Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli: Capitolo 1: *** It's raining cats and dogs *** Capitolo 2: *** Piovono gatte (da pelare) *** Capitolo 3: *** Piovono cani (dell’esercito) *** Capitolo 4: *** La gatta sul tetto che scotta *** Capitolo 5: *** Qui gatta ci cova... *** Capitolo 6: *** My name is... Tigercat *** Capitolo 7: *** Cani dell’esercito in guerra: azioni di disturbo *** Capitolo 8: *** Cani da bastonare e ferite da leccare *** Capitolo 9: *** L'Aristogatto *** Capitolo 10: *** Non dire gatto... se non l’hai nel sacco! *** Capitolo 11: *** Un gatto non chiede, prende. *** Capitolo 12: *** Kiss the rain *** Capitolo 13: *** Can che abbaia... non morde *** Capitolo 14: *** Frozen November Rain *** Capitolo 15: *** Cuore di cane *** Capitolo 16: *** Mai svegliare il can che dorme! *** Capitolo 17: *** Gattamorta (a volte... ritornano) *** Capitolo 18: *** Quando adotti un cucciolo, preparati ai suoi guai… (omake n°1) *** Capitolo 19: *** M.I.A.O. ! *** Capitolo 20: *** Quando adotti un cucciolo, preparati ai suoi guai... (omake n°2) *** Capitolo 21: *** Lische di pesce e scheletri nell’armadio *** Capitolo 22: *** Quando adotti un cucciolo, preparati ai suoi guai... (omake n°3) *** Capitolo 23: *** Litigi fra cuccioli (Far Cagnara) *** Capitolo 24: *** Quando adotti un cucciolo, preparati ai suoi guai… (omake n°4) *** Capitolo 25: *** Gatto nero, gatto bianco. Al buio, tutti i gatti sono neri. *** Capitolo 26: *** Quando adotti un cucciolo, preparati ai suoi guai… (omake n°5) *** Capitolo 27: *** Da cane a cane: abbaio ufficioso *** Capitolo 28: *** A day without rain *** Capitolo 29: *** Rain Man *** Capitolo 30: *** Fire Man (I parte: Il gatto delle nevi) *** Capitolo 31: *** Fire Man (II parte: L’uomo del Fuoco) *** Capitolo 32: *** Fire Man (III parte: Attorno al Fuoco) *** Capitolo 33: *** Fire Man (IV parte: Il tartufo (con)gelato) *** Capitolo 34: *** Fire Man (V parte: Calori canini ed estri improvvisi) *** Capitolo 35: *** Fire Man (VI parte: Latrati stonati, guaiti e uggiolii) *** Capitolo 36: *** Fire Man (VII parte: Non si possono raddrizzare le zampe ai cani) *** Capitolo 37: *** Fire Man (VIII parte: Torna a casa, Lassie!) *** Capitolo 38: *** Come cane e gatta *** Capitolo 39: *** Chi si addormenta coi cani, si alza con le pulci *** Capitolo 40: *** Sleepy Dog *** Capitolo 41: *** Le ferite di guerra di un cane dell’esercito *** Capitolo 42: *** Cosa vuol dire ‘addomesticare’? *** Capitolo 43: *** L’orgoglio ferito di un cane dell’esercito *** Capitolo 44: *** La gatta frettolosa fa i gattini ciechi *** Capitolo 45: *** Agility Dog *** Capitolo 46: *** Stelle a quattro zampe e medaglie di riconoscimento *** Capitolo 47: *** Another Rainy Night (Without You) *** Capitolo 48: *** Black Rain – Pioggia Sporca *** Capitolo 49: *** Cane amoroso, sempre velenoso *** Capitolo 50: *** Cane ‘stecchito’ e Gatto ‘a stecchetto’ *** Capitolo 51: *** Dog Therapy *** Capitolo 52: *** Weekend al canile (I parte: Zampino canino) *** Capitolo 53: *** Weekend al canile (II parte: Piovono principessi bagnati e fagioli magici) *** Capitolo 54: *** It's raining - The Prequel *** Capitolo 55: *** Dog, Cat & Blue Moon *** Capitolo 56: *** Cane da riporto *** Capitolo 57: *** Canini felini *** Capitolo 58: *** Tanto va la gatta al lardo... *** Capitolo 59: *** ...che ci lascia lo zampino! *** Capitolo 60: *** Essere cane vuol dire fedeltà *** Capitolo 61: *** I cani ci insegnano ad amare; i gatti ci insegnano a vivere. *** Capitolo 62: *** Rainy Day Man *** Capitolo 63: *** Cat Therapy *** Capitolo 64: *** Cane Lupo *** Capitolo 65: *** Lingue di Gatto e Biscotti di Nonna Papera *** Capitolo 66: *** Rainy Memories *** Capitolo 67: *** Pesce gatto *** Capitolo 68: *** The Family Dog *** Capitolo 69: *** The Rainmaker *** Capitolo 70: *** Un osso duro da rosicchiare *** Capitolo 71: *** Puppy’s Name ***
Un’interpretazione alternativa al finale
dell’episodio n°13, ‘Fuoco contro Acciaio’.
Note: il seguente scritto contiene lievi
riferimenti yaoi. Per ulteriori
spiegazioni, vi rimando alla conclusione della fic.
Ragazzi/e, sono
davvero commossa! Ç___ç
Non avrei mai creduto che SSS potesse piacervi tanto… le vostre recensioni e le
analisi accurate sono state una botta di vita per la
mia autostima di writer.
Grazie di cuore!!(_ _) (Ely si inchina profondamente). Questa raccolta la dedico a voi,
Arkadio, Desy, Yoko_chan, Kayra, Yuki, Setsuka, Nacchan, _Ale2_, Be Mine, Fuuma, MiLiKa, Melchan, Onda, Rizafromkeron e Vocedelsilenzio.
Come sincero ringraziamento.
It's raining cats and dogs
-Piovono gattie cani, letteralmente-
(ovvero: Piccoli Randagi Trovano
Casa)
byelyxyz
Ed avanzava veloce nell’oscurità. Una ciotolina
di plastica in tasca. Mezzo litro di latte nascosto tra le pieghe
dell’impermeabile, e già sentiva quello spiacevole pizzicore allergico
prudergli persino sulla mano metallica.
Si guardava attorno, smarrito, provando a ricordare la
strada fatta qualche ora addietro.
Aveva ripreso a piovere, come quella mattina, e sentiva
l’umidità entrargli fin nelle ossa.
Era sgattaiolato fuori dal
dormitorio militare di nascosto. Al voleva stare un
po’ da solo, triste perché avevano abbandonato il gattino.
E la responsabilità era sua, ma che altro potevano fare?
Si sentiva in colpa, ed era per questo che adesso era lì,
sotto quel diluvio.
A cercare tra i viottoli di East
City, tra mille vie tutte uguali, quel vicolo anonimo, un po’ più buio degli
altri, perché ricordava di aver notato il lampione rotto riverberare le luci
della sera.
D’un tratto, quando stava cedendo allo sconforto, scorse la
carrozzina, col micetto tutto intirizzito. Nel
momento in cui lo riconobbe, la bestiolina si mise a
miagolare.
Edward si intenerì, ma lo sgridò
ugualmente. “Shhh! Smettila, o sveglierai il
quartiere…”
Gli fece una carezza sulla morbida testolina e questo si
zittì, quindi posò la scodella sul lenzuolo, versandoci in fretta un po’ di
latte, e poi nascondendo il contenitore come se fosse un tabù. “Per la
colazione di domani… se hai fame…” gli spiegò, pazientemente, accarezzandolo
un’ultima volta.
Il gattino annusò le sue dita sporche di latte, e gliele
leccò con la linguetta ruvida.
Ed sorrise. Dispiaciuto.
Prese un piccolo telo cerato, e lo adagiò sul tettuccio,
perché lo coprisse.
Era ora di un altro addio.
Deglutì a vuoto. Uno strano nodo in gola.
Si chiese perché fosse tornato lì. In fondo, era stata una
decisione sua, quella di abbandonarlo al suo destino, seppur a malincuore. Non
avevano altra scelta, lui ed Al. Non potevano tenerlo. Non sapevano a chi
darlo. Qualche vecchinabuon’anima
si sarebbe intenerita, e si sarebbe presa cura del cucciolo, che adesso piagnucolava
in modo straziante…
Fece per andarsene, ma il piccolo aumentò il miagolio.
Una delle finestre, sopra la sua testa, s’aprì cigolando.
Si sporse una figura, preceduta da delle colorite lamentele.
“E allora? La smettiamo?! Qui c’è… Fullmetal?!”
Edo alzò il viso in alto, ma la pioggia gli entrò negli
occhi e fece fatica a vedere…
“Colonnello!, che diavolo ci fa,
lei, qui?!”
“Dovrei chiedertelo io!” replicò seccato Roy Mustang,
sbattendo l’infisso con poca grazia.
Elric guardò la carrozzina e il suo
occupante. “Ci mancava solo questa…”
E si ritrovò il suo superiore di fianco, nel portone
d’entrata che – Edward non l’aveva notato – era poco
oltre a dove si trovava lui.
“Entra, muoviti!” gli ordinò, sporgendosi con un ombrello
verso di lui.
Acciaio lo guardò stranito. Fece qualche passo e poi ricordò
perché era lì.
“E lui?” chiese, indicando l’ingombrante carrozzina per
neonati dietro di sé.
Roy sembrò accorgersene solo ora. Nella penombra, Ed vide i suoi occhi dilatarsi. “Non ci sarà mica un bimbo?!”
“No. Un gatto.” Replicò il biondo, starnutendo.
Per un istante, l’Alchimista di Fuoco credette
che lo stesse prendendo in giro. Ma Fullmetal non
sembrava essere in vena di scherzi. E, visto come stava piovendo a dirotto, lui
non era certo dell’umore da spiritosaggini.
“Prendilo e muoviti.” Gli intimò, precedendolo dentro.
Edward afferrò l’animaletto per la
collottola e trasmutò il resto. Poi lo seguì, chiedendosi come cavolo c’era
finito in questo guaio.
“E così… lei abita qui…” constatò, senza troppa enfasi.
Giusto per riempire quell’imbarazzante silenzio. Se l’avessi saputo, col cavolo che...
“Solo finché non tornerò a Central
City.” Spiegò il militare, senza scomodarsi a guardarlo.
Salirono le due rampe di scale, che introducevano in un
piccolo appartamento.
Ed fu immediatamente colpito
dall’essenzialità del locale. Semplice, quasi spartano.
Non si aspettava certo questo, da un uomo borioso e
megalomane come Taisa Mustang, quanto invece
architetture fastose e arredi sfacciatamente appariscenti.
Fu invitato ad accomodarsi, quindi si sedette sul divano del
salotto col gattino in braccio, mentre il padrone di casa scompariva chissà
dove, col suo impermeabile zuppo.
Ricomparve poco dopo, con due asciugamani. Uno glielo offrì,
lanciandoglielo con poca gentilezza in testa, perché si asciugasse almeno un
po’, e l’altro lo strofinò delicatamente sull’animaletto infreddolito, che non
sembrava particolarmente felice d’essersi bagnato.
Roy sorrise. “Anche tu odi l’acqua, eh?!”
Edward si ricosse dai suoi borbottamenti
per quei modi cafoni, credendo che il più grande si stesse rivolgendo a lui, ma
ben presto capì che non era così.
Lo vide raccogliere la soffice palla di pelo e sedersi
accanto a lui, tenendolo sul grembo.
Una veloce grattatina, e l’animale
si mise a ronfare piacevolmente.
“Non è un cane.” Disse, serio.
“No. Non è un cane.” Ripeté Edo, ironico.
“Stamattina, il Sergente Maggiore Fury
ne ha trovato uno… Cos’è?! Oggi piovono cani e gatti?”
ipotizzò, tra il polemico e il divertito. “E’ la Giornata del Randagio e
nessuno me l’ha detto?!”
“Ho sentito che il Tenente Hawkeye
si è offerta di prendersene cura.”
“Mi piacciono i cani.” Ribadì Mustang, come se parlasse da
solo. “Già. Mi si addicono. Sono fedeli, servizievoli, intelligenti. Si
confanno alla mia scalata al potere.”
Edward si chiese se fosse serio o
meno. O, semplicemente, pazzo. Come, del resto, lui credeva da tempo. Tanto
valeva dargli spago…
“Ma i gatti hanno nove vite.” Obiettò. “Sono indipendenti,
fieri, calcolatori, subdoli, maestosi…”
“Uhm. Stai parlando di me o di loro?” s’interessò il
Colonnello, ghignando sarcastico.
“Io non le farei mai un complimento!” s’inalberò Acciaio, stizzito.
E l’altro preferì non infierire.
“Era questo l’animale che avrei ricevuto, se avessi perso il
nostro scontro?”
“Da chi l’ha saputo?” domandò Ed, sorpreso.
“Io so sempre tutto. Anche quando parli
male di me, alle mie spalle…” precisò, con un vago tono di avvertimento velato.Neanche poi tanto velato.
Il giovane Elric deglutì a vuoto.
Mustang scrollò le spalle, giocherellando col micio, e
riprendendo gioviale: “In ogni caso, ha poca importanza. Tuttavia… perché non
mi hai chiesto di tenerlo? Io ho effettivamente
perso la sfida.” Chiarì, senza rammarico. “E mettiamo in chiaro una cosa: non
ti dirò il perché… ma sappi che non ti avrei mai dato il colpo di grazia.”
Edo scosse la testa. “Mi ha già dato informazioni preziose
su Marcoh, quindi non potevo chiederle anche questo…
va contro il Principio dello Scambio Equivalente…”
“Fiero, calcolatore e maestoso.” Ripeté Roy, ignorando il
ragazzo. Fissò il gatto, sollevandoselo all’altezza degli occhi. Ricevette in risposta un lento miagolio di protesta. “Questa palla di
pelo non mi sembra niente di tutto questo. Ma mi piace pensare che potrebbe
diventarlo, col mio aiuto, ovviamente. Saprò pazientare…”
“Vuole dire che…” non osava sperare tanto. Al ne sarebbe
stato entusiasta!
“Significa che io prendo in consegna questo sacco di pulci,
ma – per la sopraccitata Legge, che entrambi conosciamo -, ogni mese detrarrò
personalmente dal tuo stipendio le spese per il suo mantenimento.”Concluse, serafico.
“Dannato Taisa!” s’infervorò il
più giovane, masticando un paio di improperi. “Credo di non avere altra
scelta…”
“Ottimo! Allora è deciso. Adesso io vado a farmi un bagno,
si sta facendo tardi.”
“Scusi. Ora tolgo il disturbo...”
“Alphonse sa che sei qui? Non sarà
in pensiero?” chiese il Colonnello, guardando l’ora.
Ed si stupì di quella premura
inattesa.
“Non sa che sono venuto.” Si giustificò. “Era triste e arrabbiato
con me, per il gattino. Quando fa così è meglio stargli alla larga per un po’.
Domani mattina sarà tutto come prima...”
“Lo conosci davvero molto bene…” ravvisò.
“E’ mio fratello. Non c’è giorno che io ricordi
d’aver passato senza di lui.” Sorrise, e Roy riconobbe che addolciva lo
sguardo, quando parlava di lui.
Se ne scoprì irrazionalmente geloso. E di desiderare, almeno
una volta, quel sorriso per sé.
“Se non hai fretta, puoi restare qui finché la pioggia non
cesserà o, almeno, diminuirà.” Gli suggerì sbrigativo,
con l’impellente urgenza di non averlo più così vicino, di ristabilire le loro distanze.
“…e di’ a tuo fratello che può venire a vedere il gatto
quando vuole…”
Quindi scomparve verso il bagno e le stanze private, senza
attendere un ringraziamento.
Acciaio si riaccomodò sul divano. Il micio gli zampettò
contro, pronto a ricevere una buona dose di coccole.
Non s’era accorto di quanto fosse
stanco. In fondo, era stata una giornata pesante, quella. Il viaggio per
arrivare a East City. La prova annuale. La
ristrutturazione del piazzale delle esercitazioni. Il vagabondaggio con Al, e poi da solo.
Per una volta, avrebbe ringraziato la sua buona stella per
averlo messo sulla strada di quell’insopportabile Taisa. Bastava non farci l’abitudine, però.
Finché era sotto la doccia, poteva anche rilassarsi. Due
minuti, comunque. Solo due minuti.
Mustang uscì dalla vasca da bagno quasi un’ora dopo. Era
distrutto.
Lo scontro con Acciaio e il rifacimento della piazza senza
l’uso dell’Alchimia erano stati massacranti. E forse s’era appisolato un po’,
nel tepore dell’acqua calda.
Sbadigliando, tese l’orecchio. Dal salotto non proveniva
alcun rumore.
Non si aspettava certo di sentire quel marmocchio
chiacchierare animatamente col felino, ma sembrava non ci fosse più anima viva.
Per fortuna.
A volte, gli uscivano strani pensieri su quel nanerottolo
piantagrane. Pensieri pericolosi. Per
la sua pace mentale, almeno.
Ad ogni modo, se n’era andato. Perciò il problema non si
poneva neppure.
Uscì quindi con calma. S’asciugò con lentezza e precisione,
poi s’infilò un paio di pantaloni del pigiama e si diresse scalzo in sala.
Le luci erano ancora accese.
Edward dormiva saporitamente, raggomitolato
sul divano, e il gattino acciambellato contro di lui.
Roy stiracchiò le labbra, in un qualcosa che sapeva di
tenerezza.
Prese un plaid leggero e li coprì, poi spense la luce.
Nella penombra che giungeva dal corridoio, cercò la
bottiglia di vino da degustazione e il calice panciuto adagiati sulla mensola,
prima di quel fuori programma.
Si sedette, sospirando, sulla poltrona davanti al sofà.
Era stanco, ma poteva regalarsi qualche minuto di pace.
Un raro momento, in cui quel vulcano alto un metro e uno
sputo se ne stava zitto e quieto.
E a lui piaceva avere compagnia senza dover intrattenere
nessuno.
Lo faceva sentire meno solo.
Verrà mai il giorno in
cui desidererai stare con me... e non sul mio divano?
Finì anche l’ultimo sorso. Gli augurò una silenziosa
buonanotte.
E se andò a dormire, dove il suo letto lo reclamava.
Fine
Disclaimers: I personaggi citati
in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna
forma di lucro, da parte mia.
Note: è la prima volta che mi
cimento in una raccolta e questo è il primo di tre capitoli. Ma non ne escludo
altri, in futuro.
Il titolo è una locuzione inglese comunemente usata, che
equivale al nostro ‘piove a catinelle’, ma il nostro
Roy ci dà una valenza letterale, come abbiamo visto. ^___^
Poiché mi è stato chiesto, è bene chiarire (grazie, Desy!)
che la scritta rossa iniziale sugli accenni yaoi
riguarda anche le storie che sono catalogate shonen-ai,
in quanto NON etero. Per precisa richiesta
dell’amministrazione di EFP, applicata qualche anno fa, ma che molti,
soprattutto tra i neofiti del sito, non sanno.
PS x Rizafromkeron: in SSS
non ci vedo un rapporto d’amore tra Roy e Maes. Non
era mia intenzione dare questa sfumatura. In questa particolare storia, li ho
immaginati molto legati, come amici, quasi come fratelli. E credo si possa dire
“Ti voglio bene, mi manchi” anche ad un amico, senza doppi significati. Accetto
cmq la tua interpretazione e i tuoi leciti dubbi al
riguardo.
Genesi della
storia: l’episodio 13 è forse quello che
ho visto più volte, finora. Mi piace particolarmente, che ci posso fare?! >.<
Però il finale è tristissimo, il gattino nella carrozzina che viene abbandonato, mentre il cagnolino trova una casa… da
tempo ci pensavo, e ora mi sono divertita a dare corpo a quest’idea.
Come sempre, sono graditi commenti, consigli e critiche.
Il seguente scritto contiene lievi riferimenti yaoi.
Dedicata a chi ha commentato il
primo capitolo della raccolta.
Con sincero affetto.
Piovono gatte (da
pelare)
byelyxyz
Una carezza umida, sul collo, seguita da tanti piccoli bacetti veloci.
Roy uscì dalle maglie del sonno, per vagare nel limbo del
dormiveglia.
Ricordava ancora abbastanza distintamente la bionda
prosperosa con occhioni da cerbiatta, che aveva sedotto
al bar, la sera prima. Possedeva due labbra che chiedevano solo di… di…
E lui aveva cercato disperatamente qualcosa o qualcuno che
non lo facesse pensare, almeno per un po’, ad un’altra
testa bionda, a due occhi dorati… ad un desiderio proibito.
Si era quindi consolato come poteva, e le sue arti amatorie
lo avevano allietato sin quasi all’alba… ma, evidentemente,
quella micetta in calore non era ancora sazia…
Piacevole. Il dolce peso sul suo torace, sentiva la sua bocca
mordicchiargli l’orecchio, con i suoi denti inaspettatamente affilati. Un morso
e una leccata ruvida sul pomo d’Adamo.
Ma lui era stanco. Aveva ancora sonno. Affondò le dita sulla
chioma vaporosa, allontanandola bruscamente da sé.
“Non ora, Sandy... ops… Mandy…” si corresse.
Un attimo di pausa. Poi sentì solo un acuto dolore.
“Colonnello, che ha fatto al naso?”
“Sembra… sembra un morso!”
“E quei graffi sul collo?!”
Ed sghignazzò tra sé, quindi lo
guardò ipocritamente carezzevole: “Ha scordato la colazione del suo gatto, stamattina?”
Fine
Disclaimers: I personaggi citati
in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna
forma di lucro, da parte mia.
Come sempre, sono graditi commenti, consigli e critiche.
Edward, stretto nell’impermeabile fradicio, percorse lentamente il
vicolo buio e si fermò
Drabble.
100 parole esatte.
Il seguente scritto contiene lievi riferimenti yaoi.
Dedicato a chi ha commentato i
precedenti capitoli della raccolta.
Con sincero affetto.
Piovono cani (dell’esercito)
byelyxyz
Pioveva.
Edward, stretto nell’impermeabile
fradicio, percorse il vicolo, fermandosi poi contro il palazzo.
Congiunse le mani e comparve un’altra carrozzina.
La guardò con tristezza e disagio.
Niente latte, stavolta. Tanto non sarebbe servito.
Un basso miagolio si elevò, dapprima timidamente, quindi
sempre più forte, disperato.
Una luce s’accese, al secondo piano
dello stabile, l’unico abitato.
Roy Mustang fece capolino dalla finestra, con aria alquanto
seccata.
“Insomma! Un’altra volt-” s’interruppe.
“Fullmetal! Che diavolo ci fai, lì dentro?!”
Ed abbassò il tettuccio della culla, bagnandosi il naso di
pioggia.
“Ho litigato con Al,emi serve un posto
dove passare la notte…”
Fine
Disclaimers: I personaggi citati
in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna
forma di lucro, da parte mia.
Che dire… i commenti al capitolo precedente mi hanno un po’
sorpresa… soprattutto quelli in pvt: tutte/i a
massacrare il povero Roy, che – per quanto deprecabile – sta già male di suo,
perché non può avere Ed… ad ogni modo, il micio lo ha punito a dovere… avete
presente quanto possono essere affilati e appuntiti i dentini e le unghiette di un cucciolo?! ^____^
Soffri, Roy, soffri… è_é
Ho sghignazzato un sacco immaginando la sua faccia, quando in ufficio i suoi
sottoposti gli hanno chiesto cos’avesse fatto… e poi Ed
gli dà la stoccatina finale… ^____^
Non so se vi farà piacere, ma questo (che in origine
chiudeva la trilogia) non sarà l’ultimo capitolo di It’sraining. Mi sono venute tante ideuzze
da scrivere, tristi e comiche, magari romantiche…
Ma vi avverto già da ora che non seguirò una successione cronologica nella
storia. Sennò, che raccolta è?!
E quella sguald… bionda procace… non tornerà, ma
altre tettone sì, quindi preparatevi…
Come sempre, sono graditi commenti, consigli e critiche.
Comincio chiedendo perdono per
il ritardo, abbiate pazienza, ma sto lavorando per voi! ^__=
Anche se già anticipato, è bene
ricordare che questa raccolta non segue un ordine cronologico degli eventi,
(altrimenti sarebbe stata una semplice storia a capitoli! ^__^) e che quindi,
se vi rimangono dei dubbi, saranno chiariti… prima o poi… ^^’’
Un’ultima cosa: questo capitolo
si svolge più o meno un anno dopo l’inizio della vicenda, in quel famoso ‘whatif?’, Mustang è di stanza
stabile a East City e ci rimarrà ancora per
parecchio, …e non credo che Roy e Edward siano OOC.
Semplicemente, in questi mesi hanno avuto modo di smussare qualche spigolo fra
loro, ma neanche tanti… restano comunque due testoni! >.<
Il seguente scritto contiene lievi riferimenti yaoi.
Dedicata a voi,
che avete letto e
commentato.
Un grazie di cuore.
byelyxyz
“Taisa… ma dov’è finito Tora?” chiese Ed, guardandosi intorno distrattamente, dopo
avergli consegnato il plico da recapitare.
Generalmente trovava quel pacifico gattone
acciambellato sul divano, sopra il suo cuscino preferito, intento a
sonnecchiare saporitamente.
“Credo sia entrato nello studio. Vai a vedere, se vuoi.” Gli
consigliò il Colonnello, reprimendo a fatica la gioia per quell’improvvisata.
Ok. Acciaio gli aveva portato
dell’odioso lavoro a casa, scartoffie da controfirmare entro le 8 del mattino successivo,
ma era troppo contento che Edward fosse lì, per
rammaricarsene.
“Non c’è!” lo sentì dire, dalla stanza in fondo al
corridoio. Quindi decise di seguirlo.
Lo trovò rannicchiato davanti all’imponente libreria che
conteneva i tomi dei suoi anni di studio, sull’Alchimia, soprattutto, ma non
solo.
“Ma non stavi cercando il gatto?!”
gli domandò, sorridendo, con una punta di ironia.
“Non c’è!” si difese Ed, piccato. “…e questo libro non l’ho
mai letto…” sussurrò, sfilando con l’indice ogni testo del primo scaffale, senza
distogliere gli occhi dalla fila di volumi. “E neanche questo.” Considerò fra
sé, sottovoce.
“Potrei…” prestarteli?
“Potresti venire qui a leggere quando e quanto ti
pare, nessuno ti disturberebbe…” si corresse, modulando, per quanto possibile,
la propria voce in un tono disinteressato.
Edo sollevò di scatto la testa verso di lui. “Davvero?!” chiese, speranzoso, con candida ingenuità.
Roy si sentì dannatamente bastardo, per quello che stava facendo… ma si prospettava un’occasione più unica che rara,
per poter stare un po’ con lui, e magari aver la possibilità di conoscersi un
pochino meglio… quindi sollevò le spalle per schernirsi: “Beh, te l’ho appena
proposto… ma sono molto geloso dei miei manuali, sono rari e costosi… non
devono uscire da questa casa.” Chiarì, sentendosi in colpa; perché era vero,
sì, ma non del tutto.
Possedeva tomi ricercati, se non addirittura introvabili, e
li custodiva con cura, ovviamente; ma non ci perdeva certo il sonno, se uno si
sgualciva un po’. Quando Elyciaaveva
rigurgitato la pappa sopra alla sua copia originale del ‘Trattato
Alchemico: Compendio Arcano’, Maes
aveva passato un brutto quarto d’ora, ma poi c’aveva messo una pietra sopra…
Tuttavia, quell’espediente poteva
rivelarsi un buon alibi, anche se si sentiva sempre più meschino.
“L’ultima volta che ho prestato uno dei miei libri, è
rimasto irrimediabilmente rovinato, a causa dell’incuria del Tenente Colonnello
Hughes. Quindi mi sono ripromesso che nulla più
sarebbe uscito da quella porta.” E indicò una
simbolica uscita.
Inaspettatamente, Ed gli diede
ragione. Da grande estimatore di rarità, e ammuffito topo di biblioteca, non
poteva che convenire con lui, sul rispetto religioso che si doveva portare ad
ogni opera cartacea di valore, soprattutto se poteva ampliare il suo Sapere.
“Beh, te l’ho detto… vieni quando
vuoi…” ribadì Mustang, improvvisamente in imbarazzo.
Era addestrato a discutere con Acciaio fino allo sfinimento,
era avvezzo a stuzzicarlo per fargli perdere le staffe… ma
non era abituato a vederlo così mansueto, e concorde.
Si guardò quindi attorno, in cerca di un qualsiasi,
possibile diversivo… in quel mentre gli sovvenne il loro obiettivo primario.
“Stavamo cercando il gatto…” ricordò al giovane, che si rialzò pigramente,
faticando a staccare gli occhi bramosi dallo scaffale delle meraviglie.
“Eh? Ah! Già…” rispose, infatti, distratto.
Roy sollevò gli occhi al cielo, sbuffando divertito per le
reazioni dell’altro. E fu in quel momento che capì.
“E’ uscito dal lucernario.” Disse, additando la botola semiaperta
che conduceva al tetto.
Edward si riscosse definitivamente
dalla sua passione, per dargli retta.
“Non l’avevo notato.” Ammise. “Ci va spesso?” s’interessò.
“Mai stato, che io sappia.” Rispose l’uomo.
“Non lei! Il gatto!!” s’infervorò
Edo, esasperato.
“Appunto! E io che ho detto?!” si
difese, risentito. “Vai a controllare…” gli ordinò.
“Perché io?!” protestò il biondo, contestando
il comando.
“Perché lassù è stretto e tu sei più picc-”
riprese. Mossa infelice.
“CHI E’ COSI’ MINUSCOLO DA PASSARE PER LA
CRUNA DI UN AGO?!”
sbraitò il giovane Elric, e Mustang non poté far
altro che osservare, inerme, la sua sfuriata.
La cosa non stava prendendo una bella piega. Ritentò, più
democratico, ma senza dare l’impressione di voler cedere. “Perché sei più agile
di me…” lo lusingò “E perché sono un tuo superiore e i miei ordini non si
discutono!” chiarì, asciutto. Imponendosi un contegno doveroso che ristabilisse
i ranghi.
Edward sbuffò seccato. Ma non
replicò, stavolta.
Forse perché si era ricordato della preziosa libreria di
poco prima, o forse solo perché, in quanto militare, doveva rispetto al suo
superiore.
Attese quindi che Roy s’allungasse
per catturare la scaletta pieghevole in metallo che permetteva la risalita,
indi s’inerpicò piolo per piolo.
Sbucò direttamente sul tetto. “WOW!!”
si lasciò sfuggire, assurdamente meravigliato da quello spettacolo. Il cielo
era una coperta blu, incredibilmente puntinata d’oro.
Forse grazie alla mancanza della luna, ma non ricordava neppure più l’ultima
volta che aveva visto uno scorcio così bello da mozzare il fiato.
“Lo hai trovato?” gli chiese la voce del Colonnello dal
basso, attutita dalle pareti.
“Non ancora…” temporeggiò, sondando i comignoli e le tegole.
Affinò l’udito, e gli parve di sentire il miagolio familiare provenire dalla parte
sul retro del tetto, oltre la cima, e che quindi non poteva vedere. Riusciva
però a riconoscere che era un lamento strano, in qualche modo urgente, come un
richiamo. Non certo uno di quei ronfare d’apprezzamento che gli regalava,
quando faceva le fusa.
“Lo sento piagnucolare, ma non so raggiungerlo…” decise di
informarlo, stabilendo su come procedere.
“E che diamine aspetti?!” lo sentì
protestare. “Potrebbe essere in pericolo, oppure non sa come scendere!” lo
redarguì, con una punta di preoccupazione.
Anche se in parte infastidito dal
rimprovero, Ed riconobbe la sincera ansia di Mustang. Nel corso di quei lunghi mesi,
s’era davvero affezionato a Tora… quindi soprasedette.
“Vedo cosa posso fare!”
“Edward?” lo richiamò il
Colonnello.
“Nh?!”
“Vai in perlustrazione? …stai attento a non scivolare…” si
raccomandò.
Edo abbozzò un sorriso, per questa sua premura. Si poteva
criticare Taisa Mustang su infiniti fronti, ma non si
poteva certo dire che non si preoccupasse dei suoi sottoposti.
Si arrampicò sui lamierini, saggiandone la scivolosità.
Quindi procedette adagio, per non slittare.
Qualche minuto dopo, la testa mora di Roy fece capolino poco
dietro di lui.
“Allora? Pensi di farcela?” l’incalzò, impaziente.
“Vuole per caso venire lei quassù, al posto mio?!” replicò, in una finta provocazione.
“Non ci penso nemmeno! Manco morto!” reagì il Colonnello, con
fin troppa foga.
Sul viso di Ed si spalancò un
gigantesco ghigno, l’irritazione passata di botto.
“Non mi dica che soffre di…”
“Vertigini, sì. E adesso che lo sai, muoviti!” lo sollecitò,
energico.
“Scherza?! E perdersi una vista così stupenda e rara?” lo
provocò il biondo, con una punta di sadico piacere, ripensando un po’ ai vecchi
tempi...
“Non sono in vena di romanticherie!” protestò il militare,
lievemente isterico.
“Suvvia, Colonnello…” tentò Acciaio, mellifluo. “Sfoderi il
suo proverbiale coraggio da Ufficiale
e mi raggiunga…”
“Scordatelo!”
“Vuole che tutta la sua Unità venga a saperlo?” rincarò,
addolcendo subdolamente il tono. “Perché è quello che avverrà se non-”
“Piccolo bastardello, aspetta che
ti acchiappi, e ti incenerisco!”
Edo sorrise di gusto. Erano sempre così stimolanti i confronti col suo Taisa...
“Animo, Colonnello! Vengo a darle una mano…” e rifece il
breve percorso in senso contrario.
Roy lo attendeva, adirato, con solo il busto a spuntare
dalla botola.
“Non ci salgo.” Ripeté cocciuto.
“Sì che può farlo.” Lo corresseElric, stavolta con tono gentile, senza ironia.
Gli allungò la mano sinistra, che l’altro fissò tentennando,
poi la afferrò di scatto. Come se fosse una competizione.
Con Fullmetal, tutto era una sfida.
E – per la miseria! – perché quel moccioso aveva tanto ascendente su di lui?!
…era il suo punto debole, oramai.
Si maledì per il suo orgoglio, ma non cedette e, anzi,
rafforzò la stretta.
“Ecco, bravo.” Lo lodò Edward. Come se improvvisamente
avesse a che fare con un bambino spaventato. “Avvicinati con cautela, un passo
piccolo alla volta...” Ed egli eseguì.
Non s’era quasi accorto del cambio di registro, improvvisamente
confidenziale. Ma ormai era cosa fatta.
“Allunga fuori prima un piede, e poi l’atro.”
Edo percepì i muscoli dell’altro fremere per la tensione,
sotto il leggero strato della camicia.
Quando si staccò definitivamente dalla scala, lo sentì
tremare.
“Siediti sul laminato... ecco… bravissimo.”
Lo gratificò nuovamente, accomodandosi al suo fianco.
Roy emise un lunghissimo sospiro di momentaneo sollievo. Aveva vinto. Ma, come era ovvio, non
riusciva a rilassarsi. I sensi vigili e pronti al pericolo. Pericolo che non
era reale, ma solo una sua innata fobia.
Solamente allora s’accorse che la mano di Ed era ancora nella
sua. E anche l’altro se ne rese conto.
Arrossirono, per un qualche atavico pudore violato.
E dovette separarsi da lui, a malincuore.
Inspirò a lungo, cercando di calmare il battito furioso del
suo cuore, per quel doppio fuori-programma.
Il tepore che ancora avvertiva a scaldargli le dita. E
quella scalata titanica sul tetto.
“Distenditi sulla schiena, chiudi gli occhi e aspetta un
po’.” Gli suggerì Elric,
pacato. “Ci sono qui io, non scivolerai.”
E lui attuò quanto richiesto.
Si concentrò sul frinire delle cicale, in quella notte di
fine estate, e sull’improvviso miagolio in sottofondo, che gli ricordò perché
erano finiti lì.
Spalancò gli occhi di scatto: “Il gatto!”
“Tora sta benissimo, sta giocando
con un altro gatto.” Lo rassicurò Edward,
sdraiandosi a sua volta, fianco contro fianco, come se bastasse ad instillargli
un’infantile idea di protezione.
“E allora perché mi hai trascinato fin quassù?”
“Perché una notte così bella meritava di esser vista.”
“…già.”
E per la prima volta Roy si concesse di respirare
liberamente, lasciando vagare lo sguardo sulla volta celeste, e percependo il
gradevole tepore dei lamierini tiepidi sotto la sua schiena, quel calore che
attraversava la stoffa della sua camicia e che, in contrasto con la brezza
fresca della tarda sera, lo faceva rabbrividire piacevolmente.
“Si sta bene, qui.” Sussurrò piano, quasi temendo di rompere
l’incanto.
S’arrischiò a voltare piano il capo verso il compagno. Edo
fissava rapito il firmamento puntinato.
Probabilmente non l’aveva nemmeno sentito.
“…sono solo mucchi di gas caldissimo… ma
sono così belle.” Replicò invece
l’altro, con lo stesso tono sereno.
Allargò il palmo della mano sul laminato, cercando ancora
quel calore, così simile alla stretta di Ed, ma nello stesso tempo così diversa.
Il sole cocente di quella canicola si era impresso nel rivestimento, e forse
solo all’alba si sarebbe stemperato, in attesa di un
nuovo bagno arroventato.
“Non l’ho vista… ma tu puoi
esprimere un desiderio…” lo sollecitò, accondiscendente.
“E’ estremamente irrazionale affidare le proprie ambizioni ad
una scia luminosa di particelle rocciose sgretolate nell’atmosfera.” Fu la replica glaciale del più giovane, che si era riaggrappato alle sue certezze scientifiche, anche per
ristabilire inconsciamente le distanze tra loro, in quella notte così strana.
“Esprimi un desiderio e basta.” Ripeté invece il Colonnello.
Ma non venne ascoltato.
“Si sta facendo tardi, vado a prendere Tora…”
lo informò Edward, risollevandosi.
Mustang fu lesto ad aggrapparsi alla sua maglia. “Non penserai
di lasciarmi qui da solo!”
“E che alternative ho?”
Roy dilatò le pupille.
“Vengo con te!”
E, girandosi prono, strisciò con lui verso la sommità,
finché non individuarono i due felini.
Il FlameAlchemist
si gustò la scena per un momento, poi esclamò divertito. “E’ arrivata la
primavera anche per il nostro amico!”
“Ma se siamo a fine estate?!” lo
contraddisse il suo sottoposto, chiedendosi se la paura dell’altezza non
l’avesse traumatizzato più del dovuto. “E poi cosa c’entrano le stagioni?!” lo interrogò, scettico. “Vede: stanno giocando, lui e quell’altro gatto!”
“Ed… si stanno accoppiando…”
lo corresse, senza impedirsi di far fiorire un ghigno
malizioso. “Ma è pur sempre un gioco
piacevole, se vogliamo metterla in questi termini…”
Edward arrossì di botto,
sentendosi un maniaco guardone.
Roy si ritrasse, senza apparire turbato. “E’ la natura,
lasciamo che faccia il suo corso…” dichiarò
filosofando. “Rientriamo in casa. Ritornerà da solo.”
Racimolando tutto il suo coraggio e un pizzico di follia, fu
lui a trascinarsi dietro un Elric deliziosamente
imbarazzato.
E, mentre la notte seguiva il suo cammino, i due scomparvero
nella botola.
Fine
Disclaimers: I personaggi citati
in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna
forma di lucro, da parte mia.
Note: per le definizioni
scientifiche di stella e stella cometa, ho ripescato diverse fonti nel web, in
particolareWikipedia, l’enciclopedia libera.
Il titolo del capitolo è un omaggio all’omonima opera
teatrale e ai seguenti film remake.
L’ho scelto perché, oltre a sposarsi perfettamente con la mia idea della trama,
l’intera vicenda originale ruota attorno ad un amore gay represso.
Si pensi che, per non incorrere nella censura, la trama venne
completamente stravolta, per nascondere questo ‘piccolo’ cardine della vicenda.
Tutto questo mi ha fatto pensare a Roy, e al suo difficile amore one-side per Edward. Alle mille difficoltà di accettare questo
sentimento, e ciò che esso comporta.
Credo ormai sia chiaro che ogni titolo di questa raccolta
va preso alla lettera! ^___^
Come sempre, sono graditi commenti, consigli e critiche.
Flash-fic
ambientata circa un paio di mesi dopo il capitolo IV.
Il seguente scritto NON contiene lievi riferimenti yaoi. Ma il resto della trama sì.
^^
A Setsuka,
per aver vinto un inesistente concorso a ‘Indovina il prossimo titolo e la trama’.
E a Mistica, per la
fedeltà.
E a ciascuno di voi, miei lettori.Che
siete il sale delle mie giornate.
byelyxyz
Ufficio del
Colonnello Mustang.
Ed bussò due volte, quindi entrò
nella stanza.
“Mi ha fatto chiamare?”
“Sì, Fullmetal. Accomodati. C’è
una questione che devo discutere con te.”
Il giovane Elric si sedette di
fronte al Colonnello Mustang, dall’altra parte della scrivania di mogano.
“Stamattina, all’alba,
è venuta a farmi visita la signorina Rottherwall, che abita quattro case dopo la mia… hai
presente?!”
Un brivido freddo corse lungo la schiena dell’Alchimista d’Acciaio.
“Sì, è la simpaticavecchina che ti ha preso a bastonate, perché credeva
volessi scipparla…” gli ricordò, mentre un sorrisetto
divertito gli sfiorava le labbra.
Edo arrossì imbarazzato. Ma Roy ebbe il buon cuore di non
infierire.
“Ad ogni modo, si è presentata a casa mia, asserendo che Tora abbia compromesso
la sua illibata gattina Minù.”
Attese che Edwardassorbisse
la notizia. “Le prove a suo carico sono inconfutabili. Nel cesto che ha portato
con sé, c’erano una gatta color perla e due micini
tigrati, troppo simili a qualcuno di
nostra conoscenza…”
“E… e quindi?”
“La signorina ritiene che, data l’onta subita, io debba
prendere le mie responsabilità. Le nostre
responsabilità.” Si corresse. “A chi regaliamo i
cuccioli, una volta svezzati?”
“Non può rifilarli a qualcuno dei suoi sottoposti?”
“A te, per esempio?” Ironizzò.
Ma Ed lo fulminò con lo sguardo.
“Ma che simpatico...”
“Vivono tutti negli alloggi, e siamo a capo di prima.”
In quel momento squillò il telefono. Il Colonnello fissò con
odio l’apparecchio e rispose, sbuffando seccato per l’interruzione.
“No, Maes, ora non ho tempo di
sentire quanto è bella tua figlia. Richiama dopo.” E posò il ricevitore con un
tonfo secco.
Edward lo guardò stupito per quei
modi poco gentili. E l’altro si sentì in dovere di difendersi.
“Era il Tenente Colonnello Hughes,
che voleva... bah! Lasciamo perdere…” e scosse la testa, come a dire che
dovevano riconcentrarsi sul problema principale, e non sulla straordinaria bellezza
infantile della sua figlioccia…
“Hughes!!”
ripeté, sbattendo con forza la mano aperta sul tavolo.
“Intende dire…” azzardò il più giovane.
“Potremo regalare i micetti ad Elycia!”
“Ma il suo compleanno è in pieno inverno, fra molti mesi…”
fu la contestazione.
“Però ci vuole un mese e mezzo per il divezzamento, quindi
potrebbe fare al caso nostro… e se anche non lo fosse… ogni occasione è buona
per farle un regalo… Maes non rifiuterà, vedrai…”
spiegò, più sereno. “E poi… quel disgraziato mi deve ancora un favore!”
“Benissimo, allora!” decretò Edward,
risollevandosi, pronto a congedarsi.
“Ci vai tu a chiarire con Miss Rottherwall?”
s’interessò Roy, facendo rifiorire un ghigno bastardissimo. “Così appianate il
malinteso precedente...”gli
suggerì, falsamente amabile.
Lo sguardo torvo del suo sottoposto lasciava chiaramente
intendere come la pensasse al riguardo.
“Manco morto.”
Mustang scosse la testa divertito.
“Lascia perdere. Ci penso io.
E poi faremo due chiacchiere con quel gatto…”
“Ah!,Taisa…”
“Mmh?”
“Preferirei che Al non sapesse dei micini,
altrimenti…” lasciò cadere il discorso, allusivo.
Roy sorrise nuovamente ammiccando, in un modo che, se Ed fosse stato più smaliziato, avrebbe definito lascivo.
“Va bene. Sarà il nostro piccolo
segreto.” Acconsentì.
Fine
Disclaimers: I personaggi citati
in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna
forma di lucro, da parte mia.
Note: Credo ormai sia chiaro che
ogni titolo di questa raccolta va preso alla lettera! ^___^
E… anche se le gatte non covano…
questa di sicuro ha scodellato!
Come sempre, sono graditi commenti, consigli e critiche.
Note: il seguente scritto contiene lievi
riferimenti yaoi.
Ambientata la sera dopo il primo capitolo.
Con la partecipazione straordinaria di: MaesHughes.
Per ulteriori
spiegazioni, vi rimando alla conclusione della fic.
byelyxyz
Roy spalancò la porta del suo appartamento, facendosi da
parte, per far entrare il giovane EdwardElric carico come un mulo e palesemente provato.
“Non si scomodi ad aiutarmi, sa?” lo biasimò, infastidito,
posando a terra un enorme scatolone.
“Mi sembrava te la stessi cavando
alla grande!” si giustificò il Colonnello, con finta innocenza. “O preferivi
che ti dessi una mano… come si fa coi bambini…?” lasciò cadere lì, con
altrettanta sfacciataggine.
“IO NON SONO-”
“Shhh…” lo zittì Mustang,
indicando il divano. “Il micio sta dormendo.”
Ed lo fulminò con un’occhiataccia
tremenda, ma, quasi miracolosamente, non terminò la sua sfuriata. Si chinò sul
contenitore, elencandone il contenuto mentre lo
estraeva.
“E’ tutto ciò che mi ha chiesto di acquistare: una lettiera
per fare i bisogni… e questo glielo insegnerà lei.” Fu il suo turno di ghignare contro
il suo superiore. “Una spazzola per curare il pelo, qualche giochino, le
ciotole…” e le posò a terra, in un angolo. “Ecco qui il brr…
latte, i croccantini,
e le scatolette…
Guardi che la tengo d’occhio! Se vedrò che è denutrito, o triste
o…”
“Io mangio regolarmente, Edward, e
sono felicissimo, ma grazie
dell’interessamento.” Lo canzonò, divertito.
“Fosse per me, lei potrebbe anche essere sul punto di tirare
le cuoia, non potrebbe importarmene di meno…” lo freddò, accompagnando il
commento con un’aria disinteressata.
“Ahi!” si lamentò l’uomo, incassando il colpo, e posandosi
una mano sul petto “così mi spezzi il cuore…”
“Se fa un’altra battuta simile, le spezzo le braccia!” lo
avvertì, minaccioso.
No. Decisamente non
avrebbe mai avuto speranze con lui.
“Ma come siamo permalosi, stasera…” borbottò Roy,
dimostrandosi teatralmente ferito. Ma l’altro non si diede pena di dargli
retta.
“Merda! ho
scordato la sabbia per la cassettiera!” lo sentì infatti imprecare, rovistando
nervosamente nella grande scatola. Sbuffò seccato. “Intanto usi dei giornali…
gliela porterò domani sera…”
“Cerchi una scusa per venirmi a
trovare?” Insinuò nuovamente Mustang, che si divertiva un mondo a metterlo in
difficoltà, anche se quel piccoletto sapeva controbattere egregiamente.
“Certo che no! Meno la vedo, e meglio sto! Tuttavia ho
commesso un errore, e riparerò. Perché ho preso seriamente quest’impegno. E
dovrebbe farlo anche lei! …e, in ogni caso, è in prova! Non se lo scordi!”
“In che senso, scusa?” insinuò, dimostrandosi sospettoso.
“Nel senso che, glielo ripeto, se non fa il suo dovere… le
tolgo la custodia del gatto e me lo porto via.”
“Sembriamo un coppia di coniugi
separati, con l’affidamento congiunto del loro pargolo…” scherzò Roy, facendolo
arrossire.
Edward borbottò un paio di cose
assai poco carine al suo indirizzo, che lui preferì ignorare, rimandando la sua
stoccatina al momento opportuno. Occasione che non
tardò ad arrivare…
Edo si risollevò da terra, sbattendosi le mani dalla
polvere.
“Le ho portato le scorte di latte per una settimana, così
non potrà rifilarmi spese inesistenti sul mio conto personale.”
Il FlameAlchemist
assottigliò lo sguardo, in modo malevolo. Piacevole,
tremenda vendetta.
“Ma il mio gatto beve solo latte fresco! Vorrà dire che
glielo recapiterai personalmente ogni mattina…”
Le pupille di Ed si dilatarono di
sorpresa e sdegno. “Sta scherzando, vero?!” lo assalì,
adirato.
“Dovrei attraversare mezza East City
per dell’odiosissimo latte?! Se lo può scordare!!”
“Potrei ordinartelo…”
gli ricordò il suo Taisa, bastardamente.
“Mi rifiuto.” Replicò
Fullmetal, deglutendo a vuoto.
“Non si discutono gli ordini.” Gli rinfacciò, serio.
“Quelli stupidi, sì.” Lo contraddisse il più giovane,
tenendogli impudentemente testa.
“Potrei spedirti alla Corte Marziale per insubordinazione.” Lo minacciò.
“E poi dovrà spiegare il perché, ai suoi superiori.” Lo sfidò Ed, con spirito dissidente. “E non credo che
ordinare casse di latte rientri nel curriculum per diventare Comandante
Supremo…” lo infastidì.
“Ogni due giorni.” Propose il moro, diffidandolo dal contestarlo.
“Cinque.” Il tentativo di estorsione.
“Tre.” Concesse, riluttante.
“Tre.” Ripeté Edward, annuendo.
“Bene.”
“Benissimo. Affare fatto.” Rifece Acciaio, intestardito
nell’avere l’ultima parola. Ma anche Mustang con lui.
“Alla mattina.” Riprese questi, infatti. Sfidandolo a
contraddirlo.
“Pausa pranzo.” Rilanciò il più giovane, tenendogli testa.
Forse stava davvero consumando la sua buona stella.
“La sera.” Decretò Mustang, e dava davvero l’impressione di
non voler cedere nulla di più, per principio.
“…di sera.” Capitolò.
Uno a uno. Pari. Un buono scontro.
La tensione si dissolse all’istante, come se, fino a pochi
istanti prima, quei due non stessero facendo scintille. Ma quello stato di
grazia durò poco, difatti il micio si risvegliò miagolando, attirato dai loro
strepiti.
“Guarda! lo hai svegliato!” lo
accusò il Colonnello, polemico.
“E’ stato lei!” Lo incolpò a sua volta, sollevandosi sulle
punte, per sembrare più minaccioso.
Ma al gattino non sembrava importare poi tanto, perché si
mise a strofinarsi contro le gambe di Roy, e poi contro quelle di Ed, che lo
raccolse.
“Gli ha già dato un nome?” s’interessò, accarezzandogli il
pelo sotto la gola.
“Veramente no. Non ne ho avuto
tempo. Sono rincasato poco prima che arrivassi tu, e stamattina siamo usciti di
corsa… a proposito… Alphonse era ancora arrabbiato
con te, stamane?”
“No. Gli era già passata. E poi ha detto di ringraziarla da
parte sua, per aver accolto il gatto.” Disse,
controvoglia.
“Lui sì, che sa cosa sia la gratitudine!” gli rinfacciò.
“Non come qualcuno di mia conoscenza…” e lo squadrò, allusivo.
“Tzè!”
“Tuttavia… hai qualche nome da suggerire?” gli domandò il
moro, accomodandosi sul divano, e cercando di sotterrare l’ascia di guerra. L’altro
rimase in piedi, giocherellando con l’animale.
“Dovremmo anzitutto verificare cosa sia.” Suggerì Ed, saggiamente.
Roy scoppiò a ridere: “Di sicuro non è un cane!”
ma l’altro non sembrò gradire il suo umorismo. “Ti riferisci al sesso?” ne
parve francamente stupito.
Edo divenne deliziosamente scarlatto e annuì, imbarazzato,
distogliendo lo sguardo dal suo comandante: “Sì, quello.”
“Guarda che non è mica una parolaccia!” lo prese in giro, ma
ottenne l’effetto opposto, facendolo inalberare ancor di più. “E comunque credevo
lo sapessi! Continuavi a dire ‘il gatto di qua’, ‘il gatto di là’…”
“Se non lo potevo tenere, che senso aveva…?!”
rispose, piccato, sollevando il micio davanti a sé. “Ad ogni modo, è una gatta.
Non ha i…” e lasciò la frase a metà, imporporandosi nuovamente. Quindi
riabbassò in fretta la bestiolina.
“Si chiamano testicoli.”
Concluse Mustang per lui, godendosi il suo imbarazzo. “E non è sufficiente, per
esserne certi. Nei cuccioli di quest’età, devono ancora scendere.”gli spiegò, serio.
“Mi rifiuto di continuare.” Decretò Edward,
lapidario.
Roy sbuffò, un misto d’impazienza e sarcasmo.
“Dai qua, controllo io.” S’offrì, allungando le braccia
nella sua direzione.
“No!” Acciaio si scostò, anche se era ancora fuori dalla sua portata. “Ci sarà un altro modo!”
“Tipo... aspettiamo che ci scodelli la prima cucciolata?!” ironizzò, divertito.
“Cuccioli!” Ed parve ricordare
qualcosa, e s’avviò allo scatolone. “Mi hanno dato un opuscolo sui cuccioli, al
negozio…” lo prese e glielo porse.
Il FlameAlchemist
lo scorse velocemente. “Qui dice solo che le gatte hanno otto mammelle, per
allattare… mentre i maschi solo sei.”
“Ottimo! Questo è più semplice da verificare…” e sedette
accanto al militare, stendendo il gattino sulle ginocchia. I due
s’avvicinarono, incuriositi.
“Due, quattro, sei… Taisa… sono sette!”
“Non è possibile!” sbottò l’uomo, incredulo, fissando la
pancia pelosa.
Il piccolo felino non sembrò gradire particolarmente quell’ispezione, e iniziò ad agitarsi, soffiando in modo
comico.
“E’ un neo, Fullmetal. Sono sei.”
Decise.
Elric sollevò la mancina e
accarezzò la pelle del ventre. “Ma è in rilievo! Ed è identico agli altri!” lo
contraddisse, cocciuto.
Fu in quel mentre che il gatto si stancò delle loro
disquisizioni e sgusciò via, nascondendosi sotto lo zoccolo della massiccia
credenza.
Taisa Mustang non mancò di
farglielo notare.
“Te lo sei fatto sfuggire…”
“Non ha mica tutti i torti, povera bestia…” si limitò a
controbattere il più giovane, chiedendogli poi: “Non conosce qualcuno che abbia
esperienza e che ci potrebbe dare qualche indicazione?”
Ed egli parve riflettere.
“Forse qualcuno ci sarebbe…” e si allungò per prendere la
cornetta del telefono dal mobile di fianco a sé. Compose un numero e attese che
rispondessero dall’altro capo.
“Buonasera, Glacier! Sono Roy. Maes è in casa? Potrei parlare con lui? ...sì,
grazie.”
Edward lo vide attendere l’arrivo
del suo interlocutore.
“Ciao, Vecchio Mio! Senti… no. Non
ti ho chiamato perché ho saputo che a tua figlia è spuntato un nuovo dentino…
sì, Maes. Ne sono immensamente felice anche io, ma
ascolta… aspetta!... sì, mi manderai la foto, va bene…
senti… hai presente tua nonna Bertha?… pace all’anima
sua… lo so che mi voleva più bene di te, ma cosa c’entra adesso?!... Maes, che diamine! Fammi parlare!...
Ti ricordi che aveva quella mania di raccattare tutti i gatti randagi del
quartiere… bene, ecco… bravo. Vorrei sapere come si fa a sapere con certezza se
un gatto è maschio.”
Acciaio sghignazzò di gusto, vedendo il suo superiore così
in difficoltà, ma si preoccupò lievemente, quando lo vide sogghignare al suo
indirizzo, come a promettere rappresaglia.
“Benissimo. Ho capito. Aspetta un secondo. Ho qui, casualmente, il Maggiore Elric. Ripetilo anche a lui…” e gli passò
il ricevitore.
Edo fissò interdetto Mustang mentre,
confusamente, si sentiva il Tenente Colonnello Hughes
che urlava un indistinto “Eh!, bravo Roy!”
“Pronto?! Buonasera, signor Hughes…”
si fece riconoscere Ed.
E l’altro riferì anche lui, che arrossiva man mano che
accoglieva la notizia.
Roy se la godette tutta.
Quando il suo sottoposto gli ridiede la cornetta, si congedò
in fretta dall’amico, prima che ripartisse in quarta a tessere le lodi della
sua magnifica erede.
“Quindi...?” rilanciò,
indirizzandogli uno sguardo allusivo.
“Qui-quindi…” ripeté Edo, ancora
in parte scosso.
“Io lo acchiappo e tu soffi…”
“Se lo scordi!” replicò secco e granitico.
“Tu non ci arrivi a prenderlo…” gli fece notare, insinuando
sottilmente che le sue braccia fossero troppo corte.
“Ma io posso usare l’Alchimia!” reagì il minore, sfidandolo
a suggerire un’idea migliore. Ma non ebbe l’effetto sperato.
“Scordatelo! Vuoi distruggermi casa?!”
e non attese altre soluzioni, perché andò a scomparire sotto l’imponente
mobile. “Micio-micio…”
Se di lì a poco non avesse dovuto compiere un atto così
drammatico, Edward avrebbe certamente riso di una
situazione così assurda.
L’Alchimista di Fuoco se ne uscì un po’ malconcio,
impolverato e graffiato; ma teneva il cucciolo reticente per la collottola,
come un trofeo.
“Su! forza!” e sbatté con
malagrazia il suo pancino verso la faccia semisconvolta
di Acciaio. “Senza malizia e senza remore. Tu sei innocente e ingenuo. Manda
fuori un po’ d’aria!!”
Non ebbe modo di pensare se doveva
offendersi o meno, per quanto gli era stato appena detto. Ed eseguì e basta,
forse intimidito dal tono di comando che non ammetteva repliche.
“Un… maschietto. Ora
ne sono certo.” Dichiarò, sospirando, qualche istante dopo. “Ha il cosino.” Precisò,
infatti, lanciando all’uomo di fronte a sé un’occhiataccia torva.
Taisa Mustang ebbe la decenza di
non infierire. Forse perché capiva che Ed aveva già oltrepassato la soglia della
sua pudica sopportazione.
“Perfetto. Ora basta decidere un nome adeguato al cosino.” Si lasciò
sfuggire comunque, perché gli pizzicava troppo sulla lingua.
“Se lo chiama Mame-chan, la
strozzo. Giuro.”
Roy lo fissò, sarcastico. Ma il giovane Elric
non attese replica. “E poi mi mandino pure in Corte Marziale, ma almeno mi
toglierò questa soddisfazione!” e si aspettò un’adeguata risposta pepata.
Ma in fondo avevano litigato a sufficienza, quella sera,
realizzò il moro.
E gli sembrava quasi impossibile che, neanche 24 ore prima,
quel moccioso insolente stesse dormendo così pacificamente su quello stesso
divano, dove ora riposava lui.
“Niente nomi strani.” Propose, coscienzioso. “Né zuccherosi,
per carità.”
L’altro annuì, per la prima volta davvero concorde. E
intanto il micetto si era finalmente calmato,
lasciandosi coccolare. Fintanto che pensava, Edward
gli accarezzò il soffice pelo della schiena, percependo sulla propria pelle la
sua morbidezza.
“Ha davvero un bel colore…” realizzò, come se se ne fosse accorto solo in quel momento.
“Già. Tigrato.” Ne convenne Roy, osservando le sfumature con
attenzione.
Ed sollevò lo sguardo verso di lui.
“Potrebbe fare al caso nostro…”
“…Tora?”
“Non è male.”
“Sì. Non è male…” concordò.
Fullmetal si risollevò, lasciandogli
cadere il caldo fagottino in braccio.
“Allora è deciso.
Ma si è fatto davvero tardi, Al sarà in pensiero.” E
si avviò verso l’uscita.
“Acciaio?” lo richiamò, seguendolo a distanza.
Edo si girò verso di lui.
“Mmmh?”
“Grazie della serata stimolante.”
Ed sorrise. Un sorriso sincero.
“Con lei non c’è mai il rischio di annoiarsi!”
Il Colonnello stiracchiò le labbra in modo sensuale, avvicinando
il proprio viso al suo.
“Il latte…” gli ricordò. Bastardamente amabile.
“Domani sera, Taisa.
Ritornerò.” E chiuse la porta dietro di sé.
Roy sospirò stancamente, osservandolo dalla finestra, di
nascosto, sgattaiolare via.
“Quel ragazzo mi farà perdere la testa, prima o poi…”
Fine
Disclaimers: I personaggi citati
in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna
forma di lucro, da parte mia.
Nota tecnica: fra un paio di giorni,
manderò il mio pc a riparare (con la speranza che
ritorni a casa presto! >.<) ed è un modo gentile per dirvi che non so quando aggiornerò^^’’
Alcuni lettori si sono lamentati della brevità di alcuni capitoli.
Mi scuso, ma essendo una raccolta, ho scelto volontariamente questa modalità.
E chiarisco: i cuccioli di Tora
verranno entrambi regalati ad Elycia. E no, non troverete
Roy o Ed nel cesto con loro >.< (altrimenti me
li tenevo io! ^____^)
Note: so che avrei
dovuto dirlo prima, ma non volevo anticipare nulla, poiché avevo
previsto di scrivere un capitolo a riguardo.
Il nome del gatto, Tora, in lingua giapponese significa
‘tigre’.
Molti di voi lo sapranno già, se avete seguito l’anime
e/o il manga ‘Ushio e Tora’.
E Mame-chan vuol dire ‘fagiolino’. Soprannome
affibbiato a Edward da molte persone, per la sua mastodontica altezza. ^__=
Le tecniche pseudoscientifiche ^^’’
per conoscere con certezza il sesso dei cuccioli di gatto, invece, è frutto di imbarazzantissime discussioni con amiche che li posseggono.
^____^
Soprattutto ‘sta cosa di soffiare sulla pancia… ù_ù
Mi rendo conto che è un capitolo un po’ surreale, (probabilmente
mi è sfuggita la tastiera >.<) perché, insomma…
bastava guarda bene ^///^, ma questi due tordi sanno ‘tenere palchi’ ben peggiori, credo^^.
Grazie di cuore ai lettori affezionati e
a quelli nuovi, per le vostre adorabili recensioni. Come sempre, sono graditi commenti, consigli e critiche.
Capitolo 7 *** Cani dell’esercito in guerra: azioni di disturbo ***
Allora
Note: il seguente scritto contiene lievi
riferimenti yaoi.
Per ulteriori spiegazioni, vi rimando alla conclusione della fic.
Dedicato ad Ale,
perché il
suo portatile mi ha permesso di non andare in astinenza.
E a chi ha commentato i
precedenti capitoli della raccolta.
Con immensa gratitudine.
Cani dell’esercito in guerra: azioni di disturbo
byelyxyz
Edward attese di ottenere il
permesso, prima di varcare la soglia dell’ufficio di Mustang.
Gli consegnò il resoconto pressoché inesistente dell’ultimo incarico
svolto. Aspettò che il suo superiore lo sfogliasse velocemente, e che
rivolgesse di nuovo l’attenzione su di lui.
“Direi che va bene. Come sempre, hai il dono della sintesi,
eh?” lo canzonò, divertito.
Fullmetal sorrise sornione, stando
al gioco. “Così le evito di affaticarsi gli occhi in lunghe letture noiose.
Tanto so che sa già tutto.”
L’altro annuì, controfirmando distrattamente il rapporto.
“Puoi andare.” Lo congedò, riprendendo annoiato il proprio
lavoro.
“Colonnello?
…Tora sta bene?”
“Direi che ha sentito la tua mancanza…” e anche io, ammise. Ma non glielo disse. “Ha passato le prime tre
sere a fare la posta all’entrata, aspettando che arrivassi… poi si è rassegnato.”
Ed annuì, l’espressione sul viso dispiaciuta, ma anche un pochino lusingata.
“Allora... posso venire da lei, domani sera?” chiese,
speranzoso.
“E scommetto che non ha nulla a che fare con quel settimo
capitolo lasciato in sospeso prima della missione, eh?” insinuò malizioso.
“Io riesco a coccolare il gatto anche mentre leggo!” si
difese Edo, colto in flagrante.
Roy sorrise bonariamente. Non era carino da parte sua
infierire. Anzi. Poteva anche ritorcerglisi contro.
“Certo che puoi venire. Alla solita ora.” Si accordò. Gioendo
interiormente di quel fuori programma che esulava dai loro lunedì, mercoledì e venerdì
canonici.
Ma quando Acciaio aveva già quasi varcato la soglia,
l’occhio gli cadde sul promemoria che spuntava dal
fermacarte.
Dannazione! L’indomani era previsto, nel tardo pomeriggio,
un Consiglio di Stato a cui doveva presenziare per
forza, e non aveva la più pallida idea di che ora avrebbero fatto…
Del resto, era un privilegio esservi stato invitato, e aver
forse la possibilità di conoscere in anticipo certi giochi di astuzia da
sfruttare, prima o poi, nella sua scalata al Potere. Inutile dire che mancare
sarebbe stata una follia.
“Edward!” Lo richiamò, rovistando
nel primo cassetto della sua scrivania. “Io mi fermerò al Quartier
Generale fino a tardi… Tieni! Questa è una copia delle mie chiavi di casa.”
L’Alchimista d’Acciaio l’afferrò al volo e fece girare il
portachiavi nell’indice metallico.
“Perchétiene un duplicato in ufficio?”
“Perché io non ho un fratello che mi apre la porta quando me la dimentico!” lo rimbeccò.
E l’altro si limitò ad annuire, salutandolo.
“Dai da mangiare a Tora, quando
arrivi.” Gli raccomandò Roy, con solerzia. “Se vuoi portare Al
con te, può giocare col gatto, mentre studi.” Gli suggerì, gentilmente.
Ed lo ringraziò della proposta, ma
si capiva che non aveva nessuna intenzione di parlarne al fratello.
Mustang si era fatto un’idea in proposito. Probabilmente Edward stava compiendo studi particolari per riavere quanto
perso, e – sempre per sua ipotesi - Alphonse non ne
condivideva del tutto i mezzi, o forse non voleva dargli
false speranze.
Probabilmente era per questo che non lo seguiva mai a casa
sua; lui, che era la sua seconda ombra.
Quei loro strani rendez-vous erano cominciati pochi giorni
dopo la fuga amorosa di Tora sul tetto, in quella
sera di fine estate.
Edo iniziò a far visita regolarmente a casa Mustang,
dapprima chiudendosi per delle ore nello studio, senza metter neppure il naso fuori dalla porta, se non per congedarsi.
Talvolta Roy lo sorprendeva sul tetto, che era sgattaiolato
fuori, per distrarsi un attimo, per svagarsi.
Raramente lo raggiungeva, un po’ per non disturbarlo, e un
po’ perché quel tetto lo metteva ancora in soggezione.
A volte lo trovava chino sulla sua scrivania, addormentato, crollato
sotto il peso dello studio con Tora in grembo che fuseggiava, e ancora con un libro aperto a fargli da
cuscino.
E capitava allora che rimanesse lì, accanto a loro,
semplicemente guardandolo dormire.
Ore e ore, talvolta notti intere.
Notti fatte di sguardi rubati e silenzi quieti.
Passate a chiedersi se non potesse avere di più.
Poi Roy aveva casualmente
fatto scomparire la morbida poltrona dello studio, sostituendola con una
scomoda sedia, ma non sembrò sortire l’effetto sperato.
Acciaio poteva leggere per infinite ore anche in piedi, o
steso sul freddo pavimento per dei tempi indefiniti, oppure rannicchiato in
pose scomode, che gli erano del tutto indifferenti.
Ogni tanto lo trovava raggomitolato per terra, un testo in
mano. Con o senza tappeto, faceva poca differenza. E lui si divertiva a
ricordargli che era sì un cane dell’esercito, ma non c’era bisogno di
comportarsi da tale, anche quando non era in servizio.
Ma solo di rado le sue frecciatine
andavano a segno.
E ciò non era dovuto ad un
improvviso innalzamento della soglia di sopportazione del giovane e irruente Elric; quanto più, - in gran parte - al fatto che, quando
leggeva, Ed si estraniava completamente dal mondo. Con immensa, angustiata
insoddisfazione del Colonnello innamorato.
Averlo così vicino, e nel contempo così inarrivabile, non
aveva un buon effetto sui suoi nervi provati.
L’approssimarsi della stagione delle piogge gli aveva
offerto il pretesto per rendere l’aria dello studio più
stantia e insalubre.
Nella sua mente geniale di stratega di guerra, l’Eroe di Ishbar si aspettava di stanare il suo Fagiolino da lì.
Tuttavia, l’unica persona che sembrava non gradire questa
sua bizzarra iniziativa era stata la sua donna delle pulizie.
Acciaio, anche con l’odore viziato di chiuso, non aveva
battuto ciglio, da ammuffito topo di biblioteca qual era.
Anzi. Mentre il pulviscolo s’andava accumulandosi sugli
scaffali della sua libreria, Taisa fu colto dal
dubbio, diventato via via certezza, che Fullmetalamasse quella puzza di
carta vecchia e polvere.
Forse era un odore che aveva imparato a riconoscere come familiare,
come gradevole.
Con l’arrivo dei primi freddi, e con buona pace dei suoi
sensi di colpa, Mustang aveva giocato sporco, arrivando ad abbassare la
temperatura di quella stanza – solo di quella stanza – con la speranza di ottenere
un qualche risultato.
Effettivamente, dopo qualche giorno, una risposta c’era
stata da parte del suo giovane ospite, che tuttavia non si era mai lamentato
della penuria di calore e degli spifferi particolari di quella camera.
Molto più autonomamente, s’era equipaggiato con un maglione
più grosso, di lana calda e grezza, e una sciarpa che gli scaldava il naso
gelato, con smisurato rincrescimento del padrone di casa, che s’era visto
boicottato il piano e s’era anche scontrato con la sua coscienza, che raramente
gli faceva sconti.
Alla fine la cosa venne da sé. Inaspettata. Come la prima
neve.
Una sera di fine autunno, Edward uscì dallo studio
con un volume in mano, e si accomodò sul divano accanto a lui.
“La disturbo?”
“No. Certo che no.” Si sorprese a farfugliare, stupito.
“Si è bruciata la lampadina, di là. E poi la luce è migliore,
qui.”
Da allora, per tacito accordo, sedevano uno accanto all’altro, senza parlare, ciascuno
immerso nella propria lettura.
La situazione aveva preso da sola una piega imprevista, piacevolmente imprevista. E, senza
particolari accordi formali, era divenuta quotidianità.
Roy non aveva cambiato la luce guasta, se non parecchi mesi
dopo. Un po’ per scaramanzia, e un po’ perché in fondo non serviva più. Nessuno
si andava a rintanare ancora là dentro.
Adesso c’era un caldo divano comodo. Un gatto che ronfava.
Due tazze di cioccolata calda da sorseggiare, girando pagina. Ognuno col
proprio libro. Ognuno col proprio spazio.
E un silenzio diverso.
Vissuto. Condiviso.
Intimo e accogliente.
Un passo alla volta, come quel delirio nato per caso.
Quello di confrontarsi su un manuale appena finito. O sullo
stralcio particolarmente ostico di una qualche teoria astrusa.
Ed era bello.
Anche litigare, anche mettersi alla prova.
Roy lo ascoltava paziente e attento, e poi esponeva il
proprio pensiero al riguardo, o i propri dubbi, talvolta i ricordi.
Ed Edward s’animava genuinamente e
partecipava coinvolto; e intanto imparava, piano piano,
che da quel borioso, arrogante Colonnello potevano uscire considerazioni simili
alle sue, o diametralmente opposte, ma comunque interessanti.
Scontri e diatribe esaltanti. E il tempo volava. Il tempo
sembrava non bastare mai.
E allora correva a perdifiato per le vie di East, oppure telefonava ad Alphonse,
per tranquillizzarlo, e rimanevano lì a parlare, anche fino all’alba.
Quando Ed si accorse di quanto queste
conversazioni fossero diventate importanti per lui, realizzò anche che, ormai,
non poteva più farne a meno.
Fine
Disclaimers: I personaggi citati
in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna
forma di lucro, da parte mia.
Nota tecnica: sono tornata! avete sentito la mia mancanza?^__^
Il mio pc è ancora in convalescenza,
ma questo capitolo era pronto da tempo, quindi ho potuto postarlo.
Mi rendo conto che lo stile è un po’ diverso dai precedenti, ma narra un
momento di transizione, e spero vi piaccia comunque. E grazie per le recensioni
al cap VI ‘Mynameis... Tigercat’!
Come sempre, sono graditi commenti, consigli e critiche.
Capitolo 8 *** Cani da bastonare e ferite da leccare ***
Quando Roy avvertì la chiave girare nella toppa della porta d’entrata,
si risollevò dal guanciale,
Note: il seguente scritto contiene lievi
riferimenti yaoi.
Per ulteriori
spiegazioni, vi rimando alla conclusione della fic.
Dedicato a chi ha commentato i
precedenti capitoli della raccolta.
(Con particolare menzione ai
nuovi arrivati!)
Con immensa gratitudine.
Cani da
bastonareeferite
da leccare
by elyxyz
Quando Mustang avvertì la chiave girare nella toppa della
porta d’entrata, si risollevò dal guanciale, incuriosito dall’inatteso arrivo.
Il Tenente Hawkeye se n’era andata da poco, e la sua infermiera personale, e stagionata
donna tuttofare, sarebbe giunta solo l’indomani, per la colazione.
Attese quindi qualche istante, immaginando che il visitatore
si sarebbe fatto riconoscere da sé e lanciò un’occhiata a Tora, che continuava
a sonnecchiare indisturbato sulla coperta in fondo al suo letto, e fece una
smorfia ironica. Che bel ‘gatto da guardia’ si ritrovava!
Ma, come a smentirlo, nello stesso istante in cui i passi si
fecero più vicini, il micio si destò, zampettando velocemente nella direzione
in cui proveniva l’ospite, che lo accolse con piacere.
“Ho scordato la luce accesa, ieri sera?” chiese, divertito,
all’animale.
Roy riconobbe immediatamente quella voce, come avrebbe mai potuto confonderla? e
il suo battito cardiaco aumentò a dismisura, assieme ad una improvvisa ansia
mista a timore e aspettativa.
Edward giunse in quella stanza solo qualche minuto dopo, con
Tora felicemente appollaiato in braccio.
Lo vide sussultare, impreparato. “Ta-taisa…?”
“Buonasera, Fullmetal.” Lo accolse lui, sorridendogli
gentile.
Ed si guardò intorno, improvvisamente a disagio. “Non… non
sapevo che fosse stato dimesso dall’ospedale… oggi.”
“Sono rincasato poche ore fa.” Gli spiegò, amabile.
Edo fuggì il suo sguardo. Certo che quel tono garbato
sottintendesse un ‘E lo avresti saputo,
se fossi venuto anche solo una volta a trovarmi.’
Strinse quindi la mani in un moto nervoso, e Tora miagolò
contrariato, sgusciando via.
Erano da soli, adesso.
Davvero soli.
“Grazie per esserti preso cura del gatto, in questo mese…”
incominciò Mustang, cercando di imbastire un dialogo che superasse l’imbarazzo.
“Era mio dovere.” Precisò secco l’altro, recidendo la
conversazione.
“…e grazie per aver annaffiato le mie piante…” riprese Roy,
ignorando volontariamente la ritrosia di Acciaio, che annaspò, arrabbiato. “Lei
non ha piante, in questa casa!, e la smetta di essere gentile! Mi fa sentire
ancora peggio!” gli urlò contro, come un fiume in piena.
“Edward…” lo chiamò.
Ma il ragazzo abbassò il capo, nascondendosi infantilmente
alla sua vista.
“Edward, avvicinati…” lo sollecitò, con pazienza.
“…no.” Mormorò, incassando le spalle cocciuto.
“Ed, per favore… non mi posso muovere…” e lo vide
sussultare, come se l’avesse schiaffeggiato. E si maledisse, perché non era
quello che voleva “Intendevo dire che rimango più comodo così…” ritentò,
insicuro. Aveva la precisa sensazione di camminare sul ghiaccio con un cesto di
uova in mano, e che sarebbe caduto da un momento all’altro, sfracellando tutto.
“Edward…” ripeté, regolando la voce in maniera benevola. “Ti
prego, dobbiamo parlare…” lo supplicò, allungando la mano sana nella sua
direzione.
“No.” Ribadì il giovane Elric, scuotendo il capo in modo
furioso.
Ma Roy ebbe la netta impressione che stesse combattendo con
se stesso e non con lui.
Fu per quello che si sollevò dal giaciglio, reprimendo a
fatica il dolore, le bende del torace che spuntavano dal pigiama.
Un gemito strozzato gli sfuggì ugualmente dalle labbra.
Acciaio lo udì e azzerò le distanze, precipitandosi al suo
capezzale. “Taisa!” lo chiamò, preoccupato.
Ma ormai era troppo tardi per tornare indietro.
L’Alchimista di Fuoco catturò la sua mano sinistra con la
propria, e lo fissò serio. “Sto bene, Ed, davvero. Solo qualche doloretto… ma
io e te dobbiamo parlare, è chiaro?”
“Edo annuì, riabbassando il capo per nascondere nuovamente
il proprio sguardo. Non era pronto ad un confronto, non così.
Inspirò a fondo, per cercare di calmare il battito impazzito
del suo cuore, ma era tutto davvero troppo. Troppo in fretta, troppo di
sorpresa.
Dannato Havoc! Avrebbe potuto avvertirlo, no?! E suo
fratello… suo fratello di sicuro sapeva qualcosa, e lo aveva tenuto allo scuro
di proposito… Stupido Al! Stupido, stupido…
“Ed?!” la voce di Roy lo riportò al presente.
“Taisa, io… io le chiedo scusa, è colpa mia... è solo colpa
mia… è tutta colpa mia…” si mise a
ripetere, profondendosi in inchini impacciati dalla mano che il moro gli teneva
ancora.
“Che sciocchezze vai dicendo, Fullmetal?!” rispose Mustang,
sorpreso.
Edo sollevò lo sguardo su di lui, gli occhi incredibilmente
lucidi, le lacrime trattenute a stento.
“La smetta di essere gentile! Lei… lei dovrebbe essere
furioso con me!
Se io… se io non avessi scordato il latte, quella sera… lei
non sarebbe… non sarebbe uscito di casa senza guanti, e non sarebbe stato
aggredito…” balbettò, colpevole e infuriato con se stesso.
Il Colonnello sciolse con gentilezza le loro dita, per
posare la mano sana sulla testa bionda, che di colpo smise di incurvarsi.
Sorrise, in modo dolce. Ma Edward non lo vide.
“Non è stata colpa tua…” gli spiegò, con serenità.
“Sì, invece.” Lo contraddisse Elric, rimanendo tuttavia
fermo in quella posizione.
“No.” Ribadì il militare, stavolta con tono duro. “Chi
diavolo ti ha messo in testa queste sciocchezze?!”
“Ma io…” tentò il più giovane, prendendo finalmente il
coraggio di guardare il suo viso.
Un po’ più pallido ed emaciato del solito, ma era pur sempre
il solito stronzo, narcisista Roy Mustang.
Il Colonnello sospirò, stavolta fiaccamente, come se la testardaggine
di Acciaio fosse particolarmente dura da scalfire.
Come poi, di fatto, era. Ma probabilmente era lui ad essere fuori allenamento.
“Quella sera, sarei potuto uscire per altre mille ragioni,
dimenticando i miei guanti e la pistola d’ordinanza, e avrei potuto incontrare
quella banda di reazionari balordi in qualsiasi altro posto…”
“Questo è vero, ma…”
Roy non lo lasciò obbiettare. “Quel che conta davvero, anche
se un po’ mi infastidisce, è che io sono stato un loro bersaglio casuale…
probabilmente, sotto l’effetto di alcool e droghe non pensavano di arrivare a
tanto… o forse è perché io ho reagito… non lo saprò mai… ma l’importante è che
siano stati tutti arrestati e che verranno processati…”
“Ma allora non lo sa?” chiese Ed, stupito.
“Sapere cosa?”
“Sono stati tutti giustiziati due giorni fa, secondo la pena
capitale. Al Quartier Generale non si parlava d’altro, ieri.”
Mustang ne rimase turbato, ma non lo diede a vedere, per non
gravare sull’emotività di Edward.
“Evidentemente il tribunale ha deciso secondo le leggi.”
Tagliò corto, facendogli capire che non gradiva entrare nel merito.
Però sperava, in cuor suo, che tutto si fosse svolto in modo
regolare, e che quei disgraziati non fossero semplici pedine di un gioco più
grande di loro, o vittime inconsapevoli e capri espiatori di un meccanismo
perverso di rappresaglia.
Di una cosa era certo. Sentire l’alito freddo della Morte
sul collo, gli aveva dato modo di riflettere su molte cose. Sulle priorità della sua inconcludente vita,
ad esempio.
“Ma allora... davvero non ce l’ha con me?” si sentì
chiedere, in un misto di speranza e incredulità.
Si lasciò sfuggire un ghigno.
“Devo prenderti a randellate, per fartelo entrare in quella
tua zucca vuota?” lo sgridò, sarcastico, per alleggerire il momento e per farlo
reagire, pungolando il suo lato polemico. Ma non ottenne esattamente l’effetto sperato.
Ed lo abbracciò d’istinto.
E Roy rimase inerme, a subire quell’imprevisto gesto
d’affetto.
Non era da lui. E lo sapeva.
Ma quel ragazzino aveva perso e visto morire troppe persone,
nella la sua giovane vita.
Ed era naturale che si sentisse meravigliosamente libero,
ora, e incredibilmente più leggero, dopo il suo perdono.
Dopo la terribile aggressione, nei momenti in cui la vita
del Colonnello era rimasta per un eterno attimo in bilico tra la vita e la
morte, e poi dopo, nei giorni successivi, mentre andava lentamente
riprendendosi, Ed aveva avuto modo e tempo per riflettere su quanto la presenza
di Taisa Mustang contasse per lui.
Di quanto la sua opinione su di lui gli importasse. E importasse davvero.
E si era trovato a pregare – non sapeva che Dio - perché gli
lasciasse quell’uomo indisponente e arrogante ancora a lungo.
Senza chiedersi il perché. Lo desiderava e basta.
Non negava che, sera dopo sera, la presenza del Flame
Alchemist era diventata una piacevole costante, ad inframmezzare il binomio
simbiotico che lo legava a suo fratello Alphonse.
Ed era proprio nel momento in cui s’era accorto di non
voler, - di non poter - fare a meno di lui, che tutti i suoi sensi di colpa gli
erano franati addosso, convincendolo che Mustang non l’avrebbe mai perdonato, e
che anzi, difficilmente avrebbe voluto ancora avere a che fare con lui.
Probabilmente lo avrebbe fatto trasferire, per non doverlo
sopportare ogni giorno in caserma.
E, di sicuro, poteva scordarsi le loro silenziose serate
passate insieme. A condividere un niente. Ad assaporare un tutto.
Ed era solo colpa sua, dannazione! Solo. Colpa. Sua.
Non era vero che non si era interessato a lui. Ogni giorno,
dall’incidente, continuava a stressare Al, affinché raccogliesse ogni più
piccola informazione riguardante la sua salute. Quel piccolo traditore di
latta!
E ci era andato, a trovarlo, sì. All’ospedale militare.
Ma sempre quando era praticamente certo che Roy stesse
dormendo. Senza farsi beccare dalle infermiere di guardia. Né tanto meno da
lui.
Con che coraggio lo avrebbe guardato in faccia, dopo che
aveva rischiato di lasciarci le penne a causa sua?
Ed rabbrividì, un nuovo peccato mortale si sarebbe aggiunto
a gravare sulla sua anima dannata.
E strinse più forte, perché non avrebbe mai più ritrovato il
coraggio di un simile gesto sconsiderato d’affetto.
“Ahi! Mi stai schiacciando… non stringere!” si lamentò il
malato, mescolando la lagna - per le costole rotte - ad un tono divertito.
“Io… mi scusi!” replicò svelto, e si allontanò di scatto,
arrossendo e stropicciandosi lesto un occhio, dannatamente fastidioso.
“Smettila di scusarti, Fullmetal.” Lo redarguì.
Edward si ricompose d’istinto. “Sì, signore!”
“Soldato, sei congedato. Presentati domani sera, ore venti e
zero-zero.” Gli disse, in tono ufficiale.
“Signorsì, signore!” e batté seccamente i tacchi e fece il
saluto militare al suo superiore.
Mustang allungò lentamente la mano sinistra verso la tempia
e contraccambiò il gesto.
La destra appoggiata mollemente sul lenzuolo, ricoperta dal
gesso.
Poco prima che uscisse, Roy lo richiamò. “Maggiore Elric?”
“Sì, Taisa?” s’interessò Acciaio, ritornando sui propri
passi.
“Non dimenticare il latte.” Gli ordinò.
Edo annuì felice, come non faceva da tempo.
“Sarà fatto, signore.” E fece per andarsene.
“Ed…?” lo chiamò nuovamente, faticando a separarsi da lui,
dopo un lungo – interminabile - periodo che non lo vedeva. Si morse l’interno della guancia, improvvisamente
non più così sicuro che fosse stata una buona idea, quella di richiamarlo.
“Hai fatto compagnia a Tora, ogni sera. E… verrai a fare
compagnia anche a me, in questo mese di degenza?” Ecco. L’aveva detto.
Il giovane Elric ne parve sorpreso. E questo non fece che
acuire le paure del Colonnello.
Che sciocco che era stato! Ma come gli era saltato in testa
di domandargli una cosa simile?!
Deglutì a fatica, mentre si aspettava una grossolana
risposta che avrebbe bastonato a dovere questo suo ardire.
E invece Edward sorrise. Per la prima volta in quella sera.
E, Dio!, come gli era
mancato, quel sorriso...
“Certo che verrò!” Replicò, vivacemente. “Verrò a portarle
lavoro a casa!” Lo minacciò, divertito.
Roy sbuffò, impostando una comica smorfia che dimostrava la
sua allergia alle attività burocratiche.
L’Alchimista d’Acciaio ne rise, contento almeno che certe
cose non cambiassero mai.
Ma fu in quel momento che vide una pistola, seminascosta sul
comodino, che prima non aveva notato.
L’allegria si smorzò all’istante.
Probabilmente quella protezione era solo un’eccessiva
premura del Tenente Hawkeye… tuttavia non poté fare a meno di sentire il cuore,
nuovamente, un po’ più pesante.
“Buonanotte.” Si congedò, quasi senza attendere la replica. Ed
uscì dalla casa.
Fine
Disclaimers: I personaggi citati
in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi
diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.
Nota tecnica: teoricamente dovrei
riuscire a postare un nuovo capitolo prima di partire per le mie lunghe e
meritate ferie… restate sintonizzati! ^___^
E chiarisco: non racconterò l’aggressione subita da Roy. Non avrebbe senso ai
fini del racconto.
E il primo che mi dice che vuole vedere Ed in succinta divisa da infermierina,
lo strozzo! è__é
Da qui in poi, si alterneranno momenti in cui Ed e Roy hanno una certa
familiarità ad altri, in cui sono ancora simpaticamente nemici.
Grazie di cuore ai lettori affezionati e
a quelli nuovi, per le vostre adorabili recensioni.
Soprattutto a chi ha commentato la mia ultima one-shot:Come una moglie tradita (Gelosia) Come sempre, sono graditi commenti,
consigli e critiche.
Note: il seguente scritto contiene lievi riferimenti yaoi
Note: il seguente scritto contiene lievi
riferimenti yaoi.
Per ulteriori
spiegazioni, vi rimando alla conclusione della fic.
Dedicato a chi ha commentato i
precedenti capitoli della raccolta.
(Con
particolare menzione ai nuovi arrivati!)
Con immensa gratitudine.
byelyxyz
EdwardElric
suonò al campanello di casa Mustang, sbuffando spazientito.
Il Colonnello comparve sulla soglia qualche istante dopo, senza
più divisa.
Fullmetal osservò distrattamente
il suo abbigliamento informale, prima di allungargli un plico color crema.
“Carte da firmare.”
Il sopracciglio destro di Roy scattò verso l’alto,
precursore del suo innato sarcasmo.
“Stai diventando monotono, lo sai, Acciaio? Con questa
continua scusa di portarmi scartoffie dimenticate!…”
La vena sulla tempia di Ed si mise
a pulsare pericolosamente.
“Se non puoi resistere senza contemplare la mia magnificenza,” continuò,
incurante del rischio, “bastava dir-”
“Dannato Taisa, si muova! Il
Tenente Hawkeye è ancora in ufficio ad aspettarle e
ha ancora molto lavoro da portare a termine al posto suo, perché è un lavativo!…
e io sono stanco di fare i comodi suoi!”
“E perché non è venuta lei?” chiese, un misto di finto
stupore e sottintesi velati.
“Mi ha chiesto di farle un favore…” bofonchiò Edo, guardando altrove.
E Roy sorrise. Dare una
licenza-premio a Riza, si appuntò.
“Entra, su!” gli disse, facendosi
da parte.
“Non occorre, resto qui.” Declinò il più giovane, fissando con improvviso
interesse la punta delle sue scarpe.
“Non era un invito, Fullmetal.”
Puntualizzò. “Era un ordine!”
Elric strinse i pugni per
contenere una risposta ben condita. E si morse anche la lingua, giusto per
scrupolo. Mustang se ne accorse, ma non lo diede a vedere.
“Ho appena iniziato a cenare, e non ho intenzione che si
raffreddi. Oltretutto, se il Tenente ha ancora parecchio daffare, un tuo
ritardo di mezzora sarà ininfluente.” Gli spiegò,
precedendolo nel vestibolo. “Togliti il cappotto e seguimi.”
Gli suggerì, posando la busta sulla mensola vicino all’entrata.
“Dov’è Tora?” chiese invece il suo
sottoposto, guardandosi attorno.
“In cucina. Mi sembra di averti detto che ci eravamo appena messi a tavola…” ripeté Roy, varcando la
soglia del piccolo, accogliente cucinino.
Edward scrutò il tavolo da pranzo,
rigorosamente apparecchiato per due. Non ebbe modo di chiedersi come mai, visto
che il felino tigrato era appollaiato sopra alla tovaglia, nel posto che gli
era stato riservato. Davanti a lui, una ciotolona di croccantini e una scodellina con del... brrr… latte.
Si rivolse verso il Colonnello, con uno sguardo schifato. “Non
è igienico, lo sa?” ma l’altro si limitò a fare
spallucce, scoperchiando una pentola da cui uscì un profumino delizioso.
Edo deglutì un bolo di saliva.
“Gli animali dovrebbe mangiare a terra.” Lo sgridò. Sua madre sarebbe stata orgogliosa di lui.
“Il mio coinquilino mangia dove vuole, in casa sua.” Lo difese Mustang, sfidando Ed a contraddirlo. Poi si
avvicinò al gatto, annuendo sollecito. “Vero, socio?”
“Maaooo.”
Le pupille dorate si dilatarono di genuino stupore, per
l’improvvisa incredulità.
Tora aveva risposto?! Macché, figurarsi! Era stato solo un caso…
anche se il dubbio rimaneva.
“Sta per caso traviando il mio gatto?” lo accusò, cercando di darsi un contegno,
per quella domanda che era assurda di per sé.
“Il nostro gatto.”
Lo corresse amabilmente. “E comunque, io ho un
comportamento irreprensibile. Fa tutto da
solo.”
Edward ne parve poco convinto;
tuttavia soprassedette, cercando di distrarsi guardandosi intorno e tentando di
tenere buono il suo stomaco affamato.
Dannazione!, se lo avesse lasciato
ad aspettare sul divano in salotto, non sarebbe stato costretto ad annusare
tutte quelle fragranze stuzzicanti…
Per sadica coincidenza, la domanda di rito giunse a fagiolo.
“Vuoi fermarti a cena da noi?”
Il micio sollevò il muso dal piatto, come se anche lui fosse
interessato alla sua risposta.
“Abbiamo ancora qualche lisca avanzata da ieri… e un paio di
sardine.”
“No. Grazie.” Rispose oltraggiato. “Sono a dieta.”
Ma l’altro si mise a trafficare comunque nell’angolo cottura,
per tornare con un invitante piatto fumante, avendo l’accortezza di farglielo
passare sotto al naso.
“Che non diventi un’abitudine!” lo ammonì; anche se Roy, in
quel preciso momento, si augurava l’esatto contrario.
Al giovane non rimase altro che accantonare le proprie
remore e, accomodatosi tra il gatto e il padrone di casa, diede fondo al suo
appetito. Si accorse, con una certa meraviglia, che il sapore rendeva giustizia
all’odore, e che – tutto sommato – Taisa Mustang se
la cavava discretamente in cucina.
Immerso in quelle riflessioni, non s’accorse delle occhiate
furtive di cui era bersaglio.
Il Colonnello tratteneva a stento la sua contentezza, per la
piega che aveva preso, inaspettatamente, quella serata.
Forse doveva semplicemente arrendersi agli imprevisti. E magari ordinare al Tenente Hawkeye di chiedere regolarmente quel genere di favori al
Maggiore Elric...
Fine
Disclaimers: I personaggi citati
in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna
forma di lucro, da parte mia.
Nota tecnica: Ok.
non era questo il capitolo da postare prima di partire. Ma era lì, e mi son detta che forse vi avrebbe fatto piacere… ^__^
Note: Non si può
proprio dire che Roy non tratti Tora come un pascià!
^___^
Il titolo, come ovvio, si rifà all’omonima produzione Disneyana “Gli Aristogatti”,
magico cartone della mia infanzia.
Per
inciso: ricordo che la ‘fidanzata’ di Tora si chiama Minù. E non è un caso. (Anche se
andava scritto Minou)^^ Minou,
Matisse e Bizet sono i tre micetti protagonisti del lungometraggio.
Grazie di cuore ai lettori affezionati e
a quelli nuovi, per le vostre adorabili recensioni.
Come sempre, sono graditi commenti, consigli e critiche.
Capitolo 10 *** Non dire gatto... se non l’hai nel sacco! ***
Non dire gatto… se non l’hai nel sacco
Note: il seguente scritto contiene riferimenti
yaoi.
Per ulteriori
spiegazioni, vi rimando alla conclusione della fic.
Dedicato a chi ha commentato i
precedenti capitoli della raccolta.
(Con
particolare menzione, stavolta, ai lettori di vecchia data.)
Con immensa gratitudine.
Non dire
gatto... se non l’hai nel sacco!
byelyxyz
“Roy… mmm… Roy… ahhh…” le labbra di Mustang percorsero la pelle delicata
del suo collo, soffermandosi poi a stuzzicare il pomo d’Adamo con gli incisivi.
Ed miagolò nuovamente, voltando il
capo di lato, quando il fiato caldo del compagno giunse a lambirgli il
padiglione auricolare, mentre le sue mani esperte vagavano altrove…
“Roy!” lo invocò, “ROY!” alzando il tono con urgenza, e il
Generale di Divisione Mustang si beò di quei gemiti. Come sapeva essere rumoroso, il suo Fagiolino...
“ROY!!” ripeté, allontanandolo di
scatto da sé.
L’uomo si bloccò stupito, adocchiando l’espressione
allarmata del suo amante, che tuttavia fissava altrove.
“Credevo ti stesse piacendo…” gli disse, tra lo sconcerto e
il fastidio. Ma l’altro si ostinava a guardar via. Gli ci volle qualche istante
per capire che il Colonnello Elric gli stava
indicando qualcosa. Si volse quindi in quella direzione, faticando ad ignorare l’incipiente
rigonfiamento sotto il puntovita.
Il loro felino troneggiava sopra la specchiera, qualche metro
da loro, e sembrava li contemplasse attentamente. Il FlameAlchemist ghignò. “Abbiamo compagnia, stasera!” disse,
riprendendo il lavoro lasciato a metà.
Edward lo cacciò via malamente, frapponendo un braccio teso tra i loro corpi
seminudi.
“No, Roy. Tora ci sta guardando…”
protestò, arrossendo.
L’altro scoppiò a ridere per la sua espressione
deliziosamente imbarazzata.
“Uhm… ci ha sempre tenuti allo scuro di questo suo lato voyeuristico… ma
non è più un cucciolo da anni… è un gatto vaccinato, ormai! Lasciamolo
guardare…” e ritentò l’assalto alla sua rocca personale.
“No che non possiamo!” s’alterò il più giovane. “Non ci
riesco! Mandalo via!”
Sollevandosi dall’accogliente corpo del biondo, trattenne a
stento un’imprecazione, realizzando che la loro serata
romantica sarebbe finita ancor prima di cominciare, se non si fosse sbrigato.
S’alzò malvolentieri a sedere, cercando di darsi un
contegno.
“Vecchio mio,” lo chiamò gentilmente
“potresti lasciarci soli?”
Il micio mosse la coda, sferzando l’aria in un gesto secco,
come a dar l’impressione di aver capito. Tuttavia non si mosse da lì.
Al moro non rimase altro che abbandonare, a malincuore, il
caldo giaciglio, anche se l’eccitazione pulsava pressante e dolorosa al di
sotto della cintola.
Fingendo di non sentire questo suo bisogno impellente, si
diresse verso il mobile, anticipando le sue intenzioni. “Su, lasciaci un po’ di
privacy…”
La bestia tigrata parve udirlo, perché si risollevò. Ciò
nonostante, anziché uscire dalla camera, con un agile balzo scattò sulla bassa
poltroncina ai piedi del letto, alle sue spalle.
“Tora, via di qui!” gli ordinò,
improvvisamente infastidito, andandogli dietro per prenderlo. Quando gli fu
vicino, il gatto saltò sull’alto armadio di noce, accucciandosi lì.
Ed si mise a ridere di gusto, alla
faccia seccata del compagno.
“Allora se ne occupi lei, TaisaElric, visto che ci tiene tanto alla sua riservatezza!” lo
redarguì Mustang, con quel tono imperioso con cui sferzava le reclute
indisciplinate.
Fullmetal sorrise affettuosamente
tra sé. Forse aveva toccato il tasto dolente dell’orgoglio, e lui sapeva - oh,
se sapeva! – quant’era permaloso e vendicativo il
suo uomo. Soprattutto se si disattendevano i suoi ordini… tuttavia stette al
gioco, perché fu più forte di lui.
“Signornò, signore. Lascio a Voi questo gravoso compito, mio
Generale, poiché sono certo che, col
Vostro immenso genio militare, abbiate la situazione perfettamente sotto
controllo!” lo canzonò, pur mantenendo un tono ossequioso e deferente.
A quelle parole, Roy fece un ghigno assai poco rassicurante.
“Poi faccio i conti anche con te.” Lo avvisò, e suonava un po’ come
un’intimidazione. Quindi si riconcentrò sul suo obiettivo primario.
Sembrava che Tora lo stesse
aspettando, producendo il caratteristico ‘ronron’che emetteva solo quando faceva la lotta col suo topolino
meccanico.
“Stasera vuol giocare!” intercedette Edo indulgente, dando
voce al desiderio felino.
“Anche io, ma con te!”
ringhiò l’altro, fulminandoli a turno con lo sguardo. “Tora!
Scendi! Giù, dannazione, GIU’!!”
lo chiamò, gli ordinò, lo supplicò. Ma l’animale non sembrava intenzionato a
dargli retta. Nemmeno le sue braccia alzate verso di esso,
in un inequivocabile invito, sortirono l’effetto agognato. Tentò persino di
dissuaderlo dal rimanere lì, tirandogli la prima cosa che aveva adocchiato: il
tubetto di vaselina ancora intonso. Ma fu inutile. Perché la bestiola non si
scompose minimamente. E perché, nella
concitazione, aveva clamorosamente sbagliato mira, maEdward ebbe il buon cuore di non rinfacciarglielo.
Quindi non gli rimase altro che prendere la sedia dello
scrittoio come sgabello, e si inerpicò alla sua altezza. Issatosi che fu, cercò
di acchiapparlo con le mani. Ma in quell’istante il
felino saltò giù fino ad atterrare sul morbido tappeto con una
elegante parabola discendente e lui perse l’equilibrio, cadendo
disastrosamente sul letto.
“Roy! Ti sei fatto male?!” gli
chiese Acciaio, spaventato.
E lui gemette, più per frustrazione che per vero dolore.
“Solo la mia dignità ne è uscita malconcia.” Brontolò, infastidito. “Ma non mi farò mettere nel sacco
da uno stupido ammasso di pelo!” giurò, risollevandosi incolume.
Tora li scrutava ancora, dal
basso, stavolta, passandosi la linguetta ruvida sugli esili baffi.
“Forse pensa che sia una caccia…” suggerì Ed, preoccupandosi
quando Roy fece schioccare le dita in un riflesso condizionato, e ringraziando
mentalmente che non indossasse i suoi guanti, in quel momento.
L’Alchimista di Fuoco, però, trovò la soluzione ugualmente.
“A noi due, gattastro! Stavolta ti
scuoio!” e, con un movimento lesto, prese la coperta sfatta in fondo ai loro
piedi e la lanciò sul gatto, come trappola. Velocemente lo raccolse, a mo’ di
sacco.
Tora, da dentro, miagolava e
soffiava furiosamente.
“Ecco qua!” gongolò, soddisfatto di sé, sbatacchiando il
bottino come se fosse stata spazzatura da portar fuori. Con la stessa
disinvoltura, rivolse a Fullmetal il suo trofeo di
cacciagione.
“Ma sei impazzito?!” gridò invece
questi, alzandosi di scatto e attraversando la camera in larghe falcate, ricomponendosi la camicia sbottonata. “Gli farai male!
Potrebbe soffocare!”
“Macché! Ha ancora quattro o cinque vite da consumare… è
peggio di un homunculus!” Scherzò, senza tuttavia
accennare a liberarlo.
“Non mi dirai che non è la prima volta che lo maltratti!!” ringhiò, facendo scricchiolare l’auto-mail in modo
sinistro.
Roy lo guardò ma non rispose. Il
suo silenzio parlò per lui.
“Deficiente di un Taisa!” ruggì
Edo, battagliero, strappandogli l’involucro dalle mani. “E che non succeda
più!” e si apprestò ad uscire da lì, liberando un Tora
assai indispettito.
Ed era quasi ironico,
che Acciaio lo chiamasse con il suo vecchio,
nostalgico grado, solo quando era
preda dell’estasi dell’eccitazione o solo
se era altrettanto fortemente furibondo con lui. E di sicuro doveva scartare la
prima ipotesi…
“Ma… Ed… e la nostra serata?!” sbottò,
sbigottito dalla piega improvvisa che avevano preso gli eventi.
“Io e Tora andiamo a dormire sul
divano.” Lo punì. “Così avrai modo di riflettere sulla tua condotta
deplorevole!” e sbatté la porta, uscendo dalla camera da letto.
Roy sospirò affranto. La scatoletta vuota di vaselina che lo
fissava beffarda, sopra le lenzuola sfatte, a ricordargli che, quella sera,
sarebbe andato in bianco…
E gli sfilò davanti agli occhi il ricordo degli anni della repressione forzata. Gli anni della
continenza auto-imposta e del vitaleself-made, giusto per non soccombere. Fino a quando il suo Mamechan non aveva ceduto al suo corteggiamento paziente e
sfiancante e alla fine aveva capitolato offrendogli il suo cu-
…ore immacolato.
E allora era iniziata la seconda fase della sua personale sofferenza,
una mortificazione che avrebbe poi temprato il suo spirito –
ma soprattutto il suo corpo – nell’attesa sfibrante che il suo Fagiolino
biondo si decidesse a donargli, oltre che il suo amore, anche la sua parte più fisica.
E adesso, che un brivido freddo gli solcava la schiena alla reminiscenza
di tanta tribolazione, ci si metteva di mezzo anche quella tigre malcresciuta a rompergli le uova nel paniere!
Lui aveva diritto – diritto!
– a del buon, sano sesso quotidiano!
Era il suo scambio equivalente, per la miseria!
Osservò distrattamente il disordine che regnava nella
stanza, maledicendo quel mangia-crocchette-a-tradimento
e il suo koibito, che forse già dormivano, oltre quel
muro che li separava.
Però anche Edward aveva avuto un
bel coraggio a lasciarlo lì, così!
…Niente tiepido calore di Ed, quella sera.
Niente coccole e sospiri affannati.
Niente sesso bollente e visceralmente
bramato…
…E pensare che l’aveva fatto per lui!!
Fu in quel momento che cercò disperatamente di ricordare gli
ingredienti per quel preparato antico e ormai perduto, che aveva sentito
tramandare oralmente, in modo distratto anni addietro, quando, non ancora
Maggiore, era di stanza in una provincia dispersa tra i monti, al confine
Nordest di Amestris… quel segreto che, se non
sbagliava, si chiamava ‘Gato in tecia’…
perché – e rimpianse che i suoi guanti alchemici fossero in soggiorno – se non
poteva incenerirlo, se lo sarebbe almeno cucinato, quel traditore!
Fine
Disclaimers: I personaggi citati
in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna
forma di lucro, da parte mia.
Nota tecnica: Ok.
Ditelo, dai!, che è un capitolo col botto!! Non ve lo
aspettavate, eh?! ^____^ Ambientato tre annimezzo dopo l’inizio, quindi Ed è abbondantemente maggiorenne! *ç*
Questo capitolo è per quelli di voi che hanno detto che Roy
è troppo buono con Tora e lo tratta troppo bene.
^___^ Come promesso, questo è l’ultimo prima di partire per
ferie… ci rivedremo dopo metà agosto, miei cari.
Note varie: Koibito,
per chi non lo sapesse, in lingua giapponese significa ‘innamorato, amante’.
Riguardo all’ultimissima parte del capitolo…
Ehm… chi conosce i miei natali, è anche al corrente dell’infelice usanza dei
miei conterranei.
Generalmente, a chi ama fare dell’ironia con me, vado ripetendo che personalmente
io adoro i cani, e non amo i gatti.
Assolutamente no.Sono
grassi e stopposi. ^___=
Spunto di
riflessione: Premetto che questo discorso NON vuol assolutamente essere
polemico, e spero che sia ben chiaro.
Il fatto è che ho notato, a malincuore, un considerevole calo di letture e
recensioni negli ultimi capitoli che ho postato. Spero sia solo un calo
fisiologico dovuto alle vacanze e alla gente che è partita giustamente per la
villeggiatura, e che i miei lettori abituali, al ritorno, mi faranno dono delle
loro impressioni su tutti i capitoli che ho postato di recente.
Tuttavia, non posso fare a meno di chiedermi come mai,
paradossalmente, in questi stessi giorni di diminuzione, le mie storie siano
state inserite in modo vorticoso tra le fanfiction ‘preferiti’ delle varie personal page.
Alcuni dei lettori che dimostrano di stimare e apprezzare le mie storie, di fatto
non hanno mai lasciato nemmeno una recensione, o un commento (e non parlo
assolutamente solo di It’sraining).
Non pretendo necessariamente un’analisi minuziosa di una storia di cui conosco
già tutto, visto che l’ho scritta io, ma mi farebbe molto piacere – in ogni
caso – sentire anche opinioni nuove, anche dubbi o –
perché no? – qualche critica costruttiva.
E’ possibile farlo anche in privato, via mail, se vi disturba mettere in
pubblico i vostri pensieri.
Quindi mi appello a voi, lettori nell’ombra, vorrei avere modo di capire cosa vi piace delle mie storie. E vi
invito quindi a lasciare traccia del
vostro passaggio, come dice Yuki. ^^’’
Mi scuso, se può sembrare in qualche modo una coercizione, e non vorrei passare
per un’ingrata. Non ho mai obbligato nessuno a commentare (tranne forse Voce,
ma lui non fa testo ^___^), e spero comprendiate la mia ‘frustrazione’ come
autrice.
Torno a ringraziare
di cuore ai lettori affezionati e a quelli nuovi, per le vostre adorabili
recensioni.
Come sempre, sono graditi commenti,
consigli e critiche.
“TORA!!” l’urlo risuonò dalla
camera da letto fin nel salotto.
Ed sollevò gli occhi dal libro che
stava leggendo, comodamente sdraiato sul sofà.
A volte capitava che Taisa Mustang s’arrabbiasse con
il suo coinquilino, soprattutto se
questo combinava qualche guaio, come talvolta avveniva.
Talvoltaspesso, puntualizzò mentalmente, con
pignoleria.
E, come sempre accadeva quando
Acciaio era presente, il gatto sarebbe corso da lui, per cercare riparo dalle
ire del Colonnello.
Difatti, un lesto zampettare sul parquet gli confermò che
non si stava sbagliando.
Tora trotterellò velocemente verso
di lui, e saltando agilmente andò a nascondersi al suo fianco, nell’anfratto
stretto tra il suo corpo e il divano.
“Credo che il nostro amico abbia urgentemente bisogno di una compagna.”
Decretò Roy, tallonando a distanza l’animale.
Edward chiuse il pesante volume
con un piccolo tonfo, prima di prestargli attenzione.
“E perché è giunto a questa
conclusione?” chiese, scettico.
“Perché?!” ripeté l’uomo, tra
l’ironico e lo schifato. “Perché ha appena violentato
il mio maglione preferito!” sbottò, sollevando tra pollice e indice, con
espressione disgustata, un ammasso informe di lana, palesemente macchiato e
rovinato.
Quando Ed realizzò, scansò il gatto
da sé, come se improvvisamente fosse stato un barattolo di latte; le sue guance
s’imporporarono deliziosamente, ripagando Roy – almeno
in parte - per il capo rovinato.
“Cattivo, Tora!” lo rimproverò a
distanza, cercando di darsi un contegno. “Così non si fa!” riprese a sgridarlo,
per dissimulare l’imbarazzo.
La bestia tigrata li scrutava dal tappeto, e non aveva certo
l’aria di sentirsi particolarmente
colpevole.
“Che ne dici se combiniamo un incontro galante con la micia
di miss Rottherwall?” propose il Colonnello, improvvisamente
divertito.
Acciaio lo fulminò con un’occhiataccia. “Col cavolo!”
E poi sospirò. Accantonando per quella sera la sua avvincente
lettura.
“E con questo, a quanto stiamo?”
“Dunque… se escludi lo zoccolo anteriore
destro e quello sinistro della libreria, il mese scorso; le tende in bagno, due
settimane fa; il tappeto in entrata, i lacci delle mie scarpe…”
“Dovrebbe educarlo meglio, sa?”
“Non mi sembra che tu stia facendo molto, per tirarlo su come si deve! Passi tutto il
tempo a grattargli la pancia!”
“Ma quando ci sono io, lui si comporta bene!”
“Ah! Adesso sarebbe colpa mia?!”
“…forse si sente solo, e deve occupare il tempo…”
“E, secondo te, dovrei chiedere una riduzione d’orario per
paternità?” l’apostrofò, polemico.
Il giovane Elric distolse lo sguardo.
In fondo, anche lui avrebbe potuto dimostrarsi meno indulgente…
“Senta… che ne direbbe di andare a prenderne uno nuovo?” e
indicò il maglione maltrattato che lo fissava dal pavimento, dove Mustang
l’aveva gettato. “Il Sottotenente Havoc mi ha parlato
di un buon negozio all’incrocio tra Main Street e DahliaPlace. Dopodomani, finito
il turno, la accompagno e lo pago io, così siamo pari.”
“Non se ne parla nemmeno.” Tagliò corto.
“Perché no?”
“Perché non è stata colpa tua…”
“Insisto!”
“Mi basta che mi accompagni.”
“E glielo pago.” Ripeté, cocciuto.
“Acciaio, smettila!”
Edward stava per ribattere, quando
decise che doveva cambiar tattica, se voleva spuntarla con lui.
“Taisa…”
“Nh?”
“Tra qualche giorno compirà gli anni, giusto?” s’interessò,
conciliante.
“Sì, ma cosa…?”
“…allora…” Fullmetal abbassò di scatto il capo, sentiva le guance improvvisamente
più calde. Dannazione!, forse non era stata poi
un’idea così geniale... ma ormai era tardi per ritrattare, no?
“Allora… sarà il mio regalo di compleanno per lei…”
Mustang spalancò un enorme sorrisone mentale.
Perché, se fosse stato reale, Acciaio - senza dubbio - ne sarebbe rimasto sconcertato.
“Va bene. Accetto.” Accondiscese e, decidendo di sfruttare la scia della sua
buona stella, rilanciò: “Però lascia che dopo ti inviti a cena!”
“A cena?”
“Sì.” Fece spallucce. “E’ uno scambio sufficientemente
equivalente.”
“Ok. Ci sto.” Ed era stranamente
di buonumore, come non succedeva da tempo. “Non si rifiuta mai un’abbuffata a
scrocco!”
“Perfetto!” replicò, sarcastico, l’Alchimista di Fuoco.
“Tanto lo metterò in conto all’esercito!” e gli fece l’occhiolino, come a dire
che ormai erano complici.
Edo sbuffò, scuotendo la testa in un pacato rimprovero. “Lei
non cambierà mai…”
Roy sorrise malandrino, puntando lo
sguardo prima su di lui e poi su Tora, che li
ignorava, giocando con un nuovo regalo di Ed. “Io
cambierò… quando tu smetterai di viziarlo!” lo provocò.
“Sarebbe ardua…” ammise Fullmetal,
valutando l’ascendente che quella bestia godeva su di lui.
Quale bestia? Gli
sussurrò una vocina malevola. Tora?... oppure Taisa? Che parimenti gli faceva fare sempre – e comunque - ciò che voleva?
Senza dubbio, si era scelto una bella gatta da pelare…
Eppure, contro ogni logica apparente, stava sorridendo.
E si sentiva felice.
Fine
Disclaimers: I personaggi citati
in questo racconto e la frase su Garfield non sono
miei; appartengono agli aventi
diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.
Note varie: chiedo perdono, per la
lunga (e seppur preventivata) assenza.
Mi auguro che il capitolo vi sia piaciuto. Il prossimo sarà più lungo…^^’’
La cosa buona è che ho concretizzato idee per almeno altri 10 capitoli. Ma la cosa
brutta è che mi manca il tempo per scriverli ç__ç (e da domani si ritorna a
lavorare >.<)
La trama di questo, in particolare, è presa da una puntata del programma
‘Forum’ (e la mia ispirazione non ha alcuna forma di lucro nei suoi confronti).
Qualche anno fa, due amici coinquilini finirono
davanti al giudice (allora c’era solo Santino! ^__^) perché il gatto di uno dei
due aveva utilizzato il maglione del malcapitato come oggetto sessuale e la
maglia era stata lavata di corsa, con dentro – in una tasca interna - una
considerevole quantità di denaro e… ok. a voi non
interessa come sia finita, no? ^__=
Spunto di
riflessione: (parte 2^) Ringrazio i lettori che hanno compreso le mie
parole, in particolare quelli che hanno deciso di cominciare a recensire questa
e altre mie storie.
Ne approfitto anche per salutare chi ha preferito togliermi dal proprio angolo
dei ‘preferiti’. Ognuno è libero di fare come meglio crede. Ma forse è
sintonizzato lo stesso… quindi magari facciamolo sentire in colpa! ^__=
Un’ultima cosa…
Nella prima parte delle mie vacanze, in montagna, ho passato
una settimana con due gattine (?). Dico ‘gattine’, perché malgrado ci abbia provato
diverse volte, non mi è tuttora chiaro cosa siano in
realtà, anche se memore della saggezza di Maes. Tutto
questo per dirvi che mi sono rasserenata non poco, dopo questo fatto. Credevo
di aver scritto un’enorme boiata in quel capitolo, invece i fatti reali supportano pienamente la mia tesi. (Anche
quella preventiva che il problema non sia mio, ma io! >.<)
Torno a
ringraziare di cuore i lettori affezionati e quelli nuovi, per le vostre
adorabili recensioni.
Come sempre, sono graditi commenti, consigli
e critiche.
Note: il seguente scritto contiene riferimenti
yaoi.
Per ulteriori
spiegazioni, vi rimando alla conclusione della fic.
Dedicato a chi ha commentato i
precedenti capitoli della raccolta.
Avete una vaga idea dell’emozione
che mi dà ogni vostra recensione?
Grazie.
Grazie davvero.
Kiss the rain
byelyxyz
Roy chiuse il parapioggia
gocciolante e lo infilò nel portaombrelli.
Il Tenente Hawkeye
aveva insistito per riaccompagnarlo con l’auto, dato il tempo inclemente, e lui
aveva percorso a piedi solo un centinaio di iarde, dal negozio all’angolo fino a
casa, eppure si era inzuppato per bene ugualmente.
Il pacchetto che teneva tra le
dita, in equilibrio precario, rischiò quasi di cadere; ma grazie ai suoi ottimi
riflessi aveva evitato un piccolo guaio.
Osservò la carta leggermente
rovinata dalle gocce dell’acquazzone e sorrise tra sé.
Mame-chan andava matto per quei dolcetti.
Perso nei suoi pensieri,
s’inerpicò per le scale, accelerando l’andatura senza quasi accorgersene.
Aveva già la mano libera in tasca,
a frugare in cerca delle chiavi, come d’abitudine, ma ci ripensò.
Suonò il campanello, e attese.
E’ bello avere qualcuno a casa, che attende il tuo ritorno
e ti accoglie sulla soglia.
Il borbottare seccato di Edward non poté che renderlo ancor più di buonumore.
“Arrivo! ARRIVO!!”
Lo sentì ciabattare, e far scattare la serratura. “Ma perché continua a
dimenticarsi le chiavi in ufficio?” lo accolse sull’uscio, brandendo un mestolo
con aria fintamente infastidita, grembiule deliziosamente gigantesco per lui, e
uno sbruffo bianco sul naso.
Capitava, a volte, che il
Colonnello Mustang si dovesse fermare al Quartier Generale più a lungo del normale orario, per delle
riunioni improvvise o per questioni di rilevante importanza… e se ciò accadeva
in uno dei loro rendez-vous habitués, Fulmetall aveva preso l’abitudine di precederlo, e di
imbastire una cena in attesa del suo arrivo. Poi, come di consueto,
s’immergevano in una lettura, o in un confronto stimolante sulle più recenti
scoperte alchemiche.
“Perché ho una cameriera che mi
apre!” ghignò Roy, adocchiando ironicamente la sua mise.
Ed s’inalberò. “BakaTaisa! Io non sono-”
“Pensierino!” esclamò, sventolandogli
davanti al naso la scatolina della pasticceria e, approfittando di quell’espediente per distrarlo, svicolò dentro.
Quando il giovane Elric s’accorse del raggiro, l’altro era già all'interno.
“Ma prego!” ringhiò. “Faccia come se fosse a casa su-”
“Hai il naso sporco di farina.” Lo
interruppe, e allungò un dito verso la sua faccia.
Per un istante, Acciaio pensò che
stesse per ripulirlo. Per toccarlo. Indietreggiò appena, forse spaventato. Di
sicuro impreparato.
Ma l’uomo si era limitato ad
indicarglielo, accantonando poi il tutto, con un semplice “Vado a cambiarmi.”
Tora gli zampettò accanto, dandogli il suo personale
bentornato.
Edo lo osservò sparire verso la
camera da letto, dopo essersi tolto in fretta gli stivali imbrattati e
l’impermeabile zuppo, nell’anticamera.
E si ritrovò a sospirare. Ma che cavolo gli era preso?
Si sentiva quasi… quasi… deluso.
Si diede dello sciocco. Che razza
di pensieri gli venivano in mente?
Un familiare sfrigolio gli ricordò
che la cena era ancora sul fuoco, e reclamava la sua attenzione.
“Taisa!
E’ pronto fra cinque minuti!” lo avvisò, urlando in direzione del corridoio.
Non aveva ricevuto risposta, ma difficilmente Roy avrebbe potuto ignorarlo.
Erano quasi le 21, e il suo
stomaco brontolava impaziente. A stento, quello del suo superiore si sarebbe
comportato più stoicamente.
Nel momento in cui spense l’ultimo
fornello, coprendo la pentola perché non si freddasse, il campanello di Casa
Mustang trillò.
Ma chi poteva essere a quell’ora?
Guardò d’istinto verso la finestra
del cucinino. Fuori era buio, e pioveva ancora a dirotto.
“Edward!
Puoi aprire tu?!” si sentì chiedere, da lontano. Di
certo il Colonnello era ancora in bagno.
Un secondo squillo impaziente lo
indispose inconsciamente.
Sbuffò, pulendosi le mani con uno
straccio, e dirigendosi all’entrata. Non senza brontolare all’indirizzo
del seccatore di turno, che indubbiamente avrebbe ritardato la loro meritata
cena.
Quando aprì, si trovò dinnanzi
un’avvenente moretta sulla trentina, avvolta in una vistosa pelliccia, un po’ prematura
per quella stagione.
Non ebbe il tempo di chiedersi
cosa indossasse al di sotto,- SEindossasse qualcosa sotto -, perché lei
prese la parola, salutandolo.
“Ciao, ometto!” e allungò una mano affusolata, dalle appariscenti unghie
smaltate, per accarezzargli con materno affetto la testa.
“Roy-chan
è in casa?” domandò, dall’alto del suo metro e ottanta, tacchi compresi.
Tacchi. Che eufemismo!
Se non fosse stato troppo intento
a chiedersi come quella donna
riuscisse a rimanere in equilibrio su quei trampoli, avrebbe certamente
dimostrato il suo quieto dissenso per
quell’appellativo ingiurioso.
“Ho visto le luci accese…” ritentò
lei, con una vocina dannatamente zuccherosa. “Allora? Roy-chan
è in casa…?”
Non seppe il perché, ma la odiò.
Raramente EdwardElric
aveva provato un odio così viscerale e immotivato verso una persona sconosciuta.
Ma non poté – e non volle – impedirselo.
“Acciaio, ma chi è?”
Giusto quando stava per mandarla
al diavolo, il Colonnello Mustang comparve alle sue spalle, bloccandolo tra di loro.
“Ah! Ehm…” esalò, sorpreso,
vedendola.
“Emily,
sì…” miagolò lei, languidamente, fraintendendo la smemorataggine dell’uomo. “Sono
tornata in città, e mi sono chiesta se…” ammiccò “avevi voglia di passare la
serata con me…”
Non si chiese per quale ragione, ma Edo sperò di cuore che la cacciasse via al più
presto. Possibilmente in malo modo.
Dopotutto… era un loro venerdì,
quello, no?!
Ed era un sacro rituale, quello
che avevano… lui si impegnava sempre per rispettarlo, talvolta anche
trascurando Alphonse, e non poteva accettare niente
di meno dal suo superiore. E l’Alchimista di Fuoco si era sempre dimostrato
fedele a quel patto implicito. Fino a
quel momento. Quindi che si muovesse a liquidarla in fretta, dannazione!
E invece, quei due rimanevano
imbambolati, senza che Mustang ponesse fine a quella spiacevole visita.
Sgradevole.
…per lui era sgradevole, ma per
Roy?
E se avesse preferito di gran
lunga l’improvvisata di quell’oca sui trampoli, invece
che stare con lui?
Ad essere onesti, aveva ben cognizione che il Taisa
avesse sempre avuto un via vai di presenze femminili ad allietare le sue notti.
Era risaputo in tutto il Quartier Generale, e lui lo
aveva sempre accettato. Biasimandolo, certo. Non gli andava giù che una di
quelle sgualdrinellepotesse
affezionarsi a Tora, magari riuscendo addirittura a
convincere il Colonnello a regalarglielo…
Soloper Tora, ben
chiaro. Senza nessun interesse personale...
Gli rivoltava lo stomaco e provava
disgusto, pensando alle donne che cambiava con la stessa frequenza con cui Jean si accendeva una sigaretta nuova. Però…
Da parecchi mesi, invero, si
vociferava che Mustang avesse improvvisamente adottato una condotta morigerata,
tanto da lasciare orde di femmine in lacrime. Ma Ed
non ci aveva mai creduto del tutto.
Perché imporsi un’astinenza
forzata, se non aveva giurato fedeltà a nessuna?
E di sicuro non l’aveva fatto. Altrimenti
il Sottotenente Havoc avrebbe appeso i festoni in
ufficio, se il temibile rivale fosse uscito dal mercato.
Lui, di striscioni, non ne aveva
visti. E quella tizia lì davanti confermava la sua ipotesi iniziale.
In fondo, Taisa
Mustang non sarebbe mai cambiato.
E perché gli desse così fastidio,
a tal punto da sentire un nodo stretto allo stomaco, lui non voleva saperlo. Era
solo fame. Fame e antipatia.
Quella gallina truccata sarebbe
sembrata odiosa persino ad Al, si disse, che
notoriamente trovava simpatiche anche le ortiche.
“Con… te?” ripeté Roy, colto alla
sprovvista; riportandolo al presente.
Ma s’era rincoglionito?Edward gli diede una forte gomitata, per svegliarlo,
ma richiamò l’attenzione su di sé.
“E’ il tuo fratellino, questo?”
chiocciò lei, fingendosi interessata, per ingraziarselo. “Oh… forse non vi
assomigliate poi tanto… è il tuo nipotino?” aggiustò il tiro, sorridendo come
una compassata incantatrice mangiauomini.
Questo era troppo.
Davvero troppo.
“Si diverta conlei! Io me ne vado!!” sbraitò, spintonandoli da parte per rientrare. Si limitò
a calzare gli stivali, senza tirare le stringhe. E poi corse giù per la tromba
delle scale.
Roy bestemmiò tra sé, cercando di
fermarlo.
“Ed, aspetta! Aspetta, non…” ma il giovane Elric era già in
fondo.
Oh, dannazione!
A che cazzo era servito allontanarsi dal mondo del
piacere, se poi Acciaio travisava tutto, e lo credeva ancora un farfallone
impenitente?
Come avrebbe potuto fidarsi di
lui, se lo reputava nuovamente così superficiale?
Maledizione! Non ci pensò neppure
su, spinse Emily di lato, richiamandolo. Ma ormai era
oltre il portone.
E allora infilò le prime scarpe
sull’uscio e un soprabito cerato e gli corse dietro. Perché doveva chiarire
quella situazione. E farlo subito.
Che diamine gli era preso? Fare
quella scenata da amante tradito… quella fuga da film di terza classe, sotto
quel dannato tempo da lupi!
Gliene avrebbe dette quattro, ecco
perché lo rincorreva. Ed era uscito anche senza impermeabile, quel testone!
Non ricordava neppure se aveva
chiuso la porta di casa. Sperava in cuor suo che Toraavesse un po’ di senno e non decidesse di uscire, e
magari scappare, proprio quella sera.
Gliene bastava uno, di piantagrane!
Aumentò la corsa, fiducioso di
poterlo raggiungere in fretta. Se Fullmetal avesse
avuto un minimo di buonsenso, non avrebbe mai scelto la via più corta e meno
raccomandabile a quell’ora, per tornare agli alloggi
militari, dove credeva stesse andando.
Ma Acciaio non sapeva nemmeno dove
stesse di casa, il buonsenso!
Non era solo alto come un fagiolo,
a volte quell’idiota aveva anche il cervello grande
come quel legume!
E Roy non avrebbe mai dormito,
senza essersi accertato che fosse al sicuro.
Non che quel nanerottolo non fosse
in grado di difendersi, però sembrava sconvolto!
E non poteva certo chiamare nei
dormitori degli Ufficiali, e spaventare Al, nel caso
non fosse ancora tornato.
Ma, perché diamine era scappato?!
E, - accidenti a lui! – avrà avuto
pure le gambe corte… ma sapeva correre dannatamente
veloce!
L’Alchimista d’Acciaio avanzava
rapidamente, incurante della pioggia scrosciante, con una rabbia burrascosa che
non riconosceva come propria.
Si sentiva tradito. Ferito e
tradito.
E più cercava di raccapezzarsi,
più sentiva un grosso mal di testa scuotergli il cervello.
Che razza di figura aveva fatto!
Di sicuro, in quel momento, il
Colonnello e la sua amichetta stavano ridendo di lui, della sua sparata
infantile.
Non voleva neppure prendere in
considerazione l’idea che fosse qualcosa di diverso
dallo sfogo di un bambino capriccioso, a cui avevano sottratto un giocattolo.
…in fondo, Roy… era questo, per
lui?
Era solo questo?
Un adulto che gli dedicava un po’
del suo tempo. Che lo trattava da pari, che lo incoraggiava e lo aiutava,
nell’approfondire i suoi studi?
Era affezionato al Taisa… solo per quello?
Per semplice egoismo?
Rabbrividì a quel pensiero, o
forse per il freddo che gli era penetrato fin nelle ossa.
Cosa diamine era diventato, per
lui, Roy Mustang?
Ma soprattutto... quando era diventato così bravo a
mentirsi?
E l’Alchimista di Fuoco intanto
correva, anche se rallentato dall’ingombrante impermeabile, nelle orecchie il
sangue che pulsava veloce, e un peso all’altezza del cuore.
Sarebbe mai riuscito a raggiungerlo?
Quando ormai non ci sperava più, riconobbe
la familiare treccia bionda sfrecciare nella traversa di fronte a lui.
E commise l’errore di chiamarlo,
cercando invano di fermarlo. E lo vide infilarsi in un vicolo semibuio, a
destra, senza rallentare mai e poté solo inseguirlo.
Ma perché cazzo
non si fermava?!
Con un ultimo scatto, quasi
disperato, lo raggiunse, bloccandolo a ridosso di una casa diroccata, evitando
per miracolo di cadere.
Il sollievo lasciò posto alla
rabbia, e lo sbatté contro il muro con malagrazia.
Edward, che fino a quel momento aveva evitato in tutti i modi di
guardarlo, si volse, per fronteggiarlo.
Sembrava furioso, ma perché? Era
lui, semmai, a doversi sentirsi furente!
“Perché diavolo te ne sei andato a
quel modo?!” lo aggredì a parole.
“Era ovvio che fossi io, quello
sgradito.” Sibilò, tenendogli testa. “E volevo
togliere il disturbo per la sua serata con quella… quella.” Replicò, con disprezzo.
Roy, accecato dall’ira, non ci
vide più
“TU! …Piccolo, brutto bastardo!” ringhiò,
afferrandogli la giacca all’altezza delle spalle e strattonandolo. Anche
l’auto-mail di Fullmetal compì un gesto simile,
scattando sulla difensiva, artigliando l’impermeabile sullo sterno. “Che cazzo ne sai, tu,
di me! Eh?! Cosa ne vuoi sapere?!” Sembrava un fiume in
piena, mentre ringhiava quelle parole, sbatacchiandolo sulla parete ad ogni
frase, per rafforzare il concetto.
Per un istante, Acciaio pensò
seriamente che fosse impazzito.
“Taisa...
la prego, la smetta…” tentò, soffiando quelle parole direttamente in faccia
all’altro. Ma era troppo tardi. Il fiume in piena aveva rotto gli argini.
“Che ne sai di me?” ripeté Mustang, stavolta quasi con voce
incrinata. Lo sguardo da invasato. “Dei miei sentimenti… che ne sai?”
Ed sussultò, per l’improvvisa disperazione che percepiva. Ma la
stretta che lo inchiodava rimaneva ferma, salda. “Ti sogno ogni notte. E ti
penso ogni giorno. Ti desidero ogni maledettissimo istante della mia giornata!
Come cazzo pensi che stia, a vederti in ufficio e
dovermi trattenere… a casa mia, e non poterti mai sfiorare… sono un uomo,
dannazione! Ma mi sono innamorato di te!!” deglutì a
fatica, scuotendo la testa per calmarsi, quindi puntò nuovamente lo sguardo, smarrendosi
in quell’oro fuso, i loro respiri che quasi si
fondevano, tanto erano vicini. “Io… io… fermami, prima che faccia una
sciocchezza.” Il tono era duro. Ma era una supplica.
“E se io… se io non volessi fermarti?” sussurrò Edo,
perdendosi a sua volta in quel nero lucido.
Roy tremò. Se d’aspettativa o di
rabbia non era dato saperlo.
“Non prendermi in giro,
ragazzino!” lo ammonì furibondo.
Ma Edward
non attese oltre.
Azzerò le distanze contraendo la mano
che teneva il soprabito verso di sé, tirandoselo addosso.
E fu solo un cozzare di labbra e
denti e amore e disperazione. Inesperienza. Eppure resistette. E divenne bacio.
Quando respirare si fece necessità,
rimasero le loro fronti a contatto, gli occhi dell’uno fissi nell’altro.
“Non. Giocare. Con. Me.” Ripeté
l’uomo, greve. Ma la voce gli tremava.
Oh, sì...
...a giocare col fuoco ci si brucia...
Ed ansimava ancora, affannato. E
lo fissò. E fu l’unica risposta che riuscì a dargli.
Perché qualsiasi parola sarebbe sembrata una promessa vana.
