"Coi capelli malaticci, in cucine malsane, impasti singhiozzando il dolore alla follia, e man mano che innaffi il neonato marcescente, quello comincia a piangere, e nasce a vecchia vita."

"Camminarvi silenziosamente dietro,
in un furioso slalom tra la folla,
a prendere a calci l'opinione
e acconciarla in sguardi che terrorizzino,
a cercare altrove
ciò che la gente non vi sa dare."

A volte me ne dimentico. Di essere sola, dico.
E questa non è che una di quelle volte in cui la Solitudine si rivolta e rivoltandomi me lo ricorda.

"Nessuno, da piccolo si rende conto di essere sbagliato: è tutto stupore, luce e inebrianti paure del buio, che risuscitano l'anima fino all'ebbrezza. E così fu anche per la nostra protagonista, che non si accorgeva di essere già in potenza un'Incomprensibile."

"Perché l'angusto mostro che serbava le mie ceneri mostrò se stesso in vece di sue Veneri?"

"Guardo verso il basso, immaginando il rigoglioso riflesso del mio volto stinto nella fresca pozzanghera, un giorno d’estate.
E sento i bulbi oculari seguire lo sguardo e scivolare giù, così li contengo con le palpebre e nel buio mi capita di ricordare.
Ripenso al riflesso luccicante, che dovrebbe essere romantico ma non lo è, giacché liane incrostate di sporco mi avvincono le gambe, e boschi di rovi viscidi mi tirano i capelli all’indietro, mentre un Nemico invisibile mi sottrae lo scalpo."

"Dove vuoi andare, bella ragazza? New York? Berlino? Parigi, anche!" Ma tu lo riconosci, e ricordi di esserci già stata, in quei posti di cui tanto canta le meraviglie; ricordi i sogni già disillusi, tra una macchia e una parola, troppe volte, troppo spesso.
A Miss Dark, per il suo compleanno.

Si posa lieve al suolo, infine, e oso avvicinarmi a leggere quale dei miei sogni ho perso.
Ama il tuo respiro, dice il biglietto.
Molto introspettiva, molto intima, molto reale, troppo mia

Turbinio di colori, di luci e giochi.
Non ci sono ombre. Non c’è più buio.

"Si chiamava Camilla, per i falsi amici Didò.
Si chiamava Camilla, e tutti volevano plasmarla."

Più che una poesia, questa è una specie di filastrocca scritta in un momento di ispirazione, che a tratti potrebbe risultare un po' blasfema. In altre parole, ancora un esperimento.

"Un giorno cupo e buio, in una stanza cupa e buia, dei pensieri cupi e bui mi rimbalzavano nella testa."

Che voi ci crediate o no, c'è stato un tempo in cui non era così.

"Lei odiava questo mondo. Nè troppo, nè troppo poco. Lo odiava giustamente. Lo odiava amabilmente. E forse io ho sbagliato tutto, sempre, su tutta la linea, ogni giorno, da morire. E invece è lei che ora manca."