel’ho detto…”

 

“Non l’hai chiamato?”

 

“Sì, che l’ho chiamato; ma ha passato un’ora e mezza al telefono a cercare di tranquillizzarmi, figurarsi se gli raccontavo anche questo!

Ero abbastanza isterico di mio, senza partire con un: ‘Sai, Roy è in fin di vita! Ma se muore lo ammazzo con le mie mani! E, ah!, mi hanno promosso!’ Ma ti pare?!”

 

“Mmm… effettivamente era poco coerente…” concordò, canzonandolo.

 

Acciaio se la prese, e mise su un broncetto delizioso. “E’ bene che io vada…”

 

“Beh, i cinque minuti sono passati da un pezzo!”

 

“Uhm… in realtà, ho lievemente intimidito la Caposala. D’altra parte, ieri mi hanno cacciato via di peso, senza che riuscissi neppure a vederti… eri nell’area riservata, quella post-operatoria…”

 

“Non sono qui da neppure ventiquattr’ore, Ed.”

 

“Diciassette, per la precisione. Le più lunghe della mia vita. Sono state infinite. Eterne.” Ammise, accantonando l’arrabbiatura. “Dicono che potrai ricevere le prime visite da domattina, quindi ripasserò.” Si riallacciò il soprabito. “Ora cerca di riposare, non ti fa bene stancarti.”

 

“Ma se abbiamo litigato fino a tre secondi fa!” lo contraddisse il moro, semidivertito.

 

Appunto. Fino a tre secondi fa! Ora riposa.”

 

“Mi mancherai, stanotte.”

 

“Tu no.” Si burlò di lui. “Farò dormire Tora con me.”

“Eeeddd!” ringhiò l’altro, con un complesso d’inferiorità mai archiviato del tutto. “Se mi lascia del pelo sul cuscino, dovrai rendermene conto!”

 

Edward rise. “Signorsì, signore!”

Si chinò a baciarlo, e poi si accomiatò.

 

 

Fine



Disclaimers: I personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.

 

Note varie: il colore del titolo richiama l’oro delle stellette e quello tipico delle medaglie nelle competizioni.

 

‘Stelle a quattro zampe’ è un programma televisivo sui cani: la trasmissione mostra divertenti esibizioni di cani campioni e le più belle razze per assegnare a quattro coppie cane-padrone (come Ed e Roy^^) diversi premi (per inciso: anche la Medaglia Agility^^). Cani di razza, campioni di bellezza e agilità e più semplici cani di casa sono i protagonisti dello speciale Stelle a quattro zampe.

 

Ma le stelle sono anche il modo di per identificare il grado di un soldato, no?

 

Le medaglie di riconoscimento è un gioco di parole tra il riconoscimento del valore di un militare, e quelle per riconoscere i cani. (Avete presente? Con nome e numero di telefono incisi, in caso di smarrimento).

 

Ricordo che, in questa raccolta, attingo agli elementi del manga e dell’anime, manipolandoli a piacimento (vedi occhietto di Roy). Alcune cose accadranno diversamente, altre proprio non capiteranno mai. E’ altresì vero che i personaggi di FMA potrebbero assumere ruoli diversi rispetto agli originali, perché questa fic è una ‘what if…?’

 

Avrete notato che Roy ha l’abbonamento per gli ospedali, con me! ^^

(Con questa è la quarta volta, e la fine della fic è ancora lontana!! *__*)

 

Vorrei chiarire che Edward si lascia sfuggire quasi subito che ha catturato il killer, ma in realtà la scenata di Roy arriva dopo, con relative riflessioni. Nella mia testa, Roy non ha afferrato davvero il concetto, quando Edo gliel’ha accennato, un po’ perché è tramortito di suo, e poi perché si è ritrovato assaltato da Ed, e quindi preso dall’immediatezza di altro. Mi sembra ragionevole.

Come del resto il fatto che Edward sia stato costretto a prestarsi alla sceneggiata della promozione, perché credo avesse in testa ben altre priorità, al momento. D’altra parte, è anche questo un sintomo della sua maturazione.

 

 

Precisazioni al capitolo precedente: mi rifiuto di illustrarvi le idee che mi sono fatta sugli accorgimenti adottati da Armstrong. E’ l’ora di pranzo (12.40) e non voglio farmi passare la fame! >.<

 

Come ha giustamente fatto notare Setsuka, il dr. Knox non è un Alchimista di Stato.

(L’avevo appuntato tra le note finali, poi nella fretta di aggiornare me ne sono scordata! ç__ç)

In realtà, pur non essendolo tecnicamente, nel mio cervellino lui rientra nella categoria. Forse perché è disprezzato come loro, forse perché (con ciò che ha fatto durante la Guerra di Ishbar) incarna più di chiunque altro l’essere un Cane dell’Esercito. E poi (ma questa è una licenza letteraria), i suoi strumenti medici sono un po’ la sua alchimia.

Avrei potuto benissimo mettere Tucker, l’Alchimista Intrecciavite, o l’Alchimista Scarlatto; ma non avrebbero reso altrettanto bene come Knox.

Tutta questa menata per dirvi che non era un errore, ma una scelta consapevole e volontaria. Scusate se ho chiarito solo ora, e grazie a Jess per avermelo ricordato.

 

Invece Tora mancava anche in capitoli precedenti. A volte è bene che l’attenzione sia rivolta solo su quei due testoni! ^__^

 

 

Bene… andiamo oltre…

 

Do il benvenuto a yayachan e a eleo_chan tra i lettori! (spero che da ora continuerete a seguirmi regolarmente ^^)

 

 

Ringrazio quanti hanno commentato la mia fic sul fandom di Twilight Sweet Fevere quelli che lo faranno.

 

 

 

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Capitolo 47
*** Another Rainy Night (Without You) ***


Il seguente scritto contiene lievi riferimenti yaoi

Il seguente scritto contiene lievi riferimenti yaoi.

Per ulteriori spiegazioni, compreso il titolo, vi rimando alla conclusione della fic, dopo la lettura.

 

 

Ed eccomi nuovamente con voi, miei cari lettori.

Qualcuno avrà letto il mio avviso, e avrà saputo del drammatico tracollo del mio pc, giovedì scorso, e della traumatica attesa, con l’incubo di aver perso tutto.

Per fortuna invece siamo ancora qui, io e lui, a tenervi compagnia. Capirete che questo ritardo non era previsto, ho scritto il cap ieri, lavorandoci quasi 10 ore, tra ricerche varie nel web e stesura.

 

Vorrei dedicarlo a Shatzy, Tao, Ed92, Setsuka e Chamaedrys,

                                                                                  per il supporto morale. Vi voglio bene, ragazze.

 

E poi a tutti gli altri, che hanno gioito del mio ritorno.

 

 

 

Another Rainy Night (Without You)

 

 

by elyxyz

 

 

 

 

 

I’m all alone.
It’s just another rainy night, without you.
Waiting by the phone. Alone.
It’s just another rainy night, without you.

 

[Queensryche, Another Rainy Night (Without You)]

 

 

 

 

 

 

Il Colonnello Mustang rincasò, imprecando sottovoce contro la sua geniale idea.

Quasi due ore addietro, aveva chiesto al Tenente Hawkeye di lasciarlo all’incrocio tra Green Avenue e Carlton Road, per farsi quattro passi in santa pace.

Riza gli aveva saggiamente fatto notare che il tempo non era dei migliori, e che di lì a poco sarebbe scesa una copiosa precipitazione (come ogni notte da quasi un mese, del resto); ma egli non aveva voluto sentir ragioni: quel mercoledì sera era tutto suo - purtroppo per lui -, e lo avrebbe gestito come meglio credeva. E se allungare di un po’ il suo ritorno alla residenza e smaltire l’inquietudine camminando poteva essere una buona soluzione, era benvoluta.

D’altra parte… ritardare un pochino non avrebbe fatto male a nessuno. Quell’ammasso di ciccia e pelo di Tora non sarebbe certo morto di fame, ne era sicuro.

 

Eppure, dopo neanche cinque minuti, da che la familiare auto nera aveva svoltato in fondo alla via, lasciandolo solo a crogiolarsi nel suo malumore, aveva sentito l’infausto ‘plin plin’ delle gocce sull’asfalto secco.

Si era rifugiato sotto ad un porticato, valutando se fosse una pioggerellina passeggera o un acquazzone fastidioso. Disgraziatamente per lui, non era né l’una né l’altro. Cadeva lieve, ma fitta fitta, ed era indecifrabile. Una di quelle piogge che potevano durare all’infinito, o cessare dopo dieci minuti.

Aveva atteso un po’, e poi s’era deciso a rintanarsi in una caffetteria; e dopo il terzo caffè sembrava quasi sul punto di smettere, invece…

Alla fine, s’era rassegnato ad una bella lavata, perché di chiamare il Quartier Generale e di farsi venire a prendere proprio non se ne parlava.

 

Si sfilò l’impermeabile zuppo, gocciolando generosamente sul tappeto in entrata. Tora gli venne incontro, ma al primo schizzo umido che colpì le vibrisse fece una veloce retromarcia, ritenendo più saggio mantenersi a distanza di sicurezza da un bagno fuori programma.

 

Maaaooo…” protestò, per una serie di buonissime ragioni: aveva fame, la ciotola era vuota, quel disgraziato del suo padrone moro lo aveva lasciato a bocca asciutta e ora pensava ad asciugarsi il proprio pelo corto anziché occuparsi di lui, che lo attendeva da ore. Quando c’era Treccialunga, questi inconvenienti non capitavano mai! La prima cosa che faceva sempre era salutarlo con una carezza e poi riempirgli le scodelle. E solo successivamente si occupava delle proprie necessità!

 

Maaaooo…” ripeté, impostando il suo miglior tono infastidito.

 

“Ho capito che hai fame, smettila!” si sentì rimproverare, mentre lo osservava scettico ammucchiare strati di abiti all’ingresso. Lo vide andare verso il bagno e gli zampettò dietro, curioso. Da quando tenevano il suo cibo lì?

 

Purtroppo per lui, venne solo aperto il getto d’acqua della vasca, quindi considerò più assennato andarsene da quel luogo pericoloso e assai spiacevole per i suoi ricordi felini.

 

Mustang s’infilò l’accappatoio sulle membra intirizzite, credeva seriamente che l’umidità fosse penetrata fin nel midollo, o ci mancava poco.

E poi si diresse, scalzo, in cucina, dove il micio tigrato lo attendeva, muovendo la coda spazientito. Lo aveva capito da come sferzava l’aria: avanti e indietro, avanti e indietro. E lo fissava malevolo.

 

Perfetto!, ci mancava solo un gatto incavolato con lui, adesso!

 

“Senti… mi dispiace, ok?” si rammaricò, aprendo l’anta del frigo e agguantando la bottiglia del latte. Tora non mosse un pelo. “Ti sto chiedendo scusa, ok?! Vedi di fartela passare!” sbottò irritato.

 

Maaoo…”

 

“Ecco, appunto!” afferrò i croccantini, versandone una generosa porzione. “E poi devo ancora cenare anch’io, sai?”

 

La bestiola saltò giù elegantemente dal ripiano e trotterellò verso il suo agognato pasto.

 

“Buon appetito!” gli augurò, sarcastico.

 

Il gatto si leccò i baffi. “Miao.”

 

Roy sbuffò, addentando i resti di un sandwich avanzato il giorno addietro. Uscendo dall’ufficio, aveva preventivato di acquistare dal negozio all’angolo qualcosa di veloce e già pronto da portar via, ma la pioggia aveva scombinato tutti i suoi piani.

Ingoiando le briciole, si avviò in bagno, prima che l’acqua tracimasse.

 

Cercò di rimanervi il meno possibile, perché non voleva darsi modo di pensare troppo.

Tuttavia, la camminata aveva consumato solo le sue energie fisiche, non quelle mentali.

 

Sorrise triste. Persino in ufficio si era dimostrato stranamente solerte e laborioso. Certo, ma solo dopo aver regolarmente alzato lo sguardo dalle scartoffie, ad intervalli cronometrati di 40 minuti, per fulminare un telefono che non squillava, che non portava notizie - che non portava sue notizie -, crogiolandosi in un’attesa sterile e logorante. Aveva deciso di reagire, per ingannare l’attesa; e proprio per questo aveva letto e firmato una quantità incalcolabile di arretrati, mettendosi praticamente in pari. Cosa inaudita, a dir poco. Il suo Primo Tenente non credeva ai propri occhi, davanti a quell’improvviso stato di grazia in cui erano intercorsi.

Fury si era persino preoccupato, credendo che stesse male. Perché… non era da lui lavorare così tanto, senza scantinare, e per più giorni consecutivi, gli avevano detto i suoi sottoposti.

 

La verità era solo una, semplice e chiara.

Voleva impedirsi di pensare ad un certo Fagiolino di sua conoscenza, o sarebbe semplicemente impazzito.

 

Fullmetal era partito per svolgere una missione top secret per conto del Generale Hakuro. Ed era tutto ciò che sapeva.

Pur essendo un suo superiore, purtroppo il Flame Alchemist non conosceva alcun particolare dell’ingaggio, ma era ormai ovvio che sarebbe stata una cosa che andava per le lunghe.

 

Il buonsenso popolare amava ripetere ‘Nessuna nuova, buona nuova’. Forse perché le disgrazie volano veloci di bocca in bocca, si sa.

E non ricevere chiamate significava sicuramente che tutto stava andando come previsto, liscio come l’olio. Eppure… eppure quell’idiota reazionario era sempre stato allergico a seguire i regolamenti, perché cazzo si era messo a fare l’osservante scrupoloso proprio adesso?!

Che gli costava fargli sapere che era ancora vivo e vegeto?

 

Da quando Acciaio era finito sotto al suo comando, il Colonnello aveva fatto di tutto affinché quella testa calda evitasse di cacciarsi nei guai, ma erano i guai – a quanto sembrava – a cercare lui.

Per questo valutava sempre scrupolosamente quali incarichi affidargli: compiti veloci, possibilmente non pericolosi. Era da un pezzo che non si assentava per quasi due settimane.

Però non poteva disubbidire ad un ordine diretto del Generale Hakuro, a cui serviva uno State Alchemist per un lavoro particolare e aveva scelto Fullmetal, senza neppure consultarlo.

D’altra parte, essendo un Cane dell’Esercito, Mustang sapeva bene che ingoiare rospi faceva parte del gioco. Ma lui c’era abituato, l’aveva messo in conto quando aveva deciso di compiere la sua scalata verso i vertici del Potere di Amestris… ma la cosa era assai differente, se non era riferita a se stesso… se invece riguardava il giovane Elric.

Non poteva certo tenerlo sotto una campana di vetro, questo no. Parte considerevole del loro accordo prevedeva scambi di informazioni, viaggi e studi alla ricerca della Pietra Filosofale. Edward era diventato un Cane per quello; Roy non se lo scordava. Non avrebbe mai potuto.

Ma allo stesso modo non poteva impedirsi di preoccuparsi per lui. Non solo perché era un suo sottoposto, e per il Taisa ogni uomo della sua truppa era come un familiare, ma perché amava il suo Mame-chan, lo amava di nascosto, incommensurabilmente. Un amore impossibile e univoco. Un amore che, lo sapeva bene, prima o poi gli avrebbe fatto sbattere il naso contro una dolorosa realtà. Eppure lui continuava, con la caparbietà e la testardaggine che gli erano proprie, e viveva in attesa di piccoli attimi condivisi, viveva per un suo sorriso tutto per sé, per un gesto di gratitudine rivolto a lui.

 

Ad un estraneo, avrebbe detto che, semplicemente, lui odiava la monotonia.

Ed Edward Elric era quella mina vagante che gli permetteva di movimentare le sue giornate senza annoiarsi mai.

Un legume indigesto che gli complicava la vita.

 

In parte era vero, ma non era tutto lì.

Perché quello che sentiva dentro non si poteva raccontare a parole, e non perché fosse qualcosa di troppo privato e prezioso, ma unicamente perché non ne sarebbe mai stato capace. Nessuna parola avrebbe mai avuto quell’intensità, che percepiva crescere interiormente.

 

Ma a volte, in momenti come quello, si sentiva anche infinitamente patetico.

In nome di quell’amore impossibile aveva cambiato le proprie abitudini, aveva arginato i propri vizi. Temprava il suo spirito, mortificava gli istinti.

 

Un tempo… un tempo che a lui parve una vita precedente – ma era davvero così? – avrebbe saputo più che bene come riempire le proprie serate. Non si sarebbe ritrovato a cenare con un panino avanzato o a badare ad un gatto lunatico, o ad attendere una telefonata di un Fagiolo indisponente, che non sarebbe mai giunta. Avrebbe cenato in qualche lussuoso locale, in compagnia di qualche procace signorina conosciuta per caso… un incontro galante e poi a godere tra le lenzuola, ancora e ancora, fino a crollare, piacevolmente esausti.

 

E adesso?

Cos’era rimasto del celebre rubacuori, invidiato da tutta la popolazione maschile e adorato dalla sua controparte femminile?

 

Si diede dell’idiota, aprendo il getto freddo per lavar via tentennamenti e rimpianti.

 

Uscì dal bagno, asciugandosi in fretta e infilando il suo comodo pigiama. Arrivato in salotto, trovò Tora appollaiato a destra dei suoi abiti smessi e fradici, il muso puntato verso il legno della porta.

 

“Mi spiace, vecchio mio. Ma non verrà neppure stasera.” Lo avvisò, facendogli una carezza e raccattando i vestiti appallottolati, con l’intenzione di portarli nel cesto della biancheria sporca.

 

Quando ritornò in sala, il micio si stava stiracchiando sopra al divano, e s’immobilizzò, osservandolo attento.

 

Roy afferrò un calice dalla vetrina e prese il pregiato vino da meditazione che aveva aperto la sera precedente. Sospirò, sedendosi accanto al suo coinquilino, col bicchiere in mano.

Il micio gli si stese addosso, strofinando il muso contro di lui.

 

Il sorriso che fece sapeva di amaro.

“Manca anche a te, eh?”

 

Miaoooo…”

 

“Quando lui non c’è, abbiamo troppo silenzio in questa casa. Confessò, osservando il focolare spento. I resti dei ciocchi bruciati e la cenere. Niente vivaci fiamme calde, niente sorrisi felici.

Se ci fosse stato Edward, invece, si sarebbe preso la briga di accenderlo per lui, di sentire la legna crepitare allegra, l’odore buono di resina aleggiare nell’aria. Così, quando sarebbe arrivato, infreddolito, si sarebbe accucciato lì davanti, a riscaldarsi, a leggere o a chiacchierare insieme.

Avrebbe goduto della sua contentezza, della sua infantile voglia di giocare con gli alari.

 

Sospirò, appoggiando sul tavolino il bicchiere ancora intonso e afferrando con gentilezza il gatto, per coccolarlo. Fu presto ricompensato da un deliziato ‘ron ron’, che lo mise di buonumore, almeno per un po’.

Quando gli grattò il pancino, le fusa crebbero d’intensità.

 

“Non sono bravo quanto Ed, ma me la cavo, no?” gli chiese, compiaciuto.

 

La leccata ruvida che ricevette sulla sua pelle gli sembrò una risposta affermativa, una discreta dimostrazione di gratitudine.

 

“Si è fatto tardi. Che ne dici di andare a dormire, mh?” propose, sollevando la bestiola all’altezza del suo naso.

 

Meeeoooowww.”

 

“Oh, suvvia! Non fare i capricci! Io domani devo andare al lavoro!” chiarì ragionevole, trasportandolo nella cesta.

 

Tora si sedette sull’imbottitura, ma invece di acciambellarsi come faceva di solito rimase lì, a scrutare le mosse del suo padrone.

 

Roy fece finta di niente, e si premurò di controllare che tutto fosse spento e chiuso, prima di andare a letto. Soprattutto il lucernario e le finestre, perché fuori pioveva ancora, e avrebbe continuato – con buona probabilità – per tutta la notte.

Quando uscì dal bagno, il micio tigrato sostava davanti alla sua camera. Non era entrato, certo, ma sembrava non attendere altro che un invito a farlo, o un permesso, quantomeno.

 

Mustang ponderò per qualche istante la situazione. Non era così accomodante come Edward, che soccombeva inesorabilmente di fronte a qualsiasi capriccio del loro gatto.

Ci teneva alle regole, lui.

E Tora aveva dormito sul suo letto solo in rare ed eccezionali occasioni ben delimitate. Ragion per cui…

 

“Di là, hai una bellissima e comodissima cesta che ti aspetta, vecchio mio. Esordì, in tono da paternale. Poi inspirò ed espirò lentamente. “Vieni. Ma non ti ci abituare!” lo avvertì, offrendogli la possibilità di varcare la soglia. E l’altro non se lo fece ripetere due volte, zampettando lesto verso il tappeto e saltando baldanzoso sulle coperte, in direzione dei cuscini.

 

“Ci terrei a precisare che – tra noi due – sono io, quello coinvolto sentimentalmente con Edo, non tu! Che ti manchi posso capirlo, visto e considerato che ti vizia in modo vergognoso, e – beninteso! – non aspettarti lo stesso trattamento da me! Tuttavia… lo ammetto: anche io faccio fatica a riposare bene… ad un tratto, questo letto mi sembra improvvisamente enorme… cazzo, sarà pure un Fagiolo piccolo, ma hai presente quanto spazio si prende? A volte credo lo faccia apposta per farmi un dispetto…” sfilò da sotto le lenzuola il cuscino dell’ospite, perché Tora non ci perdesse il pelo sopra, e un lungo filo dorato  si staccò dalla federa. Lo raccolse tra le dita.

 

“Non riesco più a dormire. Mi rende dipendente da lui, e poi se ne va. Confessò, stringendo il capello e guardando il micio con un’espressione affranta.

 

Meeooww!”

 

“Diamine!, Come sono caduto in basso… Forse sto impazzendo, sto conversando con un gatto!!” si diede dell’idiota, spegnendo la luce e infilandosi sotto le coperte.

 

“Buonanotte, Tora…”

 

Il pelo soffice incontrò la sua mano destra, mentre il peso della bestia gli scaldava il fianco, oltrepassando le coltri.

 

Sbadigliò, cercando di svuotare la mente.

Forse era stata una buona idea, quella di far dormire il gatto con lui. Forse si sarebbe sentito meno solo. Forse sarebbe addirittura riuscito a dormire una notte intera, si augurò.

E mentre stava varcando il confine col mondo dei sogni, il telefono squillò.

 

Erano le undici passate, che fosse successo qualcosa di grave?

A... Ed? Ed?! ED?!

Delle mille ipotesi più improbabili, Ed. Il suo unico timore era rivolto a lui. Ed.

Perché cazzo era andato in missione? Ed. Perché cazzo non gliel’aveva impedito? Ed.

Al diavolo anche l’ordine diretto di Hakuro! Ed.

 

Col cuore in gola, corse ad accendere la luce in salotto e a rispondere. Ed.

Il percorso dalla camera alla sala gli parve infinito, per poco non inciampò, rovinando a terra. Ed.

 

Era così agitato che mancò la cornetta per due volte, prima di riuscire ad afferrarla. Ed.

 

Pro-pronto?” balbettò, la voce roca dall’ansia e da qualcos’altro che non voleva neppure prendere in considerazione.

 

Taisa?”

 

“Ed?”

 

“Sì.”

 

“E’ successo qualcosa? Ed, stai bene?!” lo aggredì a parole.

 

Taisa, si calmi! Sto bene, sì.” Lo tranquillizzò. “Non volevo spaventarla.”

 

“Razza d’idiota!, mi chiami nel cuore della notte, dopo quasi due settimane che non ho più notizie e come vuoi che mi senta! Ho il diritto di spaventarmi!” urlò, artigliando il ricevitore fin quasi a romperlo.

 

“Io… mi dispiace, non ho pensato di controllare l’ora…” si scusò, mortificato. “Ho camminato per quattro ore, per raggiungere il primo telefono disponibile, non credevo fosse così tardi...

 

“Ma sei sicuro di stare bene?!” richiese, apprensivo. Cercò quindi di impostare un tono burbero. “E cosa volevi dirmi di così urgente?”

 

“Ho concluso la missione con successo, ma mi ci vorranno almeno due giorni per ritornare a East;

lo riferisca al Generale, per favore.”

 

“D’accordo.”

 

“Lì, da voi… è tutto ok?” chiese, titubante.

 

“I ragazzi stanno benissimo.”

 

N-no… mi riferivo a lei e a Tora…” precisò, con un velo d’imbarazzo.

 

Roy sorrise. “Stiamo benone, davvero.” Lo rassicurò.

 

“Me lo passa?”

 

“Aspetta...” allungò il ricevitore verso il muso del micio che era seduto sul tappeto ai suoi piedi, incuriosito. Evidentemente lo aveva seguito dalla camera. “Chiamalo!”

 

La voce allegra di Edo uscì un po’ distorta dalla cornetta; il Colonnello rise a fior di labbra, quando il gatto si allungò per annusarla con circospezione, attirato però dal suono. Leccò la plastica con un paio di lappate veloci.

E, per un istante, Mustang ebbe l’impressione che stesse facendo le fusa al telefono.

 

“Credo ti stia salutando, di sicuro è contento di sentirti. Lo avvertì, interpretando i suoi gesti.

 

“Lo sta curando come si deve, vero?” s’interessò, accorato.

 

“Lo sto trattando con i guanti!” esclamò, convinto.

 

Una risata argentina, dall’altro capo del filo. Dio, quanto gli era mancata!

Coi guanti?! Basta che non gli dia fuoco!” scherzò.

 

“Cercherò…” rispose, stando al gioco. “’Notte, Acciaio.”

 

“Buonanotte anche a lei, Taisa.”

 

E finalmente lo sarebbe stata.

 

 

Fine



Disclaimers: I personaggi e la canzone citati e in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.

‘Another Rainy Night (Without You)’ è dei Queensryche.

Io non la conoscevo, ma il testo era perfetto e ieri ho reperito anche la canzone che si sposa alla perfezione col capitolo. Se potete, ascoltatela.

Vi riporto il testo integrale e la traduzione (irreperibile nel web) gentilmente offerta da tre sante donne che mi sopportano. (Di nuovo, grazie!) (_ _)

 

 

Queensryche - Another Rainy Night (Without You)

 

Don't slam the door, on your way out.    

Non sbattere la porta, quando vai via.
Don't leave without saying goodbye.     

Non andartene senza dire addio.
Another long distance night alone,         

Un’altra notte da solo lontani,
You leave me wanting, always leave me wanting more. 

Mi lasci volere, mi lasci volere sempre di più.
Last word today, coming home to stay?   

L’ultima parola oggi, torni a casa per restare?
Wouldn't that be nice, for a while?          

Non sarebbe bello, una volta tanto?



But now my take-out food is growing cold,

Ma adesso il mio cibo da portar via sta diventando freddo,

And the candle's burned a hole in the floor. 

E la candela ha bruciato un buco nel pavimento.

And I'm still waiting for the ring of the phone.

E sto ancora aspettando lo squillo del telefono.



I'm all alone.    

Sono tutto solo.
And it's another rainy night, without you.

Ed è un’altra notte di pioggia, senza di te.
Guess I'll leave a light on for you. 

Penso che lascerò una luce per te.
It's just another rainy night, without you.

E’ solo un’altra notte piovosa, senza di te.


Listen, there's a foghorn blowing. 

Ascolta, c’è una sirena da nebbia che sta suonando.
From the coast tonight.

Dalla costa stanotte.
Remember making love in the rain?

Ricordi quando facevamo l’amore nella pioggia?
Strange how laughter looks like crying with no sound.

Strano come una risata assomigli al pianto senza alcun suono.
Raindrops taste like tears, without the pain.

Gocce di pioggia sanno di lacrime, senza il dolore.

I'm not much without you, can't leave if I wanted to.

Non valgo molto senza di te, non posso andarmene se non voglio.

 

 

Maybe that's why you stay around.

Forse è per questo che sei (qui) intorno.


But tonight I'll sit here tending the fire. 

Ma stanotte mi siederò qui a badare al fuoco.
And pace the floor one hundred times in an hour.

Facendo avanti e indietro sul pavimento cento di volte in un’ora.
And check the voice-mail for a message you've called.

E controllerò la segreteria per un messaggio (che mostri) che hai chiamato.


I'm all alone.

Sono tutto solo.
It's just another rainy night, without you.

E’ solo un’altra notte di pioggia senza di te.
Waiting by the phone. Alone.

Aspettando al telefono. Da solo.
It's just another rainy night, without you.

E’ solo un’altra notte piovosa, senza di te.
Guess I'll leave a light on for you.

Penso che lascerò una luce accesa per te.


I know I've said it before. 

So che l’ho detto prima.
Hate the sound of the closing door.

Odio il suono della porta che si chiude.
And your footsteps walking away.

E dei tuoi passi che si allontanano.


But now my take-out food is growing cold,

Ma adesso il mio cibo da portare a casa si sta raffreddando,

And the candle's burned a hole in the floor.

E la candela ha bruciato il pavimento facendo un buco.

And I'm still waiting for the ring of the phone.

E sto ancora aspettando lo squillo del telefono.

 


I'm all alone. 

Sono tutto solo.
It's just another rainy night, without you.

E’ solo un’altra notte di pioggia, senza di te.
Waiting by the phone. Alone.

Aspettando al telefono. Solo.
And it's another rainy night, without you.

Ed è un’altra notte piovosa, senza di te.
Guess I'll leave a light on for you.

Penso che lascerò una luce accesa per te.


It's just another rainy night, another rainy night,

E’ solo un’altra notte di pioggia, un’altra notte di pioggia.
Another rainy night without you.

Un’altra notte di pioggia senza di te.

 

 

Bellissima, non trovate? *__*

 

 

Note varie: beh... il titolo è già stato sviscerato a sufficienza, questo capitolo s’incastra un tempo imprecisato dopo la Grande Nevicata.
L
a scena di Tora al telefono con Edo-kun è tratta da un fatto realmente accaduto.

La frase “Non riesco più a dormire. Mi rende dipendente da lui, e poi se ne va. Non mi appartiene, è presa dal telefilm Grey’s Anatomy, detta da Christina Young, riferita al suo uomo.

 

 

Precisazioni al capitolo precedente: Ely abbraccia la politica NO-Spoiler. Tutto ciò che posso dirvi è che, in tre recensioni, avete azzeccato il contenuto di tre futuri capitoli già scritti, ma che arriveranno col tempo. ^^

 

Roy non vuole e non può dire a Ed che si è sacrificato per lui. Nella mia testa c’è più di una ragione: ve l’immaginate le sue scenate centuplicate? Del tipo:Io mi so arrangiare da solo, idiota! Pensa alla tua, di pelle, che alla mia mi arrangio io’ ecc…

Senza contare l’aggressione avvenuta nel cap. 8, di cui Shatzy ha fatto menzione nel suo commento:

“Prima di tutto, a suo tempo Ed era rimasto quasi traumatizzato, si era preso colpe che non aveva e via dicendo, mentre almeno adesso non sa la verità (forse è per questo che Roy non glielo dice? Memore di ricordi passati?)”

Sì, noi sappiamo che il Fagiolino tende a sobbarcarsi sensi di colpa a iosa, anche quando non dovrebbe. Se sapesse che il suo uomo ha rischiato di morire per lui… non la finirebbe più di farsi pare inutili. Roy ha fatto bene a tacere.

Comunque c’è da dire che il suo stratagemma è più sottile, perché si limita a non dargli spiegazioni, a non correggerlo quando Ed lo assale, arrabbiato per aver salvato Bradley.

Non è bugia, è verità omessa! ^__=

 

Altre spiegazioni: Ed rimarrà così, con gli auto-mail. In realtà ha i guanti, visto che è in divisa. Per questo ho sorvolato sui particolari tipo il freddo al contatto con il viso, o lo scricchiolio della protesi.

Al, invece… Beh, lo scoprirete presto! ^^

 

No, Hokori, no. Roy NON perderà occhi in questa raccolta. Ma può sempre perdere qualcos’altro! Hi hi hi *__*

Non è nelle mie intenzioni mandare Edward all’ospedale… ma non escludo ispirazioni future.

Ma poi finisce che voi vi preoccupate troppo!

In realtà, sono stata buona. Cioè… la scena, in sé era seria e drammatica, ma avrei potuto renderla ben peggio, con Roy descritto più seriamente di quel che è nella realtà.

Se mi ci metto, potrei renderla ben più tragica di così… Rukawa e anche i lettori di vecchia data sanno bene cosa intendo dire… *_*

 

 X Yumi: I capitoli saranno 100, se ce la farò. >.< ( e se mi sosterrete fino ad allora! ^^)

 

 

Do il benvenuto a Panssj e a Beautiful_disaster tra i lettori! E ringrazio di cuore Sary per il suo full-immersion di commenti, che mi hanno fatta commuovere. Grazie!!

 

 

 

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Farai felice milioni di scrittori.

(Chiunque voglia aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio crede)


Come sempre, sono graditi commenti, consigli e critiche.


Grazie (_ _)

elyxyz

 

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Capitolo 48
*** Black Rain – Pioggia Sporca ***


Il seguente scritto contiene lievi riferimenti yaoi

Il seguente scritto contiene lievi riferimenti yaoi.

 

Questo capitolo è direttamente collegato al cap 46,Stelle a quattro zampe e medaglie di riconoscimento’, si colloca cronologicamente una decina di giorni dopo di esso.

 

Per ulteriori spiegazioni, compreso il titolo, vi rimando alla conclusione della fic, dopo la lettura.

 

 

Dedicato a chi ha recensito i precedenti capitoli della raccolta.

E a quanti commenteranno.

Alle 88 persone che hanno inserito It’s raining tra le loro fic preferite,

 e altre 88 che hanno messo me, tra gli autori preferiti.

Ai vecchi e ai nuovi lettori.

Grazie.

 

 

Black Rain Pioggia Sporca

 

by elyxyz

 

 

 

 

Pioveva da ormai una settimana, su East, e la fitta pioggia insistente tamburellava ritmica sul tetto della Caserma.

Come da prassi, le sentinelle all’ingresso compirono il cambio della guardia, attuando con ligia precisione il medesimo rituale di qualche ora addietro.

Sembrava un giorno come tanti altri, dentro al Quartier Generale. Ma in fondo non lo era.

 

Nell’ufficio del neopromosso Generale di Divisione Mustang, tutta la truppa era riunita attorno a loro, per festeggiare la promozione del Flame Alchemist e quella di Edward a Colonnello. C’erano proprio tutti: il Tenente Hawkeye, Havoc, Falman, Armstrong, Fury… purtroppo Maes non aveva potuto presenziare, perché in quei giorni i Servizi Segreti Investigativi erano in fermento, a causa di recenti sviluppi, e a Central City nessuno poteva permettersi una licenza. Ma Roy s’era premurato di mandargli un telegramma urgente, il giorno addietro, per tenerlo al corrente dei fatti.

 

Mentre Breda si prodigava affinché i calici fossero pieni e il cibo pronto, il telefono trillò.

 

Sovrastando il chiacchiericcio, Jean rispose al quinto squillo. Ma era davvero impossibile per lui capire chiaramente cosa gli stava dicendo il suo interlocutore, all’altro capo del filo.

 

“Signore!, E’ per lei!” gridò, superando il cicaleccio nella stanza. Non ne era molto sicuro, ma per chi altri doveva essere quella chiamata, se non per Mustang, visto che erano nel suo ufficio?

 

Il festeggiato interruppe i convenevoli, per ricevere la cornetta.

 

“…Roy?” proferì, incerta, una voce femminile.

 

Glacier? Ma che bello! Hai saputo della novità?!” chiese, allargando un sorriso festoso. “Ma passami quel fannullone di tuo marito!”

 

“…Oh, Roy…”

 

“Ehi!, Ma che succede?” domandò, stavolta allarmato dal tono affranto di lei. La sentì singhiozzare piano.

 

“Roy…”

 

Glacier!, Mi sto preoccupando! Che diamine è succe…”

 

Maes… un agguato… l’hanno trovato ferito, svenuto in una cabina… Roy, devi venire al più presto, non so se…”

 

I ragazzi nell’ufficio lo videro sbiancare e un silenzio di tomba calò greve su tutti.

 

“Di’ a quell’idiota che non osi fare scherzi!” lo sentirono gridare, arrabbiato e concitato. “Mi sono spiegato?! Diglielo, Glacier, o io… io… Arrivo, sarò lì al più presto, te lo giuro. Ripose il ricevitore, scrutando smarrito i militari di fronte e lui, che attendevano rispettosamente di essere informati dell’accaduto. Ma non ebbe il tempo di quella gentilezza. Corse a prendersi il cappotto, e tutta la sua attenzione fu per Edward.

 

Maes è ferito. E’ grave. Io parto. Ti affido le pratiche più urgenti, mi raccoman…”

 

“Col cazzo che ti lascio andare così! Io vengo con te!” lo contraddisse Ed, cercando a sua volta il soprabito della divisa. “Adesso tu corri in stazione, e se c’è un treno in partenza, beh… prendilo.

Io passo per casa, infilo un cambio di vestiti in valigia e ti raggiungo appena ci riesco.

 

Mustang si limitò a guardarlo, senza replicare.

 

Edward-san…” s’intromise il Tenente Hawkeye, scrutandoli alternativamente. “E’ meglio che partiate insieme. Mi prendo personalmente l’onere di farvi pervenire il necessario e di curare Tora in vostra assenza. Suggerì, ragionevole e precisa come sempre.

 

I due uomini non trovarono nulla da obiettare e, mentre Jean era già sparito per reperire un’auto che li accompagnasse in stazione, se ne uscirono, scuri in volto e preoccupati, con la promessa di tener tutti aggiornati, quando avessero valutato di persona la situazione.

 

Giunsero alla RES - Railway East Station - appena in tempo, e salirono di corsa sul treno che si stava mettendo in moto in quel momento.

                                                                     

Quando furono finalmente soli, dentro allo scompartimento del Rapido diretto a Central City, i nervi di Roy cedettero ed egli s’accasciò su se stesso, le mani a coprire il volto, le spalle che tremavano per l’agitazione.

 

Edward gli si sedette affianco, passandogli un braccio attorno alle spalle.

“Vedrai che andrà tutto bene…” tentò di consolarlo, tuttavia conscio che forse stava mentendo.

 

“Certo che andrà bene.” Sussurrò il moro, “Deve andare bene!” alzò il tono di scatto, facendo sussultare l’altro per la sorpresa. I loro occhi s’incontrarono, e quelli d’ossidiana erano lucidi. “Quell’imbecille non può morire così! Non glielo permetterò! Deve mantenere la sua promessa, dannazione!”

 

Edo non sapeva di che promessa stesse parlando, tuttavia annuì solenne. “Sono sicuro che la manterrà. Maes-san è un uomo di parola, e poi non abbandonerà mai la sua famiglia...

 

“Ed… tu lo sai… tu sai cosa lui significhi per me…” deglutì a fatica, la gola secca che gli bruciava. Cercò di schiarirsi la voce, di darsi un contegno. Tuttavia non ci riuscì. “E se lui… ma se lui…”

 

La mano sinistra di Edward si allungò a coprire le sue, strette in grembo in una morsa che poteva procurargli dolore. Le sciolse con delicatezza, intrecciando le proprie dita a quelle del compagno. Le fedi tintinnarono, nel silenzio che regnava.

 

E se lo spirito gioioso della festa di poco prima si era dissolto, come se non fosse mai esistito, lo spettro di un Roy disteso a terra in un lago di sangue aleggiò su di loro, crudele e prepotente. Vivido nella sua raccapricciante, atroce fatalità.

Non se lo dissero, ma entrambi lo pensarono.

 

Solo qualche settimana addietro, sarebbe potuto accadere il contrario.

Un Maes Hughes che correva a prendere un treno per East, per assistere il suo migliore amico – il fratello – che aveva compiuto un gesto che avrebbe potuto rivelarglisi fatale.

La buona stella di Roy aveva brillato… ma ora?

Se la Fortuna avesse voltato le spalle a Maes?

 

Ed era tremendo, per loro. Per loro, più che per chiunque altro. Uomini di Scienza, che non potevano essere artefici del proprio destino. Che si dovevano affidare a…

 

Edward…”

 

Nh?”

 

“Ti amo.”

 

A quel sussurro, il giovane Elric boccheggiò, frastornato. “Ma Roy, io lo so! Non ti preoccupare, non occorre che… no-non è il momento, io…”

 

“Voglio che tu lo sappia.” La voce arrochita dalla disperazione trattenuta. “…Che tu lo sappia, qualunque cosa accada. Hai capito?” Cercò una conferma. “Hai capito?!

 

“Roy, ti prego, basta! Io lo so; lo so, stanne certo. Tu mi ami, e io ti amo. E’ una certezza indissolubile. Non lo metto neppure in discussione!” Lo vide annuire, lievemente rincuorato. “E se mi capitasse qualcosa, non fare stronzate, Ed. Intesi?”

 

“Ma che stronzate vuoi che…!”

 

“INTESI?!”

 

“Tu, però… La prossima volta, lascia che Bradley si prenda le pallottole che gli spettano, ok?” scherzò, per sdrammatizzare la tensione. Eppure lo vide irrigidirsi, spaventato. “Senti… lasciamo perdere, vuoi? Ora cerca di calmarti… e, qualunque cosa sia, la affronteremo insieme, io e te. Mh?” Lo sentì sospirare, tremulo. E se lo fece bastare.

 

Per un istante si lasciarono sopraffare dal cullare della carrozza che dondolava correndo veloce sulle rotaie, la pioggia che batteva con invadenza contro il vetro unto del finestrino, rigandolo con umidi rivoli sporchi, sporchi di fango, cenere e polvere.

 

Mustang sollevò il capo, orientando lo sguardo verso la pianura che scorreva oltre l’oblò. Ma era impossibile anche solo scorgerla. La sera stava lasciando posto alle tenebre, la luce fioca dentro al vagone rifletteva la sua immagine, l’espressione assorta e affranta, in mezzo a quel lerciume gocciolante. Per uno strano scherzo del destino, sembrava quasi che i rigagnoli sudici d’acqua fossero lacrime, le sue lacrime.

Edward rafforzò la stretta, il contatto tra loro, ma non ebbe cuore di controllare.

 

 

Fine



Disclaimers: I personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.

 

Note varie: il titolo è un omaggio all’omonimo film:Black Rain - Pioggia sporca’.

Black Rain è un film del 1989 diretto da Ridley Scott, con Michael Douglas, Andy Garcia, Ken Takakura, Kate Capshaw e Yūsaku Matsuda.

La storia è centrata su due poliziotti di New York City che, dopo aver catturato un membro della Yakuza, devono scortarlo in Giappone. Una volta arrivati, il prigioniero riesce a dileguarsi, e i due ufficiali, per recuperarlo, devono immergersi sempre più profondamente nel misterioso mondo della malavita locale. Black Rain fu nominato per due premi Oscar, per il miglior sonoro e il miglior montaggio sonoro.

(Tutte le informazioni sono prese da Wikipedia, l’Enciclopedia Libera)

Non riporterò la trama completa, ma – leggendola - vi accorgereste degli inevitabili i richiami alla puntata in cui Maes scopre troppe cose ed è per questo eliminato, in quanto personaggio scomodo.

Ricordo la politica NO-Spoiler, e come ho detto anche nello scorso capitolo, in questa fic - essendo una ‘what if…’ - le cose capitano, ma nei tempi e nelle modalità che deciderò io. Non date niente per scontato.

 

Non so voi, ma io – mentre scrivevo il capitolo – arrivata al punto in cui Roy ricorda a Ed che lo ama, qualsiasi cosa possa accadere, e gli fa promettere di non far stronzare, mi sono vista sfilare davanti le scene della loro separazione, dell’episodio n°48, ‘Addio’. In quest’ottica, assume tutto un altro significato… visto e considerato cosa era disposto a rinunciare Roy, per vendicare Maes.

Precisazioni al capitolo precedente: sì, mi sono immaginata Tora al telefono come se fosse un bimbo piccolo. E i suoi pensieri mi stanno piacendo sempre più, mi sa che lo userò più spesso, eh?

La felicità momentanea di Riza sull’improvviso fervore di Roy ha preoccupato un po’ tutti, è meglio che torni il solito Taisa scansafatiche, mh? XD

 

 

Do il benvenuto a Betta90 tra i lettori! (spero che da ora continuerà a seguirmi regolarmente ^^)

E ringrazio LadyKokatorimon, per aver commentato. (Meglio tardi che mai!) ^___^

 

 

Ringrazio quanti hanno commentato la mia prima fic sul fandom di Saiyuki.

Il drabble:L’egoismo del Sole e quelli che lo faranno.

 

 

 

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Come sempre, sono graditi commenti, consigli e critiche.


Grazie (_ _)

elyxyz

 

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Capitolo 49
*** Cane amoroso, sempre velenoso ***


Il seguente scritto contiene lievi riferimenti yaoi

Il seguente scritto contiene lievi riferimenti yaoi.

Per ulteriori spiegazioni, compreso il titolo, vi rimando alla conclusione della fic, dopo la lettura.

 

 

Ho aggiornato dopo soli 4 giorni, visto che brava?? ^__=

 

Dedicato a chi ha recensito i precedenti capitoli della raccolta.

E a quanti commenteranno.

Ai vecchi e ai nuovi lettori.

Grazie.

 

 

Cane amoroso, sempre velenoso

 

by elyxyz

 

 

 

 

Edward scese dall’auto, raccogliendo le buste della spesa.

Attese che Roy parcheggiasse e lo raggiungesse, prima di annuire in direzione del portone d’entrata, sbirciando attraverso i fori della buca delle lettere.

 

“Potresti controllare la cassetta della posta?” domandò al compagno, sollevando le borse col chiaro intento di dimostrare la propria impossibilità.

 

“Agli ordini, signore!” scherzò l’altro, sfilando un paio di volantini e bollette.

 

Salirono in casa, salutando un Tora affamato che li accolse in modo particolarmente festoso.

“Temo che un giorno o l’altro, se non mi sbrigo a riempirgli la ciotola, mi mangerà l’auto-mail!” rise Ed, posando in entrata le sporte e chinandosi a salutarlo, mentre questo gli si strusciava addosso con insistenza, miagolando famelico.

 

“Tutta colpa tua, che lo vizi spudoratamente!” lo rimproverò Mustang, con aria saputa. “Dovresti rimetterlo a dieta…”

 

“Un’altra volta?!” sbottò, sconcertato. “No, dico: ma hai presente che disgrazia è stata il primo tentativo?”

 

“Quando si tratta di quest’ammasso di pulci e pelo,” lo additò “hai il cuore troppo tenero, tu.

E se invece riguarda il sottoscritto, chissà perché, diventi irremovibile e irreprensibile nelle tue decisioni!” piagnucolò, nella vana speranza di farlo sentire in colpa.

 

Edward sorrise. “Sei vecchio abbastanza per difenderti da solo, tu.” Lo canzonò, calcando sull’ultima parola, come aveva fatto il suo uomo poco prima.

 

“Ehi! Chi sarebbe abbastanza vecchio?!” fu la protesta, e un comico broncio risentito. “Ti faccio vedere io, piccola pulce…”

 

“No, Mustang. Non attacca. Non mi freghi più!” lo stroncò Edo, dimostrando una calma invidiabile. Una calma fin troppo sospetta.

 

A volte, Roy rimpiangeva un po’ le scenate del suo Fagiolino a proposito della sua altezza… opsbassezza.

Erano un po’ sfinenti, sì; visto e considerato che arrivavano quando meno te lo aspettavi: se Mame-chan si sentiva chiamato in causa - e quindi si riteneva offeso, anche per cose che non lo riguardavano minimamente -, partiva con una sequela di strepiti e tiritere infinite e incomprensibili.

Ma era così divertente farlo arrabbiare di proposito, ogni tanto!

Non che questa sua assennatezza – unita ai centimetri giusti che Ed aveva finalmente raggiunto – gli dispiacesse, però… era un modo tutto loro di prendersi in giro, che era rimasto nel tempo.

Sì, senza dubbio si rammaricava che Edward non fosse più così suscettibile.

 

“Mentre io do da mangiare al gatto, riponi le provviste?” si sentì chiedere.

 

“Devo metter via anche i fagioli?” insinuò, con voluta innocenza.

 

Royyy…”

Acciaio impugnò l’apriscatole, e comparve dal corridoio brandendolo a mo’ di arma. “Non tirare troppo la corda!” lo avvisò.

 

Ok, ok!” sollevò i palmi delle mani in alto. “Mi arrendo!”

 

Dopo aver messo a posto la spesa, raccolse la posta dimenticata sulla mensola in entrata e si accoccolò sulla sedia, in cucina, mentre Ed metteva l’acqua a bollire per la cena.

 

“Bolletta. Bolletta. Pubblicità inutile. Altra bolletta.” Le smistò, ammonticchiandole sul ripiano. Di colpo si fece zitto.

 

Edward si girò per controllare che ci fosse ancora, ravvisato l’improvviso silenzio, e lo vide tutto intento a scrutare, con odio, una comunissima busta bianca.

Sul retro della carta intestata, si riusciva a scorgere il mittente fin da lì.

 

Officina Rockbell

Vendita e Riparazione di Auto-mail

Evergreen Road, 1

Resembool

- Amestris -

 

“Toh, è arrivata una lettera dalla tua amichetta. Masticò, come se fosse stato un boccone amaro.

 

Edo gli voltò le spalle con la scusa di voler salare l’acqua e sorrise tra sé, compatendolo per la sua gelosia.

Quindi si ripulì le mani sul grembiule e allungò le dita per farsela consegnare.

 

La riluttanza del suo compagno era palese, ma un po’ poteva capirlo. Solo che c’era ancora quel pezzettino di ‘piccola pulce’ e ‘fagioli da riporre’ che gli vorticava in testa. E lui era magnanimo, sì. Ma solo fino ad un certo punto.

 

“Dammela, Roy!” lo sollecitò, perdendo la pazienza.

 

“E se la bruciamo?” propose speranzoso l’altro, mimando uno schiocco di dita.

 

“E’ la mia corrispondenza!”

 

“Quel che è mio… è tuo, e quel che è tuo… è mio. Filosofò il moro, anche se aveva odore di ricatto morale.

 

“La mia corrispondenza privata è solo mia. Ringhiò in risposta, scandendo bene il concetto.

Ecco che Mustang ripartiva con la sua maledetta gelosia!

Sapeva di non avergli mai dato modo di dubitare della sua lealtà, perché cazzo non la smetteva e basta?!

Beh, l’aveva voluto lui!

 

“La. Mia. Lettera.” Sillabò, promettendo rappresaglia.

E quando infine la ottenne, decise che era l’occasione buona per un po’ di sana vendetta.

Roy faceva il geloso? E allora... che avesse almeno un valido motivo per esserlo!

 

“Il massimo che posso fare è condividere con te quanto c’è scritto, a patto che tu non mi interrompa. Non attese risposta, mentre strappava la busta e dispiegava la carta.

“Edo, carissimo” finse di leggerla ad alta voce, impostando un tono ingenuo. “Non è da molto che ci siamo scritti, ma a me sembra già un’eternità. Mi manchi, Ed.” Fece una pausa ad effetto, valutando le reazioni del suo interlocutore.

 

Mustang ribolliva come un vulcano pronto all’eruzione.

 

Ghignò interiormente, prima di proseguire. “Le giornate trascorrono lente, si sente che non ci sei tu a movimentarle un po’. Così mi dedico alla creazione di nuovi impianti; non vedo l’ora di fartene provare uno in particolare. L’ho ideato appositamente per te, con tutto il mio affetto!

Sai, Edo? Sarebbe anche saggio fare un check-up approfondito ai tuoi auto-mail. Devi trattarli con più cura e fare regolarmente la manutenzione. Solo che non la fai mai! E così mi preoccupo per te!

Che ne diresti di prenderti qualche giorno di ferie e di venirci a trovare? Ci farebbe piacere se arrivassi, magari con Al…” sollevò gli occhi dorati, posandoli sull’uomo che, in quel mentre, guardava fuori dalla finestra. Di primo acchito, si sarebbe detto che il Flame Alchemist fosse semplicemente disinteressato a quella lettura, che la sua curiosità fosse rivolta altrove. Ma il ritmico sfregare tra pollice e indice testimoniava l’esatto contrario. Questo non fece che accrescere la soddisfazione di Edward. “Se quell’Idiota con cui vivi” riprese, fingendo di non riuscire a interpretare una parola “sì, ha scritto proprio Idiota” precisò, come se parlasse da solo “se non ti tratta bene, puoi sempre piantarlo in asso e tornartene a Resembool. La tua camera sarà sempre qui a disposizione per te. E io con lei.” Altra pausa ad effetto. “Un bacio, con affetto.”

