“Tornerò a casa presto” le mimo silenziosamente con le labbra, per paura che qualcun altro oltre me e lei, possa recepire il messaggio.
Vedo qualche sua ciocca di capelli castano chiaro, come i miei, scivolarle da dietro le orecchie, per sfiorare le guance arrossate dal freddo.
I suoi occhi castani mi stanno implorando, così decido di girarmi, ma prima di poterlo fare vedo le sue piccole e rosse labbra muoversi.
Non riesco più a sopportare il peso della partenza, così mi dirigo in fretta verso il cancelletto in ferro battuto che divide la villetta dalla strada, ed esco.
La via che devo percorrere è breve, so dove devo andare e non mi piace affatto.
Percorro qualcosa come duecento metri e finalmente posso sentire il peso delle parole di mia sorella.
“Salvaci”.
L’eco della sua voce mi rimbomba nella testa, anche se non ha mai sfiorato le mie orecchie con quella parola.

Sangue. Nuova vita. Creatore?
Ma di che diavolo stava parlando?!
Delilah era confusa, disorientata.
Non sapeva cosa fare e come farlo. 
Ma negli anni avrebbe imparato ad essere quello che è, avrebbe imparato a essere un Vampiro.

Kat.
Katherine, Kat per gli amici.
Kat era mistero, nessuno la conosceva davvero.
Kat era imprevedibile, chiunque avrebbe sbagliato cercando di capirla.
A Kat non importava niente di nessuno, dalla morte del padre aveva perso interesse per quasi ogni cosa la circondasse, rinchiudeva ogni cosa nella sua bolla d’aria personale e viveva da outsider la sua stessa vita.
Kat era bellissima, e come ogni stereotipo di bellezza era dannata.
Ma soprattutto, Kat era convinta che l’amore non esistesse.
Nessuno le poteva spezzare il cuore, non a lei.
Ma c’era una cosa che questa ragazza di Liverpool non sapeva, che là fuori ci sarebbe stato qualcuno capace di farle cambiare idea.

Chiuse gli occhi, permettendo alle lacrime che si erano incastrate delle sue palpebre di scivolare copiosamente vicino la sua bocca, ormai rossa e gonfia.
Indossava ancora la maschera mentre osservava il volto del biondo mutare in una smorfia e poi, dischiudere faticosamente le palpebre.
Peaches si soffermò ad osservare le scaglie di un colore indefinito, che caratterizzavano le iridi del biondo tinto.
[...]
Il ragazzo si era messo seduto sul letto e osservava incuriosito la figura sul suo davanzale, chiedendosi molto probabilmente che ci facesse una delle figure più rilevanti della città lì, fuori dalla sua finestra.

George Shelley era conosciuto nell'istituto come uno studente modello, diligente e educato, abile in qualsiasi cosa gli fosse proposta.
Era forse per questo che nessuno si accorgeva del suo enorme egocentrismo? Della sua cattiveria? Dell’aria da superiore che portava sempre dietro di se insieme alla sua colonia di puzza di cane?

Quello che non si aspettava era di atterrare proprio sull’unica persona che aveva avuto la sua stessa idea.
< Ahia! >
Ululò una figura fra i vari schizzi d’acqua.
< Scusami scusami scusami, non volevo! >
Rispose lui tutto d’un fiato, con le guance rosse d’imbarazzato.

E guardi in alto dove quel grigio non è triste, non è delusione, non è paura.
E’ vera è propria liberta.
Come siamo fatti essenzialmente di acqua così di libertà.
Chi e ancora chi, ne vive senza ?

Di fronte a noi solo il pianoforte e le dita, che scappano freneticamente da tasto a tasto.
 
Insieme formano una melodia, le note ci inebriano, non abbiamo bisogno di alcuno spartito.
 
Solo io e te.

Ginevra, chi mai si ricorda di Ginevra?
Per gli amici non esiste più.
“Che fine ha fatto?” si chiedono, ma nessuno lo sa o meglio nessuno se ne preoccupa veramente.
Per la famiglia quella bambina non è proprio mai esistita.
“uno sbaglio che è meglio fuori dai loro piedi” ripetono a chiunque glielo chieda.
Per il suo padrone di casa ?
Solo una bambola di pezza da usare.
E invece quella ragazza bellissima esisteva.
Per se stessa almeno.
Forse un’unica persona si interessava minimamente a lei.
Louis.