A Roy sembrò bastare. E se lo
strinse contro, trascinandoselo dietro, quando le forze e la tensione lo
abbandonarono. Se lo abbracciò stretto, inginocchiato in quel vicolo sudicio. Sotto
il diluvio scrosciante. Come a proteggerlo da tutto. Perché non aveva la minima
intenzione di farselo scappar via.
E riprese a baciare le sue labbra
bagnate.
Sulle guance accaldate. Il naso
gelato. Le palpebre abbassate.
Il collo, su cui scorrevano
rivoletti d’acqua.
E infine, baciò anche la pioggia.
Fine
Disclaimers: I personaggi citati
in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna
forma di lucro, da parte mia.
Il capitolo prende il titolo
dall’omonima canzone di BillieMyers,
che io adoro. (Prima o poi ci farò una song-fic! *__*)
Note varie: scrivere questo capitolo
è stata una sofferenza. Nella mia testolina filava che era una meraviglia, ma
poi stenderlo si è rivelata un’impresa ardua! Ç__ç
Però ci tengo in modo particolare, perché è il clou della storia stessa. Siamo
ad un punto di non-ritorno, (anche se noi sappiamo che la raccolta fa dei salti
cronologici), è il giro di boa...
Sono un po’ titubante, lo ammetto.
Perché avrei potuto renderlo diversamente, o forse vi aspettavate che Roy si
dichiarasse comodamente sdraiato sul divano, con Ed al fianco e Tora in braccio… ma è nato così. E non me la sentivo di
cambiarlo.
Perdonatemi, se vi ha deluso. Ç__ç
Detto questo, ‘baka’
significa stupido, per chi non lo sapesse. E risveglia in me antichi ricordi,
su un certo Do’aho e una BakaKitsune che mi hanno fatto battere il cuore per lungo
tempo…
Chi mi conosce da tempo, sa che la
mia pignoleria è leggendaria. Prima di scrivere qualcosa, ne valuto la
veridicità, controllo le fonti e così via.
Parecchio tempo fa, ho incontrato
una song-fic intitolata appunto ‘Kiss
the rain’.
L’autrice in questione sosteneva in breve quanto segue:
Una locuzione gergale è ‘kiss the rain’,
che però – a dispetto della somiglianza - ha poco a
che fare con romantici eventi atmosferici, in quanto si traduce con un efficace
‘baciami il culø’, ‘leccami le scarpe’…
‘ciucciami il calzino’! (per
dirla come BurtSimpson)
…non esattamente poetico, eh? ^____^
Adesso non ascolterete più la
canzone di Myers con lo stesso trasporto… ^__=
Mi sono documentata ovunque,
chiedendo a persone più esperte di me, nella lingua inglese.
Ma nessuna di loro ha saputo darmi
conferma di quest’affermazione.
Sarebbe quindi semplice trattarla come una bufala.
Tuttavia… se ricordate nel video
che accompagna questa canzone, Billiesta
cantando e sfasciando - e vado a ricordi - una camera intera, mentre fuori
scende un acquazzone tremendo, sembrando un tantino incazzata/disperata.
Il che mi fa dubitare un pochino del valore romantico che le viene
attribuito… perché fare un video così, altrimenti?
In sintesi: chiunque possegga
informazioni sicure su quest’argomento
(tranne la traduzione che gira nel web, che già posseggo) avrebbe la mia
gratitudine, se mi chiarisse il dilemma. (Soprattutto
in funzione di una mia eventuale song-fic).
In ogni caso, ho fatto in modo che
il titolo si potesse interpretare sia in modo letterale, che secondo l’ipotesi
‘scurrile’. Difatti, sia Roy che Ed erano un tantino incazzati…
PRECISAZIONI AL CAPITOLO PRECEDENTE.
Molti di voi mi hanno chiesto che
collocazione temporale avesse. (Ad alcuni, ho già
risposto in pvt). Io immagino sia inserita
dopo che i mici sono nati. Per capirci, quando Ed va
da Roy, la sera, e legge sul divano con lui.
Per il titolo, forse è bene chiarire: in pratica, si gioca
sul 'prendo', nell’accezione sessuale del termine,
(povero maglione stuprato! >.<) e in quella del prendere senza chiedere,
fare il maleducato. Tora 'vive' la casa come vuole,
e fa parecchi danni, perché 'prende' ciò che gli serve, quando vuole, e non
domanda... (le tende strappate, i lacci
rosicchiati... i graffi sul legno…) Ok. credo sia tutto…^^’’ perdonate il trattato
infinito! >.<
Torno a
ringraziare di cuore i lettori affezionati e quelli nuovi, per le vostre
adorabili recensioni.
Come sempre, sono graditi commenti,
consigli e critiche.
Note: il seguente scritto contiene lievi riferimenti yaoi
Note: il seguente scritto contiene lievi
riferimenti yaoi.
Prima che leggiate, è bene ricordarvi ancora che questa NON è una long-fic, bensì una raccolta. Non cercate per forza un nesso tra i capitoli, a meno che non sia chiaramente specificato da me.
Alcuni avranno una datazione cronologica, da me precisata
all’inizio, se sarà necessario.
Anche perché, se dovessi impostare i cap
seguendo un ordine logico-cronologico, (diverrei pazza >.<) dovrei buttar
via alcune idee carine, che invece hanno un loro senso nell’ottica di una
raccolta, appunto.
Questo capitolo, per esempio, è ambientato circa 6/7 mesi
dopo il cap 5, quando Roy e Edward
scoprirono la cucciolata di Tora.
Per ulteriori spiegazioni, vi
rimando alla conclusione della fic.
Dedicato a chi ha commentato i
precedenti capitoli della raccolta.
E agli adorabili recensori
delle mie ultime ficcine: Ritorno a te (Casa) e
Sensual2.
Grazie.
Can che abbaia...
non morde
byelyxyz
“Ed, ma che è successo?!” Chiese
Mustang, osservando l’incipiente bernoccolo sulla sua fronte. “Hai fatto a
botte?!”
“La signorinaRottherwall.” Bofonchiò Edo, tra il risentito e il
vergognoso, entrando in casa e accomodandosi sul divano.
“E cos’hai combinato, stavolta?”
“Io? IO?!” sbraitò, accalorandosi
tutto. “Quella vecchiaccia isterica mi ha aggredito, mentre venivo qui! Sembrava un’ossessa! Strillava frasi sconnesse sui
maschi che nonriescono
a tenere i pantaloni chiusi…”
“Minùdev’essere
nuovamente incinta.”
“Lo credo anch’io.” E si girarono a fissare Tora che sonnecchiava beato, ignaro di tutto.
“Beh, Maes ha tanto di quel posto…
e ha sempre sognato un allevamento di
gatti!” sorrise, serafico. “Andranno anche questi, sotto scorta, fino a Central.”
“Uhm! Per me va benone! Se il
Tenente Colonnello è d’accordo…”
“Sai, Fullmetal, stavo pensando…”
e si fece meditabondo. “Abbiamo adottato l’unico gatto monogamo di East City!” rise.
“Di tutta Amestris!” lo corresse Ed, unendosi alla sua risata, riscoprendo il
buonumore.
“Edward…” Mustang si risollevò dal
sofà, indossando le pantofole.
“Mh?”
“Sei stato picchiato nuovamente
da una vecchina… non è molto onorevole, ne sei conscio?”
“Ma che altro potevo fare? Difendermi?! Lo sa anche lei che
non picchio le femmine… se posso…
…e se non sono Homunculus
travestite… e se non sono perfide streghe come Winry,
e…
…ma quella Miss Rottherwall è una
strega! Una vera megera! Mi sento autorizzato
a renderle il favore!” decretò,
vendicativo, alzando la voce; per informare il Colonnello che intanto era
sparito in cucina, a fare chissà che.
“Intanto, eroe, mettiti
del ghiaccio!” e gli porse un piccolo sacchetto gelato. “Vado a cercare una
pomata…”
“Lasci perdere, è una sciocchezza! DAVVERO!” cercò di
sminuire l’accaduto.
“Dunque, non serve vendicarsi, se è una sciocchezza…” sottilizzò
Roy, tornando dal bagno, divertendosi un pochino a metterlo in difficoltà.
“Beh, sì, però…” farfugliò Edo, “quella è pazza! Se si ritrovasse il nostro
Tora tra le mani, non oso pensare…”
L’oggetto delle loro preoccupazioni s’era svegliato, a causa
del trambusto, e in quel momento si stava prodigando in un’accurata sessione
d’igiene personale.
Lo sguardo che i due militari si scambiarono fu eloquente,
così come le reazioni prevedibili.
Mentre Acciaio arrossiva
pudicamente, il ghigno ironico dell’Alchimista di Fuoco s’andava allargando sempre
più.
“Non gli succederà nulla, fintanto che rimarrà qui… non
credo che Miss Rottherwall si diletti in arrampicate
notturne sui tetti…” scherzò, anche per sdrammatizzare un po’.
Edward mugugnò il suo assenso, a denti
stretti. Ma dannazione se non bruciava, quel ghiaccio!
Si tolse l’impacco. “Com’è?”
“Grosso, gonfio e viola.”
“Scherza?!”
“No-no! Ha un suo fascino artistico, sai? Crea un piacevole
contrasto cromatico coi tuoi capelli biondi…”
“Taisa! Grrr…”
ringhiò, fulminandolo.
Ma l’altro non si diede pena di difendersi, e anzi gli si
avvicinò.
“E’ ora di mettere la pomata, altrimenti Alphonse
penserà che sia stato io a malmenarti…” e gli mise un po’ di unguento sul bozzo
dolorante.
“Uhm… sa che non è mica una cattiva idea?!”
fece finta di pensarci su. “Il mio fratellino è di indole dolce e buona; ma è
molto forte, e sa essere pericoloso, quando serve… e non è neppure un militare,
quindi non le deve obbedienza…” sogghignò, in modo assai poco raccomandabile.
“Parla, parla!
Tanto… il can che abbaia non morde!” filosofò Roy, tenendosi
concentrato sulla medicazione.
“Quella vecchiaccia ha abbaiato e ha anche morso!” lo
contraddisse, polemico. “E lei ha sempre ringhiato, chi mi dice che non morderà?!”
“Cos’è? Mi vuoi far espiare le colpe del passato?” insinuò,
senza però smettere di spalmare la crema, di modo che penetrasse sotto la
pelle. “Dov’è finito il nostro armistizio?”
“Le tregue sono stipulate per essere infrante!” disse
allegramente, con una punta di furbizia.
“Non da me.” Replicò, improvvisamente serio. E gli appiccicò
sbrigativo un grande cerotto, perdendo inaspettatamente la gentilezza dei gesti
precedenti.
Edward sussultò. Forse per il
dolore, forse per la sorpresa. Lo fissò, smarrito.
Occhi improvvisamente insondabili si distolsero per primi, e
mani indaffarate raccoglievano tubetti, tappi, ghiaccio e scappatoie.
“Ho finito. Puoi andare a casa.”
Fine
Disclaimers: I personaggi citati
in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna
forma di lucro, da parte mia.
Note varie: ringrazio Shatzy, che mi offre l’opportunità di chiarire a tutti una
cosa su questa saga… La raccolta non è SOLO sui gatti. Non è Tora-centrica.
Il titolo del 1° cap dice tutto: It’srainingcats & dogs. Il verbo piovere; gatti e cani.
L’intera odissea deve avere una di queste tre colonne portanti.
Di fatto, nel primo cap è la pioggia che fa da
padrona.
Nel secondo le gatte da pelare
Nel terzo Ed che è un ‘cane’ (dell’esercito).
In origine, la raccolta finiva lì.
Ma ho presto deciso di proseguirla. Avevo accarezzato l’idea di alternare
sempre ogni cap riferito ai tre: pioggia, cane,
gatto, pioggia, cane, gatto… ma non potevo sacrificare l’ordine della storia in funzione di un titolo, e ho deciso di rinunciare.
Ho pronti almeno 3 cap con il titolo sulla pioggia,
ma ho dovuto dare spago ai gatti e cani, perché questi cap
necessitano che i lettori abbiano un tot di ‘argomenti già letti’
per capirli e gustarli appieno.
Tutto questo per dirvi che non sempre Tora comparirà,
più avanti. E’ un elemento che do per assodato, come uno ‘sfondo integratore’, che si sa che c’è, anche se non si vede.
Note al cap precedente: sono rimasta sinceramente sorpresa, che nessuno dei commenti
avesse puntato l’attenzione sul rapporto Roy/pioggia. Stiamo parlando di Roy -odio la
pioggia- Mustang!
Nell’inizio della fic, si vede un Roy zuppo, eppure
felice, che si è fatto accompagnare perché ha insistito Hawkeye.
Eppure sorride, perché c’è Ed a casa che lo aspetta...
Poi, quando Edo fugge, cito testualmente: "E allora infilò le prime scarpe
sull’uscio e un soprabito cerato e gli corse dietro. Perché doveva chiarire quella
situazione. E farlo subito."
Poco importa se fuori c’è un odioso temporale, acquazzone, il diluvio. Lui va.
Infine, quel baciare Ed e anche la pioggia... è il culmine. L’aver chiarito con
Ed gli dà così gioia, così serenità, da esser disposto
ad un armistizio persino con la sua nemica naturale: l’acqua.
Come a dire che -quel momento- è talmente grato al mondo, da esser grato pure a
lei... che è lì con loro, come testimone...
Ecco^^’’ mi sembrava carino chiarire la mia visione… di solito siete tutti
bravissimi da soli, a sviscerare le mie idee…
Ringraziamenti: ne approfitto qui per
ringraziare quanti hanno letto e commentato la mia nuova fic su Inuyasha
e quanti hanno recensito la storia su Slam Dunk, che ho postato in questi giorni.
Se siete interessate/i alle mie produzioni nel complesso, tenete d’occhio il
mio account. Di questi tempi sto spaziando molto, su vari fandom.
E, visto che molti di voi mi hanno scritto in pvt, per sapere qualcosa su di me… dopo 6 anni, ho
messo uno straccio di bio,
nella mia personal page.
Grazie di cuore ai lettori affezionati e
a quelli nuovi, per le vostre adorabili recensioni.
Soprattutto a chi mi sta seguendo anche in altri fandom.
Non essendo loggati, non ho altri modi per
ringraziarvi…
Come sempre, sono graditi commenti,
consigli e critiche.
Roy mustang vagava per i corridoi dell’alloggio ufficiali come
EDIT: sia nella
mia anteprima che aprendo il capitolo, il titolo della fic
si vede: è color azzurro-neve
contornato di nero.
Per cortesia, avvisatemi
se non lo vedete! Grazie.
Note: il seguente scritto contiene lievi
riferimenti yaoi.
Guest
stars: Alphonse Elric & Jean Havoc.
No, non sono così smemorata da
non ricordare di aver già postato un’altra storia, una song-fic
(Novembre Rain) su questo stesso fandom.
Anzitutto, è bene precisare che questa
non è una song-fic; però tre strofe e il titolo
stesso rientravano nella raccolta, ed erano perfetti per questo capitolo, in
particolar modo. Mi sembrava uno spreco rinunciarvi.
Per ulteriori spiegazioni, vi rimando alla conclusione della fic.
Dedicato a chi ha commentato lo
scorso capitolo.
Con immensa gratitudine.
byelyxyz
Roy Mustang vagava per i corridoi dell’Alloggio Ufficiali
sembrando un’anima in pena.
“Buonasera, Colonnello!” lo salutò, come sempre
educatamente, il minore degli Elric.
“Ciao, Alphonse. Come sta tuo
fratello?”chiese, cercando, per quanto possibile, di mantenere un tono
incolore.
“La febbre non è ancora scesa… e lo fa delirare, ogni tanto.” Rispose, non nascondendo una punta d’ansia. “Il dottore ha
detto che deve riposare molto, ma quel testone non sente ragioni, per questo va
tenuto d’occhio.” Scosse le spalle, sferragliando. “Il
Sottotenente Havoc era fuori servizio, e ha insistito
perché andassi a distrarmi un po’… anche se non devo
dormire o…”
“Hai bisogno di svagarti un attimo anche tu.” Concluse l’altro, comprensivo.
Probabilmente, se avesse potuto,
sarebbe arrossito.
“Da quanto è dentro, il Sottotenente?” s’interessò.
“Più o meno un paio d’ore. Stavo proprio per dargli il
cambio.”
“Prenditi ancora un po’ di tempo, resto io con lui.” S’offrì.
“Taisa, senta…” le orbite vuote
brillarono un istante. “…io volevo ringraziarla…”
“E per cosa? Devo ancora entrare!” si schernì, con quel
sorriso strafottente con cui si proteggeva quando
sentiva che forse stava sforando in un terreno minato, e quindi pericoloso.
“No, Colonnello. Non mi riferivo alla sua visita di
cortesia… almeno, non solo a quella…” specificò, tentennando leggermente,
scrutando guardingo il corridoio deserto. “Grazie. Per tutto quello che sta
facendo per Ed.”
“Nh?”
“Per lui è davvero
difficile affezionarsi a qualcuno, però ci tiene a lei, ed è una cosa
bellissima.” Disse, con genuina gioia. “Io lo so che Nii-san viene da lei, quelle sere in cui sparisce per delle
ore.”
“Non succede niente di particolare… non capisco perché non
venga anche tu…”
L’armatura fece oscillare l’elmo, in senso di diniego. “No.
Non voglio.
…è uno spazio vostro.
E mi va bene così. E’ giusto che Edward abbia degli
interessi che non mi coinvolgano.”
Do youneed
some time... on yourownHai
bisogno di un po’ di tempo... per conto tuo?
Do youneed some time... all aloneHai bisogno di un po’ di tempo... da solo? Everybodyneeds some
time... on theirownTutti hanno bisogno di un po’ di tempo per
conto loro Don’t youknowyouneed
some time...Non sai che hai bisogno di un po’ di
tempo...
All aloneDasolo?
“Non dobbiamo star sempre appiccicati più di quello che già
siamo; io desidero che stia un po’ per conto suo …o con lei. Perché quello
zuccone si sente responsabile per me, e a volte è fin troppo premuroso…”
“Asfissiante, eh?”
gli venne incontro.
Inclinò un po’ di lato il pennacchio, imbarazzato. Era
un’ammissione.
“Anche se so che mi vuole bene e lo fa per me…” ribadì,
quasi a scusarsi. “Il punto è che il mio fratellone
non sa mentire, e per venire da lei inventa delle pessime bugie.”
“Bugie?” ripeté incuriosito, inarcando un sopracciglio.
“Sì,” la corazza annuì. E Roy
avrebbe giurato che stesse sorridendo. “Tipo che deve recapitare documenti
urgenti che lei si è scordato di firmare…”
“Ma ogni tanto succede davvero!”obiettò Mustang.
“Uhm… con quella di mercoledì scorso, fanno 85… no, 87
volte…” lo informò, ironico.
“Io ho davvero una
pessima memoria, e Fullmetal si offre sempr-”
“Non lo giustifichi, Taisa. Non
serve.” Sventolò i palmi sferraglianti davanti a sé, come a dire che bastava.
“Glielo ripeto: sono immensamente felice che il mio fratellone
si sia finalmente affezionato a qualcuno. E la pazienza che lei dimostra è ammirevole,
perché nessuno – meglio di me – sa quanto può essere snervante Ed, a volte.
Perciò, grazie di cuore.” E si inchinò profondamente, accompagnando le sue
parole.
“Ma io… davvero… non mi devi dimostrare gratitudine… lui
legge solo… chiacchieriamo un poco e litighiamo un tantino, non… io non ho
meriti particolari.” Fu il turno del Colonnello di
spiegarsi. “E poi sto bene con lui, anche se è un asino cocciuto.”
Alphonse rise. “Fortuna che adesso
si è un po’ ammorbidito!”
“Dici?! Il fatto è che ci rimbecchiamo ancora spesso…”
“Io credo… se mi è permesso dirlo… che voi due vi
assomigliate tanto.”
Sorrise amaro. Sì, a
volte rivedeva in lui se stesso, prima di Ishbar.
“Ho come l’impressione che Edwardabbia sempre fatto fatica a sopportarla, perché in realtà
siete molto simili, voi due.”
Forse hai ragione. E
forse se n’è reso conto anche lui...
“Ma non lo ammetterà mai!” scosse la testa di latta, semidivertito.
“No, mai!” ripeté, fintamente esasperato.
“Ciò non toglie che sia più sereno, adesso…” riprese Al, facendosi serio.
“Allora dovresti dirgli che lo sai. Così smetterà di
inventarsi scuse patetiche e improponibili, e di sentirsi – magari – in colpa,
mentendoti.”
“Adesso che so come stanno le cose, lo farò al più presto.” Promise, rinnovando la sua riconoscenza e allontanandosi verso
la Sala Ricreativa
degli Ufficiali.
Roy entrò piano, senza bussare.
Il Sottotenente Havoc lo accolse
scattando sull’attenti. L’immancabile sigaretta tra le labbra, incredibilmente
spenta.
Mustang lasciò vagare lo sguardo, finché non si posò sul
letto dove riposava Fullmetal.
“Come sta?” chiese, sottovoce.
“Si è addormentato da poco. Ho mandato via
Al, perché la smettesse di fissarlo preoccupato.”
“Lo so. Ci siamo incrociati qua fuori.”
“E’ solo una brutta influenza, ma
questo freddo polare ha scatenato un’epidemia!”
“Già! Siamo a corto di personale e l’infermeria è stracolma
di malati, tanto vale che trascorra la sua convalescenza qui, senza essere
disturbato.”
E ripensò a Falman, Fury e Breda, a
cui aveva fatto visita in mattinata, e che non stavano certo meglio di
lui.
Jean si stiracchiò la schiena
indolenzita, sospirando stancamente.
“Quando inizia il tuo turno di guardia?”
“Fra meno di 20 minuti.”
“Vai a fumarti una sigaretta, resto io con lui.”
Il suo sottoposto annuì, riconoscente, sollevandosi dalla
sedia accanto al giaciglio.
“Ah, Colonnello?”
“Nh?”
“Potrebbe rinfrescargli la benda, ogni tanto? Quando la temperatura
si alza, tende anche a vaneggiare…”
Roy annuì. “Mandami qui Alphonse
fra un’ora. Mi trattengo io.”
L’altro si congedò, pregustando una meritata boccata di
nicotina.
Ma fu solo quando se ne uscì, che
Mustang realizzò di esser rimasto solo con Ed.
Lo osservò, a disagio. La benda a rinfrescare la fronte
ardente. Le gote arrossate dalla febbre. E il respiro affrettato. Non sembrava
affatto che stesse riposando.
Prima di sedersi, si tolse la giacca della divisa e accostò
la seggiola al materasso. Nel prendere la stoffa umida, sfiorò inavvertitamente
la pelle sulla fronte di Edo. Bollente.
Un vago senso di inquietudine, di malessere, lo colse. Era solo un’influenza
particolarmente fastidiosa, e quel fagiolo era forte, aveva visto cose ben
peggiori… ma allora perché gli si stringeva il cuore a vederlo così, inerme e provato?
D’impulso avrebbe voluto abbracciarlo e stringerselo contro
ma, all’ultimo, la sua ragione glielo impedì.
Però capiva come poteva sentirsi Alphonse.
Ad accudirlo giorno e notte, e vederlo star così male, se non peggio.
Acciaio era un vulcano in continua eruzione. Ed era logorante
stare lì ad osservalo, piegato da una stupida
malattia, che lo sottometteva così, rendendolo inoffensivo.
Afferrò la garza con forza, sentendosi impotente, e quindi
arrabbiandosi con se stesso. E la cosa peggiore stava proprio nel fatto che non
poteva fare nulla per lui.
Proprio come Al, come i dottori.
Doveva solo aspettare e pazientare, che tutto questo facesse il suo corso.
E prima di quanto avrebbe creduto, si sarebbe trovato di
nuovo quel marmocchio presuntuoso tra i piedi. Sorrise a fior di labbra.
Gli era mancato, in quelle sere di solitudine. E
probabilmente la sua assenza era pesata anche a Tora,
che sembrava più insofferente del solito.
Era egoista, lo sapeva.
Ma il girovagare di quel ragazzo per casa sua era diventato
fondamentale, per lui.
Come parte integrante di quell’amore
sublimato che doveva rimanere nascosto.
Intinse la stoffa nella bacinella sul comodino e la strizzò
leggermente. Fece per riposizionarla, ma all’ultimo si fermò e attese. Con dita
tremanti scostò delicatamente la frangia, i sottili fili dorati, umidi,
appiccicati alla pelle.
Si perse ad accarezzarne i contorni, mentre i suoi
polpastrelli registravano il calore della cute superiore al proprio.
La temperatura stava salendo.
Adagiò la benda piano, con lentezza, e si volse a guardare
altrove, intossicato da quel contatto troppo ravvicinato, troppo intimo.
Si sollevò di scatto, dirigendosi verso la finestra.
La neve cadeva ancora, silenziosa e insistente, ricoprendo East City e le sue brutture.
E stava calando la sera, realizzò, quando il lampione di
fronte a lui s’accese pigramente, illuminando il piazzale delle esercitazioni
del Quartier Generale, che prima appariva solo una
landa incontaminata.
Se strizzava gli occhi, poteva vedere le orme di qualche ora
addietro, di qualche soldato che era sprofondato in più punti, mentre si
dirigeva al cancello d’entrata.
Roy Mustang odiava la neve. Non quanto la pioggia, beninteso
- anche se in fondo era pioggia
ghiacciata.
La odiava per il suo essere fredda e bagnata, palesemente in
antitesi con il suo elemento naturale: il fuoco.
E il suo essere così dannatamente candida e immacolata, era
ogni volta uno schiaffo in faccia per lui, un monito a ricordargli quanto fosse
un peccatore. Dall’anima sporca e rovinata.
Sì. Odiava la neve. Senza dubbio. E adesso odiava anche quell’inverno precoce. Perché aveva fatto ammalare Edward. Lui, sempre così vivace e solare. Ridotto ad uno
straccio febbricitante.
Ma no. In fondo non poteva. Era
stato in un giorno come quello – gli era stato detto -, che il giovane uomo che
amava era venuto al mondo.
Il suo compleanno sarebbe stato il giovedì seguente,
ricordò, figurandosi mentalmente il pacco rettangolare che aveva nascosto nella
cassettiera in camera da letto. L’unica stanza in cui aveva la certezza che Mame-chan non sarebbe mai entrato.
Sorrise, pregustando la faccia sorpresa di Acciaio, quando
avrebbe scartato il suo regalo. Un tomo ricercatissimo che, Fullmetal
gli aveva confidato mesi addietro, era quasi introvabile. Aveva speso un’eresia
per scovarlo, ma ne valeva la pena, ne era certo.
Il suo stupore, forse un po’ di gratitudine, lo avrebbero
ripagato ampiamente del tempo e delle energie adoperate nella ricerca.
Adesso doveva solo sperare nella sua pronta guarigione… perché
l’anniversario della sua nascita era un traguardo importante!
E d’improvviso realizzò quanti salti la sua mente aveva
fatto in pochi secondi, così come le sensazioni vissute, e le emozioni
contrastanti.
All’esterno, pioggia mista a neve
continuava a cadere, in quella fredda sera di novembre.
Tirò la tenda, per non vederla, e fu attirato da un flebile
lamento proveniente dal letto. Vi si appressò, sollecito.
Edo si muoveva, in un sonno agitato. Roy ribagnò la garza,
detergendo anche i rivoli di sudore che imperlavano le tempie del ragazzo. In
quel momento lo sentì biascicare qualcosa di incomprensibile. Stava certamente
delirando di nuovo, come era stato avvertito.
Però lui non era pronto a vederlo così tormentato, la mano
sana e quella con l’auto-mail strette al lenzuolo, un ansito sofferente e mezze
parole masticate con urgenza, quasi in un piagnucolare spaventato.
Di questo mugolio inarticolato e inintelligibile, sapeva riconoscere
soltanto il nome di Al, ripetuto quasi con
disperazione.
Era in momenti come quello, che in Taisa
si conficcava la certezza che Alphonse, solo ed
esclusivamente lui, era l’unica
persona davvero importante per Edward.
E questa convinzione era seguita dalla persuasione che,
malgrado tutti i suoi sforzi e la sua infinita pazienza, Edo non avrebbe mai
calcolato lui, Roy Mustang, se non come un diversivo e nulla più.
Una piacevole, divertente variante della quotidianità simbiotica
dei fratelli Elric.
Gli sfiorò una mano artigliata, con quella greve
consapevolezza nel cuore.
E deglutì il groppo amaro della sconfitta. E una parte di lui
se lo rinfacciò. Che sì, era una battaglia persa in partenza, la sua. Ma
strinse un po’ di più la presa.
Anche se adesso Ed invocava il nome della madre scomparsa, e
non più quello del fratello, e chiedeva perdono per il suo peccato. Le sue
colpe.
Ma non sarebbe servito…
Roy cercò di parlargli, sussurrando infantili parole di
conforto e rassicurazione, anche se era consapevole dell’inutilità dell’azione.
Non ci credeva nemmeno lui, per primo, nemmeno mentre
uscivano dalle sue labbra. Però rafforzò ancora la stretta, le dita dell’altro
con le sue. E il giovane alchimista sembrò calmarsi. E allora, tanto valeva
continuare.
Il respiro si fece un po’ più regolare e, per un istante, Edward tacque. Come se fosse sprofondato in un sonno
profondo e senza sogni.
L’Alchimista di Fuoco sospirò, tranquillizzandosi. Lanciò
un’occhiata all’orologio da parete e realizzò che Alphonse sarebbe tornato da lì a poco, perciò era il caso
di ricomporsi e di prepararsi ad andarsene.
Si accinse a sciogliere la piccola mano tra le sue, ma le
palpebre del malato fremettero, risollevandosi a stento su di lui.
“Taisa…” sussurrò appena,
inumidendo le labbra riarse. “Taisa, mi aspetti…”
Il cuore di Roy perse un lungo, infinito battito. Lo sguardo
spiritato impresso a fuoco nella sua mente.
“Sono qui, Ed. Non ti lascio…”
rispose concitato, e improvvisamente quasi sopraffatto dall’emozione. “Ti ho
sempre aspettato, Ed.
E continuerò a farlo…” lo rassicurò, quasi con urgenza.
Edward richiuse gli occhi febbricitanti,
come se tenerli aperti gli costasse un enorme sacrificio, e risprofondò
nell’oblio.
Al Colonnello non rimase altro che restare lì, a vegliarlo.
Imponendosi di non pensare. Di non rivivere l’attimo appena
trascorso.
Aveva il sacro terrore di realizzare l’ovvio…
quella frase era di certo un delirio, una follia momentanea, come le
precedenti.
Probabilmente Acciaio si credeva al centro di una delle
tante azioni militari a cui avevano partecipato
insieme.
Quella supplica non
aveva nessun significato particolare, si disse.
Niente sciocche
illusioni, si ammonì.
Ma allora... perché
sentiva le palpebre pungere di cocente gratitudine, le gote in fiamme, la testa
leggera e il cuore scoppiare d’insperata felicità?
Quando Al giunse a dargli il
cambio, riusciva a stento a contenere la sua gioia.
….
Due ritmici colpi di nocche sulla porta, e il viso gioviale
del Sottotenente Havoc fece capolino nella stanza.
“Colonnello? Si può? C’è una visita per lei…” Entrò,
accompagnato dall’Alchimista d’Acciaio.
“Sto per iniziare il mio turno… ha bisogno
prima di qualcosa, signore?” gli chiese, premuroso e deferente, anche se
Roy non stava capendo niente di ciò che diceva, a causa dell’emicrania atroce
che si ritrovava, della febbre alle stelle e di un’infreddatura colossale.
“Ad ogni modo, la lascio in buone mani!” concluse, congedandosi.
“In buone mani,
sì.” Ripeté Ed, ironico, facendo scricchiolare sinistramente le dita
dell’auto-mail, quando furono soli. “Non è stato forse lei a farmi recapitare
una torta di azuki, farcita di anko, per il mio compleanno?!
Lei ha preso in giro me, e adesso si è ammalato!” sghignazzò, in una visione dello scambio equivalente
parecchio contorta. “Se credessi in Dio, direi che l’ha punita!” infierì,
crudele.
Ma l’uomo si limitava a fissarlo, lo sguardo vacuo di chi
non è completamente in sé. Ragion per cui Edward perse in fretta la sua baldanza iniziale.
“Taisa… ma sta davvero così male?” domandò, avvicinandosi al
letto dove lui riposava, adagiato sui guanciali.
Visto da vicino, effettivamente, non aveva una bella cera.
“Non ha mangiato proprio niente, eh?” constatò, annuendo al
brodino intonso, sul comodino lì affianco. “Dovrebbe almeno bere, sa?” lo
sgridò, ma con poca convinzione.
Per un attimo, ebbe il dubbio di essere nel bel mezzo di un
monologo, se non fosse stato per l’indistinto rantolare proveniente dal
giaciglio.
“Non riesce a mandar giù niente?” tirò ad indovinare.
Mustang assentì, lentamente. Aveva le tonsille grosse come
due uova di piccione, qualsiasi cosa dovesse passare
per la trachea era uno strazio. Persino emettere il fiato era una pena,
figurarsi parlare!
E se anche c’avesse provato, s’era ritrovato completamente afono, giusto per
sfizio.
“Senta… ho un’idea! Lei resti lì e non…” smise di blaterare,
rendendosi conto dell’assurdità dell’avvertimento.
Il celebre Flame sembrava così spossato,
da non riuscir nemmeno a far schioccare le dita per accendere un fiammifero.
Il giovane Elric borbottò qualcosa,
svanendo chissà dove, mentre a lui non restava altro che far riposare almeno
gli occhi stanchi.
Eppure tornò, fin troppo presto. Aveva corso?
“Le ho portato un ghiacciolo dalla Mensa
Ufficiali. Limone o menta?” gli offrì. “Hanno solo questi due gusti…
pazienza.” Continuò nel suo soliloquio, accostando uno sgabello al letto.
“Menta?” propose, mimando il gesto di passargli lo stecco. Il Colonnello
rifiutò, aggrottando la fronte. Eppure Ed capì. “Limone.
Ottima scelta.” Lo canzonò quasi, aprendo l’incarto. E solo allora s’accorse
che, nella posizione distesa in cui versava, non avrebbe potuto mangiarlo.
Si premurò quindi d’aiutarlo a sollevarsi, posizionando due cuscini
immacolati dietro la sua schiena e poi rifece il gesto di porgerglielo,
sorridendo incoraggiante, come si fa con un bambino diffidente e una medicina
amara.
“A 4 anni, sono stato operato alle tonsille.” Lo
informò, tra una leccata e l’altra. “La mamma me ne ha fatti mangiare a
quintali, era l’unica cosa che sopportassi. E poi
rinfrescano, no?”
L’Alchimista di Fuoco - la cui gola stava letteralmente andando a fuoco -, assentì con un cenno breve,
grato. Di tutto. Del gelato. Della compagnia di Acciaio. Un po’ meno per quelle
chiacchiere inutili e per l’influenza, ma almeno non doveva lavorare…
“Ah! Sono andato a dar da mangiare a Tora,
anche se le strade sono quasi impraticabili, sembrano una palude di pantano e
melma. Del resto, piove ininterrottamente da due giorni e si è sciolta tutta la
neve, questo novembre fa schifo! Ma non si angusti, me ne occuperò io, fintanto
che rimarrà qui in infermeria.” Lo aggiornò,
continuando giusto per fare conversazione. “Però è bizzarro, non crede? Tutto questo, dico. Quando tutti sono guariti,
lei si è ammalato… doveva stare lontano da chi era infetto, no?
Lei è privo di buonsenso, creda a me.”
Piacevole, certo,
la predica di Acciaio.
Ma non stava già male abbastanza? Quel ragazzo era senza
pietà!
Perché non metteva su uno di quei suoi adorabili bronci, e non se ne stava
zitto?
…ogni parola gli rimbombava nella testa, come un flipper
impazzito…
Taci, Ed.
Per carità!
“Ad ogni modo, poiché credo lei si stia annoiando molto,
tutto il giorno senza far niente, le ho portato qualcosina
con cui distrarsi… proprio per non perdere l’abitudine…”
Ecco. Poteva sentire il ronzio basso e indistinto, quello
che precede perdita dei sensi.
Il suo cervello stava per esplodere, nemmeno Kimblee avrebbe saputo fare di meglio.
La febbre stava salendo, lo sentiva; e intanto Edward parlava e parlava…
“…in nome dell’auspicato Spirito di Squadra, il Tenente Hawkeye le ha fatto un regalo… effettua straordinari al suo
posto, quando può. Perciò basta solo firmare, domattina; li ha già controllati lei.” E sbatté sul ripiano del comodino un’enorme pila di
fascicoli e scartoffie.
A quel tonfo sordo, una stilettata gli trapassò il cranio.
Che bel regalo!
Realizzò la sua ironia morta e resuscitata.
Forse aveva toccato il fondo, ma stava cominciando a
desiderare ardentemente almeno un po’ di pace e solitudine. Silenzio.
Il silenzio era d’oro, no?
Per favore, Ed.
Per. Favore.
Chiudi il becco, per
cinque secondi.
Sometimes I need some time...
on myownA volte ho bisogno di un po’ di
tempo... per conto mio Sometimes I need some
time... all aloneA volte ho bisogno di un po’ di
tempo... da solo Everybodyneeds some
time... on theirownTutti hanno bisogno di un po’ di tempo per
conto loro Don’t youknowyouneed
some time...Non sai che hai
bisogno di un po’ di tempo...
All aloneDa solo?
“La vedo stanco, Taisa. Meglio che
adesso riposi; io vado.” Biascicò, mordicchiando il legnetto del gelato.
Mustang rese Grazie.
Amava Mame-chan, ma quand’era
troppo, era troppo!
Eppure si sorprese, della mano gentile di Acciaio che gli
sfilava il bastoncino dalle dita, per gettarlo nel cestino all’angolo. E di
quella stessa mano, che gli sprimacciava il guanciale perché stesse più a suo
agio, e potesse dormire un po’, accompagnandolo
premurosamente supino.
Gli tirò le coperte fin sotto al mento, con cura.
Come aveva fatto a desiderare che se ne
andasse, solo pochi istanti prima?
Deglutì un boccone di rammarico. Assieme alla gratitudine.
Aprì la bocca, per dirgli qualcosa. Per salutarlo, per
ringraziarlo, per scusarsi…
Ma non ne uscì nulla, se non un sospiro affranto. Quindi
stiracchiò le labbra in una smorfia contrita.
Tuttavia il giovane Elricgli sorrise di rimando, comprensivo, non uno di quei ghigni
ironici o bastardi, tipo quello con cui era entrato.
“Cerchi di non sforzarsi a parlare, o la voce non tornerà tanto presto.” Gli raccomandò,
risistemando lo sgabello in un cantuccio. “Che non c’è mica
gusto a provocarla, se non può rispondere!” ammiccò, malandrino. “Farò un salto
a trovarla anche domani.”
Don’t yathinkthatyouneedsomebodyNon credi di aver bisogno di qualcuno? Don’t yathinkthatyouneedsomeoneNon credi di aver bisogno di
qualcuno? EverybodyneedssomebodyTutti hanno bisogno
di qualcuno You’re not the only oneNon sei
l’unico You’re not the only oneNon sei
l’unico
E si congedò, lasciandolo a cullarsi in quell’espressione
confortante, finché il sonno non lo colse.
Fine
Disclaimers: I personaggi e la
canzone citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di
essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.
Genesi del capitolo: Questo il
capitolo è forse un po’ diverso dagli
altri (ma spero neanche tanto!) …è pronto da giugno, scritto su carta
quando ero senza pc. Lo scrivere a mano ha
risvegliato la mia innata prolissità (chiedo scusa a _Mame_
se questo cap è troppo lungo! >.<) di un tempo,
che ho accantonato per uno stile più immediato, prediligendo brevità e
incisione. Ci ho messo più tempo a limarlo, per non farlo apparire troppo
scostato rispetto agli altri, che rifarlo tutto! >.<
Se vi chiedete perché non sia stato postato prima… dovevo
far accadere un po’ di eventi, per giustificare la frase di Alphonse,
sulle presunte consegne di documenti urgenti a Casa Mustang… il che è un po’
vero… ne ho fatto menzione in cap precedenti, e
succederà ancora... ma non così tanto!
Ed ecco perché Alphonse – la
seconda ombra di EdwardElric
– non compare mai nelle mie seratine a casa di Roy!
^_____^
Note tecniche:Azuki= fagioli di soia rossi giapponesi, comunemente usati
in Giappone per l’impasto di dolci, molto frequentemente adoperato è un dolce(=wagashi) farcito di Anko, la marmellata di Azuki.
Per inciso: La
teoria della ‘neve candida, odio, peccatore’, è già
stata usata in altri racconti. Ma sinceramente non ricordo se li ho letti prima o dopo aver scritto questo.
E, in ogni modo, non credo di aver rubato idee…^^’’
Uhm… che il compleanno di Ed si
festeggi in novembre, è una mia completa invenzione. Di fatto, l’unica cosa
certa su di lui è che compie gli anni nella stagione invernale.
Novembre non è in inverno, però fa lo stesso… è una licenza
narrativa ai fini della storia.
Precisazioni al
capitolo precedente: come ho già detto a qualcuno, non svelerò perchè Roy
si sia arrabbiato scrivendo un capitolo apposito. Credo sia abbastanza chiaro
perché sia successo.
(Quanto conti per lui un armistizio
che Ed tratta con tanta leggerezza…)
Potrebbe succedere, in futuro, quando parlerò di questi
nuovi cuccioli, che si accenni al fatto, ma non ai perché.
Nella mia testa, Roy è rimasto ferito dalla facilità con cui Ed
gli ha detto che non esiterebbe a rompere un patto di fiducia (l’armistizio
immaginario fra loro). Lo so, che il tono di Ed era allegro, e quindi non lo
pensava davvero. Però ha ferito Roy, perché (non dimentichiamolo) è innamorato
di lui. Quindi è ovvio che reagisca così, in malo modo, no?
Come poi ha detto qualcun altro, nei commenti:
“Il finale, come già detto, lascia un po’ basiti, amareggiati, esattamente come
si sente Ed, giusto? E’ lì che ci volevi portare? A sentire lo smarrimento di Edward?”
Sì. E’ lì che vi volevo portare. A sentire l’amaro in bocca che sente lui.
Offrendovi comunque la possibilità di...
“interpretarla come vogliamo: Ed se ne sarà andato?
Magari triste? Oppure si è opposto?, hanno discusso ancora?,
hanno ‘fatto pace’ in qualche modo? E’ un finale più complesso
di quel che sembra...”
Mi
ha dato soddisfazione che la sostanza sia stata colta così bene, anche se il
numero delle recensioni del 13 è improvvisamente calato di brutto.
Mi rendo conto da sola che è impensabile ottenere tutto il consenso del 12, che
era un capitolo a forte impatto emotivo, tuttavia… mi auguro che i lettori
abituali se ne siano semplicemente scordati, e che non sia
un assenteismo frutto di delusione. Vi siete fatti scrupolo a dirmelo? In tal
caso, preferirei comunque saperlo, piuttosto che il silenzio.
Grazie di cuore ai lettori affezionati e
a quelli nuovi, per le vostre adorabili recensioni.
Come sempre, sono graditi commenti, consigli e critiche.
Note: il seguente scritto contiene lievi
riferimenti yaoi.
Per ulteriori spiegazioni, vi rimando alla conclusione della fic.
Dedicato a chi ha commentato i
precedenti capitoli della raccolta.
Grazie.
Cuore di cane
byelyxyz
EdwardElric
suonò per la seconda volta il campanello, senza che anima viva venisse ad
aprire. Aveva atteso cinque minuti buoni, lì fuori, e nessun dannato Taisa s’era degnato di farlo entrare. Eppure aveva visto le
luci accese, dalla strada, prima di introdursi nel palazzo! Guardò l’orologio,
col dubbio d’aver sbagliato momento; ma no, lui si presentava a Casa Mustang
sempre a quell’ora, come concordato. Decise perciò di
utilizzare le chiavi di scorta che gli aveva dato il Colonnello, tempo
addietro, casomai fossero servite. E se
gli fosse successo qualcosa?
Un lampo d’improvvisa ansia lo trapassò, mentre forzava la
serratura con troppa foga.
Ciononostante, quando fu nel vestibolo, realizzò
che qualcosa d’anormale c’era, ma non quello che aveva immaginato lui…
Un allegro canticchiare stonato proveniva dal fondo del
corridoio, probabilmente dal bagno.
Tora gli zampettò incontro,
miagolando festoso per salutarlo.
Lo accarezzò distrattamente, deciso più che mai a scoprire
quella stranezza.
Roy tracannò l’ennesimo sorso di quella meravigliosa sostanza
medicamentosa.
Doveva ringraziare quella buon’anima
di Maes, che gliel’aveva mandata al momento giusto.
Il suo vecchio cuore di cane dell’esercito, rattoppato a
fatica, faceva più male del solito.
…e tutto per quel cucciolo rognoso e indisciplinato…
Settimana di merda, giornata di merda, serata di merda. Gelosia di merda.
Quindi perché non farsi un bel bagnetto rilassante e non
affogare i propri dispiaceri in un goccetto di quella
cosa portentosa? Magari poteva fare miracoli!
“Taisa! Ma che diamine succede?!” chiese Ed, varcando la soglia del bagno senza bussare,
visto che era già aperta.
Ecco! L’aveva detto, lui, che forse faceva prodigi! Quella
era senza dubbio un’apparizione!
La sua attrazione repressa per quel nanerottolo cominciava a
dargli alla testa, e se lo vedeva in casa anche quando non c’era! Del resto,
Acciaio gli aveva domandato due giorni di ferie, per stare con quella ragazzina, la sua meccanica, che
sarebbe giunta in città per far visita ai fratelli Elric
e occuparsi della manutenzione dei suoi auto-mail, gli
era stato detto.
E lui si sentiva più depresso del solito. Gelosia di merda. Era
venerdì sera. Ed era solo in casa.
E ci mancava il fantasma del suo amore sfigato a tormentarlo!
“Ho visto le luci accese, ho suonato ma
non mi ha sentito, allora sono entrato…” si sentì in dovere di chiarire, rimanendo
impacciato sull’uscio. “Taisa... ma è ubriaco?”
constatò, sconcertato.
Mustang guardò altrove, borbottando frasi sconnesse, come se parlasse da solo,
dondolando pericolosamente la bottiglia oltre il bordo della vasca.
E lui si sentì in diritto di avanzare, per prevenire un
guaio assicurato. “La dia a me, su!” gli ordinò,
gentile ma fermo, allungando l’auto-mail verso di lui.
“Gno!” negò questi, abbracciando
il bottiglione.
Edo si sporse ancora, e nel farlo spinse col piede un altro
recipiente di vetro, che tintinnò, rotolando poco oltre. “Ma quanto ha
bevuto?!” esclamò, indignato.
Ottenne solo un rutto assai poco signorile, in risposta.
Ma come diavolo aveva
potuto ridursi così?! D’accordo, tutti erano a conoscenza – persino lui che non era in servizio!
- che quella mattina era arrivata per l’Alchimista di Fuoco una notifica di
richiamo, da parte del Generale Hakuro, per una
delicata missione che il Taisa non era riuscito a
portare completamente a termine. Ma era altrettanto certo che quel demerito non
avrebbe pregiudicato in alcun modo la sua carriera militare, perché prendersela
tanto, a tal punto da degradarsi così?
L’uomo davanti a sé non era il militare che ammirava e
rispettava, - anche se non gliel’aveva mai detto apertamente -, era solo un
ubriacone nauseante!
Decise perciò di passare alle maniere forti. “Colonnello
Mustang, le ordino di darmi quel fiasco!”
“Noscignore!” biascicò, muovendo
in qua e in là il capo.
“E da quando si disertano gli ordini?!”
contestò il biondo, meravigliato.
“Taantotuu
non sceiquii…” lo canzonò
Roy, ghignando in modo ebete.
Il giovane Elric ne aveva
abbastanza. Gli strattonò via di mano la preziosa bevanda, scrutando
scandalizzato l’etichetta sul vetro. Un’immagine di Elycia
tutta circondata da cuoricini. Annusò controvoglia il contenuto. Un intruglio
alle prugne esageratamente alcolico, prodotto dal signor Hughes,
senza ombra di dubbio.
Roy osservò la cosa che teneva tra le dita, e poi osservò
lui, come se li vedesse per la prima volta.
“Eddaih-hic!” singhiozzò, protendendo
le mani come un marmocchio incontentabile e particolarmente lagnoso.
“Chi è questa Edda?” fraintese. “Io sono Ed-ward.”
Sillabò. In tono esagerato, come se l’altro fosse stato scemo.
Eppure il FlameAlchemist sembrò ritornare in sé.
“Fullmetal?”
“Acciaio, sì.” Sorrise, confortato dal riconoscimento.
“E’ talmente ubriaco che potrebbe piacerle anche il Maggiore
Armstrong!”
“No, mi piaci tu!... da morire…” biascicò, con espressione istupidita. “Sme - hic!- ttila
di scoodinzoo-laredietroo
a que-ellaaa…”
“Ma per caso è rimasto sott’acqua? Le si è
allagato anche il cervello?”
Roy si mise a ridere scioccamente, senza un vero motivo.
“Taisa! Venga via di lì, forza!
Adesso!”
“Gno! S-to beenequì!” Replicò il moro, capriccioso, sorridendogli
beota.
Ed fece un grosso sospirone. Quindi immerse una mano sotto la schiuma. L’acqua era gelata.
“Fuori! Immediatamente! Vuole prendersi una polmonite?! Si dimostri responsabile, ed esca dalla vasca!”
“Gno-o.” Ripeté, cocciuto e
strascicato, come un bimbo viziato.
Edo intrappolò un’imprecazione tra i denti, prima di
chiedergli “Dov’è il tappo dello scarico?”
L’altro fece spallucce, facendo debordare un po’ di liquido.
“E chi lo scià?”
Non gli rimase altro che andare a tentoni,
mentre il Taisa sghignazzava, divertito.
Quel maledetto coperchio e la sua catenella non si trovavano!
Quindi dovevano per forza essere dietro la schiena di Mustang, e – maledizione
a lui! -, non sarebbe stato facile da levare.
Roy si mise a ridere, quando la sua treccia gli fece il
solletico, mentre lui si allungava oltre la schiena del moro, in una posizione
fin troppo scomoda e sconveniente, a ben vedere. Perché diavolo quell’ubriacone gli stava alitando in faccia?!
“U-hu! Sci proovicoonmhe?” ammiccò lascivo.
Edward inorridì. “Colonnello!
E si sposti, per la miseria!” lo sgridò, spingendolo di
lato, spazientito. L’uomo fece quanto richiesto, aggrottando però le
sopracciglia, infastidito. Uno strano brillio nello sguardo, che però lui non
captò. La cordicella… l’aveva quasi presa… c’era quasi…
Il Flame gli catturò la mano che
vagava nel fondo della vasca, e gliela strinse fin quasi troppo forte. Merda! L’aveva sbagliata per un pelo!
Fulminò con un’occhiataccia il suo superiore. Che si fece
altrettanto serio.
“Acciaio, io ti am-”
“Sì, sì… mi ammazzerà domani.”
“NO! Io ti amo!!” sorrise languido.
Ed non smise di fare il suo lavoro,
sgusciando via e setacciando ancora il fondo. “Certo! Come no? Me l’ha detto
anche Havoc l’altro giorno, quand’era sbronzo perché
l’ultima biondina della sua vita l’ha lasciato…” e si chiese
come mai, questi uomini che venivano definiti adulti, in realtà si comportassero peggio dei bambini.
Roy lo fissò, affranto. E Edward ebbe
compassione di lui.
“Domattina ricorderà solo una colossale emicrania...”lo rassicurò, paterno, esultando
per aver sfilato il piccolo coperchio.
L’acqua gorgogliò via velocemente, giù per lo scarico,
lasciando il Colonnello ricoperto, per buona parte, di schiuma.
Il giovane Elric non ebbe nemmeno
bisogno di pensarci su; chiedere la collaborazione, o addirittura l’autonomia
di quell’asino ubriaco, era fuori discussione.
D’altra parte, non aveva neppure motivo di sentirsi a
disagio.
Non dopo che, al tempo in cui Taisa aveva trascorso
il mese di convalescenza a causa dell’aggressione subita, lui gli aveva
accidentalmente versato l’intera zuppa addosso, ed era stato costretto ad
aiutarlo a ripulirsi e a cambiarsi completamente.
E doveva ammettere con se stesso di aver superato
brillantemente l’imbarazzo. Anche se un conto era aiutare un suo coetaneo, e un
altro paio di maniche era aver a che fare con un superiore. Con il proprio superiore...
Tirò la tenda di nailon circondando la vasca e si protese verso i rubinetti, impugnando il getto
dell’acqua, regolando potenza e calore.
“Se osa lamentarsi, la strozzo!” lo avvertì, spazientito,
mentre l’altro lo scrutava incuriosito, come se stessero facendo un gioco
strano. Ed effettivamente si lamentò solo quando lo
spruzzo, un tantino troppo caldo, lo
scottò. Per il resto lasciò fare.
Sembrava fin troppo semplice, visto che in due minuti scarsi
era riuscito a risciacquarlo dalla testa ai piedi, detergendolo dal sapone.
Riattaccò la cornetta del getto in alto, nella sua sede. Arricciò
il tendone e andò a recuperare l’accappatoio bianco, appeso dietro la porta,
poi lo invitò ad uscire da lì.
Al primo tentativo, l’uomo scivolò paurosamente
all’indietro, ridacchiando sguaiatamente, malgrado – Edward
ne era convinto – avesse preso una gran bella botta
alla schiena.
Alla seconda prova, si rifiutò semplicemente di venire
fuori, anche se rabbrividiva per il freddo; quindi Acciaio dovette trascinarlo
via di peso. Lo sollevò in piedi, dentro la base, mentre il Colonnello si
reggeva in equilibrio precario, un po’ per la viscidità della superficie, un
po’ per la sbronza eclatante.
“Si appoggi a me, ed esca piano, un piede alla volta, ok?” l’altro annuì, sghignazzando. Ma eseguì.
Il peggio era andato,
pensò Edo, ingenuamente. Ma non aveva fatto i conti col secondo piede, o con
Mustang inaffidabile, perché barcollarono entrambi, e
Roy non trovò altro appiglio che la manopola del miscelatore, aprendola.
Una risata divertita e un’imprecazione colorita
riecheggiarono nella stanza.
Erano entrambi bagnati fradici, per quella doccia fuori
programma.
Intanto Tora si era avvicinato,
attirato dal chiasso, e si godeva lo spettacolo da sopra il tappeto del
lavandino.
“Tu non fiatare!” lo mise in guardia Ed, prendendosela anche
con lui, visto che, se si fosse arrabbiato maggiormente col Taisa,
avrebbe ottenuto solo altre risate irritanti.
Depositò Mustang sullo sgabello all’angolo, tra il lavabo e
il water, e prese due asciugamani dall’armadietto, con cui si deterse alla meno peggio; e, visto che l’accappatoio zuppo era
inutilizzabile, asciugò poi i capelli e il corpo dell’altro.
Inoltre corse in camera da letto, dove raccattò i pantaloni
del pigiama e una maglietta bianca.
Lo aiutò ad infilarseli, mentre – caso strano – Roy non si
lamentava più.
Anzi… era fin troppo silenzioso ed arrendevole.
“Come si sente?” gli chiese sospettoso,
infilandogli i piedi nelle pantofole.
“Sto per vomitare l’anima.” Ruminò, lamentoso.
“Non su di me!” gli intimò, accompagnandolo giusto in tempo
a ridosso della tazza.
Ed effettivamente sì, se mai l’Eroe di Ishbar
avesse posseduto ancora un’anima, adesso poteva vederla nel fondo del suo wc, coi succhi gastrici e la cena, e il liquore.
Almeno adesso sarebbe
stato meglio. Considerò Acciaio, prima di vederlo
sbattere la testa sulla ceramica, per la troppa foga con cui si era chinato al
secondo conato.
Ci mancava solo che gli svenisse in bagno!
Al terzo tentativo lo sostenne, sorreggendogli la fronte. Casomai
gli venisse in mente di cadere giù per lo scarico.
Lo aiutò a sciacquarsi il viso, e poi collassarono
entrambi a terra, a ridosso della porta.
C’era però una cosa che lo
impensieriva.
Non era un grande esperto di postumi di sbornie, ma non era
eccessivo dar di stomaco così tanto?
Forse… era rimasto troppo in ammollo nell’acqua gelida della
vasca e aveva anche un’enorme indigestione… ecco!
Ci mancava questa!
Addio lettura del IV capitolo di quel libro che lo
interessava tanto…
Oh, ma l’indomani gliele avrebbe cantate lui!!
S’arrischiò a sbirciare il compagno al suo fianco. Roy aveva
la testa reclinata all’indietro, gli occhi chiusi, e un’espressione malconcia.
Giusto quando Edo stava per proporre di accompagnarlo in
camera, un ennesimo attacco lo colse, facendolo arrivare a malapena al bidet, riaccasciandosi infine sul pavimento, addossandosi al più
giovane.
Rimasero lì una decina di minuti, in silenzio. Spalla contro
spalla, mentre Tora giocava facendo rotolare la
bottiglia dei loro guai davanti al loro naso.
“E’ passata?” chiede Edward,
cercando di scuoterlo perché non si addormentasse.
“…forse.” Sussurrò il moro, a corto di energia, e scivolò
col capo contro la sua clavicola. Il maglione bagnato di Acciaio doveva essere
fastidioso, eppure non vi badò.
“Taisa…” ritentò. “Non può dormire
qui, lo sa, no?” gli spiegò con pazienza, quasi con gentilezza.
Ma l’ufficiale non dava segni d’averlo inteso. Se non altro,
non stava russando! Realizzò Ed, con avvilimento. Gli pareva di star seduto con
un sacco di patate…
“Taisa…” rifece, cercando di
scrollarselo di dosso. Ma Roy era tutt’altro che collaborativo.
Sbuffò sonoramente, ergendosi, e se lo trascinò contro, un
braccio intorno al collo, convinto che la cosa migliore fosse
portarlo a letto. Non potevano di certo passare la notte
seduti sulle fredde mattonelle del bagno… arrancò nel corridoio, pochi
passi e sarebbero giunti alla meta…
...certo che il
Colonnello non pesava mica poco!
E i suoi capelli neri lo vellicavano sotto la gola, ad ogni
movimento, fastidiosi.
Eppure erano morbidi, realizzò irragionevolmente, e avevano
un buon profumo. Tanto che, per istinto puerile, si concesse d’annusarli mentre gli adagiava il capo sul cuscino, prima di
ricoprire il suo corpo col piumino e di sedersi un attimo sulla sponda, a
riprender fiato.
Successivamente si diresse in cucina, con l’intenzione di preparare
un po’ di the caldo.
Mentre l’acqua bolliva, tornò a ripulire alla bell’e meglio il disastro del bagno, e a cacciar viaTora che si divertiva un mondo
a far tintinnare il vetro, rimbalzandolo contro la ceramica delle piastrelle.
Padrone idiota. Gatto
stupido.
Fece capolino nella stanza da letto con una bella tazza
fumante, e lo chiamò piano.
Mustang aprì lentamente gli occhi, strizzandoli infastidito
dalla seppur tenue luce dell’abat-jour sul comodino.
“Fullmetal? Ma che diavolo ci fai, qui?!” gli fu
chiesto all’improvviso, mentre Roy lo scrutava sorpreso.
“Come, che ci
faccio qui?!” sbottò stupito, strizzando la treccia
gocciolante. “Winry ha preso l’ultimo treno oggi
pomeriggio…” spiegò, paziente. Meditando tra sé che forse all’altro neppure
importava di sapere quei particolari futili, probabilmente era ancora sotto
l’effetto della sbornia, ecco il perché di quella domanda sconclusionata, e
andava assecondato. “Oggi è venerdì, no? Se lo è forse scordato?”
“Venerdì?” ripeté questi, infatti, con aria smarrita. “E tu
sei qui?”
Non gli rimase che annuire, sembrando convincente, mentre
optava per una sostituzione d’abiti, prima che l’infreddatura cogliesse pure
lui.
“Dove vai?” si sentì chiedere, improvvisamente allarmato.
“A cambiarmi. Sono fradicio, grazie a lei!”
“E dopo, dove vai?”
“Resto qui, dove vuole che vada?
E’ talmente sbronzo che potrebbe morire soffocato nel suo
vomito. Chiamo Al per avvertirlo che rimango a dormire
a casa sua...”
Roy attese che tornasse, anche se
le palpebre pesavano quintali, anche se la lampadina da venti Watt sembrava una
deflagrazione nucleare contro le sue retine.
Edward si adagiò nella parte
libera del letto, facendo cigolare la rete.
“Se resto sul divano, non garantisco di poterla sentire, nel
caso in cui lei avesse bisogno di aiuto.” Chiarì, pratico.
Mustang chiuse gli occhi, di colpo più sereno, anche se lo
stomaco gridava ammutinamento, e la testa era una mina inesplosa. Percepiva
solo quel calore rassicurante al suo fianco. E quella gentilezza premurosa,
dissimulata in buonsenso.
Non importava perché Mame-chan
fosse lì, però c’era. E tanto bastava.
Fine
Disclaimers: I personaggi citati
in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna
forma di lucro, da parte mia.
Idem il libro “Cuore di cane” e il
relativo film.
Note varie: il titolo di questo
capitolo è preso dall’omonimo libro e dal film ad esso
ispirato.
Non perché vi siano particolari legami nella trama, ma perché – curiosamente –
nell’opera originale si parla di Homunculus, ed
esperimenti uomo/animale.
Se siete interessati, vi consiglio
di cercare su Wikipedia il riassunto della trama,
inquietante ma ironicamente interessante.
Ecco, se questa fosse stata una fic
a capitoli, credo avrei fatto molta fatica a trovare una collocazione a questo
capitolo, con un Taisa che si dichiara in modo così
imbarazzante, anche se i suoi sentimenti sono sinceri.
Diciamo che si sarebbe segato le gambe da solo!
>.<
Mi piace che sia Ed, stavolta, a dimostrare una certa
maturità, a prendere in mano la situazione…
Mi auguro che i dialoghi strascicati di Roy fossero credibili… non è stato semplice renderli!^^’’
Grazie di cuore ai lettori affezionati e a quelli nuovi, per le vostre
adorabili recensioni.
Come sempre, sono graditi commenti, consigli e critiche.
Capitolo 16 *** Mai svegliare il can che dorme! ***
Note: il seguente scritto contiene lievi riferimenti yaoi
Note: il seguente scritto contiene lievi
riferimenti yaoi.
Questo capitolo è il diretto seguito del precedente,
‘Cuore di cane’.
Non era previsto, ma il commento
di Sephiria mi ha fatta sorridere, “con un modo poco
consono ma alla fine Ed nel suo letto ce l'ha fatto
andare!”ed è nato questo.
Sto annotando le vostre idee su
possibili scene; non prometto nulla, ma se l’ispirazione mi è favorevole,
cercherò di soddisfare le vostre richieste.
NB: Non credo che Roy sia OOC, semplicemente… non è ancora completamente
in sé, anche se sembra che faccia pensieri coerenti. Il mio dopo-sbronza, di
solito, è così. ^^’’
Per ulteriori spiegazioni, vi rimando alla conclusione della fic.
Dedicato a chi ha commentato i
precedenti capitoli della raccolta.
Grazie.
Mai svegliare il can che
dorme!
byelyxyz
Edward attese a lungo, dopo aver
spento la luce dell’abat-jour, perché aveva capito che infastidiva il riposo
del Colonnello. Mentre questi s’addormentò quasi subito, stremato, a lui non
rimase che giocherellare, facendo e disfacendo la propria treccia; oltre ad
aver fatto mente locale sulla porta d’entrata chiusa a chiave e che Tora fosse nella cesta.
Sarebbe stato più saggio aggiungere una coperta, casomai avessero avuto freddo. Quel piumino leggero non gl’ispirava
tanta fiducia… ma avrebbe nuovamente fatto cigolare le
molle della rete, e forse avrebbe svegliato il Taisa,
quindi vi rinunciò.
Alla fine, smise semplicemente di annoiarsi, - l’intrecciatura
mezza sfatta -, e cedette al sonno.
All’alba, il primo tenue raggio di sole colpì, fastidioso,
la fronte di Mustang, destandolo di malumore. Perché s’era scordato di chiudere le
imposte, la sera precedente?
Si girò dall’altra parte, con stizza, troppo pigro per
pensare – anche solo per sbaglio, e di striscio – di alzarsi per andare a
chiudere gli scuri. E si trovò un corpo tiepido, accanto al suo. Raggomitolato,
forse per il freddo. Un corpo che non ricordava, di primo acchito. Capelli
lunghi e biondi (erano biondi? Strizzò gli occhi, per vederci meglio) spuntavano
appena, da sotto le coperte.
Eppure non ricordava, non
ricordava nulla… ma era certo di non essersi portato a
letto alcuna donna! Se lo era ripromesso da tempo, e poi… e poi… da quando le
delicate fanciulle ronfavano in quel modo?!
Cercò di raccapezzarsi, ma non vi riuscì. Allungando una
mano esitante, andò a sfiorare quello che - senza dubbio - era un innesto di
auto-mail, quindi ritrasse l’arto di scatto, come se si fosse scottato.
La realtà dei fatti gli sbatté contro, come un treno in
corsa, lasciandolo tramortito.
Rifletté. O almeno ci provò.
Anche se un attacco di panico, così inconsueto per lui,
stava avanzando a passo di carica.
Che diavolo ci faceva Fullmetal
nel suo letto?
In nome di qualunque Dio, che diamine avevano combinato?!
E soprattutto… perché accidenti non se lo rammentava?!
…non stava, per caso, ancora sognando?
No, decisamente no. Il mal di
testa che sentiva era fin troppo reale.
…però EdwardElric
russava angelicamente a una spanna da lui!
Si maledisse, tentando invano di
rievocare qualcosa – qualsiasi cosa – della sera precedente.
Avevano... avevano
fatto l’am-? Non osò neppure completare quel
pensiero, dai risvolti così pericolosamente mortali.
Non potevano aver fatto un passo così importante… e non
ricordarselo!
Serbava memoria solamente della sua vasca piena di schiuma, e
delle bottiglie che quel debosciato di Maes gli
inviava, di tanto in tanto… ma dove si incastrava la
presenza di Acciaio, in questa sua reminiscenza?
Respirò a fondo un paio di volte, razionalizzando il tutto.
SeMame-chan dormiva lì vicino, e non lo aveva ucciso
lentamente, torturandolo con sadico piacere, non doveva aver combinato nulla
d’imbarazzante e d’irrecuperabile, no?
C’era ancora quel piccolo, minuscolo particolare sul perché Ed fosse
lì, invece che sul divano, come sempre accadeva, quando si fermava da lui. Girò
intorno ai suoi pensieri, rivoltandoli come un calzino usato. Poi ci rinunciò. Inutile. Avrebbe dovuto attendere che il bell’addormentato si destasse, e chiedere a lui
chiarimenti, con i rischi inclusi, ovvio.
Di primo acchito, ponderò la possibilità di risvegliarlo, e
di avere le risposte che tanto bramava. Ma subito escluse quell’eventualità,
lanciando un’occhiata distratta alla sveglia, che indicava un orario impietoso.
Non sarebbe stato esattamente saggio,
discutere con un Fullmetal scontroso e irritato dall’ora
antelucana…
Era cosa nota in tutto l’Alloggio
Ufficiali, che EdwardElricamasse dormire, e sapesse farlo anche
piuttosto bene… recuperando con gli interessi le ore piccole fatte studiando
o in missione.
Non era quindi nelle sue priorità avere a che fare con lui –
in veste di orso inselvatichito, riavutosi anticipatamente dal letargo -, per
una questione così vitale e spinosa,
da affrontare.
Non gli rimase che decidersi a dormire un altro po’, approfittando
magari di quell’inusitata fortuna. L’ultimo sogno di un condannato?
…se doveva morire di lì a poco, tanto valeva che si gustasse
appieno i momenti terminali che gli restavano, giusto?
S’appressò al corpo di Edo, stringendoselo contro, beandosi
del suo calore e del suo profumo.
Piccola, dolce morte.
Era quello il Nirvana?
Il fiato di Ed a
solleticargli il collo? Il piede d’acciaio e quello di carne, intrecciati ai
suoi?
Sì, decisamente. Nessun miracolo gli avrebbe permesso di assaporare
quello stato di atarassia, così perfetto
da fargli quasi male.
Nessuno scambio equivalente gli avrebbe mai permesso di
sentire quell’organismo pulsare vivo, contro il suo
petto, così vicino. Si costrinse a respirare piano, quasi timoroso di rompere quell’equilibrio che sentiva fragile come una bolla di
sapone.
Non poteva essere vero, no.
E allora meglio
chiudere gli occhi, e lasciarsi cullare da quell’illusione.
Quando Mustang riaprì le palpebre, il sole era già alto nel
cielo da un pezzo; la camera da letto, illuminata a giorno, non dava spazio a
fraintendimenti.
Per un istante, credette davvero
d’aver fatto un lungo, luuungo sogno.
Eppure Ed era ancora tra le sue braccia, nella medesima
posizione assunta all’alba, e russava ancora saporitamente, facendo da contraltare ai suoi respiri lievi.
Si sciolse a malincuore da quella stretta.
Sapeva di non poter abusare della sua fortuna improvvisata, quindi
stabilì di dare avvio a quella giornata.
Tuttavia, non sapeva decidersi a scostare il piumino leggero
e ad andarsene da quel nido soffice e caldo. Fuori faceva freddo, si disse, imparando improvvisamente anche a mentirsi in modo
credibile. Raccolse quella poca determinazione che aveva, e si allontanò un po’
di più, rimanendo però a guardarlo riposare, non più semiaffogato dalle coltri.
A volte lo faceva, anche quando Edward
dormiva sul sofà. Roy rimaneva lì, accoccolato sulla poltrona a vegliarlo, per
un tempo infinito, un tempo senza tempo.
Ma poi si riscuoteva, preoccupato di farsi pescare in quell’atteggiamento,
che poteva creare imbarazzo.
E allora andava a preparare la colazione, per sé e per Acciaio,
e la ciotola di Tora, che da bravo osservatore
studiava tutte le loro mosse, e non parlava mai.
Anche in quel momento, con tutta probabilità, se ne stava
proprio lì fuori dalla stanza, ad attendere che quei
due indegni padroni si ricordassero di sfamarlo.
Il Colonnello sorrise. Una delle poche regole su cui si era dimostrato intransigente
era che il gatto non dovesse mai entrare nella sua camera da letto. E così era
stato.
Solo che… certe volte era più semplice farsi
rispettate da una guarnigione di soldati, che da quel sacco di pulci a strisce!
E adesso uno dei suoi militari era lì, fulcro di contesa tra
i suoi vincoli e i suoi affetti… obblighi
o emozioni?
Spasimò affranto, raccattando a forza il suo senso del
dovere, e mise i piedi a terra, infilando le ciabatte. Non si poteva semplicemente congelare il tempo in quel momento?
Ricoprì Edo con gentilezza, indossò la propria vestaglia e
varcò la soglia che lo immetteva nel corridoio, dove effettivamente il suo
coinquilino sostava, giocherellando con un tappo di sughero che non
riconosceva.
Lo chiamò piano, facendosi seguire in cucina, dove provvide
a riempire le scodelle di acqua fresca e cibo.
Si preparò il caffè, amaro e forte, come aveva imparato ai
tempi degli estenuanti turni di guardia, al fronte: al
mattino, nero e consistente; poi quelli durante la giornata potevano anche
annacquarsi ed essere zuccherati da diabete... ma il primo no, quello era un rituale
a cui sarebbe sempre rimasto fedele.
Mise sul bollitore l’acqua del the per Acciaio, prese i
biscotti e lo zucchero dalla credenza, e il bricchetto
del latte, giusto per spirito di provocazione.
Ghignò, perché anche quello era uno dei loro gesti abituali,
quando il suo Fagiolino restava lì, da lui. E immancabilmente finivano sempre
allo stesso modo, tra l’indignazione e le minacce del giovane Elric.
Però quel mattino decise di strafare. Perché non portargli
la colazione a letto? Un gesto di cortesia poteva magari tornare a suo
vantaggio, predisponendo benevolmente l’altro al dialogo…
E poi era quasi mezzogiorno, e di sicuro quel dormiglione
non avrebbe pranzato a breve, quindi…
Afferrò il vassoio di buonumore e lo imbandì a dovere. Il
recipiente del latte gli ammiccò complice, ma per una volta non se la sentì di sfruttarlo.
Agguantò il portavivande e si diresse alla volta della sua
personale croce e delizia.
Tenendo in equilibrio precario il tutto, aprì la porta, e
poi lo posò sul comodino, affianco al letto.
“Edward…” chiamò, dapprincipio quasi
troppo piano.
Non ottenne alcun risultato.
“Ed!” ritentò, alzando parecchio la voce.
“Due minuti, Al… ancora due minuti…” lo sentì supplicare, da
sotto le coperte.
Roy sollevò il sopracciglio destro, contrariato.
Forse, dopotutto, non era ‘sta grande idea… certo che
scambiarlo per Alphonse…
Il suo amor proprio prevalse, dissipando i suoi dubbi. Doveva
pur ottenere qualcosa!
“Fullmetal! Non sono tuo
fratello!” lo sgridò, direttamente a una spanna dal suo condotto uditivo.
Un urlo di dolore invase la casa, seguito da frasi
irripetibili.
Il giovane Elric s’era svegliato,
sì, ma nell’impeto del momento l’aveva colpito col suo auto-mail
dritto dritto sull’orbita sinistra.
Il Colonnello si ritrovò col sedere a terra, colazione e teiera miracolosamente illesi.
Aveva ottenuto
qualcosa, sì. Ma non quello che voleva...
“Diamine, Taisa! Mi dispiace!” esclamò,
raggiungendolo concitato sul pavimento. “Ma lei non doveva… non sa che…?”
Oh, sapeva che Acciaio era difficile da
svegliare, sì; ma non immaginava che fosse anche pericoloso!
“Faccia vedere, su!” lo invitò,
accucciandosi al suo fianco.
Roy mugugnò la sua sofferenza, mentre la mano gentile del
biondo scostava la sua dalla parte contusa.
Un bell’occhio nero. Senza dubbio.
“Caspita!” si lasciò sfuggire, il sonno passato d’incanto.
“Vado a prenderle il ghiaccio, si stenda…” gli ordinò, pratico.
Edward sparì e tornò,
posizionandogli l’impacco.
Sentiva la zona pulsare ritmicamente,
e maledisse la sua genialata della colazione a letto.
No. Decisamente non
era stata una grande idea.
“Come va?” si sentì chiedere.
Dolore bestiale.
Quanta cazzo
di forza aveva, in quell’arnese?
Gli uscì solo un suono inarticolato, mentre adocchiava Ed che mangiucchiava un biscotto, distrattamente.
Un discreto mal di testa stava rapidamente diventando
un’emicrania feroce, senza contare il male atroce al suo occhietto nero, da
adesso ancor più nero.
“Passerà…” minimizzò, cercando di sorridere per
sdrammatizzare. Gli uscì solo una smorfia semi-tragica. “Penseranno che abbia
fatto a botte con qualcuno…” scherzò, per alleggerire il momento.
“O che abbia sbattuto contro qualcosa,
dopo la sbronza di ieri sera!”
“Sbronza?” gli fece eco, sorpreso.
“Non ricorda nulla?” chiese Edo, altrettanto meravigliato,
biscotto a mezz’aria.
“No.” Scosse la testa, con rammarico. “Cos’ho combinato? Ho
detto qualcosa? Ho fatto qualcosa di sbagliato?” l’interrogò, ansioso, col
timore che i suoi freni inibitori fossero andati a farsi benedire.
“Sì, ha allungato le mani dove non avrebbe dovuto!” lo
rimproverò il suo sottoposto, ricordando la doccia fuori programma.
Il Flame impallidì, figurandosi un
assalto, in grande stile, all’integrità di Fullmetal.
“E tu… non ti sei opposto?”
“Quando il danno era fatto? Mi sono limitato ad imprecare…”
“Non mi hai picchiato?”
“Non era in sé! Che cavolo la picchiavo a fare?!”
Mmh… quella magnanimità non gli
faceva tornare i conti…
“Ad un certo punto,” riprese
Acciaio “ha detto un mucchio di cose senza senso, che mi amava, o giù di lì…”
Roy sussultò. “E tu… come hai reagito?” Non riuscì a
resistere.
Magari adesso lo odiava… lo considerava un maniaco… si sentì
in colpa, e incolpò Maes per quel liquore traviatore.
“Si figuri!, anche Havoc mi si è dichiarato!” ridacchiò il FullmetalAlchemist, svalutando l’evento.
Il sangue nelle sue vene ribollì.
“Come ha osato!” ringhiò, oltraggiato.
“Macché! Mi ha scambiato per la ragazza che l’ha piantato! Martedì
scorso, mentre era in licenza… ha visto la sua bella amoreggiare con un altro
tizio e si è ubriacato per disperazione… poi, mentre andava nei bagni del
secondo piano, ha incrociato me, e mi stavo rifacendo la treccia… e ha frainteso… ma poi abbiamo chiarito! Mercoledì ci siamo fatti
una gran risata!”
Annotò mentalmente: punire
Jean.
“Perciò… qualsiasi cosa sia successa ieri sera… che io abbia
detto o fatto… non ce l’hai con me?” precisò, nascondendosi
coraggiosamente dietro alla borsa del
ghiaccio.
Quindi si perse il sorriso indulgente del biondo.
“Lasci perdere… erano una valanga di sciocchezze.” Decretò, rosicchiato l’ennesimo frollino.
“Bene. Concordo.” Ne convenne. “Me ne passi uno?”
“Taisa?”
“Mh?”
“Ha imparato la lezione?”
“Quella sul non ubriacarmi?” immaginò.
“No! Quella che dice:‘Mai svegliare il can
che dorme!’” rise, divertito.
E si misero a consumare il resto della colazione sul letto
sfatto, tra ghiaccio e briciole.
Fine
Disclaimers: I personaggi citati
in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna
forma di lucro, da parte mia.
Note varie: il titolo è un proverbio
popolare molto conosciuto… chissà che anche Roy abbia imparato a non svegliare
il suo cucciolo dell’esercito! ^__=
Facendo una carrellata dei vostri commenti, c’è una cosa che
mi ha fatta sghignazzare di gusto, perché è successo in diversi capitoli. Per
la stessa fic, c’era chi scriveva:
“Povero Roy!” ma due commenti dopo: “Ben gli sta! Roy se l’è
andata a cercare!”;
“Oh, cucciolo Ed… ç___ç” e magari il successivo: “Certo che
Edo poteva risparmiarsela!”;
“Tora è proprio viziato!” “Povero
gatto, se la prendono anche con lui!”
E’ così buffo, e al contempo piacevole, che ciascuno di voi sia
indulgente o severo, di fronte al medesimo fatto. Mi piacciono le vostre
interpretazioni personali, e mi immagino che dopo questo cap
le amanti del Taisa mi rimprovereranno di essere troppo cattiva con lui… Mie care, io AMO Roy *ç*,
ciò non toglie che mi serva come oggetto di tortura, e il peggio deve ancora
arrivare! *____*
Curiosità: le ciabatte
di Roy Mustang.
Non so come mai, ma sono in molti a voler sapere come io mi
immagini le pantofole di Roy…
Beh, io credo ne abbia due paia: quelle invernali, di panno,
con dentro il rivestimento morbido in lana, color blu oltremare, tendente al
nero.
Per il resto dell’anno, delle ciabatte in
pelle, taglio classico da camera, color castagna. Soddisfatte? ^___^
Precisazioni al
capitolo precedente: io non ce lo vedo Roy in
stile ‘sbronza triste’, secondo me se è malinconico,
beve. Ma non fino ad ubriacarsi. Quella bellissima e tristissima scena di lui
col bicchiere in mano, che guarda fuori dalla
finestra, con la foto di Maes nello sfondo, mi fa
pensare a questo.
Poi ho scelto di non far imbarazzare Ed, anche se le
circostanze potevano offrirmi questa possibilità. Proprio perché, come già detto,
avevo bisogno di delineare un Edward che fosse
maturo, per tutto un capitolo. Finora non era mai successo, nei 14 precedenti.
In qualche modo, facevo affiorare il suo infantilismo, ma – per scambio
equivalente – toccava a Roy fare il ‘bambino’ e a Ed
la parte dell’adulto coscienzioso. E poi… Mustang non era in sé, quindi non è come aver a che fare con lui
davvero, come quando è ironico, presuntuoso e arrogante.
Grazie di cuore ai lettori affezionati e a quelli nuovi, per le vostre
adorabili recensioni.
E a Voce, per la supervisione improvvisata! (Bacione.)
Come sempre, sono graditi commenti,
consigli e critiche.
Capitolo 17 *** Gattamorta (a volte... ritornano) ***
Note: il seguente scritto contiene lievi riferimenti yaoi
Note: il seguente scritto contiene lievi
riferimenti yaoi.
Per ulteriori spiegazioni, vi rimando alla conclusione della fic.
Dedicato a chi ha commentato i
precedenti capitoli della raccolta.
Grazie.
Gattamorta (a
volte... ritornano)
byelyxyz
Edward canticchiava allegramente a
mezza voce, terminando di condire l’insalata. Roy avrebbe finito di farsi il
bagno di lì a cinque minuti, e poi avrebbero cenato, e poi… poi… uhm. Ma come poteva ancora arrossire, pensando a
queste cose?
Sospirò, stappando il vino rosso e dandosi dello sciocco.
Poi decise di preparare la ciotola per Tora, che lo
teneva d’occhio da sopra il ripiano della credenza.
Mentre stava versando i croccantini,
il campanello della porta trillò.
Se ne stupì, perché non attendevano ospiti, per quella sera.
Uscì quindi dalla cucina e tese l’orecchio, l’acqua della
doccia non scorreva più.
Pulendosi le mani sul grembiule, fece scattare la maniglia.
Una donna impellicciata lo guardava stupita, dall’altra
parte della soglia.
E un improvviso senso
di dejà vu lo colse, facendolo irrigidire.
Oh, ma stavolta le cose sarebbero andate diversamente!
Adesso si sentiva autorizzato a sbattere la porta in faccia
alla prima sgualdrina che tornava in cerca di revival nostalgici!
E se quella gattamorta era
particolarmente testarda, non si sarebbe certo risparmiato; come con certi,
molesti venditori porta a porta…
“Desidera…?”
sibilò, cercando di non saltarle al collo.
“Roy-kun non abita forse qui?”
chiese lei, quasi seccata.
Ma quanti anni aveva?
Trentacinque? Quaranta? …Com’era
caduto in basso... “Spiacente, signora,” incominciò, cercando di apparire intimorente per
scoraggiarla, malgrado il grazioso grembiule a fiorellini, “il Generale di Brigata
Mustang non è-”
“Margareth?!”
chiamò Roy dal salotto.
Tempismo perfetto, eh?
Ed si girò verso di lui,
arrostendolo con un’occhiataccia. Altro che guanti alchemici!
Ma il suo compagno non colse, avanzando verso di loro, stringendosi
meglio l’accappatoio, in un impeto di atavica pudicizia. L’espressione sconvolta
di chi ha appena visto un fantasma.
“Oba-sanMargareth!”
ripeté, “ma non dovresti essere…” defunta?
Tenne per sé quell’infelice
domanda, sfoderando quel sorriso tipico da ‘ogni donna cadeva ai miei piedi’.
Edward sussultò, sorpreso. “Zia?”
gli fece eco, squadrando il corpo di fianco a sé.
Arrossì, mentre la sua maleducazione di poc’anzi
gli lampeggiava in testa, a monito futuro.
“Entra, Oba-san, ti prego!” la
sollecitò, dimostrando un compassato savoirfaire. “A cosa devo quest’inattesa, ma piacevolissima
sorpresa?”
“Inattesa?” rifece lei, addentrandosi nell’ingresso. “Nipote
smemorato!, non hai ricevuto i miei due telegrammi?”
La sua faccia parlava da sola.
“Eppure ho conferma che siano stati consegnati al tuo
ufficio, al Quartier Generale!” si lamentò,
rammaricata.
Le menti dei due militari giunsero alla medesima
conclusione; ad una scrivania, per la precisione, quella dove risiedeva la
posta in arrivo per Mustang, perennemente da smistare, in arretrato da
settimane.
“Ci sarà stato un malinteso col mio staff, zia cara, non ti
preoccupare…”
Eppure lei sfoderò un’austera espressione contrariata.
“Potresti chiedere a questo ragazzo di andar a prendere le
mie valigie di sotto, in entrata?” ma il tono sembrava
tanto un ordine, non una richiesta.
Edo ebbe il buonsenso di non protestare; non attese oltre e
s’incamminò al piano inferiore, incrociando di sfuggita lo sguardo con quello
di Roy. E non prometteva decisamente niente di buono.
Mentre lei si sfilava con affettata lentezza i sofisticati
guanti in pelle e li appoggiava nella mensola in
entrata, Ed fu di ritorno, carico di bagagli.
“Ma quanto hai… intenzione di restare, zia cara?” si sforzò di assumere un’inflessione educata, che
mascherasse lo sconcerto di fronte a quell’invasione.
“Chi è questo giovanotto?” chiese invece lei, additando il
biondo con alterigia.
Un piglio indagatore. Lungo. Che metteva a disagio.
“Lui è…”
Il mio amante? Un mio
subordinato? Il mio compagno? Un commilitone?
“Lui è il Tenente Colonnello EdwardElric, zia Maggie.”
“L’Alchimista d’Acciaio?” s’interessò stupita, ma non quanto
loro… e quindi sorrise, benevola. “La tua fama ti precede, giovane soldato che
aiuti il nostro Paese.”
“E lei è…” riprese l’uomo, rivolgendosi a Fullmetal.
“Mi so presentare da sola!” lo zittì, accompagnando con uno
sguardo severo. Poi si dedicò a Edo, che assisteva basito. Era abbastanza raro che qualcuno facesse tacere Roy così velocemente.
“Lady Margareth Mustang, vedova del
compianto Generale Middleshield.”
Precisò, rimarcando il titolo nobiliare acquisito, seppur decaduto molti anni
addietro.
Una Lady di Ferro,
da come si presentava.
Gli porse il palmo destro, per un compassato baciamano che
rimase disatteso. Edward strinse appena le dita, più
per dovere che per reale convinzione, osservando che la mano era affusolata e
curata, eppure segnata dal passare degli anni.
E allora notò anche le rughe sul suo viso, abilmente
nascoste da un sapiente trucco, sotto la pelliccia un elegante tailleur di alta
sartoria.
Si era sbagliato alla grande. Quella signora poteva avere all’incirca cinquant’anni, se non
di più.
“La zia si diletta a vendere prodotti cosmetici.” Gli fu spiegato, mentre l’Alchimista di Fuoco la aiutava a
togliersi il cappotto pregiato e lo sistemava sull’attaccapanni.
“Se conducessi una vita sola e noiosa come la mia,
troveresti anche tu un passatempo…” si giustificò, motivando la presenza di
tanti beautycase che affollavano l’ingresso.
“Signora, mi perdoni… ha già cenato?” le domandò, per pura cortesia,
dirigendosi in cucina per controllare che il pollo in forno non si
carbonizzasse.
Non si aspettava certo che lei lo seguisse, entrando dietro
di lui, tallonata a sua volta da un Mustang assai inquieto.
Fece appena in tempo ad afferrare in mano la ciotola di Tora, posata sulla tovaglia, prima che lei la vedesse e si scandalizzasse.
“Sono appena giunta dalla stazione, non ho avuto il tempo di
sfamarmi.” Rispose la donna, osservando con occhio
vigile l’intero cucinino: l’ordine perfetto, le pentole sul fornello, la tavola
imbandita per due…
Mentre Roy spostava con finta noncuranza il candelabro dal
centrotavola, - la loro cenetta a lume di
candela era saltata, no? - Edo grattò il fondo della sua buona educazione, prima
di spegnere il forno e di girarsi verso di lei, prendendo in mano la situazione:
“Per cortesia, si metta a suo agio in salotto per qualche istante, fintanto che
il Generale di Brigata Mustang non si sarà reso presentabile…” e gli lanciò
un’occhiataccia.
“Vado a cambiarmi, zia Maggie!” squittì in fretta questi,
svanendo in corridoio.
“Dopodiché, si potrà mangiare in santa pace. Il cibo è
pronto.” Si tolse quell’assurdo grembiule che solo in
quel momento ricordava d’indossare. “Mi segua, prego.” La invitò,
sottintendendo però un’ingiunzione. E si avviò in salotto, sedendosi sul sofà
dove la fece accomodare, in attesa di Roy.
Ringraziò mentalmente la sua buona stella, dopo aver
reclinato la cornice della foto di loro due abbracciati sul divano, prima che
la vecchia facesse un infarto.
Accidenti!, doveva avere il tempo
di rendere la casa innocua, prima che
lei scoprisse tutto!
Il che voleva dire far sparire tutti i suoi oggetti
personali, che non fossero spacciabili per quelli del suo partner.
…forse era per questo che il suo uomo-quasi-morto non era ancora di ritorno?
Perché aveva avuto
l’assennatezza di riordinare?
Nah! Non che ci sperasse poi
troppo.
“Allora, Tenente Colonnello… posso dartidel tu, vero?”
chiese la donna, improvvisando uno stile inaspettatamente gioviale.
“Prego?” si stupì lui, infatti. Rimanendo basito qualche
istante… “Oh, sì. Ce-certo che può…”
arrossì, colto alla sprovvista.
“Come procede la tua carriera, figliolo?” s’interessò lei,
sinceramente partecipe.
“Be-bene, direi…” tartagliò,
confuso. Ma dov’era finita l’arcigna
vecchiaccia di poco prima?
“Bravo!, Sei un Alchimista di
Stato! Hai il grande privilegio di servire la nostra Patria!” s’infervorò,
battendo le mani laccate sulla sua coscia, con entusiasmo.
Edward si sentì a disagio. Assurdamente,
molto più adesso, che prima; mentre era inflessibile e austera.
“…hai mai sentito parlare dell’Alchimista del Vento?”
l’interrogò, amichevolmente. Come se si conoscessero da sempre.
“Certo! Chi non conosce il WindAlchemist?!” replicò,
animandosi, perché era un terreno a lui familiare. “Le sue imprese sono note a
tutti, nell’esercito!”
La signora si asciugò una lacrima col bordo di un fazzoletto
di pizzo, spuntato chissà da dove.
“Le tue parole riempirebbero d’orgoglio il mio povero Bernie…” sussurrò, emozionata.
“Ro-” si corresse, “il Generale di
Brigata Mustang non mi aveva mai detto di essere il nipote del Generale BernardMiddleshield.” Le rivelò, un po’ smarrito.
“Non mi stupisce!” dichiarò lei, imbastendo un sorriso
indulgente. “Non è una cosa facile a dirsi…” lo difese. “Roy-kun
era ancora molto piccolo, quando successe… e poi… beh…” gli lanciò un’occhiata
supplichevole, come a dirgli che preferiva non continuare.
Il Flame ricomparve, finalmente,
unendosi ai due. Un sorriso scanzonato sul volto, che strideva palesemente col
rammarico che aleggiava su di loro.
Eppure la donna si riprese prima di quanto lui credesse,
sfoderando una grinta fuori dal comune.
“Nipote sciagurato! E’ così che tratti l’unica parente che
ti è rimasta?”
Ed sussultò, a quell’affermazione.
Anche se sapeva tutto. Pur conoscendo il passato di Roy.
C’era stato un tempo in cui Mustang gli aveva confessato
cose dolorose del suo passato, prima di Ishbar, prima
della guerra.
Discorsi che riguardavano i suoi genitori, tristi e agri.
Ferite mai guarite del tutto. C’era voluto del tempo, ma alla fine s’era
confidato con lui, quel giorno lontano in cui erano rimasti intrappolati in
casa, per colpa di quella nevicata assurda…
“Tu e i ragazzi siete
la mia famiglia. E quell’idiota di Maes. Il miglior fratello che potessi avere.”
Gli aveva detto, un sorriso dolceamaro,
mentre gli sfilava dalle mani una foto troppo vecchia e sbiadita di un Roy
bambino accanto a due figure adulte.
“Per fortuna che questo baldo giovanotto mi intrattiene!” lo
sgridò, soffiandosi il naso per l’ennesima volta. “Hai un gatto?” investigò,
guardandosi di colpo intorno, alla ricerca di un felino.
Tora, che aveva già cenato da tempo mentre loro s’intrattenevano in inutili convenevoli,
ronfava beato nella sua cesta, seminascosto dalla sua piccola coperta di lana.
“E’ un problema!” decretò lei, con cipiglio. “Io sono
allergica ai gatti! Lo sai bene!” lo rimproverò, cercando di farlo sentire in
colpa.
“Ma, veramente…” tentò, senza sapere bene cosa dire.
Ed intanto se la godeva tutta, gustandosi quell’insperata fortuna.
Se esisteva un Dio -
il Dio dei Gatti – andava benedetto.
“Roy-kun, mi trovo costretta, a
malincuore, a rinunciare alla tua ospitalità.” Decise,
starnutendo sonoramente.
“Oh, zia!” esclamò, fintamente contrito.
“Stasera è troppo tardi, per cercare una locanda adeguata…”
“Però, forse veramen-” obiettò.
“Dormirò sulla poltrona letto dello studio, come l’ultima
volta, e poi domattina mi aiuterai a traslocare altrove, per i pochi giorni in
cui rimarrò in città.”Decise
irrevocabile.
“Come vuoi, Oba-sanMargareth…” capitolò.
“Mi perdoni, signore…”
s’intromise Edward, rivolgendosi al suo superiore con
un tono falsamente deferente “di quale
poltrona letto stiamo parlando?” s’interessò, mentre il suo sguardo prometteva
rappresaglia.
Roy deglutì a fatica.
“Vuoi scusarci un attimo, zia cara? Approfitterò della
gentilezza di Elric-san per aprire le molle
arrugginite del tuo giaciglio, ma vedrai che sarà come nuovo…” le spiegò, mentre un Fullmetal
alquanto alterato lo precedeva nel corridoio.
“E da quando tu hai una poltrona letto?!”
gli ringhiò contro, una volta che furono oltre la portata d’udito. “Eh, Generale Mustang?!”
ripeté, sarcastico. “Perché diamine non me l’hai mai detto e mi hai sempre costretto
a dormire su quel divano picc-stretto e scomodo?!”
“Mame-chan, ti prego…” lo
supplicò, congiungendo le mani in segno di supplica “Basta già lei, a complicarci la vita, no?”
“No. Non basta!”
lo contraddisse il compagno, che voleva andare a fondo della faccenda.
“Beh…” tentennò.
Come poteva
confessargli che gliel’aveva tenuto nascosto, nella speranza che fosse il suo,
di letto, quello che – lui desiderava - Edward
avrebbe usato?
“Tu sei picc-” la vena sulla tempia
destra di Ed iniziò a pulsare in modo preoccupante. “Tu sei giovane,” raddrizzò il tiro “e mi sembrava che ci stessi comodo
ugualmente!, non è poi così stretto, il divano del salotto, sai? Altrimenti non
avremmo fatto quello che tu ben sai,
l’altra notte…” lo provocò, ammiccando in modo lascivo.
Ottenne l’effetto sperato, perché il suo Fagiolino arrossì,
squisitamente imbarazzato, sfiorandosi di riflesso un succhiotto seminascosto
dalla maglietta scollata.
“Uhm… è solo che…”
“Aiutami ad aprire questo coso,” tagliò corto il moro, strattonando
lo schienale effettivamente indurito dal tempo. “E torniamo di là, prima che
quella vecchia volpe s’insospettisca!”
“Perché la tua ‘cara zia’ ci è capitata tra capo e collo?!”
lo aggredì, recriminando. “Potevi avvisarmi di queste sue incursioni!”
“E che ne sapevo?! Sono almeno due
anni che quella gatta spelacchiata non si faceva vedere; credevo fosse morta, passata
a miglior vita, puf!” esclamò, in un crescendo di
esasperazione.
Acciaio sospirò, riponendo le armi. “Andrò a chiedere
ospitalità ad Al, per stanotte.” Lo avvisò.
La trovarono che fissava malevola,
a debita distanza, il loro micio che sonnecchiava felice, e la invitarono ad
avviarsi con loro in cucina. Tuttavia, lei chiese prima di potersi riordinare in
bagno, qualche istante. A malincuore, dovettero concederle il permesso.
“Hai nascosto il mio spazzolino da sopra la mensola del
lavandino?” sibilò Edward, direttamente ad una spanna
dall’altro, per paura di farsi sentire. Il Flame
annuì, “anche i tuoi elastici, la spazzola, quello che era in vista l’ho fatto
sparire; se non si mette a rovistare, non troverà nulla…”
“E il mio accappatoio?!” riprese
ugualmente il giovane, mentre figuracce scandalose e scuse sempre più
improbabili gli sfilavano davanti agli occhi. “La cesta della biancheria usata,
l’hai chiusa? Ci sono le mie mutande!”
“Non credo che mia zia si senta autorizzata a rovistare tra
i panni sporchi…” ironizzò, per cercare di sdrammatizzare un po’ e nascondere
la propria preoccupazione.
“E se trovasse qualcosa che non è tuo? Le mie magliette sono
più corte, i pantaloni più stretti…” lo provocò il biondo, imprecando
mentalmente.
“Potrei…” sospirò “potremmo… non mi chiederà nulla, vedrai.
In passato ha già trovato, per casa, tracce delle mie compagne occasionali,
quelle con cui uscivo a quel tempo, quando lei capitava qui…” lanciò la bomba,
attendendosi una legittima scenata di gelosia.
Eppure Fullmetal lo ascoltava;
infastidito, sì, ma senza dare in escandescenze. Gli puntò l’indice
con l’auto-mail contro, perentorio. “Dirai che è roba di una fantomatica
fidanzata. E domattina leverà le tende. Non morirai, nel frattempo.” Tagliò
corto il giovane alchimista, giusto qualche istante prima che la donna facesse il suo ingresso in cucina.
Edward riempì loro i piatti, prima
di esordire con un: “Bene, è ora che io tolga il disturbo. Ci rivedremo
domattina in ufficio, signore.
Ed è stato un vero piacere
conoscerla, Lady Middleshield. Buona cena!”
Ricevette un doppio sguardo sorpreso, anche se per ragioni
diverse.
“Al tempo in cui Bernie era in
servizio, i suoi sottoposti non venivano certo a preparargli la cena, mi sembra
di ricordare…” esordì Margareth, posando la forchetta
ancora intonsa. “Tuttavia, mio caro, mi auguro che tu voglia tenerci compagnia,
per stasera…” lo invitò, riacquisendo però il tono di
comando con cui aveva esordito al suo ingresso.
Ed non osò fiatare.
“Credo che zia Maggie abbia ragione, Elric-san…”
le diede man forte Mustang, approntando un piatto e delle posate in più, anche per
lui.
La signora sorrise soddisfatta, quando egli si arrese,
accomodandosi al fianco del suo uomo.
“Deliziosa cenetta, Edo-kun.” Si
complimentò, addentando il terzo boccone di pollo. “Nevvero, Roy-kun?”
Il moro sorrise incoraggiante, dandole ragione; faticando a
nascondere una punta di dolcezza e orgoglio. Senza averlo preventivato davvero,
finì con l’elogiare le straordinarie capacità di Fullmetal,
non solo in campo culinario; dilungandosi sul suo coraggio come soldato,
sapendo che era un terreno fertile per ottenere la benevolenza di lei.
In breve, la conversazione smise di languire, per farsi
avvincente e ricca di aneddoti.
La vedova del Generale attese che finissero,
ascoltando educatamente i due uomini che bisticciavano allegramente su alcuni
pezzi discordanti dei loro ricordi comuni, mentre il cibo veniva spazzolato via.
Quindi abbozzò un sorriso, adagiando sul piatto coltello e
forchetta, secondo l’etichetta del galateo.
“Sei fortunato, nipote debosciato!,Edward sarebbe un’ottima moglie, ed è anche meglio
delle sgualdrine che frequentavi un tempo…” lasciò cadere lì, con noncuranza.
Eppure Roy sputò sulla tovaglia il vino che stava bevendo,
mentre Ed stava soffocando con un boccone andato di
traverso.
Margareth si pulì con minuzia una
traccia di salsa pressoché inesistente al lato della bocca, senza scomporsi, come
se niente fosse.
“Adesso che ti so in buone mani, posso anche morire in pace.
Avete perciò la mia benedizione.”
Fine
Disclaimers: I personaggi citati
in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna
forma di lucro, da parte mia.
Note varie: il titolo di questo
capitolo è preso da un’espressione del linguaggio comune.
Gattamorta, per chi
non lo sapesse, sta ad indicare una persona che nasconde la sua vera indole,
litigiosa o malevola, dietro a comportamenti zuccherosi e mansueti.
Anche questo, va comunque preso alla lettera… ^__=
Oba-san: in lingua giapponese, significa
‘zia’.
Prima che me lo chiediate, arriverà
la nevicata colossale di cui accennato nel capitolo, era già in programma! *__*
Precisazioni al
capitolo precedente: ecco la mia interpretazione degli eventi, (come già
accennato a qualcuno.)
Roy, in qualche modo, si sente ‘autorizzato’ a fare ciò che
fa, dando la colpa/merito alla sbronza.
Un po’ < 'carpe diem',
perché da sobrio non potrei!!^^'' >
Tora finora è entrato in due occasioni in camera di
Roy: quella in cui ha ‘interotto un momento intimo’, e quando Ed va a casa di Mustang che è appena rientrato
dall’ospedale, e quel gatto ‘da guardia’ dorme ai
piedi del suo letto, in camera.
Ci sarà un cap di spiegazione a ciò, al perché Tora adesso si sente autorizzato ad entrare lì, ed è quello
della nevicata.
Ad un certo punto, Roy è convinto che Tora gli
ubbidisca, ma è solo una pia illusione.
In realtà lui non entra quando Roy è a casa, ma poi
‘balla’ quando è da solo! ^___=
E poi... anche la ripetizione della veglia sul divano è
voluta, (una breve ripresa c’è anche nel cap
7) proprio per dare piccoli messaggi di conferma/quotidianità al lettore.
Uno non può mica scrivere che spesso si fermava a vegliarlo, e poi non inserirlo
mai nei propri scritti! E’ questione di coerenza di stile!
Mi piace che Edward picchi Roy, con un pugno post-risveglio.
(Anche se è un po’ scontato, lo so).
Io lo vedo come uno uno ‘scambio equivalente’,
nel cap prima - direttamente legato a questo- Ed
‘salva Roy’, lo aiuta; qui, invece, è proprio lui a cagionargli
il danno, seppur non volendo.
E poi, cosa non da poco, mi dà il pretesto perché Roy si faccia coccolare un
po’, e lo salvi da una sgridata assicurata, sul
suo comportamento irresponsabile della sera precedente. Havoc non subirà conseguenze, malgrado
le ire funeste di Mustang. Maes, invece... mi fa sorridere anche questo: nel 15,
Roy dice: ‘quella buon’anima di Maes’;
nel 16, lo maledice e si maledice... ^__________^
Ultima cosa: non è un caso, se ho scelto di fare colpire
l’occhio sinistro di Roy, non è una questione di 50% di possibilità! XD
Niente Roy ciecati, in questa fic… però è da notare che anche KingBradley ha la benda sull’occhio sinistro (e noi
sappiamo perché…) ma che sia un requisito essenziale
per diventare Comandante Supremo?! ^__=
Oki, credo sia tutto.
Ringraziamenti: spulciando
quella cosetta meravigliosa che è la sezione ‘preferiti’ del proprio account,
giusto in questi giorni mi trovo a festeggiare (e a ringraziare, per la
fiducia) le 50 persone iscritte al sito, che mi hanno inserita tra i loro
autori preferiti.
E quei 30 readers,in particolare, che hanno inserito tra
le loro preferenze ‘It’s rainingcats and dogs.’
A questo punto, vorrei strafare…covo l’insano desiderio di arrivare alle 300 recensioni, con
questo cap.
Ovviamente, solo voi, miei cari lettori in humbra, mi potete aiutare a realizzarlo…
Su!, fatemi felice, chissà che
allora non sia invogliata ad aggiornare prima! ^__^
Anche perché… potrebbe essere una minaccia!è_é
(scherzo! ^__=, forse… *_*)
Mettetevi una mano sul cuore e l’altra sulla tastiera, e
recensite. ^*^.
Grazie di cuore ai lettori affezionati e a quelli nuovi, per le vostre
adorabili recensioni.
Come sempre, sono graditi commenti,
consigli e critiche.
Capitolo 18 *** Quando adotti un cucciolo, preparati ai suoi guai… (omake n°1) ***
Doppio drabble (200 parole esatte)
Doppio drabble (200 parole esatte)
Note: il seguente scritto contiene lievi
riferimenti yaoi.
Per ulteriori spiegazioni, vi rimando alla conclusione della fic.
Piccolo omake, il
primo di tre.
Dedicato a chi ha commentato i
precedenti capitoli della raccolta.
Grazie.
Quando adotti
un cucciolo,preparati ai suoi guai...
(omake
n°1)
byelyxyz
Roy indossò la sua alta uniforme di gala, per la cerimonia cui
doveva presenziare; e sorrise, piacevolmente stupito.
La signora Nismet era ammalata, edEdward si era offerto di
stirare personalmente la piega di pantaloni e giacca, già perfetta di suo.
Il Colonnello si specchiò, soddisfatto. Doveva pur
riconoscere che il colletto della camicia era bello rigido, al punto giusto, come
piaceva a lui.
Che bravo ometto si era accasato!
Aveva addirittura pensato anche agli accessori!
Si era premurato di lustrare il copricapo, l’orologio
d’argento a simboleggiare il suo status, gli stivali tirati a lucido… i suoi guanti
alchemici di scorta, in bella mostra sul letto, accanto a Tora,
che lo osservava incuriosito.
Se li infilò con cura, ed erano davvero immacolati e ben
piegati, il paio che teneva per le grandi occasioni, in cui voleva apparire
impeccabile.
“Di’ che sono figo!” esclamò,
facendo schioccare le dita, più per abitudine che per altro.
E un’improvvisa fiammata pericolosa arrivò quasi a lambire
il soffitto; per poco non s’era ritrovato arrostito da solo!
Le sopracciglia puzzavano un po’ di bruciato, in effetti.
“EEEddd!!”
ringhiò, al compagno che riassettava casa, preso dal sacro fuoco delle pulizie domestiche.
“Hai inamidato anche i miei guanti?!”
Fine
Disclaimers: I personaggi citati
in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna
forma di lucro, da parte mia.
Note varie: questo è il primo di tre
doppi drabble, da alternare ai cap
più corposi, per ravvicinare il postaggio e diminuire
l’attesa degli aggiornamenti, come ringraziamento per il superamento dei 300
commenti che, giuro, mi hanno davvero commossa.
Vi bacerei uno ad uno, ma non credo che le mie bave vi interessino, no? XD
La signora Nismet
è già comparsa in un’altra mia fic,
‘Come una moglie tradita (Gelosia)’, ma amo i miei personaggi-fantasma
originali, quelli che nomini ma non compaiono mai! ^___^
Prima che me lo chiediate: mi scuso, ma avevo dimenticato di
chiarire che la nevicata colossale, di cui accennato nel capitolo scorso, è sì
in programma, ma devono accadere alcuni fatti, prima di giustificare la sua
presenza. Abbiate pazienza! ^^’’
Precisazioni al
capitolo precedente: sono felice che, quella vecchia gattamorta della cara zia, abbia riscosso tutto questo
successo! ^___^ (Comunque non è in vendita… sorry…
volete qualche altro mio parente compic- uhm…
particolarmente simpatico? ^__^)
Ovviamente l’omonimia con l’inflessibile Lady di Ferro è un
tributo alla vecchia MargaretThatcher,
un tempo primo ministro britannico, soprannomina esattamente così, indovinate
un po’ perché?
Forse non dovrei dirlo… ma adoro
Roy e Ed di questo chappy: sono goffi, innamorati, e
fanno tanta tanta tenerezza…
Riguardo ai dubbi sollevati: considerazione alla
poltrona, è proprio così. Il punto è che Roy la sostituisce, come detto, con
una sedia meno comoda. Però poi, quando Ed si abitua a
condividere con lui il divano, in salotto, la poltrona ritorna nella sua sede
originaria.
Non credo nemmeno che Ed ci abbia fatto tanto caso, a
dire il vero. Lui non è tipo da accorgersi se sparisce una montagna, quanto più
se manca un tomo dalla sua ricchissima libreria! ^_____^
Mi sa che, visto che successivamente non ci sta tanto tempo nello studio, non
se ne sia proprio curato; invece prima, come diceva Roy in quel cap, Ed studiava dappertutto, senza
mai lamentarsi o curarsi di cambiamenti...
Riguardo la zia... io ho fatto in modo che, quando lei si presenta per intero,
Ed non colga l’effettivo legame col generale zio e Roy, perché è così stordito
dal suo arrivo che non ci bada.
Invece poi, sul divano, i due ne parlano. E lui realizza e si
stupisce. Oki. Credo sia tutto… in caso, sapete come
contattarmi… ^____^
Grazie di cuore
ai lettori affezionati e a quelli nuovi, per le vostre adorabili recensioni.
E per aver accolto il mio appello. Ç___ç (me emozionata!)
Come sempre, sono graditi commenti,
consigli e critiche.
Note: il seguente scritto contiene lievi
riferimenti yaoi.
Per ulteriori spiegazioni, compreso il titolo, vi rimando alla
conclusione della fic, dopo la lettura.
Questo capitolo è tutto
dedicato a chi spende il proprio tempo leggendo le mie storie,
ma in
particolare a chi si ferma un attimo, e si prende la briga di recensire.
E’ grazie a voi, se questo
capitolo vede la luce oggi.
Sono felice che l’omake vi sia piaciuto.
Grazie.
M.I.A.O.!
byelyxyz
Edward sollevò il naso dalla
pagina, attirato dal movimento di fronte a sé.
Da qualche settimana, Tora si
comportava in modo strano. Si fermava davanti ai suoi piedi e si grattava sotto
al collo, oppure dietro ai padiglioni auricolari, come se soffrisse di un forte
prurito.
Che fosse il caso di
andare a farlo vedere? Si era chiesto più volte. Magari si era preso
qualche herpes sul pelo, oppure era allergico a qualcosa, forse al nuovo
shampoo con cui lo lavava…
A dire il vero, aveva costretto Mustang ad aiutarlo in una
visita accurata della pelliccia del loro gatto, ma sembrava sanissimo. Eppure Tora non smetteva, non
smetteva mai!
Roy minimizzava quei momenti, probabilmente era lui che si
preoccupava per nulla, tuttavia… quella sera, più del solito, il loro micio
aveva cessato di giocare di colpo, e si era arrestato innanzi a lui; si era sfregato
con la zampa posteriore dietro l’orecchio epoi era saltato sul divano, per farsi
grattare da Ed.
Di pulci non ne possedeva; aveva verificato di persona, più
che scrupolosamente.
“MIAO!” lo supplicò quasi, saltandogli agilmente sulla
pancia, chiedendogli attenzione.
Fullmetal lo accolse tra le
braccia, non prima di aver dato una gomitata all’uomo seduto accanto a sé.
“Visto?!, ancora lo stesso
rituale!” gli fece presente, quasi a colpevolizzarlo per la scarsa apprensione
che dimostrava.
Mustang non si diede particolare pena, sostenendo che fosse
una sua fissazione, un’inutile preoccupazione. E che Tora
stava benissimo. Perciò cambiò discussione: “E’ venerdì.” Roy sollevò momentaneamente
gli occhi dal libro, puntandoli su Edo che leggeva affianco a lui, gatto in
grembo. “Ti fermi a dormire qui?”
“Non so… non l’avevo programmato, dovrei avvisare Al…”
replicò impensierito, accantonando il tomo, per occuparsi della bestia tigrata
che fuseggiavain attesa,
pregustando le coccole.
Lo accarezzò piano, con cura, lisciando la folta e morbida
peluria, giocando con le vibrisse.
“Ma c’è qualcosa, qui!” esclamò Acciaio, afferrando con le
dita un filo trasparente di nailon, che faceva da collare alla bestiola.
Il Colonnello li osservò di sfuggita, con la coda
dell’occhio, senza smettere di leggere.
Ed non perse tempo, seguì con i
polpastrelli il percorso circolare, fino a che non si trovò tra le mani un
piccolo cerchietto di metallo, appeso al guinzaglio improvvisato.
Fu il suo turno di lanciare un’occhiata al Colonnello, che
tuttavia sembrava interessato ad altro, mentre un Tora,
fin troppo collaborativo, si lasciava slegare da quell’impiccio.
“Ma è…” deglutì a vuoto.
Un anello in oro bianco, con un’elegante incisione
all’interno.
‘ Brucio per Te ’
Emozionato e sorpreso. Edward non
sapeva come, ma Roy s’era inchinato ai suoi piedi, facendosi serio.
“Vuoi venire a vivere con me?” sussurrò, con trepidante imbarazzo
e un sorriso incoraggiante.
Una casa.
Una casa di nuovo per
lui.
Roy gli stava offrendo una casa.
Ecco come farlo piangere, dannazione.
Perché aveva bruciato la sua tanti anni
prima, e poi era rimasto un cane randagio…
“Sì.” Pigolò, abbassando il capo perché la frangia celasse
la sua debolezza.
Eppure il suo compagno gli aveva sfiorato il mento con
gentilezza, sollevandogli la testa, perché i loro occhi potessero incontrarsi.
“Non ti prometto una vita serena e piena di felicità.
Ma ti affido il mio amore e ti giuro che affronteremo
insieme tutto quello che verrà…
…hai la mia fedeltà.”
E per uno come Roy Mustang, beh, non era forse tutto?
Si ritrovò le braccia di Ed attorno al collo, stretto stretto; il viso nascosto nell’incavo della
clavicola. Tora era sgusciato via con discrezione,
quando i loro corpi avevano occupato il divano.
Si limitò ad acciambellarsi nella cesta, a debita distanza;
rassegnato al fatto che le coccole fossero finite, per lui, quella sera.
Ma forse era anche lui soddisfatto del suo lavoro di cupido…
oppure, più semplicemente, sperava che il suo padrone, quello moro, avrebbe smesso di stressarlo con il suo addestramento
e le prove generali, da adesso in poi.
Fine
Disclaimers: I personaggi citati
in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna
forma di lucro, da parte mia.
Il titolo: è un
acronimo, e nella visione di Tora, che deve fare il ‘lavoro sporco’, sta per:
M.I.A.O.!
= Muoviti. Infila. Anello. Ora!
Il colore richiama malamente l’oro bianco. Ma non sono riuscita a renderlo. Se
usassi WordArt per renderlo meglio, qualcuno di voi
non riuscirebbe a vedere il titolo.
Note varie: questo capitolo è breve,
lo so. Ma è uno di quelli a cui tengo particolarmente,
perché segna una delle tappe fondamentali di questa coppia.
Non ha una collocazione temporale
precisa. Qualche tempo dopo la dichiarazione di Roy, dopo un periodo ‘di prova’, di rodaggio, Mustang offre a Edward
la possibilità di maturare come coppia, e lo fa rimarcando i suoi intenti,
quasi con una seconda dichiarazione…
Spero che nessuno sia svenuto per
il mostruoso quantitativo di zucchero, ma me lo ero immaginato così, e così è
rimasto.
Ed ecco finalmente svelato il perché – nel lontano cap 12 –
non ho voluto far dichiarare Roy comodamente seduto sul divano, bensì sotto la
pioggia. Perché era questo, il capitolo dolcioso, a cui spettava il divano e Tora-cupido.
Non so voi… ma a me sembra tanto il pargolo che porta
gli anelli all’altare ai suoi genitori *__*
Le Vibrisse sono i baffi del gatto, ma non solo quelli ai
lati del naso; e sono importantissimi, in quanto sono sede dell’equilibrio di
un felino.
Ecco, ho mantenuto la mia promessa e ho aggiornato prima del
solito. Tra qualche giorno, il secondo omake, come già anticipato.
Mi auguro troviate il tempo di lasciarmi le vostre
impressioni. Anche nel caso in cui vi prendeste in arretrato.
Oki. Credo sia tutto… in caso,
sapete come contattarmi… ^____^
Grazie di cuore
ai lettori affezionati e a quelli nuovi, per le vostre adorabili recensioni.
Come sempre, sono graditi commenti,
consigli e critiche.
Capitolo 20 *** Quando adotti un cucciolo, preparati ai suoi guai... (omake n°2) ***
Doppio drabble (200 parole esatte)
Doppio drabble (200 parole esatte)
Note: il seguente scritto contiene lievi
riferimenti yaoi.
Per ulteriori spiegazioni, vi rimando alla conclusione della fic.
Piccolo omake, il
secondo di cinque. (Ebbene sì, sono cresciuti! ^^)
Dedicato a chi ha commentato i
precedenti capitoli della raccolta.
Grazie.
Quando adotti
un cucciolo,preparati ai suoi guai...
(omake n°2)
byelyxyz
Edward imprecòtrasé.Aveva rotto l’accendigas facendolo cadere; tuttavia doveva
avviare il fornello per riscaldare la cena, mentre il suo uomo si dava una
sistemata.
Uhm… poteva trasformare l’auto-mail in una pietra focaia?
Oppure… lanciò un’occhiata distratta ai guanti di Mustang, dimenticati sulla
mensola.
Oh, che diamine! Aveva
o no il suo personale Fuoco?!
Ne indossò uno, con attenzione, per non rovinarlo. Chi lo
sentiva, poi, quel pignolo di un Taisa?
Fece il primo tentativo, ma andò a vuoto.
Eppure non poteva essere così difficile, no? Roy faceva i
suoi giochetti pirotecnici ogni giorno!
Ritentò una, due, tre volte… finché
una discreta fiammetta non si materializzò sul fornello.
Solo che ci aveva preso gusto, e mentre il cibo si
stemperava, lui si divertiva coi guanti alchemici, realizzando scintille e
piccole vampate di varia grandezza.
“Ehi!” fu richiamato all’improvviso.
Acciaio sussultò di colpo, spaventato, e il fuoco senza
controllo creò una pira discretamente pericolosa.
“Non vorrai incendiare anche
questa casa, spero! Non ti è bastato brucia-”
Gli occhi lucidi di Ed lo fecero
zittire. Dannazione a quel cucciolo!
Come resistere a quello sguardo colpevole e contrito?
“Oh, al diavolo! Brucia tutto se vuoi, mio piccolo piromane,
poi ricostruiremo ogni cosa…”
Fine
Disclaimers: I personaggi citati
in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna
forma di lucro, da parte mia.
Note varie: ho scelto di postare quest’omake, tra quelli già pronti, perché è direttamente collegato
in qualche modo al capitolo precedente ‘M.I.A.O.!’, per sdrammatizzare un po’ la serietà degli argomenti
trattati, e magari sorriderci su. (Come dice Shatzy; grazie, tesoro! ^*^)
Precisazioni al
capitolo precedente: l’inizio del cap precedente
è volutamente senza un chiaro riferimento cronologico. Non volevo che sapeste
subito se Ed e Roy stavano insieme o no. Difatti ho
strutturato la frase di Edward di modo che non usasse
né il ‘tu’ né il ‘lei’, che mi avrebbero tradita.
NB: nessun Tora è stato realmente maltrattato per la realizzazione
dello scorso capitolo. (Per cortesia, non chiamate la
protezione animali! >.<) E’ un gatto intelligente, lui; e abbiamo
rispettato il contratto sindacale! ¬_¬
E nessun lettore è morto per zuccherosi
acuta. XD
Alcuni di voi mi hanno detto che si sarebbero aspettati una
reazione diversa da parte di Ed, quando vede il gatto con il collare (che
avrebbe potuto soffocarlo), per le estenuanti prove (che deve essersi sorbito),
per la preoccupazione (inutile) che ha avuto in quelle settimane, credendo che Tora fosse malato.
In parte, beh, ci avevo pensato. Ma una scenata, da parte
sua, avrebbe inevitabilmente dato un taglio diverso al cap. E, come ho già
detto, così me l’ero immaginato, e così e nato.
Del resto, io credo che Ed sia così
sorpreso ed emozionato che non ha realizzato le implicazioni secondarie… ciò
non toglie che, dopo le coccole ^///^, poi non l’abbia fatta pagare a Roy!
^___^
La dedica sull’anello è la sintesi di un pensiero: “Brucio
(d’amore) per Te” ma avevo a disposizione un anello, appunto, non un
salvagente, mica potevo scrivere una frase intera, no? ^__=
Oki. Credo sia tutto… in caso, sapete come
contattarmi… ^____^
Grazie di cuore
ai lettori affezionati e a quelli nuovi, per le vostre adorabili recensioni.
Come sempre, sono graditi commenti,
consigli e critiche.
Capitolo 21 *** Lische di pesce e scheletri nell’armadio ***
Note: il seguente scritto contiene lievi riferimenti yaoi
Note: il seguente scritto contiene lievi
riferimenti yaoi.
Per ulteriori spiegazioni, compreso il titolo, vi rimando alla
conclusione della fic, dopo la lettura.
Dedicato a chi ha commentato i
precedenti capitoli della raccolta.
Sono felice che il secondo omake vi sia piaciuto.
Tutte quelle recensioni entusiaste
mi hanno fatto venire voglia di aggiornare prima!
Grazie. E buona lettura. ^__^
Lische di pesce e scheletri
nell’armadio
byelyxyz
EdwardElricvenne accolto sull’uscio di Casa Mustang da un Roy
alquanto adirato e inconsuetamente abbigliato.
Disabbigliato
sarebbe stato il termine migliore. Visto che il celebre FlameAlchemist indossava la parte superiore della propria
divisa militare in modo impeccabile, ma difettava dei pantaloni, che stava
tenendo in mano, con discreto ribrezzo.
Guardandolo allontanarsi dalla porta
d’entrata scalzo, con i soli boxer e calzini – rigorosamente blu -,
Acciaio ebbe il buonsenso di soddisfare la propria curiosità in modo obliquo,
senza sembrare indelicato.
“Perché, Taisa, ha mezza uniforme bagnata
e stropicciata?”chiese, sforzandosi di apparire serio, mentre posava le buste
della spesa come di consueto, come avevano concordato mesi addietro.
“Il tuo gatto ha
pensato bene di farmi la pipì addosso.” Ringhiò, e
sarebbe bastato il suo sguardo ad incenerirlo, senza lo schiocco di dita.
“Il nostro gatto.”
Lo corresseFullmetal,
evidenziando il possesso, e imitando il modo in cui lo faceva sempre il
Colonnello. “E’ un maschio. Starà marcando il territorio…”
Roy s’incupì ancor di più.
“Io non sono un
suo territorio!” abbaiò, nero come un temporale estivo.
Tora s’era nascosto sotto l’imponente
credenza, e seguiva da lì - molto attentamente - la loro discussione.
“Evidentemente il suo coinquilino non la pensa così.” Obiettò ragionevolmente, godendo sadico dell’umore lugubre
del suo superiore. E calcò bene su quel suo,
per ottenere la soddisfazione di avere l’ultima parola.
“Non fa altro che pisciare ovunque!”
“E lei lo sgridi!” sbottò Edo, accalorandosi.
“La fai facile, tu!”
“Lo punisca!” suggerì, ma sembrava più una sfida.
“Lo confinerò agli arresti domiciliari!” minacciò il
militare, risoluto.
“Ma se non esce mai da questa casa!” contestò Edward, razionalmente, sorridendo un po’ sotto i baffi, per
l’assurdità della discussione stessa.
“A pane e acqua!
Anzi, no! A lische e acqua, per punizione!” rincarò il
Colonnello, partendo per la tangente.
“Le lische sono pericolose, potrebbero piantarglisi
in gola e farlo soffocare…” lo ammonì, giudizioso.
“Non voglio che muoia, per carità! Ma almeno gli andranno di
traverso!” esclamò Mustang, con vendicativa soddisfazione.
Ed sollevò un sopracciglio,
sorpreso e un po’ infastidito dalle implicazioni di quel malaugurio.
“Farò finta di non averla sentita, Taisa…
perché se mai succederà, dovrà fare i conti con me!” lo avvertì,
improvvisamente serio.
“Ma ti rendi conto della gravità
del fatto?”
“E lei si rende conto della gravità della sua affermazione?” lo rimbeccò, tenendogli resta.
“E poi mi morde!” recriminò di colpo il moro. “E ruba le mie
cose dall’armadio!” cambiò discorso, indispettito, come talvolta fanno i marmocchi quando litigano tra loro. “Me le ritrovo
in giro per casa, dove non dovrebbero essere!”
Il micio tigrato saettò tra loro, stanco di rimanere
nascosto sotto la credenza; si diresse in prossimità di un altro mobile, non
prima di aver afferrato il suo topino meccanico per strada. Edward
lo seguì con lo sguardo, scuotendo le spalle come a dire che bisognava sopportare.
Quindi si rivolse all’uomo, reprimendo a fatica un sorrisetto
sfacciato, perché vederlo così in difficoltà aveva un che di malvagio divertimento.
“I cuccioli sono come i bambini piccoli: rovistano
dappertutto!”
“Sapere questo non mi aiuta…” lo schernì, sbuffando
spazientito.
“Le strade sono due: o lei si adegua, con stoica
rassegnazione, oppure gli fa capire chi comanda qua dentro, no?!”
“E ti pare una cosa semplice?!”
gridò, un’ottava al di sopra del suo tono abituale.
Il giovane Elric non si tenne più,
facendo fiorire un piccolo, strafottente ghigno.
“Non dovrei essere
io, a ricordarle che lei passa la vita a comandare gli altri, signore.”
Scandì bene, con lentezza, godendo di questa sua
gratificante rivincita sull’Alchimista di Fuoco.
Roy imprecò sottovoce, arrabbiato con se stesso, con quel
Fagiolo indisponente e con quel gatto screanzato.
“Sentiamo, Sapientone,
dammi qualche consiglio!” sibilò, carbonizzandolo.
Ed non perse tempo a mettersi
comodo, meglio approfittare delle rare
occasioni in cui poteva cazziare il suo superiore,
no?
“Primo” enumerò, sollevando l’indice dell’auto-mail, “è
ancora picc-giovane,” si corresse “quindi si può educare, non è un caso
disperato!”
“Quello lì” e
indicò un Tora ipotetico, visto che non sapeva dove
s’era cacciato in quel frangente la bestiaccia “è ancora un cucciolo solo quando gli fa
comodo!”
“Secondo,” tagliò corto il biondo,
elevando anche il medio “andiamo con ordine!”
Mustang si ritrovò ad annuire, visto che non poteva fare
altro.
“Non tutti i felini sono uguali, se Tora
la morde, è perché ha un’indole indipendente, e quindi può sembrare scontroso. Altrimenti
è lei che non sa relazionarsi in modo corretto.”
Roy corrugò la fronte, contrariato dal velato rimprovero.
“Ciò non toglie” riprese Edo, con
aria saputa “che lei possa renderlo più rispettoso nei suoi confronti.”
“Ma come?”
s’interessò, davvero incuriosito.
“Eviti che quella tigre malcresciuta
salga troppo in alto sui mobili, così non avrà la convinzione di possedere la
supremazia territoriale…”
“E poi?”
“Lo ignori, ogni tanto. Lo rimetterà nei ranghi.”
“Mh.”
“Non lo provochi, innescando la sua aggressività.”
“E’ lui che mi provoca!” si difese il Flame,
piccato.
“Potrebbe… usi il cibo come arma di ricatto.”
“Questo no. Non posso farlo…”
“Allora non si
lamenti se in questa casa comanda il suo animale
domestico!”
“Ma potrei sapere da dove ti deriva tutta questa Scienza Infusa?” lo punzecchiò.
“Ho preso seriamente
il mio ruolo, io.” Rispose, con
sussiego. “Mi sono informato. Ho letto.”
“Tuttavia sappi, mio
caro Fagiolino,”
e calcò molto sul nome e sulla congiunzione, per farlo irritare e per tenergli
testa “che neppure io sono rimasto con le mani in mano! Mi sono documentato!” esclamò,
per non sentirsi inferiore.
Edward non si diede pena di
sembrare sorpreso, per non dargli soddisfazione.
“E c’è un’enorme falla, nel tuo ragionamento!” aggiunse
Mustang, sfoderando uno dei suoi soliti ghigni irritanti. “I gatti, a
differenza dei cani, non hanno una struttura sociale, anche se possono vivere
in colonie. Ne consegue che non hanno né gerarchie né rituali di dominanza!”
“E allora si tenga
Tora così com’è.” Si risolvette Edo, imperturbabile.
“Non se ne parla proprio…”
“Indi per cui, s’ingegni lei!”
“Tzè! Scaricabarile…”
“Non starà pensando di rivolgersi ad un esperto perché lo
educhi!”
“E’ un gattino, non un neonato! Non sarà poi così-”
“Se lei è incapace
di farsi rispettare da un cucciolo, non oso pensare a quando
diverrà padre…” malignò, di proposito.
Il Colonnello incassò, muto. Ma Ed non poteva sapere che...
“Anzi! Le dirò di più! Con la vita sregolata che fa, è ovvio che il micio ne risenta!” e in quel ‘sregolata’ ci aveva messo tutto il suo disprezzo per la
condotta disdicevole del Taisa, a partire dal suo
scarso impegno sul lavoro – quel suo essere così sfacciatamente un lavativo lo
mandava letteralmente in bestia!; alla rosa sempre fresca delle sue conoscenze femminili,
con cui amava sollazzarsi, senza un minimo di decenza né discrezione.
Il suo sguardo di
biasimo parlava da solo.
Giusto in quel mentre, il micetto
zampettò da sotto il divano, trascinandosi dietro un piccolo indumento di
cotone.
Edo lo raccolse.
Uno slip microscopico. Tutto rosa, pizzo e merletti.
Il suo sopracciglio destro s’acuì.
“Lei ha una sorella?” s’interessò, ironico. Sottilmente sprezzante.
Senza scenate. Fin troppo pacato.
Roy gemette di frustrazione. Che cazzo
di scusa poteva inventarsi?
Ogni giustificazione sarebbe parsa un insulto alla sua
intelligenza.
Sepolto sotto quintali
di letame. Ecco come si sentiva.
“Me ne vado. Forse la proprietaria sta per tornare.” E non
attese replica.
Se ne uscì piano. Senza sbattere la porta. Ma era come se l’avesse fatto.
Fine
Disclaimers: I personaggi citati
in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna
forma di lucro, da parte mia.
Note varie: so che il
finale è un po’ una provocazione… per chi parteggerete? Roy? Ed? …o Tora? XD
Capitolo ambientato qualche mese dopo l’inizio, è certamente prematuro pensare
ad una possibile gelosia inconscia di Edward… oppure
no? Mah.
La storia della pipì di gatto addosso a Roy, per rimarcare
il territorio, è tratto da uno scorcio di vita vissuta. (Non
da me, altrimenti non sarei qui a riderci su^^ …e avrei fatto pelliccia di
quello sfrontato! è_é)
La cazziataè una sequela di rimproveri e
improperi, specialmente nel gergo delle caserme e pubblici uffici. Da cui il
verbo ‘cazziare’.
La parte sulle teorie e consigli esposti da Ed e Roy è presa
da manuali di allevamento di felini e interventi di veterinari comportamentisti. Ciò non toglie che io abbia
voluto fare un gran minestrone di tutto, quindi non applicateli sulle
vostre bestiole. Non so quanto sianoeffettivamente efficaci!
Il titolo: va
interpretato sia in senso letterale che figurato, per campi semantici.
Le lische sono comunemente
associate al cibo dei gatti, anche se (come giustamente afferma Ed) è
solo una diceria che i gatti amino le lische di pesce. Sono pericolose! Si
possono piantare in gola e farli soffocare…
Gli ‘scheletri nell’armadio’ lo sapete che cosa sono, ma mi
piace pensare che i segreti del Taisa vengano fuori
per colpa di Tora… che sia per questo che Roy si è
poi rifiutato di farlo entrare in camera da letto?! XD
Non è mica piacevole vedere i propri ‘scheletri nell’armadio’ uscire da
suddetto armadio e vagare per casa, giusto?
Senza contare che la mia testolina malata ha fatto
un’associazione alquanto bizzarra: gli scheletri sono fatti di ossa à
le ossa sono il cibo associato a loro volta ai cani (altra convinzione non del
tutto corretta: certi ossi non vanno dati, tipo quelli
di pollo, perché si spezzano e potrebbero conficcarsi in gola), ossa à
cani à
cani dell’esercito àquei due testoni.
Non chiedetemi come mi sia uscita
‘sta cosa O__O.