Un basso ringhio proveniva dalla sedia dove stava l’Alchimista di Fuoco, ma egli non vi badò.

“PS. L’Idiota, di cui sopra, fa ancora sempre il geloso con te? Ma non ha ancora capito, il fesso, che così è anche peggio?! Magari è tutto un pretesto per nascondere il fatto che in realtà è lui che ti tradi-

 

“E COSI’ SAREI IO A TRADIRTI??!!” urlò, alzandosi in piedi e, nella foga del gesto, la sedia si rovesciò all’indietro, spaventando Tora che sgattaiolò fuori dalla stanza.

 

“Oh, suvvia…” minimizzò il biondo. “E’ solo una lettera innocente…”

 

“Innocente, un cazzo! E’ fortunata che al momento non sia qui, altrimenti…”

 

“Altrimenti?” l’incalzò, sollevando un sopracciglio con fare provocatorio. “Se non ricordo male, tu non picchi le donne…”

 

“Non ci provare, Ed. Non adesso!” sibilò, smettendo di trattenere l’ira.

 

Edward boccheggiò. Forse aveva calcato un pochino la mano… forse aveva esagerato.

 

“Roy… risiediti.” Lo invitò, annuendo all’indirizzo della tavola.

 

“Scusa, ma mi è passata la fame.” Era già sulla soglia per andarsene da lì.

 

“Roy, per favore, siediti.” Ripeté, insistendo con gentile fermezza. “E guarda.” Gli stampò davanti al naso la lettera incriminata, additando la firma in basso. Zia Pinako.

 

“Ma che… che diamine c’entra lei…?”

 

“Sei davvero un idiota.” Gli disse, ma il tono sapeva di affetto. “Se la tua assurda gelosia non ti rendesse così cieco, e particolarmente ottuso,” rincarò “avresti capito da un pezzo che stavo inventando tutto di sana pianta!”

 

“Ma, ehm…”

 

Ed raccolse i fogli, osservando distrattamente la grafia spigolosa e un paio di macchie d’olio ai margini. Probabilmente era stata scritta sopra al bancone da lavoro, in officina. 

“Questa lettera è di zia Pinako, e viene da Resembool! Winry si trova a Rush Valley da almeno sei mesi! Te lo sei forse scordato?!

 

“Sì, beh, ma…”

 

“E comunque lei non si sarebbe mai neppure sognata di scrivere una cosa del genere! Ti sei davvero rincitrullito!”

 

“Potresti smettere di offendermi e di infierire?”

 

“Te la sei andata a cercare! Tu, e la tua gelosia del cavolo! Come potrei mai tradirti con lei?!

Io e Win-chan ci conosciamo da quando siamo nati; abbiamo condiviso la stessa culla, lo stesso biberon, facevamo addirittura il bagnetto assieme!”

 

Questo non mi aiuta…” ringhiò, stizzito.

 

“Però aiuta me.” Chiarì. “Winry è una persona a cui voglio bene, a cui vorrò sempre bene. Che ti piaccia o no. Fattene una ragione…”

 

“E’ un tuo diritto.” Ammise, riluttante.

 

“Aspetta. Lasciami finire. Per lei nutro dell’affetto, è vero. Ma quello che sento per te è qualcosa di completamente diverso, non li puoi neppure paragonare. Hai capito?”

 

“Se mi dici una cosa del genere, mi fai sentire ancora più idiota. Confessò, contrito.

 

Le labbra di Edward si distesero in un sorriso pieno d’amore. “Ma è perché lo sei.”

 

“Lo sono… io sono cosa?”

 

“Un idiota. Un idiota integrale.” Infierì, sorridendo soddisfatto.

 

“Ehi, pulce! Non cominciare a…” si zittì di botto, rammentando. “Tu mi volevi punire per la battuta sull’altezza!” lo accusò, fingendosi arrabbiato.

 

“Per quella, per il tuo umorismo da fagioli, e anche per la tua diffidenza nei miei confronti…” precisò, contando sulle dita dell’auto-mail, che scricchiolarono a quel movimento. “Per inciso: mi sa che dovrò davvero fare la manutenzione con urgenza, stasera; o resterò bloccato, un giorno di questi, e poi chi la sente quella pazza fanatica?!

 

La smorfia depravata, che Mustang fece, non presagiva nulla di buono. “Da questo tuo simpatico scherzetto, Mame-chan, ho imparato almeno una cosa…” preannunciò. “Da oggi ti olierò personalmente le protesi cinque volte al dì - meglio abbondare -, visto che, una ingrassatura al giorno, toglie Winry di torno!”

 

 

Fine



Disclaimers: I personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.

 

Note varie: il titolo è un proverbio popolare, non credo serva spiegarlo, no? ^^

E ho scelto il giallo, perché il giallo è tradizionalmente il colore della gelosia.

 

In questo capitolo, ritorna prepotentemente il rapporto burrascoso tra Roy e Win che, tra l’altro, qui è solo vittima inconsapevole…

Io continuo a credere che Roy sarebbe disposto a tutto, nel caso si senta minacciato. E che non la consideri una donna, ma solo una rivale. Avremo modo ancora di vederli interagire in futuro.

 

 

Precisazioni al capitolo precedente: Mi dispiace per quelli che credevano di trovare in questo capitolo il seguito del precedente. Per conoscere le sorti di Maes e dei nostri eroi, dovrete attendere il cap 52, come da scaletta programmata. Sorry. ^^

 

Comunque, no. Non era un pesce d’aprile. ^^
Stavo giusto attendendo che qualcuno andasse a spulciare le note vecchie in cerca della mia affermazione. E Chamaedrys l’ha fatto. Ho detto che Maes non morirà in una cabina sporca e puzzolente, da solo. Ma, rispondendo anche a Nemesi 06, che voleva un chiarimento… io avevo precisato solo che non accadeva nella cabina ^^’’. Benché non è detto che Maes muoia, e che – se deve morire – non succeda in altre circostanze diverse sia dal manga che dall’anime. La mia fic ha preso una piega diversa, quindi Homunculus, Scar, Alphonse e anche tutti gli altri avranno evoluzioni diverse, attingendo agli eventi del manga o dell’anime, a seconda dei casi, oppure stravolgendo tutto e mettendoci del mio.

 

Vorrei spendere due parole sugli intrecci di legame tra i personaggi dell’Arakawa, perché mi ha dato da riflettere...

Il migliore amico di Roy, Maes, muore per mano di Envy, Homunculus creato dal padre di Edward, Hoho. (Noi sappiamo che non è il fratello di Ed, ma fa comunque impressione avere un ‘creatore genetico’ in comune, no?)

Roy ha ucciso i genitori di Winry, che è la migliore amica di Edward.

Che presupposti ci sono per un rapporto RoyEd?

 

 

 

Un Buon Compleanno a Fosuke, che oggi raggiunge un traguardo importante! Tanti Auguri, caro!

 

Do il benvenuto a Patricia Dalrymple tra i lettori! (spero che da ora continuerà a seguirmi regolarmente ^^)

E ringrazio Faust, che ha ripreso a commentare dagli esordi! ^_____^

 

 

Ringrazio quanti hanno commentato la mia prima Havoc x Riza.

La Flash-fic:Amore Disperato e quelli che lo faranno.

 

 

 

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elyxyz

 

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Capitolo 50
*** Cane ‘stecchito’ e Gatto ‘a stecchetto’ ***


Il seguente scritto contiene lievi riferimenti yaoi

Il seguente scritto contiene lievi riferimenti yaoi.

Per ulteriori spiegazioni, compreso il titolo, vi rimando alla conclusione della fic, dopo la lettura.

 

 

Ho aggiornato in ritardo, perché sabato la mia Sister si è laureata, e in questi giorni non ho avuto materialmente il tempo di sistemare il capitolo, visto che l’ho cambiato del tutto.

In origine, avevo pensato di postare un cap ad alto impatto emotivo, semi-angst, ma lo terrò per più avanti.

Non mi sembrava di buongusto festeggiare il 50° capitolo con quell’argomento.

Ebbene sì, perché siam giunti ai 50. Ai 50. 50!!!!

Credo sia la terza volta che annuncio l’arrivo a metà della saga, ma stavolta credo che la discesa cominci per davvero, ammesso che io riesca ad arrivare ai 100 capitoli ipotizzati.

 

Vorrei dedicarlo a ciascuno di voi, (stavo meditando di citarvi uno ad uno, ma allora avrei aggiornato tra 15 giorni, è meglio soprassedere, no?)

Sappiate comunque che qualsiasi mia parola non renderà giustizia alla mia gratitudine, per tutti i commenti, gli incitamenti, le critiche costruttive. Non avete idea di quante volte io vada ad accarezzare le recensioni di It’s. Soprattutto quando mi sembra di essere ad un punto morto, o di girare intorno con mere ripetizioni.

Abbraccio, in particolare, chi ha fatto questa strada con me dagli esordi. Sono quasi 11 mesi, di settimana in settimana.

Grazie. Dal cuore.

 

E alla mia Sis, perché le voglio bene, anche se – ogni tanto (spesso) - avrei voglia di strozzarla.

 

 

Cane stecchito e Gatto a stecchetto

 

 

by elyxyz

 

 

 

 

Quando Mustang sentì bussare alla porta di casa, sfilò stancamente gli occhiali da lettura e si diresse all’uscio, aprendolo.

Si ritrovò davanti un Edward Elric alquanto fradicio, e neppure tanto felice di trovarsi lì.

Wellit’s raining cats and dogs… qual buon vento ti porta qui?”

 

“Non faccia tanto lo spiritoso!” lo redarguì il più basso, starnutendogli addosso.

 

Roy sollevò un sopracciglio in segno di palese, ironica contrarietà, e lo invitò ad entrare.

 

“Mio fratello le aveva promesso che saremmo venuti a giocare col gattino…” e puntò lo sguardo sul divano, dove ronfava il felino, che di ‘–ino’ conservava ben poco, oltre al nome. Sei chili e mezzo erano una stazza più che riguardevole, s’era detto Mustang, nutrendolo con amore, col cibo che costringeva a farsi portare a domicilio regolarmente da Ed.

 

“E perché lui non c’è?” s’interessò, poiché era difficile non notare l’assenza dell’ingombrante armatura.

 

“Piove…” disse il biondo. Come se questo spiegasse tutto.

 

“Toh! Non me n’ero accorto!” replicò l’altro, sarcastico, sgranando gli occhi in direzione dei piedi dell’ospite, dove si andava a formare una piccola pozza dai rigagnoli colati dall’impermeabile.

 

“Fosse stato per me, col cavolo che venivo…” precisò Edward, acido.

 

“E come mai, di grazia, mi onori della tua solare presenza?!” lo canzonò, divertito.

In realtà era davvero contento che fosse lì. Contento di quell’insperata fortuna.

S’era quasi scordato, a dire il vero, di quel loro impegno fuori programma, preso un paio di giorni addietro. E, con quel tempo da lupi, nessuna persona sana di mente avrebbe fatto visite di cortesia attraversando mezza città sotto al diluvio.

Oh, beh... nessuno. Tranne Edward Elric, evidentemente.

 

“Sono venuto perché Al era molto dispiaciuto di mancare alla parola data… lo sa anche lei che soffre di quell’insano senso dell’onore, che lo porta ad adempiere a tutte le sue promesse, altrimenti poi si fa venire i sensi di colpa lunghi come da qui a Resembool, e…” sospirò, trattenendosi “non è il caso.” Concluse, diplomatico.

 

Roy era convinto che stesse per terminare con ben altri intercalari, ma poi il suo dovere fraterno l’aveva contenuto.

Doveva riconoscere che Alphonse Elric era un buon forgiatore di tempra sul fratello maggiore.

Un tipetto così irascibile come Ed, si trasformava in mansueta pecorella, ed eseguiva a menadito ogni più piccolo desiderio del fratellino…

 

Sorrise amaro, a quel pensiero.

Aveva smesso da tempo di sentirsi geloso di quel loro rapporto così simbiotico e speciale.

Adesso lo era, e basta.

Gelosia.

Si rigirava quella parola in bocca, come una ciliegia acerba.

Geloso.

Solo che non poteva andare in giro a sventolarlo ai quattro venti.

Quindi se lo teneva per sé e mandava giù i suoi bei rospi.

 

“Me lo dà almeno un asciugamano?”

 

Sbuffando, si diresse in bagno a raccattare quanto richiesto e glielo lanciò addosso, giusto per non sembrare troppo cortese.

“Ti serve altro, Mame-chan?”

 

“Ehi! Ma come osa dare a me della pulce microscopica! Io non sono un essere unicellulare invisibile ad occhio nu-

 

Ma il Colonnello era scomparso in cucina, incurante della sfuriata.

“Un the?” offrì, amabile, al ritorno.

 

Sgrunt!” grugnì Edward, atterrando pesantemente – di proposito – sul sofà.

 

Tora ruzzolò giù a terra, per il grosso contraccolpo. “Meeeooowwww!!” protestò, mentre Ed si chinava, scusandosi con lui per i modi sgarbati, e Roy rideva di gusto, per quella scena.

 

“Avanti, salta su!” lo invitò il biondo, battendo l’auto-mail sulla stoffa del divano, come chiaro invito. “Micio-micio…” ma la bestia tigrata si limitava a scrutarlo malevolo da sotto in su.

 

Meeooww!!”

 

Mustang si accomodò al suo fianco, per gustarsi meglio l’azione clamorosa.

 

“Credo si sia offeso.” Constatò Fullmetal, grattandosi pensoso la testa.

 

“Credo sia troppo grasso per risalire.” Lo confutò il moro, sghignazzando.

 

“Ma non è vero! E’ solo un giovane gatto sano!”

 

“E’ obeso…”

 

“Ha solo tanto pelo!”

 

“Sì, e Armstrong si fa le treccine la sera…”

 

Taisa!”

 

“Suvvia, Acciaio. Concorderai con me che Tora abbia raggiunto davvero un peso spropositato!”

 

Mmmm.” Fu la massima concessione.

 

“In pochi mesi è lievitato. Non fa movimento, sempre rinchiuso tra queste quattro mura… e poi tu lo vizi con un sacco di schifezze!”

 

“Oh, adesso sarebbe colpa mia?!” sbottò, arrabbiandosi.

 

Anche.” Infierì. “Ma non solo. Avrei dovuto accorgermi prima che adesso gli serve la rincorsa per saltare sulla tavola. Che miagola troppo spesso per farsi prendere in braccio, e poi che si getta dalla credenza alla mobilia, in orizzontale, ma non più dal basso verso l’alto. E non è solo pigrizia. E’ troppo grasso.”

 

“E… cosa propone?”

 

“Mi sembra ovvio! Lo mettiamo a dieta.”

 

Nh. E se non fosse una buona idea?”

 

“E’ certamente una buona idea.” Lo contraddisse. “Domattina chiamo il veterinario e mi faccio spiegare un regime alimentare ipocalorico. E tu provvederai ad acquistarlo e quindi a somministrarlo.

 

“Ma perché io?!

 

“Perché fa parte dei tuoi compiti!”

 

“Ma così Tora odierà me!”

 

“Beh… lui già odia me, almeno saremo pari…”

 

“Però non è giusto!”

 

“Sì che lo è! Si chiama ‘Scambio Equivalente’, hai presente?” lo canzonò, fingendosi semiserio.

 

Edo fece un’espressione oltraggiata. “Taisa, la detesto!”

 

“Oh, suvvia! Per così poco?!” sminuì. “Goditi la tua massa di ciccia e pelo, finché puoi!” lo derise, riacciuffando la sua copia del Central Times per tenersi aggiornato sulle novità della giornata. “Ah!, hai visto dove sono finiti i miei occhiali?”

 

Edward, che con una mano aveva già riagguantato Tora e se lo teneva in grembo, infilò l’altra dietro la schiena. “Sono forse questi?” domandò innocentemente con un sorriso sadico, allungandogli una forma contorta di montatura e lenti irrimediabilmente rovinate.

Ops!, non me n’ero accorto!” finse contrizione. “Credo di essermici seduto sopra…”

 

L’occhiata furibonda del suo superiore non lo intimorì per nulla.

“Ad ogni modo non si preoccupi, Taisa! Non deve fingere un’aria da intellettuale, con me!” lo rassicurò falsamente. “Anzi, sa che le dico? Che gli occhiali non le donano affatto, la fanno sembrare più vecchio!” affermò con certezza, benché non avesse mai visto il Flame Alchemist indossarli, dato che in ufficio si guardava bene dal portarli.

In realtà, ma ammettendolo solo con se stesso, Roy dava pienamente ragione a quel Fagiolo indisponente, ma non gliel’avrebbe mai detto, ne andava del suo onore!

 

“Io non sembro vecchio!” si difese, piccato.

 

“Oh, sì, come no?! E io non sembro bass- uhm… giovane.” Si corresse alla svelta, con aria da sapientone, compatendolo neanche tanto velatamente.

 

“Guarda che non attacca!” lo avvertì, sorseggiando il the con finta superiorità.

 

Edward lo imitò, riscoprendo il buonumore. “Lei si è offeso!” lo pungolò, sorridendo.

 

“No, che non mi sono offeso…” precisò, affondando il naso nella tazza.

 

“Sì, invece!” insistette, agguantando un biscotto sul vassoio davanti a loro.

 

“Ti dico di no, ed è no!”

 

Uhmmm… le sue fiamme lo sanno? Che è cieco come una talpa, intendo.” Infierì.

 

“Io ci vedo benissimo, Fullmetal! Sono solo occhiali da riposo!”

 

“Ha per caso imbrogliato all’ultimo controllo medico?!” insinuò il giovane Elric, lanciandosi in bocca l’ennesimo dolcetto. “No, perché sa… gradirei sapere che se rischio di finire bruciacchiato per errore, casomai sbagliasse bersaglio…” lo prese in giro.

 

Lo sguardo dell’Alchimista di Fuoco s’accese di sadica ritorsione.

“Non ti preoccupare, Acciaio. Il giorno in cui vorrò mangiare fagioli arrostiti, prenderò bene la mira!” lo avvertì, soddisfatto.

 

Tora intanto cercava invano di rubare a Ed almeno qualche briciola caduta tra loro, contorcendosi comicamente.

 

Edo allungò al micio mezzo biscotto, mosso a compassione.

 

“No, la dieta inizia da adesso.” Lo bloccò il moro. “Quelle cose sono veleno per lui.”

 

“Stava cercando di uccidermi?”

 

Mustang si sbatté una mano in fronte, comicamente esasperato.

“Se anche ti dicessi di no, non mi crederesti! Quindi pensala come vuoi…”

 

“Ne mangi uno anche lei, così sarò certo che siano commestibili. Suggerì ragionevolmente.

 

“Stai scherzando, vero?” domandò, scettico, il Colonnello. E tuttavia addentò un frollino, sotto lo sguardo attento dell’altro.

 

Edward sorrise. “Uhm… no, perché… beh, non sono niente male, per essere avvelenati. Ammise, lasciando Tora a bocca asciutta e acchiappando anche l’ultimo della confezione. “Tenga!, non si sa mai…” e spezzò il dolcetto in due, porgendone metà all’uomo, prima di divorare la propria parte. “No, proprio niente male…”

                             

 

Fine



Disclaimers: I personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.

 

Note varie: il titolo si riferisce alpossibile’ avvelenamento di Ed coi biscotti, e alla dieta di Tora. (Mettere a stecchetto significa lasciare qualcuno con pochi mezzi, e in particolare con poco cibo).

E ho ripreso i colori del primo capitolo. Mi sembrava carino farlo.

Ed ecco spiegato come mai in precedenza avevo accennato ad unTora messo a dieta’. ^^

Invece, per quanto riguarda Roy… io me lo immagino dannatamente sexy con gli occhiali! *ç* Ho un paio di immy sue che amo rimirare, non so che farci, ho un debole per gli occhialuti intellettuali genialoidi… >////<

 

 

Precisazioni al capitolo precedente: Leggere l’idea di Beat mi ha davvero divertita! ^___^ Purtroppo, però, non posso sopprimere Winry che, in futuro, avrà ancora un ruolo importante, con buona pace del nostro povero Roy.

Sul consiglio di rimandare Mustang in ospedale… me lo sono appuntato, sarà una volta in più, oltre a quelle che avevo già previsto dovessero accadere. ^__=

 

D’altra parte, mi rendo conto che ho delineato spesso, in questa raccolta, Roy Mustang come un principe azzurro, premuroso, servizievole, innamorato fino alla nausea del suo fagiolino. Ogni tanto, è bene ricordarci che è solo un uomo, con pregi e difetti. E la sua gelosia è uno di questi.

 

 

 

Do il benvenuto a neki niku_dango tra i lettori! (spero che da ora continuerà a seguirmi regolarmente ^^)

 

Do il bentornato ad _ALE2_, mi siete mancate, ragazze!

 

 

 

EDIT: Ho appena postato la fic Gocce di Memoria sul fandom di Twilight, per chi fosse interessato. E un grazie a chi commenterà! ^*^

 

 

 

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Come sempre, sono graditi commenti, consigli e critiche.


Grazie (_ _)

elyxyz

 

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Capitolo 51
*** Dog Therapy ***


Il seguente scritto contiene lievi riferimenti yaoi

Il seguente scritto contiene lievi riferimenti yaoi.

 

Questo capitolo nasce su precisa richiesta di Hokori, che a gennaio mi chiese: “Vedremo mai un capitolo che tratta del periodo tra ‘Kiss the rain’ e ‘M.I.A.O.’, ovvero i primi tempi di loro due insieme?”

In realtà, come precisai anche a lei a suo tempo, ci sono diversi capitoli che io immagino siano incastrati in questo lasso cronologico, ma – poiché stanno bene anche altrove – non l’avevo mai specificato. Talvolta, trovo difficoltoso datare certi caps.
Nella mia testa, alcuni avvengono appena dopo la dichiarazione, ma magari il lettore li immagina più avanti.

Ad ogni modo, qualche giorno dopo il nostro scambio, ho buttato giù la trama di ciò che state per leggere, ma lo posto solo ora, e il perché lo capirete alla fine.

 

Questo capitolo, quindi, è ambientato un paio di giorni dopo il cap 12Kiss the rain’, quando Roy si è dichiarato a Edo-kun.

 

 

Per ulteriori spiegazioni, compreso il titolo, vi rimando alla conclusione della fic, dopo la lettura.

 

 

Dedicato a Hokori, in primis.

A chi ha recensito i precedenti capitoli della raccolta.

E a quanti commenteranno.

Ai vecchi e ai nuovi lettori.

Grazie.

 

 

Dog Therapy

 

by elyxyz

 

 

 

 

Edward varcò il portone di Casa Mustang, per la prima volta titubante.

Da che si erano chiariti, un paio di giorni addietro, era la prima volta che tornava lì.

E adesso era tutto più… avrebbe voluto dire bello, ma l’unica cosa che gli veniva in mente era complicato.

Nella confusione, s’era pure scordato le chiavi di scorta, quindi dovette per forza suonare.

Dopo qualche minuto - parecchi a dire il vero, ma lui non se ne accorse tanto era agitato -, Roy gli aprì la porta. Aveva solo un piccolo asciugamano allacciato ai fianchi e tracce di shampoo tra i capelli e gocciolava sul pavimento. Era evidente che avesse interrotto il bagno e che fosse uscito per aprirgli.

Ed lo fissò, arrossendo impacciato.

 

“Buonasera!” lo salutò questi, sfoderando uno di quei suoi ghigni poco raccomandabili.

 

“’sera.” Masticò lui, impalato sullo zerbino, incapace di staccargli gli occhi di dosso.

 

“Hai intenzione di rimanere lì tutto il tempo?” ironizzò, appoggiandosi lascivamente allo stipite della porta.

 

S-sì, cioè NO!” si corresse in fretta il giovane Elric, mentre sentiva il viso raggiungere la tonalità del suo abituale cappotto scarlatto.

Po-posso passare?”

 

L’uomo si fece da parte, appiattendosi contro il legno, senza tuttavia avere l’intenzione di spostarsi da lì.

E per Edward, per quanto piccolo fosse, fu inevitabile entrare in contatto con lui.

 

Il sorriso sulle labbra di Mustang s’allargò ancor di più.

“Vieni a fare la doccia con me?” gli chiese.

 

E lui avvampò, boccheggiando.

 

“Scherzavo, Mame-chan!” rise.

 

“IO NON SONO-”

 

“Vado a sistemarmi.” Lo informò, ignorando gli strepiti, e si avviò in corridoio, ma parve ripensarci; ritornò sui propri passi, si chinò verso il viso di Edo. “Me lo dai almeno un bacetto?”

 

Edward deglutì a fatica. Senza sapere bene se e cosa fare.

Aveva due possibilità. O fare una scenata – una di quelle che spaccavano i timpani e di solito facevano fuggire lo sventurato di turno; oppure prendere l’iniziativa, afferrare il toro per le corna (il cavallo per le briglie?) e non rimanere lì a subire le provocazioni di Mustang.

Esisteva in realtà una terza strada. La più semplice. Aspettare.

 

E Roy non attese una replica – con buona probabilità, sarebbe finito con l’impronta dell’auto-mail sullo zigomo – e si piegò ad incorniciare il volto di Acciaio con le mani. Fu solo un lieve sfiorarsi di labbra.

Prima ancora che Edo avesse modo di capire, era già scomparso verso la camera da letto.

 

Tora gli miagolò contro, infastidito dal fatto che non gli avesse ancora dedicato né un saluto né una carezza.

Ed si accucciò sui talloni, abbracciando la bestiola, e portandola con sé sul divano.

Atterrato sui cuscini, la tensione si sciolse come d’incanto, restituendogli il pieno delle facoltà.

Maledetto Taisa! Ma come si era permesso?!

 

“Hai già cenato?” si sentì chiedere, ritrovandosi l’Alchimista di Fuoco alle spalle. Trasalì, impreparato.

 

“Ehi! Non volevo spaventarti! Diamine, rilassati!” gli ordinò, sconcertato.

 

“Non mi sono spaventato!” si difese prontamente, arroventandosi di vergogna. “E’ che non pensavo ci mettessi così poco…”

 

Già. Troppo preso a maledirlo, non si era accorto che l’acqua aveva smesso di scorrere da un po’, e che quindi Roy aveva concluso ciò che il suo arrivo aveva interrotto, e si era cambiato. Al momento, indossava una delle sue tute da casa, un abbigliamento comodo e informale.

 

“Fame?” ripeté il padrone di casa, che ancora non aveva ricevuto risposta al suo quesito.

 

“No. Ho già mangiato. E tu? Vuoi che ti prepari qualcosa?!” s’alzò di scatto, sollecito più che mai. Senza neppure aspettare una risposta, stava già andando in cucina, ma il Colonnello lo bloccò, prendendolo per un polso.

 

“Ti potresti risedere?” gli chiese, gentilmente.

 

“Sto benone anche qui.” Mentì.

 

Se tu non devi mangiare, e neppure io, non serve che tu debba cucinare.” Chiarì, pratico.

 

Vero. Si sentiva sciocco a restarsene lì, impalato davanti a lui. Ma aveva sperato che una fuga dignitosa in cucina gli avrebbe dato modo di riordinare le idee, visto che il tempo era stato tiranno con lui, prima.

Esalando un sospiro degno di un condannato a morte, si riaccasciò sul sofà, premurandosi di interporre quanta più distanza possibile tra i loro due corpi.

Mustang ebbe il buongusto di non commentare e Tora fu lesto a riappropriarsi del suo grembo, pronto alla sua dose di coccole che gli spettavano di diritto.

 

“Dovremmo parlare, io e te.” Esordì l’uomo seriamente.

 

“Parlare? E di che?!” squittì quasi, mentre sentiva il nervosismo montare come l’alta marea.

 

“Di cosa?” Roy gli fece il verso, sollevando le sopracciglia stranito. “Del tempo atmosferico?” propose. “Della valuta corrente rapportata a quella di Drachma? Di te, di me, di noi?”

 

No-noi?” esalò, deglutendo a fatica.

 

“Io e te, sì. Hai presente?” lo canzonò, per alleggerire l’atmosfera.

 

“Dobbiamo… proprio?” s’interessò, circospetto.

 

“Tu non vuoi?”

 

“No, beh… è che…” temporeggiò.

 

“Ma guardati! Sei più teso delle corde di Betsy!” si burlò, pungolandolo.

 

Edward scattò d’istinto, offeso, e anche arrabbiato con se stesso e con lui.

“Non osare prendermi in giro!” lo avvertì. “Questa… questa situazione è tutta un casino!, lasciami il tempo di abituarmici!” si sfogò, stringendo Tora con fin troppa foga e questo protestò, lamentoso. Edward non vi badò. “Tu che esordisci con quella proposta di dubbio gusto, poi! Ma per chi mi hai preso?!

 

“Guarda che non ti mangio!” lo rassicurò. “I fagioli stufati non mi piacciono neppure!” scherzò, per sdrammatizzare. “Beh… Tranquillizzati. Passeremo la serata come facciamo di solito.

 

“Litigando? Insultandoci?” ipotizzò, ironico, riprendendo il controllo di sé.

 

“No. A leggere.

 

“Oh!, affare fatto!” gioì Fullmetal, cambiando umore come le bandiere al vento.

 

Il Colonnello si passò stancamente una mano tra i capelli ancora umidi.

Fantastico!, quella sì che era una maniera esemplare di iniziare una relazione!

 

Sbuffò, mentre lo adocchiava allungarsi verso il basso tavolino e afferrare il tomo lasciato in sospeso qualche sera addietro, sorridendo come un bambino felice, per la prima volta in quella serata.

 

Tutto a suo tempo, si disse. Tutto. A. Suo. Tempo.

Maccheccazzo, però!

 

Si risollevò dal divano, con l’intenzione di farsi almeno due passi.

“Qualcosa da bere?” propose al compagno, che già si era immerso nella lettura, tenendo in bilico il libro con una mano e con l’altra grattava il pancino a Tora, che faceva le fusa.

 

“No, grazie. Sto bene così.” Rifiutò il biondo, senza neppure sollevare il naso dalla carta stampata.

 

Eh, no! Per la miseria! Questo era davvero troppo!

 

Si lasciò cadere sui cuscini, sbuffando in modo plateale.

 

“Ma non stavi andando in cucina?” domandò Ed, con tono distaccato.

 

“Ho cambiato idea!” sbottò, infastidito.

 

“Ah, bene.”

 

“No, che non va bene!” scoppiò, seccato.

 

“E ora… quale sarebbe il tuo problema?”

 

Il suo problema?

Il suo problema?!

Il suo problema era alto un metro e uno sputo e si divertiva a complicargli la vita torturandolo sentimentalmente con sadico piacere, ecco qual era il suo problema!

 

Fece un paio di respiri profondi per riacquisire compostezza.

“Potremmo… fare un tentativo? Raggiungere un accordo?” suggerì, accomodante.

 

Gli allungò una mano senza pensarci; ma si sentì ferito, quando Edo si ritrasse di scatto.

 

“Che… che genere di accordo?” chiese, tentennante.

 

“Tu coccoli Tora, e io coccolo te.” E solo quando l’ebbe espressa, realizzò quanto stupida fosse una proposta così.

 

“Tipo le scimmie che si spulciano a vicenda?” lo schernì Elric, scettico. Non capiva se stesse scherzando, se fosse serio o se si stesse prendendo gioco di lui.

 

“Sì, tipo.” Annuì.

 

“Si può fare.” Concesse, sdraiandosi sul divano, trascinandosi dietro il gatto e il libro.

 

Mustang non ebbe neppure il tempo di realizzare la risposta, che la treccia bionda era finita sulle sue ginocchia, il micio sulla pancia di Ed e il volume di Alchimia Comparata a mezz’aria, tra loro.

 

Sentiva che Edward era rigido, a disagio, ma – se non altro – apprezzava lo sforzo.

Tolse l’elastico, aspettandosi quasi un rimprovero, che invece non arrivò. E quindi sciolse i capelli, accarezzandoli e vezzeggiandoli con tocchi leggeri e un po’ timorosi.

 

Non era da Acciaio restarsene così buono e zitto a subire.

Il Taisa era certo che sarebbe esploso da lì a qualche minuto – forse era questione di secondi – rovesciando una valanga di lamentele e rimostranze su di lui, sulla sua idea idiota, e su quanto fosse imbarazzante e inutile tutto questo.

E invece il tempo passava, e Fullmetal non si ammutinava.

Ilron ron’ di Tora scandiva il tutto, come la carta delle pagine girate ad intervalli regolari. 

 

Poteva capire Ed. Davvero, ci voleva provare.

Apprezzava sinceramente il fatto che si fosse presentato a casa sua, sapeva quanto gli era costato.

In termini di orgoglio e confusione, soprattutto.

Si erano messi in gioco, e… ora che erano in ballo, bisognava ballare, sì. Balle.

Iniziare a ballare con quello lì, voleva dire farsi sanguinare i piedi a furia di pestoni. Litigare per trovare una musica almeno decente per entrambi, raccattare infinita pazienza e provare un passo alla volta. Uno. Uno solo. Perché quel Fagiolo sarebbe scappato di filato, se solo avesse tentato di insegnargliene due. Vedeva un’intera coreografia come un miraggio all’orizzonte. Un orizzonte lontano-lontano.

In tutto questo loro essere maldestri, elefanti scoordinati, ci si metteva anche la reticenza di Mame-chan al contatto fisico. Una colpa che non poteva attribuirgli, ne era consapevole. Però...

C’era da rimboccarsi le maniche e lavorare sodo, senza dubbio.

 

Ad un certo punto, il tonfo sordo del libro contro il pavimento lo riscosse dalla catalessi in cui era caduto.

Edward lo fissava da sotto in su; non aveva ancora smesso di giocare con le sue ciocche dorate. Lunghe. Morbide. D’improvviso realizzò che poteva restarsene così anche per sempre.

Gli sorrise, un po’ impacciato, come a scusarsi della tortura che gli stava provocando.

 

E invece Ed ricambiò il sorriso, socchiudendo le palpebre e affidandosi a lui.

 

Non poteva negare che quelle cure non gli piacessero. Era difficile accettarle, questo sì.

Ma solo perché non vi era abituato, e ne era spaventato.

Taisa Mustang doveva capirlo, e capirlo in fretta.

Lui non era come le sue sgualdrine da compagnia, con cui si era divertito in passato.

Sapeva di chiedergli molto, sì, ne era consapevole. Ma questo faceva parte di lui, e non poteva farsi violenza per cambiare da un giorno all’altro. Se quella era una storia con un possibile futuro, lo avrebbero deciso insieme, ci avrebbero provato, perlomeno. A farla funzionare.

 

Le aveva sentite, le mani del Colonnello indugiare, quasi per paura di fargli male. O di sentirsi rifiutare ancora.

E lui aveva stretto i denti. E poi era riuscito a rilassarsi e a godere davvero di quel loro contatto.

 

La gente normale faceva questo?, si era chiesto. Con curiosità e invidia. Le persone innamorate passavano le serate così, facendosi accarezzare i capelli? Oppure il Taisa era impazzito del tutto?

Ma in fondo… che importava? Era bello. Era gradevole. E a lui piaceva.

Se anche fosse diventato un loro rituale, - un rituale solo loro - non gli sarebbe dispiaciuto affatto.

 

Ripensò a come si sentiva mentre varcava il portone qualche ora addietro, e rise di sé, dandosi dello sciocco.

 

Alla fine, avevano passato la serata semplicemente sdraiati sul divano; lui a leggere, con Tora – che era scappato nella sua cesta quando il libro gli era caduto, e lì era rimasto, acciambellandosi insonnolito - e Roy ad accarezzargli i capelli.

Niente di che. Nessuna ipotesi catastrofica si era avverata.

Si sentì sciocco. E felice.

 

 

Fine



Disclaimers: I personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.

 

Note varie: il titolo si rifà alla ‘Pet Therapy’, una scienza che studia come gli animali ‘da compagnia’ possano influire positivamente e portare benefici all’uomo, semplicemente rapportandosi a lui. In senso più lato, per migliorare la sua qualità di vita; in campo medico, per aiutare i soggetti con disabilità o malattie di vario tipo.

Una branca è l’Ippoterapia, la Pet Therapy applicata con i cavalli, o la ‘Dog/Cat Therapy’, perché semplicemente cavalcando, o carezzando un cane o un gatto, si è riscontrato significativi giovamenti negli studi effettuati. L’animale è il co-protagonista assieme al paziente di quest’azione riabilitativa-educativa e, benché sia un mezzo ‘sfruttato’, sembra ricavare un guadagno considerevole in termini di coccole e attenzioni che gli sono rivolte.

In questo contesto, va inteso in senso inverso. Abbiamo due cani (dell’esercito) bisognosi entrambi di una buona terapia che faccia superare i rispettivi traumi passati. Sono entrambi il problema e la soluzione l’uno per l’altro. L’approccio fiducioso ma tentennante di Edward, mi ha ricordato tantissimo la prima volta che ho visto, di persona, una seduta di Dog Therapy, tra un bambino con un passato travagliato e un grosso cane paziente, che aspettava solo di dargli affetto.

 

Mi piaceva altresì creare un confronto col precedente capitolo, dal momento stesso in cui Ed arriva in casa Mustang, le diverse emozioni provate, le sue motivazioni personali.

Se emergeranno nei commenti, bene.

Altrimenti le chiarirò nel prossimo aggiornamento.

 

C’è però una cosa che mi fa sempre sorridere, e che mi ha fatto notare Shatzy tempo fa.

“Quando Roy è nei guai, offre sempre del the a Edward.”

Sì, è vero. Ho un po’ questa mania, per farlo uscire dall’empasse. Ultimamente lo uso di proposito, mi faccio ridere da sola ^///^.

 

 

Precisazioni al capitolo precedente: grazie per le congratulazioni! ^*^

Sono davvero felice che concordiate con me, considerando il Taisa occhialuto super sexy! *ç*

Se avete immy al riguardo e voleste mandarmele, ne sarei davvero felice, perché non riesco più a trovare la famosa cartella. Ho solo una immy, al momento, e va beh… meglio di niente ç_ç

E sì, anch’io immagino Tora obeso in stile ‘Giuliano di Kiss Me Licia’, rende bene l’idea ed è pure dello stesso colore! *__*

Che, per inciso, 6 kg sono davvero tanti, se pensiamo che un gatto medio pesa 4,5/5 kg.

Sì, Flà. Ci sarà un capitolo in cui racconterò come Tora si sia adeguato ‘al nuovo regime alimentare’. Vedrete! *__*

Questo capitolo si collocava abbastanza all’inizio della saga, prima della fuga di Tora sul tetto, per capirci. Prima che Roy invitasse Edward a usufruire della sua biblioteca privata e quindi Ed veniva solo per portare le razioni di cibo e per giocare col gatto. Come da accordi iniziali.

Bene. Credo sia tutto. ^^

 

 

Do il benvenuto a Liris tra i lettori! (spero che da ora continuerà a seguirmi regolarmente ^^)

 

 

Ringrazio quanti hanno commentato la mia nuova fic su TwilightGocce di Memoria e quelli che lo faranno. (Ho ancora fede che le recensioni aumentino! ^__=)

Vi preannuncio che fra qualche giorno posterò una nuova fic nel medesimo fandom.

 

 

 

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Come sempre, sono graditi commenti, consigli e critiche.


Grazie (_ _)

elyxyz

 

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Capitolo 52
*** Weekend al canile (I parte: Zampino canino) ***


Note: il seguente scritto contiene lievi riferimenti yaoi

Note: il seguente scritto contiene lievi riferimenti yaoi.

Per ulteriori spiegazioni, compreso il sottotitolo, vi rimando alla conclusione della fic, dopo la lettura.

 

 

Dedicato a chi ha commentato i precedenti capitoli della raccolta.

Grazie.

 

 

 

 

Weekend al canile

 

(I parte: Zampino canino)

 

 

by elyxyz

 

 

 

 

“Mi fa piacere che vengano a trovarci, non mi fraintendere…” chiarì Edward, risciacquando l’insalata sotto il getto del lavello. “Ma non ti sembra un po’ presto per un viaggio del genere? Un po’… avventato? E’ ancora in convalescenza!” meditò, volgendo lo sguardo al compagno che controllava lo stato di cottura dell’arrosto nel forno.

 

“Si fanno una seconda luna di miele. Che vuoi che ci sia di avventato?!” lo schernì, chiudendo lo sportello. “In realtà… beh… gliel’ho proposto io.” Confessò, facendo spallucce.

 

Ed lo guardò storto, acuendo un sopracciglio.

 

“Due mesi fa, quell’idiota ci ha quasi rimesso le penne, in una missione di spionaggio. Ricordò Roy ad entrambi, facendosi di colpo serio. Meditabondo. “Nel nostro lavoro, non sai mai cosa potrebbe accadere. E’ meglio vivere ogni attimo al massimo. Così gli ho detto:Da quanti anni quella santa donna ti sopporta? Maes, vecchio mio, prendi tua moglie e rinfrescale la memoria! Elycia te la teniamo noi, per un weekend, così potrete fare di nuovo i fidanzatini… E magari mi fai diventare di nuovo zio!’”

 

“Dovevo capirlo che c’era di mezzo il tuo zampino!” malignò l’altro, con ironia, riempiendo le ciotole di Tora.

 

In quel momento, il campanello di casa trillò.

 

“Sono già arrivati! Miseriaccia!, ho dimenticato il vino nella dispensa, vai tu ad aprire?” domandò Mustang, sparendo in corridoio.

 

Edward si tolse il grembiule e, ravvivandosi la coda, si diresse all’uscio, aprendolo.

 

“Buonasera, signor Hughes, è un piace-

 

“Oh, Ed! Non essere così formale! Sei di famiglia, visto che hai raccattato quel rottame di Roy. L’interruppe l’altro, dandogli un’amichevole pacca sulle spalle.

 

La piccola Elycia gli si attaccò ai pantaloni. “Ciao, Edo-kun!”

 

Ed egli sorrise, abbracciando la signora Glacier, che aveva fortunatamente ritrovato il suo sorriso gentile dopo la disgrazia.

 

Maes, Pezzo d’Asino, vieni qui a farti stringere!” esordì il padrone di casa, raggiungendoli. “Si vede che hai la pellaccia dura, eh?” lo prese in giro, scambiandosi fraterni punzecchiamenti.

 

“Non ti libererai facilmente di me, Roy. Stanne certo!” e suonava quasi come una minaccia, ma scoppiarono entrambi a ridere.

 

Cenarono piacevolmente, alternando le portate ad aneddoti e battute divertenti.

Il caffè fu servito in salotto, dove la bimba giocava sul tappeto con il gatto, che apprezzava assai le sue attenzioni.

“Sai, mamma? Tora è il papà di Maffy, Taffy e Raffy!” esordì d’un tratto, intromettendosi nella discussione che stavano portando avanti gli adulti.

 

“E anche di Fiocco, Nebbia e Perla, che abbiamo regalato a miss Arvery e al tuo amichetto Sam. Aggiunse Glacier, con garbata precisione, accarezzandole la testa.

 

“Che ne dite di immortalare questo bel momento?” Maes non perse l’occasione per scatenare la sua mania e, quasi dal nulla, spuntò la sua immancabile macchinetta fotografica.

 

Con benevola rassegnazione, a turno, tutti i presenti caddero vittima del suo obiettivo: Elycia con Tora, Ed e Roy sul divano abbracciati, la sua adorata mogliettina… e poi ancora, invertendo le pose e permettendosi, ogni tanto, di comparire anche lui.

Dopo una montagna di foto e una sequela di finte proteste, Roy se lo trascinò dietro in cucina, perché lo aiutasse a lavare i piatti.

 

Edward non aveva neppure avuto il tempo d’intromettersi, palesando la propria contrarietà.

 

“Ma sono tuo ospite!” aveva infatti reclamato Hughes, comicamente oltraggiato. Ma quando anche la sua dolce metà aveva insistito, non aveva saputo dirle di no. “Tu lavi e io asciugo, però. Aveva preteso, sistemandosi gli occhiali sul naso. “Elycia, amore del papà, me lo dai un bacetto, prima che io vada?” chiese, chinandosi all’altezza della bimba che gli circondò il collo con le braccine e gli scoccò un sonoro atto d’affetto.

 

“Muoviti, pelandrone! Non dobbiamo mica andare in guerra!” lo spintonò Mustang, all’indirizzo del corridoio.

 

“Roy non avrebbe dovuto.” Edo si scusò, rivolgendosi alla donna che sedeva di fronte a lui. “Insomma, posso tranquillamente lavarli io, più tardi o domattina. Che gli è saltato in testa?!” ma non ricevette il supporto che sperava.

 

“Va bene così, Edward.” Esordì lei. “Quei due testoni hanno bisogno di qualche minuto tra loro, da soli. Credo che manchi ad entrambi il rapporto che avevano un tempo. La complicità resta, sì. Ma sono convinta che desidererebbero vedersi più spesso e passare più tempo insieme, come quando erano giovani…”

 

“…e scavezzacollo.” Concluse per lei.

 

“Già.” Sorrise.

 

“Mi distruggeranno il servizio di porcellana?”

 

Glacier fece una smorfia pensierosa. “Forse.”

 

“…ma ne sarà valsa la pena.”

 

“Senza ombra di dubbio.” Ne convenne.

 

“Mi racconteresti qualcosa di Roy… di quand’era… beh, di quando l’hai conosciuto?”

 

 La donna parve pensare qualche istante, forse per riordinare le idee.

“Era un donnaiolo impenitente…”

 

“NO! Ti prego, ti prego! Non mi dire che ci ha provato anche con te…” si coprì il viso con l’auto-mail, scandalizzato e rassegnato.

 

Ed ella rise, divertita. “No. In realtà, devo dire che è sempre stato molto corretto nei miei confronti.

 

Edward sembrò scettico e non fece nulla per mascherarlo.

 

“Era affascinante, senza dubbio. Lo è ancora, del resto.” Palesò, come se fosse un dato di fatto. “Ma non avrebbe mai fatto uno sgarbo del genere al suo migliore amico e, anzi, ci ha aiutati molto, soprattutto agli inizi. Lo sguardo le si addolcì. “Lo sapevi che è soprattutto per merito suo, se alla fine ho sposato Maes?”

 

Edo scosse il capo in segno di diniego.

 

“Quando ci siamo conosciuti, io e Maes, lui aveva appena saputo che sarebbe partito per il Fronte.”

 

La Grande Guerra di Ishbar.”

 

“Già. Proprio quella.” Confermò. “A quel tempo, vivevamo tutti e tre a Central, e io lavoravo come cameriera in un locale gestito dai miei zii…”

 

“Il Maple Cafè.”

 

“Lo conosci?” s’interessò, sinceramente stupita.

 

“Me ne ha parlato Roy, ho visto alcune vostre foto là dentro.

 

“…ad ogni modo, quando ci siamo accorti dei nostri sentimenti, lui fu comunque costretto a partire; e Roy, che già si trovava al Fronte, prima di separarsi da lui gli aveva fatto promettere di farmi la dichiarazione, che io ho accettato.

E così, quando sono tornati, a guerra finita, Maes è andato da mio zio Tom a chiedergli la mia mano, ci siamo subito sposati… e poi… e poi è arrivata Elycia, ma questo già lo sai…” confermò, allungando le sue esili dita a sfiorare l’auto-mail, come gesto d’affetto. Ed egli ricambiò.

 

“Sono davvero contenta, che alla fine anche lui abbia trovato la persona giusta. Davvero, non sai quanto.” Gli confessò. “Mio marito mi ha confidato il passato doloroso di Roy, e ci dispiaceva vederlo buttarsi via in storie inutili, che non gli davano né felicità né serenità. E poi sei arrivato tu, e tutto è cambiato. E’ come se fosse rinato…”

 

“Ma io… io non ho fatto niente…” si schernì, imbarazzato. “Gli ho solo complicato la vita…”

 

“Perché lo hai messo in riga?” s’interessò lei, con femminile chiocciare. “Credo sia stata la sua fortuna, e se ha patito un po’… di sicuro gli ha fatto bene!”

 

“Ne sei proprio convinta?” domandò, scettico.

 

Certissima. Maes lo chiama ‘Scambio Equivalente’ e credo tu sappia benissimo di cosa sto parlando.”

 

“Di cosa state parlando?” s’intromise la voce di Mustang che usciva dalla cucina con il compare appresso.

 

“Di torte alle mele e crostate alla crema. Sono un ottimo Scambio Equivalente.” Mentì lei, facendogli l’occhiolino.

 

“Già, assolutamente!” rincarò Ed, reggendole il gioco, per poi cambiare discorso. “Avete riordinato e ripulito tutto-tutto?”

 

“Là dentro, brilla che è una meraviglia!” fu rassicurato.

 

Edward e Glacier si scambiarono uno sguardo d’intesa. “Morti in battaglia?”

 

I due militari storsero il naso. “Un piatto e un bicchiere.”

 

“Ma è stato Roy!” spifferò Maes, facendo la spia.

 

“Traditore!” inveì questi, fingendosi teatralmente ingannato. “Mame-chan, ti assicuro che…”

 

“…Poteva andare anche peggio.” Lo precedette Elric, scotendo il capo, fintamente esasperato. E tutti scoppiarono a ridere.

 

Il resto della serata trascorse serenamente, fino al momento del commiato.

 

“Allora, ci siamo capite. Vero, Elycia?”

 

La bimba annuì. “Devo fare la brava e non fare i capricci.

 

“Giusto. E non disubbidire agli zii.” Precisò sua madre, con autorevolezza.

Prima di rialzarsi, la abbracciò forte, stampandole un forte bacio sulle guance paffute.

 

E poi fu il turno di Maes, che la sollevò cautamente, anche se non avrebbe dovuto sforzarsi a tal punto.

“Chi è il papy migliore del mondo?” domandò, goliardico.

 

“Il mio!” squittì la bambina, stringendosi a lui. “Ti voglio bene, papà!”

 

“Anch’io, principessa. Anch’io.” Replicò, corrispondendo a quegli slanci d’affetto.

 

Maes, tesoro, la rivedremo dopodomani, e le telefoneremo anche!, non ti sembra che…” cercò di farlo ragionare sua moglie, inutilmente.

 

L’uomo depose la figlia sul tappeto, “Fa’ la brava signorina, ok?”

 

“Certo, papà! Anche tu fai il bravo con la mamma…”

 

Roy scoppiò a ridere alla faccia comicamente turbata del suo migliore amico, che lo fulminò malamente, nascondendo la sua difficoltà al distacco.

Da quando era stato dimesso, pochi giorni addietro, era diventato ancor più protettivo e dipendente dall’amore per la sua famiglia. Il che, del resto, era una cosa anche comprensibile, per uno che aveva visto la morte in faccia.

 

Maaaesss…”

 

“Ho capito, ho capito! Vengo!”

 

Mustang lo spinse oltre la soglia, condendolo di inutili rassicurazioni.

“Divertitevi!” e gli girò le spalle, sospirando per la missione compiuta.

 

Glacier era già al secondo pianerottolo, quando la testa di Hughes risbucò dalla porta.

“Ehi! Voi due! Stasera, niente cavalcate sul cavallino, mi raccomando!” li avvertì, strizzando l’occhio, allusivo.

 

Mentre Edward arrossiva deliziosamente, il compare lo ripagò con un grande ghigno. “Tranquillo, vecchio mio. Niente giri di giostra, stasera!”

 

“Ci sono le giostre, zio Roy?” intervenne la piccola, sollevando gli occhi su di lui, senza smettere di carezzare Tora, che sembrava gradire tanto.

 

“Mi spiace, tesoro. Le giostre sono fuori servizio...”

 

La bimba gli lanciò uno sguardo perplesso.

 

Fuori uso. Il cavallino di zio Roy è rotto.” Chiarì Ed, vendicandosi.

 

“EHI!!” protestò questi, sentendosi leso nella sua mascolinità.

 

“Ma domani ti portiamo al parco-giochi, va bene?” concluse il biondo, ignorando le lamentele del compagno.

 

Elycia annuì, gioiosa. Poi sbadigliò.

 

“Ora è tempo della nanna.” La avvisò Edo, prendendo Tora e deponendolo nella sua cesta. Il gatto stranamente non protestò e, acciambellatosi che fu, si preparò ad addormentarsi. “Vedi? Anche lui deve riposare.” Le fece notare, a mo’ di esempio.

 

“Dormirai con lo zio Ed,” precisò Roy. “Io invece dormirò nella poltrona letto nello studio.

 

“Che bello! Dormirò con Edo-kun!” gioì la bimba, saltellando per il salotto. Non sembrava affatto stanca né assonnata.

 

“Bene! Quindi andiamo a metterci il pigiamino e a lavarci i denti…”

 

“E il mio latte?” domandò, ingenuamente.

 

Latte? Quale latte?”

 

 

Continua...



Disclaimers: I personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.

 

Note varie: il titolo credo sia semplice da interpretare. Il luogo dove abitano i cani è il canile. Roy e Edward sono due cani dell’esercito, indi per cui

Il sottotitolo, invece, è una cacofonia che mi mette di buonumore… ^__^

 

Probabilmente, vi aspettavate un seguito diretto del cap 48Black Rain - Pioggia Sporca’, ma non ho mai avuto l’intenzione di descriverlo. Nella mia testa le sorti di Maes si sono sempre chiarite qui, in questo capitolo (diviso in due parti, per ragioni di lunghezza). Non escludo in futuro di poterne scrivere uno, in cui Roy va all’ospedale, ma temo che si scosterebbe troppo dal centro della raccolta. D’altra parte, Maes, Winry, Al e gli altri, sono solo delle pedine per raccontarci di RoyEd.

Però Maes è immortale. *___*

(Se ho fatto la stronza… è per una buona causa! XD)

 

Come promesso, ho inserito un riferimento diretto a Maple Café, la mia fic Maes x Glacier, con partecipazione di cupido-Roy, ai tempi della Guerra di Ishbar.

In futuro, ce ne saranno ancora, se lo vorrete. ^^

 

Se ve lo state chiedendo, Elycia in questo capitolo ha circa 7/8 anni. Lo desumo dall’anime, visto che, quando lei nasce, Edward è da poco giunto in città per tentare l’Esame per diventare Alchimista di Stato e aveva 12 anni. Lei, vi ricordo, è nata il giorno del suo compleanno!

L’ho dipinta volutamente naїve, innocente e un po’ viziata. Ma adorabile. Per fortuna, esistono ancora bambine così.

 

 

Precisazioni al capitolo precedente: sono contentissima che abbiate trovato plausibile e verosimile il loro comportamento. Non è stato semplice delimitare un confine tra lecito ed esagerato! ^^

Non pensavo proprio foste in tanti a desiderare di conoscere gli inizi, ma sono felice di avervi accontentati!

Grazie anche per le immagini di Roy-occhialuto che siete stati così gentili da inviarmi. *ç*

 

Avete azzeccato perfettamente i paragoni tra i due cap, quindi credo sia superfluo ripeterli. Bravissimi/e! *__*

 

 

Do il benvenuto a binky tra i lettori! (spero che da ora continuerà a seguirmi regolarmente ^^)

 

 

Ringrazio quanti hanno commentato la mia nuova fic su Twilight Bellamore e quelli che lo faranno.

(Ho ancora fede che le recensioni aumentino! ^__=)

 

It’s raining fra due giorni compirà 11 mesi. E ieri siamo giunti a 99 preferenze come storia.

Vi ringrazio, e invito quelli - che non l’hanno mai fatto in questi 52 capitoli - a dirmi perché amano questa storia… non so… sarebbe carino capirlo, no?

 

 

 

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Come sempre, sono graditi commenti, consigli e critiche.


Grazie (_ _)

elyxyz

 

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Capitolo 53
*** Weekend al canile (II parte: Piovono principessi bagnati e fagioli magici) ***


Note: il seguente scritto contiene lievi riferimenti yaoi

 

Note: il seguente scritto contiene lievi riferimenti yaoi.

Per ulteriori spiegazioni, compreso il sottotitolo, vi rimando alla conclusione della fic, dopo la lettura.

 

 

Dedicato a chi ha commentato i precedenti capitoli della raccolta.

Grazie.

 

 

 

 

Weekend al canile

 

(II parte: Piovono principessi bagnati e fagioli magici)

 

 

by elyxyz

 

 

 

 

Latte? Quale latte?”

 

“Il latte caldo prima della nanna…” precisò lei, come se fosse un’ovvietà. “Papà dice che tutti i bambini bravi bevono il latte caldo prima di…”

 

Edward rabbrividì.

 

“Lo preparo io.” Si offrì Roy, gentilmente.

 

“No. Ce la posso fare.” S’incaponì il biondo, prendendola come sfida personale tra lui e l’odioso liquido.

 

In capo a qualche minuto, ritornò con un vassoio e un tovagliolo posto a mo’ di coperta sopra alla tazza, per celarne il contenuto.

 

Elycia bevve avidamente, e poi lo seguì in bagno, dove Edo l’aiutò a cambiarsi, le sciolse i codini e controllò che si lavasse i denti correttamente.

Roy la attendeva già in camera da letto, orsacchiotto in mano, pronto per il bacio della buonanotte.

 

Quando fu sotto le lenzuola, con le coperte ben rimboccate, espresse il suo ultimo desiderio della giornata. “Cosa leggerai, Edo-kun?”

 

“Eh?!Edward fissò sconcertato il compagno, che ridacchiava seduto sulla sponda del letto.

 

“La favola. Papà mi legge sempre una favola!”

 

Maes e le sue abitudini!

 

“E se ti cantassi una ninnananna?” propose pensoso, grattandosi la nuca. “Dovrei ricordarmene ancora qualcuna…”

 

“Ma anche lo zio Roy, di solito…” cominciò a lamentarsi. 

 

Da buon stratega, il Flame Alchemist prese in mano la situazione. “Nella tua borsa non c’era il libro…” le disse, ragionevolmente.

 

“Forse la mamma se ne sarà dimenticata.”

 

“Purtroppo ti ho già restituito quello che avevi lasciato qui. Ricordi?”

 

Sì, se lo ricordava. Elycia se lo era ripreso, in una sua precedente visita in casa Mustang.

 

“Papà, ogni tanto, me ne racconta una nuova…” gli suggerì, speranzosa.

 

Roy che di libri di fiabe non ne aveva, doveva quindi escogitarne una inventata di sana pianta.

 

Di. Sana. Pianta. Uhmmm

 

La Principessa sul Fagiolo.” Esordì, colto da un’epifania.

 

Ed lo fulminò. Elycia rise divertita. “Eh, no!, zio Roy… era ‘La Principessa sul Pisello’!” lo corresse, con un risolino che sapeva di sgamatura.

 

“Ma questa è ancor più bella!” esclamò lui, facendosi serio e convincente. Gattonò tra loro, sdraiandosi al centro del grande lettone.

E incominciò con un’intonazione da menestrello: “In un regno lontano lontano, un principe bellissimo cercava moglie.

Aveva avuto tante fidanzate - perché, sai? Era davvero, davvero bellissimo -, ma nessuna era degna di sposarlo, e di diventare la futura regina del suo grandissimo regno.”

 

“Come si chiamava il regno?”

 

“Il Regno di Ame-” si corresse. “Molto-Molto Distante. Sì, Regno di Molto-Molto Distante.”

 

“E poi?”

 

“Il re padre e la regina madre avevano sentito parla-”

 

“E come si chiamava il vecchio re?” s’intromise la bimba, incuriosita.

 

“Si chiamava King Bra-” s’interruppe, pensoso. “Re, si chiamava solo così. ‘Vecchio Re’.” Precisò, impostando un tono serioso.

 

“E la moglie?” insistette lei, come se il particolare fosse di rilevante importanza ai fini del racconto.

 

Queen, naturalmente!” chiarì Roy, annuendo con aria saputa.

 

Anche la bambina annuì con lui, soddisfatta del chiarimento.

 

“Dicevo… avevano sentito parlare di una principessa che abitava in un altro Stato, parecchio lontano dal loro. Una principessa piccolina di statura, ma molto bella. Peccato avesse un carattere di mer-meriggio, sì. Un carattere così solare, come il sole di mezzogiorno, e due occhi meravigliosi, d’oro puro, come i capelli… lunghi, lisci, perfetti… e così la invitarono a palazzo.

 

“E si chiamava…?”

 

“La principessa Eda.” 

 

Acciaio s’immischiò nella narrazione. “Non so perché, ma mi ricorda qualcosa… non è che per caso sia il nome di una delle tue ex?

E inconsciamente hai qualcosa in sospeso con lei?”

 

“Io? Io no!” si difese prontamente. “Mai conosciuto nessuna Eda!” esclamò, concitato.

 

“Mah!, sarà…” si risolvette Ed, lanciandogli un’occhiataccia poco convinta.

 

“Vedi, Elycia tesoro, in realtà la principessa Eda era il giovane principe Edo, che viaggiava in incognito, sotto falsa identità…”

 

La bimba sbarrò gli occhietti, catturata dalla svolta inaspettata della storia. Anche Edward lo fece, ma dissimulò la sorpresa con uno sbuffo di condiscendenza.

 

Potrei andare avanti?” lo punzecchiò.

 

“Sì, ti prego, zio Roy! Continua!”

 

“Dunque… dov’eravamo rimasti? Ah, sì. Il principe Edo aveva accettato l’invito e si era messo in viaggio; ma, arrivato nei pressi del castello, fu assalito dai briganti e derubato di ogni avere. E così, una sera si presentò a palazzo tutto infreddolito, sporco e malconcio, e pure bagnato come un pulcino, perché nel frattempo aveva anche iniziato a piovere, e chiese riparo per sé e per il suo gattino…”

 

“E che nome aveva?”

 

“Ma ‘Tora’, naturalmente!”

 

Il principe Roy, appena lo vide, se ne innamorò all’istante. Ma la regina madre voleva accertarsi delle sue nobili origini, perché… insomma… già si aspettavano una principessa, ed era arrivato un principe, se poi non era neanche un principe ma solo un poveretto… sai che guaio per il regno?”

 

La bambina fece un risolino, divertita.

 

“E così lady Queen preparò personalmente il letto al giovane ospite, un letto fatto con 20 materassi di piume e, sotto al primo, vi nascose un fagiolo. La regina madre tuttavia non sapeva che era magico!

Edo-kun ringraziò e se ne andò a dormire, stanco per le fatiche del luuungo viaggio.

 

Durante la notte, però, il fagiolo crebbe, e crebbe e crebbe, bucando il soffitto del castello, sino ad arrivare al cielo.

Il gattino Tora, incuriosito, fuggì arrampicandosi fin lassù. E il suo padrone non si accorse di nulla, perché russava come un trombone.

Ma al mattino successivo, disperato, il principe Edo decise di seguire il suo micetto per salvarlo, anche se era molto pericoloso.

Il principe e la regina madre rimasero molto colpiti dalla sua determinazione, perché chi ama gli animali possiede un cuore nobile…” disse, con tono ispirato. “Vedi, Ely-chan, anche lo zio Roy ha un grande cuore, difatti ha in casa due bestie!” scherzò.

 

La bimba rise, senza capire l’allusione.

Ma la frecciata era rivolta ad Edward, che invece aveva colto benissimo e si era vendicato con una bella gomitata dritta dritta nelle costole.

 

“E così, il principe Roy, per aiutare il suo innamorato, salì anche lui sul fagiolo che era cresciuto taaaaantissssimo. Mustang sorrise di nuovo, ammiccando verso Acciaio. “…e …” si fermò.

 

“E…?” lo incitò Ed, infastidito dall’interruzione.

 

Shhh!”

 

Elycia s’era addormentata.

Roy la ricoprì gentilmente, prima di spegnere l’abat-jour.

 

“Dannazione! Non puoi lasciarmi così! Come finisce?” piagnucolò Edo.

 

“Sei peggio di un bambino,” celiò, avvolgendo anche lui nelle coltri, prima di andarsene.

 

Effettivamente era davvero sul ciglio del sonno. Però gli afferrò un lembo del pigiama.

“Raccontami la fine, dai!” ripeté, sonnacchioso.

 

“Il principe e il principesso salvarono il gattino, tornarono al castello e vissero per sempre felici e contenti. Tagliò corto Roy, aspettando il bacio della buonanotte.

 

“Massacratore di finali!” lo rimproverò Ed, voltandosi offeso dall’altra parte, e lasciandolo a bocca asciutta.

 

 

 

Il giorno dopo…

 

 

 

“A te quale piace, Edo-kun?”

 

Il biondo indicò quello dalle vaghe sembianze equine.

 

“L’asino?”

 

Ed scoppiò a ridere. “E’ un cavallo!”

 

“Ma no! Ha le orecchie lunghe!”

 

“Quello è perché, quando serve, gliele devi tirare…”

 

 

Qualche ora prima, un Tora particolarmente mattiniero aveva fatto la lotta libera col peluche di Elycia che – tra i due – era quello che ne era uscito, senza dubbio, più malconcio. Pezzi di imbottitura sparsi ovunque, come una carcassa depredata e profanata.

Mentre la sua figlioccia faceva colazione, Roy fu lesto a nascondere i particolari raccapriccianti, le interiora e le membra vilipese.

Il gatto fu rimproverato, e i pianti della bimba placati con la promessa di andare in centro in un negozio di giocattoli ad acquistarne uno nuovo. Però solo dopo il giro sulle giostre, al parco-giochi, e una tappa in gelateria, beninteso.

 

Ma alla fine i due giorni volarono, e fu quasi un dispiacere separarsi da lei, alla conclusione del weekend.

 

“Scommetto che l’avete viziata vergognosamente. Li sgridò bonariamente Glacier, raccogliendo le cose della figlia, fra cui tre giocattoli nuovi di zecca.

 

“Niente che non avrebbe concesso anche Maes…” si difese Mustang, sollevando i palmi delle mani.

 

“Questo non va a tuo favore, Roy.” Gli annotò il compagno, con supponenza.

 

“Ehi! Ma da che parte stai?!” sbottò lui, sentendosi tradito. “C’eri anche tu, se non erro! E preferisci questo?’ ... ‘e vuoi anche quello…!’ Guarda che-”

 

“Ah, sì? Io non ricordo nulla…”

 

“Hai visto, mamma, che bell’orsacchiotto mi ha regalato Edo-kun?!Elycia corse verso di lei, mostrandole orgogliosa il suo nuovo compagno di giochi.

 

“Quello è stato un incidente di percorso. Si tutelò Elric, preso in castagna.

 

Glacier sorrise arrendevole. “Tutti uguali, voi uomini.” E annuì anche in direzione di Maes, che se la spupazzava di gusto, come se non la vedesse da una vita.

 

“Avanti, Elycia. Ringrazia e saluta!” la sollecitò, strappandola dalle attenzioni paterne.

 

La bambina corse ad abbracciarli a turno, sfilandosi poi un foglio spiegazzato dalla tasca del vestitino.

“E’ per voi!”

 

Edward lo aprì, lisciando le pieghe della carta, mentre Roy sbirciava da sopra la sua spalla.

“Ma è bellissimo, davvero!” “Grazie, tesoro. Lo appenderemo subito in cucina. Ma quando l’hai fatto?”

 

“Prima. Mentre voi grandi parlavate in salotto…”

 

 

E fu così che sull’anta del frigorifero comparve un disegno. Una pianta di fagioli che attraversava tutto il foglio, due figure incoronate che si tenevano per mano e una piccola bestia tigrata.

 

 

Fine



Disclaimers: I personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.

 

Note varie: ed eccoci alla conclusione di questo mini excursus di baby-sitting Roy & Ed. ^^

In futuro, mi piacerebbe che ce ne fossero ancora, se l’ispirazione arriverà.

Mi sono divertita moltissimo a mescolare le due fiabe, con una spruzzata di RoyEd! XD

 

 

Precisazioni al capitolo precedente: come richiesto da diversi lettori, chiarisco che non so ancora se Maes e sua moglie avranno un secondo bimbo, come scherzosamente si augura Roy. E’ una delle ipotesi che ho preso in considerazione con lui, ma solo altrettanto scherzosamente. Vedremo.

X Jess. Ma la mia mail non ti è arrivata? Comunque Elycia ha circa 7/8 anni. (Ho spiegato il perché nello scorso cap, nelle note finali).

Tora ha ripopolato Amestris, in quegl’anni. Sinceramente ho perso il conto delle cucciolate sfornate, pur considerando che non tutte sono andate a buon fine.

 X _Ale2_: un cucciolo di Tora in casa?! *__* mandami una foto, quando puoi! (Magari la metto in un cap! XD)

 

 

Do il benvenuto a Shikadance e Secchan tra i lettori! (spero che da ora continuerete a seguirmi e a commentare regolarmente ^^)

 

 

Ringrazio giuly89, per essersi aggiunta ai recensori.

E quanti hanno commentato la mia nuova fic su Twilight My personal self-check-up e quelli che lo faranno.

Vi preannuncio che fra qualche giorno posterò una nuova fic, stavolta original, l’inizio di una breve raccolta, vincitrice dell’ultimo Contest su WA Forum.

 

It’s raining ha raggiunto le 101 preferenze come storia. Mi sembra giusto farne menzione, ringraziarvi della fiducia e invitarvi nuovamente a continuare la strada con me, magari anche recensendo. Grazie.

 

1 - Kami Mikami
2 - aduah
3 - allsecrets2
4 - AtegeV
5 - Ayako_Chan
6 - Bad Girl
7 - beautiful_disaster
8 - Betta90
9 - binky
10 - boll11
11 - chamaedrys
12 - chibimayu
13 - Chiby
14 - Dark_angel
15 - Dimea
16 - Ed92
17 - eda chan
18 - Edward Son
19 - eleo_chan
20 - eLiSeTtA
21 - Elychan
22 - Emily512
23 - Envuccia
24 - Eril
25 - Faust
26 - Fed
27 - Feda
28 - fedar
29 - FeEChAn
30 - Fosuke
31 - fullmetalQUEEN
32 - Giulieeettaa
33 - giulietta117
34 - giuly89
35 - goldsaru
36 - grethy
37 - Hokori
38 - Hoshi Edo
39 - Ichigo Shirogane
40 - ilytin
41 - inuyasha94
42 - Kaguya
43 - Kayra
44 - LadyKokatorimon
45 - lake
46 - last exile
47 - lelith
48 - Lenus
49 - Liris
50 - Lynliss
51 - Melisanna_
52 - Micchan
53 - Mikayla
54 - MiLiKa
55 - Minerva Bellatrix
56 - mua
57 - My Pride
58 - nacchan
59 - nami78
60 - neki niku_dango
61 - NekoRika
62 - nemesi06
63 - Neverwinter
64 - nikolai
65 - nixy
66 - onlykitsune
67 - Orchidea Rosa
68 - Panssj
69 - Patricia Dalrymple
70 - Red Robin
71 - RenAlchemist93
72 - rioki
73 - roby chan
74 - Roy Mustung sei uno gnocco
75 - SakuraAshe
76 - saku_chan the crazy dreamers
77 - SangoHachiko
78 - Sary_
79 - scheggia
80 - Secchan
81 - Seiko
82 - Sephiria
83 - SeryChan
84 - Setsuka
85 - Sghergy
86 - shikadance
87 - Shinji
88 - shiratori_chan
89 - sirius4ever
90 - Sparrow
91 - SteelRose Alchemist
92 - Tao
93 - tsunade22
94 - Vocedelsilenzio
95 - yayachan
96 - Yuki Delleran
97 - Yuki Eiri Sensei
98 - Yumi
99 - _ALE2_
100 - _pEaCh_
101 - _sefiri_

 

 

 

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Grazie (_ _)

elyxyz

 

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Capitolo 54
*** It's raining - The Prequel ***


54

Il seguente scritto contiene lievi riferimenti yaoi.

 

Credo che tutti voi sappiate cos’è un prequel. E’ l’antefatto di una storia.

Questo sarebbe da considerarsi il capitolo n°0, se mai esistesse.

Ambientato circa un mese prima del cap n°1, dell’inizio della saga.

 

Per ulteriori spiegazioni, vi rimando alla conclusione della fic, dopo la lettura.

 

 

A chi ha recensito i precedenti capitoli della raccolta.

E a quanti commenteranno.

Ai vecchi e ai nuovi lettori.

Grazie.

 

 

It's raining - The Prequel

 

by elyxyz

 

 

 

 

Mustang si stiracchiò, sbadigliando. Benché non avesse alcuna intenzione di aprire gli occhi per verificare, aveva l’assoluta convinzione che fosse ancora molto presto - l’alba o poco più -, perciò si rigirò dall’altra parte e risprofondò la testa nel cuscino.

L’odore acre del fumo stagnante tra le lenzuola, mischiato al profumo di un ammorbidente diverso da quello che lui usava, gli fece ricordare che quello non era il suo letto.

Sbuffò, rinunciando al sonno. Allungò una mano verso destra, e si accorse - con un certo sollievo – che il posto era vuoto e freddo.

Evidentemente la sua amichetta della sera precedente era altrove, al momento.

Cercò disperatamente di ricordarne il nome, ma era una speranza vana.

 

Era diventato bravo a cercare consolazioni passeggere, senza impegno – per carità!

Consolazioni scelte in modo selettivo - perché mentirsi? -, tutte bionde procaci, dall’espressione intelligente (le oche no, per favore), spigliate e vagamente arroganti.

Solo donne sicure di sé. Donne che cercavano una notte di appagamento senza complicazioni, ma donne che fossero anche intellettualmente colte, che non aprissero la bocca solo per dire stronzate o civettare. Ecco il suo tipo di conquista.

Ah, no. C’era anche quel piccolo, minuscolo, fondamentale particolare... donne dagl’occhi color miele, possibilmente d’acacia, tendente all’ambra.

Donne che gli regalavano un piacere effimero, e che al mattino dopo lo facevano sentir ancora peggio. Più solo. E più vile.

Gli sembrava quasi di tradire il sentimento che sentiva per Fullmetal… ma, d’altro canto, era pur vero che questo suo amore non lo avrebbe portato da nessuna parte. Lo avrebbe logorato giorno dopo giorno, fino a che – un bel momento – non lo avrebbe portato a compiere una bella pazzia. Tipo baciare il nanerottolo in ufficio, per esempio.

Forse era solo un’ossessione. Una malsana ossessione.

Dannazione!, Edward Elric aveva quasi la metà dei suoi anni, era un suo sottoposto, ed era un maschio! Senza contare che, puntiglio quanto meno rilevante, lo odiava con tutte le sue forze (e non erano poche) e forse anche di più.

Ma perché? Perché non riusciva ancora, come un tempo, a trovare soddisfazione dalle sue conquiste fortuite?

Perché non poteva semplicemente gustarsi un rapporto passeggero, privo di intralci e di promesse?

Imprecò contro di sé e la propria condizione. Seduto sul materasso, si guardò intorno spaesato. Chissà dov’erano finiti i suoi vestiti?

Li raccattò sparsi un po’ ovunque, andando a ritroso dal pavimento della camera da letto, lungo il corridoio, fino in salotto.

 

Forse si chiamava Vicky, realizzò, come colto da un’epifania. No, forse Vivien.

Mentre si abbottonava l’ultimo passante della camicia sgualcita, si ritrovò nella cucina della sua ospite, senza sapere neppure bene come.

E c’era un bigliettino ad attenderlo sul tavolo, in posizione precaria tra il bricchetto del latte, lo zucchero di canna e le fette biscottate.

 

 

Sono scappata al lavoro.

Ti ho preparato la colazione.

Grazie per la splendida notte.

Se ti va, cercami.

                                  Laureen

 

 

 

Ecco!, giusto. Laureen.

Mustang si grattò pensoso la nuca, mentre l’orologio a pendolo batteva le sette.

No, non era l’alba. Ma neppure tanto tardi.

 

Di solito, sgattaiolava via dagli appartamenti, in cui passava le notti, prima che la padrona in questione si destasse.

Non erano delle vere e proprie fughe, perché generalmente amava chiarire le rispettive posizioni e aspettative in anticipo, per evitare sorprese. Ma era comunque tutto troppo disagevole e complicato, e lui, di complicazioni, ne aveva già troppe.

In questi ultimi tempi, si stava proprio specializzando in quello. Mai due volte di fila la stessa ragazza. Mai ripassare nello stesso bar.

Peccato, però. Quella Laureen gli era sembrata una tipa interessante. Anche se tendeva a lasciarsi infiammare un po’ troppo, durante le discussioni, e pretendeva di avere sempre l’ultima parola - come un certo Fagiolo di sua conoscenza. Sorrise amaro, versandosi del caffè.

Era ancora tiepido, e poteva andare. In fondo, non gli dispiaceva affatto trovare – per una volta – la colazione pronta. Una colazione che non fosse quella del bar dietro l’angolo o il caffè annacquato del distributore in Caserma.

 

Lasciò vagare lo sguardo sulla confezione di frollini – gli stessi che comprava lui -, sulle fette biscottate, sul pane tostato, sulle confezioni di marmellata – arancia e more – e sui cereali in sacchetto. Latte e succo di frutta.

Non si era certo lesinata nell’imbandire tutto quel ben di Dio.

Uno spreco, perché aveva realizzato di non avere fame. Per cui, si limitò a versarsi una seconda tazza, vuotando la moka. Nero e amaro, come piaceva a lui.

Ma si sentì quasi in colpa, per quella premura inutilizzata.

Addentò un biscotto, più per dovere che per reale bisogno.

 

In quel mentre, lo stipite della finestra davanti a lui si mosse, un bel felino grosso e grigio fece il suo ingresso in casa.

Il micio si arrestò di colpo, squadrando guardingo l’ospite inatteso.

 

“Ciao, gatto.” Lo salutò il Colonnello, fissandolo a sua volta divertito.

 

Meeeooowww.”

La bestiola saltò a terra con un balzo, appressandosi a lui.

 

Roy si sporse oltre il bordo della tavola, per seguire i suoi movimenti, e l’animale gli andò incontro, fermandosi lì vicino.

 

Gli tese una mano lentamente, affinché la fiutasse.

E il gatto l’annusò, leccandogli poi le dita con la linguetta ruvida che gli faceva quasi il solletico.

In un istante lo aveva ripulito di ogni briciola, ma ancora non la smetteva con le lappate.

 

“Hai fame, mh?” gli chiese il moro, divertito da tante, inaspettate effusioni. Era certo che i felini non fossero, per loro natura, così bendisposti e affettuosi verso gli sconosciuti. Anche se erano solo ipotesi, le sue. Perché non aveva mai posseduto un gatto, i suoi genitori – a ben vedere – non gli avevano mai concesso alcun animale domestico, era fuori discussione.

La sua esperienza in quel campo si limitava al ricordo di quando, da bambino, andava a trovare la nonna di Maes, che aveva quella strana abitudine di raccattare e sfamare tutti i mici randagi della zona.

E se li ricordava malconci, diffidenti, e poco inclini a ricevere coccole che provenissero da mani diverse da quelle dell’anziana signora gentile.

 

La bestiola si strofinò contro il suo polso, in cerca di attenzioni.

 

Roy si risollevò dalla sedia; afferrando la bottiglia del latte, andò alla ricerca delle ciotole. Ma non erano in cucina.

Afferrò il primo contenitore pulito che trovò, e lo riempì, offrendoglielo.

 

“Avanti, bevi!” lo incitò, tornando poi a sedersi. Ma questo si limitò ad annusare la scodella, senza neppure un assaggio. Girò sulle proprie zampe, e gli trotterellò nuovamente di fianco, strusciandosi sulle sue caviglie.

 

“La tua padrona non ti coccola abbastanza?” s’incuriosì, grattandogli il pelo dietro un orecchio.

E se lo ritrovò in grembo, senza neppure sapere come.

Un fulmine grigio, che dal pavimento era saltato sulle sue ginocchia, appollaiandosi lì.

Sentiva le unghiette contro il tessuto dei pantaloni, e perciò lo sistemò in una posizione più confortevole. Solo allora si accorse del ventre gonfio, che aveva scambiato per una grossa stazza.

Si stupì della propria ingenuità. “Ma allora sei una signorina…” la blandì, stiracchiando le labbra.

“Ragazzaccia!” la schernì, malizioso. “Una gattina intraprendente come la tua padrona, mh?” insinuò, ricordando i particolari della notte bollente.  Ma ovviamente non ottenne risposte. “Ho solo cinque minuti.” L’avvertì, accarezzandole la schiena e poi sotto al mento.

 

La micia ricambiò con unron ron’ d’apprezzamento, che lo mise di buonumore.

Decise quindi che poteva anche regalarsi qualche istante di pace, anche se sarebbe arrivato in ritardo in ufficio.

Il Tenente Hawkeye lo avrebbe sgridato di sicuro, ma tanto l’avrebbe fatto comunque, perché il giorno prima aveva firmato, sì e no, la metà delle pratiche assegnategli. La sua tabella di marcia era in costante ritardo. Tanto valeva prendersela comoda, si disse, giocherellando con le vibrisse della bestiola, che aumentò il tono delle fusa.

 

Si rilassò, curiosando sull’ambiente attorno a lui. Lo sguardo gli cadde sul pacchetto di sigarette che sbucava appena, oltre il barattolo di miele.

Allungò una mano e lo prese. I ricordi lo investirono.

Erano le stesse che fumava lui, al Fronte, prima di smettere. Non era mai stato un accanito tabagista, ma il fumo era l’unico vizio concesso in guerra – oltre ad una scopata veloce, ogni tanto.

E rivedere quella marca gli fece smuovere qualcosa dentro. Ne sfilò una, accendendola.

E il gusto antico riemerse, mescolando passato e presente.

La aspirò con calma, ingoiando ogni boccata. Chiuse gli occhi, lasciando che la nicotina gli annebbiasse per un istante il cervello, mentre il soffice pelo scorreva sotto le sue dita.

Quel limbo personale finì troppo presto. Se ne accorse quando il calore tra indice e medio si fece troppo intenso.

Spense il mozzicone sul posacenere, altra cosa nascosta dal mare di prodotti sopra la tavola, che non aveva notato, appena entrato.

 

La gatta risollevò il musetto, scrutandolo sorniona. Interruppe il suo fuseggiare e scese a terra, senza alcuna richiesta, come se avesse capito che era ora di dirsi addio.

 

Mustang ne rimase sorpreso, ma non deluso.

 

“Forse la tua padrona no, ma tu mi mancherai. Ammise, mentre la osservava saltare sul ripiano della credenza e trotterellare sinuosa – malgrado la mole considerevole - verso la finestra, per poi scomparire nuovamente nel nulla, da dov’era venuta.

 

“Abbi cura di te.” Sussurrò, ma era già troppo tardi.

 

Attese qualche istante, dopo raccolse la tazzina usata e la ciotola del latte, e le pose nel lavello. Si infilò la giacca, scrutando pensieroso l’orologio. Se si sbrigava, riusciva a tornarsene alla sua abitazione per fare una doccia veloce e cambiarsi, per poi correre in ufficio.

Avviandosi all’uscio, meditò se fosse il caso di richiamare dentro la gatta, perché il tempo minacciava pioggia. O magari Laureen si sarebbe infastidita?

 

Realizzò solo allora che, in nessun angolo del piccolo appartamento, c’era traccia di vita felina. Neanche un giochino, né le ciotole che aveva ipotizzato fossero in salotto, né la cesta dove farla riposare. Lo sfiorò il serio dubbio che la padrona di quella casa non avesse mai posseduto alcun gatto. Ma la cosa, anziché inquietarlo, lo rallegrò quasi.

 

E poi lasciò perdere; notando il calendario appeso alla parete, un’altra idea riempì i suoi pensieri. E ricordò che entro la fine del mese avrebbe dovuto sostenere l’esame per confermare l’abilitazione d’Alchimista di Stato, e anche Acciaio avrebbe dovuto farlo.

Sperava che qualcuno, Hawkeye o Havoc, si fosse preso la briga di avvisare Fullmetal, che adesso vagava in un punto imprecisato di Amestris, in cerca d’informazioni sulla Pietra Filosofale.

Dannazione!, era già passato un altro anno.

E si ritrovava più impantanato che mai.

Sorrise di sé, sentendosi patetico.

Sarebbe mai arrivato qualcosa a cambiare quella dannata situazione?

 

 

Fine



Disclaimers: I personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.

 

Note varie: il titolo ovviamente ha già avuto le sue spiegazioni. Il colore richiama il grigio del pelo della gattina.

Lascio a voi decidere se quest’incontro sia un caso oppure no. Del resto, East City è piena di gatte gravide, giusto?

Dal canto mio, mi piace pensare che quello sia stato il primo incontro tra Roy e Tora, che stava nella pancia della sua mamma. *__*

 

Ho scelto il colore grigio della micia, perché resta comunque ininfluente, ai fini della prole.

Anche Minù è grigio perla, eppure ha sfornato micetti tigrati!

 

La genesi di questo capitolo merita due parole.

Non avrei mai pensato di scriverlo, e fino a ieri, beh… non esisteva.

Poi, ieri ho partecipato al matrimonio di due miei cari amici, la cena si è svolta in un bellissimo agriturismo in aperta campagna.

Verso mezzanotte, me ne stavo in santa pace a fumarmi una sigaretta sotto ad un porticato, e mi sono ritrovata tra i piedi un micio.

Orbene, io non ho mai avuto un gatto, e ne so gran poco sulla corretta modalità di rapportarsi a loro.

Benché sia quasi un anno che scrivo su Tora, prima di avere questo mio micio virtuale, li odiavo cordialmente. Io sono un tipo ‘da cani’, di quelli che ti giurano fedeltà, ecc… ecc…

I gatti li trovo belli, sì. Ma terribilmente ingrati e approfittatori. Un gatto ti cerca solo se ha bisogno di te. Un cane, invece, c’è sempre… ma non è questo il punto.

Dicevo… il micio ha iniziato a strusciarmisi addosso, ho allungato una mano perché la annusasse, ed è finito per leccarla. E non so ancora come, ma me lo sono ritrovata in braccio, e mi faceva le fusa… Ooohhhh *___*

(A parte le unghiette conficcate sulla mia pelle, e il pelo che ha rivestito il mio tailleur nuovissimo e costosissimo, è stata un’esperienza bellissima!)

Così, stanotte verso le 5, quando sono rincasata, ho buttato giù la traccia di ciò che avete letto.

 

 

Precisazioni al capitolo precedente: sono felice che la mia rivisitazione delle fiabe vi sia piaciuta.

Ma più bella favola del RoyEd non ce n’è! *ç*

 

Sì, Regno di Molto-Molto Distante è un omaggio implicito a Shrek! XD

Ma anche un ricordo della mia infanzia, quando mi facevano ascoltare le ‘canta-storie’. Quella della ‘Principessa su pisello’ cominciava così: “In un regno distante, molto-molto distante – perché, se vi dicessi che è vicino, tutti vorreste andarci – vivevano…”

 

 

Nota di servizio: a causa di una serie di impegni, per i prossimi 20-25 giorni gli aggiornamenti di It’s raining potrebbero subire qualche ritardo.

 

E siamo già a quota 3 cuccioli omonimi, che hanno avuto il nome in onore di Tora. Che bello!

Mi rende orgogliosa aver lanciato involontariamente una moda! XD

 

 

Ringrazio quanti hanno condiviso con me la gioia della vittoria e commentato la mia nuova raccolta Original Colourful World Emotions e quelli che lo faranno. (Ho ancora fede che le recensioni aumentino! ^__=)

 

 

 

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Come sempre, sono graditi commenti, consigli e critiche.


Grazie (_ _)

elyxyz

 

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Capitolo 55
*** Dog, Cat & Blue Moon ***


Il seguente scritto contiene lievi riferimenti yaoi

Il seguente scritto contiene lievi riferimenti yaoi.

 

Per ulteriori spiegazioni, vi rimando alla conclusione della fic, dopo la lettura.

 

 

Dedicato a chi ha recensito i precedenti capitoli della raccolta.

E a quanti commenteranno.

Ai vecchi e ai nuovi lettori.

Grazie.

 

 

Dog, Cat & Blue Moon

 

by elyxyz

 

 

 

 

 

Blue moon, you saw me standing alone
Without a dream in my heart, without a love of my own.
Blue moon, you knew just what I was there for
You heard me saying a prayer for
Someone I really could care for.
Blue, Blue, without a love of my own.
Blue moon, you saw me standing alone
Without a dream in my heart, without a love of my own.
Blue, Whaaaaa, without a love of my own.
Blue moon, Blue, Whaa Whaa Whaa Whaa Whaa

without a love of my own.



Triste luna, mi vedi qui da solo
Senza un sogno nel mio cuore, senza un amore tutto mio.
Triste luna, tu sapevi per quale motivo ero qui
Mi hai sentito dire una preghiera per
Qualcuno a cui tengo veramente.
Triste, triste, senza un amore tutto mio.
Triste luna, mi hai visto stare solo
Senza un sogno nel mio cuore, senza un amore tutto mio...

 

 

(Blue Moon, Lorenz Hart / Richard Rogers)

 

 

 

 

 

Mustang giocherellò con la bolla di sapone che era rimasta appiccicata al vetro del bicchiere. La scoppiò e poi bevve un altro generoso sorso di liquore. Il ghiaccio tintinnò, coprendo per un istante lo sciabordio dell’acqua.

Si perse a contemplare la luna piena fuori dalla finestra semiaperta, una bluemoon, come veniva chiamata in gergo dagli astronomi. Ma a lui interessava ben poco, se in quel mese le lune piene erano state due o trenta. Si dissetò nuovamente, svuotando il contenuto in un’unica sorsata. E quello cos’era? Il terzo? Il quinto? Il decimo bicchiere?

Non gliene fregava un cazzo. A dirla tutta.

Nessun Edward Elric sarebbe venuto a tirarlo fuori da lì, stavolta. E lui ne era ben consapevole.

 

Si riempì il recipiente di nuovo, fino all’orlo. E tracannò tutto d’un fiato.

Non si sarebbe ubriacato come quella volta, in cui aveva provato ribrezzo e disgusto di se stesso, si era detto. Però era arrabbiato, e frustrato, e spazientito. E sperava che farsi un goccio e un bagno caldo l’avrebbe aiutato a rilassarsi un po’.

E invece tutto quel silenzio e quel calduccio confortevole gli avevano dato modo di fare bilanci – decisamente cupi - e di lasciarsi a macerare nella sua misera situazione, peggiorando considerevolmente il suo umore.

 

Fuori, in strada, un gruppo di ragazzini faceva baccano. Sentiva il loro chiacchiericcio fin da lì. Stavano andando ad un party, da quel che aveva capito.

 

E chissà lui dov’era? Chissà che stava facendo?

 

 

“Se per lei va bene, vorrei prendermi qualche giorno di ferie. Gli aveva detto, deferente ma irremovibile, entrando nel suo ufficio.

 

“Potrei sapere come mai, di grazia?” si era interessato, celando la curiosità dietro ad un’espressione sorniona. “Sei appena tornato da una missione di ricerca della Pietra… ed è stato un flop, no? Vuoi ripartire?”

 

“Io e Al torniamo a Resembool, per il compleanno di Winry. Gli aveva spiegato, spiccio.

 

“Abbiamo molto da fare, in questo periodo. Obiettò, ragionevolmente. E meschinamente. “E’ gradita la tua presenza.” Si oppose.

 

“L’Esercito può sopravvivere anche senza di me, per qualche dì. Lo contestò.

 

“Acciaio! Io sono un tuo superiore e se dico che-”

 

“Partiamo domani mattina.” Lo aveva interrotto il biondo, e se ne era uscito dalla stanza, in un rosso svolazzare.

 

Mustang imprecò sottovoce. Dannato, cocciuto, indisponente Fagiolo!

 

“Il compleanno di quella strega della meccanica…” masticò, sputando le parole con astio e gelosia. “Maledizione, Ed! Ma quand’è che ti sveglierai?!” sbraitò, sbattendo un pugno contro il pelo dell’acqua che tracimò.

 

Fu in quel mentre che il micio di casa fece il suo ingresso in bagno, saltando agilmente sul lavabo e poi sulla lavatrice, dove si accoccolò, guardandolo attentamente.

 

“Di solito, tu odi questa stanza.” Gli appuntò Roy, supponente, prendendo dallo sgabello la bottiglia e dal secchiello un paio di cubetti di ghiaccio. Sorseggiò un po’ di scotch. “Ti ho già dato da mangiare, se cerchi coccole… gira al largo. Non è serata.

 

Tora si leccò i baffi, sferzando l’aria con la coda, insofferente. Tuttavia non si mosse di lì.

 

“Quindi… manca così tanto anche a te, a tal punto da ricercare la mia compagnia?” insinuò il moro, ingollando l’ennesimo assaggio. Sentire la testa leggera gli impediva di crogiolarsi ulteriormente nei suoi meschini autocompatimenti.

 

Tora, vattene. Mi dai fastidio, se mi fissi.” Lo avvertì, seccato, giocando con la schiuma.

 

“Ma guardati! Sei pietoso!” lo ammonì il gatto, con cattiveria sarcastica e sprezzante.

 

Mustang si girò di scatto, convinto di avere le allucinazioni.

Sì, certamente aveva preso un abbaglio. Quel sacco di pulci non poteva aver parlato.

Rise sguaiatamente di se stesso e di tutta quella situazione surreale.

 

“Io non ci vedo proprio nulla di divertente. Precisò il micio, stiracchiando le zampe anteriori e risedendosi.

 

Tora, questa conversazione non sta avvenendo! Perché… altrimenti sarei impazzito, e io non sono pazzo!” chiarì, trafelato. Il bicchiere cadde a terra, sul morbido tappetino che ne attutì la caduta.

 

Meowww…”

 

“Ecco, sì. Appunto. Forse ho bevuto un po’ troppo. Prima mi era parso di…”

 

“Preferisci che ti parli così? Meooww…” ironizzò la bestia tigrata. “Ma tu di solito non capisci, se comunico con te in questo modo. Il Felinese, non lo sai.” Lo prese in giro, grattandosi dietro l’orecchio destro.

 

“Questa conversazione non sta avvenendo!” ripeté, esasperato.

 

“Vuoi piuttosto un monologo?, mi sta bene.” Concesse l’animale, fingendosi magnanimo.

 

“TORA!!” urlò Mustang, alterandosi di brutto.

 

“FFFRRR… potresti smettere di gridare? Le mie orecchie feline sono sensibili, ci sentono benissimo!” protestò, muovendo la testa come fosse un pendolo.

 

Que-questo è un sogno, un incubo, un…”

 

“Una chiacchierata tra animale e padrone? Ti secca?”

 

“Certo che mi secca! Ti sembra normale?!

 

“Perché? Tu non sei normale?” insinuò la bestiola tigrata, leccandosi poi i baffi. “Sai qual è il tuo problema?”

 

“IO NON HO PROBLEMI!”

 

“Tu hai un mare di problemi.” Lo contraddisse. “Ci navighi dentro da così tanto tempo che mi stupisce se resti ancora a galla. Malignò, acre.

 

“Le tue considerazioni non mi sfiorano neppure, dannato sacco di pulci!”

 

“Secondo me, hai bisogno di uno bravo. Tipo qualche veterinario che-”

 

“Che mi rimetta a piombo, magari! No, grazie.” Lo derise. “Se vado in giro a dire che parlo col mio gatto, mi mettono una camicia di forza, mi chiudono dentro un istituto e buttano via la chiave. Addio Comandante Supremo.”

 

“Sei stato molto maleducato ad interrompermi. Lo rimproverò, leccandosi il pelo. “Il mio voleva essere un altro tipo di suggerimento…” concluse, sibillino.

 

“Ti do tempo tre secondi.”

 

“Fatti passare la gelosia per l’amichetta meccanica; è un consiglio spassionato. Edo vuole me. Vuole più bene a me che a te. Calcò bene, con una piccola pausa ad effetto. Ottenne di farlo infuriare ancor di più.

 

“Zitto, tu!” ululò, incazzandosi come una bestia. “Vattene!, ORA!!” latrò, cercando la prima cosa a tiro. Gli lanciò contro la saponetta, ma il micio si abbassò appena in tempo, schivandola e ghignando divertito.

 

“E’ di questo che dovresti preoccuparti.” Rincarò. “Parola d’amico.”

 

Roy ritentò con lo shampoo, sbagliandolo clamorosamente. Tora, da sopra la lavatrice, non si scompose assolutamente.

 

Brucia, eh?!” infierì. “Nell’orgoglio, intendo.” Precisò, zampettando in basso, e riaccoccolandosi sul tappetino davanti al lavabo. Sistemò con una zampata una piega della piccola stuoia, lisciandola con cura. Lo ignorò volutamente, poi si decise a puntare gli occhi felini su di lui, che ribolliva nella vasca.

 

“Finché ci sarò io, tu-non-hai-speranze. Maoowww.”

 

“Figlio di una buona gatta! Aspetta che ti acchiappi!!” gli strepitò addosso il moro, sollevandosi in piedi e schizzando acqua ovunque. Si aggrappò di fretta alla manopola rossa e allungò un piede malfermo sul pavimento scivoloso. Barcollò, cercando un equilibrio – per quanto precario - che gli permettesse di far uscire anche la seconda gamba. Il secchiello del ghiaccio cadde a terra, sparpagliando cubetti dappertutto, mentre Roy imprecava contro di sé, contro Tora e contro ogni cosa esistente al mondo.

 

Ma, seppur nel trambusto, la bestiaccia non si spostò di un millimetro. Sferzava l’aria con la coda, più divertito che infastidito dal caos che si era venuto a creare. Sembrava quasi che stesse lì fermo di proposito, in comoda attesa del suo arrivo, per nulla intimorito dalle minacce e dalle sue urla.

 

“Ora vedrai!” preannunciò l’uomo, arrancando con passo vacillante. E non vide la saponetta – la medesima saponetta che aveva lanciato egli stesso, poco prima – e ci finì sopra.

Non ebbe modo di stringersi a qualcosa, ad un appiglio - non ebbe neppure anche solo il tempo di pensare di farlo - e rovinò a terra con tutto il corpo, di peso, in un tonfo sordo.

… e il mondo si fece nero attorno a lui.

 

 

Fine



Disclaimers: I personaggi e la strofa della canzone citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.

 

Note varie: avevo già preannunciato possibili ritardi d’aggiornamento, quindi non starò qui a scusarmi. Ho cercato di finirlo appena mi è stato possibile.

Quello che mi rattrista non poco è vedere che – nell’ultimo mese abbondante (4 postaggi) – le recensioni sono scese da 30 a 28, a 26 a 22.

Intendo dire che 8 recensioni di meno non sono bruscolini.

Posso capire che la gente possa avere anche i propri motivi, o magari poco tempo, ma il numero di letture parla chiaro: ogni cap supera ampiamente le 300 aperture in pochi giorni.

Detto ciò, siete vivamente pregati di utilizzare quella cosetta carina che si chiama  freccia ß (capitolo precedente) e di lasciare un commento, un’impressione o un suggerimento.

Abbiamo tutti degli impegni, non sto qua a sindacare; ma sono settimane che mi faccio ‘il mazzo’ e salti mortali (rinunciando a molte cose) perché possiate leggere regolarmente la fic.

Per favore, evitate di chiedere scusa. Mi rimetto al vostro buonsenso.

 

E ora passo alla fic.

Il titolo non credo necessiti di spiegazioni.

In molti lettori, via mail, mi hanno chiesto - nel tempo - se avrei mai fatto parlare Tora.

All’inizio avevo detto di no. Ma poi… chi lo sa? Non tutto è come sembra.

Con il termine ‘Blue Moon’, come ha già accennato Roy nella fic, viene chiamata la seconda luna piena in uno stesso mese.

E con questo capitolo comprendiamo che il degrado di Mustang (morale e fisico) può non avere fine…

Shatzy mi ha mosso un dubbio lecito: esistevano le lavatrici a quel tempo?

Perché effettivamente Trisha lavava a mano i panni.

D’altra parte, anche le nostre nonne, nelle zone rurali, lavavano e (alcune ancora oggi) i panni a mano, nella fontana della contrada.

Nel nostro mondo, la risposta è questa: La prima “macchina per lavare” nacque nel 1767 da un’idea di Jacob Christian Schäffern, teologo di Ratisbona.

L’invenzione non fu particolarmente ispirata, se non fosse per la presenza di una prima rudimentale centrifuga da azionare a mano. Ma è solo nel 1906 che Alva Fischer costruì il primo prototipo di lavatrice elettrica. L’elettrodomestico concepito dalla Fischer però aveva il grande difetto di avere il motore posizionato molto vicino al cestello, e quindi il rischio di cortocircuiti e di scosse elettriche era alto.

Bisogna aspettare fino agli anni Trenta perché venga pensato l’isolamento del motore.

Al giorno d’oggi, la lavatrice è molto cambiata dai primi anni della sua esistenza e grazie all’avvento della domotica, le lavatrici sono diventate automatizzate […]

Quindi sì, immagino che ci fosse anche ad Amestris.

 

Non commento questo capitolo. Mi riservo di farlo nel prossimo. Ora sono curiosa di vedere cosa ne pensate tutti voi.

 

Precisazioni al capitolo precedente: Mi è stato chiesto se il comportamento della gatta incinta è plausibile.

La signora dell’ENPA con cui ho parlato, e che mantiene circa 30 gatti abbandonati, è convinta che molte gatte diventino molto più coccolone e cerchino molto più affetto da gravide. Diventano nervose e diffidenti, sfuggenti, in prossimità del parto. Momento in cui possono chiaramente far capire al padrone se vogliono accanto a sé la sua presenza oppure vogliono essere lasciate sole.

 

Nel corso del tempo, Roy non ricercherà solo amichette colte. Forse non l’avevo ben chiarito, ma già nel primo cap di It’s si è accennato al fatto che Roy sente qualcosa di scomodo crescergli dentro, qualcosa con cui teme di dover fare i conti. Già nel lontano 3° cap, c’era stato un altro incontro con una sgualdrinella. Anche lei bionda, con occhi castano chiaro. Ovviamente i richiami sono voluti, sin da allora.

Non chiedetemi da quando Roy ama Ed. Di preciso non lo so. E’ un sentimento a lungo negato, sublimato. Ammirazione e stima che si è trasformata in qualcos’altro.

Ma cercate di capire che per Roy NON è stato mai semplice, né accettarlo né cambiare orientamento sessuale. Il fatto che ricerchi la compagnia di donne, benché infastidisca pure me, è quasi legittimo. Del resto… noi sapevamo come sarebbe finita, lui no! ^^

Il fatto che non si ricordi il nome delle signorine ha una spiegazione di matrice psicanalitica.

Indica inconsciamente la volontà di non essere coinvolto, di creare parentesi ben definite oltre cui non si deve oltrepassare mai. Il nome dà identificazione. Il resto è illusione. Fuga.

 

Bene. Al prossimo aggiornamento. Per festeggiare un anno di It’s.

 

 

 

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Capitolo 56
*** Cane da riporto ***


Il seguente scritto contiene impliciti riferimenti yaoi

Il seguente scritto contiene impliciti riferimenti yaoi.

Per ulteriori spiegazioni, compreso il titolo, vi rimando alla conclusione della fic, dopo la lettura.

 

 

Ed eccoci davvero al primo compleanno di It’s raining.

Esattamente oggi, un anno fa, mi accingevo a postare il primo capitolo di quella che non avrei mai creduto divenire la mia saga più lunga e impegnativa, e (senza dubbio) quella che mi sta facendo avere maggiori soddisfazioni.

In questo lungo anno, ci sono persone che mi hanno seguito fin dall’inizio, alcune hanno abbandonato, altre si sono aggiunte strada facendo. Qualcuno è persino tornato, colto dalla nostalgia.

Ho accarezzato l’idea di ringraziarvi uno ad uno, ma avrei finito fra tre settimane... ^^’’

Il mio sogno è di passare un altro anno con voi, raggiungendo il 100° capitolo, se sarà possibile.

Ma la strada è ancora lunga. Mi serve che continuiate a sostenermi. (Perché i cali ispirativi e le incertezze colpiscono anche me, come tutti.)

Io, da parte mia, cercherò di continuare a dare il massimo delle mie possibilità e proverò a venirvi incontro.

 

Per quest’aggiornamento, ad esempio, avevo pensato di scrivere un capitolo diverso, speciale, per festeggiare il primo anniversario di questa fic.

Ma molti di voi erano in pensiero per le sorti di Roy (svenuto, nudo su quel freddo pavimento. Gli verrà male al pancino? XD) e quindi ho deciso di accontentarvi.

Questo capitolo è il seguito del precedente, n°55Dog, Cat & Blue Moon’.

 

Ai vecchi e ai nuovi lettori.

Grazie.

 

 

Cane da riporto

 

by elyxyz

 

 

 

 

Quando Mustang riaprì gli occhi, le luci asettiche del neon lo ferirono, costringendolo a chiudere in fretta le palpebre, con un mugugno di fastidio.

Riprovò con più lentezza, al secondo tentativo, abituandosi al riverbero accecante che illuminava a giorno la stanza.

 

Edward Elric se ne stava lì, a mezzo metro da lui, seduto su uno sgabello col naso affondato in un libro dall’aria avvincente – probabilmente qualche astruso tomo di Alchimia Arcaica.