Credo di avere disperatamente bisogno
di un weekend di riposo! >.<
Il colore richiama malamente l’avorio delle spine di pesce e ‘lo scheletro’ rosa, di pizzo. ^^
Precisazioni al capitolo
precedente:
Per Chiara: se
avessi saputo come contattarti in pvt, ti avrei
scritto, comunque la casa a cui si riferisce Roy è
quella natia di Ed, che lui è Al hanno bruciato, quando hanno deciso di entrare
nell’esercito e riavere quanto perso.
Per Ayako: sono felice che il tuo ‘in
the mood’giusto
sia arrivato, vediamo cosa dice di questo cap! ^__^
A Dimea
ho già risposto in pvt, non credo vi interessi quanto
sono vecchia, no? XD
Ecco, ho aggiornato prima del solito. Tra qualche giorno, il
terzo omake, come già
anticipato.
Oki. Credo sia tutto… in caso,
sapete come contattarmi… ^____^
Grazie di cuore
ai lettori affezionati e a quelli nuovi, per le vostre adorabili recensioni.
Con particolare gratitudine a chi si è preso la briga di commentare anche gli
arretrati.
Io vado avanti a postare, poi voi vi metterete in pari, ok?
^__=
Come sempre, sono graditi commenti,
consigli e critiche.
Capitolo 22 *** Quando adotti un cucciolo, preparati ai suoi guai... (omake n°3) ***
Doppio drabble (200 parole esatte)
Doppio drabble (200
parole esatte)
Note: il seguente scritto contiene lievi
riferimenti yaoi.
Per ulteriori spiegazioni, vi rimando alla conclusione della fic.
Piccolo omake, il terzo di cinque.
Dedicato a chi ha commentato i
precedenti capitoli della raccolta.
Grazie.
Quando adotti
un cucciolo,preparati ai suoi guai...
(omake n°3)
by elyxyz
“EEEdwaaard!!” l’ululato disumano fendette l’aria, dalla
lavanderia in cantina fin dentro l’appartamento del secondo piano, passando per
la tromba delle scale.
Mustang s’inerpicò per la rampa, procedendo come una furia a
passo di carica, cesto della biancheria pulita sottobraccio.
I guanti!
I SUOI GUANTI!!
I suoi splendidi
guanti alchemici finiti nella stessa lavatrice con l’impermeabile rosso, per colpa
di quell’incosciente!
E adesso erano diventati di un orrido rosa antico;sbiadito,
per giunta.
“Cosa c’è?!” ruminò Ed, sorpreso dal tono irritato,
interrompendo la tritatura delle cipolle.
- Frattanto Tora giocava, rotolando un bulbo ancora integro
sul ripiano accanto. -
Acciaio si girò verso il compagno, coltello ancora in mano;
e mentre le palpebre bruciavano incredibilmente, tirò su col naso.
Dannati ortaggi
irritanti!
Roy deglutì a vuoto, osservandolo dalla soglia della cucina.
L’espressione affranta, i lucciconi che gli rigavano le
guance arrossate.
E a dirla tutta… anche la lama affilata che brandiva… era un
ottimo deterrente.
“Credo… credo di
aver sbagliato a smistare i capi della lavatrice…” sussurrò, nascondendo i
guanti dietro la schiena, decidendo di custodire il suo malumore per sé. “E spero che la signora Nismet guarisca
presto…” desiderò, stabilendo che fosse più saggio girare al largo per un po’.
Fine
Disclaimers: I personaggi citati
in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi
diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.
Note varie: parto dal colore del titolo.
Al di là dell’accostamento orrido, palesemente senza gusto estetico, la seconda
parte voleva richiamare il color rosa antico sbiadito. ^__=
Precisazioni al
capitolo precedente: avete ragione quando dite che Roy e Ed sembrano un po’
due bimbi che bisticciano. Mi mancavano un po’ le scenette pre-dichiarazione!
Dal canto mio, ho dubitato che la scentata-non-scenata di
Edo puzzasse troppo di gelosia inconscia. E invece sono contenta che abbiate
pensato che Ed si può comportare benissimo così, deprecando il comportamento di
Roy, a prescindere da un’eventuale coinvolgimento emotivo.
Come ho già detto ad alcuni, il finale sa di ‘non-finito’ e
il rimanere lì, davanti allo schermo un po’ frastornati dagli eventi, è
esattamente ciò che volevo. Con quel retrogusto amaro che dovrebbe sentire Roy
in bocca.
Forse, se Edward avesse sbattuto la porta, uscendo, sarebbe
stato meglio. Senza il ‘forse’, sarebbe stato DI CERTO meglio.
Volevo che il lettore assaporasse lo smarrimento di Roy, a
cui gli eventi sono sfuggiti di mano.
Detto questo, il cap. 23 sarà la continuazione, (non
diretta) dell’evento… e vedremo cosa succederà! ^__^
Riguardo alla domanda sul comportamento di Tora: il
comportamento del gatto può anche rimanere latente per un certo tempo. La storia del micio che morde, per esempio,
è tratto da un articolo che ho letto, e il felino in questione aveva 10 mesi. Poi
ho riportato alcuni consigli del veterinario, esposti in merito...
Ad ogni modo... non è che Tora prima fosse un santo, è che Ed è capitato in un
momento in cui il Taisa è uscito dai gangheri!! XD
Dimenticanza: nel
cap. 19, MIAO!,ho scordato di
precisare che Roy è in ginocchio non solo per sfacciata romanticheria, ma anche
per essere al livello di Ed… lui chinato sul pavimento e l’altro seduto sul
divano… che almeno riuscissero a guardarsi negli occhi! ^__^
E la cosa dolce, sempre nella mia testa, è che Mustang non
glielo fa pesare… cioè… aveva deciso quasi inconsapevolmente di piegarsi perché
fossero sullo stesso piano, perché gli occhi di Ed potessero specchiarsi nei
suoi… ohhh… Dio! Che smieloneria acuta…>.<
Oki. Credo sia tutto… in caso, sapete come contattarmi… ^____^
Grazie di cuore
ai lettori affezionati e a quelli nuovi, per le vostre adorabili recensioni.
Una particolare menzione a Shatzy, per la consulenza preziosa.^*^
Come sempre, sono graditi commenti,
consigli e critiche.
Capitolo 23 *** Litigi fra cuccioli (Far Cagnara) ***
“Taisa…” lo chiamò Havoc,
Note: il seguente scritto contiene lievi
riferimenti yaoi.
Questo chappy è la continuazione (non diretta) del capitolo 21, ‘Lische di pesce e scheletri nell’armadio’.
Per ulteriori spiegazioni, compreso il titolo, vi rimando alla
conclusione della fic, dopo la lettura.
Dedicato a chi ha commentato i
precedenti capitoli della raccolta.
Sono felice che il terzo omake vi sia piaciuto.
Grazie.
Litigi fra
cuccioli (Far Cagnara)
byelyxyz
“Taisa…” lo chiamò Havoc, mordicchiando pensoso il filtro della sua
immancabile sigaretta. Roy sollevò stancamente le iridi nere dal fascicolo che
stava leggendo.
“Signore, mi scusi…” si trattenne quasi, fissandolo.
Mustang aveva uno sguardo sfatto e due
profonde borse scure sotto gli occhi, segno che non aveva dormito granché la
notte precedente e probabilmente nemmeno quella prima. Una nuova fiamma? “Mi può dire perché Edward
è così nervoso? Lei ne sa niente? Avete litigato?” domandò, sondando la sua
espressione.
In un altro frangente, avrebbe ricordato al Sottotenente che
sarebbe stato più saggio coltivarsi il suo orticello di cavoli propri, anziché
curiosare nelle rogne altrui. Tuttavia…
L’Alchimista di Fuoco si limitò ad esalare un lungo respiro,
sperando che il suo sottoposto non osasse insistere. Speranza vana.
“In mensa mi è sembrato che la evitasse di proposito… cioè,
non che mi riguardi, beninteso, ma l’occhiataccia che le ha lanciato era degna
di lei, l’avrebbe incenerita di sicuro!” chiocciò, in vena di pettegolezzi. “Al
è venuto da me – un tantino preoccupato - a chiedermi se avete
discusso più del solito, voi due…”
Dove avrebbe trovato
una risposta politicamente corretta?
Posò la sua stilografica a lato del foglio, incrociando le
dita sotto al mento, con voluta lentezza, prendendosi il tempo di farlo
aspettare.
“Sono felice che
tu sia diventato il confidente del giovane Alphonse,
Sottotenente Havoc. Ciò non toglie che gli screzi
disciplinari tra me e il Maggiore Elric non rientrino tra le vostre disquisizioni o competenze.”
Precisò, dannatamente serio e letale.
Ci mancava solo che le
loro discussioni private divenissero di dominio pubblico all’interno del Quartier Generale!
“Ti pregherei, se non interrogato, di tenere per te le tue elucubrazioni
sui possibili tormenti di Acciaio, intesi?” lo freddò, impugnando nuovamente la
penna.
Jean imbrigliò il proprio
disappunto, piantando gli incisivi nella slim. Anche
il malumore del Taisa era peggiorato!
Eppure la faceva facile, lui!
Al era davvero addolorato per l’umore nero di suo
fratello, e a tutti dispiaceva che quei due testoni avessero litigato.
Persino il Tenente Hawkeye era un
po’ impensierita, dalla piega che avevano preso gli eventi.
Era risaputo, tra l’équipe del Colonnello, che
l’allevamento congiunto di quel gattino randagio aveva giovato sia al Maggiore
che al Taisa.
Come sosteneva Alphonse, Edward
aveva bisogno di un adulto che lo guidasse, una figura paterna di riferimento,
e il FlameAlchemist, suo
malgrado, incarnava quella presenza.
E a Mustang, senza dubbio, dimostrarsi più adulto e responsabile
non avrebbe fatto di certo male, no?
Del resto… non era stato forse lui, in quel giorno lontano
di tanti anni addietro, ad andare fino aResembool da
Edo-kun, e a convincerlo ad unirsi a lui?
Inutile dire che i ragazzi avevano sempre tifato di nascosto
perché quei due muli andassero maggiormente d’accordo, per il bene di tutti,
ovviamente. Per quei due, in primis, e per la pace in ufficio, come piccolo
tornaconto personale.
“Intesi, Sottotenente?”
ripeté l’Ufficiale, infastidito per non aver ottenuto pronta risposta.
“Signorsì, signore. Non nominerò più il malumore di EdwardElric, signore!” e scattò
sull’attenti.
E, come evocato, dal nulla comparve l’oggetto della loro
discussione. Non prima di aver bussato con due colpi secchi - Jean avrebbe giurato che fossero stati provocatori -, spalancato la porta dell’ufficio del Colonnello, e sbattuto
di malagrazia il suo ultimo rapporto sulla ronda che aveva compiuto fuori
città; senza degnarli di un minimo saluto, perlomeno doveroso, al suo diretto superiore.
“Il resoconto che voleva.” Chiarì lapidario, e girò sui
tacchi, pronto a congedarsi privo di permesso.
Mustang raccolse tra le mani il dossier, e lo posizionò tra
le carte ancora da visionare, senza fiatare.
Havoc li osservò, zitto, mentre la
cenere grigia gli sporcava la divisa.
Quando Edward mise la mano sul
pomolo d’ottone, per uscire, si risvegliò di colpo.
Non sapeva perché quei due asini – col dovuto rispetto – fossero arrivati ai ferri corti, ma
di certo non si sentiva a suo agio in quella stanza dove la tensione si
tagliava col coltello.
“Ed, aspetta!” lo richiamò d’istinto, sollevando una mano
nella sua direzione. Elric si voltò, sorpreso, verso
di loro. “Ehm…” deglutì.
E adesso che cazzo s’inventava? “Vorresti…” lasciò vagare lo sguardo
per la stanza, in cerca di qualunque appiglio. L’orologio sulla parete batté le
cinque. “Un the!” gridò quasi, gioendo interiormente. “E’ l’ora del the. Lo sai
che il Colonnello beve sempre il suo the, a quest’ora. Vuoi un po’ di the anche
tu?” Ripeté, infilando per la centesima volta la parola the, nelle sue frasi.
Fullmetal assassinò la sua timida sbirciata
speranzosa.
“Ti ringrazio, Jean.” Si sforzò di
essere educato, impostando un tono civile. “Ma la trovo un’usanza da vecchie signore.”
Malignò, scoccando al Flame un’occhiataccia che la
diceva lunga. “E non credo che Taisa Mustang trovi di
alcuna utilità bere del the in compagnia di un altro uomo.”Articolò a denti
stretti, sprezzante.
Havoc scosse la testa, esasperato.
Beh, almeno ci aveva provato...
“E chi ti dice che invece io non voglia la tua compagnia?!” sbraitò Roy, sbattendo i palmi guantati
sul ripiano liscio dello scrittoio, alzandosi in piedi di scatto. La sedia si
rovesciò all’indietro, con un tonfo sordo.
Edward girò su se stesso, per affrontarlo.
“Lo dico IO!” sibilò, ma nel suo intento lo stava gridando.
“Havoc! Vattene! Io e il Maggiore
dobbiamo chiarire un paio di cose!” ordinò, imperioso, senza però levare gli
occhi da Ed.
“Sottotenente resti! Io e il Colonnello non abbiamo nulla da
dirci!” lo contraddisse un istante dopo Fullmetal,
ritornando però sui suoi passi e fronteggiando l’Alchimista di Fuoco da sotto in su.
“Io ho detto che può andare…” ringhiò Mustang, a una spanna
da Edward.
“E io che deve rimanere…” soffiò il biondo, col medesimo
tono.
“Qui dentro comando io!” latrò.
Acciaio esplose in una risata sarcastica e falsa. “Oh, sì! Qui forse
comanda lei!, visto che a casa non riesce a farsi
ubbidire neanche dal suo gatto!”
Havoc valutò se la scrivania fosse
sufficiente o meno per separarli abbastanza, poi uscì di soppiatto dall’ufficio,
senza farsi vedere.
Non che ci volesse poi molto, erano così immersi a sputarsi addosso recriminazioni a vicenda, che non avrebbero notato
nemmeno la presenza della Pietra Filosofale, se fosse stata per caso nella
stanza.
Quando chiuse la porta dietro le
proprie spalle, esalò un lungo sospiro. Che
fosse saggio lasciarli lì, da soli?
Non che lui si sentisse poco
coraggioso, beninteso, ma se dovevano scannarsi, e poi ci scappava il morto,
lui non voleva dover testimoniare contro uno dei suoi due superiori… e che si
sfogassero, per la miseria! Così avrebbero smesso di tenersi il broncio, come i
pivelli delle elementari…
Jean si riprese da queste sue
elucubrazioni, si accese un’altra sigaretta e iniziò ad origliare. Ma solo per
dovere morale, ovvio. Nel caso in cui fosse dovuto intervenire, per dividerli,
ad esempio.
Alphonse in quel momento era
nell’altra ala del Quartier Generale, quindi troppo
lontano per chiamare i rinforzi.
E non c’era mica da scherzare
tanto! Il Colonnello indossava i suoi guanti e Edo-kun
poteva trasmutare il suo auto-mail in un’arma
contundente in ogni momento!
Sì, senza dubbio era un suo dovere spiare quelle due teste calde.
“Smettila di fare il bambino!” stava sbottando Mustang,
esasperato.
“E lei sarebbe l’adulto
della situazione?!” fu l’ironica risposta.
“Ti eri accollato un impegno, e invece l’altra sera non sei
venuto!” si risentì, polemico.
“Aveva del cibo di scorta. Non sarà sicuramente morto di
fame!” Precisò, caustico.
“Il punto è che hai mancato ad un tuo preciso impegno!”
“Io non ho firmato nessun contratto con lei, mi pare!” lo
avvertì, quasi sul punto di rottura.
“Questo vuol dire che il nostro accordo è infranto? Che non
verrai da me, stasera, a portare il latte fresco?”
“Al si è offerto di recapitarglielo al mio posto, io ho un
impegno.” Mentì, e neanche tanto bene.
“Non hai più intenzione di venire a casa mia?” Mustang
arrivò al dunque.
Acciaio boccheggiò, senza sapere che dire.
“Cosa dirò a Tora, quando non ti
vedrà più?” domandò, con espressione ferita e disillusa.
“Non avevo cognizione che lei sapesse
parlare il felinese.” Ironizzò acre, per non
biasimarsi.
Eppure non ci riuscì, anche se si era convinto di essere nel
giusto. Cercò quindi di far sentire in colpa anche Roy, benché sapesse che era
una mossa alquanto meschina.
“E’ venuta, poi, la sua amichetta
a riprendersi le sue cose?” si informò, un misto di falso interesse e
risentimento.
Havoc fu costretto ad interrompere
l’ascolto, perché dei passi veloci si stavano avvicinando.
Si mise di guardia, come un bravo piantone. Fece il saluto
militare al Generale di Brigata Vattelappesca e,
quando questi svoltò l’angolo, riprese a sorvegliarli.
“A casa mia, faccio ciò che voglio!” sentì gridare il Colonnello.
Ma come erano arrivati a quel concetto?
“Mai detto il contrario! Ma se a me dà fastidio, non può
obbligarmi a venire!”
Ahi, ahi! Le cose si
stavano mettendo male...
“Avevi promesso che lo avresti allevato con me! Ti rimangi
la parola data?”
Se Mustang stava
giocando la carta dell’orgoglio, erano arrivati alla frutta. Realizzò, rimpiangendo
la quiete delle settimane addietro… finora era andato tutto troppo liscio…
Un’inserviente passò con lo scopettone, perciò si riposizionò
di vedetta, a malincuore. Anche perché i discorsi andavano avanti, là dentro,
senza aspettare i suoi comodi.
“Non mescoliamo il mio
onore e il suo gatto!” precisò Edo,
fuori di sé.
“Ah! Perché adesso hai deciso che non è più…” tuo?
La loro ultima discussione era partita esattamente così,
qualche sera addietro. E a cosa aveva portato?
“Mi dispiace.” Sussurrò l’uomo, chinando il capo.
Di cosa rammaricarsi, esattamente, non lo sapeva neppure
lui.
Edward aprì e chiuse la bocca. A
corto di parole.
“Anche a me.” Esalò alla fine di un silenzio che gli era
parso eterno.
“Non avremmo dovuto-”
“No. Non avremmo dovuto.” Ripeté Ed.
Come se quella frase condensasse tutte le loro colpe e le cattiverie che si
erano lanciati contro.
Giusto pochi istanti dopo che aveva ripreso ad ascoltare, dei
nuovi passi obbligarono Jean ad assumere una
posizione congeniale al suo essere una recluta.
Il Maggiore Armstrong si avvicinò
imponente, accompagnato dalla sua leggendaria massa di muscoli.
“Salve, Sottotenente! Splendida giornata, non trova?” lo
salutò, come sempre gioviale.
Il biondo pensò con ironia alla guerra che si stava
combattendo oltre il muro che aveva alle spalle, e non trovò nulla di
splendido, in quel dì.
Tuttavia annuì, per evitare che l’Alchimista Nerboruto lo
subissasse di domande.
“Devo consegnare questi documenti al Taisa
Mustang,” lo avvisò. “Potresti spostarti dalla porta,
per cortesia?”
La sigaretta gli cadde di bocca,non riuscì a catturarla con le labbra.
Scosse la testa, in segno di diniego, prima di inventarsi
l’ennesima bugia della giornata.
“Il Colonnello è molto impegnato; mi ha espressamente
chiesto di non far entrare nessuno, signore.” Si scusò,
sembrando quasi contrito, ma irremovibile.
“Capisco, tuttavia sono molto urgenti, ed è stato Mustang-san in persona a richiederli, appena fossero stati pronti.”
Jean si frappose con un gesto
fulmineo tra il legno dell’entrata e il suo superiore.
“La prego, Maggiore! Mi metterà nei guai, se entrerà adesso!”
Armstrong parve rifletterci. Poi
gli porse il plico di fogli, dandogli un’amichevole manata sulle spalle che lo
fece abbassare di tre centimetri buoni.
“In tal caso, consegnaglieli tu, appena sarà possibile.” Si lisciò i baffoni e scomparve da dove era venuto.
Lo osservò per qualche istante, la gola secca.
Accidenti! Aveva mentito! Aveva deliberatamente ingannato un suo superiore!!
Poteva finire sotto Corte Marziale! E per che cosa? Per quelle due capre?
Sperava ardentemente che almeno fosse servito a qualcosa…
Appoggiò l’orecchio sul legno. Ma dall’interno non proveniva
più alcun rumore.
Ma che cavolo...?
Si chinò di più, sbirciando attraverso la
serratura.
“Sottotenente Havoc!” fu
richiamato.
Il soldato sussultò impreparato, sgamato
nientemeno che dal Primo Tenente del suo Colonnello.
Maledì la sua camminata così leggera e letale, e ringraziò
che non fosse un suo nemico. Molti uomini erano morti,
ancor prima di accorgersi anche solo della sua presenza.
RizaHawkeye
sostava davanti a lui, un vassoio con teiera fumante e tazzine in mano.
“Stanno ancora litigando?” gli chiese, come se fosse
un’informazione burocratica. E lei come
faceva a sapere che...?
“Non sento più nulla!” si trovò a confessare, con una punta
di panico.
“Mi apriresti la porta? Devo entrare.” Gli suggerì, ma era
un comando.
“Veramente, non è prudente…” tentò di dissuaderla.
Lei sorrise, uno di quei rari sorrisi che concedeva solo nei
momenti da festeggiare.
“E’ stato il Taisa a chiamarmi con
l’interfono, pochi istanti fa.” Lo tranquillizzò,
annuendo in direzione della maniglia. “Mi ha chiesto di servire il the per sé e
per il suo ospite.”
A lui non rimase altro che spostarsi di lato, facilitandole
l’ingresso. E solo quando gli passò accanto, notò che le tazze erano due, una
con latte e l’altra senza.
Sorrise tra sé. Almeno
quella burrasca era passata.
Fine
Disclaimers: I personaggi citati
in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna
forma di lucro, da parte mia.
Note varie: parto dal colore del titolo.
Il rosso è il colore dell’ira, comunemente risaputo. E in questo
capitolo quei due sono particolarmente irosi.
Il titolo riassume la parte infantile di quei due. Per buona
parte della litigata, si sono rinfacciati le cose come i bambini
quando bisticciano.
‘Farcagnara’ e
‘pomolo’ sono due termini della lingua italiana e non dialettali, benché
possa sembrare il contrario. Il primo sta ad indicare uno stato di profonda
confusione, dovuta a festeggiamenti o litigate; il secondo, invece, è sinonimo
di ‘pomello’, oggetto di forma tondeggiante da impugnare, fissato all’estremità
di una cosa. Tipo la maniglia, (che, ho controllato, nell’anime
le porte del Quartier Generale dell’Est hanno
il pomolo! ^__^); si dice anche pomolo di una spada, giusto per completezza.
^_________^
La frase in cui Roy invita Ed a prendere un the con lui è
ispirata direttamente ad una medesima scena del vol.2
del manga originale.
Da canto mio, resto convinta che una cosa così succeda anche
nell’anime, ma (come ben qualcuno sa), malgrado le
ricerche non ne sono venuta a capo. Prima o poi mi rivedrò le 51 puntate e la
scoverò! >.<
Precisazioni al
capitolo precedente: Io credo che Roy sia stato un tontolone…
dopo la sua urlata furiosa, ha visto Ed coi lucciconi
e il coltello in mano. E credo non si fosse reso conto che Mame-chan
non ce l’aveva con lui, ma fosse solo colpa delle
cipolle! XD
(è sempre meglio essere comunque prudenti
e stare alla larga, no?! ^__=)
Rispondendo a Chiara:
no, non è un caso. Tutti i cinque omake sono ‘guantocentrici’. Mi stavo giusto chiedendo
quando qualcuno se ne sarebbe accorto! ^___^
Riguardo
alla domanda sulla frase: “- Frattanto Tora giocava, rotolando un bulbo ancora integro sul ripiano
accanto. – ” è messa esattamente così perché è un inciso. (Un
pezzo a sé stante, che potrebbe anche non esserci, all’interno di un periodo
più lungo). E’, nella fattispecie, un frammento di contemporaneità: mentre Ed lavora, Tora gioca lì vicino.
Spero di essermi spiegata^^’’
Se volete ridere... la vendetta della lavatrice mi ha
colpita!!!
Ho steso una lavatrice di jeans, e dentro c’erano dei miei
slip dimenticati dal lavaggio ‘di bianco’ precedente.
Ora sono blu slavato >_________<
Roy starà ghignando di me!
Oki. Credo sia tutto… in caso, sapete come
contattarmi… ^____^
Grazie di cuore
ai lettori affezionati e a quelli nuovi, per le vostre adorabili recensioni.
Una particolare menzione a Shatzy, per la consulenza
preziosa.^*^
E ringrazio chi mi ha espresso le proprie impressioni dopo aver visitato il mio
blog neonato, (i lavori sono in corso).
Se lasciate un parere o un saluto, non mi offendo mica! ^__=
Capitolo 24 *** Quando adotti un cucciolo, preparati ai suoi guai… (omake n°4) ***
Doppio drabble (200 parole esatte)
Doppio drabble (200 parole esatte)
Note: il seguente scritto contiene lievi
riferimenti yaoi.
Per ulteriori spiegazioni, vi rimando alla conclusione della fic.
Piccolo omake, il
penultimo.
Dedicato a chi ha commentato i
precedenti capitoli della raccolta.
E per ringraziare le 40 persone
che hanno messo questa storia nei loro ‘preferiti’.
Grazie.
Quando adotti
un cucciolo,preparatiaisuoi guai...
(omake
n°4)
byelyxyz
Roy indossò la divisa d’ordinanza nella penombra della
camera da letto, per non svegliare Edward che ancora
riposava saporitamente, perché avrebbe iniziato il proprio turno solo più
tardi.
Sorrise con tenerezza, era sempre bello ascoltare il suo
Fagiolino dormire.
Accarezzò i rilievi alchemici sul palmo, come sempre faceva
d’abitudine. Eppure…
Ripassò con maggior attenzione il contorno sul guanto
sinistro, e qualcosa non gli tornava…
Si avviò alla finestra del salotto per appurare meglio,
mentre un Tora assonnato lo adocchiava dalla cesta.
Al posto del suo simbolo abituale, ne risultava una brutta
copia approssimativa, con vaga sembianza di un cuore stilizzato, inscritto nel
cerchio alchemico; e il classico animaletto, la salamandra di fuoco che lo
rappresentava, non aveva più quattro zampe, ma sei!
Sostituito da quella che sembrava tanto una formichina malridotta…
Una vena pulsò pericolosamente sulla sua tempia, mentre si
avviava a chiedere spiegazioni al bell’addormentato.
Mentre stava per svegliarlo bruscamente, rammentò quell’infelice pugno che s’era beccato, tempo addietro.
Chiamò quindi Edo da una distanza di sicurezza, finché non
ottenne un’attenzione decente da parte sua.
“Ho scucito il disegno per errore,”
borbottò, sbadigliando “perché il filo s’è impigliato nell’auto-mail, e ho
rimediato.” Si giustificò, risprofondando poi nel
sonno. Argomento chiuso.
Fine
Disclaimers: I personaggi citati
in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna
forma di lucro, da parte mia.
Note varie: Parto dal colore del titolo.
Al di là dell’accostamento nuovamente orrido, la prima parte accomuna ogni
titolo dei cinque, e non si tocca è_é;
il rosso è il pezzo sui guanti di Roy, (talvolta i suoi simboli sono neri,
talaltra rossi) e poi il nero alternato al giallo è il colore proprio della
salamandra, anche se ne esistono numerose varianti.
La salamandra, per chi non lo
sapesse, è un piccolo anfibio simile a una lucertola, creduto capace di
vivere nel fuoco. Nell’antichità si attribuiva loro la facoltà di poter passare
indenni attraverso le fiamme. Povere bestiole! >.<
Anche nel tatuaggio sulla schiena di Riza,
in basso, compare il medesimo animale, se ne deduce quindi che rappresenti
l’Alchimia di Fuoco, di cui ora Roy è l’ultimo custode.
Per quelli di voi che hanno
l’impressione che, alla fine, sia sempre Ed ‘a vincere’… beh, avete ragione! XD Ma le cose potrebbero
cambiare presto! *__*
Precisazioni al
capitolo precedente: Sono felice che Havoc abbia
avuto la sua parte di gloria! ^__^
Per Tao: ‘The’ è una forma meno usata, variante del più comune ‘tè’,
ma non scorretta. In origine era un francesismo, derivante da ‘thé’.
‘Tea’, invece, è inglese.
Per Chiara: A me
non dispiace se, oltre ai commenti, esprimete qualche domanda.
Il punto è che la cosa sarebbe a vostra discrezione: se è un
quesito che potrebbe interessare un po’ tutti, vale la pena chiedere nella
recensione, e ottenere risposta.
Se è una curiosità o un dubbio personale, allora forse è il
caso di contattarmi in pvt: elyxyz@alice.it
Oki. Credo sia tutto… in caso,
sapete come contattarmi… ^____^
Grazie di cuore
ai lettori affezionati e a quelli nuovi, per le vostre adorabili recensioni.
Una particolare menzione a Shatzy, per la consulenza
preziosa.^*^
Come sempre, sono graditi commenti,
consigli e critiche.
Capitolo 25 *** Gatto nero, gatto bianco. Al buio, tutti i gatti sono neri. ***
Note: il seguente scritto contiene riferimenti yaoi
Note: il seguente scritto contiene riferimenti
yaoi.
Per ulteriori spiegazioni, compreso il titolo, vi rimando alla
conclusione della fic, dopo la lettura.
Siamo arrivati a metà strada. Da
qui è tutta discesa, verso il 50° capitolo.
Questo chappy
è pronto da mesi, tenuto in caldo per il giro di boa,
...e per ricordarvi che
l’emozione non è finita.
E’ tutto dedicato ad ognuno di
voi:
A chi segue dall’inizio,
A chi si è perso per strada,
A chi si è aggiunto dopo, ma ha
recuperato.
Grazie.
Gatto nero,
gatto bianco.
Al buio, tutti i gatti sono neri.
byelyxyz
Edward era diverso, da un po’ di
tempo.
Mustang se n’era accorto già da qualche giorno, ma
continuava a fare finta di nulla, in attesa che fosse
il biondo a decidersi a parlarne con lui, qualunque cosa fosse a preoccuparlo.
Anche quella serata era strana. Ed
che studiava la stessa pagina per ore, senza cambiare mai. Con un’aria così assorta
da solidificarsi davanti al suo naso.
Roy sbadigliò, informandolo che stava per andare a letto.
“Finisco di leggere questa facciata.” Gli aveva risposto, concentrato,
quasi fosse stato
vero.
E a lui non era rimasto altro che adempiere
alle solite cose di routine, prima di coricarsi.
Controllò che il gas fosse disattivato, diede un’occhiata
d’abitudine a Tora, che era già nel mondo dei sogni
felini, testimoniato dal suo beato “Ron-ron”, e ispezionò
tutte le porte e le finestre di casa, sincerandosi che fossero chiuse, anche se
dubitava fortemente che qualsiasi ladro sano di mente avrebbe mai avuto
l’ardire di svaligiare un’abitazione in cui risiedevano due Alchimisti di
Stato...
Quando varcò la soglia della camera da letto, s’accorse con
stupore che Edo era già lì, sotto le coperte.
Si cambiò in fretta, svestendo l’abbigliamento da casa e
limitandosi ad una pratica canotta e pantaloni del
pigiama.
Quell’estate anticipata aveva colto un po’ tutti
di sorpresa, ma non che fosse cosa sgradita.
Le belle giornate, tiepide o addirittura calde, invogliavano
i suoi uomini nelle esercitazioni, e lui era stanco di pioggia. Sentiva ancora l’umidità,
della primavera appena passata, nelle ossa.
“Lascio la finestra socchiusa?”
domandò, anche se nella stanza la temperatura era ideale.
“Io sto bene. Vedi tu.” Si sentì dire, mentre Edward spegneva la luce dal proprio lato del letto.
Roy scosse la testa rassegnato.
Lui stava benone, così. Ma era Ed
che si ostinava a portare sempre una maglia a maniche lunghe, da quando
dormivano assieme.
No. Non da quando
dormivano assieme. Ma dopo.
Da quando si erano
messi assieme.
Acciaio aveva l’assurda convinzione che il
suo auto-mail potesse dargli fastidio nel sonno, o che la sensazione di
freddo che emanava fosse sgradevole per lui.
A nulla erano valse le sue rassicurazioni.
Perché quando EdwardElric s’intestardiva, niente lo smuoveva più.
Mustang s’addentrò sotto le coltri leggere, diminuendo la
distanza tra loro. Eppure non era la lontananza fisica a spaventarlo, bensì
quel muro sottile ma pericolosissimo che sentiva ergersi attimo dopo attimo,
sempre più saldo.
“Posso abbracciarti?” si ritrovò a chiedere in un sussurro, quasi
temendo un rifiuto.
Un rifiuto preannunciato dalla quiete opprimente e da una
risposta che non arrivava.
“Certo.”
L’uomo riprese a respirare, eppure sentiva il sangue
pulsargli in gola, accelerato dalla paura.
Se Edward si fosse interessato
davvero a lui, in quel momento, sarebbe stato impossibile nascondergli il
battito impazzito del proprio cuore.
Ecco il potere che
quel ragazzino aveva su di lui.
Il potere di annientarlo con una parola o un silenzio.
Attese che le palpitazioni si normalizzassero,
e se lo strinse addosso, torace contro schiena.
E a volte ancora si stupiva di come i loro due corpi
combaciassero così alla perfezione.
Neanche un frammento a dividerli, almeno in quell’illusione fisica in cui tutto andava bene.
“Buonanotte.”
Non ottenne risposta. Anche se sapeva che Mame-chan era ancora sveglio e sembrava irrequieto.
“Roy…” si sentì chiamare, in un bisbiglio incerto “non è che
prima o poi ti stancherai?”
“Di cosa?”
“Di aspettare…”
“Che cosa?”
“…me.”
Ah! Era quello, dunque,
a tormentarlo tanto? Eppure... eppure ne avevano già discusso a lungo...
Sospirò. “Attenderò… finché non sarà il momento.”
“E se il momento fosse adesso?”
Un ‘clic’ ad anticipare la discreta
luce aranciata dell’abat-jour.
Gli occhi dorati di Ed non gli
erano mai sembrati così grandi, e spaventati, e risoluti.
“Credevo dovessimo deciderlo insieme…” disse, offrendogli
una via di fuga.
“Ma… se attenderemo in eterno, non cambierà mai nulla.”
Roy chiuse gli occhi, sembrando di colpo stanco.
“Devi esserne sicuro, indietro non si torna. E io so
aspettare…”
E non gli disse del
barattolo di vaselina, comprato e nascosto nel secondo cassetto del comodino di
fianco al letto, che aspettava da mesi, anni, secoli, di essere usato.
“Io sono pronto.” Esclamò Fullmetal,
con quel cipiglio di quando lo sfidava a contraddirlo,
nelle loro interminabili litigate.
“Beh, sono io a non essere pronto!” sbottò.
Anche se era pronto da
una vita, lui.
Aveva perso il conto delle volte in cui aveva fantasticato
su quel momento.
Oh, sì. Quando ancora dormiva da solo, o in bagno la
mattina, nella pausa caffè, in mensa mentre lo vedeva sbrodolarsi con la
minestra, in…
Dannazione!, era pronto, sì. Ma non così.
Quello che il suo Fagiolino pretendeva adesso, era andare
ben oltre le innocenti carezze e i piccoli piaceri che si erano donati
reciprocamente fino a quel momento. Si poteva dire che la loro ‘sessualità di coppia’ fosse ancora ad uno stadio primitivo, larvale, in un certo qual modo.
Del resto, l’esperienza erotica di EdwardElric era pari allo zero assoluto.
Così pure la sua preparazione affettiva,
ad essere puntigliosi.
Era completamente a digiuno da qualsiasi cosa vagasse nella sfera della fisicità.
Della sensualità. Dell’intimità.
Tutto questo era un tabù, per lui.
I bambini normali,
fin dalla più tenera età, avevano la possibilità di vedere i propri genitori
scambiarsi affettuosità e baci.
Lui, invece, ricordava a malapena che faccia avesse suo padre.
La madre, ormai, una figura eterea da santificare.
Zia Pinako, Winry
e Alphonse - la miglior famiglia surrogata che
potesse avere -, non era però esaustiva. Non su quel versante, perlomeno.
Assolutamente asessuato.
E lui aveva sempre dedicato il proprio tempo allo studio,
chino sui libri. L’eccitazione biologica che si risvegliava con l’adolescenza,
lui l’aveva sublimata in quintali di carta ammuffita e
polverosa.
Tutt’al più s’era fatto qualche
sega mentale su dove potesse essere la Pietra Filosofale, e non sulla
ragazzina di turno che - a dirla tutta -, a parte la manesca e maschiaccia Win, scarseggiava pure.
Per i suoi 18 anni, Mustang aveva fatto in modo che gli
fosse organizzata una festa di compleanno a sorpresa, facendo arrivare da Resembool le due Rockbell, perché
partecipassero ai festeggiamenti.
Per toglierlo dall’imbarazzo, gli aveva fatto chiaramente
capire che, anche se era diventato maggiorenne, non gli
sarebbe di certo saltato addosso da un momento all’altro, anche se adesso
sarebbe stato lecito farlo.
E come mai, tutto ad
un tratto, Edo voleva recuperare il tempo perso, con una fretta disperata e di
sicuro sfavorevole?
E se poi se ne fosse
pentito?
Perché diamine non
potevano fare le cose con calma?
Perché doveva essere
sempre tutto una competizione, per lui?
Quell’improvviso cambio d’umore
del compagno l’aveva spiazzato.
Non sapeva se esserne contento o spaventato.
Di sicuro sapeva gestire meglio un Fullmetal
provocatorio, che angosciato.
Anche se gli rimaneva perennemente il dubbio di essere lui, l’eterno
perdente, tra i due.
“Dovrei essere io quello che ha paura. In fondo, è lamia-”
“E come credi mi senta, io?” lo interruppe il moro. “E’ come
se fosse... beh, è la prima volta anche per me…” Confessò. Eppure le sue
mani smentivano quell’affermazione. Quel tocco
sapiente che, se avesse voluto, li avrebbe portati verso un punto di non
ritorno. “So che voglio arrivare alla meta, ma non so quanti passi devo fare…
quindi… io…” si avvicinò per sentire meglio. “Hai qualche idea?”
“Potrei essere la deviazione del tuo percorso?”
Edward approfittò del suo stupore
e, con un colpo di reni, ribaltò le loro posizioni, sovrastandolo.
“Saresti disposto, Roy Mustang, a cedermi il tuo corpo?” gli
chiese, seduto a cavalcioni sopra il suo stomaco, mimando
l’approssimarsi dell’auto-mail all’insenatura tra le sue natiche. L’aspettativa che diveniva sfida.
Il che, di per sé, era sciocco. Visto che entrambi erano ancora
completamente vestiti.
Eppure Mustang deglutì a vuoto. Sbattendo le palpebre per
destarsi, come se fosse nel bel mezzo di un sogno assurdo o, peggio, di un incubo.
Si chiese se quella fosse la punizione divina per i suoi
pensieri impuri… perché allora sì, esisteva un dio in cui non aveva mai
creduto, - il dio dei fagioli? - ed era meglio non farlo irritare…
“Tu non puoi vedere tutto nero o tutto bianco. Il mondo è
fatto di mille sfumature…” esalò, cercando di farlo ragionare.
“Ricorda che, al buio, tutti i gatti sono neri…” lo
contraddisse il biondo, citando un noto proverbio.
“Tora non è un gatto nero o un gatto
bianco, è tigrato!” contestò l’Alchimista di Fuoco, confutandolo. “Per la
miseria, Ed, non devi pretendere che ogni cosa sia come la vuoi tu!”
Appena fuori dalla camera, Tora origliava educatamente, anche se forse sarebbe stato
legittimo per lui sentirsi un po’ seccato, per esser stato escluso da una
discussione riguardante anche lui… in fondo… sui gatti bianchi e neri… ne
sapeva più di loro, no?
“Smettila di temporeggiare, Generale di Brigata. Ti ho fatto
una domanda, ed esigo una risposta: saresti disposto, Roy Mustang, a cedermi il
tuo corpo?” ripeté, scandendo bene il quesito.
I loro occhi s’incontrarono e si fusero, a metà strada.
Era una questione di
mera sottomissione fisica? Di dominanza dell’altro?
“Voglio essere parte di te. Un tutt’uno
con te.
Come avverrà non importa.”
Eppure la risposta era
sempre stata lì, realizzò. Perché aveva indugiato tanto, a formularla?
Vide lo stupore spuntare sul viso di Edward,
assieme a qualcosa di… di… erano lacrime?
Il giovane Elric si chinò fino a
sfioragli le labbra con le proprie, e il bacio prese vita innescando un
meccanismo che non avrebbe avuto freni, non quella volta.
Da che aveva avuto il dono della parola, - bave e dentini
compresi - aveva sempre parlato di tutto, con Al. Ma no, di questo no.
Era fuori discussione. Troppo imbarazzante.
Eppure alla fine se la
stavano cavando comunque, no?
E anche discretamente bene, a dirla tutta.
Come mai aveva avuto così il terrore di non dimostrarsi
all’altezza?
Perché Roy aveva avuto un miliardo di donne, prima di lui?
Perché il suo uomo era universalmente riconosciuto come un
esperto amatore?
Oh, al diavolo!
Edo si staccò da lui, ansimando per la carenza d’ossigeno e
per l’eccitazione prorompente.
“Cos’è? Sei così vecchio
che ti ci vuole un preavviso obbligatorio per prepararti spiritualmente?”
malignò, provocatorio, ricambiando innocentemente una carezza lasciva.
“Piccolo Fagiolo impudente! Ti farò godere finché non mi implorerai di smettere!” lo minacciò, punto
sull’orgoglio, riprendendo il comando dell’impresa.
“Alla buonora!” sorrise. E stavolta era sincero.
Fine
Disclaimers: I personaggi citati
in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna
forma di lucro, da parte mia.
Note varie: Parto dal titolo. “Gatto
nero, gatto bianco” è tratto da un film del 1998. Ma non ha nulla in comune con
trama. Va interpretato in senso letterale, ad un certo punto.
Mi dava l’idea della fissità mentale, del contrasto
cromatico, senza contare la frase, appunto, sul non avere mezze misure.
‘Al buio, tutti i gatti sono neri’ è un detto popolare, anche Samantha in Sex & the
City amava ripeterlo, riferito ai suoi tanti amanti.
Prima che protestiate per l’assenza
della lemon, vi ricordo che questa raccolta è a
rating giallo, e tale rimarrà. (Quindi questo è il
massimo che potrete ricevere.)
Senza contare che, per mia scelta, io non ne scrivo.
Il mondo delle fan-fiction ne è già pieno, e non sentirà di certo
la mancanza delle mie.
La riflessione estemporanea sul rapporto Ed-sessualità,
mi dà finalmente il modo di chiarire perché Edo si sia incollerito tanto nei
capitoli precedenti, trovando ‘i famosi slip della discordia’.
Questa sua mancanza di rapporto sereno con il sesso pregiudicava
in qualche modo anche la sua tolleranza ad esso. Non è
solo questione di essere ‘puritani’, Edward s’è incazzato col Taisa perché considerava deplorevole e inconcepibile il suo
comportamento.
Tutto questo va chiarito ora, per l’ultima volta, dato che
avete in mano tutti gli elementi del caso.
Piccolo chiarimento sul: ‘Piccolo Fagiolo’. Nella quotidianità, Ed
si è rassegnato a farsi chiamare così.
Per questo non s’arrabbia neanche più.
Affondando nelle mie radici storiche, è un po’ come quando la Kitsune
chiamava Hana ‘Do’aho’, che
significa all’incirca ‘grandissimo idiota’. Alla
fine, è diventato il suo nomignolo, che – a seconda dell’inflessione
– poteva essere un insulto, un appellativo affettuoso, ironico, malizioso…
Idem per ‘Mame-chan’
o ‘Piccolo Fagiolo, Fagiolino’. Credo sia stata una
delle poche concessioni che Ed abbia mai fatto al Taisa,
da che sono insieme! XD
Per inciso. Oggi,
10 novembre, è il RuHana Day. Buon anniversario, a
chi ci crede ancora.
Nota per Ale2:
sì, era in CruelIllusions
che avevo scorto una certa affinità emotiva con Oceano Mare. Non di trama, ma
forse di sentimenti, seppur alla lontana… ma io mi faccio tanti problemi per
niente…^^’’
Oki. Credo sia tutto… in caso,
sapete come contattarmi… ^____^
Grazie di cuore
ai lettori affezionati e a quelli nuovi, per le vostre adorabili recensioni.
E per la calorosa accoglienza di ‘CruelIllusions’!
Me commossa! ç__ç
Capitolo 26 *** Quando adotti un cucciolo, preparati ai suoi guai… (omake n°5) ***
Ok
Ok. Sono incazzata.
è_é
Sì. Sono incazzata con voi. Non
con tutti, beninteso.
Ma con quelli che non si degnano mai di commentare.
Alla fine, sono sempre le stesse persone a farlo e, se per
qualche ragione loro smettono, le recensioni calano di brutto.
Nella mia ingenuità, ho creduto che ravvicinare i postaggi sarebbe stata cosa gradita, ma i fatti mi dicono
il contrario.
Ho continuato a farlo per rispetto di quelle anime belle che
recensiscono sempre.
Ma dopo aver tirato le somme delle ultime settimane, mi sento
sinceramente intristita, incazzata e un po’ usata. Perché sì, è facile trovare una fic bella calda, appena caricata, magari piacevole, a
nostro uso e consumo, no? Per di più, EFP è gratis… cosa volere di più?
Però c’è gente che dietro quel capitoletto ci ha messo ore,
impegno e fatica. E il minimo che si aspetta da voi è un feed-back, su quello
che avete letto.
Vi ho sempre chiesto pareri
sinceri (anche critiche). Non pretendo incensamenti gratuiti.
Se ve lo state chiedendo, la gloria non mi ha dato alla testa. (Semmai
è la febbre, visto che sono ancora ammalata >.<)
Non voglio passare per un’ingrata che non sa accontentarsi.
Ma, se lo pensate, siete liberi di farlo, (soprattutto se siete tra quelli che
commentano da sempre e credono che questo sia un delirio senza senso). Ma,
se non avete mai recensito e lo pensate ugualmente, beh… siete un pochino ipocriti, no?
Dopo la cazziata, (perché sono
giorni che ci sto male, e dovevo dirvelo),
sappiate che oggi ho aggiornato per rispetto di quei ‘soliti famosi di cui sopra’, ma non so se nel weekend posterò. I 24 caps hanno le trame, ma NON sono già stati scritti.
Chissà… forse un maggior tempo tra un postaggio
e l’altro vi darà modo e l’occasione per rileggerla tutta e magari di fare il
vostro dovere di lettori, che nella foga della prima volta avete scordato.
Nel frattempo mi dedicherò ad altro, finché la delusione non
mi sarà passata.
Adesso voi avete due possibilità. O chiudere la pagina (e
mandarmi allegramente in un posto sgradevole), oppure leggere l’ultimo omake, ma con la nuova consapevolezza.
Io, dal canto mio, adesso vado a farmi un piantino
liberatorio o a mangiarmi una stecca di cioccolato. Forse aiuterà…
Doppio drabble (perscelta, di 222 parole, il limite
consentito ad un doppio drabble, leggendo capirete
perché.)
Note: il seguente scritto contiene lievi
riferimenti yaoi.
Per ulteriori spiegazioni, vi rimando alla conclusione della fic.
L’ultimo omake di
questa tranche. Ma ne arriveranno altri, in futuro.
Dedicato a chi ha commentato i
precedenti capitoli della raccolta.
Grazie.
Quando adotti
un cucciolo,preparatiai suoi guai...
(omake n°5)
byelyxyz
“Eeedd!!”
sbraitò il Colonnello Mustang sul piede di guerra, comparendogli accanto.
Il giovane Elric sollevò la testa
dal libro avvincente che stava leggendo. Aveva pulito casa per ore, quel sabato
mattina, e ora meritava un po’ di riposo, no?
“Cosa diavolo è successo ai miei guanti, stavolta?!”
“Io-”
“E non venirmi a dire che volevi solo provare a giocarci,” lo interruppe, infastidito “perché le scintille ti affascinano!” lo scimmiottò, con
cattiveria.
“Ma io-”
“Non li avrai messi ancora in lavatrice con i capi colorati,
voglio sperare!” lo accusò, senza mezze misure. “Magari è la volta buona che
diventano azzurri, così almeno s’intoneranno con la divisa!” malignò,
sprezzante.
“Veramente, io-”
“E non puoi nemmeno fare finta di dormire per non sentire la
mia predica, furbastro!” lo colpevolizzò, puntandogli un dito contro, per
consolidare il concetto.
“Però, io-”
“Non li avrai mica portati da una sarta perché me li ricucia
nuovamente, mi auguro!”
“Roy, ascolt-”
“Non li avrai nascosti perché li hai inamidati di nuovo…”
investigò, e senza attendere risposta, lo incolpò. “Li hai stirati!!”
Ed si limitò a chiudere il volume
con un colpo secco, per interrompere gli sproloqui del compagno.
Quindi indicò l’angolino del
salotto, dove Tora si godeva un mondo a mordicchiare
la stoffa d’accensione.
“Un mese d’astinenza, Roy Mustang. Così forse sarai più
gentile, in futuro.” E riprese la lettura.
Fine
Disclaimers: I personaggi citati
in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna
forma di lucro, da parte mia.
Note varie: Parto dal colore del titolo.
Al di là dell’accostamento nuovamente orrido, la prima parte accomuna ogni
titolo dei cinque, e non si tocca è_é;
il resto è l’insieme dei colori e dei disastri dei precedenti omake. Il nero finale è l’accostamento che io do alla
punizione. (Anche se forse andare in bianco era meglio!
^__^)
La lunghezza maggiore di quest’omake,
come è ovvio, è dovuta al fatto che riassume i quattro
precedenti. Dopo tanti guai combinati da Ed, mi sembrava carino che almeno una
volta fosse innocente. (Anche se Roy ci rimette
comunque! ^__=)
Precisazioni al
capitolo precedente: un Roy si è quasi fatto uke,
merita un minimo di considerazione, no?
Con chi raccoglie i miei sfoghi, ne ho già parlato a lungo.
Non so se devo darvi la mia interpretazione personale dell’evento (rischierei
di riscrivere il capitolo! >.<), oppure tenermela per me… resta comunque
il fatto che molti hanno centrato il punto.
Quello che poteva sembrare strano, è il comportamento di Edward.
Se devo dirla tutta, a me Ed in questo pezzo sembra stronzo. Quando gli chiede se è disposto a cedergli il suo
corpo, sembra quasi dirgli: “SE mi ami così tanto come
dici, allora prenditelo tu nel cu**!” è un po’ questo, ciò che gli dice!
Di prove dell’amore vero da parte di Roy ne ha avuto tante, ma sembra quasi che
- per esserne certo - voglia un’ulteriore prova finale. E le sue insicurezze
giocano tanto su questo, sì; ma non posso impedirmi di pensarlo anche come un
piccolo bastardo, in quel frangente!^^''
Come ha detto Desy, la maglia con cui Ed
si infagotta è come la ‘coperta di Linus’.
La maglietta è un modo per nascondere se stesso, le sue brutture. Perché credo
che la nudità affascini e spaventi chiunque (escludendo a priori qualsiasi
interpretazione religiosa di base, visto l’ateismo degli Alchimisti). E a
maggior ragione un adolescente come Ed, col complesso dell’altezza e col corpo
rovinato da mille segni.
Ciò non toglie che credadavvero che il freddo dell’acciaio possa
essere fastidioso.
E nello stesso tempo è una barriera ‘fisica’ tra il suo
corpo e quello di Roy.
L’improvvisa ‘aggressività’, l’intraprendenza nasconde - come è opinione di
chiunque abbia un’infarinatura di psicologia/etologia - un animo insicuro e
spaventato.
E’ atavico in qualsiasi animale spaventato e/o braccato. E Edo si sente
‘braccato’ dalla situazione, dallo scorrere del tempo e della paura che Roy si
stanchi di aspettare lui e i suoi ‘comodi’.
Ci sarebbe molto altro di cui parlare, tipo le frasi che ho
disseminato con interpretazione letterale o simbolica, ma confido nelle vostre
capacità interpretative. Altrimenti chiedete. Non mordo mica.
Oki. Credo sia tutto… in caso,
sapete come contattarmi… ^____^
Una particolare menzione a Shatzy, per la consulenza
preziosa.^*^
Grazie a chi ha commentato la mia ultima fic ‘Il calore del ghiaccio’sul fandom di Inuyasha.
Campagna di
Promozione Sociale - Messaggio di No Profit:
Dona l’8‰ del tuo tempo alla causa
pro recensioni.
Farai felice
milioni di scrittori.
Come sempre, sono graditi commenti,
consigli e critiche.
Capitolo 27 *** Da cane a cane: abbaio ufficioso ***
27
Note: il seguente scritto contiene riferimenti
yaoi.
Per ulteriori spiegazioni, vi rimando alla conclusione della fic.
Dedicato a chi ha commentato i
precedenti capitoli della raccolta.
Grazie.
Da cane a cane:abbaio ufficioso
byelyxyz
“Colonnello! COLONNELLO HUGHES!” un cadetto, fresco
d’Accademia, accedette nell’ufficio di Maes, senza
quasi bussare e, di sicuro, prima di ottenere il permesso d’entrare.
L’uomo sollevò gli occhi dal dispaccio che stava
controllando, per prestargli curiosa attenzione.
“Mi scusi, signore!” si discolpò il soldato, tutto
trafelato. “Ma è appena giunto un telegramma urgente da East
City, per lei!” anticipò, fremente d’eccitazione. “Dicono sia criptato…”
squittì quasi, con fare cospiratore.
Hughes allungò una mano, per
ottenere il fascicolo che la recluta gli porse con così tanta solennità, che
sembrava quasi dovesse incoronarlo a momenti con medaglia al valore.
“Ti ringrazio, Asami-kun,
suggerirò il tuo nome per una promozione.” Scherzò,
con fare paterno. Ma l’altro lo squadrò in adorante gratitudine, senza
comprendere l’ironia di sottofondo. “Grazie, signore!”
Maes sbuffò, scotendo il capo semirassegnato. L’Accademia
non sfornava più giovani svegli come un tempo!
“Sei congedato, soldato.” Lo avvisò, tagliando corto. E
l’altro scattò sull’attenti, compiendo un impettito saluto militare.
Attese che fosse uscito e, non
prima di aver mandato un bacetto alla foto della sua
adorata Elycia, si dedicò all’esame del file che
aveva davanti a sé.
La cartellina color crema, con su
stampato il suo nome MaesHughes,
SSI – Servizi Segreti Investigativi. E poi un intimorente timbro rosso,
nel bel mezzo del frontespizio: CONFIDENTIAL
Urgente. Importante e Riservato.
Che fossero finalmente
arrivate le informazioni su quell’Homunculusmutaforma, che stava mettendo nel sacco tutto l’esercito?
Aprì il dossier, di carta bianca, stavolta.
Scorse le poche parole, rileggendole un paio di volte, per
raccapezzarsi.
“Volpe entrata tana coniglio W STOP Entrambi vivi et sani W STOP Festeggiamo W STOP RM”
“La volpe è finalmente
entrata nella tana del coniglio. Evviva. Siamo entrambi ancora vivi e sani e
quindi non mi ha ucciso. Evviva. Festeggiamo il momento storico. Evviva. Roy Mustang.”
Hughes scoppiò in una grossa
risata divertita, sbattendosi una manona in fronte.
Il suo zelante leccapiedi di guardia rientrò una seconda
volta senza chiedere, ma si ricompose davanti alla sua scrivania.
“Colonnello? E’ successo qualcosa d’importante?”
Maes sorrise a tuttotondo. “Sì, una
svolta epocale per la pace e la stabilità del nostro Paese!” esclamò. “Prendi carta e penna e
rispondi con rapidità: “Felicitazioni STOP Buon pranzo volpe et coniglio STOP”
Il giovane si eccitò per quel compito importantissimo e
segretissimo.
“Volo, signore!”
“Non dimenticare: è questione di vita o di morte!” lo
ammonì.
“Signorsì, signore!”
Quando fu nuovamente solo, si concesse di gioire per quei
due testoni, che alla fine si erano decisi al grande passo.
Beh, di sicuro ammirava la costanza di Roy. Questa sua
tenacia era lodevole.
Da quanti anni sognava
di scoparsi Ed?
Probabilmente Havoc stava
raccogliendo le vincite delle scommesse nella sua bisca clandestina.
Accidenti! Gli doveva la sua parte…
Che fosse il caso di mandar loro una scatola di fuochi
d’artificio e champagne?
****
Dillo, dai! Dillo, che per un istante hai pensato che
saresti stato fottuto.
Sì, ti sei visto fottuto. In senso figurato e ancheletterale.
Edward è collassato, languidamente
sopraffatto dalla stanchezza.
Tu invece sei lì. Con l’adrenalina così alta che respiri a
denti stretti, per paura che il cuore schizzi via.
E’ che hai atteso quasi tre anni – era geologica in più,
secolo in meno - ma ne è valsa la pena.
L’amore è una brutta bestia, Roy Mustang, e tu sei già stato
mangiato. Finito dritto dritto
nella sua pancia!
Accarezzi la sua cute, i peli radi, le cicatrici. E ti rendi
conto che nessuna pelle liscia, nessun seno sodo era mai così bello.
Hai perso il conto delle donne con cui sei stato. E neanche
una è riuscita a portarti così in alto come quel Fagiolino che tieni stretto. Hai paura che scappi via?
E’ quasi l’alba. Ma non riesci a dormire.
Ed invece è crollato, esausto, tra le tue braccia. Nudo.
Voleva rivestirsi.
E tu hai minacciato di dar fuoco a quella sua dannata
maglia.
E ripensi che, mentre raggiungeva l’apice, chiamava te. Sì, ma.
La prima volta, è stato un mugolio indistinto. La seconda,
un gemito strozzato.
Al terzo orgasmo, però, ne sei stato sicuro. Lo hai sentito
gridare.
Ma niente “Roy”, “Amore mio”, “Mustang-san”
o “Dannato vecchio bastardo muoviti!”
Ti ha chiamato “Taisa”.
Se non ne fossi stato così
sorpreso,- e beh, anche impegnato, sii
onesto! – saresti scoppiato a ridergli in faccia.
Il tuo vecchio grado.
Ha invocato il tuo vecchio grado di Colonnello!
Ti sfiora il dubbio che subisca il fascino della divisa. E
non puoi fare a meno di ghignare sornione, mentre ti gratti distrattamente un
fianco.
Hai la schiena sfregiata. Peggio delle unghie laccate delle
tue gattine, quell’auto-mail!
E senti male in posti che non credevi neanche d’avere.
Forse sei fuori
allenamento. Ti riduci a pensare persino questo, nella carrellata senza
senso delle riflessioni che invadono la tua testa. Sono ore che non riesci a
mettere in fila un pensiero decente. Figurarsi a parlare.
Ma di dormire non se ne parla. Hai lo stomaco così leggero
che potresti decollare a momenti.
E non ti resta altro che spararti nel cervello quel filmino
hard, che ti ha eccitato tanto, e riviverlo e rivederlo, da ogni angolazione
possibile e impossibile.
Ti viene il dubbio che fosse lotta
libera anziché sesso.
Sesso. Che brutta parola...
Tu lo sai che non è stato solo quello.
Sì, splendido sesso. Ma non solo.
Non puoi. Non vuoi ridurre l’incontro di due anime ad un
semplice scambio di fluidi.
Sesso è non
ricordare il nome della tizia con cui hai scopato la sera prima.
Invece, di lui, tu sai… tu
sai.
Sai quanti minuti vuole il the in infusione.
Sai quanti biscotti mangerà a colazione.
Sai come gli piace l’insalata di pollo.
E del neo che ha dietro l’orecchio.
O qual è la sua maglia preferita.
Sai cosa lo fa arrabbiare. Sai cosa lo rende felice.
Sai delle tacche in cantina, su cui segna di nascosto la sua
bassezza. Ops! Pardon. La sua altezza.
Sai che a diciott’anni suonati
spera ancora di crescere…
Sai che rimarrà per sempre un bambino. Forse perché non ha
mai potuto esserlo davvero.
E sai che gli affideresti la tua vita, in ogni momento.
E lui farebbe lo stesso.
No. Non mentirti. Questo non
è sesso. E’ amore.
…un amore nato per colpa di un gatto… beh, per merito di un gatto.
Ad un tratto realizzi una variante che ti era
sfuggita.
Tora aveva miagolato fuori dalla porta, forse attirato dai vostri gemiti.
Per fortuna che Mame-chan non se
n’era accorto, altrimenti sarebbe stato capacissimo di
piantarti lì – sul più bello – per andare a rassicurare il vostro micio.
Pure adesso, forse è lì.
Manca poco all’ora del risveglio,
anche se quel tuo ghiro personale dormirebbe in eterno.
Gli fai il solletico, consapevole che stai rischiando la
vita.
Ma, del resto, hai appena messo un piede in paradiso, di che
ti penti?
Ed mugugna, strofinando il musetto
contro la tua spalla. Poi apre gli occhi.
- Sì, non ti ha colpito. E’ un miracolo. -
E ti sorride con quel modo semplice e autentico che ti
strizza il fiato in gola.
“E’ stato bellissimo.” Gli confessi, al colmo di una
gratitudine che ti sta per sopraffare. “E tu sei stato fantastico.” Lo lodi,
sfiorandogli le labbra con le tue.
Ma... per la miseria!
Non era quello che dicevano tutte le tue donne a te? Da quando hai smesso di
fare l’uomo?
Adesso lui arrossirà, imbarazzato. Ti darà del maniaco, e tu
lo prenderai in giro…
“La verità è che ti sarebbe andato
bene anche il buco della serratura, se solo fosse stato abbastanza largo.” Sbadiglia
Fullmetal.
Ammutolisci. Non sai se dimostrarti scandalizzato per
quest’improvvisa scurrilità del tuo pudico Mame-chan
o se riderci su.
Fullmetal è anche questo, no?
Orgoglioso e indisponente. Sfacciato.
Ma se cambia pelle, e lascia lì la sua sfrontatezza, ritorna
ad essere solo Edward,
e vedi semplicemente un ragazzo tormentato, insicuro e sfuggente. Quello con le
cicatrici fuori e dentro al cuore.
Osservi i vostri corpi pigramente adagiati sul letto sfatto.
Poi guardi lui.
“Come ti senti?” chiedi, con una punta d’ansia.
“Bene.” Risponde. “Ho una tempra d’acciaio, io.” Ironizza.
Protendi una mano lungo il suo corpo, compiendo una lieve
pressione all’altezza dei reni.
E lo senti mugugnare di dolore.
“Ho una tempra
d’acciaio, io!” lo scimmiotti, ma il sarcasmo non riesce a nascondere del
tutto l’affetto che gronda dalle tue parole.
Gli baci una tempia con premura, massaggiandolo un po’
ovunque.
Edo ti lascia fare, arrendevole. Stranamente cedevole.
“Puoi restare a casa, oggi.” Gli proponi, dopo l’ennesima
coccola. “Io però ho una riunione importante, adesso devo prepararmi. E non sai
quanto mi spiace. Rimarrei qui con te per sempre.”
“Due minuti, Roy… ancora due minuti!” ti supplica il giovane
Elric, miagolando per il piacere di quelle
attenzioni.
“Ed?” squittisci, d’un tratto.
“Mmmhh… sìì?”
biascica lui.
“Il tuo auto-maildev’essere impazzito, perché sta giocando col mio inquilino
del piano di sotto.”
Le labbra di Edward si stendono in
un pigro, bellissimo sorriso malizioso.
“Io non c’entro. Lo giuro. Fa tutto da solo.”
“Se cominci così, non arriverò neppure per la fine della
riunione…” protesti debolmente.
“Dovevi pensarci prima di insegnarmi quella cosetta carina…” ti ammonisce, suadente.
“Ma non sapevo che avrei risvegliato un insaziabile assetato
di sesso!” ti difendi, “Mmm… ahhh…
fi-finirò per a-arrivahhhh…”
“Un giro solo sul cavallino, promesso! Uno solo!” frigna Ed,
con lo stesso tono di un bimbo capriccioso e viziato.
Non hai modo di controbattere, troppo intento a respirare e
a contenere l’eccitazione incipiente.
“Quasi quasi, ti preferivo prima…
inesperto e virtuoso. Questa parte lussuriosa di te mi spaventa, lo sai?!”
Il ghigno, che fiorisce sulle labbra del tuo biondino, è
degno del Mustang dei tempi migliori. Non promette niente di buono.
“Non tema, Generale di Brigata Mustang. Avremo un sacco di
tempo per le esercitazioni. E recupereremo il tempo perso!”
Fine
Disclaimers: I personaggi citati
in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna
forma di lucro, da parte mia.
Note varie:Parto dal
colore del titolo. Il blu richiama le divise dell’Esercito di Amestris, il rosso è il timbro di “Riservato”. Ne avete mai
visto uno? E’ abbastanza intimorente, dentro a quel rettangolo rosso.
Scusate se non vi ho messo la noticina cronologica all’inizio, specificando che questo cap è legato al 25, ma avrei rovinato l’effetto
sorpresa. Perdonata? ^__^
Per chi di voi che si è chiesto/a come mai Maes
è qui, ricordo che l’essenza stessa del ‘whatif?’ è un binario che scorre
parallelo alla storia originale. No?
Cerco di mescolare elementi dell’anime
e del manga (sperando che non sfori nell’incoerenza>.<)
Non ho ancora deciso, per es, se dirò mai che il
Comandante Supremo è un Homunculus. Se sarà utile ai
fini della fic, sì. Altrimenti è un dato inutile.
Non so neppure se Al riprenderà mai un corpo. Ci devo
pensare....
Di sicuro, Maes non morirà. Non in
una cabina sporca e puzzolente.
Riguardo al telegramma… ne avevo preparato anche una
versione decisamente più volgare ^__^; poi però ho scelto questa, anche perché
Roy incarna l’astuzia e la pazienza tipiche della volpe, e Ed ha l’ingenuità tipica del coniglietto...
A proposito del coniglietto che è diventato mandrillo…
Non è improvvisamente impazzito. Niente border-line
o bipolarismo^^' (anche se potrebbe benissimo esserlo, visti tutti i traumi
della sua giovane esistenza. XD)
Il punto è che, mentre io vedo Roy coerente a livello comportamentale... (Roy è
un gatto che casca sempre in piedi, qualsiasi cosa succeda); Edward ha un carattere ambivalente.
E’ testardo, orgoglioso, irriverente Fullmetal.
E’ introverso, impacciato, ‘traumatizzato’ e
impreparato come persona.
Come molta gente che reprime a lungo, ora a Edo è stato tolto il tappo. Ed è
come un fiume in piena... ^______^
Bisogna capire se sta lasciando spago alla sua parte ‘Ed’, o alla parte ‘Fullmetal’... ^__=
Spendiamo due parole sul discorso emerso nel capitolo precedente.
In questi giorni, mi sono letta e riletta i vostri commenti
e le vostre impressioni.
Ringrazio ognuno di voi, sia per l’eventuale sostegno, sia
che abbiate trovato il tempo e la voglia di dirmi la
vostra.
Non starò qui a rispondere ad uno ad uno. (Anche
perché con qualcuno c’è stato modo di chiarirsi in pvt,
anche se spero che le mie mail siano giunte a tutti… di alcuni non ho ricevuto
neppure ricevuta di consegna. Mah.)
Quello che mi preme dire è sono rimasta sinceramente stupita
a veder gente – che di solito commenta quasi sempre – chiedermi scusa. Forse le mie
parole sono state fraintese, o forse volevate chiarire la vostra posizione
personale, non so, ma il mio sfogo non era rivolto a voi.
In secondo luogo, c’è chi ha detto che è uno scoppio
legittimo, e chi lo ha considerato un eccesso.
Ognuno è libero di pensarla come vuole, ma come io non so –
e non posso giudicare le vostre giornate, gli impegni e il resto – voi non
potete sapere come mi sono sentita. E quanto ci abbia rimuginato su, per
settimane. Se starmene zitta o parlare. Non è la scenata da ‘5 minuti storti’, per capirci. Il punto è che ho sempre creduto
(correggetemi se sbaglio) di aver un buon rapporto coi miei lettori. Tengo
molto in considerazione quello che mi dicono, i consigli che mi danno… sempre se
compatibili con le mie idee di base.
Qualcuno dice che ho del talento. Che scrivo bene da quando metà di voi non aveva neppure il suo primo dentino
da latte. Senza falsa modestia, credo sia un’esagerazione.
Forse ho un dono. Perché negarlo? Quello che so di certo è
che sono migliorata, in questi anni. Grazie soprattutto alla gente che mi ha
detto come e dove sbagliavo. Ecco perché i commenti sono importanti.
Io scrivo anzitutto per me stessa, per soddisfazione
personale. L’ho sempre fatto. Molto prima di approdare nel 2001 in EFP, prima del
tracollo famoso che cancellò tutto.
Il punto è che, se ho deciso di pubblicare in un sito in cui
è possibile recensire, è perché ci tengo ad essere giudicata, lodata o
ammonita, a seconda dei casi.
Se lo facessi sempre e
solo per me stessa, perché perdere tempo a caricare le fic?
Le manderei via mail ai miei amici, e basta.
Se qualcuno si sente ‘costretto’ a recensire, beh, la cosa
in questi termini mi intristisce.
Non ho mai puntato una pistola contro nessuno,
intimando di commentare. (Dea, abbassa la mano, sei
quasi mio cognato, tu non fai testo!)
Io immagino le recensioni come la possibilità di votare. E’
un diritto, ma anche un dovere ‘morale’.
Non ti puoi lamentare se le cose vanno male (leggesi:
l’autore si scazza), se non dai mai il tuo parere.
Attraverso le recensioni, voi esercitate un potere. Io la
vedo così. A volte, riuscite addirittura a cambiare le sorti di una storia. Vi
pare poco?
E con questo chiudo. Pietra sopra.
Se volete discuterne con me, in privato, mi trovate al solito divano blue navy: elyxyz@alice.it
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pro recensioni.
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milioni di scrittori.
(Chiunque voglia aderire
al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio crede)
Ringrazio sinceramente per le recensioni a ‘FULL
METAL DETECTOR’ Non mi aspettavo
tutto questo entusiasmo! >////<
Come sempre, sono graditi commenti,
consigli e critiche.
E stavolta anche a me e al mio
cucciolo. Quando sarà.
Grazie.
A day withoutrain
(Pseudociesi di un cane dell’esercito)
byelyxyz
Mustang varcò il portone del palazzo, infilando l’ombrello -
stranamente asciutto - al suo posto. Finalmente, dopo più di un mese passato
sotto umidi temporali e nubifragi scroscianti, un giorno senza pioggia!
Quella era, senza dubbio, una sua giornata prediletta. Un dì
che rasentava la perfezione. Bisognava festeggiare, si disse, ammirando il
mazzo di rose che teneva sottobraccio. Anche
perché...
Salì l’ultima rampa di scale e, fischiettando, si fermò sul
pianerottolo. Avrebbe potuto suonare e farsi accogliere sull’uscio dal suo
Fagiolino, come tanto amava fare. Ma era meglio non affaticarlo, non adesso che...
Prese le chiavi dalla tasca dell’impermeabile ed entrò in casa.
Il profumino delizioso della cena pronta vezzeggiò le sue
narici, ma egli corse direttamente verso il divano, dove risiedeva il compagno.
“Bentornato, Koi.” Gli sorrise Ed, con dolcezza; e Roy gli incorniciò il viso
stanco con le mani, accarezzandolo; gli scostò una ciocca sfuggita alla treccia
morbida, sfiorandogli il collo, e poi scendendo con le dita sul pancione
prominente.
“Come ti senti?” gli chiese, nascondendo a fatica l’ansia
mista a contentezza.
Edward sorrise indulgente. “Bene!”
“Ma il medico che ha detto?” insistette, premuroso.
“Il dottore ha detto che sono tre maschi!” esclamò, svelando
la gioia che aveva trattenuto, per fargli una sorpresa.
“TRE MASCHI?!” ripeté Mustang, tra esultanza,
stupore e lieve vertigine.
Il giovane Elric annuì, un sorrisone a tuttotondo che esprimeva il suo gaudio. “Sì. Tre
sanissimi gattini maschi!”
Roy si svegliò di soprassalto, con un lamento strozzato
tipico di chi esce da un incubo.
Due inquietanti occhi gialli lo fissavano ad una spanna
davanti a sé.
Gemette, cercando di fermare il battito impazzito del
proprio cuore.
Poteva gridare o imprecare, ma a che sarebbe
servito?
Accese la lampada sul comodino, e Tora
ancora lo scrutava, comodamente appollaiato sopra il suo stomaco.
“Dannato sacco di pulci!” ringhiò. “Stavolta ti castro!”
Lo spinse via malamente, ma il
micio non si scompose più di tanto e, miagolando seccato, si raggomitolò poco
oltre, addosso al suo padrone biondo.
Ed mugugnò nel sonno, prima di
destarsi a sua volta.
“Che c’è?” sbadigliò, emergendo dalla montagna di coperte.
“C’è che le scappatelle di questo… questo… insomma! Ho
sognato di gatti in arrivo…” mentì, per non sembrare più idiota di quanto già
si sentisse.
Edward sorrise paziente, lo stesso sorriso che gli aveva visto
fare in quel delirio che si rifiutava di catalogare come ‘sogno’.
“D’accordo, si avvicina l’ora del parto…” gli concesse. “Ed
è normale che tu ti senta partecipe… e responsabile,” chiarì, grattandosi il fianco con una certa difficoltà.
“Ma l’essere agitato non aiuta!” lo
rimproverò, ma con dolcezza. “Che ne sarebbe della tua reputazione, se
sapessero che il famoso FlameAlchemist,
il grande Generale Mustang, l’Eroe di Ishbar…” lo
canzonò, semiserio, lasciando di proposito la frase in sospeso.
“Ok, ok.
Taglia. Ho capito l’antifona.”
“Quello che voglio dirti, yaahwnn-oy…”
sbadigliò, - Mustang sussultò, aveva detto Roy… o Koi? Ed non lo
chiamava mai così! Diamine! Quell’incubo… che fosse profetico? –“è che la nuova gravidanza di Minù ti sta stressando troppo!”
“Mhm… forse hai ragione…”
concesse, controvoglia, restio a continuare quell’assurda
discussione.
“Guarda Tora, lui mica si fa prendere da inutili isterismi!
Avanti, su. Ora vieni qui e dormi.”
Lo incoraggiò Edo, facendogli capire che voleva essere abbracciato, nella
posizione in cui s’assopivano meglio, da sempre.
L’uomo se lo strinse addosso, petto contro schiena, cingendogli
con un braccio il fianco. Eppure non resistette e, benché fosse sciocco, lasciò
scivolare una mano in basso, verso l’addome. Per sincerarsi che…
“Che cosa hai sognato?” bisbigliò Fullmetal,
percependo la sua inquietudine.
Il pancione enorme del suo Mame-chan
gli si piantò in mezzo alla fronte, così vivido e reale, e turgido e sodo, che
non poté fare altro che irrigidirsi d’istinto, reprimendo un sussulto.
“Allora?”
insistette il biondo, accoccolandosi meglio nella sua stretta.
“Eri… era…” Mustang deglutì “turgido e sodo…” espirò a
fatica “enorme!”
Una risata lieve scosse il letto, Edward sorrise malizioso,
fraintendendo le sue parole.
“Se non levi la mano da lì,” lo avvertì suadente, intrecciando però le dita con
le sue “non ci vorrà molto perché diventi sul
serio rigido e teso!”
Roy trasalì.
“Ma non è che, in realtà, è proprio ciò che vuoi?” insinuò Acciaio, strusciandoglisi
contro.
“No! NO! Anzi, sai che ti dico?!
Una settimana di astinenza. Sì. Ci serve una settimana di astinenza per
ridimensionare le cose nella giusta prospettiva.” Lo
contraddisse, concitato.
“Roy? Ma sei impazzito?!”
Mustang sollevò di scatto le coperte, balzando giù dal letto
e afferrando per la collottola un povero Tora
semiaddormentato.
“Io vado a dormire con lui sul divano!” squittì, con
un’agitazione così inusuale per lui. “Prima mi faccio un goccetto
di whisky, ma tu riposa, ok?”
Mentre la bestiola tigrata soffiava e si dimenava, il FlameAlchemist lasciò la stanza,
scalzo. Aveva così fretta d’andarsene, che s’era scordato pure le pantofole.
Il giovane Elric lo guardò
scomparire, frastornato. Eppure fece ritorno, subito, con la testa a fare capolino
dalla soglia.
“Ed?” chiese, rimanendo a debita distanza.
“Mh?”
“Ma… tu lo vorresti, un figlio?”
“Oh, sììì! Certo! Lo facciamo
subito?!” esclamò ironico, fingendo un’innocente euforia.
Ma ottenne solo di farlo fuggire, se possibile, ancor più agitato di prima.
Edward sbuffò, cercando di
schiarirsi le idee. Aveva pensato che quell’ultima
scenata di Roy fosse solo uno scherzo, e invece... sembrava scosso per davvero!
“Domattina, io e te, ce ne andiamo dal veterinario!” lo
avvisò il moro, irremovibile, ad un palmo dal suo muso. Tora lo scrutò malevolo, per quei modi poco gentili
con cui era stato trattato, e perché non lo lasciava sonnecchiare in pace.
“Se stai male,” intervenne Edo, posato
contro lo stipite della porta “esiste ancora l’ospedale militare!” celiò.
Per l’ennesima volta in quella nottata, Mustang sobbalzò.
“Ma Ed… ti avevo detto di stare a
letto!, non è nulla… mi è solo passato il sonno...”
“Quindi, se non è
niente, torna di là. Mi manchi. O,” e si sedette, facendosi
posto accanto a lui, “resto qui. A farti compagnia. Non sarà niente di così pericoloso, no?” sorrise, incoraggiante.
“Forza, dai! Cos’è che ti spaventa tanto? Hai paura… di diventare padre? Non
credo che rimarrò incinto tanto facilmente!” scherzò, per alleggerire
l’atmosfera. “Oppure temi l’ira di Miss Rottherwall a
lunga distanza? Se vuoi insidiare le sue grazie,
hai la mia benedizione!” lo prese in giro, trasmutando il piccolo cuscino sul
divano in un ampio e morbido plaid, con cui ricoprì se stesso e il compagno,
che lo lasciò fare, arrendendosi docile a quelle premure.
Fuori pioveva, come ogni giorno da un mese a questa parte.
Così in contrasto con quel suo giorno onirico, così
perfetto. Senza pioggia.
Ed era forse la prima volta, in vita sua, che a Roy Mustang
non dispiaceva.
No, non gli dispiaceva. Lasciarsi cullare dall’abbraccio di Mame-chan, e dal ticchettio ritmico sul vetro. Una bella
ninna-nanna.
Fine
Disclaimers: I personaggi citati
in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna
forma di lucro, da parte mia.
Così pure il titolo del capitolo, che si rifà ad una canzone meravigliosa di Enya che è senza testo, solo base musicale.
Note varie: Non vi avevo
avvisato?
Questa è la mia “settimana della maternità” – “Andate e
moltiplicatevi, no?” ^__=
Non a caso, ho postato tre diverse fic,
che ruotano tutte sulle gravidanze, sul divenire o essere genitori.
E’ il mio primissimo (rimarrà unico?) contributo alla causa Male-Pregnacy. Non me n’ero mai resa conto, dopo tanti anni
a scrivere ficsimil-yaoi...
O_O anche
se poi - di fatto - non è una M-Preg. Ragion
per cui, non ho messo l’avviso. Spero, dato il tema delicato, di non aver
offeso la sensibilità di nessuno. In tal caso, mi scuso.
La gravidanza isterica o falsa gravidanza (Pseudociesi) è un disturbo di natura psicosomatica per cui la donna accusa sintomi del tutto simili a quelli di
una vera gravidanza, a tal punto di essere veramente persuasa di essere
incinta. Tale fenomeno è raro ed è legato all’esasperato desiderio, irrealizzato per sterilità presunta o accertata, di avere
dei figli o da esagerate pressioni
psicologiche esterne. Spesso si hanno sintomi e manifestazioni
apparentemente oggettivi. L’unico trattamento di questo disturbo è di tipo
psicoterapeutico. Talvolta, anche se
molto raramente, il maschio assimila i sintomi gestazionali
della compagna, facendoli propri. (Definizione presa da diverse ricerche nel web)
La Pseudociesi è presente anche nei gatti (più frequente nei
cani).
Il capitolo, in origine, doveva intitolarsi: “La gravidanza
isterica di un cane” ma mi sarei bruciata l’effetto sorpresa.
Credo. >.<
Koi = amore.
Koibito = amante, amato,
innamorato.
Concludo con la riflessione sul comportamento di Ed e Roy.
Di Edward, continuiamo a veder alternata la sua parte
Hyde-Fullmetal o quella Ed.
In questo chappy ci sono entrambe, e ben distinte.
Roy, invece, mi fa tenerezza così spaurito e smarrito.
Ma non credo sia OOC. Avete mai fatto un sogno così reale e sconvolgente che,
appena risvegliati, vi sentite scombussolati e strani per un po’? Beh, è quello
che accade a lui…
La sua ‘coerenza comportamentale’è confermata dal fatto che – pur essendo in balia di
assurde visioni – prende in mano la situazione, beh, scappando in salotto, ma
lo fa! XD
C’è da precisare che, nella pseudo-coerenza
tipica dei sogni, Ed fa quella battuta legittima sui
“Tre gatti maschi”; altrimenti, per quanto assurdo ipotizzare una M-Preg, sia nel loro mondo che nel nostro, in pieni anni
Venti, era impossibile anche solo immaginare un ecografo
o strumenti simili diagnostici.
Precisazioni al
capitolo precedente: ho riletto tutti i vostri commenti, non mi sembrava
che ci fosse bisogno di chiarire nulla. Ho visto con gioia che apprezzate
tutti/e la presenza di Maes – vivo e vegeto – e sappiate che di tanto in tanto farà la sua comparsa. ^____^
Il post-lemon (che non c’è stata) è un cap dolce, sì. Ma caratterizzare Ed
così mi ha dato modo anche di renderlo un po’ meno scontato, no? ^__=
Vi aspettavate tutti che, alle sdolcinatezze di Roy, lui rispondesse
a tono, e invece… *__*
Noto con piacere che anche il telegramma ha avuto il suo successo. E sì, senza
essere falsi puritani, mi immagino i dialoghi Roy-Maes
così, senza filtri. Del resto, sono come fratelli e sono uomini fatti, non educande
da collegio! XD (Leggasi: aspettatevi di peggio! ^__=)
Campagna di Promozione
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Farai felice
milioni di scrittori.
Come sempre, sono graditi commenti,
consigli e critiche.
Vorrei festeggiare con voi il
sesto mesiversario (ricorso l’altro giorno) di questa
ficcina.
Da un
lato, mi sembra ieri di aver postato il primo capitolo, in un giorno di caldo
bestiale, col the ghiacciato per non morire disidratata… e contemporaneamente mi
sembra sia passato un secolo, adesso che il the è
bollente, vicino alla tastiera, a scaldarmi i ditini intirizziti da questo
freddo polare.
Note: il seguente scritto contiene lievi
riferimenti yaoi.
Questo capitolo non è legato al
precedente per trama, ma per un parallelismo in diversi punti. Vorrei
che cercaste di coglierli. Alla fine del cap,
comunque, vi illustrerò la mia interpretazione.
Per ulteriori spiegazioni, compreso il titolo, vi rimando alla
conclusione della fic, dopo la lettura.
Dedicato a Dea, il mio
fratellino mancato e quasi cognato. Buon Compleanno!
E a chi ha commentato i
precedenti capitoli della raccolta.
Grazie.
Rain Man
byelyxyz
Edward aveva varcato l’ingresso con una faccia lugubre e occhiaie
profonde.
Mustang se n’era accorto subito,
ma si era guardato bene dal chiedere spiegazioni, anche se gli dispiaceva
vederlo così cupo; soprattutto perché era da almeno due giorni che non aveva
modo di scambiarci due parole assieme. Impegni reciproci li avevano tenuti
separati, tra giri di ronda e scartoffie varie.
Fullmetal andò a riporre la spesa, molto più silenzioso del solito.
Non si lamentò neppure quando dovette riempire la
ciotola di Tora col latte fresco.
No. Decisamente qualcosa non andava.
E si era a malapena limitato ad
una grattatina distratta al loro micio, che invece
premeva per le coccole che gli spettavanodi diritto, fatte dal suo padrone
biondo.
A malincuore, la serata era
trascorsa in un mutismo sgradevole. Roy aveva cercato di intavolare un minimo
di discussione, ma non aveva ricavato chiacchiere, quella sera.
E neppure risposte alle provocazioni,
a dirla tutta.
E non certo perché Edo fosseparticolarmente concentrato su un
capitolo avvincente di Alchimia.
Sembrava così preso dal suo umore nero, che – Mustang ne era
certo – aveva letto meno della metà di quanto sapeva studiare di solito.
D’altra parte, le giornate storte capitavano a tutti, quindi
il Colonnello preferì soprassedere. Chiuse il libro
che stava leggendo, alzandosi dal divano.
“Ti andrebbe una tazza di the?” domandò,
per educazione e per spezzare quel silenzio opprimente.
“E’ ora che me ne vada.” Rispose
Acciaio, lanciando un’occhiata distratta all’orologio da parete.
“Ti sei accorto che sta piovendo?”
replicò il moro, annuendo alla volta della finestra.
Ed si lasciò sfuggire una mezza imprecazione.
No. Non se n’era accorto,
evidentemente.
“Puoi restare qui, se vuoi.” Gli
offrì. In lontananza un tuono rimbombò. “Non credo cesserà tanto presto.” E la
sua smorfia la diceva lunga.
“Ok, accetto.”
Si risolvette il ragazzo, sprimacciando il cuscino del divano e sdraiandovisi
sopra, escludendo a priori altre possibilità.
Il Colonnello represse a fatica la
sua delusione.
Dalla notte della sua sbronza
colossale di qualche settimana addietro – infelice trascorso che né lui né il
suo occhio amavano rivangare –, tra lui e Ed s’era
chiarito che la parte destra del letto era libera, e quindi utilizzabile.
Giusto la settimana prima, il suo
Fagiolino non s’era mica fatto pregare tanto, approfittando dell’occasione. E
adesso, invece, - con suo enorme disappunto - sembrava avessero fatto un’abissale
retromarcia.
“Non credi di riposare meglio su
un comodo materasso?” gli chiese, un misto di gentilezza e desideri egoistici.
“Non si preoccupi. Sto comodissimo, qui.”
Tagliò corto Edo. Ma, nella foga di dimostrare il suo agio, si girò con troppa energia, rotolando giù dal sofà, con un
tonfo sordo e un improperio colorito.
“Vedi? Non ci stai. Sei cresciuto…”
“Davvero?!” esclamò di colpo, stupito
e speranzoso.
“No.” Ghignò.
“BakaTaisa!
Come osa-”
“Oh!, Bentornato, Fullmetal! Cominciavo a temere che fossi quell’Homunculusmutaforma, in
una giornata particolarmente incazzosa!”
“Dannato fiammifero…” masticò tra i denti.
“Forza, dai! Andiamo a letto!”
“Non ci penso nemmeno!” si oppose, per nitido spirito di
contraddizione.
“Potrei ordinartelo!”
“Questa minaccia comincia a stufarmi!
E non siamo in servizio, lei non mi può comandare un bel
niente!” lo sfidò.
“Sai che un ordine non si discute?”
“Sa che potrei ucciderla nel sonno?”
Roy fece spallucce. “Non credo tu abbia così urgenza di finire sotto Corte Marziale!
Correrò questo rischio!”
“Ci tiene talmente poco
a vivere?!”
“Hai ancora bisogno di me, Acciaio. Non mi elimineresti
tanto facilmente…”
“Troverei qualcun altro che mi passerebbe le informazioni
sulla Pietra Filosofale!” Lo disse, per pura ripicca, ma lo sapeva per primo che non era vero.
Perché, per quanto a volte Taisa
Mustang fosse insopportabile, lavativo e sobillatore nei suoi confronti, Eddoveva
riconoscere che gli spettava parecchia riconoscenza da parte sua.
L’Alchimista di Fuoco lo fissò con
supponenza.
Lasciarlo stare o istigarlo?
Sembrava quasi che con quel
testone fossero necessarie le maniere forti!
“Smettila di sparar stronzate, piccolo Mame-chan!”
“CHI SAREBBE IL
MICROB-”
Mustang se n’era andato dalla stanza, lasciandolo solo a
vaneggiare la sua indignazione. Quindi non gli rimase altro che andargli
dietro, per dirgli il fatto suo.
Il Flame sorrise tra sé. Aveva raggiunto il suo scopo.
“EHI!” entrò, sbraitando, e l’uomo chiuse la porta dietro di
loro. “…PULCE! HO DETTO CHE NON SONO UNA PULCE!! MI
ASCOLTI QUANDO LE PARL-”
“Buonanotte, Fullmetal.” Lo
interruppe, sfilando l’abbigliamento da casa per indossare il pigiama.
“Ma io non avrei-”
“Buonanotte.” Ribadì, come se il discorso fosse chiuso.
Edward sbuffò, seccato. Eppure smise di lamentarsi, cercando a sua
volta nell’armadio il cambio, che aveva imparato a lasciare lì a Casa Mustang.
“Non dovresti avvisare Alphonse? Altrimenti si preoccuperà…” gli ricordò il
Colonnello, spegnendo la luce, dopo aver scostato le coltri.
“Non è necessario che lo avverta.”
Reagì acre. “Al non c’è.” S’ingrugnì.
Alla fine, il marrone era uscito da sé.
“E dov’è finito?” chiese spontaneo.
“A Resembool. Abbiamo litigato. Lui
voleva tornare, per commemorare la morte di nostra madre. Io ero contrario… e ci
è andato da solo.”
Ecco il perché di quel
broncio nero nero...
E adesso? Dovevano
parlarne? Doveva far finta di niente?
“Vuoi che…?”
“Buonanotte, Taisa.” Stavolta fu Edo
a recidere la conversazione, voltandosi di schiena.
Aveva faticato ad
addormentarsi. Poi un sonno agitato. Roy lo aveva sentito rigirarsi a lungo.
E aveva capito molte cose. Le stranezze del suo
comportamento, per esempio. E anche il fatto che non gli avesse detto tutto.
Perché l’anniversario della scomparsa di TrishaElric coincideva anche – seppur a distanza di tempo –
con la fallita trasmutazione che avevano tentato, per riportarla indietro. Il
tutto inciso nel suo Orologio d’Argento, per non dimenticare.
Mustang comprendeva che non fosse facile per nessuno dei due
fratelli; ma Alphonse, tornando a casa, dimostrava di
aver iniziato un seppur minimo processo di accettazione della tragedia. Ed,
invece, non aveva mai rielaborato il lutto e combatteva ancora contro i propri
fantasmi. E Roy non poteva fare molto, al
riguardo.
Rimase a lungo ad ascoltare la pioggia cadere, tuoni in
lontananza e strali che luccicavano attraverso le tende.
Dopo aver perso il conto del tempo, s’addormentò anche lui.
Un urlo sommesso lo svegliò di colpo. Gli ci volle qualche
istante per realizzare che il lamento proveniva da Ed,
affianco a lui, che era vittima di un incubo.
Cercò di chiamarlo piano, di svegliarlo, ma sembrava che il
giovane fosse preda dei suoi deliri, in un crescendo parossistico di
piagnucolii e gemiti.
“Fullmetal!
Acciaio! Che cos’hai?!” gridò spaventato, prendendolo
per le spalle.
Un lampo illuminò lo sguardo
alienato di Edward. Sembrava non fosse neppure in sé.
Il ragazzo s’aggrappò alla sua
maglia con l’auto-mail con tutta la forza che aveva, così forte che quasi
strappò la stoffa del pigiama.
Si udì un singulto.
E fu come uno sparo, nel silenzio
della camera.
Malgrado il temporale fuori.
Come quel lontano giorno
d’ottobre.
Ed sbatté la testa contro il suo torace e rimase lì a
singhiozzare.
Il pensiero che forse sarebbe
stato meglio accendere la luce colse il moro, ma lo scartò.
Meglio il buio. Perché
offriva quell’illusione di riservatezza.
Altrimenti Edo non si sarebbe sfogato.
Non si sarebbe mai fatto vedere così debole. Non davanti a lui.
Roy lo trascinò contro di sé.
Sussurrandogli flebili parole di rassicurazione.
“L-la trasmutazione non-non è
riuscita…” lo sentì balbettare. “Al… Al era diventato
un mostro! Ho riportato indietro un mostro!!”
piagnucolò. “Io... io…dovevo ucciderlo, dovevo uccidere Al!”
L’uomo non smise di cullarlo.
E di coccolarlo. Una dolce nenia che Edward
non riusciva a capire; non capiva cosa gli stesse
sussurrando.
Ma sapeva che faceva bene al cuore.
Un bambino. In fondo,
era ancora solo un bambino.
“Mi lasci.” Sussurrò tempo dopo, direttamente contro la
stoffa della casacca.
Roy sciolse l’abbraccio, con una punta d’imbarazzo.
Eppure Ed non si allontanò da lui.
Lo sentì respirare, cercando di raccattare i pezzi di una
dignità infranta.
“Colonnello, se lo racconta a qualcuno, soprattutto ad Al, la uccido con le mie
mani.” Ed era mortalmente serio.
Non rispose subito.
Si limitarono ad un lungo sguardo silenzioso.
“Non capisco di cosa tu stia
parlando, Fullmetal. Questa notte non è mai
esistita.”
Fine
Disclaimers: I personaggi citati
in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna
forma di lucro, da parte mia.
Note varie:Parto dal
titolo ‘RainMan’che, come la trama, si rifà al lungometraggio con TomCruise e il premio Oscar DustinHoffman.
Il titolo omonimo s’ispira al fatto (spoiler sul film) che Charlie (TomCruise)
ha un vago ricordo di uno strano personaggio, che gli cantava le canzoncine da
bambino e piccole storie a letto, che lui chiamava Rain
Man, l’immaginario ‘uomo della pioggia’.
In origine, questa doveva essere la prima volta in cui Roy e
Ed dormono assieme. Ma il post-sbronza mi ha
scombinato i piani!! >.<
E ammetto che è stato un parto
riuscire a far collimare le informazioni e renderle plausibili, soprattutto
rispettando - ma non abusando - del ‘grado di confidenza’
che i nostri due disgraziati potevano avere a quel tempo.
Il parallelismo col cap precedente
si ha in diversi punti. Lo scambio equivalente.
Anzitutto.
Nel precedente, era Roy ad essere
in difficoltà. Qui è Edward.
Ed consolava Roy, qui avviene il contrario. C’è uno ‘scambio
di ruoli di maturità’. Per come la vedo io.
Prima c’era un Roy che arrivava a casa
(in un’onirica giornata di sole e buonumore), qui è Edward
che arriva a Casa Mustang, con un umore sotto le scarpe.
Non da ultimo, nello scorso cap si partiva dalla camera da letto per arrivare al
divano. Qui si fa il percorso contrario.
Il collante (come in tutta la fic, ricordatelo!) è la pioggia. Piove nel
cap 28, piove anche qui. Ma prima era una
pioggia che ‘cullava’ come una ninna-nanna. Qui invece è un temporale, con
fulmini e tuoni. Un po’ a simboleggiare la serenità che Roy aveva raggiunto sul
divano; e questo ‘cuore in tempesta’ di Edo.
L’espressione ‘Alla
fine, il marrone era uscito da sé.’ E’ tipica della mia zona, ma ho
scoperto che si usa anche altrove.
Pur significando ‘la verità viene sempre fuori’, l’ho
scelta perché – sempre dalle mie parti – il marrone, la grossa castagna, indica
anche ‘un grosso peso’, ‘una
preoccupazione nascosta che ci fa star male’ e direi
che è calzante.
Precisazioni al
capitolo precedente:
Vorrei
tranquillizzare Neverwinter. Questa fic andrà
avanti ancora per molti mesi. Purtroppo, però, improrogabili impegni lavorativi
mi impediscono di potermici dedicare con l’assiduità
che vorrei…
Spesso, quando finisco davanti al pc, sono così
stanca da non aver la lucidità mentale per produrre qualcosa di decente.
Mi auguro di riuscire a mantenere un aggiornamento a settimana. Sarebbe già
qualcosa ^^’’
Do il benvenuto a Faust tra i miei seguaci ^__=. Non ti devi scusare
assolutamente! La tua interpretazione del capitolo mi ha colpita molto. Davvero
interessante.
In generale, ammetto che mi ha molto
stupita sentirmi dire da persone (dichiaratamente filo-yaoi)
che non amano le M-Preg. Non entro nel merito delle
preferenze personali. Dicevo solo che sono sorpresa.
Una reazione del genere me l’aspettavo da chi, pur non amando lo yaoi, segueIt’sraining ugualmente.
Siete una fonte continua di sorprese! ^___^
Chiarimento: l’uso
dell’alchimia. In questa fic, l’alchimia è stata
usata solo tre volte. Nel primo cap, quando Edo
trasmuta la culla per Tora. In uno dei primi, in cui Ed si offre di trasmutare la credenza per acchiappare il micetto e capire di che sesso fosse, e infine nello scorso cap, mutando il cuscino in coperta.
La spiegazione ufficiale sta nel fatto che Roy gli ha
vietato l’uso dell’alchimia a casa sua, sbottando – a suo tempo - con un “Non
vorrai distruggermi casa!” e Edward lo prende in
parola, per tacito accordo.
La spiegazione ufficiosa, invece, sta nel fatto che la
povera autrice avrebbe cestinato la maggior parte
delle gags e dei vari incidenti occorsi (e futuri) ai
protagonisti, poiché il ‘potere’ di Edo è così vasto e multiforme da risolvere
pressoché ogni inconveniente, a ben vedere.
Ciò non toglie che ne verrà fatto
uso anche in futuro, ma sempre con parsimonia.
Ringrazio sinceramente per le recensioni a ‘MapleCafé’. Non mi capita tutti i giorni
di vincere un contest, e sono felicissima che condividiate con me questa gioia!
Lo dico anche qui, perché mi sono resa conto che, scrivendo quella fic, ho attinto al rapporto fraterno/amicizia che lega Roy
e Maes presente qui, in ‘It’s raining’.
Benché sia una storia a sé, potremmo considerarla una sorta di prequel/spin-off della nascita
dell’amore di Maes e Glacier,
col contributo irrinunciabile di Mustang ^^.
Lunedì (credo) posterò il terzo cap.
Capitolo 30 *** Fire Man (I parte: Il gatto delle nevi) ***
L’ho già detto: il capitolo 16, quello ‘post-sbornia’ per capirci, mi ha
scombinato tutto
Credo che, se avessi fatto apposta, non ci sarei riuscita.
Ieri sera ho finalmente sviluppato quasi tutta la trama della famosa ‘Grande Nevicata’ che tanto attendevate. (Manco
fosse lo Sbarco in Normandia! ^//^’’)
E stanotte ha nevicato, qui da me. Niente di eccezionale, ma
fuori è tutto bianco! Non so perché, ma questa coincidenza mi ha fatta
sorridere. Ma veniamo a noi…
L’ho già detto: il capitolo 16, quello ‘post-sbornia’ per
capirci, mi ha scombinato tutto. Incastrare questo chappy,
dunque, sarebbe impossibile, di per sé. Ma è uno di quelli di cui ho scritto la
trama fin dagli esordi, e di cestinarlo non se ne parla. Quindi sarebbe il
momento di: gioco il jolly ‘è una raccolta, non una long-fic’.*__*
In realtà, non posso fare neppure questo >.<, perché l’attuale
capitolo è così lungo e così ricco di eventi e diversi stati emotivi, che mi
sono vista costretta a dividerlo in parti, per non farvi fare indigestione, o
risultare troppo frettolosa nella successione degli eventi.
Decidete voi dove va inserito a livello cronologico: di
sicuro dopo il capitolo 4 (‘La gatta sul tetto che scotta’)
e abbastanza prima della dichiarazione di Roy (cap. 12, ‘Kiss the rain’).
Il titolo, per correttezza: non contiene il concetto
‘pioggia e similia’, ma si aggancia al precedente ‘RainMan’, perché è il suo
opposto ‘FireMan’, e
sempre di Roy si parla.
Note: il seguente scritto contiene lievi
riferimenti yaoi.
Beh, e siamo già al 30° capitolo... e 600
recensioni!!*___*
(Ely sta facendo danza di gioia, spaventando la vicina
impicciona alla finestra)
Dedicato a chi ha commentato i
precedenti capitoli della raccolta.
Grazie.
Fire Man
(I parte: Il gatto delle nevi)
byelyxyz
Dopo un autunno dannatamente piovoso, che aveva messo a dura
prova i nervi del FlameAlchemist,
era giunto un inverno al par suo, incredibilmente rigido e improvvisamente
nevoso. Cosa straordinaria, per la gente dell’Est, abituata al clima secco e alle miti temperature.
Edward sbuffò rassegnato,
scostando le tende della finestra del salotto.
Roy sollevò gli occhi dal libro che stava leggendo: “Nevica
ancora?”
“No! Cadono semplicemente quintali di acqua ghiacciata!”
ironizzò caustico, riaccomodandosi al fianco dell’altro e riprendendo a leggere
a sua volta.
“Perciò, come ti ho suggerito, è meglio che tu dorma qui.
Stanotte la temperatura scenderà e smetterà, vedrai.”
Edo annuì, borbottando. La
cosa, dopotutto, sembrava sensata.
Il mattino seguente fu Tora a
svegliarlo, poiché ebbe l’ardire di mordicchiargli il piede che fuoriusciva
dalla coperta sul divano.
Il giovane Elric si stiracchiò
pigramente, coccolando un po’ il suo micio. L’orologio da muro gli concedeva
ancora un paio di minuti d’ozio; quindi si risollevò, decidendosi a controllare
la situazione atmosferica.
Di primo acchito, sbatté più volte le palpebre, convinto di
stare sognando. In seguito, sibilò un’imprecazione colorita.
Ad occhio e croce, c’era almeno un metro e mezzo di distesa
bianca, sulla strada e sui tetti di fronte a lui.
Corse in direzione della camera da letto, ma represse subito
l’istinto di bussare, spalancando la porta com’era solito fare in ufficio.
“Colonnello! Si alzi, forza, su!”
Mustang trasalì, scattando a sedere sul materasso.
“Eeeddd…” si lamentò, tetro “ti
sembra il modo di svegliare una persona?”
Edward separò i pesanti tendaggi,
per mostrargli il paesaggio immacolato.
“Mi rinfreschi la memoria, Taisa!
Chi è che ha detto che avrebbe smesso, stanotte?”
Roy mugolò il suo disappunto, scendendo dal letto e
infilando la vestaglia per raggiungerlo.
Spalancò la bocca, a sua volta sorpreso.
“Allora?” lo incalzò Acciaio, seccato.
“Io non ho mai garantito che avrebbe smesso! Vengo dal
profondo Est, che cavolo vuoi che ne sappia?!”
“Dannato Colonnello dei miei stivali!” lo insultò, lasciando
la stanza.
Eppure Roy sorrise tra sé, stranamente di buonumore.
“E’ meglio che chiami ilQuartier Generale…” lo avvisò, riguadagnando il distacco.
“Tu prepara la colazione per tutti… Ciao, Tora!”
esclamò gioviale, salutando il loro gatto.
“Mi piacerebbe capire perché, con un imprevisto fastidioso
come questo, lei è così in allegria!” brontolò il ragazzo, dalla cucina.
“Non sono mica tutti musoni come te, di prima mattina!”
replicò.
Il micio gli zampettò incontro, strusciandoglisi
all’altezza delle caviglie ed egli lo prese in
braccio, avviandosi al telefono. Si sedette sul sofà, successivamente afferrò
la cornetta e compose il numero del centralino.
Al quinto squillo, una voce familiare rispose. “Ufficio del
Colonnello Mustang, desidera?”
“Havoc! Sono io!”
“Ah, buongiorno Taisa!”
“Ma io non ho telefonato al centralino?”
“Le chiamate vengono dirottate
direttamente qui. La Caserma
è chiusa, signore. La Piazza
d’Armi è impraticabile, così come tutte le strade della città. Il Generale Hakuro ha stabilito che funzioneranno solo i servizi
indispensabili, data la straordinarietà dell’evento… io avevo del lavoro
arretrato, e sono qui. Gli altri del Dormitorio Ufficiali
si stanno rendendo utili altrove.
Ritorneremo a pieno regime solo giovedì; intanto arriveranno
i gatti delle nevi richiesti dal Nord.
Nel frattempo è sconsigliato uscire di casa...”
“Bene, ho capito. I ragazzi sono stati avvisati?”
“Sì, signore. E Alphonse è con me;
rassicuri Edward, per cortesia.”
“Lo farò immediatamente, ed è il caso che io senta anche Hawkeye…”
“Il Tenente è qui, Colonnello. Ieri sera s’è attardata per
delle scartoffie, e ha dormito negli Alloggi femminili.”
“Cioè… fammi capire: manchiamo solo io e Acciaio?” precisò.
“Signorsì, signore. Ma non si preoccupi, Taisa.
Manderemo avanti la baracca ugualmente! Si goda la sua vacanza e mi saluti il
Maggiore Elric.”
“D’accordo, Sottotenente Havoc. Ma
non mettetevi in testa strane idee…”
Jean assunse un tono falsamente
deferente. “Non oseremmo mai, signore.”
Roy ripose la cornetta, ghignando a tuttotondo. Edo, in risposta, sollevò un sopracciglio perplesso.
“Quindi?”
“Siamo in libera uscita fino a giovedì!”
“Ma se siamo sequestrati da una valanga di neve!” lo
contraddisse il biondo, polemico.
“Uhf! E’ solo un modo di dire…”
“Ma… giovedì?!” ripeté di colpo,
come se avesse momentaneamente smarrito quel particolare.
“Sììì!” sorrise a quarantadue
denti. “Chi non risiede negli Alloggi degli Ufficiali può restarsene a casa!
L’ufficio è chiuso per calamità naturale!”
“E io come ci torno da Al?”
“Alphonse sta benissimo. Sta dando
una mano adHavoc. Sa che
rimarrai qui, ma puoi comunque telefonargli, se ti va…”
“No! Cioè, non è questo il punto… io dovrei restare qui,
fino a giovedì?” chiarì.
Mustang fece spallucce. “Vuoi che ti cacci?”
“Certo che no! Ma, Taisa, lei ha
la possibilità di farmi tornare prima!”
“Come, prego?” lo
fissò dubbioso, facendo finta di non capire. “Certo… sono bello come un Dio…” fu la sua premessa, atteggiandosi
a gran figone. - Acciaio lo fulminò malamente. - “Ma io non
volo e non faccio miracoli!”
“Ma lei potrebbe sciogliere la neve coi suoi guanti!”
“Potrei. Ma non voglio!”
Ed lo guardò boccheggiando, semincazzato.
“Quando mi ricapitano due giorni di permesso-ferie spesati,
regalati e non previsti?” precisò il moro, con una linearità che coincideva
perfettamente con la sua indole scansafatiche.
“Lei è un fannullone egoista, lo sa?”
“E il tuo voler tornare in Caserma, a tutti i costi, non è
altrettanto un filino egoistico?” lo provocò, tenendogli testa.
“Ma io, io…” Edward sospirò. Sì, lo era.
“Se vuoi rischiare, io non ti trattengo…” precisò, simulando
disinteresse. “Ma finirai sepolto, Fagiolino!”
“Chi sarebbe piccolo come un- ahi! Tora
non mi graffiare!” il micio s’era aggrappato alla sua gamba sana, piantandogli
involontariamente gli artigli nella carne. “Ho capito! Hai fame! Mollami,
MOLLAMI!”
La bestiola miagolò rafforzando il suo intento, finché Roy
non decise d’intervenire, separandoli.
Ebbe il buonsenso di non commentare, mentre portava
l’animale affamato in cucina e gli versava la pappa che gli spettava.
“Il the si è freddato!” esclamò, avvisando il giovane Elric che intanto verificava la tibia scorticata.
“Non si aspetti che la ringrazi!” sbottò, infastidito. Ma
prese un biscotto dalla confezione e si mise a sgranocchiare, riscaldando la
sua colazione sul fuoco.
Il padrone di casa preferì saggiamente lasciare che Mame-chan digerisse la novità, e si occupò di sfamarsi a
sua volta, poi lavarono e asciugarono le tazze, con una strana lentezza data
dalla singolarità del momento. Di solito, capitava che se la prendessero comoda
il sabato mattina, ma in quel caso la sveglia non suonava neppure, soprattutto
se avevano fatto l’alba a discutere di formule alchemiche e teorie
sperimentali. Invece quel martedì mattina era una cosa insolita in ogni senso.
Mustang accese la radio e una
squillante voce maschile stava aggiornando la situazione meteo della regione.
Mai caduta così tanta
neve nell’ultimo secolo. Aveva precisato, con una gaiezza quasi sospetta.
“Ci vuol convincere che sia una cosa buona…” criticò Ed, con
espressione infastidita.
“Perché? Non lo è?” lo pungolò Roy, che quasi non stava più
nella pelle, da quando aveva realizzato che avrebbe
trascorso ben quarantotto ore in compagnia del suo Fagiolino.
“No, che non lo è!” lo contraddisse il ragazzo.
“Cercate di procurarvi delle coperte e del cibo di scorta,
perché non sappiamo quanto durerà!” li interruppe lo speaker, incurante dei
loro battibecchi.
“Fantastico!” ironizzò Elric,
cupo.
“Delle candele e forme alternative di riscaldamento. Alcune
zone di East City sono già isolate…”
“Ma quanto è catastrofico!” lo sgridò, come seil conduttore
potesse sentirlo.
“Invece ha ragione…” rifletté l’uomo, approssimandosi al
ripostiglio.
“Che cosa fa?”
“Ci sono delle faccende che devo sistemare, prima che venga
buio.” Gli spiegò.
“Devo darle una mano?”
“Dobbiamo organizzarci, anche solo per precauzione…” spiegò,
pratico ma serio.
Edo ebbe l’impressione che l’Alchimista di
Fuoco stesse delineando un piano di battaglia.
“La torcia è nello sgabuzzino e le candele nel terzo ripiano
in cucina.”
“Ma…” tentò di obiettare.
“Prima di sera, il traliccio della corrente salterà. E’
passato più di un mese, da che ho segnalato quel pilone marcio. Tutto il
quartiere rimarrà al buio.”
“Il che vuol dire…”
“Sì, anche senza il riscaldamento dei termosifoni. Il mio
impianto è nuovo, e ha un sistema di sicurezza che si blocca se non c’è la
fiamma prodotta da un pilota automatico…”
“Che tradotto in soldoni…”
“Significa che dobbiamo arrangiarci con altri mezzi. Io non
ho una stufa a legna o un focolare…”
“Oh, fantastico!”
“Ma ho una stufetta di emergenza,
te ne parlerò poi. Un problema alla volta.”
“E quale sarebbe il più urgente?” s’interessò.
“Il lucernario dello studio.” E si incamminò in fondo al
corridoio.
“Eh?! Vengo con lei…” Acciaio faticava a capire il
ragionamento del suo Comandante. “Ma che c’entra la botola?”
“La neve non è più farinosa, se è bagnata pesa molto di più.
Potrebbe sfondare il coperchio. Sai che guaio?”
“Ma la botola è in verticale, scivolerà via!”
“Temo non sia sufficiente.” Rifletté, osservando la
situazione.
“Come facciamo?”
“Adesso, prima di tutto, andiamo a prepararci il pranzo. E
magari anche la cena, finché si può.” Uscì, facendosi seguire.
Ispezionando dispensa e frigorifero, dovettero ringraziare
la lungimiranza del Taisa, che - convertita in
pratica - consisteva nella spesa settimanale fatta dalla signora Nismet con ogni ben di Dei possibile ed
immaginabile.
“Il ramen precotto ci salverà nei
tempi di carestia…” ironizzò Ed, afferrando la confezione.
“Non scherzarci troppo…” lo ammonì il suo superiore,
controllando la presenza di cibi mangiabili anche freddi: pane, affettati,
formaggio… biscotti, verdure, tonno… “E comunque quello mi serve per quando sono di fretta!” e gli rubò la scatola,
riponendola nella madia.
Prepararono un pasto sostanzioso; mentre Edo lavava le
verdure, Roy aveva cucinato le patate per l’insalata di pollo e un buon piatto
di pasta come primo, col sughetto che Nismet-san amava tanto creare e regalargli… quella
deliziosa signora di mezza età, che aveva preso Mustang sotto la sua ala
protettrice, un po’ come il figlio mancato che non aveva mai avuto, e aveva per
lui un affetto che sforava nella venerazione, come ogni donna sana di mente ad Amestris, a dirla tutta.
Dopo pranzo, - Edward aveva
insistito per mangiare doppio, casomai una catastrofe fosse imminente, e il Flame aveva scherzato sul fatto che magari poteva sfamarsi
di lui, tanto si era rimpinzato come un maialino -, si vestirono a dovere –
stivali compresi - e tornarono nello studiolo.
“Riscalderò il vetro, così la neve si scioglierà,” gli spiegò il Colonnello “appena possibile, apriremo
l’abbaino e usciremo sul tetto, giusto per verificare anche la situazione
lassù. Copriremo la botola esternamente, con del lamierino che ho preso in
cantina, per rinforzarla… così terrà più a lungo. Nel frattempo, mi auguro
smetterà di nevicare… altrimenti ripeterò la cosa tra un paio di giorni.” Detto questo, calò la scaletta pieghevole e indossò i
guanti alchemici.
“Sa che sta rischiando che il vetro esploda, per lo sbalzo
termico, vero?” puntualizzò Acciaio, osservandolo intiepidire l’aria giusto
sotto la lastra.
“Certo che lo so. E’ per questo che vado piano. Una pioggia
di schegge non mi entusiasma particolarmente.”
“Il punto è che sappiamoentrambi che lei odia restare lassù, a penzoloni… non vorrei che si lasciasse prendere dalla
smania di finire prima…” malignò Elric, di proposito;
nel suo primo spunto istigatore della giornata.
L’Alchimista di Fuoco gli lanciò un’occhiataccia ardente,
che prometteva rappresaglia.
Era risaputo che non amava si parlasse della sua fobia per
l’altezza…
“Vado a prendere dei giornali!” e scomparve, tornando poco
dopo con dei vecchi quotidiani dell’‘EastTimes’e
vari strofinacci che dispose a raggiera sotto la scala.
“Ottima idea. Quando apriremo, cadrà inevitabilmente della
neve per terra…”
Ci misero più tempo del previsto, anche perché il freddo e
il tempo avevano irrigidito le cerniere del coperchio.
Quando alla fine riuscirono nel loro intento, un’infarinata
gelida piovve loro addosso, infradiciandoli da capo a piedi, finendo giù per il
collo... facendoli rabbrividire e imprecare.
Tora si scansò appena in tempo,
saltando sullo scrittoio. Però s’incuriosì, scendendo e recandosi ad annusare
quella polverina bianca, gelata e inconsistente.
“E’ la prima neve di Tora!”
constatò Ed, osservando le strane acrobazie prodotte dal gatto.
I due uomini si presero un momento per contemplarlo,
divertiti dal suo sbuffare contro un mucchietto farinoso che gli ricadeva di
proposito sul naso.
Di seguito salirono sul tetto; Edward
in testa, ad incoraggiare un reticente Mustang.
La scivolosità del laminato aveva fatto sì che dei cumuli
cadessero in strada, però la situazione richiedeva un ragionevole intervento.
“Potrei trasmutare l’auto-mail in badile…” stava suggerendo
il biondo.
“Scordatelo!” lo sgridò il Colonnello, deciso. “Se per caso
lo rompi, io come ti ci porto dalla tua meccanica a Resembool?
In primavera, col disgelo?!”
“Ma io volevo rendermi utile!”
“Qui, mi arrangio io.” Stabilì, liberando un’enorme fiammata
di grandezza impressionante che fece calare sensibilmente la coltre.
Del resto, se aveva
incendiato intere città... cos’era, per lui, un misero tetto?
In breve, la superficie fu pressoché sgombra. Fullmetal recuperò il lamierino che avrebbe protetto il
vetro del lucernario ma, in quel mentre, il loro gatto ebbe la geniale idea di
raggiungerli, assaporando una boccata d’aria fresca e l’agognata libertà.
Il felino si mise a pasticciare con le zampine sopra la
melma e la fanghiglia disciolta, saltellando per catturare i fiocchi di neve
che svolazzavano, trascinati dal vento come se fossero stati farfalle,
allontanandosi verso la tettoia di Casa Rottherwall.
“TORA!!” lo richiamò Mustang,
urlando. Il micio girò la testa verso di lui, eppure non ritornò sui propri
passi. “Dannato sacco di pulci! Torna qui!”
Edo li osservava, senza intervenire.
“STAVOLTA TI TAGLIO LE PAL-”
“Ehm… Coff! Coff!”
il ragazzo tossicchiò, ricordandogli la propria presenza e vicinanza.
L’Alchimista di Fuoco s’arroventò, di vergogna e d’ira.
“Oh, non si preoccupi! Anch’io minaccio ogni giorno Al di
privarlo degli attributi, peccato sia un’armatura!” scherzò per smorzare la
tensione, rendendosi conto che davvero il Colonnello era sul punto di
scoppiare. L’essere in bilico sul tetto, a svariati metri d’altezza, mentre
continuava a nevicare senza tregua, con Tora che
faceva i capricci… in fondo sì, poteva anche avere pietà di lui e soprassedere.
In un altro frangente, Mustang avrebbe sicuramente
apprezzato il suo sforzo. Ma non lì, non adesso.
“Digli qualcosa, per la miseria! Se scappa, chi lo riprende?!” lo sgridò, aspro.
“E che dovrei dirgli?” protestò, scettico.
Roy imprecò tra i denti. “Croccantini!
TORA! CROCCANTINI! CROCCANTINI!!”
Sembrava un venditore
al mercato rionale.
Ed scoppiò in una grossa risata
divertita.
“Taisa, ma è impazzito?!”
Il FlameAlchemist
ripeté un improperio. Eppure non smise di gridare “CROCCANTINIII!!” e la bestiola fece dietro-front, come se fosse stata una
parola magica.
Edward emise un fischio di stupita
ammirazione. “Gli ha fatto il lavaggio del cervello? Oppure sono i metodi
avanzati d’addestramento, imparati in Accademia?!” lo
canzonò, al limite della sfrontatezza.
Roy si precipitò ad accalappiarlo per la collottola,
sbattendogli poi l’animale in braccio, non prima di aver adocchiato ed odiato –
a debita distanza - la discesa della botola. Quindi simulò uno schiocco di dita
come avvertimento. “Portalo TU giù in salotto, e richiudi la porta dello
studio. Qui non abbiamo finito!” gli ordinò, perentorio.
Acciaio sapeva che non era il momento buono per impuntarsi,
quindi se ne stette zitto, però non riusciva a togliersi dalla faccia quel sorrisetto divertito.
Continua...
Disclaimers: I personaggi citati
in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna
forma di lucro, da parte mia.
Note varie: il titolo di questa prima parte si
rifà al ‘gatto delle nevi’,
cioè ai mezzi cingolati che servono a sgombrare la neve in inverno, che devono
arrivare dal Nord. Ovviamente va inteso anche in
senso letterale, con Tora sul tetto.
Beh, sull’impianto elettrico e del gas di Casa Mustang, mi
sono concessa un po’ di licenza letteraria. Ok, è un
altro mondo, ma negli anni Venti, dubito fortemente che i sistemi di sicurezza fossero già presenti, per quanto Roy sottolinei che
l’impianto è nuovo. Del resto, se non c’è fiamma, come detto, niente caldaia e
pure il gas si blocca. Ne vedremo ancora delle belle! *__*
Ho ricordato casualmente un appunto fatto da Setsuka, qualche capitolo fa, quando Edward
chiama Havoc ‘Jean’. E’ vero che né nel manga né nell’anime
accade, (almeno che io ricordi). Tuttavia, in questa fan-fiction Ed e Al, pur compiendo missioni e viaggi in ricerca della Pietra
Filosofale, passano molto molto più tempo a contatto
con Mustang e la sua squadra, ritengo quindi che abbiano sviluppato un ‘grado
di confidenza’ ben maggiore, rispetto alle opere
originali.
Precisazioni al
capitolo precedente:
Per Aduah: sì, di certo si
sa che la data nell’orologio è quella di quando hanno
bruciato la loro casa; ma, siccome questo fatto avviene alcuni anni dopo la
fallita trasmutazione materna, nulla vieta che la data possa coincidere, anche
perché le immagini di contorno fanno presumere la stessa stagione. E, se lo
fosse, (la stessa data, intendo) acquisirebbe ancor più valore implicito per i
due fratelli.
Ringrazio sinceramente per le recensioni alla conclusione
di ‘MapleCafé’, e per le altre ficcine
che ho postato in questi ultimi giorni: ‘I’ve givenup’
(su fandom HP) e la RoyAi ‘Wouldyoulike...?
Capitolo 31 *** Fire Man (II parte: L’uomo del Fuoco) ***
II parte: L’Uomo del Fuoco
Sperando
che EFP non abbia un nuovo tracollo… Buona lettura! ^__^
Note: il seguente scritto contiene lievi
riferimenti yaoi.
Per ulteriori spiegazioni, compreso il sottotitolo, vi rimando
alla conclusione della fic, dopo la lettura.
Dedicato a chi ha commentato i
precedenti capitoli della raccolta.
Grazie.
Fire Man
(II parte: L’uomo del Fuoco)
byelyxyz
Quando risalì, il suo superiore
aveva praticamente concluso l’operazione di sgombero, anche nel tetto del
vicino e della simpatica Miss Rottherwall. Però erano entrambi intirizziti e
infradiciati.
Asciugarono il pavimento dello studio, gli stracci e i
quotidiani s’erano rivelati insufficienti.
Edward aveva già ripulito anche il
pelo e le zampe del gatto, che s’era lasciato sistemare brontolando, per la
mancata libertà e per l’assenza dei bocconcini promessi – oltre il danno, pure la beffa.
“Poi me la deve spiegare, ‘sta
storia dei croccantini…” lasciò cadere lì, strizzando
il nevischio in un secchio.
Roy mugugnò. “Più tardi… si sta quasi facendo buio… alle
quattro del pomeriggio, e già è quasibuio. Accendi la luce!” brontolò,
passando lo strofinaccio con fin troppa foga. E starnutì.
Fullmetal premette l’interruttore,
ma la lampadina rimase morta.
“Si è bruciata!” rese noto,
ritentando.
Ma l’uomo sospirò, sollevandosi a sua volta, e accendendo la
lampada a stilo sullo scrittoio. Niente.
“Invece temo che le previsioni catastrofiche si siano
avverate.” Decretò, andando alla finestra.
Il traliccio penzolava in malo modo, semidivelto dal peso di
un grosso blocco ghiacciato.
“Addio corrente?”
“Già! Addio corrente…”
“Non me n’ero reso conto!”
Roy starnutì nuovamente. “Rispetto a fuori, qui è caldo, per
questo non abbiamo realizzato che i termosifoni già
non vanno più.” Allungò una mano, erano a malapena tiepidi.
“Che si fa?”
“Ok, senti: adesso tu vai a farti
una doccia veloce. Sei fai presto, nel boiler c’è acqua calda a sufficienza per
entrambi.”
Edward lo osservò, mentre
raccattava spugne e pezze e starnutiva ancora.
“Non se ne parla neppure! Vada prima lei a lavarsi, è più
bagnato di me e rischia di ammalarsi!”
Stranamente il Colonnello non protestò, forse perché davvero
sentiva il gelo nelle ossa, e residui di nevischio dentro al colletto del
maglione.
Raccattò in fretta dei vestiti dalla camera da letto, e in
bagno si premurò di cercare un paio d’aspirine dalla cassetta dei medicinali.
Ci mancava solo un raffreddore o peggio un’influenza!
Provò a sprecare meno acqua che poté, almeno quanto gli
permisero le sue membra intirizzite, quindi offrì un cambio d’abiti al ragazzo,
che prese il suo posto.
Un paio di minuti dopo che si fu rinchiuso in bagno, mentre
egli sorseggiava del the caldo, lo sentì gridare ed inveire.
Bussando, gli chiese se andasse tutto bene.
“Il getto è ghiacciato!” ringhiò Ed, battendo i denti.
Con suo enorme
disappunto, aveva calcolato male la portata del serbatoio dello scaldabagno.
“Sei riuscito a lavarti?” domandò, al di là del legno.
“Certo che no!” si sentì rispondere.
“Acciaio, senti…” fissò la porta che li divideva, sentendosi
un idiota. Ma solo perché... “posso
entrare?”
“Ma certo! Si figuri!” ironizzò il biondo, “si accomodi!”
Mustang preferì ignorarlo, varcando la soglia.
Al di là della tenda, Edo lo sbirciava malevolo.
“Esci di lì.” Gli ordinò, lanciandogli il proprio
accappatoio che l’altro indossò, anche se gli era enorme.
Sembrava un gigantesco
fiocco di neve, tra candore del tessuto e il suo pallore naturale.
E era anche buffo, perché toccava quasi a terra e gli cadeva
da tutte le parti, mentre lui cercava inutilmente di stringerselo addosso.
Roy represse un sorriso di dolcezza, perché sentiva crescere
dentro di sé l’irrefrenabile desiderio di abbracciarlo e scaldarlo, e di dirgli
quello che sentiva…
Scosse la testa, rimproverandosi. Quindi si organizzò le
idee.
“Aspettami qui.” Disse, aprendo le manopole della vasca da
bagno perché si riempisse; e scomparve, inghiottito dal buio del corridoio.
Edward, di riflesso, si premette
contro la stoffa di spugna, intirizzito, i capelli sciolti che gli colavano
lungo la schiena. Si strofinò il cappuccio dell’accappatoio contro la testa,
nella speranza vana che assorbisse un po’ di gocce fastidiose.
E il profumo del Colonnello arrivò alle sue narici, lo colse
distintamente. Lo shampoo al muschio bianco - a volte, ne aveva approfittato
pure lui.
Chiuse i lembi all’altezza del collo, e annusò. L’odore del
suo dopobarba, l’acqua di colonia.
Era una stranissima sensazione. Sentire il profumo di Taisa Mustang su di sé.
Strano, sì. Ma non
sgradevole. E non sapeva dire il perché.
Non si pose neppure il problema, e smise completamente di
pensare, quando l’oggetto delle sue riflessioni tornò con un guanto indossato;
non lo stesso adoperato prima, uno nuovo, pulito.
Dopo un paio di gesti veloci, l’acqua nella vasca fumava che
era una meraviglia.
Il Flame s’avvicinò e armeggiò
intorno allo scaldabagno e alle tubature sottili: “Hai circa un minuto d’acqua
corrente per risciacquarti. Di più non posso fare. Qua, rischio di colare
tutto.”
“Sa,” annotò Ed “per una volta tanto, la sua inutile Alchimia serve a qualcosa!”
sorrise.
“Devo farti il bagnetto, piccolo Mame-chan?!” lo provocò il moro, facendo finta di arrotolarsi le
maniche.
Edo arrossì. “Ma co-come s-si
permette!!” inveì, balbettando e indietreggiando
lievemente.
Roy giocò ad ignorare il suo imbarazzo, nell’attesa che la
vasca si stemperasse al grado di calore ottimale.
“La tua più grande fortuna, mio giovane sprovveduto, è
l’essere rimasto intrappolato con l’Uomo del Fuoco!”
“L’Uomo del Fuoco?”
ripeté, sarcastico, recuperando arroganza.
“Sì, perché la tua decantata abilità di trasmutazione serve
a ben poco, a quanto vedo!; a meno che tu non riesca a
costruirmi una stufa in maiolica con annessa canna fumaria – cosa di cui dubito
fortemente.”
“E se invece ci riuscissi?” reagì, punto sull’orgoglio.
“Uhm… in tal caso… visto che non ho intenzione di
distruggere i mobili di casa per farne legna da ardere… credo sarò costretto a
sacrificare buona parte della mia preziosa libreria…”
Il ragazzo inorridì, rabbrividendo. E non certo di freddo.
“Lei non oserebbe… non
oserebbe mai… vero?!” sbottò allarmato, come se stesse
subendo un’ingiustizia. “C’è una marea di volumi che non ho ancora neppure
sfogliato…” piagnucolò quasi, al colmo dell’incredulità.
Gli fece pena. E tenerezza.
Un Fullmetal pressoché intimorito
da quest’eventualità.
“No.” Lo rassicurò. “Non lo farei mai.”
Lo sentì sospirare e tranquillizzarsi.
E rabbrividire, ma
stavolta per il freddo.
Allungò una mano oltre il bordo. “La temperatura è
perfetta.” Lo avvertì. E uscì dal bagno, prima
di commettere qualcosa per cui pentirsi tutta la vita.
Se lo ritrovò di fianco, appoggiato allo stipite della
camera da letto, intento ad arrotolarsi l’orlo dei pantaloni che gli aveva
prestato, e che ovviamente gli erano
giganti.
Non osava neppure
immaginare come se l’era cavata coi suoi boxer.
Oppure se l’immaginava fin troppo bene… ed era per questo
che preferiva tenere la mente e le mani occupate altrove.
“Sa che tengono davvero caldo, questi calzoni?”
“Campo Invernale.” Rispose Mustang, sollevando la testa dal
mucchio di giornali che stava distribuendo per terra.
“Eh?”
“Pantaloni leggeri, pratici, ma
felpati dentro. Il segreto per sopravvivere alle esercitazioni di un Campo
d’Addestramento Invernale.”
“Ah! Non lo sapevo…”
“Penso che, col vostro peregrinare, tu e Alphonse
stiate facendo dei Campi a ‘Quattro Stagioni’,
invece.” Scherzò.
La testa bionda sbucò dal maglione che stava infilando.
“E com’è che questo invece mi calza a pennello?”
“Il mio primo esperimento di lavaggio lana a 90°.”
Edo si raccolse nuovamente i capelli bagnati nell’asciugamano
che si era portato dietro, creando un turbante improvvisato.
“Quindi dovrei ringraziare la sua imbranataggine?”
“In realtà, lo tengo sempre lì di scorta, casomai Elycia si sporcasse un giorno in cui è qui… sai? E’
perfettamente della sua taglia…” malignò di proposito.
“LEI STA INSINUAND-”
“Ma vedo che ti sta d’incanto. Te lo regalo!”
“Sgrunt! Crede di comprare il mio
silenzio?”
“Chi? Io?” recitò
con fare compassato, alzandosi da terra e raggiungendolo.
Edward si ritirò appena,
inconsciamente, come aveva fatto anche poco prima, in bagno.
“Ti ammalerai, se giri per casa coi capelli ancora fradici.”
“Ha un’idea migliore per asciugarli?!”
esplose, rendendosi perfettamente conto che la sua reazione era esagerata e
immotivata.
Se il Colonnello si fosse arrabbiato con lui, lo capiva, ne avrebbe avuto anche le
ragioni.
Tuttavia il moro soprasedette, chiedendogli con gentilezza
il copricapo rabberciato.
Lo scaldò, modulando la concentrazione tra fiamma e
ossigeno. E quindi glielo fece riporre in testa, riuscendo ad evaporare la
maggior parte dell’umidità residua.
“Io… credo di doverla ringraziare…” farfugliò, imbarazzato.
Mustang fece spallucce. “L’importante è trarre giovamento
dai propri errori.” Gli passò anche un altro maglione
più largo da sovrapporre al primo, che egli indossò, seppur a disagio.
“Sentiamo! Da quest’esperienza, per esempio, hai capito
che…”
“…che, se nevica, me ne devo restare in Caserma!” finse
sicurezza.
“Ma no! Che devi portare un cambio d’abiti e lasciarlo qui
di scorta!”
Si guardò da capo a piedi. Comicamente infagottato e buffo.
“L’avevo intuito.”
Roy fece altrettanto e scoppiò a ridere allegramente. Senza
cattiveria.
Edward si ritrovò ad unirsi a lui,
in un raro momento di auto-ironia.
“A dire il vero,” e indicò il
tessuto blu che spuntava dal secondo scollo “quello era uno dei miei dolcevita preferiti. L’abbiamo scelto insieme io e il
Tenente Colonnello Hughes, tempo fa…
ma mi fa piacere se lo tieni tu. A me non serve più.”
Edo allungò una mano sotto al primo strato. Doveva essere di
alta qualità, perché si era rimpicciolito, sì, ma non infeltrito. La lana si
era conservata morbida e soffice.
“Non vorrei abusare della sua ospitalità…” bofonchiò.
“Vorrà dire che ripulirai casa, dopo che la tormenta sarà
finita!” ghignò, inventando lì lì una risposta
plausibile. “Adesso però vai a prendere le ciotole e la cesta di Tora. Io, qui, ho finito.”
Il giovane Elric osservò con
occhio critico l’angolino allestito con carta di giornale e un vecchio maglione
che aveva visto tempi migliori.
“Credo mi stia sfuggendo qualcosa…” appuntò, incerto.
“Ti sfugge il fatto che ci
accamperemo qui per almeno un giorno!” spiegò Roy, con quel velo di sarcasmo
che, ahilui!, gli veniva tanto naturale.
“EH?!”
Il Flame sollevò gli occhi al
soffitto, sbuffando teatralmente. “La vedi, quella?” e indicò una piccola stufetta a gas, che sostava in un angolo della stanza.
“Insieme a questi,” e innalzò le sue mani al cielo,
mostrandogli i guanti alchemici “sono il massimo del riscaldamento che
abbiamo.”
“E con ciò?” sbottò, infastidito dal tono supponente.
“E con ciò dobbiamo economizzare spazio!”
Ed lo scrutò, dubbioso.
“Sarebbe a dire?”
“Sarebbe a dire che-”
“Ma la smette di ripetere quello che dico?!”
abbaiò, perdendo la calma.
Mustang sollevò l’angolo della bocca, in modo irritante.
“Nervosetti, eh?”
“Solo se sto con lei! Mi indispone, ecco!” agitò le mani,
gesticolando ampiamente.
“Bene! Almeno non ci annoieremo…” stabilì, soddisfatto. “Ma
ritorniamo al problema originario.”
Elric, suo malgrado, gli diede
attenzione; incrociando però le braccia, in chiaro segno di scarsa pazienza e
disponibilità ad ascoltarlo a lungo.
“Questa stufa va a gas e consuma ossigeno. Senza contare che
non ho cartucce infinite con cui ricaricarla.
Quindi ho scelto di istallarci qui.
Il salotto sarebbe comodo, ma il calore si disperderebbe in
corridoio.
A conti fatti, la camera da letto è la stanza che possiamo
sfruttare meglio.” Stabilì.
“Perché non la cucina?”
“Hai intenzione di dormire sul tavolo? Io no, di sicuro.
Possiamo mangiare anche qui.”
“Lo studio e il bagno li escludiamo a priori, ovviamente.”
Evidenziò, per non sembrare meno brillante.
“Sempre che tu non voglia dormire nella vasca!” lo sfotté.
“Solo se lei dorme sul tappeto!” lo canzonò. “Ah, no! Mi
scusi… lei dorme in piedi, come i suoisimili, giusto?”
“Tzè! Le allusioni di un fagiolo
non mi tangono.” Chiarì, con aria di superiorità.
“Oh, non ci provi… non la carta del ‘fagiolo’!
Ho vinto io! 1 a
0 per me!”
Mustang emise un lento espiro. “Acciaio. Ma perché devi
sempre complicare tutto?”
“Non è stato forse lei a dire che non ci dobbiamo annoiare?!”
“Adesso sei tu a ripetere ciò che dico io?”
“…e se anche fosse?” lo sfidò.
L’Alchimista di Fuoco sollevò i palmi, in segno di resa.
“Tregua! O non combineremo niente!”
Effettivamente, avevano perso un sacco di tempo in stupide
ciance, realizzò.
“Vado a prendere le cose di Tora.”
Si offrì, come da piano originario.
“La lettiera no!”
Edo si fermò, voltando il capo verso il suo interlocutore.
“Lo faremo uscire dalla camera a intervalli regolari, ci
sono anche i giornali… ma la sabbietta non è igienica
in camera…” si sentì ribadire.
Per una volta, non trovò da obiettare. “Concordo.”
Tornò con cibo in scatola e odioso latte, mentre il Taisa allestiva un angolo di vivande per loro e tirava
fuori tutte le coperte disponibili.
Al terzo giro, inciampò quasi sul tappeto in cucina, perché
s’era fatto davvero buio e rovesciò il cibo che teneva sul vassoio.
Imprecando, pulì meglio che poté, appuntandosi mentalmente
di provvedere il mattino successivo, quando sarebbe stato meno complicato
distinguere la punta del proprio naso.
Ritornato che fu, sgranò gli occhi, trovandosi davanti
un’inaspettata scena: una sfilza di candele sparse ad illuminare in punti
strategici; ma non candele bianche, bensì colorate e di vari aromi, forme e
grandezze.
Il tutto dava un’impressione accogliente, romantica e molto…
sensuale.
“Giuro che non cercherò di sedurti… ma
è tutto quello che avevo in casa.” Si scusò il Colonnello, sollevando anche
quattro ceri nivei, degni di tale nome, che posizionò tra gli altri, per
stemperare il quadretto languido e dare un’aura di casualità alle posizioni.
“Roba vecchia, non la uso da un secolo…”
Oh, sì. Come no?Ma si divertiva a prenderlo per fesso?
Chissà quante volte aveva ricreato quell’atmosfera
sdolcinata ad hoc, per sedurre le sue amanti!
Ed gli rivolse una gelida occhiata
disinteressata, posando sopra la specchiera il vassoio delle vivande.
“La cosa non mi riguarda.”
Non si chiese neppure come avrebbe reagito l’uomo. Gli voltò
le spalle di proposito, quindi andò a sedersi sul letto. E non lo fece apposta,
ma fissò le lenzuola che spuntavano dalla trapunta. “Sicché dovrei dormire qui?” sputò, con malcelato astio.
Forse Mustang indovinò i suoi pensieri, non che ci volesse un mago, in verità, ma si affrettò a precisare:
“Sono pulite da quella parte. Le ho cambiate ieri.
Non ci ha dormito nessuno lì.”
“Per quello che me ne importa!” Eppure gli dava fastidio, quell’idea.
Poteva negarlo, persino a se stesso, ma lo irritava saper di dover dormire dove
stavano le sgualdrine con cui s’intratteneva il Taisa.
Non era mai stato un mistero il fatto che deprecasse questo suo smodato
libertinaggio.
Non gliene fregava un accidente che fosse
scortese, tanto più se stava eccedendo nella pazienza del padrone di casa; ed
era un sollievo, invece, sapere che lì non c’era stato nessuno a ravvoltolarsi…
che non avrebbe trovato… trovato… alcuna
traccia altrui.
D’altro canto, non sempre Roy sapeva come contrastare questi
suoi sbalzi d’umore improvvisi. Talvolta capitava che una risata e una scenata
s’alternassero a ritmo vorticoso, ed era di sicuro impegnativo rimanere accanto e tener testa a quel Fagiolo. Tutto
ciò gli richiedeva un sacco di energie… si era messo in discussione più volte,
come persona. Aveva modificato radicalmente le proprie abitudini, per amor suo;
ma Edward sembrava non accorgersene, o forse faceva
solo finta… come poteva saperlo, lui?
E, in tutto quel parapiglia, volente o nolente, s’infilava il loro gatto, e quello che combinava
oppure non combinava.
Tora aspettava, infatti, seduto
esattamente sul confine della soglia.
Il Taisa lo invitò inutilmente ad entrare.
Era sciocco lasciar uscire il calore della stufetta
dalla stanza, tanto più che - di lì a poco - l’avrebbero spenta per andare a
dormire, e non viziare troppo l’aria con carenza d’ossigeno.
La bestiola miagolò, perché si sentiva chiamata; ma non varcò
la linea di demarcazione. Quasi a competere con lui.
Eppure, quando lo fece Ed, corse tutto festoso verso il suo
padroncino biondo.
L’uomo ebbe un moto di stizza. Sapeva fosse un comportamento
infantile, perché era necessario che
il gatto stesse lì, con loro, tuttavia…
“Ecco! Mesi di addestramento, passati ad insegnargli che qui
non si entra mai, andati in fumo!” si lamentò Mustang, che aveva combattuto una
dura battaglia, a suo tempo, perché il felino non lo seguisse anche lì.
Soprattutto, doveva essere onesto, quando – nei primi tempi – si portava a
letto la tizia di turno. E poi gli aveva comprato una cesta, no? Trovarsi pelo
di gatto ovunque, soprattutto tra le lenzuola, non rientrava nelle sue più
rosee aspettative…
E adesso quel traditore
non ci aveva pensato due volte, ad entrare. Ma
solo perché era stato chiamato da Mame-chan!
Di tanto in tanto, aveva persino il dubbio che lo facesse
apposta… che sfidasse la sua autorità… o che si giocasse implicitamente un
combattimento, sul predominio virtuale del ragazzo.
E a malincuore doveva riconoscere che quel sacco di pulci
era in netto vantaggio su di lui, che agli occhi di Elric
contava di più, e che poteva fargli mangiare polvere a sufficienza, nella scala
delle priorità di Acciaio.
“Mangiacrocchette a ufo!” ringhiò
tra i denti, con una punta di sana gelosia.
“Uhm! Può sempre provare con croccantiniii…” ironizzò Fullmetal, riacquisendo allegria.
“Zitto, Fagiolino!” lo avvertì.
Ma Ed era così convinto di aver segnato una tacca
nell’orgoglio del suo Comandante che non si curò neppure di arrabbiarsi.
Cenarono abbastanza presto, quella sera. Un pasto
intiepidito dall’Alchimista di Fuoco, e una scatoletta per gatti. Poi lessero
un pochino, a lume di candela e torcia; ma quando la luce si fece più fioca,
considerarono fosse meglio risparmiare la lampada per le emergenze, visto che
le batterie di scorta erano al freddo, nello studio. Discussero al buio per una
buona ora, soprattutto su di un’ipotesi elaborata da Fullmetal,
in seguito ad un viaggio andato a vuoto, nel Sud del Paese, compiuto una decina
di giorni prima.
Dopo una breve sortita in bagno – lavarsi i denti con
l’acqua gelata era uno strazio -, si risolvettero ad andare a dormire,
delimitando ben bene gli spazi di ognuno.
A Tora era stato affidato un
vecchio maglione di Roy, in cui il micio s’era infilato senza tante cerimonie,
trovandolo di suo gradimento.
D’altra parte, prima di spegnere le ultime candele, la stufetta era stata disattivata, quindi la temperatura, nel
corso della notte, sarebbe scesa di sicuro.
Ammucchiarono strati di coperte e, vestiti di tutto punto,
lasciarono che il sonno li cogliesse.
Continua...
Disclaimers: I personaggi citati
in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna
forma di lucro, da parte mia.
Note varie: eccoci al pezzo che
dà il titolo a questo capitolo sminuzzato nelle sue sottoparti.
Tutto il 30° capitolo ruota attorno all’Alchimia del Fuoco, e quindi al potere di Roy.
Ma perché, vi chiederete, non l’hai intitolato ‘FlameMan’?
E’ vero che Mustang, l’Alchimista di Fuoco, è chiamato
(anche nei fandom esteri) sempre FlameAlchemist, e non FireAlchemist, però… sarà una mia puntigliosità, ma qui non
adopera solo ‘il fuoco’, in quanto tale, ma anche i
suoi derivati (la concentrazione d’ossigeno, per esempio; o la disgregazione
molecolare…), e quindi nonsolo ‘fiamme libere’,
come sisuol dire.
Tra parentesi, giusto un mesetto fa, ho avuto uno scambio
d’opinioni con RizaFK, che purtroppo non legge questa
fic, ma
pazienza.
Il succo dei nostri discorsi è che lei riteneva Flame più figo di Fire; e che, anche a
livello di pronuncia, ‘FlameAlchemist’ sia più semplice da dire.
Sarà che nella mia testa traduco in automatico (tipo quando leggo ‘Taisa’, e penso:
‘ah! Colonnello’) ma l’Alchimista di Fiamma non mi
piace! >.<
E poi ci stava bene, ripeto, col precedente “Rain Man”).
Perdonate le mie bizzarrie. (_ _)
Precisazioni al
capitolo precedente: eh, sì… il ‘piccolo’ Tora che scopre
la neve fa quasi tenerezza! ^__^ (In stile: guarda il nostro pargolo!!) C’è da dire che è comprensibile l’arrabbiatura di Roy,
che odia i tetti e l’altezza! Giuro che ridevo come una scema, immaginandomelo
a gridare in quel modo! *__* Per fortuna che Edsa sdrammatizzare!
Il riferimento velato a Ishbarè voluto, non tanto per rattristare, ma per dare realismo.
Mustang, per quanto io tenda a divinizzarlo, è un uomo con i suoi difetti, i
suoi peccati, le sue colpe da portarsi dietro, e nella pseudo-realtà
è bene ricordarlo, ogni tanto.
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(Chiunque voglia aderire
al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio crede)
Come sempre, sono graditi commenti,
consigli e critiche.
Capitolo 32 *** Fire Man (III parte: Attorno al Fuoco) ***
Note: il seguente scritto contiene lievi riferimenti yaoi
Note: il seguente scritto contiene lievi
riferimenti yaoi.
Per ulteriori spiegazioni, compreso il sottotitolo, vi rimando
alla conclusione della fic, dopo la lettura.
Ci tenevo a regalarvi un capitolo dolce, come
dono di Natale.
Dedicato a voi tutti, che
seguite questa raccolta.
Con la speranza che siano
giorni di gioia e serenità, accanto a chi amate.
Tanti Auguri.
Fire Man
(III parte: Attorno al Fuoco)
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Edward si destò, senza un motivo
preciso. Aveva la sensazione d’aver dormito solo poche ore, che fosse ancora notte; ma quando sbatté le palpebre, stordito, s’accorse
con sorpresa che la camera non era completamente immersa nel buio. C’era un lieve
lucore aranciato, in fondo ai piedi del letto, che proiettava ombre fin quasi
sul soffitto. Si girò piano, ingombrato dagli strati di vestiti e dalle coltri
pesanti, verso il Colonnello. Ma, con suo stupore, il letto era vuoto.
Non seppe il perché, eppure sentì una fitta di irrazionale
delusione e un misto d’ansia, di smarrimento.
“Taisa?” bisbigliò, quasi con
timore, sollevandosi a sedere.
Mustang si voltò, con lentezza, per quanto gli era concesso,
data la posizione rannicchiata.
“Sono qui, Ed. Torna a dormire.”
Ma Elric fece esattamente il
contrario, gattonando sul piumone fino al confine tra letto e divanetto, dove
Roy stava raggomitolato, avvolto in un plaid, che aveva sottratto ai mucchi di
coperte.
“Torna a dormire.” Gli ordinò di nuovo, con voce gentile.
“Cosa fa?” domandò, rabbrividendo. Solo in quel momento
s’accorse che la finestra era socchiusa.
“Lo stato termico si è abbassato eccessivamente. Ho riacceso
la stufa per un po’, ma mi sono accorto d’aver bruciato troppo ossigeno, con la
fiammata dei guanti. Non voglio un’emicrania, se posso evitarlo. Quindi applico
un ricambio d’aria, mantenendo la temperatura. Mi ci vorrà una mezz’oretta. E
poi verrò a dormire. Abbiamo ancora molte ore di sonno davanti.” Fissò il fuoco. “Dormi.” Suggerì, per la terza volta. Una
premura maldissimulata.
“Mi fa un po’ di posto? Le tengo compagnia.” Disse, e scavalcò
la spalliera, abbarbicandosi sul divanetto, che era fin troppo stretto per due,
e s’infilò sotto la coperta. La sua
coperta. Quella bianca a macchioline con colore e forma di azuki, che s’era
ritrovato per scherzo sul divano, quand’erano cominciati i
primi freddi, regalo ironico del Taisa.
‘Non puoi negare! E’ perfetta per te, Mame-chan!’ aveva ghignato una sera, lanciandogliela
addosso.
E lui aveva sbraitato per principio, offeso. Anche se era
morbida, incredibilmente soffice. E teneva caldo in modo delizioso.
Non lo aveva neppure ringraziato. Anzi, lo aveva minacciato
– neanche tanto scherzosamente – di stare attento, perché gli aveva inconsapevolmente
fornito il mezzo per soffocarlo, nel sonno.
Edward sorrise, ricordando. E si
strinse un po’ di più in quel calduccio.
A Roy non sfuggì quell’improvviso
buonumore del suo Fagiolino, anche se erano scomodi e stretti e, se avesse voluto essere stronzo, bastava far notare che non ci sarebbe stato più
posto neppure per un fagiolo, in quel piccolo sofà. Ma non era masochista e non
voleva infrangere quella breve parentesi di quiete, e se ne stette zitto.
Ma perché Ed s’era rintanato lì, di sua iniziativa... lui, che cercava
di stargli più lontano che poteva?
“Mi piace guardare il fuoco che brucia nei focolari. Mi affascina.” Mormorò il giovane, mentre
lo sguardo fissava rapito le fiamme che danzavano oltre la griglia di
protezione, dentro quella specie di strato di lanugine
color sabbia. Lingue arancioni, scarlatte e gialle, in costante movimento, come se avessero vita propria.
E solo in quel momento, ottenendo risposta, Roy s’accorse
d’aver dato voce ai propri pensieri; talmente stupito da non cogliere del tutto i riferimenti impliciti di un’affermazione così, anche se – data l’ingenuità di Edward – si potevano escludere a priori dei sottintesi.
Mi piace guardare il
fuoco che brucia nei focolari. Mi affascina.
Una frase così,
innocente, aveva un potere allusivo spaventoso, per uno che si chiamava FlameAlchemist. Ma non era il momento. Non era l’ora. E il
rischio di rovinare tutto, di frantumare quell’armonia,
gli stringeva il cuore.
Mi piace guardare il
fuoco che brucia nei focolari. Mi affascina.
Accarezzava quelle parole con le dita della mente,
vezzeggiandole in un limbo solo a lui concesso, fino a che…
“Ma non è un focolare!” annotò, trattenendo una risata divertita.
“E’ la cosa che più si avvicina ad un caminetto… riesce a
stregarti, a rapirti coi suoi movimenti sinuosi e improvvisi, imprevedibili.”
Non stava parlando di
lui, vero?
“Giovanotto, fila a letto!” lo sgridò, un tono fintamente severo.
“Il monossido di carbonio ti sta dando alla testa!”
Edo si riscosse, come se fosse stato svegliato di colpo. “Co-cosa?!”
“Tu straparli e io sto stretto e scomodo. E c’è un letto
dietro di te. Usalo!” lo cacciò, burbero, avvertendo la pressante necessità di
aumentare le distanze tra loro.
“Ma io… io credevo…” balbettò confuso e poi si zittì un
breve istante. “Col cavolo! Resto finché resta anche lei!”
“Dannato moccioso!”
“Vecchio Taisa artritico!” inveì,
inciampando sulle ‘ti’.
Roy scoppiò in una bassa risata. “Vedi, Mame-chan!, non riesci neppure più a parlare correttamente! I
marmocchi sono già nel mondo dei sogni da un pezzo…”
In fondo bastava poco
per ristabilire le proporzioni e farsi passare certe idee... non occorreva mica
cacciarlo via, bastava farlo arrabbiare un po’...
“IO NON SONO UN MAR-”
“Miaoooo…”
Tora si stiracchiò, azzittendolo. Fuoriuscì
dal maglione che aveva assurto come tana, brontolando
il proprio dissenso per quei rumori notturni che avevano interrotto il suo
sonno felino.
Osservò i suoi due padroni da sotto in su,
zampettando flessuoso davanti alla fonte di calore.
“Miao…” ripeté, forse a chiedere il permesso o a pretendere
spazio e posto, perché saltò agile su di loro, atterrando sul grembo di Ed, che
si vide costretto a schiacciarsi contro Roy.
Uno dei travetti di legno
scricchiolò sinistramente. I due soldati si scambiarono un’occhiata.
“Ancora una briciola di pane, e finiamo col sedere a terra
tutti e tre!” profetizzò il padrone di casa, tra il preoccupato e il divertito.
Tora, incurante della sua
invasione, si mise a fare le fusa, in cerca di coccole. Ed
lo fece accomodare un po’ sotto la coperta. Il piccolo sofà cigolò nuovamente.
“Smettila di muoverti…” suggerì Mustang, grondando
buonsenso.
“Devo anche smettere di respirare?” domandò Edward, artificiosamente serio.
“Se ti riesce….” Rispose a tono.
“Oh, ma si figuri… ho già il torcicollo e non sento più un
piede…”
“Quello con l’auto-mail?” malignò il Colonnello.
“Ma quant’è simpatico…” ringhiò
tra i denti il biondo, facendo crocchiare un’articolazione.
“Ed? Non è che mi resti anchilosato per davvero?” si
preoccupò.
“Tanto non mi scanso di qui… è questione di principio!” lo
avvertì, eppure non negò il disagio.
“Mulo testardo!” abbaiò Mustang, trascinandoselo contro, con
una semplicità che lo stupì.
Adesso poteva allungare le gambe, e appoggiare la nuca sulla
spalla dell’altro. Il suo collo avrebbe ringraziato a lungo. Malgrado ciò, però,
non era una posizione confortevole,
per Edo. Forse perché si ritrovava praticamente
in braccio al suo Comandante, il che non era particolarmente consono né comodo.
L’unico che sembrava guadagnarci da tutta questa situazione
era il gatto, che ronfava con piacere, già scivolato – nuovamente – nelle sue
cacce oniriche ai topolini meccanici.
Roy s’era aspettato un minimo di protesta, fisica o verbale,
o uno spostamento; invece Fullmetal se ne stava lì,
zitto e muto, a ridosso di lui, la testa contro la sua scapola, i capelli
sciolti sparsi su entrambi.
“Acciaio… ma ti sei addormentato?”
bisbigliò, dopo un tempo che gli parve un’eternità.
“Ma non può starsene almeno due minuti in silenzio e basta?!” si sentì sgridare, ed era così raro, che fosse Edward, ad invocare il silenzio!
“Scusa…”
Lo sentì sospirare, spazientito. “Non stavo dormendo, stavo
pensando.”
“A cosa?” osò chiedere, incerto se fosse sbagliato
insistere.
“Diamine, ma quant’è curioso!”
Mortificato, non rispose.
Edo si accomodò meglio, rischiando il tracollo definitivo dell’intera
struttura.
“Ad un ricordo lontano. Pensavo ad un ricordo lontano.”
Disse, in tono remoto. “In casa Rockbell c’era un focolare,
una volta. Zia Sarah ci faceva sempre sedere sul tappeto che gli stava davanti,
e ci raccontava delle storie… a me,Winry
ed Al. Potevamo rimanere fermi per delle ore, ad ascoltarla. Era bravissima, un
modo di narrare coinvolgente, sapeva fare mille vocine diverse, a seconda dei personaggi. O forse eravamo solo noi dei
bambini ingenui…” Chiuse la bocca, accarezzando distrattamente il pelo tigrato.
Roy attese, senza sapere bene cosa aspettarsi.
“Voglio una casa che abbia un
caminetto.” Riesordì all’improvviso, come se non
avesse mai smesso di parlare. “Un giorno o l’altro, quando Al riavrà il suo
corpo.” Breve pausa. “E un tappeto gigante e folto, su
cui sdraiarsi senza prendere freddo, e ammirare le fiamme senza che nessuno mi
dica che è ora di andare a letto. Un caminetto tutto mio.
…tutto mio.”
Le lingue di fuoco continuarono indisturbate la loro
coreografia.
“E’ solo uno sciocco desiderio infantile, lasci perdere.” Si schernì, vergognandosi forse d’essersi lasciato andare
a confidenze così private.
“Non è sciocco, né infantile.” Lo contraddisse. “Mi dispiace
solo che tu debba pazientare… il Dormitorio Ufficiali
non è certo il posto più indicato per-”
“Non ci starebbe neppure. E poi io voglio una casa, Taisa.
Una casa vera. Non un domicilio di
passaggio.”
“Giusto.”
“Davvero? Davvero non lo considera stupido?” richiese,
titubante.
“Assolutamente no. Anzi, mi piace
questa tua idea. Io non ho mai avuto un focolare, ma se tu resti affascinato
persino da questo surrogato di stufa, sono curioso di sapere come dev’essere bello dal vero: uno autentico, grande, colmo di
legna scoppiettante e fragranza di abeti, o larici…”
“E un tappeto morbido e folto, non dimentichi!” lo redarguì,
quasi eccitato.
“E un tappeto morbido e folto.” Concesse.
Il basso ronzio della stufetta li
cullò ancora un poco. Il tempo era trascorso senza che se ne accorgessero. Edward sbadigliò.
“Credo sia caldo a sufficienza,” lo
avvertì Roy, prima che si assopisse lì, “possiamo spegnere tutto e tornarcene sotto
le lenzuola. Dovrebbe bastare fino a domattina.”
Quasi a malincuore si separarono; mentre l’uno chiudeva la
finestra e spegneva l’apparecchio di riscaldamento, l’altro cercò di posare
delicatamente Tora nella cesta, coprendolo col
maglione. Ma il micio non era dello stesso avviso e, destatosi, gli trotterellò
dietro, saltando sul materasso e acciambellandosi addosso a lui.
Fullmetal scambiò uno sguardo
dubbioso col suo superiore.
“Può restare qui, per stavolta.” Accondiscese, generosamente,
il FlameAlchemist,
coprendosi a sua volta.
“Taisa?” lo chiamò, tra uno
sbadiglio e l’altro, spegnendo la torcia sul comodino.
“Mh?”
“Si è tolto i guanti, vero?”
“Mmmhhh… perché?”
“Se s’addormenta e magari si gratta nel sonno… saltiamo per
aria?”
Una risata cristallina riempì la stanza, assieme ad un brontolio
di indignata protesta.
“E’ meglio che dormi, Ed. Il tuo
cervello di notte lavora part-time.”
“BakaTaisa!
E io che mi preoccupavo per lei!”
“Buona notte, Ed.” lo salutò, come a
dire che la conversazione era finita.
Uno sbuffo. “’Notte.”
Continua...
Disclaimers: I personaggi citati
in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna
forma di lucro, da parte mia.
Note varie: il titolo
di questa parte ‘Attorno al fuoco’è un omaggio ad un
libro di narrativa per ragazzi, suo eponimo.
Ce ne sono a migliaia, intitolati così, di racconti intorno ad un fuoco, ma il
mio si rifà a quello degli Indiani d’America, antica rimembranza di scuola, visto
che Roy e Ed sono seduti sul divano come
indiani, attorno al loro fuoco. ^__^
Ricordo che gli azuki sono i fagioli rossi, tipici di molti piatti
giapponesi, soprattutto dolci.
Precisazioni al
capitolo precedente: spendo due parole sulla scena(ta)
delle candele.
Roy si sente davvero mortificato, perché – malgrado la battuta per dissimulare l’imbarazzo – sa che Edward non è scemo, ed è un po’ come se sventolasse un
drappo rosso davanti ad un toro… si è davvero
ridotto ad avere solo quelle in casa, sennò non lo avrebbe indisposto
volontariamente nei suoi confronti. Che poi debba anche contenere i propri
bollori, in questa scenetta equivoca, beh, questo è di secondo piano.
Il suo maglione regalato e il cambio d’abiti, per me,
significano molto.
Come è stato detto, Roy glielo regala di buon cuore, con
generosità. Ciò non esclude, (un po’ più egoisticamente) che gli faccia piacere sapere che Ed ha/indossa qualcosa che gli è
appartenuto.
Il cambio d’abiti potrebbe anticipare una pre-convivenza. In realtà, al momento, evidenzia solo un
rapporto che si sta solidificando sempre più, tanto che Ed
va regolarmente a Casa Mustang, e quindi la richiesta di Roy - di lasciare un
cambio lì - è legittima, oltre che sensata. Se poi sa odore di intimità, di confidenza, siamo libere/i di pensarlo…
io, come RoyEd fan, lo annuso benissimo! ^__=
La piazzata di Edo sulle lenzuola non la trovo affatto
infantile. Darebbe fastidio anche a me dover dormire dove sono certa qualcun
altro abbia fatto i comodi suoi… qui non c’entra una gelosia implicita, o forse
sì, ma solo inconscia! ^__^
Riflessione
estemporanea:
Giusto ieri, questa raccolta ha raggiunto le 50 preferenze,
tra gli utenti registrati di EFP.
Anche se mi resterà sempre il
dubbio del perché alcuni di loro non mi abbiamo mai detto perché o cosa amino
di It’sraining, vorrei
condividere con voi questa mia soddisfazione personale, e ringraziare
(rigorosamente in ordine alfabetico):
Capitolo 33 *** Fire Man (IV parte: Il tartufo (con)gelato) ***
Note: il seguente scritto contiene lievi riferimenti yaoi
Note: il seguente scritto contiene lievi
riferimenti yaoi.
Per ulteriori spiegazioni, compreso il sottotitolo, vi rimando
alla conclusione della fic, dopo la lettura.
Dedicato a voi tutti, che
seguite questa raccolta.
Che sia un 2008 ricco di cose
belle.
Tanti Auguri.
Fire Man
(IV parte: Il tartufo
(con)gelato)
byelyxyz
Si svegliò perché sentiva il naso ghiacciato. L’unica
sporgenza che non poteva infilare sotto le coperte, dannazione a lui!
Doveva essere mattina presto.
Lo pensò in modo coerente, anche se aveva tirato a caso. Sprofondato
nell’ozio dei sensi ottenebrati, aveva la convinzione che, se avesse aperto
anche solo un pochino la palpebra, anche una sola, sarebbe stato più difficile
riaddormentarsi.
Sapeva dov’era. La
camera del Taisa, no?
Dannata nevicata.
Strofinò il naso contro il lenzuolo, ma non ottenne
l’effetto sperato.
Cercò di nasconderlo, almeno qualche istante, ma la mancanza
d’ossigeno si fece essenziale.
S’avvicinò una mano al viso, piano, frizionando la cute; ma
non doveva esser poi molto sveglio, perché aveva adoperato l’auto-mail. Si
diede dell’imbecille da solo. Ma fu solo quando tentò
di sollevare l’altra, quella di carne, che s’accorse che gli era impossibile
spostarla, perché un peso non suo glielo impediva.
Il braccio del Colonnello, che gli attraversava il costato,
gli impediva ogni spostamento sul lato sinistro del corpo.
Di colpo realizzò quella vicinanza calda. Quanto fosse una vicinanza calda.
Trattenne il respiro, aprendo per davvero gli occhi. Il
fiato di Roy Mustang non gli arrivava in faccia solo perché – almeno con se
stesso poteva ammetterlo – era più alto di lui e quindi andava a sollevare i
suoi capelli e la sua antennina bionda. Arretrò la
testa di scatto, imbarazzato.
Non era sua consuetudine dormire con un’altra
persona così vicino. Anche se era un uomo.
Neppure Al gli rubava così tanto spazio vitale! E poi Al era suo fratello, non faceva nemmeno testo!
...che situazione
disdicevole...
Ecco, come la pensava il suo cervello, mentre fissava
Mustang come se fosse stato il lupo cattivo.
Il problema era che, se si fosse scostato, probabilmente
avrebbe svegliato l’altro… e poi? Cosa gli avrebbe detto? Che si vergognava a
dormire così schiacciato ad un altro uomo? Che si sentiva a disagio? Che era
scomodo?
Un lungo corteo di sfottimenti del
Taisa gli sfilò davanti, molto più vergognosi di qualsiasi sua vergogna.
Esalò un sospiro affranto; e, arrendendosi agli eventi,
chinò il capo, in senso metaforico e fisico.
Fu allora che il suo naso andò a sbattere contro quella
spalla calda, quel tepore che gli permetteva di scaldarsi senza soffocare,
perché l’aria entrava e usciva dalla bocca.
Si appellò con le unghie e coi denti al suo Credo. Invocando
il Principio dello Scambio Equivalente, abbandonò ogni remore
e infilò il naso tra la spalla e il collo del moro, mentre - nell’ultimo
barlume razionale - si domandava se si potesse finire sotto Corte Marziale per
una cosa così.
Cercava il suo calore.
Scusa patetica o pretesto ragionato, poco importava.
Se l’era ritrovato addosso, il peso di Tora
schiacciato sulla schiena e quello di Ed contro lo
sterno.
In cerca di caldo.
La testa bionda incassata nell’incavo della sua spalla.
I suoi capelli sciolti gli facevano il solletico, sotto al
mento.
Avrebbe desiderato scansarli.
Ma per scansarli era previsto un movimento, e lui si era
riscoperto pigro. Pigro pigro. Pigrissimo.
Chiuse gli occhi e rimase lì, centellinando ogni istante,
ogni prezioso istante, finché il
sonno non lo colse.
Continua...
Disclaimers: I personaggi citati
in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna
forma di lucro, da parte mia.
Note varie: il titolo
di questa parte ‘Il tartufo (con)gelato’si
riferisce ovviamente al naso freddo del nostro cucciolo dell’Esercito, in
quanto il tartufo è il nome tecnico
del naso dei cani, per chi non lo sapesse.
E poi c’è questo maldestro gioco di parole sul gelato (il
dolce) al tartufo, che è sì dolce, ma con quella polverina amara sopra, un po’
come questo momento coccoloso, che però non durerà in
eterno, e quindi dal retrogusto amarognolo.
Chiedo scusa per la brevità di questo capitolo, lo so da me
che magari vi aspettavate qualcosa di più.
In realtà dovevano essere 500 parole esatte, una flash-fic per concludere le prime 24 ore della ‘Grande Nevicata’ e invece ho sforato per una manciata di parole.
Pazienza.
Avrei anche dovuto postarla prima, però ho ritardato nella
speranza (vana >.<) che i commenti aumentassero, visto che da quasi un
mese sono in costante calo.
Per di contro, oggi ho conquistato la 55ª preferenza tra gli
utenti, e quindi ringrazio le nuove cinque persone (Giulieeettaa,
Chiby, Dimea, Robychan e Roy Mustang sei uno
gnocco) che mi hanno permesso di raggiungere questo mio record personale; anche
se – mio personalissimo gusto opinabile – io preferisco un ‘preferiti’
di meno e un commento in più, perché le statistiche non le guardo quasi mai,
mentre le vostre recensioni vengono da me lette e apprezzate in tempo reale, e
perciò hanno più valore. Per questoringrazio: Setsuka,
nacchan, Tao, Chibimayu,
Chiara, _mame_, Ed 92, NekoRika,
RedRobin, Dimea, Yuki, inuyasha94, Desy, Aduah, Saїx e Shatzy, per
essersi presi il tempo di esprimere un parere sul capitolo precedente, malgrado
gli impegni delle festività. Grazie.
Precisazioni al
capitolo precedente: la scena sul divanetto l’ho immaginata molto intima, nel senso che ti invoglia a fare
confidenze che di solito non faresti. E’ un insieme di circostanze che fanno
sciogliere la lingua di Edo-kun, e Roy - che quasi
non ci crede, tanto è straordinaria la cosa -, comprende il suo sforzo e lo
valorizza, benché si senta un po’ maldestro a gestire la conversazione.
D’altro canto, il senso di cameratismo era inevitabile, e
quei due si stanno sciogliendo! ^__^ Tora, poi, con la sua felina invadenza, è un ottimo
collante! ^_=
Per Chiara: sì, ogni capitolo ha diverse chiavi di lettura,
da quella letterale a quella coi significati impliciti… pensa te, a quanto il
mio cervello fonde, mentre scrivo! XD
E poi Mustang sta riempiendo il suo Fagiolino di regali-provocazioni, e non è
ancora finita! ^__=
Bene. La prossima parte racconterà le successive 24 ore, e
capiteranno diversi eventi. In particolare, un Taisa
dal lato nascosto, con nuove doti da scoprire e un passato travagliato…
Campagna di Promozione
Sociale - Messaggio No Profit:
Dona l’8‰ del tuo tempo alla causa
pro recensioni.
Farai felice
milioni di scrittori.
(Chiunque voglia aderire
al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio crede)
Come sempre, sono graditi commenti,
consigli e critiche.
Capitolo 34 *** Fire Man (V parte: Calori canini ed estri improvvisi) ***
Note: il seguente scritto contiene lievi riferimenti yaoi
Note: il seguente scritto contiene lievi
riferimenti yaoi.
Per ulteriori spiegazioni, compreso il sottotitolo, vi rimando
alla conclusione della fic, dopo la lettura.
Dedicato a chi ha commentato i
precedenti capitoli della raccolta.
Grazie.
Fire Man
(V parte: Calori canini ed
estri improvvisi)
byelyxyz
Quella mattina, la sveglia non suonò neppure.
Si destarono che era quasi mezzogiorno, richiamati da un Tora che – da buon gatto educato qual era – aveva sentito
la necessità impellente di riottenere la propria cassetta igienica, e magari un
po’ di privacy, cosa carente in quella stanza.
Mentre la stufetta riaccesa
compiva il suo dovere, prepararono la colazione. Uno schiocco sapiente di dita,
e l’acqua bolliva nelle tazze, il the in infusione.
“Mi spiace per il suo caffè amaro…” si rammaricò Ed.
“Pazienza. Sarebbe un casino con la moka, ma se proprio
volessi, potrei. E’ che non ne vale la pena.” Giocò col filtro della bustina,
che colorava tutto di un bel rosso cupo.
Tora grattò sul legno, per farsi
riammettere nella camera. Restarono entrambi sbalorditi dall’improvviso
buonumore del loro micio. Evidentemente era stata una seduta proficua.
Dopo aver terminato di sbocconcellare il pane secco e
marmellata, si spostarono a scaldare il bagno, per darsi una sistemata veloce.
L’acqua era davvero gelida, e procrastinarono un’eventuale
doccia a tempi più favorevoli.
Eppure l’impeccabile FlameAlchemist appariva, riflesso nello specchio, alquanto
trasandato.
“Me lo potevi anche dire che sembro un naufrago!” sbottò,
sfregandosi con la mano la barba di due giorni.
Edo smise di strofinarsi i denti, sputacchiando saliva e
sbrodolando dentifricio un po’ ovunque.
“Ha qualche impegno galante?” ironizzò, sciacquandosi in
fretta, per via dell’acqua gelata.
Mustang sollevò un sopracciglio. Con te, magari?
“Lo sai che ci tengo ad essere quanto meno presentabile.”
“Io non mi formalizzo!” ghignò il biondo, spazzolandosi i
capelli. “E poi in missione l’ho vista anche messo peggio
di così!”
Roy mugugnò il proprio dissenso e poi, ottenuta la sua
attenzione, indicò vagamente il lavabo, water e bidet. “Fai con comodo, io ci
metterò di più.” S’incamminò verso l’uscita.
“E adesso cosa fa?” si sentì urlare dietro.
“Controllo se almeno la linea telefonica è stata ripristinata,
vorrei sentire come vanno le cose al Quartier
Generale!”
Edward chiuse la porta dietro di
sé, per i suoi primi cinque minuti di intimità nelle ultime due ere glaciali.
Non che stesse male in
compagnia del Taisa, ma.
Anzi! Questa loro convivenza forzata gli stava pesando meno
del previsto, tutto sommato.
Il padrone di casa – appurato che le comunicazioni erano ancora interrotte - ottenne l’accesso alla toilette
una decina di minuti più tardi, per poter passare al doveroso restauro della
propria, vanitosa persona. Senza
contare che, al di là del commento caustico di Ed - e della completa noncuranza
di Mame-chan riguardo alla sua possibile immagine -,
Roy sapeva che l’aspetto contava.
Ritornato rasato di fresco, lo trovò sdraiato a pancia in
giù sul letto, col naso infilato in un libro.
Deglutì a vuoto, alla visione di quella novella Lolita
inconsapevole.
“Potremmo…” fare
l’amore fino allo sfinimento? “leggere un po’?”
“E’ quello che sto già facendo!” replicò, senza darsi pena
di staccare gli occhi dalla pagina.
E fu un bene, perché altrimenti avrebbe visto quello sguardo
affamato.
Mustang rimase a contemplarlo, basito.
Rendendosi improvvisamente conto che sentiva caldo, un caldo
infernale.
In quello stesso istante, Edward
accantonò il tomo e si sfilò i due maglioni, rimanendo a torso nudo, quasi gli
avesse letto nella mente, frugando nei suoi pensieri poco casti. Si sentì
avvampare.
Ed lo fissò, arrossendo a sua
volta. Si sollevò dal letto, avvicinandosi a lui.
Roy ingoiò aria.
“Credo… credo di aver rotto il termostato della stufa…”
sussurrò, colpevole. “Non sente che caldo?”
E d’improvviso il Flamerealizzò che non era lui ad andare a fuoco, ma era la stanza
stessa che aveva una temperatura esagerata.
Si riscosse, come se avesse ricevuto una secchiata
ghiacciata.
Anche se le mani gli tremavano un po’, finse un contegno che
in realtà non provava, realizzando che sì, il
termoregolatore del rubinetto era bloccato, forse rotto.
Quindi avrebbero patito o un caldo ishbaliano
oppure un freddo nordico. E, seppure lui avesse un pessimo ricordo delle
regioni a Nord, era esattamente quello che gli serviva, per farsi passare i
propri bollenti spiriti.
Con una scusa anche abbastanza approssimativa, se ne andò
via, farfugliando qualcosa sulla cassetta degli attrezzi nel ripostiglio.
Dopo aver inspirato ed espirato a lungo varie volte – e
raccattato il primo arnese a caso -, fece ritorno nella camera. Il soggetto dei
suoi pensieri peccaminosi non aveva ripreso a leggere, lo attendeva accucciato
davanti al calorifero: sudava leggermente, piccole gocce trasparenti
imperlavano la sua fronte e il collo, e poi correvano giù verso
l’incavo della clavicola, tra pelle e innesto d’acciaio.
Mustang boccheggiò, maledicendosi in tutte le lingue che
conosceva, raggiungendo solo al terzo tentativo la zona da aggiustare.
“Lei se ne intende, Taisa?” si
sentì chiedere, un mormorio vicino, troppo
vicino.
“NO!” strepitò, sollevandosi eretto. “Anzi, sai che ti dico?
Che è pericoloso! Qui abbiamo una fiamma libera e del gas, con una cartuccia
quasi piena. E’ meglio che tu esca, prendi anche il gatto e aspettami in
cucina!” gli spinse i maglioni infagottati in mano.
“Ma Colonnello! Non la lascio qui da solo!” protestò Fullmetal, interdetto e preso in contropiede. “Magari ha bisogno di aiuto!”
“Insisto, Maggiore Elric! Questo è
un ordine!!”
Ed masticò il suo dissenso,
condendolo con una vaga recriminazione votata all’ingiustizia e alla
prepotenza. Ma non gli rimase che cedere. “Davvero non c’è nulla che possa
fare?”
Sì, che puoi. Ti
prego, ti prego,vattene via!
Qualsiasi cosa, ma
vattene!
Il celebre Eroe di Ishbar strinse
con furia il giravite, facendosi persino sbiancare le nocche, cercando di
infilarlo correttamente. E lo odiò, e lo maledì. Perché non ci riusciva. Ma non
tutto il male veniva per nuocere…
“Acciaio, per cortesia, il cacciavite non entra nel
cilindretto metallico di supporto. Andresti nello sgabuzzino a prendere quello con
punta a stella, non a scalpello,
precisamente la n°6?”
Il ragazzo annuì volenteroso, rivestendosi e uscendo di lì,
seguito dal loro felino tigrato.
Roy sospirò, per l’ennesima volta in quella mattinata.
Si sentiva un po’
bastardo, sì.
D’altra parte, la
situazione di crisi andava affrontata di petto, no?
Diede una sbirciatina in basso, ringraziando il
provvidenziale maglione ampio e coprente, che aveva mascherato la sua
eccitazione.
Rimase accovacciato a lungo, seduto sul pavimento, a farsela
passare. Anche perché Edward non sarebbe tornato
tanto presto.
Difatti ricomparve solo parecchio tempo dopo, abbastanza
contrito.
“Ce n’erano di varia misura,”
esordì “e ho ravanato ovunque, mi creda. Ma non ho
trovato quello che cercava lei.” Si scusò.
Certo che non l’aveva
trovato. Semplicemente perché in Casa Mustang non c’era un cacciavite n°6.E Roy lo sapeva bene.
“Non importa. Ho risolto comunque.” Spiegò, issandosi da
terra. “E’ un rattoppo provvisorio, ma spero che tenga.”
Arieggiarono l’ambiente e d’improvviso si trovarono a corto
d’argomenti con cui intrattenersi.
Edo riagguantò il libro che stava studiando, senza decidersi
a riprendere seriamente la lettura, come se fosse distratto da qualcosa.
L’altro se n’era accorto, e tanto valeva chiarirsi, giusto?
“Avanti, sputa il rospo!” lo incitò, prendendo il toro per
le corna.
“Taisa… io, prima… ho visto…”
tentennò Elric, incerto se continuare.
L’uomo sbarrò gli occhi sconvolto
dalla rivelazione inaspettata, mentre sentiva il cuore esplodere in gola.
E adesso cosa gli
diceva? Come si giustificava??
“Cioè…” s’imporporò, come se fosse stato colto con le mani
nel barattolo della marmellata. “Non avrei dovuto curiosare, ma… lei suona?”
“EH?!” esclamò, più stordito che
impaurito.
“La custodia, nel ripostiglio… non contiene forse una
chitarra?”
La chitarra? LA CHITARRA??
Stava morendo
d’infarto per quel dannato cimelio d’anteguerra?!
“S-sì. C’è la mia vecchia chitarra
classica…” gli spiegò, dopo che il cuore s’era disincagliato
dal pomo d’Adamo ed era tornato in sede. “Vecchia, vecchissima, non la uso da
un secolo…” si giustificò, motivando così anche il fatto che s’era
completamente dimenticato della sua esistenza.
Aveva imparato a suonarla da ragazzo, per fare dispetto a Maes.
E doveva riconoscere che quell’attrezzo
sgangherato gli aveva reso parecchi favori…
…fare impazzire Hughes, con
interminabili ore di solfeggio, per esempio; e, non da ultimo, la possibilità
di cuccare a tutto spiano, perché due note messe in croce e un accordo
particolarmente sdolcinato era sempre utile: sembrava far sciogliere anche la
ragazza più difficile.
“Non immaginavo sapesse suonare uno strumento!” la voce
sinceramente stupita - e lievemente eccitata - di Mame-chan
lo distolse dai suoi ricordi di gloria.
“E’ un modo un po’ contorto per chiedermi di strimpellarti
qualcosa?” tirò ad indovinare sogghignando, perché aveva riacquisito il
controllo della situazione.
“Beh, io… uhm… no. Non oserei…”
farfugliò, a disagio. “E’ che abbiamo un sacco di tempo libero…”
Roy sorrise, indulgente. Questa era di sicuro la peggior scusa che
sentiva da... da quando, neanche mezz’ora prima,
pensava di esser stato scoperto.
“Vai a prenderla, vediamo che si può fa-”
Non aveva neppure terminato la frase, che quel zelante
Fagiolino era schizzato via, alla volta dello sgabuzzino, sollecitamente pronto
e servizievole.
L’uomo rise sarcasticamente tra sé. Mai una volta che sia così solerte con me, eh?
Sfilò la custodia imbottita, facendo riemergere lo strumento
musicale, ugualmente impolverato.
Lo ripulì con cura, con uno straccio di lana, controllandone
lo stato.
“La mia vecchia Betsy…” mormorò,
con un sospiro votato ai tempi andati.
“Ma che razza di nome è?!” celiò
l’altro, stupito.
“E’ la marca!” girò il legno verso di lui, indicandogli un
marchio inciso a fuoco sul legno pregiato.
“Oh, che peccato! Ha una corda spezzata!” si rammaricò Edo;
osservandolo, curioso, trafficarle attorno.
“Non è mica un problema.” Decretò il moro, levando da una
taschina interna una corda di scorta. E si mise ad armeggiare con le chiavi,
sulla paletta, e poi sul ponte.
Ci mise un po’, ma alla fine la corda fu sostituita.
“E’ completamente scordata.” Si lamentò, improvvisando un
paio di accordi. Partendo da un LA alto, aiutato dal
diapason, regolò il suono in modo accettabile.
“Sono fuori allenamento, ma così può andare.” Stabilì, dopo varie prove.
E d’improvviso, come dal nulla, prese vita
un dolce melodia. Un giro armonico semplice, a dirla tutta, che però aveva un
suo fascino.
Edward si accoccolò meglio sul
letto, mentre sul piccolo divano Taisa Mustang
spolverava ricordi lontani, di note che – inaspettatamente - riemergevano da
reminiscenze di infinite ore sul DO maggiore, e calli sulle dita e
testardaggine e soddisfazione.
Improvvisò, dove la memoria difettava, con un risultato
apprezzabile.
“Caspita! E per fortuna che non suonava da anni!” esordì Acciaio,
piacevolmente sorpreso.
Le labbra di Roy si distesero in una smorfia impacciata. “E’
un po’ come andare in bicicletta… quando hai imparato, non te lo scordi mai.” Ammise, carezzando la cassa armonica con la premura di un
amante. “Peccato non sappia dove ho messo il libricino dei canti.”
“Quello con la copertina gialla?”
“Nh… sì, ma come…?”
“Scaffale a destra della radio, accanto al tomo di Fisica
Comparata.” Precisò, come se fosse stato un esperto
bibliotecario.
Il Colonnello lo fissò incredulo. “Ma hai fatto l’inventario
di tutta casa mia?!”
Edward tentennò, frenandosi. “Tutta-tutta, nooo. Un pochina, sì. E poi… quello l’ho scovato per caso, era
finito dentro la custodia rigida di Chimica Organica volume IV.”
“Andresti a prenderlo?”
Non se lo fece ripetere due volte. In men
che non si dica, era ricomparso col libretto consunto
tra le mani e glielo porse.
Si ritrovò a sfogliarlo, riesumando note e
accordi e appunti, e disegnini idioti da
adolescente segaiolo. ‘Maes è scemo, io sono più figo’.
Lo schizzo di una faccina occhialuta accanto ad un’altra vispa, col segno
di vittoria.
Ridacchiò sghembo, riemergendo da un passato che sembrava
così lontano…
‘Il Manuale del Seduttore’,
come amava chiamarlo un tempo. Madre Natura era stata generosa con lui. Senza
dubbio, lo aveva fornito di numerosi attributi nei posti giusti.
E sapeva di possedere una voce pacata e profonda. Sensuale,
all’occorrenza.
Lanciò un’occhiatina veloce al suo Fagiolino in attesa.
...che fosse il caso
di strafare?
Continua...
Disclaimers: I personaggi citati
in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna
forma di lucro, da parte mia.
Note varie: il titolo
di questa parte si riferisce, in zoologia, al momento migliore per
l’accoppiamento al fine procreativo, detto in termine tecnico ‘estro’ e
comunemente ‘calore’.
Premesso che riguarda solamente le femmine; (i maschi non
vanno in calore, sono sempre allupati! >.<) ho giocato sulla doppia
interpretazione di calore, inteso sia nell’eccitazione che Roy sente sia come
‘sentire caldo’ ed ‘estri improvvisi’, in quanto estro
significa – tra le altre cose - anche ‘stimolo artistico, ispirazione’.
Precisazioni al
capitolo precedente: credo ci sia voluto un bel po’ di coraggio a Edo-kun, per fare quello che ha fatto, ma si è sentito
legittimato grazie al suo Credo. Se lo abbia fatto per reale convinzione o
pretesto inconscio, lascio deciderlo a voi. Dal canto mio, io credo che lo pensassedavvero.
Ritrovarsi scompostamente schiacciato dal peso di Roy, con le braccia del Taisa ad invadere il suo spazio… al di là dell’imbarazzo,
lui si sente in diritto di approfittare del suo superiore: scomodità per
scomodità, no? ^__=
L’impostazione, come qualcuno ha intuito, è vagamente sconnessa,
un po’ come i pensieri nel dormiveglia. Che notoriamente è un momento in cui i
nostri sensi sono meno vigili, e quindi meno inflessibili… io credo che conti
molto l’iniziativa di Ed, è un avvicinarsi spontaneo, sfrutto di una
maturazione millimetrica nella distanza chilometrica del loro rapporto.
E non dimentichiamo che Roy se n’è accorto… diamo un po’ di
soddisfazione a quella povera bestia! >_<
E poi adoro i nomignoli che state affibbiando al Colonnello!
*__*
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pro recensioni.
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milioni di scrittori.
(Chiunque voglia aderire
al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio crede)
Come sempre, sono graditi commenti,
consigli e critiche.
Capitolo 35 *** Fire Man (VI parte: Latrati stonati, guaiti e uggiolii) ***
Note: il seguente scritto contiene lievi riferimenti yaoi
Note: il seguente scritto contiene lievi
riferimenti yaoi.
Per ulteriori spiegazioni, compreso il sottotitolo, vi rimando
alla conclusione della fic, dopo la lettura.
Dedicato a chi ha commentato i
precedenti capitoli della raccolta.
Non posso che gioire, per l’inattesa impennata di recensioni del precedente
capitolo.
Grazie!
Fire Man
(VI parte: Latrati stonati,
guaiti e uggiolii)
byelyxyz
Si schiarì la gola con un colpetto di tosse, più per fare
scena, che per reale necessità.
Edward attendeva, indugiando con
trepidante educazione. Se giocava bene le
sue carte, magari...
Prese un lungo respiro, introducendo un ritornello
azzardato. Ma era un pezzo che sapeva eseguire alla perfezione, che gli avrebbe
garantito di fare una bella impressione.
“Ti amo…
un soldo,
ti amo…
in aria,
ti amo…
se viene testa
vuol dire che basta
lasciamoci.
Ti amo…
io sono
ti amo…
in fondo,
un uomo
che non ha freddo
nel cuore nel letto
comando io
ma
tremo
davanti al tuo-”
“Eh, no! Ha preso una stecca!” lo interruppe Acciaio,
incurante di aver frantumato l’atmosfera.
Roy lo scrutò con tanto d’occhi. “NO! Non ho sbagliato.”
“Sì, che ha stonato!” lo contraddisse, caparbio.
“Ti assicuro che fa-”
“Che non ha freddo
nel cuore nel letto
comando io
ma
tremo…”intonò Ed, abbassando di un’ottava buona. E
lanciandogli un’occhiatina in stile “E allora? Ho ragione io!”
“Uhm…” concesse il moro, strimpellando a casaccio. “Forse.” Ammise, mentre il suo ego si
sgretolava inesorabilmente. “Quindi il nostro più giovane Alchimista di Stato è
anche un provetto vocalist!” annotò, semiserio.
“Beh… me la cavo… perché? Non dovrei?!”
scattò, sulla difensiva. “Chi crede cantasse le ninnananne ad
Al, quando la mamma stava male?” e di colpo si zittì, pentendosi d’aver
detto quella cosa. “Lasciamo perdere, ok? Mi suoni
qualcos’altro.”
“Girasoli a testa in giù,
avviliti come me…
come posso immaginare
tutta la vita senza te?
Per averti…
farei di tutto,
tranne perdere la stima di me stesso…
e se è questo
che tu mi chiedi,
io ti perdo, ma stavolta resto in piedi…
anche se qui dentro me qualcosa muore.
Sì per averti - per averti,
farei di tutto
ma rinuncio con dolore,
sì per averti - farei di tutto,
ma non ti voglio, non ti voglio
senza amore…”
“Sembra il testo di uno che cerca la Pietra Filosofale…” appuntò Elric, cogliendo a modo suo il significato, in modo
alquanto libero e discutibile.
Roy fu tentato di spiegarglielo, ma desistette.
“Perché? Tu saresti disposto a fare davvero di tutto, per trovarla?” gli chiese, accantonando il piccolo
musichiere in bilico sul bracciolo, facendosi serio.
“Non è forse quello che sto già facendo? Sì, farei di tutto.
Se servisse a riportare indietro il corpo di Al.”
“Anche calpestare i tuoi principi? E perdere la stima che hai di te stesso?” lo provocò, temendo però la risposta.
Fullmetal resse il suo sguardo
indagatore, prendendosi il tempo di rispondere.
“Non posso risponderle adesso. Se mi trovassi dinnanzi alla Pietra, e la potessi
usare… non so. E’ assurdo concepirla ora, una soluzione. So solo che ho messo
il corpo di mio fratello davanti ad ogni mia priorità e scrupolo, questo sì.”
“E credi che Alphonse ne sarebbe
contento? Che sarebbe d’accordo di riottenere quanto perduto, ad un tale
compromesso?!”
Acciaio rimase zitto, riflettendo sulle implicazioni di
quella replica.
“Potremmo evitare di pensarci ora? Tanto… non capiterà così
presto…” temporeggiò, con un tono che in realtà chiedeva di smetterla con quei
discorsi.
Mustang sembrò non capire, oppure ignorò deliberatamente la
sua richiesta.
“Io invece credo, o almeno credevo, tu avessi ben chiari in testa i
tuoi obiettivi e i limiti da non varcare nuovamente. Il fatto che tu abbia
travalicato un tabù non ti dà il diritto di rifarlo. E di sicuro io non ti
offrirò né informazioni né mezzi per assecondare idee folli. Non voglio un
altro pazzo in giro per Amestris, a
cui dare la caccia.”
“Mi sta dicendo che non vuole più aiutarmi nella ricerca?!” sbraitò, accalorandosi.
“Io non ho mai detto questo.” Precisò il FlameAlchemist, pacatamente.
“Tuttavia, credevo tu avessi dei capisaldi irrinunciabili, dei fondamenti
diversi dai miei, ma comunque costruttivi e idealistici.
Sentirti parlare in modo così egoistico mi intristisce, se
devo essere sincero. Mi sembra di parlare con un estraneo. Una persona che si
fa ben pochi scrupoli, pur di ottenere ciò che brama.”
L’espressione ferita di Ed non lo
impietosì. Lo pugnalò, invece, nel profondo. Ma era suo dovere avvisarlo e
metterlo in guardia. Da tutto, persino da se stesso.
“Sono diventato un Cane dell’Esercito, uno State Alchemist, pur di avere i mezzi. Ma non sono un assassino.
E non andrò di città in città ad uccidere la gente, per ottenere vittime
sacrificali atte alla creazione di nuova Pietra Rossa, se è ciò che teme.” Sibilò, sprezzante.
“Promettimelo.”
“COSA?!” guaì, semisconvolto e
incredulo.
“Promettimi che non ti caccerai in guai più grossi di te.
Che non farai cazzate in nome
dell’amore fraterno che ti lega ad Al, soprattutto se
si tratta di sacrificare ancora il tuo corpo, in un diabolico Scambio
Equivalente, che scambio non è.
E che mi chiederai aiuto, qualsiasi cosa passi per il tuo
cervello bacato. Altrimenti giuro che verrò a rimetterti il guinzaglio, dovessi cercarti anche in capo al mondo, e poi ti prenderei
a bastonate fino a casa. Intesi?!”
Edward sorrise maldestramente,
captando le parole intrise di preoccupazione del suo superiore. Annuì,
mugolando il proprio impegno. “Taisa…”
“Mh?”
“Lei è il più gran rompicoglioni
dell’Esercito, lo sa?”
“Non ho scelto io di avere subordinati così indisciplinati e
piantagrane!” si lamentò teatrale, gesticolando. A tal punto che il libretto
cadde a terra, sparpagliando foglietti sul pavimento.
Si chinarono contemporaneamente a raccoglierli. Il giovane Elric, intrigato, ne aprì uno tra i più grandi e logori,
ingialliti dal tempo.
Era uno spartito, scritto a mano con una grafia nervosa. A
margine c’erano delle annotazioni tecniche, alcune cancellature. Il testo
melodico sembrava incompleto.
Roy sbirciò sopra le sue mani.
“L’ho composta secoli fa.” Ammise
con difficoltà.
“Cioè?! L’ha scritta lei?!”
“Già.”
“Me la suona?!” fu la sua
richiesta, così genuina che sembrava avesse già dimenticato la discussione di
poco prima.
“E’ meglio di no.”
“E perché mai?! Suvvia! La prego!”
lo implorò, in tono fastidiosamente assillante.
Cedette a malincuore, intonando testo e musica.
L’introduzione la sussurròappena.
“Let
me be your hero…
Would you dance, if I asked you to dance?
Would you run, and never look back?
Would you cry, if you saw me crying?
Would you save my soul, tonight?
Would you tremble, if I touched your lips?
Would you laugh? Oh, please tell me this.
Now would you die, for the one you loved?
Hold me in your arms, tonight.
I can be your hero, baby.
I can kiss away the pain.
I will stand by you forever.
You can take my breath away.
Would you swear, that you'll always be mine?
Would you lie? Would you run and hide?
Am I in to deep?
Have I lost my mind?
I don't care… you're here, tonight.
I can be your hero, baby.
I can kiss away the pain.
I will stand by you forever.
You can take my breath away.
Oh, I just want to hold you.
I just want to hold you…
Am I in too deep?
Have I lost my mind?
Well I don't care you're here, tonight.
I can be your hero, baby.
I can kiss away the pain.
I will stand by you forever.
You can take my breath away.
I can be your hero…
I can kiss away the pain.
And I will stand by you forever.
You can take my breath away…
You can take my breath away… I can beyourhero.”
Concluse con un giro armonico, mentre
le note e la voce sfumarono lentamente.
“WOW!” esclamò Edo, “E’… è… non
può averla scritta lei!” lo accusò, scettico.
Un sopracciglio dell’uomo s’acuì,
“E perché no? Fa così schifo?”
“No!,
anzi, tutt’altro! E’ romantica da far paura, ma è davvero
bella!”
“Indi per cui, disprezzi e
sottovaluti le mie capacità di compositore?”
“Taisa…” lo rimproverò. “Non
allarghiamoci! Non è mica un cantautore!”
“Se anche lo fossi stato, hai appena castrato la mia vena ispirativa…” si lamentò, con espressione affranta.
“Il mondo non perderà granché!” lo punzecchiò, compiaciuto.
“E poi non le serve più!” parve riflettere. “Chissà a quante donne ha sciroppato
questa serenata!” appuntò, con tono ironico e sprezzante, sfidandolo a
contraddirlo.
“Veramente… è la prima volta che la faccio sentire a
qualcuno.” Lo smentì. “Non mi convinceva del tutto, e
poi sono stato trasferito di stanza a Central, e
credevo di aver perso il foglio e infine me ne sono scordato del tutto. Se non
fosse stato per te, non l’avrei neppure mai riesumata.”
“Quindi vale la pena che dia
un’occhiata più approfondita al testo, non sia mai che poi diventi famoso, una
volta in pensione.” Scherzò, incuriosito.
“La strada per diventare Comandante Supremo è ancora lunga…”
precisò Roy, passandogli il foglietto ingiallito dal tempo. Edward
iniziò traducendo il titolo:
“Lascia che io sia il tuo eroe…”
Sbuffò, sollevando momentaneamente gli occhi sul suo
Comandante: “Certo che, come titolo, le si addice
molto! Lei, e le sue manie di strafare!” lo canzonò. “E non dimentichiamo la
voglia di protagonismo!”
Mustang scosse la testa, divertito, aspettando che
continuasse.
“Balleresti, se ti chiedessi di ballare?
Correresti, senza mai guardare indietro?”
“Intendevo chiedere a quest’ipotetica persona se fosse stata disposta a condividere i momenti belli e quelli
difficili…”
“Ballare indica la festa? Il correre invece pericolo e
quindi la fuga?” ipotizzò Acciaio, interessato.
“Giusto, ma non solo. ‘Senza mai guardare indietro’. Senza rimpianti, decisi ad andare avanti
anche quando le cose diventano difficili.”
“Piangeresti, se mi vedessi piangere?”
Edward la lesse ad alta voce.
“Sembra scontata, come idea. Invece presuppone un coinvolgimento quasi
simbiotico, un amore così forte da condividere tutto.”
Non attese replica.
“Salveresti la mia anima, stanotte?”
“Oh, guardi! Qua ci sarebbe da lavorare parecchio, sa?” lo prese
in giro, sorridendogli complice.
“Tremeresti, se toccassi le tue labbra? Rideresti? Oh, ti prego, dimmi di sì.”
“Ma le sta facendo il solletico?” domandò, sorpreso.
“Fullmetal, basta! Stai
dissacrando uno dei ricordi più privati che ho!” lo rimproverò, allungando una
mano per farselo restituire, ma non ottenne ciò che voleva, perché Elric si scansò oltre, riprendendo a scorrere.
“Ora moriresti, per la persona che
ami?
Tienimi fra le tue braccia, stanotte.”
“Morire per chi si ama…” sussurrò, pensieroso. “Per
un’amante o un famigliare?” l’interrogò, distraendosi.
Con una mossa lesta, il Colonnello gli sfilò la carta,
riappropriandosene.
“Pensala come vuoi.” Tagliò corto, piegando il biglietto
sgualcito.
“Eh, no!” protestò Ed, “non può lasciarmi così, sul più
bello! Voglio sapere come continua!”
Mustang sospirò, traducendo al momento, in tono assai poco
romantico.
“Posso essere io il tuo eroe, piccola. Posso far sparire il dolore. Ti starò
vicino per sempre. Tu riesci a togliermi il respiro.”
“So leggere da solo, sa?” appuntò, con sussiego. “Dalla sua
cadenza, sembrava la lista della spesa! Così ammazza il romanticismo…” Lo
sgridò, accostandoglisi, per vedere dalle sue mani.
“Giureresti che sarai per sempre
mia?
Mentiresti, correresti a nasconderti?
Ci sto troppo dentro, ho perso la testa?
Non m'interessa, sei qui stanotte.”
“Quindi…”
“Stai zitto, e vai avanti.” Gli ordinò il moro, perentorio.
“Se sto zitto, non posso andare avanti.” Evidenziò, con
umorismo e sottile presunzione.
Il Flame mordicchiò tra i denti
una rispostaccia. Prendendo poi il comando:
“Io posso essere il tuo eroe, baby.
Posso far sparire il dolore.
Ti starò vicino per sempre.
Tu sai come togliermi il respiro.
Ohhh, voglio solo stringerti.
Voglio soltanto stringerti, oh sì.
Ci sto troppo dentro, ho perso la testa?
Beh, non m'interessa, sei qui stanotte.”
E d’improvviso realizzò quanto fossero
vere e attuali, quelle sue parole di allora. Una profezia dal retrogusto amaro.
Ne avrebbe riso, se qualcuno, a quel tempo, avesse detto al
giovane Mustang che si sarebbe impantanato in un amore folle e disperato. Che
avrebbe perso la testa per un Fagiolino biondo, irascibile e manesco, con la
fissa dei guai.
“Posso essere io il tuo eroe,
piccola.
Posso far sparire il dolore.
Ti starò vicino per sempre.
Tu sai come togliermi il respiro.”
Eppure… eppure avrebbe fatto di tutto per alleviare le sue
sofferenze, quelle del corpo e quelle dell’anima. Se solo Ed
glielo avesse permesso, era disposto a rimanergli accanto per sempre, per
amarlo e aiutarlo. Non gliene fregava più nulla di essere un eroe; cosa gli
aveva portato, divenire il glorioso combattente di Ishbar?
La fama? La celebrità? L’onore? Una promozione?
Di tutto questo, lui ricordava solo notti insonni e incubi
da sveglio. Un’anima dannata, la voglia di morire, per non far morire di nuovo.
Ciononostante respirava ancora, anche se aveva pregato un
Dio in cui non credeva, perché smettesse di farlo. Ma che senso aveva, tutto
quello? Che ragione c’era?
“Non capisco. Che c’è scritto, qui?” Edward
indicò l’inizio dell’ultima strofa. “Scrive peggio di una gallina!”
“Non era previsto
che qualcuno, oltre a me, lo
intercettasse mai!” si difese, a tono. “Comunque riprende il ritornello, e
fine.”
“Io posso essere il tuo eroe.
Posso far sparire il dolore.
E ti starò vicino per sempre.
Tu sai come togliermi il respiro.
Tu sai come togliermi il respiro.
Posso essere io il tuo eroe.”
Quel ragazzino era la sua redenzione?
Quegli occhi dorati? Un peccatore con l’anima più innocente
che avesse mai conosciuto?
Sapeva togliergli il respiro, sì. Senza dubbio.
Ed era per questo, che non ne era stato privato prima?
Per imparare cos’era la mancanza d’aria, quando lui mancava?
Poteva essere, lui, il
suo eroe?
Una figura buona, capace di aggiustare le cose e diffondere
bontà?
Elric osservò in silenzio questo
suo rabbuiarsi. Si chiese se non avesse detto, per caso, qualcosa di sbagliato,
qualcosa che forse aveva dissotterrato ricordi infelici. Quindi si sentì in
dovere di smuovere quella situazione di stallo; si alzò in piedi, porgendogli
la custodia della chitarra affinché la riponesse.
“Bella musica, ottima canzone.” Giudicò, secco. “Ma ora ho
fame. Si pranza?”
Roy parve uscire dalle trame di un pensiero noto solo a lui.
Sussultò quasi, richiamato al presente.
“S-sì, certo. Andiamo a toglierci
la polvere dalle mani e mangiamo.” Infilò il foglio
nel libretto, chiudendo la questione.
Consumarono il resto dei cibi preparati in precedenza, discutendo
del più e del meno. Ed s’era tenuto alla larga
appositamente da tutto ciò che era accaduto poco prima.
Ma non riusciva a togliersi dalla mente quell’espressione
infelice, forse malinconica, che gli aveva scorto di sfuggita.
Magari non era vero che il Colonnello non l’aveva mai
cantata a nessuno… forse la tizia - per cui l’aveva
scritta, quella di cui era innamorato - l’aveva tradito, e per questo era
diventato un maledetto puttanier- uhm… un inguaribile
dongiovanni.
Peccato, però. Si
disse. Perché, se detti con sincerità e cognizione, quei versi erano davvero
una bellissima dichiarazione d’amore. Per quel poco che ne sapeva.
Gli affari di cuore
non avevano un capitolo apposito, nel Manuale del Piccolo Alchimista.
Ma ci voleva una persona di sicuro speciale, per conquistare Taisa Mustang.
Di questo era certo.
E quel pezzo era toccante.
A lui sarebbe piaciuto riceverne uno così. Con
le dovute modifiche, beninteso.
“A cosa stai pensando?” Roy gli passò una mano di fronte
agli occhi, per richiamarlo.
“Eh?!”
“Hai la testa sulle nuvole, Fullmetal.
A cosa pensavi?” s’interessò, con aria pettegola.
“A-ani-niente.
Davvero.” Sviò. “Che ne dice di una partita a carte?”
Sorrise. “Ti straccerò!”
“Questo è da vedere…” replicò, riacquisendo baldanza.
….
Alla terza vittoria consecutiva di Acciaio, il padrone di
casa insinuò un’ipotetica truffa, un inganno ben architettato ai suoi danni.
Edo rise, compiaciuto nell’averlo messo in difficoltà, e per
essere palesemente in vantaggio.
“Mescola lei?” fece dello spirito. “Chissà che non vinca!”
Mustang raccolse le carte sparse sulla trapunta, facendogli
la linguaccia in modo puerile. Ma una di queste scivolò oltre il bordo, tra i
guanciali e la testiera del letto. Forse era caduta sul pavimento.
Edward s’allungò per raccoglierla,
ma non ci arrivava.
“Hai le braccine corte, tu.” Lo
prese in giro l’uomo, con infantile rivalsa. La cosa gli si ritorse contro,
perché neppure lui riusciva a recuperarla.
“Hai le braccine corte, tu.” Il ragazzo gli fece eco,
scimmiottandolo.
Se l’era andata a cercare, quindi non replicò. “Mi
passeresti la torcia sul comodino?” propose, come armistizio.
Il biondo acchiappò il faretto e glielo porse; ma, quando si
fu infilato sotto al letto, la luce si spense debolmente.
“Morta. E’ finita la batteria.” Il lamento uscì attutito
dalle coltri.
“Resti lì. Se mi dice dove cercare…?”
“Le pile di scorta sono nel terzo cassetto dello scrittoio,
nello studio.”
“Ok.” Sì infilò un maglione, ed
uscì.
Continua...
Disclaimers: I personaggi e le
canzoni citati e in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di
essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.
In particolare:
‘Ti amo’ di U. Tozzi, ‘Per
averti’ di A. Celentano e ‘Hero’ di E. Iglesias.
Note varie: il titolo
di questa parte non credo abbia bisogno di chiarimenti, si spiega da sé.
Se vi state chiedendo come mai io abbia scelto proprio
queste tre canzoni… beh, il motivo è semplice: sono andata a pelle.
La trama della nevicata è stabilita da molti mesi, sapevo
cosa sarebbe successo, ma non mi ero imposta di scegliere per tempo quali
canzoni mettere. Sono state le prime tre che mi sono venute in mente e, benché
avessi potuto preferire altri pezzi, magari più calzanti, d’istinto mi sono
fidata. E il risultato mi soddisfa abbastanza.
C’è da dire che mi sono divertita a rendere Roy il più
romantico possibile, e Edo-kun che, con la sua
ingenuità uccide il suo romanticismo! XD
Senza contare che – quei due – non possono proprio fare a
meno di litigare! ^__=
Precisazioni al
capitolo precedente: Sono felicissima che la maggior parte di voi condivida
con me un’ipotetica visione di Mustang-con-chitarra.
^___^
Ringrazio Tao, per la bellissima immy
che mi ha mandato, che condivido con voi. *ç*
(Senza dubbio, assomiglia molto a
come me lo sono immaginato io ^////^)
X Beat: ho
scelto di chiamare la chitarra Betsy per diverse
ragioni, mi fa piacere che tu ne abbia colta una, e
cioè un velato omaggio a RobinHood,
perché un po’ il Taisa io lo vedo così! (Difensore degli indifesi *_*, figo
da paura*ç*, ecc…).
Vuoi una curiosità? In un noto
Musical su RobinHood, Betsy è il nome della dama di compagnia di Marian, che nella versione Disney
si chiamava Lady Cocca ^_^
Comunque l’ho scelto perché è un nome femminile disimpegnato, lo collego vagamente a
quelle ‘ragazze facili’ nei saloon del far west, se
devo dirla tutta.
Eppure è un nome che ispira familiarità, come una vecchia
cugina o un’amica d’infanzia, potremmo azzardare che sia
il diminutivo stagionato di Elizabeth, perché no? (Io
l’avevo pensato^^’’)
X Chiara: amo tanto le tue supposizioni/interpretazioni
*__* quindi, ti prego, non ti scusare e continua a farle!
Non ho descritto il risveglio perché ne ho già raccontati due, e questo non
sarebbe stato molto diverso. Senza contare che non volevo sforare: le prime 24
ore avevano 4 parti e anche le ultime 24 - che chiudono la nevicata – sono
divise in 4 pezzi.
X Chibimayu: no. A Edward non dava fastidio essere visto senza una maglia a coprire gli auto-mail, lo infastidiva solo il contatto fisico. E
comunque non da sempre, come avevo detto a suo tempo, è una sua mania
manifestatasi dopo che sono finiti coinvolti sentimentalmente.
Per le vostre richieste di
continuare questa saga all’infinito… credo sia un tantino impossibile, e prima
o poi vorrei dedicarmi anche ad altro. ^^’’
Ma, per la vostra gioia, ho contato le trame più vecchie e quelle che ho
buttato giù nelle vacanze natalizie e arriveremmo a 85 capitoli… quasi quasi mi vien voglia di approdare
ai 100! *__*
Comunque vedremo. Io non mi pongo dei limiti anzitempo. Ovviamente smetterò,
quando mi renderò conto che sto scadendo nella banalità o se la storia vi sarà
venuta a noia e i commenti caleranno drasticamente. Fino ad allora… rimanete
sintonizzati! ^__=
Per chi fosse interessato, ho
postato una fic nel fandom
di HarryPotter “Oltre il Velo”.
Non avendo altri mezzi, ringrazio fin da ora chi l’ha
commentata ieri.
Campagna di Promozione
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Farai felice
milioni di scrittori.
(Chiunque voglia aderire
al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio crede)
Come sempre, sono graditi commenti,
consigli e critiche.
Capitolo 36 *** Fire Man (VII parte: Non si possono raddrizzare le zampe ai cani) ***
Note: il seguente scritto contiene lievi riferimenti yaoi
Note: il seguente scritto contiene lievi
riferimenti yaoi.
Per ulteriori spiegazioni, compreso il sottotitolo, vi rimando
alla conclusione della fic, dopo la lettura.
Oggi non è giornata.
La prima notizia che ho appreso, appena
sveglia, è di aver perso il terzo posto di un Concorso per 3 centesimi di
punto.
Addio podio virtuale. Ai quarti non arriva
nulla.
Di umore uggioso, ho scritto un capitolo che
vi farà piangere, tra qualche mese, quando lo posterò.
Sul più bello, taglio-incollo il capitolo di
oggi, il 36, e per mia idiotissima distrazione salvo il word senza incollare.
Tradotto: ho perso tutte le pagine.
Se non l’avessi spedito a Shatzy tempo fa, in bozza,
avrei dovuto riscriverlo daccapo.
Piuttosto avrei fatto Harakiri, poiché questo
è uno dei capitoli a cui sono più legata in assoluto.
Di tutta la saga, ma non solo. C’è un pezzo
di me, qua dentro. E mi sono davvero imposta di accorciarlo, altrimenti l’avrei
allungato all’infinito, con altri ricordi. Leggendo capirete di che parlo.
Lo dedico a Shatzy, mia salvatrice inconsapevole.
Niente monumento, ma
almeno la mia gratitudine.
Fire Man
(VII parte: non si possono
raddrizzare le zampe ai cani)
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Da che aveva iniziato a frequentare Casa Mustang, Edward aveva avuto modo di entrare in ogni stanza, dal
solaio alla cantina – passando per il tetto -, a seconda
delle diverse necessità contingenti.
Su una cosa, però, non aveva mai fatto caso, se non in quel
momento, con quel pezzo di carta stampata che forse non avrebbe dovuto trovare.
Lo prese tra le mani, e s’incantò ad osservare le tre
persone raffigurate.
Taisa Mustang aveva diverse
fotografie sparse per l’appartamento: quelle ingrandite in salotto, ad esempio;
con Maes, Glacier e un’Elycia appena nata. Oppure quella in cui compariva da solo,
con la sua figlioccia in spalla, in una giornata di sole, - giusto davanti ad Elric, lì sulla scrivania, vicino ad una scolaresca, il
giorno del Diploma all’Accademia Ufficiali. Quella
appesa al muro del soggiorno, che lo ritraeva il giorno del suo Giuramento allo
Stato di Amestris, o ancora quella in cui il
Comandante Supremo in persona gli conferiva il grado di Colonnello.
In camera da letto, sul suo comodino, teneva una foto
vecchia, di un Roy ed un Maes bambini, abbracciati ad
una signora di mezza età. E poi c’erano quelle della sua truppa, più o meno
recenti. Persino una in cui comparivano anche lui e Al,
scattata in una ricorrenza che adesso neppure ricordava.
Ma la fotografia che teneva nell’auto-mail non aveva
cornice, era consunta, con gli angoli un po’ ingialliti.
Un Roy Mustang approssimativamente di sette o otto anni, in
piedi tra una coppia abbastanza giovane. Una posa rigida, quasi austera; tutti
seri a fissare l’obiettivo fotografico.
Ed non aveva dubbi, perché l’uomo
era pressoché identico al Taisa e la donna, minuta e
straordinariamente bella, aveva gli stessi capelli neri ma gli occhi chiari,
che lui non riusciva a distinguere completamente.
Una foto di famiglia. L’unica, a ben vedere, in tutta la
casa.
L’unica che raffigurasse il FlameAlchemist con i suoi genitori. E giaceva in un cassetto,
dimenticata, forse nascosta…
“Hai trovato le pile?!”
Edo sussultò, spaventato dall’improvvisa comparsa del suo
superiore, e l’immagine gli sfuggì di mano, svolazzando a terra, dopo aver volteggiato
qualche istante.
Quando Roy la vide, s’irrigidì, incupendosi. Avanzò di
scatto, afferrò il pezzo di carta e lo gettò nel cassetto, richiudendolo
infastidito.
“Taisa, io… io non volevo
curiosare, lo giuro!” esclamò, concitato e contrito. “Era lì, sotto le pile,
e…”
“Ti pregherei di non toccarla mai più e di dimenticartene.” Dichiarò, gentile ma perentorio.
Edward ebbe la nitida impressione
che si stesse contenendo, e fosse lì lì per
sgridarlo.
“Mi dispiace davvero…” si scusò nuovamente, senza sapere
esattamente che dire, afferrando le batterie che aveva posato sul ripiano di legno, prima di scovare la cosa incriminata.
Roy parve farsi di colpo triste e il suo sguardo vagò
remoto, per qualche istante. Edo attese, rispettando quel momento di debolezza.
“Ecco.” Disse secco, andando a colpo sicuro e sfilando una
grande custodia di cuoio. “Se vuoi vedere.” Aprì la scatola con cura, svelando
un album. Glielo porse, ma non attese. Giratosi, tornò in camera da letto, a
recuperare la carta persa, con le ricariche che aveva ottenuto dal ragazzo.
Il giovane Elric lo seguì, anche
perché lì dentro faceva davvero freddo.
Posò il raccoglitore sulle coperte, incerto se sfogliarlo o meno.
Gliel’aveva dato, sì. Ma sembrava quasi una provocazione,
quasi ad istigarlo, per vedere se ne aveva il coraggio o la sfrontatezza.
Si limitò ad osservare la copertina, anch’essa di pregiato
cuoio.
L’Alchimista di Fuoco raccolse quel due
di picche, e ripose tutto il mazzo nella sua scatolina.
“Se te l’ho dato, è perché tu possa guardare.” Chiarì, versandosi un bicchiere d’acqua, per nascondere i
residui del turbamento.
Quindi non poteva più
tornare indietro, no?
Lo aprì con cautela. Le prime foto riguardavano la famiglia Hughes, decine di scatti, di sicuro regalati dal Tenente
Colonnello, che era un patito del genere.
A mano a mano che proseguiva, s’accorse che erano divise per
argomento, ma non per ordine cronologico.
Ce n’era una che raffigurava la signora Glacier
in abito da sposa, accanto ad un Maesmolto più giovane, anch’egli vestito da cerimonia; un’altra,
evidentemente fatta lo stesso giorno, ma stavolta accanto allo sposo c’era il
Colonnello, intento a sistemargli la cravatta.
“Ho fatto il testimone di nozze a quell’idiota.” Disse il moro, di punto in bianco. “Ho dovuto persino
vestirlo, tanto era agitato.” Lo disse quasi con
scherno, ma si capiva che era un ricordo tenero.
La successiva istantanea mostrava tutti e tre, seduti ad un
tavolo lungo, in un locale… forse un bar.
Riflessa al contrario, sulla vetrata, appariva una grande
foglia color ruggine.
“Noi tre, al nostro angolo preferito, dentro al Maple Café. Era un bar gestito dagli zii di Glacier.”
“E’ qui ad East City?”
“No. Era a Central. Ma è stato demolito l’anno scorso, credo.”
“E’ una foglia di un acero, quella?” chiese, annuendo verso
la rifrazione sulla lastra.
“Sì, dava il nome al locale. Ma ora prosegui.”
Ed vide un’istantanea che lo
emozionò: la signora Hughes, con un grande pancione.
Tutta sorridente si accarezzava il ventre gonfio. Mancava
poco alla nascita di Elycia… e lui c’era stato. La
conservava ancora, quella che il Tenente Colonnello gli aveva rifilato in mano,
per ricordo, mentre svolazzava di gioia per la stanza.
E poi le fotografie della bimba, a tutte le età, ad ogni
compleanno: da sola, con i genitori o con lo zio Roy.
Un Roy Mustang sempre sorridente, felice.
In una, in particolare, il Colonnello dava il biberon alla
neonata, accoccolati su una sedia a dondolo. Una scena dolcissima, che gli fece
spuntare un sorrisone di tenerezza.
Quasi metà dell’album era riservato a loro.
E poi, quasi di colpo, il soggetto mutò. Due ragazzini pieni
di lividi e graffi, con le canne da pesca e il bottino in mano, orgogliosamente
messo in mostra: due miseri pesciolini, due trote fario.
“Abbiamo scalato la briglia, perché Maes
era certo che fosse il posto migliore
per pescare. Scemo io, a dargli retta. Ci siamo quasi rotti l’osso del collo.”
Brontolò.
Le seguenti raffiguravano ancora i due bimbi, anche se d’età
diverse. Ma Roy era sempre il più basso, tra i due. Edward
glielo fece notare.
“Stai zitto, nano!” rispose stizzito, “Maesbeveva vagonate di latte, peggio di un vitellino!, non riuscivo a stargli dietro…”
Una signora, la stessa di un’altra foto che il Colonnello
teneva incorniciata, apparve dinnanzi, girando pagina.
Un Mustang bambino la abbracciava stretto, nascondendo il
musino contro la crocchia di lei.
L’Alchimista non commentò.
Ma anche la consecutiva li ritraeva, con Hughes,
stavolta. Enormi sorrisoni sdentati, rivolti verso
l’obiettivo fotografico.
I visetti sporchi della merenda appena fatta, che spuntava
da un angolo della carta stampata: un tavolo e un barattolo di marmellata e del
pane. Due bicchieri colmi. Era latte, quello?
Rabbrividì d’istinto, benché fosse nel dubbio. Lo stesso
dubbio, di aver sentito l’uomo accanto a sé sussurrare un nome.
“Obaa-chan.”
“Era sua nonna?” s’azzardò a chiedere.
“No. Era la nonna di Maes. Ma mi
voleva un bene dell’anima; mi ha allevato, praticamente.”
Moriva dalla voglia di chiedergli come mai.
Non ce
l’aveva, lui, una famiglia?!
Un piccolo Roy piangente gli si parò davanti, la donna lo
consolava invano.
Edward si limitò a sbirciarlo di
soppiatto, ma non fu abbastanza lesto, perché si sentì dire:
“Ero caduto sopra un cardo in piena fioritura e mi sono
ritrovato le mani piene di spine. E lei, con pazienza, me le tolse una ad una.” Si fissò il palmo destro, quasi aspettandosi di vedere la
pelle infilzata dagli aghetti. “E quel mentecatto immortalò l’evento, come se
si potesse mai dimenticare una disavventura così!” bofonchiò, voltando la
pagina per lui.
“Tutta la famiglia Hughes.”
Chiarì, indicando ciascuno.
La mamma del Tenente Colonnello gli assomigliava tanto, e
portava gli occhiali come lui.
In un’altra figura ingiallita, un giovane Mustang suonava la chitarra seduto in quella che doveva essere una cucina.
Era stato ritratto di sorpresa, a tradimento.
Anche nelle successive immagini, Roy compariva sempre, nei
momenti più disparati.
“So che te lo stai chiedendo.” Sputò fuori, evitando di proposito
di incrociare il suo sguardo. “Ti domandi perché
sono con loro.”
“No, io non…” tentò di discolparsi, ma non era vero. “Sì.”
Ammise.
“‘L’amore di tua madre
non devi meritarlo, mentre devi meritarti quello di tuo padre’.
Affermò una volta un grande poeta. Ma se, per quanto tu faccia, non ottieni né l’uno né l’altro?” lo provocò, ma non attese
risposta. “Il motivo è semplice, Fullmetal. Loro mi volevano bene; soprattutto Obaa-chan. Mi adorava.
E io cercavo di passare quanto più tempo potevo, in loro
compagnia. Perché mi sentivo accettato, e amato.
Ovviamente venivo puntualmente
punito, quando rincasavo. Ma era un buono Scambio Equivalente.” Sospirò,
stavolta non per gioco. “Victor Mustang, mio padre,…non gradiva
essere contraddetto. E aveva una concezione piuttosto personale di
‘educazione’”. Fissò di sfuggita la fibbia della cintola che pendeva dai
pantaloni della sua divisa, appesa al portabiti, nell’angolo della camera.
“Pretendeva che facessi ciò che
voleva lui, e come lo voleva lui… e,
per quanto mi sforzassi, non ci sono mai riuscito. Il suo unico figlio è stato
per lui una completa delusione. Su ogni fronte.”
“Ma, Taisa, non può essere… la
chitarra, per esempio. Come può non averla lodata?”
Sorrise acre. “Semplice. Non l’ha mai saputo! Non avrebbe
mai approvato quest’inutile perdita di tempo… me la regalò la madre di Maes, e io andavo a casa sua, ad esercitarmi con Betsy di nascosto. Ecco perché la odia ancora adesso!”
“Poi… vi siete chiariti?”
“Chi? Io e Victor? No, direi
proprio di no. Anche perché è morto parecchi anni fa.”
“Caspita! Mi dispiace…”
“Perché dovrebbe dispiacerti? A me non dispiace affatto…”
“Ma Taisa!” s’indignò.
“Tu non c’eri, Ed.
Tu non puoi sapere.”
Sibilò. “E poi anche tu odi VanHohenheim,
sebbene per ragioni diverse.
Un padre troppo presente, e un padre completamente assente.
A volte è ironico il Destino, non credi?”
Si ritrovò ad annuire, perché in fondo sì, lo poteva capire.
“Abbiamo raggiunto il culmine, quando lui decise
che io avrei mandato avanti l’attività commerciale di famiglia. E io mi opposi,
per la prima volta.
Volevo rendermi utile per gli altri, volevo imparare
l’Alchimia, arruolarmi, servire il mio Paese. A quel tempo, prima di Ishbar, credevo ancora in tante cose, credevo in un mondo
più giusto. E lui, nel suo egoismo, non comprese. La cosa buffa è che sia stata l’unica occasione in cui lui aveva ragione, e
io torto. Ma era mosso dal suo amor proprio, non mi dissuase per il mio bene.
Quindi me ne andai, per sempre. E lui mi diseredò.
Mi sono pentito di
tante cose, in questi anni, ma mai
di essermene andato.
Oggi invece, voglio diventare Comandante Supremo, perché gli
orrori che ho vissuto non accadano mai più. E non mi importa di quanti culi dovrò leccare, o quanta merda
dovrò spalare. Io ci riuscirò. Peccato non possa più sbattergli in faccia la
mia soddisfazione!” uno sguardo cattivo accompagnò le sue parole iraconde. “E
invece non mi toglierò mai questo sfizio! Quel bastardo s’è addormentato una
sera, e non si è più svegliato. Non sono neppure stato avvisato del funerale,
per sua preventiva – ed esplicita – disposizione.
Mia madre, invece, s’è lasciata morire; l’ha raggiunto sei
mesi dopo.” Concluse, con freddezza, come se la cosa
non lo toccasse neppure.
Forse aveva odiato
quella donna di riflesso: una figura evanescente, succube del marito violento e
prepotente. Si disse Edo, provando non pietà, ma
compassione, per lui. E per questa
ragione... aveva un costante rapporto superficiale con le donne?
Senza coinvolgimenti?
Senza impegno? Per sfuggire al fantasma di una mamma così? Una compagna che non
arrivasse a conoscerlo, per non ferirlo? Avrebbe voluto chiederglielo, ma
capiva da solo che si sarebbe spinto troppo oltre, davvero troppo.
Aprì una nuova pagina, v’era un’unica foto, nel centro. Un
uomo dall’età difficile da definire, seduto oltre una possente scrivania, uno
sguardo severo e intelligente, un viso vagamente familiare.
“HawkeyeSensei.
Devo a lui la mia conoscenza dell’Alchimia di Fuoco.”
“Ah! Ma che combinazione! Ha lo stesso cognome del Tenente!”
“Non è una coincidenza. Il mio maestro era suo padre.”
Edward boccheggiò, a corto di
parole.
“Ma allora… perché il Tenente non la pratica? Non l’ha
studiata?”
Roy parve riflettere, perché non era giusto metterlo al
corrente dei segreti di lei, eppure non voleva rispondere con una menzogna. Si
risolvette per una mezza verità. “A suo modo, Rizapossiede l’Alchimia del Fuoco.”
Parve bastargli quella spiegazione, perché Elric non chiese oltre.
“Quindi… ha vissuto a casa Hawkeye per lungo tempo?”
“Abbastanza, sì.” Annuì.
“Perciò, il padre del Tenente è stato come un padre anche
per lei?”
Ghignò amaro. “E’ stato un maestro esigente, questo sì. Ma
non un padre. Credo non lo sia mai stato, nemmeno per lei, a conti fatti.”
“La signorina Riza le ha messo a
disposizione la sua efficienza, la sua preparazione, per volere paterno?”
Ne fu sorpreso. “No. Per una serie di ragioni che non sto
qua a snocciolare. Cose vecchie, risalenti a Ishbar,
e forse anche prima. Potrai chiedere a lei, se mai vorrai.” Tagliò corto. “Di
certo, però, noi tre siamo stati alquanto sfortunati, con i padri che ci sono
toccati in sorte.”
“A lei andrà meglio, vedrà.” Lo consolò.
“Io? Genitore?!” Oh, non se ne
parla neppure! Sono a malapena in grado di allevare un gatto!” si schernì,
fissando il micio tigrato che dormicchiava nella cesta.
“Ma lei potrebbe essere migliore di suo padre, e non
ripetere gli stessi sbagli!” lo incitò, sostenendo con vigore la propria tesi.
Insomma!, era risaputo che Taisa Mustang fosse un incurabile lavativo, accanito
sostenitore del fancazzismo ad oltranza, però… però
era altrettanto innegabile che fosse una figura paterna per tutti i suoi
subordinati. Una persona di riferimento, un uomo da seguire. I ragazzi avevano
sposato il suo ideale, e avevano cieca fiducia in lui. Erano pronti a perdere
la vita, per il suo sogno!
“Io penso che…”
“Lascia perdere, credimi. Tora mi
basta e mi avanza!” spinse oltre la pagina, svelando foto risalenti appunto
alla Grande Guerra dell’Est: immagini del Fronte, sabbia e sabbia ovunque. E
ancora sabbia.
Le seguenti rappresentavano ancora momenti nell’esercito.
Alcune dell’Accademia, come l’ingrandimento appeso, altre al poligono di tiro o
durante una partita di scacchi, qualcuna ancora con Mustang in divisa, in
mimetica, mentre era serio o faceva lo sciocco con dei commilitoni. Infine,
c’erano le istantanee della sua truppa: un Havoc coi
capelli più lunghi e l’immancabile sigaretta; un Breda
più magro, ma meno gioviale, un Fury pressoché
identico al presente, così come Falman, in uno dei
rari momenti in cui sorrideva.
C’era persino Black Hayate, con e
senza Riza, l’impeccabile Tenente Hawkeye,
che – cosa eccezionale – accennava timidamente ad un sorriso. Talune la
ritraevano più giovane, coi capelli lunghissimi, e poi corti e ora di nuovo lunghi, nelle più recenti.
E ancora i ragazzi, in pose serie o buffe, in ufficio o
chissà dove – lo sfondo non era distinguibile.
“Talvolta, ho come l’impressione di aver sempre vissuto in
una Caserma. L’ordine intransigente e la disciplina ferrea del mio vecchio, prima; e la scelta di entrarci per
davvero, poi.
Quello che so per certo, è che l’Esercito è la mia casa.
Tu e i ragazzi siete
la mia famiglia. E quell’idiota di Maes. Il miglior fratello che potessi avere.” Confessò,
abbozzando una smorfia impacciata.
“Non ha più… nessun parente in vita?”
Non c’era poi da rifletterci su molto. Gli restava quella
vecchia gatta spelacchiata, sorella di suo padre, la zia Margareth; che meno vedeva e meglio stava. Cosa
che, per fortuna, accadeva assai di rado. Perciò scosse la testa in senso di
diniego.
Il ragazzo s’intristì suo malgrado per lui, distogliendo lo
sguardo a disagio.
Nelle ultime immagini c’era anche Edward,
da solo o assieme ai ragazzi, o con Al, in molte più
rappresentazioni di quante avesse immaginato. E anche qualcuna di Tora, da cucciolo, e poi via via
più grande.
Nessuna ragazza, nessuna donna – tra le miriadi di conquiste
vantate dal FlameAlchemist
– neppure una campeggiava in quella raccolta. Nessuna che fosse stata degna,
nessuna così importante da avere il diritto ad entrarvi.
Lo constatò quasi di sfuggita, eppure era rilevante, una
cosa essenziale. Perché quello era
sacrario personale di Roy Mustang.
Restavano pochi fogli bianchi, e poi l’album sarebbe stato
completo.
Fu chiuso con un piccolo tonfo, e la magia fu rotta.
Il Colonnello s’alzò dal letto, e uscì dalla stanza,
portando con sé quel tuffo nei ricordi, dolorosi e piacevoli.
Edward si stropicciò le dita del
piede di carne intirizzite, quando il Taisa avesse
fatto ritorno, gli avrebbe chiesto di alzare un po’ la stufetta.
Si sfilò il calzino, cercando di riattivare la circolazione
con la mano sinistra, perché sentire il freddo acciaio su di sé era alquanto
sgradevole.
“Che stai facendo?” si sentì chiedere, da un Roy tornato
parecchio baldanzoso, con uno spuntino sul vassoio.
“Alza il riscaldamento? Ho un arto assiderato.”
“Perché non porti i calzini?!”
“L’ho fatto, ma è freddo lo stesso… Non è che posso
strofinarli uno con l’altro!” si difese, piccato.
Avrebbe potuto usare l’Alchimia del Fuoco, intiepidire un
panno e consegnarglielo. Invece si chinò a strofinargli l’arto con le proprie
mani, massaggiando con vigore e precisione.
“Ritiro tutto: tu non sopravvivresti ad un Campo Invernale!”
lo prese in giro.
Ma non ricevette la replica pepata che ci si aspettava dal
suo Fagiolino. Era troppo imbarazzato, per reagire a tono. Sentiva le guance
arrossarsi ed arroventarsi. Ma non poteva certo cacciarlo via, no?
“Devo scaldarti anche il naso?!”
Ed sussulto. Che sapesse...?
L’immagine nitida di quella mattina gli passò davanti,
assieme al Portone d’accesso del Tribunale Militare.
“Non… non mi dica che lei sa…” deglutì.
“Certo che lo so!” lo contraddisse il moro, sorridendo
sornione. “Di solito, chi ha i piedi freddi ha anche il naso congelato… è
indice di una cattiva circolazione.” Lasciò la presa.
“Va meglio?”
Fu lesto a ritirare il piede, quasi fosse
stato imprigionato e liberato da una tagliola. “S-sì,
grazie. Benissimo.” Squittì. “Vado in bagno un attimo.” Non attese il permesso
e si dileguò.
Quando tornò, Mustang stava leggendo un libro di narrativa,
e Tora sbocconcellava la sua parte di merenda.
Sospirò. Alla fine, il Colonnello non aveva capito un bel niente, e lui era
salvo. Anche se il dubbio l’avrebbe accompagnato a lungo…
Continua...
Disclaimers: I personaggi citati
e in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna
forma di lucro, da parte mia.
Note varie: il titolo
di questa parte è un proverbio popolare:‘non si possono raddrizzare le zampe ai cani’. Chiaramente indica l’impossibilità (da parte del
padre del Taisa) di cambiare la natura, il carattere di
Roy, che io ritengo abbracci l’indole del ‘mi spezzo
ma non mi piego’.
E poi il riferimento di Roy
all’aver sempre vissuto in Caserma, prima con la rigidità e inflessibilità
paterna, e poi nell’Esercito.
Di primo acchito, sembra una
contraddizione. Cioè… se ha odiato così tanto il comportamento del genitore,
perché scegliere una vita improntata così?
In realtà, la cara vecchia
psicologia descrive ampiamente questo comportamento, tipico di chi ricerca e
attua l’unico modus vivendi che ha conosciuto.
E’ il caso di donne che hanno
vissuto un’infanzia con padri violenti e magari dipendenti da alcool e droghe,
che finiscono per scegliere un compagno che si rivela altrettanto manesco e
inaffidabile.
Magari cambiando più partners nel corso della vita, ma sempre incarnanti questo
archetipo, perché la voglia di rivalsa e di rifarsi una vita migliore non
basta.
Chi, ad esempio, ha vissuto in
famiglie di stampo militaresco, tende a voler far carriera in un Corpo dell’Esercito,
per un inconscio richiamo alle proprie radici anche se
– di facciata - potrebbe aver odiato apertamente e rinnegato quel periodo della
propria esistenza.
Non è quindi casuale, io credo che
Roy ricostruisca il suo archetipo: famiglia severa + amore degli Hughesßà Esercito + truppa
(famiglia surrogata). E’ UN SILLOGISMO IMPECCABILE.
La frase di Roy: “Tu e
i ragazzi siete la mia famiglia. E quell’idiota di Maes. Il miglior fratello che potessi avere.” Non ve la
siete sognata, non è un déjà vu. L’ho scritta identica nel lontano capitolo
“Gattemorte (a volte ritornano)” il n°17.
Siccome la trama della nevicata era pronta già da allora, ho inserito il
richiamo al passato.
Ovviamente le riflessioni di Ed non sono precisamente
quanto accaduto, ma il ‘riassunto’ di quell’evento:
la foto ritrovata, i ricordi amari, la frase.
Sempre in quel capitolo, avevamo fatto la conoscenza di Magareth
Mustang. Ricordate? ^__=
Sacrario: è un
luogo in cui raccogliere oggetti importanti, sacri, di culto, figurativamente
indica l’intimo dell’animo o la sfera degli affetti e dei sentimenti più
privati e riservati.
All’interno ho inserito una autocitazione, il primo omaggio alla mia fic “Maple Café”, come promesso.
“L’amore di tua madre non devi meritarlo, mentre devi meritarti quello di tuo
padre.” E’ una frase del poeta RobertLeeFrost.
Avevo forse preparato altre riflessioni, perse col word di
stamattina. Nel caso sopravvenissero, le inserirò nel
prossimo postaggio.
Precisazioni al
capitolo precedente: Pur ritenendo Al un personaggio buono, anche a me spesso e volentieri sta sulle
scatole.
Quando scrivo una RoyEd, devo sempre inventarmi qualcosa di plausibile,
perché non stia sempre tra i piedi a loro due e a me! è_é
Rispondendo a Dimea: no. Io non suono la chitarra, ma la cosa è alquanto una
tragedia greca. Sono secoli che desidero imparare e, quando ho avuto una
chitarra, mi è venuta la tendinite e quindi ho smesso, appena dopo qualche
accordo. Per problemi al polso mi è stato sconsigliato di usarla. Resta uno dei
miei sogni. Magari in futuro… per adesso so solo accordarla e cambiare le corde
rotte… ^^’’
X Sparrow: no. Non ho già scritto fino
all’85° capitolo. Ho scritto le trame, sì; e alcune delle scene coi dialoghi,
ma non ho tutti i capitoli pronti! >.<
X Chamaedrys: gongolo sempre quando sento che una mia fic
ha contribuito alla Causa a cui sono votata, quindi le tue parole mi riempiono
di gioia, sia per la tua neonata passione al RoyEd,
che per l’avvicinamento al mondo shonen-ai/yaoi. Grazie di avermelo detto! ^__^
Per chi fosse interessato, ho
postato un’altra fic nel fandom
di HarryPotter “Un amore di zucca”.
Non avendo altri mezzi, ringrazio fin da ora chi l’ha
commentata.
Campagna di Promozione
Sociale - Messaggio No Profit:
Dona l’8‰ del tuo tempo alla causa
pro recensioni.
Farai felice
milioni di scrittori.
(Chiunque voglia aderire
al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio crede)
Come sempre, sono graditi commenti,
consigli e critiche.
Capitolo 37 *** Fire Man (VIII parte: Torna a casa, Lassie!) ***
Note: il seguente scritto contiene lievi riferimenti yaoi
Note: il seguente scritto contiene lievi
riferimenti yaoi.
Per ulteriori spiegazioni, compreso il sottotitolo, vi rimando
alla conclusione della fic, dopo la lettura.
Dedicato a chi ha commentato i
precedenti capitoli della raccolta.
E a chi ha aggiunto ‘It’s raining’ tra le proprie
letture preferite. Siamo arrivati a 60.
Non posso che gioirne.
Grazie!
Fire Man
(VIII parte: Torna a casa, Lassie!)
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Nel tardo pomeriggio, la luce comparve da sé, quasi per
miracolo. Guardarono alla finestra e alcuni operai, con le ruspe e spartineve,
ripulivano l’inizio della via, dove c’era un rattoppo provvisorio alla rete
elettrica e a quella telefonica.
“Chiama Alphonse!” disse il
padrone di casa, consapevole che l’altro se ne sarebbe andato.
Non se lo fece ripetere due volte, prese la cornetta e
compose il numero.
“Al!, stai bene? …sì, anch’io.
Glielo riferirò.” Dialogò. “Visto che non ci sono problemi, ci vediamo
domattina!” salutò e riappese il ricevitore. “Il Quartier
Generale riapre alle otto; il briefing degli Ufficiali è alle
nove punto zero-zero.” Precisò, rivolgendo l’attenzione al Colonnello.
L’uomo sbatté le palpebre, confuso. “Come hai detto?”
“Che domani si torna al lavoro!”
“No. Prima…”
Edo fece spallucce. “E’ quasi buio. Le strade sono un
disastro. Ho pensato che tanto valeva che restassi qui
e le dessi una mano a riordinare, come aveva suggerito ieri... A lei, do
fastidio?”
Roy boccheggiò, in cerca d’ossigeno.
Davvero, un tale comportamento, non se l’aspettava proprio!
Quasi non ci credeva.
Era così gongolante, che per poco non si chinò a baciarlo.
Lì, in quel momento, e ‘fanculo tutto il resto.
Si fece violenza, reprimendo quell’insano
istinto.
“In fondo, è mercoledì.” Palesò Elric,
precisando un’ovvietà. “Io, tutti i mercoledì sera, sono qui!”
“Non so se riesco a sopportarti ancora, dopo queste quarantotto ore. Non vorrei fare indigestione!”
recitò, melodrammatico. “D’altra parte, è il giorno delle coccole di Tora. Magari sennò si offende.”
“Giusto. Allora resterò per Tora.”
Si risolvette, accomodante.
Mustang s’avviò in cucina. “Vado ad imbastire una cena
calda! E poi, intanto…”
Edward e il loro micio lo
seguirono. La catasta di piatti sporchi e posate incrostate campeggiava
gloriosa nel lavello.
“Io lavo e tu asciughi?” propose il moro, indossando il
grembiule.
“Ma non ero qui solo per
Tora?” lo prese in giro, di buonumore.
“Tora non scappa mica; invece i protozoi
che stanno crescendo nell’acquaio, sì!”
Dieci giorni dopo la
nevicata…
Edward arrivò, saltellando, a Casa
Mustang.
La missione lo aveva tenuto lontano da East
per più di una settimana, e lui odiava
lasciare una lettura in sospeso.
Già pregustava di
terminare quelle 280 pagine del tomo di Chimica Organica...
Aprì la porta, e si trovò dinnanzi un salotto completamente
stravolto e riorganizzato: il divano e la poltrona, la lampada a lungo stelo;
al posto della credenza, un enorme caminetto troneggiava nell’angolo, dove
sempre c’era stata la radio.
Un bel focolare scoppiettante e un tappeto soffice steso
davanti.
“Taisa…?” bisbigliò, al colmo
dell’incredulità.
Roy sorrise.
“Te l’ho detto... Ero curioso di vedere com’era.”
Lo vide sbattere le palpebre, a corto di parole, e fiondarsi verso la fonte di calore.
“Alt!” si frappose fra il ragazzo e la meta. “Togliti le
scarpe!” lo sgridò, ridendo a fior di labbra.
Non se lo fece ripetere due volte, lanciando scompostamente
in aria gli stivali e correndo scalzo sul pregiato arazzo. “La costringerò ad
accenderlo fino a primavera!” lo minacciò, scherzoso, senza distogliere la
vista dalla danza delle fiamme.
“Vuol dire che ti trascinerò con me nei boschi a raccattar
legna!” lo avvertì a sua volta, nel medesimo tono leggero.
Era così entusiasta che annuì ancor prima di parlare. “Si
può fare!”
“Ti piace?”
“Se mi piace?! E’… è…” farfugliò,
eccitato.
Mustang rise nuovamente. “Ok, ok. Ho capito! Sei così elettrizzato che potresti fare
scintille!” si burlò, divertito.
Abbozzò una smorfia colpevole, accarezzando la cappa calda
con la punta delle dita, l’arabesco disegnato sull’architrave e i piedritti di
mattoni rossi, smaltati di vernice ignifuga.
Giocherellò con gli alari, per ravvivare un ciocco; mentre
l’uomo si beava di quel suo entusiasmo quasi infantile, staccandosi dall’angolo
da cui aveva assistito alla scoperta. Era il momento di concludere al meglio,
anche se lasciava a lui la scelta finale.
Si abbassò a prendere i due libri, postati sul basso tavolinetto davanti al divano, quello che Mame-chan doveva finire e una raccolta di fiabe di Elycia, che la bimba aveva dimenticato lì, l’ultima volta
che era venuta a trovarlo.
“Cosa preferisci?” domandò, sventolandogli davanti al naso,
a turno, i due tomi.
Nella concitazione della novità, Edward
aveva completamente accantonato e rimosso Chimica Organica
dalla sua testa.
E poi... beh, aveva
aspettato quasi dieci giorni, cosa cambiava se...?
Ma Roy fraintese quel suo silenzio, forse l’aveva messo a
disagio? Gli avanzò un’offerta mascherata da provocazione. “Vuoi che ti legga
la fiaba della buonanotte?” domandò retorico, certo che l’altro avrebbe dato in
escandescenze, e avrebbero ristabilito un equilibrio della situazione.
Edo inclinò la testa di lato, in modo ingenuo.
“Mi suonerebbe qualcosa?” chiese invece, puntandogli due
pozze d’ambra in attesa.
Non avrebbe mai capito se gli aveva reso pan per focaccia, o
se fosse stata solo una richiesta innocente.
Però fu il suo turno di restarsene imbambolato, fintanto che
il ragazzo - stiracchiandosi pigro e voluttuoso, come un felino sazio – non si
sollevò agile per prendere dallo scaffale il canzoniere e posarglielo davanti,
in chiaro invito, per poi riaccoccolarsi a gambe
incrociate al centro del tappeto, con Tora in grembo,
già pronto a farsi grattare il pancino.
Come avrebbe potuto
dirgli di no?
Betsy, che tanto a lungo aveva
riposato nello sgabuzzino dimenticata, difficilmente vi
sarebbe ritornata tanto presto.
Fine
Disclaimers: I personaggi citati
in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna
forma di lucro, da parte mia.
Note varie:il titolo
di questa parte è tratto dall’omonimo, celeberrimo film (il primo di
sette), che ha come protagonista una cagna: una famiglia molto povera è costretta a vendere l’amatissima Lassie, una femmina collie. La cagna, però, compie un avventuroso viaggio
per tornare da loro.
Una curiosità: cercando gli estremi del film, mi sono
imbattuta in una canzone di Ivan Graziani, intitolata
anch’essa “Torna a casa, Lassie!”. Il link qui sotto vi porterà a leggerne il testo, perché… beh,
ci sono punti in cui rivedo molto Edward, in questa
canzone, anche se alla lontana.
Briefing è una
riunione di lavoro (all’interno di un’azienda o più spesso tra le gerarchie
militari), per ottenere ragguagli, indicazioni e ordini da eseguire, fare il
punto della situazione.
Se siete curiosi, o non avete ben chiara la forma di un
focolare, mi sono permessa di inserire (senza alcuno scopo di lucro o
appropriazione) la struttura base di un caminetto:
I protozoi sono organismi unicellulari; popolano attualmente in numero
sterminato i mari, acque salmastre e dolci, i terreni umidi. Attecchiscono e si
diffondono rapidamente ovunque, specialmente su materiali in decomposizione, sono
sovente parassiti (infettuosi) di altri organismi
vegetali e animali, conducono spesso vita in simbiosi. (DaWikipedia, l’Enciclopedia Libera)
E con questo cap si conclude ‘La Grande Nevicata’ e un po’ mi dispiace, perché mi ci ero affezionata ç___ç
Dal prossimo, si ritorna a vagare nell’asse temporale della
loro storia: tra gatti, cani e pioggia.
Ancora Buon Viaggio! ^__=
Precisazioni al
capitolo precedente:
Il due di picche è la carta ritrovata sotto la letto da Roy. Se lo sia davvero
o no, se ‘il due di picche’ sia solo una nota
metafora… lascio sceglierlo a voi. Vi confesso che ero indecisa con il re di
cuori ^__=
- Ringrazio di cuore Sparrow, per
aver messo nella sua recensione il link:
per vedere una bellissima serie di immagini che assomigliano
molto al risveglio con naso (con)gelato del nostro Fagiolino! (peccato le immy siano piccole, ma
– se salvate l’immagine - potete ingrandirla a piacere con un qualsiasi
programma di AdobePhotoshop
o Paint, ecc…)
- Vorrei ringraziare (in particolare) Nacchan
e Mua, che – pur odiando Roy – si stanno
‘appassionando’ alle sue disgrazie in questa raccolta.
Come ha detto Mua, riferendosi
allo scorso capitolo, scoprire che qualcuno ha trovato cose
molto personali di te, senza il tuo permesso, è alquanto sgradevole.
Lei ha dato un’interpretazione
perfetta di quello che volevo esprimere:
“Quando ha dato a Ed l’album... beh, sembrava quasi che volesse dire "hai
scoperto quella foto... tieni, con questo riceverai le risposte alle domande
che sicuramente ti sei posto", ma potrebbe anche voler dire "tieni,
curiosa ancora un po’ nel mio passato!" ci potrebbero essere varie
interpretazioni di quel gesto... naturalmente, però, questo è solo il mio punto
di vista^.^!”
Corrette entrambe, perché da un
lato abbiamo un Roy che ama a tal punto Ed da
consegnargli lo scrigno dei suoi più intimi affetti, dall’altro non può non
essere infastidito dal ritrovamento. Persino Edo-kun
ha il dubbio che lo stesse sfidando, quando gli ha consegnato l’album in mano.
- Le riflessioni di Hokori sul
perché Roy abbia conservato una foto di famiglia, malgrado la odi e la
rinneghi, mi ha fatta riflettere. Lei stesa ha dato delle ottime ipotesi
verosimili; ma io, sinceramente, quando l’ho scritta, ho pensato più ai ‘come’,
non ai ‘perché’. Nel senso: è l’unica foto separata dalle altre nell’album, è
l’unica ingiallita, con gli angoli rovinati, senza una cornice o la pellicola
trasparente dell’album a proteggerla dal tempo, dalla polvere. E’ buttata alla
rinfusa in un cassetto. Tutto questo stride con la cura con cui conserva e apre
il raccoglitore, il suo sacrario.
E finora, come giustamente dice Chiara, abbiamo sempre
pensato a Edward senza casa, una casa che gli sarà
offerta dal Taisa, sì. Ma il Colonnello otterrà una
famiglia tutta sua da amare, non un surrogato. Non è un perfetto Scambio
Equivalente?! *__*
- Ringrazio Dimea, e spero
comunque che questo capitolo non abbia riaperto vecchie ferite.
- E Chibimayu per la pubblicità
sfrontata! XD (chissà che le recensioni aumentino! ^__=)
- Do il benvenuto a Mala_Mela, sia
nel fandomRoyEd che come
nuova lettrice. ^___^
Ringrazio sinceramente per le recensioni a ‘What’shappiness?
(Inourshoes)’, la seconda storia della raccolta ‘Like a Paradise’. (Ambientata a Resembool,
durante l’infanzia spensierata dei nostri eroi).
Note: il seguente scritto contiene
riferimenti yaoi.
Per ulteriori spiegazioni, vi rimando alla conclusione della fic.
Dedicato a chi ha recensito i
precedenti capitoli della raccolta.
E a chi ha aggiunto ‘It’s
raining’ tra le proprie letture preferite.
Siamo arrivati a quota 66 in pochi giorni!
E adesso... su, non fate i
timidoni e commentate! ^__=
Grazie!
Come cane e gatta
by elyxyz
Roy mordicchiò l’orecchio a Ed, sussurrandogli tenerezze e
sconcezze.
Acciaio, che stava mescolando la zuppa sul fuoco, sollevò
minaccioso il mestolo, sbrodolando un po’ ovunque; ma in realtà non disprezzava
affatto le attenzioni del compagno.
“Se continui a distrarmi,” bofonchiò, burbero “non finirò
mai di cucinare la cena!”
Il moro gli circondò la vita con le braccia, senza smettere
di vezzeggiarlo.
Edo si lasciò andare, posando la schiena contro il suo
torace largo, i baci scesero lungo la carotide e avrebbero vagato – con buona
probabilità, assieme alle mani – verso la succlavia, se lui non avesse
prontamente placcato quelle dita vogliose e quelle labbra curiose con le
proprie.
Il bacio durò un istante, giusto un assaggio. – “Sai di fagioli!”
– ma le loro mani rimasero allacciate.
“Ho una fame…”
“E’ quasi pronto!”
“Ma io ho fame di te.”
“Smettila di stuzzicarmi, o succede come l’altra sera e-” sarebbe finito lui, sul tavolo, al posto del
tacchino...
“E che ci sarebbe di male?!” Roy ghignò sornione. “Non ho
mica grandi pretese culinarie, io! So vivere anche solo conun fagiolino!”
“Sarebbe un po’ come dire che ti accontenti?!” Edward sollevò un sopracciglio indispettito, forse
l’aveva presa come un’offesa personale.
“Sarebbe come dire” lo imbeccò “che perdi troppo tempo a
cucinare, invece che occupare i nostri momenti liberi in attività più divertenti e gratificanti del cibo…” le sue mani ripresero a vagabondare,
desiderose di conoscere. “Ahi!” Si massaggiò il palmo arrossato dalla
cucchiaiata che aveva preso.
“Così impari. Quando dico ‘no’, è no!” chiarì Fullmetal, e con la scusa di mescolare nuovamente la
minestra nascose un sorriso divertito.
Mustang si rassegnò, mugugnando il proprio dissenso - come
un bimbo viziato che non può avere il giocattolo che desidera -, mentre finiva
di disporre il pane e le posate sulla tavola.
Ed lo sentiva brontolare ‘quanto una pentola di fagioli
scoppiettanti’, come spesso amava dire, con una neonata auto-ironia. Picc- uhm…
ristretta concessione che aveva fatto
al suo uomo: a furia di sentirsi chiamare ‘Mame-chan’, ormai lo canzonava spesso
e si prendeva in giro persino da solo. Anche perché era cresciuto – con suo
sommo gaudio e smodata soddisfazione; e, sebbene non fosse decisamente una
stanga, un nanetto non era più, e quel nomignolo – nato come oltraggio alla
sua persona - adesso aveva assunto una colorazione affettuosa e non aveva più
ragione di infastidirlo.
Sorrise nuovamente, spegnendo il gas e girandosi verso il
compagno, che stava versando una scatoletta nella ciotola di Tora, mentre il
micio aspettava, festoso, di consumare la sua pappa.
“Perché hai acceso le candele?” domandò, giusto per
stuzzicarlo. Un candelabro a due bracci illuminava piacevolmente la cucina ed
egli fece finta di pensarci su. “Ho forse dimenticato qualche ricorrenza
importante?”
“No, no! E’ solo per tener vivo il romanticismo, in vista del
postcena…” ammiccò.
Edward sbuffò, a metà strada tra l’esasperato e il
divertito. “Una cosa per volta, ok?”
L’espressione da amante ferito del moro sortì solo l’effetto
di farlo ridere ancor di più.
Il sentimentalismo era svanito del tutto, ma non il buonumore.
Si sedettero a tavola, la zuppa scodellata fumava che era un
piacere.
Con la prima cucchiaiata, imbastirono la solita
conversazione serale.
“Hai controllato la scadenza delle bollette?”
“I croccantini e i cereali stanno finendo, domani devo uscire
prima e fare la spesa…”
“Ha telefonato Maes, oggi. Ti saluta.”
“Giusto! Quasi dimenticavo…” Esordì Elric, d’un tratto, ricordando
la posta ritirata. “Sulla mensola in ingresso, c’è un biglietto per te.”
Roy fermò il cucchiaio a mezz’aria, stupito e interessato.
“La cara zia
Margareth ti manda i suoi auguri di buon compleanno.”
“Ma se è tra…”
“Quella sarebbe
anche capace di piombar-”
Il campanello di casa trillò in quel preciso istante.
Il loro scambio di sguardi parlò da sé.
“Tu porti iella!” si sentì dire Edward, che stava diventando
allergico anche al ‘dover aprire la porta’, oltre che al latte.
Regolarmente – puntuali come le tasse – arrivavano le vecchie fiamme del Flame Alchemist in
cerca di lui. Il che, anche a distanza di anni dall’inizio della loro
relazione, aveva tempestivamente il potere di mandarlo fuori dai gangheri, soprattutto
se la tizia di turno era una recidiva.
Adesso che era legittimato, non si premurava più di
nascondere la sua più che lecita gelosia nei confronti di quell’ex dongiovanni
da strapazzo.
E ora ci mancava solo una geniale improvvisata della cara
zia Maggie!!, che – da quando aveva dato loro la sua benedizione – sentiva
di poter avvalorare il suo interesse materno per la coppia, con lettere
calorose e telefonate di sollecito interessamento.
Ma lei non sarebbe giunta di nuovo così, su due piedi. Senza
avvisare. E quel bigliettino d’auguri non preannunciava nessuna visita domiciliare,
per la miseria!
Ed si appellò con ardore alla convinzione che l’adorata vecchietta, così ligia alle
severe regole del Bon Ton, non si sarebbe mai permessa un’intrusione immotivata
nel loro nido d’amore, come amava
definirlo con vomitevole dolcezza.
Quindi, scegliendo il male minore, sperò quasi che fosse una
delle ex di Roy.
Ripassando a memoria la sequela di cose poco carine e maleducate
da snocciolare, aprì la porta.
Non avrebbe mai saputo dire il perché, ma la sua mente
registrò prima una voluminosa valigia, poi la bionda proprietaria.
Ad occhi spalancati, gli ci vollero alcuni istanti per
realizzare.
“Winry!”
“Eh, già!” sorrise lei, facendo spuntare due deliziose
fossette ai lati della bocca. “Disturbo? Oppure vuoi semplicemente lasciarmi
sul pianerottolo?” buttò là, condensando una confidenza dettata da anni e anni
di conoscenza.
“Sì, no! Cioè… entra, entra! Mi fa piacere che tu sia qui…
ma non me lo aspettavo!” si fece da parte, per far passare lei e il bagaglio
gigante che conteneva i suoi inseparabili attrezzi.
Roy fece capolino dal corridoio, con lo stesso entusiasmo
con cui andava dal dentista.
“Cosa ti porta qui a East, miss Rockbell?” chiese, scordando
– forse volutamente - di salutarla.
“Buonasera, Generale Mustang!” esclamò lei, con falsa
cortesia, usando il medesimo tono dell’accoglienza.
L’uomo non si diede pena di approfondire i convenevoli e,
sbuffando, si appoggiò allo stipite della porta, con l’arroganza di chi ostenta
di essere nel proprio territorio.
Lei non si fece intimorire, decidendo bellamente di
ignorarlo, rivolgendosi direttamente a Ed.
“Il treno per Resembool, partito da Rush Valley, è guasto e
non ripartirà prima di domattina.” Spiegò, slacciandosi il cappotto perché
cominciava a soffrire per la differenza termica tra fuori e lì. “Dovendo
pernottare qui ad East, mi sono recata alla vecchia locanda. Ma è stata
demolita!” li informò, palesando il suo fastidio per questa seccatura. “E’
piuttosto tardi, per cercare un’altra sistemazione…”
Edward fissò di riflesso l’oscurità oltre le finestre del
salotto.
“Mi spiace essere piombata qui, in questo modo, Ed. Ho anche
provato a chiamare, ma la linea risulta difettosa.”
I due militari pensarono alla spina del telefono staccata. Pratica
consolidata nel tempo, per quando volevano lasciar fuori il mondo e il suo tran
tran da momenti che erano solo loro.
“Non lo so, Win-chan.” Edo scosse le spalle, come a dire che
avrebbero verificato poi. “Gradisci qualcosa da bere? Hai cenato?”
Lei si prese il tempo di lanciare un’occhiatina di sfida a
Roy, prima di rispondere con un bel ‘no’, che aveva mangiato solo un panino,
qualche ora addietro, ma che non voleva disturbare oltre.
“Mi basta sapere dove poter dormire stanotte, un qualsiasi
albergo o locanda vicino alla stazione. Di sicuro siete più informati di me, su
questa città. Il tassista mi sembrava un tipo strano, poco affidabile.”
“Non se ne parla nemmeno!” esordì Elric, indignato. “Tu
rimani qui, e domani ti accompagneremo al treno!”
“Ma…”
“Roy! Diglielo anche tu!” esclamò, coinvolgendo nella loro
discussione l’uomo che, fino a quel momento, era rimasto a bollire in silenzio.
“Se Winry preferisce
non abusare della nostra ospitalità, Mame-chan, noi non possiamo costringerla.”
Precisò, con molto buonsenso e altrettanto egoismo.
“ROY!!” abbaiò, come fosse stato un rimprovero.
Mustang fece spallucce. “Posso chiedere a Riza di ospitarla,
oppure c’è quell’alberghetto carino nei pressi di Dahlia Place, a due passi
dalla stazione.”
“Ma non è questo il punto!” s’infervorò, gesticolando
ampiamente per dimostrare il proprio malcontento. L’auto-mail scricchiolò, quando
lui strinse le dita a pugno e la indicò. “Winry rimarrà qui, c’è la poltrona letto
nello studio: se ci stava tua zia, può dormirci anche lei!”
“Edo!” ruggì la ragazza, stavolta, avanzando a larghe
falcate “fa’ vedere!”
Gli afferrò la protesi con malagrazia, studiandola con movimenti e gesti
accorti e concentrati. Avanzò verso il gomito, sollevando la manica senza
delicatezza.
“Ma sono un disastro!” Lo sgridò, dandogli una manata sulla
nuca. “La manutenzione, Edward Elric, la ma-nu-ten-zio-ne!! Quante inutili
volte te l’avrò ripetuto?? Se non li curi, non funzioneranno mai a dovere…” Lo
rimproverò, regolandogli la presa della mano, con un cacciavite che era
spuntato da chissà dove, forse lei lo teneva in tasca, per abitudine.
Entrambi gli uomini pensarono che comunque facevano più che discretamente bene il loro lavoro… Edo
arrossì.
“Scu-scusa, Win…” bofonchiò, contrito.
“Sei una testa di rapa!” lo offese, dedicando la sua
attenzione ad un bullone malfilettato. “Ti offro la revisione, un check-up completo,
per ripagare il disturbo e sdebitarmi.” Propose, senza distogliere gli occhi
dal lavoro.
Persino Roy era certo che, in quel momento, stesse parlando
l’esperta meccanica, la più brava costruttrice di auto-mail dell’Est, e non
l’amica d’infanzia che lui odiava
tanto.
La odiava. Per un sacco di buone ragioni.
E sapeva di essere ricambiato in ugual misura.
Forse Winry Rockbell aveva i suoi buoni motivi per farlo.
Le aveva strappato Ed e Al, ciò che restava della sua
famiglia.
Era un militare, e uccideva la gente per lavoro; mentre i
suoi genitori erano morti, per salvare le vite che lui cercava di assassinare.
E probabilmente credeva che anche Edo si fosse sporcato le
mani, per causa sua.
Senza contare la loro relazione.
Quanto poteva averlo denigrato, per dissuadere Ed da quel
rapporto malsano?
Non era uno sciocco.
Aveva una nitida consapevolezza che – nella scala di valori
di Winry – lui valeva meno di zero.
Un essere abbietto, un sicario, un’arma umana. Che ora si
prendeva gioco di un ragazzo, circuendolo per il proprio piacere, plagiandolo
al proprio volere. Come se si potesse mai piegare uno come Edward Elric a fare
qualcosa contro la sua volontà!
Beh, se mai fosse esistito qualcuno, lui avrebbe voluto
conoscerlo e farsi spiegare i segreti, perché – anche ad anni e anni di
distanza -, Mame-chan faceva sempre e solo ciò che voleva, e come lo voleva,
senza mai sentir ragioni.
Quel che era certo era che l’astio provato dall’Alchimista
di Fuoco era di ugual misura.
E benché sapesse di essere, nel presente, in netto vantaggio
su di lei, difficilmente riusciva ad archiviare pensieri scomodi e fastidiosi.
E comunque la detestava perché era autorizzata a mettere le
mani addosso a qualcosa che apparteneva a lui. Edward era una sua proprietà.
Quindi non che facesse i salti di gioia, quando la incontrava.
E poi era un’amica d’infanzia.
Magari aveva ancora qualche insana cottarella, un amore
platonico e perciò irrisolto, nei suoi confronti.
Per fortuna che Ed la considerava solo una manesca
meccanica, alla stregua di una sorellina, che non aveva mai avuto.
Masticò tra i denti il proprio disappunto, sorvegliando la
loro attività.
E adesso il suo dispotico Fagiolino l’avrebbe invitata a restare
a cena da loro, per farle gli onori di casa, dimostrando le sue doti in cucina,
da perfetto padrone di casa.
A Roy non andava bene, ovviamente; ma sopportava, per amor
suo.
Lui e quella tizia non erano mai andati d’accordo.
Si erano sempre cordialmente detestati. E sempre lo avrebbero fatto.
“Prova a estendere, Edo-kun.” Gli stava ordinando, mentre lo
palpeggiava indisturbata lungo tutto l’avambraccio.
“Più di così non è che riesco!” protestò il biondo,
flettendo la protesi.
“Ancora un po’!”
“Winry! Me lo stai riparando o vuoi solo vendicarti di me?!”
chiese, preoccupato, eseguendo tuttavia il comando, prima di ritrovarsi una
chiave inglese piantata in fronte.
“Ancora un attimo…”
“Perché non ceniamo?!”
s’intromise Mustang, ricordando loro la sua presenza nella stanza.
Si voltarono entrambi a guardarlo: Ed quasi con gratitudine,
lei con palese fastidio.
“Ha ragione Roy, potremmo continuare dopo, eh?” Edward
appoggiò l’idea, un po’ perché gli dispiaceva che nessuno avesse ancora cenato;
ma ancor più perché, ogni volta che faceva la manutenzione, la sua amica
d’infanzia non perdeva occasione per cazziarlo di brutto, per come non curava le protesi, per come non oliava bene le articolazioni, per
come erano piene di graffi o ammaccature.
Sospirò, forse con fin troppo sollievo, perché Win lo
adocchiò, perplessa.
“Vieni a lavarti le mani, ti accompagno!,” si offrì,
improvvisamente sollecito e desideroso che lei riponesse il cacciavite
dall’incavo del suo gomito. “E’ proprio un peccato che Al non possa
raggiungerci!” rimpianse, facendole strada in corridoio.
“Dov’è Al?!” chiese lei, stupita.
“E’ andato a Central con Havoc e Fury, per una missione.
Sai, ogni tanto fa comodo avere una guardia del corpo così imponente…” scherzò,
senza riuscire a nascondere del tutto l’orgoglio di un fratello maggiore.
Anche lei sorrise, intenerita. “Sono felice che si renda
utile in qualche modo.”
“Lo sai che va pazzo per i gatti! Ma è l’ultima cucciolata
di Minù che Maes si accolla… dice che deve fare gli straordinari per mantenerli
tutti…”
Risero entrambi.
“Ma non è che zia Pinako potrebbe adottarne qualcuno? C’è un
sacco di posto, a Resembool!”
“Non credo che Den approverebbe la cosa.” Appuntò,
divertita. “Era Al, quello con la fissa di raccattare tutti i randagi attorno
all’officina, facendolo ingelosire.
Però mi spiace proprio! Avrei voluto rivederlo…” si
amareggiò, asciugandosi le dita affusolate.
“Se ci avessi avvisati per tempo, sarebbe rimasto!”
“Pazienza. Non avevo previsto di fermarmi, come ti ho già
detto. E poi ci siamo sentiti anche l’altro giorno…”
La faccia sorpresa di Acciaio parlava da sola.
“Io e Al ci telefoniamo almeno una volta a settimana… non te
l’ha mai detto?!”
“NO!” guaì, offeso. “Dannato pezzo di latta traditore!”
Winry fece un’espressione indulgente. “E allora che rimanga
un segreto, ok?”
Edward mugugnò un sì, realizzando che comunque non poteva pretendere
di sapere sempre ogni cosa. Oltretutto, ora aveva una sua vita con Roy, e –
malgrado avesse a cuore sia il suo Nii-chan, che Winry o zia Pinako – le sue
nuove priorità erano dentro a Casa Mustang, adesso.
“Giusto! Perché torni a Resembool?” s’interessò, varcando la
soglia della cucina da dove Roy aveva teso le orecchie per origliare, senza
perdersi neppure un loro respiro.
“La nonna ha bisogno del mio aiuto per un lavoro urgente, un
innesto particolarmente complesso, e così…” lasciò cadere il discorso, quando
osservò la tavola imbandita, i piatti ancora mezzi pieni di zuppa. “Che buon
profumo!” esclamò. “Ma ho interrotto qualcosa?” La colata dalle candele mezze
consumate sembrava una beffa ai danni di Mustang, che non le diede anche
quest’ultima soddisfazione.
“Niente che non potremo riprendere una volta che avrai ricominciato
il tuo viaggio…” malignò, soffiando sul candelabro con fin troppa energia. La
cera macchiò il candido lino, e lui imprecò sottovoce.
“Roy!” lo sgridò il biondo, arrossendo d’imbarazzo e d’ira.
“Pulirò io, Mame-chan, non ti preoccupare.” Si difese,
scrutando malevolo la macchia perlacea sopra il ricamo a punto croce.
“Non mi riferivo a quello! Non essere sgarbato con
Win-chan!”