 

Il Colonnello rimase qualche istante ad osservarlo, stordito, senza sapere bene che fare: se chiamarlo, se fargli capire che era sveglio, se aspettare che se ne accorgesse da solo (cosa assai improbabile, in tempi brevi o ragionevoli, conoscendo il soggetto e la sua capacità di estraniarsi dal mondo mentre leggeva). La fortuna, tuttavia, girò dalla sua parte, perché in quel preciso istante Edo sollevò lo sguardo per girare pagina e si accorse di due pozze d’oro nero puntate su di lui.

 

“Oh, Taisa! Si è svegliato, finalmente!” lo accolse, alzandosi e avvicinandosi al letto. “Come si sente? Ha bisogno di qualcosa?”

 

Roy sbatté la palpebre, confuso. Stava sognando? Era tutto vero? Ma soprattutto... dov’era e cos’era successo?

 

Aprì la bocca, e comprese di avere la gola arida. Deglutì a fatica. Cercò di risollevarsi, ma improvvisamente realizzò che non ci riusciva. Fissò allarmato il tutore che gli impediva di muoversi. 

 

“La smetta di agitarsi, che è peggio!” lo sgridò Ed, versandogli un bicchiere d’acqua e porgendoglielo.

Mustang bevve avidamente. Poi chiese spiegazioni.

 

“Ha una spalla lussata e una lieve commozione cerebrale. Lo aggiornò. “Più una decina di ematomi qua e là, ma niente di grave. La terranno in osservazione fino a domani, solo per scrupolo. Lei ha la testaccia dura, non si preoccupi. Ma si ricorda cos’è successo?”

 

Scosse il capo in segno di diniego. Di preciso non ricordava niente.

Solo che Edward gli aveva chiesto una licenza per…

 

“Ma non eri a Resembool?” chiese, meditando sul fatto che quella era l’unica cosa certa che il suo cervello si degnava di rispolverare. Rammentava il modulo di richiesta ferie di Acciaio, la loro breve discussione infruttuosa, e poi che era stato di pessimo umore tutto il giorno, e quello successivo, e anche il seguente. E dopo aveva chiesto ad Havoc di andare a bere qualcosa insieme a lui, per distrarsi, ma il Sottotenente aveva rifiutato, perché aveva un appuntamento con una moretta tutta curve, e lui allora… cosa aveva fatto? Era rincasato, aveva dato da mangiare a Tora e aveva cenato, e poi… e poi c’era il vuoto più assoluto. “Come ci sono finito, io, qui?”

 

Edward sorrise, invitandolo alla calma. “Una cosa per volta, ok?”

 

L’altro annuì.

 

“I ragazzi l’hanno trovata svenuto in bagno. Dev’essere caduto, o scivolato…”

 

E di colpo, come se nel cervello di Roy fosse avvenuta una deflagrazione nucleare, una serie di immagini scomposte e frammenti di dialogo si assommarono, si sormontarono, si completarono.

 

Ed lo vide sussultare, come se fosse stato schiaffeggiato. “Si sente bene? Devo chiamare un dottore?”

 

N-no…” rifiutò, strofinandosi gli occhi con l’unica mano libera. “Devo ricordare se...”

 

“Sta ricordando?!” domandò Fullmetal, speranzoso.

 

E l’altro preferì mentire. “No. Nulla.”

 

“Con la commozione cerebrale è frequente. Però dopo andrà tutto a posto, l’ha detto anche il medico che l’ha visitata.

 

Ma Roy si era perso quelle rassicurazioni, troppo intento a ripescare i pezzi di quel puzzle scombinato. Riviveva il momento in cui s’era portato dietro il secchiello del ghiaccio e la bottiglia di whisky, poi s’era messo in ammollo, e aveva bevuto. Parecchio. E poi?

Poi Tora era entrato in bagno e...

 

“Le avevo telefonato per chiederle di posticipare il rientro di un paio di giorni e lei non rispondeva…” Stava raccontando Ed, allarmato. “Le avrò telefonato 20 volte, finché Tora non ha risposto…”

 

... e quel bastardo di un gatto non lo aveva fatto infuriare, con le sue malefiche insinuazioni...

 

“Ha parlato anche a te?!” gridò, registrando l’ultima frase di Acciaio.

 

“Sì, certo. Come no?” scherzò il biondo, con un sorrisetto strafottente.

 

“Ma hai appena detto che…”

 

“Ha continuato a miagolare nella cornetta.

 

“Ma ha risposto!!

 

“Non si agiti, non le fa bene…” gli consigliò, per stemperare l’ansia crescente del suo superiore.

 

Roy si lasciò ricadere sul cuscino, palesemente scontento e nervoso.

 

“Sì, che ha risposto; se sa aprire le porte delle camere, aggrappandosi alle maniglie, perché vuole che non riesca a spostare con le zampe una cornetta? Non è mica sordo, sa che il rumore viene da lì. L’avrà infastidito lo squillare continuo.

 

“E...?”

 

“E allora ho pensato che qualcosa non andava… il venerdì, lei è sempre a casa!”

 

‘Perché ci sto con te.’ Avrebbe voluto ribattere. Vi rinunciò.

 

“Quindi ho chiamato in Caserma, e ho mandato Falman e Fury a controllare.

L’hanno trovata svenuto nel bagno. Adesso ha un leggero trauma cranico. La terranno sotto controllo e poi la dimetteranno. Ripeté, come se la botta l’avesse reso anche scemo. Sbuffò. “E’ mai possibile che, se io la lascio solo due giorni, lei debba combinare sempre qualcosa?!” lo sgridò, dando fondo al suo stato apprensivo. “A volte, mi domando come sia sopravvissuto finora in quella casa da solo!”

 

“E’ tutta colpa di quel sacco di pulci!” masticò tra i denti.

 

“Al contrario!” lo smentì. “Tora le ha salvato la vita! Dovrebbe essergli grato…”

 

“Ma al telefono… sì, beh… ti ha parlato?” richiese, titubante, riprendendo la questione che gli stava veramente a cuore.

 

“Sì.” Rispose sicuro Ed, pensando che scherzasse. “Una lunga chiacchierata su quanto lei fosse un Taisa stupido e irresponsabile!”

 

L’Alchimista di Fuoco sussultò, colpito e affondato.

 

Edo perse baldanza. “Scherzavo, sa? Come può anche solo immaginare che un gatto sia capace di parlare la nostra lingua? Non è che il colpo alla testa è stato più forte del previsto ed è impazzito del tutto?” sbottò, incurante dell’irrispettosità di tale affermazione.

 

“Ho bisogno di sapere com’era messo il bagno, nel momento in cui mi hanno trovato. Lo chiederò ai ragazzi.”

 

“Uhm… ma a che le serve?! Comunque sarà difficile, ha fatto un tale casino! Fury mi ha detto che c’era acqua dappertutto, un secchiello vuoto rovesciato a terra, una bottiglia in frantumi; gli ultimi cocci li ho raccolti io, qualche ora fa, quando sono andato a dare da mangiare a Tora.

 

“C’era anche una confezione di shampoo o una saponetta?” l’interrogò, come se fosse di vitale importanza saperlo.

 

“Certo.” Annuì. “Di solito, nei bagni ci sono.” Ironizzò Ed. “Servono a lavarsi, sa?”

 

“Acciaio! Non scherzare! Io ho bisogno di sapere!”

 

“Perché? Cosa cambierebbe? Lei era ubriaco, ed è caduto. Punto e stop.” Tagliò corto, con un vago tono di rimprovero nella voce.

 

Roy non se la sentì d’insistere ulteriormente. Avrebbe indagato a modo suo, appena gli si fosse presentata l’occasione giusta, anche se era certo che, più avrebbe atteso, meno risposte avrebbe ottenuto. Questo gli fece ricordare un’altra cosa.

“Da quant’è che sono qui? Per quanto ho dormito?”

 

“E’ successo solo ieri sera. Quindi… direi da meno di 12 ore.”

 

“E tu… come fai ad essere qui?”

 

“In che senso?”

 

“Il treno da Resembool non parte mai prima di mezzogiorno…”

 

“Sì, beh…” temporeggiò, imbarazzato. “Mi sono spaventato parecchio e, nella fretta di tornare, ho tirato fuori l’orologio d’argento e ho requisito un treno merci in partenza…” si grattò la nuca, guardando altrove con immenso interesse. “Non volevano passeggeri, quindi ci ho litigato un po’ e alla fine ho vinto io... Ma è tutta colpa di Breda, che mi ha angosciato descrivendola mezzo moribondo. Altrimenti, col cavolo che tornavo…”

 

Eppure Roy non riuscì a non sorridere, felice. Lo nascose con una smorfia provocata dalla spalla contusa.

“Pensi di ripartire?” domandò, cercando di impostare un tono volutamente neutrale. Benché desiderasse esattamente il contrario.

Lo voleva con sé, vicino a sé. Tutto per sé. Fanculo se era un pensiero egoista.

 

“No. Ovviamente, no. Ho già parlato con Al - anche lui era preoccupato, sa? -, e abbiamo concordato che lui rimarrà qualche giorno, io resterò qui. Chi si occuperebbe di Tora, altrimenti?

E anche lei, con tutto quel catafalco attaccato al busto… dovrà rimanersene a letto. Ma non creda di bighellonare, non è mica una vacanza! L’ha detto anche lei che siamo pieni di lavoro in questo periodo! Le porterò quintali di pratiche da leggere e firmare…”

 

Mustang fece un’espressione comicamente sconvolta.

“Io ho perso la memoria, non so chi sono… come pretendi che sappia capire le carte che leggo?” piagnucolò, in tono teatrale.

 

“Non ci provi. Non attacca! Lei non le legge mai, le carte! Tocca sempre al Tenente Hawkeye smistarle al posto suo! Non cambierà poi molto… faccia così con la manina…” aprì e chiuse di scatto l’auto-mail per un paio di volte. Roy lo imitò, seppur riluttante.

“Perfetto, la mano destra è più che funzionante!” gioì, prendendolo in giro, in un ghignetto che sapeva di vendetta.

 

“Ho l’impressione che mi starai col fiato sul collo…” gemette il Colonnello, compatendosi da solo.

 

“Naturalmente! Così impara ad interrompere le mie meritate ferie con i suoi giochetti acrobatici. Si diresse alla volta dell’attaccapanni, infilandosi il familiare cappotto rosso. “Verrò a prenderla domani pomeriggio, quando la dimetteranno. Cerchi di non suicidarsi cadendo dal letto, stanotte. La prego.” Ironizzò, congedandosi.

 

… Al Colonnello, non rimase che meditare.

 

 

 

Il giorno dopo…

 

 

 

Mustang attraversò l’uscio della sua abitazione, cercando di non sbattere contro il legno né la spalla infortunata né il gomito bloccato dal tutore. Si rivelò un’impresa titanica.

 

Edward attese pazientemente che il suo superiore si togliesse i mocassini con una pedata maldestra, poi appoggiò il borsone e li ripose diligentemente nella scarpiera, cercando un paio di pantofole per sé e per il padrone di casa. Non fece neppure in tempo a suggerirgli di accomodarsi sul divano, che l’altro – in una mossa fulminea tra sofà e tappeto – aveva urtato accidentalmente il vaso di fiori che stava sul tavolino basso davanti ai suoi piedi.

Fortunatamente il contenitore non si era rotto, ma l’acqua si era sparsa ovunque. Roy imprecò tra sé, a mezza voce.

 

Ed sbuffò, rassegnato, offrendosi di ripulire il guaio, a patto che stesse più attento e non si distruggesse l’appartamento prima dell’ora di cena.

Fu in quel mentre, che il loro micio tigrato fece il suo ingresso, salutandoli con un festoso miagolio di bentornato. Corse poi a strusciarsi sulle caviglie di Edo.

 

“Ti darò da mangiare tra poco, porta pazienza. Prima sistemo questo disastro. Non vedi che confusione ha fatto, quel pasticcione distratto del Taisa?” Gli spiegò, grattandogli amorevolmente il pelo dietro le orecchie.  

 

Mustang avrebbe giurato che Acciaio si divertisse un mondo, a prenderlo in giro e a offenderlo indirettamente in quel modo. “Ti rendo noto che sono qui presente, e che le mie orecchie funzionano a dovere, Fullmetal. Precisò, per puro puntiglio personale. Però lo sapeva bene…

Edward non sarebbe mai stato meno insolente di così.

 

“Avanti, Tora, vai a salutare il Colonnello…” consigliò al felino, raccogliendolo da terra e portandolo direttamente verso l’Alchimista di Fuoco.

 

“NO! Non se ne parla neppure!” ululò questi, agitandosi.

 

Taisa! Ma che le prende?” si stupì Elric, arrestandosi a pochi passi da lui. “Lei si ricorda di Tora, vero?” l’interrogò, a metà strada fra il sarcastico e il preoccupato.

 

“E chi se lo scorda!” guaì il moro, rifiutando l’animale che l’altro gli porgeva.

  

“Ma si può sapere che le succede?!” domandò, spazientito. “Gli antidolorifici le danno alla testa?”

 

“Ed! Tora parla! Ne sono convinto e devo verificarlo!” spiegò, concitato.

 

“Oh, sì. Certo!” Ironizzò. “Ha sempre parlato… Tutti i gatti parlano. Vero, Tora?”

 

Meeoooww…”

 

“Ecco!, visto?”

 

Roy fece un’espressione frustrata.

Non ne aveva le prove, non ancora. Ma era quasi sicuro di non aver sognato tutto, e di non essere impazzito. Sì, avrebbe cercato di capire. Ne andava della sua sanità mentale, in fondo!

 

Ora io appoggio qui il gatto. Vede?” scandì con lentezza e lo indicò, come se la bestiola fosse una cosa delicata e lui fosse idiota.

Poi, andrò a prendere uno straccio nello sgabuzzino. Non deve toccarlo per forza, ok?”

 

“Non sono rimbambito, sai?” sibilò, offeso.

 

“Tanto meglio.” Si risolvette Ed, alzando le spalle come a liquidare il tutto. “Ah!, questo mi fa ricordare un’altra cosa. Ho chiesto alla truppa, stamattina, riguardo a saponette e shampoo, - quella domanda strana che mi ha fatto lei. Ma nessuno ricorda niente. Potevano esserci, oppure no. C’era troppo disordine e hanno ripulito in fretta. Pensavano di farle un piacere. Quindi non li stressi.” E si avviò.

 

Ma nel momento stesso in cui Acciaio scomparve in corridoio, il micio si appressò a lui, accoccolandosi ai suoi piedi.

Dannato sacco di pulci!

“Stammi alla larga, brutto bastardo. Io scoprirò la verità!” Lo minacciò, in un sussurro udibile solo fra loro.

 

Tora scosse la testa.

Mi-hi-hi-hi-aooo…”

 

Edo fece il suo ritorno in quel mentre, interrompendoli, e si chinò ad asciugare e a ripulire.

 

“Hai sentito?!” gridò il Colonnello, infervorandosi e additando il gatto. “Ha riso! Si sta prendendo gioco di me!”

 

“Cos’è che avrebbe fatto?!” domandò, stupito. “Stava tossendo. Anche l’altro giorno lo faceva…”

 

“NO! Non ti sembra che abbia riso di me?!

 

Edward scosse la testa, con rassegnata ironia. “Lei è paranoico, lo sa?”

 

Roy dovette ingoiare ciò che sapeva. Come avrebbe reagito Mame-chan, credendolo pazzo?

Sospirò. “Lasciamo perdere.”

 

Ma gli sarebbe sempre rimasto il dubbio che...

 

 

Fine



Disclaimers: I personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.

 

Note varie: il titolo, anzitutto. Cane da riporto è quel genere di cane utilizzato nell’arte venatoria (altresì detta caccia), perché addestrato a riportare la preda uccisa al padrone. Mi piaceva giocare sul titolo, perché l’incidente del bagno ha riportato Ed da Roy, ma nello stesso tempo Ed è un cane da riporto, perché torna sempre dal suo padrone *__*

 

Ecco un’altra volta il nostro Taisa preferito all’ospedale ^____^ (Dio, quanto mi diverte!) però, benché anche questo sia un post-sbronza, non ha molto a che spartire con il precedente post-sbornia (cap. 16Mai svegliare il can che dorme!’ à ricordate il pugno di Ed? XD).

Ho cercato piuttosto di costruire un parallelo con un’altra situazione, quella del cap. 41Le ferite di guerra di un cane dell’esercito’(Il mitico Tronchetto della Felicità XD del Taisa, su cui Tora si era rifatto le unghiette).

 

Allora… alzi la mano chi crede che Tora abbia parlato per davvero! ^__=
E gli altri pensano che sia tutto un delirio del Taisa?

Mi spiace, dovrete tenervi il dubbio, come Roy. XD

 

Il catafalco, in cui hanno imbrigliato il Colonnello, è il tutore per chi ha una spalla slogata. Per farla rimanere in sede, il braccio rimane sollevato a 90° rispetto al fianco, con una struttura rigida.

Mio zio l’ha provato. Giura che è scomodissimo, continuava a sbattere ovunque.

 

 

Precisazioni al capitolo precedente: No, Roy e Edo non stavano insieme. Altrimenti credo che Roy avrebbe utilizzato altre rimostranze, per convincerlo a rimanere, non la scusa deltanto lavoro in ufficio’.

Mi è piaciuto tantissimo il parallelo di Tora con lo Stregatto di ‘Alice nel Paese delle Meraviglie’! ^___^

X Beat: avete deciso il nome del nuovo micio? *__*

X Secchan: mi hai chiesto info sui caratteri delle pagine, e ti ho mandato una mail attraverso il ‘contatta autori’ di EFP. Ti è mai giunta? Ricontattami: elyxyz@alice.it

 

Vengo al commento di Red Robin:

Sinceramente non capisco se la recensione è fatta per farsi due risate, come critica costruttiva o che altro. Una cosa così piena di errori… mi è venuto il dubbio che fosse uno scherzo.

La prendo in buona fede, e mi sembra giusto chiarire un paio di cosette.

Per prima cosa, non mi sono offesa assolutamente per ciò che hai scritto. Se le pensi veramente, sono felice che tu me le abbia dette. Anche se non capisco perché tu legga fic yaoi, se poi non ti piacciono le fic a tematica omosex. Qui non è questione di pair, ma di relazioni gay. E’ un po’ come se io odiassi il calcio e poi mi guardassi le partite, criticando un branco di idioti che corrono dietro ad un pallone. Mah.

‘Ultimamente la gente non ha tempo’  è una scusa vecchia come mio nonno. E’ statisticamente impossibile che tutti i lettori stiano facendo la maturità. Il calo si vede dai primi di aprile. Erano tutti in febbrile studio?

Il mio ultimo cap 55 è stato aperto (e credo letto) 200 volte in 6 ore dalla sua pubblicazione. Quindi c’erano 200 anime su EFP, che anziché studiare leggevano la fic. Bene. Cosa costa un minuto in più per recensire? Chi non ha tempo, non ha tempo neppure di leggere.

Ho visto il primo commento dopo la 50ª apertura. E gli altri?

Il calo di recensioni diffuso, si chiama pigrizia diffusa. Il tempo, se si vuole, lo si trova. Prima o poi.

Forse quella strana sono io, non so. Non riesco a capire.

Io non leggo fic inconcluse. Non sopporto di attendere mesi per leggere una conclusione (che forse neppure vedrò, perché molti abbandonano le loro storie). Quindi attendo che finisca, e poi la leggo e recensisco. Ma commento sistematicamente tutte quelle che leggo. Mi sembra il minino dare un parere, un consiglio, un’opinione sul lavoro di chi ci ha messo fatica e tempo.

Hai detto ‘ultimamente fai cilecca’. Grazie della sincerità. Però vorrei capire dove e come.

Subito dopo affermi che sono i primi capitoli ad essere incasinati. (Cioè quelli postati un anno fa?)

Ma se hai appena detto che sono gli ultimi, quelli con i problemi!

Mi sembra tu abbia le idee un po’ confuse…

Sul fatto che mescolo momenti in cui Roy e Edo sono amanti, ad altri in cui non stanno neppure insieme, hai ragione.

Ma ho detto decine di volte che questa fic è una raccolta, NON una long-fic. E sinceramente credo che uno dei suoi punti di forza sia proprio questo continuo salto temporale tra presente e passato, in cui il lettore conosce nuovi particolari e li unisce ai vecchi, scoperti nel tempo.

Ci tengo anche a ricordare che ho sempre specificato (riportando numero del cap e titolo) quando un capitolo era direttamente legato o collegato ad un altro.

Sarebbe impossibile e impensabile riordinarli cronologicamente adesso.

Oppure dovrei smettere di aggiornare per un anno, scrivere i restanti 50 capitoli mancanti, e poi postarli in ordine. Ma non so quanta gente sarebbe d’accordo.

Non so come aiutarti, come rimetterli in ordine.

Ci sono capitoli che segnano dei punti fissi, come:

‘La gatta sul tetto che scotta’ (cap 4), perché da lì in poi Ed va da Roy anche per studiare, non solo per Tora.

Kiss the rain’ (cap 12), la loro dichiarazione.

‘Gatto nero, gatto bianco’ (cap 25): la loro prima volta.

‘Stelle a quattro zampe’ (cap 46): la promozione di Roy a Generale di Divisione e di Edo a Colonnello.

A breve, ne arriveranno altri, che segneranno nuovi traguardi.

Una cronologia è impossibile, perché gli eventi di certi cap entrerebbero in contrasto tra di loro.

Ma molti si possono inserire a piacimento del lettore, e mi sembra che sarebbe una forzatura obbligarvi a pensarla come me.

Se vuoi togliere la fic dai preferiti, perché ti senti deluso/a (scusa, non so come definirti, visto che ti piace giocare su questa ambiguità) sei libero/a di farlo. Non sei il primo che l’ha fatto, e non sarai l’ultimo.

L’ultima cosa che mi preme da dire è che, se certi episodi si ripetono (tipo la sbronza nella vasca), non è per mancanza di idee, ma perché mi piaceva creare dei richiami. Offrirvi la possibilità di fare dei confronti, su ciò che è cambiato e ciò che è rimasto tra Ed e Roy.

Concludendo, ti invito a rileggere un commento prima di postarlo. Il regolamento prevede che non siano zeppi di errori. E’ un indice di poco rispetto per chi lo leggerà.

 

E ora la mia domanda è: chi non commenta, la pensa come Red Robin? E’ scontento di come va la fic, ma non vuole dirlo?

In quel caso vi pregherei di farvi sentire, a maggior ragione. Grazie.

 

 

Un’ultima nota da festeggiare (almeno per me).

 

Stamattina ho raggiunto la 100ª preferenza come autrice  ^____^

Ne sono davvero onorata. ^/////^

 

 

 

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(Chiunque voglia aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio crede)


Come sempre, sono graditi commenti, consigli e critiche.


Grazie (_ _)

elyxyz

 

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Capitolo 57
*** Canini felini ***


Mustang s’abbottonò l’ultimo passante della camicia, uscendo dalla sua camera da letto

Il seguente scritto contiene impliciti riferimenti yaoi.

Per ulteriori spiegazioni, vi rimando alla conclusione della fic, dopo la lettura.

 

 

A chi ha recensito i precedenti capitoli della raccolta.

E a quanti commenteranno.

Ai vecchi e ai nuovi lettori.

Grazie.

 

 

Canini felini

 

by elyxyz

 

 

 

 

Mustang depose con cura la divisa per l’indomani, e s’abbottonò l’ultimo passante della camicia, uscendo dalla sua camera da letto. Sentiva le chiacchiere divertite di Acciaio fin da lì, insieme alle lotte giocose che si consumavano in salotto.

Percorse lentamente il corridoio; appoggiatosi pigramente contro lo stipite, osservò Edward e Tora azzuffarsi vivacemente sul divano. Forse era il gatto ad avere la meglio, perché sembrava godersela un mondo a mordere e a graffiare l’auto-mail di Fullmetal che, dal canto suo, stava più che volentieri al gioco.

Era piacevole, dopotutto, guardare quei due cuccioli bisticciare in quel modo. Stiracchiò le labbra in un sorriso pigro, dal retrogusto amaro.

Se avesse palesato la propria presenza, il giovane Elric avrebbe smesso all’istante di comportarsi in modo così naturale e infantile e si sarebbe imposto un comportamento più consono ma più ostile, davanti a lui. Un po’ si sentiva pure in colpa… se lo avesse punzecchiato di meno, forse Edward si sarebbe sentito più a suo agio, anche in casa sua. Ma per adesso andava bene anche così, intanto c’era Tora a ravvivare l’atmosfera e Acciaio si lasciava andare. Col tempo, forse le cose sarebbero migliorate…

 

Tora!, smettila di rifarti le unghie! Winry mi ucciderà!” lo stava sgridando, in tono divertito, e quindi a vuoto. Ma il gattino non sembrava essere dello stesso avviso, perché con la piccola bocca rosicchiava l’indice di metallo del suo padrone biondo, mentre con le zampine lo teneva stretto.

“Ti farai ma-” l’avvertimento cadde a vuoto, perché d’improvviso Fullmetal si era bloccato, congelando il gioco. Allontanò il micio da sé, afferrandolo per la collottola.

“TAISA!” gridò, allarmato. “Taisa, venga!”

 

Roy si staccò dalla parete, fingendo di essere comparso lì in quel preciso istante.

“Che succede?”

 

Edo teneva il dito meccanico alzato verso il soffitto, e con l’altra mano cercava di sedare il felino, che non aveva compreso che il gioco era finito.

“AHI!” difatti lo aveva morso, ignorando il fatto che la mancina rosa non fosse resistente quanto l’altra. “Tora, stai fermo!” lo sgridò, stavolta arrabbiato per davvero.

“E’… è un dente?” domandò, rivolgendo l’attenzione su Roy.

In una congiuntura tra le falangi artificiali spuntava una scaglietta appuntita color avorio.

 

“L’impressione è quella…” confermò il Colonnello, prendendo tra le mani quella di Ed. Osservò più da vicino. Poi sfilò l’oggetto estraneo, e se lo portò davanti al naso. “Sì, senza dubbio. E’ un dentino da latte. Un canino, forse.”

 

“Gli ho strappato un dente!” si colpevolizzò, preoccupato.

 

“Si è tolto un dente.” Lo corresse Mustang, ridimensionando l’accaduto.

 

Fissarono entrambi il micio che si trastullava con il suo cuscino preferito sul divano, incurante di essere l’oggetto delle loro riflessioni.

 

“Non mi sembra sofferente.” Annotò il Flame Alchemist, più per tranquillizzare Edo che per reale necessità.

 

“Ma ha appena perso un dente!” protestò il biondo, come se la cosa dovesse sconvolgere tutti i presenti.

 

“Ogni bambino perde i denti…” chiosò saggiamente. “E…”

 

Tora non è un bambino!”

 

“A volte, ho il dubbio che lo sia, da come lo tratti!” pettegolò il Colonnello, “Comunque dicevo – prima che mi interrompessi – che non è mica doloroso… è un normale processo biologico, per sostituirli con quelli permanenti…”

 

“Questo lo so anch’io! Ma i gatti perdono normalmente i denti?!

 

Mustang fece spallucce. “E che ne so?”

 

“Lei non mi sta aiutando, sa?” lo ammonì Elric, scrutando pensieroso la piccola zanna, che il suo superiore gli aveva passato, mentre si dirigeva verso la libreria.

 

“Forse quel libro sui cuccioli può dirci qualcosa di più…” gli disse, cercando il tomo in questione.

 

Persino Edward non ebbe nulla da ridire. In fondo, era la migliore idea a disposizione.

Attese con una certa impazienza che l’uomo tornasse vicino a lui, per sapere se aveva fatto un guaio tremendo oppure no.

 

“I gattini nascono sdentati, i primi dentini spuntano intorno alle tre settimane…”

 

“Tagli corto. Questo già lo sappiamo.” Lo sollecitò Ed, riepilogando mentalmente tutte le cose che il cucciolo aveva distrutto perché le gengive gli prudevano.

Anche le mani del Taisa prudevano, in quel periodo, ma per altre ragioni. E, in fondo, un po’ poteva persino capirlo.

Poi però… non era colpa di nessuno, se gli oggetti personali del Colonnello erano più allettanti dei giochini che gli avevano comprato per questo scopo.

 

Mustang riprese. “I denti definitivi rimangono all’interno delle ossa mascellari e mandibolari, le loro corone si completano verso le undici settimane di vita, e successivamente sono spinte attraverso la gengiva.

Dopo il terzo mese, i dentini decidui vengono via via sostituiti con quelli permanenti, nel seguente ordine: incisivi, canini, premolari e molari. Elencò. “Uhm… interessante.”

 

“C’è dell’altro?”

 

“Lasciami controllare…” prese tempo. “Qui dice che le date sono indicative, e che possono variare da gatto a gatto.

 

“Qualcos’altro di importante?”

 

“Sì, che spesso il padrone non si accorge dell’inizio della muta, perché le zanne sono molto piccole e si perdono in giro per casa e talvolta l’animale stesso le ingoia per sbaglio.

 

“Ma sta scherzando?!” sbottò Elric, scettico. “E’ una stronzata, di sicuro.”

 

“Ti sembra che in un libro del genere scrivano boiate?” replicò piccato.

 

“Potrebbe soffocare! Potrebbe andargli di traverso! Potrebbe conficcarglisi in gola!” enumerò, e avrebbe continuato nell’elenco delle disgrazie, se il Colonnello non l’avesse fermato.

 

“Acciaio, smettila! Magari questo non è neppure il primo,” indicò l’oggetto incriminato posato sul tavolino davanti a loro “E di sicuro non è l’ultimo! Probabilmente stava in bilico, e tu gli hai dato il colpo di grazia!”

 

“Questo non mi fa stare meglio…” fece una smorfia. “Dobbiamo verificare.” Deliberò seriamente.

 

Ce lo giochiamo a morra?”

 

“Ovviamente no. Lei mi darà una mano.” Rettificò Edo, acciuffando l’ignara preda.

 

Roy sbuffò, domandandosi se con quel gatto niente potesse andare liscio, per una volta.

“Tu sei troppo apprensivo,” gli notificò, senza tuttavia disubbidirgli. Si sedette sul divano al suo fianco, attendendo che il micio si calmasse. D’altra parete, ritrovarsi a pancia all’aria, con quattro occhi puntati contro il muso, non doveva essere alquanto piacevole. Un po’ gli faceva pena. Ma solo un po’.

 

“Là, in fondo a destra… lo vede?”

 

“Vedere cosa? Con la tua zazzera davanti, non scorgo nulla.

 

Ed si scostò quel tanto da permettergli una sbirciata, poi puntualizzò. “Sembra lì per cadere.”

 

“Prima dovremmo accertarci se stia dondolando o meno.” Suggerì giudiziosamente. “Prego. A te l’onore.” Lo invitò, con quel sorrisetto strafottente con cui, solitamente, accompagnava l’ordine per una missione scomoda, a cui l’Alchimista d’Acciaio non avrebbe potuto sottrarsi.

 

Edward allungò un dito malvolentieri, saggiando la resistenza della piccola zanna, mentre Roy teneva fermo Tora, che si era spazientito - e un tantino risentito - per quest’esame invasivo e fuori programma.

 

“Sì, è in equilibrio precario.” Deliberò, ritraendosi. “Qualcuno deve estrarlo.”

 

Qualcosa mi dice che quel qualcuno non vuoi essere tu. Appuntò Mustang, a mezza strada tra il seccato e il divertito.

 

Il ragazzo aprì la bocca per protestare o negare, o…

 

“Va bene, lo faccio io.” Tagliò corto il padrone di casa, andando ad infilare un guanto in lattice di quelli che usava per le pulizie delle zone sporche.

 

“E’ la bocca del nostro gatto, non una fogna. Annotò Edo, risentito.

 

“Mi serve che faccia attrito e non scivoli via. La superficie è picco-”

 

“Chi sarebbe così minuscolo da fare a gara con un’ameba unicellulare sottosviluppata?!” inveì, partendo per la tangente.

 

Al Taisa non rimase che ascoltare la sequela dei suoi sproloqui.

“Il dente, Fullmetal. Non tu.” Precisò alla fine, giusto per sfizio.

 

Ed raggiunse un delizioso colorito aragosta. “Ah, beh… ehm…” Temporeggiò. “Ma che aspetta?! Si muova! Ogni secondo è sempre più pericoloso!”

 

“Ma quanto sei tragico!”

 

“Non è vero! E’ che mi preoccupo, io.”

 

“Vuoi farlo tu? Mh?” offrì gentilmente, fingendo di passargli il guanto.

 

“No, grazie. Una volta, ne ho tolto uno ad Al… è stato un dramma…” ricordò, rabbrividendo. “Un’esperienza che non amerei ripetere…”

 

“Tu pensa che una volta, al Tenente Colonnello Hughes, un dente era rimasto incastrato nel panino, a scuola, mentre facevamo merenda… perché capitava che si usasse il pane secco, del giorno prima, e gli è stato fatale.” Rise. “Ma questo mi fa ripensare che per colpa mia ne ha persi due contemporaneamente!”

 

“Che diamine gli ha fatto?!” s’interessò, accantonando qualche istante il problema del micio.

 

“Bah… eravamo in prima, forse in seconda elementare… mi ricordo che eravamo seduti in fondo all’aula, io e lui, e ci siamo messi a litigare, adesso non saprei dirti perché o per cosa… forse dipendeva dal fatto che lui teneva in alto qualcosa e io non riuscivo ad acchiapparla…”

 

“Quindi anche lei era… uhm…” tentò di scegliere le parole con cura, ma non vi riuscì.

 

“… moderatamente poco alto. Sì.” Gli venne incontro l’uomo, sorridendo. “Ma col tempo imparerai che - fidati - le misure vere contano altrove. Ammiccò lascivo.

 

“Pervertito di un Taisa!” inveì Fullmetal, arrossendo d’imbarazzo e d’indignazione.

 

“Era per parlare, che ti scaldi? Comunque, ritornando a quel giorno lontano… non ricordo dov’ero arrivato… fatto sta che, nella foga, gli ho infilato una mano in bocca.”

 

“Ma che schifo!”

 

“Non dirlo a me…” frignò l’altro. “E Maes è corso in bagno sputacchiando sangue e il dente gli penzolava dal labbro. Faceva un po’ impressione, a dirla tutta...

 

“E poi?”

 

“E poi la signorina Foxtail, la nostra maestra, gli andò dietro e finì il lavoro sporco.

 

“E poi?”

 

“E poi è tornata in classe e mi ha fatto una ramanzina infinita, sbraitando qualcosa del tipo:Persino un dente gli hai fatto perdere!’ E così io l’ho corretta…”

 

“Non avrà osato…”

 

“Sì, beh… ho raccolto anche l’altro incisivo e le ho fatto notare che i denti persi erano due, non uno.

 

“E com’è finita?” s’interessò il biondo, immaginando una punizione esemplare ai danni del suo superiore.

 

“Di solito, la nostra insegnante era sempre buona e pacata, e poi aveva un debole per me…”

 

“Come metà delle donne ad Amestris.” L’interruppe, acido.

 

“Sì, insomma… tre quarti, per l’esattezza. Lo corresse, ghignando mezzo colpevole. “Però quella volta s’era incavolata di brutto… e mi ha messo in castigo per una settimana.

 

“Mi sembra giusto.” Concordò. “Una cosa equa.”

 

“Però i denti, a Maes, sono ricresciuti!” si difese, piccato.

 

“Forse è il caso che lo estragga io, da Tora. Con lei non si sa mai…” scherzò.

 

Solo in quel mentre s’accorsero che il micio non era più di fianco a loro. Probabilmente s’era rintanato sotto alla credenza, per precauzione.

Per ora, era salvo.

 

Avrebbero avuto il loro bel daffare, a stanarlo da lì.

 

 

Fine



Disclaimers: I personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.

 

Note varie: il titolo ovviamente ha già avuto le sue spiegazioni. Il colore richiama il color grigio avorio dei dentini.

Siamo all’inizio della storia, diciamo che sono passati 3-4 mesi.

Questo è un cap di passaggio, senza particolari pretese. Però Flà mi ha giustamente fatto notare che è un passo importante nella vita felina di Tora. Povero cucciolo! XD

Mi sono accorta che, dopo Roy, è lui la mia vittima sacrificale preferita. Lo capirete più avanti.

Le informazioni tecniche sui denti dei gatti sono prese da siti web specializzati sull’argomento.

Le esperienze scolastiche di Roy sono scene reali di vita vissuta.

Ho scelto di non scrivere come finirà con questo dentino, perché ci sarà un rimando in uno dei cap futuri.

 

Precisazioni al capitolo precedente: grazie per gli auguri (persino cantati, wow!), io e Tora abbiamo apprezzato molto.

 

X beat: no, Tora non si offende mica. ^^

 

X Fightclub: non mi è chiaro. Hai recensito seduta sulla tazza del water? O_O

WOW! Trai tanti meriti di questa fic, da oggi posso dire che It’s raining favorisce anche la regolarità intestinale! XD

 

X Red Robin: ho letto la tua mail e no, non me la sono presa. (ci mancherebbe ^^’’)

Grazie dei chiarimenti. Ora direi che la questione è risolta. Pietra sopra.

(Però, davvero, la prossima volta rileggi prima di inviare!!)

 

X Setsuka: grazie del tuo incoraggiamento. Hai ragione: i commenti sono importanti.

Il discorso che ho fatto, nei precedenti capitoli, non è per arraffare recensioni per It’s.

Serviva ad incentivare i lettori a commentare di più in generale. A beneficio di ogni writer di EFP, non solo della sottoscritta. Spero fosse chiaro! ^^’’

 

 

 

Ringrazio quanti hanno condiviso con me la gioia del secondo posto al Contest sul Peccato, indetto sul Forum di EFP, e hanno commentato la mia nuova fic ironica sul fandom di Twilight Ars Garrula (La Pettegola del Villaggio)’. L’ho postata ieri. Se vi va di darci un’occhiata e lasciarmi un parere, ne sarei felice.

 

E un grazie particolare a Faust, sempre gentilissimo. ^^

 

La scuola è finita ieri. Ma un grande ‘In bocca al lupo!’ a chi deve fare la Maturità!

 

 

 

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Come sempre, sono graditi commenti, consigli e critiche.


Grazie (_ _)

elyxyz

 

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Capitolo 58
*** Tanto va la gatta al lardo... ***


Tanto va la gatta al lardo… che ci lascia lo zampino

Il seguente scritto contiene impliciti riferimenti yaoi.

Per ulteriori spiegazioni, vi rimando alla conclusione della fic, dopo la lettura.

 

 

A chi ha recensito i precedenti capitoli della raccolta.

E a quanti commenteranno.

Ai vecchi e ai nuovi lettori.

Grazie.

 

 

Tanto va la gatta al lardo...

 

 

by elyxyz

 

 

 

 

Ed bussò con insistenza alla porta del Colonnello, per l’ennesima volta.

Era quasi certo di aver scorto, dalla strada, le luci accese dell’appartamento. Oppure se le era sognate? La stanchezza poteva giocargli strani scherzi… ma no, non così tanto…

E poi Mustang aveva detto alla truppa che era esausto, dopo una giornata particolarmente intensa di scartoffie e riunioni spinose, e che sarebbe rincasato presto, quella sera.

Controllò l’ora per scrupolo. Che fosse già andato a letto?

Picchiò un’ultima volta, visto che neppure il campanello aveva prodotto l’effetto sperato.

 

Quando ormai si era già voltato, incamminandosi verso le scale, la figura dell’Alchimista di Fuoco fece capolino dalla porta socchiusa. Indossava semplicemente un accappatoio allacciato alla meno peggio, e appariva palesemente arrossato e sudato.

“Acciaio!” esclamò, stupito e turbato.

 

Taisa… ma si sente bene?” gli chiese il ragazzo, avvicinandosi a lui.

 

“Stavo…” deglutì. “…stavo facendo il bagno.”

 

“Ah, infatti mi pareva di aver visto le luci… ma lei non apriva…”

 

N-no, no! Davvero, non ti preoccupare. E’ tutto ok.”

 

“Ma quello… lì, sul collo… si è fatto male? Sembra un livido recente…”

 

Roy coprì speditamente con una mano il segno del succhiotto.

“Che diavolo ci fai qui?” L’interrogò, d’improvviso brusco. Per la prima volta.

Sì, di solito era sempre così gentile con lui! Insopportabile, ma gentile!

 

“Ma sta solo invecchiando… o è innamorato?” lo prese in giro, ignorando in parte il tono spazientito del suo superiore.

 

 L’uomo non ebbe tempo di replicare.

 

“Ho detto ad Havoc che le riferisse che venivo stasera per la consegna del latte!”

 

“Ma non è mercoledì…” obiettò, come se i conti non gli tornassero, grattandosi dietro la nuca, pensieroso.

 

“Ma lei è scontento che io sia tornato oggi dalla mia missione, anziché domani? Cioè… mi faccia capire… io sono stato più efficiente del previsto, e lei si lamenta? Guardi che era una missione che lei mi ha affidato!” Precisò, scotendo la testa con fare compassato.

 

“No, è che non-” si sentì pienamente in colpa. Piccolo, bastardo, traditore di ideali.

 

“Sono passato in ufficio oggi pomeriggio, dopo un viaggio di cinque ore, ma lei se n’era già andato.

Il Sottotenente mi aveva assicurato che…” le borse tintinnarono.

 

“Vedi, non è il momen-

La porta dietro a lui s’aprì un poco, forse a causa di una corrente d’aria. Una romantica musica d’atmosfera invase anche il pianerottolo.

 

“E lei fa il bagno ascoltando questo genere?” Ironizzò Elric.

 

“Mi… mi serve per sciogliere la tensione!,” replicò Mustang, acre. “E’ stato un giorno pesante.” Borbottò, raschiando il fondo della sua stima. Che Ed avesse mangiato la foglia?

Rammentò la scenata che aveva fatto quella volta in cui aveva trovato quel paio di slip sotto al divano; e, pur essendo ateo, pregò ogni divinità - conosciuta e non - che Fullmetal non partisse per un’altra delle sue piazzate da mercato rionale, perché di sicuro Ashley sarebbe uscita a controllare che cavolo stava succedendo, e allora sì che sarebbero stati cazzi amari per lui. Leguminosi, rognosi cazzi amari.

 

“Comunque, se le do fastidio, tolgo il disturbo.” Ribadì Edward, cercando di nascondere la delusione.

L’unica volta in cui era venuto davvero volentieri a casa del Taisa, l’altro non lo voleva.

 

Peccato.

Gli sarebbe piaciuto informarlo delle recenti scoperte che aveva fatto, collaterali alla sua missione. Aveva scovato un eremita che lo aveva reso partecipe delle sue conoscenze… e di solito al Colonnello interessavano molto i suoi studi; in infinite occasioni, gli aveva offerto aiuti e pareri.

 

“Acciaio, senti…” esordì l’uomo.

 

“Le porto dentro almeno queste?” propose il biondo, sollevando le sporte traboccanti.

 

“Te la sei fatta a piedi con tutto quel peso?” domandò Roy, odiandosi con tutto se stesso.

 

“Macché,” si schernì. “Solo l’ultimo isolato. Il negozio all’angolo è chiuso per ferie, ma mi sono ricordato che Tora stava finendo anche la sabbietta oltre che i croccantini, e dove sono entrato erano in offerta, quindi ne ho approfittato.

 

Mustang deglutì a vuoto. Si sentiva un verme. Eppure non poteva farlo entrare. Sarebbe stato sicuramente peggio, per Edward, addentrarsi in casa e cogliere sul fatto la sua amante seminuda, che probabilmente gli stava imprecando contro dalla camera da letto.

No, davvero. Era fuori discussione.

Lo avrebbe deluso. Di sicuro.

Ed era l’ultima cosa che voleva.

 

“Lascia stare,” declinò. “Posso anche arrangiarmi; dalle a me.” Allungò le mani affinché l’altro gli passasse le buste. Quando le ricevette, percepì un ciabattare in avvicinamento nel corridoio. Ashley stava per arrivare. Maledizione! Ashley. Stava. Per. Arrivare.

 

Ed colse un moto di stizza e rifletté. Perché Mustang era così… nervoso… sulle spine?

Era strano. Di solito il Taisa lo accoglieva bene. Certo, col suo solito tono che gli faceva saltare i nervi con qualche battutina idiota, ma non era mai stato così scostante.

“Ma è davvero sicuro che sia tutto ok?”

 

Il tono preoccupato di Edo-kun gli strinse lo stomaco. Perché davvero - davvero - aveva da sempre bramato in modo viscerale una possibile, seppur minima, premura da parte sua; e adesso che questa arrivava, lui doveva gettarla alle ortiche e grazie tante. Si sarebbe dato fuoco da solo, come forma di espiazione.

 

“Sto benissimo, Maggiore Elric.” Lo freddò. E si odiò. “Ci vediamo domattina in ufficio.” E chiuse la porta tra loro. Appena Ed se ne fosse andato, avrebbe mandato via anche Ashley, e poi avrebbe avuto tutta la sera a sua disposizione, per darsi dell’emerito idiota.

 

 

Fine



Disclaimers: I personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.

 

Note varie: il titolo è la prima parte di un noto proverbio. Nel prossimo aggiornamento, la seconda parte e le dovute spiegazioni.

 

Venendo al capitolo…

So cosa state pensando: che Roy è un imbecille integrale e Edward un tontolotto ingenuo.

Sì, avete ragione ^___^

Ma il Taisa è umano, e ha le sue debolezze; e Edo-kun a volte è un’anima candida, lui. XD

Dalle premesse fatte parecchio tempo fa, il mio Edward ha serie difficoltà relazionali, perché ne è completamente a digiuno, e quindi si lascia bellamente sfuggire tutti i messaggi che passano sotto al suo naso. Questo discorso vale anche per il prossimo capitolo.
E poi era tutto preso dalle news che aveva raccolto, poverello. Ç__ç Se fosse stata una serata normale, magari s’accorgeva che... no. Decisamente no. Ha i prosciutti sugli occhi! XD

Il riferimento agli slip e alla sfuriata di Edo si trova nel cap 21Lische di pesce e scheletri nell’armadio’ e nel suo seguito: cap 23 ‘Litigi fra cuccioli (Far cagnara)’.

 

 

Precisazioni al capitolo precedente: sì, mi sono concessa un’autocitazione indiretta XD.

Io credo che Ed si sia agitato così… non tanto per il fatto in sé, ma perché temeva di esser stato lui la causa del guaio, e forse del dolore di Tora. Lo sappiamo bene che Edward - mi prendo le colpe del mondo - Elric tende un tantino a sentirsi responsabile per tutto, in questa saga ne abbiamo avuto le prove diverse volte…

Ho cercato di accontentarti My Pride, visto? XD Ma forse non ti aspettavi un cap così. ^^’’ scusa, ma era in scaletta… >////<

X Beat: avevo già pensato ad una cosa così, ma ho preso appunto sul tuo suggerimento.

X Betta 90: è bellissimo! *___* davvero un micetto da coccolare. Beata te! (Io non potrò mai tenere un gatto, mia madre li odia ç__ç)

 

 

 

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Grazie (_ _)

elyxyz

 

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Capitolo 59
*** ...che ci lascia lo zampino! ***


Il seguente scritto contiene lievi riferimenti yaoi

Il seguente scritto contiene lievi riferimenti yaoi.

Per ulteriori spiegazioni, vi rimando alla conclusione della fic, dopo la lettura.

 

 

A chi ha recensito i precedenti capitoli della raccolta.

E a quanti commenteranno.

Ai vecchi e ai nuovi lettori.

Grazie.

 

 

...che ci lascia lo zampino!

 

 

 

by elyxyz

 

 

 

 

Roy stava finendo di cambiarsi, quando il campanello trillò.

Si sorprese, perché a quell’ora di solito lui era ancora in ufficio, e Edward - che invece rincasava sempre prima di lui - doveva sbrigare delle faccende e non sarebbe rientrato prima di un’ora buona.

 

Aprì la porta, sorpreso di trovarsela davanti.

Winry?”

 

“Cerco Ed.” Sussurrò secca, gocciolando nell’atrio.

 

La prima cosa che notò di lei era quell’impermeabile striminzito che era assolutamente inappropriato per quella stagione, lei tremava appena, forse per il freddo.

 

“Edward non tornerà prima di un’ora.”

 

“Allora ripasserò.” E fece per voltarsi.

 

Winry?” la richiamò.

 

La ragazza si girò verso di lui.

 

“Entra, dai.”

 

Forse erano gli occhi lucidi che l’avevano avvisato di un certo non so che, o forse perché sembrava meno battagliera del solito.

 

“Stavo facendo il the, ne vuoi?” le chiese, invitandola ad accomodarsi sul divano. Lei si limitò ad annuire. E a Roy non rimase altro che avviarsi in cucina, con una sporta di dubbi al fianco.

 

La comunicazione che aveva appena avuto con lei rasentava i minimi storici, da che la conosceva. Generalmente, loro due si scambiavano amichevolmente pungenti frecciatine e malcelato astio, retaggio di anni e anni e radicate abitudini, difficili da estirpare.

Con buona pace della sua contrarietà, da quando miss Rockbell si era messa con il fratello del suo uomo, era diventato inevitabile incontrarsi molto più spesso di quanto non accadesse prima.

Tutto questo perché, qualche mese prima, dopo infinite ricerche, Al aveva riacquisito il proprio corpo quasi per caso, con un aiuto insperato da parte di Scar, che era divenuto inconsapevolmente la Pietra Filosofale.

E dopo un necessario periodo di assestamento, Alphonse e Winry avevano rispettivamente realizzato che l’amicizia di vecchia data che coltivavano, da tempo immemore, si era evoluta in qualcos’altro, più passionale e meno amichevole. E Al si era trasferito da lei, a Rush, con la benedizione del suo Nii-san, ma soprattutto della sua.

Roy aveva sempre nutrito un grande affetto per il minore degli Elric, ma quando l’aveva saputo, per poco non era corso ad abbracciarlo per la gioia di essersi tolto dai piedi quella manesca minaccia bionda. La stessa manesca minaccia bionda che adesso se ne stava lì, sul suo sofà, come l’ombra di se stessa.

 

“Sei sicura di stare bene?” le domandò cortesemente, porgendole il the fumante e sedendosi accanto a lei, sotterrando antichi rancori.

 

La vide sussultare, chinare il capo e sospirare.

“Aspetto… aspetto un bimbo.” Sussurrò, stringendo la tazza tra le mani. “Non so come dirlo ad Al.

Col padre che hanno avuto…”

 

Gli ci volle qualche istante, per assorbire il colpo, ma tutto sommato reagì con prontezza.

 “Al ti capirà, vedrai.” La rassicurò, con un’espressione incoraggiante. Ma non ottenne l’effetto sperato, perché in quello stesso istante lei scoppiò in singhiozzi. “Ho bisogno di parlarne con Edo.”

 

Edward rientrò proprio in quel momento, trovandola in lacrime.

“Roy!! Che cazzo le hai fatto?!” inveì dalla soglia, raggiungendoli senza neppure togliersi il cappotto.

 

N-no, Ed. Lui non… non c’entra.” Lo difese lei, incespicando tra i singulti.

 

“Il piccolo Alphonse ha inzuppato il biscotto, e ora c’è una cicogna in viaggio…” s’intromise il moro, riassumendo il concetto con un tono che, nella sua idea originaria, sarebbe servito a sdrammatizzare la situazione. Ma, guardando il compagno, ebbe sinceramente paura che gli occhi di Ed schizzassero fuori dalle orbite.

 

No-non… non può… non può essere…” balbettò questi, sedendosi di botto sul divano.

 

Winry arrossì ancor di più, chinando il capo.

 

“Mio fratello lo sa?”

 

“No.” Pigolò, tormentando l’orlo del fazzoletto. “Non so come la prenderebbe…”

 

“E come vuoi che la prenda, Win?!”

 

“Ed! Non capisci!” reagì, ritornando la Winry dei vecchi tempi. “Alphonse è ritornato umano da poco, ci siamo appena messi insieme, e adesso… adesso questo bimbo in arrivo…”

 

“Io sacrificherei anche l’altro braccio, se potessi ottenere un figlio con Roy.” Disse, scrutandola serio.

 

Lei sussultò, come se fosse stata schiaffeggiata.

“NO! Non fraintendere, Ed!” esclamò, concitata “Io lo voglio, questo bimbo, è solo… solo che è arrivato troppo presto. Noi pensavamo di prenderci più tempo, Al deve ancora riscoprire tante cose, potevamo viaggiare in lungo e largo per Amestris, e ora…

 

“Di padri che viaggiano fin troppo, ne abbiamo già piene le tasche, noi Elric.”

 

La giovane donna annuì. “Ho pensato anche questo, in treno. Il viaggio da Rush Valley fino a qui non è mai stato così lungo. Noi due, non avevamo ancora parlato di figli. Li avremmo voluti, sì. Un giorno.”

 

“Ma ‘questo giorno’ è diventato adesso. E non puoi mettere un freno alla vita, soprattutto se sta già crescendo dentro di te.

 

Le venne istintivo portarsi entrambe le mani al ventre, quasi a proteggerlo.

 

Win, calmati... Sinceramente, mi stupisce non poco questo tuo enorme timore. Forse gli ormoni ti stanno già dando alla testa, ma la Winry che conosco io avrebbe preso il toro per le corna! Quindi… non ti resta che fare dietro-front e parlare sinceramente con quell’idiota di mio fratello, che ha troppa voglia di sperimentare le cose che si è perso in questi anni. E vedrai che Al capirà, altrimenti puoi sempre convincerlo a suon di chiavi inglesi, no?!” scherzò, facendole l’occhiolino.

 

La vide sorridere tra le lacrime. Le porse un fazzoletto nuovo, perché quello che stringeva tra le mani era zuppo. “Vuoi che ti accompagni da lui?” si offrì, con premura.

 

“No, grazie.” Declinò. “Ma mi ha fatto bene discuterne con te.” Ammise. E poi scrutò l’orologio che portava sull’esile polso. “Ti offrirei un check-up veloce per sdebitarmi, ma se mi sbrigo riesco a prendere l’ultimo treno in partenza e tornare entro mezzanotte.”

 

“Sicura che non vuoi dormire qui, fino a domani?” le concesse ospitalità. Ma lei rifiutò nuovamente, con l’atavica caparbietà che la contraddistingueva.

 

Se ne andò, visibilmente più serena.

Le rassicurazioni di Edo l’avevano tranquillizzata.

 

Edward chiuse la porta alle sue spalle, e si posò contro di essa.

“A te non è mai capitato?”

 

“Cosa?”

 

“Ti ho chiesto” scandì “se nessuna delle tue donne è mai tornata da te, per convincerti che aspettava un figlio tuo.”

 

Mustang sussultò. “No! Certo che no!” sbraitò, concitato.

 

“E se fosse successo?”

 

“Ed!, ma che domande fai?!” si arrabbiò, infastidito.

 

“E se succedesse?!” insistette, puntando uno sguardo duro su quegli occhi neri, incredibilmente dilatati, forse feriti dalle implicazioni di quella domanda.

 

“Non succederà!” urlò, con fin troppa convinzione.

 

“Tu non puoi saperlo, Roy.” Disse, lapidario. “I primi tempi in cui stavo con te… non te l’ho mai detto, ma lo temevo. Sì, lo ammetto. Avevo il terrore che una di quelle con cui eri stato venisse a distruggere la nostra felicità, ma non è accaduto.

 

“E mai accadrà!!” ruggì Mustang, fronteggiandolo.

 

“Non esserne certo, Roy. Non puoi sapere cosa ci riserva il destino. Magari, un bel giorno, suoneranno alla porta e mi troverò davanti una ragazza con un bimbetto per mano, e mi chiederà di te. Di scelte fatte col senno di poi, son pieni i fossi.”

 

“Ed, ma io…”

 

“Che faresti, tu? Se… se capitasse, che faresti?!” gli chiese, con un punta di panico nella voce. “Lasceresti me, per stare con lei? Diventeresti un padre per tuo figlio?”

 

“IO NON TI LASCEREI MAI!”

 

“E che colpe avrebbe, lui, per vivere senza un padre?” con espressione triste, distolse lo sguardo.

 

Mustang annullò le distanze tra loro, afferrandolo per le spalle. “Smettila di dire stronzate, ok? Non è successo e non succederà, dannazione!”

 

Gli occhi dorati erano quasi un’accusa di tradimento.

 

“Sentimi bene!” ringhiò, stringendo fin quasi a fargli male. “Il futuro, non lo conosco io, come non lo puoi sapere tu; e il passato è passato, non posso tornare indietro e cambiare la mia vita, ok? Però sono certo, certo che non ti abbandonerò mai, Ed. MAI!” ansimò, riprendendo il fiato speso nella foga. “E… e se mai succedesse quello che tu temi… se accadrà, lo affronteremo insieme. Mi aiuterai a scegliere il da farsi… cosa sarà meglio per noi, per quest’immaginario bimbo, per sua madre… e non so che altro dire… spero che ti basti.

 

L’auto-mail si aggrappò forte al tessuto sul suo torace, mentre la testa bionda sprofondava contro il suo petto.

 

Roy gli passò un braccio attorno alle spalle, scompigliandogli i capelli.

“La storia di Al e Winry ti ha sconvolto più di quello che dai a vedere, eh?” tirò ad indovinare, riacquisendo un tono gioviale, comprensivo ma leggero.

 

Lo sentì annuire addosso alla sua camicia. E gli bastò.

 

Chinò anche lui il capo, accoccolato contro Edward.

“L’ho odiata.” Sussurrò, intimidito e vergognoso. “Ho odiato Winry.”

 

“Eh?”

 

Edo sollevò di scatto la fronte, cozzando contro il suo mento, appariva sinceramente sorpreso. Il moro sorrise impacciato, quasi a disagio, rifacendosi serio.

“Dal primo momento che l’ho vista, dal quel lontano giorno a Resembool, dentro a casa Rockbell. E non esagero.

Dal suo sguardo spaventato e diffidente, si capiva lontano un miglio che non sopportava il mio arrivo, che biasimava anche solo la mia presenza, figurarsi la proposta che ti feci. Sono certo che ti abbia dissuaso dall’accettare la mia offerta, forse temeva di perdere sia te che Al, non lo so…”

 

“Ma era solo una bambina!” la difese.

 

“In questi anni, non ha mai cambiato il suo modo di guardarmi.” Disse, come un dato di fatto.

 

Edward non tentò neppure di controbattere.

 

“La cosa ironica è che la pensavamo esattamente allo stesso modo.”

 

“In che senso?”

 

“Ero convinto che lei ti avrebbe persuaso a ritornare a Resembool, prima o poi. Temevo tu cominciassi a ricambiare i suoi sentimenti nei tuoi confronti…”

 

“Ma di che sentimenti parli?”

 

Il Flame sgranò gli occhi, sconcertato. “Non mi dire… non puoi non aver capito che lei ti ha amato per anni!!

 

Win-chan?! Ma ti ha dato di volta il cervello?!

 

“Edward…”

 

“Io e quella manesca bertuccia abbiamo condiviso persino i pannolini! Come puoi anche solo-” una folgorazione lo colse e lo zittì. “Mi amava?” ripeté, stordito.

 

Ah-ha.”

 

“Miseria ladra! Mi amava!” imprecò, scotendo il capo come se potesse togliersi di dosso una cosa sgradevole.

 

Roy gli diede una lieve sberla in testa. “Sei davvero un idiota, se non ti sei mai accorto prima del suo interesse!”

 

“No, che non me ne sono accorto,” borbottò, risentito. “Altrimenti…”

 

“Perché… se te ne fossi reso conto… avresti forse ricambiato?!” insinuò, assottigliando lo sguardo in un’espressione che non prometteva nulla di buono.

 

“Certo che no! Avrei chiarito con lei, e magari si sarebbe messa con Al molto prima!; è un secolo che quel testone è cotto di lei!”

 

L’uomo sospirò. “Ero geloso del rapporto che hai con lei. Della manutenzione. Delle telefonate che le facevi… ti conosce da sempre…

 

“Sei solo un idiota, Roy Mustang!” lo sgridò, sorridendo teneramente, e si allungò a baciarlo.

 

 

Fine



Disclaimers: I personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.

 

Note varie: il titolo è la conclusione di un noto proverbio. Il quale indica che, quando si rischia troppe volte, prima o poi va a finire male.

Qui va inteso in senso doppiamente lato: nello scorso cap, il fatto che Roy frequentasse le sue donne assiduamente, lo metteva nel rischio di farsi scoprire da Ed. E in questo è arrivato un evento inaspettato, ovviamente non credo che l’arrivo di un bimbo sia visto come una ‘punizione’, ci mancherebbe!
Però come unimprevisto’ sì. Una cosa che cambierà le loro vite.

 

Ho scelto di non fare tanti discorsi sulla riappropriazione del corpo di Al, perché si uscirebbe troppo dal seminato di questa raccolta, che è incentrata su Roy e Edo.

Pur con tempi e un finale molto diversi, possiamo rifarci all’idea dell’anime.

 

E così sappiamo che Al ha riottenuto pienamente il suo corpo ed è ben funzionante. XD

Come anche annunciato tempo fa, Winry avrà un ruolo importante in questa raccolta. Poche apparizioni, ma ben piazzate.

Sono particolarmente legata a questo cap, perché Roy mette a nudo le sue emozioni, e l’odio per Win viene finalmente motivato, con onestà.

 

Spero che il cap vi sia piaciuto. Volevo giocare sull’effetto sorpresa; perché, da qui in avanti, la fic comincia anche un nuovo corso.

 

 

Precisazioni al capitolo precedente: come immaginavo, la maggior parte di voi ha biasimato Roy.

Io ho un debole per lui, si sa, quindi non posso essere obiettiva. Però alcuni lettori la pensano come me. In fondo lui sta facendo del male solo a se stesso, ed è incastrato in un sentimento scomodo, che – dal suo punto di vista – non porterà mai a nulla. Per fortuna che si è sbagliato! ^___^

 

Unico appunto: non è così strano scambiare un succhiotto per un lieve ematoma. Soprattutto se visto a distanza. Ho verificato. XD

 

Sono anche interessanti i vostri ‘What if…?’ di questo cap. Effettivamente, se Edward fosse entrato dentro e avesse visto la tizia di Roy… non so… forse le cose sarebbero andate diversamente tra loro… chi può dirlo? ^^

 

Mi è stata richiesta una collocazione cronologica: il cap è situato mooolto prima dell’inizio della loro relazione. Prima del bacio, prima della dichiarazione.

Un modo sicuro per saperlo è che Edward gli dà dellei’ prima; mentre passa al ‘tu’ la sera stessa in cui Roy si dichiara.

 

 

 

Ringrazio quanti hanno condiviso con me la gioia della vittoria al Contest su Twilight, indetto sul Forum di EFP, e hanno commentato la mia nuova fic: Don’t Forget (Per essere un uomo migliore)’.

Se vi va di darci un’occhiata e lasciarmi un parere, ne sarei molto felice.

 

 

 

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Come sempre, sono graditi commenti, consigli e critiche.


Grazie (_ _)

elyxyz

 

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Capitolo 60
*** Essere cane vuol dire fedeltà ***


Il seguente scritto contiene lievi riferimenti yaoi

Il seguente scritto contiene lievi riferimenti yaoi.

All’inizio di questo capitolo, c’è un breve richiamo tematico al cap precedente (59) e a quello prima (58).

A metà, invece, c’è un bel richiamo ad un’altra mia storia. Leggendo, credo capirete.

Per ulteriori spiegazioni, vi rimando alla conclusione della fic, dopo la lettura.

 

 

A chi ha recensito i precedenti capitoli della raccolta.

E a quanti commenteranno.

Ai vecchi e ai nuovi lettori.

Grazie.

 

 

Essere cane vuol dire fedelta

 

by elyxyz

 

 

 

 

Roy smise di strimpellare, quando il campanello suonò.

Edward uscì dalla cucina in assetto da guerra, brandendo il mestolo con fare minaccioso.

 

“Se è un’altra delle tue troiette, giuro che la prendo a mestolate!” minacciò, mentre l’altro sghignazzava.

 

Che Edo fosse geloso delle ex fiamme del suo uomo era cosa risaputa, e - anche a distanza di tempo - quando suonavano alla porta a quell’ora di sera o senza un preavviso, era impossibile per lui trattenere un moto d’insofferenza misto a pensieri pericolosi e dolorosi per la malcapitata di turno.

 

Mentre ancora meditava se colpire o meno con l’arnese da cucina l’ospite inatteso, fece scattare il chiavistello.

 

“Ehilà, Ed! Hai intenzione di bastonarmi?” lo salutò la voce gioviale di Hughes, additando scherzosamente l’arma impropria.

 

“Ma… Maes-san… ma che ci fa-?” domandò, alquanto stupito. Non era passata neanche una settimana da che si erano sentiti, lui e Roy. “E’ tutto ok?”

 

L’altro annuì, con quel sorrisone un po’ maniaco che sprizzava buonumore.

“Sì, sono qui di sfuggita, volevo farvi una sorpresa!” spiegò. “E poi ho qui delle nuove foto di Elycia, e non ho resistito! Dovevate apprezzarle con me!”

 

“Potevi mandarcele per posta, vecchia canaglia!” lo sgridò bonariamente Mustang, dal salotto. “Mame-chan, lascialo sulla porta, mi raccomando!” scherzò, posando la chitarra sul tappeto per raggiungerli. Si affacciò all’uscio. “Qual buon vento, vecchio mio!” lo accolse, decidendosi alfine di farlo accomodare.

 

“Gli hai insegnato tu ad accogliere gli ospiti sguainando armi grezze?” ironizzò Maes, dandogli una pacca sulla spalla.

 

“E’ per difendere il mio onore da vecchie ripercussioni.” Motivò, sibillino, mentre Edo arrossiva d’imbarazzo e vergogna.

 

Va-vado a riordinare la cucina.” Li informò, svanendo.

 

“Dici che si è offeso?”

 

“Macché! Sa che tu sei un idiota!” lo prese in giro, guidandolo verso il sofà. “Hai già cenato?”

 

“Sì, un boccone al volo.”

 

“Noi abbiamo appena finito, ma se vuoi…”

 

“No, grazie.” Declinò, con gentile fermezza. “Mi spiace di essere piombato qui così.” Si scusò.

 

“Ma da quando ti fai scrupoli con me?” ridacchiò Mustang.

 

“Eh, già.” Concordò, grattandosi il naso dietro la montatura.

 

“Adesso abbandoniamo i convenevoli, mh?” propose Roy, andando a scovare una bottiglia e due bicchieri da degustazione. “Non che le tue improvvisate non siano beneaccette, ma non mi sembrava che a Central ci fossero in programma scampagnate verso East City…” lasciò cadere lì, versandogli una dose generosa di liquore.

 

Maes ne assaporò un sorso, prendendosi il tempo di rispondere. Poi si arrese.

“Non sapevo se riuscivo a venire. Sono qui in incognito, in realtà. In missione sotto copertura.” Ammise, sperando che l’altro non gli chiedesse di più.

 

C’erano cose che quei due riuscivano a dirsi con un semplice sguardo, che valeva più di mille scuse e parole.

Ma solo se quel cocciuto di Roy Mustang decideva di desistere.

 

“Cioè… fammi capire: una visita di cortesia al tuo miglior amico è un pretesto? Rientra come un diversivo?”

 

“Ah, ehm…” temporeggiò. “Sì.” Confessò.

 

Maes! Potrei offendermi!” lo sgridò il moro, simulando un cinico risentimento, a cui l’altro rispose con un’espressione contrariata e muto silenzio.

 

“Avanti, Mae-chan…” lo sollecitò, col nomignolo da bambini.

 

Hughes scosse la testa, sbuffando.

 

Mae-kun? Dovevo chiamarti così?” scherzò. “Allora ci riprovo: Avanti, Mae-kun… ti prego!”

 

“’Confidential’ ti dice niente?” sbottò il militare, stavolta facendosi serio.

 

“Ok. Allora non insisto.” Desistette. “Anche se, in nome della nostra vecchia, vecchia amicizia, potresti confidarmi i particolari sordidi della cosa… perché, qua in periferia, non ne sapevamo nulla…” gettò l’amo, con noncuranza.

 

“Aspetta, non mi è chiaro: me lo stai chiedendo perché siamo spiritualmente fratelli, o perché resti un mio superiore in grado?” tenne a precisare.

 

“Mah.” Fece spallucce. “Quello che può dissuaderti meglio a vuotare il sacco!” scherzò. “Oppure i Servizi Segreti Investigativi ti hanno cucito la bocca?”

 

“Roy…”

 

“Ok, ok.” Sollevò le mani in alto, rischiando di rovesciare il proprio liquore. “Mi arrendo.” Fu in quel mentre che, riaccomodandosi, andò a sfiorare col piede la chitarra più in basso.

 

“Oh, la cara vecchia Betsy!” la riconobbe Maes, allungandosi per prenderla. “E’ lei, vero?” chiese, certo della risposta e felice di cambiare argomento. “Potrei chiederti il rimborso per danno esistenziale. Hai reso la mia adolescenza un inferno, con quel catorcio!” lo ammonì, in tono semiserio.

 

Mustang fece un’espressione fintamente contrita.

“Non ero poi così male…” si difese.

 

Quanti ricordi…” soffiò, nostalgico, scrutando con attenzione un vecchio graffio sulla cassa.

 

“Eh, già.”

 

“Quante ragazze ti sei rimorchiato, suonandola! Una diversa, ogni sera.”

 

“Ehi! Parla piano!” bisbigliò, concitato. “Edward è di là, ed è suscettibile su certe cose!”

 

“Questo mi fa ripensare ad un’altra cosa…” borbottò Hughes, pensieroso. “Una volta, tu mi hai detto che sarei stato autorizzato a picchiarti, nel caso in cui…

 

“Nel caso in cui…?” lo sollecitò.

 

“Avessi messo la testa apposto.”

 

“Ah, sì?”

 

“Sì, certo. Me lo sono appuntato per benino. A beneficio dei posteri.”

 

“Io non me lo ricordo…” negò. “Secondo me è una balla…”

 

“Eh, no! Posso dirti esattamente quando e dove è successo!

 

“E poi mi picchierai?” ci tenne a precisare Roy, scostandosi impercettibilmente.

 

Nah. Ormai non c’è più gusto! Credo che Edo-kun ti abbia messo in riga a sufficienza, e poi ha quel grazioso mestolo, con cui accoglie gli ospiti, e può sempre tornargli utile!” rise.

 

“Ti prego! Non suggerirgli idee strane! E’ già manesco di suo… e hai una vaga idea di quanto male faccia un auto-mail?

 

“Di preciso, no. E non ci tengo a scoprirlo.”

 

“Ecco, bravo. Tieniti il dubbio.”

 

“Quale dubbio?” s’intromise Ed, uscendo dalla cucina con un vassoio e un dolce che stava profumando piacevolmente la stanza.

 

“Nulla, amore. Niente di interessante.” Tagliò corto Mustang, ammiccando all’amico.

 

“Sì, Edo, niente di che.” Concordò il compare, dandogli man forte, per poi tradirlo: “Stavo solo ricordando al tuo adorato lavativo che, anni fa, mi ha autorizzato a malmenarlo e non l’ho ancora fatto.”

 

“Ma sono passati degli anni…” obiettò ragionevolmente Acciaio.

 

“Sì, ma era un cosa a larga scadenza.” Si giustificò.

 

“Beh, allora… Ti serve una mano, Maes-san?” si offrì, scherzando, e sollevando l’arto d’acciaio stretto a pugno. “Quando vuoi!”

 

Entrambi videro l’Alchimista di Fuoco impallidire, guadagnando nuove distanze da loro.

 

“Abbiamo fatto fuggire il grande Eroe di Ishbar!” lo dileggiò, mentre Hughes annuiva, sorridendo.

 

“Se non ci fossi tu, annegherebbe ancora nel vizio più dissoluto.”

 

“Oh, sì. Senza dubbio.”

 

“Ehi, ragazzi!” li interruppe. “Io ho già dato. Ok?”

 

“E’ il suo modo per dirci che vuol cambiare argomento.”

 

“Sì, ma a te sta bene?” s’informò Hughes, ammiccandogli complice.

 

“Tu che ne dici, Maes-san?” Edward stette al gioco improvvisato, che escludeva Roy come se non fosse stato presente nella stanza.

 

“Bene! D’accordo. Fate finta che io non ci sia, e accordatevi su una punizione esemplare, mi raccomando. Io intanto mangerò la mia fetta di dolce.” Li avvisò, con sussiego e calcolato distacco.

 

“Ed, dici che si è offeso?”

 

“Chi, Roy? Ma no! Quando torna, glielo chiedo.”

 

“Ma quanto siete simpatici!” li apostrofò il Flame, “Potreste finirla con questo teatrino di dubbio gusto?”

 

“Dici che possiamo?”

 

“Sì, possiamo.”

 

“Forse preferiva un pestaggio…”

 

“Forse sì.”

 

“Ehi!!” protestò nuovamente il moro.

 

“Ah, Roy! Da quanto sei qui?” domandò ingenuamente Maes, fingendo di scorgerlo solo in quel momento.

 

“Oh, non da tanto, pezzo d’asino! Solo dal punto in cui decido di bruciacchiare il mio migliore amico e il mio compagno, niente di che…

 

“Oh, suvvia, amore!” intercedette Edward. “Dolcetto? L’ho appena sfornato. Vuoi anche un po’ di the?”

 

Mame-chan, smettila di sviolinare…”

 

“Vuoi dirmi che non ti va di assaggiare la mia torta?” insinuò, mettendo su un delizioso broncetto, e allontanando il piattino che gli stava porgendo.

 

Mustang sospirò, arrendendosi.

“Ok. Avete vinto. Voglio la torta e con te farò i conti più tardi, Fagiolino. Preannunciò. “E con te, Maes, la prima volta che mi capita. Quindi sta’ in campana!”

 

“Sai che paura!” si difese, replicando e addentando un pezzo di fetta. “Edo-kun, è semplicemente deliziosa! Quasi quanto quelle della mia Glacier, ma tu capirai che sono di parte…

 

“Grazie, Maes-san. Hai delle foto nuove da mostrarci?”

 

“Oh, sicuro! Prima che Roy mi distraesse, le stavo tirando fuori. Estrasse dai pantaloni larghi un raccoglitore tascabile straripante immagini.

Elycia, Elycia, Elycia. Glacier con Elycia, Elycia, ancora Elycia…” s’infervorò, con paterno orgoglio.

 

“Sono sei foto della stessa posizione.” Appuntò Roy, ad un bel mentre.

 

“No, amico mio. Qui sta sorridendo con otto denti esposti in bella mostra, qui solo con sei. Precisò, pignolo.

 

“E’ proprio bella!” intercedette Edward, scongiurando un possibile dibattito.

 

“Questa è nuovissima.” Indicò la figlia, la moglie e se stesso, affettuosamente abbracciati. “Ne scatto sempre una, prima di partire per una missione.” Confessò.

 

“La mia figlioccia cresce a vista d’occhio!” annotò Roy, “Tra un po’ comincerà a farti impazzire, coi fidanzatini…” insinuò, sapendo di toccare un tasto dolente.

 

“No! Questo non accadrà mai!” tuonò, infatti. “Nessun giovinastro può permettersi di sfiorare la mia bimba…

 

“E’ la vita, Maes. Non puoi farci nulla. Rassegnati.” Gli consigliò, con una punta di sadica malignità.

 

“Tu sì che sai come consolarmi, bislacco fiammifero!”

 

“Che cosa ti aspettavi, eh, Quattrocchi?”

 

“Ohi! Non penserete di menarvi, voi due! Non voglio sangue sul tappeto!” intervenne Ed, mediando il bisticcio.

 

“Potrei sempre frantumargli Betsy su quella testa vuota che si ritrova…” meditò Maes, annuendo in direzione dello strumento.

 

“No, Maes-san. Betsy mi piace e non si tocca.” Lo contraddisse il biondo. “Però vale ancora la proposta di prima…” scrocchiò le nocche, con significatività.

 

“Traditore!” inveì Roy, sentendosi raggirato.

 

“Uhm… ci penserò.” Hughes risfoderò il sorriso gioviale. “Anzi, sai che ti dico, Roy?”

 

Mh?”

 

“Mi suoneresti quella canzone?”

 

“Quale canzone?” fece finta di non capire.

 

“Andiamo, Roy! Quel tuo delirio di onnipotenza autocelebrativo, che all’Accademia ci propinavi ad ogni ora!

 

“Ah, quello?”

 

“Sì, quello.”

 

“Ma no! Sennò poi Mame-chan penserà che io mi montavo la testa…”

 

“La tua testa era come un palloncino aerostatico, e lo è anche adesso. Perciò lo sa già!”

 

“Che sei un megalomane. Gradasso. Sbruffone… sì, beh… Tutti lo sanno.” Concordò.

 

“Se vi alleate per offendermi, potrei anche andarmene, per farvi accordare meglio…” sbottò, stizzito, il Flame. “Ci manca solo la palla di pelo a strisce, e poi siamo al gran completo.”

 

“Vero!” condivise l’ospite. “Dov’è il vostro amato primogenito?” chiese. “Di solito è sempre in cerca di coccole…”

 

“A prendersi il fresco sul tetto. O a fare la corte a Minù, non so.” Mustang liquidò la faccenda con un’alzata di spalle.

 

“Io non te ne prendo più di mici, intesi?” chiarì l’amico. “Sto pensando di fare un mutuo, per sfamare tutti quelli che mi hai rifilato.”

 

“Non preoccuparti, Maes-san.” Lo tranquillizzò Edward, “Sei stato fin troppo gentile.”

 

“Eh, come facevo a dire di no al faccino di Elycia?” sospirò, dolcemente rassegnato. Poi cambiò tono, rifacendosi risoluto. “Ora però voglio riascoltare quella dannata canzone, Mustang, tira fuori la voce!” si chinò a riprendere la chitarra e gliela passò.

 

“Ma… non ricordo le parole, non so dove sono gli accordi…” temporeggiò.

 

Dai, Roy…” lo incitò Elric.

 

“Smettila di tirartela!” lo sgridò Hughes. “E accontentaci!”

 

“Ok, d’accordo.” Capitolò. Diede il via ad un giro armonico e prese un bel respiro.

 

“I've paid my dues
Time after time
I've done my sentence
But committed no crime
And bad mistakes
I've made a few
I've had my share of sand
Kicked in my face
But I've come through
We are the champions - my friends
And we'll keep on fighting
Till the end
We are the champions
We are the champions
No time for losers
'Cause we are the champions of the world
I've taken my bows
And my curtain calls
You've bought me fame and fortune
And everything that goes with it
I thank you all
But it's been no bed of roses
No pleasure cruise
I consider it a challenge before
The whole human race
And I ain't gonna lose
We are the champions - my friends
And we'll keep on fighting
Till the end
We are the champions
We are the champions
No time for losers
'Cause we are the champions of the world…”

“WOW! Questa non me l’avevi mai cantata!” annotò Edo, affascinato dal ritmo coinvolgente e dalla voce del suo uomo.

E questi sorrise, un po’ impacciato. “Andrebbero riviste un bel po’ di cose, su questo testo…

“Resta sempre bella, però.” Confermò Maes. “E non tutto è cambiato.”

Il sorriso malinconico di Roy s’allargò un po’ di più.

Ho saldato il mio debito,
giorno per giorno.
Ho scontato la mia pena,
ma non ho commesso alcun crimine.
E di grossi sbagli
ne ho commessi pochi.
Ho avuto la mia manciata di sabbia
tirata in faccia.
Ma ce l'ho fatta.
Noi siamo i campioni, amici miei,
e continueremo a combattere,
fino alla fine.
Siamo i campioni.
Siamo i campioni.
Non c'è tempo per i perdenti,
perché siamo i campioni del mondo.
Sono stato molto applaudito
e mi avete chiamato più volte alla ribalta.
Mi avete portato fama e fortuna,
con tutto quanto ne consegue.
Vi ringrazio tutti.
Ma non è stato tutto rose e fiori.
Non è stato un viaggio di piacere.
La considero una sfida di fronte
all'intera razza umana
e non la perderò.

Ho bisogno di andare avanti, e avanti, e avanti.
Siamo i campioni - amici miei
e continueremo a combattere,
fino alla fine.
Siamo i campioni.
Siamo i campioni.
Non c'è tempo per i perdenti,
perché siamo i campioni del mondo.

 

“Alla fine, davvero, questa canzone è ancora valida.” Confermò Ed, sedendoglisi vicino. “Tu lotti ancora per ciò in cui credi, paghi ogni giorno per i tuoi errori, la sabbia dell’Est è come quella di Ishbar, ma non ti arrendi mai. E arriverai a rendere Amestris un posto migliore. Quindi sei il nostro campione, no?” gli strinse una mano con la sua. “Ed io, Maes, Riza e gli altri ti aiuteremo…

 

“Certo, amico! Non ti avevo forse promesso questo?” rincarò. “Ieri Colonnello, oggi Generale, e domani Comandante Supremo!”

 

“Non è tutto così semplice, Maes…”

 

“E chi dice il contrario?! Ma il mondo è dei pazzi e dei sognatori, e tu sei l’uno e anche l’altro…” rise.

 

“Ma, se mi appoggiate, lo siete anche voi!” appuntò, con una certa linearità di logica.

 

“Giusto. Siamo pazzi…” confermò Hughes.

 

“… E sognatori.” Concluse Acciaio.

 

“Però, se riusciremo a costruirci un futuro migliore, saremo con te i campioni del mondo.”

 

 

Fine



Disclaimers: I personaggi e la canzone citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.

In particolare:We Are The Championsè degli intramontabili Queen. Una magnifica canzone, ideale per i nostri eroi.

 

Note varie: il titolo è uno dei tanti ‘detti popolari’ regionali.

Il cane simboleggia comunemente il suo ‘essere fedele’, il suo spirito di abnegazione.

Roy lo simboleggia in tre modi: essendo un Cane dell’Esercito, avendo votato la propria fedeltà a Edward e rimanendo fedele al suo sogno fino alla fine: quello di rendere Amestris un luogo migliore, dove le tragedie come Ishbar non debbano più accadere.

 

So che Maes ha il suo bel gruppo di sostenitori, quindi spero vi abbia fatto piacere ritrovarlo nel cap, sano e salvo. ^^

Mi sono divertita molto, a riportarli un po’ indietro nel tempo, quando bisticciavano come adolescenti…

Il riferimento di Maes sul consenso che Roy gli ha dato a farsi picchiare, lo si trova nella mia fic Maple Café, che è già stata citata in It’s raining, parlando del passato di Roy, e dell’incontro tra Maes e Glacier.

A suo tempo, mi è stato chiesto di fare un collegamento tra quella fic e It’s. Ebbene, eccolo qui.

 

 

Precisazioni al capitolo precedente: sono contenta che abbiate trovato il comportamento di Winry plausibile. Così come i timori di Edward.

Ringrazio anche Beat e Nacchan per aver espresso i loro dubbi.

Prenderò anche in considerazione l’idea di parlare di più della trasformazione di Al, come chiesto da Shinji, ma non prometto nulla, perché è una deviazione fuori programma.

 

Due cose mi hanno fatto sorridere: che abbiate colto, in tanti, l’usanza di Roy di offrire del the quando è in difficoltà con qualcuno e vuole trarsi d’impaccio. XD

(Difatti in questo capitolo Edward lo prende in giro, quando gli suggerisce del the).

E poi il fatto che, quanto più Edward è stato lento nella sua ‘evoluzione amorosa e fisica’ con Roy (infinita e stressante, diciamocelo pure) tanto Al è stato svelto a ‘rifarsi delle occasioni perse’.

Fratelli sì, ma… pur avendo lo stesso bagaglio educativo ed emotivo, hanno fatte scelte completamente diverse.

 

Mi fa piacere che le mamme (e future mamme – auguri!) in linea mi abbiano confermato gli scleri ormonali! XD

In realtà Win sapeva bene che fare, ma a volte serve una parola d’incoraggiamento… ecco perché Ed non ci ha messo molto, a farla ragionare!

Non temete, non arriveranno mai spasimanti con marmocchi al seguito, finché sarò io a scrivere questa fic. Però era un problema reale, io l’ho immaginato come un peso sul loro rapporto, almeno fino a che Ed non ha vuotato il sacco e si sono chiariti.

 

 

 

Ringrazio quanti hanno condiviso con me la gioia della vittoria al Contest RoyAi, indetto sul Forum di EFP e sull’omonimo Forum, e hanno commentato la mia nuova fic: Sweet Watching.

Se vi va di darci un’occhiata e lasciarmi un parere, ne sarei molto felice.

 

 

Bueno.

E con questo lungo capitolo, io vi saluto.

Tra qualche giorno, parto per le mie meritate ferie in Spagna, e tornerò alla fine del mese.

Ci tenevo ad arrivare a questo 60° capitolo, e per fortuna ci sono riuscita.

Mi piacerebbe aggiornare il prossimo il 1° agosto, il giorno del mio compleanno, ma non prometto nulla.

Buone ferie a tutti, a chi parte e a chi resta.

Nel frattempo, se sentirete la mancanza, potreste rileggervi qualche cap vecchio, e mezzo dimenticato.

(E magari commentarlo, perché no? Io le leggo sempre le vostre recensioni, anche quelle sui cap vecchi! XD)

 

Hasta la vista!

 

 

 

Campagna di Promozione Sociale - Messaggio No Profit:

 

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Farai felice milioni di scrittori.

(Chiunque voglia aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio crede)


Come sempre, sono graditi commenti, consigli e critiche.


Grazie (_ _)

elyxyz

 

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Capitolo 61
*** I cani ci insegnano ad amare; i gatti ci insegnano a vivere. ***


Il seguente scritto contiene riferimenti yaoi

Il seguente scritto contiene riferimenti yaoi.

Per ulteriori spiegazioni, vi rimando alla conclusione della fic, dopo la lettura.

 

 

Dedicata a quanti mi hanno fatto gli auguri, e per i gentili pensieri.

Grazie. Sono commossa. >/////<

 

 

I cani ci insegnano ad amare; i gatti ci insegnano a vivere.

 

by elyxyz

 

 

 

 

“La cena era deliziosa, Mame-chan.” Precisò Roy, piegando il tovagliolo.

 

Edward sorrise compiaciuto. “Ne sono felice.” Inclinò la testa di lato, per scrutarlo meglio “Anche se sono convinto che, forse, avresti preferito i piatti di qualche costoso, sciccoso ristorante in centro.”

 

“Assolutamente no.” Tese una mano sulla tovaglia, verso Tora che stava finendo di leccare la sua ciotola. Il micio ricambiò il gesto, allungando il muso per farsi accarezzare.

 

“Sono qui. Con te. Con il nostro gatto. Cosa potrei volere di più?”

 

“Una torta alla meringa?” scherzò, sollevandosi dalla sedia.

 

“Uh, beh… a quella non si dice mai di no!” ammise, stando al gioco.

 

“Il caffè lo prendiamo in salotto?” suggerì Edward, allestendo un vassoio con l’occorrente. “Precedimi di là.”

 

“I piatti li lavo io, dopo. Ok?” si offrì Roy, prendendo in braccio Tora, che accomodante si appollaiò sulla sua spalla.

 

“Neanche per sogno! Per oggi - e solo per oggi - sarai servito e riverito. Tenne a precisare. “Mi appunterò questa tua proposta per domani, mh?” gli fece l’occhiolino.

 

Tutto sommato erano rari i momenti in cui Ed lo viziava così spudoratamente, perciò decise di approfittarne.

 

Accese la radio, scegliendo la solita stazione che offriva una piacevole musica rilassante, e poi si accomodò sul divano - la bestia tigrata in grembo - in attesa.

 

Edo comparve qualche istante dopo. Posò sul tavolino davanti a loro la zuccheriera e le tazze, due piattini e una piccola torta meringata alla frutta ancora intatta.

 

“Ma allora c’è davvero!” chiosò il moro, sorridendo a tuttotondo.

 

“Ma quanto sei cretino, Taisa dei miei stivali!” lo rimproverò Ed, fingendosi seccato. “E, secondo te, io avrei potuto sorvolare sul tuo dolce preferito?”

 

“Il mio dolce preferito sei tu.” Lo corresse, con un’inflessione conturbante nella voce. E si protese a baciarlo.

 

Edward guizzò via, appena oltre la sua portata.

“Frena! Frena!” lo bloccò. “Questo arriverà dopo.” Precisò. “Cos’è? La vecchiaia ti rende ancora più impaziente? Non sai trattenerti, oppure stai degenerando troppo in fretta, per cui…

 

“Tu sì, che sai come bruciare le atmosfere romantiche!” lo sgridò, dando a vedere di essersi offeso.

 

“Una cosa così, detta dall’Alchimista di Fuoco, è un onore!” lo prese in giro il biondo, “Ma non sono io che brucio le atmosfere romantiche! Sei tu che appari sempre, costantemente, allupato! Devi darti una regolata, sai? Soprattutto alla tua età!” rise.

 

“Questa me la paghi, nanerottolo!” ringhiò, saltandogli addosso.

 

Cercò di punirlo facendogli il solletico. E Edward resistette stoicamente, per quanto poté.

Ma il gioco divenne ben presto qualcos’altro, e sia il caffè che la torta furono dimenticati.

 

Tora se n’era andato altrove, forse a dormire sulla trapunta del lettone, perché gli schiamazzi di quei due non conciliavano il suo sonno.

 

“La torta si è liquefatta e il caffè si è freddato.” Constatò Ed, sistemandosi i capelli in disordine, qualche tempo dopo. Della rigida treccia, in cui li costringeva, non era rimasto quasi nulla.

 

“Pazienza,” soffiò il compagno “l’assaggio che ho ricevuto era ottimo!” ghignò.

 

“Maniaco eri, e maniaco resterai!” profetizzò Edo, aiutandolo a ricomporsi. “Mi hai persino fatto saltare due bottoni della camicia!” gli indicò le asole vuote, i fili di cotone penzolanti.

 

“Chiedo perdono, amor mio.” Proferì cavallerescamente, in un baciamano d’altri tempi.

 

Edward lo lasciò fare, in un misto d’imbarazzo e compiacimento.

Solo quando Roy tentò - con una mossa azzardata - di spalmare la panna disciolta sul suo collo per poi leccarla via, interruppe il loro gioco. “Manca ancora qualcosa, stasera...

 

“Oh, sì!” concordò Mustang, con una luce maliziosa negli occhi.

 

Ed sbuffò. “No. Non quello.” E si sollevò dal divano per scomparire verso il corridoio. Se ne tornò appena qualche istante dopo.

Gli porse un pacco rettangolare, di media grandezza.

 

Roy studiò la carta da regalo, fingendo una profonda concentrazione.

“Non mi dire che è un altro pigiama!” scherzò, protestando. “Lo sai che poi non li porto mai, mi piace troppo dormire nudo addosso a te…” ammiccò, lascivo.

 

“Il solito pervertito!” mugugnò il biondo, facendosi scappare un sorriso. “Aprilo, dai!”

 

Non se lo fece ripetere due volte. Ma no, non era un pigiama.

 

Si posò la rigida custodia sulle ginocchia, mentre sfilava un grosso tomo dalla bizzarra copertina: un mescolio cromatico dai toni caldi, solari. Macchie di rosso, arancio e giallo che si compenetravano, si sormontavano, si fondevano le une con le altre.

La prima pagina del libro era completamente nera, con un’unica scritta, al centro, in un’elegante calligrafia:

 

 

Flame

        of

            Love

 

 

Roy sollevò dal volume uno sguardo sorpreso, cercando quello di Ed.

 

“Avanti, su!” lo incitò gentilmente questi.

 

La prima foto che incontrò raffigurava un Taisa Mustang e un Maggiore Elric che litigavano in ufficio. Era stata scattata a tradimento da Havoc.

E poi le altre che seguivano erano state fatte nei momenti più disparati: in mensa, nella Sala Ricreativa degli Ufficiali, ancora nel suo ufficio: la maggior parte di queste li ritraeva nel bel mezzo delle loro discussioni, o dei dispetti che si facevano. E poi l’immagine di un Roy che bighellonava anziché lavorare, una in cui guardava fuori dalla finestra con l’aria annoiata, un’altra in cui si divertiva a fare piccole scintille, mentre la faccia esasperata del Tenente Hawkeye faceva intuire quanto la sua sopportazione fosse agli sgoccioli.

Ce n’erano altre di Riza, altre di Havoc e di Breda, di Falman, di Fury. Tutta la truppa al completo in diverse occasioni. Persino un paio in cui il Maggiore Armstrong li deliziava delle sue pose statuarie e permetteva loro di immortalare i suoi possenti muscoli traslucidi.

Con lo sfogliare delle pagine, comparvero nuove istantanee della Famiglia Hughes: Maes con Roy, e poi con Glacier, o con la piccola Elycia, che via via dimostrava la sua crescita. Ma in quelle Edward non compariva. E Roy si chiese il perché. Poi invece lo capì, nell’esatto momento in cui nuove foto diedero il via ad un nuovo corso della storia.

Un’immagine del piccolo Tora nella cesta: era così piccolo che poteva stare in una mano. Quella foto l’aveva scattata Al, nei primissimi tempi dell’accordo.

Da lì in poi, compariva anche Mame-chan, con quel suo delizioso broncio e la faccia da schiaffi.

Ne seguivano altre, a testimonianza del passare del tempo. Il loro cucciolo che cresceva, le foto della prima cucciolata di Minù, fatta prima che i gattini partissero per Central. Quelle del loro arrivo, l’espressione entusiasta di Elycia, quella felice di Maes e Glacier, sullo sfondo.

C’erano istantanee della seconda e della terza cucciolata. Ne avevano sempre fatta almeno una ai micini.

Tra di esse, ve n’era persino una di Minù e Miss Rottherwall.

E poi di loro tre: Roy, Ed e Tora accoccolati sul divano, una sera d’inverno: s’intravvedeva il focolare acceso, forse l’aveva fatta Alphonse.

Alcune immagini li raffiguravano in casa, altre all’aria aperta, durante gite o momenti di festa trascorsi con gli altri.

Il Flame Alchemist compariva anche in posa, con indosso l’alta uniforme, per immortalare le promozioni ricevute, gli avanzamenti di grado e di carriera: l’avvicinamento del suo sogno.

Colonnello, Generale di Brigata, Generale di Divisione…

Ricordava bene quell’ultima lì, scattata da Breda, con lui e Edward in rigida posa sull’attenti.

I ragazzi avevano insistito tanto, perché la facessero!

Quello che invece ignorava era la successiva, cioè il momento dopo quella foto: si era chinato all’improvviso e, cogliendo Edward di sorpresa, l’aveva baciato lì, davanti a tutti. Edward s’era infiammato di brutto, inveendo contro stupidi Taisa maniaci. Tre raffigurazioni in sequenza immortalavano l’evento. Sorrise divertito, al ricordo.

Il sorriso scricchiolò un pochino quando, tra le pagine dell’album, fece capolino quella manesca meccanica che era divenuta sua cognata, ma - che lui lo volesse o meno - Winry faceva parte della sua famiglia. E poi era bello vedere le espressioni di Ed alle prese con la prole di suo fratello! E quelle immagini tra pannolini e biberon ne erano un’inconfutabile testimonianza. Ah, i parenti… persino l’austera zia Maggie aveva dato il suo contributo in un paio di pose.

Una delle ultime foto ritraeva un Roy addormentato sulla poltrona, l’aria serena, l’espressione rilassata. Quella successiva era la medesima, ma vista in primo piano.

D’essere un bell’uomo lo sapeva, lo aveva sempre saputo. Eppure lì faceva quasi tenerezza.

Non pensava che da un’immagine patinata potesse trasparire tanto amore… beh, quella era un’alchimia strana che non aveva formule scientifiche. Forse non era neppure un’alchimia. Era una magia e basta.

Quell’istantanea l’aveva fatta Edo, e poteva percepirne la profondità. Tutte le cose che sentiva Mame-chan per lui erano lì, impresse su carta lucida.

Il raccoglitore che teneva tra le mani, e che il suo uomo aveva costruito, era un regalo prezioso, se ne rendeva conto.

Non era stato diviso per argomenti, come quello che lui teneva nello studio, come testimonianza del suo passato.

L’inizio di quell’album raccontava la genesi della loro storia d’amore, il difficile cammino che avevano scelto di percorrere, gli amici che li avevano aiutati e sostenuti, le persone care vicine a loro. Tutti avevano contribuito, cedendo una parte dei propri ricordi per costruirlo.

Ad intervalli regolari comparivano le immagini dei loro anniversari, dei rispettivi compleanni.

Di tempo ne era passato, e molto ancora li aspettava…

Accarezzò il bordo di carta, con gratitudine.

 

“Grazie,” soffiò. “E’ un regalo bellissimo.”

 

“Ne manca una,” chiarì Ed. “Quella di stasera.” E indicò la pagina immacolata, i fogli bianchi a seguire. “Giorno dopo giorno, lo riempiremo insieme.”

 

 

Fine



Disclaimers: I personaggi e la frase citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.

In particolare, il titolo è una frase di M. Malloy.

 

Note varie: avevo già preannunciato che quest’aggiornamento sarebbe arrivato oggi. Non nego che 23 giorni senza di voi sono stati tanti. Mi siete mancati.

 

Questo cap è nato stanotte, l’ho finito verso le tre.

Ne avevo preparato un altro, (due, in realtà, e sono stata molto incerta su quale postare), ma poi ho ceduto.

Il punto è che mi era stato chiesto, molto tempo fa, di raccontare un compleanno di Roy.

Non ci è dato di sapere quando sia nato, se non l’anno (1885).

In It’s, io dissi che la data cadeva in un periodo di freddo (Ed gli aveva regalato un maglione, nel cap 11).

Oggi però è il mio compleanno, e mi sembrava carino festeggiarlo con Roy, visto che non ricapiterà mai più. (Sì, è un auto-regalo! ^__^)

 

L’album di foto citato compare nel cap 36,Fire Man’.

 

 

Precisazioni al capitolo precedente: sì, è stato senza dubbio un capitolo che celebra Mustang, un tributo al mio personaggio preferito. ^///^

 

Ringrazio quanti hanno letto e commentato la mia original comica Volatiles Memoriaee la flash-fic su TwilightDon’t touch my reason. Se non l’avete fatto, vi invito a leggerle e a darmi un parere!

 

Molti dei lettori di EFP sono al momento in vacanza. (Buon per loro! XD) Ed è per questo che prego sentitamente chi è rimasto, e sta leggendo, di sopperire alla diminuzione estiva di recensioni.
I writers non vanno in ferie, e continueranno a regalarvi momenti piacevoli nella canicola, se le loro storie rimarranno supportate dai commenti.

 

 

 

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Farai felice milioni di scrittori.

(Chiunque voglia aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio crede)


Come sempre, sono graditi commenti, consigli e critiche.


Grazie (_ _)

elyxyz

 

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Capitolo 62
*** Rainy Day Man ***


Il seguente scritto contiene lievissimi riferimenti yaoi

Il seguente scritto contiene lievissimi riferimenti yaoi.

Per ulteriori spiegazioni, vi rimando alla conclusione della fic, dopo la lettura.

 

 

Dedicato a chi ha recensito i precedenti capitoli della raccolta.

E a quanti commenteranno.

Ai vecchi e ai nuovi lettori.

Grazie.

 

 

Rainy Day Man

 

by elyxyz

 

 

 

 

 

 “Look for signs to ease the pain
Ask again

Go on and pray for rain

Now you need him

Just look up your rainy day man

All I need to do is look up my rainy day man.”

 

 

“Cerca i segni per alleviare il dolore

Chiedi di nuovo

Vai avanti e prega per la pioggia
Adesso hai bisogno di lui
Alza solo lo sguardo verso il tuo uomo del giorno piovoso
Tutto ciò di cui ho bisogno è rivolgere lo sguardo
verso il mio uomo del giorno piovoso.

 

(James Taylor - Rainy Day Man)

 

 

 

 

 

Edward tossicchiò per l’ennesima volta, girando pagina.

 

Mustang sollevò gli occhi dal giornale che stava finendo di leggere, sbuffando. “Acciaio, non ti sembra che-”

 

Sdo behde!” tagliò corto, rabbrividendo. “Etcì!”

 

“Oh, certo!” concordò il moro, ironico. “Quello era il 100° starnuto della serata. Hai vinto un orsacchiotto di peluche!”

 

Ed tirò su col naso.

 

“Oh! Preferivi una bambolina?”

 

“La smedde?” sbottò Elric, infastidito.

 

“Vedi, Fullmetal, una persona sana di mente, che oltretutto ha passato una giornata di ronda sotto a quel tempaccio” indicò vagamente oltre la finestra, dove una pioggia torrenziale scendeva ininterrottamente da ormai trentasei ore “Non avrebbe mai attraversato mezza città, stasera, per venire fin qui.” Lo riprese, in tono di paterno rimprovero.

 

“E’ beneddì.” Replicò Edo, come se questo spiegasse tutto.

 

“Lo so anch’io che è venerdì, ma non dovevi venire.” Ribadì l’altro, saggiamente.

 

In realtà, il Colonnello si era sentito molto lusingato dal fatto che quel nanerottolo cocciuto fosse venuto ugualmente, sotto quel diluvio, per tenere fede ai loro patti; tuttavia, non poteva ignorare il suo buonsenso, che gli faceva palesemente notare quanto, quello del suo sottoposto, fosse stato un gesto sconsiderato.

 

Un conto era bagnarsi come un pulcino per rispettare un ordine, a cui neppure Mustang avrebbe potuto sottrarsi; e un altro paio di maniche era decidere consapevolmente che un vecchio, polveroso libro di Alchimia valeva un’altra lavata da cima a fondo.

 

Edward tossì nuovamente, riportandolo al presente.

“Dovresti prendere qualcosa…”

 

Sdo behde!” riaffermò il giovane alchimista, barricandosi dietro al pesante tomo, come se fosse una protezione dallo sguardo indagatore del suo superiore.

 

“Hai il respiro affannato.” Annotò questi, con sussiego.

 

Obbio! Zono congesdionado!”

 

“E scommetto che hai anche mal di gola!”

 

L’altro deglutì, gli scappò una smorfia. “Sohlo uhn bo’!” sminuì.

 

“E se tutto va bene, ti sta pure salendo la febbre!”

 

Uggellaggio dhel malauguddio!” guaì. “Daisa! Doh poddi jella!”

 

“Io non porto jella. Si chiama infreddatura coi fiocchi!” stabilì, ripiegando il giornale ed alzandosi dalla poltrona. “Una persona saggia…”

 

“Ho cabido! Ho cabido!” cantilenò Edward, infastidito. “Buole che mhe ne bada?”

 

“E dove vorresti andartene, sciocchino?”

 

“Io doh sodo-!” s’interruppe “Cough-cough!”

 

“Stai peggiorando a vista d’occhio.”

 

L’occhiataccia che Ed gli rifilò conteneva una rispostaccia che venne sopraffatta da un ennesimo eccesso di tosse.

Cough-cough!”

 

“Ti ci vorrebbe un bel bicchiere di latte caldo col miele, farebbe miracoli!”

 

“Mi fadebbe bomidadhe!” lo contraddisse, disgustato.

 

Mustang ignorò la protesta, scomparendo in cucina.

Tora lo seguì, incuriosito, uscendo dalla cesta e passando a debita distanza dal divano su cui sedeva Edward.

Neanche mezz’ora prima, mentre lo coccolava leggendo, Ed gli aveva accidentalmente starnutito addosso, e la bestia tigrata non aveva gradito particolarmente la doccia fuori programma, difatti era fuggito a strofinarsi il pelo, sul tappeto, e poi nella sua cuccia, alquanto infastidito.

 

Il Colonnello e il gatto fecero ritorno cinque minuti dopo, Edo se ne accorse quando il Flame gli rifilò una tazza fumante a una spanna dal mento.

 

Cod’è?” chiese, scettico, arricciando il naso per lo strano odore che si stava spandendo nell’aria. Riusciva a percepirlo anche col naso chiuso. Osservò cautamente la brodaglia verdastra che galleggiava.

 

“Bevila! E’ una vecchia tisana della nonna del Tenente Colonnello Hughes. Un rimedio...

 

Bleah!” esclamò, schifato, allontanando la bocca. “Dhà la dausea!”

 

“…sì, beh, ti avrei avvertito che fa un po’ schifo, se me ne avessi lasciato il tempo, ma l’effetto è assicurato!” lo rincuorò. “Trangugialo tutto!”

 

“Se lo scodda!” s’impuntò il biondo, lapidario, e con accento sepolcrale.

 

“Niente storie! Devo ordinartelo?!” lo minacciò, spazientito, il suo superiore. Non gli piaceva fare il prepotente, ma a volte era necessario, con quel Fagiolino testone.

 

Stava per ribattere a dovere, quando un’improvvisa stanchezza lo colse, e fu costretto – suo malgrado – a capitolare.

Raccolse il coraggio e ingurgitò la restante sbobba in un’unica sorsata, come quando sua madre si ostinava a obbligarlo a bere il latte, contro la sua volontà.