Fece finta di cadere dalle nuvole. “Sgarbato?! Ma non mi
sembra! Lei ha chiesto, e io ho risposto.”
“Lascia stare, Edo.” Si frappose la ragazza. “Non sarei
dovuta venire.”
“Invece hai fatto benissimo!” la contraddisse. Sfidando il
compagno ad obiettare il contrario, con un’occhiataccia che presagiva dolorose
ripercussioni.
Il Generale di Brigata aprì e chiuse la bocca. Sconfitto.
Cenarono in un’atmosfera inconsueta.
I due amici d’infanzia chiacchierando del più e del meno: dei
lenti - ma costanti - studi per ridare ad Alphonse il suo corpo originario, di
alcune missioni a cui avevano partecipato, di come stesse la zia Pinako, delle
ultime sperimentazioni di auto-mail extralusso a Rush, di qualche aneddoto
divertente da raccontare…
Roy rimase in silenzio per la maggior parte del tempo,
masticando a viva forza per tenere occupata la bocca, prima di farsi sfuggire
qualcosa di sgradevole.
Il caffè fu servito in salotto, dove la conversazione
continuò e anche Tora ricevette le attenzioni da quella gentile signorina. Si vedeva che era brava: mentre gli lisciava
il pelo, aveva una presa molto più delicata dei suoi due padroni.
Ebbe persino modo di studiare meglio la situazione, che
stuzzicava la sua curiosità felina.
“Giacché sono qui, tanto vale che dia una controllata seria allo
stato dei tuoi auto-mail, no?” ribadì l’ospite, un bel momento, facendo
scendere il micio dal suo grembo e sistemandosi la gonna stropicciata. Si
capiva che non aspettava altro da che era arrivata.
Edward impallidì di colpo.
“Dovresti stenderti, sarebbe meglio.” Lo invitò, andando a
raccattare il valigione. “Ti sdrai sul letto?”
“Il divano andrà benissimo!” s’intromise Roy, tenendo a freno
- a stento - la sua gelosa possessività.
Lo stava facendo per farlo incazzare. Poteva metterci la mano sul fuoco!
Ma lui era stanco di farsi prendere per i fondelli da quella
ragazzina, in casa sua e di fronte al suo uomo, per giunta! E se Ed non aveva
le palle per arrangiarsi, avrebbe preso lui in mano la situazione, per la
miseria!
Tora, che non era un gatto scemo, aveva deciso di restarsene
accucciato nella cesta, buono buono; perché aveva comunque un’ottima visuale e
l’aria lì dentro era diventata veramente pesante.
Certo, però, che non
capiva proprio gli umani...
Era chiaro persino a lui che il suo padrone moro odiasse la tipetta
bionda - anche lei con la coda troppo alta. Eppure, fin da quando era cucciolo,
aveva visto passare un sacco di femmine per quella casa e non capiva perché proprio lei, e solo lei, lo indisponesse; lei che - al contrario - attirava le
simpatie del padroncino biondo, facendolo irritare ancor di più.
Quella femmina pareva esserne consapevole?, eppure sembrava
quasi miagolare (come quando Minù era in calore) e faceva capire perfino a lui
che era disposta al corteggiamento. Ma, se lei l’avesse fatto in quel momento -
Tora ne era certo -, avrebbe rischiato grosso. (Aveva sentito parlare, dai
gatti randagi di passaggio, di occhi persi e zampe zoppe, e a lui sarebbe
dispiaciuto.)
Per poco il padrone moro - la bestia più anziana di Casa -
non sguainava gli artigli, soffiando e rizzando il pelo contro di lei!
Cosa che lui, sinceramente, non comprendeva. Perché quella
femmina era chiaramente disponibile,
i suoi sensi felini lo recepivano bene.
Che non gradisse il suo pelo lungo, così simile a quello del
padroncino biondo?
Impossibile.
Li aveva scoperti più volte ad accoppiarsi tra loro (forse
per penuria di femmine?) – il rituale era molto simile al suo. E adesso che gli
capitava l’occasione… ma con che maschi
era finito?!
Sembrava quasi che lei fosse un problema anziché una
soluzione.
Forse era il suo odore ad infastidirlo?
Era parecchio forte, sì, ma non sgradevole.
Ad un bel momento, si era quasi aspettato che Taisaroy – così lo chiamava l’altro, no?
– alzasse la sua zampa umana e rimarcasse il proprio territorio di fronte a
lei.
Ma dov’era finita la lotta virile per la supremazia? Erano
peggio dei cuccioli!
Quei due sembravano litigare in continuazione per delle
sciocchezze e ora, per le cose serie, non muovevano una vibrisse?!
Tora miagolò il proprio disappunto, certo – come non mai –
che se fosse stato per quei due, la Conservazione della Specie sarebbe andata a
rotoli.
Il controllo degli arti artificiali di Acciaio fu eseguito
in religioso silenzio, perché Winry pretendeva la massima concentrazione.
Mustang rimase appollaiato come un avvoltoio pronto a calare
sulla sua vittima, in caso fosse stato necessario e Fullmetal subiva, non
completamente consapevole della sua delicata posizione di perno degli
equilibri.
La sera scivolò via, anche se a Roy sarebbe sempre parsa
infinita e interminabile.
La poltrona letto nello studio cigolò il proprio disappunto,
ma fu riaperta, per permettere a miss Rockbell di riposare. E lui si strinse
contro il suo Mame-chan, sotto le lenzuola, e anche se nel mezzo della notte
non sentiva più la sensibilità del braccio destro, non si sognò neppure di
lasciarlo e cambiare posizione.
Geloso. Era geloso e non gliene fregava un accidente di
sembrare infantile.
Il mattino successivo, il suo caffè amaro non gli era mai
apparso così dolce, pregustando l’imminente partenza della scocciatrice.
Anche se si era svegliato di umore nero (avere intrusi per
casa non era la sua più alta aspirazione), si offrì di sua spontanea volontà di
accompagnarla in stazione, perché si levasse dalle pal- scatole quanto prima.
Suo malgrado, invece, il telefono aveva miracolosamente ripreso a funzionare e fu Edward - che quella
mattina poteva arrivare in ufficio con più calma – a chiamare un taxi per
scortarla fino al treno.
L’idea di obbligarlo a presenziare ad un inesistente
briefing col Generale Hakuro lo sfiorò, suadente; ma l’ira a posteriori del suo
suscettibile compagno non lo allettava particolarmente.
Se fosse stato per lui, non si sarebbe neppure preso la
briga di salutarla; ma – a conti fatti – poteva anche sprecare la sua
preziosissima voce, a patto che la sua sgradita figura evaporasse dalla sua
vista.
Fu anche tentato di seguirli – andare con loro o pedinarli,
a debita distanza – ma era abbastanza tranquillizzato dal fatto che nulla di
sconveniente potesse accadere in un luogo pubblico come era l’affollatissima
stazione di East City, e – benché avesse una infima considerazione delle
bassezze e trucchi gretti a cui la biondina poteva ricorrere (le donne le
conosceva bene, lui) - poteva contare ciecamente sulla fedeltà del suo
Fagiolino, troppo ingenuo per captare sottigliezze che solo le sue orecchie e i
suoi occhi da seduttore consumato potevano cogliere.
Regalando un appassionato bacio di congedo al suo Mame-chan, - “Smettila, Roy, non
stai partendo per la guerra!” – salì fischiettando sull’auto che l’inflessibile
Hawkeye aveva condotto fin sotto casa.
“Se mi è concesso, signore… perché è così di buonumore?”
Mustang sorrise, e il vetro della vettura gli rimandò un
ghigno soddisfatto.
“Hai presente quanto è fastidiosa una zecca, Riza?”
La donna lo osservò, dallo specchietto retrovisore.
“Fastidiose, sì. Ma Tora è un gatto molto curato, Generale.
Non capiterà molto spesso.”
“Certo. Non capitano
spesso. Ma, quando le gatte rognose
vengono a farti visita, non vedi l’ora che se ne vadano!”
Fine
Disclaimers: I personaggi citati
in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi
diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.
Note varie:il colore
del titolo richiama il nero di Roy e il biondo di Winry; mi sono rifatta al
conosciutissimo detto popolare: “essere come cane e gatto”.
Per ovvie ragioni, questo capitolo è molto in là col tempo, forse qualche mese
dopo il capitolo 17, “Gattamorta (a volte… ritornano)” ed è un po’ il suo
Scambio Equivalente.
Abbiamo visto spesso Edward alle prese con la sua gelosia,
più o meno palese.
Ma Roy non è da meno.
Nella mia testa, l’odio che ha per Winry è viscerale, quasi
a pelle.
Ed è completamente ricambiato, anche se lei lo dà meno a
vedere.
Credo di aver addotto motivazioni ragionevoli, perché
sinceramente la trovo una cosa più che plausibile.
Ricordate quando Roy si è ubriacato, perché lei era in
città, e non sapeva come sfogare il suo astio?
Mi piacerebbe sapere cosa ne pensate voi. So che alcune fans
del RoyEd vorrebbero Winry al rogo, ma come vi sembra che lei ne sia uscita da
questo loro confronto?
Il POV esterno di Tora è una sperimentazione. Gradirei
sapere se vi è piaciuta oppure no, per regolarmi in futuro.
Che Edward abbia imparato a ‘giocare’ col suo nomignolo, non
mi sembra un’eresia, quanto più un chiaro indice della profonda complicità che lo
lega a Roy e – cosa non secondaria – che l’altezza non sia più così un handicap
che lo rende suscettibile, visto che è diventato finalmente più grande.
La carotide è
un’arteria importantissima che passa per il collo; mentre la succlavia – anch’essa arteria - irrora
la regione del cuore, partendo però dalla zona della clavicola, da cui prende
il nome.
La trovo una cosa molto dolce… *___*
(Non le arterie, ma che il Taisa parta a disseminare baci
dal collo per arrivare al cuore!)
Se pensavate che invece le attenzioni di Roy arrivassero più
in giù, avrei parlato di altre arterie, ma siete degli hentai! ^__=
Come avevo chiarito a suo tempo, questa raccolta attinge sia
dall’anime che dal manga, a seconda dei casi.
Quindi, per l’omicidio dei Rockbell mi sono rifatta al
manga, perciò è stato Scar, non Roy, a ucciderli. Per non compromettere il già
difficile cammino tra lui e Edo.
(Staresti mai con l’assassino dei genitori della tua
migliore amica?!)
Roy la definisce, alla fine, ‘gatta rognosa’. Anche se è
partito attribuendole delle ‘metaforiche’ pulci, ha un suo senso anche in un’ottica
di ‘persona complicata, sgradevole, fastidiosa’.
Rognosa, per
l’appunto.
Precisazioni al
capitolo precedente: chi si aspettava l’uso di Betsy, in questo capitolo,
forse è rimasto deluso. Tornerà sì, ad allietarci, ma non tanto presto.
La scena davanti al caminetto, però, era bella, eh?! ^__=
Mi sono spalmata sulla tastiera, mentre la scrivevo! ^////^
Purtroppo non posso offrire in comodato d’uso né il tappeto né il focolare… sorry.
Do il benvenuto a Micchan (per il
compleanno di Ed, vedremo... ^^).
Mi è piaciuta molto
l’interpretazione di Mua, riguardo al testo della canzone di Graziani.
Il particolare che mi ha colpita di più è “ritorna
a casa Lassie, la tua cuccia è sempre vuota” perché Ed a Al sono come due randagi, e la loro casa non c’è più, e non
tornano neppure spesso a Resembool. E quel continuo scappare, l’essere
braccati, gli auto-mail, che come i tatuaggi hanno ‘cambiato’ per non dire
‘deturpato’ il corpo di Ed. E altro ancora, ma mi fermo qui.
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(Chiunque voglia
aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio crede) Come sempre, sono graditi commenti,
consigli e critiche.
Capitolo 39 *** Chi si addormenta coi cani, si alza con le pulci ***
Gatto pulci sul pancino
Note: il seguente scritto contiene
lievissimi riferimenti yaoi.
Per ulteriori spiegazioni, vi rimando alla conclusione della fic.
Dedicato a chi ha recensito i
precedenti capitoli della raccolta.
Grazie!
Chi si
addormenta coi cani,
si alza con le pulci
byelyxyz
Edward allungò l’auto-mail verso
il campanello, lanciando uno sguardo assassino ad Alphonse,
lì, accanto a lui.
Si capiva chiaramente che avrebbe preferito essere altrove,
in qualsiasi altro posto. Ma altrove.
Spostò il peso del corpo da una gamba all’altra, come per
decidersi a premere, o semplicemente per perdere tempo.
“Avanti, Nii-san!” l’infantile
voce rimbombò all’interno dell’armatura, ma non perse il suo tono di gentile
pressione. “Il Colonnello è stato fin troppo gentile, quindi togliti quel muso
lungo dalla faccia, per favore, e suona.” Le bottiglie
del latte tintinnarono, vetro contro metallo.
Acciaio sbuffò, seccato. Eppure eseguì l’ordine, ma a modo
suo.
Il malcontento si trasformò in sottile vendetta, quando il
suo indice meccanico, casualmente, s’era bloccato sul piccolo pulsante.
Il lungo, fastidioso trillare si percepiva fin da lì, malgrado la pesante porta di legno.
“Nii-san! Smettila!”
“Buonasera, Fullmetal!” lo accolse
il suo superiore. “I tuoi modi garbati
sono sempre ineccepibili!” lo
canzonò, per non dargli soddisfazione.
“Taisa, lo perdoni, la prego!”
intercedette Al, scusandosi per lui.
“Non ti preoccupare, Alphonse.” Lo
rassicurò l’uomo, facendoli entrare in casa.
Il cucciolo smise di giocare con il piccolo gomitolo che si
divertiva a far rotolare, incuriosito dalle nuove presenze.
La pesante corazza squittì di puerile gioia, vedendolo; e, a
dispetto della considerevole mole, gli corse velocemente incontro,
inginocchiandosi per prenderlo in braccio.
Edo e Roy sorrisero, loro malgrado, inteneriti dalla
spontaneità del piccolo Elric.
“Sei stato davvero fortunato, sai, micetto?!” Al si rivolse direttamente alla piccola palla di
pelo che gli stava comodamente in una mano sola. “Io non ti volevo abbandonare,
ma non ti potevamo neanche tenere…” si discolpò, grattandogli con affetto
dietro alle piccole orecchie e sotto al mento. “Il Colonnello Mustang si
prenderà cura di te e io costringerò il mio fratellone
a fare altrettanto, va bene?”
Il gattino fece le fusa, per il piacere che quelle
attenzioni gli provocavano.
“Nii-san! Tora
è d’accordo!” dichiarò, voltando il pesante catafalco verso il punto in cui i
due militari sostavano.
“Non avevo dubbi, Al.” Ironizzò Edward,
stiracchiando però le labbra in una smorfia che sapeva
di felicità e orgoglio. Ricordava più che bene il suo dolore e la tristezza,
per ciò che si erano imposti di fare.
Dal canto suo, rimaneva persuaso che quella fosse una sfortuna bella e buona: di tutte le case, proprio
davanti a quella del FlameAlchemist
dovevano finire?!
Certo… piuttosto che una sorte randagia, fatta di stenti e
privazioni, oppure con un padrone sconsiderato, magari manesco… il Taisa era sicuramente meglio: una persona conosciuta, e lui
avrebbe avuto modo di controllare l’evolversi della situazione in tempo reale.
Anche se questo voleva dire avere a che fare, ancor di più, con quel dannato
Colonnello che lui odiava tanto.
Ma, per amore di Al e del suo stato
di fratello maggiore – doveva dare il buon esempio, lui! – si sarebbe sacrificato.
Di certo, però, non aveva alcuna intenzione di facilitare le cose al suo
superiore.
L’oggetto dei suoi pensieri lo scrutava divertito, anche in
quel momento. Avrebbe tanto voluto
togliergli quell’espressione strafottente dal grugno!
“Fullmetal! Te ne stai lì in
piedi, impalato, perché speri ancora di crescere?!” lo
punzecchiò, senza prendersi il disturbo di cambiare quel ghigno insopportabile.
“E’ colpa sua, signore.”
Replicò a tono. “Non mi ha ancora invitato ad accomodarmi!” precisò, sprezzante.
“Forse non ricorda più le regole della buona educazio-”
“NII-SAN!” intervenne Alphonse, di
colpo allarmato.
“No, Al! E’ una cosa tra me e lui!” rispose secco, senza
togliere gli occhi dal moro.
“Aspetta, Nii-san, non hai capito!
Guarda!!” l’armatura indicò il micio.
Edo accantonò in fretta il battibecco e lo raggiunse.
“Cos…? Ma sono…”
“Sì, ha le pulci sul pancino!”
“Taisa! Lei se n’era accorto?!” gli domandò, in tono d’accusa, come se fosse stata una
sua colpa.
“Certo che no! Altrimenti avrei provveduto! In ogni caso,
contavo di portarlo domani dal veterinario, per le vaccinazioni e tutto il
resto...”
“Potremmo fargli un bagnetto, no?” propose Al, scrutando quei minuscoli puntini neri, quasi invisibili ad
occhio nudo.
“E’ una buona idea, Alphonse.”
Riconobbe il padrone di casa, senza tuttavia prendere l’iniziativa dell’azione
sgradevole.
“Ci pensa lei?!” insinuò Ed, ostentando
un sottile appagamento, ricavato da quell’ingrato
compito che il Flame avrebbe dovuto portare a termine
di lì a poco.
“Spiacente, Fullmetal. Ma, come
vedi,” e indicò una catasta di plichi affastellati in
un angolo, in entrata “il Tenente Hawkeye si è
premurata affinché io mi rimetta in pari, entro domattina, con alcuni dossier
urgenti da controfirmare.”
Il ghigno sulle labbra di Edo svanì all’istante.
Per uno strano gioco dello Scambio Equivalente, spuntò
simultaneamente sulla bocca di Roy, che rincarò la dose, pur mantenendo un tono
gioviale.
“Oltretutto, mi sembrava che il patto stipulato - non più di
due giorni fa, tra noi - prevedesse che io offrissi una residenza al micio, e
che tu ti occupassi dei suoi bisogni fisici. E credo che un bagno rientri tra
questi…” Non attese la contestazione che, sapeva, sarebbe giunta con
l’invettiva. “Prego, seguimi. Ti mostro la strada.”
Acciaio masticò un’imprecazione colorita. Non era l’idea del
bagnetto, in sé, a dargli fastidio. Quanto più la concezione stessa che il Taisa avesse vinto un’immaginaria battaglia contro di lui.
“Al? Potresti pensarci tu?” domandò, sapendo che forse il
fratellino avrebbe gradito occuparsene.
Ma l’elmo si mosse, in chiaro segno di diniego. “Mi spiace, Nii-san, ma non posso! Lo sai anche tu che con
quest’armatura non sento se l’acqua è calda o fredda, potrei scottarlo!” si
preoccupò, come sempre fin troppo sollecito.
Edward sbuffò, arrendendosi
all’evidenza.
Mustang ebbe il buongusto di non infierire, mentre conduceva
lui e la palla di pelo pulciosa lungo il corridoio, riempiva con un po’ d’acqua
saponata la vasca e gli porgeva una salvietta per asciugarlo, dopo.
“Pensi di arrivare con le braccia sul fondo?” lo sfotté, immaginando
che – una volta chino sul tappeto, accucciato oltre il
bordo – non sarebbe stata una posizione comoda, per quel Tappo che attirava fin
troppo le sue attenzioni.
“Sta insinuando che sono così microscopico da fare
concorrenza alle pulci che sono sul pancino di Tora?!” urlò, arroventandosi.
L’Alchimista di Fuoco preferì ignorarlo, lasciando che
sproloquiasse, com’era abituato fare in ufficio. Se gli si dava spago, la
tiritera di Acciaio poteva durare anche all’infinito; se invece si tendeva a
fingere di non vedere né sentire questi suoi deliri, assolutamente folli e
fuori luogo, perlopiù il giovane Elric smetteva poco
dopo, spegnendosi come una miccia inzuppata.
Prese lo sgabello situato in un angolo della stanza e glielo
adagiò davanti alla vasca, con la speranza che servisse.
“Crede che mi serva come scalino per entrarci dentro?!” ringhiò però il biondo, fraintendendo la sua gentilezza.
“NO!” si giustificò immediatamente, realizzando
che le manie d’altezza del Fullmetal erano sfociate
irrimediabilmente in paranoia. “Siediti, per la miseria!”
Lo vide boccheggiare, a corto di parole. Con sua enorme soddisfazione.
E prima che potesse travisare nuovamente qualsiasi altra
cosa detta o non detta, fatta o non fatta, chiuse la porta del bagno dietro di
sé e tornò in salotto, dove Alphonse stava educatamente
attendendo, seduto sul divano.
“Ti offrirei volentieri qualcosa da bere, ma…”
L’armatura sferragliò, come a dire che era tutto apposto. “Non
si preoccupi, Taisa. Grazie comunque.”
“Ti dispiace se lavoro? Ho davvero una marea di fogli da leggere!”
“Certo che no! Spero che la mia presenza non la disturbi…” si scusò.
“Nessun disturbo, credimi.” Sorrise, iniziando a leggere un
file riservato. Eppure la testa vagava altrove… più precisamente lungo il
corridoio, verso l’ultima porta in fondo a sinistra.
C’era fin troppo silenzio, il che non era necessariamente un
buon segno, per un tipo vulcanico come EdwardElric.
“Credi che se la caverà?” si ritrovò a chiedere, giocherellando
con la stilografica.
“Garantito!, il mio fratellone sa fare un mucchio di cose… ha infinite risorse.”
Mustang fu quasi persuaso di cogliere una nota di divertita
ironia, in quella voce attutita dall’eco. Sorrise anche lui. “Questo è poco ma
sicuro! E’ così testardo, peggio di un asino cocciuto!”
“Sì, è molto caparbio.”
Ne convenne, grattandosi l’elmo con imbarazzo, come se fosse stata la sua
testa.
Roy riprese a lavorare, cercando di concentrarsi.
Non seppe esattamente quanto tempo era passato, ma gli era
parso un’infinità.
Tora riemerse dal buio corridoio,
seguito a distanza da un Acciaio alquanto irritato che, pantaloni zuppi,
gocciolava copiosamente per terra.
Il micio corse da Al, cercando
quasi di nascondersi dentro la sua armatura cava, come aveva fatto solo un paio
di giorni prima.
Mustang attese fino all’ultimo, prima di sollevare gli occhi
dal foglio e fissare lui.
“E’ andato tutto bene, Fullmetal?”
“Benissimo!” ringhiò, raccattando il suo inseparabile
cappotto rosso. Era di spalle, quindi non poteva vedere la sua faccia
arrabbiata.
“Ha ancora le pulci, Nii-san?”
chiese Alphonse, premuroso, coccolando il micetto un tantino stravolto.
“Un altro po’, e non avrà più neppure il pelo!” minacciò.
“C’è stato qualche problema?”
“Problemi?!” guaì, infilandosi gli
stivali con le zeppe, ostinatamente voltato di schiena. “Tutti i gatti odiano
l’acqua, ma quella è una tigre malcresciuta!” sbraitò,
additandolo con rabbia senza più poter procrastinare l’inevitabile.
La sua mano di carne e il volto erano pieni di graffi, più o
meno evidenti.
Edward, con espressione
comicamente oltraggiata, era uno spettacolo irresistibile.
Mentre Roy rideva, Al controllava
lo stato delle abrasioni - niente di preoccupante, a conti fatti.
“E’ stato così tremendo, Nii-san?!” gli fu chiesto, sembrava quasi dispiaciuto e colpevole.
“E’ stato poco collaborativo.” Specificò.
“Hai tentato di affogare il mio gatto?!”
domandò il Colonnello, mezzo scandalizzato e mezzo divertito.
“Mi è solo scivolato sott’acqua!” si difese prontamente, ma
suonava come un’ammissione di colpa, persino ai propri orecchi. “Lui ha
lottato, e anch’io.”
“Ma Fratellone!” lo sgridò Alphonse, stavolta arrabbiato con lui. “E’ solo un cucciolo
spaventato e indifeso!”
“E tu volevi affogarlo…” il moro rincarò la dose.
“Non volevo affogarlo, volevo lavarlo!!”
si difese. “E la prossima volta ci penserà lei!” lo minacciò, leccandosi un
taglio all’altezza del polso.
Mustang andò a prendere la cassetta del pronto soccorso, e
si premurò di medicarlo.
Il che non andava a genio al suo sottoposto
ma aveva già fatto una figuraccia, e non voleva sembrare infantile di
fronte al suo fratellino.
“Dica la verità: lei lo sapeva, eh?!”
sibilò piano, direttamente contro il viso sbruffone dell’uomo.
“Che Tora aveva le pulci, o che tu
ne saresti uscito così malconcio?” chiarì.
“Che si sarebbe preso gioco di me!” borbottò, storcendo il
naso perché il disinfettante bruciava.
“Puoi tranquillamente anche non credermi, ma non avevo premeditato
nulla. Ciò non toglie che la tua faccia sia un spasso,
mio caro Mame-chan!”
“IO NON SONO-”
Gli appiccicò un cerotto sopra al naso, ed egli guaì di
dolore, ma almeno smise di lamentarsi.
“La prossima volta andrà meglio, vedrai…”
Sbirciando Al che giocava col micio, di nuovo inoffensivo, realizzò che il suo Nii-chan era
felice, Mustang non era stato più insopportabile del solito, e alla fine non
aveva distrutto i suoi auto-mail, di cui avrebbe dovuto render conto a Winry.
Ne era uscito un po’ malconcio. Vero.
Ma era un buono Scambio Equivalente, no?
“Oh, sì. Per forza! Perché sarò io a ridere di lei.”
Profetizzò.
Fine
Disclaimers: I personaggi citati
in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna
forma di lucro, da parte mia.
Note varie: ambientata proprio agli esordi, il
terzo giorno di Tora a Casa Mustang. Questa era la
trama del lontano capitolo VI e mi sono ridotta a postarlo ora! >_<
Se vi suona un po’ familiare è perché, in qualche modo, è lo scambio equivalente del capitolo due, quello in cui Tora graffia Roy nel dormiveglia, e Edward
lo prende in giro.
Avrebbe avuto più senso postarli ravvicinati (come da piano
originario) ma tant’è. ^^’’
Il colore del titolo richiama
l’arancio del pelo di Tora e il nero delle pulci; mi
sono rifatta ad un proverbio popolare italiano, che ha entrambe le
versioni con gatti e con cani, il significato non cambia.
(Chi si addormenta coi cani, si
alza con le pulci / Chi si addormenta coi gatti, si alza con le pulci)
E’ un po’ la variante del ‘chi va
con lo zoppo, impara a zoppicare’.
Preso letteralmente, come buona parte dei titoli di questa
raccolta… e traslitterandolo un po’, perché abbia senso… Tora
si è preso le pulci perché ha dormito con un cane.
Che poi il cane sia Edo nel primo capitolo della fic; o Roy, la seconda notte trascorsa da Tora a Casa Mustang... beh, lascio al lettore decidere.
C’è da chiarire che, tra Ed e Roy, Edward
è sempre stato quello più comprensivo, finora, nei confronti di Tora. Ciò non toglie che gli inizi non siano stati tutti
idilliaci anche per lui. (E credo che una buona ramanzina di Al l’abbia reso
più indulgente… ^___^)
Precisazioni al
capitolo precedente: sono proprio contenta che il POV di Tora vi sia piaciuto. Quindi lo userò ancora, fra un po’ di
tempo.
Quasi tutti voi avete ritenuto che il comportamento di Roy
fosse plausibile; ovviamente ognuno è libero di vederla come crede.
Nella mia personale interpretazione, non lo trovo OOC, anche
se ho calcato molto, lo ammetto.
Ma la mia esperienza quotidiana parla di 30enni (imprenditori, insegnanti,
manager d’azienda) incredibilmente infantili quando si
tratta di incontrare l’ex del/la proprio/a partner.
E un po’ Roy vede Winry così. Una minaccia che lo ha
fatto penare (seppur involontariamente) e credo che la sua sia una sorta di
rivalsa/vendetta dilazionata nel tempo.
Jess mi ha fatto riflettere,
meditando sul fatto che Roy si sarebbe potuto comportare così in presenza di un rivale maschio, ma non di Win, cioè una donna.
Io credo invece che il punto sia proprio questo. Mustang non la vede come donna, ma solo come ‘nemico’.
Devo confessare che ci ho messo molto di me nella sua
caratterizzazione in questo cap. Forse è per questo che non sono parecchio
obiettiva. ^^’’
Ciò che conta davvero (ora, ma anche in futuro) è che Edo-kun è così ingenuo da non aver colto completamente
questa ‘guerra fredda di trincea’ che capita sotto al
suo naso.
Capisce solo che Roy e Win non
vanno d’accordo, maquell’anima
semplice non ha carpito né le allusioni né le ragioni implicite…
X MyPride: Grazie dei complimenti. Rispondendo alla
tua domanda, (forse ti è sfuggito, perché l’ho scritto giusto qualche capitolo
fa) spero di arrivare ai 100 capitoli. Di sicuro a 85, poi vedremo. (Mi aiuterà anche il tuo incoraggiamento!)
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milioni di scrittori.
(Chiunque voglia aderire
al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio crede) Come sempre, sono graditi commenti,
consigli e critiche.
Il seguente scritto contiene lievi riferimenti yaoi. Per ulteriori spiegazioni, vi
rimando alla conclusione della fic.
E siamo arrivati ad un grande traguardo: 40
capitoli.
Dedicato a chi ha recensito i
precedenti capitoli della raccolta.
E a quanti commenteranno.
Ai vecchi e ai nuovi lettori.
SleepyDog
byelyxyz
A volte, ti accoccoli
al suo fianco, sul tappeto. E ti vergogni.
Ti senti meschino.
Perché lo desideri. Ma hai anche paura di sporcarlo.
E lui non cercherà il
tuo calore, stasera.
C’è il (fuoco del) suo
camino, il suo tepore.
Ed è una sottile
ironia agrodolce, che lui cerchi il fuoco, un fuoco che non sei tu.
Quando Roy uscì dal bagno, si
diresse in camera da letto e indossò un morbido pigiama, chiedendosi se quel
Fagiolo da Biblioteca avesse finito di leggere il capitolo o meno.
Lo trovò spaparanzato davanti al caminetto, addormentato. Il
tomo a fargli da cuscino, qualche pagina lievemente stropicciata,
ma pazienza.
Si chinò con l’intento di svegliarlo, ma alla fine scostò Tora che sonnecchiava addosso al ragazzo. Lo ripose nella
cesta e il micio non protestò, riacciambellandosi in
fretta.
Accoccolatosi che fu, gli scosse
lievemente la spalla, chiamandolo piano, per non spaventarlo. “Acciaio?
…Acciaio! ED!!”
Premura inutile, la sua, visto che Mame-chan sembrava propenso al letargo.
Sospirò contrariato. Se lo avesse lasciato dormire lì tutta
la notte, l’indomani avrebbe avuto la schiena spezzata.
Ritentò con uno scossone un po’ più forte, ma ottenne solo
un leggero spostamento da parte dell’altro, che si era allontanato dall’oggetto
fastidioso – la sua mano -, appallottolandosi un pochino più in là.
Ghignò sadico. Poteva
punzecchiarlo sistematicamente, fino a farlo rotolare in camera?
Scosse la testa, divertito.
No, non avrebbe cavato
un ragno dal buco.
Si prese quindi un po’ di tempo, per osservare quei
lineamenti infantili che stavano lentamente cambiando, malgrado tutto.
Gli scostò l’antennina bionda che
gli solleticava il naso, portandogliela dietro all’orecchio.
Si permise di fargli una lieve carezza sulla gota
intiepidita dal calore del focolare.
Le fiamme danzavano sinuose, il lento crepitio a scandire il
loro tempo.
Ombre proiettate, curiosi arabeschi sulle loro pelli, che
sembravano quasi odorare di larice.
Sarebbe rimasto all’infinito così, ma non poteva.
Si accovacciò quindi sui talloni e, rischiando tre ernie al
disco, lo sollevò in braccio, trasportandolo in camera per adagiarlo sul letto.
Piccolo, sì. Ma quanto
pesava!
Riprese fiato e valutò la situazione. La felpa poteva
andare, ma non quel paio di jeans scomodi.
Gli sfilò i pantaloni con una pazienza infinita. L’unica sua
fortuna era la mania di Edo-kun per gli abiti
giganti, il suo cappotto rosso in primis.
Gli allungò le gambe sotto le coperte; ma, quando piegò il
ginocchio sinistro, l’auto-mail cigolò protestando.
Sbuffò, rassegnato al poco rispetto che il ragazzo aveva del
suo corpo.
Aprì il cassetto dove Edward
teneva le proprie cose e si prese cura della protesi, lubrificando l’articolazione
meccanica a colpo sicuro. Gliel’aveva visto fare decine di volte, ma sempre
troppo poche, a detta della sua meccanica.
Si appuntò di fargli una sgridata, il mattino successivo.
Gli tirò le coltri fin sotto al naso, sfilando l’elastico
che teneva unita la treccia, perché stesse più comodo.
Si concesse di stropicciargli i capelli con paterno affetto,
prima di spegnere la luce dalla sua parte del comodino e decidersi a
raggiungerlo nel mondo dei sogni.
Fine
Disclaimers: I personaggi citati
in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna
forma di lucro, da parte mia.
Non mi scuserò per il ritardo di
questo capitolo, perché è voluto. Ho atteso un po’ più
del solito, per dar modo ai ritardatari di leggere e magari commentare il
precedente. Speranza vana.
So che alcuni miei lettori sono
impegnati in questo periodo e hanno giustamente accantonato la fic, ma il numero delle letture è pressoché rimasto
invariato, eppure It’sraining
ha raggiunto il minimo storico di recensioni, e la cosa mi intristisce.
Ringrazio doppiamente quanti si
sono presi la briga di darmi un loro parere, e invito nuovamente tutti a
lasciare un’opinione, dopo aver letto. (Se non vi è
troppo di disturbo, ovvio).
Note varie:il colore
del titolo richiama il blu della notte e il biondo di Edo; ed è un omaggio
all’omonimo libro ‘SleepyDog’,
di HarrietZiefert,
libro per bambini, distribuito da Random House BooksforYoungReaders, la copertina del volume mostra un
cucciolo di cane e un gattino (l’ho scoperto solo poi: è identico a Tora!), addormentati su di un lettone.
Probabilmente
non vi interesserà; comunque narra di questi due animali, un cane e il suo ‘gatto da compagnia’
che condividono baci della buonanotte e giocosi sogni, fino a quando il mattino
non li sveglia, in questa storia della ninnananna, per i lettori più giovani
che si apprestano alle loro prime letture.
Volutamente non ho chiarito il tempo cronologico in cui si
svolge questo capitolo. Dopo la nevicata, certo. Ma se stiano
già assieme, oppure no, decidetelo voi.
Precisazioni al
capitolo precedente: La presenza di Al era
indispensabile, almeno una volta. Credo che fosse
giusto dargli spazio, anche se abbiamo già conosciuto le sue motivazioni, tempo
fa, la sua decisione di lasciare a Ed dei momenti indipendenti, solo suoi. Ma,
nell’ombra, ritengo abbia contato molto, soprattutto i primi tempi, quando Edo
non era esattamente felice di recarsi
a Casa Mustang.
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al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio crede) Come sempre, sono graditi commenti,
consigli e critiche.
Capitolo 41 *** Le ferite di guerra di un cane dell’esercito ***
Il seguente scritto contiene lievissimi riferimenti yaoi
Il seguente scritto contiene lievissimi riferimenti yaoi. Per ulteriori spiegazioni, vi
rimando alla conclusione della fic.
Dedicato a chi ha recensito i
precedenti capitoli della raccolta.
E a quanti commenteranno.
Ai vecchi e ai nuovi lettori.
Le ferite di
guerra di un cane dell’esercito
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Edward bussò educatamente, prima
di entrare nella stanza.
Ad eccezione del Tenente Hawkeye -
la prima, a fargli visita, quella mattina - c’era tutta la truppa, attorno al
letto del Colonnello, e scherzava con lui animatamente, per risollevargli lo
spirito, o perché erano degli inguaribili pagliacci, in fondo.
Fu in quel mentre che un’infermiera, tonda come il mondo e
decisamente stagionata, fece il suo delicato ingresso, ricordando loro, gentilmente, che quello era un ospedale
e non la sala ricreativa degli ufficiali; e quindi invitandoli – sempre gentilmente – a togliersi dai piedi
per far riposare in pace chi stava male per davvero.
Solo in quel momento s’accorsero di lui, seminascosto dalla
mole della donna e lo salutarono sbrigativamente, spinti a viva forza fuori dalla camera dalla dolce
infermierina, che si premurò di accompagnarli
all’entrata sotto scorta, casomai decidessero di far ritorno troppo presto a
far baldoria, malgrado Fury non la finisse più di
balbettarle scuse per la loro condotta disdicevole.
Il giovane alchimista attese che la carovana fosse lontana, prima di avvicinarsi al suo superiore per
salutarlo. Osservò l’uomo adagiato tra le lenzuola candide - sembrava pallido come
un cencio - la flebo che gocciolava accanto al letto, e
un sacco di mazzi di fiori sul comodino, pensiero dei tanti visitatori – o
visitatrici? - che lo avevano preceduto.
“Taisa, come si sente?”
Mustang abbozzò un sorriso sbilenco. “Sono stato anche
meglio, ma ho la pellaccia dura.”
Anche Ed sorrise. “Sì, dicono che
l’erba cattiva non muoia mai!”
A quella risposta, ghignò con ironia.
“Che si dice in giro?”
“Riguardo al suo ricovero?”
“Ah-ha, immagino che i ragazzi abbiano
scommesso sulle varie possibilità, e moriranno dalla voglia di sapere cos’ho.
Ti hanno mandato in avanscoperta?”
“Certo che no!” replicò, quasi offeso. “Sono venuto a
portarle dei documenti urgenti da controfirmare! Prevedendo che lei rimarrà
assente qualche giorno, il Tenente li ha già preparati per lei… ma siccome è
già venuta a trovarla, mi sono offerto di passare io.”
“Gentile da parte tua portarmi il lavoro anche qui!” malignò
sbuffando e risollevandosi dai guanciali per ricevere il plico di scartoffie.
Ma, una volta ottenuti, riprese il suo
interrogatorio, incuriosito: “Io li firmo, ma tu mi aggiorni sui pettegolezzi!”
mercanteggiò, accantonandoli momentaneamente.
Fullmetal si fece pregare un
pochino, giusto per tenerlo sulle spine, ma alla fine cedette, con sottile
soddisfazione.
“Il Sottotenente Havoc sostiene
che lei si sia beccato qualche strana malattia venerea dall’ultima bionda con
cui è stato.” Finse di pensarci su. “Susy?”
“No. E’ un secolo che non ci esco assieme.”
“Amy?”
“No-o. Non era bionda… almeno che
io sapessi.”
“Mindy? Mi sembra avesse nominato anche lei…”
L’uomo strabuzzò gli occhi esasperato.
“Mindy era rossa, e sono passati due anni!”
“Come a dire ‘qualche secolo’, eh?” lo canzonò, mettendosi comodo.
Il Taisa preferì ignorare la sua
provocazione. “Vai avanti…”
“Giù, in Sala Mensa, dicono che lei abbia mangiato qualche
particolare schifezza non ben definita.”
L’Alchimista di Fuoco rise di gusto, immaginandosi la faccia
seccata del cuoco.
“Al centralino, dove notoriamente hanno molto tempo da
perdere, hanno tracciato una mappa dei suoi ultimi spostamenti, e propendono
per una malattia tropicale, latente dalla sua ultima missione a South City, di tre settimane fa.”
Enumerò. Ma Roy non commentò.
“Ovviamente, c’è chi ritiene lei voglia solo farsi un paio
di giorni di ferie pagate, visto che ha già consumato quelle previste…” lo
calunniò. “Oppure che ci sia stata la resa dei conti con un fidanzato o marito
geloso.”
Il Flame spalancò le orbite oculari. “Ma manco da meno di un giorno, e tutti
non avete altro da fare che sparlare su di me?!”
“In piena estate, la gente tende ad avere voglia di
chiacchiere… sarà colpa della bella stagione.” Li
discolpò. “E’ utile per intessere relazioni sociali.”
“Alle mia spalle??” rimbeccò.
“Davanti alla macchinetta del caffè sono uscite troppe idee,
non le ricordo più nemmeno tutte…” proseguì il biondo, fingendo di non averlo
sentito.
“Ok, ok.
Grazie. Può bastare.” Tagliò corto, mettendo su un broncio delizioso. Ma non
resistette. “E… tu? Che idea ti sei fatto?”
“Che sono tutte stronzate!
Si è fatto male, ma non vuole dircelo. Quindi dev’essere qualcosa di altamente idiota o profondamente
vergognoso.” Lo vide arrossire, per questo fu certo di
aver centrato il punto.
“Di una cosa sono sicuro: quando ritornerò a casa, Tora diventerà il rivestimento interno dei miei guanti
invernali!” sibilò, iracondo.
“E’ stato Tora?!”
“Sì, quel figlio di-” si trattenne
“buona gatta!”
“Oh, suvvia! Non può aver fatto nulla di così grave!” sdrammatizzò Elric,
che per principio parteggiava sempre per il loro micio, facendo perdere le
staffe all’altro.
“NULLA DI GRAVE?! MI HA QUASI
CASTRATO!” si lasciò sfuggire, pentendosi all’istante
della confidenza.
“Co-cosa?” balbettò Ed, arrossendo
a sua volta.
Roy sospirò affranto. Ormai
la frittata era fatta, no?
“Quasi ogni mattina” da
che sono in astinenza e non faccio sesso per causa tua! “Prima che suoni la
sveglia, il mio… inquilino del piano di sotto fa… l’alzabandiera, non è che mi chieda il permesso, beninteso, è una
sua iniziativa indipendente!” si sentì costretto a discolparsi.
Edward scosse il capo rassegnato, sbattendosi
una mano in fronte, preventivamente non l’auto-mail. “Quindi? Per farla breve?!” sibilò.
“Quel Bastardo, Mangiacrocchette-a-tradimento,
Dannato Sacco di Pulc-”
“Tora.”
“Tora, sì. Beh… ha deciso di fare
un agguato o di farsi le unghie sul mio tronchetto
della felicità, non mi è ben chiaro. Sai… ero abbastanza impegnato a non
svenire dal dolore per preoccuparmi di capire le sue motivazioni personali…”
“Uuuhhhnnnnn!!”
Stringendo gli occhi e mostrando una faccia sconcertata e tramortita, Ed si
fece scappare un misto di lamento e dolore, per solidarietà virile.
“Ecco! Appunto!!” insistette, rincarando
per chiarire il concetto, malgrado il palese ribrezzo dell’interlocutore. “C’è
mancato poco che dicessi addio ai
gioielli di famiglia, ma ti rendi conto?!” piagnucolò,
vittimista.
Edo scoppiò in una risata liberatoria. “D’altra parte… lei
in passato lo ha minacciato spesso di privarlo degli attributi, per cui… il micetto le ha reso il
favore! Solo che non si è fermato alle intimidazioni!”
Si riprese fin troppo in fretta.
“Micetto un cazzo!
E’ una tigre travestita, quello!” Inveì.
Edward sorrise indulgente.
“Provvederò personalmente a punirlo.
Del resto, vedrà che la sua assenza da casa sarà già una penitenza,
per lui.”
“Non ne sono così convinto.”
Protestò il Colonnello. “Hai una concezione alquanto personale di castigo e punizione, lo sai? Secondo me è pure contento di essersi sbarazzato di me!”
“Ma se le vuole un mondo di bene!”
“Sarò egoista, ma nella mia scala di priorità la mia preziosa virilità viene un filino”
concesse un minuscolo spazio tra pollice e indice “un poco-poco prima di quell’infame arrotino!”
“Ho detto che provvederò.” Chiarì, spazientito, per metterlo
a tacere.
“Lo porterai dal veterinario per farlo castrare?” chiese,
con una punta di malefica soddisfazione.
“NO!” esplose Elric, indignato. “Certo
che no! Ma come le viene in mente?”
“E’ perché mi viene
fin troppo in mente, che te lo chiedo!” lo provocò.
“E cosa diremmo a Minù?”
“Le diremmo che deve fare la vedova affranta e
inconsolabile!” parve rifletterci. “Oppure che può giustamente cercare
consolazione altrove! Così Miss Rottherwall andrà a
rompere le palle a qualcun altro!”
“Ma Tora vuole bene a quella gatta!”
“Mio ingenuo Acciaio, un giorno ti spiegherò come va il
mondo, ok?” lo prese in giro.
Ed s’incupì come una tempesta
d’estate. “Non mi prenda per idiota!”
“E poi ha già ampiamente dato il suo apporto per la
conservazione della specie felina!”
“Ho detto no! Ci penserò io e basta.”
Il discorso sembrava definitivamente chiuso, perciò Mustang
si accinse a firmare gli incartamenti che teneva in grembo, ma all’ultimo ci
ripensò.
“Acciaio?”
“Sì?”
“Se lo racconti ad anima viva, ad alcun essere che respiri,
ti degraderò a pulire i cessi della Caserma fino a che non sarai alto due
metri!” lo minacciò.
Edward sorrise. “Non si preoccupi,
Colonnello. Il suo segreto è in buone mani con me!”
“Bene.”
“Taisa?”
“Mh?”
“Posso raccontarlo solo ad Al?”
fremette. “Solo ad Al, lo giuro!” gli fece un’espressione angelica. “In fondo non è proprio andare controciò che ha detto lei, perché
Al non respira!”
Mentre stava per dirgli il fatto suo, la porta si spalancò,
e fece il suo ingresso un donnone gigantesco, tirandosi appresso un carrello
con i medicinali.
“Salve, Mustang-san.” Cinguettò
lei, affaccendandosi tra sciroppi e compresse.
“Buongiorno, signorina Bertha!” sviolinò
lui, accompagnando il saluto con il suo miglior sorriso da seduttore
impenitente.
“Signor Mustang, volevo comunicarle che…” La donna si
rivolse poi ad Elric, che era rimasto zitto in
disparte. “Giovanotto, puoi uscire un istante?” la richiesta sembrava tanto un
ordine.
“Può parlare liberamente, cara Bertha.”
Le disse, amabile, facendola arrossire come una scolaretta.
“Benissimo, allora!” si risolvette. “Il dottore mi ha
incaricata di informarla che verrà dimesso domani,
dopo pranzo. Sappia fin da ora che, data la delicatezza
della zona malata, saranno
necessarie almeno due medicazioni al dì, e che non dovrà fare bagni per almeno cinque
giorni.”
“Seguirò scrupolosamente le sue indicazioni, ne sia certa!”
cantò suadente, assentendo in mistica adorazione, come se avesse appena
ricevuto una Verità Assoluta. Lei fece dietrofront verso l’uscita, ancheggiando
in modo grottesco, non prima di aver sbattuto le ciglia in un maldestro –
orripilante? - tentativo di seduzione.
I due alchimisti si scambiarono uno sguardo silenzioso.
“Signorina! L’ha chiamata signorina!” rise Edo. “Quella è perlomeno coetanea di zia Pinako!!”
Il Flame non apprezzò. “Se quel capodoglio dovesse medicarti almeno tre
volte al giorno e la completa guarigione del tuofagiolino dipendesse esclusivamente
dalla sua bravura, diventeresti - all’istante - mostruosamente gentile con lei anche tu!”
L’oggetto delle loro disquisizioni riaprì la porta senza
preavviso.
“Ah, mister Mustang?”
“Sì? Signori-”
La donna gli infilò il termometro in gola. “Tornerò a
prenderlo tra cinque minuti.” E se ne uscì a passo d’elefante.
Rimasero in silenzio, anche se un basso grufolio
di protesta proveniva dal letto.
“I cinque minuti sono passati da un pezzo,”
gli fece notare Ed, scrutando l’orologio da parete. “Probabilmente vuole
farglielo cuocere come vendetta.” Celiò.
Roy sputò il termometro. “Acciaio! Devi assolutamente
mandarle una doppia dozzina di rose rosse a nome mio!” lo supplicò quasi,
sull’orlo di una crisi isterica.
“Non potrebbe cambiare infermiera?”
“Certo che no! Mi è stata assegnata direttamente! E se quella si vendicasse su di me?!” disse, mentre ipotesi catastrofiche
gli sfilavano davanti agli occhi.
“E’ forse affezionato a ‘Manone di
Fata’?!” ironizzò il biondo,
reprimendo a fatica la soddisfazione di tenerlo sulle spine.
“Questa te la potevi anche risparmiare!” borbottò, stropicciando
lenzuola e fogli. “Colpa del tuo gatto! E’ sempre
colpa del tuo gatto!” lo accusò, malevolo.
Edward sbuffò, facendo spallucce.
“Mio, suo, nostro… ormai è una tiritera già consumata!”
“Questo non mi risolve alcun guaio, però!” puntualizzò Roy,
con espressione comicamente tragica.
“Una cosa per volta.” Concesse Ed, riponendo i fascicoli e
mettendoli al sicuro, prima che venissero
irrimediabilmente rovinati dal nervosismo del Colonnello. “Anzitutto, miss Bertha riceverà entro fine turno una valanga di fiori
freschi e profumati…”
“E una confezione di cioccolatini.”
“Una confezione di cioccolatini?!”
“Sì, cioccolatini.”
“Vada per i cioccolatini.” Consentì, accomodante.
“Bene.” Espirò Mustang, lievemente più sereno.
“Li vuole a forma di cuore?” precisò Elric,
in un impeto di bastardaggine acuta.
“Dannazione, no!” imprecò il Colonnello, sussultando.
“Scherzavo, Taisa. Scherzavo.” Gli si stese una smorfia
birichina sulle labbra.
“Piccoli bastardi! Tu e quel gatto! Se lo sa qualcu-”
“Il che mi fa pensare ad un altro problema…” disse Edo,
interrompendolo meditabondo. “I bendaggi e le medicazioni…”
“Già. L’entrata in scena della balena mi ha fatto scordare
di questo.”
“Non si preoccupi! Provvederò personalmente affinché…”
Le implicazioni della proposta di Edward
lo colpirono ancor prima che Acciaio avesse finito di esporre il suo pensiero.
E l’idea che Ed lo medicasse - che
si prendesse cura del piccolo Roy –
fu troppo persino per lui. Sarebbe stato troppo umiliante, avrebbe definitivamente,
irrimediabilmente castrato qualsiasi futuro approccio… se lo sentiva… non
avvertiva così tanta, cocente vergogna da quell’unica
volta in cui il suo Primo Tenente – a quel tempo semplicemente Riza – gli aveva
lavato le mutande sporche e i calzini puzzolenti dimenticati in valigia, a casa
di HawkeyeSensei.
“…Havoc. Va bene?”
“Come, prego?” si
riscosse di colpo dal suo infimo ricordo.
“Le manderò Havoc, due volte al giorno. La preleverà a casa sua e la porterà qui, poi la
riporterà indietro. No?”
“Ah.”
“Sempre che non preferisca assumere ‘Manona
di Fata’ a tempo pieno!” scherzò, scoppiando a
ridere.
“E rischiare che mi chieda pagamenti in natura per collaudare la guarigione?!”
inorridì, mentre il più giovane sogghignava ancor di più.
“Effettivamente, è meglio di no.” Ne convenne, asciugandosi
una lacrima d’ilarità.
“Sono oltremodo felice
che le mie disgrazie solletichino così il tuo umorismo, Fullmetal.
Ne terrò conto!” sbottò, acido.
“Beh, tutto questo è comico! Non può negarlo! Se fosse
capitato a qualcun altro, sarebbe lei a riderne, in questo momento! E pensare
che mi ero quasi preoccupato per la sua salute…” si difese, arginando a fatica
il buonumore.
“Preoccupato?” domandò, con neonato interesse, accantonando
la permalosità.
“Beh, sì… al Quartier Generale
sembrava una catastrofe! Metà delle segretarie si mostrava affranta e quasi
disperata… certe cose non le capirò mai.” Scrollò le
spalle.
“Ma tu eri
preoccupato.”
“Se posso parlare liberamente, signore, dopo la sua
aggressione… ho sempre il dubbio che lei sia un po’ sconsiderato…”
“Preoccupato.” Rifece
l’uomo, assaggiando la parola sulla punta della lingua.
“Ma è durata poco! La smette di ripeterlo? Giusto il tempo
di capire che non sarebbe morto, che di sicuro aveva fatto qualche cazzatadelle sue, visto che
nessuno sapeva i particolari, e che non l’avrei avuto sulla coscienza…”
“E’ estremamente altruista
da parte tua.” Ribatté accigliato.
“Oh, suvvia… farò in modo che nessuno faccia domande.”
“Neanche Jean.”
“D’accordo.”
“Devi punire Tora.”
“Sì.”
“I fiori?”
“Provvederò.”
“I ciocc-”
“Taisa, la smetta! Ho capito!”
esclamò esasperato e raccattò la cartella con le scartoffie, pois’incamminò verso
l’uscita.
Roy non aveva aggiunto più nulla.
“Non lo dirò neppure ad Al. Va bene?” sembrava un’offerta di
pace. “E mi occuperò di tutto.” Promise. “Lei pensi solo a guarire.”
Bastardissimo,
adorabile Fagiolino.
“Acciaio?”
“Mh?”
“Grazie.”
Fine
Disclaimers: I personaggi citati
in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna
forma di lucro, da parte mia.
Note varie:il colore
del titolo richiama il verde mimetico delle tute militari.
In questo capitolo volevo accantonare le scenate di gelosia.
Soprattutto perché Edward, avendo intuito che il Taisa non ha combinato nulla con le sue ‘fiamme’, si
dimostra meno intransigente rispetto al solito. Mi piace pensare che talvolta
quei due possano sentirsi anche ‘complici’, ancor prima di stare insieme.
E le disgrazie di Roy non sono finite, ovvio.
Non so perché, ma ho la malsana abitudine di torturare il
mio personaggio preferito. Non è che mi ci metto d’impegno, beninteso, mi viene
spontaneo! (DifattiKaedeRukawa e Sirius Black tremano
ancora al sentirmi nominare… XD)
Precisazioni al
capitolo precedente: ho definito la carezza finale di Roy
‘paterna’, proprio perché non ci ho visto nessuna malizia di fondo. Solo
un gesto genuino d’affetto.
Vorrei ringraziare Shinji, in
particolare, che – pur avendo gusti diversi – segue fedelmente le mie fic. Grazie^*^
X Setsuka: sì, l’intento della
‘favola della buonanotte’era
voluto. Ed è una flash-fic (secondo EFP, da 110 a 500 parole) oltre
diventa one-shot.
Perdonate ç__ç dovevo postare
prima, visto che siete stati così gentili a commentare! Ma sono stata travolta
e rapita dalla saga di Twilight, e ho dedicato il mio
tempo alla lettura dei tre libri e alle relative ficcine
che girano in EFP.
Se qualcuno fosse
interessato, ne ho postato una anch’io: “Égoїste”
Ne sto scrivendo anche altre, che posterò a breve.
Tra qualche giorno, sempre se vi interessa, arriverà una WolfStar con partecipazione James/Lily,
nel fandom di HarryPotter.
Tutto questo per
dirvi che sto lavorando molto, anche per voi. ^__=
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Capitolo 42 *** Cosa vuol dire ‘addomesticare’? ***
Il seguente scritto contiene impliciti riferimenti yaoi
Il seguente scritto contiene impliciti riferimenti yaoi. Per ulteriori spiegazioni, vi
rimando alla conclusione della fic.
Dedicato a chi ha recensito i
precedenti capitoli della raccolta.
E a quanti commenteranno.
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Cosa vuol dire‘addomesticare’?
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"No", disse il piccolo principe. "Cerco
degli amici. Che cosa vuol dire ‘addomesticare’?"
"E' una cosa da molto dimenticata. Vuol dire ‘creare
dei legami’…"
"Creare dei legami?"
"Certo", disse la volpe. "Tu, fino ad ora, per me, non sei che
un ragazzino uguale a centomila ragazzini.
E non ho bisogno di te. E neppure tu hai bisogno di me.
Io non sono per te che una volpe uguale a centomila
volpi.
Ma se tu mi addomestichi, noi avremo bisogno uno
dell'altro.
Tu sarai per me unico al mondo, e io sarò per te unica al
mondo."
"Comincio a capire", disse il piccolo principe.
Se adotti un animale,
finirai irrimediabilmente per ritrovarti il suo pelo per tutta la casa.
Ed era vero. Roy Mustang l’aveva sperimentato.
Lunghi fili dorati tra i cuscini del divano, dentro lo
scarico del lavandino intasato, sulla spazzola vicino al dentifricio, dentro i
libri di Alchimia, tra le lenzuola sgualcite e tra i cassetti, finiti lì chissà
come.
E il tuo spazio
diverrà il suo: ne prenderà possesso.
Parole profetiche.
I giochini della bestia in
questione: la sua penna preferita, i fogli di appunti sparsi alla rinfusa e poi
dimenticati, un cambio d’abiti qualora piovesse, una boccetta d’olio per la
manutenzione… i biscotti della marca giusta, - il latte no, per carità! – le caramelle per quando è finita la
farsa da intellettuale, i cioccolatini – ma non al caffè, non
mi piace, che ci posso fare? Se li mangi lei!
Se poi le bestiacce sono due, la fatica non si duplica: si moltiplica.
E ciuffi di pelo tigrato sotto al letto, al divano, alla
credenza. E quel dannato topolino meccanico, che rischiava di farlo inciampare
ad ogni piè sospinto. Le tende rovinate dalle unghiate – perché usare il
tronchetto di legno era troppo proletario, no?
Mustang Taisaimmaginava fosse impegnativo tirar su un cucciolo, ma non sapevaquanto, finché non gli toccò.
Si chinò a raccogliere un pezzo di carta stropicciato e spiegazzato, annotazioni dell’ultima missione, schizzi e
scarabocchi. Già che c’era, raccattò anche la pallina preferita di Tora e un calzino, stavolta suo, che il gatto gli aveva
rubato e nascosto chissà quando.
Il campanello trillò, facendolo sobbalzare, e per poco non
spalmò lo scalpo sul fondo dell’armadio, dove s’era infilato.
Eppure, anziché imprecare, non riuscì ad arginare il suo
buonumore. Il suo Mame-chan era arrivato, no?
"Sarebbe stato meglio ritornare alla stessa
ora", disse la volpe.
"Se tu vieni, per esempio, tutti
i pomeriggi alle quattro, dalle tre io comincerò ad essere felice.
Col passare dell'ora aumenterà la mia felicità.
Quando saranno le quattro, incomincerò ad agitarmi e ad
inquietarmi; scoprirò il prezzo della felicità!
Ma se tu vieni non si sa quando,
io non saprò mai a che ora prepararmi il cuore… Ci vogliono i riti".
"Che cos'è un rito?" disse il piccolo principe.
"Anche questa è una cosa da tempo dimenticata", disse la volpe.
"E' quello che fa un giorno diverso dagli altri
giorni, un'ora dalle altre ore. […]"
Si prese qualche istante per togliersi la polvere e lo
accolse, un sorriso sornione stampato in faccia.
“Un bravo cane addestrato porta sempre il giornale al suo
padrone.” Sghignazzò, vedendo il plico in mano al
giovane Elric.
“Veramente è un telegramma riservato!” Lo contraddisse. “E
visto che dovevo venire a portare il latte a Tora, ho
risparmiato al Sottotenente Havoc una scarpinata fino
a qui.”
“Ma bravo cucciolo! Vuoi un biscotto o una grattatina dietro l’orecchio?”
Ed trasmutò l’auto-mail in una lama
affilata.
“Ok, ok…
scherzavo! Ma come siamo permalosi!!” si difese Roy,
indietreggiando svelto.
Edo ghignò con palese soddisfazione, accingendosi ad entrare
dopo aver gocciolato abbondantemente oltre la soglia. Aveva iniziato a piovere a
metà strada, e lui – ovviamente – era partito senza ombrello.
“Alt! Pulisciti le zampe! Non vorrai inzaccherarmi casa!” si
sentì rimproverare.
L’Alchimista d’Acciaio sbuffò malcontento.
“Esattamente… preferisce che mi accucci sul tappeto o fuori,
nel pianerottolo?
Devo anche darle la zampa e scodinzolare?” chiese, tra lo
sprezzante e l’ironico.
“Mi basta che ti sfili quei trampoli imbrattati di fango, e li metti ad asciugare sul solito
straccio.”
Edward se li tolse, come sempre faceva quando andava a Casa Mustang, poi – senza attendere
il permesso – aprì la scarpiera per recuperare le consuete pianelle. Ma, al
solito posto, non le trovò.
“Che fine hanno fatto le mieciab- le pantofole degli ospiti?”
“Le ha distrutte Tora.” Fece una
smorfia che la diceva lunga, annuendo verso il gatto che stava sfilacciando con
gli artigli la tovaglietta intrecciata sottostante la
lampada a stilo, nell’angolo a destra del salotto.
“Quindi… adesso rimarrò scalzo?” precisò Edo, infastidito.
“Sì. Anzi, no!” si corresse in fretta. “Tra un po’ è il tuo
compleanno, giusto?”
“Tra un po’?” gli fece il verso, “se intende tra quasi sei mesi… sì, direi che è tra un po’.”
“Uhm… avrò confuso le date con quelle di qualcun altro,” mentì. “Toh, pensierino.” E gli lanciò un pacchetto
colorato, preso da un cassetto dell’arredamento.
“Si sta prendendo gioco di me?!”
insinuò diffidente, rigirandoselo fra le mani.
Il Colonnello sbuffò, fingendosi spazientito. “Perché devi
sempre sindacare su tutto?!”
Eppure Edward lo guardò, sembrando
smarrito. Probabilmente non era abituato a ricevere regali inattesi. Ma non erano forse quelli più belli, proprio
per questo?
Si risolvette a scartare l’involucro anonimo, ritrovandosi sotto
al naso un paio di ciabatte: una con su ricamate due Eintrecciate, e
l’altra con…
“Sono personalizzate, visto? Con le tue iniziali… lo sapevi
che la sorella di Falmanè
una sarta?”
“Cos’è questo?” chiese, indicando una forma vagamente
ellittica, un inconfondibile baccello color bianco e bordeaux.
“Te l’ho detto che avevano il tuo nome!” Lo prese in giro,
ridendo di gusto. Sapeva che la cosa migliore era farlo arrabbiare, così
Acciaio avrebbe superato l’imbarazzo inondandolo di sproloqui sulla sua sciagurata
bassezza, sui fagioli e tutto il resto.
Ciononostante, la sparata classica tardava ad arrivare,
mentre il giovane Elric scrutava e maneggiava le due
calzature come se fossero state un oggetto astruso.
“Ma... ma perché l’ha fatto? Non era tenuto a…”
“Visto che mi stai
sempre tra i piedi…” ridacchiò scrollando le spalle, come a dire che in
fondo aveva fatto ben poco.
“Ciabatte.” Ripeté, osservandole sospettoso. Senza staccare
le iridi dorate dal dono.
Non… non aveva gli occhi lucidi, vero?
Roy deglutì a vuoto. Perché no, non voleva che…
“Finiranno anche queste sul mio conto-spese?” domandò, quasi
riflettendo tra sé.
“Quale conto-spese?”
“I soldi che lei scala dal mio stipendio, ogni mese, per il
mantenimento di Tora!”
“No! Certo che no!” sbottò, scandalizzato.
“Quindi… sono per me? …Mie-mie?”
specificò.
“Sì, Acciaio. Sono tue, a meno che tu non veda
altri Fagiolini girovagare per casa mia…”
"Non si conoscono che le cose che si
addomesticano", disse la volpe.
"Gli uomini non hanno più tempo per conoscere nulla.
Comprano dai mercanti le cose già fatte.
Ma siccome non esistono mercanti di amici, gli uomini non
hanno più amici.
Se tu vuoi un amico addomesticami!"
"Che bisogna fare?" domandò il piccolo principe.
"Bisogna essere molto pazienti", rispose la volpe.
"In principio tu ti sederai un po' lontano da me,
così, nell'erba.
Io ti guarderò con la coda dell'occhio e tu non dirai
nulla.
Le parole sono una fonte di malintesi.
Ma ogni giorno tu potrai sederti un po' più vicino…"
“Lei è fortunato che io sia di fretta, altrimenti…” lo
ammonì, tracciando però con l’indice sinistro il ricamo fatto a mano. Su e giù,
lungo tutto il ghirigoro. Ancora e ancora, come se fosse una cosa troppo bella
per crederci davvero.
“Taisa! Trascriva la risposta a
quel telegramma, che è urgente!” lo sollecitò, dandosi un tono. Gli era più
semplice mascherare la gratitudine dietro una patina burbera, che dimostrare
quanto l’avesse colpito
- quanto avesse gradito - quella
sorpresa.
Moriva dalla voglia di provarle… ma,
poi, il Colonnello avrebbe riso di lui?
“Se non le indossi, mi offendo.” Lo avvisò il suo superiore,
leggendogli nel pensiero, mentre replicava al dispaccio con un impegno fin
troppo sospetto. “Magari non oggi, ma dalla prossima volta…”
Sbuffò, perché era giusto così. “Se ci tiene così tanto…”
concesse, magnanimo. “Giusto per non sprecare la fatica della sorella del Maresciallo
Falman, ok?”
L’Eroe di Ishbar nascose il
proprio compiacimento, imbustando e sigillando la bozza da telegrafare al Quartier Generale.
...alla
fine... non le aveva rifiutate, giusto? Non gliele aveva lanciate dietro...
Anzi, si era aspettato una piazzata coi fiocchi e controfiocchi,
ma quel legume lunatico non gli aveva neppure dato soddisfazione!
"La colpa è tua", disse il piccolo principe,
"io, non ti volevo far del male,
ma tu
hai voluto che ti addomesticassi…"
"E' vero", disse la volpe.
"Ma piangerai!" disse il piccolo principe.
"E' certo", disse la volpe.
"Ma allora che ci guadagni?"
"Ci guadagno", disse la volpe, "il colore del grano".
Eh, sì. Riuscire ad addomesticare un cucciolo non è cosa da poco: richiede un
sacco di tempo, altrettante energie, infinita dedizione e pazienza.
Grandi sacrifici e
piccoli appagamenti.
E Roy Mustang lo
sapeva bene.
Ma lo faceva
ugualmente, perché era certo ne valesse la pena.
"La mia vita è monotona. Io do la caccia alle
galline, e gli uomini danno la caccia a me.
Tutte le galline si assomigliano, e tutti gli uomini si assomigliano.
E io mi annoio perciò.
Ma se tu mi addomestichi, la mia vita sarà come
illuminata.
Conoscerò un rumore di passi che sarà diverso da tutti
gli altri.
Gli altri passi mi faranno nascondere sotto terra.
Il tuo, mi farà uscire dalla tana, come una musica.
E poi, guarda! Vedi, laggiù in fondo, dei campi di grano?
Io non mangio il pane e il grano, per me è inutile.
I campi di grano non mi ricordano nulla. E questo è triste!
Ma tu hai dei capelli color dell'oro. Allora sarà meraviglioso quando mi avrai addomesticato.
Il grano, che è
dorato, mi farà pensare a te.
E amerò il rumore del vento nel grano…"
La volpe tacque e guardò a lungo il piccolo principe: "Per favore… addomesticami",
disse.
"Volentieri", rispose il piccolo principe.
Fine
Disclaimers: I personaggi e gli
stralci di libro citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di
essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.
Note varie:il colore
del titolo richiama quello del grano maturo, o almeno ci ho provato!
^^’’
So che questo è un capitolo un po’ particolare, ma è il mio
tributo ad una storia meravigliosa: Il piccolo principe di Antoine
de Saint-Exupéry.
Perché, secondo me, Roy è un po’ volpe, un po’ piccolo
principe. E così anche Edward.
Difatti, nel corso delle varie
citazioni, questi due adorabili zucconi si scambiano i ruoli, addomesticandosi
a vicenda.
Spendendo due parole sul libro… non
vorrei dare rivelazioni sconcertanti… ma, se siete qui a leggere una storia yaoi, non dovrei far danni.
Il piccolo principe, eterna opera di Antoine
de Saint-Exupéry, è una lettura prettamente dedicata
ai bambini.
In realtà ha una chiave di lettura così profonda e personale
che persino un adulto non può che rimanerne affascinato, perché il dialogo tra il Principe e la
Volpe altro non è che una bellissima, toccante
dichiarazione d’amore.
E la dedica del libro non è certo fatta a caso, ci
mancherebbe: a Leone Werth, compagno di studi e
primo, travolgente amore di Antoine. Un amore e
un’amicizia che lo ha segnato profondamente.
Per chi non l’avesse mai letto,
consiglio ‘Il principe volante’ di Barbara Alberti, che racconta appunto di questo delicato,
bellissimo rapporto.
NB: non avevo preparato un aggiornamento di San Valentino,
come invece auspicava Setsuka, visto che ad Amestris non si festeggia.
Però è un giorno in cui ci si fa regali, no? E questo
capitolo lo trovo calzante.
Non so perché, ma alla fine mi sono emozionata, scrivendolo.
Forse perché il libro, la volpe e il principe hanno un
significato personale fortissimo per me.
Ma il passato è passato. E non cambierà.
L’aggiornamento cade oggi, a metà strada tra San Valentino,
San Faustino e la Giornata
del Gatto, che dal 1990 si festeggia in Italia il 17 febbraio. Mi spiace per Tora, ma non riuscirò a scrivere e a postare altrettanto in
fretta anche in suo onore. ^^’’
Precisazioni al
capitolo precedente: sono felicissima dell’enorme successo! ^____^
Evidentemente le disgrazie del povero Taisa non
piacciono solo a me, eh? ^__=
Leggendo i vostri commenti, non mi sembra ci sia nulla da
chiarire, credo. In caso, chiedete, ok?
Ringrazio dei commenti alla fic su Twilight: “Égoїste”
E i preferiti che continuano
a lievitare: It’sraining è
stata inserita da 70 utenti nelle loro preferenze, e anche la sottoscritta,
coincidenza, rientra come autrice nelle preferenze di altri 70 diversi fruitori.
Non so se è questa
la sede, ma vorrei dire: Grazie della fiducia.
Soprattutto a chi
non ho mai conosciuto.
E un ‘grazie’ in particolare a Mikayla, così gentile da commentare anche gli arretrati.
Guarisci presto!^^
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(Chiunque voglia aderire
al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio crede) Come sempre, sono graditi commenti,
consigli e critiche.
Capitolo 43 *** L’orgoglio ferito di un cane dell’esercito ***
Il seguente scritto contiene impliciti riferimenti yaoi
Il seguente scritto contiene impliciti riferimenti yaoi. Per ulteriori spiegazioni, vi
rimando alla conclusione della fic.
Dedicato a chi ha recensito i
precedenti capitoli della raccolta.
E a quanti commenteranno.
Ai vecchi e ai nuovi lettori.
L’orgoglio ferito di un cane dell’esercito
byelyxyz
Il telaio della finestra cigolò, richiudendosi, e il Flame
Alchemist fissò per l’ennesima volta l’orologio da parete, dopo aver sbirciato
– invano - lungo la strada, per vedere se quel Fagiolo ritardatario fosse in
arrivo.
Cominciava a preoccuparsi un po’, a dirla tutta; benché Acciaio
avesse portato a termine – e con successo – missioni ben più
pericolose di quella, sapeva che Fullmetal aveva accettato di
malavoglia, - tenero eufemismo per dire che vi era stato costretto. E ora, beh…
gli rimordeva un po’ la coscienza.
Non gli rimase che sedersi, in
attesa, cercando di placare un inutile – quanto mai dannoso – allarmismo e affondare
in una lettura come diversivo.
Ma perché aveva
affidato l’incarico a quella testa calda?!
Tora giocherellava davanti alla
sua cesta, ignorando il suo turbamento. Il campanello suonò lungamente,
facendolo sobbalzare, e Roy corse ad aprire, imponendosi un contegno
disinteressato e magari disimpegnato.
Edward varcò la porta di Casa
Mustang sbuffando come una ciminiera. Ci mancava poco, - davvero, davvero poco - che il fumo nero gli
uscisse dagli orecchi.
Il Colonnello acuì beffardamente un sopracciglio, sfoderando
uno dei suoi irritanti sorrisetti fastidiosi.
“E’ sempre colpa sua!” lo prevenne il ragazzo, puntandogli
un dito contro e masticando una serie di colorite imprecazioni.
“Mia?!” ripeté, tra l’ironico e il
perplesso, incrociando le braccia. “E perché, di grazia?”
“Lei c’entra sempre.
Se lo ricordi!” lo ammonì, come se fosse stato un dogma.
“Certo, certo… la fame nel mondo, le guerre contro Xing o Drachma… le malattie che
affliggono indistintamente le popolazioni…
ogni piaga, persino le cavallette…
sai, le allevo di nascosto… educare Tora è solo una
copertura di facciata… non mi basta essere un’arma umana, meglio tenerne alcune di scorta, non si sa mai…
forse tenterò un Colpo di Stato, magari ucciderò anche il Führer, e così Amestris cadrà nel panico…” scherzò. Eppure il malumore del
suo sottoposto non migliorò.
“La smetta di dire cazzate!” lo freddò, usando un linguaggio che solitamente
non metteva in mostra.
“Siamo proprio nervosetti,
eh?” lo punzecchiò, ghignando divertito.
“E vorrei ben vedere!” sbottò il giovane Elric,
stravaccandosi sul divano mentre il micio tigrato gli
zampettava incontro, festoso.
Ed lo sollevò da terra prendendolo sotto
le ascelle pelose, mettendo il muso all’altezza dei suoi occhi dorati,
arrabbiati.
Il felino miagolò protestando.
“Dovresti cambiare gusti, sai?!”
gli consigliò burbero. “Non sarà mica l’unica gatta del quartiere, per la
miseria!”
“Cos’ha Minù che non va?”
s’intromise Roy, accomodandosi al suo fianco, curioso.
“Lei, niente. E’
la vecchia che rompe!” brontolò,
riabbassando il gatto perché si acciambellasse sul suo grembo. “E’ peggio di
una suocera bisbetica!”
“Ti ha trattato male?!”
“Magari! Almeno le avrei detto il fatto suo!”
Il Colonnello si grattò la testa, “Qualcosa non mi torna…”
Edward temporeggiò, dedicandosi
alla bestiola con fin troppo interesse.
“Non ha gradito il cesto di doni che le hai portato?”
insistette l’uomo, che adesso voleva andare a fondo alla questione.
Edo si rabbuiò. “No, anzi. L’ha apprezzato molto. Ha frignato
qualcosa sul fatto che la cavalleria non è ancora morta…”
“Quindi non ti ha preso a bastonate come l’ultima volta.” Gli venne incontro, sperando di raccapezzarsi.
“Nah. Se anche l’avesse fatto… Non
mi avrebbe colto di sorpresa, stavolta.”
“Tu non picchi le vecchine.”
“Per quella lì, ho
una delega speciale!” alzò uno sguardo inquietante e fintamente sadico.
Il Colonnello decise di prenderla alla larga, perché
sembrava che di petto non riuscisse a cavare un ragno di bu-un fagiolo dal baccello. Rise
mentalmente, complimentandosi da solo per quella sua battuta. Meglio
conservarla per tempi migliori, in quel momento Edo-kun
sembrava abbastanza incazzato di suo, senza andare ad
infierire.
“E Minù… come sta?” s’interessò. E
aveva ragione, difatti l’altro si rilassò un po’, accarezzando il lungo pelo
tigrato.
“Bene! E’ tonda come un mappamondo! A momenti rotola,
anziché zampettare… non riesce più nemmeno a salire sul divano, bisogna
prenderla in braccio. Miss Rottherwall sostiene che
manchino al massimo un paio di giorni al parto. Dice che è nervosa e stanca…”
“Lei, o la gatta?”
Gli lanciò un’occhiataccia di rimprovero. “La gatta, ovvio.”
“Ah, beh… ma lo sarei anch’io, se dovessi portarmi dietro
una zavorra del genere!” la giustificò Roy, facendo finta di interessarsi al
libro abbandonato sul bracciolo del sofà.
“Però era bella.” Si lasciò sfuggire Ed, meditabondo.
“Cioè?”
“Era una bella scena. Anche se grossa, tutta una palla grigio
perla che arrancava per casa… ha i suoi micetti
dentro la pancia, no? Li sente crescere, muoversi… Diventerà mamma di nuovo… Ed era bella.”
Forse voleva dire
‘commovente’,rifletté Mustang, nuovamente
colpito dalla sensibilità del suo Mame-chan.
Probabilmente l’argomento ‘Madre’ sarebbe rimasto un tabù in
eterno, per lui.
Una ferita sempre aperta, che neppure il tempo avrebbe
rimarginato.
Almeno non fino a che Ed non fosse
venuto a patti con se stesso e con il suo passato.
Quel sorriso triste, sul viso del giovane che amava, gli
stringeva il cuore.
Lo preferiva mille volte arrabbiato,
con lui o con chicchessia, piuttosto che amareggiato.
“Non mi hai ancora detto perché eri così adirato.” Gli ricordò, accantonando definitivamente la lettura,
nella speranza di smuoverlo da quello stato malinconico. “Se hai visto Minù, miss Rottherwall non ti ha
cacciato subito dalla sua abitazione, anche perché mi sembra tu sia stato via
parecchio…” Fin troppo, gli sussurrò
una vocetta malevola.
“La vecchia voleva fare conversazione…”
“Non mi sembra sia un reato!”
“No, mi ha pure offerto the e pasticcini.”
“C’è da dire che è una persona molto sola, da quello che so.
Ha un brutto caratteraccio, certo. Ma si fa portare la spesa a domicilio dal
negozio all’angolo e non esce mai di casa. Magari desiderava un po’ di
compagnia…”
“Sì, può essere.” Concesse, riluttante.
“Ma se non è stata scortese…?”
L’Alchimista d’Acciaio sospirò, capitolando.
“Mi ha chiesto se ero stato
promosso.”
“Di grado?”
“No. A scuola.” Masticò
un’imprecazione. “Quella vecchia rimbambita credeva facessi ancora le
elementari!”
Il Flame scoppiò a ridere, a tal
punto che gli occhi d’onice s’inumidirono.
“Maledetto Taisa! La smetta!! Ha una vaga idea di quanto sia
umiliante?!”
Roy smise a fatica, detergendosi una lacrima birichina.
“E io che mi ero immaginato chissà che!”
“Ma la vuole smettere?!” ringhiò il
più giovane, orientando la propria rabbia su di lui.
Ma il torace del Colonnello sobbalzava ancora. “Scusa, Ed. Ma davvero…!” S’interruppe per un nuovo eccesso
d’ilarità. “…Ti ha anche offerto le caramelle?!” lo
prese in giro, allegro.
“Certo!, come no?!” brontolò Elric, rannuvolandosi. La sua espressione prometteva
rappresaglia. “La prossima volta le regalerò a lei, ma prima le sostituirò con
quelle lassative!” minacciò vendetta, riacquisendo una parte del proprio
buonumore. Oh, sì. Così anche Taisa
Mustang avrebbe capito come si sentiva...
Fine
Disclaimers: I personaggi citati
in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna
forma di lucro, da parte mia.
Note varie:il colore
del titolo richiama il rosso dell’ira di Edo-kun
(come già successo, in passato).
Questo è un capitolo di passaggio,
vi anticipo già che sarà legato al prossimo.
Ci ho messo dentro uno dei tanti dialoghi-bisticci tra Roy e Edward, che voi amate tanto.
Forse non è niente di speciale, ma
mi sono divertita a scriverlo, ed è in buona parte
autobiografico.
Il riferimento di Roy alla
possibile uccisione del Comandante Supremo e del Colpo di Stato, beh… ho
giocato con un po’ di ironia, lo ammetto.^^’’
Domanda:caccia
al tesoro. Qualcuno ricorda se nei precedenti 41 capitoli ho scritto mai il
nome di battesimo di Miss Rottherwall?? Non mi sembra, ma potrebbe essermi sfuggito. Se è
scritto, per favore, me lo dite? Mi manca
materialmente il tempo di rileggerli tutti.
Speravo di aggiornare prima, ma – scrivendo ogni capitolo in
tempo reale, di volta in volta – gli impegni di vita quotidiana ogni tanto
s’accumulano… creando un ritardo. E poi, sinceramente, mi piacerebbe anche
dedicarmi a qualcosa di diverso… senza penalizzare i postaggi
di It’sraining, ma non si
può avere tutto! >.<
Precisazioni al
capitolo precedente: Il Piccolo Principe è legato a due momenti
fondamentali del mio passato. Quando lo lessi la prima volta nel 1992, non
riuscii neppure a finirlo. Forse perché non avevo la serenità interiore per
apprezzarlo e capirlo.
La seconda volta, 10 anni dopo, è stata un’epifania.
Una parte di me conserverà sempre un ricordo agrodolce di
volpe e principe, ma – come ho già detto – il passato sta bene dove sta.
Detto questo, i paralleli con Roy e Edward
si sprecano. Basti pensare agli incontri programmati. I rituali del lunedì,
mercoledì, venerdì, che entrambi attendono con ansia, e considerano sacri.
‘Le parole sono fonte di malintesi’,
dice la saggia volpe. Quante volte è accaduto che quei due testoni si
fraintendessero a vicenda? Quanti litigi? E tutto il resto… mi fermo, o
riscriverei il capitolo intero.
Ed ecco svelato perché, a suo tempo, non vi descrissi come
immaginavo le ciabatte di Edo… ma solo quelle di Roy! ^__=
E la lampada a stilo, sì, è già stata citata in diversi capitoli.
E poi io amo le volpi! *__* (Come avrete potuto capire dal
mio striminzito blog ^^’’) E un po’ volpe lo sono
anch’io.^^
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consigli e critiche.
Capitolo 44 *** La gatta frettolosa fa i gattini ciechi ***
Il seguente scritto contiene impliciti riferimenti yaoi
Il seguente scritto contiene impliciti riferimenti yaoi.
Come avevo anticipato nello scorso capitolo, questo chappy
si può leggere come legato ad esso, immaginando che i
fatti che leggerete siano accaduti cronologicamente qualche giorno dopo.
E’ altresì vero che questo racconto può essere anche inserito in una delle
tante gravidanze di Minù, e quindi slegato dai fatti
del precedente capitolo 43.
Per ulteriori spiegazioni, vi
rimando alla conclusione della fic.
Dedicato a chi ha recensito i
precedenti capitoli della raccolta.
E a quanti commenteranno.
Ai vecchi e ai nuovi lettori.
La gatta
frettolosa fa i gattini ciechi
byelyxyz
Mustang arrivò a fine capitolo, e solo in quel momento
s’accorse della pioggia che tamburellava con insistenza contro il vetro della
finestra del salotto.
Che tempo bizzarro!, faceva sparire
il sole e faceva piovere nel giro di un quarto d’ora…
Corse a chiudere il lucernario dello studio e poi si
preoccupò per quel Fagiolo che si sarebbe preso una bella lavata.
Brunilde Rottherwall - così era
scritto sulla porta della sua abitazione-,
quella mattina gli aveva fatto sapere che la gatta aveva avuto i primi sintomi
del parto imminente. E si era raccomandata che il caro bambino biondo, che spesso vedeva gironzolare da quelle parti,
andasse a farle visita, nel tardo pomeriggio, se voleva vedere i cuccioli.
Roy aveva generosamente sorvolato sui dettagli dell’invito
con Ed, che si era dimostrato più che contento della notizia e della possibilità
di vedere i micini.
E così erano usciti dall’ufficio assieme, quel mercoledì
sera, e Mame-chan si era fiondato
– quasi un’ora addietro, e forse per la prima volta di buonumore – dalla
scorbutica vecchietta.
Il Colonnello sghignazzò, pregustando l’ennesima derisione
ai danni del suo sottoposto.
Benché Edward amasse ripetere che
la odiava, se ci passava così tanto tempo assieme non poteva essere vero… e non
v’era altra spiegazione; perché, di sicuro, Minù non
gli aveva concesso di toccare i micetti neonati. Le gatte puerpere, per
istinto, sono davvero ostili, si sa. Ragion per cui il bassotto doveva essersi intrattenuto con l’amabile Nilde, - come si faceva chiamare da lui ora, in un impeto
di concessa familiarità unilaterale.
Sì. L’avrebbe preso in giro di gusto, appena fosse tornato.
Ma, adesso che pioveva, era forse il caso di andargli
incontro, per evitare che si buscasse un malanno.
S’infilò impermeabile e stivali e
agguantò un ombrello grande abbastanza per entrambi. A volte si stupiva di come
il suo atavico odio per la pioggia passasse in secondo piano, quando c’era di
mezzo una pulce irritabile di sua conoscenza.
Quasi gli cadde addosso, aprendo il portone d’entrata e
saltando il primo gradino.
Semplicemente, non se l’aspettava di trovarlo lì.
Perché Edo non
doveva trovarsi lì.
Che cazzo ci faceva, rannicchiato sul primo scalino, sotto quel
diluvio improvvisato?
“Acciaio, che hai fatto? Che è successo?” Chiese,
spaventato.
Ma il giovane Elric sembrava non averlo
neppure sentito.
Non si mosse d’un millimetro, la testa bionda incassata
nelle spalle, le braccia strette attorno alle ginocchia.
La giacca leggera inzuppata, così come i capelli traslucidi
di pioggia.
Roy lo scosse, prendendolo per le scapole. “Che diamine è
successo, Ed?!”
Le iridi dorate così vuote e inespressive incontrarono le
sue, nere e preoccupate. Per un istante, parvero riacquisire determinazione,
per lasciare posto ad un immenso dolore.
Perché sembrava che in
meno di un’ora il mondo si fosse rovesciato?
Una morsa di apprensione gli strinse lo stomaco, mentre se
lo tirava dietro lungo il pianerottolo, e su, fino al secondo
piano.
Si sfilò sbrigativamente il soprabito e pensò a quello del
ragazzo, e poi corse a prendere un asciugamano per ripulirlo almeno un po’.
Dopo che lo aveva guidato sino al divano, gli chiese con
gentilezza, nuovamente, cosa fosse accaduto.
“I gattini… i sei gattini…” balbettò, mordendosi le labbra
fino a sanguinare. “Quattro sono nati morti, e il veterinario ha detto che gli
altri sono malati… resteranno ciechi… li vogliono sopprimere!”
Edo aveva pianto. Fuori, sotto la pioggia. Si vedeva, benché
tentasse di contenersi.
Avrebbe voluto
consolarlo, ma come?
Ed era lì, sul ciglio di una disperazione trattenuta.
Roy sapeva che avrebbe desiderato piangere ancora, ma EdwardElric aveva un orgoglio a cui sottostare, e non si sarebbe mai sfogato davanti a
lui.
Dolorosamente testardo e cocciuto. Con una fierezza grande
quanto il suo male.
Ed era in momenti come quello, che ricordava che in fondo
aveva un bambino davanti a sé; un bambino, non ancora uomo.
Come aveva potuto
esser così cieco?
“Vai nello studio, dai.” Gli passò il libro che stava
leggendo in quei giorni, posato sul tavolinetto
davanti al divano.
Acciaio sgranò le pupille, sorpreso.
Erano parecchi mesi che non si rintanava più in quella
stanza a studiare.
“Ma perché? Io non ho voglia di leggere, io non…”
Roy insistette, poiché credeva che a lui servisse un
pretesto per restare solo e magari singhiozzare in pace, di sicuro per dare
sfogo al suo dolore e alla rabbia.
Ma Edo rifiutò nuovamente.
L’uomo sospirò, davanti a questa sua caparbietà.
Non gli stava rendendo
le cose facili. Nemmeno un po’.
“E allora resta qui.” Deliberò il padrone di casa, “Sembri
sconvolto.”
Ed sussultò, come se l’avesse
schiaffeggiato.
Ma in fondo era sciocco negare l’evidenza. Lo sapevano
entrambi.
Vide Taisa Mustang afferrare la
cornetta e attendere.
Prima ancora che potesse anche solo pensare di intromettersi
nella conversazione, aveva udito il suo superiore inventarsi una scusa su due
piedi, rassicurando suo fratello Al, e spiegandogli
che l’avrebbe accompagnato lui, in Caserma, il mattino dopo.
Aveva boccheggiato inutilmente, senza trovare la forza per
protestare.
Smise semplicemente di pensare.
C’era solo quel pulsare ritmico e violento, dentro allo
stomaco.
La nausea che saliva ad ondate, come la voglia di prendere a
pugni il primo a caso.
Roy espirò, decidendo il da farsi.
Afferrò Tora e lo adagiò sulle
ginocchia di Edward, e fu lui ad andarsene in camera
sua.
Vi rimase a lungo, a tormentarsi. A chiedersi se aveva fatto
la cosa giusta. O se fosse stato un errore madornale concedergli quella
solitudine.
La verità era semplice: relazionarsi correttamente con quel
Fagiolo era un’impresa impossibile.
Avrebbe sbagliato comunque: sia rimanendo, sia andandosene.
Sia abbracciandolo, sia facendolo arrabbiare affinché si
sfogasse.
Di sicuro si doveva sfogare, sì.
Quella era una strada collaudata… ma anche adesso? Era
davvero il momento? Si poteva applicare anche in quell’occasione?
Dopo un tempo che gli era parso ragionevole, se ne uscì,
andando direttamente in cucina.
Quando ritornò, la bufera sembrava passata. Ma lo era?
Edward accarezzava il micio
tigrato, e non badò a lui.
Gli si sedette affianco. “Vuoi parlarne?”
Ed scosse la testa, in chiaro segno
di diniego.
“E allora bevi.” Gli offrì la tisana che aveva preparato,
sorseggiando per primo da una tazza gemella.
“E’ la vita. Lo sai anche tu.” Riprese.
“Questo non mi fa sentire meglio.” La smorfia che fece,
disgustata, era solo l’eco del suo dolore.
“Forse no. Ma aiuta a capire che è
nell’ordine naturale delle cose.”
“E viene a dirlo ad uno che ha violato il più inviolabile
dei tabù?” chiese aspro, sprezzante. Sembrava quasi che provasse un sadico
piacere a schernirsi. “Ho già giocato a fare Dio una volta. E’ stato abbastanza,
grazie.”
“Non avrai pensato…!”
“NO! CERTO CHE NO!” gridò, concitato. “Ho ancora ribrezzo
per ciò che ha tentato di fare il signor Tucker, e
non lo dimenticherò mai…”
“I folli esperimenti falliti dell’Alchimista Intrecciavite e
la Selezione
della Specie sono due cose ben distinte, anche se condividono una radice:
entrambe puntavano a creare esseri migliori, privi di difetto. Ma il primo dava
vita a degli ibridi mostruosi, la seconda opera per il bene… fa sì che chi è più
debole muoia, affinché chi è forte e sano perpetui la sua discendenza…”
“Quindi… secondo lei… la natura ha deciso che, chi è
menomato, non merita di sopravvivere?! E io, allora?”
si guardò l’auto-mail con rabbia. “Perché sono ancora qui?!
E Al? Lui, cos’è?!”
“Non puoi metterla sullo stesso piano, Acciaio. Capisco la
tua collera e comprendo il tuo dolore. E’ legittimo. Ma la vita di un animale e
quella di un uomo non sono la stessa
cosa.”
“Giusto! Ho visto animali comportarsi molto meglio di noi umani.” Lo
sfidò, stringendo i pugni con sdegno. “Tutto è uno, e uno è tutto. Questo mi ha
insegnato IzumiSensei.” Lo
contraddisse.
“Mi addolora sentirti parlare così. Ma, quando ti passerà,
capirai che era l’unica strada.”
“Anche lei è come la signorina Brunilde! Ho cercato di farle
capire che…”
“Hai litigato con miss Rottherwall?
Capisco. Mi scuserò personalmente con le-”
“Non è questo il punto!” s’infuriò. “Lei davvero non capisce?!”
“Sei tu che non capisci.
Alla prossima cucciolata…”
“La prossima?!” saltò su, furioso.
“NO! Basta cuccioli!”
“Che tu lo voglia o meno, non puoi
fermare la natura, Ed.”
Il telefono squillò. Mustang ponderò l’idea di lasciarlo
suonare, ma poi rispose.
Lanciò un’occhiata furtiva a Edward,
che se ne stava rannicchiato sul divano, l’espressione dura, lo sguardo fisso
davanti a sé.
Riconobbe la voce di Brunilde Rottherwall,
all’altro capo del filo, e discusse brevemente con lei.
Qualcosa era andato
storto, si sentì dire, Minù era stata strana, non come nei precedenti parti. E
poi era successo tutto troppo in fretta, sembrava quasi che le cose fossero
precipitate. Ad un certo punto, gli confessò, la voce rotta dal pianto, aveva quasi
temuto anche per la vita della gatta.
Si ritrovò a consolare anche lei, che - in fin dei conti - era
una perfetta estranea; e poi, dopo gli ultimi convenevoli, si salutarono.
“Era la signorina Nilde.” Lo informò, benché non fosse certo
che l’altro gli stesse prestando attenzione. “Era preoccupata per te. Voleva
sapere come stavi… ci ha messo un secolo a trovare il mio numero, al Quartier Generale non volevano darglielo…”
Edo sbatté le palpebre, orientando brevemente il viso nella
sua direzione. “E allora?” sibilò laconico e infastidito.
“Mi ha spiegato tutto. Chiudiamo qui la faccenda?”
“E Minù… come sta?”
“Sta bene.” Lo rassicurò. E anche se non fosse stato vero, l’avrebbe
detto comunque.
Perché erano quelle, le parole che aveva bisogno di sentirsi
dire.
E Roy non si sarebbe fatto scrupoli a mentire. L’aveva fatto
altre volte, per proteggerlo dal dolore. E l’avrebbe fatto ancora, se fosse
stato necessario.
Fine
Disclaimers: I personaggi citati
in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna
forma di lucro, da parte mia.
Note varie:il colore
del titolo richiama il pelo di Minù.
Ed è un noto proverbio popolare.
Ho scritto questo capitolo così,
perché mi piaceva creare un contrasto marcato, stridente, col precedente, al di
là di una possibile consequenzialità storica.
Nello scorso, Edward
si era arrabbiato con miss Rottherwall per una
futilità, qui lo fa per una ragione ben più grave. E il fatto che anche Roy non
lo capisca del tutto, mi fa credere che nella sua logica sia quasi uno
scontrarsi del mondo bambino (il suo, quello emozionale, e il suo modo di
pensare) e quello degli adulti (più logico e razionale).
Nel 43, Edo era felice della
gravidanza, ne pregustava le gioie e la contentezza del lieto evento; qui,
comprende nel peggiore dei modi che non sempre tutto va per il meglio.
In tutto questo, Roy ancora non sa
come comportarsi, cosa dire, come fare.
Nuovamente si sente inadeguato, si
fa un esame di coscienza. Però ci prova, cerca di attuare la soluzione che – su
due piedi - gli sembra la migliore per il bene del suo Fagiolino.
Sinceramente, le reazioni di Edo-kun mi sembrano plausibili, non esagerate. (Se non concordate, ditemelo).
Alla luce dei pensieri già esposti
su di lui nel cap 43, ho pensato che davvero per Ed sia stata ‘una piccola tragedia’.
Questa mamma-gatta che perde i suoi cuccioli… gli ha riaperto vecchie ferite.
Come la morte di Nina, come lui stesso ammette. E poi mi ha fatto ricordare la
scena sull’isola, mentre lui e Al erano in
addestramento da IzumiSensei.
Quella della volpe coi cuccioli, che gli ha rubato il cibo e lo ha morso…
(E’ colpa della volpe… quando ce n’è di mezzo una, non sono
più obiettiva. ^^’’)
Precisazioni al
capitolo precedente: come ho già detto, l’aneddoto è di stampo
autobiografico.
In 3^ superiore (qualche era geologica fa), un’insegnante mi
scambiò per una bimba di 5^ elementare e si discolpò dicendo che i bambini di
oggi sono davvero alti, non come quelli di una volta!
XD
Tutti mi dicono che non dimostro la mia età. E io m’incazzo
come Ed per l’altezza! è un
nervo sensibile >.<
Comunque, a casa mia nessuno dimostra la sua età, quindi... sarà una condizione
genetica…
Sono felice che il capitolo vi sia piaciuto, pur essendo ‘di
passaggio’. D’altra parte, è umanamente impossibile
per me scrivere ogni racconto con il medesimo impatto emozionale. Senza contare
che sarebbe un’esagerazione. I capitoli di transito, quelli più semplici o
senza grandi eventi, hanno una loro ragion d’essere, una loro utilità.
Preparano il terreno ad altro. Senza contare che mi ero imposta di toccare il
maggior numero possibile di emozioni e sentimenti umani, in questa raccolta. (Dalla gioia al dolore, alla gelosia, al rifiuto, al senso
di tradimento, quello d’inadeguatezza… la paura… ce n’è ancora di strada da
fare!)
Anche l’immagine materna e dolce della gatta/donna in attesa è di stampo autobiografico. Sembra che nella mia quotidianità tutte le mie coetanee abbiano deciso
di ripopolare la zona. (Me deve ancora riprendersi O_O).
Ma passiamo ad altro…
Ecco. Hokori mi ha gentilmente
inviato questo grazioso pensiero che condivido con voi.
E’ ispirato alla ‘Grande Nevicata’. Vista la coda di Tora? Non è semplicemente delizioso?!
*__*
Per ulteriori spiegazioni, compreso il titolo, vi rimando alla
conclusione della fic, dopo la lettura.
Qualcuno di voi se ne sarà accorto: It’sraining ha raggiunto e
superato le 1000 recensioni.
E’ una cosa che non avrei
mai neppure immaginato nei miei sogni più arditi, quando iniziai a
postarla, quasi 10 mesi fa.
Eppure ci siamo, siamo qui.
La fic ha raggiunto
anche le 80 preferenze tra gli utenti.
Qualcuno è con me dagli esordi, qualche altro
si è perso per strada, qualcuno è arrivato dopo.
Vorrei scrivere il nome di ciascuno di voi, ma
comparirebbe una cosa infinita, so che vi annoiereste.
E sarebbe un elenco più lungo del capitolo di
oggi. ^__=
Dedicato a Voi.
Ai vecchi e ai nuovi lettori.
Agility Dog
byelyxyz
Di una cosa, Roy Mustang era certo, e lo aveva imparato a
sue spese.
Impelagarsi con EdwardElric era un’impresa degna dei Titani.
Non si correva mai il rischio di tediarsi, visto che c’era
sempre qualcosa di nuovo – generalmente un imprevisto – con cui dover fare i
conti.
Se mai un giorno
fosse davvero diventato Comandante
Supremo, e la sua relazione con quel tenero Fagiolo d’Acciaio fosse stata
oggetto di un palese conflitto d’interesse, avrebbe trovato a colpo sicuro una
soluzione congeniale alla natura del suo Mame-chan:
l’avrebbe sbattuto in una stanza nell’ala opposta rispetto alla sua dentro al Quartier Generale, e gli avrebbe conferito – seduta stante –
la Carica di Responsabile
dell’UCAS – UfficioComplicazione Affari Semplici.
Sì, senza dubbio.
Non c’era modo
d’annoiarsi, no.
Niente era semplice, niente da dare per scontato.
Se ripercorreva la strada a ritroso, partendo dalle origini,
dai primordi di quel nucleo indistinto che erano i loro scambi e comunicazioni,
ricordava solo litigi, arrabbiature, sfide e…
…e cos’era cambiato,
poi?
I litigi, le arrabbiature, le sfide erano continuate sempre.
Anche dopo.
Un rapporto che prevedeva un investimento di pazienza e
caparbietà a fondo perduto.
Un bilancio in rosso, a ben vedere.
Chi avrebbe mai
scommesso su un cavallo perdente?
Eppure lui c’era riuscito.
Più ostinato dei testardi, più cocciuto dei muli, più
innamorato che mai.
E adesso che raccoglieva i frutti dei suoi sacrifici, si era
illuso di poter tirare il fiato, di adagiarsi in una metaforica poltrona e
magari di poter sfilare le scarpe e lasciar riposare i piedi stanchi. E invece…
Niente era normale, con quel legume lunatico e
imprevedibile.
Certo. Se l’era andata
a cercare.Ma a volte temeva di
essersi scelto una fonte d’espiazione con spirito un filino troppo
masochistico.
A tratti, si vedeva ripercorre strade già fatte, - fasi date
per assodate o belle che impacchettate - ma a rifarle per lui, stavolta. Con lui.
Bravate da adolescenti, menate degne dell’Accademia, scommesse
azzardate nelle pause al Fronte.
Tipo certe cazzate… lui le aveva
accantonate, alla soglia dei trent’anni, e invece…
Si ritrovava a fare un mucchio di fesserie. Cose inutili. Cose da maschi.
Storie di confronti,
di misure e prestazioni.
D’altra parte, avevano entrambi una buona misura d’orgoglio
– qualcuno amava definirla presunzione
-, un accentuato senso della competizione – rivalità lievemente esasperata? -, e una spiccata predisposizione alle idee
più malsane e improbabili, unite ad una fervida
immaginazione.
E mentre le stelline proiettate contro il cielo nero delle
palpebre chiuse offrivano uno spettacolo più appagante persino delle sue schioccate pirotecniche, Roy Mustang
meditava sul fatto che certe sfide potevano anche avere risvolti non sempre sgradevoli. Come quella lì, per esempio.
Che ad avere per
maestro un dio del sesso doveva pur avere qualche vantaggio, no?
A dirla in metafore…
Uno stallone rodato.
E un puledro promettente.
Cazzo… ma aveva creato un mostro?
“Sai, Ed…” ansimò, collassandogli
di fianco. “Credo che la tua resistenza
sia migliorata di molto.”
Giocare a chi ‘dura’
di più, prima di soccombere al piacere procurato dall’altro.
Elric sorrise, compiaciuto. “Grazie,
Generale. Questi suoi elogi mi
onorano!”
“Avanti, sentiamo! Come fai?”
“…Segreto.” Ridacchiò.
“Secondo me, fai l’elenco degli elementi della composizione
di un corpo umano: 35 litri
d’acqua, 20 kg
di carbonio, 4 litri
di ammoniaca… e poi com’era?”
“Ma-ma come…?”
Fu il turno di Mustang di sogghignare. “Io gioco con la
raffigurazione mentale dell’atomo di idrogeno. Poi quello dell’azoto. A volte
anche l’ossigeno.”
Edward sbarrò gli occhi, sorpreso.
Ma dai?
“Ti stupiresti di scoprire quanti, tra noi
Alchimisti, utilizzano lo stesso rituale: elencare la Tavola Periodica degli Elementi;
riorganizzare i Gas Nobili in ordine alfabetico oppure gli Elementi di Transizione;
composizione e scomposizione molecolare… giochetti vari di chimica…”
Lo sconcerto di Edo divenne via via
maggiore.
“Il dottor Knox, una volta, mi
disse che si faceva l’inventario completo della sala
operatoria, tutto il carrello degli strumenti: una, due, tre volte…”
“A-anche…!”
“Sì, Ed. E’ stato giovane pure lui, qualche secolo fa!” rise, sarcastico. “Si fa sempre tesoro di qualche dritta… poiché il discorso vale indipendentemente che il
partner sia maschio o femmina.”
“No! Aspetta, Roy! Fammi capire… tu e Knox
avete solo parlato, giusto? Mere ipotesi,
scambi di consigli prettamente in fratellanza, in in… come sidice…”
“In nome del cameratismo, sì.” Lo rassicurò, allargando
quella sua smorfietta strafottente. “Non ci sono mica andato a letto!”
“E vorrei ben vedere!” esclamò Acciaio, scandalizzato,
prendendo le distanze da lui.
“Te l’ho appena detto: noi Alchimisti condividiamo medesimi
segreti e trucchetti…”
Per tirar tardi.
“Tutti?”
“Tutti.”
Edward fece una comica espressione
disgustata, coprendosi gli occhi con l’auto-mail.
“Ti prego! Ti prego… non ci provare neppure… se anche tu li conoscessi… Non voglio nemmeno immaginare quelli di Armstrong!”
Fine
Disclaimers: I personaggi citati
in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna
forma di lucro, da parte mia.
Note varie:il colore
del titolo richiama il bianco e nero delle bandiere di arrivo nelle
competizioni. ^^
Bene, ovviamente la mia è una
libera interpretazione dell’agility
dog, eppure… provate a
interpretarla sia ‘in senso proprio’che immaginando il rapporto di questi due testoni RoyEd, e avrà un sapore diverso:
L’agility dog è uno sport
cinofilo che consiste in un percorso ad ostacoli (di solito dai 18 ai 22),
ispirato al percorso ippico, nel quale il cane deve affrontarli nell’ordine
previsto, possibilmente senza ricevere penalità e nel minor tempo possibile.
In questa gara il conduttore deve seguire il cane comunicando con esso, dandogli dei comandi e accompagnandolo in tutto il
percorso.
L’agility dog, secondo il regolamento
della FCI-FédérationCynologiqueInternationale (Federazione cinologica
internazionale), è una disciplina aperta a tutti i cani, nella quale si
affrontano diversi ostacoli con lo scopo di evidenziare il piacere e l’agilità
dell’animale nel collaborare con il conduttore. Si tratta di una disciplina sportiva
che favorisce la sua buona integrazione nella società.
Questa disciplina implica una buona armonia tra il cane e il suo conduttore che
porta a una intesa perfetta tra i due: è dunque
necessario che i partecipanti posseggano gli elementi di base d’educazione e obbedienza.
(Tutte le informazioni e
le curiosità sono prese da Wikipedia, l’Enciclopedia
Libera)
‘L’UCAS – UfficioComplicazione Affari Semplici’ è una
battuta ricorrente di una mia collega, che talvolta mi minaccia di farmi finire
lì, ma è lei che è troppo semplicistica di natura! >_<
La raffigurazione mentale dell’atomo di idrogeno, poi quello
dell’azoto e anche l’ossigeno sono messi in ordine di difficoltà, per gentile
appunto di Shatzy.
La battuta di Roy sul Dr. Knox,
che si fa l’inventario della sala operatoria per ‘allungare
le proprie prestazioni’, non è farina del mio sacco,
bensì una confessione del dottor Carter del telefilm ER – Medici in Prima
Linea, in una puntata degli esordi, non ricordo se nella I o II serie.
Precisazioni al
capitolo precedente: La maggior parte dei commenti ritiene il comportamento
di Edward coerente col mio pensiero, e ne sono
felice.
Una cosa che non ho messo, perché speravo uscisse
dalle vostre riflessioni, è che Edward – oltre al
dolore per la perdita di quelle piccole vite, che lui ritiene un’ingiustizia
bella e buona - si identifica con quei cuccioli ‘imperfetti’, e quindi la sua
reazione è ancor più ‘marcata’. Più di tutto, mentre la scrivevo, mi ha dato da
pensare quella frase in cui Ed provoca Roy, chiedendogli
come mai non sopprimano anche lui, che è un essere menomato, o peggio ancora
Al, che non è più umano in senso
stretto.
Apprezzo comunque chi mi ha esposto anche idee divergenti,
grazie! ^__^
Riguardo al comportamento di Roy, che se ne va dalla stanza
per evitare dell’imbarazzo a Mame-chan… Ricordare il cap ‘Cani da bastonare e ferite da
leccare’? Il Taisa voleva
risparmiare a Edo-kun un’umiliazione gratuita, visto
che sa quanto sia grande l’orgoglio di quel suo Fagiolino… non la vedo come una
fuga, la sua; pur dando come assodata la difficoltà di Mustang nel gestire
questi ‘momenti particolari’ di Ed.
Noi sappiamo che si sono ‘evoluti’ nel loro rapporto, ma
loro non ancora! ^__=
Bene… andiamo oltre…
Ringrazio quanti hanno commentato la mia fic
sul forum di HarryPotter “Rosa Canterina”, Vincitrice della Sfida su Fandom Libero indetta nel Forum ‘WritersArena’.
(E invito chi fosse eventualmente
interessato a darci un’occhiata! ^__=)
Ringrazio, come già detto, gli 80 utenti che hanno inserito
questa fic nelle loro preferenze:
Capitolo 46 *** Stelle a quattro zampe e medaglie di riconoscimento ***
Il seguente scritto contiene lievi riferimenti yaoi
Il seguente scritto contiene lievi riferimenti yaoi.
Per ulteriori spiegazioni, compreso il titolo, vi rimando alla
conclusione della fic, dopo la lettura.
Dedicato a chi ha recensito i
precedenti capitoli della raccolta.
E a quanti commenteranno.
Ai vecchi e ai nuovi lettori.
Stelle a
quattro zampe e medaglie di riconoscimento
by elyxyz
Edward Elric attraversò la corsia d’ospedale a spron
battuto, incurante dei richiami dell’infermiera in guardiola e dell’inserviente
che stava pulendo il pavimento e l’aveva pregato di attendere qualche istante
prima di… Niente. Aveva scavalcato senza remore il carrello con i secchi e il
cartello di pericolo senza neanche rallentare, dribblato una barella in
avvicinamento con paziente annesso e spintonato un paio di dottori, escludendo a
priori la possibilità di fermarsi – di scusarsi? - come se fosse stata una
corsa ad ostacoli e lui dovesse
arrivare primo, per forza.
Entrò nella camera come un uragano. ‘Fanculo tutto il resto.
Sbattendo la porta dietro di sé con malagrazia, si avventò
sull’unico letto presente nella stanza, lasciando da parte i convenevoli.
Eppure… delle mille parole che aveva in testa, delle mille
che poteva dire… la prima cosa che proferì stupì pure lui.
“Mi danno solo cinque minuti.” Premise, in un tono urgente
ma razionale. “E guarda come ti sei ridotto…” Inspirò lentamente.
“Brutto idiota di un Taisa!!” lo aggredì, per poco non
saltava sul materasso, tanto era animato.
Il Generale di Brigata Mustang sorrise colpevole.
“Volevi farti ammazzare per avere tre secondi di gloria?!” Inveì,
infuriato e agitato. “C’era proprio
bisogno di beccarsi una pallottola per salvare la vita del Comandante
Supremo?!” urlò, paonazzo.
“Ma veramente…” tentò. Da
dove doveva partire?
“Come credi che mi sia sentito, io?!”
Lo vide stringere i pugni, giusto per contenere quell’ira
che rischiava di traboccare.
“… Eri disteso a terra… in quel lago di sangue… Hai una vagaidea… di come mi sono sentito?”
rincarò, smorzando di colpo i toni, l’orrore che ancor traspariva dalle iridi
dorate, spalancate dalla paura.
Oh, sì che ce l’aveva!
Era la stessa sensazione stritolante che aveva percepito lui, quando aveva
capito che la vita del suo uomo era in pericolo mortale.
Non aveva neppure avuto il bisogno di pensarci su. Era
scattato in automatico, frapponendosi tra l’assassino e Acciaio, ed era un caso
che il Führer fosse in linea d’aria, sulla stessa traiettoria.
Beh, non proprio
un caso, visto che l’obiettivo
primario era il Comandante Supremo, ma per lui – nella sua scala di priorità -
questo era irrilevante.
Quindi aveva messo a repentaglio la propria vita per salvare
quella di Edward, non King Bradley, ma non glielo disse.
Non gliel’avrebbe mai
detto.
Avrebbe rischiato una cazziata ancor più grossa,
ripercussioni nei secoli a venire, inutili pare che il suo Fagiolino poteva
risparmiarsi, per sé e per lui.
“Non mi hanno neanche fatto avvicinare a te!! Dannazione! Ho
intrappolato il killer, e poi ho cercato di raggiungerti e quei… quei…!”
“Cosa hai fatto?!”
domandò, stupito.
“Prima o dopo che sono morto dallo spavento?”
Sussultò, impreparato. Mentre le molle della branda
cigolavano, protestando, colte alla sprovvista quanto lui.
Non avrebbe mai saputo come, ma si era ritrovato Ed che gli
incorniciava il viso smunto con le mani, come per obbligarlo a seguire meglio
la sua ramanzina, ma questo se lo aspettava, e invece…
…invece lo stava baciando, con passione ed urgenza.
“Sei un imbecille, un idiota imbecille…” gli sussurrò
direttamente sulle labbra, prima di riprendere le distanze.
Edward scese dal letto, cercando di darsi un contegno, osservandosi
attorno, a disagio. Ponderò l’idea di occupare la sedia dimenticata
nell’angolo, di fianco alla finestra, ma scartò subito l’ipotesi.
Roy giocherellò col tubo della flebo, forse più tramortito
da quell’ultimo attacco del suo Fagiolino, che dalla paternale precedente,
anche se una parte del suo scombussolamento era anche dovuta alla visuale
parziale dell’unico occhio sano. Faticava ancora a percepire le distanze e a seguire
le immagini in movimento.
“E Tora come se la passa?” chiese, cercando un terreno
neutro - una zona franca di conversazione - per sdrammatizzare.
Scelta sbagliata.
“Sei fortunato che il sottoscritto non conosca il Felinese,
altrimenti sarebbe qui a darti una strapazzata anche lui!!”
Mustang nascose una risata divertita con uno sbuffo di
tosse.
Ma Fullmetal lo conosceva bene, e non ci cascò.
“Per poco io restavo vedovo e lui orfano! Ma ti rendi
conto?!”
“Hai finito?”
“No! Non ho finito.”
Lo contestò. “C’è ancora una cosa che devo dirti.” Tuttavia rimase qualche
istante in silenzio, giusto per tenerlo sulle spine almeno un po’. Ma era di
buon cuore, lui, e alla fine si arrese: “Congratulazioni, Generale di Divisione!
Ho l’onore di essere il primo ad informarla che il suo gesto eroico, con
sprezzo del pericolo, le ha fruttato una promozione immediata di grado.
Appena sarà guarito, signore,
il Comandante Supremo in persona verrà ad insignirla della carica.”
“Dici davvero??” esclamò, illuminandosi tutto.
“Sì, ma sei uno stupido! Dannato zuccone… mica ti promuovono
a Führer, sottoterra!!”
“Ehi! Ma io sono ancora qui…” Lo consolò, allargando le
braccia per accoglierlo.
Edward fece resistenza per un istante. Un istante appena.
E corse a rifugiarvisi.
Rimasero quieti per un tempo indefinito, mentre Roy cercava
invano di accarezzare quella zazzera bionda scompigliata che tanto amava. Non
ci riusciva, perché Ed se lo stringeva contro così forte da pensare quasi che
volesse fondersi con lui.
“Non ci provare mai più. Ok? Potrei morirne per davvero.” Gli confessò in un bisbiglio, il respiro
direttamente contro la pelle sensibile sotto la gola.
“Ehi! Hai pianto?”
“Un uomo non piange.” Replicò, imbronciato.
Separandosi e dandogli la schiena, brontolò una serie di
cose incomprensibili e vaghe recriminazioni, giusto per ricomporsi.
Roy attese che l’altro distogliesse lo sguardo da lui, poi
si sfiorò la cute, ma lo fece passare per un movimento casuale.
Non aveva pianto?
Eppure sentiva una scia umida lungo il collo.
“Mame-chan?”
“Nh?” la visione della nebbia fitta, oltre il vetro della
finestra, sembrava improvvisamente interessantissima.
“E’ tutto ok?”
“Certo che è tutto ok.”
“Me la sono cavata con poco, no?” chiarì, in tono incerto,
che nelle sue intenzioni voleva essere ridimensionante.
“Hai una vaga idea di quanto sei rimasto sotto ai ferri?!”
ripartì alla carica. “Tanto spazio così, e addio! Puf!” mimò un vuoto
inesistente tra due dita. “Sei qui perché il sicario ha sbagliato i tuoi organi
vitali di un soffio. Un niente. Chiamala fortuna, e riprovaci!” lo sfidò,
impostando il suo miglior tono da ritorsione. “Attenderò che tu sia
completamente guarito e poi prenderò a calci il tuo brutto culo perfetto.”
Sorrise malizioso. “Sbaglio… o hai appena ammesso che ho un
culo perfetto?!”
“Credo che l’anestesia abbia lesionato irreparabilmente il
tuo cervello… non mi sognerei mai di dire una cosa così!”
“Sono mezzo cieco, non mezzo sordo!” precisò. “Sì, che l’hai
detto!”
“No, che non l’ho detto!”
“Sì, che l’hai fatto!”
“No, che non l’ho fatto!”
“Sì-sì!”
“No-o…”
“Bene.” Concesse, fintamente magnanimo. “Ammettiamo che io mi sia sbagliato…”
sillabò, calcando su ogni parola, per imprimere meglio il concetto. “Il mio
culo resta divino, no?”
Edo si sbatté una mano in fronte, in segno di profonda
prostrazione. “Cazzo. Ti hanno sforacchiato come un colabrodo, e tu vai a
sincerarti delle condizioni del tuo fondoschiena?!”
Lo sguardo scandalizzato del compagno gli fece capire che - sotto
sotto - era serio.
“Roy! Maledizione! Ma almeno
ti sei visto?!” però... forse aveva scelto un verbo infelice...
Edo sorrise, ma con un ghigno poco rassicurante. “Niente che
il tempo non cancellerà.”
“Ed, mi stai spaventando…”
Dopo la gioia dell’averlo ritrovato ancora tutto intero,
Elric era passato alla stima dei danni.
“Penso che dovresti preoccuparti maggiormente per i buchi
nel torace, ma – visto che ho l’esclusiva sul tuo corpo – non mi lamenterò.”
Ammiccò, indicando la vistosa fasciatura che rivestiva generosamente il tronco
e la spalla sinistra dell’uomo.
“La testa, invece, come va?”
“L’emicrania passerà.” Si toccò distrattamente le garze che
avvolgevano il capo, sfiorando anche la benda che copriva l’occhio sinistro.
“Dimmi invece dell’occhio.”
“Non è niente, cadendo ho sbattuto contro uno spigolo.
Appena la palpebra si sarà sgonfiata, mi toglieranno la benda. Ma non vogliono
che si affatichi.”
“Questo mi fa ricordare un’altra cosa…” sibilò, rabbuiandosi
minaccioso.
“Cosa, di preciso?”
“In questa clinica sono tutti un branco d’idioti! Mi stavano
mandando via!” Guaì, concitato. “Mandavano via me! Capisci?!” calcò, esasperato. “Quella vecchiaccia continuava a
ripetere: ‘Fuori orario di visite! Fuori orario di visite!’ Ma chi se ne frega
del Fuori orario di visite! Dannati
ospedali civili…”
“Parli come un Cane dell’Esercito!” lo prese in giro.
Fullmetal non gli diede corda. “Domani ti faccio trasferire
in una delle nostre strutture, col cavolo che ti lascio qui!”
“E… con quale autorità?” insinuò, un tantino bastardamente.
“Con la delega che ovviamente mi firmerai!” stabilì, svelto.
Poi l’Alchimista d’Acciaio boccheggiò. “E uhm… per amor di cronaca… hai davanti
a te il più giovane Colonnello nella storia di Amestris…” enunciò, tentennando,
imbarazzato.
L’altro scattò a sedere. “Ti hanno promosso?!”
Si sfilò l’impermeabile, mettendo in mostra i nuovi gradi:
le stellette, i galloni, le mostrine.
“Caspita! Avanzamento direttamente sul campo! Non capita
tutti i giorni.” Sorrise. “Sono orgoglioso di te.” Disse, facendogli cenno
affinché gli si accostasse. “…Ma lo ero anche prima.”
“Non l’ho fatto per questo, lo sai.” Si sentì in dovere di
chiarire il biondo, assumendo una deliziosa sfumatura impacciata. “Quando ti ho
visto cadere, ho agito d’istinto; volevo impedirgli di fare qualsiasi altra
cosa potesse nuocerti, volevo proteggerti e quindi l’ho affrontato.”
“Hai… hai… sei diventato Colonnello perché hai combattuto
contro quel criminale?!”
...Dannazione a quel
Fagiolo con le manie di protagonismo!
Ma allora... Per cosa
si era sacrificato, lui?
“Combattuto e catturato, sì.” Precisò Edo. “Attentare alla
vita del Comandante Supremo equivale a minare la stabilità del nostro Stato,
quindi…”
“Sei stato un irresponsabile!” lo sgridò. Ma, del resto, lui non aveva fatto
altrettanto?
Scosse la testa, rassegnato. Era inutile. Perfettamente inutile. Lo sapeva.
“Quello era pazzo, te lo dico io.” Spiegò il Flame. “Un
folle! Nessuna persona sana di mente avrebbe attaccato durante una Parata
Militare di quelle proporzioni.”
“Poteva fare una strage. E, invece, alla fine ne è uscito un
circo.”
“Un… circo?”
“Non mi interessava un avanzamento di carriera, tutt’altro.
Ma Bradley ha insistito. Ha usato i nostri nomi per tirar su un bel palchetto
sull’Amor di Patria, sulla Fedeltà alla Nazione, sull’Ardimento dei suoi
soldati e menate simili… te le risparmio.”
“Ha beccato proprio il suo cucciolo più indisciplinato!”
Fece una smorfia. “Già.”
“Vorrei aver visto la faccia di Al, quando gliel’hai
raccontato!”
“Veramente… non lo sa ancora…” distolse lo sguardo dorato, a
disagio. “Tornerà da Rush Valley solo domani, e non gliel’ho detto…”
“Non l’hai chiamato?”
“Sì, che l’ho chiamato; ma ha passato un’ora e mezza al
telefono a cercare di tranquillizzarmi, figurarsi se gli raccontavo anche
questo!
Ero abbastanza isterico di mio, senza partire con un: ‘Sai,
Roy è in fin di vita! Ma se muore lo ammazzo con le mie mani! E, ah!, mi hanno
promosso!’ Ma ti pare?!”
“Mmm… effettivamente era poco coerente…” concordò, canzonandolo.
Acciaio se la prese, e mise su un broncetto delizioso. “E’
bene che io vada…”
“Beh, i cinque minuti sono passati da un pezzo!”
“Uhm… in realtà, ho lievemente intimidito la Caposala. D’altra
parte, ieri mi hanno cacciato via di peso, senza che riuscissi neppure a
vederti… eri nell’area riservata, quella post-operatoria…”
“Non sono qui da neppure ventiquattr’ore, Ed.”
“Diciassette, per la precisione. Le più lunghe della mia
vita. Sono state infinite. Eterne.”
Ammise, accantonando l’arrabbiatura. “Dicono che potrai ricevere le prime
visite da domattina, quindi ripasserò.” Si riallacciò il soprabito. “Ora cerca
di riposare, non ti fa bene stancarti.”
“Ma se abbiamo litigato fino a tre secondi fa!” lo
contraddisse il moro, semidivertito.
“Appunto. Fino a
tre secondi fa! Ora riposa.”
“Mi mancherai, stanotte.”
“Tu no.” Si burlò di lui. “Farò dormire Tora con me.”
“Eeeddd!” ringhiò l’altro, con un complesso d’inferiorità
mai archiviato del tutto. “Se mi lascia del pelo sul cuscino, dovrai rendermene
conto!”
Edward rise. “Signorsì, signore!”
Si chinò a baciarlo, e poi si accomiatò.
Fine
Disclaimers: I personaggi citati
in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi
diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.
Note varie:il colore
del titolo richiama l’oro delle stellette e quello tipico delle medaglie nelle
competizioni.
‘Stelle a quattro
zampe’ è un programma televisivo sui cani: la trasmissione mostra
divertenti esibizioni di cani campioni e le più belle razze per assegnare a quattro
coppie cane-padrone (come Ed e Roy^^) diversi premi (per inciso: anche la Medaglia Agility^^).
Cani di razza, campioni di bellezza e agilità e più semplici cani di casa sono
i protagonisti dello speciale Stelle a quattro zampe.
Ma le stelle sono anche il modo di per identificare il grado
di un soldato, no?
Le medaglie di
riconoscimento è un gioco di parole tra il riconoscimento del valore di un militare,
e quelle per riconoscere i cani. (Avete presente? Con nome e numero di telefono
incisi, in caso di smarrimento).
Ricordo che, in questa raccolta, attingo agli elementi del
manga e dell’anime, manipolandoli a piacimento (vedi occhietto di Roy). Alcune
cose accadranno diversamente, altre proprio non capiteranno mai. E’ altresì
vero che i personaggi di FMA potrebbero assumere ruoli diversi rispetto agli
originali, perché questa fic è una ‘what if…?’
Avrete notato cheRoy
ha l’abbonamento per gli ospedali, con me! ^^
(Con questa è la quarta volta, e la fine della fic è ancora
lontana!! *__*)
Vorrei chiarire che Edward si lascia sfuggire quasi subito
che ha catturato il killer, ma in realtà la scenata di Roy arriva dopo, con
relative riflessioni. Nella mia testa, Roy non ha afferrato davvero il
concetto, quando Edo gliel’ha accennato, un po’ perché è tramortito di suo, e
poi perché si è ritrovato assaltato da Ed, e quindi preso dall’immediatezza di
altro. Mi sembra ragionevole.
Come del resto il fatto che Edward sia stato costretto a prestarsi alla sceneggiata
della promozione, perché credo avesse in testa ben altre priorità, al momento. D’altra
parte, è anche questo un sintomo della sua maturazione.
Precisazioni al
capitolo precedente: mi rifiuto diillustrarvi
le idee che mi sono fatta sugli accorgimenti adottati da Armstrong. E’ l’ora di
pranzo (12.40) e non voglio farmi passare la fame! >.<
Come ha giustamente fatto notare Setsuka, il dr. Knox non è un Alchimista di Stato.
(L’avevo appuntato tra le note finali, poi nella fretta di
aggiornare me ne sono scordata! ç__ç)
In realtà, pur non essendolo tecnicamente, nel mio cervellino lui rientra nella categoria. Forse
perché è disprezzato come loro, forse perché (con ciò che ha fatto durante la Guerra di Ishbar) incarna
più di chiunque altro l’essere un Cane dell’Esercito. E poi (ma questa è una
licenza letteraria), i suoi strumenti medici sono un po’ la sua alchimia.
Avrei potuto benissimo mettere Tucker, l’Alchimista
Intrecciavite, o l’Alchimista Scarlatto; ma non avrebbero reso altrettanto bene
come Knox.
Tutta questa menata per dirvi che non era un errore, ma una
scelta consapevole e volontaria. Scusate se ho chiarito solo ora, e grazie a
Jess per avermelo ricordato.
Invece Tora mancava anche in capitoli precedenti. A volte è
bene che l’attenzione sia rivolta solo su quei due testoni! ^__^
Bene… andiamo oltre…
Do il benvenuto a yayachan
e a eleo_chan tra i lettori!
(spero che da ora continuerete a seguirmi regolarmente ^^)
Ringrazio quanti hanno commentato la mia fic sul fandom di Twilight
‘Sweet Fever’
e quelli che lo
faranno.
Campagna di Promozione
Sociale - Messaggio No Profit:
Dona l’8‰ del tuo tempo alla causa
pro recensioni.
Farai felice milioni di scrittori.
(Chiunque voglia
aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio crede) Come sempre, sono graditi commenti,
consigli e critiche.
Capitolo 47 *** Another Rainy Night (Without You) ***
Il seguente scritto contiene lievi riferimenti yaoi
Il seguente scritto contiene lievi riferimenti yaoi.
Per ulteriori spiegazioni, compreso il titolo, vi rimando alla
conclusione della fic, dopo la lettura.
Ed eccomi nuovamente con voi,
miei cari lettori.
Qualcuno avrà letto il mio
avviso, e avrà saputo del drammatico tracollo del mio pc,
giovedì scorso, e della traumatica attesa, con l’incubo di aver perso tutto.
Per fortuna invece siamo ancora
qui, io e lui, a tenervi compagnia. Capirete che questo ritardo non era previsto, ho scritto il cap
ieri, lavorandoci quasi 10 ore, tra ricerche varie nel web e stesura.
Vorrei dedicarlo a Shatzy, Tao, Ed92, Setsuka e Chamaedrys,
per il supporto morale. Vi voglio bene, ragazze.
E poi a tutti gli altri, che
hanno gioito del mio ritorno.
AnotherRainyNight (WithoutYou)
byelyxyz
I’m
all alone.
It’s just another rainy night, without you. Waiting by the phone.Alone.
It’s just another rainy night, without you.
[Queensryche,
Another Rainy Night (Without You)]
Il Colonnello Mustang rincasò, imprecando sottovoce contro la
sua geniale idea.
Quasi due ore addietro, aveva chiesto al Tenente Hawkeye di lasciarlo all’incrocio tra Green Avenue e Carlton Road, per farsi
quattro passi in santa pace.
Riza gli aveva saggiamente fatto notare
che il tempo non era dei migliori, e che di lì a poco sarebbe scesa una copiosa
precipitazione (come ogni notte da quasi un mese, del resto); ma egli non aveva
voluto sentir ragioni: quel mercoledì sera era tutto suo - purtroppoper lui -, e lo
avrebbe gestito come meglio credeva. E se allungare di un po’ il suo ritorno alla
residenza e smaltire l’inquietudine camminando poteva essere una buona
soluzione, era benvoluta.
D’altra parte… ritardare un pochino non avrebbe fatto male a
nessuno. Quell’ammasso di ciccia e pelo di Tora non sarebbe certo morto di fame, ne era sicuro.
Eppure, dopo neanche cinque minuti, da che la familiare auto
nera aveva svoltato in fondo alla via, lasciandolo solo a crogiolarsi nel suo
malumore, aveva sentito l’infausto ‘plinplin’ delle gocce sull’asfalto secco.
Si era rifugiato sotto ad un porticato, valutando se fosse
una pioggerellina passeggera o un acquazzone fastidioso. Disgraziatamente per
lui, non era né l’una né l’altro. Cadeva lieve, ma
fitta fitta, ed era indecifrabile. Una di quelle piogge
che potevano durare all’infinito, o cessare dopo dieci minuti.
Aveva atteso un po’, e poi s’era deciso a rintanarsi in una
caffetteria; e dopo il terzo caffè sembrava quasi sul punto di smettere,
invece…
Alla fine, s’era rassegnato ad una bella lavata, perché di
chiamare il Quartier Generale e di farsi venire a
prendere proprio non se ne parlava.
Si sfilò l’impermeabile zuppo, gocciolando generosamente sul
tappeto in entrata. Tora gli venne incontro, ma al
primo schizzo umido che colpì le vibrisse fece una veloce retromarcia,
ritenendo più saggio mantenersi a distanza di sicurezza da un bagno fuori
programma.
“Maaaooo…” protestò, per una serie
di buonissime ragioni: aveva fame, la ciotola era vuota, quel disgraziato del
suo padrone moro lo aveva lasciato a bocca asciutta e ora pensava ad asciugarsi
il proprio pelo corto anziché occuparsi di lui, che lo attendeva da ore. Quando
c’era Treccialunga,
questi inconvenienti non capitavano mai! La prima cosa che faceva sempre era
salutarlo con una carezza e poi riempirgli le scodelle. E solo successivamente
si occupava delle proprie necessità!
“Maaaooo…” ripeté, impostando il
suo miglior tono infastidito.
“Ho capito che hai fame, smettila!” si sentì rimproverare,
mentre lo osservava scettico ammucchiare strati di abiti all’ingresso. Lo vide
andare verso il bagno e gli zampettò dietro, curioso. Da quando tenevano il suo
cibo lì?
Purtroppo per lui, venne solo
aperto il getto d’acqua della vasca, quindi considerò più assennato andarsene
da quel luogo pericoloso e assai spiacevole per i suoi ricordi felini.
Mustang s’infilò l’accappatoio sulle membra intirizzite,
credeva seriamente che l’umidità fosse penetrata fin nel midollo, o ci mancava
poco.
E poi si diresse, scalzo, in cucina, dove il micio tigrato lo
attendeva, muovendo la coda spazientito. Lo aveva
capito da come sferzava l’aria: avanti e indietro, avanti e indietro. E lo
fissava malevolo.
Perfetto!, ci mancava solo un gatto incavolato con lui, adesso!
“Senti… mi dispiace, ok?” si rammaricò,
aprendo l’anta del frigo e agguantando la bottiglia del latte. Tora non mosse un pelo. “Ti sto chiedendo scusa, ok?! Vedi di fartela passare!”
sbottò irritato.
“Maaoo…”
“Ecco, appunto!” afferrò i croccantini,
versandone una generosa porzione. “E poi devo ancora cenare anch’io, sai?”
La bestiola saltò giù elegantemente dal ripiano e
trotterellò verso il suo agognato pasto.
“Buon appetito!” gli augurò, sarcastico.
Il gatto si leccò i baffi. “Miao.”
Roy sbuffò, addentando i resti di un sandwich avanzato il giorno
addietro. Uscendo dall’ufficio, aveva preventivato di acquistare dal negozio
all’angolo qualcosa di veloce e già pronto da portar via, ma la pioggia aveva
scombinato tutti i suoi piani.
Ingoiando le briciole, si avviò in bagno,
prima che l’acqua tracimasse.
Cercò di rimanervi il meno possibile, perché non voleva
darsi modo di pensare troppo.
Tuttavia, la camminata aveva consumato solo le sue energie
fisiche, non quelle mentali.
Sorrise triste. Persino in ufficio si era dimostrato stranamente solerte e laborioso. Certo,
ma solo dopo aver regolarmente alzato
lo sguardo dalle scartoffie, ad intervalli cronometrati di 40 minuti, per
fulminare un telefono che non squillava, che non portava notizie - che non
portava sue notizie -, crogiolandosi in
un’attesa sterile e logorante. Aveva deciso di reagire, per ingannare l’attesa;
e proprio per questo aveva letto e firmato una quantità incalcolabile di
arretrati, mettendosi praticamente in pari. Cosa inaudita, a dir poco. Il suo Primo
Tenente non credeva ai propri occhi, davanti a quell’improvviso
stato di grazia in cui erano
intercorsi.
Fury si era persino preoccupato,
credendo che stesse male. Perché… non era
da lui lavorare così tanto, senza scantinare,e per più giorni consecutivi, gli avevano detto i suoi sottoposti.
La verità era solo una, semplice e
chiara.
Voleva impedirsi di pensare ad un certo Fagiolino di sua
conoscenza, o sarebbe semplicemente impazzito.
Fullmetal era partito per svolgere
una missione top secret per conto del Generale Hakuro.
Ed era tutto ciò che sapeva.
Pur essendo un suo superiore, purtroppo il FlameAlchemist non conosceva
alcun particolare dell’ingaggio, ma era ormai ovvio che sarebbe stata una cosa
che andava per le lunghe.
Il buonsenso popolare amava ripetere ‘Nessuna nuova, buona nuova’. Forse
perché le disgrazie volano veloci di bocca in bocca, si sa.
E non ricevere chiamate significava sicuramente che tutto
stava andando come previsto, liscio come l’olio. Eppure… eppure quell’idiota reazionario era sempre stato allergico a seguire
i regolamenti, perché cazzo si era messo a fare
l’osservante scrupoloso proprio adesso?!
Che gli costava fargli
sapere che era ancora vivo e vegeto?
Da quando Acciaio era finito sotto al suo comando, il
Colonnello aveva fatto di tutto affinché quella testa calda evitasse di
cacciarsi nei guai, ma erano i guai – a quanto sembrava – a cercare lui.
Per questo valutava sempre scrupolosamente quali incarichi
affidargli: compiti veloci, possibilmente non pericolosi. Era da un pezzo che
non si assentava per quasi due settimane.
Però non poteva disubbidire ad un ordine diretto del
Generale Hakuro, a cui
serviva uno State Alchemist per un lavoro particolare
e aveva scelto Fullmetal, senza neppure consultarlo.
D’altra parte, essendo un Cane dell’Esercito, Mustang sapeva
bene che ingoiare rospi faceva parte del gioco. Ma lui c’era abituato, l’aveva
messo in conto quando aveva deciso di compiere la sua
scalata verso i vertici del Potere di Amestris… ma la
cosa era assai differente, se non era riferita a se stesso… se invece
riguardava il giovane Elric.
Non poteva certo tenerlo sotto una campana di vetro, questo no. Parte considerevole del loro accordo prevedeva scambi
di informazioni, viaggi e studi alla ricerca della Pietra Filosofale. Edward era diventato un Cane per quello; Roy non se lo
scordava. Non avrebbe mai potuto.
Ma allo stesso modo non poteva impedirsi di preoccuparsi per
lui. Non solo perché era un suo sottoposto, e per il Taisa
ogni uomo della sua truppa era come un familiare, ma perché amava il suo Mame-chan, lo amava di nascosto, incommensurabilmente. Un
amore impossibile e univoco. Un amore che, lo sapeva bene, prima o poi gli
avrebbe fatto sbattere il naso contro una dolorosa realtà. Eppure lui
continuava, con la caparbietà e la testardaggine che gli erano proprie, e
viveva in attesa di piccoli attimi condivisi, viveva
per un suo sorriso tutto per sé, per un gesto di gratitudine rivolto a lui.
Ad un estraneo, avrebbe detto che, semplicemente, lui odiava
la monotonia.
EdEdwardElric era quella mina vagante che gli permetteva di
movimentare le sue giornate senza annoiarsi mai.
Un legume indigesto che gli complicava la vita.
In parte era vero, ma non era tutto lì.
Perché quello che sentiva dentro non si poteva raccontare a
parole, e non perché fosse qualcosa di troppo privato e prezioso, ma unicamente
perché non ne sarebbe mai stato capace. Nessuna parola avrebbe mai avuto quell’intensità, che percepiva crescere interiormente.
Ma a volte, in momenti come quello, si sentiva anche
infinitamente patetico.
In nome di quell’amore impossibile
aveva cambiato le proprie abitudini, aveva arginato i propri vizi. Temprava il
suo spirito, mortificava gli istinti.
Un tempo… un tempo che a lui parve una vita precedente – ma era davvero così? – avrebbe saputo più che
bene come riempire le proprie serate. Non si sarebbe ritrovato a cenare con un
panino avanzato o a badare ad un gatto lunatico, o ad attendere una telefonata di
un Fagiolo indisponente, che non sarebbe mai giunta. Avrebbe cenato in qualche
lussuoso locale, in compagnia di qualche procace signorina conosciuta per caso…
un incontro galante e poi a godere tra le lenzuola, ancora e ancora, fino a
crollare, piacevolmente esausti.
E adesso?
Cos’era rimasto del celebre rubacuori, invidiato da tutta la popolazione maschile e adorato dalla sua
controparte femminile?
Si diede dell’idiota, aprendo il getto freddo per lavar via
tentennamenti e rimpianti.
Uscì dal bagno, asciugandosi in fretta e infilando il suo
comodo pigiama. Arrivato in salotto, trovò Tora appollaiato
a destra dei suoi abiti smessi e fradici, il muso puntato verso il legno della
porta.
“Mi spiace, vecchio mio. Ma non verrà neppure stasera.” Lo
avvisò, facendogli una carezza e raccattando i vestiti appallottolati, con
l’intenzione di portarli nel cesto della biancheria sporca.
Quando ritornò in sala, il micio si stava stiracchiando
sopra al divano, e s’immobilizzò, osservandolo attento.
Roy afferrò un calice dalla vetrina e prese il pregiato vino
da meditazione che aveva aperto la sera precedente. Sospirò, sedendosi accanto
al suo coinquilino, col bicchiere in mano.
Il micio gli si stese addosso, strofinando il muso contro di
lui.
Il sorriso che fece sapeva di amaro.
“Manca anche a te, eh?”
“Miaoooo…”
“Quando lui non c’è, abbiamo troppo silenzio in questa casa.” Confessò, osservando il focolare spento. I resti dei
ciocchi bruciati e la cenere. Niente vivaci fiamme calde, niente sorrisi
felici.
Se ci fosse stato Edward, invece,
si sarebbe preso la briga di accenderlo per lui, di sentire la legna crepitare
allegra, l’odore buono di resina aleggiare nell’aria. Così, quando sarebbe
arrivato, infreddolito, si sarebbe accucciato lì davanti, a riscaldarsi, a
leggere o a chiacchierare insieme.
Avrebbe goduto della sua contentezza, della sua infantile
voglia di giocare con gli alari.
Sospirò, appoggiando sul tavolino il bicchiere ancora
intonso e afferrando con gentilezza il gatto, per coccolarlo. Fu presto
ricompensato da un deliziato ‘ronron’,
che lo mise di buonumore, almeno per un po’.
Quando gli grattò il pancino, le
fusa crebbero d’intensità.
“Non sono bravo quanto Ed, ma me la cavo, no?” gli chiese,
compiaciuto.
La leccata ruvida che ricevette sulla sua pelle gli sembrò
una risposta affermativa, una discreta dimostrazione di gratitudine.
“Si è fatto tardi. Che ne dici di
andare a dormire, mh?” propose, sollevando la
bestiola all’altezza del suo naso.
“Meeeoooowww.”
“Oh, suvvia! Non fare i capricci! Io domani devo andare al
lavoro!” chiarì ragionevole, trasportandolo nella cesta.
Tora si sedette sull’imbottitura,
ma invece di acciambellarsi come faceva di solito rimase lì, a scrutare le
mosse del suo padrone.
Roy fece finta di niente, e si premurò di controllare che
tutto fosse spento e chiuso, prima di andare a letto. Soprattutto il lucernario
e le finestre, perché fuori pioveva ancora, e avrebbe continuato – con buona
probabilità – per tutta la notte.
Quando uscì dal bagno, il micio tigrato sostava davanti alla
sua camera. Non era entrato, certo, ma sembrava non attendere altro che un invito
a farlo, o un permesso, quantomeno.
Mustang ponderò per qualche istante la situazione. Non era
così accomodante come Edward, che soccombeva
inesorabilmente di fronte a qualsiasi capriccio del loro gatto.
Ci teneva alle regole, lui.
E Tora aveva dormito sul suo letto
solo in rare ed eccezionali occasioni ben delimitate. Ragion per cui…
“Di là, hai una bellissima e comodissima cesta che ti
aspetta, vecchio mio.” Esordì, in tono da paternale. Poi
inspirò ed espirò lentamente. “Vieni. Ma non ti ci abituare!” lo avvertì, offrendogli
la possibilità di varcare la soglia. E l’altro non se lo fece ripetere due
volte, zampettando lesto verso il tappeto e saltando baldanzoso sulle coperte,
in direzione dei cuscini.
“Ci terrei a precisare che – tra noi due – sono io, quello coinvolto sentimentalmente
con Edo, non tu! Che ti manchi posso capirlo, visto e considerato che ti vizia
in modo vergognoso, e – beninteso! –
non aspettarti lo stesso trattamento da me! Tuttavia… lo ammetto: anche io
faccio fatica a riposare bene… ad un tratto, questo letto mi sembra
improvvisamente enorme… cazzo, sarà pure un Fagiolo
piccolo, ma hai presente quanto spazio si prende? A volte credo lo faccia apposta per farmi un dispetto…” sfilò da sotto le
lenzuola il cuscino dell’ospite, perché Tora non ci
perdesse il pelo sopra, e un lungo filo dorato si staccò dalla federa. Lo raccolse tra le
dita.
“Non riesco più a dormire. Mi rende dipendente da lui, e poi
se ne va.” Confessò, stringendo il capello e guardando
il micio con un’espressione affranta.
“Meeooww!”
“Diamine!, Come sono caduto in
basso… Forse sto impazzendo, sto conversando con un gatto!!” si diede
dell’idiota, spegnendo la luce e infilandosi sotto le coperte.
“Buonanotte, Tora…”
Il pelo soffice incontrò la sua mano destra, mentre il peso
della bestia gli scaldava il fianco, oltrepassando le coltri.
Sbadigliò, cercando di svuotare la mente.
Forse era stata una buona idea, quella di far dormire il
gatto con lui. Forse si sarebbe sentito meno solo. Forse sarebbe addirittura riuscito
a dormire una notte intera, si augurò.
E mentre stava varcando il confine col mondo dei sogni, il
telefono squillò.
Erano le undici passate, che
fosse successo qualcosa di grave?
A... Ed? Ed?! ED?!
Delle mille ipotesi più improbabili,Ed.Il suo unico timore era rivolto a
lui.Ed.
Perché cazzo era andato in
missione? Ed.Perché cazzo
non gliel’aveva impedito?Ed.
Al diavolo anche l’ordine diretto di Hakuro!Ed.
Col cuore in gola, corse ad accendere la luce in salotto e a
rispondere.Ed.
Il percorso dalla camera alla sala gli parve infinito, per
poco non inciampò, rovinando a terra.Ed.
Era così agitato che mancò la cornetta per due volte, prima
di riuscire ad afferrarla.Ed.
“Pro-pronto?” balbettò, la voce
roca dall’ansia e da qualcos’altro che non voleva neppure prendere in
considerazione.
“Taisa?”
“Ed?”
“Sì.”
“E’ successo qualcosa? Ed, stai bene?!”
lo aggredì a parole.
“Taisa, si calmi! Sto bene, sì.”
Lo tranquillizzò. “Non volevo spaventarla.”
“Razza d’idiota!, mi chiami nel
cuore della notte, dopo quasi due settimane che non ho più notizie e come vuoi
che mi senta! Ho il diritto di spaventarmi!” urlò, artigliando il ricevitore
fin quasi a romperlo.
“Io… mi dispiace, non ho pensato di controllare l’ora…” si
scusò, mortificato. “Ho camminato per quattro ore, per raggiungere il primo
telefono disponibile, non credevo fosse così tardi...”
“Ma sei sicuro di stare bene?!”
richiese, apprensivo. Cercò quindi di impostare un tono burbero. “E cosa volevi
dirmi di così urgente?”
“Ho concluso la missione con successo, ma mi ci vorranno
almeno due giorni per ritornare a East;
lo riferisca al Generale, per
favore.”
“D’accordo.”
“Lì, da voi… è tutto ok?” chiese,
titubante.
“I ragazzi stanno benissimo.”
“N-no… mi riferivo a lei e a Tora…” precisò, con un velo d’imbarazzo.
Roy sorrise. “Stiamo benone,
davvero.” Lo rassicurò.
“Me lo passa?”
“Aspetta...” allungò il ricevitore verso il muso del micio
che era seduto sul tappeto ai suoi piedi, incuriosito. Evidentemente lo aveva
seguito dalla camera. “Chiamalo!”
La voce allegra di Edo uscì un po’ distorta dalla cornetta;
il Colonnello rise a fior di labbra, quando il gatto si allungò per annusarla
con circospezione, attirato però dal suono. Leccò la plastica con un paio di
lappate veloci.
E, per un istante, Mustang ebbe l’impressione che stesse facendo le fusa al telefono.
“Credo ti stia salutando, di sicuro è contento di sentirti.” Lo avvertì, interpretando i suoi gesti.
“Lo sta curando come si deve, vero?” s’interessò, accorato.
“Lo sto trattando con i guanti!” esclamò, convinto.
Una risata argentina, dall’altro capo del filo. Dio, quanto gli era mancata!
“Coi guanti?! Basta che non gli dia fuoco!” scherzò.
“Cercherò…” rispose, stando al gioco. “’Notte, Acciaio.”
“Buonanotte anche a lei, Taisa.”
E finalmente lo
sarebbe stata.
Fine
Disclaimers: I personaggi e la
canzone citati e in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di
essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.
‘Another Rainy Night (Without You)’ è deiQueensryche.
Io non la conoscevo, ma il testo era perfetto e ieri ho
reperito anche la canzone che si sposa alla perfezione col capitolo. Se potete,
ascoltatela.
Vi riporto il testo integrale e la traduzione (irreperibile
nel web) gentilmente offerta da tre sante donne che mi sopportano. (Di nuovo, grazie!) (_ _)
Queensryche - Another Rainy Night (Without You)
Don't slam
the door, on your way out.
Non sbattere la porta,quando vai via. Don't leave without
saying goodbye.
Non andartene senza dire addio. Another long distance night
alone,
Un’altranotteda solo lontani, You leave me wanting,
always leave me wanting more.
Mi lasci volere, mi lasci volere
sempre di più. Last word today, coming home to stay?
L’ultima parola oggi, torni a casa
per restare? Wouldn't that be nice,
for a while?
Non sarebbe bello, una volta tanto?
But now my take-out food is
growing cold,
Ma adesso il mio cibo da portar via
sta diventando freddo,
And the
candle's burned a hole in the floor.
E la candela ha bruciato un buco
nel pavimento.
And I'm
still waiting for the ring of the phone.
E sto ancora aspettando lo squillo
del telefono.
I'm all alone.
Sonotutto solo.
And it's another rainy night, without you.
Ed è un’altra notte di pioggia,
senza di te. GuessI'llleave a light on foryou.
Penso che lascerò una luce per te. It's just another rainy night,
without you.
E’ solo un’altra notte piovosa,
senza di te.
Listen, there's a foghorn blowing.
Ascolta, c’è una sirena da nebbia
che sta suonando. From the coasttonight.
Dallacostastanotte.
Remember making love in the rain?
Ricordi quando facevamo l’amore nella pioggia? Strange
how laughter looks like crying with no sound.
Strano come una risata assomigli al
pianto senza alcun suono. Raindrops taste liketears, without the pain.
Gocce di pioggia sanno di lacrime,
senza il dolore.
I'm not
much without you, can't leave if I wanted to.
Non valgo molto senza di te, non
posso andarmene se non voglio.
Maybe that's
why you stay around.
Forse è per questo che sei (qui)
intorno.
But tonight I'll sit here
tending the fire.
Ma stanotte mi siederò qui a badare al fuoco. And pace the floor one hundred times in an hour.
Facendo avanti e indietro sul pavimento cento di volte in un’ora.
And check the voice-mail for
a messageyou've called.
E controllerò la segreteria per un
messaggio (che mostri) che hai chiamato.
I'm all alone.
Sonotutto solo.
It's just another rainy night, without you.
E’ solo un’altra notte di pioggia
senza di te. Waitingby the phone. Alone.
Aspettando al telefono.Da solo. It's just another rainy
night, without you.
E’ solo un’altra notte piovosa,
senza di te. Guess I'll leave a light on
for you.
Penso che lascerò una luce accesa
per te.
I know I've said it
before.
So chel’hodetto prima. Hate the sound of the
closing door.
Odio il suono della porta che si
chiude. And your
footsteps walking away.
E dei tuoi passi che si allontanano.
But now my take-out food is
growing cold,
Ma adesso il mio cibo da portare a
casa si sta raffreddando,
And the
candle's burned a hole in the floor.
E la candela ha bruciato il
pavimento facendo un buco.
And I'm
still waiting for the ring of the phone.
E sto ancora aspettando lo squillo
del telefono.
I'm all alone.
Sonotutto solo.
It's just another rainy night, without you.
E’ solo un’altra notte di pioggia,
senza di te. Waitingby the phone. Alone.
Aspettando al telefono. Solo.
And it's another rainy night, without you.
Ed è un’altra notte piovosa, senza
di te. Guess I'll leave a light on
for you.
Penso che lascerò una luce accesa
per te.
It's just another rainy night,
another rainy night,
E’ solo un’altra notte di pioggia,
un’altra notte di pioggia. Another
rainy night without you.
Un’altra notte di pioggia senza di
te.
Bellissima, non trovate? *__*
Note varie:beh... il titolo
è già stato sviscerato a sufficienza, questo capitolo s’incastra un tempo
imprecisato dopo la Grande Nevicata.
La scena di Tora al telefono con Edo-kun è tratta da un fatto realmente accaduto.
La frase “Non riesco più a dormire. Mi rende dipendente da
lui, e poi se ne va.” Non mi appartiene, è presa dal
telefilm Grey’sAnatomy,
detta da Christina Young, riferita al suo uomo.
Precisazioni al
capitolo precedente: Ely abbraccia la politica NO-Spoiler. Tutto ciò che posso
dirvi è che, in tre recensioni, avete azzeccato il contenuto di tre futuri
capitoli già scritti, ma che arriveranno col tempo. ^^
Roy non vuole e non può dire a Ed che si è sacrificato per lui. Nella mia testa c’è più di
una ragione: ve l’immaginate le sue scenate centuplicate? Del tipo: ‘Io mi so arrangiare da solo, idiota! Pensa alla tua, di
pelle, che alla mia mi arrangio io’ecc…
Senza contare l’aggressione
avvenuta nel cap. 8, di cui Shatzy ha fatto menzione
nel suo commento:
“Prima di tutto, a suo tempo Ed
era rimasto quasi traumatizzato, si era preso colpe che non aveva e via
dicendo, mentre almeno adesso non sa la verità (forse è per questo che
Roy non glielo dice? Memore di ricordi passati?)”
Sì, noi sappiamo che il Fagiolino tende a sobbarcarsi sensi
di colpa a iosa, anche quando non dovrebbe. Se sapesse che il suo uomo ha
rischiato di morire per lui… non la finirebbe più di farsi pare inutili. Roy ha
fatto bene a tacere.
Comunque c’è da dire che il suo stratagemma è più sottile, perché si limita a non dargli spiegazioni,
a non correggerlo quando Ed lo assale, arrabbiato per
aver salvato Bradley.
Non è bugia, è verità omessa! ^__=
Altre spiegazioni: Ed rimarrà così, con gli auto-mail. In realtà ha i guanti,
visto che è in divisa. Per questo ho sorvolato sui
particolari tipo il freddo al contatto con il viso, o lo scricchiolio
della protesi.
Al, invece…
Beh, lo scoprirete presto! ^^
No, Hokori,
no. Roy NON perderà occhi in questa raccolta. Ma può
sempre perdere qualcos’altro! Hi hihi *__*
Non è nelle mie intenzioni mandare
Edward all’ospedale… ma non
escludo ispirazioni future.
Ma poi finisce che voi vi
preoccupate troppo!
In realtà, sono stata buona. Cioè…
la scena, in sé era seria e drammatica, ma avrei potuto renderla ben peggio,
con Roy descritto più seriamente di quel che è nella realtà.
Se mi ci metto, potrei renderla
ben più tragica di così… Rukawa e anche i lettori di
vecchia data sanno bene cosa intendo dire… *_*
X Yumi: I capitoli
saranno 100, se ce la farò. >.< ( e se mi sosterrete fino ad allora! ^^)
Do il benvenuto a Panssj e a Beautiful_disaster tra i lettori! E ringrazio di cuore Sary per il suo full-immersion di commenti, che mi hanno
fatta commuovere. Grazie!!
Campagna di Promozione
Sociale - Messaggio No Profit:
Dona l’8‰ del tuo tempo alla causa
pro recensioni.
Farai felice
milioni di scrittori.
(Chiunque voglia aderire
al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio crede) Come sempre, sono graditi commenti, consigli
e critiche.
Il seguente scritto contiene lievi riferimenti yaoi
Il seguente scritto contiene lievi
riferimenti yaoi.
Questo capitolo è direttamente collegato al cap 46, ‘Stelle a quattro zampe e
medaglie di riconoscimento’, si colloca
cronologicamente una decina di giorni dopo di esso.
Per ulteriori spiegazioni, compreso il titolo, vi rimando alla
conclusione della fic, dopo la lettura.
Dedicato a chi ha recensito i
precedenti capitoli della raccolta.
E a quanti commenteranno.
Alle 88 persone che hanno
inserito It’sraining tra
le loro fic preferite,
e altre 88 che hanno
messo me, tra gli autori preferiti.
Ai vecchi e ai nuovi lettori.
Grazie.
Black Rain– Pioggia Sporca
byelyxyz
Pioveva da ormai una settimana, su East,
e la fitta pioggia insistente tamburellava ritmica sul tetto della Caserma.
Come da prassi, le sentinelle all’ingresso compirono il
cambio della guardia, attuando con ligia precisione il medesimo rituale di
qualche ora addietro.
Sembrava un giorno come tanti altri, dentro al Quartier Generale. Ma in fondo non lo era.
Nell’ufficio del neopromosso Generale di Divisione Mustang,
tutta la truppa era riunita attorno a loro, per festeggiare la promozione del FlameAlchemist e quella di Edward a Colonnello. C’erano proprio tutti: il Tenente Hawkeye, Havoc, Falman, Armstrong, Fury… purtroppo Maes non aveva
potuto presenziare, perché in quei giorni i Servizi Segreti Investigativi erano
in fermento, a causa di recenti sviluppi, e a Central
City nessuno poteva permettersi una licenza. Ma Roy s’era premurato di
mandargli un telegramma urgente, il giorno addietro, per tenerlo al corrente
dei fatti.
Mentre Breda si prodigava affinché
i calici fossero pieni e il cibo pronto, il telefono trillò.
Sovrastando il chiacchiericcio, Jean
rispose al quinto squillo. Ma era davvero impossibile per lui capire chiaramente
cosa gli stava dicendo il suo interlocutore, all’altro capo del filo.
“Signore!, E’ per lei!” gridò, superando
il cicaleccio nella stanza. Non ne era molto sicuro, ma per chi altri doveva
essere quella chiamata, se non per Mustang, visto che erano nel suo ufficio?
Il festeggiato interruppe i convenevoli, per ricevere la
cornetta.
“…Roy?” proferì, incerta, una voce femminile.
“Glacier? Ma che bello! Hai saputo
della novità?!” chiese, allargando un sorriso festoso.
“Ma passami quel fannullone di tuo marito!”
“…Oh, Roy…”
“Ehi!, Ma che succede?” domandò,
stavolta allarmato dal tono affranto di lei. La sentì singhiozzare piano.
“Roy…”
“Glacier!,
Mi sto preoccupando! Che diamine è succe…”
“Maes… un agguato… l’hanno trovato
ferito, svenuto in una cabina… Roy, devi venire al più presto, non so se…”
I ragazzi nell’ufficio lo videro sbiancare e un silenzio di
tomba calò greve su tutti.
“Di’ a quell’idiota che non osi
fare scherzi!” lo sentirono gridare, arrabbiato e concitato. “Mi sono spiegato?! Diglielo, Glacier, o io… io…
Arrivo, sarò lì al più presto, te lo giuro.” Ripose il
ricevitore, scrutando smarrito i militari di fronte e lui, che attendevano
rispettosamente di essere informati dell’accaduto. Ma non ebbe il tempo di
quella gentilezza. Corse a prendersi il cappotto, e tutta la sua attenzione fu
per Edward.
“Maes è ferito. E’ grave. Io
parto. Ti affido le pratiche più urgenti, mi raccoman…”
“Col cazzo che ti lascio andare
così! Io vengo con te!” lo contraddisse Ed, cercando a sua volta il soprabito
della divisa. “Adesso tu corri in stazione, e se c’è un treno in partenza, beh…
prendilo.
Io passo per casa, infilo un cambio di vestiti in valigia e
ti raggiungo appena ci riesco.”
Mustang si limitò a guardarlo, senza replicare.
“Edward-san…” s’intromise il
Tenente Hawkeye, scrutandoli alternativamente. “E’
meglio che partiate insieme. Mi prendo personalmente l’onere di farvi pervenire
il necessario e di curare Tora in vostra assenza.” Suggerì, ragionevole e precisa come sempre.
I due uomini non trovarono nulla da obiettare e, mentre Jean era già sparito per reperire un’auto che li
accompagnasse in stazione, se ne uscirono, scuri in volto e preoccupati, con la
promessa di tener tutti aggiornati, quando avessero valutato
di persona la situazione.
Giunsero alla RES - RailwayEast Station - appena in tempo, e salirono di corsa sul treno che si stava mettendo in moto in quel momento.
Quando furono finalmente soli, dentro allo scompartimento
del Rapido diretto a Central City, i nervi di Roy
cedettero ed egli s’accasciò su se stesso, le mani a coprire il volto, le
spalle che tremavano per l’agitazione.
Edward gli si sedette affianco,
passandogli un braccio attorno alle spalle.
“Vedrai che andrà tutto bene…” tentò di consolarlo, tuttavia
conscio che forse stava mentendo.
“Certo che andrà bene.” Sussurrò il moro, “Deve andare bene!” alzò il tono di
scatto, facendo sussultare l’altro per la sorpresa. I loro occhi s’incontrarono,
e quelli d’ossidiana erano lucidi. “Quell’imbecille
non può morire così! Non glielo permetterò! Deve mantenere la sua promessa,
dannazione!”
Edo non sapeva di che promessa stesse
parlando, tuttavia annuì solenne. “Sono sicuro che la manterrà. Maes-san è un uomo di parola, e poi non abbandonerà mai la
sua famiglia...”
“Ed… tu lo sai… tu sai
cosa lui significhi per me…” deglutì a fatica, la gola secca che gli bruciava.
Cercò di schiarirsi la voce, di darsi un contegno. Tuttavia non ci riuscì. “E
se lui… ma se lui…”
La mano sinistra di Edward si
allungò a coprire le sue, strette in grembo in una morsa che poteva procurargli
dolore. Le sciolse con delicatezza, intrecciando le proprie dita a quelle del
compagno. Le fedi tintinnarono, nel silenzio che regnava.
E se lo spirito gioioso della festa di poco prima si era
dissolto, come se non fosse mai esistito, lo spettro di un Roy disteso a terra
in un lago di sangue aleggiò su di loro, crudele e prepotente. Vivido nella sua
raccapricciante, atroce fatalità.
Non se lo dissero, ma entrambi lo pensarono.
Solo qualche settimana addietro, sarebbe potuto accadere il
contrario.
Un MaesHughes
che correva a prendere un treno per East, per
assistere il suo migliore amico – il fratello – che aveva compiuto un gesto che
avrebbe potuto rivelarglisi fatale.
La buona stella di Roy aveva brillato… ma ora?
Se la Fortuna avesse voltato le
spalle a Maes?
Ed era tremendo, per loro. Per loro, più che per chiunque
altro. Uomini di Scienza, che non potevano essere artefici del proprio destino.
Che si dovevano affidare a…
“Edward…”
“Nh?”
“Ti amo.”
A quel sussurro, il giovane Elric
boccheggiò, frastornato. “Ma Roy, io lo so! Non ti preoccupare, non occorre
che… no-non è il momento, io…”
“Voglio che tu lo sappia.” La voce arrochita dalla
disperazione trattenuta. “…Che tu lo sappia, qualunque cosa accada. Hai capito?”
Cercò una conferma. “Hai capito?!”
“Roy, ti prego, basta! Io lo so; lo so, stanne certo. Tu mi
ami, e io ti amo. E’ una certezza indissolubile. Non lo metto neppure in
discussione!” Lo vide annuire, lievemente rincuorato. “E se mi capitasse qualcosa,
non fare stronzate, Ed.
Intesi?”
“Ma che stronzate vuoi che…!”
“INTESI?!”
“Tu, però… La prossima volta, lascia che Bradley
si prenda le pallottole che gli spettano, ok?”
scherzò, per sdrammatizzare la tensione. Eppure lo vide irrigidirsi, spaventato.
“Senti… lasciamo perdere, vuoi? Ora cerca di calmarti… e, qualunque cosa sia,
la affronteremo insieme, io e te. Mh?” Lo sentì
sospirare, tremulo. E se lo fece bastare.
Per un istante si lasciarono sopraffare dal cullare della
carrozza che dondolava correndo veloce sulle rotaie, la pioggia che batteva con
invadenza contro il vetro unto del finestrino, rigandolo con umidi rivoli
sporchi, sporchi di fango, cenere e polvere.
Mustang sollevò il capo, orientando lo sguardo verso la
pianura che scorreva oltre l’oblò. Ma era impossibile anche solo scorgerla. La
sera stava lasciando posto alle tenebre, la luce fioca dentro al vagone rifletteva
la sua immagine, l’espressione assorta e affranta, in mezzo a quel lerciume
gocciolante. Per uno strano scherzo del destino, sembrava quasi che i rigagnoli
sudici d’acqua fossero lacrime, le sue lacrime.
Edward rafforzò la stretta, il
contatto tra loro, ma non ebbe cuore di controllare.
Fine
Disclaimers: I personaggi citati
in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna
forma di lucro, da parte mia.
Note varie:il titolo è
un omaggio all’omonimo film: ‘Black Rain - Pioggia sporca’.
Black Rain è un film del 1989
diretto da RidleyScott,
con MichaelDouglas, AndyGarcia, KenTakakura, KateCapshaw e YūsakuMatsuda.
La storia è centrata su due poliziotti di New York City che, dopo aver
catturato un membro della Yakuza, devono scortarlo in
Giappone. Una volta arrivati, il prigioniero riesce a
dileguarsi, e i due ufficiali, per recuperarlo, devono immergersi sempre più
profondamente nel misterioso mondo della malavita locale. Black Rain fu nominato per due premi Oscar, per il miglior
sonoro e il miglior montaggio sonoro.
(Tutte le informazioni
sono prese da Wikipedia, l’Enciclopedia Libera)
Non riporterò la trama completa, ma – leggendola - vi accorgereste degli
inevitabili i richiami alla puntata in cui Maes
scopre troppe cose ed è per questo eliminato, in quanto personaggio scomodo.
Ricordo la politica NO-Spoiler, e come ho detto anche nello
scorso capitolo, in questa fic - essendo una ‘whatif…’ - le cose capitano, ma
nei tempi e nelle modalità che deciderò io. Non date niente per scontato.
Non so voi, ma io – mentre scrivevo il capitolo – arrivata
al punto in cui Roy ricorda a Ed che lo ama, qualsiasi
cosa possa accadere, e gli fa promettere di non far stronzare,
mi sono vista sfilare davanti le scene della loro separazione, dell’episodio
n°48, ‘Addio’. In quest’ottica, assume tutto un altro significato… visto e considerato cosa era disposto a rinunciare Roy, per
vendicare Maes.
Precisazioni al capitolo precedente: sì,
mi sono immaginata Tora al telefono come se fosse un
bimbo piccolo. E i suoi pensieri mi stanno piacendo sempre più, mi sa che lo
userò più spesso, eh?
La felicità momentanea di Riza sull’improvviso
fervore di Roy ha preoccupato un po’ tutti, è meglio
che torni il solito Taisa scansafatiche, mh? XD
Do il benvenuto a Betta90 tra i lettori! (spero
che da ora continuerà a seguirmi regolarmente ^^)
E ringrazio LadyKokatorimon, per aver commentato. (Meglio
tardi che mai!) ^___^
Ringrazio quanti hanno commentato la mia prima fic sul fandom di Saiyuki.
Il seguente scritto contiene lievi riferimenti yaoi
Il seguente scritto contiene lievi
riferimenti yaoi.
Per ulteriori spiegazioni, compreso il titolo, vi rimando alla
conclusione della fic, dopo la lettura.
Ho aggiornato dopo soli 4 giorni, visto che
brava?? ^__=
Dedicato a chi ha recensito i
precedenti capitoli della raccolta.
E a quanti commenteranno.
Ai vecchi e ai nuovi lettori.
Grazie.
Cane amoroso,
sempre velenoso
byelyxyz
Edward scese dall’auto,
raccogliendo le buste della spesa.
Attese che Roy parcheggiasse e lo
raggiungesse, prima di annuire in direzione del portone d’entrata, sbirciando
attraverso i fori della buca delle lettere.
“Potresti controllare la cassetta della posta?” domandò al
compagno, sollevando le borse col chiaro intento di dimostrare la propria
impossibilità.
“Agli ordini, signore!” scherzò l’altro, sfilando un paio di
volantini e bollette.
Salirono in casa, salutando un Tora
affamato che li accolse in modo particolarmente festoso.
“Temo che un giorno o l’altro, se non mi sbrigo a riempirgli
la ciotola, mi mangerà l’auto-mail!” rise Ed, posando in entrata le sporte e
chinandosi a salutarlo, mentre questo gli si strusciava addosso con insistenza,
miagolando famelico.
“Tutta colpa tua, che lo vizi spudoratamente!” lo rimproverò
Mustang, con aria saputa. “Dovresti rimetterlo a dieta…”
“Un’altra volta?!” sbottò,
sconcertato. “No, dico: ma hai presente che disgrazia è stata il primo
tentativo?”
“Quando si tratta di quest’ammasso di pulci e pelo,” lo additò “hai il cuore troppo tenero, tu.
E se invece riguarda il sottoscritto, chissà perché, diventi
irremovibile e irreprensibile nelle tue decisioni!” piagnucolò, nella vana
speranza di farlo sentire in colpa.
Edward sorrise. “Sei vecchio
abbastanza per difenderti da solo, tu.” Lo canzonò, calcando sull’ultima
parola, come aveva fatto il suo uomo poco prima.
“Ehi! Chi sarebbeabbastanza vecchio?!” fu la protesta, e
un comico broncio risentito. “Ti faccio vedere io, piccola pulce…”
“No, Mustang. Non attacca. Non mi freghi più!” lo stroncò
Edo, dimostrando una calma invidiabile. Una calma fin troppo
sospetta.
A volte, Roy rimpiangeva un po’ le scenate del suo Fagiolino
a proposito della sua altezza… ops… bassezza.
Erano un po’ sfinenti, sì; visto e considerato che arrivavano quando meno te lo aspettavi: seMame-chan si sentiva chiamato in
causa - e quindi si riteneva offeso, anche per cose che non lo riguardavano
minimamente -, partiva con una sequela di strepiti e tiritere infinite e incomprensibili.
Ma era così divertente
farlo arrabbiare di proposito, ogni tanto!
Non che questa sua assennatezza – unita ai centimetri giusti
che Ed aveva finalmente raggiunto – gli dispiacesse,
però… era un modo tutto loro di prendersi in giro, che era rimasto nel tempo.
Sì, senza dubbio si
rammaricava che Edward non fosse più così suscettibile.
“Mentre io do da mangiare al gatto, riponi le provviste?” si
sentì chiedere.
“Devo metter via anche
i fagioli?” insinuò, con voluta innocenza.
“Royyy…”
Acciaio impugnò l’apriscatole, e comparve dal corridoio
brandendolo a mo’ di arma. “Non tirare troppo la corda!” lo avvisò.
“Ok, ok!”
sollevò i palmi delle mani in alto. “Mi arrendo!”
Dopo aver messo a posto la spesa, raccolse la posta
dimenticata sulla mensola in entrata e si accoccolò sulla sedia, in cucina,
mentre Ed metteva l’acqua a bollire per la cena.
“Bolletta. Bolletta. Pubblicità inutile. Altra bolletta.” Le
smistò, ammonticchiandole sul ripiano. Di colpo si fece zitto.
Edward si girò per controllare che
ci fosse ancora, ravvisato l’improvviso silenzio, e lo vide tutto intento a
scrutare, con odio, una comunissima busta bianca.
Sul retro della carta intestata, si riusciva a scorgere il
mittente fin da lì.
Officina Rockbell
Vendita e Riparazione
di Auto-mail
Evergreen Road, 1
Resembool
- Amestris
-
“Toh, è arrivata una lettera dalla tua amichetta.” Masticò, come se fosse stato
un boccone amaro.
Edo gli voltò le spalle con la scusa di voler salare l’acqua
e sorrise tra sé, compatendolo per la sua gelosia.
Quindi si ripulì le mani sul grembiule e allungò le dita per
farsela consegnare.
La riluttanza del suo compagno era palese, ma un po’ poteva
capirlo. Solo che c’era ancora quel pezzettino di ‘piccola pulce’
e ‘fagioli da riporre’ che gli vorticava in testa. E
lui era magnanimo, sì. Ma solo fino ad un
certo punto.
“Dammela, Roy!” lo sollecitò, perdendo la pazienza.
“E se la bruciamo?” propose speranzoso l’altro, mimando uno
schiocco di dita.
“E’ la mia corrispondenza!”
“Quel che è mio… è tuo, e quel che è tuo… è mio.” Filosofò il moro, anche se aveva odore di ricatto morale.
“La mia
corrispondenza privata è solomia.” Ringhiò in risposta, scandendo bene il concetto.
Ecco che Mustang ripartiva
con la sua maledetta gelosia!
Sapeva di non avergli mai dato modo di dubitare della sua
lealtà, perché cazzo non la smetteva e basta?!
E quando infine la ottenne, decise che era l’occasione buona
per un po’ di sana vendetta.
Roy faceva il geloso? E
allora... che avesse almeno un valido motivo per esserlo!
“Il massimo che posso fare è condividere con te quanto c’è scritto, a patto che tu non mi interrompa.”
Non attese risposta, mentre strappava la busta e dispiegava la carta.
“Edo, carissimo” finse di leggerla ad alta voce, impostando
un tono ingenuo. “Non è da molto che ci siamo scritti, ma a me sembra già
un’eternità. Mi manchi, Ed.” Fece una pausa ad effetto, valutando le reazioni
del suo interlocutore.
Mustang ribolliva come un vulcano pronto all’eruzione.
Ghignò interiormente, prima di proseguire. “Le giornate
trascorrono lente, si sente che non ci sei tu a movimentarle un po’. Così mi
dedico alla creazione di nuovi impianti; non vedo l’ora di fartene provare uno
in particolare. L’ho ideato appositamente per te, con tutto il mio affetto!
Sai, Edo? Sarebbe anche saggio fare un check-up approfondito
ai tuoi auto-mail. Devi trattarli con più cura e fare
regolarmente la manutenzione. Solo che non la fai mai! E così mi preoccupo per
te!
Che ne diresti di prenderti qualche giorno di ferie e di
venirci a trovare? Ci farebbe piacere se arrivassi, magari con
Al…” sollevò gli occhi dorati, posandoli sull’uomo che, in quel mentre,
guardava fuori dalla finestra. Di primo acchito, si sarebbe detto che il FlameAlchemist fosse
semplicemente disinteressato a quella lettura, che la sua curiosità fosse
rivolta altrove. Ma il ritmico sfregare tra pollice e indice testimoniava
l’esatto contrario. Questo non fece che accrescere la soddisfazione di Edward. “Se quell’Idiota con
cui vivi” riprese, fingendo di non riuscire a interpretare una parola “sì, ha
scritto proprio Idiota” precisò, come
se parlasse da solo “se non ti tratta
bene, puoi sempre piantarlo in asso e tornartene a Resembool.
La tua camera sarà sempre qui a disposizione per te. E io con lei.” Altra pausa
ad effetto. “Un bacio, con affetto.”
Un basso ringhio proveniva dalla sedia dove stava
l’Alchimista di Fuoco, ma egli non vi badò.
“PS. L’Idiota, di cui sopra, fa ancora sempre il geloso con
te? Ma non ha ancora capito, il fesso, che così è anche peggio?! Magari è tutto un pretesto per nascondere il fatto che in
realtà è lui che ti tradi-”
“E COSI’ SAREI IO
A TRADIRTI??!!” urlò, alzandosi in piedi e, nella foga
del gesto, la sedia si rovesciò all’indietro, spaventando Tora
che sgattaiolò fuori dalla stanza.
“Oh, suvvia…” minimizzò il biondo. “E’ solo una lettera innocente…”
“Innocente, un cazzo! E’ fortunata
che al momento non sia qui, altrimenti…”
“Altrimenti?” l’incalzò, sollevando un sopracciglio con fare
provocatorio. “Se non ricordo male, tu non picchi le donne…”
“Non ci provare, Ed. Non adesso!”
sibilò, smettendo di trattenere l’ira.
Edward boccheggiò. Forse aveva
calcato un pochino la mano… forse aveva esagerato.
“Roy… risiediti.” Lo invitò, annuendo all’indirizzo della
tavola.
“Scusa, ma mi è passata la fame.” Era già sulla soglia per
andarsene da lì.
“Roy, per favore,
siediti.” Ripeté, insistendo con gentile fermezza. “E guarda.” Gli stampò
davanti al naso la lettera incriminata, additando la firma in basso. Zia Pinako.
“Ma che… che diamine c’entra lei…?”
“Sei davvero un idiota.”
Gli disse, ma il tono sapeva di affetto. “Se la tua assurda gelosia non ti
rendesse così cieco, e particolarmente ottuso,” rincarò
“avresti capito da un pezzo che stavo inventando tutto di sana pianta!”
“Ma, ehm…”
Ed raccolse i fogli, osservando
distrattamente la grafia spigolosa e un paio di macchie d’olio ai margini. Probabilmente
era stata scritta sopra al bancone da lavoro, in officina.
“Questa lettera è di zia Pinako, e
viene da Resembool! Winry
si trova a Rush Valley da almeno sei mesi! Te lo sei
forse scordato?!”
“Sì, beh, ma…”
“E comunque lei non
si sarebbe mai neppure sognata di scrivere una cosa del genere!
Ti sei davvero rincitrullito!”
“Potresti smettere di offendermi e di infierire?”
“Te la sei andata a cercare! Tu, e la tua gelosia del
cavolo! Come potrei mai tradirti con lei?!
Io e Win-chan ci conosciamo da quando siamo nati; abbiamo condiviso la stessa culla, lo
stesso biberon, facevamo addirittura il bagnetto assieme!”
“Questo non mi
aiuta…” ringhiò, stizzito.
“Però aiuta me.”
Chiarì. “Winry è una persona a cui
voglio bene, a cui vorrò sempre bene. Che ti piaccia o no.
Fattene una ragione…”
“E’ un tuo diritto.” Ammise, riluttante.
“Aspetta. Lasciami finire. Per lei nutro dell’affetto, è
vero. Ma quello che sento per te è qualcosa di completamente diverso, non li
puoi neppure paragonare. Hai capito?”
“Se mi dici una cosa del genere, mi fai sentire ancora più
idiota.” Confessò, contrito.
Le labbra di Edward si distesero
in un sorriso pieno d’amore. “Ma è perché lo
sei.”
“Lo sono… io sono cosa?”
“Un idiota. Un idiota integrale.” Infierì, sorridendo
soddisfatto.
“Ehi, pulce! Non cominciare a…” si
zittì di botto, rammentando. “Tu mi volevi punire per la battuta sull’altezza!”
lo accusò, fingendosi arrabbiato.
“Per quella, per il tuo umorismo
da fagioli, e anche per la tua diffidenza nei miei confronti…” precisò, contando
sulle dita dell’auto-mail, che scricchiolarono a quel movimento. “Per inciso:
mi sa che dovrò davvero fare la manutenzione con urgenza, stasera; o resterò
bloccato, un giorno di questi, e poi chi la sente quella pazza fanatica?!”
La smorfia depravata, che Mustang fece, non presagiva nulla
di buono. “Da questo tuo simpatico scherzetto, Mame-chan,
ho imparato almeno una cosa…” preannunciò. “Da oggi ti olierò personalmente le
protesi cinque volte al dì - meglio abbondare -, visto che, una
ingrassatura al giorno, toglie Winry di torno!”
Fine
Disclaimers: I personaggi citati
in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna
forma di lucro, da parte mia.
Note varie:il titolo è
un proverbio popolare, non credo serva spiegarlo, no? ^^
E ho scelto il giallo,
perché il giallo è tradizionalmente il colore della gelosia.
In questo capitolo, ritorna
prepotentemente il rapporto burrascoso tra Roy e Win che,
tra l’altro, qui è solo vittima inconsapevole…
Io continuo a credere che Roy
sarebbe disposto a tutto, nel caso si senta minacciato. E che non la consideri
una donna, ma solo una rivale. Avremo modo ancora di vederli interagire in
futuro.
Precisazioni al
capitolo precedente: Mi dispiace per quelli che credevano di trovare in
questo capitolo il seguito del precedente. Per conoscere le sorti di Maes e dei nostri eroi, dovrete attendere il cap 52, come da scaletta programmata. Sorry.
^^
Comunque, no. Non era un pesce
d’aprile. ^^
Stavo giusto attendendo che qualcuno andasse a
spulciare le note vecchie in cerca della mia affermazione. E Chamaedrys l’ha fatto. Ho detto che Maes
non morirà in una cabina sporca e puzzolente, da solo. Ma, rispondendo anche a
Nemesi 06, che voleva un chiarimento… io avevo precisato solo che non accadeva
nella cabina ^^’’. Benché non è detto che Maes muoia, e che – se
deve morire – non succeda in altre circostanze diverse sia dal manga che dall’anime.
La mia fic ha preso una piega diversa, quindi Homunculus, Scar, Alphonse e anche tutti gli altri avranno evoluzioni
diverse, attingendo agli eventi del manga o dell’anime,
a seconda dei casi, oppure stravolgendo tutto e mettendoci del mio.
Vorrei spendere due parole sugli intrecci di legame tra i
personaggi dell’Arakawa, perché mi ha dato da
riflettere...
Il migliore amico di Roy, Maes,
muore per mano di Envy, Homunculus
creato dal padre di Edward, Hoho.
(Noi sappiamo che non è il fratello di Ed, ma fa
comunque impressione avere un ‘creatore genetico’ in
comune, no?)
Roy ha ucciso i genitori di Winry,
che è la migliore amica di Edward.
Che presupposti ci sono per un rapporto RoyEd?
Un Buon Compleanno a Fosuke, che oggi
raggiunge un traguardo importante! Tanti Auguri, caro!
Do il benvenuto a Patricia Dalrymple tra i lettori! (spero che da ora continuerà a seguirmi regolarmente ^^)
E ringrazio Faust, che ha ripreso
a commentare dagli esordi! ^_____^
Ringrazio quanti hanno commentato la mia prima Havoc x Riza.
Capitolo 50 *** Cane ‘stecchito’ e Gatto ‘a stecchetto’ ***
Il seguente scritto contiene lievi riferimenti yaoi
Il seguente scritto contiene lievi
riferimenti yaoi.
Per ulteriori spiegazioni, compreso il titolo, vi rimando alla
conclusione della fic, dopo la lettura.
Ho aggiornato in ritardo, perché sabato la
mia Sister si è laureata, e in questi giorni non ho
avuto materialmente il tempo di sistemare il capitolo, visto che l’ho cambiato
del tutto.
In origine, avevo pensato di postare un cap ad alto impatto emotivo, semi-angst,
ma lo terrò per più avanti.
Non mi sembrava di buongusto festeggiare il
50° capitolo con quell’argomento.
Ebbene sì, perché siam
giunti ai 50. Ai 50. 50!!!!
Credo sia la terza volta che annuncio
l’arrivo a metà della saga, ma stavolta credo che la discesa cominci per
davvero, ammesso che io riesca ad arrivare ai 100
capitoli ipotizzati.
Vorrei dedicarlo a ciascuno di
voi, (stavo meditando di citarvi uno ad uno, ma allora
avrei aggiornato tra 15 giorni, è meglio soprassedere, no?)
Sappiate comunque che qualsiasi
mia parola non renderà giustizia alla mia gratitudine,
per tutti i commenti, gli incitamenti, le critiche costruttive. Non avete idea
di quante volte io vada ad accarezzare le recensioni
di It’s. Soprattutto quando mi sembra di essere ad un
punto morto, o di girare intorno con mere ripetizioni.
Abbraccio, in particolare, chi
ha fatto questa strada con me dagli esordi. Sono quasi 11 mesi, di settimana in
settimana.
Grazie. Dal cuore.
E alla mia Sis,
perché le voglio bene, anche se – ogni tanto (spesso) - avrei voglia di
strozzarla.
Cane ‘stecchito’
e Gatto ‘a stecchetto’
byelyxyz
Quando Mustang sentì bussare alla porta di casa, sfilò
stancamente gli occhiali da lettura e si diresse all’uscio, aprendolo.
Si ritrovò davanti un EdwardElric alquanto fradicio, e neppure tanto felice di trovarsi
lì.
“Well… it’srainingcats and dogs… qual buon vento ti porta qui?”
“Non faccia tanto lo spiritoso!” lo redarguì il più basso,
starnutendogli addosso.
Roy sollevò un sopracciglio in segno di palese, ironica
contrarietà, e lo invitò ad entrare.
“Mio fratello le aveva promesso che saremmo venuti a giocare
col gattino…” e puntò lo sguardo sul divano, dove ronfava il felino, che di ‘–ino’ conservava ben poco, oltre al nome. Sei chili e mezzo
erano una stazza più che riguardevole, s’era detto Mustang, nutrendolo con
amore, col cibo che costringeva a farsi portare a domicilio regolarmente da Ed.
“E perché lui non c’è?” s’interessò, poiché era difficile
non notare l’assenza dell’ingombrante armatura.
“Piove…” disse il biondo. Come se questo spiegasse tutto.
“Toh! Non me n’ero accorto!” replicò l’altro, sarcastico, sgranando
gli occhi in direzione dei piedi dell’ospite, dove si andava a formare una
piccola pozza dai rigagnoli colati dall’impermeabile.
“Fosse stato per me, col cavolo che venivo…” precisò Edward, acido.
“E come mai, di grazia, mi onori della tua solare presenza?!”
lo canzonò, divertito.
In realtà era davvero contento
che fosse lì. Contento di quell’insperata fortuna.
S’era quasi scordato, a dire il vero, di quel loro impegno
fuori programma, preso un paio di giorni addietro. E, con quel tempo da lupi,
nessuna persona sana di mente avrebbe fatto visite di cortesia attraversando
mezza città sotto al diluvio.
“Sono venuto perché Al era molto
dispiaciuto di mancare alla parola data… lo sa anche lei che soffre di quell’insano senso dell’onore, che lo porta ad adempiere a
tutte le sue promesse, altrimenti poi si fa venire i sensi di colpa lunghi come
da qui a Resembool, e…” sospirò, trattenendosi “non è
il caso.” Concluse, diplomatico.
Roy era convinto che stesse per terminare con ben altri
intercalari, ma poi il suo dovere fraterno l’aveva contenuto.
Doveva riconoscere che AlphonseElric era un buon forgiatore di tempra sul fratello
maggiore.
Un tipetto così irascibile come
Ed, si trasformava in mansueta pecorella, ed eseguiva a menadito ogni più
piccolo desiderio del fratellino…
Sorrise amaro, a quel pensiero.
Aveva smesso da tempo di sentirsi geloso di quel loro
rapporto così simbiotico e speciale.
Adesso lo era, e basta.
Gelosia.
Si rigirava quella parola in bocca, come una ciliegia acerba.
Geloso.
Solo che non poteva andare in giro a sventolarlo ai quattro
venti.
Quindi se lo teneva per sé e mandava giù i suoi bei rospi.
“Me lo dà almeno un asciugamano?”
Sbuffando, si diresse in bagno a raccattare quanto richiesto
e glielo lanciò addosso, giusto per non sembrare troppo cortese.
“Ti serve altro, Mame-chan?”
“Ehi! Ma come osa dare a me della pulce microscopica! Io non
sono un essere unicellulare invisibile ad occhio nu-”
Ma il Colonnello era scomparso in cucina, incurante della
sfuriata.
“Un the?” offrì, amabile, al ritorno.
“Sgrunt!” grugnì Edward, atterrando pesantemente – di proposito – sul sofà.
Tora ruzzolò giù a terra, per il
grosso contraccolpo. “Meeeooowwww!!”
protestò, mentre Ed si chinava, scusandosi con lui per i modi sgarbati, e Roy
rideva di gusto, per quella scena.
“Avanti, salta su!” lo invitò il
biondo, battendo l’auto-mail sulla stoffa del divano, come chiaro invito. “Micio-micio…” ma la bestia tigrata si limitava a scrutarlo
malevolo da sotto in su.
“Meeooww!!”
Mustang si accomodò al suo fianco, per gustarsi meglio
l’azione clamorosa.
“Credo si sia offeso.” Constatò Fullmetal,
grattandosi pensoso la testa.
“Credo sia troppo grasso per risalire.” Lo confutò il moro,
sghignazzando.
“Ma non è vero! E’ solo un giovane gatto sano!”
“E’ obeso…”
“Ha solo tanto pelo!”
“Sì, e Armstrong si fa le treccine la sera…”
“Taisa!”
“Suvvia, Acciaio. Concorderai con me che Toraabbia raggiunto davvero un peso spropositato!”
“Mmmm.” Fu la massima concessione.
“In pochi mesi è lievitato. Non fa movimento, sempre
rinchiuso tra queste quattro mura… e poi tu lo vizi con un sacco di schifezze!”
“Oh, adesso sarebbe colpa mia?!”
sbottò, arrabbiandosi.
“Anche.” Infierì. “Ma
non solo. Avrei dovuto accorgermi prima che adesso gli
serve la rincorsa per saltare sulla tavola. Che miagola troppo spesso per farsi
prendere in braccio, e poi che si getta dalla credenza alla mobilia, in
orizzontale, ma non più dal basso verso l’alto. E non è solo pigrizia. E’ troppo grasso.”
“E… cosa propone?”
“Mi sembra ovvio! Lo mettiamo a dieta.”
“Nh. E se non fosse una buona
idea?”
“E’ certamente una
buona idea.” Lo contraddisse. “Domattina chiamo il veterinario e mi faccio
spiegare un regime alimentare ipocalorico. E tu provvederai ad acquistarlo e
quindi a somministrarlo.”
“Ma perché io?!”
“Perché fa parte dei tuoi compiti!”
“Ma così Tora odierà me!”
“Beh… lui già odia
me, almeno saremo pari…”
“Però non è giusto!”
“Sì che lo è! Si chiama ‘Scambio Equivalente’,
hai presente?” lo canzonò, fingendosi semiserio.
Edo fece un’espressione oltraggiata. “Taisa,
la detesto!”
“Oh, suvvia! Per così poco?!”
sminuì. “Goditi la tua massa di ciccia e pelo, finché puoi!” lo
derise, riacciuffando la sua copia del CentralTimes per tenersi aggiornato sulle novità della giornata.
“Ah!, hai visto dove sono finiti i miei occhiali?”
Edward, che con una mano aveva già
riagguantato Tora e se lo teneva in grembo, infilò
l’altra dietro la schiena. “Sono forse questi?”
domandò innocentemente con un sorriso sadico, allungandogli una forma contorta
di montatura e lenti irrimediabilmente rovinate.
“Ops!,
non me n’ero accorto!” finse contrizione. “Credo di essermici
seduto sopra…”
L’occhiata furibonda del suo superiore non lo intimorì per
nulla.
“Ad ogni modo non si preoccupi, Taisa!
Non deve fingere un’aria da intellettuale, con me!” lo rassicurò falsamente.
“Anzi, sa che le dico? Che gli occhiali non le donano affatto, la fanno
sembrare più vecchio!” affermò con certezza, benché non avesse mai visto il FlameAlchemist indossarli, dato
che in ufficio si guardava bene dal portarli.
In realtà, ma ammettendolo solo con se stesso, Roy dava
pienamente ragione a quel Fagiolo indisponente, ma non gliel’avrebbe mai detto,
ne andava del suo onore!
“Io non sembro
vecchio!” si difese, piccato.
“Oh, sì, come no?! E io non sembro bass- uhm… giovane.”
Si corresse alla svelta, con aria da sapientone,
compatendolo neanche tanto velatamente.
“Guarda che non attacca!” lo avvertì, sorseggiando il the
con finta superiorità.
Edward lo imitò, riscoprendo il
buonumore. “Lei si è offeso!” lo pungolò, sorridendo.
“No, che non mi sono offeso…” precisò, affondando il naso
nella tazza.
“Sì, invece!” insistette, agguantando un biscotto sul
vassoio davanti a loro.
“Ti dico di no, ed è no!”
“Uhmmm… le sue fiamme lo sanno? Che è cieco come una
talpa, intendo.” Infierì.
“Io ci vedo benissimo,
Fullmetal! Sono solo
occhiali da riposo!”
“Ha per caso imbrogliato all’ultimo controllo medico?!” insinuò il giovane Elric,
lanciandosi in bocca l’ennesimo dolcetto. “No, perché sa… gradirei sapere che
se rischio di finire bruciacchiato per errore, casomai sbagliasse bersaglio…”
lo prese in giro.
Lo sguardo dell’Alchimista di Fuoco s’accese di sadica ritorsione.
“Non ti preoccupare, Acciaio. Il giorno in cui vorrò
mangiare fagioli arrostiti, prenderò bene la mira!” lo avvertì, soddisfatto.
Tora intanto cercava invano di rubare
a Ed almeno qualche briciola caduta tra loro, contorcendosi comicamente.
Edo allungò al micio mezzo biscotto, mosso a compassione.
“No, la dieta inizia da
adesso.” Lo bloccò il moro. “Quelle cose sono veleno per lui.”
“Stava cercando di uccidermi?”
Mustang si sbatté una mano in fronte, comicamente
esasperato.
“Se anche ti dicessi di no, non mi crederesti! Quindi
pensala come vuoi…”
“Ne mangi uno anche lei, così sarò certo che siano
commestibili.” Suggerì ragionevolmente.
“Stai scherzando, vero?” domandò, scettico, il Colonnello. E
tuttavia addentò un frollino, sotto lo sguardo attento dell’altro.
Edward sorrise. “Uhm… no, perché… beh,
non sono niente male, per essere avvelenati.” Ammise, lasciando
Tora a bocca asciutta e acchiappando anche l’ultimo
della confezione. “Tenga!, non si sa mai…” e spezzò il
dolcetto in due, porgendone metà all’uomo, prima di divorare la propria parte.
“No, proprio niente male…”
Fine
Disclaimers: I personaggi citati
in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna
forma di lucro, da parte mia.
Note varie:il titolo
si riferisce al ‘possibile’ avvelenamento di Ed coi
biscotti, e alla dieta di Tora. (Mettere a stecchetto significa lasciare qualcuno con pochi mezzi, e in
particolare con poco cibo).
E ho ripreso i colori del
primo capitolo. Mi sembrava carino farlo.
Ed ecco spiegato come mai in precedenza avevo accennato ad
un ‘Tora messo a dieta’. ^^
Invece, per quanto riguarda Roy… io me lo immagino
dannatamente sexy con gli occhiali! *ç* Ho un paio di immy
sue che amo rimirare, non so che farci, ho un debole per gli occhialuti
intellettuali genialoidi… >////<
Precisazioni al
capitolo precedente: Leggere l’idea di Beat mi ha davvero divertita! ^___^
Purtroppo, però, non posso sopprimere Winry che, in
futuro, avrà ancora un ruolo importante, con buona pace del nostro povero Roy.
Sul consiglio di rimandare Mustang in ospedale… me lo sono
appuntato, sarà una volta in più, oltre a quelle che avevo già previsto dovessero accadere. ^__=
D’altra parte, mi rendo conto che ho delineato spesso, in
questa raccolta, Roy Mustang come un principe azzurro, premuroso, servizievole,
innamorato fino alla nausea del suo fagiolino. Ogni tanto, è bene ricordarci
che è solo un uomo, con pregi e difetti. E la sua gelosia è uno di questi.
Do il benvenuto a nekiniku_dango tra i
lettori! (spero che da ora continuerà a seguirmi
regolarmente ^^)
Do il
bentornato ad _ALE2_, mi siete mancate, ragazze!
EDIT: Ho appena
postato la fic‘Gocce di Memoria’
sul fandom di Twilight, per
chi fosse interessato. E un grazie a chi commenterà! ^*^
Campagna di Promozione
Sociale - Messaggio No Profit:
Dona l’8‰ del tuo tempo alla causa
pro recensioni.
Farai felice
milioni di scrittori.
(Chiunque voglia aderire
al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio crede) Come sempre, sono graditi commenti,
consigli e critiche.
Il seguente scritto contiene lievi riferimenti yaoi
Il seguente scritto contiene lievi
riferimenti yaoi.
Questo capitolo
nasce su precisa richiesta di Hokori, che a gennaio
mi chiese: “Vedremo mai un capitolo che tratta del periodo tra ‘Kiss the rain’e ‘M.I.A.O.’, ovvero i primi
tempi di loro due insieme?”
In realtà, come
precisai anche a lei a suo tempo, ci sono diversi capitoli che io immagino
siano incastrati in questo lasso cronologico, ma – poiché stanno bene anche
altrove – non l’avevo mai specificato. Talvolta, trovo difficoltoso
datare certi caps.
Nella mia testa, alcuni avvengono appena dopo la dichiarazione, ma magari il
lettore li immagina più avanti.
Ad ogni modo, qualche
giorno dopo il nostro scambio, ho buttato giù la trama di ciò che state per
leggere, ma lo posto solo ora, e il perché lo capirete
alla fine.
Questo capitolo,
quindi, è ambientato un paio di giorni dopo il cap
12 ‘Kiss the rain’, quando Roy si è dichiarato a Edo-kun.
Per ulteriori spiegazioni, compreso il titolo, vi rimando alla
conclusione della fic, dopo la lettura.
Dedicato a Hokori,
in primis.
A chi ha recensito i precedenti
capitoli della raccolta.
E a quanti commenteranno.
Ai vecchi e ai nuovi lettori.
Grazie.
Dog Therapy
byelyxyz
Edward varcò il portone di Casa
Mustang, per la prima volta titubante.
Da che si erano chiariti, un paio di giorni addietro, era la
prima volta che tornava lì.
E adesso era tutto più… avrebbe voluto dire bello, ma l’unica cosa che gli veniva in
mente era complicato.
Nella confusione, s’era pure scordato le chiavi di scorta,
quindi dovette per forza suonare.
Dopo qualche minuto - parecchi a dire il vero, ma lui non se
ne accorse tanto era agitato -, Roy gli aprì la porta. Aveva solo un piccolo
asciugamano allacciato ai fianchi e tracce di shampoo tra i capelli e
gocciolava sul pavimento. Era evidente che avesse interrotto il bagno e che
fosse uscito per aprirgli.
Ed lo fissò, arrossendo impacciato.
“Buonasera!” lo salutò questi, sfoderando uno di quei suoi ghigni
poco raccomandabili.
“’sera.” Masticò lui, impalato sullo zerbino, incapace di
staccargli gli occhi di dosso.
“Hai intenzione di rimanere lì tutto il tempo?” ironizzò,
appoggiandosi lascivamente allo stipite della porta.
“S-sì, cioè NO!” si corresse in fretta il giovane Elric,
mentre sentiva il viso raggiungere la tonalità del suo abituale cappotto
scarlatto.
“Po-posso passare?”
L’uomo si fece da parte, appiattendosi contro il legno,
senza tuttavia avere l’intenzione di spostarsi da lì.
E per Edward, per quanto piccolo
fosse, fu inevitabile entrare in contatto con lui.
Il sorriso sulle labbra di Mustang s’allargò ancor di più.
“Vieni a fare la doccia con me?” gli chiese.
E lui avvampò, boccheggiando.
“Scherzavo, Mame-chan!” rise.
“IO NON SONO-”
“Vado a sistemarmi.” Lo informò, ignorando gli strepiti, e
si avviò in corridoio, ma parve ripensarci; ritornò sui propri passi, si chinò
verso il viso di Edo. “Me lo dai almeno un bacetto?”
Edward deglutì a fatica. Senza
sapere bene se e cosa fare.
Aveva due possibilità. O fare una scenata – una di quelle
che spaccavano i timpani e di solito facevano fuggire lo sventurato di turno;
oppure prendere l’iniziativa, afferrare il toro per le corna (il cavallo per le
briglie?) e non rimanere lì a subire le provocazioni di Mustang.
Esisteva in realtà una terza strada. La più semplice. Aspettare.
E Roy non attese una replica – con buona probabilità,
sarebbe finito con l’impronta dell’auto-mail sullo zigomo – e si piegò ad
incorniciare il volto di Acciaio con le mani. Fu solo un lieve sfiorarsi di
labbra.
Prima ancora che Edo avesse modo di
capire, era già scomparso verso la camera da letto.
Tora gli miagolò contro,
infastidito dal fatto che non gli avesse ancora dedicato né un saluto né una
carezza.
Ed si accucciò sui talloni,
abbracciando la bestiola, e portandola con sé sul divano.
Atterrato sui cuscini, la tensione si sciolse come
d’incanto, restituendogli il pieno delle facoltà.
Maledetto Taisa! Ma come si era permesso?!
“Hai già cenato?” si sentì chiedere, ritrovandosi l’Alchimista
di Fuoco alle spalle. Trasalì, impreparato.
“Ehi! Non volevo spaventarti! Diamine, rilassati!” gli
ordinò, sconcertato.
“Non mi sono spaventato!” si difese prontamente,
arroventandosi di vergogna. “E’ che non pensavo ci mettessi così poco…”
Già. Troppo preso
a maledirlo, non si era accorto che l’acqua aveva smesso di scorrere da un po’,
e che quindi Roy aveva concluso ciò che il suo arrivo aveva interrotto, e si
era cambiato. Al momento, indossava una delle sue tute da casa, un
abbigliamento comodo e informale.
“Fame?” ripeté il padrone di casa, che ancora non aveva
ricevuto risposta al suo quesito.
“No. Ho già mangiato. E tu? Vuoi che ti prepari qualcosa?!” s’alzò di scatto, sollecito più che mai. Senza neppure aspettare
una risposta, stava già andando in cucina, ma il Colonnello lo bloccò, prendendolo
per un polso.
“Ti potresti risedere?” gli chiese, gentilmente.
“Sto benone anche qui.” Mentì.
“Se tu non devi
mangiare, e neppure io, non serve che
tu debba cucinare.” Chiarì, pratico.
Vero. Si sentiva
sciocco a restarsene lì, impalato davanti a lui. Ma aveva sperato che una fuga
dignitosa in cucina gli avrebbe dato modo di riordinare le idee, visto che il
tempo era stato tiranno con lui, prima.
Esalando un sospiro degno di un condannato a morte, si riaccasciò sul sofà, premurandosi di interporre quanta più
distanza possibile tra i loro due corpi.
Mustang ebbe il buongusto di non commentare e Tora fu lesto a riappropriarsi del suo grembo, pronto alla
sua dose di coccole che gli spettavano di diritto.
“Dovremmo parlare, io e te.” Esordì l’uomo seriamente.
“Parlare? E di che?!” squittì quasi,
mentre sentiva il nervosismo montare come l’alta marea.
“Di cosa?” Roy gli fece il verso, sollevando le sopracciglia stranito. “Del tempo atmosferico?” propose. “Della
valuta corrente rapportata a quella di Drachma? Di
te, di me, di noi?”
“No-noi?” esalò, deglutendo a
fatica.
“Io e te, sì. Hai presente?” lo canzonò, per alleggerire
l’atmosfera.
“Dobbiamo… proprio?”
s’interessò, circospetto.
“Tu non vuoi?”
“No, beh… è che…” temporeggiò.
“Ma guardati! Sei più teso delle corde di Betsy!” si burlò, pungolandolo.
Edward scattò d’istinto, offeso, e
anche arrabbiato con se stesso e con lui.
“Non osare prendermi in giro!” lo avvertì. “Questa… questa situazione è tutta un casino!, lasciami il tempo di abituarmici!”
si sfogò, stringendo Tora con fin troppa foga e
questo protestò, lamentoso. Edward non vi badò. “Tu
che esordisci con quella proposta di dubbio
gusto, poi! Ma per chi mi hai preso?!”
“Guarda che non ti mangio!” lo rassicurò. “I fagioli stufati non mi piacciono neppure!”
scherzò, per sdrammatizzare. “Beh… Tranquillizzati. Passeremo la serata come
facciamo di solito.”
“Litigando? Insultandoci?” ipotizzò, ironico, riprendendo il
controllo di sé.
“No. A leggere.”
“Oh!, affare fatto!” gioì Fullmetal, cambiando umore come le bandiere al vento.
Il Colonnello si passò stancamente una mano tra i capelli
ancora umidi.
Fantastico!, quella sì che era una maniera esemplare di iniziare una
relazione!
Sbuffò, mentre lo adocchiava allungarsi verso il basso
tavolino e afferrare il tomo lasciato in sospeso qualche sera
addietro, sorridendo come un bambino felice, per la prima volta in quella
serata.
Tutto a suo tempo,
si disse. Tutto. A. Suo. Tempo.
Maccheccazzo, però!
Si risollevò dal divano, con l’intenzione di farsi almeno
due passi.
“Qualcosa da bere?” propose al compagno, che già si era
immerso nella lettura, tenendo in bilico il libro con una mano e con l’altra
grattava il pancino a Tora,
che faceva le fusa.
“No, grazie. Sto bene così.” Rifiutò il biondo, senza
neppure sollevare il naso dalla carta stampata.
Eh, no! Per la
miseria! Questo era davvero troppo!
Si lasciò cadere sui cuscini, sbuffando in modo plateale.
“Ma non stavi andando in cucina?” domandò Ed, con tono
distaccato.
“Ho cambiato idea!” sbottò, infastidito.
“Ah, bene.”
“No, che non va bene!” scoppiò, seccato.
“E ora… quale sarebbe il tuo problema?”
Il suo problema?
Il suo problema?!
Il suo problema era
alto un metro e uno sputo e si divertiva a complicargli la vita torturandolo
sentimentalmente con sadico piacere, ecco qual era il suo problema!
Fece un paio di respiri profondi per riacquisire
compostezza.
“Potremmo… fare un tentativo? Raggiungere un accordo?”
suggerì, accomodante.
Gli allungò una mano senza pensarci; ma si sentì ferito,
quando Edo si ritrasse di scatto.
“Che… che genere di accordo?” chiese, tentennante.
“Tu coccoli Tora, e io coccolo
te.” E solo quando l’ebbe espressa, realizzò quanto stupida
fosse una proposta così.
“Tipo le scimmie che si spulciano a vicenda?” lo schernì Elric, scettico. Non capiva se stesse scherzando, se fosse
serio o se si stesse prendendo gioco di lui.
“Sì, tipo.” Annuì.
“Si può fare.” Concesse, sdraiandosi sul divano,
trascinandosi dietro il gatto e il libro.
Mustang non ebbe neppure il tempo di realizzare la risposta,
che la treccia bionda era finita sulle sue ginocchia, il micio sulla pancia di
Ed e il volume di Alchimia Comparata a mezz’aria, tra loro.
Sentiva che Edward era rigido, a
disagio, ma – se non altro – apprezzava lo sforzo.
Tolse l’elastico, aspettandosi quasi un rimprovero, che
invece non arrivò. E quindi sciolse i capelli, accarezzandoli e vezzeggiandoli
con tocchi leggeri e un po’ timorosi.
Non era da Acciaio restarsene così buono e zitto a subire.
Il Taisa era certo che sarebbe
esploso da lì a qualche minuto – forse era questione di secondi – rovesciando
una valanga di lamentele e rimostranze su di lui, sulla sua idea idiota, e su quanto fosse
imbarazzante e inutile tutto questo.
E invece il tempo passava, e Fullmetal
non si ammutinava.
Il ‘ronron’ di Tora scandiva il tutto,
come la carta delle pagine girate ad intervalli regolari.
Poteva capire Ed. Davvero, ci
voleva provare.
Apprezzava sinceramente il fatto che si fosse presentato a
casa sua, sapeva quanto gli era costato.
In termini di orgoglio e confusione, soprattutto.
Si erano messi in gioco, e… ora che erano in ballo,
bisognava ballare, sì. Balle.
Iniziare a ballare con quello lì, voleva dire farsi
sanguinare i piedi a furia di pestoni. Litigare per trovare una musica almeno decente per entrambi, raccattare
infinita pazienza e provare un passo alla volta. Uno. Uno solo. Perché quel
Fagiolo sarebbe scappato di filato, se solo avesse tentato di insegnargliene
due. Vedeva un’intera coreografia come un miraggio all’orizzonte. Un orizzonte
lontano-lontano.
In tutto questo loro essere maldestri, elefanti scoordinati,
ci si metteva anche la reticenza di Mame-chan al
contatto fisico. Una colpa che non poteva attribuirgli, ne era consapevole. Però...
C’era da rimboccarsi le maniche e lavorare sodo, senza
dubbio.
Ad un certo punto, il tonfo sordo del libro contro il
pavimento lo riscosse dalla catalessi in cui era
caduto.
Edward lo fissava da sotto in su; non aveva ancora smesso di giocare con le sue ciocche
dorate. Lunghe. Morbide. D’improvviso realizzò che
poteva restarsene così anche per sempre.
Gli sorrise, un po’ impacciato, come
a scusarsi della tortura che gli stava provocando.
E invece Ed ricambiò il sorriso, socchiudendo
le palpebre e affidandosi a lui.
Non poteva negare che
quelle cure non gli piacessero. Era difficile accettarle, questo sì.
Ma solo perché non vi era abituato, e ne era spaventato.
Taisa Mustang doveva capirlo, e
capirlo in fretta.
Lui non era come le sue sgualdrine da compagnia, con cui si
era divertito in passato.
Sapeva di chiedergli molto, sì, ne era consapevole. Ma
questo faceva parte di lui, e non poteva farsi violenza per cambiare da un
giorno all’altro. Se quella era una storia con un
possibile futuro, lo avrebbero deciso insieme, ci avrebbero provato, perlomeno.
A farla funzionare.
Le aveva sentite, le mani del Colonnello indugiare, quasi
per paura di fargli male. O di sentirsi rifiutare ancora.
E lui aveva stretto i denti. E poi era riuscito a rilassarsi
e a godere davvero di quel loro contatto.
La gente normale faceva
questo?, si
era chiesto. Con curiosità e invidia. Le
persone innamorate passavano le serate così, facendosi accarezzare i capelli?
Oppure il Taisa era impazzito del tutto?
Ma in fondo… che importava? Era bello. Era gradevole. E a
lui piaceva.
Se anche fosse diventato un loro rituale, - un rituale solo
loro - non gli sarebbe dispiaciuto affatto.
Ripensò a come si sentiva mentre
varcava il portone qualche ora addietro, e rise di sé, dandosi dello sciocco.
Alla fine, avevano passato la serata
semplicemente sdraiati sul divano; lui a leggere, con Tora – che era scappato nella sua cesta quando il libro gli
era caduto, e lì era rimasto, acciambellandosi insonnolito - e Roy ad
accarezzargli i capelli.
Niente di che. Nessuna ipotesi catastrofica si era avverata.
Si sentì sciocco. E felice.
Fine
Disclaimers: I personaggi citati
in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna
forma di lucro, da parte mia.
Note varie:il titolo si
rifà alla ‘PetTherapy’,
una scienza che studia come gli animali ‘da compagnia’
possano influire positivamente e portare benefici all’uomo, semplicemente rapportandosi
a lui. In senso più lato, per migliorare la sua qualità di vita; in campo
medico, per aiutare i soggetti con disabilità o
malattie di vario tipo.
Una branca è l’Ippoterapia,
la PetTherapy applicata con i cavalli, o
la ‘Dog/CatTherapy’,
perché semplicemente cavalcando, o carezzando un cane o un gatto, si è
riscontrato significativi giovamenti negli studi effettuati. L’animale è il co-protagonista assieme al paziente di quest’azione riabilitativa-educativa e, benché sia un mezzo ‘sfruttato’,
sembra ricavare un guadagno considerevole in termini di coccole e attenzioni
che gli sono rivolte.
In questo contesto, va inteso in
senso inverso. Abbiamo due cani (dell’esercito) bisognosi entrambi di una buona
terapia che faccia superare i rispettivi traumi passati. Sono entrambi il
problema e la soluzione l’uno per l’altro. L’approccio fiducioso ma tentennante
di Edward, mi ha ricordato tantissimo la prima volta
che ho visto, di persona, una seduta di Dog Therapy,
tra un bambino con un passato travagliato e un grosso cane paziente, che
aspettava solo di dargli affetto.
Mi piaceva altresì creare un
confronto col precedente capitolo, dal momento stesso in cui Ed arriva in casa
Mustang, le diverse emozioni provate, le sue motivazioni personali.
Se emergeranno nei commenti, bene.
Altrimenti le chiarirò nel
prossimo aggiornamento.
C’è però
una cosa che mi fa sempre sorridere, e che mi ha fatto notare Shatzy tempo fa.
“Quando Roy è nei guai, offre
sempre del the a Edward.”
Sì, è vero. Ho un po’ questa
mania, per farlo uscire dall’empasse. Ultimamente lo uso
di proposito, mi faccio ridere da sola ^///^.
Precisazioni al
capitolo precedente: grazie per le congratulazioni! ^*^
Sono davvero felice che concordiate con me, considerando il Taisa occhialuto super sexy! *ç*
Se avete immy al riguardo e voleste
mandarmele, ne sarei davvero felice, perché non riesco più a trovare la famosa
cartella. Ho solo una immy,
al momento, e va beh… meglio di niente ç_ç
E sì, anch’io immagino Tora obeso
in stile ‘Giuliano di KissMeLicia’, rende bene l’idea ed è pure dello stesso
colore! *__*
Che, per inciso, 6 kg sono davvero tanti, se pensiamo che un
gatto medio pesa 4,5/5 kg.
Sì, Flà. Ci sarà un capitolo in
cui racconterò come Tora si sia adeguato ‘al nuovo
regime alimentare’. Vedrete! *__*
Questo capitolo si collocava abbastanza all’inizio della
saga, prima della fuga di Tora sul tetto, per
capirci. Prima che Roy invitasse Edward a usufruire
della sua biblioteca privata e quindi Ed veniva solo
per portare le razioni di cibo e per giocare col gatto. Come da accordi
iniziali.
Bene. Credo sia tutto. ^^
Do il benvenuto a Liristra i lettori! (spero
che da ora continuerà a seguirmi regolarmente ^^)
Ringrazio quanti hanno commentato la mia nuova fic su Twilight ‘Gocce di Memoria’e quelli che lo faranno. (Ho
ancora fede che le recensioni aumentino! ^__=)
Vi preannuncio che fra qualche giorno posterò una nuova fic nel medesimo fandom.
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milioni di scrittori.
(Chiunque voglia aderire
al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio crede) Come sempre, sono graditi commenti,
consigli e critiche.
Capitolo 52 *** Weekend al canile (I parte: Zampino canino) ***
Note: il seguente scritto contiene lievi riferimenti yaoi
Note: il seguente scritto contiene lievi
riferimenti yaoi.
Per ulteriori spiegazioni, compreso il sottotitolo, vi rimando
alla conclusione della fic, dopo la lettura.
Dedicato a chi ha commentato i
precedenti capitoli della raccolta.
Grazie.
Weekend al canile
(I parte: Zampino canino)
byelyxyz
“Mi fa piacere che vengano a trovarci, non mi fraintendere…”
chiarì Edward, risciacquando l’insalata sotto il
getto del lavello. “Ma non ti sembra un po’ presto per un viaggio del genere?
Un po’… avventato? E’ ancora in
convalescenza!” meditò, volgendo lo sguardo al compagno che controllava lo stato
di cottura dell’arrosto nel forno.
“Si fanno una seconda luna di miele. Che vuoi
che ci sia di avventato?!” lo schernì, chiudendo lo sportello. “In realtà… beh…
gliel’ho proposto io.” Confessò, facendo spallucce.
Ed lo guardò storto, acuendo un
sopracciglio.
“Due mesi fa, quell’idiota ci ha
quasi rimesso le penne, in una missione di spionaggio.”
Ricordò Roy ad entrambi, facendosi di colpo serio. Meditabondo. “Nel nostro
lavoro, non sai mai cosa potrebbe accadere. E’ meglio vivere ogni attimo al
massimo. Così gli ho detto: ‘Da quanti anni quella
santa donna ti sopporta? Maes, vecchio mio, prendi
tua moglie e rinfrescale la memoria! Elycia te la
teniamo noi, per un weekend, così potrete fare di nuovo i fidanzatini… E magari
mi fai diventare di nuovo zio!’”
“Dovevo capirlo che c’era di mezzo il tuo zampino!” malignò
l’altro, con ironia, riempiendo le ciotole di Tora.
In quel momento, il campanello di casa trillò.
“Sono già arrivati! Miseriaccia!,
ho dimenticato il vino nella dispensa, vai tu ad aprire?” domandò Mustang,
sparendo in corridoio.
Edward si tolse il grembiule e,
ravvivandosi la coda, si diresse all’uscio, aprendolo.
“Buonasera, signor Hughes, è un piace-”
“Oh, Ed! Non essere così formale! Sei di famiglia, visto che
hai raccattato quel rottame di Roy.” L’interruppe l’altro,
dandogli un’amichevole pacca sulle spalle.
La piccola Elycia gli si attaccò
ai pantaloni. “Ciao, Edo-kun!”
Ed egli sorrise, abbracciando la signora Glacier,
che aveva fortunatamente ritrovato il suo sorriso gentile dopo la disgrazia.
“Maes, Pezzo d’Asino, vieni qui a farti stringere!” esordì il padrone di casa,
raggiungendoli. “Si vede che hai la pellaccia dura, eh?” lo prese in giro,
scambiandosi fraterni punzecchiamenti.
“Non ti libererai facilmente di me, Roy. Stanne certo!” e
suonava quasi come una minaccia, ma scoppiarono entrambi a ridere.
Cenarono piacevolmente, alternando le portate ad aneddoti e
battute divertenti.
Il caffè fu servito in salotto, dove la bimba giocava sul
tappeto con il gatto, che apprezzava assai le sue attenzioni.
“Sai, mamma? Tora è il papà di Maffy, Taffy e Raffy!” esordì d’un tratto, intromettendosi nella
discussione che stavano portando avanti gli adulti.
“E anche di Fiocco, Nebbia e Perla, che abbiamo regalato a miss
Arvery e al tuo amichetto Sam.” Aggiunse Glacier, con garbata
precisione, accarezzandole la testa.
“Che ne dite di immortalare questo bel momento?” Maes non perse l’occasione per scatenare la sua mania e, quasi
dal nulla, spuntò la sua immancabile macchinetta fotografica.
Con benevola rassegnazione, a turno, tutti
i presenti caddero vittima del suo obiettivo: Elycia
con Tora, Ed e Roy sul divano abbracciati, la sua
adorata mogliettina… e poi ancora, invertendo le pose e permettendosi, ogni
tanto, di comparire anche lui.
Dopo una montagna di foto e una sequela di finte proteste,
Roy se lo trascinò dietro in cucina, perché lo aiutasse a lavare i piatti.
Edward non aveva neppure avuto il
tempo d’intromettersi, palesando la propria contrarietà.
“Ma sono tuo ospite!” aveva infatti
reclamato Hughes, comicamente oltraggiato. Ma quando
anche la sua dolce metà aveva insistito, non aveva saputo dirle di no. “Tu lavi e io asciugo, però.”
Aveva preteso, sistemandosi gli occhiali sul naso. “Elycia,
amore del papà, me lo dai un bacetto, prima che io
vada?” chiese, chinandosi all’altezza della bimba che gli circondò il collo con
le braccine e gli scoccò un sonoro atto d’affetto.
“Muoviti, pelandrone! Non dobbiamo mica andare in guerra!”
lo spintonò Mustang, all’indirizzo del corridoio.
“Roy non avrebbe dovuto.” Edo si scusò, rivolgendosi alla donna
che sedeva di fronte a lui. “Insomma, posso tranquillamente lavarli io, più
tardi o domattina. Che gli è saltato in testa?!” ma
non ricevette il supporto che sperava.
“Va bene così, Edward.” Esordì
lei. “Quei due testoni hanno bisogno di qualche minuto tra loro, da soli. Credo
che manchi ad entrambi il rapporto che avevano un tempo. La complicità resta,
sì. Ma sono convinta che desidererebbero vedersi più spesso e passare più tempo
insieme, come quando erano giovani…”
“…e scavezzacollo.” Concluse per lei.
“Già.” Sorrise.
“Mi distruggeranno il servizio di porcellana?”
Glacier fece una smorfia
pensierosa. “Forse.”
“…ma ne sarà valsa la pena.”
“Senza ombra di dubbio.” Ne convenne.
“Mi racconteresti qualcosa di Roy… di quand’era… beh, di quando l’hai conosciuto?”
La donna parve
pensare qualche istante, forse per riordinare le idee.
“Era un donnaiolo impenitente…”
“NO! Ti prego, ti prego! Non mi dire che ci ha provato anche con te…” si coprì il viso con
l’auto-mail, scandalizzato e rassegnato.
Ed ella rise, divertita. “No. In realtà, devo dire che è
sempre stato molto corretto nei miei confronti.”
Edward sembrò scettico e non fece
nulla per mascherarlo.
“Era affascinante, senza dubbio. Lo è ancora, del resto.”
Palesò, come se fosse un dato di fatto. “Ma non avrebbe mai fatto uno sgarbo
del genere al suo migliore amico e, anzi, ci ha aiutati molto, soprattutto agli
inizi.” Lo sguardo le si addolcì.
“Lo sapevi che è soprattutto per merito suo, se alla
fine ho sposato Maes?”
Edo scosse il capo in segno di diniego.
“Quando ci siamo conosciuti, io e Maes, lui aveva appena saputo che sarebbe partito per il
Fronte.”
“La Grande Guerra
di Ishbar.”
“Già. Proprio quella.” Confermò. “A quel tempo, vivevamo
tutti e tre a Central, e io lavoravo come cameriera
in un locale gestito dai miei zii…”
“Il MapleCafè.”
“Lo conosci?” s’interessò, sinceramente stupita.
“Me ne ha parlato Roy, ho visto alcune vostre foto là
dentro.”
“…ad ogni modo, quando ci siamo accorti dei nostri
sentimenti, lui fu comunque costretto a partire; e Roy, che già si trovava al
Fronte, prima di separarsi da lui gli aveva fatto promettere di farmi la
dichiarazione, che io ho accettato.
E così, quando sono tornati, a guerra finita, Maes è andato da mio zio Tom a
chiedergli la mia mano, ci siamo subito sposati… e poi… e poi è arrivata Elycia, ma questo già lo sai…” confermò, allungando le sue esili dita a sfiorare l’auto-mail, come gesto
d’affetto. Ed egli ricambiò.
“Sono davvero contenta, che alla fine anche lui abbia
trovato la persona giusta. Davvero, non sai quanto.” Gli confessò. “Mio marito
mi ha confidato il passato doloroso di Roy, e ci dispiaceva vederlo buttarsi
via in storie inutili, che non gli davano né felicità né serenità. E poi sei
arrivato tu, e tutto è cambiato. E’ come se fosse rinato…”
“Ma io… io non ho fatto niente…” si schernì, imbarazzato. “Gli
ho solo complicato la vita…”
“Perché lo hai messo in riga?” s’interessò lei, con
femminile chiocciare. “Credo sia stata la sua fortuna, e se ha patito un po’…
di sicuro gli ha fatto bene!”
“Ne sei proprio convinta?” domandò, scettico.
“Certissima. Maes
lo chiama ‘Scambio Equivalente’e credo tu sappia benissimo di cosa sto parlando.”
“Di cosa state parlando?” s’intromise la voce di Mustang che
usciva dalla cucina con il compare appresso.
“Di torte alle mele e crostate alla crema. Sono un ottimo
Scambio Equivalente.” Mentì lei, facendogli l’occhiolino.
“Già, assolutamente!” rincarò Ed, reggendole il gioco, per
poi cambiare discorso. “Avete riordinato e ripulito tutto-tutto?”
“Là dentro, brilla che è una meraviglia!” fu rassicurato.
Edward e Glacier
si scambiarono uno sguardo d’intesa. “Morti in battaglia?”
I due militari storsero il naso. “Un piatto e un bicchiere.”
“Ma è stato Roy!” spifferò Maes, facendo
la spia.
“Traditore!” inveì questi, fingendosi teatralmente ingannato.
“Mame-chan, ti assicuro che…”
“…Poteva andare anche peggio.” Lo precedette Elric, scotendo il capo, fintamente esasperato. E tutti
scoppiarono a ridere.
Il resto della serata trascorse serenamente, fino al momento
del commiato.
“Allora, ci siamo capite. Vero, Elycia?”
La bimba annuì. “Devo fare la brava e non fare i capricci.”
“Giusto. E non disubbidire agli zii.” Precisò sua madre, con
autorevolezza.
Prima di rialzarsi, la abbracciò forte, stampandole un forte
bacio sulle guance paffute.
E poi fu il turno di Maes, che la
sollevò cautamente, anche se non avrebbe dovuto sforzarsi a tal punto.
“Chi è il papy migliore del
mondo?” domandò, goliardico.
“Il mio!” squittì la bambina, stringendosi a lui. “Ti voglio
bene, papà!”
“Anch’io, principessa. Anch’io.” Replicò, corrispondendo a
quegli slanci d’affetto.
“Maes, tesoro, la rivedremo
dopodomani, e le telefoneremo anche!, non ti sembra
che…” cercò di farlo ragionare sua moglie, inutilmente.
L’uomo depose la figlia sul tappeto, “Fa’ la brava
signorina, ok?”
“Certo, papà! Anche tu fai il bravo con la mamma…”
Roy scoppiò a ridere alla faccia comicamente turbata del suo
migliore amico, che lo fulminò malamente, nascondendo
la sua difficoltà al distacco.
Da quando era stato dimesso, pochi giorni addietro, era
diventato ancor più protettivo e dipendente dall’amore per la sua famiglia. Il
che, del resto, era una cosa anche comprensibile, per uno che aveva visto la
morte in faccia.
“Maaaesss…”
“Ho capito, ho capito! Vengo!”
Mustang lo spinse oltre la soglia, condendolo di inutili
rassicurazioni.
“Divertitevi!” e gli girò le spalle, sospirando per la
missione compiuta.
Glacier era già al secondo
pianerottolo, quando la testa di Hughesrisbucò dalla porta.
“Ehi! Voi due! Stasera, niente cavalcate sul cavallino, mi
raccomando!” li avvertì, strizzando l’occhio, allusivo.
Mentre Edward arrossiva deliziosamente,
il compare lo ripagò con un grande ghigno. “Tranquillo, vecchio mio. Niente
giri di giostra, stasera!”
“Ci sono le giostre, zio Roy?” intervenne la piccola,
sollevando gli occhi su di lui, senza smettere di carezzare Tora,
che sembrava gradire tanto.
“Mi spiace, tesoro. Le giostre sono fuori servizio...”
La bimba gli lanciò uno sguardo perplesso.
“Fuori uso. Il
cavallino di zio Roy è rotto.” Chiarì
Ed, vendicandosi.
“EHI!!” protestò questi, sentendosi
leso nella sua mascolinità.
“Ma domani ti portiamo al parco-giochi, va bene?” concluse
il biondo, ignorando le lamentele del compagno.
Elycia annuì, gioiosa. Poi
sbadigliò.
“Ora è tempo della nanna.” La avvisò Edo, prendendo Tora e deponendolo nella sua cesta. Il gatto stranamente non protestò e,
acciambellatosi che fu, si preparò ad addormentarsi. “Vedi?
Anche lui deve riposare.” Le fece notare, a mo’ di esempio.
“Dormirai con lo zio Ed,” precisò
Roy. “Io invece dormirò nella poltrona letto nello studio.”
“Che bello! Dormirò con Edo-kun!”
gioì la bimba, saltellando per il salotto. Non sembrava affatto stanca né
assonnata.
“Bene! Quindi andiamo a metterci il pigiamino
e a lavarci i denti…”
“E il mio latte?” domandò, ingenuamente.
“Latte? Quale
latte?”
Continua...
Disclaimers: I personaggi citati
in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna
forma di lucro, da parte mia.
Note varie: il titolo credo
sia semplice da interpretare. Il luogo dove abitano i cani è il canile. Roy e Edward sono due cani dell’esercito, indi per
cui…
Il sottotitolo, invece, è una cacofonia che mi mette di
buonumore… ^__^
Probabilmente, vi aspettavate un seguito diretto del cap 48 ‘Black Rain
- Pioggia Sporca’, ma non ho mai avuto l’intenzione
di descriverlo. Nella mia testa le sorti di Maes si
sono sempre chiarite qui, in questo capitolo (diviso in due parti, per ragioni
di lunghezza). Non escludo in futuro di poterne scrivere uno, in cui Roy va
all’ospedale, ma temo che si scosterebbe troppo dal centro della raccolta.
D’altra parte, Maes, Winry,
Al e gli altri, sono solo delle pedine per raccontarci di RoyEd.
Però Maes è immortale. *___*
(Se ho fatto la stronza…
è per una buona causa! XD)
Come promesso, ho inserito un riferimento diretto a “Maple Café”,la mia ficMaes x Glacier, con
partecipazione di cupido-Roy, ai tempi della Guerra
di Ishbar.
In futuro, ce ne
saranno ancora, se lo vorrete. ^^
Se ve lo state
chiedendo, Elycia in questo capitolo ha circa 7/8
anni. Lo desumo dall’anime, visto che, quando lei
nasce, Edward è da poco giunto in città per tentare l’Esame
per diventare Alchimista di Stato e aveva 12 anni. Lei, vi ricordo, è nata il
giorno del suo compleanno!
L’ho dipinta
volutamente naїve, innocente e
un po’ viziata. Ma adorabile. Per fortuna, esistono ancora bambine così.
Precisazioni al
capitolo precedente: sono contentissima che abbiate trovato plausibile e
verosimile il loro comportamento. Non è stato semplice delimitare un confine
tra lecito ed esagerato! ^^
Non pensavo proprio foste in tanti a desiderare di conoscere
gli inizi, ma sono felice di avervi accontentati!
Grazie anche per le immagini di Roy-occhialuto
che siete stati così gentili da inviarmi. *ç*
Avete azzeccato perfettamente i paragoni tra i due cap, quindi credo sia superfluo ripeterli. Bravissimi/e!
*__*
Do il benvenuto a binkytra i lettori! (spero
che da ora continuerà a seguirmi regolarmente ^^)
Ringrazio quanti hanno commentato la mia nuova fic su Twilight“Bellamore”equelli che lo faranno.
(Ho ancora fede che le recensioni aumentino!
^__=)
It’sraining
fra due giorni compirà 11 mesi. E ieri siamo giunti a 99 preferenze come
storia.
Vi ringrazio, e invito quelli - che non l’hanno mai fatto in
questi 52 capitoli - a dirmi perché amano questa storia… non so… sarebbe carino
capirlo, no?
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al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio crede)
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consigli e critiche.
Capitolo 53 *** Weekend al canile (II parte: Piovono principessi bagnati e fagioli magici) ***
Note: il seguente scritto contiene lievi riferimenti yaoi
Note: il seguente scritto contiene lievi
riferimenti yaoi.
Per ulteriori spiegazioni, compreso il sottotitolo, vi rimando
alla conclusione della fic, dopo la lettura.
Dedicato a chi ha commentato i
precedenti capitoli della raccolta.
Grazie.
Weekend al canile
(II parte: Piovono principessi bagnati e fagioli magici)
byelyxyz
“Latte? Quale
latte?”
“Il latte caldo prima della nanna…” precisò lei, come se
fosse un’ovvietà. “Papà dice che tutti i bambini bravi bevono
il latte caldo prima di…”
Edward rabbrividì.
“Lo preparo io.” Si offrì Roy, gentilmente.
“No. Ce la posso fare.”
S’incaponì il biondo, prendendola come sfida personale
tra lui e l’odioso liquido.
In capo a qualche minuto, ritornò con un vassoio e un
tovagliolo posto a mo’ di coperta sopra alla tazza, per celarne il contenuto.
Elycia bevve avidamente, e poi lo
seguì in bagno, dove Edo l’aiutò a cambiarsi, le sciolse i codini e controllò
che si lavasse i denti correttamente.
Roy la attendeva già in camera da letto, orsacchiotto in
mano, pronto per il bacio della buonanotte.
Quando fu sotto le lenzuola, con le coperte ben rimboccate,
espresse il suo ultimo desiderio della giornata. “Cosa leggerai, Edo-kun?”
“Eh?!” Edward
fissò sconcertato il compagno, che ridacchiava seduto sulla sponda del letto.
“La favola. Papà mi legge sempre una favola!”
Maes e le sue abitudini!
“E se ti cantassi una ninnananna?” propose pensoso,
grattandosi la nuca. “Dovrei ricordarmene ancora qualcuna…”
“Ma anche lo zio Roy, di solito…” cominciò a lamentarsi.
Da buon stratega, il FlameAlchemist prese in mano la situazione. “Nella tua borsa non
c’era il libro…” le disse, ragionevolmente.
“Forse la mamma se ne sarà dimenticata.”
“Purtroppo ti ho già restituito quello che avevi lasciato
qui. Ricordi?”
Sì, se lo ricordava. Elycia se lo era ripreso, in una sua precedente visita in
casa Mustang.
“Papà, ogni tanto, me ne racconta una nuova…” gli suggerì,
speranzosa.
Roy che di libri di
fiabe non ne aveva, doveva quindi escogitarne una inventata
di sana pianta.
Di. Sana. Pianta. Uhmmm…
“La
Principessa sul Fagiolo.” Esordì, colto da un’epifania.
Ed lo fulminò. Elycia
rise divertita. “Eh, no!, zio Roy… era ‘La Principessa sul Pisello’!” lo corresse, con un risolino che sapeva di sgamatura.
“Ma questa è ancor più bella!” esclamò lui, facendosi serio
e convincente. Gattonò tra loro, sdraiandosi al centro del grande lettone.
E incominciò con un’intonazione da menestrello: “In un regno
lontano lontano, un principe
bellissimo cercava moglie.
Aveva avuto tante fidanzate - perché, sai? Era davvero, davvero bellissimo -, ma nessuna era degna di
sposarlo, e di diventare la futura regina del suo grandissimo regno.”
“Come si chiamava il regno?”
“Il Regno di Ame-” si corresse. “Molto-Molto Distante. Sì, Regno di Molto-Molto Distante.”
“E poi?”
“Il re padre e la regina madre avevano sentito parla-”
“E come si chiamava il vecchio re?” s’intromise la bimba,
incuriosita.
“Si chiamava KingBra-” s’interruppe, pensoso. “Re, si chiamava solo così. ‘VecchioRe’.” Precisò, impostando un tono serioso.
“E la moglie?” insistette lei, come se il particolare fosse
di rilevante importanza ai fini del racconto.
“Queen, naturalmente!” chiarì Roy,
annuendo con aria saputa.
Anche la bambina annuì con lui, soddisfatta del chiarimento.
“Dicevo… avevano sentito parlare di una principessa che
abitava in un altro Stato, parecchio lontano dal loro. Una principessa
piccolina di statura, ma molto bella. Peccato avesse
un carattere di mer- …meriggio, sì. Un carattere così solare, come il sole di
mezzogiorno, e due occhi meravigliosi, d’oro puro, come i capelli… lunghi,
lisci, perfetti… e così la invitarono a palazzo.”
“E si chiamava…?”
“La principessa Eda.”
Acciaio s’immischiò nella narrazione. “Non so perché, ma mi
ricorda qualcosa… non è che per caso sia il nome di una delle tue ex?
E inconsciamente hai qualcosa in sospeso con lei?”
“Mah!,sarà…” si risolvette Ed, lanciandogli un’occhiataccia poco
convinta.
“Vedi, Elycia tesoro, in realtà la
principessa Eda era il giovane principe Edo, che viaggiava in incognito, sotto
falsa identità…”
La bimba sbarrò gli occhietti, catturata dalla svolta
inaspettata della storia. Anche Edward lo fece, ma dissimulò
la sorpresa con uno sbuffo di condiscendenza.
“Potrei andare
avanti?” lo punzecchiò.
“Sì, ti prego, zio Roy! Continua!”
“Dunque… dov’eravamo rimasti? Ah, sì. Il principe Edo aveva
accettato l’invito e si era messo in viaggio; ma, arrivato nei pressi del
castello, fu assalito dai briganti e derubato di ogni avere. E così, una sera
si presentò a palazzo tutto infreddolito, sporco e malconcio, e pure bagnato
come un pulcino, perché nel frattempo aveva anche iniziato a piovere, e chiese
riparo per sé e per il suo gattino…”
“E che nome aveva?”
“Ma ‘Tora’, naturalmente!”
Il principe Roy, appena lo vide, se ne innamorò all’istante.
Ma la regina madre voleva accertarsi delle sue nobili origini, perché… insomma…
già si aspettavano una principessa, ed era arrivato un principe, se poi non era
neanche un principe ma solo un poveretto… sai che guaio per il regno?”
La bambina fece un risolino, divertita.
“E così lady Queen preparò
personalmente il letto al giovane ospite, un letto fatto con 20 materassi di
piume e, sotto al primo, vi nascose un fagiolo. La regina madre tuttavia non
sapeva che era magico!
Edo-kun ringraziò e se ne andò a
dormire, stanco per le fatiche del luuungo viaggio.
Durante la notte, però, il fagiolo crebbe, e crebbe e
crebbe, bucando il soffitto del castello, sino ad arrivare al cielo.
Il gattino Tora, incuriosito,
fuggì arrampicandosi fin lassù. E il suo padrone non si accorse di nulla,
perché russava come un trombone.
Ma al mattino successivo, disperato, il principe Edo decise
di seguire il suo micetto per salvarlo, anche se era
molto pericoloso.
Il principe e la regina madre rimasero molto colpiti dalla
sua determinazione, perché chi ama gli animali possiede
un cuore nobile…” disse, con tono ispirato. “Vedi, Ely-chan,
anche lo zio Roy ha un grande cuore, difatti ha in casa due bestie!” scherzò.
La bimba rise, senza capire l’allusione.
Ma la frecciata era rivolta ad Edward,
che invece aveva colto benissimo e si era vendicato con una bella gomitata dritta dritta nelle costole.
“E così, il principe Roy, per aiutare il suo innamorato,
salì anche lui sul fagiolo che era cresciuto taaaaantissssimo.”Mustang sorrise di nuovo,
ammiccando verso Acciaio. “…e …” si fermò.
“E…?” lo incitò Ed, infastidito dall’interruzione.
“Shhh!”
Elycia s’era addormentata.
Roy la ricoprì gentilmente, prima di spegnere l’abat-jour.
“Dannazione! Non puoi lasciarmi così! Come finisce?”
piagnucolò Edo.
“Sei peggio di un bambino,” celiò,
avvolgendo anche lui nelle coltri, prima di andarsene.
Effettivamente era davvero sul ciglio del sonno. Però gli
afferrò un lembo del pigiama.
“Raccontami la fine, dai!” ripeté, sonnacchioso.
“Il principe e il principesso
salvarono il gattino, tornarono al castello e vissero per sempre felici e
contenti.” Tagliò corto Roy, aspettando il bacio della
buonanotte.
“Massacratore di finali!” lo rimproverò Ed, voltandosi offeso
dall’altra parte, e lasciandolo a bocca asciutta.
Il giorno dopo…
“A te quale piace, Edo-kun?”
Il biondo indicò quello dalle vaghe sembianze equine.
“L’asino?”
Ed scoppiò a ridere. “E’ un
cavallo!”
“Ma no! Ha le orecchie lunghe!”
“Quello è perché, quando serve, gliele devi tirare…”
Qualche ora prima, un Tora
particolarmente mattiniero aveva fatto la lotta libera col
peluche di Elycia che – tra i due – era quello
che ne era uscito, senza dubbio, più malconcio. Pezzi di imbottitura sparsi
ovunque, come una carcassa depredata e profanata.
Mentre la sua figlioccia faceva colazione, Roy fu lesto a
nascondere i particolari raccapriccianti, le interiora e le membra vilipese.
Il gatto fu rimproverato, e i pianti della bimba placati con
la promessa di andare in centro in un negozio di giocattoli ad acquistarne uno
nuovo. Però solo dopo il giro sulle giostre, al parco-giochi, e una tappa in
gelateria, beninteso.
Ma alla fine i due giorni volarono, e fu quasi un dispiacere
separarsi da lei, alla conclusione del weekend.
“Scommetto che l’avete viziata vergognosamente.” Li sgridò bonariamente Glacier,
raccogliendo le cose della figlia, fra cui tre giocattoli nuovi di zecca.
“Niente che non avrebbe concesso anche Maes…”
si difese Mustang, sollevando i palmi delle mani.
“Questo non va a tuo favore, Roy.” Gli annotò il compagno,
con supponenza.
“Ehi! Ma da che parte stai?!”
sbottò lui, sentendosi tradito. “C’eri anche tu, se non erro! ‘E preferisci questo?’ ... ‘e vuoi anche quello…!’ Guarda che-”
“Ah, sì? Io non ricordo nulla…”
“Hai visto, mamma, che bell’orsacchiotto
mi ha regalato Edo-kun?!” Elycia corse verso di lei, mostrandole orgogliosa il suo
nuovo compagno di giochi.
“Quello è stato un
incidente di percorso.” Si tutelò Elric, preso in castagna.
Glacier sorrise arrendevole. “Tutti uguali, voi uomini.” E annuì
anche in direzione di Maes, che se la spupazzava di gusto, come se non la vedesse da una vita.
“Avanti, Elycia. Ringrazia e
saluta!” la sollecitò, strappandola dalle attenzioni paterne.
La bambina corse ad abbracciarli a
turno, sfilandosi poi un foglio spiegazzato dalla tasca del vestitino.
“E’ per voi!”
Edward lo aprì, lisciando le
pieghe della carta, mentre Roy sbirciava da sopra la sua spalla.
“Ma è bellissimo, davvero!” “Grazie, tesoro. Lo appenderemo
subito in cucina. Ma quando l’hai fatto?”
“Prima. Mentre voi grandi parlavate in salotto…”
E fu così che sull’anta del frigorifero comparve un disegno.
Una pianta di fagioli che attraversava tutto il foglio, due figure incoronate
che si tenevano per mano e una piccola bestia tigrata.
Fine
Disclaimers: I personaggi citati
in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna
forma di lucro, da parte mia.
Note varie: ed eccoci
alla conclusione di questo mini excursus di baby-sitting
Roy & Ed.^^
In futuro, mi piacerebbe che ce ne
fossero ancora, se l’ispirazione arriverà.
Mi sono divertita moltissimo a
mescolare le due fiabe, con una spruzzata di RoyEd!
XD
Precisazioni al
capitolo precedente: come richiesto da diversi lettori, chiarisco che non
so ancora se Maes e sua moglie avranno un secondo
bimbo, come scherzosamente si augura Roy. E’ una delle ipotesi che ho preso in
considerazione con lui, ma solo altrettanto scherzosamente. Vedremo.
X Jess. Ma la
mia mail non ti è arrivata? Comunque Elyciaha circa 7/8 anni. (Ho
spiegato il perché nello scorso cap, nelle note
finali).
Tora ha ripopolato Amestris,
in quegl’anni. Sinceramente ho perso il conto delle
cucciolate sfornate, pur considerando che non tutte sono
andate a buon fine.
X _Ale2_: un cucciolo
di Tora in casa?! *__*
mandami una foto, quando puoi! (Magari la metto in un cap! XD)
Do il benvenuto a Shikadance e Secchantra i lettori! (spero che da ora continuerete a
seguirmi e a commentare regolarmente ^^)
Ringrazio giuly89, per essersi aggiunta ai recensori.
E quanti hanno commentato la mia nuova fic
su TwilightMy personal self-check-upe quelli che lo faranno.
Vi preannuncio che fra qualche giorno posterò una nuova fic, stavolta original, l’inizio
di una breve raccolta, vincitrice dell’ultimo Contest su WA Forum.
It’sraining
ha raggiunto le 101 preferenze come storia. Mi sembra giusto farne menzione,
ringraziarvi della fiducia e invitarvi nuovamente a continuare la strada con
me, magari anche recensendo. Grazie.
Il seguente scritto contiene lievi
riferimenti yaoi.
Credo che tutti voi sappiate cos’è un prequel. E’ l’antefatto di una
storia.
Questo sarebbe da considerarsi il capitolo n°0, se mai
esistesse.
Ambientato circa un mese prima del cap n°1, dell’inizio della saga.
Per ulteriori spiegazioni, vi rimando alla conclusione della fic, dopo la lettura.
A chi ha recensito i precedenti
capitoli della raccolta.
E a quanti commenteranno.
Ai vecchi e ai nuovi lettori.
Grazie.
It's raining - The Prequel
byelyxyz
Mustang si stiracchiò, sbadigliando. Benché non avesse alcuna
intenzione di aprire gli occhi per verificare, aveva l’assoluta convinzione che
fosse ancora molto presto - l’alba o poco più -, perciò si rigirò dall’altra
parte e risprofondò la testa nel cuscino.
L’odore acre del fumo stagnante tra le lenzuola, mischiato
al profumo di un ammorbidente diverso da quello che lui usava, gli fece
ricordare che quello non era il suo
letto.
Sbuffò, rinunciando al sonno. Allungò una mano verso destra,
e si accorse - con un certo sollievo – che il posto era vuoto e freddo.
Evidentemente la sua amichetta
della sera precedente era altrove, al momento.
Cercò disperatamente di ricordarne il nome, ma era una
speranza vana.
Era diventato bravo a cercare consolazioni passeggere, senza impegno – per carità!
Consolazioni scelte in modo selettivo - perché mentirsi? -,
tutte bionde procaci, dall’espressione intelligente (le oche no, per favore), spigliate
e vagamente arroganti.
Solo donne sicure di sé. Donne che cercavano una notte di
appagamento senza complicazioni, ma donne che fossero
anche intellettualmente colte, che non aprissero la bocca solo per dire stronzate o civettare. Ecco il suo tipo di conquista.
Ah, no. C’era anche quel piccolo,
minuscolo, fondamentale particolare...
donne dagl’occhi color miele, possibilmente d’acacia, tendente all’ambra.
Donne che gli regalavano un piacere effimero, e che al mattino dopo lo facevano sentir ancora peggio. Più solo.
E più vile.
Gli sembrava quasi di tradire il sentimento che sentiva per Fullmetal… ma,
d’altro canto, era pur vero che questo suo amore non lo avrebbe portato da
nessuna parte. Lo avrebbe logorato giorno dopo giorno, fino a che – un bel
momento – non lo avrebbe portato a compiere una bella pazzia. Tipo baciare il nanerottolo
in ufficio, per esempio.
Forse era solo un’ossessione. Una malsana ossessione.
Dannazione!,EdwardElric aveva quasi la metà dei suoi anni, era un suo
sottoposto, ed era un maschio! Senza contare che, puntiglio quanto meno rilevante,
lo odiava con tutte le sue forze (e non erano poche) e forse anche di più.
Ma perché? Perché
non riusciva ancora, come un tempo, a trovare soddisfazione dalle sue conquiste
fortuite?
Perché non poteva semplicemente gustarsi un rapporto passeggero,
privo di intralci e di promesse?
Imprecò contro di sé e la propria condizione. Seduto sul
materasso, si guardò intorno spaesato. Chissà dov’erano finiti i suoi vestiti?
Li raccattò sparsi un po’ ovunque, andando a ritroso dal
pavimento della camera da letto, lungo il corridoio, fino in salotto.
Forse si chiamava Vicky, realizzò, come colto da un’epifania. No, forseVivien.
Mentre si abbottonava l’ultimo passante della camicia
sgualcita, si ritrovò nella cucina della sua ospite, senza sapere neppure bene
come.
E c’era un bigliettino ad attenderlo sul tavolo, in
posizione precaria tra il bricchetto del latte, lo
zucchero di canna e le fette biscottate.
Sono scappata al lavoro.
Ti ho preparato la colazione.
Grazie per la splendida
notte.
Se ti va, cercami.
Laureen
Ecco!,
giusto. Laureen.
Mustang si grattò pensoso la nuca, mentre l’orologio a
pendolo batteva le sette.
No, non era l’alba. Ma neppure tanto tardi.
Di solito, sgattaiolava via dagli appartamenti, in cui
passava le notti, prima che la padrona in questione si destasse.
Non erano delle vere e proprie fughe, perché generalmente
amava chiarire le rispettive posizioni e aspettative in anticipo, per evitare
sorprese. Ma era comunque tutto troppo disagevole e complicato, e lui, di
complicazioni, ne aveva già troppe.
In questi ultimi tempi, si stava proprio specializzando in
quello. Mai due volte di fila la stessa ragazza. Mai ripassare nello stesso
bar.
Peccato, però.
Quella Laureen gli era sembrata una tipa
interessante. Anche se tendeva a lasciarsi infiammare un po’ troppo, durante le
discussioni, e pretendeva di avere sempre l’ultima parola - come un certo Fagiolo di sua conoscenza.
Sorrise amaro, versandosi del caffè.
Era ancora tiepido, e poteva andare. In fondo, non gli
dispiaceva affatto trovare – per una volta – la colazione pronta. Una colazione
che non fosse quella del bar dietro l’angolo o il caffè annacquato del
distributore in Caserma.
Lasciò vagare lo sguardo sulla confezione di frollini – gli
stessi che comprava lui -, sulle fette biscottate, sul pane tostato, sulle
confezioni di marmellata – arancia e more – e sui cereali in sacchetto. Latte e
succo di frutta.
Non si era certo lesinata nell’imbandire tutto quel ben di Dio.
Uno spreco, perché aveva realizzato di non avere fame. Per
cui, si limitò a versarsi una seconda tazza, vuotando la moka. Nero e amaro,
come piaceva a lui.
Ma si sentì quasi in colpa, per quella premura inutilizzata.
Addentò un biscotto, più per dovere che per reale bisogno.
In quel mentre, lo stipite della finestra davanti a lui si
mosse, un bel felino grosso e grigio fece il suo ingresso in casa.
Il micio si arrestò di colpo, squadrando guardingo l’ospite
inatteso.
“Ciao, gatto.” Lo salutò il Colonnello, fissandolo a sua volta divertito.
“Meeeooowww.”
La bestiola saltò a terra con un balzo, appressandosi a lui.
Roy si sporse oltre il bordo della tavola, per seguire i
suoi movimenti, e l’animale gli andò incontro, fermandosi lì vicino.
Gli tese una mano lentamente, affinché la fiutasse.
E il gatto l’annusò, leccandogli poi le dita con la
linguetta ruvida che gli faceva quasi il solletico.
In un istante lo aveva ripulito di ogni briciola, ma ancora
non la smetteva con le lappate.
“Hai fame, mh?” gli chiese il
moro, divertito da tante, inaspettate effusioni. Era certo che i felini non
fossero, per loro natura, così bendisposti e affettuosi verso gli sconosciuti. Anche
se erano solo ipotesi, le sue. Perché non aveva mai posseduto un gatto, i suoi
genitori – a ben vedere – non gli avevano mai concesso alcun animale domestico,
era fuori discussione.
La sua esperienza in quel campo si limitava al ricordo di quando, da bambino, andava a trovare la nonna di Maes, che aveva quella strana abitudine di raccattare e
sfamare tutti i mici randagi della zona.
E se li ricordava malconci, diffidenti, e poco inclini a
ricevere coccole che provenissero da mani diverse da
quelle dell’anziana signora gentile.
La bestiola si strofinò contro il suo polso, in cerca di
attenzioni.
Roy si risollevò dalla sedia; afferrando la bottiglia del
latte, andò alla ricerca delle ciotole. Ma non erano in cucina.
Afferrò il primo contenitore pulito che trovò, e lo riempì,
offrendoglielo.
“Avanti, bevi!” lo incitò, tornando poi a sedersi. Ma questo
si limitò ad annusare la scodella, senza neppure un assaggio. Girò sulle
proprie zampe, e gli trotterellò nuovamente di fianco, strusciandosi sulle sue
caviglie.
“La tua padrona non ti coccola abbastanza?” s’incuriosì,
grattandogli il pelo dietro un orecchio.
E se lo ritrovò in grembo, senza neppure sapere come.
Un fulmine grigio, che dal pavimento era saltato sulle sue
ginocchia, appollaiandosi lì.
Sentiva le unghiette contro il
tessuto dei pantaloni, e perciò lo sistemò in una posizione più confortevole.
Solo allora si accorse del ventre gonfio, che aveva scambiato per una grossa
stazza.
Si stupì della propria ingenuità. “Ma allora sei una signorina…” la blandì, stiracchiando le
labbra.
“Ragazzaccia!” la schernì, malizioso. “Una gattina intraprendente
come la tua padrona, mh?” insinuò, ricordando i
particolari della notte bollente. Ma
ovviamente non ottenne risposte. “Ho solo cinque minuti.” L’avvertì,
accarezzandole la schiena e poi sotto al mento.
La micia ricambiò con un ‘ronron’ d’apprezzamento, che lo
mise di buonumore.
Decise quindi che poteva anche regalarsi qualche istante di
pace, anche se sarebbe arrivato in ritardo in ufficio.
Il Tenente Hawkeye lo avrebbe
sgridato di sicuro, ma tanto l’avrebbe fatto comunque, perché il giorno prima aveva firmato, sì e no, la metà delle
pratiche assegnategli. La sua tabella di marcia era in
costante ritardo. Tanto valeva
prendersela comoda, si disse, giocherellando con le vibrisse della bestiola,
che aumentò il tono delle fusa.
Si rilassò, curiosando sull’ambiente attorno a lui. Lo
sguardo gli cadde sul pacchetto di sigarette che sbucava appena, oltre il
barattolo di miele.
Allungò una mano e lo prese. I ricordi lo investirono.
Erano le stesse che fumava lui, al Fronte, prima di
smettere. Non era mai stato un accanito tabagista, ma
il fumo era l’unico vizio concesso in guerra – oltre ad una scopata veloce,
ogni tanto.
E rivedere quella marca gli fece smuovere qualcosa dentro. Ne
sfilò una, accendendola.
E il gusto antico riemerse, mescolando passato e presente.
La aspirò con calma, ingoiando ogni boccata. Chiuse gli
occhi, lasciando che la nicotina gli annebbiasse per un istante il cervello,
mentre il soffice pelo scorreva sotto le sue dita.
Quel limbo personale finì troppo presto. Se ne accorse
quando il calore tra indice e medio si fece troppo
intenso.
Spense il mozzicone sul posacenere, altra cosa nascosta dal
mare di prodotti sopra la tavola, che non aveva notato, appena entrato.
La gatta risollevò il musetto, scrutandolo sorniona.
Interruppe il suo fuseggiare e scese a terra, senza
alcuna richiesta, come se avesse capito che era ora di dirsi addio.
Mustang ne rimase sorpreso, ma non deluso.
“Forse la tua padrona no, ma tu mi mancherai.” Ammise, mentre la osservava saltare sul ripiano della
credenza e trotterellare sinuosa – malgrado la mole
considerevole - verso la finestra, per poi scomparire nuovamente nel nulla, da
dov’era venuta.
“Abbi cura di te.” Sussurrò, ma era già troppo tardi.
Attese qualche istante, dopo raccolse la tazzina usata e la
ciotola del latte, e le pose nel lavello. Si infilò la giacca, scrutando
pensieroso l’orologio. Se si sbrigava, riusciva a tornarsene alla sua abitazione
per fare una doccia veloce e cambiarsi, per poi correre in ufficio.
Avviandosi all’uscio, meditò se fosse il caso di richiamare dentro
la gatta, perché il tempo minacciava pioggia. O magari Laureen
si sarebbe infastidita?
Realizzò solo allora che, in nessun angolo del piccolo
appartamento, c’era traccia di vita felina. Neanche un giochino, né le ciotole
che aveva ipotizzato fossero in salotto, né la cesta dove farla riposare. Lo
sfiorò il serio dubbio che la padrona di quella casa non avesse mai posseduto
alcun gatto. Ma la cosa, anziché inquietarlo, lo rallegrò quasi.
E poi lasciò perdere; notando il calendario appeso alla
parete, un’altra idea riempì i suoi pensieri. E ricordò che entro la fine del
mese avrebbe dovuto sostenere l’esame per confermare l’abilitazione d’Alchimista
di Stato, e anche Acciaio avrebbe dovuto farlo.
Sperava che qualcuno, Hawkeye o Havoc, si fosse preso la briga di avvisare Fullmetal, che adesso vagava in un punto imprecisato di Amestris, in cerca d’informazioni sulla Pietra Filosofale.
Dannazione!,era già passato un altro anno.
E si ritrovava più impantanato che mai.
Sorrise di sé, sentendosi patetico.
Sarebbe mai arrivato
qualcosa a cambiare quella dannata situazione?
Fine
Disclaimers: I personaggi citati
in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna
forma di lucro, da parte mia.
Note varie:il titolo ovviamente
ha già avuto le sue spiegazioni. Il colore richiama il grigio del pelo della
gattina.
Lascio a voi decidere se
quest’incontro sia un caso oppure no.
Del resto, East City è piena di gatte gravide,
giusto?
Dal canto mio, mi piace pensare che quello sia stato il
primo incontro tra Roy e Tora, che stava nella pancia
della sua mamma. *__*
Ho scelto il colore grigio della micia, perché resta
comunque ininfluente, ai fini della prole.
Anche Minù è grigio perla, eppure
ha sfornato micetti tigrati!
La genesi di questo capitolo
merita due parole.
Non avrei mai pensato di
scriverlo, e fino a ieri, beh… non esisteva.
Poi, ieri ho partecipato al
matrimonio di due miei cari amici, la cena si è svolta in un bellissimo
agriturismo in aperta campagna.
Verso mezzanotte, me ne stavo in
santa pace a fumarmi una sigaretta sotto ad un porticato, e mi sono ritrovata
tra i piedi un micio.
Orbene, io non ho mai avuto un
gatto, e ne so gran poco sulla corretta modalità di rapportarsi a loro.
Benché sia
quasi un anno che scrivo su Tora, prima di avere
questo mio micio virtuale, li odiavo
cordialmente. Io sono un tipo ‘da cani’, di quelli
che ti giurano fedeltà, ecc… ecc…
I gatti li trovo belli, sì. Ma
terribilmente ingrati e approfittatori. Un gatto ti cerca solo se ha bisogno di
te. Un cane, invece, c’è sempre… ma non è questo il
punto.
Dicevo… il micio ha iniziato a strusciarmisi addosso, ho allungato una mano perché la
annusasse, ed è finito per leccarla. E non so ancora come, ma me lo sono
ritrovata in braccio, e mi faceva le fusa… Ooohhhh *___*
(A parte le unghiette conficcate
sulla mia pelle, e il pelo che ha rivestito il mio tailleur nuovissimo e
costosissimo, è stata un’esperienza bellissima!)
Così, stanotte verso le 5, quando
sono rincasata, ho buttato giù la traccia di ciò che avete letto.
Precisazioni al
capitolo precedente: sonofelice
che la mia rivisitazione delle fiabe vi sia piaciuta.
Ma più bella favola del RoyEd non
ce n’è! *ç*
Sì, Regno di Molto-Molto Distante è un omaggio implicito a Shrek! XD
Ma anche un ricordo della mia infanzia, quando mi facevano
ascoltare le ‘canta-storie’. Quella della ‘Principessa su pisello’
cominciava così: “In un regno distante, molto-molto distante – perché, se vi
dicessi che è vicino, tutti vorreste andarci – vivevano…”
Nota di servizio:
a causa di una serie di impegni, per i prossimi 20-25 giorni gli aggiornamenti
di It’srainingpotrebbero subire qualche ritardo.
E siamo già a quota 3 cuccioli omonimi, che hanno avuto il nome
in onore di Tora. Che bello!
Mi rende orgogliosa aver lanciato involontariamente una
moda! XD
Ringrazio quanti hanno condiviso con me la gioia della
vittoria e commentato la mia nuova raccolta Original‘Colourful World Emotions’e quelli che lo faranno. (Ho ancora fede che le recensioni aumentino! ^__=)
Il seguente scritto contiene lievi riferimenti yaoi
Il seguente scritto contiene lievi
riferimenti yaoi.
Per ulteriori spiegazioni, vi rimando alla conclusione della fic, dopo la lettura.
Dedicato a chi ha recensito i
precedenti capitoli della raccolta.
E a quanti commenteranno.
Ai vecchi e ai nuovi lettori.
Grazie.
Dog, Cat& Blue Moon
byelyxyz
Blue
moon, you saw me standing alone Without a dream in my heart, without a love of my own.
Blue moon, you knew just what I was there for You heard me saying a prayer for
Someone I really could care for.
Blue, Blue, without a love of my own.
Blue moon, you saw me standing alone Without a dream in my heart, without a love of my own.
Blue, Whaaaaa, without a love of my
own.
Blue moon, Blue, WhaaWhaaWhaaWhaaWhaa
without a love of my own.
Triste luna, mi vedi qui da solo
Senza un sogno nel mio cuore, senza un amore tutto mio.
Triste luna, tu sapevi per quale motivo ero qui
Mi hai sentito dire una preghiera per
Qualcuno a cui tengo veramente.
Triste, triste, senza un amore tutto mio.
Triste luna, mi hai visto stare solo
Senza un sogno nel mio cuore, senza un amore tutto mio...
(Blue Moon, Lorenz Hart /
Richard Rogers)
Mustang giocherellò con la bolla di sapone che era rimasta appiccicata
al vetro del bicchiere. La scoppiò e poi bevve un altro generoso sorso di
liquore. Il ghiaccio tintinnò, coprendo per un istante lo sciabordio
dell’acqua.
Si perse a contemplare la luna piena fuori
dalla finestra semiaperta, una bluemoon, come veniva chiamata in gergo dagli astronomi. Ma
a lui interessava ben poco, se in quel mese le lune piene erano state due o
trenta. Si dissetò nuovamente, svuotando il contenuto in un’unica sorsata. E quello cos’era? Il
terzo? Il quinto? Il decimo bicchiere?
Non gliene fregava un cazzo. A
dirla tutta.
Nessun EdwardElric sarebbe venuto a
tirarlo fuori da lì, stavolta. E lui ne era ben
consapevole.
Si riempì il recipiente di nuovo, fino all’orlo. E tracannò
tutto d’un fiato.
Non si sarebbe ubriacato come quella volta, in cui aveva
provato ribrezzo e disgusto di se stesso, si era detto. Però era arrabbiato, e
frustrato, e spazientito. E sperava che farsi un goccio e un bagno caldo
l’avrebbe aiutato a rilassarsi un po’.
E invece tutto quel silenzio e quel calduccio confortevole gli
avevano dato modo di fare bilanci – decisamente cupi - e di lasciarsi a
macerare nella sua misera situazione, peggiorando considerevolmente il suo
umore.
Fuori, in strada, un gruppo di ragazzini faceva baccano. Sentiva
il loro chiacchiericcio fin da lì. Stavano andando ad un party, da quel che
aveva capito.
E chissà lui dov’era?
Chissà che stava facendo?
“Se per lei va bene, vorrei prendermi qualche giorno di
ferie.” Gli aveva detto, deferente ma irremovibile,
entrando nel suo ufficio.
“Potrei sapere come mai, di grazia?” si era interessato,
celando la curiosità dietro ad un’espressione sorniona. “Sei appena tornato da
una missione di ricerca della Pietra… ed è stato un flop,
no? Vuoi ripartire?”
“Io e Al torniamo a Resembool, per
il compleanno di Winry.” Gli
aveva spiegato, spiccio.
“Abbiamo molto da fare, in questo periodo.”
Obiettò, ragionevolmente. E
meschinamente. “E’ gradita la tua
presenza.” Si oppose.
“L’Esercito può sopravvivere anche senza di me, per qualche
dì.” Lo contestò.
“Acciaio! Io sono un tuo superiore e se dico che-”
“Partiamo domani mattina.” Lo aveva interrotto il biondo, e
se ne era uscito dalla stanza, in un rosso svolazzare.
“Il compleanno di quella strega della meccanica…” masticò,
sputando le parole con astio e gelosia. “Maledizione, Ed! Ma quand’è che ti
sveglierai?!” sbraitò, sbattendo un pugno contro il
pelo dell’acqua che tracimò.
Fu in quel mentre che il micio di casa fece il suo ingresso
in bagno, saltando agilmente sul lavabo e poi sulla lavatrice, dove si
accoccolò, guardandolo attentamente.
“Di solito, tu odi questa stanza.” Gli appuntò Roy,
supponente, prendendo dallo sgabello la bottiglia e dal secchiello un paio di
cubetti di ghiaccio. Sorseggiò un po’ di scotch. “Ti ho già dato da mangiare,
se cerchi coccole… gira al largo. Non è
serata.”
Tora si leccò i baffi, sferzando
l’aria con la coda, insofferente. Tuttavia non si mosse di lì.
“Quindi… manca così tanto anche a te, a tal punto da
ricercare la mia compagnia?” insinuò il moro, ingollando l’ennesimo assaggio.
Sentire la testa leggera gli impediva di crogiolarsi ulteriormente nei suoi
meschini autocompatimenti.
“Tora, vattene. Mi dai fastidio,
se mi fissi.” Lo avvertì, seccato, giocando con la
schiuma.
“Ma guardati! Sei pietoso!” lo ammonì il gatto, con
cattiveria sarcastica e sprezzante.
Mustang si girò di scatto, convinto di avere le
allucinazioni.
Sì, certamente aveva
preso un abbaglio. Quel sacco di pulci non poteva aver parlato.
Rise sguaiatamente di se stesso e di tutta quella situazione
surreale.
“Io non ci vedo proprio nulla di divertente.” Precisò il micio, stiracchiando le zampe anteriori e
risedendosi.
“Tora, questa conversazione non
sta avvenendo! Perché… altrimenti sarei impazzito, e io
non sono pazzo!” chiarì, trafelato. Il bicchiere cadde a terra, sul morbido
tappetino che ne attutì la caduta.
“Meowww…”
“Ecco, sì. Appunto. Forse ho bevuto un po’ troppo. Prima mi
era parso di…”
“Preferisci che ti parli così? Meooww…”
ironizzò la bestia tigrata. “Ma tu di solito non capisci, se comunico con te in
questo modo. Il Felinese, non lo sai.” Lo prese in giro, grattandosi dietro l’orecchio
destro.
“Questa conversazione non sta avvenendo!” ripeté,
esasperato.
“Vuoi piuttosto un monologo?, mi
sta bene.” Concesse l’animale, fingendosi magnanimo.
“TORA!!” urlò Mustang, alterandosi
di brutto.
“FFFRRR… potresti smettere di gridare? Le mie orecchie
feline sono sensibili, ci sentono benissimo!” protestò, muovendo la testa come fosse un pendolo.
“Que-questo è un sogno, un incubo,
un…”
“Una chiacchierata tra animale e padrone? Ti secca?”
“Certo che mi secca! Ti sembra normale?!”
“Perché? Tu non
sei normale?” insinuò la bestiola
tigrata, leccandosi poi i baffi. “Sai qual è il tuo problema?”
“IO NON HO PROBLEMI!”
“Tu hai un mare di problemi.” Lo contraddisse. “Ci navighi
dentro da così tanto tempo che mi stupisce se resti ancora a galla.” Malignò, acre.
“Le tue considerazioni non mi sfiorano neppure, dannato
sacco di pulci!”
“Secondo me, hai bisogno di uno bravo. Tipo qualche
veterinario che-”
“Che mi rimetta a piombo, magari! No, grazie.” Lo derise. “Se vado in giro a dire che parlo col mio
gatto, mi mettono una camicia di forza, mi chiudono dentro un istituto e
buttano via la chiave. Addio Comandante Supremo.”
“Sei stato molto maleducato ad interrompermi.” Lo rimproverò, leccandosi il pelo. “Il mio voleva essere
un altro tipo di suggerimento…” concluse, sibillino.
“Ti do tempo tre secondi.”
“Fatti passare la gelosia per l’amichetta meccanica; è un
consiglio spassionato. Edo vuole me. Vuole
più bene a me che a te.”