Ce l’aveva quasi fatta, quando un bastardissimo attacco di tosse gli fece andare di traverso il decotto, a tradimento.

Sarebbe andato in apnea, pur di non dare soddisfazione al Colonnello di vederlo sbrodolarsi come un poppante, ma la mancanza di ossigeno e la gola che pizzicava lo fecero arrendere.

E se tanto doveva fare un danno, che almeno fosse degno di tale nome.

Sputacchiò la bevanda ovunque, davanti a sé, sul maglione che indossava, sui pantaloni, sul tavolino, sul tappeto, sul libro no - per carità! - e sulla costosa tappezzeria che ricopriva il sofà.

 

La cosa, che invece lo stupì, fu la mano gentile del Taisa che, anziché arrabbiarsi con lui (a ragione, per giunta), gli offriva un fazzoletto per ripulirsi il viso.

 

“Mi disbiage.” Mormorò, dolente.

 

“Non importa.”

Così aveva liquidato il danno, il padrone di casa, andando a recuperare spugne e strofinacci per asciugare il disastro.

 

Edward lo osservò rassettare, mentre si massaggiava una tempia dolorante.

 

“Dovresti cambiarti.” Gli suggerì Roy, chino sul tappeto. Poiché non ottenne risposta, sollevò il capo verso di lui. “E’ tutto ok?”

 

Come sarebbe riuscito a spiegargli che sentiva i suoni ovattati e vedeva delle strane lucine danzare davanti agli occhi, come quando il Maggiore Armstrong faceva bella mostra dei suoi muscoli tirati a lucido?

 

Dh.”

 

“Correggimi se sbaglio, ma non credo fosse un sì. Giusto?”

 

Ed scosse piano la testa. Eppure il movimento gli procurò una fitta atroce.

Poddo dommide cu-i?” chiese, osservandosi attorno, con aria smarrita.

 

“E dove vorresti andare, conciato così? E’ ovvio che dormirai qui, a casa mia!”

 

Doh cu-i.” Precisò Acciaio. “Cu-i.” Ripeté, additando il divano.

 

“Ma sei impazzito?!” si scandalizzò Mustang, afferrando la richiesta. “Riposerai su un vero letto!”

 

Dho. Zono drobbo sdango. Cu-i.” Ribadì, ostinato.

 

Il Colonnello sbuffò: avere a che fare con un Mame-chan sano era sfinente; ma da malato era anche peggio!

La sua indole cocciuta dava il meglio (il peggio?) di sé, e lui non se la sentiva di infierire come quando l’altro era nel pieno delle proprie facoltà.

 

“Facciamo così” propose, conciliante “Ora chiamiamo Alphonse, per avvisarlo che non tornerai in Caserma, e poi…

 

“Al doh g’è!” lo smentì. “E’ bia goh Habog…”

 

Havoc si è portato dietro tuo fratello per andare a quella battuta di pesca?!

 

Il suono inarticolato che fuoriuscì dalla labbra del biondo sembrò - con molta fantasia - un sì.

 

“Ma torneranno solo lunedì!”

 

Un altro fantasioso assenso.

 

“E tu? Perché non sei andato con loro? Anche a te piace pescare!”

 

Doh.” Sbuffò.

 

“Perché?”

 

“E’ beneddì.”

 

Mustang deglutì a vuoto.

Probabilmente, se quella sera Ed non si fosse ostinato a percorrere mezza East sotto la pioggia, adesso non si sarebbe ridotto come uno straccio. Poteva restarsene al calduccio del suo alloggio al Quartier Generale, e leggersi un libro altrettanto avvincente; oppure poteva trovarsi bivaccato lungo il Blue River, in quel momento, con il Sottotenente e suo fratello, a divertirsi sotto il sole del Sud, anziché sentire l’umidità fin nelle ossa, in quell’autunno annacquato nell’Est.

Eppure aveva rinunciato, in nome di quei lunedì - mercoledì - venerdì scelti quasi a caso, per gioco, di sicuro per ripicca.

Com’erano cambiate le cose, col tempo!

 

Il sentimento che covava dentro di sé guizzò all’improvviso, coccolandolo come un abbraccio caldo.

E forte e prepotente era l’impulso di stringerlo a sé, e di dirglielo - per davvero - cosa provava.

Ma sarebbe stata una pazzia. Una lucida pazzia.

 

Andò in camera da letto a recuperare il pigiama che Ed usava quando si fermava lì, a Casa Mustang, e fece ritorno. Edward protestò un po’, mentre lo aiutava a cambiarsi gli abiti umidi di tisana, ma alla fine cedette.

 

“Ce la fai a camminare?” domandò, con cipiglio critico.

 

Doh.” Negò Edo. “Cu-i.”

 

“Manco per sogno!” e se lo tirò contro, sollevandolo di peso dal divano. Forse, prenderlo in braccio gli sarebbe costato minor fatica, ma sarebbe stata un’umiliazione cocente per l’amor proprio di Acciaio, quindi vi rinunciò a priori.

Si passò l’auto-mail attorno al collo, sostenendolo con l’altro arto. Ma Edward si era accasciato addosso a lui, restio ad ogni forma di collaborazione.

 

“Avanti, Ed. Un passo alla volta, ok?”

 

Il giovane annuì, ignorando il modo con cui era stato chiamato.

Un lusso che, in altri momenti, Taisa Mustang non si sarebbe mai permesso.

Una confidenza, una familiarità che sarebbe giunta solo più avanti, molto più avanti nel tempo.

 

Arrivati di fronte alla camera da letto, Acciaio parve scuotersi dal torpore. “Bahgno.” Disse, con inflessione nasale.

 

“Devi vomitare?” chiese Roy, premurosamente sollecito.

 

Qualche istante di imbarazzato silenzio rispose per lui. “Bibì.”

 

Se non fosse stato così disdicevole, sarebbe stato liberatorio ridere di quel rossore, che si andava via via colorando sulle guance di Fullmetal e che, con la febbre, aveva a che spartire ben poco.

 

Gli accese le luci, arrestandosi sulla soglia.

“Ce la fai da solo?”

 

Ma Edward mugugnava per il fastidioso lucore della lampadina, che gli feriva le retine e amplificava il martellare impietoso nel suo cervello.

Si staccò dall’uomo, socchiudendo le palpebre e, barcollando leggermente, si avvicinò il più possibile al water.

 

Mustang sarebbe rimasto con lui, in caso di necessità; ma era stato invitato ad uscire “E ghiudda la bodda, beh goddesia!” e quindi non gli restava altro che fissare il legno che li divideva e aspettare un contrordine o un tonfo che gli rivelasse che Ed era svenuto.

 

Come aveva fatto a non accorgersi che Mame-chan stava così male?

Era impossibile che in un paio d’ore le cose fossero peggiorate così vistosamente.

Probabilmente quell’asino testardo covava il suo malessere già dal mattino, ma non aveva detto niente a nessuno; aveva trascurato la sua indisposizione e adesso l’infreddatura si era aggravata in un’influenza coi fiocchi.

 

Il rumore dello sciacquone e dell’acqua che scorreva nel lavandino lo tranquillizzarono, ma aspettò invano che la porta si aprisse, mentre tamburellava con impazienza il pavimento con le ciabatte.

 

“Acciaio? Hai finito?” si risolvette a chiedere, dopo un paio di minuti che sembrarono ore.

Non ottenne risposta. Bussò. “Ehi!”

 

Mandò a ‘fanculo a cuor leggero la privacy del suo ospite, mentre con grazia elefantina spalancava l’accesso.

 

Il giovane Elric s’era assopito a terra, contro il coperchio della tazza del water; la testa a ciondoloni contro il muro, il corpo rannicchiato su se stesso.

 

Mustang sospirò, calmandosi.

Era cosa universalmente risaputa che il Fullmetal Alchemist sapesse farsi delle gran, belle dormite ovunque fosse. Le posizioni scomode non lo dissuadevano di certo. E questa non era altro che l’ennesima riprova.

Roy sorrise, ma non poteva lasciarlo lì, al freddo.

 

Si accucciò davanti al ragazzo, abbracciandolo per sollevarlo. La zazzera bionda s’inclinò paziente contro di lui, la testa affondata tra la spalla e il collo. L’antennina gli faceva un po’ il solletico, sotto al mento, ma la cosa non gli dispiaceva. Tutt’altro.

 

Raccolte le forze, sollevò nuovamente quel piccolo, pesante corpo. Ma stavolta tutta la massa gravava su di lui, a peso morto.

Issatosi che fu, ponderò le strategie migliori per quel trasporto, anche se quella vicinanza imprevista rendeva difficoltoso il lavoro dei suoi neuroni, che avevano altro di cui occuparsi, tipo il concedersi di annusare quel buon profumo da vicino - da molto vicino -; oppure sentire la consistenza della pelle che sfiorava la sua, la setosità della frangia che lo lambiva, mille altri primari, vitali bisogni, perché la sua vicinanza era così rara che andava apprezzata fino a centellinarla.

Sospirò, quasi affranto, nell’indecisione.

E due occhi di miele incontrarono i suoi.

 

Daisa… è fresgo.” Sussurrò Ed, strofinando la fronte contro la sua gola, dove il battito sembrava impazzito.

 

“Sei tu…” deglutì “che sei bollente. Hai la febbre alta.” Motivò, scavando nel fondo del proprio raziocinio.

Lo prese in braccio, perché era la cosa più sensata da fare.

Perché baciarlo sarebbe stato vergognoso. Non avrebbe mai approfittato di Ed in una situazione così; anche se quel rossore che gli colorava le gote era eccitante da morire, e lui sarebbe morto mille volte su quelle labbra, se solo avesse potuto.

 

Lo adagiò sul materasso, coprendolo poi col piumino.

Edward sospirò di piacere, a contatto con il fresco delle lenzuola.

 

La mano di Roy andò ad accarezzargli la fronte che scottava, scostandogli poi un ciuffo di capelli che avrebbe potuto infastidirlo nel sonno.

 

Accese una piccola luce sul comodino, e tornò in cucina a cercare la borsa del ghiaccio, e un antipiretico. Si accorse solo in quel momento che Edo aveva smesso già da un po’ di tossire, ma la febbre era salita, e sarebbe stata una lunga notte.

 

 

Fine



Disclaimers: I personaggi e le strofe della canzone citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.

 

Note varie: Questo cap non è una song-fic. Ho scelto il titolo scoprendo solo successivamente il testo della canzone.

In realtà, di ‘Rainy Day Man’ ne esistono più di una, nel web.

Io mi sono imbattuta in quella di James Taylor, l’ho ascoltata e mi è piaciuta.

Trovo straordinario che alcune cose del testo collimino perfettamente con le vite di Roy e Edo, perciò ho inserito il testo qui sotto, e anche la traduzione, gentilmente offerta da Tao (grazie, tesoro!)

Dopo averla letta, vi accorgerete che i ruoli di Edo-kun e Roy a volte si invertono, si scambiano, si compensano. Lo trovo affascinante, visto che l’unione di questo testo e del capitolo è del tutto casuale.

 

 

 

James Taylor: Rainy Day Man

 

What good is that happy lie

*Adesso com'è bella quella felice menzogna
All you wanted from the start was to cry

*Tutto ciò che volevi fin dall'inizio era piangere

It looks like another fall

*Sembra un'altra caduta
Your good friends they don’t seem to help at all

*I tuoi buoni amici non sembrano affatto d'aiuto
When you’re feeling kind of cold and small

*Quando ti senti assai freddo e piccolo
Just look up your rainy day man

*Alza solo lo sguardo verso il tuo uomo del giorno piovoso


It does you no good to pretend child

*Non ti fa bene fingere di essere un bambino
You’ve made a hole much too big to mend

*Hai fatto un errore troppo grande da riparare
And it looks like you lose again, my friend

*E sembra che tu perda di nuovo, amico mio
Call on your rainy day man

*Fai appello al tuo uomo del giorno piovoso


Now rainy day man he don't like sunshine

*Adesso l'uomo del giorno piovoso non ama la luce del sole
He don't chase rainbows

*Non rincorre gli arcobaleni
He don’t need good times

*Non ha bisogno dei bei tempi
Grey days rolling

*I giorni grigi si susseguono
Then youll see him

*Allora lo vedrai
Empty feeling

*Sentendoti vuoto
Now you need him

*Adesso hai bisogno di lui

All those noble thoughts they just don’t belong

*Tutti quei nobili pensieri non ti appartengono
You can’t hide the truth with a happy song

*Non puoi nascondere la verità con una canzone felice
And since you knew where you stood all along

*E dal momento che sapevi dove eri sempre stato
Just look up your rainy day man
*Alza solo lo sguardo verso il tuo uomo del giorno piovoso


Now simple pleasures they all evade you

*Ora i semplici piaceri ti schivano
Store-bought treasures none can save you

*Nessun tesoro da collezione può salvarti
Look for signs to ease the pain

*Cerca i segni per alleviare il dolore
Ask again

*Chiedi di nuovo
Go on and pray for rain

*Vai avanti e prega per la pioggia

It looks like another fall

*Sembra un'altra caduta
Your good friends they don’t seem to help at all

*I tuoi buoni amici non sembrano affatto essere d'aiuto
When you’re feeling kind of cold and small

*Quando ti senti assai freddo e piccolo

Just look up your rainy day man

*Alza solo lo sguardo verso il tuo uomo del giorno piovoso
All I need to do is look up my rainy day man

*Tutto ciò di cui ho bisogno è rivolgere lo sguardo verso il mio uomo del giorno piovoso

Now what good is that happy lie

*Adesso com'è bella quella felice menzogna
All you wanted from the start was to cry

*Tutto ciò che volevi fin dall'inizio era piangere

 

 

 

Venendo ad altro… mi sento in dovere di precisare una cosa: non è che il malessere di Edo precipiti all’improvviso. Roy espone diverse riflessioni nel corso della serata, al riguardo. Il punto è che Ed stava già male, e si è trascurato.

 

 

Precisazioni al capitolo precedente: a Mustang, un altro tributo al mio personaggio preferito. ^///^

Ma, più in generale, alla nascita della storia d’amore tra Ed e Roy, col contorno (il sostegno, l’amicizia) di tutti gli altri personaggi a noi cari.

 

Ringrazio quanti hanno letto e commentato la mia song-fic su Twilight A te. Se non l’avete fatto, vi invito a leggerla e a darmi un parere!

 

Cosa bizzarra: le recensioni calano, i preferiti aumentano. Non capisco il perché.
Comunque: siamo arrivati a quota 111, e trovo doveroso ringraziare!

1 - Kami Mikami
2 - aduah
3 - Aki_
4 - allsecrets2
5 - Ardespuffy
6 - AtegeV
7 - Ayako_Chan
8 - Bad Girl
9 - beautiful_disaster
10 - Betta90
11 - binky
12 - boll11
13 - Ceci Princessofbooks
14 - chamaedrys
15 - chibimayu
16 - Chiby
17 - crystie_2
18 - Dark_angel
19 - Dimea
20 - Ed92
21 - eda chan
22 - Edward Son
23 - eleo_chan
24 - eLiSeTtA
25 - Elychan
26 - Emily512
27 - Envuccia
28 - Eril
29 - Faust
30 - Fed
31 - Feda
32 - fedar
33 - FeEChAn
34 - FightClub
35 - Fosuke
36 - fullmetalQUEEN
37 - girlstreet
38 - Giulieeettaa
39 - giulietta117
40 - giuly89
41 - goldsaru
42 - grethy
43 - Hokori
44 - Hoshi Edo
45 - Ichigo Shirogane
46 - ilytin
47 - inuyasha94
48 - Kaguya
49 - Kayra
50 - KuRoNeKoChAn
51 - LadyKokatorimon
52 - lake
53 - last exile
54 - lelith
55 - Lenus
56 - Liris
57 - Lynliss
58 - Mamoru_Kurosawa
59 - Melisanna_
60 - Micchan
61 - Mikayla
62 - MiLiKa
63 - Minerva Bellatrix
64 - MisaMisa
65 - mua
66 - My Pride
67 - nacchan
68 - nami78
69 - neki niku_dango
70 - nemesi06
71 - Neverwinter
72 - nikolai
73 - nixy
74 - onlykitsune
75 - Orchidea Rosa
76 - Panssj
77 - Patricia Dalrymple
78 - Red Robin
79 - RenAlchemist93
80 - rioki
81 - roby chan
82 - Roy Mustung sei uno gnocco
83 - Ruby9210
84 - SakuraAshe
85 - saku_chan the crazy dreamers
86 - SangoHachiko
87 - Sary_
88 - scheggia
89 - Secchan
90 - Seiko
91 - Sephiria
92 - SeryChan
93 - Setsuka
94 - Sghergy
95 - shikadance
96 - Shinji
97 - shiratori_chan
98 - sirius4ever
99 - soarez
100 - Sorina_SA
101 - Sparrow
102 - SteelRose Alchemist
103 - Tao
104 - tsunade22
105 - yayachan
106 - Yuki Delleran
107 - Yuki Eiri Sensei
108 - Yumi
109 - _ALE2_
110 - _pEaCh_
111 - _sefiri_

 

 

 

Molti dei lettori di EFP sono al momento in vacanza. (Buon per loro! XD) Ed è per questo che prego sentitamente chi è rimasto, e sta leggendo, di sopperire alla diminuzione estiva di recensioni.
I writers non vanno in ferie, e continueranno a regalarvi momenti piacevoli nella canicola, se le loro storie rimarranno supportate dai commenti.

 

 

 

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Grazie (_ _)

elyxyz

 

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Capitolo 63
*** Cat Therapy ***


Il seguente scritto contiene lievissimi riferimenti yaoi

Il seguente scritto contiene lievissimi riferimenti yaoi.

Ambientato agli esordi.

Per ulteriori spiegazioni, vi rimando alla conclusione della fic, dopo la lettura.

 

 

To Toby

 

In Loving Memory

 

(April 1992 – June 2008)

 

 

 

Cat Therapy

 

by elyxyz

 

 

 

 

“Dovresti ringraziarmi, sai?” gli fece notare il Colonnello, tenendogli la porta aperta, mente lui portava dentro due ampie sporte di spesa.

 

“Se lo può scordare!” replicò Ed, entrando. “Il fatto che io abbia percorso la strada verso casa sua con lei è una cosa sgradevole, che non merita la mia gratitudine!”

 

“Allora, la prossima volta te la farai a piedi dalla Caserma, borse comprese!” sbottò, stizzito.

 

Da che avevano concordato quello strano patto, qualche settimana addietro, rapportarsi con quel Fagiolo dalla testaccia dura era ancor più complicato che in ufficio: non accettava le sue gentilezze, oppure le criticava, altrimenti faceva il sostenuto…

Sbuffò, spazientito.

Che idea del cavolo gli era venuta! Ma chi gliel’aveva fatto fare?

 

“Dov’e Tora?”

 

La voce di Acciaio entrò nei suoi pensieri.

 

“Nella sua cesta?” suggerì, con un sorrisino di compatimento.

 

“No!”

 

“Nascosto tra i cuscini del divano?” riprovò.

 

“Ho già controllato!”

 

“In cucina a mangiare? E’ l’ora di cena! Anzi, no, è già passata da un pezzo!”

 

“Se lei non si fosse fermato a flirtare con la cassiera del negozio, a quest’ora…

 

“Ehi! Io non flirtavo! Era una conversazione amichevole, dettata dalla buona educazione!

 

“Sì, come no?!

 

Il tono ironico non sfuggì all’uomo.

“Pensa a ritrovare il gatto!” lo rimproverò, mentre anch’egli abbandonava l’idea di mettersi comodo - dopo una estenuante giornata di lavoro, in cui Hawkeye l’aveva spremuto più del solito - e lo aiutava nella ricerca.

 

Passarono al setaccio ogni stanza dell’appartamento, persino sotto al letto e nelle ante semiaperte degli armadi, casomai si fosse infilato lì dentro per gioco o per spirito d’avventura.

Ma non era da nessuna parte.

 

D’un tratto, la voce agitata di Ed lo richiamò, ed egli corse verso l’origine del segnale, con una strana apprensione stretta attorno allo stomaco. E ciò che vide non gli piacque per niente.

 

Edward se ne stava inginocchiato nello studio, chino sul corpo di Tora, indeciso se toccarlo o meno.

Il cucciolo aveva il pelo tutto arruffato, soffiava ansimando in modo pesante, faticoso; stentava addirittura a tenere gli occhietti aperti.

C’erano due o tre tracce di rigurgito sul pavimento accanto a lui.

 

“Acciaio, fatti da parte!” annunciò, accovacciandosi al suo fianco per esaminare la situazione.

 

“Sta male!” disse Ed, faticando a contenere l’ansia. “Non vede che sta male?!

 

“Questo lo comprendo anch’io, ma dobbiamo capire che cos’ha!” lo redarguì, cercando di restare più calmo del giovane Elric.

 

Ignorando le proteste del micio, lo sollevò con delicatezza e lo trasportò in sala, dove lo depose nella sua cesta.

“Almeno qui starà più comodo.” Spiegò.

 

“Portiamolo dal veterinario!” suggerì Fullmetal, già pronto ad avviarsi all’uscio.

 

“Acciaio!” lo richiamò il suo superiore “Ti rendi conto che è venerdì sera?” scrutò l’orologio alla parete “E a quest’ora non troveremmo nessuno allo studio.”

 

“E allora?!” si scaldò l’altro, avvicinandosi a lui. “Cosa pensa di fare?!

 

“Chiamerò a casa sua. Se saremo fortunati…” preferì non concludere la frase e si indirizzò all’apparecchio.

Cercò con movimenti nervosi la rubrica, decidendosi poi a chiamare il centralino di East, per farsi passare la comunicazione. Attese in linea, forse per un paio di minuti.

 

Edward lo vide attorcigliare il filo, segno evidente che era sulle spine quanto lui.

 

“Buonasera, sono il Colonnello Roy Mustang.” Disse alla fine, dopo un tempo che ad entrambi parve infinito.

 

Edward si chiese irrazionalmente perché si fosse presentato col suo grado. Che differenza poteva fare? Oppure… voleva in qualche modo far prevalere qualche suo privilegio di Alchimista di Stato?

 

Ignorandolo, Roy tentò di preservare la sua buona educazione.

“Mi perdoni il disturbo, ma è un’emergenza. Potrei parlare col dottor Emerson?” chiese, mentre Ed tratteneva il fiato. “Un’emergenza, sì.” Ripeté.

 

Acciaio capì che stava reprimendo a stento un’imprecazione.

 

“Dove, esattamente?”

 

Il dialogo continuava, escludendolo; il biondo si torse le mani, pizzicandosi involontariamente la pelle con l’auto-mail.

 

“La prego, devo mettermi in contatto con lui! Non potrebbe…” fu interrotto da un lungo discorso all’altro capo. Ma non desistette. “Non potrebbe comunque darmi il recapito del figlio? In un altro frangente, mi creda, non insisterei così tanto…” motivò, accorato. “Sono consapevole che non sia vostra usanza divulgare informazioni così personali, tuttavia… le ripeto: è un’urgenza!” rimase in silenzio, sperando che le sue parole andassero a segno.

 

Edo-kun lo vide tamburellare sul bordo del tavolo con le lunghe dita agili.

 

“D’accordo. Attendo che mi richiami. E’ stata veramente molto gentile, la ringrazio.

Esalò un fiato con avvilimento, deponendo la cornetta, e si rivolse a lui. “Il veterinario è partito per il weekend; starà nella casa di campagna del figlio, da quanto mi ha detto la governante. Si è rifiutata di darmi il suo numero, però mi ha promesso che avrebbe contattato subito il dottore, e che lui ci avrebbe richiamati quanto prima.

 

Edward sospirò, impaziente. In quel mentre il telefono squillò.

Il Colonnello afferrò il ricevitore come un rapace. “Mustang.” Rispose, ignorando stavolta ogni convenevole.

Con grande stupore di Ed, il moro allontanò l’apparecchio da sé, per passarglielo. “E’ per te.”

 

“Pronto?” disse, cauto.

 

Nii-san?”

 

Edward sbatté le palpebre, confuso. “Al?”

 

“E’ tutto ok, Nii-san?”

 

Pe-perché mi hai chiamato, Al?” tartagliò. Sentì un lontano mugugno incerto.

 

“Non lo so… senti, fratellone, ho avuto come una… una specie di premonizione, e volevo sapere se stavi bene…

 

Edo rimase molto colpito da quell’affermazione, ma cercò di non farglielo capire.

“Ma che vai dicendo!” brontolò, in tono scherzoso, facendosi violenza. “Te lo sei sognato, credi a me! E’ solo che sta per piovere, e non mi sono ancora deciso a tornare in Caserma!

 

“Ma non sta piovendo, Nii-san. Il cielo è stellato.” Lo contraddisse l’armatura.

 

“Sì, beh… stavo… stavo facendo incavolare il Colonnello, tu sai quanto mi diverte fargli perdere le staffe!”

 

Nii-san…”

 

“Ora scusami, Al, ma il Taisa sta aspettando una telefonata di lavoro, devo riattaccare…

 

“Ed?”

 

Sussultò, impreparato. Raramente Alphonse lo chiamava per nome. E ogni volta che lo faceva era per un motivo serio.

 

Deglutì. “…Dimmi.”

 

“Se hai bisogno di me, chiamami, va bene?”

 

Ed accarezzò con gratitudine quell’offerta; ma, se avesse potuto, avrebbe risparmiato quella pena al suo fratellino.

Smise di mentire. “Ci vediamo domattina, a qualche ora.”

 

“Va bene, Nii-san.”

 

“Buonanotte.” E ripose il ricevitore. Si volse verso il suo comandante, stringendosi nelle spalle. “Odio dover mentire ad Al.”

 

“Anche perché lo fai in maniera pessima.” Annotò, in un sorriso tirato; ma prima che l’altro andasse in escandescenze, continuò: “D’altra parte, comprendo la tua volontà di proteggerlo dal dolore. Questo non è certo un bello spettacolo.” Si chinò ad accarezzare Tora, ma il micio sembrava troppo preso dalla sua sofferenza, per dimostrare piacere o gratitudine.

 

Il telefono squillò nuovamente. Edward - che era il più vicino tra i due - si affrettò ad alzare la cornetta. “Casa Mustang.” Proferì. “Sì, glielo passo immediatamente.”

 

Il Flame si prese il tempo di scusarsi per la tarda ora, e per il disagio che gli stava arrecando. Poi gli spiegò la situazione, e rispose brevemente a tutte le domande che il veterinario gli fece; anche se, alcune frasi che il Colonnello disse, a Edo sembrarono senza senso o poco pertinenti.

Avrebbe tanto voluto sentirle direttamente, ma dovette accontentarsi di attendere il resoconto. Ad un certo punto, l’espressione del Taisa si rannuvolò, preoccupandolo non poco. Lo sentì accalorarsi, mentre discuteva di qualcosa che lui aveva compreso solo parzialmente.

Lo vide indignarsi, e poi scusarsi, adducendo come motivazione l’apprensione che stavano provando in quella situazione difficile, vedendo il cucciolo tanto sofferente.

Lo sentì chiedere di un possibile sostituto, ma la risposta che ricevette non gli garbò.

 

La conversazione finì dopo un tempo eterno, Edward ne era certo.

Sentì che Mustang risolveva i saluti di rito, conditi da una discreta dose di riconoscenza - seppur minore, rispetto a quella presentata all’inizio del dialogo telefonico.

 

“Ci vedremo lunedì, in ogni caso. Buona serata.” Disse, e riattaccò.

 

No, decisamente non aveva buone notizie.

Il volto tirato e stanco, gli occhi inquieti cercarono i suoi. “Siediti.” Gli disse, accomodandosi per primo sul divano.

 

Ed seppe istantaneamente che non era una richiesta, ma un ordine. E non era il momento di contestarlo.

 

“Allora?” sussurrò, bramando e temendo ciò che l’altro stava per dirgli.

 

Roy attese qualche istante, riordinando le idee. O forse, semplicemente, non sapeva da dove iniziare.

“Non sa dire cos’abbia.”

 

“E’ ovvio! Non l’ha nemmeno visto o visitato!” sbraitò, lasciando corda alla collera.

Era più semplice, per lui, gestire la rabbia che la paura.

 

“Cerca di contenerti, infuriarsi non servirà.” Lo rimproverò, serio ma pacato.

 

Ed mugugnò il proprio disappunto. Ma se ne rimase in silenzio, finché l’altro non riprese.

 

“Gli ho descritto i sintomi esatti, specificando che stamattina stava benissimo.” Appuntò il moro. “E lui mi ha chiesto la sua età esatta. Ma ovviamente noi non la sappiamo, visto che è stato abbandonato. Abbiamo parlato dei vaccini che ha già fatto. Ed è questo il punto.”

 

“Cioè…?”

 

Tora è stato sverminato e vaccinato, ma è ancora troppo piccolo per aver completato il ciclo di vaccinazioni, ed era un gatto randagio…

 

“Ragion per cui…?” l’incalzò, impaziente.

 

“Potrebbe aver contratto un’infezione o una malattia che è rimasta latente fino ad oggi. Il suo sistema immunitario deve arrangiarsi.

 

“Non potrebbe vaccinarlo adesso?” suggerì il biondo, speranzoso.

 

“No, è troppo tardi, ora.” Obiettò Roy. “Esiste una piccolissima possibilità che abbia mangiato qualcosa di cui è allergico o intollerante, ma noi non abbiamo mai variato la sua dieta. In altre circostanze, si poteva pensare che fosse stato avvelenato, ma lui non è mai uscito da queste mura, quindi…

 

“Quindi?”

 

“L’ipotesi della malattia è l’unica plausibile.”

 

“Non possiamo fare niente per lui?” chiese, in tono affranto.

 

“Il veterinario ha detto di no. Il suo organismo dovrà rimediare da solo. Se supererà i prossimi giorni, avremo buone speranze che si rimetta completamente, altrimenti…

 

“NON LO DICA NEANCHE PER SBAGLIO!” s’infervorò. “Che altro ha detto il dottore? Che speranze ci ha dato?”

 

“Una probabilità molto bassa, a dire il vero... Se sopravvive, però, ha detto che diventerà immortale!” scherzò, per sollevare un po’ i loro umori.

 

“Che gran consolazione!” ironizzò Ed, lanciando occhiate preoccupate alla cesta. “E nel frattempo?”

 

“Probabilmente si è disidratato, tutte le ciotole in cucina sono intatte. Ha detto di farlo bere, almeno dell’acqua, meglio se del latte tiepido…

 

“Non sarà semplice…”

 

“Useremo un contagocce, o una siringa senza ago, e domani andremo ad acquistare un biberon…

 

Se arriverà a domani. Pensarono entrambi, ma nessuno lo disse.

 

“Bene! Perciò diamoci da fare!”

 

Scaldarono del latte in un piccolo pentolino, Edward cercò di reprimere il suo disgusto, mentre l’odore della calda bevanda si espandeva per la cucina, e lui lo zuccherava un po’.

Tra i medicinali, trovarono una siringa ancora sigillata e la adattarono al nuovo scopo.

 

Mentre lui si dirigeva alla volta della cesta, Mustang ricomparve dallo sgabuzzino con dei guanti in lattice a penzoloni. Gliene porse un paio e, al suo sguardo dubbioso, spiegò: “Il dottore non può escludere che non sia contagioso, per questa ragione dovremo prendere delle precauzioni e toccarlo il meno possibile. Mi dispiace, ma è così”.

 

Edward non provò neppure a replicare, capiva che il Taisa aveva detto quelle cose controvoglia.

Si infilò la protezione e legò un fazzoletto di cotone sul naso, come blanda mascherina. Roy lo imitò.

 

Passarono la mezz’ora seguente cercando inutilmente di far aprire la bocca al micio; era un sacrificio continuare a insistere, ma era per il suo bene.

Alla fine, Ed mandò al diavolo la pazienza e se lo prese in braccio “Se dovrò bruciare i vestiti, li brucerò aveva ringhiato, e carezzando il gatto lo aveva costretto a spalancare le piccole fauci quel poco che bastava per inserire la cannuccia e spremerla dentro. Ripeterono l’operazione alcune volte, fino a che non giudicarono che fosse un pasto sufficiente, anche se molto del liquido veniva sprecato o sputato dal felino.

 

“Per favorire la digestione, dovremmo massaggiargli la pancia con un panno caldo.” Lo informò Roy, sfilandosi un guanto in lattice per infilare quello alchemico. Poco dopo, tornò con una pezza tiepida, ed eseguirono l’azione; benché Tora non sembrasse collaborare particolarmente, almeno non avrebbero corso rischi di coliche. Anche se continuava a miagolare in modo penoso. Era straziante sentirlo gnaulare così.

 

Taisa, senta… East City è grande… ci sarà pure un altro veterinario!” suggerì, dandosi dello sciocco, per non averlo pensato prima.

 

Il militare scosse il capo, sconfortato. “Il dottor Emerson mi ha già anticipato che l’altro veterinario è fuori città per un grave lutto di famiglia, al momento credo sia nei pressi di Dublith, da quanto ho capito.”

 

Edo, a quella risposta, si sgonfiò come un palloncino bucato.

 

Roy gli fece un sorriso che - nelle sue intenzioni - voleva essere incoraggiante; ma gli uscì solo una smorfia malconcia. Sapeva che non avrebbe dovuto mentirgli, o peggio ancora illuderlo. Ma vedere Mame-chan così preoccupato gli stringeva il cuore.

“Sono sicuro che andrà tutto bene… vedrai che ha la pellaccia dura!” esclamò. “Questa piccola peste mi ha distrutto mezza casa, non ci lascerà per così poco… può ancora consumare un paio di vite!”

 

Edward annuì, senza replicare.

 

“Ti va di mangiare qualcosa?” propose il Colonnello, cercando di essere gentile.

 

“Non ho fame.” Rifiutò, accucciandosi davanti alla cesta, per vegliare meglio.

 

“Neanche io.” Ammise l’altro, benché entrambi avessero saltato la cena. “Ma svenire di fame non ti aiuterà, quindi vado a preparare qualcosa da mettere sotto ai denti.” Prima che Fullmetal potesse declinare, si avviò in cucina, tornando poco dopo con un piatto e dei tramezzini fatti con quello che aveva trovato.

 

Cenarono in silenzio, poi il padrone di casa recuperò un paio di coperte che depose con cura sul divano. “Almeno staremo più comodi.” Motivò.

 

L’altro non si diede pena di ringraziare per la premura.

 

“Appena puoi, cerca di dormire almeno un po’. Comincio io il primo turno di veglia, ok?

 

Edward non ebbe nulla da ridire. Si accoccolò dentro il bozzolo di calda lana, e cercò di calmare il suo cuore spaurito.

 

Lasciarono accesa solo la lampada a stilo, per non infastidire il micio con troppa luce.

Il latte gli aveva comunque giovato, almeno un po’. Sembrava meno stremato; anche se rantolava ancora in modo preoccupante, il pelo era ancora ispido, e sarebbe stata una lunga notte.

 

 

Fine



Disclaimers: I personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.

 

Note varie: Ho già usato un titolo simile a questo (nel cap 51), ma con tutt’altri significati.

L’ultima frase di questo capitolo è la stessa dello scorso. E ovviamente è voluto.^^

 

Ho scritto la trama di questo capitolo molti mesi fa, attingendo ad un ricordo autobiografico.

Al mio cane è successa la stessa cosa di Tora, e quell’idiota di veterinario si rifiutò di vederlo, perché tanto lo aveva dato per spacciato, perché era troppo piccolo per sopravvivere a quell’infezione ignota che si era beccato.

 

“Se non muore adesso, non morirà mai più.” Disse.

E per 16 anni Toby ha vissuto con me, senza ammalarsi più.

Conservo ancora il biberon con cui lo allattai. >___<

 

Purtroppo però la vita ha una fine.

Avrei dovuto postare   questo capitolo mesi fa, quando ancora il mio sacco di pulci scodinzolava per me.

Adesso non c’è più. Ma le sue coccole saranno sempre con me. ç___ç

 

 

Spero non vi abbia infastidito il maltrattamento subito da Tora.

E’ bene che vi ricordi che, dopo il mio amato e venerato Taisa, è Tora la mia seconda vittima sacrificale prediletta e predestinata… e non sarà l’ultima! *___*

 

 

Precisazioni al capitolo precedente: non credo che ce ne siano. Sono felicissima che vi sia piaciuto! ^____^

Anche a me Edo ha fatto tanta tenerezza, nel suo essere cocciuto, e malgrado stesse male, è andato dal Taisa.

Roy merita il mio sostegno, ha la pazienza di un santo (martire peccatore XD)!

 

 

 

Do il benvenuto a Emily ff ed ad Aki_ tra i nuovi lettori! ^___^

 

 

 

Molti dei lettori di EFP sono al momento in vacanza. (Buon per loro! XD) Ed è per questo che prego sentitamente chi è rimasto, e sta leggendo, di sopperire alla diminuzione estiva di recensioni.
I writers non vanno in ferie, e continueranno a regalarvi momenti piacevoli nella canicola, se le loro storie rimarranno supportate dai commenti.

 

 

 

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Grazie (_ _)

elyxyz

 

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Capitolo 64
*** Cane Lupo ***


Appendicite

Il seguente scritto contiene riferimenti yaoi.

Per ulteriori spiegazioni, vi rimando alla conclusione della fic, dopo la lettura.

 

 

A chi ha recensito i precedenti capitoli della raccolta.

E a quanti commenteranno.

Ai vecchi e ai nuovi lettori.

Grazie.

 

 

Cane Lupo

 

by elyxyz

 

 

 

 

Edward percorse con studiata, maliziosa lentezza l’addome del compagno, soffermò le labbra su una piccola cicatrice liscia e chiara. Sbuffando, sorrise direttamente contro la pelle, facendo rabbrividire Roy. “E questa? Te la ricordi, questa?”

 

 

 

*****

 

 

 

Il Maggiore Elric entrò a passo sicuro nell’ampio stanzone, che era stato adibito ad ufficio del Colonnello Mustang e dei suoi sottoposti - finché gli addetti ai lavori non avessero tinteggiato decentemente quello vecchio, e ognuno non fosse tornato padrone della propria scrivania.

Poggiò la catasta di fogli che portava con sé sul bordo dello scrittoio del suo superiore, mentre questi scrutava, malevolo, una delle sue odiate scartoffie.

 

“Sono gli ultimi resoconti, li deve vidimare entro le cinque.”

 

Al Taisa sfuggì un gemito strozzato, ma non osò protestare. Giusto quella mattina, si era sentito un’infinita ramanzina sul suo scarso senso del dovere da parte del Tenente Hawkeye, e non ci teneva a sorbirsi una seconda parte della paternale. Persino il resto della truppa sembrava stranamente solerte e silenziosa, Acciaio se ne accorse subito: Havoc mordicchiava la sigaretta spenta mentre era indaffarato a trascrivere chissà cosa; sul ripiano di Breda spuntavano solo le briciole di un panino mangiato - con tutta probabilità - il più in fretta possibile; Falman rimaneva impassibile, se mai fosse stato immaginabile, addirittura più impassibile del solito; Fury invece era ligio come sempre, per cui la cosa non lo stupì più di tanto. L’unico che sembrava immune alla fatica era Hayate, che dormicchiava beatamente in un angolo della stanza. La sua padrona doveva essere in giro per il Quartier Generale, a svolgere qualche commissione.

 

“Ha un altro incarico da affidarmi?” domandò al Flame Alchemist, attirando la sua attenzione.

 

“Uh… no. Non subito…” biascicò. “Però, aspetta… potresti andare di ronda nella zona di Blacking Hole? Ogni tanto bisogna far vedere la faccia di un Alchimista da quelle parti, così le acque si calmano…

 

“Se c’è da menare, posso alzar le mani?” s’interessò, speranzoso.

 

“Noi siamo l’esercito, Fullmetal, non un branco di marinai ubriachi!” lo rimproverò fiaccamente.

 

Almeno posso portarmi dietro Al?”

 

“Sì, puoi.” Concesse, sfiorandosi una tempia con un gesto stanco. Era tutto sudato.

 

Taisa? Ma è sicuro di stare bene?” chiese, dubbioso.

 

“Fa un caldo infernale qua dentro.” Si lamentò l’uomo, invece di rispondergli.

 

Kain corse prontamente alla finestra e l’aprì, per arieggiare il locale, benché non fosse una giornata particolarmente calda, anzi, tutt’altro.

L’aria gelida di fine inverno entrò con una fastidiosa folata di vento.

Mentre gli altri si tiravano su il colletto della divisa, Mustang si sbottonò la prima asola della camicia, boccheggiando.

 

“Sa che è un po’ pallido?” gli fece notare Edward, scrutandolo da vicino.

 

“Sarà una nuova tattica per scansare il lavoro!” intervenne Riza, comparendogli alle spalle. Ed sussultò, colto alla sprovvista.

“Non preoccuparti, Edo-kun, il Taisa sta benissimo! Non è forse vero, signore?”

 

Roy deglutì, annuendo, senza neppure staccare gli occhi dal foglio che stava leggendo.

 

“Però… se mi è concesso esprimere un ragionevole dubbio… un po’ pallido lo è davvero!” insistette Falman, mosso a pietà.

E, detto da lui, beh… era tutto dire!

 

Oh, sì. Come no? Riza non si fece abbindolare. Di sicuro aveva attuato la versione evoluta e corretta delmal di scuola’, come quando bigiava le lezioni di suo padre, adducendo i più improbabili e inesistenti malanni!

 

“Signore, non si sente bene?” domandò a sua volta, sfidandolo a mentirle. Si sfiorò la fondina come tacito monito.

 

“No, Tenente. Non si preoccupi.” Proferì, arrendevole. Ricordava fin troppo bene la sua piazzata di qualche ora addietro.

 

“Benissimo, signore.” Si risolvette lei, “E voialtri, lavorate!” li sgridò; immediatamente tutti s’ingobbirono sulle proprie faccende.

L’aria si fece nuovamente pesante, ma per altre ragioni.

 

“Allora, io vado a…” preannunciò il giovane Elric, infilandosi in fretta il cappotto rosso e volatilizzandosi via da lì.

 

Gli altri mugugnarono solo un saluto distratto.

 

 

Lui e Al avevano camminato per quasi tre ore buone, perlustrando tutta Blacking Hole, ma non avevano trovato nessuna faccia sospetta a cui incutere timore, né un minimo pretesto per una scazzottata.

Alla fine, stanchi e infreddoliti - beh, lui lo era, e Alphonse esprimeva la sua solidarietà - avevano fatto ritorno in Caserma. Se si muoveva in fretta, riusciva a passare dal Colonnello prima che la mensa fosse chiusa.

Salutò il suo fratellino, suggerendogli di fare un salto alla Sala Ricreativa degli Ufficiali, mentre lui svolgeva le solite, banali, incombenze burocratiche.

 

Quando varcò nuovamente l’ufficio improvvisato del Flame, la stanza risultava stranamente vuota e silenziosa.

La cosa lo stupì parecchio, perché erano quasi le due, di norma i ragazzi avevano già ripreso servizio da un pezzo, a quell’ora.

 

Il raschiare della penna sulla carta gli fece capire che no, non era vuota.

 

“Signore? Dove sono finiti tutti gli altri?” l’interrogò, sorpreso.

 

Due pesti occhi neri incontrarono i suoi. O Mustang sapeva fingere bene, oppure non stava brillando di salute.

“Sono appena andati a mangiare,” chiarì svogliato. “Il Tenente li ha congedati solo qualche istante fa.”

 

“E lei?”

 

“Io non ho fame, e sono in arretrato sul prospetto stilato da Riza.”

 

Per la seconda volta nella giornata, come evocato, l’abile cecchino comparve dietro di loro.

“Ecco il suo the, signore.”

 

Gli porse una tazza fumante, con sollecita premura. Ed egli ingoiò un paio di analgesici. “Grazie, Tenente.”

 

“Sicuro che non vuole mangiare… uhm… qualcosa di solido?”

 

“No, grazie.” Ripeté. “Tu, piuttosto, vai a pranzare, prima che sia finita tutta la sbobba, e vacci anche tu, Edward. Mi farai rapporto più tardi.”

 

I due sottoposti eseguirono l’ordine, senza replicare.

 

In fin fine, quella situazione incresciosa se l’era andata a cercare!

I suoi livelli di inoperosità avevano raggiunto i massimi storici, un fancazzismo ad oltranza degno del Mustang dei tempi migliori.

Il Colonnello aveva mentito, per ben tre giorni di seguito, adducendo finti malori e altrettanti malanni, e i ragazzi - tranne Edward, che si era tenuto a scettica distanza da quelle macchinazioni - l’avevano spalleggiato, un po’ per compatimento, un po’ per solidarietà maschile.

Tutto questo fino a che Riza non si era trovata, quella mattina, a dover giustificare al Generale Hakuro la mancanza di resoconti urgenti non ancora inviati a Central.

Quand’era tornata dal Taisa, gli aveva fatto un predicozzo con i controfiocchi, obbligandolo a rispettare una nuova tabella di marcia da lei stilata - ranghi serrati e passo lungo -, che gli avrebbe permesso di recuperare l’abissale passivo, ed egli s’era messo a lavorare come un cane bastonato.

 

Sì, se l’era andata a cercare! Pensavano entrambi, varcando la soglia della sala mensa. Dopo aver riempito i rispettivi vassoi con ciò che restava di commestibile - una brodaglia informe e una bistecca che poteva essere riutilizzata come soletta in caso di emergenza, con un po’ di insalata - si unirono al gruppetto, che era l’unico rimasto.

 

Breda fissava con doloroso rammarico la carne del suo piatto, indeciso se mangiarla o gettarla. “Ecco perché non vengo mai per ultimo in mensa!” piagnucolò.

 

“Neppure Hayate la mangerebbe!” sghignazzò Havoc, accendendosi una meritata e agognata sigaretta.

 

Buraha non farebbe mai lo schizzinoso col cibo, al contrario di voi.” Li ammonì Riza, dando il buon esempio consumando il suo pasto per intero.

 

“Vuole anche il mio, Tenente?” le offrì Falman con cavalleria, ma lei declinò.

 

“Magari il Colonnello ci ha spediti tutti qua per poi svignarsela! Forse, in questo momento, sta andando in un gustoso ristorante, mentre noi siamo qui a…

 

“Sottotenente, smettila.” Lo zittì la bionda, “Non si allontanerà dal suo posto.”

 

“E come fa a saperlo?” l’interrogò Fury, curioso.

 

Sorrise sorniona. “L’ho chiuso dentro a chiave. Non credo salterà dal secondo piano…”

 

“Ma… ma quando…? Come?” Edward ne era sinceramente stupito, era uscito con lei dall’ufficio, e non se n’era minimamente accorto.

 

“A mali estremi… estremi rimedi!” sbuffò lei. “Il Taisa deve capire la morale…”

 

“Quale morale?”

 

“Quella della favola… quella del pastorello che gridava ‘Al lupo!, al lupo!!’ hai presente?”

 

“Io non sono a conoscenza di questa usanza…” rese noto Fury.

 

“Ma la conoscono tutti!” sbottò Heymas, sputacchiando dei resti di cibo.

 

Falman prese la parola. “In breve: un pastorello si divertiva ad imbrogliare i suoi compaesani, avvisandoli della venuta di un immaginario lupo che avrebbe mangiato le loro greggi. Quando il lupo si palesò davvero, nessuno gli credette ed egli fece una brutta fine.

 

Vato! Hai massacrato la storia!” lo accusò Jean, sorseggiando il suo caffè.

 

“Però il concetto c’è, e spero che Mustang lo comprenda presto, per il suo bene!”

 

“Sì, d’accordo.” Stabilì Ed. “Ma prima il Colonnello sembrava uno straccio! Secondo voi… ci sta provando ancora?”

 

“All’inizio credevo fingesse, come capita spesso, lo sai… poi però ho pensato che avesse preso freddo… si è fatto sei viaggi in bagno in tre ore…” annotò lei.

 

“Avrà la vescica debole?”

 

“Magari si è preso una cistite!” ipotizzò Falman, con interesse scientifico.

 

“Eh! Oppure avrà le sue cose!” scherzò il Sottotenente, guadagnandosi un’occhiataccia di biasimo da Riza.

 

“Quali cose?” domandò Edward, curioso. Gli altri scoppiarono a ridere.

 

“Lascia stare, Edo-kun.” Tagliò corto la donna, alzandosi. “Tornate subito al lavoro!”

 

Jean si riaccese un’altra slim, senza più fiatare. La truppa ripulì il tavolo, seguendo il suo esempio.

 

Trovarono il Flame Alchemist accasciato sul lucido legno della propria scrivania, in una posa un po’ troppo scenica, per essere vera.

 

“Ho la nausea…” piagnucolò, vedendoli.

 

Riza gli si avvicinò, scrutandolo a fondo. “Da quanto?”

 

“Non lo so…” mugolò.

 

“L’ultimo pasto è di stamattina… Ha mangiato latte avariato o cereali scaduti?” chiese Breda.

 

“No, non credo…”

 

“E la cena di ieri sera? Qualcosa di strano?!” ipotizzò Havoc.

 

“Ehi!” s’intromise Ed. “La cena gliel’ho preparata io, e l’ho anche assaggiata e come vedete sono sanissimo… se avessi voluto avvelenarlo, avrei nascosto le prove prima di sbarazzarmi di lui!” rispose, infastidito dalle implicazioni dell’insinuazione.

 

Grazie, Acciaio. Ora mi sento rincuorato.” Sibilò il Colonnello, tenendosi la pancia.

 

Il Tenente Hawkeye sbuffò, spazientita. “Senta, Taisa. Se lei afferma di stare così male,” e calcò bene sulle parole “io non posso obbligarla a rimanere qui, dove noto - per di più - lei è assai poco produttivo. Le consiglio di andare a casa a riposare, così domattina starà meglio.

 

“No, no…” pigolò, senza convinzione. “Devo lavorare…”

 

“Finché può, le conviene accettare, Taisa.” Fu il suggerimento corale.

 

Il comandante si guardò attorno, confuso da tanta sollecitudine.

“Allora seguirò il tuo consiglio, Riza.” Acconsentì, dimostrandosi stranamente fin troppo veloce nell’imboscare nei cassetti le pratiche irrisolte e a raccattare il cappotto, guanti e sciarpa.

 

“Edward?” chiamò lei, mentre il Flame già si avviava all’entrata. “Poiché ho dato la mia parola al Generale Hakuro, io rimarrò qui a fare straordinari fino a tardi… saresti così gentile da controllare lo stato di salute del Colonnello al posto mio, stasera?”

 

Acciaio aveva mangiato la foglia. “Certo, Tenente” sorrise ferino. “Me ne occuperò personalmente, come fossi un pastorello premuroso.”

 

Roy lo guardò storto. Che significava? Cosa avevano concordato, quei due?

 

Il Sottotenente Havoc li aveva riaccompagnati in auto fin sotto casa, congedandoli poi con un: “Sa, signore? Mi sembra che abbia ripreso colore!”

 

Fullmetal concordò con lui, il Flame sembrava meno sofferente di prima, in ufficio.

Ma Mustang negava un qualsiasi miglioramento, “Il dolore è aumentato, vi dico” ed era arrancato su per le scale con difficoltà.

 

Edward non si era lasciato ingannare, era certo che anche quella fosse solo un’ennesima recita e, memore della favola raccontata in mensa, era più che convinto di farla scontare cara al Taisa, perché - non era più un bambino, per la miseria! - era ora che si dimostrasse un po’ più maturo e affidabile anche nel lavoro d’ufficio e non solo sui campi di battaglia.

 

Appena giunsero nell’appartamento e Roy fu seduto sul divano, il micio zampettò agilmente verso di lui, saltandogli in grembo prima che potesse fermarlo.

Strinse i denti, impallidendo.

Toraaa…” ringhiò, sofferente.

 

Avrebbe giurato che l’avesse fatto apposta. Se non fosse un gatto, Roy ne era convinto, lo avrebbe catalogato come un atto deliberato per nuocere alla sua persona.

 

“No, Tora.” Lo sgridò Ed, senza troppa convinzione. “Il Taisa ha la luna storta, oggi.”

 

“Io non ho la luna storta! Io sto male!!

 

“Ecco, vedi, Tora? Dice che sta male… ma fa solo il lavativo.

 

Meeoow!”

 

“Acciaio! Ti giuro che…”

 

“Non sia spergiuro, la prego.” Tagliò corto Fullmetal, sdegnato. “Lei oggi non voleva lavorare - e quando mai ne ha voglia? - aggiungerei io, e sta fingendo un malore che in realtà non prova!”