Calcò bene, con una piccola pausa ad effetto. Ottenne di farlo infuriare ancor
di più.
“Zitto, tu!” ululò, incazzandosi
come una bestia. “Vattene!, ORA!!” latrò, cercando la
prima cosa a tiro. Gli lanciò contro la saponetta, ma il micio si abbassò appena
in tempo, schivandola e ghignando divertito.
“E’ di questo che dovresti preoccuparti.” Rincarò. “Parola d’amico.”
Roy ritentò con lo shampoo, sbagliandolo clamorosamente. Tora, da sopra la lavatrice, non si scompose assolutamente.
“Brucia, eh?!” infierì. “Nell’orgoglio,
intendo.” Precisò, zampettando in basso, e riaccoccolandosi
sul tappetino davanti al lavabo. Sistemò con una zampata una piega della
piccola stuoia, lisciandola con cura. Lo ignorò volutamente, poi si decise a
puntare gli occhi felini su di lui, che ribolliva nella vasca.
“Finché ci sarò io, tu-non-hai-speranze.
Maoowww.”
“Figlio di una buona gatta! Aspetta che ti acchiappi!!” gli strepitò addosso il moro, sollevandosi in piedi e
schizzando acqua ovunque. Si aggrappò di fretta alla manopola rossa e allungò
un piede malfermo sul pavimento scivoloso. Barcollò, cercando un equilibrio –
per quanto precario - che gli permettesse di far
uscire anche la seconda gamba. Il secchiello del ghiaccio cadde a terra,
sparpagliando cubetti dappertutto, mentre Roy imprecava contro di sé, contro Tora e contro ogni cosa esistente al mondo.
Ma, seppur nel trambusto, la bestiaccia non si spostò di un
millimetro. Sferzava l’aria con la coda, più divertito che infastidito dal caos
che si era venuto a creare. Sembrava quasi che stesse lì fermo di proposito, in
comoda attesa del suo arrivo, per nulla intimorito dalle minacce e dalle sue urla.
“Ora vedrai!” preannunciò l’uomo, arrancando con passo vacillante.
E non vide la saponetta – la medesima saponetta che aveva lanciato egli stesso,
poco prima – e ci finì sopra.
Non ebbe modo di stringersi a qualcosa, ad un appiglio - non
ebbe neppure anche solo il tempo di pensare di farlo - e rovinò a terra con
tutto il corpo, di peso, in un tonfo sordo.
… e il mondo si fece nero attorno a lui.
Fine
Disclaimers: I personaggi e la
strofa della canzone citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli
aventi diritto e, nel fruire
di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.
Note varie: avevo già preannunciato possibili
ritardi d’aggiornamento, quindi non starò qui a scusarmi. Ho cercato di finirlo
appena mi è stato possibile.
Quello che mi rattrista non poco è vedere che – nell’ultimo
mese abbondante (4 postaggi) – le recensioni sono
scese da 30 a28, a26 a 22.
Intendo dire che 8 recensioni di meno non sono bruscolini.
Posso capire che la gente possa avere anche i propri motivi,
o magari poco tempo, ma il numero di letture parla chiaro: ogni cap supera ampiamente le 300 aperture in pochi giorni.
Detto ciò, siete vivamentepregati di utilizzare quella cosetta carina che si chiamafreccia ß
(capitolo precedente) e di lasciare un commento, un’impressione o un
suggerimento.
Abbiamo tutti degli impegni, non sto qua a sindacare; ma
sono settimane che mi faccio ‘il mazzo’ e salti
mortali (rinunciando a molte cose) perché possiate leggere regolarmente la fic.
Per favore, evitate di chiedere scusa. Mi rimetto al vostro
buonsenso.
E ora passo alla fic.
Il titolo non credo necessiti di
spiegazioni.
In molti lettori, via mail, mi
hanno chiesto - nel tempo - se avrei mai fatto parlareTora.
All’inizio avevo detto di no. Ma
poi… chi lo sa? Non tutto è come sembra.
Con il termine ‘Blue Moon’, come ha già accennato Roy nella fic,
viene chiamata la seconda luna piena in uno stesso
mese.
E con questo capitolo comprendiamo
che il degrado di Mustang (morale e fisico) può non avere fine…
Shatzy mi ha mosso un dubbio
lecito: esistevano le lavatrici a quel tempo?
Perché effettivamente Trisha
lavava a mano i panni.
D’altra parte, anche le nostre nonne, nelle zone rurali,
lavavano e (alcune ancora oggi) i panni a mano, nella fontana della contrada.
Nel nostro mondo, la risposta è
questa: La prima “macchina per lavare” nacque nel
1767 da un’idea di JacobChristianSchäffern, teologo di Ratisbona.
L’invenzione
non fu particolarmente ispirata, se non fosse per la
presenza di una prima rudimentale centrifuga da azionare a mano. Ma è solo nel
1906 che AlvaFischer
costruì il primo prototipo di lavatrice elettrica. L’elettrodomestico concepito
dalla Fischer però aveva il grande difetto di avere
il motore posizionato molto vicino al cestello, e quindi il rischio di
cortocircuiti e di scosse elettriche era alto.
Bisogna
aspettare fino agli anni Trenta perché venga pensato
l’isolamento del motore.
Al giorno
d’oggi, la lavatrice è molto cambiata dai primi anni della sua esistenza e
grazie all’avvento della domotica, le lavatrici sono
diventate automatizzate […]
Quindi
sì, immagino che ci fosse anche ad Amestris.
Non commento questo capitolo. Mi riservo di farlo nel
prossimo. Ora sono curiosa di vedere cosa ne pensate tutti voi.
Precisazioni al
capitolo precedente: Mi è stato chiesto se il comportamento della gatta incinta
è plausibile.
La signora dell’ENPA con cui ho parlato,
e che mantiene circa 30 gatti abbandonati, è convinta che molte gatte diventino
molto più coccolone e cerchino molto più affetto da gravide. Diventano nervose
e diffidenti, sfuggenti, in prossimità del parto. Momento in cui possono chiaramente
far capire al padrone se vogliono accanto a sé la sua presenza oppure vogliono
essere lasciate sole.
Nel corso del tempo, Roy non ricercherà solo amichette colte. Forse non l’avevo ben
chiarito, ma già nel primo cap di It’s
si è accennato al fatto che Roy sente qualcosa di scomodo crescergli dentro,
qualcosa con cui teme di dover fare i conti. Già nel lontano
3° cap, c’era stato un altro incontro con una sgualdrinella. Anche lei bionda, con occhi castano chiaro.
Ovviamente i richiami sono voluti, sin da allora.
Non chiedetemi da quando Roy ama Ed.
Di preciso non lo so. E’ un sentimento a lungo negato, sublimato. Ammirazione e
stima che si è trasformata in qualcos’altro.
Ma cercate di capire che per Roy NON è stato mai semplice,
né accettarlo né cambiare orientamento sessuale. Il fatto che ricerchi la
compagnia di donne, benché infastidisca pure me, è quasi legittimo. Del resto… noi sapevamo
come sarebbe finita, lui no! ^^
Il fatto che non si ricordi il nome delle signorine ha una spiegazione di matrice
psicanalitica.
Indica inconsciamente la volontà di non essere coinvolto, di
creare parentesi ben definite oltre cui non si deve oltrepassare mai. Il nome
dà identificazione. Il resto è illusione. Fuga.
Bene. Al prossimo aggiornamento. Per festeggiare un anno di It’s.
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al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio crede) Come sempre, sono graditi commenti,
consigli e critiche.
Il seguente scritto contiene impliciti riferimenti yaoi
Il seguente scritto contiene
impliciti riferimenti yaoi.
Per ulteriori spiegazioni, compreso il titolo, vi rimando alla
conclusione della fic, dopo la lettura.
Ed eccoci
davvero al primo compleanno di It’sraining.
Esattamente oggi, un anno fa,
mi accingevo a postare il primo capitolo di quella che non avrei mai creduto divenire
la mia saga più lunga e impegnativa, e (senza dubbio) quella che mi sta facendo avere maggiori soddisfazioni.
In questo lungo anno, ci sono
persone che mi hanno seguito fin dall’inizio, alcune hanno abbandonato, altre
si sono aggiunte strada facendo. Qualcuno è persino tornato, colto dalla
nostalgia.
Ho accarezzato l’idea di
ringraziarvi uno ad uno, ma avrei finito fra tre
settimane... ^^’’
Il mio sogno è di passare un
altro anno con voi, raggiungendo il 100° capitolo, se sarà possibile.
Ma la strada è ancora lunga. Mi
serve che continuiate a sostenermi. (Perché
i cali ispirativi e le incertezze colpiscono anche me, come tutti.)
Io, da parte mia, cercherò di
continuare a dare il massimo delle mie possibilità e proverò a venirvi
incontro.
Per quest’aggiornamento, ad esempio, avevo pensato di scrivere un
capitolo diverso, speciale, per
festeggiare il primo anniversario di questa fic.
Ma molti di voi erano in pensiero per le sorti di Roy (svenuto, nudo su
quel freddo pavimento. Gli verrà male al pancino? XD) e quindi ho deciso di
accontentarvi.
Questo capitolo è il seguito del precedente, n°55 ‘Dog, Cat & Blue Moon’.
Ai vecchi e ai nuovi lettori.
Grazie.
Cane dariporto
byelyxyz
Quando Mustang riaprì gli occhi, le luci asettiche del neon lo
ferirono, costringendolo a chiudere in fretta le palpebre, con un mugugno di
fastidio.
Riprovò con più lentezza, al secondo tentativo, abituandosi
al riverbero accecante che illuminava a giorno la stanza.
EdwardElric
se ne stava lì, a mezzo metro da lui, seduto su uno sgabello col naso affondato
in un libro dall’aria avvincente – probabilmente qualche astruso tomo di
Alchimia Arcaica.
Il Colonnello rimase qualche istante ad osservarlo, stordito,
senza sapere bene che fare: se chiamarlo, se fargli capire che era sveglio, se
aspettare che se ne accorgesse da solo (cosa assai
improbabile, in tempi brevi o ragionevoli, conoscendo il soggetto e la sua
capacità di estraniarsi dal mondo mentre leggeva). La fortuna, tuttavia, girò
dalla sua parte, perché in quel preciso istante Edo sollevò lo sguardo per
girare pagina e si accorse di due pozze d’oro nero puntate su di lui.
“Oh, Taisa! Si è svegliato,
finalmente!” lo accolse, alzandosi e avvicinandosi al letto. “Come si sente? Ha
bisogno di qualcosa?”
Roy sbatté la palpebre, confuso. Stava sognando? Era tutto vero? Ma
soprattutto... dov’era e cos’era successo?
Aprì la bocca, e comprese di avere la gola arida. Deglutì a
fatica. Cercò di risollevarsi, ma improvvisamente realizzò
che non ci riusciva. Fissò allarmato il tutore che gli impediva di muoversi.
“La smetta di agitarsi, che è peggio!” lo sgridò Ed, versandogli
un bicchiere d’acqua e porgendoglielo.
Mustang bevve avidamente. Poi chiese spiegazioni.
“Ha una spalla lussata e una lieve commozione cerebrale.” Lo aggiornò. “Più una decina di ematomi qua e là, ma niente
di grave. La terranno in osservazione fino a domani, solo per scrupolo. Lei ha
la testaccia dura, non si preoccupi. Ma si ricorda cos’è successo?”
Scosse il capo in segno di diniego. Di preciso non ricordava
niente.
Solo che Edward gli aveva chiesto
una licenza per…
“Ma non eri a Resembool?” chiese, meditando
sul fatto che quella era l’unica cosa certa che il suo cervello si degnava di
rispolverare. Rammentava il modulo di richiesta ferie
di Acciaio, la loro breve discussione infruttuosa,
e poi che era stato di pessimo umore tutto il giorno, e quello successivo, e
anche il seguente. E dopo aveva chiesto adHavoc di andare a bere qualcosa insieme a lui, per
distrarsi, ma il Sottotenente aveva rifiutato, perché aveva un appuntamento con
una moretta tutta curve, e lui allora… cosa
aveva fatto? Era rincasato, aveva dato da mangiare a Tora
e aveva cenato, e poi… e poi c’era il vuoto più assoluto. “Come ci sono finito,
io, qui?”
Edward sorrise, invitandolo alla
calma. “Una cosa per volta, ok?”
L’altro annuì.
“I ragazzi l’hanno trovata svenuto in bagno. Dev’essere caduto, o scivolato…”
E di colpo, come se nel cervello di Roy fosse avvenuta una
deflagrazione nucleare, una serie di immagini scomposte e frammenti di dialogo
si assommarono, si sormontarono, si completarono.
Ed lo vide sussultare, come se
fosse stato schiaffeggiato. “Si sente bene? Devo chiamare un dottore?”
“N-no…” rifiutò, strofinandosi gli
occhi con l’unica mano libera. “Devo ricordare se...”
“Sta ricordando?!” domandò Fullmetal, speranzoso.
E l’altro preferì mentire. “No. Nulla.”
“Con la commozione cerebrale è frequente. Però dopo andrà
tutto a posto, l’ha detto anche il medico che l’ha visitata.”
Ma Roy si era perso quelle rassicurazioni, troppo intento a
ripescare i pezzi di quel puzzle scombinato. Riviveva il momento in cui s’era
portato dietro il secchiello del ghiaccio e la bottiglia di whisky, poi s’era
messo in ammollo, e aveva bevuto. Parecchio. E poi?
Poi Tora era entrato in bagno e...
“Le avevo telefonato per chiederle di posticipare il rientro
di un paio di giorni e lei non rispondeva…” Stava raccontando Ed, allarmato. “Le
avrò telefonato 20 volte, finché Tora non ha
risposto…”
... e
quel bastardo di un gatto non lo aveva fatto infuriare, con le sue malefiche
insinuazioni...
“Ha parlato anche a te?!” gridò,
registrando l’ultima frase di Acciaio.
“Sì, certo. Come no?” scherzò il biondo, con un sorrisetto strafottente.
“Ma hai appena detto che…”
“Ha continuato a miagolare
nella cornetta.”
“Ma ha risposto!!”
“Non si agiti, non le fa bene…” gli consigliò, per
stemperare l’ansia crescente del suo superiore.
Roy si lasciò ricadere sul cuscino, palesemente scontento e
nervoso.
“Sì, che ha risposto; se sa aprire le porte delle camere, aggrappandosi
alle maniglie, perché vuole che non riesca a spostare con le zampe una
cornetta? Non è mica sordo, sa che il rumore viene da lì. L’avrà infastidito lo
squillare continuo.”
“E...?”
“E allora ho pensato che qualcosa non andava…
il venerdì, lei è sempre a casa!”
‘Perché ci sto con te.’ Avrebbe voluto
ribattere. Vi rinunciò.
“Quindi ho chiamato in Caserma, e ho mandato Falman e Fury a controllare.
L’hanno trovata svenuto nel bagno. Adesso ha un leggero
trauma cranico. La terranno sotto controllo e poi la dimetteranno.” Ripeté, come se la botta l’avesse reso anche scemo. Sbuffò.
“E’ mai possibile che, se io la lascio solo due giorni, lei debba combinare
sempre qualcosa?!” lo sgridò, dando fondo al suo stato
apprensivo. “A volte, mi domando come sia sopravvissuto finora in quella casa
da solo!”
“E’ tutta colpa di quel sacco di pulci!” masticò tra i
denti.
“Al contrario!” lo smentì. “Tora
le ha salvato la vita! Dovrebbe essergli grato…”
“Ma al telefono… sì, beh… ti ha parlato?” richiese,
titubante, riprendendo la questione che gli stava veramente a cuore.
“Sì.” Rispose sicuro Ed, pensando che scherzasse. “Una lunga
chiacchierata su quanto lei fosse un Taisa stupido e
irresponsabile!”
L’Alchimista di Fuoco sussultò, colpito e affondato.
Edo perse baldanza. “Scherzavo, sa? Come può anche solo
immaginare che un gatto sia capace di parlare la nostra lingua? Non è che il
colpo alla testa è stato più forte del previsto ed è impazzito del tutto?”
sbottò, incurante dell’irrispettosità di tale
affermazione.
“Ho bisogno di sapere com’era messo il bagno, nel momento in
cui mi hanno trovato. Lo chiederò ai ragazzi.”
“Uhm… ma a che le serve?! Comunque
sarà difficile, ha fatto un tale casino! Fury mi ha
detto che c’era acqua dappertutto, un secchiello vuoto rovesciato a terra, una
bottiglia in frantumi; gli ultimi cocci li ho raccolti io, qualche ora fa,
quando sono andato a dare da mangiare a Tora.”
“C’era anche una confezione di shampoo o una saponetta?”
l’interrogò, come se fosse di vitale importanza saperlo.
“Certo.” Annuì. “Di solito, nei bagni ci sono.” Ironizzò Ed. “Servono a lavarsi, sa?”
“Acciaio! Non scherzare! Io ho bisogno di sapere!”
“Perché? Cosa cambierebbe? Lei era ubriaco, ed è caduto. Punto
e stop.” Tagliò corto, con un vago tono di rimprovero nella voce.
Roy non se la sentì d’insistere ulteriormente. Avrebbe
indagato a modo suo, appena gli si fosse presentata l’occasione giusta, anche
se era certo che, più avrebbe atteso, meno risposte
avrebbe ottenuto. Questo gli fece ricordare un’altra cosa.
“Da quant’è che sono qui? Per
quanto ho dormito?”
“E’ successo solo ieri sera. Quindi… direi da meno di 12
ore.”
“E tu… come fai ad essere qui?”
“In che senso?”
“Il treno da Resembool non parte
mai prima di mezzogiorno…”
“Sì, beh…” temporeggiò, imbarazzato. “Mi sono spaventato
parecchio e, nella fretta di tornare, ho tirato fuori l’orologio d’argento e ho
requisito un treno merci in partenza…” si grattò la nuca, guardando altrove con
immenso interesse. “Non volevano passeggeri, quindi ci ho litigato un po’ e alla
fine ho vinto io... Ma è tutta colpa di Breda, che mi ha angosciato descrivendola mezzo moribondo.
Altrimenti, col cavolo che tornavo…”
Eppure Roy non riuscì a non sorridere, felice. Lo nascose
con una smorfia provocata dalla spalla contusa.
“Pensi di ripartire?” domandò, cercando di impostare un tono
volutamente neutrale. Benché desiderasse esattamente il contrario.
Lo voleva con sé, vicino
a sé. Tutto per sé. ‘Fanculo
se era un pensiero egoista.
“No. Ovviamente, no. Ho già parlato
con Al - anche lui era preoccupato, sa? -, e abbiamo
concordato che lui rimarrà qualche giorno, io resterò qui. Chi si occuperebbe
di Tora, altrimenti?
E anche lei, con tutto quel catafalco attaccato al busto…
dovrà rimanersene a letto. Ma non creda di bighellonare, non è mica una
vacanza! L’ha detto anche lei che siamo pieni di lavoro in questo periodo! Le
porterò quintali di pratiche da leggere e firmare…”
Mustang fece un’espressione comicamente sconvolta.
“Io ho perso la memoria, non so chi sono… come pretendi che sappiacapire le
carte che leggo?” piagnucolò, in tono teatrale.
“Non ci provi. Non attacca! Lei nonle leggemai, le carte! Tocca sempre al Tenente Hawkeye
smistarle al posto suo! Non cambierà poi molto… faccia così con la manina…” aprì e chiuse di scatto l’auto-mail per un
paio di volte. Roy lo imitò, seppur riluttante.
“Perfetto, la mano destra è più che funzionante!” gioì,
prendendolo in giro, in un ghignetto che sapeva di
vendetta.
“Ho l’impressione che mi starai
col fiato sul collo…” gemette il Colonnello, compatendosi da solo.
“Naturalmente! Così impara ad interrompere le mie meritate ferie con i suoi giochetti acrobatici.” Si diresse alla volta dell’attaccapanni, infilandosi il
familiare cappotto rosso. “Verrò a prenderla domani pomeriggio, quando la
dimetteranno. Cerchi di non suicidarsi cadendo dal letto, stanotte. La prego.” Ironizzò, congedandosi.
… Al Colonnello, non rimase che meditare.
Il giorno dopo…
Mustang attraversò l’uscio della sua abitazione, cercando di
non sbattere contro il legno né la spalla infortunata né il gomito bloccato dal
tutore. Si rivelò un’impresa titanica.
Edward attese pazientemente che il
suo superiore si togliesse i mocassini con una pedata
maldestra, poi appoggiò il borsone e li ripose diligentemente nella scarpiera,
cercando un paio di pantofole per sé e per il padrone di casa. Non fece neppure
in tempo a suggerirgli di accomodarsi sul divano, che l’altro – in una mossa
fulminea tra sofà e tappeto – aveva urtato accidentalmente il vaso di fiori che
stava sul tavolino basso davanti ai suoi piedi.
Fortunatamente il contenitore non si era rotto, ma l’acqua
si era sparsa ovunque. Roy imprecò tra sé, a mezza voce.
Ed sbuffò, rassegnato, offrendosi
di ripulire il guaio, a patto che stesse più attento e non si distruggesse
l’appartamento prima dell’ora di cena.
Fu in quel mentre, che il loro micio tigrato fece il suo
ingresso, salutandoli con un festoso miagolio di bentornato. Corse poi a
strusciarsi sulle caviglie di Edo.
“Ti darò da mangiare tra poco, porta pazienza. Prima sistemo
questo disastro. Non vedi che confusione ha fatto, quel pasticcione distratto del
Taisa?” Gli spiegò, grattandogli amorevolmente il
pelo dietro le orecchie.
Mustang avrebbe giurato che Acciaio si divertisse un mondo,
a prenderlo in giro e a offenderlo indirettamente in quel modo. “Ti rendo noto
che sono qui presente, e che le mie orecchie funzionano a dovere, Fullmetal.” Precisò, per puro puntiglio
personale. Però lo sapeva bene…
Edward non sarebbe mai stato meno insolente di
così.
“Avanti, Tora, vai a salutare il
Colonnello…” consigliò al felino, raccogliendolo da terra e portandolo
direttamente verso l’Alchimista di Fuoco.
“NO! Non se ne parla neppure!” ululò questi, agitandosi.
“Taisa! Ma che le prende?” si stupì Elric,
arrestandosi a pochi passi da lui. “Lei si ricorda di Tora,
vero?” l’interrogò, a metà strada fra il sarcastico e il preoccupato.
“E chi se lo scorda!” guaì il moro, rifiutando l’animale che
l’altro gli porgeva.
“Ma si può sapere che le succede?!”
domandò, spazientito. “Gli antidolorifici le danno alla testa?”
“Ed! Tora parla! Ne sono convinto
e devo verificarlo!” spiegò, concitato.
“Oh, sì. Certo!” Ironizzò. “Ha sempre parlato… Tutti i gatti
parlano. Vero, Tora?”
“Meeoooww…”
“Ecco!, visto?”
Roy fece un’espressione frustrata.
Non ne aveva le prove, non ancora. Ma era quasi sicuro di non
aver sognato tutto, e di non essere impazzito. Sì, avrebbe cercato di capire. Ne andava della sua sanità mentale, in fondo!
“Ora io appoggio qui il gatto. Vede?” scandì con lentezza
e lo indicò, come se la bestiola fosse una cosa delicata e lui fosse idiota.
“Poi, andrò a
prendere uno straccio nello sgabuzzino. Non
deve toccarlo per forza, ok?”
“Non sono rimbambito, sai?” sibilò, offeso.
“Tanto meglio.” Si risolvette Ed, alzando le spalle come a
liquidare il tutto. “Ah!, questo mi fa ricordare un’altra
cosa. Ho chiesto alla truppa, stamattina, riguardo a saponette e shampoo, - quella
domanda strana che mi ha fatto lei. Ma nessuno ricorda niente. Potevano
esserci, oppure no. C’era troppo disordine e hanno
ripulito in fretta. Pensavano di farle un piacere. Quindi non li stressi.” E si avviò.
Ma nel momento stesso in cui Acciaio
scomparve in corridoio, il micio si appressò a lui, accoccolandosi ai suoi
piedi.
Dannato sacco di
pulci!
“Stammi alla larga, brutto bastardo.
Io scoprirò la verità!” Lo minacciò, in un sussurro udibile solo fra loro.
Tora scosse la testa.
“Mi-hi-hi-hi-aooo…”
Edo fece il suo ritorno in quel mentre, interrompendoli, e
si chinò ad asciugare e a ripulire.
“Hai sentito?!” gridò il
Colonnello, infervorandosi e additando il gatto. “Ha riso! Si sta prendendo
gioco di me!”
“Cos’è che avrebbe fatto?!” domandò,
stupito. “Stava tossendo. Anche l’altro giorno lo faceva…”
“NO! Non ti sembra che abbia riso di me?!”
Edward scosse la testa, con
rassegnata ironia. “Lei è paranoico, lo sa?”
Roy dovette ingoiare ciò che sapeva. Come avrebbe reagito Mame-chan, credendolo pazzo?
Sospirò. “Lasciamo perdere.”
Ma gli sarebbe sempre
rimasto il dubbio che...
Fine
Disclaimers: I personaggi citati
in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna
forma di lucro, da parte mia.
Note varie:il titolo,
anzitutto. Cane da riporto è
quel genere di cane utilizzato nell’arte
venatoria (altresì detta caccia), perché addestrato a riportare la preda uccisa
al padrone. Mi piaceva giocare sul titolo, perché l’incidente del bagno ha riportatoEd da
Roy, ma nello stesso tempo Ed è un cane
da riporto, perché torna sempre dal suo padrone *__*
Ecco un’altra volta il nostro Taisa
preferito all’ospedale ^____^ (Dio, quanto mi diverte!) però, benché anche
questo sia un post-sbronza, non ha molto a che spartire con il precedente
post-sbornia (cap. 16 ‘Mai
svegliare il can che dorme!’ à ricordate il pugno di Ed? XD).
Ho cercato piuttosto di costruire un parallelo con un’altra
situazione, quella del cap. 41 ‘Le ferite di guerra di
un cane dell’esercito’(Il mitico Tronchetto della Felicità XD del Taisa, su cui Tora si era rifatto
le unghiette).
Allora… alzi la
mano chi crede che Tora abbia parlato per davvero! ^__=
E gli altri pensano che sia tutto un delirio del Taisa?
Mi spiace, dovrete tenervi il
dubbio, come Roy. XD
Il catafalco, in cui hanno
imbrigliato il Colonnello, è il tutore per chi ha una spalla slogata. Per farla
rimanere in sede, il braccio rimane sollevato a 90°
rispetto al fianco, con una struttura rigida.
Mio zio l’ha provato. Giura che è
scomodissimo, continuava a sbattere ovunque.
Precisazioni al
capitolo precedente: No, Roy e Edo non stavano insieme. Altrimenti credo
che Roy avrebbe utilizzato altre rimostranze, per convincerlo a rimanere, non
la scusa del ‘tanto lavoro in ufficio’.
Mi è piaciuto tantissimo il parallelo di Tora
con lo Stregatto di ‘Alice nel Paese delle Meraviglie’! ^___^
X Beat: avete deciso il nome del nuovo micio? *__*
X Secchan: mi hai chiesto info sui caratteri delle pagine, e ti ho mandato una mail attraverso il ‘contatta autori’
di EFP. Ti è mai giunta? Ricontattami: elyxyz@alice.it
Vengo al commento di RedRobin:
Sinceramente non capisco se la recensione è fatta per farsi
due risate, come critica costruttiva o che altro. Una cosa così piena di
errori… mi è venuto il dubbio che fosse uno scherzo.
La prendo in buona fede, e mi sembra giusto chiarire un paio
di cosette.
Per prima cosa, non mi sono offesa assolutamente per ciò che
hai scritto. Se le pensi veramente,
sono felice che tu me le abbia dette. Anche se non capisco perché tu legga ficyaoi, se poi non ti piacciono
le fic a tematica omosex. Qui non è questione di pair, ma di relazioni gay.
E’ un po’ come se io odiassi il calcio e poi mi guardassi le partite,
criticando un branco di idioti che corrono dietro ad un pallone. Mah.
‘Ultimamente la gente non ha tempo’è una scusa
vecchia come mio nonno. E’ statisticamente impossibile che tutti i lettori
stiano facendo la maturità. Il calo si vede dai primi di aprile. Erano tutti in
febbrile studio?
Il mio ultimo cap
55 è stato aperto (e credo letto) 200
volte in 6 ore dalla sua
pubblicazione. Quindi c’erano 200 anime su EFP, che
anziché studiare leggevano la fic. Bene. Cosa costa
un minuto in più per recensire? Chi non
ha tempo, non ha tempo
neppure di leggere.
Ho visto il primo commento dopo la
50ª apertura. E gli altri?
Il calo di recensioni diffuso, si
chiama pigrizia diffusa.
Il tempo, se si vuole, lo si trova. Prima o poi.
Forse quella strana sono io, non so. Non riesco a capire.
Io non leggo ficinconcluse. Non sopporto di attendere mesi per leggere una
conclusione (che forse neppure vedrò, perché molti abbandonano le loro storie).
Quindi attendo che finisca, e poi la leggo e
recensisco. Ma commento sistematicamente tutte quelle che leggo. Mi
sembra il minino dare un parere, un consiglio,
un’opinione sul lavoro di chi ci ha messo fatica e tempo.
Hai detto ‘ultimamente fai cilecca’. Grazie della
sincerità. Però vorrei capire dove e come.
Subito dopo affermi che sono i
primi capitoli ad essere incasinati. (Cioè quelli
postati un anno fa?)
Ma se hai appena detto che sono
gli ultimi, quelli con i problemi!
Mi sembra tu abbia le idee un po’
confuse…
Sul fatto che mescolo momenti in
cui Roy e Edo sono amanti, ad altri in cui non stanno neppure insieme, hai
ragione.
Ma ho detto decine di volte che
questa fic è una raccolta, NON una long-fic. E sinceramente credo che uno dei suoi punti di
forza sia proprio questo continuo salto temporale tra presente e passato, in
cui il lettore conosce nuovi particolari e li unisce ai vecchi, scoperti nel
tempo.
Ci tengo anche a ricordare che ho
sempre specificato (riportando numero del cap e
titolo) quando un capitolo era direttamente legato o collegato ad un altro.
Sarebbe impossibile e impensabile
riordinarli cronologicamente adesso.
Oppure dovrei smettere di
aggiornare per un anno, scrivere i restanti 50 capitoli mancanti, e poi
postarli in ordine. Ma non so quanta gente sarebbe d’accordo.
Non so come aiutarti, come rimetterli
in ordine.
Ci sono capitoli che segnano dei
punti fissi, come:
‘La gatta sul tetto che scotta’ (cap 4), perché da lì in poi Ed va da Roy anche per
studiare, non solo per Tora.
‘Kiss the rain’ (cap 12), la loro
dichiarazione.
‘Gatto nero, gatto bianco’ (cap 25): la loro prima volta.
‘Stelle a quattro zampe’ (cap 46): la promozione di Roy a Generale di Divisione e di
Edo a Colonnello.
A breve, ne arriveranno
altri, che segneranno nuovi traguardi.
Una cronologia è impossibile,
perché gli eventi di certi cap entrerebbero in
contrasto tra di loro.
Ma molti si possono inserire a
piacimento del lettore, e mi sembra che sarebbe una forzatura obbligarvi a
pensarla come me.
Se vuoi togliere la fic dai preferiti, perché ti senti deluso/a (scusa, non so
come definirti, visto che ti piace giocare su questa ambiguità)
sei libero/a di farlo. Non sei il primo che l’ha fatto, e non sarai l’ultimo.
L’ultima cosa che mi preme da dire
è che, se certi episodi si ripetono (tipo la sbronza nella vasca), non è per
mancanza di idee, ma perché mi piaceva creare dei richiami. Offrirvi la
possibilità di fare dei confronti, su ciò che è cambiato e ciò che è rimasto
tra Ed e Roy.
Concludendo, ti invito
a rileggere un commento prima di postarlo. Il regolamento prevede che non siano
zeppi di errori. E’ un indice di poco rispetto per chi lo leggerà.
E ora la mia domanda
è: chi non commenta, la pensa come RedRobin? E’ scontento di come va la fic,
ma non vuole dirlo?
In quel caso vi pregherei di farvi sentire, a maggior
ragione. Grazie.
Un’ultima nota da festeggiare (almeno per me).
Stamattina ho raggiunto la 100ª preferenza come autrice^____^
Ne sono davvero onorata. ^/////^
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consigli e critiche.
Mustang s’abbottonò l’ultimo passante della camicia, uscendo dalla sua
camera da letto
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Per ulteriori spiegazioni, vi rimando alla conclusione della fic, dopo la lettura.
A chi ha recensito i precedenti
capitoli della raccolta.
E a quanti commenteranno.
Ai vecchi e ai nuovi lettori.
Grazie.
Caninifelini
byelyxyz
Mustang depose con
cura la divisa per l’indomani, e s’abbottonò l’ultimo passante della camicia,
uscendo dalla sua camera da letto. Sentiva le chiacchiere divertite di Acciaio
fin da lì, insieme alle lotte giocose che si consumavano in salotto.
Percorse lentamente
il corridoio; appoggiatosi pigramente contro lo stipite, osservò Edward e Tora azzuffarsi
vivacemente sul divano. Forse era il gatto ad avere la meglio, perché sembrava godersela
un mondo a mordere e a graffiare l’auto-mail di Fullmetal
che, dal canto suo, stava più che volentieri al gioco.
Era piacevole,
dopotutto, guardare quei due cuccioli bisticciare in quel
modo. Stiracchiò le labbra in un sorriso pigro, dal retrogusto amaro.
Se avesse palesato
la propria presenza, il giovane Elric avrebbe smesso
all’istante di comportarsi in modo così naturale e infantile e si sarebbe
imposto un comportamento più consono ma più ostile, davanti a lui. Un po’ si
sentiva pure in colpa… se lo avesse punzecchiato di meno, forse Edward si sarebbe sentito più a suo agio, anche in casa sua. Ma per adesso andava bene anche così, intanto c’era Tora a ravvivare l’atmosfera e Acciaio si lasciava andare. Col
tempo, forse le cose sarebbero migliorate…
“Tora!, smettila di rifarti le unghie! Winry
mi ucciderà!” lo stava sgridando, in tono divertito, e quindi a vuoto. Ma il
gattino non sembrava essere dello stesso avviso, perché con la piccola bocca
rosicchiava l’indice di metallo del suo padrone biondo, mentre con le zampine
lo teneva stretto.
“Ti farai ma-” l’avvertimento cadde a vuoto, perché d’improvviso
Fullmetal si era bloccato, congelando il gioco.
Allontanò il micio da sé, afferrandolo per la collottola.
“TAISA!” gridò,
allarmato. “Taisa, venga!”
Roy si staccò dalla
parete, fingendo di essere comparso lì in quel preciso istante.
“Che succede?”
Edo teneva il dito
meccanico alzato verso il soffitto, e con l’altra mano cercava di sedare il
felino, che non aveva compreso che il gioco era finito.
“AHI!” difatti lo
aveva morso, ignorando il fatto che la mancina rosa non fosse resistente quanto
l’altra. “Tora, stai fermo!” lo sgridò, stavolta
arrabbiato per davvero.
“E’… è un dente?”
domandò, rivolgendo l’attenzione su Roy.
In una congiuntura
tra le falangi artificiali spuntava una scaglietta
appuntita color avorio.
“L’impressione è
quella…” confermò il Colonnello, prendendo tra le mani quella di Ed. Osservò più da vicino. Poi sfilò l’oggetto estraneo, e
se lo portò davanti al naso. “Sì, senza dubbio. E’ un dentino da latte. Un
canino, forse.”
“Gli ho strappato un
dente!” si colpevolizzò, preoccupato.
“Si è tolto un dente.” Lo corresse
Mustang, ridimensionando l’accaduto.
Fissarono entrambi
il micio che si trastullava con il suo cuscino preferito sul divano, incurante
di essere l’oggetto delle loro riflessioni.
“Non mi sembra sofferente.” Annotò il FlameAlchemist, più per
tranquillizzare Edo che per reale necessità.
“Ma ha appena perso
un dente!” protestò il biondo, come se la cosa dovesse sconvolgere tutti i
presenti.
“Ogni bambino perde
i denti…” chiosò saggiamente. “E…”
“Toranon è un bambino!”
“A volte, ho il
dubbio che lo sia, da come lo tratti!” pettegolò il Colonnello, “Comunque
dicevo – prima che mi interrompessi – che non è mica doloroso… è un normale processo biologico, per sostituirli con
quelli permanenti…”
“Questo lo so
anch’io! Ma i gatti perdono normalmente
i denti?!”
Mustang fece
spallucce. “E che ne so?”
“Lei non mi sta
aiutando, sa?” lo ammonì Elric, scrutando pensieroso
la piccola zanna, che il suo superiore gli aveva passato, mentre si dirigeva
verso la libreria.
“Forse quel libro
sui cuccioli può dirci qualcosa di più…” gli disse,
cercando il tomo in questione.
Persino Edward non ebbe nulla da ridire. In fondo, era la migliore
idea a disposizione.
Attese con una certa
impazienza che l’uomo tornasse vicino a lui, per sapere se aveva fatto un guaio
tremendo oppure no.
“I gattini nascono
sdentati, i primi dentini spuntano intorno alle tre settimane…”
“Tagli corto. Questo
già lo sappiamo.” Lo sollecitò Ed, riepilogando mentalmente tutte le cose che
il cucciolo aveva distrutto perché le
gengive gli prudevano.
Anche le mani del Taisaprudevano, in quel periodo, ma per
altre ragioni. E, in fondo, un po’ poteva persino capirlo.
Poi però… non era
colpa di nessuno, se gli oggetti personali del Colonnello erano più allettanti
dei giochini che gli avevano comprato per questo
scopo.
Mustang riprese. “I
denti definitivi rimangono all’interno delle ossa mascellari e mandibolari, le
loro corone si completano verso le undici settimane di vita, e successivamente
sono spinte attraverso la gengiva.
Dopo il terzo mese,
i dentini decidui vengono via via sostituiti con
quelli permanenti, nel seguente ordine: incisivi, canini, premolari e molari.” Elencò. “Uhm… interessante.”
“C’è dell’altro?”
“Lasciami
controllare…” prese tempo. “Qui dice che le date sono
indicative, e che possono variare da gatto a gatto.”
“Qualcos’altro di
importante?”
“Sì, che spesso il
padrone non si accorge dell’inizio della muta, perché le zanne sono molto
piccole e si perdono in giro per casa e talvolta l’animale stesso le ingoia per
sbaglio.”
“Ma sta scherzando?!” sbottò Elric, scettico. “E’
una stronzata, di sicuro.”
“Ti sembra che in un
libro del genere scrivano boiate?” replicò piccato.
“Potrebbe soffocare!
Potrebbe andargli di traverso! Potrebbe conficcarglisi
in gola!” enumerò, e avrebbe continuato nell’elenco delle disgrazie, se il
Colonnello non l’avesse fermato.
“Acciaio, smettila! Magari
questo non è neppure il primo,” indicò l’oggetto incriminato
posato sul tavolino davanti a loro “E di sicuro non è l’ultimo! Probabilmente
stava in bilico, e tu gli hai dato il colpo di grazia!”
“Questo non mi fa
stare meglio…” fece una smorfia. “Dobbiamo
verificare.” Deliberò seriamente.
“Ce
lo giochiamo a morra?”
“Ovviamente no. Lei mi darà una mano.” Rettificò Edo, acciuffando
l’ignara preda.
Roy sbuffò,
domandandosi se con quel gatto niente potesse andare
liscio, per una volta.
“Tu sei troppo apprensivo,”
gli notificò, senza tuttavia disubbidirgli. Si sedette sul divano al suo
fianco, attendendo che il micio si calmasse. D’altra parete, ritrovarsi a
pancia all’aria, con quattro occhi puntati contro il muso, non doveva essere
alquanto piacevole. Un po’ gli faceva pena. Ma
solo un po’.
“Là, in fondo a destra…
lo vede?”
“Vedere cosa? Con la tua zazzera davanti, non
scorgo nulla.”
Ed si scostò quel tanto da permettergli una
sbirciata, poi puntualizzò. “Sembra lì lì per
cadere.”
“Prima dovremmo
accertarci se stia dondolando o meno.” Suggerì giudiziosamente.
“Prego. A te l’onore.” Lo invitò, con quel sorrisetto
strafottente con cui, solitamente, accompagnava l’ordine per una missione
scomoda, a cui l’Alchimista d’Acciaio non avrebbe potuto sottrarsi.
Edward allungò un dito malvolentieri, saggiando la
resistenza della piccola zanna, mentre Roy teneva fermo Tora,
che si era spazientito - e un tantino risentito - per quest’esame invasivo e
fuori programma.
“Sì, è in equilibrio
precario.” Deliberò, ritraendosi. “Qualcuno
deve estrarlo.”
“Qualcosa mi dice che quel qualcuno non vuoi essere tu.” Appuntò Mustang, a mezza strada tra il seccato e il
divertito.
Il ragazzo aprì la
bocca per protestare o negare, o…
“Va bene, lo faccio
io.” Tagliò corto il padrone di casa, andando ad infilare un guanto in lattice
di quelli che usava per le pulizie delle zone sporche.
“E’ la bocca del
nostro gatto, non una fogna.” Annotò Edo, risentito.
“Mi serve che faccia attrito e non scivoli via. La superficie è picco-”
“Chi sarebbe così
minuscolo da fare a gara con un’ameba unicellulare sottosviluppata?!” inveì, partendo per la tangente.
Al Taisa non rimase che ascoltare la sequela dei suoi
sproloqui.
“Il dente, Fullmetal. Non tu.”
Precisò alla fine, giusto per sfizio.
Ed raggiunse un delizioso colorito aragosta. “Ah,
beh… ehm…” Temporeggiò. “Ma che aspetta?! Si muova! Ogni
secondo è sempre più pericoloso!”
“Ma quanto sei
tragico!”
“Non è vero! E’ che
mi preoccupo, io.”
“Vuoi farlo tu? Mh?” offrì gentilmente, fingendo di passargli il guanto.
“No, grazie. Una volta, ne ho tolto uno ad Al… è stato un dramma…” ricordò, rabbrividendo.
“Un’esperienza che non amerei ripetere…”
“Tu pensa che una
volta, al Tenente Colonnello Hughes, un dente era rimasto incastrato nel panino, a scuola, mentre facevamo
merenda… perché capitava che si usasse il pane secco, del giorno prima, e gli è
stato fatale.” Rise. “Ma questo mi fa
ripensare che per colpa mia ne ha persi due
contemporaneamente!”
“Che diamine gli ha
fatto?!” s’interessò, accantonando qualche istante il
problema del micio.
“Bah… eravamo in
prima, forse in seconda elementare… mi ricordo che eravamo seduti in fondo
all’aula, io e lui, e ci siamo messi a litigare, adesso non saprei dirti perché
o per cosa… forse dipendeva dal fatto che lui teneva in alto qualcosa e io non
riuscivo ad acchiapparla…”
“Quindi anche lei
era… uhm…” tentò di scegliere le parole con cura, ma non vi riuscì.
“… moderatamente
poco alto. Sì.” Gli venne incontro l’uomo, sorridendo. “Ma col tempo imparerai
che - fidati - le misure vere contano
altrove.”
Ammiccò lascivo.
“Pervertito di un Taisa!” inveì Fullmetal,
arrossendo d’imbarazzo e d’indignazione.
“Era per parlare,
che ti scaldi? Comunque, ritornando a quel giorno
lontano… non ricordo dov’ero arrivato… fatto sta che,
nella foga, gli ho infilato una mano in bocca.”
“Ma che schifo!”
“Non dirlo a me…”
frignò l’altro. “E Maes è corso in bagno
sputacchiando sangue e il dente gli penzolava dal labbro. Faceva un po’
impressione, a dirla tutta...”
“E poi?”
“E poi la signorina Foxtail, la nostra maestra, gli andò dietro e finì il lavoro sporco.”
“E poi?”
“E poi è tornata in
classe e mi ha fatto una ramanzina infinita, sbraitando qualcosa del tipo: ‘Persino un dente gli hai fatto perdere!’ E così io l’ho
corretta…”
“Non avrà osato…”
“Sì, beh… ho
raccolto anche l’altro incisivo e le ho fatto notare che i denti persi erano
due, non uno.”
“E com’è finita?”
s’interessò il biondo, immaginando una punizione esemplare ai danni del suo
superiore.
“Di solito, la
nostra insegnante era sempre buona e pacata, e poi aveva un debole per me…”
“Come metà delle
donne ad Amestris.” L’interruppe, acido.
“Sì, insomma… tre
quarti, per l’esattezza.” Lo corresse,
ghignando mezzo colpevole. “Però quella volta s’era incavolata di brutto… e mi
ha messo in castigo per una settimana.”
“Mi sembra giusto.”
Concordò. “Una cosa equa.”
“Però i denti, a Maes, sono ricresciuti!” si difese, piccato.
“Forse è il caso che
lo estragga io, da Tora. Con
lei non si sa mai…” scherzò.
Solo in quel mentre
s’accorsero che il micio non era più di fianco a loro. Probabilmente s’era
rintanato sotto alla credenza, per precauzione.
Per ora, era salvo.
Avrebbero avuto il
loro bel daffare, a stanarlo da lì.
Fine
Disclaimers: I personaggi citati
in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna
forma di lucro, da parte mia.
Note varie:il titolo ovviamente
ha già avuto le sue spiegazioni. Il colore richiama il color grigio avorio dei
dentini.
Siamo all’inizio della storia,
diciamo che sono passati 3-4 mesi.
Questo è un capdi passaggio, senza particolari pretese. Però Flà mi ha giustamente fatto notare che è un passo
importante nella vita felina di Tora. Povero
cucciolo! XD
Mi sono accorta che, dopo Roy, è
lui la mia vittima sacrificale preferita. Lo capirete più avanti.
Le informazioni tecniche sui denti
dei gatti sono prese da siti web specializzati sull’argomento.
Le esperienze scolastiche di Roy
sono scene reali di vita vissuta.
Ho scelto di non scrivere come
finirà con questo dentino, perché ci sarà un rimando in uno dei cap futuri.
Precisazioni al
capitolo precedente: grazie per gli auguri (persino cantati, wow!), io e Tora abbiamo apprezzato molto.
X beat: no, Tora non si offende
mica. ^^
X Fightclub: non mi è chiaro. Hai
recensito seduta sulla tazza del water? O_O
WOW! Trai tanti meriti di questa fic,
da oggi posso dire che It’sraining
favorisce anche la regolarità intestinale! XD
X RedRobin:
ho letto la tua mail e no, non me la sono presa. (ci mancherebbe ^^’’)
Grazie dei chiarimenti. Ora direi che la questione è
risolta. Pietra sopra.
(Però, davvero, la prossima volta
rileggi prima di inviare!!)
X Setsuka: grazie del tuo
incoraggiamento. Hai ragione: i commenti sono importanti.
Il discorso che ho
fatto, nei precedenti capitoli, non è per arraffare recensioni per It’s.
Serviva ad
incentivare i lettori a commentare di più in generale. A beneficio di ogni writer di EFP, non solo della sottoscritta. Spero fosse chiaro! ^^’’
Ringrazio quanti hanno condiviso con me la gioia del secondo
posto al Contest sul Peccato, indetto sul Forum di EFP, e hanno commentato la
mia nuova fic ironica sul fandom
di Twilight‘Ars Garrula (La Pettegola del
Villaggio)’. L’ho postata ieri. Se vi va di darci un’occhiata e
lasciarmi un parere, ne sarei felice.
E un grazie particolare a Faust, sempre
gentilissimo. ^^
La scuola è finita ieri. Ma un grande ‘In bocca al lupo!’ a
chi deve fare la Maturità!
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(Chiunque voglia aderire
al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio crede) Come sempre, sono graditi commenti,
consigli e critiche.
Tanto va la gatta al lardo… che ci lascia lo zampino
Il seguente scritto contiene
impliciti riferimenti yaoi.
Per ulteriori spiegazioni, vi rimando alla conclusione della fic, dopo la lettura.
A chi ha recensito i precedenti
capitoli della raccolta.
E a quanti commenteranno.
Ai vecchi e ai nuovi lettori.
Grazie.
Tanto va la
gatta al lardo...
byelyxyz
Ed bussò con insistenza alla porta del Colonnello, per
l’ennesima volta.
Era quasi certo di aver scorto, dalla strada, le luci accese
dell’appartamento. Oppure se le era
sognate? La stanchezza poteva giocargli strani scherzi… ma no, non così
tanto…
E poi Mustang aveva detto alla truppa che era esausto, dopo
una giornata particolarmente intensa di scartoffie e riunioni spinose, e che sarebbe
rincasato presto, quella sera.
Controllò l’ora per scrupolo. Che fosse già andato a letto?
Picchiò un’ultima volta, visto che neppure il campanello
aveva prodotto l’effetto sperato.
Quando ormai si era già voltato, incamminandosi verso le
scale, la figura dell’Alchimista di Fuoco fece capolino dalla porta socchiusa.
Indossava semplicemente un accappatoio allacciato alla meno
peggio, e appariva palesemente arrossato e sudato.
“Acciaio!” esclamò, stupito e turbato.
“Taisa… ma si sente bene?” gli
chiese il ragazzo, avvicinandosi a lui.
“Stavo…” deglutì. “…stavo facendo il bagno.”
“Ah, infatti mi pareva di aver
visto le luci… ma lei non apriva…”
“N-no, no! Davvero, non ti
preoccupare. E’ tutto ok.”
“Ma quello… lì, sul collo… si è fatto male? Sembra un livido recente…”
Roy coprì speditamente con una mano il segno del succhiotto.
“Che diavolo ci fai qui?” L’interrogò, d’improvviso brusco. Per la prima volta.
Sì, di solito era sempre così gentile con lui! Insopportabile, ma gentile!
“Ma sta solo invecchiando… o è innamorato?” lo prese in
giro, ignorando in parte il tono spazientito del suo superiore.
L’uomo non ebbe tempo
di replicare.
“Ho detto ad Havoc che le
riferisse che venivo stasera per la consegna del latte!”
“Ma non è mercoledì…” obiettò, come se i conti non gli
tornassero, grattandosi dietro la nuca, pensieroso.
“Ma lei è scontento che io sia tornato
oggi dalla mia missione, anziché domani? Cioè… mi faccia capire… io sono
stato più efficiente del previsto, e lei si lamenta? Guardi
che era una missione che lei mi ha
affidato!” Precisò, scotendo la testa con fare compassato.
“No, è che non-” si sentì pienamente in colpa. Piccolo, bastardo, traditore di ideali.
“Sono passato in ufficio oggi pomeriggio, dopo un viaggio di cinque ore, ma lei se
n’era già andato.
Il Sottotenente mi aveva assicurato che…”
le borse tintinnarono.
“Vedi, non è il momen-”
La porta dietro a lui s’aprì un poco, forse a causa di una
corrente d’aria. Una romantica musica d’atmosfera invase anche il pianerottolo.
“E lei fa il bagno ascoltando questo genere?” Ironizzò Elric.
“Mi… mi serve per sciogliere la tensione!,”
replicò Mustang, acre. “E’ stato un giorno pesante.” Borbottò, raschiando il
fondo della sua stima. Che Ed avesse
mangiato la foglia?
Rammentò la scenata che aveva fatto quella volta in cui
aveva trovato quel paio di slip sotto al divano; e, pur essendo ateo, pregò
ogni divinità - conosciuta e non - che Fullmetal non
partisse per un’altra delle sue piazzate da mercato rionale, perché di sicuro Ashley
sarebbe uscita a controllare che cavolo stava succedendo, e allora sì che
sarebbero stati cazzi amari per lui. Leguminosi, rognosi
cazzi amari.
“Comunque, se le do fastidio, tolgo il disturbo.” Ribadì
Edward, cercando di nascondere la delusione.
L’unica volta in cui era venuto davvero volentieri a casa del Taisa,
l’altro non lo voleva.
Peccato.
Gli sarebbe piaciuto informarlo delle recenti scoperte che
aveva fatto, collaterali alla sua missione. Aveva scovato un eremita che lo
aveva reso partecipe delle sue conoscenze… e di solito al Colonnello interessavano
molto i suoi studi; in infinite occasioni, gli aveva offerto aiuti e pareri.
“Acciaio, senti…” esordì l’uomo.
“Le porto dentro almeno queste?” propose il biondo,
sollevando le sporte traboccanti.
“Te la sei fatta a piedi con tutto quel peso?” domandò Roy, odiandosi
con tutto se stesso.
“Macché,” si schernì. “Solo
l’ultimo isolato. Il negozio all’angolo è chiuso per ferie, ma mi sono
ricordato che Tora stava finendo anche la sabbietta oltre che i croccantini, e dove sono entrato erano
in offerta, quindi ne ho approfittato.”
Mustang deglutì a vuoto. Si sentiva un verme. Eppure non
poteva farlo entrare. Sarebbe stato sicuramente peggio, per Edward, addentrarsi
in casa e cogliere sul fatto la sua amante seminuda, che probabilmente gli
stava imprecando contro dalla camera da letto.
No, davvero. Era fuori discussione.
Lo avrebbe deluso. Di sicuro.
Ed era l’ultima cosa che voleva.
“Lascia stare,” declinò. “Posso
anche arrangiarmi; dalle a me.” Allungò le mani
affinché l’altro gli passasse le buste. Quando le ricevette, percepì un
ciabattare in avvicinamento nel corridoio. Ashley
stava per arrivare. Maledizione! Ashley.
Stava. Per. Arrivare.
Ed colse un moto di stizza e rifletté. Perché Mustang era
così… nervoso… sulle spine?
Era strano. Di solito il Taisa lo
accoglieva bene. Certo, col suo solito tono che gli faceva saltare i nervi con
qualche battutina idiota, ma non era mai stato così scostante.
“Ma è davvero sicuro che sia tutto ok?”
Il tono preoccupato di Edo-kun gli
strinse lo stomaco. Perché davvero -
davvero - aveva da sempre bramato in modo viscerale una possibile, seppur
minima, premura da parte sua; e adesso che questa
arrivava, lui doveva gettarla alle ortiche e grazie tante. Si sarebbe dato
fuoco da solo, come forma di espiazione.
“Sto benissimo, Maggiore Elric.”
Lo freddò. E si odiò. “Ci vediamo domattina in ufficio.” E chiuse la porta tra
loro. Appena Ed se ne fosse andato, avrebbe mandato via anche Ashley, e poi
avrebbe avuto tutta la sera a sua disposizione, per darsi dell’emerito idiota.
Fine
Disclaimers: I personaggi citati
in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi
diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.
Note varie:il titolo è
la prima parte di un noto proverbio. Nel prossimo aggiornamento, la seconda parte
e le dovute spiegazioni.
Venendo al capitolo…
So cosa state pensando: che Roy è un imbecille integrale e
Edward un tontolotto ingenuo.
Sì, avete ragione ^___^
Ma il Taisa è umano, e ha le sue
debolezze; e Edo-kun a volte è un’anima candida, lui.
XD
Dalle premesse fatte parecchio tempo fa, il mio Edward ha
serie difficoltà relazionali, perché ne è completamente a digiuno, e quindi si
lascia bellamente sfuggire tutti i messaggi che passano sotto al suo naso. Questo
discorso vale anche per il prossimo capitolo.
E poi era tutto preso dalle news che aveva raccolto, poverello. Ç__ç Se fosse
stata una serata normale, magari s’accorgeva che... no. Decisamente no. Ha i
prosciutti sugli occhi! XD
Il riferimento agli slip e alla
sfuriata di Edo si trova nel cap 21
‘Lische di pesce e scheletri nell’armadio’ e nel suo seguito: cap 23 ‘Litigi fra cuccioli (Far cagnara)’.
Precisazioni al
capitolo precedente: sì, mi sono concessa un’autocitazione indiretta XD.
Io credo che Ed si sia agitato così… non tanto per il fatto
in sé, ma perché temeva di esser stato lui la causa del guaio, e forse del
dolore di Tora. Lo sappiamo bene che Edward - mi prendo
le colpe del mondo - Elric tende un tantino a sentirsi
responsabile per tutto, in questa saga ne abbiamo avuto le prove diverse volte…
Ho cercato di accontentarti MyPride, visto? XD Ma forse non ti aspettavi un cap così. ^^’’ scusa, ma era in scaletta… >////<
X Beat: avevo già pensato ad una cosa così, ma ho preso
appunto sul tuo suggerimento.
X Betta 90: è bellissimo! *___*
davvero un micetto da coccolare. Beata te! (Io non
potrò mai tenere un gatto, mia madre li odia ç__ç)
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aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio crede) Come sempre, sono graditi commenti,
consigli e critiche.
Il seguente scritto contiene lievi riferimenti yaoi
Il seguente scritto contiene lievi riferimenti
yaoi.
Per ulteriori spiegazioni, vi rimando alla conclusione della fic, dopo la lettura.
A chi ha recensito i precedenti
capitoli della raccolta.
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Ai vecchi e ai nuovi lettori.
Grazie.
...che ci lascia lo zampino!
byelyxyz
Roy stava finendo di cambiarsi, quando il campanello trillò.
Si sorprese, perché a quell’ora di solito lui era ancora in
ufficio, e Edward - che invece rincasava sempre prima di lui - doveva sbrigare
delle faccende e non sarebbe rientrato prima di un’ora buona.
La prima cosa che notò di lei era quell’impermeabile
striminzito che era assolutamente inappropriato per quella stagione, lei
tremava appena, forse per il freddo.
“Edward non tornerà prima di un’ora.”
“Allora ripasserò.” E fece per voltarsi.
“Winry?” la richiamò.
La ragazza si girò verso di lui.
“Entra, dai.”
Forse erano gli occhi lucidi che l’avevano avvisato di un
certo non so che, o forse perché sembrava meno battagliera del solito.
“Stavo facendo il the, ne vuoi?” le chiese, invitandola ad
accomodarsi sul divano. Lei si limitò ad annuire. E a Roy non rimase altro che
avviarsi in cucina, con una sporta di dubbi al fianco.
La comunicazione che aveva appena avuto con lei rasentava i
minimi storici, da che la conosceva. Generalmente, loro due si scambiavano amichevolmente pungenti frecciatine e
malcelato astio, retaggio di anni e anni e radicate
abitudini, difficili da estirpare.
Con buona pace della sua contrarietà, da quando miss Rockbell si era messa con il fratello del suo uomo, era
diventato inevitabile incontrarsi molto più spesso di quanto non accadesse
prima.
Tutto questo perché, qualche mese prima, dopo infinite
ricerche, Al aveva riacquisito il proprio corpo quasi per caso, con un aiuto
insperato da parte di Scar, che era divenuto
inconsapevolmente la Pietra Filosofale.
E dopo un necessario periodo di assestamento, Alphonse e Winry avevano
rispettivamente realizzato che l’amicizia di vecchia
data che coltivavano, da tempo immemore, si era evoluta in qualcos’altro, più passionale e meno amichevole. E Al si era trasferito da lei, a Rush, con la
benedizione del suo Nii-san, ma soprattutto della sua.
Roy aveva sempre nutrito un grande affetto per il minore
degli Elric, ma quando l’aveva saputo, per poco non
era corso ad abbracciarlo per la gioia di essersi tolto dai piedi quella manesca minaccia bionda. La stessa
manesca minaccia bionda che adesso se ne stava lì, sul suo sofà, come l’ombra
di se stessa.
“Sei sicura di stare bene?” le domandò cortesemente,
porgendole il the fumante e sedendosi accanto a lei, sotterrando antichi
rancori.
La vide sussultare, chinare il capo e sospirare.
“Aspetto… aspetto un bimbo.”
Sussurrò, stringendo la tazza tra le mani. “Non so come dirlo
ad Al.
Col padre che hanno avuto…”
Gli ci volle qualche istante, per assorbire il colpo, ma
tutto sommato reagì con prontezza.
“Al ti capirà, vedrai.”
La rassicurò, con un’espressione incoraggiante. Ma non ottenne l’effetto
sperato, perché in quello stesso istante lei scoppiò in singhiozzi. “Ho bisogno
di parlarne con Edo.”
Edward rientrò proprio in quel momento, trovandola in
lacrime.
“Roy!! Che cazzo le hai fatto?!” inveì dalla soglia, raggiungendoli senza neppure
togliersi il cappotto.
“N-no, Ed. Lui non… non c’entra.”
Lo difese lei, incespicando tra i singulti.
“Il piccolo Alphonse ha inzuppato
il biscotto, e ora c’è una cicogna in viaggio…” s’intromise il moro, riassumendo
il concetto con un tono che, nella sua idea originaria, sarebbe servito a
sdrammatizzare la situazione. Ma, guardando il compagno, ebbe sinceramente
paura che gli occhi di Ed schizzassero fuori dalle orbite.
“No-non… non può… non può essere…” balbettò questi, sedendosi di botto sul divano.
Winry arrossì ancor di più,
chinando il capo.
“Mio fratello lo sa?”
“No.” Pigolò, tormentando l’orlo del fazzoletto. “Non so
come la prenderebbe…”
“E come vuoi che la prenda,Win?!”
“Ed! Non capisci!” reagì, ritornando la Winry
dei vecchi tempi. “Alphonse è ritornato umano da
poco, ci siamo appena messi insieme, e adesso… adesso questo bimbo in arrivo…”
“Io sacrificherei anche l’altro braccio, se potessi ottenere
un figlio con Roy.” Disse, scrutandola serio.
Lei sussultò, come se fosse stata schiaffeggiata.
“NO! Non fraintendere, Ed!” esclamò, concitata “Io lo
voglio, questo bimbo, è solo… solo che è arrivato troppo presto. Noi pensavamo
di prenderci più tempo, Al deve ancora riscoprire tante cose, potevamo
viaggiare in lungo e largo per Amestris, e ora…”
“Di padri che viaggiano fin troppo, ne abbiamo già piene le
tasche, noi Elric.”
La giovane donna annuì. “Ho pensato anche questo, in treno.
Il viaggio da Rush Valley fino a qui non è mai stato così lungo. Noi due, non
avevamo ancora parlato di figli. Li avremmo voluti, sì. Un giorno.”
“Ma ‘questo giorno’ è diventato adesso. E non puoi mettere un freno alla vita, soprattutto se sta
già crescendo dentro di te.”
Le venne istintivo portarsi entrambe le mani al ventre,
quasi a proteggerlo.
“Win, calmati...
Sinceramente, mi stupisce non poco questo tuo enorme timore. Forse gli
ormoni ti stanno già dando alla testa, ma la Winry che conosco io
avrebbe preso il toro per le corna! Quindi… non ti resta che fare dietro-front
e parlare sinceramente con quell’idiota di mio fratello, che ha troppa voglia
di sperimentare le cose che si è perso in questi anni. E vedrai che Al capirà,
altrimenti puoi sempre convincerlo a suon di chiavi inglesi, no?!” scherzò, facendole l’occhiolino.
La vide sorridere tra le lacrime. Le porse un fazzoletto
nuovo, perché quello che stringeva tra le mani era zuppo. “Vuoi che ti
accompagni da lui?” si offrì, con premura.
“No, grazie.” Declinò. “Ma mi ha fatto bene discuterne con
te.” Ammise. E poi scrutò l’orologio che portava sull’esile polso. “Ti offrirei
un check-up veloce per sdebitarmi, ma se mi sbrigo riesco a prendere l’ultimo
treno in partenza e tornare entro mezzanotte.”
“Sicura che non vuoi dormire qui, fino a domani?” le concesse
ospitalità. Ma lei rifiutò nuovamente, con l’atavica caparbietà che la
contraddistingueva.
Se ne andò, visibilmente più serena.
Le rassicurazioni di Edo l’avevano tranquillizzata.
Edward chiuse la porta alle sue spalle, e si posò contro di
essa.
“A te non è mai capitato?”
“Cosa?”
“Ti ho chiesto” scandì “se
nessuna delle tue donne è mai tornata da te, per convincerti che aspettava
un figlio tuo.”
Mustang sussultò. “No! Certo che no!” sbraitò, concitato.
“E se fosse successo?”
“Ed!, ma che domande fai?!” si
arrabbiò, infastidito.
“E se succedesse?!” insistette,
puntando uno sguardo duro su quegli occhi neri, incredibilmente dilatati, forse
feriti dalle implicazioni di quella domanda.
“Non succederà!” urlò, con fin troppa convinzione.
“Tu non puoi saperlo, Roy.” Disse, lapidario. “I primi tempi
in cui stavo con te… non te l’ho mai detto, ma lo temevo. Sì, lo ammetto. Avevo
il terrore che una di quelle con cui eri stato venisse a distruggere la nostra
felicità, ma non è accaduto.”
“E mai accadrà!!” ruggì Mustang,
fronteggiandolo.
“Non esserne certo, Roy. Non puoi sapere cosa ci riserva il
destino. Magari, un bel giorno, suoneranno alla porta e mi troverò davanti una
ragazza con un bimbetto per mano, e mi chiederà di te. Di scelte fatte col senno
di poi, son pieni i fossi.”
“Ed, ma io…”
“Che faresti, tu? Se… se capitasse, che faresti?!”
gli chiese, con un punta di panico nella voce. “Lasceresti me, per stare con
lei? Diventeresti un padre per tuo figlio?”
“IO NON TI LASCEREI MAI!”
“E che colpe avrebbe, lui, per vivere senza un padre?” con
espressione triste, distolse lo sguardo.
Mustang annullò le distanze tra loro, afferrandolo per le
spalle. “Smettila di dire stronzate, ok? Non è successo e non succederà,
dannazione!”
Gli occhi dorati erano quasi un’accusa di tradimento.
“Sentimi bene!” ringhiò, stringendo fin quasi a fargli male.
“Il futuro, non lo conosco io, come non lo puoi sapere tu; e il passato è
passato, non posso tornare indietro e cambiare la mia vita, ok? Però sono
certo, certo che non ti abbandonerò
mai, Ed. MAI!” ansimò, riprendendo il fiato speso nella foga. “E… e se mai
succedesse quello che tu temi… se accadrà, lo affronteremo insieme. Mi aiuterai
a scegliere il da farsi… cosa sarà meglio per noi, per quest’immaginario bimbo,
per sua madre… e non so che altro dire… spero che ti basti.”
L’auto-mail si aggrappò forte al tessuto sul suo torace,
mentre la testa bionda sprofondava contro il suo petto.
Roy gli passò un braccio attorno alle spalle,
scompigliandogli i capelli.
“La storia di Al e Winry ti ha
sconvolto più di quello che dai a vedere, eh?” tirò ad indovinare, riacquisendo
un tono gioviale, comprensivo ma leggero.
Lo sentì annuire addosso alla sua camicia. E gli bastò.
Chinò anche lui il capo, accoccolato contro Edward.
“L’ho odiata.” Sussurrò, intimidito e vergognoso. “Ho odiato
Winry.”
“Eh?”
Edo sollevò di scatto la fronte, cozzando contro il suo
mento, appariva sinceramente sorpreso. Il moro sorrise impacciato, quasi a
disagio, rifacendosi serio.
“Dal primo momento che l’ho vista, dal quel lontano giorno a
Resembool, dentro a casa Rockbell.
E non esagero.
Dal suo sguardo spaventato e diffidente, si capiva lontano
un miglio che non sopportava il mio arrivo, che biasimava anche solo la mia
presenza, figurarsi la proposta che ti feci. Sono certo che ti abbia dissuaso
dall’accettare la mia offerta, forse temeva di perdere sia te
che Al, non lo so…”
“Ma era solo una bambina!” la difese.
“In questi anni, non ha mai cambiato il suo modo di
guardarmi.” Disse, come un dato di fatto.
Edward non tentò neppure di controbattere.
“La cosa ironica è che la pensavamo esattamente allo stesso
modo.”
“In che senso?”
“Ero convinto che lei ti avrebbe persuaso a ritornare a Resembool, prima o poi. Temevo tu cominciassi a ricambiare
i suoi sentimenti nei tuoi confronti…”
“Ma di che sentimenti parli?”
Il Flame sgranò gli occhi,
sconcertato. “Non mi dire… non puoi non aver capito che lei ti ha amato per
anni!!”
“Win-chan?! Ma ti ha dato di volta
il cervello?!”
“Edward…”
“Io e quella manesca bertuccia abbiamo condiviso persino i
pannolini! Come puoi anche solo-” una folgorazione lo colse e lo zittì. “Mi
amava?” ripeté, stordito.
“Ah-ha.”
“Miseria ladra! Mi amava!” imprecò, scotendo il capo come se
potesse togliersi di dosso una cosa sgradevole.
Roy gli diede una lieve sberla in testa. “Sei davvero un
idiota, se non ti sei mai accorto prima del suo interesse!”
“No, che non me ne sono accorto,” borbottò,
risentito. “Altrimenti…”
“Perché… se te ne fossi reso conto… avresti forse ricambiato?!” insinuò, assottigliando lo sguardo in un’espressione che
non prometteva nulla di buono.
“Certo che no! Avrei chiarito con lei, e magari si sarebbe messa
con Al molto prima!; è un secolo che quel testone è
cotto di lei!”
L’uomo sospirò. “Ero geloso del rapporto che hai con lei.
Della manutenzione. Delle telefonate che le facevi… ti conosce da sempre…”
“Sei solo un idiota, Roy Mustang!” lo sgridò, sorridendo
teneramente, e si allungò a baciarlo.
Fine
Disclaimers: I personaggi citati
in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi
diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.
Note varie:il titolo è
la conclusione di un noto proverbio. Il quale indica che, quando si
rischia troppe volte, prima o poi va a finire male.
Qui va inteso in senso doppiamente lato: nello scorso cap, il fatto che Roy frequentasse le sue donne
assiduamente, lo metteva nel rischio di farsi scoprire da Ed. E in questo è
arrivato un evento inaspettato, ovviamente non credo che l’arrivo di un bimbo
sia visto come una ‘punizione’, ci mancherebbe!
Però come un ‘imprevisto’ sì. Una cosa che cambierà le
loro vite.
Ho scelto di non fare tanti
discorsi sulla riappropriazione del corpo di Al, perché si uscirebbe troppo dal
seminato di questa raccolta, che è incentrata su Roy e Edo.
Pur con tempi e un finale molto diversi,
possiamo rifarci all’idea dell’anime.
E così sappiamo che Al ha riottenuto pienamente il suo corpo
ed è ben funzionante. XD
Come anche annunciato tempo fa, Winry
avrà un ruolo importante in questa raccolta. Poche apparizioni, ma ben
piazzate.
Sono particolarmente legata a questo cap,
perché Roy mette a nudo le sue emozioni, e l’odio per Win
viene finalmente motivato, con onestà.
Spero che il cap vi sia piaciuto.
Volevo giocare sull’effetto sorpresa; perché, da qui in avanti, la fic comincia anche un nuovo corso.
Precisazioni al
capitolo precedente: come immaginavo, la maggior
parte di voi ha biasimato Roy.
Io ho un debole per lui, si sa, quindi non posso essere obiettiva.
Però alcuni lettori la pensano come me. In fondo lui sta facendo del male solo
a se stesso, ed è incastrato in un sentimento scomodo, che – dal suo punto di
vista – non porterà mai a nulla. Per fortuna che si è sbagliato! ^___^
Unico appunto: non è così strano scambiare un succhiotto per
un lieve ematoma. Soprattutto se visto a distanza. Ho verificato. XD
Sono anche interessanti i vostri ‘Whatif…?’ di questo cap. Effettivamente, se Edward fosse
entrato dentro e avesse visto la tizia di Roy… non so… forse le cose sarebbero andate diversamente tra loro… chi può
dirlo? ^^
Mi è stata richiesta una collocazione cronologica: il cap è situato mooolto prima
dell’inizio della loro relazione. Prima del bacio, prima della dichiarazione.
Un modo sicuro per saperlo è che Edward gli dà del ‘lei’ prima; mentre passa al ‘tu’ la sera stessa in cui Roy
si dichiara.
Ringrazio quanti hanno condiviso con me la gioia della
vittoria al Contest su Twilight, indetto sul Forum di
EFP, e hanno commentato la mia nuova fic:‘Don’t Forget (Per
essere un uomo migliore)’.
Se vi va di darci un’occhiata e lasciarmi un parere, ne
sarei molto felice.
Campagna di Promozione
Sociale - Messaggio No Profit:
Dona l’8‰ del tuo tempo alla causa
pro recensioni.
Farai felice
milioni di scrittori.
(Chiunque voglia
aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio crede) Come sempre, sono graditi commenti,
consigli e critiche.
Il seguente scritto contiene lievi riferimenti yaoi
Il seguente scritto contiene lievi riferimenti
yaoi.
All’inizio di questo capitolo, c’è un breve richiamo
tematico al cap precedente (59) e a quello prima (58).
A metà, invece, c’è un bel richiamo ad un’altra mia storia. Leggendo, credo capirete.
Per ulteriori spiegazioni, vi rimando alla conclusione della fic, dopo la lettura.
A chi ha recensito i precedenti
capitoli della raccolta.
E a quanti commenteranno.
Ai vecchi e ai nuovi lettori.
Grazie.
Essere cane vuol
dire fedelta’
byelyxyz
Roy smise di strimpellare, quando il campanello suonò.
Edward uscì dalla cucina in assetto da guerra, brandendo il
mestolo con fare minaccioso.
“Se è un’altra delle tue troiette,
giuro che la prendo a mestolate!” minacciò, mentre l’altro sghignazzava.
Che Edo fosse geloso delle ex fiamme del suo uomo era cosa
risaputa, e - anche a distanza di tempo - quando suonavano alla porta a
quell’ora di sera o senza un preavviso, era impossibile per lui trattenere un
moto d’insofferenza misto a pensieri pericolosi
e dolorosi per la malcapitata di
turno.
Mentre ancora meditava se colpire o meno
con l’arnese da cucina l’ospite inatteso, fece scattare il chiavistello.
“Ehilà, Ed! Hai
intenzione di bastonarmi?” lo salutò la voce gioviale di Hughes, additando
scherzosamente l’arma impropria.
“Ma… Maes-san… ma che ci fa-?” domandò,
alquanto stupito. Non era passata neanche una settimana da che si erano sentiti, lui e Roy. “E’ tutto ok?”
L’altro annuì, con quel sorrisone un po’ maniaco che
sprizzava buonumore.
“Sì, sono qui di sfuggita, volevo farvi una sorpresa!” spiegò.
“E poi ho qui delle nuove foto di Elycia, e non ho
resistito! Dovevate apprezzarle
con me!”
“Potevi mandarcele per posta, vecchia canaglia!” lo sgridò
bonariamente Mustang, dal salotto. “Mame-chan,
lascialo sulla porta, mi raccomando!” scherzò, posando la chitarra sul tappeto
per raggiungerli. Si affacciò all’uscio. “Qual buon vento, vecchio
mio!” lo accolse, decidendosi alfine di farlo accomodare.
“Gli hai insegnato tu ad accogliere gli ospiti sguainando
armi grezze?” ironizzò Maes, dandogli una pacca sulla
spalla.
“E’ per difendere il mio onore da vecchie ripercussioni.” Motivò, sibillino,
mentre Edo arrossiva d’imbarazzo e vergogna.
“Va-vado a riordinare la cucina.”
Li informò, svanendo.
“Dici che si è offeso?”
“Macché! Sa che tu sei un idiota!” lo
prese in giro, guidandolo verso il sofà. “Hai già cenato?”
“Sì, un boccone al volo.”
“Noi abbiamo appena finito, ma se vuoi…”
“No, grazie.” Declinò, con gentile fermezza. “Mi spiace di
essere piombato qui così.” Si scusò.
“Ma da quando ti fai scrupoli con me?” ridacchiò Mustang.
“Eh, già.” Concordò, grattandosi il naso dietro la
montatura.
“Adesso abbandoniamo i convenevoli, mh?”
propose Roy, andando a scovare una bottiglia e due bicchieri da degustazione. “Non
che le tue improvvisate non siano beneaccette, ma non mi sembrava che a Central ci fossero in programma scampagnate verso East City…”
lasciò cadere lì, versandogli una dose generosa di liquore.
Maes ne assaporò un sorso,
prendendosi il tempo di rispondere. Poi si arrese.
“Non sapevo se riuscivo a venire.
Sono qui in incognito, in realtà. In missione sotto copertura.” Ammise,
sperando che l’altro non gli chiedesse di più.
C’erano cose che quei due riuscivano a dirsi con un semplice
sguardo, che valeva più di mille scuse e parole.
Ma solo se quel cocciuto di Roy Mustang decideva di desistere.
“Cioè… fammi capire: una visita di cortesia al tuo miglior
amico è un pretesto? Rientra come un diversivo?”
“Ah, ehm…” temporeggiò. “Sì.” Confessò.
“Maes! Potrei offendermi!” lo sgridò il moro, simulando un cinico
risentimento, a cui l’altro rispose con un’espressione contrariata e muto
silenzio.
“Avanti, Mae-chan…” lo sollecitò,
col nomignolo da bambini.
Hughes scosse la testa, sbuffando.
“Mae-kun?
Dovevo chiamarti così?” scherzò. “Allora ci riprovo:
Avanti, Mae-kun… ti prego!”
“’Confidential’ ti dice niente?”
sbottò il militare, stavolta facendosi serio.
“Ok. Allora non insisto.”
Desistette. “Anche se, in nome della
nostra vecchia, vecchia amicizia, potresti confidarmi
i particolari sordidi della cosa… perché, qua in periferia, non ne sapevamo
nulla…” gettò l’amo, con noncuranza.
“Aspetta, non mi è chiaro: me lo stai chiedendo perché siamo
spiritualmente fratelli, o perché resti un mio superiore in grado?” tenne a
precisare.
“Mah.” Fece spallucce. “Quello che può dissuaderti meglio a
vuotare il sacco!” scherzò. “Oppure i Servizi Segreti Investigativi ti hanno
cucito la bocca?”
“Roy…”
“Ok, ok.” Sollevò le mani in alto, rischiando di rovesciare
il proprio liquore. “Mi arrendo.” Fu in quel mentre che, riaccomodandosi, andò
a sfiorare col piede la chitarra più in basso.
“Oh, la cara vecchia Betsy!” la
riconobbe Maes, allungandosi per prenderla. “E’ lei,
vero?” chiese, certo della risposta e felice di cambiare argomento. “Potrei chiederti il rimborso per danno esistenziale. Hai reso la mia adolescenza un inferno, con quel catorcio!” lo
ammonì, in tono semiserio.
Mustang fece un’espressione fintamente contrita.
“Non ero poi così male…” si difese.
“Quanti ricordi…” soffiò,
nostalgico, scrutando con attenzione un vecchio graffio sulla cassa.
“Eh, già.”
“Quante ragazze ti sei
rimorchiato, suonandola! Una diversa, ogni sera.”
“Ehi! Parla
piano!” bisbigliò, concitato. “Edward è di là, ed è suscettibile su certe
cose!”
“Questo mi fa ripensare ad
un’altra cosa…” borbottò Hughes, pensieroso. “Una volta, tu mi hai detto che
sarei stato autorizzato a picchiarti, nel caso in cui…”
“Nel caso in cui…?” lo sollecitò.
“Avessi messo la testa apposto.”
“Ah, sì?”
“Sì, certo. Me lo sono appuntato
per benino. A beneficio dei posteri.”
“Io non me lo ricordo…” negò.
“Secondo me è una balla…”
“Eh, no! Posso dirti esattamente
quando e dove è successo!”
“E poi mi picchierai?” ci tenne a
precisare Roy, scostandosi impercettibilmente.
“Nah. Ormai non c’è
più gusto! Credo che Edo-kun ti
abbia messo in riga a sufficienza, e poi ha quel grazioso mestolo, con cui
accoglie gli ospiti, e può sempre tornargli utile!” rise.
“Ti prego! Non suggerirgli idee
strane! E’ già manesco di suo… e hai una vaga idea di quanto male faccia un
auto-mail?”
“Di preciso, no. E non ci tengo a scoprirlo.”
“Ecco, bravo. Tieniti
il dubbio.”
“Quale dubbio?” s’intromise Ed,
uscendo dalla cucina con un vassoio e un dolce che stava profumando piacevolmente
la stanza.
“Nulla, amore. Niente di interessante.” Tagliò corto Mustang, ammiccando
all’amico.
“Sì, Edo, niente di che.” Concordò
il compare, dandogli man forte, per poi tradirlo: “Stavo solo ricordando al tuo
adorato lavativo che, anni fa, mi ha autorizzato a malmenarlo e non l’ho ancora
fatto.”
“Ma sono passati degli anni…”
obiettò ragionevolmente Acciaio.
“Sì, ma era un
cosa a larga scadenza.” Si giustificò.
“Beh, allora… Ti serve una mano, Maes-san?” si offrì, scherzando, e sollevando l’arto d’acciaio
stretto a pugno. “Quando vuoi!”
Entrambi videro l’Alchimista di
Fuoco impallidire, guadagnando nuove distanze da loro.
“Abbiamo fatto fuggire il grande
Eroe di Ishbar!” lo dileggiò, mentre Hughes annuiva,
sorridendo.
“Se non ci fossi tu, annegherebbe
ancora nel vizio più dissoluto.”
“Oh, sì. Senza
dubbio.”
“Ehi, ragazzi!” li interruppe. “Io
ho già dato. Ok?”
“E’ il suo modo per dirci che vuol
cambiare argomento.”
“Sì, ma a te sta bene?” s’informò
Hughes, ammiccandogli complice.
“Tu che ne dici, Maes-san?” Edward stette al gioco improvvisato, che
escludeva Roy come se non fosse stato presente nella stanza.
“Bene! D’accordo. Fate finta che io non ci sia, e accordatevi su
una punizione esemplare, mi raccomando. Io intanto mangerò la mia fetta di
dolce.” Li avvisò, con sussiego e calcolato distacco.
“Ed, dici che si è offeso?”
“Chi, Roy? Ma no! Quando torna, glielo
chiedo.”
“Ma quanto siete simpatici!” li apostrofò il Flame, “Potreste finirla con questo teatrino di dubbio
gusto?”
“Dici che possiamo?”
“Sì, possiamo.”
“Forse preferiva un pestaggio…”
“Forse sì.”
“Ehi!!” protestò nuovamente il
moro.
“Ah, Roy! Da
quanto sei qui?” domandò ingenuamente Maes, fingendo
di scorgerlo solo in quel momento.
“Oh, non da tanto, pezzo d’asino! Solo dal punto in cui
decido di bruciacchiare il mio migliore amico e il mio compagno, niente di che…”
“Oh, suvvia, amore!” intercedette Edward. “Dolcetto? L’ho
appena sfornato. Vuoi anche un po’ di the?”
“Mame-chan, smettila di
sviolinare…”
“Vuoi dirmi che non ti va di assaggiare la mia torta?”
insinuò, mettendo su un delizioso broncetto, e
allontanando il piattino che gli stava porgendo.
Mustang sospirò, arrendendosi.
“Ok. Avete vinto. Voglio la torta e con te farò i conti più
tardi, Fagiolino.” Preannunciò. “E con te, Maes, la prima volta che mi capita. Quindi
sta’ in campana!”
“Sai che paura!” si difese, replicando e addentando un pezzo
di fetta. “Edo-kun, è semplicemente deliziosa! Quasi
quanto quelle della mia Glacier, ma tu capirai che sono di parte…”
“Grazie, Maes-san. Hai delle foto nuove da mostrarci?”
“Oh, sicuro! Prima che Roy mi
distraesse, le stavo tirando fuori.” Estrasse dai
pantaloni larghi un raccoglitore tascabile straripante immagini.
“Elycia, Elycia, Elycia. Glacier con Elycia, Elycia,
ancora Elycia…” s’infervorò, con paterno orgoglio.
“Sono sei foto della stessa posizione.” Appuntò Roy, ad un
bel mentre.
“No, amico mio. Qui sta sorridendo
con otto denti esposti in bella mostra, qui solo con sei.”Precisò, pignolo.
“E’ proprio bella!” intercedette Edward, scongiurando un
possibile dibattito.
“Questa è nuovissima.” Indicò la figlia, la moglie e se
stesso, affettuosamente abbracciati. “Ne scatto sempre una, prima
di partire per una missione.” Confessò.
“La mia figlioccia cresce a vista d’occhio!” annotò Roy, “Tra
un po’ comincerà a farti impazzire, coi fidanzatini…” insinuò, sapendo di
toccare un tasto dolente.
“No! Questo non accadrà mai!” tuonò,
infatti. “Nessun giovinastro può permettersi di sfiorare la mia bimba…”
“E’ la vita, Maes.
Non puoi farci nulla. Rassegnati.” Gli consigliò, con una punta di
sadica malignità.
“Tu sì che sai come consolarmi,
bislacco fiammifero!”
“Che cosa ti aspettavi, eh,
Quattrocchi?”
“Ohi! Non penserete di menarvi, voi due! Non voglio sangue sul
tappeto!” intervenne Ed, mediando il bisticcio.
“Potrei sempre frantumargli Betsy
su quella testa vuota che si ritrova…” meditò Maes, annuendo
in direzione dello strumento.
“No, Maes-san. Betsy
mi piace e non si tocca.” Lo contraddisse il biondo. “Però vale ancora la
proposta di prima…” scrocchiò le nocche, con significatività.
“Traditore!” inveì Roy, sentendosi raggirato.
“Uhm… ci penserò.” Hughes risfoderò
il sorriso gioviale. “Anzi, sai che ti dico, Roy?”
“Mh?”
“Mi suoneresti quella
canzone?”
“Quale canzone?” fece finta di non capire.
“Andiamo, Roy! Quel tuo delirio di onnipotenza autocelebrativo, che all’Accademia ci propinavi ad ogni ora!”
“Ah, quello?”
“Sì, quello.”
“Ma no! Sennò poi Mame-chan
penserà che io mi montavo la testa…”
“La tua testa era come un palloncino aerostatico, e lo è
anche adesso. Perciò lo sa già!”
“Che sei un megalomane. Gradasso.
Sbruffone… sì, beh… Tutti lo sanno.” Concordò.
“Se vi alleate per offendermi, potrei anche andarmene, per
farvi accordare meglio…” sbottò, stizzito, il Flame.
“Ci manca solo la palla di pelo a strisce, e poi siamo al gran completo.”
“Vero!” condivise l’ospite. “Dov’è il vostro amato
primogenito?” chiese. “Di solito è sempre in cerca di coccole…”
“A prendersi il fresco sul tetto. O
a fare la corte a Minù, non so.” Mustang liquidò la
faccenda con un’alzata di spalle.
“Io non te ne prendo più di mici, intesi?” chiarì l’amico.
“Sto pensando di fare un mutuo, per sfamare tutti quelli che mi hai rifilato.”
“Non preoccuparti,Maes-san.” Lo tranquillizzò Edward, “Sei stato fin troppo
gentile.”
“Eh, come facevo a dire di no al faccino di Elycia?” sospirò, dolcemente rassegnato. Poi cambiò tono,
rifacendosi risoluto. “Ora però voglio riascoltare quella dannata canzone,
Mustang, tira fuori la voce!” si chinò a riprendere la chitarra e gliela passò.
“Ma… non ricordo le parole, non so dove sono gli accordi…”
temporeggiò.
“Dai, Roy…” lo incitò Elric.
“Smettila di tirartela!” lo sgridò Hughes. “E accontentaci!”
“Ok, d’accordo.” Capitolò. Diede il via ad un giro
armonico e prese un bel respiro.
“I've paid my dues
Time after time
I've done my sentence
But committed no crime
And bad mistakes
I've made a few
I've had my share of sand
Kicked in my face
But I've come through
We are the champions - my friends
And we'll keep on fighting
Till the end
We are the champions
We are the champions
No time for losers
'Cause we are the champions of the world
I've taken my bows
And my curtain calls
You've bought me fame and fortune
And everything that goes with it
I thank you all
But it's been no bed of roses
No pleasure cruise
I consider it a challenge before
The whole human race
And I ain'tgonna lose
We are the champions - my friends
And we'll keep on fighting
Till the end
We are the champions
We are the champions
No time for losers
'Cause we are the champions of the world…”
“WOW! Questa
non me l’avevi mai cantata!” annotò Edo, affascinato dal ritmo coinvolgente e
dalla voce del suo uomo.
E questi sorrise, un po’
impacciato. “Andrebbero riviste un bel po’ di cose, su questo testo…”
“Resta sempre bella, però.”
Confermò Maes. “E non tutto è cambiato.”
Il sorriso malinconico di Roy
s’allargò un po’ di più.
“Ho saldato il mio
debito,
giorno per giorno.
Ho scontato la mia pena,
ma non ho commesso alcun crimine.
E di grossi sbagli
ne ho commessi pochi.
Ho avuto la mia manciata di sabbia
tirata in faccia.
Ma ce l'ho fatta.
Noi siamo i campioni, amici miei,
e continueremo a combattere,
fino alla fine.
Siamo i campioni.
Siamo i campioni.
Non c'è tempo per i perdenti,
perché siamo i campioni del mondo.
Sono stato molto applaudito
e mi avete chiamato più volte alla ribalta.
Mi avete portato fama e fortuna,
con tutto quanto ne consegue.
Vi ringrazio tutti.
Ma non è stato tutto rose e fiori.
Non è stato un viaggio di piacere.
La considero una sfida di fronte
all'intera razza umana e non la perderò.
Ho bisogno di andare avanti, e avanti, e avanti. Siamo i campioni - amici
miei
e continueremo a combattere,
fino alla fine.
Siamo i campioni.
Siamo i campioni.
Non c'è tempo per i perdenti,
perché siamo i campioni del mondo.”
“Alla fine, davvero,
questa canzone è ancora valida.” Confermò Ed, sedendoglisi
vicino. “Tu lotti ancora per ciò in cui credi, paghi ogni giorno per i tuoi
errori, la sabbia dell’Est è come quella di Ishbar, ma
non ti arrendi mai. E arriverai a rendere Amestris un
posto migliore. Quindi sei il nostro campione, no?” gli
strinse una mano con la sua. “Ed io, Maes, Riza e gli altri ti aiuteremo…”
“Certo, amico! Non ti avevo forse promesso questo?” rincarò. “Ieri Colonnello,
oggi Generale, e domani Comandante Supremo!”
“Non è tutto così
semplice, Maes…”
“E chi dice il
contrario?!Ma il mondo è dei pazzi
e dei sognatori, e tu sei l’uno e anche l’altro…” rise.
“Ma, se mi
appoggiate, lo siete anche voi!” appuntò, con una certa linearità di logica.
“Giusto. Siamo pazzi…” confermò
Hughes.
“… E sognatori.”
Concluse Acciaio.
“Però, se riusciremo
a costruirci un futuro migliore, saremo con te i campioni del mondo.”
Fine
Disclaimers: I personaggi e la
canzone citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma
di lucro, da parte mia.
In particolare:
‘We Are The Champions’ è degli intramontabili Queen. Una magnifica canzone, ideale
per i nostri eroi.
Note varie:il titolo è
uno dei tanti ‘detti popolari’ regionali.
Il cane simboleggia comunemente il
suo ‘essere fedele’, il suo spirito di abnegazione.
Roy lo
simboleggia in tre modi: essendo un Cane dell’Esercito, avendo votato la
propria fedeltà a Edward e rimanendo fedele al suo sogno fino alla fine: quello
di rendere Amestris un luogo migliore, dove le
tragedie come Ishbar non debbano più accadere.
So che Maes
ha il suo bel gruppo di sostenitori, quindi spero vi abbia fatto piacere
ritrovarlo nel cap, sano e salvo. ^^
Mi sono divertita molto, a
riportarli un po’ indietro nel tempo, quando bisticciavano come adolescenti…
Il riferimento di Maes sul consenso che Roy gli ha dato a farsi picchiare, lo
si trova nella mia ficMapleCafé, che è già stata citata in It’sraining, parlando del
passato di Roy, e dell’incontro tra Maes e Glacier.
A suo tempo, mi è
stato chiesto di fare un collegamento tra quella fic
e It’s. Ebbene, eccolo qui.
Precisazioni al capitolo
precedente: sono contenta che abbiate trovato il comportamento di Winry plausibile. Così come i timori di Edward.
Ringrazio anche Beat e Nacchan per
aver espresso i loro dubbi.
Prenderò anche in considerazione l’idea di parlare di più
della trasformazione di Al, come chiesto da Shinji,
ma non prometto nulla, perché è una deviazione fuori programma.
Due cose mi hanno fatto sorridere: che abbiate colto, in
tanti, l’usanza di Roy di offrire del the quando è in difficoltà con qualcuno e
vuole trarsi d’impaccio. XD
(Difatti in questo capitolo Edward lo prende in giro, quando
gli suggerisce del the).
E poi il fatto che, quanto più Edward è stato lento nella
sua ‘evoluzione amorosa e fisica’ con Roy (infinita e stressante, diciamocelo
pure) tanto Al è stato svelto a ‘rifarsi delle occasioni perse’.
Fratelli sì, ma… pur avendo lo stesso bagaglio educativo ed
emotivo, hanno fatte scelte completamente diverse.
Mi fa piacere che le mamme (e future mamme
– auguri!) in linea mi abbiano confermato gli scleri
ormonali! XD
In realtà Win sapeva bene che
fare, ma a volte serve una parola d’incoraggiamento… ecco perché Ed non ci ha
messo molto, a farla ragionare!
Non temete, non arriveranno mai spasimanti con marmocchi al
seguito, finché sarò io a scrivere questa fic. Però
era un problema reale, io l’ho immaginato come un peso sul loro rapporto,
almeno fino a che Ed non ha vuotato il sacco e si sono chiariti.
Ringrazio quanti hanno condiviso con me la gioia della vittoria
al Contest RoyAi, indetto sul Forum di EFP e
sull’omonimo Forum, e hanno commentato la mia nuova fic:‘SweetWatching’.
Se vi va di darci un’occhiata e lasciarmi un parere, ne
sarei molto felice.
Bueno.
E con questo lungo capitolo, io vi saluto.
Tra qualche giorno,
parto per le mie meritate ferie in Spagna, e tornerò alla fine del mese.
Ci tenevo ad arrivare
a questo 60° capitolo, e per fortuna ci sono riuscita.
Mi piacerebbe
aggiornare il prossimo il 1° agosto, il giorno del mio compleanno, ma non
prometto nulla.
Buone ferie a tutti,
a chi parte e a chi resta.
Nel frattempo, se
sentirete la mancanza, potreste rileggervi qualche cap
vecchio, e mezzo dimenticato.
(E magari
commentarlo, perché no? Io le leggo sempre le vostre recensioni, anche quelle
sui cap vecchi! XD)
Hasta la vista!
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Capitolo 61 *** I cani ci insegnano ad amare; i gatti ci insegnano a vivere. ***
Il seguente scritto contiene riferimenti yaoi
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Per ulteriori spiegazioni, vi rimando alla conclusione della fic, dopo la lettura.
Dedicata a quanti mi hanno
fatto gli auguri, e per i gentili pensieri.
Grazie. Sono commossa.
>/////<
byelyxyz
“La cena era deliziosa, Mame-chan.”
Precisò Roy, piegando il tovagliolo.
Edward sorrise compiaciuto. “Ne sono felice.” Inclinò la
testa di lato, per scrutarlo meglio “Anche se sono convinto che, forse, avresti preferito i piatti di qualche costoso, sciccoso
ristorante in centro.”
“Assolutamente no.” Tese una mano sulla tovaglia, verso Tora che stava finendo di leccare la sua ciotola. Il micio
ricambiò il gesto, allungando il muso per farsi accarezzare.
“Sono qui. Con te. Con il nostro gatto. Cosa
potrei volere di più?”
“Una torta alla meringa?” scherzò, sollevandosi dalla sedia.
“Uh, beh… a quella non
si dice mai di no!” ammise, stando al
gioco.
“Il caffè lo prendiamo in salotto?” suggerì Edward,
allestendo un vassoio con l’occorrente. “Precedimi di là.”
“I piatti li lavo io, dopo. Ok?” si offrì Roy, prendendo in braccio Tora,
che accomodante si appollaiò sulla sua spalla.
“Neanche per sogno! Per oggi - e solo per oggi - sarai servito e
riverito.” Tenne a precisare. “Mi appunterò questa tua
proposta per domani, mh?” gli fece l’occhiolino.
Tutto sommato erano rari i momenti in cui Ed lo viziava così
spudoratamente, perciò decise di approfittarne.
Accese la radio, scegliendo la solita stazione che offriva
una piacevole musica rilassante, e poi si accomodò sul divano - la bestia
tigrata in grembo - in attesa.
Edo comparve qualche istante dopo. Posò sul tavolino davanti
a loro la zuccheriera e le tazze, due piattini e una piccola torta meringata
alla frutta ancora intatta.
“Ma allora c’è davvero!” chiosò il moro, sorridendo a
tuttotondo.
“Ma quanto sei cretino, Taisadei miei stivali!” lo rimproverò Ed, fingendosi seccato. “E,
secondo te, io avrei potuto sorvolare sul tuo dolce preferito?”
“Il mio dolce
preferito sei tu.” Lo corresse, con
un’inflessione conturbante nella voce. E si protese a baciarlo.
Edward guizzò via, appena oltre la sua portata.
“Frena! Frena!” lo bloccò. “Questo arriverà dopo.” Precisò. “Cos’è? La vecchiaia ti rende ancora più
impaziente? Non sai trattenerti, oppure stai degenerando troppo in fretta, per
cui…”
“Tu sì, che sai come
bruciare le atmosfere romantiche!” lo sgridò, dando a vedere di essersi offeso.
“Una cosa così, detta dall’Alchimista di
Fuoco, è un onore!” lo prese in giro il biondo, “Ma non sono io che brucio le atmosfere romantiche!
Sei tu che appari sempre, costantemente, allupato! Devi darti una regolata,
sai? Soprattutto alla tua età!” rise.
“Questa me la paghi, nanerottolo!” ringhiò, saltandogli
addosso.
Cercò di punirlo facendogli il solletico. E Edward resistette
stoicamente, per quanto poté.
Ma il gioco divenne ben presto qualcos’altro, e sia il caffè
che la torta furono dimenticati.
Tora se n’era andato altrove, forse
a dormire sulla trapunta del lettone, perché gli schiamazzi di quei due non
conciliavano il suo sonno.
“La torta si è liquefatta e il caffè si è freddato.”
Constatò Ed, sistemandosi i capelli in disordine, qualche tempo dopo. Della
rigida treccia, in cui li costringeva, non era rimasto quasi nulla.
“Pazienza,” soffiò il compagno
“l’assaggio che ho ricevuto era ottimo!” ghignò.
“Maniaco eri, e maniaco resterai!”
profetizzò Edo, aiutandolo a ricomporsi. “Mi hai persino fatto saltare due
bottoni della camicia!” gli indicò le asole vuote, i fili di cotone penzolanti.
“Chiedo perdono, amor mio.” Proferì
cavallerescamente, in un baciamano d’altri tempi.
Edward lo lasciò fare, in un misto d’imbarazzo e
compiacimento.
Solo quando Roy tentò - con una mossa azzardata - di
spalmare la panna disciolta sul suo collo per poi leccarla via, interruppe il
loro gioco. “Manca ancora qualcosa, stasera...”
“Oh, sì!” concordò Mustang, con una luce maliziosa negli
occhi.
Ed sbuffò. “No. Non quello.” E si sollevò dal divano per
scomparire verso il corridoio. Se ne tornò appena qualche istante dopo.
Gli porse un pacco rettangolare, di media grandezza.
Roy studiò la carta da regalo, fingendo una profonda
concentrazione.
“Non mi dire che è un altro pigiama!” scherzò, protestando.
“Lo sai che poi non li porto mai, mi piace troppo dormire nudo addosso a te…”
ammiccò, lascivo.
“Il solito pervertito!” mugugnò il biondo, facendosi
scappare un sorriso. “Aprilo, dai!”
Non se lo fece ripetere due volte. Ma no, non era un pigiama.
Si posò la rigida custodia sulle ginocchia, mentre sfilava
un grosso tomo dalla bizzarra copertina: un mescolio cromatico dai toni caldi,
solari. Macchie di rosso, arancio e giallo che si compenetravano, si
sormontavano, si fondevano le une con le altre.
La prima pagina del libro era completamente nera, con
un’unica scritta, al centro, in un’elegante calligrafia:
Flame
of
Love
Roy sollevò dal volume uno sguardo sorpreso, cercando quello
di Ed.
“Avanti, su!” lo incitò gentilmente
questi.
La prima foto che incontrò raffigurava un Taisa Mustang e un Maggiore Elric
che litigavano in ufficio. Era stata scattata a tradimento da Havoc.
E poi le altre che seguivano erano state
fatte nei momenti più disparati: in mensa, nella Sala Ricreativa degli
Ufficiali, ancora nel suo ufficio: la maggior parte di queste li ritraeva nel
bel mezzo delle loro discussioni, o dei dispetti che si facevano. E poi
l’immagine di un Roy che bighellonava anziché lavorare, una in cui guardava
fuori dalla finestra con l’aria annoiata, un’altra in cui si divertiva a fare
piccole scintille, mentre la faccia esasperata del Tenente Hawkeye
faceva intuire quanto la sua sopportazione fosse agli sgoccioli.
Ce n’erano altre di Riza, altre di
Havoc e di Breda, di Falman,
di Fury. Tutta la truppa al completo in diverse
occasioni. Persino un paio in cui il Maggiore Armstrong li deliziava delle sue
pose statuarie e permetteva loro di immortalare i suoi possenti muscoli
traslucidi.
Con lo sfogliare delle pagine, comparvero nuove istantanee
della Famiglia Hughes: Maes con Roy, e poi con
Glacier, o con la piccola Elycia, che via via dimostrava la sua crescita. Ma in quelle
Edward non compariva. E Roy si chiese il perché. Poi invece lo capì,
nell’esatto momento in cui nuove foto diedero il via ad un nuovo
corso della storia.
Un’immagine del piccolo Tora nella cesta: era così piccolo che poteva stare
in una mano. Quella foto l’aveva scattata Al, nei primissimi tempi
dell’accordo.
Da lì in poi, compariva anche Mame-chan,
con quel suo delizioso broncio e la faccia da schiaffi.
Ne seguivano altre, a testimonianza del passare del tempo.
Il loro cucciolo che cresceva, le foto della prima cucciolata di Minù, fatta prima che i gattini
partissero per Central. Quelle del
loro arrivo, l’espressione entusiasta di Elycia,
quella felice di Maes e Glacier, sullo sfondo.
C’erano istantanee della seconda e della terza cucciolata.
Ne avevano sempre fatta almeno una ai micini.
Tra di esse, ve n’era persino una di Minù
e Miss Rottherwall.
E poi di loro tre: Roy, Ed e Tora accoccolati sul divano, una sera d’inverno:
s’intravvedeva il focolare acceso, forse l’aveva fatta Alphonse.
Alcune immagini li raffiguravano in casa, altre all’aria
aperta, durante gite o momenti di festa trascorsi con gli altri.
Il FlameAlchemist
compariva anche in posa, con indosso l’alta uniforme, per immortalare le
promozioni ricevute, gli avanzamenti di grado e di carriera: l’avvicinamento
del suo sogno.
Colonnello, Generale di Brigata, Generale di Divisione…
Ricordava bene quell’ultima lì, scattata da Breda, con lui e
Edward in rigida posa sull’attenti.
I ragazzi avevano insistito tanto, perché la facessero!
Quello che invece ignorava era la successiva, cioè il
momento dopo quella foto: si era chinato all’improvviso e, cogliendo Edward di
sorpresa, l’aveva baciato lì, davanti a tutti. Edward s’era infiammato di
brutto, inveendo contro stupidi Taisa maniaci. Tre
raffigurazioni in sequenza immortalavano l’evento. Sorrise divertito, al
ricordo.
Il sorriso scricchiolò un pochino quando, tra le pagine
dell’album, fece capolino quella manesca meccanica che era divenuta sua cognata,
ma - che lui lo volesse o meno - Winry
faceva parte della sua famiglia. E poi era bello vedere le espressioni di Ed
alle prese con la prole di suo fratello! E quelle immagini tra pannolini e
biberon ne erano un’inconfutabile testimonianza. Ah, i parenti… persino l’austera
zia Maggie aveva dato il suo contributo in un paio di
pose.
Una delle ultime foto ritraeva un Roy addormentato sulla
poltrona, l’aria serena, l’espressione rilassata. Quella successiva era la
medesima, ma vista in primo piano.
D’essere un bell’uomo lo sapeva, lo aveva sempre saputo. Eppure lì faceva quasi tenerezza.
Non pensava che da un’immagine patinata potesse trasparire
tanto amore… beh, quella era un’alchimia strana che non aveva formule
scientifiche. Forse non era neppure un’alchimia. Era una magia e basta.
Quell’istantanea l’aveva fatta Edo, e poteva percepirne la
profondità. Tutte le cose che sentiva Mame-chan per
lui erano lì, impresse su carta lucida.
Il raccoglitore che teneva tra le mani, e che il suo uomo
aveva costruito, era un regalo prezioso, se ne rendeva conto.
Non era stato diviso per argomenti, come quello che lui
teneva nello studio, come testimonianza del suo passato.
L’inizio di quell’album raccontava la genesi della loro
storia d’amore, il difficile cammino che avevano scelto di percorrere, gli
amici che li avevano aiutati e sostenuti, le persone care vicine a loro. Tutti
avevano contribuito, cedendo una parte dei propri ricordi per costruirlo.
Ad intervalli regolari comparivano le immagini dei loro
anniversari, dei rispettivi compleanni.
Di tempo ne era passato, e molto ancora li aspettava…
Accarezzò il bordo di carta, con gratitudine.
“Grazie,” soffiò. “E’ un regalo
bellissimo.”
“Ne manca una,” chiarì Ed. “Quella
di stasera.” E indicò la pagina immacolata, i fogli bianchi a seguire. “Giorno
dopo giorno, lo riempiremo insieme.”
Fine
Disclaimers: I personaggi e la
frase citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma
di lucro, da parte mia.
In particolare, il titolo è una
frase di M. Malloy.
Note varie: avevo già preannunciato che
quest’aggiornamento sarebbe arrivato oggi. Non nego che 23 giorni senza di voi
sono stati tanti. Mi siete mancati.
Questo cap è nato stanotte, l’ho
finito verso le tre.
Ne avevo preparato un altro, (due, in realtà, e sono stata
molto incerta su quale postare), ma poi ho ceduto.
Il punto è che mi era stato chiesto, molto tempo fa, di
raccontare un compleanno di Roy.
Non ci è dato di sapere quando sia nato, se non l’anno
(1885).
In It’s, io dissi che la data
cadeva in un periodo di freddo (Ed gli aveva regalato un maglione, nel cap 11).
Oggi però è il mio compleanno, e mi sembrava carino
festeggiarlo con Roy, visto che non ricapiterà mai più. (Sì, è un auto-regalo!
^__^)
L’album di foto citato compare nel cap
36, ‘Fire Man’.
Precisazioni al
capitolo precedente: sì, è stato senza dubbio un capitolo che celebra
Mustang, un tributo al mio personaggio preferito. ^///^
Ringrazio quanti hanno letto e commentato la mia original comica “VolatilesMemoriae” e la flash-fic su Twilight “Don’ttouchmyreason”. Se non l’avete fatto,
vi invito a leggerle e a darmi un parere!
Molti dei lettori di EFP sono al momento in vacanza. (Buon per loro! XD) Ed è per questo che prego sentitamente
chi è rimasto, e sta leggendo, di sopperire alla diminuzione estiva di
recensioni.
I writers non vanno in ferie, e continueranno a
regalarvi momenti piacevoli nella canicola, se le loro storie rimarranno
supportate dai commenti.
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Il seguente scritto contiene lievissimi riferimenti yaoi
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Per ulteriori spiegazioni, vi rimando alla conclusione della fic, dopo la lettura.
Dedicato a chi ha recensito i
precedenti capitoli della raccolta.
E a quanti commenteranno.
Ai vecchi e ai nuovi lettori.
Grazie.
Rainy Day Man
byelyxyz
“Look for signs to ease the pain
Ask again
Go on and pray for rain
Now you need him
Just look up your rainy day
man
All I need to do is look up
my rainy day man.”
“Cerca i segni per alleviare il dolore
Chiedi di nuovo
Vai avanti e prega per la pioggia
Adesso hai bisogno di lui
Alza solo lo sguardo verso il tuo uomo del giorno piovoso
Tutto ciò di cui ho bisogno è rivolgere lo sguardo
verso il mio uomo del giorno piovoso.”
(James Taylor - Rainy Day
Man)
Edward tossicchiò per l’ennesima volta, girando pagina.
Mustang sollevò gli occhi dal giornale che stava finendo di
leggere, sbuffando. “Acciaio, non ti sembra che-”
“Sdobehde!”
tagliò corto, rabbrividendo. “Etcì!”
“Oh, certo!” concordò il moro, ironico. “Quello era il 100°
starnuto della serata. Hai vinto un orsacchiotto di peluche!”
Ed tirò su col naso.
“Oh! Preferivi una bambolina?”
“La smedde?” sbottò Elric, infastidito.
“Vedi, Fullmetal, una persona sana
di mente, che oltretutto ha passato una giornata di ronda sotto a quel
tempaccio” indicò vagamente oltre la finestra, dove una pioggia torrenziale
scendeva ininterrottamente da ormai trentasei ore “Non avrebbe mai attraversato
mezza città, stasera, per venire fin qui.” Lo riprese, in tono di paterno
rimprovero.
“E’ beneddì.” Replicò Edo, come se
questo spiegasse tutto.
“Lo so anch’io che è venerdì,
ma non dovevi venire.” Ribadì l’altro, saggiamente.
In realtà, il Colonnello si era sentito molto lusingato dal
fatto che quel nanerottolo cocciuto fosse venuto ugualmente, sotto quel
diluvio, per tenere fede ai loro patti; tuttavia, non
poteva ignorare il suo buonsenso, che gli faceva palesemente notare quanto,
quello del suo sottoposto, fosse stato un gesto sconsiderato.
Un conto era bagnarsi come un pulcino per rispettare un
ordine, a cui neppure Mustang avrebbe potuto sottrarsi; e un altro paio di
maniche era decidere consapevolmente
che un vecchio, polveroso libro di Alchimia valeva un’altra lavata da cima a
fondo.
Edward tossì nuovamente, riportandolo al presente.
“Dovresti prendere qualcosa…”
“Sdobehde!”
riaffermò il giovane alchimista, barricandosi dietro al pesante tomo, come se
fosse una protezione dallo sguardo indagatore del suo superiore.
“Hai il respiro affannato.” Annotò questi, con sussiego.
“Obbio! Zonocongesdionado!”
“E scommetto che hai anche mal di gola!”
L’altro deglutì, gli scappò una smorfia. “Sohlouhnbo’!”
sminuì.
“E se tutto va bene, ti sta pure salendo la febbre!”
“Io non porto jella. Si chiama infreddatura coi fiocchi!” stabilì, ripiegando il giornale ed
alzandosi dalla poltrona. “Una persona saggia…”
“Ho cabido! Ho cabido!” cantilenò Edward, infastidito. “Buole che mhe ne bada?”
“E dove vorresti andartene, sciocchino?”
“Io doh sodo-!” s’interruppe “Cough-cough!”
“Stai peggiorando a vista d’occhio.”
L’occhiataccia che Ed gli rifilò conteneva una rispostaccia
che venne sopraffatta da un ennesimo eccesso di tosse.
“Cough-cough!”
“Ti ci vorrebbe un bel bicchiere di latte caldo col miele, farebbe
miracoli!”
“Mi fadebbebomidadhe!”
lo contraddisse, disgustato.
Mustang ignorò la protesta, scomparendo in cucina.
Tora lo seguì, incuriosito,
uscendo dalla cesta e passando a debita distanza dal divano su cui sedeva
Edward.
Neanche mezz’ora prima, mentre lo coccolava leggendo, Ed gli
aveva accidentalmente starnutito addosso, e la bestia tigrata non aveva gradito
particolarmente la doccia fuori programma, difatti era fuggito a strofinarsi il
pelo, sul tappeto, e poi nella sua cuccia, alquanto infastidito.
Il Colonnello e il gatto fecero ritorno cinque minuti dopo,
Edo se ne accorse quando il Flame gli rifilò una
tazza fumante a una spanna dal mento.
“Cod’è?” chiese, scettico, arricciando il naso per lo strano odore che si
stava spandendo nell’aria. Riusciva a percepirlo anche col naso chiuso. Osservò
cautamente la brodaglia verdastra che galleggiava.
“Bevila! E’ una vecchia tisana della nonna del Tenente
Colonnello Hughes. Un rimedio...”
“Bleah!” esclamò, schifato,
allontanando la bocca. “Dhà la dausea!”
“…sì, beh, ti avrei avvertito che fa un po’ schifo, se me ne
avessi lasciato il tempo, ma l’effetto è assicurato!” lo rincuorò. “Trangugialo
tutto!”
“Se lo scodda!” s’impuntò il
biondo, lapidario, e con accento sepolcrale.
“Niente storie! Devo ordinartelo?!” lo minacciò, spazientito, il suo superiore. Non gli
piaceva fare il prepotente, ma a volte era necessario, con quel Fagiolino
testone.
Stava per ribattere a dovere, quando un’improvvisa stanchezza
lo colse, e fu costretto – suo malgrado – a capitolare.
Raccolse il coraggio e ingurgitò la restante sbobba in
un’unica sorsata, come quando sua madre si ostinava a obbligarlo a bere il
latte, contro la sua volontà.
Ce l’aveva quasi fatta, quando un bastardissimo attacco di
tosse gli fece andare di traverso il decotto, a tradimento.
Sarebbe andato in apnea, pur di non dare soddisfazione al
Colonnello di vederlo sbrodolarsi come un poppante, ma la mancanza di ossigeno
e la gola che pizzicava lo fecero arrendere.
E se tanto doveva fare un danno, che almeno fosse degno di
tale nome.
Sputacchiò la bevanda ovunque, davanti a sé, sul maglione
che indossava, sui pantaloni, sul tavolino, sul tappeto, sul libro no - per
carità! - e sulla costosa tappezzeria che ricopriva il sofà.
La cosa, che invece lo stupì, fu la mano gentile del Taisa che, anziché arrabbiarsi con lui (a ragione, per
giunta), gli offriva un fazzoletto per ripulirsi il viso.
“Mi disbiage.” Mormorò, dolente.
“Non importa.”
Così aveva liquidato il danno, il padrone di casa, andando a
recuperare spugne e strofinacci per asciugare il disastro.
Edward lo osservò rassettare, mentre si massaggiava una
tempia dolorante.
“Dovresti cambiarti.” Gli suggerì Roy, chino sul tappeto.
Poiché non ottenne risposta, sollevò il capo verso di lui. “E’ tutto ok?”
Come sarebbe riuscito
a spiegargli che sentiva i suoni ovattati e vedeva delle strane lucine danzare
davanti agli occhi, come quando il Maggiore Armstrong faceva bella mostra dei
suoi muscoli tirati a lucido?
“Dh.”
“Correggimi se sbaglio, ma non credo fosse un sì. Giusto?”
Ed scosse piano la testa. Eppure il movimento gli procurò
una fitta atroce.
“Poddodommide
cu-i?” chiese, osservandosi attorno, con aria smarrita.
“E dove vorresti andare, conciato così? E’
ovvio che dormirai qui, a casa mia!”
“Doh cu-i.” Precisò Acciaio. “Cu-i.” Ripeté, additando il divano.
“Ma sei impazzito?!” si scandalizzò
Mustang, afferrando la richiesta. “Riposerai su un vero letto!”
“Dho. Zonodrobbosdango.
Cu-i.” Ribadì, ostinato.
Il Colonnello sbuffò: avere a che fare con un Mame-chan sano era sfinente; ma da malato era anche peggio!
La sua indole cocciuta dava il meglio (il peggio?) di sé, e
lui non se la sentiva di infierire come quando l’altro era nel pieno delle proprie
facoltà.
“Facciamo così” propose, conciliante “Ora chiamiamo Alphonse, per avvisarlo che non tornerai in Caserma, e poi…”
“Al doh g’è!” lo smentì. “E’ biagohHabog…”
“Havoc si è portato dietro tuo
fratello per andare a quella battuta di pesca?!”
Il suono inarticolato che fuoriuscì dalla
labbra del biondo sembrò - con molta fantasia - un sì.
“Ma torneranno solo lunedì!”
Un altro fantasioso assenso.
“E tu? Perché non sei andato con loro? Anche
a te piace pescare!”
“Doh.” Sbuffò.
“Perché?”
“E’ beneddì.”
Mustang deglutì a vuoto.
Probabilmente, se quella sera Ed non si fosse ostinato a
percorrere mezza East sotto la pioggia, adesso non si sarebbe ridotto come uno
straccio. Poteva restarsene al calduccio del suo alloggio al Quartier Generale,
e leggersi un libro altrettanto avvincente; oppure poteva trovarsi bivaccato
lungo il Blue River, in quel momento, con il
Sottotenente e suo fratello, a divertirsi sotto il sole del Sud, anziché
sentire l’umidità fin nelle ossa, in quell’autunno annacquato nell’Est.
Eppure aveva rinunciato, in nome di quei lunedì - mercoledì - venerdì scelti
quasi a caso, per gioco, di sicuro per ripicca.
Com’erano cambiate le
cose, col tempo!
Il sentimento che covava dentro di sé guizzò all’improvviso,
coccolandolo come un abbraccio caldo.
E forte e prepotente era l’impulso di stringerlo a sé, e di
dirglielo - per davvero - cosa provava.
Ma sarebbe stata una pazzia. Una lucida pazzia.
Andò in camera da letto a recuperare il pigiama che Ed usava
quando si fermava lì, a Casa Mustang, e fece ritorno. Edward protestò un po’, mentre
lo aiutava a cambiarsi gli abiti umidi di tisana, ma alla fine cedette.
“Ce la fai a camminare?” domandò, con cipiglio critico.
“Doh.” Negò Edo. “Cu-i.”
“Manco per sogno!” e se lo tirò contro, sollevandolo di peso
dal divano. Forse, prenderlo in braccio gli sarebbe costato minor fatica, ma
sarebbe stata un’umiliazione cocente per l’amor proprio di Acciaio, quindi vi
rinunciò a priori.
Si passò l’auto-mail attorno al collo, sostenendolo con
l’altro arto. Ma Edward si era accasciato addosso a lui, restio ad ogni forma
di collaborazione.
“Avanti, Ed. Un passo alla volta, ok?”
Il giovane annuì, ignorando il modo con cui era stato
chiamato.
Un lusso che, in altri momenti, Taisa
Mustang non si sarebbe mai permesso.
Una confidenza, una familiarità che sarebbe giunta solo più
avanti, molto più avanti nel tempo.
Arrivati di fronte alla camera da letto, Acciaio parve
scuotersi dal torpore. “Bahgno.” Disse, con
inflessione nasale.
Qualche istante di imbarazzato silenzio rispose per lui. “Bibì.”
Se non fosse stato così disdicevole,
sarebbe stato liberatorio ridere di
quel rossore, che si andava via via colorando sulle
guance di Fullmetal e che, con la febbre, aveva a che
spartire ben poco.
Gli accese le luci, arrestandosi sulla soglia.
“Ce la fai da solo?”
Ma Edward mugugnava per il fastidioso lucore della lampadina,
che gli feriva le retine e amplificava il martellare impietoso nel suo
cervello.
Si staccò dall’uomo, socchiudendo le palpebre e, barcollando
leggermente, si avvicinò il più possibile al water.
Mustang sarebbe rimasto con lui, in caso di necessità; ma
era stato invitato ad uscire “E ghiudda la bodda, beh goddesia!” e quindi
non gli restava altro che fissare il legno che li divideva e aspettare un
contrordine o un tonfo che gli rivelasse che Ed era svenuto.
Come aveva fatto a non
accorgersi che Mame-chan stava così male?
Era impossibile che in un paio d’ore le cose fossero
peggiorate così vistosamente.
Probabilmente quell’asino testardo covava il suo malessere già
dal mattino, ma non aveva detto niente a nessuno; aveva trascurato la sua indisposizione
e adesso l’infreddatura si era aggravata in un’influenza coi fiocchi.
Il rumore dello sciacquone e dell’acqua che scorreva nel
lavandino lo tranquillizzarono, ma aspettò invano che la porta si aprisse, mentre
tamburellava con impazienza il pavimento con le ciabatte.
“Acciaio? Hai
finito?” si risolvette a chiedere, dopo un paio di minuti che sembrarono ore.
Non ottenne risposta. Bussò. “Ehi!”
Mandò a ‘fanculo a cuor leggero la
privacy del suo ospite, mentre con grazia elefantina
spalancava l’accesso.
Il giovane Elric s’era assopito a
terra, contro il coperchio della tazza del water; la testa a ciondoloni contro
il muro, il corpo rannicchiato su se stesso.
Mustang sospirò, calmandosi.
Era cosa universalmente risaputa che il FullmetalAlchemist sapesse farsi delle gran, belle dormite
ovunque fosse. Le posizioni scomode non lo dissuadevano di certo. E questa non
era altro che l’ennesima riprova.
Roy sorrise, ma non poteva lasciarlo lì, al freddo.
Si accucciò davanti al ragazzo, abbracciandolo per
sollevarlo. La zazzera bionda s’inclinò paziente contro di lui, la testa
affondata tra la spalla e il collo. L’antennina gli
faceva un po’ il solletico, sotto al mento, ma la cosa non gli dispiaceva.
Tutt’altro.
Raccolte le forze, sollevò nuovamente quel piccolo, pesante
corpo. Ma stavolta tutta la massa gravava su di lui, a peso morto.
Issatosi che fu, ponderò le strategie migliori per quel
trasporto, anche se quella vicinanza imprevista rendeva difficoltoso il lavoro
dei suoi neuroni, che avevano altro di cui occuparsi, tipo il concedersi di
annusare quel buon profumo da vicino - da molto vicino -; oppure sentire la
consistenza della pelle che sfiorava la sua, la setosità
della frangia che lo lambiva, mille altri primari, vitali bisogni, perché la
sua vicinanza era così rara che andava apprezzata fino a centellinarla.
Sospirò, quasi affranto, nell’indecisione.
E due occhi di miele incontrarono i suoi.
“Daisa… è fresgo.”
Sussurrò Ed, strofinando la fronte contro la sua gola, dove il battito sembrava
impazzito.
“Sei tu…” deglutì “che sei bollente.
Hai la febbre alta.” Motivò, scavando nel fondo del proprio raziocinio.
Lo prese in braccio, perché era la cosa più sensata da fare.
Perché baciarlo sarebbe stato vergognoso. Non avrebbe mai
approfittato di Ed in una situazione così; anche se quel rossore che gli
colorava le gote era eccitante da morire, e lui sarebbe morto
mille volte su quelle labbra, se solo avesse potuto.
Lo adagiò sul materasso, coprendolo poi col piumino.
Edward sospirò di piacere, a contatto con il fresco delle
lenzuola.
La mano di Roy andò ad accarezzargli la fronte che scottava,
scostandogli poi un ciuffo di capelli che avrebbe potuto infastidirlo nel
sonno.
Accese una piccola luce sul comodino, e tornò in cucina a
cercare la borsa del ghiaccio, e un antipiretico. Si accorse solo in quel
momento che Edo aveva smesso già da un po’ di tossire, ma la febbre era salita,
e sarebbe stata una lunga notte.
Fine
Disclaimers: I personaggi e le
strofe della canzone citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli
aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna
forma di lucro, da parte mia.
Note varie: Questo cap
non è una song-fic. Ho scelto il titolo scoprendo
solo successivamente il testo della canzone.
In realtà, di
‘Rainy Day Man’ ne esistono più di una, nel web.
Io mi sono
imbattuta in quella di James Taylor, l’ho ascoltata e mi è piaciuta.
Trovo
straordinario che alcune cose del testo collimino perfettamente con le vite di
Roy e Edo, perciò ho inserito il testo qui sotto, e anche la traduzione,
gentilmente offerta da Tao (grazie, tesoro!)
Dopo averla letta, vi accorgerete che i ruoli di Edo-kun e Roy a volte si invertono, si scambiano, si
compensano. Lo trovo affascinante, visto che l’unione di questo testo e del
capitolo è del tutto casuale.
James Taylor: Rainy Day Man
What good is that happy lie
*Adessocom'èbellaquellafelicemenzogna All you wanted from the start was to cry
*Tutto ciò che volevi fin dall'inizio era piangere
Itlookslikeanotherfall
*Sembraun'altracaduta Your good friends they don’t seem to help at all
*I tuoibuoniamici
non sembranoaffattod'aiuto When you’re feeling kind of cold and small
*Quandotisenti
assai freddo e piccolo Just look up your rainy day man
*Alza solo lo sguardo verso il tuo uomo del giorno piovoso
It does you no
good to pretend child
*Non ti fa bene fingere di essere un bambino You’vemade a holemuchtoo big tomend
*Haifattounerroretroppograndedariparare And it looks like you lose again, my friend
*E sembra che tu perda di nuovo, amico mio Call on yourrainyday man
*Fai appello al tuo uomo del giorno piovoso
Now rainy day man
he don't like sunshine
*Adesso l'uomo del giorno piovoso non ama la luce del sole Hedon'tchaserainbows
*Non rincorre gli arcobaleni Hedon’tneedgoodtimes
*Non ha bisogno dei bei tempi Greydaysrolling
*I giorni grigi si susseguono Thenyou’llseehim
*Allora lo vedrai Empty feeling
*Sentendotivuoto Now you need him
*Adessohaibisognodilui
All those noble thoughts they just don’t belong
*Tutti quei nobili pensieri non ti appartengono Youcan’thide
the truthwith a happy song
*Non puoi nascondere la verità con una canzone felice And sinceyouknewwhereyoustoodallalong
*E dal momento che sapevi dove eri sempre stato Just look up yourrainyday man *Alza solo lo sguardo verso il tuo uomo del giorno piovoso
Now simple pleasures
they all evade you
*Ora i semplici piaceri ti schivano Store-boughttreasures none can saveyou
*Nessun tesoro da collezione può salvarti Look forsignstoease the pain
*Cerca i segni per alleviare il dolore Askagain
*Chiedidinuovo Go on and pray for rain
*Vaiavanti e prega
per la pioggia
It looks like another fall
*Sembraun'altracaduta Your good friends they don’t seem to help at all
*I tuoi buoni amici non sembrano affatto essere d'aiuto Whenyou’re feeling kindofcold and small
*Quando ti senti assai freddo e piccolo
Just
look up your rainy day man
*Alza solo lo sguardo verso il tuo uomo del giorno piovoso All I needto
do is look up myrainydayman
*Tutto ciò di cui ho bisogno è rivolgere lo sguardo verso il
mio uomo del giorno piovoso Nowwhatgoodisthat
happy lie
*Adessocom'èbellaquellafelicemenzogna All you wanted from the start was to cry
*Tutto ciò che volevi fin dall'inizio era piangere
Venendo ad altro… mi sento in dovere di precisare una cosa:
non è che il malessere di Edo precipiti
all’improvviso. Roy espone diverse riflessioni nel corso della serata, al
riguardo. Il punto è che Ed stava già male, e si è trascurato.
Precisazioni al
capitolo precedente: a Mustang, un altro tributo al mio personaggio
preferito. ^///^
Ma, più in generale, alla nascita della storia d’amore tra
Ed e Roy, col contorno (il sostegno, l’amicizia) di tutti gli altri personaggi
a noi cari.
Ringrazio quanti hanno letto e commentato la mia song-ficsu Twilight“A te”. Se non l’avete fatto, vi invito a leggerla e a darmi un
parere!
Cosa
bizzarra: le recensioni calano, i preferiti aumentano. Non capisco il perché.
Comunque: siamo arrivati a quota 111, e trovo doveroso ringraziare!
Molti dei lettori di EFP sono al momento in vacanza. (Buon per loro! XD) Ed è per questo che prego sentitamente
chi è rimasto, e sta leggendo, di sopperire alla diminuzione estiva di
recensioni.
I writers non vanno in ferie, e continueranno a
regalarvi momenti piacevoli nella canicola, se le loro storie rimarranno
supportate dai commenti.
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(Chiunque voglia
aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio crede) Come sempre, sono graditi commenti,
consigli e critiche.
Il seguente scritto contiene lievissimi riferimenti yaoi
Il seguente scritto contiene
lievissimi riferimenti yaoi.
Ambientato agli esordi.
Per ulteriori spiegazioni, vi rimando alla conclusione della fic, dopo la lettura.
To Toby
In Loving Memory
(April 1992 – June 2008)
Cat Therapy
byelyxyz
“Dovresti ringraziarmi, sai?” gli fece notare il Colonnello,
tenendogli la porta aperta, mente lui portava dentro due ampie sporte di spesa.
“Se lo può scordare!” replicò Ed, entrando. “Il fatto che io
abbia percorso la strada verso casa sua con
lei è una cosa sgradevole, che
non merita la mia gratitudine!”
“Allora, la prossima volta te la farai a piedi dalla
Caserma, borse comprese!” sbottò, stizzito.
Da che avevano concordato quello strano patto, qualche
settimana addietro, rapportarsi con quel Fagiolo dalla testaccia dura era ancor
più complicato che in ufficio: non accettava le sue gentilezze, oppure le
criticava, altrimenti faceva il sostenuto…
Sbuffò, spazientito.
Che idea del cavolo
gli era venuta! Ma chi gliel’aveva fatto fare?
“Dov’e Tora?”
La voce di Acciaio entrò nei suoi pensieri.
“Nella sua cesta?” suggerì, con un sorrisino di
compatimento.
“No!”
“Nascosto tra i cuscini del divano?” riprovò.
“Ho già controllato!”
“In cucina a mangiare? E’ l’ora di cena! Anzi,
no, è già passata da un pezzo!”
“Se lei non si fosse fermato a flirtare con la cassiera del
negozio, a quest’ora…”
“Ehi! Io non flirtavo! Era una conversazione amichevole,
dettata dalla buona educazione!”
“Sì, come no?!”
Il tono ironico non sfuggì all’uomo.
“Pensa a ritrovare il gatto!” lo rimproverò, mentre
anch’egli abbandonava l’idea di mettersi comodo - dopo una estenuante
giornata di lavoro, in cui Hawkeye l’aveva spremuto
più del solito - e lo aiutava nella ricerca.
Passarono al setaccio ogni stanza dell’appartamento, persino
sotto al letto e nelle ante semiaperte degli armadi,
casomai si fosse infilato lì dentro per gioco o per spirito d’avventura.
Ma non era da nessuna
parte.
D’un tratto, la voce agitata di Ed lo richiamò, ed egli
corse verso l’origine del segnale, con una strana apprensione stretta attorno
allo stomaco. E ciò che vide non gli piacque per niente.
Edward se ne stava inginocchiato nello studio, chino sul
corpo di Tora, indeciso se toccarlo o meno.
Il cucciolo aveva il pelo tutto arruffato, soffiava
ansimando in modo pesante, faticoso; stentava addirittura a tenere gli
occhietti aperti.
C’erano due o tre tracce di rigurgito sul pavimento accanto
a lui.
“Acciaio, fatti da parte!” annunciò, accovacciandosi al suo
fianco per esaminare la situazione.
“Sta male!” disse Ed, faticando a contenere l’ansia. “Non
vede che sta male?!”
“Questo lo comprendo anch’io, ma dobbiamo capire che
cos’ha!” lo redarguì, cercando di restare più calmo del giovane Elric.
Ignorando le proteste del micio, lo sollevò con delicatezza
e lo trasportò in sala, dove lo depose nella sua cesta.
“Almeno qui starà più comodo.” Spiegò.
“Portiamolo dal veterinario!” suggerì Fullmetal,
già pronto ad avviarsi all’uscio.
“Acciaio!” lo richiamò il suo superiore “Ti rendi conto che
è venerdì sera?” scrutò l’orologio alla parete “E a quest’ora non troveremmo
nessuno allo studio.”
“E allora?!” si scaldò l’altro,
avvicinandosi a lui. “Cosa pensa di fare?!”
“Chiamerò a casa sua. Se saremo fortunati…” preferì non concludere la frase e si indirizzò
all’apparecchio.
Cercò con movimenti nervosi la rubrica, decidendosi poi a
chiamare il centralino di East, per farsi passare la comunicazione. Attese in
linea, forse per un paio di minuti.
Edward lo vide attorcigliare il filo, segno evidente che era
sulle spine quanto lui.
“Buonasera, sono il Colonnello Roy Mustang.” Disse alla
fine, dopo un tempo che ad entrambi parve infinito.
Edward si chiese irrazionalmente
perché si fosse presentato col suo grado. Che differenza poteva fare? Oppure…
voleva in qualche modo far prevalere qualche suo privilegio di Alchimista di
Stato?
Ignorandolo, Roy tentò di preservare
la sua buona educazione.
“Mi perdoni il disturbo, ma è un’emergenza.
Potrei parlare col dottor Emerson?” chiese, mentre Ed
tratteneva il fiato. “Un’emergenza, sì.” Ripeté.
Acciaio capì che stava reprimendo a stento un’imprecazione.
“Dove, esattamente?”
Il dialogo continuava, escludendolo; il biondo si torse le
mani, pizzicandosi involontariamente la pelle con l’auto-mail.
“La prego, devo mettermi in contatto con lui! Non potrebbe…” fu interrotto da un lungo discorso all’altro capo.
Ma non desistette. “Non potrebbe comunque darmi il recapito
del figlio? In un altro frangente, mi creda, non
insisterei così tanto…” motivò, accorato. “Sono consapevole che non sia
vostra usanza divulgare informazioni così personali, tuttavia… le ripeto: è
un’urgenza!” rimase in silenzio, sperando che le sue parole andassero a segno.
Edo-kun lo vide tamburellare sul
bordo del tavolo con le lunghe dita agili.
“D’accordo. Attendo che mi richiami. E’ stata veramente
molto gentile, la ringrazio.”
Esalò un fiato con avvilimento, deponendo la cornetta, e si
rivolse a lui. “Il veterinario è partito per il weekend; starà nella casa di
campagna del figlio, da quanto mi ha detto la governante. Si è rifiutata di
darmi il suo numero, però mi ha promesso che avrebbe contattato subito il
dottore, e che lui ci avrebbe richiamati quanto prima.”
Edward sospirò, impaziente. In quel mentre il telefono
squillò.
Il Colonnello afferrò il ricevitore come un rapace.
“Mustang.” Rispose, ignorando stavolta ogni convenevole.
Con grande stupore di Ed, il moro allontanò l’apparecchio da
sé, per passarglielo. “E’ per te.”
“Pronto?” disse, cauto.
“Nii-san?”
Edward sbatté le palpebre, confuso.
“Al?”
“E’ tutto ok, Nii-san?”
“Pe-perché mi hai chiamato, Al?”
tartagliò. Sentì un lontano mugugno incerto.
“Non lo so… senti, fratellone, ho avuto come una… una specie
di premonizione, e volevo sapere se stavi bene…”
Edo rimase molto colpito da quell’affermazione, ma cercò di
non farglielo capire.
“Ma che vai dicendo!” brontolò, in tono scherzoso, facendosi
violenza. “Te lo sei sognato, credi a me! E’ solo che sta per piovere, e non mi
sono ancora deciso a tornare in Caserma!”
“Ma non sta piovendo,Nii-san. Il cielo è stellato.” Lo contraddisse l’armatura.
“Sì, beh… stavo… stavo facendo
incavolare il Colonnello, tu sai quanto mi diverte fargli perdere le staffe!”
“Nii-san…”
“Ora scusami, Al, ma il Taisa sta
aspettando una telefonata di lavoro, devo riattaccare…”
“Ed?”
Sussultò, impreparato. Raramente Alphonse
lo chiamava per nome. E ogni volta che lo faceva era per un motivo serio.
Deglutì. “…Dimmi.”
“Se hai bisogno di me, chiamami, va bene?”
Ed accarezzò con gratitudine quell’offerta; ma, se avesse
potuto, avrebbe risparmiato quella pena al suo fratellino.
Smise di mentire. “Ci vediamo domattina, a qualche ora.”
“Va bene, Nii-san.”
“Buonanotte.” E ripose il ricevitore. Si volse verso il suo
comandante, stringendosi nelle spalle. “Odio dover mentire ad Al.”
“Anche perché lo fai in maniera pessima.” Annotò, in un sorriso tirato; ma prima
che l’altro andasse in escandescenze, continuò: “D’altra parte, comprendo la
tua volontà di proteggerlo dal dolore. Questo non è certo un bello
spettacolo.” Si chinò ad accarezzare Tora, ma il
micio sembrava troppo preso dalla sua sofferenza, per dimostrare piacere o
gratitudine.
Il telefono squillò nuovamente. Edward - che era il più
vicino tra i due - si affrettò ad alzare la cornetta. “Casa Mustang.” Proferì.
“Sì, glielo passo immediatamente.”
Il Flame si prese il tempo di
scusarsi per la tarda ora, e per il disagio che gli stava arrecando. Poi gli
spiegò la situazione, e rispose brevemente a tutte le domande che il
veterinario gli fece; anche se, alcune frasi che il Colonnello disse, a Edo sembrarono
senza senso o poco pertinenti.
Avrebbe tanto voluto sentirle direttamente, ma dovette
accontentarsi di attendere il resoconto. Ad un certo punto, l’espressione del Taisa si rannuvolò, preoccupandolo non poco. Lo sentì accalorarsi,
mentre discuteva di qualcosa che lui aveva compreso solo parzialmente.
Lo vide indignarsi, e poi scusarsi, adducendo come
motivazione l’apprensione che stavano provando in quella situazione difficile,
vedendo il cucciolo tanto sofferente.
Lo sentì chiedere di un possibile sostituto, ma la risposta
che ricevette non gli garbò.
La conversazione finì dopo un tempo eterno, Edward ne era
certo.
Sentì che Mustang risolveva i saluti di rito, conditi da una
discreta dose di riconoscenza - seppur minore, rispetto a quella presentata
all’inizio del dialogo telefonico.
“Ci vedremo lunedì, in ogni caso.
Buona serata.” Disse, e riattaccò.
No, decisamente non
aveva buone notizie.
Il volto tirato e stanco, gli occhi
inquieti cercarono i suoi. “Siediti.” Gli disse, accomodandosi per primo sul
divano.
Ed seppe istantaneamente che non era una richiesta, ma un
ordine. E non era il momento di contestarlo.
“Allora?” sussurrò, bramando e temendo ciò che l’altro stava per dirgli.
Roy attese qualche istante, riordinando le idee. O forse,
semplicemente, non sapeva da dove iniziare.
“Non sa dire cos’abbia.”
“E’ ovvio! Non
l’ha nemmeno visto o visitato!” sbraitò, lasciando corda alla collera.
Era più semplice, per lui, gestire la rabbia che la paura.
“Cerca di contenerti, infuriarsi non servirà.” Lo
rimproverò, serio ma pacato.
Ed mugugnò il proprio disappunto. Ma se ne rimase in
silenzio, finché l’altro non riprese.
“Gli ho descritto i sintomi esatti, specificando che
stamattina stava benissimo.” Appuntò il moro. “E lui mi ha chiesto la sua età
esatta. Ma ovviamente noi non la sappiamo, visto che è stato abbandonato.
Abbiamo parlato dei vaccini che ha già fatto. Ed è questo il
punto.”
“Cioè…?”
“Tora è stato sverminato
e vaccinato, ma è ancora troppo piccolo per aver completato il ciclo di
vaccinazioni, ed era un gatto randagio…”
“Ragion per cui…?” l’incalzò, impaziente.
“Potrebbe aver contratto un’infezione o una malattia che è
rimasta latente fino ad oggi. Il suo sistema immunitario deve arrangiarsi.”
“Non potrebbe vaccinarlo adesso?” suggerì il biondo,
speranzoso.
“No, è troppo tardi, ora.” Obiettò Roy. “Esiste una
piccolissima possibilità che abbia mangiato qualcosa di cui è allergico o
intollerante, ma noi non abbiamo mai variato la sua dieta. In altre circostanze,
si poteva pensare che fosse stato avvelenato, ma lui non è mai uscito da queste
mura, quindi…”
“Quindi?”
“L’ipotesi della malattia è l’unica plausibile.”
“Non possiamo fare niente per lui?” chiese, in tono
affranto.
“Il veterinario ha detto di no. Il suo organismo dovrà rimediare
da solo. Se supererà i prossimi
giorni, avremo buone speranze che si rimetta completamente, altrimenti…”
“NON LO DICA NEANCHE PER SBAGLIO!” s’infervorò. “Che altro
ha detto il dottore? Che speranze ci ha dato?”
“Una probabilità molto bassa, a dire il vero... Se
sopravvive, però, ha detto che diventerà immortale!” scherzò, per sollevare un
po’ i loro umori.
“Che gran consolazione!” ironizzò Ed, lanciando occhiate
preoccupate alla cesta. “E nel frattempo?”
“Probabilmente si è disidratato,
tutte le ciotole in cucina sono intatte. Ha detto di farlo bere, almeno
dell’acqua, meglio se del latte tiepido…”
“Non sarà semplice…”
“Useremo un contagocce, o una siringa senza ago, e domani
andremo ad acquistare un biberon…”
Se arriverà a domani.
Pensarono entrambi, ma nessuno lo disse.
“Bene! Perciò diamoci da fare!”
Scaldarono del latte in un piccolo pentolino, Edward cercò
di reprimere il suo disgusto, mentre l’odore della calda bevanda si espandeva
per la cucina, e lui lo zuccherava un po’.
Tra i medicinali, trovarono una siringa ancora sigillata e
la adattarono al nuovo scopo.
Mentre lui si dirigeva alla volta della cesta, Mustang
ricomparve dallo sgabuzzino con dei guanti in lattice a penzoloni.
Gliene porse un paio e, al suo sguardo dubbioso, spiegò: “Il
dottore non può escludere che non sia contagioso, per questa ragione dovremo
prendere delle precauzioni e toccarlo il meno possibile. Mi dispiace, ma è così”.
Edward non provò neppure a replicare, capiva che il Taisa aveva detto quelle cose controvoglia.
Si infilò la protezione e legò un fazzoletto di cotone sul
naso, come blanda mascherina. Roy lo imitò.
Passarono la mezz’ora seguente cercando inutilmente di far
aprire la bocca al micio; era un sacrificio continuare a insistere, ma era per
il suo bene.
Alla fine, Ed mandò al diavolo la pazienza e se lo prese in
braccio “Se dovrò bruciare i vestiti, li brucerò” aveva ringhiato, e carezzando il gatto lo aveva
costretto a spalancare le piccole fauci quel poco che bastava per inserire la
cannuccia e spremerla dentro. Ripeterono l’operazione alcune volte, fino a che
non giudicarono che fosse un pasto sufficiente, anche se molto del liquido
veniva sprecato o sputato dal felino.
“Per favorire la digestione, dovremmo massaggiargli la
pancia con un panno caldo.” Lo informò Roy, sfilandosi un guanto in lattice per
infilare quello alchemico. Poco dopo, tornò con una pezza tiepida, ed
eseguirono l’azione; benché Tora non sembrasse collaborare
particolarmente, almeno non avrebbero corso rischi di coliche. Anche se continuava
a miagolare in modo penoso. Era straziante sentirlo gnaulare così.
“Taisa, senta… East City è grande…
ci sarà pure un altro veterinario!” suggerì, dandosi dello sciocco, per non
averlo pensato prima.
Il militare scosse il capo, sconfortato. “Il dottor Emerson
mi ha già anticipato che l’altro veterinario è fuori città per un grave lutto
di famiglia, al momento credo sia nei pressi di Dublith,
da quanto ho capito.”
Edo, a quella risposta, si sgonfiò come un palloncino
bucato.
Roy gli fece un sorriso che - nelle sue intenzioni - voleva
essere incoraggiante; ma gli uscì solo una smorfia malconcia. Sapeva che non
avrebbe dovuto mentirgli, o peggio ancora illuderlo. Ma vedere Mame-chan così preoccupato gli stringeva il cuore.
“Sono sicuro che andrà tutto bene… vedrai che ha la
pellaccia dura!” esclamò. “Questa piccola peste mi ha distrutto mezza casa, non
ci lascerà per così poco… può ancora consumare un paio di vite!”
Edward annuì, senza replicare.
“Ti va di mangiare qualcosa?” propose il Colonnello, cercando
di essere gentile.
“Non ho fame.” Rifiutò, accucciandosi davanti alla cesta,
per vegliare meglio.
“Neanche io.” Ammise l’altro, benché entrambi avessero
saltato la cena. “Ma svenire di fame non ti aiuterà, quindi vado a preparare
qualcosa da mettere sotto ai denti.” Prima che Fullmetal
potesse declinare, si avviò in cucina, tornando poco dopo con un piatto e dei
tramezzini fatti con quello che aveva trovato.
Cenarono in silenzio, poi il padrone di casa recuperò un
paio di coperte che depose con cura sul divano. “Almeno staremo più comodi.”
Motivò.
L’altro non si diede pena di ringraziare per la premura.
“Appena puoi, cerca di dormire almeno un po’. Comincio io il
primo turno di veglia, ok?”
Edward non ebbe nulla da ridire. Si accoccolò dentro il
bozzolo di calda lana, e cercò di calmare il suo cuore spaurito.
Lasciarono accesa solo la lampada a stilo, per non
infastidire il micio con troppa luce.
Il latte gli aveva comunque giovato, almeno un po’. Sembrava
meno stremato; anche se rantolava ancora in modo preoccupante, il pelo era
ancora ispido, e sarebbe stata una lunga notte.
Fine
Disclaimers: I personaggi citati
in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi
diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.
Note varie: Ho già usato un titolo simile a questo (nel cap
51), ma con tutt’altri significati.
L’ultima frase di questo capitolo è la stessa dello scorso.
E ovviamente è voluto.^^
Ho scritto la trama di questo capitolo molti mesi fa,
attingendo ad un ricordo autobiografico.
Al mio cane è successa la stessa cosa di Tora,
e quell’idiota di veterinario si rifiutò di vederlo, perché tanto lo aveva dato
per spacciato, perché era troppo piccolo per sopravvivere a quell’infezione
ignota che si era beccato.
“Se non muore adesso, non morirà mai più.” Disse.
E per 16 anni Toby ha vissuto con
me, senza ammalarsi più.
Conservo ancora il biberon con cui lo allattai. >___<
Purtroppo però la vita ha una fine.
Avrei dovuto postare questo
capitolo mesi fa, quando ancora il mio sacco di pulci scodinzolava per me.
Adesso non c’è più. Ma le sue coccole saranno sempre con me.
ç___ç
Spero non vi abbia infastidito il maltrattamento subito da Tora.
E’ bene che vi ricordi che, dopo il mio amato e venerato Taisa, è Tora la mia seconda
vittima sacrificale prediletta e predestinata… e non sarà l’ultima! *___*
Precisazioni al
capitolo precedente: non credo che ce ne siano. Sono felicissima che vi sia
piaciuto! ^____^
Anche a me Edo ha fatto tanta tenerezza, nel suo essere
cocciuto, e malgrado stesse male, è andato dal Taisa.
Roy merita il mio sostegno, ha la pazienza di un santo
(martire peccatore XD)!
Do il benvenuto a Emily ff ed ad Aki_ tra i nuovi lettori! ^___^
Molti dei lettori di EFP sono al momento in vacanza. (Buon per loro! XD) Ed è per questo che prego sentitamente
chi è rimasto, e sta leggendo, di sopperire alla diminuzione estiva di
recensioni.
I writers non vanno in ferie, e continueranno a
regalarvi momenti piacevoli nella canicola, se le loro storie rimarranno
supportate dai commenti.
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consigli e critiche.
Per ulteriori spiegazioni, vi rimando alla conclusione della fic, dopo la lettura.
A chi ha recensito i precedenti
capitoli della raccolta.
E a quanti commenteranno.
Ai vecchi e ai nuovi lettori.
Grazie.
Cane Lupo
byelyxyz
Edward percorse con studiata, maliziosa lentezza l’addome
del compagno, soffermò le labbra su una piccola cicatrice liscia e chiara. Sbuffando,
sorrise direttamente contro la pelle, facendo rabbrividire Roy. “E questa? Te
la ricordi,questa?”
*****
Il Maggiore Elric entrò a passo
sicuro nell’ampio stanzone, che era stato adibito ad ufficio del Colonnello
Mustang e dei suoi sottoposti - finché gli addetti ai lavori non avessero
tinteggiato decentemente quello vecchio, e ognuno non fosse tornato padrone
della propria scrivania.
Poggiò la catasta di fogli che portava con sé sul bordo
dello scrittoio del suo superiore, mentre questi scrutava, malevolo, una delle
sue odiate scartoffie.
“Sono gli ultimi resoconti, li deve vidimare entro le cinque.”
Al Taisa sfuggì un
gemito strozzato, ma non osò protestare. Giusto quella mattina, si era sentito
un’infinita ramanzina sul suo scarso senso del dovere da parte del Tenente Hawkeye, e non ci teneva a sorbirsi una seconda parte della
paternale. Persino il resto della truppa sembrava stranamente solerte e
silenziosa, Acciaio se ne accorse subito: Havoc
mordicchiava la sigaretta spenta mentre era indaffarato a trascrivere chissà
cosa; sul ripiano di Breda spuntavano solo le briciole di un panino mangiato -
con tutta probabilità - il più in fretta possibile; Falman
rimaneva impassibile, se mai fosse stato immaginabile, addirittura più
impassibile del solito; Fury invece era ligio come
sempre, per cui la cosa non lo stupì più di tanto. L’unico che sembrava immune
alla fatica era Hayate, che dormicchiava beatamente
in un angolo della stanza. La sua padrona doveva essere in giro per il Quartier
Generale, a svolgere qualche commissione.
“Ha un altro incarico da affidarmi?” domandò al FlameAlchemist, attirando la sua
attenzione.
“Uh… no. Non subito…” biascicò.
“Però, aspetta… potresti andare di ronda nella zona di BlackingHole? Ogni tanto bisogna far vedere la faccia di un Alchimista
da quelle parti, così le acque si calmano…”
“Se c’è da menare,
posso alzar le mani?” s’interessò, speranzoso.
“Noi siamo l’esercito, Fullmetal,
non un branco di marinai ubriachi!” lo rimproverò fiaccamente.
“Almeno posso
portarmi dietro Al?”
“Sì, puoi.” Concesse, sfiorandosi una tempia con un gesto
stanco. Era tutto sudato.
“Taisa? Ma è sicuro di stare bene?” chiese, dubbioso.
“Fa un caldo infernale qua dentro.” Si lamentò l’uomo,
invece di rispondergli.
Kain corse prontamente alla
finestra e l’aprì, per arieggiare il locale, benché non fosse una giornata particolarmente
calda, anzi, tutt’altro.
L’aria gelida di fine inverno entrò con una fastidiosa
folata di vento.
Mentre gli altri si tiravano su il colletto della divisa,
Mustang si sbottonò la prima asola della camicia, boccheggiando.
“Sa che è un po’ pallido?” gli fece notare Edward,
scrutandolo da vicino.
“Sarà una nuova tattica per scansare il lavoro!” intervenne Riza, comparendogli alle spalle. Ed sussultò, colto alla
sprovvista.
“Non preoccuparti,Edo-kun, il Taisa sta benissimo! Non è forse vero, signore?”
Roy deglutì, annuendo, senza neppure staccare gli occhi dal
foglio che stava leggendo.
“Però… se mi è concesso esprimere un ragionevole dubbio… un
po’ pallido lo è davvero!” insistette
Falman, mosso a pietà.
E, detto da lui, beh… era tutto dire!
Oh, sì. Come no? Riza non si fece abbindolare. Di sicuro aveva attuato la versione evoluta e corretta del ‘mal di scuola’, come quando bigiava le lezioni di suo
padre, adducendo i più improbabili e inesistenti malanni!
“Signore, non si sente bene?” domandò a sua volta, sfidandolo
a mentirle. Si sfiorò la fondina come tacito monito.
“No, Tenente. Non si preoccupi.”
Proferì, arrendevole. Ricordava fin troppo bene la sua piazzata di qualche ora
addietro.
“Benissimo, signore.” Si risolvette lei, “E voialtri,
lavorate!” li sgridò; immediatamente tutti s’ingobbirono sulle proprie
faccende.
L’aria si fece nuovamente pesante, ma per altre ragioni.
“Allora, io vado a…” preannunciò il giovane Elric, infilandosi in fretta il cappotto rosso e
volatilizzandosi via da lì.
Gli altri mugugnarono solo un saluto distratto.
Lui e Al avevano camminato per quasi tre ore buone,
perlustrando tutta BlackingHole,
ma non avevano trovato nessuna faccia sospetta a cui incutere timore, né un minimo
pretesto per una scazzottata.
Alla fine, stanchi e infreddoliti - beh, lui lo era, e Alphonse esprimeva la sua solidarietà - avevano fatto
ritorno in Caserma. Se si muoveva in fretta, riusciva a passare dal Colonnello
prima che la mensa fosse chiusa.
Salutò il suo fratellino, suggerendogli di fare un salto
alla Sala Ricreativa degli Ufficiali, mentre lui svolgeva le solite, banali,
incombenze burocratiche.
Quando varcò nuovamente l’ufficio improvvisato del Flame, la stanza risultava stranamente vuota e silenziosa.
La cosa lo stupì parecchio, perché erano quasi le due, di
norma i ragazzi avevano già ripreso servizio da un pezzo, a quell’ora.
Il raschiare della penna sulla carta gli fece capire che no,
non era vuota.
“Signore? Dove
sono finiti tutti gli altri?” l’interrogò, sorpreso.
Due pesti occhi neri incontrarono i suoi. O Mustang sapeva fingere bene, oppure non
stava brillando di salute.
“Sono appena andati a mangiare,”
chiarì svogliato. “Il Tenente li ha congedati solo qualche istante fa.”
“E lei?”
“Io non ho fame, e sono in arretrato sul prospetto stilato
da Riza.”
Per la seconda volta nella giornata, come evocato, l’abile
cecchino comparve dietro di loro.
“Ecco il suo the, signore.”
Gli porse una tazza fumante, con sollecita premura. Ed egli
ingoiò un paio di analgesici. “Grazie, Tenente.”
“Sicuro che non vuole mangiare… uhm… qualcosa di solido?”
“No, grazie.” Ripeté. “Tu, piuttosto, vai a pranzare, prima
che sia finita tutta la sbobba, e vacci anche tu, Edward. Mi farai rapporto più
tardi.”
I due sottoposti eseguirono l’ordine, senza replicare.
In fin fine, quella
situazione incresciosa se l’era andata a cercare!
I suoi livelli di inoperosità avevano raggiunto i massimi
storici, un‘fancazzismo ad oltranza degno del Mustang dei tempi
migliori.
Il Colonnello aveva mentito, per ben tre giorni di seguito, adducendo
finti malori e altrettanti malanni, e i ragazzi - tranne Edward, che si era
tenuto a scettica distanza da quelle macchinazioni - l’avevano spalleggiato, un
po’ per compatimento, un po’ per solidarietà maschile.
Tutto questo fino a che Riza non si
era trovata, quella mattina, a dover giustificare al Generale Hakuro la mancanza di resoconti urgenti non ancora inviati
a Central.
Quand’era tornata dal Taisa, gli
aveva fatto un predicozzo con i controfiocchi, obbligandolo a rispettare una
nuova tabella di marcia da lei stilata - ranghi serrati e passo lungo -, che
gli avrebbe permesso di recuperare l’abissale passivo, ed egli s’era messo a
lavorare come un cane bastonato.
Sì, se l’era andata a
cercare! Pensavano entrambi, varcando la soglia della sala mensa. Dopo aver
riempito i rispettivi vassoi con ciò che restava di commestibile - una
brodaglia informe e una bistecca che poteva essere riutilizzata come soletta in
caso di emergenza, con un po’ di insalata - si unirono al gruppetto, che era
l’unico rimasto.
Breda fissava con doloroso rammarico la carne del suo
piatto, indeciso se mangiarla o gettarla. “Ecco perché non vengo mai per ultimo
in mensa!” piagnucolò.
“Neppure Hayate la mangerebbe!”
sghignazzò Havoc, accendendosi una meritata e
agognata sigaretta.
“Buraha non farebbe mai lo
schizzinoso col cibo, al contrario di voi.” Li ammonì Riza,
dando il buon esempio consumando il suo pasto per intero.
“Vuole anche il mio, Tenente?” le offrì Falman
con cavalleria, ma lei declinò.
“Magari il Colonnello ci ha spediti tutti qua per poi svignarsela!
Forse, in questo momento, sta andando in un gustoso ristorante, mentre noi
siamo qui a…”
“Sottotenente, smettila.” Lo zittì la bionda, “Non si
allontanerà dal suo posto.”
“E come fa a saperlo?” l’interrogò Fury,
curioso.
Sorrise sorniona. “L’ho chiuso dentro a chiave. Non credo salterà dal secondo piano…”
“Ma… ma quando…? Come?”
Edward ne era sinceramente stupito, era uscito con lei dall’ufficio, e non se
n’era minimamente accorto.
“A mali estremi… estremi rimedi!”
sbuffò lei. “Il Taisa deve capire la morale…”
“Quale morale?”
“Quella della favola… quella del pastorello che gridava ‘Al
lupo!, al lupo!!’ hai presente?”
“Io non sono a conoscenza di questa usanza…” rese noto Fury.
“Ma la conoscono tutti!” sbottò Heymas,
sputacchiando dei resti di cibo.
Falman prese la parola. “In breve:
un pastorello si divertiva ad imbrogliare i suoi compaesani, avvisandoli della
venuta di un immaginario lupo che avrebbe mangiato le loro greggi. Quando il
lupo si palesò davvero, nessuno gli credette ed egli
fece una brutta fine.”
“Vato! Hai massacrato la storia!” lo accusò Jean, sorseggiando il suo
caffè.
“Però il concetto c’è, e spero che Mustang lo comprenda
presto, per il suo bene!”
“Sì, d’accordo.” Stabilì Ed. “Ma prima il
Colonnello sembrava uno straccio! Secondo voi… ci sta
provando ancora?”
“All’inizio credevo fingesse, come capita spesso, lo sai…
poi però ho pensato che avesse preso freddo… si è fatto sei viaggi in bagno in
tre ore…” annotò lei.
“Avrà la vescica debole?”
“Magari si è preso una cistite!” ipotizzò Falman, con interesse scientifico.
“Eh! Oppure avrà le sue cose!” scherzò il
Sottotenente, guadagnandosi un’occhiataccia di biasimo da Riza.
“Quali cose?” domandò Edward, curioso. Gli altri scoppiarono
a ridere.
“Lascia stare,Edo-kun.”
Tagliò corto la donna, alzandosi. “Tornate subito al lavoro!”
Jean si riaccese un’altra slim,
senza più fiatare. La truppa ripulì il tavolo, seguendo il suo esempio.
Trovarono il FlameAlchemist accasciato sul lucido legno della propria scrivania,
in una posa un po’ troppo scenica, per essere vera.
“Ho la nausea…” piagnucolò, vedendoli.
Riza gli si avvicinò, scrutandolo
a fondo. “Da quanto?”
“Non lo so…” mugolò.
“L’ultimo pasto è di stamattina… Ha mangiato latte avariato
o cereali scaduti?” chiese Breda.
“No, non credo…”
“E la cena di ieri sera? Qualcosa
di strano?!” ipotizzò Havoc.
“Ehi!” s’intromise Ed. “La cena gliel’ho preparata io, e
l’ho anche assaggiata e come vedete sono sanissimo… se avessi voluto
avvelenarlo, avrei nascosto le prove prima di sbarazzarmi di lui!” rispose,
infastidito dalle implicazioni dell’insinuazione.
“Grazie,
Acciaio. Ora mi sento
rincuorato.” Sibilò il Colonnello, tenendosi la pancia.
Il Tenente Hawkeye sbuffò,
spazientita. “Senta,Taisa. Se lei afferma di stare così male,” e calcò bene sulle parole “io non posso obbligarla a rimanere
qui, dove noto - per di più - lei è assai poco produttivo. Le consiglio di
andare a casa a riposare, così domattina starà meglio.”
“No, no…” pigolò, senza convinzione. “Devo lavorare…”
“Finché può, le conviene accettare, Taisa.”
Fu il suggerimento corale.
Il comandante si guardò attorno, confuso da tanta
sollecitudine.
“Allora seguirò il tuo consiglio, Riza.”
Acconsentì, dimostrandosi stranamente fin troppo veloce nell’imboscare nei
cassetti le pratiche irrisolte e a raccattare il cappotto, guanti e sciarpa.
“Edward?” chiamò lei, mentre il Flame
già si avviava all’entrata. “Poiché ho dato la mia parola al Generale Hakuro, io rimarrò qui a fare straordinari fino a tardi…
saresti così gentile da controllare
lo stato di salute del Colonnello al posto mio, stasera?”
Acciaio aveva mangiato la foglia. “Certo, Tenente” sorrise
ferino. “Me ne occuperò personalmente, come fossi un pastorello premuroso.”
Roy lo guardò storto. Che
significava? Cosa avevano concordato, quei due?
Il Sottotenente Havoc
li aveva riaccompagnati in auto fin sotto casa, congedandoli poi con un: “Sa,
signore? Mi sembra che abbia ripreso colore!”
Fullmetal concordò con lui, il Flame sembrava meno sofferente di prima, in ufficio.
Ma Mustang negava un qualsiasi miglioramento, “Il dolore è
aumentato, vi dico” ed era arrancato su per le scale con difficoltà.
Edward non si era lasciato ingannare, era certo che anche
quella fosse solo un’ennesima recita e, memore della favola raccontata in
mensa, era più che convinto di farla scontare cara al Taisa,
perché - non era più un bambino, per la miseria! - era ora che si dimostrasse
un po’ più maturo e affidabile anche nel lavoro d’ufficio e non solo sui campi
di battaglia.
Appena giunsero nell’appartamento e Roy fu seduto sul
divano, il micio zampettò agilmente verso di lui, saltandogli in grembo prima
che potesse fermarlo.
Strinse i denti, impallidendo.
“Toraaa…” ringhiò, sofferente.
Avrebbe giurato che l’avesse fatto apposta. Se non fosse un
gatto, Roy ne era convinto, lo avrebbe catalogato come un atto deliberato per
nuocere alla sua persona.
“No, Tora.” Lo sgridò Ed, senza
troppa convinzione. “Il Taisa ha la luna storta,
oggi.”
“Io non ho la luna storta! Io sto male!!”
“Ecco, vedi,Tora?
Dice che sta male… ma fa solo il
lavativo.”
“Meeoow!”
“Acciaio! Ti giuro che…”
“Non sia spergiuro, la
prego.” Tagliò corto Fullmetal, sdegnato. “Lei
oggi non voleva lavorare - e quando mai ne ha voglia? -
aggiungerei io, e sta fingendo un malore che in realtà non prova!”
“Ma non è…”
“Forse è più forte di lei, non so, non mi ci metto neppure! La
sua testa è così contorta che… beh, il punto è che lei dovrebbe capire che un
adulto ha delle responsabilità a cui sottostare, dovrebbe dare il buon esempio
ai suoi sottoposti, anziché simulare malanni… il giorno in cui succederà veramente,
nessuno si fiderà più…”
“Ma ti assicuro che, davvero, io…”
“Guardi: può gridare ‘Al lupo!, al
lupo!!’ finché vuole, ma io non ci casco!”
“Io… cosa?”
Edward smosse l’aria davanti a sé, come per liquidare
l’evento. “Secondo me, lei sta mentendo; e fino a quando non stramazzerà al
suolo, io non…”
Fu in quell’esatto momento che Mustang perse i sensi,
collassando su se stesso.
*****
“Sei stato perfido a dirmi tutte quelle cose!” gli
rinfacciò, fingendosi offeso.
“Chi poteva immaginare che fossi già in setticemia? Te le
eri andate a cercare, mio caro!” lo rimbrottò Edward, interrompendo ciò che
stava facendo per sdraiarsi contro di lui. “Come il pastorello bugiardo.”
Roy sorrise ironico. “Stavo pensando… Il centralino delle
emergenze conosce questo domicilio a memoria!”
“Allora è stato un bene, perché - come ben sai - se tu
avessi aspettato ancora un paio d’ore, adesso staresti sei piedi sotto terra…”
“Ma io ve l’ho detto che stavo male! Avevo l’appendicite, ma
ti rendi conto! Soffrivo come un cane!”
“E nessuno ti credeva davvero, a causa della tua condotta
sbagliata... Il punto è: hai imparato qualcosa da questa storia? No, non mi
sembra… quando vuoi cazzeggiare, continui a propinarci le tue scuse!”
“Eh, cosa vuoi…” sorrise malandrino “il lupo perde il pelo,
ma non il vizio!”
Fine
Disclaimers: I personaggi citati
in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi
diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.
Così pure la Favola del Pastorello
Bugiardo, che appartiene a Esopo, pace all’anima sua.
Il lupo perde il pelo,
ma non il vizio!è un noto proverbio popolare.
Saltiamo le ovvietà.
Il titolo: il cane
lupo è una razza particolare, con diverse varietà (il lupo italiano, il lupo cecoslovacco…). Ho scelto questo titolo per il suo
duplice significato. Roy è un cane (dell’esercito), ma è anche un lupo (perché
non perde mai il suo vizio), il rimando alla favola di Esopo è palese.
Note varie: poiché ‘non c’è due senza tre’…
ebbene, dopo Ed e Tora, poteva mancare il
maltrattamento alla mia vittima sacrificale prediletta e predestinata? Certo
che no! ^^
Vi ho risparmiato la scena dell’ospedale, ma il Taisa se l’è vista davvero brutta! XD
Un pensiero a Max, che mi ha ispirato il capitolo, prendendo
spunto dalla sua vita incasinata (da ‘fancazzista
D.O.C.). Ipocondriaco com’è, quando ha detto di avere male, nessuno gli ha
creduto, ed è finito all’ospedale con urgenza, con peritonite in atto. Scusa,
Max! ^^
Un chiarimento: Ed domanda (dubbioso) al Taisa
come egli si senta, facendogli notare che è pallido.
Lo fa senza ironia di fondo. Però poi, soprattutto quando Roy se la svigna in
fretta dall’ufficio, Edo pensa che Roy stia fingendo, e quindi fa il sarcastico
a casa sua, e gli rinnova la paternale, rincarando la dose di Riza.
Riza, a sua volta, non l’ho voluta
delineare *stronza*, a me piace tantissimo come
personaggio, e un po’ mi infastidisce quando le fansRoyEd la fanno passare per un
megera.
Secondo me, Riza si comporta
duramente col Taisa, perché sa che lui è un eterno bambino, e che con lui servono le ‘maniere
forti’, ma lo fa perché gli vuole bene, e ci tiene alla sua carriera e al suo
sogno. Non per cattiveria gratuita.
La Cistite:
è un’infiammazione batterica delle vie urinarie. E’ rara negli uomini, per
fattori anatomici.
Precisazioni al
capitolo precedente: grazie per l’affetto che mi avete dimostrato! ^*^
Ah, mi è stato chiesto dove va collocato il cap: come detto, è agli esordi della storia, proprio nelle
prime settimane dal ritrovamento del gatto.
E poi: come mai
Ed non chieda aiuto ad Al, che è sicuramente più esperto di
lui in gatti, e magari poteva dirgli come sollevare un po’ Tora
dalle sue pene.
Io sono certa che l’abbia fatto per non farlo
soffrire inutilmente. Ed sapeva che sarebbe stata una lunga notte e che forse Tora non sarebbe sopravvissuto. Vista l’adorazione di Al
per i gatti, ha preferito mentirgli, per evitargli dolore. D’altra parte,
neppure il veterinario aveva saputo dirgli di più.
Quello che forse è un po’ passato in secondo piano è il
fatto stesso che Al abbia chiamato. Per esperienza personale, so che esistono
le premonizioni di eventi spiacevoli. Ci sono persone che le avvertono, le
percepiscono, quando riguardano i loro cari.
Io credo che Ed e Al abbiano un legame così forte che può
succedere anche questo, benché non sia logico né razionale.
Chiedo perdono per il ritardo dell’aggiornamento. Grossi impegni
lavorativi e di famiglia mi tengono lontana dal pc un
tempo ragionevole per scrivere.
E poi questo capitolo è stato un parto. L’avevo abbozzato
mesi fa, con intenti comici. Quando l’ho finito, mi sono accorta che era
diventato patetico e drammatico, quindi ho dovuto rimaneggiarlo completamente,
in diversi giorni. Spero vi piaccia comunque. Ç__ç
Ringrazio quanti hanno letto e commentato la mia fic SPOILERsu Twilight“AlphaWolf”. Se non l’avete fatto, vi invito a leggerla e a darmi un
parere!
Un buon ritorno in gale- uhm… a scuola XD, per chi
riprenderà lunedì, e per chi ha già incominciato. Che sia un anno produttivo!
(E che le fic vi tengano compagnia
u_u)
Campagna di Promozione
Sociale - Messaggio No Profit:
Dona l’8‰ del tuo tempo alla causa
pro recensioni.
Farai felice
milioni di scrittori.
(Chiunque voglia
aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio crede) Come sempre, sono graditi commenti,
consigli e critiche.
Capitolo 65 *** Lingue di Gatto e Biscotti di Nonna Papera ***
Il seguente scritto contiene impliciti riferimenti yaoi
Il seguente scritto contiene impliciti
riferimenti yaoi.
Per ulteriori spiegazioni, vi rimando alla conclusione della fic, dopo la lettura.
A chi ha recensito i precedenti
capitoli della raccolta.
E a quanti commenteranno.
Ai vecchi e ai nuovi lettori.
Grazie.
Lingue di Gatto
e Biscotti di Nonna Papera
byelyxyz
Era cominciato tutto quasi per caso.
Un mercoledì come gli altri, Roy era rincasato, in attesa
che poi Edward lo raggiungesse, dopo aver cenato in Caserma.
Tra una discussione sulla scomposizione molecolare e un
sorso di the nero, Mustang s’era ricordato che il Tenente Colonnello Hughes,
quella mattina, gli aveva porto i calorosi saluti della sua famigliola e un
pensiero da parte della sua figlioccia, fatto con le sue manine sante e delicate.
Prima di ritrovarsi davanti al naso un sacchetto riempito di
biscotti fatti in casa, aveva quasi pensato che scherzasse.
Ma si era ricreduto presto, perché Maes
gli aveva fatto giurare di non sprecarne nemmeno una briciola.
“Per lo zio Roy.” Si era raccomandata la bambina, scrivendo
in una grafia malferma e infantile un piccolo bigliettino d’accompagnamento.
E Mustang si era pensato bene di non mangiarli davanti al
suo migliore amico, per non farseli andare di traverso, e per non sentirsi
osservato come se stesse maneggiando fuoco liquido.
Perciò se li era infilati in tasca, tra promesse e
scongiuri. E adesso poteva sgranocchiarli in pace, assieme a quel golosone di
Acciaio.
“Ma davvero li ha fatti Ely-chan?”
l’interrogò, ingozzandosi con l’ennesimo frollino.
“Potrei giurartelo sulla testa bacata del Tenente
Colonnello!” scherzò, facendosi passare il vassoio. “Carini, eh?”
Edo si fermò a scrutarne uno, chiaramente di stampo
casalingo.
“…Dall’approssimativa forma di asterisco, interessante!”
“E’ una stellina, Fullmetal!” lo
contraddisse l’uomo, sghignazzando.
Edward arrossì, imbarazzato. “E come diamine fa a saperlo?!” sbottò, alterandosi.
“Perché io conosco i gusti della mia figlioccia!” replicò,
con una punta di supponenza.
Mai e poi mai, gli avrebbe
confessato che Maes gli aveva riempito la testa di quelle
informazioni essenziali come fosse un
pallone aerostatico.
“Mah…” borbottò Ed, poco convinto.
Le labbra del Colonnello s’allargarono in un sorriso. “Prima
le stelline, poi i cuoricini. Sono le forme preferite di Elycia.”
“Le do il beneficio del dubbio.” Concesse
riluttante.
“Fagiolo di poca fede!” lo prese in giro l’altro.
“Ehi! Ma come si permet-”
“Non lo vuoi, l’ultimo?” l’interruppe il moro,
restituendogli il piattino praticamente vuoto.
Edo s’allungò, mugugnandogli contro; tuttavia prese il
frollino e l’ingoiò in un sol boccone.
“Peccato siano già finiti. Erano
buoni.” Si leccò le dita per togliere le briciole.
“Per tua informazione, li vendono in ogni negozio di dolci,
in qualsiasi pasticceria.”
“Questa è una cazzata!” lo confutò il biondo. “I biscotti
fatti in casa sono molto più buoni e saporiti, non c’è paragone!” argomentò autorevole,
quasi fosse una discussione di Alchimia. “Forse è merito dell’impasto, o delle
uova più fresche, chissà… ma ho ben presente i frollini
di zia Pinako, e non c’è pasticceria che tenga!”
Mustang si chiese se fosse Winry a
fornire la materia prima, ma non era abbastanza incosciente da domandare al
giovane Elric se l’amica d’infanzia deponesse anche le
uova, tra le altre cose…
“Perché ha quell’espressione idiota?” s’interessò questi,
compatendolo.
“Ah, niente di che. Una riflessione estemporanea sulle
galline da fattoria. Le pollastrelle che razzolano tutto il giorno nell’erba
dei prati… ne avrete parecchie anche voi, a Resembool…”
“E… dove vorrebbe arrivare?” insinuò Edward, assottigliando
lo sguardo. “Al fatto che le galline mangiano vermetti, mangime e fagiolini?”
sibilò.
“Oh, no! Spero di no! Anzi, mi
auguro che se ne stiano alla larga dai legumi.” E lo disse in un modo così
sincero e serio, che Edo se ne stupì.
“E’ un conversazione idiota.
Chiudiamola qui.” Tagliò corto, cambiando argomento. “Se il signor Hughes si fa
sentire, lo ringrazi da parte mia, e…”
“Gli dico di portartene ancora?” indovinò.
Edward arrossì nuovamente. “Beh, no, certo che no, anche
se…” farfugliò.
“Maes non tornerà a East City tanto
presto, temo. Ma potremmo trovare delle alternative…”
“Tipo?”
“Farceli cucinare da Riza?”
“Le ricordo che, l’ultima volta che li ha portati in
ufficio, non si capiva la differenza tra quelli per noi e quelli per Hayate…”
Fecero entrambi una smorfia disgustata.
“Potrei chiedere a Breda di prepararci dei biscotti…”
“Signore, Heymans se li mangia, non li sa preparare!”
“Falman, o Fury?”
“Ci vuole avvelenare?!”
“Havoc?”
“Con tutto rispetto…”
“Ok, lascia perdere. Ho capito.” Sbuffò, arrovellandosi il
cervello. “La signora Nismet!”
“La sua donna delle pulizie?”
“Certo! Hai dei nipotini, quindi saprà di certo cucinare
dolci e torte.”
“E sia.” Acconsentì, dubbioso.
Il mercoledì successivo, con un sorriso gigantesco stampato
in faccia, Mustang gli aprì la porta di casa con un mega vassoio riempito con
ogni ben di dio.
Se Alphonse avesse potuto
mangiarne, Edo gliene avrebbe portati in Caserma un sacco pieno.
La signora Nismet si era data
parecchio da fare, soddisfacendo ampiamente il loro desiderio.
“Gli elefanti sanno di uvetta.” Disse Ed, sputacchiando
briciole ovunque. “Buoni!”
“Gli orsetti sono al cocco.” Lo avvertì Roy, indicandoli.
“Devo ancora assaggiare un gatto.” Meditò,
concentrato.
“E’ peloso, grasso e stopposo. Non
te lo consiglio.” Replicò serio il Taisa.
Nel momento in cui capì il sottinteso, Edward sollevò lo
sguardo dai dolci, sconcertato.
“Dov’è Tora?” l’interrogò, guardingo.
“Stavo scherzando, Acciaio!” si
difese, con comica esasperazione.
“Sì, ma dov’è Tora?” insistette,
come se d’un tratto avesse notato l’assenza.
Era quello, uno dei periodi in cui il loro micio cercava
l’indipendenza. E preferiva nascondersi per casa architettando agguati nei
momenti più impensabili, oppure scampagnate sui tetti ad interim.
Dopo i primi, leciti spaventi - e una buona dose di
apprensione, da parte di Fullmetal - avevano realizzato che la cosa migliore era lasciarlo fare. Tora sarebbe comunque tornato quando voleva, oppure si
lasciava trovare, venendo in cerca di coccole e attenzioni. O di cibo.
Era inutile pressarlo, si otteneva l’effetto contrario, come
per un adolescente in piena crisigenerazionale.
“Quando sono rincasato, era col muso
dentro il sacchetto dei biscotti. Credo sia andato a smaltire
l’abbuffata con Minù.” Gli fece l’occhiolino,
lanciando in aria le allusioni.
Edward sbuffò, irritato. “Eviterò di prestare attenzione
alle sue volgarità. Tuttavia le rammento che è controproducente per la sua
salute e la sua dieta; non dovrebbe mangiare biscotti che esulino dal cibo per
gatti!”
“Povera bestia! Lascia che si goda la vita, per una volta…”
“Anche perché…”
“Sì, è già troppo tardi, no?”
Edo rise del discorso sconclusionato del suo superiore, e
non infierì oltre. A patto che gli fosse restituito il lauto vassoio.
Anche il mercoledì successivo fu all’insegna di dolci
intrattenimenti, benché in numero più contenuto.
Nismet-san stava dando il meglio
di sé.
Edward aveva la pancia così piena che faticava persino a
concentrarsi sul libro di Alchimia che stava leggendo.
Il Colonnello, al par suo, non era da meno. Aveva persino
suggerito di bere un digestivo che alleviasse il senso di pesantezza, ma lui
aveva rifiutato, per non perdere il buon gusto che sentiva in bocca.
Una settimana dopo, aveva avuto così fortuna che, appena
arrivato, si sentì dire che anche i biscotti erano stati da poco consegnati ed
erano ancora tiepidi.
Benché fosse cosa risaputa che i dolci vanno lasciati a
raffreddare, per non creare problemi… non avevano resistito e, nel giro di
un’ora, avevano entrambi un gran mal di pancia e le lacrime da coccodrillo.
Il quinto mercoledì sera si presentò con una scomoda
variante.
I biscotti erano tutti molto cotti - un eufemismo per dire
mezzi bruciacchiati - con una forma assai più imprecisa delle precedenti, come
se non fossero state usate le adeguate formine.
Roy si era scusato a nome della
signora Nismet, chiarendogli che il forno della donna
aveva fatto i capricci, e che aveva quasi pensato di buttarli, lasciando però a
loro la scelta.
L’espressione delusa di Mustang rendeva bene l’idea, perciò
Edward se li mangiò ugualmente, dimostrando gratitudine per il lavoro e la
fatica di Nismet-san.
La settimana successiva, evidentemente, il forno non era
stato ancora riparato, perché alcune bruciature permanevano. La cosa curiosa,
però, era che la numerosa tipologia di biscotti si era ridotta drasticamente ad
un unico esemplare. Delle cialde finissime e molto dolci, che non aveva mai visto
prima.
“Sono ‘Lingue di Gatto’.” Gli aveva spiegato il Taisa, assaggiandone una. “Sottili e un po’ ruvide, come la
lingua rasposa di un felino.”
Al di là del nome di dubbio gusto, erano molto buone, per la miseria.
“Posso chiedere a Nismet-san di
rifarti questi, la prossima settimana.” Suggerì l’uomo, accomodante.
E così, per le due settimane seguenti, un bel piatto di
Lingue di Gatto accompagnò i loro studi, le letture, i dibattiti d’Alchimia.
Roy rincasava dall’ufficio, e Edward lo raggiungeva, dopo
cena.
Pure quella sera, acciambellati sul divano tra tomi
polverosi e Tora, stavano consumando la loro razione
settimanale di dolcezza.
Edward era tutto contento. Tra i tanti biscotti provati in
quel periodo, queste cialde erano le migliori. Leggere e friabili al punto
giusto. “Niente da dire. Sono buonissime!”
“Si nota il miglioramento, eh?” Mustang sorrise compiaciuto.
“Riferirò i tuoi apprezzamenti.”
“Potrei avere la ricetta?” chiese,
d’un tratto.
“100
grammi di fa-” s’interruppe.
“La chiederò alla signora Nismet, ovviamente.”
“Ovviamente.” Lo
imitò Ed. “Come mai il forno era ancora caldo, quando sono arrivato?”
“Non che la cosa ti riguardi,” lo
rimproverò. “Tuttavia… Ho cucinato dell’ottimo pollo arrosto per cena.”
“Anche oggi in mensa, lei ha mangiato dell’insalata di
pollo…” appuntò il ragazzo.
“E allora?” ribatté il moro, stizzito. “Sto facendo la Dieta del Pollo!”
“C’entra qualcosa con le galline di Resembool?”
s’interessò, ingenuamente.
“Ovviamente no!”
“Ah, davvero?”
“Sì, davvero. Il mio pollo è inimitabile!”
“Taisa?”
“Mh?”
“Havoc, la settimana scorsa, mi ha
fatto notare una cosa che mi era sfuggita…”
“E sarebbe?”
“Che lei, da sette settimane, ogni mercoledì esce
dall’ufficio prima del solito.”
“Vado a fare la spesa. E’ un reato?” sbottò, piccato.
“Oh, no. Certo
che no!” concordò, accondiscendente.
“Ma…?” l’incalzò, tentennante.
Edward sorrise, indulgente.
“Ma io mi sono fatto una mia teoria, e oggi l’ho
verificata.”
Presentarsi bastardamente in anticipo era giocare sporco, lo sapeva, ma...
Roy deglutì.
Com’era quel saggio
consiglio? Negare. Negare. Negare.
“Ti assicuro che ti stai…”
“E’ migliorato parecchio, lo sa? Nismet-sandev’essere
una brava maestra!”
“Ma io non…” tentennò. “Ok.” Ammise. “Come mi hai scoperto?”
“Spirito di osservazione e teorie verosimili.” Dichiarò,
seriamente. “Sono un Alchimista di Stato. E’ il mio lavoro scovare gli indizi…” chiarì, in tono
professionale.
Mustang fece un’espressione costernata. Forse non aveva
gradito che quella farsa fosse scoperta. Per il suo amor proprio,
probabilmente.
Ma a Edward non dispiaceva, anzi. Tutt’altro.
“La settimana prossima li prepariamo insieme?” si offrì,
come simbolo di pace.
“A patto che tu mi dica come mi sono tradito.” Concesse il Flame.
Il sorriso di Ed si spalancò a tuttotondo.
“Non si è accorto che ha ancora dello zucchero a velo sui
pantaloni, e della farina sul naso?”
Fine
Disclaimers: I personaggi citati
in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi
diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.
Note varie: i biscotti fatti dai bambini sono
stati l’input per il capitolo. Adoro vedere dei
dolcetti dalle forme bislacche! ^___^
Ah, mi sono divertita a scrivere l’assurda arringa di Roy,
non ho la pretesa che la farsa che ha imbastito fosse credibile. Si capisce
presto che era lui…
Precisazioni al
capitolo precedente: una curiosità: esistono diversi fattori (più o
meno conosciuti ed evitabili) che possono scatenare un attacco di appendicite,
tra cui un vita sedentaria e ingestione di frutta con
nocciolo (tipo le ciliegie), che potrebbe creare un’ostruzione,
l’infiammazione, ecc… beh, non lo sapevo!
Quando Ed chiede “Quali cose?” era distratto… XD, oppure si
è dimenticato di ripassare fisiologia applicata! XD sapete com’è, no? Questi
pozzi di scienza teorica, che poi s’affossano nella pratica! ^^
Sinceramente non avevo calcolato che ‘il colpo di grazia’ di
Tora potesse essere visto come la salvezza del Taisa, però… è un gatto premuroso, eh? ^__= continua a
salvare il suo sconsiderato padrone!
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(Chiunque voglia
aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio crede) Come sempre, sono graditi commenti,
consigli e critiche.
Per ulteriori spiegazioni, vi rimando alla conclusione della fic, dopo la lettura.
A chi ha recensito i precedenti
capitoli della raccolta.
E a quanti commenteranno.
Ai vecchi e ai nuovi lettori.
Grazie.
Rainy Memories
byelyxyz
Nell’aria vorticavano piacevoli volute di vapore, lo
sciabordio dell’acqua coccolavavoluttuosamente
il silenzio.
La vasca da bagno, a conti fatti, non era mai stata così piacevolmente stretta.
“Roy?” mugugnò Fullmetal, beandosi
delle carezze rilassanti che il compagno gli offriva.
“Mh?” Mustang rallentò il
movimento, incuriosito.
“Sai? Stavo pensando…”
“A cosa?”
“A chi, è la
domanda più corretta.” Lo corresse Ed, sorridendo. Ma l’altro non lo vide,
perché gli dava le spalle.
L’uomo s’arrestò, smettendo di passare la spugna sulla pelle
del biondo.
“Chi, di grazia?”
sibilò, allungando le mani sul corpo rannicchiato del compagno, come atavico
gesto di possesso.
Edward girò di lato il capo, per osservarlo di profilo. “Non
puoi essere geloso!” protestò, divertito. “Abbiamo fatto l’amore fino a
mezz’ora fa!”
“Se poi però ti ronza in testa qualcun altro, non è che ne
sia particolarmente felice!” sbottò, imbronciandosi.
Edo si accoccolò meglio tra le sue gambe, reclinando la nuca
verso la sua spalla nuda.
“Non è niente di che.”
Roy riprese il massaggio sulla cute, riagguantando la spugna
che era caduta nel fondo della vasca.
Gli sfiorò una tempia con le labbra, senza smettere.
“Avanti, su! Prometto di non arrabbiarmi.” Lo incitò,
predisponendosi all’ascolto.
“Mi chiedevo… ti seccherebbe se invitassimo Winry per il weekend?” domandò, con angelica inflessione.
“Eeed…” ringhiò l’uomo, come
monito.
Il sorriso birichino del suo partner parlava da sé.
“Sii serio!”
“Oh, ma io sono serissimo!”
puntualizzò, giocando con la schiuma che tracimava dal bordo.
“Potrei farti notare che stai avvelenando il mio buonumore?”
“Potrei farti notare
chestai facendo
i capricci come un marmocchio viziato?”
“Sì, puoi.” Concesse Roy, serafico. “Non me ne frega un
cazzo.”
“Peccato,” si rammaricò Elric “dovrebbe sempre importanti di cosa io pensi di te…”
“Tengo in considerazione le tue opinioni più dell’aria che
respiro, Mame-chan; ma se tiri in ballo la… uhm… la tua amica d’infanzia, io mi tiro fuori
dai giochi.”
“Decisione saggia, tutto sommato.”
“E’ che non mi voglio rovinare la serata… o la settimana
intera.”
“Giusto.”
“Mame-chan?”
“Sì?”
“Tu non stavi pensando a lei, prima, vero?” indagò, con malcelato distacco.
“Eh! E chi può dirlo?!” scherzò, per stuzzicarlo.
Mustang gli fece il solletico per vendetta e, mentre Edward
strillava giocosamente infastidito, il pavimento s’inondava di spruzzi.
Alla fine s’acquietarono, adagiati mollemente nell’acqua,
abbracciati l’uno all’altro.
“Roy?” lo chiamò nuovamente, dopo un po’.
“Mh?” l’uomo s’era assopito, forse
sonnecchiava.
“Roy? Stai dormendo?”
“Ora non più.” Mugolò, sbadigliando.
“Ti prenderai un accidente!”
“Anche tu…” replicò fiaccamente.
“Roy?” ripeté.
Mustang sollevò la testa dal suo cantuccio contro il muro,
fissando il compagno davanti a sé. “Nh?”
“Hai mai sentito parlare di Nicolas Flamel?”
gli chiese Ed, con aria pensierosa, socchiudendo gli occhi per concentrarsi
meglio.
“No. Non credo. Chi è?”
“Un alchimista. Un amico di mio padre, credo. Mi è venuto in
mente così, all’improvviso. Una volta, io e Al avevamo trovato, nel suo studio,
degli appunti scritti a quattro mani con quest’uomo. Mamma disse che era un
alchimista, che aveva compiuto interessanti ricerche sulla Pietra Filosofale.”
“E ovviamente quelle annotazioni non esistono più.”
Constatò, come dato di fatto.
Edo scosse la testa con rammarico, ricordando la propria
casa natia che bruciava per mano sua.
“No. Sono andati irrimediabilmente persi.” Si rammaricò.
“Forse ci potevano essere utili…”
“Possiamo fare delle indagini, se vuoi.” Propose. “Da domattina,
però.” Precisò, con l’intenzione di
rendere più proficuo quel loro momento di
rilassamento.
Edward annuì, assente.
“Roy…?”
“Nh?”
“Il nome Albus Silente… ti dice
niente?”
Fine
Disclaimers: I personaggi citati
in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi
diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.
Note varie: il titolo ha il grigio uggioso dei
giorni di pioggia. Mi sono immaginata così i ricordi di Edward, un qualcosa dai
contorni sfocati e vaghi, come certi paesaggi d’autunno che vedi distorti,
indefiniti, fuori dalla finestra sotto uno di quei piovaschi autunnali che
mettono malinconia, un po’ come tutto ciò che ha a che fare con l’infanzia di
Ed.
Avrete notato il lampante cross-over
con Harry Potter; quando nomini la Pietra
Filosofale, è quasi un obbligo collegare le due cose!
Ah, per il Preside di Hogwarts ho
scelto il nome della traduzione italiana, non me ne vogliano i puritani di HP.
Come saprete,Flamel
Nicolas è un personaggio storico, realmente esistito. Riporto qualche curiosità
su di lui, tratta da Wikipedia - L’Enciclopedia
Libera:
Nicolas Flamel (Pontoise, 1330
circa – Parigi, 1418) , scrivano e copista
dell'Università di Parigi, fu un celebre alchimista francese del XV secolo.
La sua vita non è un mito: la sua casa a Parigi, costruita nel 1407, è
ancora in piedi e si trova al numero 51 di rue de Montmorency
(III arrondissement di Parigi), dove ora c'è un
ristorante. Le sue imprese, tuttavia, sono materia da leggenda.
Si suppone che Flamel sia stato il più completo
fra gli alchimisti europei. Le leggende narrano che riuscì a perseguire due magici
traguardi dell'alchimia, quelli che sono ritenuti gli obiettivi principali di
questa pseudoscienza: creò la pietra filosofale, in grado di trasformare il piombo
in oro, e assieme a sua moglie Perenelle ottenne l'immortalità.
Ciò che interessa a noi:
La storia di Nicolas Flamel è citata nel primo
libro della serie Harry Potter di J. K. Rowling, Harry Potter e la
pietra filosofale. Flamel è anche menzionato come
uno dei Grandi Maestri del Priorato di Sion nel Codice Da Vinci di Dan Brown e nel libro del 1982 Il Santo Graal (HolyBlood, HolyGrail), ed è menzionato
in alcune occasioni (capitoli 20 e 44) neNotre Dame de Parisdi
Victor Hugo. Uno dei simboli sulla sua tomba (vedi a
lato), il serpente crocifisso, è portato da uno dei due personaggi principali
della serie anime e mangaFullmetalAlchemist, il quale cita anche alcuni lavori di Flamel come la pietra filosofale e la creazione dell'homunculus.
Interessante, eh?
Precisazioni al
capitolo precedente: sono contenta che vi sia piaciuto! E che la dolcezza
sia giunta sino a voi! XD
Un paio di precisazioni:
X Fosuke: non ho detto che Riza non sa cucinare, ma che non sa
preparare dolci. ^^’’
Me la immagino una donna molto pratica, che non si perde in
frivolezze come un pomeriggio in cucina tra i fornelli… secondo me, preferisce
andare al poligono! XD
X Beat: no, non temere: Tora non fuggirà per davvero. Torna sempre a casa
come Lassie! XD
X Il_Duo_Roy_Ed: Grazie per aver esposto le tue idee;
anche se non le condivido affatto.
Forse ti è sfuggito il fatto che
sia UNA RACCOLTA anche se l’ho detto in tutte le salse, ormai.
Ci sono capitoli più o meno intensi di altri, ma non credo -
in tutta sincerità - che io la stia allungando a dismisura
per niente. Finché ci saranno lettori che la apprezzano e mi supportano,
io continuerò ad aggiornarla.
Sul ‘linguaggio abbastanza
corretto’ perdonami, ma non transigo: la fic è
scritta con proprietà di linguaggio, correttezza ortografica e grammaticale.
Può essermi sfuggito qualche raro errore di battitura - per carità -; ma controllo
con pignoleria maniacale ogni minima paratassi, ipotassi e sintassi di ogni
capitolo. E credo che la sua qualità sia MOLTO al di sopra dell’‘abbastanza
corretto’ che dici tu. Se hai letto fic migliori di
questa, come affermi, dedica il tuo tempo a storie più meritevoli della mia,
grazie.
Riguardo all’ultimo consiglio: sto già lavorando ad altri
progetti, sto preparando sei concorsi, di cui uno
appena vinto - basta che dai un’occhiata al mio account. Ma non per questo
abbandonerò It’sraining.
Do il benvenuto a HarryEly e Talpina Pensierosa tra
i nuovi lettori!^^
Ringrazio quanti
hanno letto, commentato e votato per la fic “Bluelife” nel
fandom di Twilight.
Vi annuncio con
gioia che ho vinto, anche grazie a voi! ^_____^
Appena usciranno i risultati, posterò anche altre cosette carine su FMA…
restate sintonizzati!
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consigli e critiche.
Il seguente scritto contiene lievi riferimenti yaoi
Il seguente scritto contiene lievi riferimenti
yaoi.
L’incastro cronologico di questo cap
è ininfluente per la sua comprensione; ad ogni modo, è ambientato quando Roy e
Ed hanno iniziato da poco a convivere.
Per ulteriori spiegazioni, vi rimando alla conclusione della fic, dopo la lettura.
Dedicato ad Arianna, che tra
qualche giorno compie gli anni.
Mi spiace, cucciola, ma temo di
non poterti regalare nient’altro in tempi ragionevoli.
Spero almeno che ti piaccia.
A quanti commenteranno.
Ai vecchi e ai nuovi lettori.
Grazie.
byelyxyz
Edward Elric canticchiava
allegramente un motivetto senza senso che lo metteva di buonumore.
Era orgoglioso della cena che era riuscito a procacciarsi.
Guardava con fierezza quella sfavillante trota fario che campeggiava, vinta, sul ripiano del lavello: uno
splendido esemplare col ventre bianco grigiastro argentato, rivestito di
macchie puntiformi nere e rosse sul dorso olivastro, l’occhietto vitreo che lo
scrutava in modo accusatorio.
Una bestia da quasi un chilo, ed era stato un gioco da
ragazzi tirarla fuori dall’acqua, senza peccare di finta modestia.
In fondo, non era mica
Roy, lui!
Ne bastava uno, in
famiglia, a fare il gradasso.
Però, certo… non capitava tutti i giorni una cosetta così
graziosa, - puzzo fisiologico a parte - e l’amor proprio di poter dire che la
cena era tutto merito suo - dalla
materia prima al risultato finale.
Quel weekend, mentre l’Alchimista di Fuoco era stato
sommerso da scartoffie infinite e riunioni improrogabili, ne aveva approfittato
per fare una piccola fuga fuori città con suo fratello: vista la bella
stagione, avevano sfruttato l’occasione per rinverdire i vecchi tempi, andando
a pescare nel torrentello che poi confluiva nel Blue
River - tanto caro ad Havoc e alle sue esche - così
simile a quello che scorreva appena fuori Resembool,
dove l’acqua era ancora limpida e fresca, e dove da bambini sguazzavano
allegramente d’estate, assieme a Winry.
Il risultato di quella velleità ittica erano stati un pugno
di pescetti - poco più che sardinelle - e quel
bestione inaspettato.
Perché sì, bisognava dire che l’entusiasmo della pratica
sportiva non era mai stato supportato da un altrettanto consistente introito
animale.
Fin da piccoli, lui e Al avevano fatto i conti con le figuracce
e le delusioni, ma in fondo lo facevano per
il gusto di farlo, non per il risultato.
C’era un ché di misticamente segreto e arcano, nell’infilare
un’esca nell’amo e a star lì, ad attendere per ore, bisbigliando appena, per
non spaventare i pesci.
Che poi quelle dannate bestiacce fossero più furbe di loro,
beh… quello era un altro conto.
E lui non ci teneva a doverlo spiegare a chicchessia.
Winry non li aveva mai capiti,
quand’erano piccoli; e Roy non lo faceva adesso. Difatti con lui non era mai
andato a pesca. E non lo attraeva neppure farlo, a dirla tutta.
Mustang aveva altre concezioni - inconciliabili con le sue -
del termine ‘oziare’. E, benché in quest’arte fosse un innegabile maestro, Edward
ci teneva a chiarire che ne prendeva le distanze.
Pescare non era
oziare. Era uno sport.
Introducendo una variante alla canzoncina, finì di pulire le
sue prede dalle interiora, fantasticando sul modo migliore di cuocerle
saporitamente… alla brace, al vapore, al forno… alla mugnaia, oppure lessate, o
ancora fritte…
Il problema era la misura.
I pesciolini non si sarebbero adattati al tempo necessario
per quello più grosso - il suo orgoglio - e inevitabilmente qualcosa non
sarebbe andato secondo i suoi piani.
“Sono tornato…” avvisò Mustang dalla soglia.
Edward si volse a guardarlo, mentre strisciava verso di lui
strascicando le ciabatte.
“Sembri stanco morto!”
“Non lo sembro, lo
sono.” Precisò, chinandosi a ricevere almeno
un bacetto di bentornato.
“Lavorare seriamente ti distrugge, eh?” lo punzecchiò il
biondo, sogghignando.
“Non me ne parlare…” si lagnò, strofinando stancamente il
mento sulla spalla del più basso, in cerca di coccole.
“Vai a farti il bagno, così poi ceniamo e ti potrai
rilassare.”
“Cosa si mangia di buono?”
“Ta-dan!” Allargò le mani in un
teatrale gesto onorifico, indicando la trota passata a miglior vita. “Non è
meravigliosa?”
“Mame-chan… hai intenzione
incorniciarlo, quel pesce?” scherzò, “E’ meglio che lo cucini, prima che ti
scappi via!” sghignazzò, prendendolo in giro.
“Vedrai!” replicò Edo, in tono profetico. “Ci sarà da
leccarsi i baffi!”
Giusto in quel mentre, il loro micio fece il suo miagolante ingresso,
zampettando allegramente verso le gambe di Roy. Senza perdere tempo, si strusciò
con foga contro i suoi pantaloni.
“Ehi! Sacco di ciccia!” esordì questi,
abbassando lo sguardo, mentre Ed disapprovava l’appellativo. “Com’è che
siamo così affettuosi, stasera?”
“Vuole che tu gli dia da mangiare.” Spiegò il compagno, lavando
le verdure di contorno.
“Ah, ecco! Mi
pareva strano…” malignò, scrutandolo truce.
“Meeooowwwww!” ripeté il gatto, contraccambiando
l’occhiataccia.
“Sei ridotto così
male che vieni ad elemosinare persino da me?!” sbottò
scandalizzato.
“Meow!”
Edward rise, indicando le ciotole vuote. Poi, da bravo
genitore, si chinò ad accarezzare il felino impostando un’intonazione
autorevole, gentile e al contempo inflessibile. “Mi dispiace, Tora. Ma il veterinario è stato chiaro: devi rispettare la
dieta, e tu hai già mangiato la tua razione più di un’ora fa.”
Prese uno dei contenitori, indirizzandosi al rubinetto.
“Niente latte. Posso darti dell’acqua fresca, è il massimo dell’offerta.”
Ma il micio snobbò quella
gentilezza, limitandosi ad annusare guardingo, poi fece fuoriuscire un verso
gutturale, vagamente infastidito.
“E’ inutile che protesti!” lo sgridò Roy, in tono divertito,
avviandosi in corridoio. Risbucò dalla soglia.
“Lasciami un quarto d’ora, Mame-chan, ma se mi
addormento in ammollo vieni a prendermi, non voglio morire lessato come quella
povera bestia!”
“Quella povera bestia
si sente onorata di venir mangiata da
noi!” lo contraddisse, gonfiando il petto.
“Sì, amore, certo. Moriva
dalla voglia di avere questo privilegio.” Lo canzonò, scomparendo
prima che Edward potesse partire con una delle sue tiritere infinite. “Vado a
riempire la vasca.”
Edo sospirò, accantonando il discorso. Decise che aveva
voglia di una buona frittura, perciò andò a raccattare la farina bianca dalla credenza…
o era meglio il pangrattato?
Di sottofondo, l’acqua che scorreva in bagno copriva appena
il suo rovistare tra i ripiani.
Fu in quel mentre che il telefono squillò.
“Eeeeddd! Vai
tu?” si sentì chiedere, la voce del compagno sovrastata dallo scrosciare.
“Se è dal Quartier Generale, ed è per me…” gridò il Flame
“Di’ loro che non ci sono e non ci sarò, almeno fino all’anno prossimo! Che
sono partito, che sono in letargo, che sono a Briggs,
vedi tu!”
“Ok, ok. Ho capito!” ridacchiò, pulendosi
le mani nel grembiule con le paperelle gialle, incamminandosi verso
l’apparecchio. “Pronto?”
La voce squillante della sua meccanica di fiducia - nonché
migliore amica - lo accolse all’altro capo del filo.
“Winry! Ma che piacere! Come mai…?”
Non l’avesse mai fatto.
Win si era lanciata in un approfonditissimo resoconto
sull’ultimo modello di auto-mail che aveva intenzione di fargli sperimentare,
un esemplare ‘super-ultra-leggero-e-resistente’
che avrebbe fatto la gioia di ogni uomo senza un arto.
“Senti... sono un po’ di fret-” ma
non servì a nulla. Lei riprere a snocciolare,
entusiasta, le innumerevoli doti e le infinite qualità, senza neppure riprender
fiato tra una frase e l’altra.
Venti minuti dopo, sbuffando come una locomotiva, Edo riuscì
finalmente a riagganciare.
Ma quand’era diventata
così dannatamente chiacchierona?!
“Mame-chan?” lo chiamò Roy, dalla
camera da letto. “Chi era?”
“Winry!” sbraitò, con un tantino
di nervoso.
Aveva fame, e quella benedetta trota lo stava invocando come
il soave canto delle sirene.
“Ah, beh...” borbottò il consorte, facendo
capolino avvolto nell’accappatoio. “Facciamo finta di niente. Non ti chiederò nulla.”
Per una volta, Ed fu felice che il suo partner e Win mal si sopportassero. Così non avrebbe dovuto
confessargli, prima del tempo, che lei aveva tutta l’intenzione di sperimentare
su di lui i suoi neonati ‘gioielli di tecnologia’, come li aveva amorevolmente
e maternamente definiti. Ci sarebbe stato tempo per farlo, giusto un paio di
giorni prima del suo arrivo a East. In
data da destinarsi, si augurò.
“Ma è pronta la cena?” l’interrogò il moro, strofinandosi
stancamente i capelli umidi con un asciugamano.
“Non ancora.” Bofonchiò, perdendo gran parte del suo
buonumore iniziale. “Vai a metterti il pigiama, nel frattempo provvederò.”
E mentre il suo uomo seguiva il consiglio, egli procedette
alla volta del cucinino.
Un istante dopo, un urlo cavernoso riecheggiò per tutta la
casa, dalla cantina al tetto.
Mustang - la maglia infilata solo a metà - corse a vedere
cosa fosse successo. Lo trovò impietrito sopra lo zerbino del lavello, mentre
inveiva una serie di imprecazioni contro il loro gatto; e Tora,
che trascinava i resti del suo insperato happy hour verso le ciotole, con
l’intenzione di finirlo - probabilmente - durante uno spuntino di mezzanotte.
Roy sarebbe scoppiato a ridere, se la faccia funerea del suo
Fagiolino-incazzato-nero non
l’avesse desistito dal farlo.
Perché sì, era
oggettivamente divertente vedere il micio tigrato mentre, con considerevole
impegno, trascinava sul pavimento i resti della loro cena - una lisca semiintegra e poco più.
“Probabilmente l’ha spinto giù dal lavello e poi…” sintetizzò,
sperando che verbalizzare l’accaduto desse modo al giovane Elric
di sbollire al più presto la rabbia.
“Si è mangiato la nostra cena!” guaì invece il biondo,
facendo scricchiolare sinistramente l’auto-mail. “Stavolta lo scuoio!”
“Sì, amore. Si è mangiato la nostra cena…”
lo assecondò, perché era la cosa più saggia da fare, al momento.
“Tuttavia non credo tu voglia applicare una qualsivoglia proprietà transitiva, vero?”
Edward sbatté le palpebre, confuso.
“Quale proprietà transitiva?” domandò, spostando gli occhioni
dorati, addolorati, dal micio - che
si stava letteralmente leccando i
baffi - a lui.
Roy si fece serio. “Semplice: il gatto ha mangiato il pesce,
noi mangiamo il gatto, così è come se noi avessimo mangiato il pesce.” Precisò, con linearità
matematica.
“Mangiare Tora non mi farebbe
stare meglio…” si lamentò, querulo. “Non mi restituirebbe il mio bellissimo,
buonissimo, grandissimo pesce perfetto che ho pescato e quasi cucinato.”
“E allora mi dispiace, tesoro. Per stavolta, ci
accontenteremo delle sardinelle.”
E mentre Edo annuiva affranto, tirando su col naso, egli prese
saggiamente il malandrino peloso in braccio e lo nascose in salotto, lontano
dalla sua ira funesta.
Fine
Disclaimers: I personaggi citati
in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi
diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.
Note varie: il
titolo cerca di richiamare il grigio tipico delle squame delle trote.
Purtroppo la mia incapacità tecnologica si è fatta sentire… ho lavorato per più
di un’ora, cercando di riprodurre nel titolo i colori della trota fario, usando anche le scagliette,
secondo Word-Art. Ne è venuto fuori un bel risultato
semirealistico, ma al momento di caricare in HTML ho scoperto che alcuni
effetti grafici non sono supportati, quindi ho dovuto rinunciare ç__ç
Questo non rende bene l’idea, ma pazienza. Chi non usa
Explorer vedrà altri colori in questo titolo. Me ne scuso, ma non so come
ovviare a questo problema.
Il significato del titolo stavolta non va preso in senso letterale, anche se si
poteva usare. Ma il pesce gatto mi fa abbastanza schifo, non mi piace né da
vedere né da mangiare. Perciò scindiamo le cose: abbiamo un pesce, e abbiamo un
gatto.
Veniamo
al cap!^^
Mi avevate chiesto di dare un po’ più spazio a Tora,
e spero di avervi accontentati/e ^_____^ (anche se il vero protagonista è Ed
XD).
Questo capitolo è preso da un fatto realmente accaduto. Dalla telefonata al
furto di pesce.
Piccola
curiosità: Ed e Roy si ritrovano per cena gli avanzi di Tora e le povere, piccole sardinelle.
Vagando in cerca di ricette per cucinare il pesce, ho scoperto che le Sardinelleaurite disidratate sono
un ottimo snack da masticare per i cani, a cui piacciono molto e sono ricche fonti di proteine.
Da bravi cani dell’esercito, Roy e Ed mangeranno
quelle! ^_______^
Precisazioni al
capitolo precedente: uhm… forse non c’è niente da precisare ^^’’
La sua collocazione è prima della gravidanza di Winry, sì, avete indovinato.
Mi fa piacere che abbiate apprezzato il cameo implicito di Albus! ^___^
E Tora mancava… ma oggi si è
rifatto!
Do il benvenuto apreffy
tra i nuovi lettori!^^
Ringrazio le 134 persone che hanno messo la sottoscritta
come writer preferita.
Mi sento onorata di questo (_ _)
E i 117 utenti che hanno messo It’sraining tra le loro fic
preferite. (Avanti, su!, non siate timidi e lasciate
un commentino^^)
Ringrazio quanti
hanno letto e commentato le mie ultime fatiche:
‘Hunter (The Bloodhound)’
nel fandom di Twilight, una
delle poche fic sul personaggio e l’introspezione di
James. (NO spoiler)
se mi davate per persa, beh, vi
siete illusi… ^__=
Mi scuso del ritardo, come molti sanno (o hanno letto nel
mio account) da novembre ho problemi col pc, problemi
che non si sono ancora risolti… ç_ç
Avevo progettato di postare questo capitoletto per Natale
con i miei auguri per voi, (sono mesi che lo tengo in caldo per una ricorrenza
speciale, perché è in assoluto uno dei miei capitoli preferiti) ma il pc era in riparazione, perciò beccatevelo ora.
E’ breve, lo so. E’ nato come flash-fic.
Spero comunque che possa piacervi, almeno quanto ha emozionato me scriverlo.
Detto questo, so che sono in ritardo su tutto: postaggi, letture, commenti. Abbiate fede e pazienza:
recupererò. ^_^
Il seguente scritto contiene
impliciti riferimenti yaoi.
Per ulteriori spiegazioni, vi rimando alla conclusione della fic, dopo la lettura.
A chi ha recensito i precedenti
capitoli della raccolta.
E a quanti commenteranno.
Ai vecchi e ai nuovi lettori.
Grazie.
The Family Dog
byelyxyz
“Roy?”
“Mh?”
“Credi che zia Pinako mi
ucciderà?”
Mustang represse un sorriso indulgente.
“Per cosa? Perché è un secolo che non ti degni di venire a
trovarla, o perché stiamo insieme?”
“Per… tutto.”
“Mah, non credo. Se non ha ucciso Alphonse,
che ha messo incinta la sua adorata nipotina (ti ho mai detto che adoro tuo
fratello?), non credo che massacrerà te.”
“Nah! Lei ha
sempre avuto un debole, per Al.”
“Io credo che stravedesse anche per te…”
“Ciò non toglie che i suoi scapaccioni a me non li levava
nessuno, a lui invece…”
“Non ti sembra un po’ tardi per recriminare?”
“Mph. Forse sì.”
Si chinò a sfiorare l’incisione sulla lastra, mentre uno
strano groppo gli si formava in gola.
“E’ strano, non credi?”
Mustang rimase in silenzio, in attesa che continuasse.
“Lei ha dato vita
alla mia famiglia…
…e ora sono qui. Con
la mia famiglia.”
Si strofinò distrattamente le palpebre, risollevandosi. Odiava
sembrare sentimentale e melodrammatico.
Eppure Roy allungò una mano nella sua direzione, ed egli non
la rifiutò.
“Tu credi…” deglutì. “Roy, tu... tu credi che… tutto quello
che è successo…” tentennò “ che sia lo Scambio Equivalente per ottenere la
felicità che abbiamo adesso?” sputò fuori, di fila.
Il Comandante Supremo Mustang si limitò a fissarlo.
“Voglio dire… la fallita trasmutazione… tu che vieni qui, quel giorno lontano… il mio diventare un cane
dell’esercito per riavere ciò che abbiamo perso… la nostra relazione… Al che
ritorna finalmente umano…”
Da quanto gli rodeva
dentro, quel tarlo?
L’Alchimista di Fuoco rafforzò la stretta; e si prese tempo,
prima di parlare.
“Avere
in cambio qualcos’altro, che abbia il medesimo valore.” Recitò, ricordando
ad entrambi il fondamento del loro Credo. “La mia risposta è no.”
Edward attese, sorpreso dall’improvvisa risolutezza intrisa
nella voce del suo uomo.
“Il dolore per la perdita di una madre non è quantificabile,
Ed. Nessuno Scambio Equivalente ti potrà mai ripagare davvero.”
Edo sospirò, di colpo più leggero. Dentro di lui, nel fondo più profondo, l’aveva sempre saputo.
“E non voglio che il mio amore per te”
riprese Roy d’un tratto, sorprendendolo “sia paragonato ad alcun corrispettivo,
ad alcun baratto, per quanto nobile. Semplicemente perché non ha prezzo.
L’amore, se è vero amore, è gratuito.
Si offre, senza aspettarsi niente in cambio.” Compì una
pausa, e a dispetto di tutto lo abbracciò lì, in mezzo al prato di quel
camposanto.
“Per il resto non so,” soffiò,
direttamente contro il suo padiglione auricolare “ma per quel che mi lega a te,
nessuno Scambio Equivalente varrebbe tanto.”
La tensione abbandonò istantaneamente il corpo del biondo,
che si lasciò cullare in quell’abbraccio protettivo.
“Se dici una frase così davanti a mia madre, dovrai
prenderti le tue responsabilità!” celiò. Lasciando che, per la prima volta in
quel giorno, il sorriso fiorisse sulle sue labbra.
Tora si agitava irrequieto, dentro
al cesto di vimini in cui era stato imbottigliato per il viaggio.
Malgrado la sacralità del luogo,
non si curò di far sentire il suo disappunto.
“Il gatto in scatola si lamenta!” scherzò Ed, anche se con
imbarazzo. “E Riza sarà stanca di aspettarci.”
Voltarono il capo verso il fondo della collina.
Un’auto, in rispettosa attesa. Occhio di Falco vegliava su
di loro.
“Allora è meglio che ci muoviamo! Non sei curioso di
conoscere il tuo nipotino?”
S’incamminarono lentamente, lungo il dolce pendio. Due ombre
lunghe, e un cesto.
Fine
Disclaimers: I personaggi citati
in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi
diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.
Note varie: il titolo si rifà ad un noto film
“The Family Man” che amo molto. (Shatzy ci ha scritto
su una bellissima RoyAi, nel caso foste interessati).
Che dire… qui siamo parecchio avanti nel tempo. L’avete
visto, no? Roy è diventato finalmente Comandante Supremo. Non chiedetemi di
quanti anni siamo proiettati avanti. Io un’idea ce l’ho, ma devo postare altri
capitoli per concretizzarla.
Ah, anche per il fatto che Ed manca da Resembool
da secoli… c’è una spiegazione che, prima o poi, leggerete.
Tempo fa, mi avevate chiesto di dare spazio a Win e Al. E così ci ho lavorato su. E continuerò a postare,
per i fans di questa storia.
So che It’sraining
sta andando un po’ a rilento, ma ci sono cause indipendenti dalla mia volontà e
ogni tanto amerei coltivare anche altri interessi, senza contare gli impegni di
vita reale.
Precisazioni al
capitolo precedente: il titolo…uhmm… è probabile che, chi non usa explorer,
non possa vederlo. Sorry. Ç_ç
Comunque sono felicissima che vi sia piaciuto e che abbiate
sghignazzato con me sulle disgrazie di Edo-kun. Il
mio animo da pescatrice, però, soffre con lui. XD
Io amo molto pescare, anche se ultimamente ci vado poco. Ho
pescato il mio primo pesce tutto da sola a 8 anni, in barba a quelli che
dicevano che non ci sarei riuscita. *__*
Ok, la smetto. A voi questi miei trascorsi non interessano
di certo… ^^’’
Un grazie di cuore
alle 143 persone che mi hanno inserita tra i loro autori preferiti, e ai 115
utenti che hanno messo questa fic tra le loro
preferenze. Ne sono onorata (_ _)
se mi davate per persa, beh, vi siete
illusi... ^__=
Mi scuso del ritardo e
della lunga assenza. Come molti sanno, in questi mesi ho avuto tanti casini, e
mi sono dedicata ad altro.
Oggi però è una
ricorrenza particolare e – anche se ho fatto i salti mortali per scrivere il cap in tempo XD – non potevo mancare.
E’ con materno orgoglio che oggi festeggio con voi il SECONDO COMPLEANNO DI QUESTA FIC.
Leggendo le mie parole
d’introduzione di un anno fa (capn°
56 se mai vi interessasse) mi ritrovo a condividere gli stessi pensieri di
allora. A ringraziare chi è rimasto fedele a questa fic,
chi dall’inizio, chi più tardi; a salutare chi ha perso interesse.
A ringraziare per ogni
commento ricevuto, per ogni consiglio ragionato, per ogni frase
d’incoraggiamento.
Un anno dopo, e con un’assenza di quasi cinque mesi, mi ritrovo a dire che
forse ai 100 capitoli ipotetici non approderò. Ma, se continuerete e commentare
e a sostenermi, arriverò comunque alla fine della storia. Io, da parte mia, cercherò
di continuare a dare il massimo delle mie possibilità e proverò a venirvi
incontro.
Vi voglio bene.
Ely
Il seguente scritto contiene lievi riferimenti
yaoi.
Per ulteriori spiegazioni, vi rimando alla conclusione della fic, dopo la lettura.
Dedicato a chi ha recensito i
precedenti capitoli della raccolta.
E a quanti commenteranno.
Ai vecchi e ai nuovi lettori.
Grazie.
The Rainmaker
by elyxyz
Mustang vergò l’ultimo documento della giornata; ci mise un
po’ troppa energia, bucando il foglio, e lo fece apposta. Era la sua piccola,
personale vendetta verso quelle scartoffie inutili.
Era un uomo d’azione, lui.
Non uno scribacchino rachitico che doveva passare il tempo chino su una
scrivania a firmare, a firmare, a firmare…
Il Colonnello riteneva quelle giornate infruttuose, oltre
che noiose. Tempi morti, momenti d’impasse che si frapponevano fra il presente
e il suo obiettivo: rendere Amestris migliore. E
diventare Comandante Supremo, ovvio.
L’Eroe di Ishbar non rimpiangeva
certo i tempi mostruosi della guerra, i cui incubi lo perseguitavano ancora;
ma, al contrario, in questa sua personalissima opera di redenzione, voleva fare
del bene, e più che poteva.
I rivoltosi che aveva sedato la settimana precedente, per
esempio, avevano preso in ostaggio un piccolo villaggio di innocenti ed egli,
con un piccolo manipolo di fidati commilitoni, era intervenuto. Quel gruppo di
ribelli era una spina nel fianco dell’esercito da molto tempo, perciò era stata
una bella soddisfazione poterli arrestare e assicurare alla giustizia. In
questo, doveva ringraziare particolarmente il suo Fagiolino, che si era
dimostrato valoroso quanto lui.
Il Tenente Hawkeye tossicchiò, riscuotendolo
dai propri pensieri. “Ha finito, signore?”
“Sì, Riza, per oggi può bastare.”
Le consegnò il plico che l’efficiente soldato ripose al proprio posto.
“Desidera che la riporti a casa?”
“Edward non è ancora tornato?”
“No, signore, era di ronda oggi pomeriggio.” Gli spiegò,
puntuale.
E in quel preciso istante, come evocato, l’Alchimista d’Acciaio
fece la sua comparsa.
“Roy, se non hai finito ti uccido, ho una fame da lupi!!” esordì, spalancando la porta dell’ufficio del suo uomo –
e suo superiore – con la solita malagrazia.
Il Flame sbuffò, rassegnato. “Dannazione,
Fullmental! Fingi
di portarmi rispetto almeno in ufficio!”
“E perché dovrei?” obiettò Ed, stravaccandosi sul divanetto
libero “Non l’ho mai fatto neppure prima, figurarsi ora!”
“Vedi, Edward…” intervenne la donna, scongiurando le loro
baruffe da cuccioli dispettosi “Esiste una gerarchia militare da rispettare,
almeno dentro al Quartier Generale.” Gli spiegò, paziente, benché avesse
ripetuto milioni di volte quel discorso.
“Altrimenti finirai sotto Corte Marziale, prima o poi!” lo
ammonì Mustang, ironizzando semiserio.
“Quando verrai a farmi visita, mi porterai in prigione le
arance con dentro la lima!” replicò a tono, facendogli l’occhiolino. “Ma
adesso, seriamente, andiamo a mangiare o potrei trasmutare Buraha
in una bistecca!”
Il cane, sentendosi chiamato, scodinzolò da sotto il tavolo,
guaendo, e gli altri risero. “Credo non abbia recepito la minaccia…” puntualizzò
Falman.
“Le suggerisco, signore, di
trasmutare Breda, casomai! Di sicuro è più grasso, si sazierà
meglio!” intervenne Havoc, mordicchiando
l’inseparabile sigaretta.
“Jean, traditore!” inveì l’oggetto delle loro disquisizioni,
brandendo in aria un panino imbottito come fosse una clava “Io sono robusto, non grasso!”
A quel punto, le battute si sprecarono. Poi il Tenente li
rimise in riga, precisando che la corretta alimentazione di Hayate
ne rendeva le carni saporite, ma lei avrebbe impedito la realizzazione di
quelle disquisizioni teoriche. Minacciando Havoc e
Breda per del lavoro incompleto, li zittì entrambi; successivamente salutò i
due Alchimisti e Fury, che aveva finito il suo dovere
per quel giorno, e si preparò anch’ella per tornare a casa propria.
Fuori dalla Caserma, Riza rinnovò
gentilmente l’offerta di un passaggio, ma Roy declinò
nuovamente, quindi si salutarono.
Mentre attraversavano una strada del centro rinomata per gli ottimi
ristoranti, un piacevole odorino saliva da ogni dove, stuzzicando la loro acquolina.
“Che ne dici… ceniamo fuori? Offro io.” Proposeil Colonnello, di
punto in bianco.
Edward s’illuminò all’istante. “Non vedo l’ora! Stavo meditando su quanto
potessero essere dure le solette delle tue scarpe…”
“Sembri un morto di fame!” lo schernì, compatendolo.
“Non lo sembro. Lo sono.” Sbuffò, pignolo. “Che male c’è? Ho scarpinato tutto il
pomeriggio, ho lo stomaco che brontola e…”
“Ok, ok. Ho capito! Entriamo qui. Ti va?”
“Ma non è un po’ troppo… troppo? Ti costerà un patrimonio!”
“Di che ti preoccupi? Ho detto che offrivo io, no?”
“Che spacconata!” lo rimproverò il giovane Elric.
“Poi a fine mese i conti li faccio io, però!”
“Tirchio!”
“Si dice ‘previdente’”.
“Credevo fosse ‘taccagno’”.
“Beh, ti sbagliavi.”
“Quasi quasi è meglio se
torniamo a casa e ci mangiamo i croccantini del gatto. Mh?” finse di
meditare il Flame.
“Col cavolo!” s’infiammò il compagno. “Non ci si rimangia un’offerta!” e lo
trascinò dentro il lussuoso ristorante. Mustang sorrise tra sé.
La cena si svolse piacevolmente, Edward divorò persino una doppia porzione di
dolce e Roy si chiese – come spesso accadeva – dove mai potesse nascondere
tutto quel cibo, piccolo com’era.
Dopo il caffè, il cameriere che li aveva serviti giunse infine col conto. Lo
appoggiò sul tavolo, per poi svanire con discrezione.
Edo si lasciò sfuggire un fischio sorpreso, leggendo
l’ammontare del prezzo, mentre Roy, con nonchalance, gli sottraeva il foglietto
prima che tutti gli occupanti dei tavoli attorno a loro si girassero
scandalizzati.
“Ammiro il tuo sangue freddo, Tesoro.” Sghignazzò Acciaio, vedendolo
impallidire senza proferire parola assorbendo ‘il colpo’, e armeggiare poi con
la tasca interna del cappotto. Quando Mustang impallidì ancor di più, capì che
forse non sapeva recitare così bene come s’era immaginato.
“Mame-chan…” bisbigliò.
“Nh?”
“Credo di aver dimenticato il portafoglio in ufficio… oppure oggi, a pranzo, in
mensa… o…”
“Mi stai dicendo che hai perso il portafoglio?” Lo beffeggiò il biondo.
“Sì. Ma credo di sapere dov’è.”
“Di sicuro non qui.”
“No, non qui.” Ammise a malincuore. “Tu… hai dei soldi con te?”
Edward fece una faccia comicamente esasperata. “Chissà perché, ma qualcosa mi
diceva che sarebbe finita così.” Lo stuzzicò, pagando al posto suo.
“Ti rifonderò di ogni cenz!” promise serio il
militare, come se fosse stata una questione d’onore.
“Ma dai,scemotto!” lo prese
in giro. “Mi comprerai un maglione per il mio compleanno, così saremo pari.”*
Roy sorrise, rammentando quella vecchia frase. “Questo mi fa ricordare un certo
ammasso di ciccia pelosa senza cena…”
“Sì, sarà di certo un po’ arrabbiato, ma ieri gli ho
preso i croccantini che preferisce, ci faremo perdonare.” Gli fece l’occhiolino
e si alzò da tavola. “Ora però andiamo. Sarebbe capacissimo di distruggerci
casa per dispetto!”
Usciti all’aria aperta, s’accorsero che il tempo s’era guastato. Minacciava di
piovere a momenti, ma nessuno dei due aveva un ombrello.
Il Colonnello osservò malevolo le prime goccioline portate dal vento bagnare
l’asfalto.
“Miseriaccia!, che…” si chinò incuriosito, raccogliendo
una cosa da terra. “Botta di fortuna!” esclamò, mostrando al compagno una
moneta d’oro. “Visto? Con questa, credo che ti rifonderò ampiamente la cena.” Gongolò.
“Non è fortuna, è una coincidenza.” Lo contraddisse Edo, con cipiglio
scientifico. “Statisticamente, le probabilità…”
“Ti dico che è fortuna!” ripeté l’uomo, pignolo, mentre una nuova goccia gli
cadeva sul naso.
“E questa? Come la chiami?” ironizzò Acciaio, meditando di
trasmutare l’auto-mail in un ombrello.
“Oh, beh…” temporeggiò, “Direi che è…” si guardò intorno, in difficoltà. Poi
sorrise, vittorioso: “Un DOPPIO colpo di fortuna!!”
In quel momento Havoc arrivò con l’auto nera di
servizio e accostò davanti al marciapiede su cui sostavano.
“Capiti proprio al momento giusto!” gli disse il Colonnello, aprendo la
portiera per salire. “Sai quanto odio la pioggia!”
Jean fece uno scherzoso saluto militare attraverso lo specchietto retrovisore.
“Ai suoi ordini!”
Mustang stette al gioco, di buonumore per aver scampato una lavata fuori programma.
“Bravo soldato, così si fa!” lo lodò. “Mame-chan,
dovresti imparare da lui.”
Edward sbuffò. “Ma vai al-”
“Taisa?” s’intromise il Sottotenente, immettendosi
nel traffico cittadino.
“Nh?”
“Mi è concesso di parlare liberamente?”
“Dimmi.”
“Forse… invece che FlameAlchemist…
dovevano chiamarla l’Alchimista della Pioggia!”
“Perché? Io odio la pioggia… è risaputo!”
“Perché, qui ad East, ha piovuto più da quando lei è stato trasferito da Central che negli ultimi cento anni!”
“E come fai a saperlo?” domandò, incuriosito.
“L’altro giorno, durante l’acquazzone, il Tenente ci ha ribadito questo suo
odio, e ci siamo resi conto che il maltempo è iniziato da quando lei è qui!”
“The Rainmaker...
non ti sta mica male come soprannome.” Celiò Ed, “Forse sei davvero ‘L’uomo
della pioggia’!” rise. “E’ risaputo che tutto l’Est ha un clima secco, magari
si vedono nuvoloni carichi per giorni, ma poi se ne vanno col vento… e piove
raramente.”
“Quindi era ora che arrivassi io, a portare un po’ di ristoro agli aridi campi.”
Si ringalluzzì il Taisa, attribuendosi anche quell’inatteso
merito. “Dovrebbero premiarmi per-”
“Ah, giusto!” lo interruppe Havoc, torcendo il collo
nella loro direzione. “Ero venuto a portare delle notizie importanti!” sollevò
in aria una busta color crema, con un intimorente timbro rosso. “Me ne stavo
andando a casa, quand’è arrivata una comunicazione confidenziale, e ho pensato
che fosse meglio non aspettare domattina.”
Roy afferrò la lettera. Sollevando un sopracciglio con cipiglio diffidente,
strappò il sigillo di riservatezza. Lesse con attenzione il contenuto del
messaggio.
“No, non è possibile!” esclamò, di colpo, guardando
incredulo Edward al suo fianco.
“Brutte notizie?” domandò questi, preoccupato.
“Al contrario!” sorrise, porgendogliela. “Leggi, leggi!”
esultò. “E’ la mia serata fortunata, che t’avevo detto?!”
Elric scorse velocemente. “Notifica
ufficiosa… Seguirà comunicazione ufficiale… Merito per le azioni compiute
contro i rivoltosi… Sprezzo del pericolo… bla... bla… Promozione… Avanzato di grado… Recarsi in data sotto
indicata… Corrente mese… A Central City per la
procedura ufficiale e il riconoscimento.” Gli sorrise
orgoglioso. “Sei diventato Generale di Brigata!”
“Già… così sembra.” Confermò, trattenendo a stento
l’esaltazione.
“Congratulazioni!” si sporse d’istinto per un gesto
d’affetto. “Stasera si festeggia!”
Havoc tossicchiò. “Ehm… ce n’è
anche un’altra… per Edward, stavolta.”
“Che diavolo hai combinato?!”
“E che ne so?!”
“Ti sei dimenticato
di avvisarmi di qualcosa?” insinuò Mustang, in tono militaresco.
Il biondo fece mente locale, poi negò. “Solo quella rissa al
porto – ma non era tutta colpa mia! – e la piccola insubordinazione nella
missione a Briggs, due mesi fa… ma il Generale Maggiore
Armstrong non può aver fatto rapporto!”
“Non ci resta che scoprirlo.”
Una seconda busta, stavolta di color carta da zucchero, comparve
tra le mani dell’Alchimista d’Acciaio.
“Dal colore dell’involucro si può capire se sono comunicazioni
belle o brutte?”
“Non ne ho mai vista una di quel colore.” Ammise il
Colonnello. “Ma magari avevano finito quelle gialle nell’ufficio cancelleria…”
tentò di sdrammatizzare.
Edo se la rigirò tra le mani, ansioso.
“Hai presente il discorso di prima in ufficio? Se mi mandano sotto Corte Marziale,
adesso che sei Generale potrai intercedere per me.”
Scherzò, per alleggerire la tensione, rompendo il proprio sigillo di ceralacca
rosso. Poi la passò al compagno. “Toh, a te l’onore.”
“Sicuro?” temporeggiò Roy.
“Certissimo.” Annuì, spostando la treccia con un gesto secco
che nelle sue intenzioni doveva essere spavaldo. Ma non lo fu.
Il Flame dispiegò il documento,
trattenendo il fiato. Possibile che la
malasorte fosse in agguato? “L’Alchimista d’Acciaio Maggiore Elric Edward è
convocato presso l’Alto Consiglio Militare di Central
City il giorno 28 C.M.”
“Merda…” biascicò Ed, coprendosi con una mano la faccia.
“...dove, alla presenza del Capo di
Stato il Comandante Supremo King Bradley e delle più Alte Cariche di Governo, verrà
insignito del grado di Tenente Colonnello, per i servigi resi alla Nazione di Amestris e per i meriti ottenuti nella missione svoltasi…”
“…mi hanno promosso?” l’interrogò, incredulo.
“Sì, sembra che per stavolta non finirai in gattabuia…” lo prese in giro,
dissolvendo la preoccupazione con un bacio veloce a fior di labbra.
Dopotutto, forse stasera
mi porti davvero fortuna... rivaluterò l’idea di chiamarti Rainmaker!”
Fine
Disclaimers: I personaggi citati
in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi
diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.
Note varie: il titolo può avere diverse interpretazioni,
ne riporterò alcune qui sotto. Da Wikipedia:
“Il termine rainmaker, letteralmente,
si riferisce a chi "fa piovere", in vari modi; per esempio,
attraverso una danza della pioggia.”
Ma Rainmaker
ha anche altri significati:
“Con il termine inglese rainmaker
(colui che produce la pioggia in italiano) ci si riferisce, nell'ambito
del mondo finanziario, ad una persona che generalmente fa accadere le cose
ed, in tale contesto, è utilizzato per indicare una persona di grande rispetto.
Il termine viene spesso utilizzato in relazione ad operazioni finanziarie di fusione
ed acquisizione).
Il termine è poi usato nel gergo finanziario dei banchieri d’affari per
identificare un banker che, grazie alle
proprie capacità di persuasione sulle società clienti, è in grado di far
concludere grandi operazioni finanziarie.”
Poi c’è un richiamo doveroso al grande film omonimo “The Rainmaker”
di Francis Ford Coppola del 1997, che vi consiglio di vedere, se non l’avete
mai fatto.
Questo film è tratto dal libro ‘L’uomo
della pioggia’ di Grisham John.
Le canzoni anch’esse omonime si sprecano:
ad esempio quella degli IronMaiden
che allego con traduzione in fondo, perché credo che in molti pezzi rispecchi
il sogno di Roy, che vuol – come l’Uomo della Pioggia – realizzare i sogni con
le proprie mani.
* “Mi comprerai un maglione per il mio compleanno, così
saremo in pari.”
È un riferimento implicito al capitolo 11 dove Edward, per sdebitarsi, si offre
di comprare al Taisa un maglione rovinato da Tora.
Un’ultima precisazione: Dalle informazioni date dalla senseiArakawa, l’Est è un territorio arido e secco.
Nella mia fic, dall’episodio n°
13 dell’anime che dà il via alla storia sino ad oggi, Mustang
non ha mai lasciato Est City se non per qualche breve periodo in missione. E’
di stanza stabile qui, con la sua truppa.
L’arco di tempo comprende ovviamente qualche anno, ed è per questo che i
ragazzi hanno confrontato le statistiche delle precipitazioni in rapporto alla
sua permanenza.
Precisazioni al
capitolo precedente: c’è qualcosa da dire? Dai commenti mi sembra di no.
***
Un grazie di cuore
alle 163 persone che mi hanno inserita tra i loro autori preferiti; ai 115
utenti che hanno messo questa fic tra le loro
preferenze e ai 7 tra le ‘seguite’. Ne sono onorata (_ _)
Ma mi aspetto che commentiate! ^____^
Se
non l’avete fatto, vi invito a leggerle e a darmi un parere! (Tra l’altro, sta partecipando ad un contest a
sondaggio pubblico, e spero sinceramente di vincere XD, se vi va… votatemi!)
Campagna di Promozione Sociale -
Messaggio No Profit:
Dona l’8‰ del tuo tempo alla causa pro recensioni. Farai felice milioni di
scrittori.
(Chiunque voglia aderire al messaggio, può
copia-incollarlo dove meglio crede) Come sempre, sono graditi commenti,
consigli e critiche.
Grazie
(_ _) elyxyz
Rainmaker
Iron Maiden
When I was
wandering in the desert
And was searching for the truth
I heard a choir of angels calling out my name
I had the feeling that my life would never be the same again
I turned my face towards the barren sun
And I know of the pain that you feel the same as me
And I dream of the rain as it falls upon the leaves
And the cracks in our lives like the cracks upon the ground
They are sealed and are now washed away
[Chorus:]
You tell me we can start the rain
You tell me that we all can change
You tell me we can find something to wash the tears away
You tell me we can start the rain
You tell me that we all can change
You tell me we can find something to wash the tears.....
And I know of the pain that you feel the same as me
And I dream of the rain as it falls upon the leaves
And the cracks in the ground like the cracks are in our lives
They are sealed and now far away.
L’uomo Della Pioggia
(letteralmente il fautore o colui che fa la pioggia)
Quando stavo vagando nel deserto
E cercavo la verità
Ho sentito un coro di angeli che mi chiamava
Ho avuto la sensazione che la mia vita non sarebbe stata più la stessa
E mi sono voltato verso l’arido sole
E so che provi il mio stesso dolore
E sogno la pioggia che cade sulle foglie
E i nostri dolori sono gli stessi che provano tutte le altre persone
Prima li soffriamo e poi li superiamo
[Rit.:]
Mi dici che possiamo scaricare la pioggia
Mi dici che possiamo cambiare tutto
Mi dici che possiamo trovare qualcosa per asciugare le lacrime
Mi dici che possiamo scaricare la pioggia
Mi dici che possiamo cambiare tutto
Mi dici che possiamo trovare qualcosa per asciugare le lacrime
E so che provi il mio stesso dolore
E sogno la pioggia che cade sulle foglie
E i nostri dolori sono gli stessi che provano tutte le altre persone
Prima li soffriamo e poi li superiamo.
Il seguente scritto contiene
impliciti riferimenti yaoi.
Per ulteriori spiegazioni, vi rimando alla conclusione della fic, dopo la lettura.
Confesso che siete riusciti a
commuovermi. Non ambivo neppure nei miei sogni più arditi ad un’accoglienza
così calorosa di bentornato!
Grazie di cuore.
Come sempre, dedico il
capitolo...
A chi ha recensito i precedenti
capitoli della raccolta.
E a quanti commenteranno.
Ai vecchi e ai nuovi lettori.
Grazie.
Un osso duro da
rosicchiare
by elyxyz
La pioggia ticchettava insistente sui tetti delle case
coccolando la città addormentata. Nel buio della notte, East City sembrava
deserta, eccetto qualche garzone mattiniero, un ubriaco che non si reggeva in
piedi e i solerti fornai già al lavoro.
Mustang si rigirò nel letto russando leggermente e allungando
piano, d’istinto, un piede verso la parte destra del materasso.
Il freddo delle lenzuola lo infastidì inconsciamente, facendolo
ritrarre di scatto con un moto di stizza. Era una sensazione diversa dal gelo dell’acciaio
che sentiva mentre casualmente
sfiorava l’auto-mail di Edward, quando Fullmetal
dormiva da lui. Ed era questo contatto che
lui aveva cercato, non il tessuto di cotone.
Un’insoddisfazione improvvisa e indefinita lo colse. Quando
il suo cervello registrò quel dato, il Colonnello uscì dalle maglie del sonno,
sbattendo le palpebre confuso. Che giorno era? Edward non doveva essere lì, al suo fianco?
Rantolando sbadigli per ricacciare il torpore, accese l’abat-jour sul comodino. La sveglia segnava le
quattro del mattino, dagli scuri non filtrava neppure un filo di luce e la
pioggia – che lui odiava tanto – continuava imperterrita a cadere.
Si alzò stiracchiandosi, alla ricerca della vestaglia da
camera. Rabbrividendo per il brusco cambio di temperatura, lanciò un’occhiata
di rammarico alle calde coltri e uscì dalla stanza.
S’accorse immediatamente del tenue lucore che proveniva dal
salotto. Quindi non si era sbagliato!
Trovò Ed rannicchiato sotto la coperta di lana, quella con
gli azuki disegnati che gli aveva regalato per fargli
dispetto, il naso affondato nello stesso tomo della sera precedente. La lampada
a lungo stelo proiettava ombre sul suo viso in modo strano, evidenziandone
l’espressione assorta.
“Non l’hai ancora imparato a memoria?” domandò, palesando la
propria presenza.
Benché il tono fosse basso, Edward sussultò impaurito,
facendo precipitare il libro ai suoi piedi.
“Ta-Taisa!” ansimò, cercando di
calmare il battito frenetico del cuore.
“Scusami, Acciaio. Non intendevo
spaventarti.” Si giustificò, raccogliendo per lui il volume caduto. “Non è meglio terminarlo un altro giorno? E’ quasi mattina,
dovresti riposare un po’.” Gli suggerì, con paterno buonsenso.
“L’ho quasi finito. Mi mancano solo…”
“Duecento pagine?” ironizzò l’uomo.
Edo non colse la frecciatina. “Quasi trecento, a dire il
vero.” Sollevò il mattone rilegato davanti a sé, come a soppesarne il carico.
“Stai cascando dal sonno.
Interrompiti qui.” Insistette, guardando l’espressione stravolta del giovane,
la treccia sfatta, gli occhi lucidi di stanchezza.
Edward scosse la testa, strofinandosi pensieroso i capelli
in disordine. “Non riuscirei comunque a dormire. Mi sono arenato su un
paragrafo che non riesco a capire e…”
“Uno studioso saggio ammetterebbe che, a mente fresca, tutto
è più semplice.”
“Non mi arrenderò, almeno finché non risolverò questo.” Ribadì, cocciuto. “Il riposo
arriverà dopo.”
“Ho capito. Ho capito.”
Si arrese il militare con un’espressione eloquente. “Se tu fossi una persona normale,
ti preparerei del latte caldo per conciliarti il sonno, ma credo fermamente che
me lo sputeresti addosso.”
Edward sorrise stanco, stropicciandosi gli occhi assonnati.
“Lo sa che odio il latte.”
“Non credo di avere camomilla, e un the caldo non è una
soluzione ottimale, la teina ti farebbe restare sveglio.”
“Ma è quello che voglio!”
“Nah!” brontolò l’altro,
scomparendo verso il corridoio.
Quando il Colonnello ritornò da lui, erano passati solo
cinque minuti, ma Edward non se ne accorse. Aveva
letto e riletto quel capoverso decine di volte, schematizzando nei suoi appunti
alcuni passaggi, eppure qualcosa gli sfuggiva ancora.
Il padrone di casa gli porse una tazza di cioccolata fumante,
accomodandosi al suo fianco sul divano, stringendosi addosso
la vestaglia per coprirsi meglio. Lanciò un’occhiata al focolare ormai
morto. Restavano solo delle ceneri spente e qualche sparuto residuo di brace.
Evidentemente era troppo tardi per riattizzarlo, e sinceramente non aveva
voglia di mettersi a trafficare a quell’ora per accenderlo, quindi scartò
immediatamente quell’idea.
Edo parve leggergli nel pensiero, oppure fu merito dello
starnuto che gli sfuggì, ma allungò una parte della coperta affinché anche il Taisa si riparasse. “Prenderà freddo, se resta lì così.”
Motivò.
L’altro ringraziò con un cenno del capo, accomodandosi.
“Adesso ti dico cosa faremo: risolviamo questo rompicapo, e
poi crollerai a dormire.”
Edward lo scrutò, infilando il naso nella tazza. “Mmm...” mugugnò.
Era un’ammissione
parziale oppure un’esclamazione di gradimento verso la bevanda calda? A Roy
sarebbe sempre rimasto il dubbio.
“Seriamente: non è meglio se lo finisci
domani?”
Acciaio ignorò il suggerimento. “Mi sono bloccato qui, non riesco a capire
questo pezzo.”
“A quest’ora, io non capirei neppure come mi chiamo.”
Scherzò il Flame, sbadigliando. Tuttavia si fece
indicare il capitolo ostico “Dammi quest’osso così duro da rosicchiare!” e
iniziò a leggerlo. La sua attenzione fu però attirata dal brontolio improvviso della
pancia al suo fianco.
“Mi sta venendo fame…” ammise Edo, troppo stanco per avere
imbarazzo. “Credo che la cioccolata abbia messo in moto il mio stomaco.”
Il Colonnello rise. “Il tuo stomaco gradirebbe uno spuntino
di mezzanotte in ritardo o una colazione clamorosamente in anticipo?”
Edo fece spallucce. “Non ha preferenze.”
Adocchiarono entrambi la scatola di latta dimenticata la
sera prima sul tavolinetto, e soprattutto quei deliziosi biscotti al burro che
conteneva.
Il giovane Elric si sporse per
afferrarla, poi scambiò un’occhiata d’intesa col suo superiore.
“Aprila pia-”
Ma esattamente quando questa fece il suo fatale ‘clic’ un
familiare miagolio si elevò nel salotto.
Tora si stiracchiò in tutta fretta
per venire a spartire con loro una merenda fuori programma.
“Questo gatto è inquietante!” sbottò Roy, masticando il
primo dolcetto, mentre suo malgrado si ritrovava la
ciccia tigrata sulle ginocchia e uno sguardo famelico puntato contro. “Si è
appena svegliato, come fa ad avere fame?!”
“Potrei dire la stessa
cosa di lei.” Appuntò Ed, con sussiego.
“Io pensavo fosse educato farti compagnia mentre mangiavi!”
“Anche Tora potrebbe dire lo
stesso.” Appuntò nuovamente, stiracchiando un sorriso che divenne uno
sbadiglio.
Una scorpacciata di biscotti, un bis di cioccolata calda e un
quarto d’ora dopo, Tora ronfava felicemente
acciambellato fra loro, mentre i due Alchimisti – accoccolati sotto la coperta –
riprendevano l’odioso ostacolo. E forse,
insieme, l’avrebbero superato.
Fine
Disclaimers: I personaggi citati
in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi
diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.
Note varie: e siamo a 70!!!
*___* (scusate, metto via l’euforia).
Il titolo è un comunissimo modo di
dire, credo sappiate tutti cosa significa.
Il colore riprende vagamente il
grigio avorio delle ossa.
La coperta con disegnati gli azuki
è citata nel cap 32 Fire Man
(III parte: Attorno al Fuoco)
Ho cercato di raccontare un
capitolo tranquillo, di quelli un po’ ‘soffusi’,
perché amo questi momenti notturni.
Qui e là, i lettori più attenti
troveranno piccoli particolari già accennati in precedenza; non è niente di
che, ma sappiate che è voluto. ^^
Venendo al capitolo… beh, non credo ci sia molto da
spiegare, in caso chiedete. ^__=
Precisazioni al capitolo
precedente: non credo scoprirete mai che fine ha fatto il portafoglio di
Roy… buah – aha – aha *risata malefica* o forse sì, dipende se mi arriva
un’idea, non avevo messo in conto di motivare la sua sparizione. U_U
Sono contentissima che vi sia piaciuto, e mi dispiace per
quelli che si sono lamentati per l’assenza di Tora.
E’ abbastanza difficile trovare un pretesto verosimile per portarselo in
ufficio! XD
Ma la sua presenza virtuale aleggia su tutti. *O*
***
Ok, questo è l’ultimo capitolo prima della partenza per le
ferie.
Salvo imprevisti, aggiornerò il prossimo fra un mese esatto,
il primo agosto, per festeggiare con voi il ritorno e il mio compleanno. (E
chissà, se mi viene l’ispirazione potrei raccontare il compleanno di qualcun
altro… l’anno scorso era di Roy, ricordate?)
Un grazie speciale a Stefy_rin,
con la speranza che prosegua i commenti con la stessa solerzia con cui ha
cominciato! ^__= (Non so… ti è arrivata la mia mail di ringraziamento?)
E anche alle 166 persone che mi hanno inserita tra i loro
autori preferiti; ai 121 utenti che hanno messo questa fic
tra le loro preferenze. Ne sono onorata (_ _)
Vi invito a dare un’occhiata alla mia fic
su Harry Potter (ambientata ai tempi dei Malandrini)
Il seguente scritto contiene impliciti riferimenti yaoi
Il seguente scritto contiene
impliciti riferimenti yaoi.
Questo capitolo fa da innesto al cap
68 “The Family Dog”, ci sono perciò legami diretti ad esso.
Per ulteriori spiegazioni, vi rimando alla conclusione della fic, dopo la lettura.
Come promesso il mese scorso,
eccomi a festeggiare con voi il mio compleanno postando un nuovo cap.
Ci tenevo a rispettare la
tradizione iniziata l’anno scorso, (sì, quella di scriverlo alle tre di notte e
che l’argomento fosse un momento importante) in un certo qual modo un
compleanno si festeggia davvero, ho solo giocato d’anticipo. XD
Dedicata a quanti mi hanno fatto gli auguri, e per i
gentili pensieri.
Grazie. Sono commossa. >/////<
Puppy’s Name
by elyxyz
Edward sbatté la cornetta sul ricevitore con un gesto
stizzito che non tentò neppure di dissimulare. Roy sollevò un sopracciglio
perplesso, e il suo silenzio fu eloquente.
“Non vuole dirmi come l’ha chiamato.” Borbottò il compagno, camminando
in cerchio al centro del salotto. Tora lo guardava
come se fosse un nuovo giochino curioso. “Non vuole dirmi come l’ha chiamato!” ripeté
Ed, sbuffando come una ciminiera.
“Ma almeno Winry sta bene?”
s’interessò Mustang, per educazione.
“Oh, sì! Certo! E quel che è peggio è che sembra già pronta
a scodellarne altri cinque o sei!”
Il sorriso di Roy si fece ghigno. “Per la tua pace mentale,
spero proprio di no.”
“Sai cosa mi turba?” chiese retorico, smettendo di girare e
puntandogli addosso due occhi dorati recriminanti, quasi come se fosse davanti
al colpevole.
“Credo che sia-” tentò.
“Sai cosa mi turba?!” l’interruppe, alzando la voce di
un’ottava. “Temo che quello scemo gli abbia dato il nome di nostro padre!”
“Aaah!”
“Sì, ed è per questo che non ha il coraggio di dirmelo. Sa
che gli sputerei in un occhio!”
“Allora non ti resta che andare.”
“A sputargli in un occhio?!”
“No, idiota! A verificare di persona, no?” gli suggerì,
accomodante.
Edward lo guardò scandalizzato, come se avesse bestemmiato
un’eresia. Un’assurdità inconcepibile, come… come a dire che la Pietra Filosofale era una nota
marca di gioielli o che il precedente Führer, King Bradley – pace
all’anima sua – era stato un Homunculus prima di morire.
“Sai da quanto tempo io non metto piede a Resembool?!” ringhiò, assottigliando lo sguardo.
“Sì, lo so esattamente.”
Gli tenne testa. “Ed è ora che tu ci torni e affronti le tue paure!”
“Io non ho paure!” inveì, facendo scricchiolare l’auto-mail
in modo sinistro.
“E allora dimostramelo!” lo sfidò, col tono che usava fin dai
primi tempi per tener testa al suo sottoposto più indisponente e attaccabrighe “Prepara
i bagagli, ti do una settimana di ferie in anticipo!”
Edo sussultò quasi. “Tu… tu non vieni?” chiese, perdendo di
colpo il tono infervorato.
“Solo se tu lo vuoi.”
“Certo che lo voglio!” rispose spazientito. “Ma che discorsi
fai?”
“Io però non posso assentarmi per una settimana, non adesso
che-”
“Ovvio, lo capisco. Il Paese non può andare avanti un’intera settimana senza il suo Comandante
Supremo!”
“Edward…” cominciò, passandosi stancamente una mano sulla
tempia.
“Ok, ok. Lo so. Scusa.” Si difese. “E’ questa cosa del nome
che mi irrita i nervi.” Sibilò.
“Fossi in te, mi preoccuperei di altro.”
Il giovane Elric fece
un’espressione innocente. “Del tipo?”
“Oh, con me non funziona!” lo smascherò in fretta Mustang. “Forse
dovrei mandarti dietro il Colonnello Armstrong, saprebbe difenderti molto
meglio di me dall’ira di tua zia.” Lo vide rabbrividire impercettibilmente, e
seppe che aveva centrato il punto con la stessa precisione di un ago conficcato
in un nervo scoperto.
“Io non ho paura di lei!”
“Ah, sicuro! Perché dovresti averne? E’ vecchia, un po’ persa. Vedrai che non s’accorgerà
neppure che ci sei.” Finse di accondiscendere. “Ma fossi in te non abbasserei
mai la guardia: non è stata forse lei ad insegnare a Winry
a colpirti con le chiavi inglesi in testa a qualsiasi distanza tu fossi, quando
la prendevi in giro? E’ pur vero che è passato molto tempo… Probabilmente non
ha più una presa sicura.” Recitò, compiacente.
Il mutismo di Edward, però, lo preoccupò. “Mame-chan… scherzavo.”
“Dovrei…” si zittì. Deglutì. “Dovrei anche fare visita alla
tomba di mia madre. E’ una vita che non ci vado.” Sussurrò, colpevole.
“Ci andremo insieme, vuoi?” propose il moro. “Tu, io e Tora.” Gli fece cenno di sedersi sul divano, e gli circondò
le spalle con un braccio. “Amestrisresisterà due o tre giorni anche senza
di me.” Gli fece l’occhiolino, come a dire che il piano era pronto.
“Roy?”
“Mh?”
“Non vorrai portarti dietro tutto il tuo staff, vero? Sai
com’è… un intero corpo di guardia a Resembool
metterebbe in agitazione l’intero villaggio.”
Il Comandante Supremo Mustang parve riflettere qualche
istante. “Ci accompagnerà solo Riza, va bene?”
“Sì.”
“Ma nessuno deve sapere niente, ok?”
“Ok.”
Ecco qual era lo
scotto da pagare per la celebrità.
Ogni sogno ha un
prezzo, si ricordò.
Il pomeriggio del giorno dopo erano già sul treno, in una
comoda carrozza privata prenotata sotto falso nome, diretti verso Casa Rockbell.
*****
Dopo l’incontro al camposanto, in cui aveva finalmente fatto
pace col suo passato, Edward si trovava ora a dover fare i conti con
qualcos’altro di altrettanto importante.
Mentre Roy si apprestava a condurre Tora
nella rimessa, prima che distruggesse la cesta in cui era stato segregato, Ed
rimase solo, nel cortile davanti casa.
Trovarsi davanti a quella dimora gli fece uno strano
effetto.
Era la casa dove aveva trascorso gli infiniti momenti felici
della sua infanzia, le merende in cucina, i guai in officina.
E poi… poi l’innesto e la terribile riabilitazione a cui si
era sottoposto.
Zia Pinako aveva visto quella cosa. Era stata lei a sistemare
le cose mentre Ed lottava tra la vita e la morte e Al era sotto shock per la
trasmutazione fallita, rinchiuso in un corpo di latta che non era il suo.
Dopo sua madre, era tempo di rincontrare zia Pinako.
Sapeva di averla delusa, sapeva che lei non avrebbe
approvato molte sue scelte.
Di una sola cosa non si vergognava. Ed era l’amore che
provava per Roy.
Anche se poco prima al cimitero era parso titubante, era
certo che la vecchia Rockbell desiderasse il suo bene
più di ogni altra cosa, e quella felicità era accanto all’uomo che amava.
Sospirando – per prendere tempo o coraggio – allungò una
mano per bussare, ma la maniglia si piegò prima che lui avesse tempo di
afferrarla.
Si ritrovò d’un tratto abbracciato da due piccole pesti bionde
che si erano aggrappate alle sue ginocchia, decise a non lasciarlo più. “Zio
Ed! Zio Edo!”
Edward sorrise istantaneamente, accarezzando le testoline
delle due gemelle.
“Trisha, amore! Sarah, tesoro! Non
date un bacetto al vostro zietto preferito?” chiese
retorico, chinandosi alla loro altezza.
“Sì, sì.” Risposero all’unisono le bimbe, e si staccarono
guardandosi attorno. “Dov’è lo zio Roy?”
Ed finse di non aver subito un duro colpo per quel
tradimento così evidente del sangue del suo sangue. Storse il naso. E incassò.
“Adesso arriva.”
Era una cosa che proprio non capiva. Perché diamine tutta la popolazione femminile di Amestris si sentisse inspiegabilmente attratta dal suo
uomo.
Persino le sue nipoti. Persino
delle bambine.
Una vocina dentro di lui gli ricordò che anche Elycia era sempre stata innamorata del suo zietto preferito – dopo il suo amorevole papà, beninteso.
Roy riscuoteva un successo incomprensibile persino coi
poppanti e – quando lui glielo faceva notare – l’altro si scherniva dicendo che
aveva fatto pratica col tempo, visto che aveva a che fare con un bambino capriccioso ogni giorno.
La voce entusiasta del suo fratellino lo distolse dai suoi
pensieri facendo capolino dalla casa.
“Nii-san! Che bella sorpresa!”
“Al!” sorrise, andandogli incontro, dimentico del fatto che
doveva avercela con lui per la storia del nome.
Era troppo bello riabbracciare ogni volta il suo nii-chan in carne ed ossa, perciò lo stritolò forte. “Stai
diventando calvo!” Lo prese in giro, scompigliandogli la zazzera bionda. “La
prole ti consuma?!” scherzò, dandogli delle belle pacche sulle spalle.
Alphonse sorrise a tuttotondo. “Non
pensavo che l’idea di Roy-san avrebbe funzionato!”
Edward sbatté le palpebre. Era così confuso che aveva
persino sorvolato sull’appellativo di rispetto che suo fratello si ostinava ad
usare quando nominava il suo compagno.
“L’idea di…? Di cosa diamine stai parlando, Al?”
“Oh!, ah!” esclamò il minore degli Elric.
E per un istante nella mente di Edward comparve una gigantesca armatura che
sapeva trasmettere imbarazzo anche senza poter arrossire. “Ecco… vedi Nii-san…” temporeggiò, osservandosi intorno in cerca di
aiuto, ma le figlie si erano già volatilizzate.
Edo tamburellò col piede sul legno della veranda. “Sto
aspettando, e cerca di essere convincente!” lo ammonì, facendo intendere che
aveva già perso la pazienza.
“Ecco, tu… tu non saresti mai tornato qui spontaneamente, e…
e ci serviva una buona scusa e…” Al deglutì a vuoto. “La nascita del bimbo ci è
sembrata… e Mustang-san ha suggerito di…” smozzicò,
indietreggiando lentamente, sapendo che l’ira del temibile Alchimista d’Acciaio
stava per esplodere.
“Al!” ringhiò infatti questi. “Hai usato tuo figlio come
pretesto?!” lo accusò, scandalizzato.
Alphonse agitò freneticamente le
mani davanti a sé, come gesto di scusa. “No, Nii-san!”
Si affrettò a smentire. “Ci tenevamo davvero che tu venissi a conoscerlo!” e lo
disse in tono così accorato che Edward capì all’istante che era sincero. “Ma tu
sei così testardo!”
Per un attimo, un momento solo, Ed si sentì persino in
colpa. Poi sbuffò, facendo sbollire l’arrabbiatura. “Resta il fatto che mi
avete raggirato.” Gli appuntò.
“Era a fin di bene.”
“Già.” Ammise. “Prima sono andato sulla tomba della mamma.
Avrei dovuto andarci già molto tempo fa.”
Fu la volta di Alphonse di
passargli un braccio attorno alle spalle e di stringerselo contro.
“Va bene così, Ed. Meglio
tardi che mai.”
“E… zia Pinako?”
“Lei non sa che sei qui. Non sapevamo quando e se saresti davvero capitato e non volevamo illuderla.” Poi
vide l’espressione sconsolata sul volto del fratello maggiore e cercò di
riparare. “Sarà contenta di vederti! Però, mi raccomando, vacci piano! Non
vorrei che le venisse un accidente quando ti avvisterà!”
“Forse non dovrei…”
“A quest’ora le gemelle le avranno già detto che sei qui. Non hai più scampo.” Ma lo disse in tono
leggero, spingendolo oltre la soglia.
L’abbraccio familiare di Winry fu
la prima cosa che registrò, poi il sorriso soddisfatto di Roy e quello più
discreto di Riza, mentre sorseggiavano un the che era
stato loro offerto nell’attesa che i due fratelli Elric
si chiarissero.
PinakoRockbell
se ne stava sulla stessa vecchia sedia a dondolo dei suoi ricordi. Quando lo
vide, si sistemò meglio la pipa in bocca e mandò fuori una nuvoletta di fumo.
Era piccola e coriacea come la ricordava.
“Zia…”
Edward le si avvicinò titubante. E attese.
Probabilmente si sarebbe meritato un bello scapaccione, un ceffone
come minimo, o un calcio nel sedere.
La vecchia si risollevò lentamente, tradita dagli acciacchi
dell’età. Lo squadrò per un lungo, lunghissimo istante da sotto in su. Poi si cavò
la pipa.
“Era ora.” Gli disse, con lo stesso tono con cui ci si ricorda
di togliere una torta dal forno prima che possa bruciare.
Edo si chinò alla sua altezza, sentendo le palpebre
pizzicare.
La vecchia Rockbell si lasciò
circondare, ricambiando l’abbraccio del nipote.
“Scusami.” Le bisbigliò, avvolto dall’aroma di tabacco. Un
odore che non aveva mai dimenticato.
“Lascia perdere.” Tagliò corto lei, separandosi e
sistemandosi gli occhiali per nascondere un luccichio sospetto. “Quell’auto-mail
va controllato.” Gli ingiunse, puntando un indice ossuto verso il suo braccio meccanico.
“D’accordo.” Accondiscese, aggrappandosi a quell’offerta di
pace e sentendosi finalmente, infinitamente più leggero.
Fu un vagito improvviso a scuoterlo da quello stato.
Effettivamente, non aveva ancora avuto il piacere di vedere il motivo del suo viaggio.
Lanciò un’occhiata distratta a Roy, che se ne stava sul
divano con le gemelle sulle ginocchia per farsi coccolare da lui.
Dalla stanza accanto fece capolino Al, che teneva in mano – con
estrema delicatezza – un tenero fagottino che strillava senza posa.
“Ha dei bei polmoni, eh?” scherzò Ed, andandogli incontro.
“E adesso ha solo fame!” s’intromise Winry,
sorridendo con materno affetto. “Vedessi quand’è arrabbiato!”
“Tutto suo zio!” scherzò Alphonse,
dandoglielo in braccio.
Ed lo rimirò un istante, cercando di non farlo cadere anche
se il neonato sembrava un’anguilla scivolosa mentre si agitava. Poi, nel
momento esatto in cui sua madre gli infilava un ciuccio in bocca, come
d’incanto il bebè smise di piangere e cominciò a succhiare avidamente.
Aveva i suoi stessi occhi dorati, radi ciuffetti biondi sulla
minuscola testolina e un faccino dannatamente irresistibile. Ed non poté
impedirsi di sorridere di riflesso.
“Ecco, finalmente, Edward!” annunciò Al, con orgoglio
malcelato.
Edo rimase muto, limitandosi a cullare il nipote.
“Beh… Non dici niente?”
“Sto ancora aspettando di sapere come si chiama questa povera
creatura.” Gli ricordò, lanciandogli un’occhiataccia.
Alphonse boccheggiò. “Ma… Edward!”
“Al, smettila di temporeggiare.” Lo dissuase. “Se ha il nome
di papà e temi che ti picchi… beh, credo che sia tardi, no?”
“No, Ed. Tu non hai…”
La risata cristallina di Winry li
interruppe.
“Edo-chan, quello che Al non
riesce a dirti è che hai tra le braccia Edward. Edward Elric.” Precisò. “Ma noi lo
chiamiamo anche Junior.”
Le sue iridi dorate si dilatarono all’infinito, mentre
guardava ora l’uno, ora l’altra.
“Gli avete dato… il mio nome?”
“Sì.” Annuirono entrambi. “E, pensa, non ci siamo neppure
messi d’accordo. E’ stata la prima scelta fin da subito per tutti e due. Prima
ancora delle gemelle.”
“Volevamo che nostro figlio si chiamasse come te, perché sei
una persona che amiamo.”
“E, se non nasceva un maschietto, ci avremmo riprovato
ancora.” Scherzarono, mentre le parole di Roy gli riecheggiavano dentro,
facendogli sospettare che no, forse non era del tutto una battuta.
“No! non è vero!” si difese con foga, pur sapendo che stava
mentendo.
Il piccolo si rimise a frignare, spaventato dal suo tono o
forse per richiedere attenzioni e cibo.
“Siediti sul sofà.” Gli consigliò l’amica d’infanzia. “Io
intanto vado a scaldargli il pasto.” Le gemelline le
corsero dietro, desiderose di poter essere volenterose sorelle maggiori.
“Ma come cavolo fa a scaldargli il pasto?!” domandò
scettico, ricordando che Winry aveva allattato le bambine
per lunghi mesi.
“A Junior non piace il suo latte. Usiamo quello in sintesi,
perché si rifiuta di attaccarsi al seno.”
“Ah!” espirò.
I seni della sua manesca meccanica erano l’ultima cosa su cui
Edward voleva dissertare, perciò lasciò cadere il discorso e si adagiò con
attenzione affianco a Roy, lasciando che il compagno rimirasse il neonato.
“E’ bellissimo.”
“Già.”
“Toh!” Win ricomparve, porgendogli
un biberon. “Dagli il latt-”
“NO!” guaì, improvvisamente desideroso di defilarsi. “Il
latte no!” e protese le braccia affinché qualcuno si accaparrasse il fardello.
Mustang, che era il più vicino, afferrò il bebè senza
scomporsi, si fece dare il biberon e con naturalezza si mise a nutrirlo.
“Ha i capelli di Ed, gli occhi di Ed, e già odia il latte
come Ed. Non è stato saggio dargli il suo nome!” meditò, con tono profetico.
“Magari avrà pure ereditato il suo caratteraccio!”
E tutti risero, mentre l’oggetto delle loro battutine metteva
il broncio.
Comunque non era da lui starsene zitto, senza replicare.
“Non mi sembrava che il mio caratteraccio tiabbia
dissuaso dall’insidiarmi, e neppure la mia età, Taisa!” e calcò bene sul suo
vecchio grado, con tono di ripicca. “Win! Tienilo
alla larga dal piccolo. E’ un pedofilo, sai?”
“No, grazie.” Declinò laconico l’uomo, togliendo il biberon
dalla bocca del suo terzo nipote per fargli fare il ruttino. E si finse
oltraggiato, facendo poi una smorfia che sottintendeva compatimento. “Di Edward
Elric, me ne basta e avanza uno solo!”
Fine
Disclaimers: I personaggi citati
in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi
diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.
Note varie:Il titolo è
stato una sofferenza. >____<
Si traduce con “Nome di cucciolo
(di cane)” e l’ho scelto perché il piccolo Junior – quel tenero cucciolo che
nella mia mente ho spupazzato di gusto – ha preso il nome dallo zio, il nostro
cane dell’esercito preferito.
L’alternativa era “Pet’sName” – “Nome del Cucciolo
(inteso come bambino)” che tecnicamente è più corretto, però si perdeva il
riferimento ai cani.
Abbiate pazienza. Alle tre di stanotte non ragionavo più.
Il colore riprende vagamente
l’azzurro dei fiocchi che si appendono alle porte quando nasce un maschietto.
Venendo al capitolo… beh, ci sarebbe molto da spiegare (ad
esempio di come Ed ha evitato così sapientemente Pinako
per anni), ma ho intenzione di farlo con un capitolo apposito più avanti.
Precisazioni al
capitolo precedente: Non mi sembra che dai commenti ci sia nulla da
chiarire. In caso chiedete!
Un grazie alle 172 persone che mi hanno inserita tra i loro
autori preferiti; ai 121 utenti che hanno messo questa fic
tra le loro preferenze. Ne sono onorata (_ _)
Vi invito a dare un’occhiata alla mia prima fic su Merlin “Doveri da scudiero”.
Al momento sono accampata su quel fandom,
in cui il mio animo slash gongola assai, e posterò
presto nuove fic.
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