 

“Ma non è…”

 

“Forse è più forte di lei, non so, non mi ci metto neppure! La sua testa è così contorta che… beh, il punto è che lei dovrebbe capire che un adulto ha delle responsabilità a cui sottostare, dovrebbe dare il buon esempio ai suoi sottoposti, anziché simulare malanni… il giorno in cui succederà veramente, nessuno si fiderà più…

 

“Ma ti assicuro che, davvero, io…”

 

“Guardi: può gridare ‘Al lupo!, al lupo!!’ finché vuole, ma io non ci casco!”

 

“Io… cosa?”

 

Edward smosse l’aria davanti a sé, come per liquidare l’evento. “Secondo me, lei sta mentendo; e fino a quando non stramazzerà al suolo, io non…

 

Fu in quell’esatto momento che Mustang perse i sensi, collassando su se stesso.

 

 

 

*****

 

 

 

“Sei stato perfido a dirmi tutte quelle cose!” gli rinfacciò, fingendosi offeso.

 

“Chi poteva immaginare che fossi già in setticemia? Te le eri andate a cercare, mio caro!” lo rimbrottò Edward, interrompendo ciò che stava facendo per sdraiarsi contro di lui. “Come il pastorello bugiardo.”

 

Roy sorrise ironico. “Stavo pensando… Il centralino delle emergenze conosce questo domicilio a memoria!”

 

“Allora è stato un bene, perché - come ben sai - se tu avessi aspettato ancora un paio d’ore, adesso staresti sei piedi sotto terra…

 

“Ma io ve l’ho detto che stavo male! Avevo l’appendicite, ma ti rendi conto! Soffrivo come un cane!”

 

“E nessuno ti credeva davvero, a causa della tua condotta sbagliata... Il punto è: hai imparato qualcosa da questa storia? No, non mi sembra… quando vuoi cazzeggiare, continui a propinarci le tue scuse!

 

“Eh, cosa vuoi…” sorrise malandrino “il lupo perde il pelo, ma non il vizio!”

 

 

Fine



Disclaimers: I personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.

Così pure la Favola del Pastorello Bugiardo, che appartiene a Esopo, pace all’anima sua.

Il lupo perde il pelo, ma non il vizio! è un noto proverbio popolare. Saltiamo le ovvietà.

 

Il titolo: il cane lupo è una razza particolare, con diverse varietà (il lupo italiano, il lupo cecoslovacco…). Ho scelto questo titolo per il suo duplice significato. Roy è un cane (dell’esercito), ma è anche un lupo (perché non perde mai il suo vizio), il rimando alla favola di Esopo è palese.

 

Note varie: poiché ‘non c’è due senza tre’… ebbene, dopo Ed e Tora, poteva mancare il maltrattamento alla mia vittima sacrificale prediletta e predestinata? Certo che no! ^^

Vi ho risparmiato la scena dell’ospedale, ma il Taisa se l’è vista davvero brutta! XD

 

Un pensiero a Max, che mi ha ispirato il capitolo, prendendo spunto dalla sua vita incasinata (da ‘fancazzista D.O.C.). Ipocondriaco com’è, quando ha detto di avere male, nessuno gli ha creduto, ed è finito all’ospedale con urgenza, con peritonite in atto. Scusa, Max! ^^

 

Un chiarimento: Ed domanda (dubbioso) al Taisa come egli si senta, facendogli notare che è pallido. Lo fa senza ironia di fondo. Però poi, soprattutto quando Roy se la svigna in fretta dall’ufficio, Edo pensa che Roy stia fingendo, e quindi fa il sarcastico a casa sua, e gli rinnova la paternale, rincarando la dose di Riza.

Riza, a sua volta, non l’ho voluta delineare *stronza*, a me piace tantissimo come personaggio, e un po’ mi infastidisce quando le fans RoyEd la fanno passare per un megera.

Secondo me, Riza si comporta duramente col Taisa, perché sa che lui è un eterno bambino, e che con lui servono le ‘maniere forti’, ma lo fa perché gli vuole bene, e ci tiene alla sua carriera e al suo sogno. Non per cattiveria gratuita.

 

La Cistite: è un’infiammazione batterica delle vie urinarie. E’ rara negli uomini, per fattori anatomici.

 

 

Precisazioni al capitolo precedente: grazie per l’affetto che mi avete dimostrato! ^*^

Ah, mi è stato chiesto dove va collocato il cap: come detto, è agli esordi della storia, proprio nelle prime settimane dal ritrovamento del gatto.

E poi: come mai Ed non chieda aiuto ad Al, che è sicuramente più esperto di lui in gatti, e magari poteva dirgli come sollevare un po’ Tora dalle sue pene.

Io sono certa che l’abbia fatto per non farlo soffrire inutilmente. Ed sapeva che sarebbe stata una lunga notte e che forse Tora non sarebbe sopravvissuto. Vista l’adorazione di Al per i gatti, ha preferito mentirgli, per evitargli dolore. D’altra parte, neppure il veterinario aveva saputo dirgli di più.

Quello che forse è un po’ passato in secondo piano è il fatto stesso che Al abbia chiamato. Per esperienza personale, so che esistono le premonizioni di eventi spiacevoli. Ci sono persone che le avvertono, le percepiscono, quando riguardano i loro cari.

Io credo che Ed e Al abbiano un legame così forte che può succedere anche questo, benché non sia logico né razionale.

 

Chiedo perdono per il ritardo dell’aggiornamento. Grossi impegni lavorativi e di famiglia mi tengono lontana dal pc un tempo ragionevole per scrivere.

E poi questo capitolo è stato un parto. L’avevo abbozzato mesi fa, con intenti comici. Quando l’ho finito, mi sono accorta che era diventato patetico e drammatico, quindi ho dovuto rimaneggiarlo completamente, in diversi giorni. Spero vi piaccia comunque. Ç__ç

 

 

Ringrazio quanti hanno letto e commentato la mia fic SPOILER su Twilight Alpha Wolf. Se non l’avete fatto, vi invito a leggerla e a darmi un parere!

 

 

Un buon ritorno in gale- uhm… a scuola XD, per chi riprenderà lunedì, e per chi ha già incominciato. Che sia un anno produttivo!

(E che le fic vi tengano compagnia u_u)

 

 

 

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Come sempre, sono graditi commenti, consigli e critiche.


Grazie (_ _)

elyxyz

 

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Capitolo 65
*** Lingue di Gatto e Biscotti di Nonna Papera ***


Il seguente scritto contiene impliciti riferimenti yaoi

Il seguente scritto contiene impliciti riferimenti yaoi.

Per ulteriori spiegazioni, vi rimando alla conclusione della fic, dopo la lettura.

 

 

A chi ha recensito i precedenti capitoli della raccolta.

E a quanti commenteranno.

Ai vecchi e ai nuovi lettori.

Grazie.

 

 

Lingue di Gatto e Biscotti di Nonna Papera

 

 

by elyxyz

 

 

 

 

Era cominciato tutto quasi per caso.

Un mercoledì come gli altri, Roy era rincasato, in attesa che poi Edward lo raggiungesse, dopo aver cenato in Caserma.

Tra una discussione sulla scomposizione molecolare e un sorso di the nero, Mustang s’era ricordato che il Tenente Colonnello Hughes, quella mattina, gli aveva porto i calorosi saluti della sua famigliola e un pensiero da parte della sua figlioccia, fatto con le sue manine sante e delicate.

Prima di ritrovarsi davanti al naso un sacchetto riempito di biscotti fatti in casa, aveva quasi pensato che scherzasse.

Ma si era ricreduto presto, perché Maes gli aveva fatto giurare di non sprecarne nemmeno una briciola.

“Per lo zio Roy.” Si era raccomandata la bambina, scrivendo in una grafia malferma e infantile un piccolo bigliettino d’accompagnamento.

E Mustang si era pensato bene di non mangiarli davanti al suo migliore amico, per non farseli andare di traverso, e per non sentirsi osservato come se stesse maneggiando fuoco liquido.

Perciò se li era infilati in tasca, tra promesse e scongiuri. E adesso poteva sgranocchiarli in pace, assieme a quel golosone di Acciaio.

 

“Ma davvero li ha fatti Ely-chan?” l’interrogò, ingozzandosi con l’ennesimo frollino.

 

“Potrei giurartelo sulla testa bacata del Tenente Colonnello!” scherzò, facendosi passare il vassoio. “Carini, eh?”

 

Edo si fermò a scrutarne uno, chiaramente di stampo casalingo.

“…Dall’approssimativa forma di asterisco, interessante!”

 

“E’ una stellina, Fullmetal!” lo contraddisse l’uomo, sghignazzando.

 

Edward arrossì, imbarazzato. “E come diamine fa a saperlo?!” sbottò, alterandosi.

 

“Perché io conosco i gusti della mia figlioccia!” replicò, con una punta di supponenza.

Mai e poi mai, gli avrebbe confessato che Maes gli aveva riempito la testa di quelle informazioni essenziali come fosse un pallone aerostatico.

 

“Mah…” borbottò Ed, poco convinto.

 

Le labbra del Colonnello s’allargarono in un sorriso. “Prima le stelline, poi i cuoricini. Sono le forme preferite di Elycia.”

 

“Le do il beneficio del dubbio.” Concesse riluttante.

 

“Fagiolo di poca fede!” lo prese in giro l’altro.

 

“Ehi! Ma come si permet-

 

“Non lo vuoi, l’ultimo?” l’interruppe il moro, restituendogli il piattino praticamente vuoto.

 

Edo s’allungò, mugugnandogli contro; tuttavia prese il frollino e l’ingoiò in un sol boccone.

“Peccato siano già finiti. Erano buoni.” Si leccò le dita per togliere le briciole.

 

“Per tua informazione, li vendono in ogni negozio di dolci, in qualsiasi pasticceria.”

 

“Questa è una cazzata!” lo confutò il biondo. “I biscotti fatti in casa sono molto più buoni e saporiti, non c’è paragone!” argomentò autorevole, quasi fosse una discussione di Alchimia. “Forse è merito dell’impasto, o delle uova più fresche, chissà… ma ho ben presente i frollini di zia Pinako, e non c’è pasticceria che tenga!”

 

Mustang si chiese se fosse Winry a fornire la materia prima, ma non era abbastanza incosciente da domandare al giovane Elric se l’amica d’infanzia deponesse anche le uova, tra le altre cose…

 

“Perché ha quell’espressione idiota?” s’interessò questi, compatendolo.

 

“Ah, niente di che. Una riflessione estemporanea sulle galline da fattoria. Le pollastrelle che razzolano tutto il giorno nell’erba dei prati… ne avrete parecchie anche voi, a Resembool

 

“E… dove vorrebbe arrivare?” insinuò Edward, assottigliando lo sguardo. “Al fatto che le galline mangiano vermetti, mangime e fagiolini?” sibilò.

 

“Oh, no! Spero di no! Anzi, mi auguro che se ne stiano alla larga dai legumi.” E lo disse in un modo così sincero e serio, che Edo se ne stupì.

 

“E’ un conversazione idiota. Chiudiamola qui.” Tagliò corto, cambiando argomento. “Se il signor Hughes si fa sentire, lo ringrazi da parte mia, e…

 

“Gli dico di portartene ancora?” indovinò.

 

Edward arrossì nuovamente. “Beh, no, certo che no, anche se…” farfugliò.

 

Maes non tornerà a East City tanto presto, temo. Ma potremmo trovare delle alternative…”

 

“Tipo?”

 

“Farceli cucinare da Riza?”

 

“Le ricordo che, l’ultima volta che li ha portati in ufficio, non si capiva la differenza tra quelli per noi e quelli per Hayate

 

Fecero entrambi una smorfia disgustata.

 

“Potrei chiedere a Breda di prepararci dei biscotti…

 

“Signore, Heymans se li mangia, non li sa preparare!”

 

Falman, o Fury?”

 

“Ci vuole avvelenare?!

 

Havoc?”

 

“Con tutto rispetto…”

 

“Ok, lascia perdere. Ho capito.” Sbuffò, arrovellandosi il cervello. “La signora Nismet!”

 

“La sua donna delle pulizie?”

 

“Certo! Hai dei nipotini, quindi saprà di certo cucinare dolci e torte.

 

“E sia.” Acconsentì, dubbioso.

 

 

Il mercoledì successivo, con un sorriso gigantesco stampato in faccia, Mustang gli aprì la porta di casa con un mega vassoio riempito con ogni ben di dio.

Se Alphonse avesse potuto mangiarne, Edo gliene avrebbe portati in Caserma un sacco pieno.

La signora Nismet si era data parecchio da fare, soddisfacendo ampiamente il loro desiderio.

 

“Gli elefanti sanno di uvetta.” Disse Ed, sputacchiando briciole ovunque. “Buoni!”

 

“Gli orsetti sono al cocco.” Lo avvertì Roy, indicandoli.

 

“Devo ancora assaggiare un gatto.” Meditò, concentrato.

 

“E’ peloso, grasso e stopposo. Non te lo consiglio.” Replicò serio il Taisa.

 

Nel momento in cui capì il sottinteso, Edward sollevò lo sguardo dai dolci, sconcertato.

“Dov’è Tora?” l’interrogò, guardingo.

 

“Stavo scherzando, Acciaio!” si difese, con comica esasperazione.

 

“Sì, ma dov’è Tora?” insistette, come se d’un tratto avesse notato l’assenza.

 

Era quello, uno dei periodi in cui il loro micio cercava l’indipendenza. E preferiva nascondersi per casa architettando agguati nei momenti più impensabili, oppure scampagnate sui tetti ad interim.

Dopo i primi, leciti spaventi - e una buona dose di apprensione, da parte di Fullmetal - avevano realizzato che la cosa migliore era lasciarlo fare. Tora sarebbe comunque tornato quando voleva, oppure si lasciava trovare, venendo in cerca di coccole e attenzioni. O di cibo.

Era inutile pressarlo, si otteneva l’effetto contrario, come per un adolescente in piena crisi  generazionale.

 

“Quando sono rincasato, era col muso dentro il sacchetto dei biscotti. Credo sia andato a smaltire l’abbuffata con Minù.” Gli fece l’occhiolino, lanciando in aria le allusioni.

 

Edward sbuffò, irritato. “Eviterò di prestare attenzione alle sue volgarità. Tuttavia le rammento che è controproducente per la sua salute e la sua dieta; non dovrebbe mangiare biscotti che esulino dal cibo per gatti!

 

“Povera bestia! Lascia che si goda la vita, per una volta…

 

“Anche perché…”

 

“Sì, è già troppo tardi, no?”

 

Edo rise del discorso sconclusionato del suo superiore, e non infierì oltre. A patto che gli fosse restituito il lauto vassoio.

 

 

Anche il mercoledì successivo fu all’insegna di dolci intrattenimenti, benché in numero più contenuto.

Nismet-san stava dando il meglio di sé.

Edward aveva la pancia così piena che faticava persino a concentrarsi sul libro di Alchimia che stava leggendo.

Il Colonnello, al par suo, non era da meno. Aveva persino suggerito di bere un digestivo che alleviasse il senso di pesantezza, ma lui aveva rifiutato, per non perdere il buon gusto che sentiva in bocca.

 

 

Una settimana dopo, aveva avuto così fortuna che, appena arrivato, si sentì dire che anche i biscotti erano stati da poco consegnati ed erano ancora tiepidi.

Benché fosse cosa risaputa che i dolci vanno lasciati a raffreddare, per non creare problemi… non avevano resistito e, nel giro di un’ora, avevano entrambi un gran mal di pancia e le lacrime da coccodrillo.

 

 

Il quinto mercoledì sera si presentò con una scomoda variante.

I biscotti erano tutti molto cotti - un eufemismo per dire mezzi bruciacchiati - con una forma assai più imprecisa delle precedenti, come se non fossero state usate le adeguate formine.

 

Roy si era scusato a nome della signora Nismet, chiarendogli che il forno della donna aveva fatto i capricci, e che aveva quasi pensato di buttarli, lasciando però a loro la scelta.

 

L’espressione delusa di Mustang rendeva bene l’idea, perciò Edward se li mangiò ugualmente, dimostrando gratitudine per il lavoro e la fatica di Nismet-san.

 

 

La settimana successiva, evidentemente, il forno non era stato ancora riparato, perché alcune bruciature permanevano. La cosa curiosa, però, era che la numerosa tipologia di biscotti si era ridotta drasticamente ad un unico esemplare. Delle cialde finissime e molto dolci, che non aveva mai visto prima.

 

“Sono ‘Lingue di Gatto’.” Gli aveva spiegato il Taisa, assaggiandone una. “Sottili e un po’ ruvide, come la lingua rasposa di un felino.”

 

Al di là del nome di dubbio gusto, erano molto buone, per la miseria.

“Mi piacciono parecchio.” Ammise Acciaio, spazzolandole.

 

“Posso chiedere a Nismet-san di rifarti questi, la prossima settimana.” Suggerì l’uomo, accomodante.

 

 

E così, per le due settimane seguenti, un bel piatto di Lingue di Gatto accompagnò i loro studi, le letture, i dibattiti d’Alchimia.

Roy rincasava dall’ufficio, e Edward lo raggiungeva, dopo cena.

 

Pure quella sera, acciambellati sul divano tra tomi polverosi e Tora, stavano consumando la loro razione settimanale di dolcezza.

Edward era tutto contento. Tra i tanti biscotti provati in quel periodo, queste cialde erano le migliori. Leggere e friabili al punto giusto. “Niente da dire. Sono buonissime!”

 

“Si nota il miglioramento, eh?” Mustang sorrise compiaciuto. “Riferirò i tuoi apprezzamenti.”

 

“Potrei avere la ricetta?” chiese, d’un tratto.

 

100 grammi di fa-” s’interruppe. “La chiederò alla signora Nismet, ovviamente.”

 

Ovviamente.” Lo imitò Ed. “Come mai il forno era ancora caldo, quando sono arrivato?”

 

“Non che la cosa ti riguardi,” lo rimproverò. “Tuttavia… Ho cucinato dell’ottimo pollo arrosto per cena.”

 

“Anche oggi in mensa, lei ha mangiato dell’insalata di pollo…” appuntò il ragazzo.

 

“E allora?” ribatté il moro, stizzito. “Sto facendo la Dieta del Pollo!”

 

“C’entra qualcosa con le galline di Resembool?” s’interessò, ingenuamente.

 

“Ovviamente no!”

 

“Ah, davvero?”

 

“Sì, davvero. Il mio pollo è inimitabile!”

 

Taisa?”

 

Mh?”

 

Havoc, la settimana scorsa, mi ha fatto notare una cosa che mi era sfuggita…

 

“E sarebbe?”

 

“Che lei, da sette settimane, ogni mercoledì esce dall’ufficio prima del solito.”

 

“Vado a fare la spesa. E’ un reato?” sbottò, piccato.

 

“Oh, no. Certo che no!” concordò, accondiscendente.

 

“Ma…?” l’incalzò, tentennante.

 

Edward sorrise, indulgente.

“Ma io mi sono fatto una mia teoria, e oggi l’ho verificata.”

Presentarsi bastardamente in anticipo era giocare sporco, lo sapeva, ma...

 

Roy deglutì.

Com’era quel saggio consiglio? Negare. Negare. Negare.

“Ti assicuro che ti stai…”

 

“E’ migliorato parecchio, lo sa? Nismet-san dev’essere una brava maestra!”

 

“Ma io non…” tentennò. “Ok.” Ammise. “Come mi hai scoperto?”

 

“Spirito di osservazione e teorie verosimili.” Dichiarò, seriamente. “Sono un Alchimista di Stato. E’ il mio lavoro scovare gli indizi…” chiarì, in tono professionale.

 

Mustang fece un’espressione costernata. Forse non aveva gradito che quella farsa fosse scoperta. Per il suo amor proprio, probabilmente.

Ma a Edward non dispiaceva, anzi. Tutt’altro.

 

“La settimana prossima li prepariamo insieme?” si offrì, come simbolo di pace.

 

“A patto che tu mi dica come mi sono tradito.” Concesse il Flame.

 

Il sorriso di Ed si spalancò a tuttotondo.

“Non si è accorto che ha ancora dello zucchero a velo sui pantaloni, e della farina sul naso?”

 

 

Fine



Disclaimers: I personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.

 

Note varie: i biscotti fatti dai bambini sono stati l’input per il capitolo. Adoro vedere dei dolcetti dalle forme bislacche! ^___^

Ah, mi sono divertita a scrivere l’assurda arringa di Roy, non ho la pretesa che la farsa che ha imbastito fosse credibile. Si capisce presto che era lui…

 

Precisazioni al capitolo precedente: una curiosità: esistono diversi fattori (più o meno conosciuti ed evitabili) che possono scatenare un attacco di appendicite, tra cui un vita sedentaria e ingestione di frutta con nocciolo (tipo le ciliegie), che potrebbe creare un’ostruzione, l’infiammazione, ecc… beh, non lo sapevo!

Quando Ed chiede “Quali cose?” era distratto… XD, oppure si è dimenticato di ripassare fisiologia applicata! XD sapete com’è, no? Questi pozzi di scienza teorica, che poi s’affossano nella pratica! ^^

Sinceramente non avevo calcolato che ‘il colpo di grazia’ di Tora potesse essere visto come la salvezza del Taisa, però… è un gatto premuroso, eh? ^__= continua a salvare il suo sconsiderato padrone!

 

 

 

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Grazie (_ _)

elyxyz

 

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Capitolo 66
*** Rainy Memories ***


Albus

Il seguente scritto contiene riferimenti yaoi.

Per ulteriori spiegazioni, vi rimando alla conclusione della fic, dopo la lettura.

 

 

A chi ha recensito i precedenti capitoli della raccolta.

E a quanti commenteranno.

Ai vecchi e ai nuovi lettori.

Grazie.

 

 

Rainy Memories

 

by elyxyz

 

 

 

 

Nell’aria vorticavano piacevoli volute di vapore, lo sciabordio dell’acqua coccolava voluttuosamente il silenzio.

La vasca da bagno, a conti fatti, non era mai stata così piacevolmente stretta.

 

“Roy?” mugugnò Fullmetal, beandosi delle carezze rilassanti che il compagno gli offriva.

 

Mh?” Mustang rallentò il movimento, incuriosito.

 

“Sai? Stavo pensando…”

 

“A cosa?”

 

“A chi, è la domanda più corretta.” Lo corresse Ed, sorridendo. Ma l’altro non lo vide, perché gli dava le spalle.

 

L’uomo s’arrestò, smettendo di passare la spugna sulla pelle del biondo.

Chi, di grazia?” sibilò, allungando le mani sul corpo rannicchiato del compagno, come atavico gesto di possesso.

 

Edward girò di lato il capo, per osservarlo di profilo. “Non puoi essere geloso!” protestò, divertito. “Abbiamo fatto l’amore fino a mezz’ora fa!”

 

“Se poi però ti ronza in testa qualcun altro, non è che ne sia particolarmente felice!” sbottò, imbronciandosi.

 

Edo si accoccolò meglio tra le sue gambe, reclinando la nuca verso la sua spalla nuda.

“Non è niente di che.”

 

Roy riprese il massaggio sulla cute, riagguantando la spugna che era caduta nel fondo della vasca.

Gli sfiorò una tempia con le labbra, senza smettere.

“Avanti, su! Prometto di non arrabbiarmi.” Lo incitò, predisponendosi all’ascolto.

 

“Mi chiedevo… ti seccherebbe se invitassimo Winry per il weekend?” domandò, con angelica inflessione.

 

Eeed…” ringhiò l’uomo, come monito.

 

Il sorriso birichino del suo partner parlava da sé.

 

“Sii serio!”

 

“Oh, ma io sono serissimo!” puntualizzò, giocando con la schiuma che tracimava dal bordo.

 

“Potrei farti notare che stai avvelenando il mio buonumore?”

 

Potrei farti notare che stai facendo i capricci come un marmocchio viziato?”

 

“Sì, puoi.” Concesse Roy, serafico. “Non me ne frega un cazzo.”

 

“Peccato,” si rammaricò Elric “dovrebbe sempre importanti di cosa io pensi di te…”

 

“Tengo in considerazione le tue opinioni più dell’aria che respiro, Mame-chan; ma se tiri in ballo la… uhm… la tua amica d’infanzia, io mi tiro fuori dai giochi.”

 

“Decisione saggia, tutto sommato.”

 

“E’ che non mi voglio rovinare la serata… o la settimana intera.”

 

“Giusto.”

 

Mame-chan?”

 

“Sì?”

 

“Tu non stavi pensando a lei, prima, vero?” indagò, con malcelato distacco.

 

“Eh! E chi può dirlo?!” scherzò, per stuzzicarlo.

 

Mustang gli fece il solletico per vendetta e, mentre Edward strillava giocosamente infastidito, il pavimento s’inondava di spruzzi.

 

Alla fine s’acquietarono, adagiati mollemente nell’acqua, abbracciati l’uno all’altro.

 

“Roy?” lo chiamò nuovamente, dopo un po’.

 

Mh?” l’uomo s’era assopito, forse sonnecchiava.

 

“Roy? Stai dormendo?”

 

“Ora non più.” Mugolò, sbadigliando.

 

“Ti prenderai un accidente!”

 

“Anche tu…” replicò fiaccamente.

 

“Roy?” ripeté.

 

Mustang sollevò la testa dal suo cantuccio contro il muro, fissando il compagno davanti a sé. “Nh?”

 

“Hai mai sentito parlare di Nicolas Flamel?” gli chiese Ed, con aria pensierosa, socchiudendo gli occhi per concentrarsi meglio.

 

“No. Non credo. Chi è?”

 

“Un alchimista. Un amico di mio padre, credo. Mi è venuto in mente così, all’improvviso. Una volta, io e Al avevamo trovato, nel suo studio, degli appunti scritti a quattro mani con quest’uomo. Mamma disse che era un alchimista, che aveva compiuto interessanti ricerche sulla Pietra Filosofale.

 

“E ovviamente quelle annotazioni non esistono più.” Constatò, come dato di fatto.

 

Edo scosse la testa con rammarico, ricordando la propria casa natia che bruciava per mano sua.

“No. Sono andati irrimediabilmente persi.” Si rammaricò. “Forse ci potevano essere utili…”

 

“Possiamo fare delle indagini, se vuoi.” Propose. “Da domattina, però.” Precisò, con l’intenzione di rendere più proficuo quel loro momento di rilassamento.

 

Edward annuì, assente.

“Roy…?”

 

Nh?”

 

“Il nome Albus Silente… ti dice niente?”

 

 

Fine



Disclaimers: I personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.

 

Note varie: il titolo ha il grigio uggioso dei giorni di pioggia. Mi sono immaginata così i ricordi di Edward, un qualcosa dai contorni sfocati e vaghi, come certi paesaggi d’autunno che vedi distorti, indefiniti, fuori dalla finestra sotto uno di quei piovaschi autunnali che mettono malinconia, un po’ come tutto ciò che ha a che fare con l’infanzia di Ed.

Avrete notato il lampante cross-over con Harry Potter; quando nomini la Pietra Filosofale, è quasi un obbligo collegare le due cose!

Ah, per il Preside di Hogwarts ho scelto il nome della traduzione italiana, non me ne vogliano i puritani di HP.

 

Come saprete, Flamel Nicolas è un personaggio storico, realmente esistito. Riporto qualche curiosità su di lui, tratta da Wikipedia - L’Enciclopedia Libera:

 

Nicolas Flamel (Pontoise, 1330 circa – Parigi, 1418) , scrivano e copista dell'Università di Parigi, fu un celebre alchimista francese del XV secolo.

La sua vita non è un mito: la sua casa a Parigi, costruita nel 1407, è ancora in piedi e si trova al numero 51 di rue de Montmorency (III arrondissement di Parigi), dove ora c'è un ristorante. Le sue imprese, tuttavia, sono materia da leggenda.

Si suppone che Flamel sia stato il più completo fra gli alchimisti europei. Le leggende narrano che riuscì a perseguire due magici traguardi dell'alchimia, quelli che sono ritenuti gli obiettivi principali di questa pseudoscienza: creò la pietra filosofale, in grado di trasformare il piombo in oro, e assieme a sua moglie Perenelle ottenne l'immortalità.

Ciò che interessa a noi:

La storia di Nicolas Flamel è citata nel primo libro della serie Harry Potter di J. K. Rowling, Harry Potter e la pietra filosofale. Flamel è anche menzionato come uno dei Grandi Maestri del Priorato di Sion nel Codice Da Vinci di Dan Brown e nel libro del 1982 Il Santo Graal (Holy Blood, Holy Grail), ed è menzionato in alcune occasioni (capitoli 20 e 44) ne Notre Dame de Paris di Victor Hugo.
Uno dei simboli sulla sua tomba (vedi a lato), il serpente crocifisso, è portato da uno dei due personaggi principali della serie anime e manga Fullmetal Alchemist, il quale cita anche alcuni lavori di Flamel come la pietra filosofale e la creazione dell'homunculus.
Interessante, eh?

 

Precisazioni al capitolo precedente: sono contenta che vi sia piaciuto! E che la dolcezza sia giunta sino a voi! XD

Un paio di precisazioni:

X Fosuke: non ho detto che Riza non sa cucinare, ma che non sa preparare dolci. ^^’’

Me la immagino una donna molto pratica, che non si perde in frivolezze come un pomeriggio in cucina tra i fornelli… secondo me, preferisce andare al poligono! XD

X Beat: no, non temere: Tora non fuggirà per davvero. Torna sempre a casa come Lassie! XD

X Il_Duo_Roy_Ed: Grazie per aver esposto le tue idee; anche se non le condivido affatto.

Forse ti è sfuggito il fatto che sia UNA RACCOLTA anche se l’ho detto in tutte le salse, ormai.

Ci sono capitoli più o meno intensi di altri, ma non credo - in tutta sincerità - che io la stia allungando a dismisura per niente. Finché ci saranno lettori che la apprezzano e mi supportano, io continuerò ad aggiornarla.

Sullinguaggio abbastanza corretto’ perdonami, ma non transigo: la fic è scritta con proprietà di linguaggio, correttezza ortografica e grammaticale. Può essermi sfuggito qualche raro errore di battitura - per carità -; ma controllo con pignoleria maniacale ogni minima paratassi, ipotassi e sintassi di ogni capitolo. E credo che la sua qualità sia MOLTO al di sopra dell’‘abbastanza corretto’ che dici tu. Se hai letto fic migliori di questa, come affermi, dedica il tuo tempo a storie più meritevoli della mia, grazie.

Riguardo all’ultimo consiglio: sto già lavorando ad altri progetti, sto preparando sei concorsi, di cui uno appena vinto - basta che dai un’occhiata al mio account. Ma non per questo abbandonerò It’s raining.

 

 

Do il benvenuto a HarryEly e Talpina Pensierosa tra i nuovi lettori!^^

 

Ringrazio quanti hanno letto, commentato e votato per la ficBluelife” nel fandom di Twilight.

Vi annuncio con gioia che ho vinto, anche grazie a voi! ^_____^
Appena usciranno i risultati, posterò anche altre cosette carine su FMA… restate sintonizzati!

 

 

 

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Come sempre, sono graditi commenti, consigli e critiche.


Grazie (_ _)

elyxyz

 

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Capitolo 67
*** Pesce gatto ***


Il seguente scritto contiene lievi riferimenti yaoi

Il seguente scritto contiene lievi riferimenti yaoi.

 

L’incastro cronologico di questo cap è ininfluente per la sua comprensione; ad ogni modo, è ambientato quando Roy e Ed hanno iniziato da poco a convivere.

 

Per ulteriori spiegazioni, vi rimando alla conclusione della fic, dopo la lettura.

 

 

Dedicato ad Arianna, che tra qualche giorno compie gli anni.

Mi spiace, cucciola, ma temo di non poterti regalare nient’altro in tempi ragionevoli.

Spero almeno che ti piaccia.

 

A quanti commenteranno.

Ai vecchi e ai nuovi lettori.

Grazie.

 

 

Pesce gatto

 

by elyxyz

 

 

 

 

Edward Elric canticchiava allegramente un motivetto senza senso che lo metteva di buonumore.

Era orgoglioso della cena che era riuscito a procacciarsi.

Guardava con fierezza quella sfavillante trota fario che campeggiava, vinta, sul ripiano del lavello: uno splendido esemplare col ventre bianco grigiastro argentato, rivestito di macchie puntiformi nere e rosse sul dorso olivastro, l’occhietto vitreo che lo scrutava in modo accusatorio.

Una bestia da quasi un chilo, ed era stato un gioco da ragazzi tirarla fuori dall’acqua, senza peccare di finta modestia.

In fondo, non era mica Roy, lui!

Ne bastava uno, in famiglia, a fare il gradasso.

 

Però, certo… non capitava tutti i giorni una cosetta così graziosa, - puzzo fisiologico a parte - e l’amor proprio di poter dire che la cena era tutto merito suo - dalla materia prima al risultato finale.

 

Quel weekend, mentre l’Alchimista di Fuoco era stato sommerso da scartoffie infinite e riunioni improrogabili, ne aveva approfittato per fare una piccola fuga fuori città con suo fratello: vista la bella stagione, avevano sfruttato l’occasione per rinverdire i vecchi tempi, andando a pescare nel torrentello che poi confluiva nel Blue River - tanto caro ad Havoc e alle sue esche - così simile a quello che scorreva appena fuori Resembool, dove l’acqua era ancora limpida e fresca, e dove da bambini sguazzavano allegramente d’estate, assieme a Winry.

 

Il risultato di quella velleità ittica erano stati un pugno di pescetti - poco più che sardinelle - e quel bestione inaspettato.

Perché sì, bisognava dire che l’entusiasmo della pratica sportiva non era mai stato supportato da un altrettanto consistente introito animale.

Fin da piccoli, lui e Al avevano fatto i conti con le figuracce e le delusioni, ma in fondo lo facevano per il gusto di farlo, non per il risultato.

C’era un ché di misticamente segreto e arcano, nell’infilare un’esca nell’amo e a star lì, ad attendere per ore, bisbigliando appena, per non spaventare i pesci.

Che poi quelle dannate bestiacce fossero più furbe di loro, beh… quello era un altro conto.

E lui non ci teneva a doverlo spiegare a chicchessia.

Winry non li aveva mai capiti, quand’erano piccoli; e Roy non lo faceva adesso. Difatti con lui non era mai andato a pesca. E non lo attraeva neppure farlo, a dirla tutta.

Mustang aveva altre concezioni - inconciliabili con le sue - del termine ‘oziare’. E, benché in quest’arte fosse un innegabile maestro, Edward ci teneva a chiarire che ne prendeva le distanze.

Pescare non era oziare. Era uno sport.

 

 

Introducendo una variante alla canzoncina, finì di pulire le sue prede dalle interiora, fantasticando sul modo migliore di cuocerle saporitamente… alla brace, al vapore, al forno… alla mugnaia, oppure lessate, o ancora fritte

 

Il problema era la misura.

I pesciolini non si sarebbero adattati al tempo necessario per quello più grosso - il suo orgoglio - e inevitabilmente qualcosa non sarebbe andato secondo i suoi piani.

 

“Sono tornato…” avvisò Mustang dalla soglia.

 

Edward si volse a guardarlo, mentre strisciava verso di lui strascicando le ciabatte.

 

“Sembri stanco morto!”

 

“Non lo sembro, lo sono.” Precisò, chinandosi a ricevere almeno un bacetto di bentornato.

 

“Lavorare seriamente ti distrugge, eh?” lo punzecchiò il biondo, sogghignando.

 

“Non me ne parlare…” si lagnò, strofinando stancamente il mento sulla spalla del più basso, in cerca di coccole.

 

“Vai a farti il bagno, così poi ceniamo e ti potrai rilassare.”

 

“Cosa si mangia di buono?”

 

Ta-dan!” Allargò le mani in un teatrale gesto onorifico, indicando la trota passata a miglior vita. “Non è meravigliosa?”

 

Mame-chan… hai intenzione incorniciarlo, quel pesce?” scherzò, “E’ meglio che lo cucini, prima che ti scappi via!” sghignazzò, prendendolo in giro.

 

“Vedrai!” replicò Edo, in tono profetico. “Ci sarà da leccarsi i baffi!”

 

Giusto in quel mentre, il loro micio fece il suo miagolante ingresso, zampettando allegramente verso le gambe di Roy. Senza perdere tempo, si strusciò con foga contro i suoi pantaloni.

 

“Ehi! Sacco di ciccia!” esordì questi, abbassando lo sguardo, mentre Ed disapprovava l’appellativo. “Com’è che siamo così affettuosi, stasera?”

 

“Vuole che tu gli dia da mangiare.” Spiegò il compagno, lavando le verdure di contorno.

 

“Ah, ecco! Mi pareva strano…” malignò, scrutandolo truce.

 

Meeooowwwww!” ripeté il gatto, contraccambiando l’occhiataccia.

 

“Sei ridotto così male che vieni ad elemosinare persino da me?!” sbottò scandalizzato.

 

Meow!”

 

Edward rise, indicando le ciotole vuote. Poi, da bravo genitore, si chinò ad accarezzare il felino impostando un’intonazione autorevole, gentile e al contempo inflessibile. “Mi dispiace, Tora. Ma il veterinario è stato chiaro: devi rispettare la dieta, e tu hai già mangiato la tua razione più di un’ora fa.

Prese uno dei contenitori, indirizzandosi al rubinetto. “Niente latte. Posso darti dell’acqua fresca, è il massimo dell’offerta.

 

Ma il micio snobbò quella gentilezza, limitandosi ad annusare guardingo, poi fece fuoriuscire un verso gutturale, vagamente infastidito.

 

“E’ inutile che protesti!” lo sgridò Roy, in tono divertito, avviandosi in corridoio. Risbucò dalla soglia. “Lasciami un quarto d’ora, Mame-chan, ma se mi addormento in ammollo vieni a prendermi, non voglio morire lessato come quella povera bestia!”

 

“Quella povera bestia si sente onorata di venir mangiata da noi!” lo contraddisse, gonfiando il petto.

 

“Sì, amore, certo. Moriva dalla voglia di avere questo privilegio.” Lo canzonò, scomparendo prima che Edward potesse partire con una delle sue tiritere infinite. “Vado a riempire la vasca.”

 

Edo sospirò, accantonando il discorso. Decise che aveva voglia di una buona frittura, perciò andò a raccattare la farina bianca dalla credenza… o era meglio il pangrattato?

 

Di sottofondo, l’acqua che scorreva in bagno copriva appena il suo rovistare tra i ripiani.

 

Fu in quel mentre che il telefono squillò.

 

Eeeeddd! Vai tu?” si sentì chiedere, la voce del compagno sovrastata dallo scrosciare. “Se è dal Quartier Generale, ed è per me…” gridò il Flame “Di’ loro che non ci sono e non ci sarò, almeno fino all’anno prossimo! Che sono partito, che sono in letargo, che sono a Briggs, vedi tu!

 

“Ok, ok. Ho capito!” ridacchiò, pulendosi le mani nel grembiule con le paperelle gialle, incamminandosi verso l’apparecchio. “Pronto?”

 

La voce squillante della sua meccanica di fiducia - nonché migliore amica - lo accolse all’altro capo del filo.

 

Winry! Ma che piacere! Come mai…?”

 

Non l’avesse mai fatto. Win si era lanciata in un approfonditissimo resoconto sull’ultimo modello di auto-mail che aveva intenzione di fargli sperimentare, un esemplare ‘super-ultra-leggero-e-resistente’ che avrebbe fatto la gioia di ogni uomo senza un arto.

 

“Senti... sono un po’ di fret-” ma non servì a nulla. Lei riprere a snocciolare, entusiasta, le innumerevoli doti e le infinite qualità, senza neppure riprender fiato tra una frase e l’altra.

 

Venti minuti dopo, sbuffando come una locomotiva, Edo riuscì finalmente a riagganciare.

Ma quand’era diventata così dannatamente chiacchierona?!

 

Mame-chan?” lo chiamò Roy, dalla camera da letto. “Chi era?”

 

Winry!” sbraitò, con un tantino di nervoso.

Aveva fame, e quella benedetta trota lo stava invocando come il soave canto delle sirene.

 

“Ah, beh...” borbottò il consorte, facendo capolino avvolto nell’accappatoio. “Facciamo finta di niente. Non ti chiederò nulla.”

 

Per una volta, Ed fu felice che il suo partner e Win mal si sopportassero. Così non avrebbe dovuto confessargli, prima del tempo, che lei aveva tutta l’intenzione di sperimentare su di lui i suoi neonati ‘gioielli di tecnologia’, come li aveva amorevolmente e maternamente definiti. Ci sarebbe stato tempo per farlo, giusto un paio di giorni prima del suo arrivo a East. In data da destinarsi, si augurò.

 

“Ma è pronta la cena?” l’interrogò il moro, strofinandosi stancamente i capelli umidi con un asciugamano.

 

“Non ancora.” Bofonchiò, perdendo gran parte del suo buonumore iniziale. “Vai a metterti il pigiama, nel frattempo provvederò.”

 

E mentre il suo uomo seguiva il consiglio, egli procedette alla volta del cucinino.

Un istante dopo, un urlo cavernoso riecheggiò per tutta la casa, dalla cantina al tetto.

 

Mustang - la maglia infilata solo a metà - corse a vedere cosa fosse successo. Lo trovò impietrito sopra lo zerbino del lavello, mentre inveiva una serie di imprecazioni contro il loro gatto; e Tora, che trascinava i resti del suo insperato happy hour verso le ciotole, con l’intenzione di finirlo - probabilmente - durante uno spuntino di mezzanotte.

 

Roy sarebbe scoppiato a ridere, se la faccia funerea del suo Fagiolino-incazzato-nero non l’avesse desistito dal farlo.

Perché sì, era oggettivamente divertente vedere il micio tigrato mentre, con considerevole impegno, trascinava sul pavimento i resti della loro cena - una lisca semiintegra e poco più.

 

“Probabilmente l’ha spinto giù dal lavello e poi…” sintetizzò, sperando che verbalizzare l’accaduto desse modo al giovane Elric di sbollire al più presto la rabbia.

 

“Si è mangiato la nostra cena!” guaì invece il biondo, facendo scricchiolare sinistramente l’auto-mail. “Stavolta lo scuoio!”

 

“Sì, amore. Si è mangiato la nostra cena…” lo assecondò, perché era la cosa più saggia da fare, al momento. “Tuttavia non credo tu voglia applicare una qualsivoglia proprietà transitiva, vero?”

 

Edward sbatté le palpebre, confuso. “Quale proprietà transitiva?” domandò, spostando gli occhioni dorati, addolorati, dal micio - che si stava letteralmente leccando i baffi - a lui.

 

Roy si fece serio. “Semplice: il gatto ha mangiato il pesce, noi mangiamo il gatto, così è come se noi avessimo mangiato il pesce.” Precisò, con linearità matematica.

 

“Mangiare Tora non mi farebbe stare meglio…” si lamentò, querulo. “Non mi restituirebbe il mio bellissimo, buonissimo, grandissimo pesce perfetto che ho pescato e quasi cucinato.”

 

“E allora mi dispiace, tesoro. Per stavolta, ci accontenteremo delle sardinelle.

 

E mentre Edo annuiva affranto, tirando su col naso, egli prese saggiamente il malandrino peloso in braccio e lo nascose in salotto, lontano dalla sua ira funesta.

 

 

Fine



Disclaimers: I personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.

Note varie: il titolo cerca di richiamare il grigio tipico delle squame delle trote.
Purtroppo la mia incapacità tecnologica si è fatta sentire… ho lavorato per più di un’ora, cercando di riprodurre nel titolo i colori della trota fario, usando anche le scagliette, secondo Word-Art. Ne è venuto fuori un bel risultato semirealistico, ma al momento di caricare in HTML ho scoperto che alcuni effetti grafici non sono supportati, quindi ho dovuto rinunciare ç__ç
Questo non rende bene l’idea, ma pazienza. Chi non usa Explorer vedrà altri colori in questo titolo. Me ne scuso, ma non so come ovviare a questo problema.
Il significato del titolo stavolta non va preso in senso letterale, anche se si poteva usare. Ma il pesce gatto mi fa abbastanza schifo, non mi piace né da vedere né da mangiare. Perciò scindiamo le cose: abbiamo un pesce, e abbiamo un gatto.

Veniamo al cap!^^
Mi avevate chiesto di dare un po’ più spazio a Tora, e spero di avervi accontentati/e ^_____^ (anche se il vero protagonista è Ed XD).

Questo capitolo è preso da un fatto realmente accaduto. Dalla telefonata al furto di pesce.

Piccola curiosità: Ed e Roy si ritrovano per cena gli avanzi di Tora e le povere, piccole sardinelle.
Vagando in cerca di ricette per cucinare il pesce, ho scoperto che le Sardinelle aurite disidratate sono un ottimo snack da masticare per i cani, a cui piacciono molto e sono ricche fonti di proteine.

Da bravi cani dell’esercito, Roy e Ed mangeranno quelle! ^_______^



Precisazioni al capitolo precedente: uhm… forse non c’è niente da precisare ^^’

La sua collocazione è prima della gravidanza di Winry, sì, avete indovinato.

Mi fa piacere che abbiate apprezzato il cameo implicito di Albus! ^___^

E Tora mancava… ma oggi si è rifatto!

 

 

Do il benvenuto a  preffy tra i nuovi lettori!^^

 

 

Ringrazio le 134 persone che hanno messo la sottoscritta come writer preferita.

Mi sento onorata di questo (_ _)

E i 117 utenti che hanno messo It’s raining tra le loro fic preferite. (Avanti, su!, non siate timidi e lasciate un commentino^^)

 

 

Ringrazio quanti hanno letto e commentato le mie ultime fatiche:

Hunter (The Bloodhound)’ nel fandom di Twilight, una delle poche fic sul personaggio e l’introspezione di James. (NO spoiler)

 

E la mia fic originalStoriche Ingenuitàoneshot comica.

 

Se vi va, leggete e commentate. Grazie.

 

 

 

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Come sempre, sono graditi commenti, consigli e critiche.


Grazie (_ _)

elyxyz

 

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Capitolo 68
*** The Family Dog ***


Ritorno a resembool

Miei carissimi lettori,

se mi davate per persa, beh, vi siete illusi… ^__=

Mi scuso del ritardo, come molti sanno (o hanno letto nel mio account) da novembre ho problemi col pc, problemi che non si sono ancora risolti… ç_ç

Avevo progettato di postare questo capitoletto per Natale con i miei auguri per voi, (sono mesi che lo tengo in caldo per una ricorrenza speciale, perché è in assoluto uno dei miei capitoli preferiti) ma il pc era in riparazione, perciò beccatevelo ora.

E’ breve, lo so. E’ nato come flash-fic. Spero comunque che possa piacervi, almeno quanto ha emozionato me scriverlo.

Detto questo, so che sono in ritardo su tutto: postaggi, letture, commenti. Abbiate fede e pazienza: recupererò. ^_^

 

Il seguente scritto contiene impliciti riferimenti yaoi.

Per ulteriori spiegazioni, vi rimando alla conclusione della fic, dopo la lettura.

 

 

A chi ha recensito i precedenti capitoli della raccolta.

E a quanti commenteranno.

Ai vecchi e ai nuovi lettori.

Grazie.

 

 

The Family Dog

 

by elyxyz

 

 

 

 

Roy?”

 

Mh?”

 

“Credi che zia Pinako mi ucciderà?”

 

Mustang represse un sorriso indulgente.

“Per cosa? Perché è un secolo che non ti degni di venire a trovarla, o perché stiamo insieme?”

 

“Per… tutto.”

 

“Mah, non credo. Se non ha ucciso Alphonse, che ha messo incinta la sua adorata nipotina (ti ho mai detto che adoro tuo fratello?), non credo che massacrerà te.

 

Nah! Lei ha sempre avuto un debole, per Al.”

 

“Io credo che stravedesse anche per te…”

 

“Ciò non toglie che i suoi scapaccioni a me non li levava nessuno, a lui invece…”

 

“Non ti sembra un po’ tardi per recriminare?”

 

Mph. Forse sì.”

 

Si chinò a sfiorare l’incisione sulla lastra, mentre uno strano groppo gli si formava in gola.

 

“E’ strano, non credi?”

 

Mustang rimase in silenzio, in attesa che continuasse.

 

“Lei ha dato vita alla mia famiglia…

…e ora sono qui. Con la mia famiglia.”

 

Si strofinò distrattamente le palpebre, risollevandosi. Odiava sembrare sentimentale e melodrammatico.

 

Eppure Roy allungò una mano nella sua direzione, ed egli non la rifiutò.

 

“Tu credi…” deglutì. “Roy, tu... tu credi che… tutto quello che è successo…” tentennò “ che sia lo Scambio Equivalente per ottenere la felicità che abbiamo adesso?” sputò fuori, di fila.

 

Il Comandante Supremo Mustang si limitò a fissarlo.

 

“Voglio dire… la fallita trasmutazione… tu che vieni qui, quel giorno lontano… il mio diventare un cane dell’esercito per riavere ciò che abbiamo perso… la nostra relazione… Al che ritorna finalmente umano…”

 

Da quanto gli rodeva dentro, quel tarlo?

 

L’Alchimista di Fuoco rafforzò la stretta; e si prese tempo, prima di parlare.
Avere in cambio qualcos’altro, che abbia il medesimo valore.” Recitò, ricordando ad entrambi il fondamento del loro Credo. “La mia risposta è no.”

 

Edward attese, sorpreso dall’improvvisa risolutezza intrisa nella voce del suo uomo.

 

“Il dolore per la perdita di una madre non è quantificabile, Ed. Nessuno Scambio Equivalente ti potrà mai ripagare davvero.”

 

Edo sospirò, di colpo più leggero. Dentro di lui, nel fondo più profondo, l’aveva sempre saputo.

 

“E non voglio che il mio amore per te” riprese Roy d’un tratto, sorprendendolo “sia paragonato ad alcun corrispettivo, ad alcun baratto, per quanto nobile. Semplicemente perché non ha prezzo. L’amore, se è vero amore, è gratuito. Si offre, senza aspettarsi niente in cambio. Compì una pausa, e a dispetto di tutto lo abbracciò lì, in mezzo al prato di quel camposanto.

“Per il resto non so,” soffiò, direttamente contro il suo padiglione auricolare “ma per quel che mi lega a te, nessuno Scambio Equivalente varrebbe tanto.”

 

La tensione abbandonò istantaneamente il corpo del biondo, che si lasciò cullare in quell’abbraccio protettivo.

 

“Se dici una frase così davanti a mia madre, dovrai prenderti le tue responsabilità!” celiò. Lasciando che, per la prima volta in quel giorno, il sorriso fiorisse sulle sue labbra.

 

Tora si agitava irrequieto, dentro al cesto di vimini in cui era stato imbottigliato per il viaggio.

Malgrado la sacralità del luogo, non si curò di far sentire il suo disappunto.

 

“Il gatto in scatola si lamenta!” scherzò Ed, anche se con imbarazzo. “E Riza sarà stanca di aspettarci.”

 

Voltarono il capo verso il fondo della collina.

Un’auto, in rispettosa attesa. Occhio di Falco vegliava su di loro.

 

“Allora è meglio che ci muoviamo! Non sei curioso di conoscere il tuo nipotino?

 

S’incamminarono lentamente, lungo il dolce pendio. Due ombre lunghe, e un cesto.

 

 

Fine



Disclaimers: I personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.

 

Note varie: il titolo si rifà ad un noto film “The Family Man” che amo molto. (Shatzy ci ha scritto su una bellissima RoyAi, nel caso foste interessati).

Che dire… qui siamo parecchio avanti nel tempo. L’avete visto, no? Roy è diventato finalmente Comandante Supremo. Non chiedetemi di quanti anni siamo proiettati avanti. Io un’idea ce l’ho, ma devo postare altri capitoli per concretizzarla.

Ah, anche per il fatto che Ed manca da Resembool da secoli… c’è una spiegazione che, prima o poi, leggerete.

Tempo fa, mi avevate chiesto di dare spazio a Win e Al. E così ci ho lavorato su. E continuerò a postare, per i fans di questa storia.

So che It’s raining sta andando un po’ a rilento, ma ci sono cause indipendenti dalla mia volontà e ogni tanto amerei coltivare anche altri interessi, senza contare gli impegni di vita reale.

 

 

Precisazioni al capitolo precedente: il titolo… uhmm… è probabile che, chi non usa explorer, non possa vederlo. Sorry. Ç_ç

Comunque sono felicissima che vi sia piaciuto e che abbiate sghignazzato con me sulle disgrazie di Edo-kun. Il mio animo da pescatrice, però, soffre con lui. XD

Io amo molto pescare, anche se ultimamente ci vado poco. Ho pescato il mio primo pesce tutto da sola a 8 anni, in barba a quelli che dicevano che non ci sarei riuscita. *__*

Ok, la smetto. A voi questi miei trascorsi non interessano di certo… ^^’

 

 

Un grazie di cuore alle 143 persone che mi hanno inserita tra i loro autori preferiti, e ai 115 utenti che hanno messo questa fic tra le loro preferenze. Ne sono onorata (_ _)

Ringrazio anche quanti hanno letto e commentato la mia fic su TwilightAl di là dei sogni.
E la mia RoyEd Sinners, Lovers. [In Joy and Sorrow] (seconda classificata al Contest RoyEd indetto da Setsuka e Ale_2).

Se non l’avete fatto, vi invito a leggerle e a darmi un parere!

 

 

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Dona l’8‰ del tuo tempo alla causa pro recensioni.

Farai felice milioni di scrittori.

(Chiunque voglia aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio crede)


Come sempre, sono graditi commenti, consigli e critiche.


Grazie (_ _)

elyxyz

 

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Capitolo 69
*** The Rainmaker ***


The Rainmaker

Miei carissimi lettori,

se mi davate per persa, beh, vi siete illusi... ^__=

Mi scuso del ritardo e della lunga assenza. Come molti sanno, in questi mesi ho avuto tanti casini, e mi sono dedicata ad altro.

Oggi però è una ricorrenza particolare e – anche se ho fatto i salti mortali per scrivere il cap in tempo XD – non potevo mancare.
E’ con materno orgoglio che oggi festeggio con voi il SECONDO COMPLEANNO DI QUESTA FIC.

Leggendo le mie parole d’introduzione di un anno fa (cap 56 se mai vi interessasse) mi ritrovo a condividere gli stessi pensieri di allora. A ringraziare chi è rimasto fedele a questa fic, chi dall’inizio, chi più tardi; a salutare chi ha perso interesse.

A ringraziare per ogni commento ricevuto, per ogni consiglio ragionato, per ogni frase d’incoraggiamento.
Un anno dopo, e con un’assenza di quasi cinque mesi, mi ritrovo a dire che forse ai 100 capitoli ipotetici non approderò. Ma, se continuerete e commentare e a sostenermi, arriverò comunque alla fine della storia.
Io, da parte mia, cercherò di continuare a dare il massimo delle mie possibilità e proverò a venirvi incontro.
Vi voglio bene.

Ely

 

 

Il seguente scritto contiene lievi riferimenti yaoi.

Per ulteriori spiegazioni, vi rimando alla conclusione della fic, dopo la lettura.

 

 

Dedicato a chi ha recensito i precedenti capitoli della raccolta.

E a quanti commenteranno.

Ai vecchi e ai nuovi lettori.

Grazie.

 

 

The Rainmaker

 

by elyxyz

 

 

 

 

Mustang vergò l’ultimo documento della giornata; ci mise un po’ troppa energia, bucando il foglio, e lo fece apposta. Era la sua piccola, personale vendetta verso quelle scartoffie inutili.

Era un uomo d’azione, lui. Non uno scribacchino rachitico che doveva passare il tempo chino su una scrivania a firmare, a firmare, a firmare…

Il Colonnello riteneva quelle giornate infruttuose, oltre che noiose. Tempi morti, momenti d’impasse che si frapponevano fra il presente e il suo obiettivo: rendere Amestris migliore. E diventare Comandante Supremo, ovvio.

L’Eroe di Ishbar non rimpiangeva certo i tempi mostruosi della guerra, i cui incubi lo perseguitavano ancora; ma, al contrario, in questa sua personalissima opera di redenzione, voleva fare del bene, e più che poteva.

I rivoltosi che aveva sedato la settimana precedente, per esempio, avevano preso in ostaggio un piccolo villaggio di innocenti ed egli, con un piccolo manipolo di fidati commilitoni, era intervenuto. Quel gruppo di ribelli era una spina nel fianco dell’esercito da molto tempo, perciò era stata una bella soddisfazione poterli arrestare e assicurare alla giustizia. In questo, doveva ringraziare particolarmente il suo Fagiolino, che si era dimostrato valoroso quanto lui.

 

Il Tenente Hawkeye tossicchiò, riscuotendolo dai propri pensieri. “Ha finito, signore?”

 

“Sì, Riza, per oggi può bastare.” Le consegnò il plico che l’efficiente soldato ripose al proprio posto.

 

“Desidera che la riporti a casa?”

 

“Edward non è ancora tornato?”

 

“No, signore, era di ronda oggi pomeriggio.” Gli spiegò, puntuale.

 

E in quel preciso istante, come evocato, l’Alchimista d’Acciaio fece la sua comparsa.

“Roy, se non hai finito ti uccido, ho una fame da lupi!!” esordì, spalancando la porta dell’ufficio del suo uomo – e suo superiore – con la solita malagrazia.

 

Il Flame sbuffò, rassegnato. “Dannazione, Fullmental! Fingi di portarmi rispetto almeno in ufficio!

 

“E perché dovrei?” obiettò Ed, stravaccandosi sul divanetto libero “Non l’ho mai fatto neppure prima, figurarsi ora!”

 

“Vedi, Edward…” intervenne la donna, scongiurando le loro baruffe da cuccioli dispettosi “Esiste una gerarchia militare da rispettare, almeno dentro al Quartier Generale.” Gli spiegò, paziente, benché avesse ripetuto milioni di volte quel discorso.

 

“Altrimenti finirai sotto Corte Marziale, prima o poi!” lo ammonì Mustang, ironizzando semiserio.

 

“Quando verrai a farmi visita, mi porterai in prigione le arance con dentro la lima!” replicò a tono, facendogli l’occhiolino. “Ma adesso, seriamente, andiamo a mangiare o potrei trasmutare Buraha in una bistecca!”

 

Il cane, sentendosi chiamato, scodinzolò da sotto il tavolo, guaendo, e gli altri risero. “Credo non abbia recepito la minaccia…” puntualizzò Falman.

 

“Le suggerisco, signore, di trasmutare Breda, casomai! Di sicuro è più grasso, si sazierà meglio!” intervenne Havoc, mordicchiando l’inseparabile sigaretta.

 

“Jean, traditore!” inveì l’oggetto delle loro disquisizioni, brandendo in aria un panino imbottito come fosse una clava “Io sono robusto, non grasso!”

 

A quel punto, le battute si sprecarono. Poi il Tenente li rimise in riga, precisando che la corretta alimentazione di Hayate ne rendeva le carni saporite, ma lei avrebbe impedito la realizzazione di quelle disquisizioni teoriche. Minacciando Havoc e Breda per del lavoro incompleto, li zittì entrambi; successivamente salutò i due Alchimisti e Fury, che aveva finito il suo dovere per quel giorno, e si preparò anch’ella per tornare a casa propria.

 

Fuori dalla Caserma, Riza rinnovò gentilmente l’offerta di un passaggio, ma Roy declinò nuovamente, quindi si salutarono.

Mentre attraversavano una strada del centro rinomata per gli ottimi ristoranti, un piacevole odorino saliva da ogni dove, stuzzicando la loro acquolina.

“Che ne dici… ceniamo fuori? Offro io.” Propose  il Colonnello, di punto in bianco.

Edward s’illuminò all’istante. “Non vedo l’ora! Stavo meditando su quanto potessero essere dure le solette delle tue scarpe…

“Sembri un morto di fame!” lo schernì, compatendolo.

“Non lo sembro. Lo sono.” Sbuffò, pignolo. “Che male c’è? Ho scarpinato tutto il pomeriggio, ho lo stomaco che brontola e…

“Ok, ok. Ho capito! Entriamo qui. Ti va?”

“Ma non è un po’ troppo… troppo? Ti costerà un patrimonio!”

“Di che ti preoccupi? Ho detto che offrivo io, no?”

“Che spacconata!” lo rimproverò il giovane Elric. “Poi a fine mese i conti li faccio io, però!”

“Tirchio!”

“Si dice ‘previdente’”.

“Credevo fosse ‘taccagno’”.

“Beh, ti sbagliavi.”

“Quasi quasi è meglio se torniamo a casa e ci mangiamo i croccantini del gatto. Mh?” finse di meditare il Flame.

“Col cavolo!” s’infiammò il compagno. “Non ci si rimangia un’offerta!” e lo trascinò dentro il lussuoso ristorante. Mustang sorrise tra sé.

La cena si svolse piacevolmente, Edward divorò persino una doppia porzione di dolce e Roy si chiese – come spesso accadeva – dove mai potesse nascondere tutto quel cibo, piccolo com’era.


Dopo il caffè, il cameriere che li aveva serviti giunse infine col conto. Lo appoggiò sul tavolo, per poi svanire con discrezione.

Edo si lasciò sfuggire un fischio sorpreso, leggendo l’ammontare del prezzo, mentre Roy, con nonchalance, gli sottraeva il foglietto prima che tutti gli occupanti dei tavoli attorno a loro si girassero scandalizzati.

“Ammiro il tuo sangue freddo, Tesoro.” Sghignazzò Acciaio, vedendolo impallidire senza proferire parola assorbendo ‘il colpo’, e armeggiare poi con la tasca interna del cappotto. Quando Mustang impallidì ancor di più, capì che forse non sapeva recitare così bene come s’era immaginato.

Mame-chan…” bisbigliò.

Nh?”

“Credo di aver dimenticato il portafoglio in ufficio… oppure oggi, a pranzo, in mensa… o…

“Mi stai dicendo che hai perso il portafoglio?” Lo beffeggiò il biondo.

“Sì. Ma credo di sapere dov’è.”

“Di sicuro non qui.”

“No, non qui.” Ammise a malincuore. “Tu… hai dei soldi con te?”

Edward fece una faccia comicamente esasperata. “Chissà perché, ma qualcosa mi diceva che sarebbe finita così.” Lo stuzzicò, pagando al posto suo.

“Ti rifonderò di ogni cenz!” promise serio il militare, come se fosse stata una questione d’onore.

“Ma dai, scemotto!” lo prese in giro. “Mi comprerai un maglione per il mio compleanno, così saremo pari.”*

Roy sorrise, rammentando quella vecchia frase. “Questo mi fa ricordare un certo ammasso di ciccia pelosa senza cena…

“Sì, sarà di certo un po’ arrabbiato, ma ieri gli ho preso i croccantini che preferisce, ci faremo perdonare.” Gli fece l’occhiolino e si alzò da tavola. “Ora però andiamo. Sarebbe capacissimo di distruggerci casa per dispetto!

Usciti all’aria aperta, s’accorsero che il tempo s’era guastato. Minacciava di piovere a momenti, ma nessuno dei due aveva un ombrello.
Il Colonnello osservò malevolo le prime goccioline portate dal vento bagnare l’asfalto.
“Miseriaccia!, che…” si chinò incuriosito, raccogliendo una cosa da terra. “Botta di fortuna!” esclamò, mostrando al compagno una moneta d’oro. “Visto? Con questa, credo che ti rifonderò ampiamente la cena. Gongolò.

Non è fortuna, è una coincidenza.” Lo contraddisse Edo, con cipiglio scientifico. “Statisticamente, le probabilità…”

“Ti dico che è fortuna!” ripeté l’uomo, pignolo, mentre una nuova goccia gli cadeva sul naso.

“E questa? Come la chiami?” ironizzò Acciaio, meditando di trasmutare l’auto-mail in un ombrello.

“Oh, beh…” temporeggiò, “Direi che è…” si guardò intorno, in difficoltà. Poi sorrise, vittorioso: “Un DOPPIO colpo di fortuna!!

In quel momento Havoc arrivò con l’auto nera di servizio e accostò davanti al marciapiede su cui sostavano.

“Capiti proprio al momento giusto!” gli disse il Colonnello, aprendo la portiera per salire. “Sai quanto odio la pioggia!”

Jean fece uno scherzoso saluto militare attraverso lo specchietto retrovisore. “Ai suoi ordini!”

Mustang stette al gioco, di buonumore per aver scampato una lavata fuori programma. “Bravo soldato, così si fa!” lo lodò. “Mame-chan, dovresti imparare da lui.”

Edward sbuffò. “Ma vai al-”

Taisa?” s’intromise il Sottotenente, immettendosi nel traffico cittadino.

Nh?”

“Mi è concesso di parlare liberamente?”

“Dimmi.”

“Forse… invece che Flame Alchemist… dovevano chiamarla l’Alchimista della Pioggia!”

“Perché? Io odio la pioggia… è risaputo!”

“Perché, qui ad East, ha piovuto più da quando lei è stato trasferito da Central che negli ultimi cento anni!”

“E come fai a saperlo?” domandò, incuriosito.

“L’altro giorno, durante l’acquazzone, il Tenente ci ha ribadito questo suo odio, e ci siamo resi conto che il maltempo è iniziato da quando lei è qui!”

The Rainmaker... non ti sta mica male come soprannome.” Celiò Ed, “Forse sei davvero ‘L’uomo della pioggia’!” rise. “E’ risaputo che tutto l’Est ha un clima secco, magari si vedono nuvoloni carichi per giorni, ma poi se ne vanno col vento… e piove raramente.”

“Quindi era ora che arrivassi io, a portare un po’ di ristoro agli aridi campi.” Si ringalluzzì il Taisa, attribuendosi anche quell’inatteso merito. “Dovrebbero premiarmi per-”

“Ah, giusto!” lo interruppe Havoc, torcendo il collo nella loro direzione. “Ero venuto a portare delle notizie importanti!” sollevò in aria una busta color crema, con un intimorente timbro rosso. “Me ne stavo andando a casa, quand’è arrivata una comunicazione confidenziale, e ho pensato che fosse meglio non aspettare domattina.”

Roy afferrò la lettera. Sollevando un sopracciglio con cipiglio diffidente, strappò il sigillo di riservatezza. Lesse con attenzione il contenuto del messaggio.

“No, non è possibile!” esclamò, di colpo, guardando incredulo Edward al suo fianco.

 

“Brutte notizie?” domandò questi, preoccupato.

“Al contrario!” sorrise, porgendogliela. “Leggi, leggi!” esultò. “E’ la mia serata fortunata, che t’avevo detto?!

 

Elric scorse velocemente. “Notifica ufficiosa… Seguirà comunicazione ufficiale… Merito per le azioni compiute contro i rivoltosi… Sprezzo del pericolo… bla... bla… Promozione… Avanzato di grado… Recarsi in data sotto indicata… Corrente mese… A Central City per la procedura ufficiale e il riconoscimento.” Gli sorrise orgoglioso. “Sei diventato Generale di Brigata!”

 

“Già… così sembra.” Confermò, trattenendo a stento l’esaltazione.

 

“Congratulazioni!” si sporse d’istinto per un gesto d’affetto. “Stasera si festeggia!”

 

Havoc tossicchiò. “Ehm… ce n’è anche un’altra… per Edward, stavolta.”

 

“Che diavolo hai combinato?!

 

“E che ne so?!

 

“Ti sei dimenticato di avvisarmi di qualcosa?” insinuò Mustang, in tono militaresco.

 

Il biondo fece mente locale, poi negò. “Solo quella rissa al porto – ma non era tutta colpa mia! – e la piccola insubordinazione nella missione a Briggs, due mesi fa… ma il Generale Maggiore Armstrong non può aver fatto rapporto!

 

“Non ci resta che scoprirlo.”

 

Una seconda busta, stavolta di color carta da zucchero, comparve tra le mani dell’Alchimista d’Acciaio.

“Dal colore dell’involucro si può capire se sono comunicazioni belle o brutte?”

 

“Non ne ho mai vista una di quel colore.” Ammise il Colonnello. “Ma magari avevano finito quelle gialle nell’ufficio cancelleria…” tentò di sdrammatizzare.


Edo se la rigirò tra le mani, ansioso.
“Hai presente il discorso di prima in ufficio? Se mi mandano sotto Corte Marziale, adesso che sei Generale potrai intercedere per me. Scherzò, per alleggerire la tensione, rompendo il proprio sigillo di ceralacca rosso. Poi la passò al compagno. “Toh, a te l’onore.”

 

“Sicuro?” temporeggiò Roy.

 

“Certissimo.” Annuì, spostando la treccia con un gesto secco che nelle sue intenzioni doveva essere spavaldo. Ma non lo fu.

 

Il Flame dispiegò il documento, trattenendo il fiato. Possibile che la malasorte fosse in agguato?
“L’Alchimista d’Acciaio Maggiore Elric Edward è convocato presso l’Alto Consiglio Militare di Central City il giorno 28 C.M.”

 

“Merda…” biascicò Ed, coprendosi con una mano la faccia.

 

...dove, alla presenza del Capo di Stato il Comandante Supremo King Bradley e delle più Alte Cariche di Governo, verrà insignito del grado di Tenente Colonnello, per i servigi resi alla Nazione di Amestris e per i meriti ottenuti nella missione svoltasi…”

“…mi hanno promosso?” l’interrogò, incredulo.

“Sì, sembra che per stavolta non finirai in gattabuia…” lo prese in giro, dissolvendo la preoccupazione con un bacio veloce a fior di labbra.

 

Dopotutto, forse stasera mi porti davvero fortuna... rivaluterò l’idea di chiamarti Rainmaker!

 

 

Fine



Disclaimers: I personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.

 

Note varie: il titolo può avere diverse interpretazioni, ne riporterò alcune qui sotto. Da Wikipedia:
“Il termine rainmaker, letteralmente, si riferisce a chi "fa piovere", in vari modi; per esempio, attraverso una danza della pioggia.”

Ma Rainmaker ha anche altri significati:

“Con il termine inglese rainmaker (colui che produce la pioggia in italiano) ci si riferisce, nell'ambito del mondo finanziario, ad una persona che generalmente fa accadere le cose ed, in tale contesto, è utilizzato per indicare una persona di grande rispetto. Il termine viene spesso utilizzato in relazione ad operazioni finanziarie di fusione ed acquisizione).
Il termine è poi usato nel gergo finanziario dei banchieri d’affari per identificare un banker che, grazie alle proprie capacità di persuasione sulle società clienti, è in grado di far concludere grandi operazioni finanziarie.

Poi c’è un richiamo doveroso al grande film omonimo “The Rainmaker” di Francis Ford Coppola del 1997, che vi consiglio di vedere, se non l’avete mai fatto.
Questo film è tratto dal libro ‘L’uomo della pioggia’ di Grisham John.

Le canzoni anch’esse omonime si sprecano: ad esempio quella degli Iron Maiden che allego con traduzione in fondo, perché credo che in molti pezzi rispecchi il sogno di Roy, che vuol – come l’Uomo della Pioggia – realizzare i sogni con le proprie mani.

* “Mi comprerai un maglione per il mio compleanno, così saremo in pari.”
È un riferimento implicito al capitolo 11 dove Edward, per sdebitarsi, si offre di comprare al Taisa un maglione rovinato da Tora.

Un’ultima precisazione: Dalle informazioni date dalla sensei Arakawa, l’Est è un territorio arido e secco.
Nella mia fic, dall’episodio 13 dell’anime che dà il via alla storia sino ad oggi, Mustang non ha mai lasciato Est City se non per qualche breve periodo in missione. E’ di stanza stabile qui, con la sua truppa.
L’arco di tempo comprende ovviamente qualche anno, ed è per questo che i ragazzi hanno confrontato le statistiche delle precipitazioni in rapporto alla sua permanenza.

 

 

Precisazioni al capitolo precedente: c’è qualcosa da dire? Dai commenti mi sembra di no.

 

***

 

Un grazie di cuore alle 163 persone che mi hanno inserita tra i loro autori preferiti; ai 115 utenti che hanno messo questa fic tra le loro preferenze e ai 7 tra le ‘seguite’. Ne sono onorata (_ _)
Ma mi aspetto che commentiate! ^____^

Ringrazio anche quanti hanno letto e commentato la mia ultima fic su Host Club:
Teacups Fair & Blackberry Pie [Childhood Memories]

Se non l’avete fatto, vi invito a leggerle e a darmi un parere!
(Tra l’altro, sta partecipando ad un contest a sondaggio pubblico, e spero sinceramente di vincere XD, se vi va… votatemi!)



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Come sempre, sono graditi commenti, consigli e critiche.


Grazie (_ _)

elyxyz

 


Rainmaker

  
Iron Maiden

 

When I was wandering in the desert
And was searching for the truth
I heard a choir of angels calling out my name
I had the feeling that my life would never be the same again
I turned my face towards the barren sun
 
And I know of the pain that you feel the same as me
And I dream of the rain as it falls upon the leaves
And the cracks in our lives like the cracks upon the ground
They are sealed and are now washed away
 
[Chorus:]
You tell me we can start the rain
You tell me that we all can change
You tell me we can find something to wash the tears away
You tell me we can start the rain
You tell me that we all can change
You tell me we can find something to wash the tears.....
 
And I know of the pain that you feel the same as me
And I dream of the rain as it falls upon the leaves
And the cracks in the ground like the cracks are in our lives
They are sealed and now far away.
 

 

L’uomo Della Pioggia

 


(letteralmente il fautore o colui che fa la pioggia)

Quando stavo vagando nel deserto
E cercavo la verità
Ho sentito un coro di angeli che mi chiamava
Ho avuto la sensazione che la mia vita non sarebbe stata più la stessa
E mi sono voltato verso l’arido sole

E so che provi il mio stesso dolore
E sogno la pioggia che cade sulle foglie
E i nostri dolori sono gli stessi che provano tutte le altre persone
Prima li soffriamo e poi li superiamo

[Rit.:]
Mi dici che possiamo scaricare la pioggia
Mi dici che possiamo cambiare tutto
Mi dici che possiamo trovare qualcosa per asciugare le lacrime
Mi dici che possiamo scaricare la pioggia
Mi dici che possiamo cambiare tutto
Mi dici che possiamo trovare qualcosa per asciugare le lacrime

E so che provi il mio stesso dolore
E sogno la pioggia che cade sulle foglie
E i nostri dolori sono gli stessi che provano tutte le altre persone
Prima li soffriamo e poi li superiamo.

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Capitolo 70
*** Un osso duro da rosicchiare ***


Roy si sveglia

Il seguente scritto contiene impliciti riferimenti yaoi.

Per ulteriori spiegazioni, vi rimando alla conclusione della fic, dopo la lettura.

 

 

Confesso che siete riusciti a commuovermi. Non ambivo neppure nei miei sogni più arditi ad un’accoglienza così calorosa di bentornato!

Grazie di cuore.

 

Come sempre, dedico il capitolo...

A chi ha recensito i precedenti capitoli della raccolta.

E a quanti commenteranno.

Ai vecchi e ai nuovi lettori.

Grazie.

 

 

Un osso duro da rosicchiare

 

 

by elyxyz

 

 

 

 

La pioggia ticchettava insistente sui tetti delle case coccolando la città addormentata. Nel buio della notte, East City sembrava deserta, eccetto qualche garzone mattiniero, un ubriaco che non si reggeva in piedi e i solerti fornai già al lavoro.

Mustang si rigirò nel letto russando leggermente e allungando piano, d’istinto, un piede verso la parte destra del materasso.

Il freddo delle lenzuola lo infastidì inconsciamente, facendolo ritrarre di scatto con un moto di stizza. Era una sensazione diversa dal gelo dell’acciaio che sentiva mentre casualmente sfiorava l’auto-mail di Edward, quando Fullmetal dormiva da lui. Ed era questo contatto che lui aveva cercato, non il tessuto di cotone.

Un’insoddisfazione improvvisa e indefinita lo colse. Quando il suo cervello registrò quel dato, il Colonnello uscì dalle maglie del sonno, sbattendo le palpebre confuso. Che giorno era? Edward non doveva essere lì, al suo fianco?

 

Rantolando sbadigli per ricacciare il torpore, accese l’abat-jour sul comodino. La sveglia segnava le quattro del mattino, dagli scuri non filtrava neppure un filo di luce e la pioggia – che lui odiava tanto – continuava imperterrita a cadere.

 

Si alzò stiracchiandosi, alla ricerca della vestaglia da camera. Rabbrividendo per il brusco cambio di temperatura, lanciò un’occhiata di rammarico alle calde coltri e uscì dalla stanza.

 

S’accorse immediatamente del tenue lucore che proveniva dal salotto. Quindi non si era sbagliato!

Trovò Ed rannicchiato sotto la coperta di lana, quella con gli azuki disegnati che gli aveva regalato per fargli dispetto, il naso affondato nello stesso tomo della sera precedente. La lampada a lungo stelo proiettava ombre sul suo viso in modo strano, evidenziandone l’espressione assorta.

 

“Non l’hai ancora imparato a memoria?” domandò, palesando la propria presenza.

 

Benché il tono fosse basso, Edward sussultò impaurito, facendo precipitare il libro ai suoi piedi.

Ta-Taisa!” ansimò, cercando di calmare il battito frenetico del cuore.

 

Scusami, Acciaio. Non intendevo spaventarti.” Si giustificò, raccogliendo per lui il volume caduto. “Non è meglio terminarlo un altro giorno? E’ quasi mattina, dovresti riposare un po’.” Gli suggerì, con paterno buonsenso.

 

“L’ho quasi finito. Mi mancano solo…”

 

“Duecento pagine?” ironizzò l’uomo.

 

Edo non colse la frecciatina. “Quasi trecento, a dire il vero.” Sollevò il mattone rilegato davanti a sé, come a soppesarne il carico.

 

“Stai cascando dal sonno. Interrompiti qui.” Insistette, guardando l’espressione stravolta del giovane, la treccia sfatta, gli occhi lucidi di stanchezza.

 

Edward scosse la testa, strofinandosi pensieroso i capelli in disordine. “Non riuscirei comunque a dormire. Mi sono arenato su un paragrafo che non riesco a capire e…

 

“Uno studioso saggio ammetterebbe che, a mente fresca, tutto è più semplice.”

 

“Non mi arrenderò, almeno finché non risolverò questo.” Ribadì, cocciuto. “Il riposo arriverà dopo.”

 

“Ho capito. Ho capito.” Si arrese il militare con un’espressione eloquente. “Se tu fossi una persona normale, ti preparerei del latte caldo per conciliarti il sonno, ma credo fermamente che me lo sputeresti addosso.”

 

Edward sorrise stanco, stropicciandosi gli occhi assonnati.

“Lo sa che odio il latte.”

 

“Non credo di avere camomilla, e un the caldo non è una soluzione ottimale, la teina ti farebbe restare sveglio.”

 

“Ma è quello che voglio!”

 

Nah!” brontolò l’altro, scomparendo verso il corridoio.

 

Quando il Colonnello ritornò da lui, erano passati solo cinque minuti, ma Edward non se ne accorse. Aveva letto e riletto quel capoverso decine di volte, schematizzando nei suoi appunti alcuni passaggi, eppure qualcosa gli sfuggiva ancora.

 

Il padrone di casa gli porse una tazza di cioccolata fumante, accomodandosi al suo fianco sul divano, stringendosi addosso la vestaglia per coprirsi meglio. Lanciò un’occhiata al focolare ormai morto. Restavano solo delle ceneri spente e qualche sparuto residuo di brace. Evidentemente era troppo tardi per riattizzarlo, e sinceramente non aveva voglia di mettersi a trafficare a quell’ora per accenderlo, quindi scartò immediatamente quell’idea.

 

Edo parve leggergli nel pensiero, oppure fu merito dello starnuto che gli sfuggì, ma allungò una parte della coperta affinché anche il Taisa si riparasse. “Prenderà freddo, se resta lì così.” Motivò.

 

L’altro ringraziò con un cenno del capo, accomodandosi.

“Adesso ti dico cosa faremo: risolviamo questo rompicapo, e poi crollerai a dormire.”

 

Edward lo scrutò, infilando il naso nella tazza. “Mmm...” mugugnò.

 

Era un’ammissione parziale oppure un’esclamazione di gradimento verso la bevanda calda? A Roy sarebbe sempre rimasto il dubbio.

 

“Seriamente: non è meglio se lo finisci domani?”

Acciaio ignorò il suggerimento. “Mi sono bloccato qui, non riesco a capire questo pezzo.”

 

“A quest’ora, io non capirei neppure come mi chiamo.” Scherzò il Flame, sbadigliando. Tuttavia si fece indicare il capitolo ostico “Dammi quest’osso così duro da rosicchiare!” e iniziò a leggerlo. La sua attenzione fu però attirata dal brontolio improvviso della pancia al suo fianco.

 

“Mi sta venendo fame…” ammise Edo, troppo stanco per avere imbarazzo. “Credo che la cioccolata abbia messo in moto il mio stomaco.”

 

Il Colonnello rise. “Il tuo stomaco gradirebbe uno spuntino di mezzanotte in ritardo o una colazione clamorosamente in anticipo?”

 

Edo fece spallucce. “Non ha preferenze.”

 

Adocchiarono entrambi la scatola di latta dimenticata la sera prima sul tavolinetto, e soprattutto quei deliziosi biscotti al burro che conteneva.

 

Il giovane Elric si sporse per afferrarla, poi scambiò un’occhiata d’intesa col suo superiore.

 

“Aprila pia-”

 

Ma esattamente quando questa fece il suo fatale ‘clic’ un familiare miagolio si elevò nel salotto.

 

Tora si stiracchiò in tutta fretta per venire a spartire con loro una merenda fuori programma.

 

“Questo gatto è inquietante!” sbottò Roy, masticando il primo dolcetto, mentre suo malgrado si ritrovava la ciccia tigrata sulle ginocchia e uno sguardo famelico puntato contro. “Si è appena svegliato, come fa ad avere fame?!

 

“Potrei dire la stessa cosa di lei.” Appuntò Ed, con sussiego.

 

“Io pensavo fosse educato farti compagnia mentre mangiavi!”

 

“Anche Tora potrebbe dire lo stesso.” Appuntò nuovamente, stiracchiando un sorriso che divenne uno sbadiglio.

 

Una scorpacciata di biscotti, un bis di cioccolata calda e un quarto d’ora dopo, Tora ronfava felicemente acciambellato fra loro, mentre i due Alchimisti – accoccolati sotto la coperta – riprendevano l’odioso ostacolo. E forse, insieme, l’avrebbero superato.

 

 

Fine



Disclaimers: I personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.

 

Note varie: e siamo a 70!!! *___* (scusate, metto via l’euforia).

Il titolo è un comunissimo modo di dire, credo sappiate tutti cosa significa.

Il colore riprende vagamente il grigio avorio delle ossa.

La coperta con disegnati gli azuki è citata nel cap 32 Fire Man (III parte: Attorno al Fuoco)

 

Ho cercato di raccontare un capitolo tranquillo, di quelli un po’soffusi’, perché amo questi momenti notturni.

Qui e là, i lettori più attenti troveranno piccoli particolari già accennati in precedenza; non è niente di che, ma sappiate che è voluto. ^^

 

Venendo al capitolo… beh, non credo ci sia molto da spiegare, in caso chiedete. ^__=

 

 

Precisazioni al capitolo precedente: non credo scoprirete mai che fine ha fatto il portafoglio di Roy… buahahaaha *risata malefica* o forse sì, dipende se mi arriva un’idea, non avevo messo in conto di motivare la sua sparizione. U_U

 

Sono contentissima che vi sia piaciuto, e mi dispiace per quelli che si sono lamentati per l’assenza di Tora. E’ abbastanza difficile trovare un pretesto verosimile per portarselo in ufficio! XD

Ma la sua presenza virtuale aleggia su tutti. *O*

 

 

***

 

 

 

Ok, questo è l’ultimo capitolo prima della partenza per le ferie.

Salvo imprevisti, aggiornerò il prossimo fra un mese esatto, il primo agosto, per festeggiare con voi il ritorno e il mio compleanno. (E chissà, se mi viene l’ispirazione potrei raccontare il compleanno di qualcun altro… l’anno scorso era di Roy, ricordate?)

 

 

Un grazie speciale a Stefy_rin, con la speranza che prosegua i commenti con la stessa solerzia con cui ha cominciato! ^__= (Non so… ti è arrivata la mia mail di ringraziamento?)

 

E anche alle 166 persone che mi hanno inserita tra i loro autori preferiti; ai 121 utenti che hanno messo questa fic tra le loro preferenze. Ne sono onorata (_ _)

 

Vi invito a dare un’occhiata alla mia fic su Harry Potter (ambientata ai tempi dei Malandrini)

Profumo di Mamma che si è classificata seconda ad un Contest.

 

 

 

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Come sempre, sono graditi commenti, consigli e critiche.


Grazie (_ _)

elyxyz

 

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Capitolo 71
*** Puppy’s Name ***


Il seguente scritto contiene impliciti riferimenti yaoi

Il seguente scritto contiene impliciti riferimenti yaoi.

Questo capitolo fa da innesto al cap 68 “The Family Dog”, ci sono perciò legami diretti ad esso.

 

Per ulteriori spiegazioni, vi rimando alla conclusione della fic, dopo la lettura.

 

 

Come promesso il mese scorso, eccomi a festeggiare con voi il mio compleanno postando un nuovo cap.

Ci tenevo a rispettare la tradizione iniziata l’anno scorso, (sì, quella di scriverlo alle tre di notte e che l’argomento fosse un momento importante) in un certo qual modo un compleanno si festeggia davvero, ho solo giocato d’anticipo. XD

Dedicata a quanti mi hanno fatto gli auguri, e per i gentili pensieri.
Grazie. Sono commossa. >/////<


 

 

Puppys Name

 

 

by elyxyz

 

 

 

 

Edward sbatté la cornetta sul ricevitore con un gesto stizzito che non tentò neppure di dissimulare. Roy sollevò un sopracciglio perplesso, e il suo silenzio fu eloquente.

 

“Non vuole dirmi come l’ha chiamato.” Borbottò il compagno, camminando in cerchio al centro del salotto. Tora lo guardava come se fosse un nuovo giochino curioso.  “Non vuole dirmi come l’ha chiamato!” ripeté Ed, sbuffando come una ciminiera.

 

“Ma almeno Winry sta bene?” s’interessò Mustang, per educazione.

 

“Oh, sì! Certo! E quel che è peggio è che sembra già pronta a scodellarne altri cinque o sei!”

 

Il sorriso di Roy si fece ghigno. “Per la tua pace mentale, spero proprio di no.”

 

“Sai cosa mi turba?” chiese retorico, smettendo di girare e puntandogli addosso due occhi dorati recriminanti, quasi come se fosse davanti al colpevole.

 

“Credo che sia-” tentò.

 

“Sai cosa mi turba?!” l’interruppe, alzando la voce di un’ottava. “Temo che quello scemo gli abbia dato il nome di nostro padre!”

 

Aaah!”

 

“Sì, ed è per questo che non ha il coraggio di dirmelo. Sa che gli sputerei in un occhio!”

 

“Allora non ti resta che andare.”

 

“A sputargli in un occhio?!”

 

“No, idiota! A verificare di persona, no?” gli suggerì, accomodante.

 

Edward lo guardò scandalizzato, come se avesse bestemmiato un’eresia. Un’assurdità inconcepibile, come… come a dire che la Pietra Filosofale era una nota marca di gioielli o che il precedente Führer, King Bradley – pace all’anima sua – era stato un Homunculus prima di morire.

 

“Sai da quanto tempo io non metto piede a Resembool?!” ringhiò, assottigliando lo sguardo.

 

“Sì, lo so esattamente.” Gli tenne testa. “Ed è ora che tu ci torni e affronti le tue paure!”

 

“Io non ho paure!” inveì, facendo scricchiolare l’auto-mail in modo sinistro.

 

“E allora dimostramelo!” lo sfidò, col tono che usava fin dai primi tempi per tener testa al suo sottoposto più indisponente e attaccabrighe “Prepara i bagagli, ti do una settimana di ferie in anticipo!”

 

Edo sussultò quasi. “Tu… tu non vieni?” chiese, perdendo di colpo il tono infervorato.

 

“Solo se tu lo vuoi.”

 

“Certo che lo voglio!” rispose spazientito. “Ma che discorsi fai?”

 

“Io però non posso assentarmi per una settimana, non adesso che-”

 

“Ovvio, lo capisco. Il Paese non può andare avanti un’intera settimana senza il suo Comandante Supremo!”

 

“Edward…” cominciò, passandosi stancamente una mano sulla tempia.

 

“Ok, ok. Lo so. Scusa.” Si difese. “E’ questa cosa del nome che mi irrita i nervi.” Sibilò.

 

“Fossi in te, mi preoccuperei di altro.”

 

Il giovane Elric fece un’espressione innocente. “Del tipo?”

 

“Oh, con me non funziona!” lo smascherò in fretta Mustang. “Forse dovrei mandarti dietro il Colonnello Armstrong, saprebbe difenderti molto meglio di me dall’ira di tua zia.” Lo vide rabbrividire impercettibilmente, e seppe che aveva centrato il punto con la stessa precisione di un ago conficcato in un nervo scoperto.

 

“Io non ho paura di lei!”

 

“Ah, sicuro! Perché dovresti averne? E’ vecchia, un po’ persa. Vedrai che non s’accorgerà neppure che ci sei.” Finse di accondiscendere. “Ma fossi in te non abbasserei mai la guardia: non è stata forse lei ad insegnare a Winry a colpirti con le chiavi inglesi in testa a qualsiasi distanza tu fossi, quando la prendevi in giro? E’ pur vero che è passato molto tempo… Probabilmente non ha più una presa sicura.” Recitò, compiacente.

Il mutismo di Edward, però, lo preoccupò. “Mame-chanscherzavo.”

 

“Dovrei…” si zittì. Deglutì. “Dovrei anche fare visita alla tomba di mia madre. E’ una vita che non ci vado.” Sussurrò, colpevole.

 

“Ci andremo insieme, vuoi?” propose il moro. “Tu, io e Tora.” Gli fece cenno di sedersi sul divano, e gli circondò le spalle con un braccio. “Amestris resisterà due o tre giorni anche senza di me.” Gli fece l’occhiolino, come a dire che il piano era pronto.

 

“Roy?”

 

Mh?”

 

“Non vorrai portarti dietro tutto il tuo staff, vero? Sai com’è… un intero corpo di guardia a Resembool metterebbe in agitazione l’intero villaggio.”

 

Il Comandante Supremo Mustang parve riflettere qualche istante. “Ci accompagnerà solo Riza, va bene?”

 

“Sì.”

 

“Ma nessuno deve sapere niente, ok?”

 

“Ok.”

 

Ecco qual era lo scotto da pagare per la celebrità.

Ogni sogno ha un prezzo, si ricordò.

 

 

Il pomeriggio del giorno dopo erano già sul treno, in una comoda carrozza privata prenotata sotto falso nome, diretti verso Casa Rockbell.

 

 

*****

 

 

Dopo l’incontro al camposanto, in cui aveva finalmente fatto pace col suo passato, Edward si trovava ora a dover fare i conti con qualcos’altro di altrettanto importante.

Mentre Roy si apprestava a condurre Tora nella rimessa, prima che distruggesse la cesta in cui era stato segregato, Ed rimase solo, nel cortile davanti casa.

 

Trovarsi davanti a quella dimora gli fece uno strano effetto.

Era la casa dove aveva trascorso gli infiniti momenti felici della sua infanzia, le merende in cucina, i guai in officina.

E poi… poi l’innesto e la terribile riabilitazione a cui si era sottoposto.

Zia Pinako aveva visto quella cosa. Era stata lei a sistemare le cose mentre Ed lottava tra la vita e la morte e Al era sotto shock per la trasmutazione fallita, rinchiuso in un corpo di latta che non era il suo.

 

Dopo sua madre, era tempo di rincontrare zia Pinako.

Sapeva di averla delusa, sapeva che lei non avrebbe approvato molte sue scelte.

Di una sola cosa non si vergognava. Ed era l’amore che provava per Roy.

Anche se poco prima al cimitero era parso titubante, era certo che la vecchia Rockbell desiderasse il suo bene più di ogni altra cosa, e quella felicità era accanto all’uomo che amava.

 

Sospirando – per prendere tempo o coraggio – allungò una mano per bussare, ma la maniglia si piegò prima che lui avesse tempo di afferrarla.

Si ritrovò d’un tratto abbracciato da due piccole pesti bionde che si erano aggrappate alle sue ginocchia, decise a non lasciarlo più. “Zio Ed! Zio Edo!”

 

Edward sorrise istantaneamente, accarezzando le testoline delle due gemelle.

Trisha, amore! Sarah, tesoro! Non date un bacetto al vostro zietto preferito?” chiese retorico, chinandosi alla loro altezza.

 

“Sì, sì.” Risposero all’unisono le bimbe, e si staccarono guardandosi attorno. “Dov’è lo zio Roy?”

 

Ed finse di non aver subito un duro colpo per quel tradimento così evidente del sangue del suo sangue. Storse il naso. E incassò.

“Adesso arriva.”

 

Era una cosa che proprio non capiva. Perché diamine tutta la popolazione femminile di Amestris si sentisse inspiegabilmente attratta dal suo uomo.

Persino le sue nipoti. Persino delle bambine.

 

Una vocina dentro di lui gli ricordò che anche Elycia era sempre stata innamorata del suo zietto preferito – dopo il suo amorevole papà, beninteso.

 

Roy riscuoteva un successo incomprensibile persino coi poppanti e – quando lui glielo faceva notare – l’altro si scherniva dicendo che aveva fatto pratica col tempo, visto che aveva a che fare con un bambino capriccioso ogni giorno.

 

La voce entusiasta del suo fratellino lo distolse dai suoi pensieri facendo capolino dalla casa.

Nii-san! Che bella sorpresa!”

 

“Al!” sorrise, andandogli incontro, dimentico del fatto che doveva avercela con lui per la storia del nome.

Era troppo bello riabbracciare ogni volta il suo nii-chan in carne ed ossa, perciò lo stritolò forte. “Stai diventando calvo!” Lo prese in giro, scompigliandogli la zazzera bionda. “La prole ti consuma?!” scherzò, dandogli delle belle pacche sulle spalle.

 

Alphonse sorrise a tuttotondo. “Non pensavo che l’idea di Roy-san avrebbe funzionato!”

 

Edward sbatté le palpebre. Era così confuso che aveva persino sorvolato sull’appellativo di rispetto che suo fratello si ostinava ad usare quando nominava il suo compagno.

“L’idea di…? Di cosa diamine stai parlando, Al?”

 

“Oh!, ah!” esclamò il minore degli Elric. E per un istante nella mente di Edward comparve una gigantesca armatura che sapeva trasmettere imbarazzo anche senza poter arrossire. “Ecco… vedi Nii-san…” temporeggiò, osservandosi intorno in cerca di aiuto, ma le figlie si erano già volatilizzate.

 

Edo tamburellò col piede sul legno della veranda. “Sto aspettando, e cerca di essere convincente!” lo ammonì, facendo intendere che aveva già perso la pazienza.

 

“Ecco, tu… tu non saresti mai tornato qui spontaneamente, e… e ci serviva una buona scusa e…” Al deglutì a vuoto. “La nascita del bimbo ci è sembrata… e Mustang-san ha suggerito di…” smozzicò, indietreggiando lentamente, sapendo che l’ira del temibile Alchimista d’Acciaio stava per esplodere.

 

“Al!” ringhiò infatti questi. “Hai usato tuo figlio come pretesto?!” lo accusò, scandalizzato.

 

Alphonse agitò freneticamente le mani davanti a sé, come gesto di scusa. “No, Nii-san!” Si affrettò a smentire. “Ci tenevamo davvero che tu venissi a conoscerlo!” e lo disse in tono così accorato che Edward capì all’istante che era sincero. “Ma tu sei così testardo!”

 

Per un attimo, un momento solo, Ed si sentì persino in colpa. Poi sbuffò, facendo sbollire l’arrabbiatura. “Resta il fatto che mi avete raggirato.” Gli appuntò.

 

“Era a fin di bene.”

 

“Già.” Ammise. “Prima sono andato sulla tomba della mamma. Avrei dovuto andarci già molto tempo fa.”

 

Fu la volta di Alphonse di passargli un braccio attorno alle spalle e di stringerselo contro.

“Va bene così, Ed. Meglio tardi che mai.”

 

“E… zia Pinako?”

 

“Lei non sa che sei qui. Non sapevamo quando e se saresti davvero capitato e non volevamo illuderla.” Poi vide l’espressione sconsolata sul volto del fratello maggiore e cercò di riparare. “Sarà contenta di vederti! Però, mi raccomando, vacci piano! Non vorrei che le venisse un accidente quando ti avvisterà!”

 

“Forse non dovrei…”

 

“A quest’ora le gemelle le avranno già detto che sei qui. Non hai più scampo.” Ma lo disse in tono leggero, spingendolo oltre la soglia.

 

L’abbraccio familiare di Winry fu la prima cosa che registrò, poi il sorriso soddisfatto di Roy e quello più discreto di Riza, mentre sorseggiavano un the che era stato loro offerto nell’attesa che i due fratelli Elric si chiarissero.

 

Pinako Rockbell se ne stava sulla stessa vecchia sedia a dondolo dei suoi ricordi. Quando lo vide, si sistemò meglio la pipa in bocca e mandò fuori una nuvoletta di fumo.

Era piccola e coriacea come la ricordava.

 

“Zia…”

Edward le si avvicinò titubante. E attese.

Probabilmente si sarebbe meritato un bello scapaccione, un ceffone come minimo, o un calcio nel sedere.

 

La vecchia si risollevò lentamente, tradita dagli acciacchi dell’età. Lo squadrò per un lungo, lunghissimo istante da sotto in su. Poi si cavò la pipa.

“Era ora.” Gli disse, con lo stesso tono con cui ci si ricorda di togliere una torta dal forno prima che possa bruciare.

 

Edo si chinò alla sua altezza, sentendo le palpebre pizzicare.

La vecchia Rockbell si lasciò circondare, ricambiando l’abbraccio del nipote.

 

“Scusami.” Le bisbigliò, avvolto dall’aroma di tabacco. Un odore che non aveva mai dimenticato.

 

“Lascia perdere.” Tagliò corto lei, separandosi e sistemandosi gli occhiali per nascondere un luccichio sospetto. “Quell’auto-mail va controllato.” Gli ingiunse, puntando un indice ossuto verso il suo braccio meccanico.

 

“D’accordo.” Accondiscese, aggrappandosi a quell’offerta di pace e sentendosi finalmente, infinitamente più leggero.

 

Fu un vagito improvviso a scuoterlo da quello stato.

Effettivamente, non aveva ancora avuto il piacere di vedere il motivo del suo viaggio.

 

Lanciò un’occhiata distratta a Roy, che se ne stava sul divano con le gemelle sulle ginocchia per farsi coccolare da lui.

 

Dalla stanza accanto fece capolino Al, che teneva in mano – con estrema delicatezza – un tenero fagottino che strillava senza posa.

 

“Ha dei bei polmoni, eh?” scherzò Ed, andandogli incontro.

 

“E adesso ha solo fame!” s’intromise Winry, sorridendo con materno affetto. “Vedessi quand’è arrabbiato!”

 

“Tutto suo zio!” scherzò Alphonse, dandoglielo in braccio.

 

Ed lo rimirò un istante, cercando di non farlo cadere anche se il neonato sembrava un’anguilla scivolosa mentre si agitava. Poi, nel momento esatto in cui sua madre gli infilava un ciuccio in bocca, come d’incanto il bebè smise di piangere e cominciò a succhiare avidamente.

 

Aveva i suoi stessi occhi dorati, radi ciuffetti biondi sulla minuscola testolina e un faccino dannatamente irresistibile. Ed non poté impedirsi di sorridere di riflesso.

 

“Ecco, finalmente, Edward!” annunciò Al, con orgoglio malcelato.

 

Edo rimase muto, limitandosi a cullare il nipote.

 

“Beh… Non dici niente?”

 

“Sto ancora aspettando di sapere come si chiama questa povera creatura.” Gli ricordò, lanciandogli un’occhiataccia.

 

Alphonse boccheggiò. “Ma… Edward!”

 

“Al, smettila di temporeggiare.” Lo dissuase. “Se ha il nome di papà e temi che ti picchi… beh, credo che sia tardi, no?”

 

“No, Ed. Tu non hai…”

 

La risata cristallina di Winry li interruppe.

Edo-chan, quello che Al non riesce a dirti è che hai tra le braccia Edward. Edward Elric.” Precisò. “Ma noi lo chiamiamo anche Junior.”

 

Le sue iridi dorate si dilatarono all’infinito, mentre guardava ora l’uno, ora l’altra.

“Gli avete dato… il mio nome?”

 

“Sì.” Annuirono entrambi. “E, pensa, non ci siamo neppure messi d’accordo. E’ stata la prima scelta fin da subito per tutti e due. Prima ancora delle gemelle.”

 

“Volevamo che nostro figlio si chiamasse come te, perché sei una persona che amiamo.”

 

“E, se non nasceva un maschietto, ci avremmo riprovato ancora.” Scherzarono, mentre le parole di Roy gli riecheggiavano dentro, facendogli sospettare che no, forse non era del tutto una battuta.

 

“Mi-mi sento onorato, ragazzi. Davvero.” Tartagliò, imbarazzato.

 

“Ed! Sei arrossito!” lo canzonò Win, additandolo.

 

“No! non è vero!” si difese con foga, pur sapendo che stava mentendo.

 

Il piccolo si rimise a frignare, spaventato dal suo tono o forse per richiedere attenzioni e cibo.

 

“Siediti sul sofà.” Gli consigliò l’amica d’infanzia. “Io intanto vado a scaldargli il pasto.” Le gemelline le corsero dietro, desiderose di poter essere volenterose sorelle maggiori.

 

“Ma come cavolo fa a scaldargli il pasto?!” domandò scettico, ricordando che Winry aveva allattato le bambine per lunghi mesi.

 

“A Junior non piace il suo latte. Usiamo quello in sintesi, perché si rifiuta di attaccarsi al seno.”

 

“Ah!” espirò.

I seni della sua manesca meccanica erano l’ultima cosa su cui Edward voleva dissertare, perciò lasciò cadere il discorso e si adagiò con attenzione affianco a Roy, lasciando che il compagno rimirasse il neonato.

“E’ bellissimo.”

 

“Già.”

 

“Toh!” Win ricomparve, porgendogli un biberon. “Dagli il latt-

 

“NO!” guaì, improvvisamente desideroso di defilarsi. “Il latte no!” e protese le braccia affinché qualcuno si accaparrasse il fardello.

 

Mustang, che era il più vicino, afferrò il bebè senza scomporsi, si fece dare il biberon e con naturalezza si mise a nutrirlo.

“Ha i capelli di Ed, gli occhi di Ed, e già odia il latte come Ed. Non è stato saggio dargli il suo nome!” meditò, con tono profetico. “Magari avrà pure ereditato il suo caratteraccio!”

 

E tutti risero, mentre l’oggetto delle loro battutine metteva il broncio.

 

Comunque non era da lui starsene zitto, senza replicare.

“Non mi sembrava che il mio caratteraccio ti abbia dissuaso dall’insidiarmi, e neppure la mia età, Taisa!” e calcò bene sul suo vecchio grado, con tono di ripicca. “Win! Tienilo alla larga dal piccolo. E’ un pedofilo, sai?”

 

“No, grazie.” Declinò laconico l’uomo, togliendo il biberon dalla bocca del suo terzo nipote per fargli fare il ruttino. E si finse oltraggiato, facendo poi una smorfia che sottintendeva compatimento. “Di Edward Elric, me ne basta e avanza uno solo!”

 

 

Fine



Disclaimers: I personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.

 

Note varie: Il titolo è stato una sofferenza. >____<

Si traduce con “Nome di cucciolo (di cane)” e l’ho scelto perché il piccolo Junior – quel tenero cucciolo che nella mia mente ho spupazzato di gusto – ha preso il nome dallo zio, il nostro cane dell’esercito preferito.

L’alternativa era “Pet’s Name” – “Nome del Cucciolo (inteso come bambino)” che tecnicamente è più corretto, però si perdeva il riferimento ai cani.

Abbiate pazienza. Alle tre di stanotte non ragionavo più.

 

Il colore riprende vagamente l’azzurro dei fiocchi che si appendono alle porte quando nasce un maschietto.

 

Venendo al capitolo… beh, ci sarebbe molto da spiegare (ad esempio di come Ed ha evitato così sapientemente Pinako per anni), ma ho intenzione di farlo con un capitolo apposito più avanti.

 

 

Precisazioni al capitolo precedente: Non mi sembra che dai commenti ci sia nulla da chiarire. In caso chiedete!

 

 

 

Un grazie alle 172 persone che mi hanno inserita tra i loro autori preferiti; ai 121 utenti che hanno messo questa fic tra le loro preferenze. Ne sono onorata (_ _)

 

Vi invito a dare un’occhiata alla mia prima fic su Merlin Doveri da scudiero.

Al momento sono accampata su quel fandom, in cui il mio animo slash gongola assai, e posterò presto nuove fic.

 

 

 

 

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